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CASA BELLA CASA TOPOGRAFIA E STORIA CITTÀ E QUARTIERI GRAND TOUR STILE E DESIGN CITTÀ E SOCIETÀ Editore Reclam Edizioni & Comunicazione srl . viale della Lirica 43 . 48124 Ravenna . Iscrizione al Tribunale di Ravenna n. 1240 del 8/11/2004 . Redazione 0544.271068 . [email protected] . Pubblicità 0544.408312 . [email protected] ARCHITETTURA, ARREDAMENTO E ANNUNCI IMMOBILIARI n.101 OTTOBRE 2015 ALL’INTERNO CON ANNUNCI FOTOGRAFICI ALL’INTERNO OFFERTE QUALIFICATE CON ANNUNCI FOTOGRAFICI CASA BELLA CASA TOPOGRAFIA E STORIA CITTÀ E QUARTIERI GRAND TOUR STILE E DESIGN CITTÀ E SOCIETÀ

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ARCHITETTURA, ARREDAMENTO E ANNUNCI IMMOBILIARI

n.101 OTTOBRE 2015

ALL’INTERNO

CON ANNUNCIFOTOGRAFICI

ALL’INTERNO

OFFERTE QUALIFICATE

CON ANNUNCIFOTOGRAFICI

• CASA BELLA CASA

• TOPOGRAFIA E STORIA

• CITTÀ E QUARTIERI

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• CITTÀ E SOCIETÀ

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offerte immobiliari

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contenuti

Da Boston a Ravennain una abitazione

dal perfetto equilibrio

Futura 16 .Gecos 17 .

Scor . Happy Home 18 .Romagna 19 .

Rubboli 28 . 29 .Case d’Autore 30 .

Assocase 31 .Idea Casa 38 .

Edilmax 39 . Solo Affitti . Studio Effe 44 .

Eurocase . Mazzini 45 .

casa bella casa _____________________________________________________di Paolo Bolzani

20 Scenario Lamone, il fiumeche scorre come cesura

e continuità del paesaggiotopografia e storia ________________________________________________di Pietro Barberini

32 Appartata e autentica scorre quieta la vita nella casbadel sobborgo San Biagiocittà e quartieri ______________________________________________________

di Chiara Bissi

40 La Ravenna di Pieroll ricordo di viaggio in città (1926)

dell’artista Joseph Stella,grand tour ______________________________________________________________di Alberto Giorgio Cassani

57 Divano: l’oggetto domestico rifugio del nostro conforto

My World, Tufty Time e Standardstile e design _________________________________________________________di Sabina Ghinassi

60 Con passo leggero sull’acqua: dalle risorse idriche

al dissesto idrogeologicocittà e società ________________________________________________________di Marina Mannucci

67 Riqualificazione dei capanni,un grande progetto per valorizzare

il territorio e il paesaggioabitare l’habitat _____________________________________________________di Marco Turchetti

70 In ripresa le compravenditenel settore turistico

Dati e commenti di Fimaa e Fiaipmercato immobiliare ______________________________________________________di Roberta Bezzi

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fotografie

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OLTREMATERIA CP 2015:Layout 1 12/10/15 16:06 Pagina 2

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Autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1240 del 8 novembre 2004

Direttore responsabile: Fausto Piazza Consulenza redazionale: Paolo Bolzani

Collaborano alla redazione: Pietro Barberini, Roberta Bezzi, Chiara Bissi, Alberto Giorgio Cassani, Serena Garzanti (segreteria), Maria Cristina Giovannini (grafica), Sabina Ghinassi, Marina Mannucci,Domenico Mollura, Guido Sani, Serena Simoni, Marco Turchetti.

Progetto grafico: Quadrastudio - www.quadrastudio.info

Restyling grafico: Gianluca Achilli

Referenze fotografiche: Alberto Giorgio Cassani, Pietro Barberini, Paolo Genovesi, Fabrizio Zani,Maurizio Montanari (e altre citazioni in pagina).

Redazione: tel. 0544.271068 - [email protected]

Editore: Edizioni e Comunicazione srl

viale della Lirica 43 - 48124 Ravenna - tel. 0544.408312 [email protected] - www.reclam.ra.it

Direttore generale: Claudia Cuppi

Stampa: Grafiche Baroncini - Imola - www.grafichebaroncini.it

edizione di Ravenna

ControcopertinaSiamo nel 2011 e nel cuore di Ravenna si dà il via ad un totale restyling lungo 10 mesidi un fabbricato ricostruito interamente nel dopoguerra sulle macerie di un vecchio edi-ficio privo di alcuno charme». Il risultato è una casa moderna nel centro di una città an-tica, dotata di tecnologie all’avanguardia, dalla domotica alla laundry chute.

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Da Boston a RavennaIntroduzione alla casa del perfetto equilibrio

«Questa è una casa in cui ho trovato un equilibrio perfetto», commenta con soddisfazione la padrona di casa,

mentre da buona statunitense qui trova“la storia” ma anche una certa sensazione di protezione, perché «il centro storico di Ravenna è in realtà un condominio gigante»

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Salendo la rampa di scale si “sbarca” in un grande spazio living, caratterizzato da un openspace «minimalista», come precisa la progettista, che si affaccia ad est sulla strada

silenziosa del centro, e a ovest sulla corticella interna.Da est a ovest il suo uso è costituito dalla sequenza cucina-pranzo-soggiorno,

quest’ultimo articolato in spazio-divani e grande schermo-TV

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La cucina «a isola, nel tempo diventata un continente», si trasforma in una plancia dicomando e di sosta, pronta all’uso anche come semplice supporto su cui posare il portatile

e proseguire il lavoro dello studio, scambiare due chiacchere sorseggiando un tè o un calice di buon vino, consumare uno spuntino veloce

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di Paolo Bolzani

Lui è un velista professionista di Ravenna, lei un’americana di Bo-ston che lavora nello sport marketing, settore Olimpiadi. Met-tono su famiglia in un grande complesso condominiale della cittàdi Galla Placidia, dove nascono due figlie, che ora hanno 5 e 10anni, perfettamente bilingui. Ma lei è abituata ad un quartiere diBoston «in cui puoi andare in giro per negozi senza portafoglio per-ché ti conoscono e hai la loro fiducia». Vede questa casa a schierain una via del centro che in qualche modo le ricorda e compensail distacco dalla elegante metropoli della northeast coast. Ne parlacon il marito ed insieme incaricano Alberta Pezzele, architetto disicuro mestiere e gusti giusti, che così racconta l’incipit: «siamonel 2011 e si dà il via ad un totale restyling di 10 mesi di un fab-bricato ricostruito interamente nel dopoguerra sulle macerie di unvecchio edificio privo di alcuno charme». Il risultato è una casa mo-derna nel centro di una città antica, dotata di tecnologie all’avan-guardia, dalla domotica – il marito può spegnere o accendere leluci in giardino stando in Portogallo - alla laundry chute, vale a direun collegamento diretto tra i piani per trasferire i panni sporchi di-rettamente in lavanderia. «Questa è una casa in cui ho trovato unequilibrio perfetto», commenta con soddisfazione la padrona dicasa, mentre da buona statunitense qui trova “la storia” ma an-che una certa sensazione di protezione, perché «il centro storicodi Ravenna è in realtà un condominio gigante». I percorsi al piano

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terra sono distribuiti da un androne laterale passante, omaggiatodal pozzo originale vetrato, e impreziosito da due porte antiche acelare e funzionalizzare il sottoscala. Mentre il nostro sguardo siperde a leggere i particolari di una serie di storiche carte geogra-fiche e da portolano, i nostri passi ci conducono ad una corticellaripavimentata in pietra piasentina, spazio esterno ma con ancorai toni dell’intimità su cui si affacciano lo studio del padrone di casae l’appartamento per gli ospiti, che spesso arrivano dalla parte op-posta del mondo. È vegliata da una grande pianta di alloro «sal-vata dalle ruspe», come precisa l’architetto Pezzele, ora al centrodi un’aiuola bordata da una seduta continua su tre lati, a fiancodella quale trova posto una doccia molto discreta per il refrigerionelle estati afose. Accanto all’ingresso, in cui le mani sapienti diun vecchio artigiano hanno assicurato altri lunghi anni di vita al-l’antico portone in legno, si trova il garage e la partenza della scalache riprende il materiale già incontrato nell’androne e che sco-priremo essere il leit motiv delle pavimentazioni di tutta la casa:un teak a listoni, che ammorbidisce gli ambienti con il suo tonobiondo miele, su cui si muove la silenziosa e sinuosa sagoma diun gatto certosino dallo sguardo indagatore. Salendo la rampa discale si “sbarca” in un grande spazio living, caratterizzato da unopen space «minimalista», come precisa la progettista, che si af-faccia ad est sulla strada silenziosa del centro, e a ovest sulla cor-ticella interna. Da est a ovest il suokk uso è costituito dalla se-quenza cucina-pranzo-soggiorno, quest’ultimo articolato inspazio-divani e grande schermo-TV, che prosegue a nord conun’appendice, un piccolo spazio dominato da un torreggiante ca-

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> Crediti• Lavori realizzati in dieci mesi nel 2011

• Progetto: architetto Alberta Pezzele

• Impresa esecutrice: Giulio Casadio sas - Ravenna

• Impianti idraulici: Gairsa srl - Ravenna

• Impianti elettrici: Made Impianti - Ravenna

• Corpi illuminanti: Comet Ravenna

• Arredo bagni: Ciicai - Ravenna

• Infissi: Tbt - Ravenna

• Pietre e marmi: Moretti marmi e graniti srl - Ravenna

• Parquet: Edillegno srl - Ravenna

• Fabbro: Antonio Giannelli - Ravenna

• Falegname restauratore: Michele Gambi – Ravenna

• Cucina: Arclinea di Studio Interni - Mercato Saraceno

minetto cui si affianca la fascinosa per quanto comoda poltronaLounge di Charles Eames. Come spiega Pezzele, si tratta di «un an-golo appartato dedicato all’intimità, con un classico del design sucui poter riposare, ascoltare musica o leggere». In corrispondenzaall’affaccio su strada viene collocato il centro della casa, vale a direuna grande cucina “all’americana” elegante e multifunzionale, dacui si può controllare lo spazio e anche i movimenti della figlia mi-nore. In effetti la conformazione ad isola, con effetto a «convivioa tutto tondo» (Pezzele), qui risolta in versione total white con topin corian - che ritroveremo a fianco nel lavello su fronte strada –è opportunamente sottolineata dalla centralità del “combinato di-sposto” tra fuochi in ferro scuro e aspirazione in inox. In questomodo questo enorme utensile per la preparazione e la cottura de-gli alimenti si trasforma in una plancia di comando e di sosta,pronta all’uso anche come semplice supporto su cui posare ilportatile e proseguire il lavoro dello studio, scambiare due chiac-chere sorseggiando un tè o un calice di buon vino, consumare unospuntino veloce. Per la sua versatile ampiezza la cucina è«un’isola, nel tempo diventata un continente», come commentasorridendo la felice padrona di casa, «perché tutta la vita della fa-miglia ci ruota attorno». Il vano scala dal primo al secondo pianosi apre per accogliere uno spazio di circa 6 metri, enfatizzato daun lampadario appeso centralmente. Siamo infine arrivati negliambienti più privati, le camere da letto, ma anche più sacri per lebimbe, in quanto la serie di stanze comincia con la camera dei gio-chi, stratagemma per impedire il proliferare di toys che in altri casiabbiamo visto scendere a precipizio dalle soffitte fino al pianoterra, colonizzando gli ambienti “dei grandi”.

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Immerso nella tranquillità della campa-gna ravennate, eccellente recupero e re-stauro conservativo di ex convento, rea-lizzato circa nella seconda metà del '700,circondato dell'ampio parco di circa mq.3.000. Il fabbricato è stato interamenterealizzato con pietre fatte a mano dellefornaci di Faenza, risalenti all'epoca dicostruzione. La struttura è distribuita sudue livelli fuori terra ed è composta da unampio ingresso principale da cui si dipa-nano la spaziosa cucina, le ampie sale, af-facciate sull' ariosa e imponente veranda( mq. 90 ), salone living, 4 ampie camereda letto, due bagni, oltre a , wc, lavanderia, stireria e ripostigli vari per un totale di circa mq. 400 cal-pestabili. Splendidi i soffitti con travi in legno e antiche tavelle , tutti originali dell'epoca Riscaldamentoa Pavimento - Pavimenti in legno e cotto fatto a mano. Grande rispetto nel recupero dell'antico im-pianto settecentesco , senza trascurare la modernità degli spazi attuali che rendono questo oggettounico nel suo genere. Molto interessante anche come B&B o per attività di ristorazione. Rif sito 79 PREFoto e maggiori informazioni esclusivamente in agenzia su appuntamento

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CENTRO STORICO

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MARINA DI RAVENNAVendesi ampio appartamento compo-sto da: soggiorno, cucina abitabile, 2ampie camere da letto, disimpegno conarmadio a muro , bagno, ampio bal-cone, cantina. Riscaldamento auto-nomo. Classe energetica G,kWh/m2/anno 364,49. Rif. L830€ 205.000,00

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GABBIA 2015 IMPAGINAZ:Layout 1 13/10/15 15:16 Pagina 18

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SAN ROCCO

In zona apprezzata e vicina al centro, casaindipendente, su lotto di circa 350 mq, ab-binata ad un lato con ampia area esterna,tutta al piano terra con possibilità di am-pliamento, composta da ingresso, 4 locali(di cui il soggiorno la cucina abitabile e 2camere da letto), bagno, ampio riposti-glio/lavanderia e garage. Ampia area acortile e giardino. Impianti a norma. Pos-sibilità di ampliamento per ottenere unavilla di circa 240 mq. Classe “G”.€ 250.000,00

RAVENNA, ZONA RUBICONE

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PORTO FUORI

Villa di nuova costruzione, molto bella,con ambienti spaziosi, tecnologicamenteall’avanguardia. Giardino su 3 lati per circa130 mq., soggiorno ampio, cucina spa-ziosa di oltre 18 mq. con uscita sotto alportico con camino, bagno ampio con doc-cia e zona lavanderia. Primo piano com-posto da 3 camere da letto di cui una ma-trimoniale e due camere di oltre 11 mq.,bagno con vasca e doccia. Piano semin-terrato collegato direttamente dalla zonagiorno composto da garage per due autoe zona cantina predisposta a lavanderia.Riscaldamento a pavimento, pannelli fo-tovoltaici e solari, predisp. domotica eclima. Finiture pregiate a scelta. Classeenergetica “C” € 390.000,00 tratt.

SANT’ ALBERTO (A 13 KM DA RAVENNA)

Casa singola in Paese in zona residenzialecon parco di 650 mq. Casa completamenterestaurata ed ampliata composta da in-gresso, soggiorno, cucina/pranzo ampia,disimpegno, 3 camere da letto, 2 bagni.Inoltre ampia taverna di 33 mq con cucinae camino, 2 stanze uso studio o ulterioricamere da letto, bagno/lavanderia, ga-rage. Bel portico con affaccio a giardino il-luminato ed irrigato. € 260.000,00 tratt.

A POCHI KM DA RAVENNA, DIREZIONE OVEST

Appartamento in villetta, recente ed auto-nomo, con ampio giardino. L’abitazione, alpiano terra, è costituita da un bel sog-giorno che affaccia sul proprio giardino, daun cucinotto, dal disimpegno e dal bagno,mentre al primo piano troviamo una ca-mera da letto e la possibilità di ricavareuno studio ad essa collegato. Nel giardino(in parte pavimentato), si trova un localead uso attrezzeria/cantina/lavanderia. Im-pianti a norma, zero spese condominiali.Classe “F” € 120.000,00 tratt.

RAVENNA, A 15 KM DIREZIONE SUD, IN CAMPAGNA.PALAZZO DEL '700 RESTAURATOCON PARCO DI 3.000,00 MQ.

Bellissimo palazzotto restaurato mante-nendo le caratteristiche estetiche esterneimmutate, suddiviso in 3 unità abitativeautonome. Al primo piano uno splendidoappartamento con salone con camino, cu-cina/pranzo con dispensa, disimpegno, 3camere da letto (una matrimoniale e duedoppie), 2 bagni. Al piano terra troviamo2 appartamenti di circa 100 mq ciascuno algrezzo avanzato. Il solaio con travi, travi-celli e tavelle rende gli ambienti acco-glienti e molto luminosi. In corpo staccatoun fabbricato di servizio.Ulteriori info in ufficio. € 410.000,00 tratt.

ZONA VIA RUBICONE

Vicino al centro ed ai negozi, apparta-mento da ammodernare, al primo pianocon ascensore, composto da ingresso,soggiorno, cucina, disimpegno, 2 camereda letto, bagno, ripostiglio. Cantina e ga-rage. Riscaldamento parcellizzato, infissinuovi. € 136.000,00

BORGO SAN ROCCOCASA INDIPENDENTEABBINATA AD UN LATO.

Tipica casa del borgo ben tenuta con corteprivata. Al piano terra ingresso, cucina abi-tabile, bagno, soggiorno con uscita ingiardinetto. Al primo piano 2 camere daletto matrimoniali e bagno. Nel piano se-minterrato zona taverna con camino e can-tina. Sottotetto. Impianti a norma. Classe “G” 279,56€ 285.000,00 tratt.

.SAN BIAGIO

In piccola palazzina di sole 4 unità, ampioappartamento al secondo ed ultimo piano,composto da ingresso, soggiorno con bal-cone, cucina abitabile con balcone, disim-pegno, 3 camere da letto (matrimoniale,doppia e singola), 2 bagni con finestra esecondo balcone. Garage al piano terra.Riscaldamento autonomo. Impianti anorma, parzialmente ammodernato. € 168.000,00 tratt.

SAN BIAGIO

Casa indipendente abbinata ad un lato,completamente ristrutturata, con 4 camereda letto. Al piano terra cortile, posto auto,ingresso, ampia tavernetta con camino,bagno con doccia, lavanderia; il vano delgarage è stato suddiviso per realizzare 2stanze ed un ripostiglio. Al primo piano,disimpegno, soggiorno, cucina grande edabitabile con balcone, bagno, 2 ampie ca-mere da letto matrimoniali. Casa non fi-nanziabile. Classe “G” ep.tot. 218,67. € 360.000,00

GODO

Recente appartamento al primo piano conascensore, composto da soggiorno di ol-tre 27 mq. con parete a cucina, balconeper tutta la lunghezza dell’appartamento,disimpegno, bagno con vasca, camera daletto matrimoniale, camerino. Garage alpiano terra. Riscaldamento autonomo. Im-pianti a norma. Classe “C” € 115.000,00 tratt.

RAVENNA, CENTRO STORICOVILLA A 300 MT DALLA PIAZZA DEL POPOLO

Recente, ampia, luminosa, signorile e go-dibile sono gli aggettivi che più identifi-cano questa dimora. Grande salone di 70mq, bella e luminosa sala da pranzo, 4camere da letto, studio, terrazzo vivibile,cortile interno e garage doppio sono al-cuni degli elementi peculiari che fannoapprezzare questa villa. La casa è clima-tizzata con tutti gli impianti a norma.Classe "E" . Info in ufficio

SAN BIAGIO

In casa indipendente, composta da dueappartamenti autonomi ed indipendenti,con giardino e garage, si vende un appar-tamento composto da giardino e garage alpiano terra, scala esterna con accesso alprimo piano dove dal balcone si accede al-l’ingresso, soggiorno, cucina, balcone, ca-mera da letto matrimoniale, studio e ba-gno. € 130.000,00 tratt.

ZONA STADIO

In palazzina di soli 6 appartamenti deglianni ’60, si vende appartamento ben te-nuto, al secondo piano, composto da in-gresso, soggiorno con balcone verandato,cucina abitabile con balcone, disimpegno,2 camere da letto, bagno e ripostiglio. Alpiano terra garage. Riscaldamento auto-nomo, basse spese condominiali, da am-modernare. € 124.000,00 tratt. “F” ep tot 178,52

Ravenna, via degli Spreti, 71 . tel. 0544 501515 . cell. [email protected]

ROMAGNA CP 2015:Layout 1 13/10/15 15:18 Pagina 19

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TOPOGRAFIA E STORIA20

> Un’ansa del Lamone nei pressi di Boncellino

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Scenario Lamone

Il fiume è cesura e continuità del paesaggio

Nasconde e apre, sovrastando paesi, orizzonti e stagioni

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Sull’argine corre un sentiero prodotto dal calpestio e dalle ruote

> L’argine del Lamone a nord di Villanova

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TOPOGRAFIA E STORIA24

di Pietro Barberini

Un tempo dietro la casa non occorreva "tirar su" il filo spinato o retidi metallo zincato, poiché la proda erbosa si alzava, ergendosi a ba-luardo protettivo. L’argine intagliato orizzontalmente, offriva una sca-letta per raggiungere la sommità o per arrivare ai fili tesi fra pali dilegno ai quali veniva appesa la biancheria ad asciugare. Il bucato, labughè, veniva tenuto alto puntando sostegni a forma di “y” sull’erbadell’argine. Si vedono sempre più raramente le bianche lenzuola afar da ornamento allo spalto erboso che appare fra una casa e l’al-tra.Angoli di Fossolo, Boncellino, Borgo Rotta, Traversara, Entirate, si al-lungano a toccare contorni netti, dove le competenze passano dalComune allo Stato. Per dieci metri dal piede dell’argine il fiume è delGenio Civile, che nel senso etimologico esprime grandi valori di pa-trimonio “civico” e senso comune. Villanova di Bagnacavallo nasce,si sviluppa e cresce lungo l’argine, il suo abitato è da sempre in sim-biosi con il fiume, una minaccia domestica, un cane da guardia trat-tato bene. Per Villanova e i suoi abitanti il Lamone diventa un fondale teatrale,scandisce tempi e modi, mode e avvenimenti. È luogo di svago e dipasseggio per abbienti ceti agrari dell’Ottocento, che nel fiume tro-vano refrigerio e ristoro alla calura estiva, allenamento per cani da“lepre” e da riporto o ripari nascosti per celare appostamenti da pe-sca sulle acque allettate da pasturazioni attente e meticolose. Sul-l’argine corre un sentiero prodotto dal calpestio, una rotaia concavadi terra nuda che le ruote di biciclette, motorini e qualche motoci-cletta, percorrono rotolando su battistrada di gomma. Quante fati-cose pedalate hanno scavato granelli di polvere, affondando sottoil peso degli arnesi da lavoro trasportati... I pedali a primavera fru-stavano l’erba che cresceva rallentando l’andatura, fintanto che il

“Genio” non mandava qualcuno a “segare” la sommità dell’argine.Una teoria ininterrotta di braccianti in bicicletta, a pedalare conritmo costante verso la valle.

Da Traversara, da Villanova, Glorie e Mezzano, gli argini del Lamoneerano la via più breve verso le larghe della bonifica. Le biciclette ve-nivano allineate capovolte ai piedi della sponda, sul limitare deicampi, in fondo alle cavedagne. Gli alberi si stagliavano lontani e so-litari, la calura provocava un tremolio nell’aria, alla fine delle terre.Verso sera, la luce del tramonto conferisce tranquillità familiare an-che alle acque del fiume lasciate da oche e anatre. Palmipedi da cor-tile che tornano ai loro asciutti spazi richiamati dalle voci delledonne già pronte a svolgere altri non meno impegnativi lavori. Die-tro la vecchia trattoria di Dumandò il tempo si è fermato, trattiene ilprofumo del soffritto di cipolla e odori, un filo di fumo esce da unaporta aperta sull’interno, in ombra. Ogni veicolo che transitava sulleassi del ponte Bailey lì vicino scuoteva il torpore di pomeriggi pigrie assolati. Passava brontolando la corriera degli studenti, la mattinada una parte, nel primo pomeriggio dall’altra: una sorta di azzurrameridiana che divideva la giornata, senza la fretta delle lancette. An-che adesso il tempo è rallentato in quella striscia di terra fra la viaprincipale di Villanova e la sommità dell’argine.Nel crepuscolo estivo molti anziani salivano lassù a fumare in silen-zio, qualcuno la pipa di terracotta, la caratena, ma sigari e sigaretteaccendevano saettanti punti rossi nell’oscurità appena mossa dalvento. Sono i cortili che allungano richiami verso il fiume capace ditenere al riparo dalla bora le case più basse di Villanova. Sul palco-scenico erboso muovono cortei con bandiere rosse per il PrimoMaggio e processioni fiorite con il prete in testa per la festa patro-nale. Il transito è consentito, per brevi tratti, a greggi di pecore chesembrano alzare la sponda, con i loro fitti dorsi lanosi. Ricordi a co-

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Per Villanova e i suoi abitanti il Lamone diventa un fondale teatrale

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lori della memoria che, senza apparente contrasto, proseguono nelbianco e nero delle fotografie dove i bianchi ingialliscono, sconfi-nando nelle sovraesposizioni di un filmato otto millimetri. Anche i so-gni mescolano queste immagini con sottofondo la ruota dentata delproiettore muto, così ognuno mette la sua musica. Un bell’andare,ma niente al confronto con il maestoso e incessante scorrere deltempo, che l’acqua del fiume porta.

Una pista ciclabile si snoda, parallela all’acqua del Lamone, da Fa-enza alla foce. Un percorso che presenta qualche interruzione, ma“il ciclista da fiume” riesce a colmare facilmente la mancanza dicontinuità. La pista, erbosa o a fondo battuto, permette di passaresotto ai ponti stradali e ferroviari, scendendo nella golena per trattipiù o meno lunghi, a volte risalendo con faticose pendenze. Conbiciclette normali, come quelle usate un tempo dalle braccianti, bi-sogna scendere e risalire a piedi. Con biciclette ibride o fuoristradadotate di cambio di velocità, con numerosi rapporti, si puòrimanere sempre in sella. L’itinerario è percorribile nei due sensi,tutto l’anno, ma le stagioni ideali sono la tarda primavera e i mesidi settembre e ottobre. Si può pedalare controcorrente partendodal mare verso la conquista dell’entroterra o scendere alla velo-cità di quel flusso instancabile che non smette mai di pedalare.Non è raro incontrare fagiani che attraversano il sentiero con il lorovolo basso e il metallico grido d’allarme. A seconda dell’ora e dellastagione, non mancano tordi e merli e, in caccia sui campi, voli dirapaci. Ogni ciclista potrà dosare le proprie forze, godendo di unaluce mattutina o serale, correndo incontro ai venti, carichi di ma-rini sentori. C’è anche chi sfida la curena, il dispettoso Libeccio chepiega la vegetazione, percuotendo il fogliame. Sull’argine nonc’è riparo, ma nelle giornate ventose la visione è nitida e arriva lon-tano. Immaginando il mare.

> L’abitato di Villanova. Tutte le foto sono dell’autore

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RUBBOLI CP 2015:Layout 1 14/10/15 22:38 Pagina 28

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RUBBOLI CP 2015:Layout 1 14/10/15 22:38 Pagina 29

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CITTÀ E QUARTIERI32

> Nelle foto d’epoca, due scorci della via Maggiore nel cosiddetto borgo di Porta Adriana (o San Biagio)

a fineOttocento. L’inquadratura è la stessa del dipinto di Telemaco Signorini datato 1875

riprodotto nella pagina a destra

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I tesori e le moltestorie del reticolo

di vie del borgo che si sviluppa

tra via Maggiore e circonvallazione

Fiume Montone Abbandonato

Appartata e autentica scorrequieta la vita nella casba

di Chiara Bissi

Racchiusa fra due direttrici di traffico urbano come via Maggiore ela circonvallazione Fiume Montone Abbandonato, resiste all’incederedel tempo una zona ben circoscritta e omogenea della città. Si trattadi un dedalo di strade, con viuzze strette, sulle quali si affaccianocase a un piano o poco più. Queste vanno a costituire uno dei sob-borghi, addossato alle mura della città storica, dopo lo spostamentosettecentesco dei due fiumi, Ronco e Montone, che cingevano d’as-sedio Ravenna, con ripetute inondazioni. Via Portone, Portoncino,Rampina, e ancora dei Rasponi, Scaletta, Mingaiola, Ghibuzza, Fer-retti sono alcune delle strade di quella che molti chiamano ancoracasba, per la sua particolare conformazione. Nata nel Settecento per ospitare chi in città offriva lavoro manuale,come i braccianti e gli operai delle poche manifatture sorte sul finiredell’Ottocento, la casba mantiene intatto il proprio fascino a pochipassi dalla blasonata via Cavour. Le famiglie che abitavano il sob-borgo hanno lasciato in buona parte il posto a giovani coppie italianee straniere che andranno a scrivere un nuovo capitolo della vita diquel luogo. La speculazione edilizia del dopoguerra e gli effetti delconflitto bellico non ne hanno però intaccato l’originalità e l’alterità.

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CITTÀ E QUARTIERI34

Borgo popolare un tempo, quieta area centrale oggi, con stradineche risalgono verso la circonvallazione Fiume Abbandonato, ancheil nuovo piano generale del traffico urbano si preoccupa di inserirlanella nuova pianificazione. Fra gli interventi pensati per regolamen-tare l'accesso al centro storico c’era la redazione di un piano parti-colareggiato che prevedeva l’istituzione di una zona a traffico limitatonell'area delimitata dalle vie Maggiore, Montone Abbandonato,Spreti, Landoni, Moradei; nell’aggiornamento del piano del traffico2014 rimane la promessa della ztl ma questa è legata alla disponi-bilità del parcheggio di via Fiume Montone Abbandonato. Scorrendoil piano del traffico, che tutti i cittadini possono reperire e leggerenel sito web del Comune, si legge: «per le vie Rampina, Portoncino,Portone e strade limitrofe sono stati avviati e completati gran partedegli studi relativi al completamento del Piano. Per completare leazioni è necessario che l’Amministrazione Comunale entri in pos-sesso del parcheggio denominato Callegari». Le preoccupazioni di oggi, legate al peso del traffico sulla circonval-lazione Fiume Abbandonato, sono lontane dalla descrizione del sob-borgo “Adriano” poi “Saffi”, e oggi San Biagio, lasciate da GaetanoSavini che nel 1908 - 1909 definiva la strada principale, via Maggiorecosì. «Vi sono in gran numero osterie e bettole, dove si beve e sicanta allegramente: vi sono altresì negozi di tutti i generi, caffè,macellerie, salsamenterie ecc., un’officina meccanica e altre bottegheper svariati mestieri». Savini nella pubblicazione Piante panoramichevolumi VI – VIII. Edifici pubblici e privati luoghi e cose notevoli su-burbani riporta fedelmente il carattere e l’immagine del sobborgooltre porta Adriana, dove c’era il mercato boario, e dove fino al 1865si praticavano le esecuzioni capitali. Non mancavano poi la conceriadelle pelli e il mercato equino, attività che garantivano la presenzadi un vasto pubblico. Lungo via Maggiore si è persa traccia dellachiesa di San Francesco da Paola (ricordata anche come San Fran-ceschino) che Corrado Ricci dice ricostruita nel 1647 e «riparata»nel 1702, all’angolo con via Porticino. Nel corso della Seconda guerramondiale l’edificio venne distrutto, ma appare nelle foto dell’epocae nell’olio su tela Sobborgo di Porta Adriana, 1875, di TelemacoSignorini, conservato alla Galleria nazionale d’arte moderna e con-temporanea di Roma e apprezzato dal pubblico della mostra “Il BelPaese” allestita da marzo a giugno 2015, al Museo d’arte della città.Il resto della zona è fatta di «case rimodernate» dice il Savini daitempi nei quali scorreva il fiume con le porte alte e brevi scaletteesterne per sfuggire alle acque. Il quartiere quindi fu sempre carat-terizzato da un brulicare di attività e di persone, le vicine scuole co-munali maschili del 1902 sono tra i pochi edifici pubblici ricordati. La sede dell’ex circoscrizione Prima oggi ufficio decentrato, ospitaal proprio interno in via Maggiore 120 La casa delle donne. L’asso-ciazione a carattere volontario Liberedonne ne gestisce e organizzale attività sociali e culturali. La Casa delle donne è sede dell’Udi,l’unione donne in Italia; delle Donne in nero, rete internazionale didonne contro la guerra, e della Fidapa, gruppo che promuove, co-ordina e sostiene le iniziative delle donne che operano nel campodelle arti, delle professioni e degli affari. Oggi a chi si prende tempoe cammina nel dedalo di stradine strette della casba non sfugge lacura e il pregio delle ristrutturazioni. Interventi mirati al recuperodelle abitazioni che non tradiscono lo spirito originale della zona,

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nel giardino interno a lume di candela.

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La Corte Ristorante Pizzeria In alto a destra, una foto satellitare dell’area

storica del borgo San Biagio; a sinistra si nota la larga arteria di via Maggiore,

al centro a destra sopravvive la fitta tessitura della parte più antica del quartire

che sorgeva fuori Porta Adriana, fatta di un intrico di vicoli e piccole case.

In basso, una foto attuale dell’Aurora, circolo centenario dei socialisti ravennati

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Oggi a chi si prende tempo e cammina neldedalo di stradine strette della casba non

sfugge la cura e il pregio delleristrutturazioni. Interventi mirati al recuperodelle abitazioni che non tradiscono lo spirito

originale della zona e convivonotranquillamente con case segnate dal tempo

non ne sviliscono l’anima con finti restauri in stile. Tanto che la com-presenza di residenze ristrutturate e unità abitative segnate daltempo rende viva e verace il quartiere che evidentemente rifiuta didiventare museo per turisti disattenti. Tra i tesori nascosti c’è uno dei circoli più apprezzati e più appartatidella città, nel quale la convivialità affonda le radice nella pura tra-dizione enogastronomica ravegnana. Non c’è bisogno di insegneper sapere dove trovare il circolo La Gardela di via Portone, il ricordopersonale indelebile o i racconti di amici e conoscenti guidano i for-tunati avventori, custodi e cultori di sapori intensi e pieni, da scoprireogni volta nei piatti di tagliatelle al ragù o nelle carni alla brace. Lafrequentazione e l’adesione è legata a consolidati rituali che limitanoil numero dei soci, 160, e anche l’ingresso nel circolo è ammesso suinvito di un socio, fra i quali si contano cittadini illustri come il mae-stro Riccardo Muti. Nelle sale del circolo fondato nel 1952 il legno elungo tavoloni la fanno da padrone, l’atmosfera rustica scalda icuori dei soci e degli ospiti ma un cartello ammonisce “Sono da evi-tarsi le discussioni politiche” e così rimane posto per lo sport e ilbeccaccino. Percorrendo le vie della casba la toponomastica regala tante piccolecuriosità, da via Portoncino, traversa di via Maggiore, citata da Giu-seppe Morini nello Stradario storico di Ravenna anche come viaMuzza o Mozza, a seguito della lettura dei catasti del 1809, mentrein una pianta di epoca settecentesca Morini la ritrova descritta così:«Portoncino che si transita nella strada Monaldini e Costantinopoli».Via dei Pozzi che procede da via Mingaiola a via Ghibuzza indicavaun’area ricca di acque, già nel Trecento; nel Settecento fu chiamataanche via Monaldini perché attraversava terreni della nobile famigliaravennate. Anche via Scaletta rimanda alla presenza, sostiene Morini,dalla presenza di una gradinata o di scale per raggiungere l’arginedel fiume Montone poi abbandonato. Via degli Spreti fino al 1928era nota come II Sabbione, quattro infatti erano le stradine con que-sta denominazione. Si trattò quindi di omaggio a una delle più im-portanti famiglie nobiliari cittadine che tanta influenza ebbero nella

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storia di Ravenna. Proseguendo nelle pieghe della To-ponomastica appaiono personaggio particolari: JacopoLandoni, vissuto fra Sette e Ottocento professore dieloquenza, spirito bizzarro, famoso per burle famosenella tradizione ravegnana, scrive Morini. Via Ferrettirimanda invece a una famiglia ravennate alla qualeappartennero alcuni uomini di valore, tra i quali Niccolò(XV secolo) grammatico e umanista, Gianpietro, eruditoe storico di Ravenna (XVI secolo) e Giulio (XVI secolo)scrittore di cose militari. Se le curate ristrutturazioni, si diceva, danno il sensodi un borgo pacificato, agli inizi del Novecento era lapassione politica invece ad incendiare gli animi, conla Società socialista Aurora di via Ghibuzza oppostaalla Società dell’Emancipazione di matrice repubbli-cana. E quando negli anni Venti l’Aurora subirà l’assaltodelle squadre fasciste, sarà la generosità delle donnee dei bambini del sobborgo a salvare la casa dall’in-cendio con una catena umana fatta di secchi d’acqua.Di questi giorni la riapertura del circolo con una nuovagestione che si preoccupa di dare spazio anche a eventiculturali, dalla musica dal vivo ai dj set, dal cinema, ailibri e al teatro.

Sopra, una curiosa immagine della casbanegli anni ‘70, con fianco a fianco nel vicolo una

Rolls Royce e una Citroen 2 Cavalli. Lo scatto è frutto di una ricerca del fotografo Eros

Antonellini, intitolata “I Ravennati”.

A sinistra, il voltone che da via Maggiore introduce avia Portone una delle direttrici del vecchio quartiere

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di Alberto Giorgio Cassani

Silenzio. Staticità. Dolore. Queste lenon certo allegre immagini che Ra-venna ispira a Joseph Stella (all’ana-grafe Giuseppe Michele da Muro Lu-cano) – dadafuturista italoa me rica no,ma amante dei pittori “primitivi” ita-liani e amico del genio Duchamp –nel suo ricordo della nostra città, vi-sitata nel 1926, dall’asciutto titolo:Ravenna.1 «L’Italia – afferma Stellanella Lettera a Ferdinando Santoro,suo critico nella mostra napoletanadel 1929 – è l’unica mia vera ispira-trice».2 Che lo sia stata un po’ anchela “città del silenzio”? (che per un fu-turista è il massimo…).Il silenzio, dunque, innanzitutto:«alto, solenne, ieratico» come la pro-cessione «d’oro e bianco» (delle ver-gini di Sant’Apollinare Nuovo?, ipo-tizziamo noi). Su questo silenzio sielevano «con semplicità» e «natura-lezza» gli «alti cilindri dei campanili»in uno scenario di «staticità vivente»(un bell’ossimoro per Ravenna) in cuiperò «s’intravede una vita profondadilungarsi per i meandri del Mistero»(quei “meandri” che egli ha visto rap-presentati nell’intradosso dell’arcoche conclude la volta a botte col cielostellato di Galla Placidia, citata, in-fatti, subito dopo nella poesia; qualemiglior luogo per uno di cotal nome?).Stella “riscatta” la città silente, rico-noscendole una vita «presente e vivacome nei fondi animati dalla muta etanto raccolta eloquenza delle figuredi Piero della Francesca». Al pittoreStella non potevano che venire inmente i cristallini paesaggi senza

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La Ravenna di PieroIl ricordo di viaggio di Joseph Stella, dadafuturista italo-americano (1926)

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A sinistra: Man Ray (Emmanuel Radnitzky), Three Heads, 1920, cm 20.7 × 15.7, stampa su gelatina d’argento, 1920-1928, Thomas Walther Collection 1901-1949. Dono di ThomasWalther, New York, The Museum of Modern Art © 2015 Man Ray Trust / Artists Rights Society (ARS), New York / ADAGP, Paris. Sopra: Piero della Francesca, Storie della Vera Croce, scena coll’Adorazione della Croce e l’incontro tra Salomone e la Regina di Saba, 1452-1466, affresco, Cappella maggiore dellachiesa di San Francesco, Arezzo. Sotto: Piero della Francesca, Storie della Vera Croce, scena col Ritrovamento delle tre croci e verifica della Croce, 1452-1466, affresco, Cappella maggiore della chiesa di SanFrancesco, Arezzo.

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GRAND TOUR42

tempo del grande Piero. Un paragone lusinghiero per Ravenna. An-che Galla e la sua tomba sono avvolti nel silenzio. In questa sof-fusa atmosfera, i rintocchi di campane non possono che apparirecome «richiami flebili di moribondi», di «cuori» e di «palpebre» chesi aprono e si chiudono nel dolore. Echi trakliani3 sono i colori nettidel tramonto “dipinti” da Stella: il «blu» del cielo su cui si staglial’orlo «nero» delle case. «Fuochi passanti», «ombre»: il pittore co-glie la città per immagini. L’ultima è quella del campanile (ancora)e della facciata del duomo che «impallidendo nella sera ha unadolce chiarità soffusa di tenerezza ed amore come di moribondo».Difficile, per chiunque, prestargli soccorso.

NOTE:1. In Joseph Stella, Ricordi e pensieri, Roma, Edizioni della Cometa, MCMLXXXIX,

p. 84. Tutte le successive citazioni riferite a Ravenna sono tratte ibid. Su Stellasi veda: Simonetta Nicolini Alla fine del viaggio. Immagini degli emigranti e del-l’America negli scritti e nei disegni di Joseph Stella, in Viaggiare con i libri. Saggisu editoria e viaggi nell’Ottocento, a cura di Gianfranco Tortorelli, Bologna, Pen-dragon, 2012, pp. 263-291.

2. Joseph Stella, Lettera a Ferdinando Santoro, agosto 1928, in J. STELLA, Ricordie pensieri, cit., pp. 85-86.

3. Georg Trakl, il poeta cantore del tramonto dell’“Austria felix”.

> Joseph StellaRavenna

«Il silenzio di Ravenna, alto, solenne,ieratico come la processione d’oro e dibianco lungo muro di purezzaproteggente la vera Santità grave dellaVergine. Case, chiese, campanili, glialti cilindri dei campanili si elevano consemplicità, naturalezza nel silenzio suun fondo di staticità vivente, lungo cuisi sente, s’intravede una vita profondadilungarsi per i meandri del Mistero,ma presente e viva come nei fondianimati dalla muta e tanto raccoltaeloquenza delle figure di Piero dellaFrancesca. Nel silenzio la tomba diGalla Placidia – notturno soffuso…Suoni di campane ansimano brevicome richiami flebili di moribondi.Cuori che si aprono nel dolore e suldolore si richiudono, palpebre appenasollevate e presto cadute su sguardidolorosi.La sera cade lentamente, ma il cielo èchiaro, il blu del cielo divenuto d’unpallore soffuso di riflesso sugli orli neridelle case.Appena qualche lieve rumore – fuochipassanti si perdono nelle ombreinavvertite. E sul cielo, non campeggiache il campanile e la facciata delduomo, che impallidendo nella sera hauna dolce chiarità soffusa di tenerezzaed amore come di moribondo»

> Joseph Stella, The Brooklyn Bridge: Variation on an Old Theme, 1939,olio su tela, cm 178.4 × 107.2, Whitney Museum of American Art, New York.

> Il meandro a mosaico, post 425, del Mausoleo di Galla Placidia, Ravenna.

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«L’architettura del calcolo,dell’audacia temerariae della semplicità»*

«Noi […] canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche […] le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi»

Filippo Tommaso Marinetti, Manifesto del Futurismo, in “Le Figaro”, 20 febbraio 1909

> Mantova, Fabbrica Mantovana di Concimi Chimici, magazzino per fertilizzanti, ingegner Alberto Minghetti, 1952, foto Marcello Modica, 2014

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di Alberto Giorgio Cassani

Form follow Function: la forma segue la funzione. Mai come nelcaso dei “paraboloidi” (o più esattamente dei “cilindri parabo-lici”) questo caposaldo proverbiale dell’architettura contempo-ranea, coniato da Louis H. Sullivan1 (o forse da un suo socio distudio), calza nella maniera più perfetta. Le pareti inclinate di 38°circa di questi magazzini per lo stoccaggio d’inerti “accompa-gnano”, infatti, la naturale conformazione di materiali che si se-dimentano in forma conica, evitando così le pericolose spinte ches’innescherebbero nel caso le pareti fossero verticali (come neiprecedenti magazzini a forma “basilicale”). Anche se, va detto,probabilmente i primi paraboloidi non furono pensati per l’in-dustria, bensì per la custodia dei dirigibili, come dimostrano i duehangar di Orly, del 1923-1924, capolavori d’ingegneria cementi-zia armata, progettati da Eugène Freyssinet e malaugurata-mente distrutti dai bombardamenti della Seconda guerra mon-diale.Come che sia, queste “cattedrali” del XX secolo incarnano, as-sieme alle torri di raffreddamento, anch’esse strutture apparte-nenti alla stessa famiglia dei paraboloidi – le “coniche” –, leforme dell’immaginario industriale del Novecento, suscitandol’ammirazione sconfinata, dopo il grandioso incipit del futurismoitaliano (Sant’Elia canta «la bellezza nuova del cemento e delferro»2), in alcuni dei più importanti teorici e architetti del co-siddetto “Movimento Moderno”: Tony Garnier,3 Hermann Mu-thesius,4 Le Corbusier5 e Walter Gropius, in particolare. A questeforme s’ispireranno, oltre a questi nomi appena citati, molti deimaggiori progettisti del secolo appena trascorso: Robert Maillart,Pier Luigi Nervi, Richard Buckminster Fuller, Ivan Leonidov, Fe-lix Candela (maestro insuperato dei paraboloidi iperbolici), PaoloSoleri. Molti, anche, sono stati gli architetti che si sono eserci-tati nella progettazione di vere e proprie fabbriche: da Peter Be-hrens (fabbrica di Turbine, fabbrica di piccoli motori, stabili-mento dei materiali per l’alta tensione, sala di montaggio pergrandi macchine per l’AEG di Berlino-Moabit, fabbrica del gas efabbrica Hoechst IG Farben a Francoforte sul Meno, 1911 e 1920-1924), ad Hans Poelzig (fabbrica di prodotti chimici Moritz Milch& Co. a Luban (Polonia), 1911-1912 e i magnifici progetti, quasitutti non realizzati, delle Torri dell’acqua), a Walter Gropius (fab-brica Fagus, Alfed an der Leine (Bassa Sassonia), 1911-1913 e fab-brica modello, con Adolf Meyer, all’Esposizione del Werkbund aColonia del 1914), a Eric Mendelshon (Hut Fabrik – cappellificioFriedrich Steinberg, Herrmann & Co. – a Luckenwalde (Brande-burgo), 1919-1920 e fabbrica tessile Krasnoye Znamya – “Ban-diera rossa” – di San Pietroburgo, 1926), agli architetti italiani (Fi-gini e Pollini, 1934-1957 e Eduardo Vittoria, 1956) che hannoideato i successivi ampliamenti dell’Olivetti a Ivrea, fino ad AlvaroSiza che ha firmato la fabbrica della Vitra a Weil-am-Rhein.Alla fine del XIX secolo, appare chiaro come ingegnere e archi-tetto abbiano ormai preso due strade divergenti: quello della ri-cerca di nuove forme per nuovi materiali, il primo, quello di unaposizione di “retroguardia” formalistica e accademica, il se-condo. Ecco perché gli architetti del nuovo secolo, il secolo delModerno, guardano ai primi come modelli da seguire. Forse ilprimo ad aver individuato nell’ingegnere la figura dell’uomo, altempo stesso, antico e attuale, è stato Adolf Loos: «C’è ancora,nel nostro tempo, qualcuno che lavora alla maniera dei Greci? Ohsì! Gli Inglesi come popolo, gli ingegneri come categoria. Gli In-glesi, gli ingegneri sono i Greci dei giorni nostri. A loro dob-biamo la nostra cultura. Essi sono gli uomini perfetti del dician-

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> A sinistra, in alto: Mantova, Fabbrica Mantovana di Concimi Chimici, magazzino per fertilizzanti, ingegner Alberto Minghetti, 1952, foto Marcello Modica,2014. A sinistra, in basso: Pasquasia (Enna), miniera di sali potassici misti di Pasquasia-Corvillo (ISPEA-Italkali), magazzino “solfato”, 1969, foto Marcello

Modica, 2011 . Sopra: Tortona (Alessandria), Monopoli di Stato, magazzini del sale, ingegner Pier Luigi Nervi, 1950-1951, foto Marcello Modica, 2013

novesimo secolo… I vasi greci sono belli come bella è una mac-china».6 Curioso che, qualche anno più tardi, in Vers une architecture,Le Corbusier metta a confronto il Partenone e l’automobile, benchéil passo da Loos a «une maison est une machine à habiter» non siaaffatto breve; ma questa sarebbe un’altra storia, Loos non essendoaffatto un mero “anticipatore” del Movimento Moderno.7

Questa vicenda, che vede Le Corbusier in prima fila – «GLI INGEGNERIAMERICANI SCHIACCIANO COI LORO CALCOLI L’ARCHITETTURA AGO-NIZZANTE»8 –, è stata raccontata, come soltanto lui poteva fare, daReyner Banham, lo storico dell’architettura più anticonformista eduno dei più acuti del secolo scorso, in numerosi articoli,9 nella suatesi di dottorato10 e infine nel suo libro A Concrete Atlantis: US In-dustrial Building and European Modern Architecture del 1989.11 Chepoi questi architetti innamorati delle forme industriali e dell’esteticadella macchina – primi fra tutti gli architetti del Costruttivismo so-vietico e poi, in una versione assai più ludica, gli “eroi” delle Mega-strutture degli anni Sessanta e Settanta – abbiamo col tempo com-preso che non bastava rifare queste forme per ottenereautomaticamente un modello di Modernità, è altrettanto vero.Tornando ai paraboloidi, cosa ci dicono, oggi, questi grandi conte-nitori? Che la forma può seguire la funzione, ma, ciononostante, essava oltre la mera “traduzione” di una necessità pratica, realizzandoforme di “platonica” bellezza che ci sanno parlare anche dopo chela loro “funzione” è caduta in disuso.Il paragone con le cattedrali non è affatto peregrino e buttato lì.12

Delle grandi chiese gotiche, questi semplici magazzini conservanol’aspetto luministico, coi tagli di luce che provengono dalle finestreen longuer (siano esse parallele alle pareti o collocate lungo la cur-vatura dell’arco). Chi ha avuto la fortuna di entrare in uno di questigrandi spazi vuoti si è reso conto della qualità della luce che ne illu-

mina gl’interni con effetti scenografici (che ne farebbero luoghi de-putati alle rappresentazioni del teatro contemporaneo).Ecco perché questo primo censimento sui paraboloidi italiani con-dotto da Marcello Modica e da Francesca Santarella è un lavoro im-portante che finalmente fa il punto su queste moderne cattedrali dellavoro. Un lavoro analogo sarebbe augurabile anche sulle torri di raf-freddamento dismesse, anche se, per quanto riguarda queste ultime,non si ritrova certamente la varietà di forme e di tipologie presentinei magazzini con copertura a volta parabolica. Qualunque ipotesidi conservazione di questi manufatti presuppone innanzitutto laloro catalogazione e la conoscenza dello stato di fatto. E questo vo-lume – così ben illustrato dalle fotografie di Modica – permette la co-noscenza, per la prima volta, di quest’importante e diffuso patri-monio architettonico. Si dirà: conoscere non vuol dire automaticamente conservare. Allostesso modo non significa sapere sempre cosa fare di questi gigantisvuotati dalle loro funzioni di contenitori di materiali inerti (a granulio in polvere).13 Questo lo sappiamo bene. Ma già un’iniziativa edi-toriale di questo livello permetterà, ce lo auguriamo, d’impedire, conmaggior speranza di successo (o minor speranza d’insuccesso), il ri-schio, sempre in agguato, delle demolizioni.Si raccoglierà, in tal modo, l’eredità di Eugenio Battisti, primo in Ita-lia a capire l’importanza di quelli che lui chiama «i grandi mostri dellameccanizzazione»,14 ma “mostri” solo «per la loro dimensione, nonper le qualità, anche di stile, che presentano e che ormai si possonoapprezzare, con equità, da due opposti versanti: entrando dentro, làdove sopravvivono impalcature metalliche, capannoni a vista, mac-chine ed attrezzi, e tutelandoli come il tesoro nostrano di quella ci-viltà industriale, cui si devono forse i massimi capolavori di strutturearchitettoniche pure più suggestive che in qualsiasi quartiere creato

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> Sopra: Santa Maria degli Angeli, presso Assisi (Perugia), Stabilimentoconcimi chimici Montecatini-Montedison, magazzino per fertilizzanti

cosiddetto “Morandi”, 1948, foto d’epoca proveniente dall’Archiviofotografico Montecatini-Edison

Sotto: Cáceres (Estremadura, Spagna), Zona industriale Aldea Moret,magazzino per fertilizzanti cosiddetto “Embarcadero”, 1957, recupero a

cura degli architetti Fuensanta Nieto e Enrique Sobejano, 2006-2007,foto Roland Halbe

dallo stile internazionale»; nonché «relitti» della civiltà industriale,dalla spazialità disponibile a nuovi utilizzi in quanto l’architettura in-dustriale «richiede spazi interni il più possibile aperti e sgombri,quindi esclude tramezzi, celle, corridoi, tutta quella camicia di forzache il ricalco, insensato, delle piante obsolete dei palazzi barocchi haintrodotto nelle abitazioni piccolo borghesi ed operaie. Cioè spa-lancando le porte, si hanno spazi immensi, liberi, da trasformare eda adattare con sistemazioni che saranno per forza sempre provvi-sorie: scuole […], sale da conferenza, palestre coperte, piscine, pa-diglioni per esposizioni, mercati artigiani o nuove industrie».15 Nonsoltanto questo, però. Salvare queste testimonianze è, per Battisti,«una delle migliori forme di riconoscenza e di rispetto per l’immane

piattaforma di sforzi, fatica, ingegnosità su cui il nostro facilitato epigro benessere è fondato».16 Sapendo quanto labile è questo be-nessere. Essendo ben consapevoli, anche, che questo specifico pa-trimonio culturale, più di qualunque altro pervenutoci, «non è mai undocumento della cultura senza essere insieme un documento dellabarbarie».17

Magazzino deriva dall’arabo “Machsan” (o “Al-Machsan”), che si-gnifica luogo da riporre e custodire, ma anche tesoro e celliere. Unluogo, dunque, ospitale e protettivo. Speriamo di essere all’altezzadi questi luoghi dell’accoglienza, salvandoli dall’abbandono (chespesso, però, ha permesso la loro sopravvivenza e il mantenimentodella loro autenticità), attribuendo loro nuove funzioni, rispettose deiloro grandiosi spazi, che permettano loro di sopravvivere a questi no-stri tempi difficili (chi l’avrebbe detto che sarebbe tornato di modaDickens?).Speriamo, soprattutto, che la parabola dei paraboloidi non sia di-scendente, ma punti decisamente verso l’alto.

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> A sinistra: Ravenna, Società Interconsorziale Romagnola (SIR), magazzino per fertilizzanti, ingegner Elio Segala, 1956-1957, foto Stefano Barzizza, 2014A destra: Prato, Opificio tessile Campolmi, tintoria, anni ’50, recupero a cura dell’architetto Marco Mattei, 2009, foto Marco Mattei

«[…] nell’idea di felicità risuona ineliminabile l’idea di redenzione.Ed è lo stesso per l’idea che la storia ha del passato. Il passato recacon sé un indice segreto che lo rinvia alla redenzione. Non sfioraforse anche noi un soffio dell’aria che spirava attorno a quelliprima di noi? Non c’è, nelle voci cui prestiamo ascolto, un’eco divoci ora mute? […] Se è così, allora esiste un appuntamento mi-sterioso tra le generazioni che sono state e la nostra. Allora noisiamo stati attesi sulla terra. Allora a noi, come a ogni generazioneche fu prima di noi, è stata consegnata una debole forza messia-nica, a cui il passato ha diritto. Questo diritto non si può eluderea poco prezzo».18

Note

* Si tratta della Prefazione al volume di Marcello Mo-dica, Francesca Santarella, Paraboloidi. Un patrimoniodimenticato dell’architettura moderna, prefazione diAlberto Giorgio Cassani, scritti di Ivanoe Balatroni et alii,Firenze, Edifir Edizioni, 2014, pp. 9-13.

1. The Tall Office Building Artistically Considered, in«Lippincott’s Magazine», LVII, marzo 1896, pp. 403-409.

2. Antonio Sant’Elia, L’architettura futurista: Manife-sto, foglio volante, Milano, 11 luglio 1914, poi in «La-cerba», II, n. 15, pp. 228-231: 228.

3. Une cité industrielle: Étude pour la construction desvilles, Paris, Massin & Cie, 1917, 2 voll.

4. Come sottolinea Reyner Banham in Theory and De-sign in the first machine Age, London, The Architectu-ral Press, 1960, trad. it. di Enrica Labò, Architetturadella prima età della macchina, Bologna, Calderini,1970, pp. 61 sgg. (nuova edizione a cura di Marco Bi-raghi, traduzione di Sandra Montagner, Milano, Chri-stian Marinotti, 2005).

5. Vers une architecture, Paris, G. Cres, 1923, trad. it.di Pierluigi Cerri, Pierluigi Nicolin e Carlo Fioroni, Versouna architettura, a cura di Pierluigi Cerri e Pierluigi Ni-colin, Milano, Longanesi & C., 1973, 1986, 19987.

6. Adolf Loos, Vetro e argilla [26 giugno 1898], in ID., InsLeere gesprochen; Trotzdem, Wien-München,VerlagHerold, 1962, trad. it. di Sonia Gessner, Parole nelvuoto, Milano, Adelphi, 1972, 19802, pp. 41-47: 43.

7. Ludwig Wittgenstein: «Chi è soltanto in anticipo sulproprio tempo, dal suo tempo sarà raggiunto», Vermi-schte Bemerkungen, herausgegeben von Georg Hen-rik von Wright, Frankfurt am Mein, Suhrkamp, 1977,trad. it. di Michele Ranchetti, Pensieri diversi, a cura diGeorg Henrik von Wright con la collaborazione di HeikkiNyman, edizione italiana a cura di Michele Ranchetti,

Milano, Adelphi, 1980, p. 28. Cfr. Massimo Cacciari,Adolf Loos e il suo Angelo - Adolf Loos, Das Andere /L’Altro - Festschrift: Per i sessant’anni di Adolf Loos,Milano, Electa, 1981 (ora: Adolf Loos e il suo Angelo:«Das Andere» e altri scritti, Milano, Electa, 2002).

8. Vers une architecture, ed. cit., p. 20; e ancora: «Nonseguendo un criterio architettonico, ma semplicementeguidati dalle necessità di un programma imperativo, gliingegneri d’oggi si impadroniscono degli elementi chegenerano e fanno risaltare i volumi; essi mostrano la viae creano fatti plastici, chiari e limpidi che appagano losguardo e infondono allo spirito la gioia della geome-tria. Tali sono le fabbriche, primizie rassicuranti deitempi nuovi», ibid., pp. 28-29. Si veda anche LudwigHilberseimer, Groszstadt Architektur, Stuttgart, JuliusHoffmann Verlag, 1927, trad. it. di Bianca SpagnuoloVigorita, Groszstadt Architektur: L’architettura dellagrande città, Napoli, Clean, 1981, in particolare pp. 90-98.

9. Si vedano, per tutti, quelli, magistrali, raccolti nel-l’antologia Architettura della Seconda Età della Mac-china: Scritti 1955-1988, a cura di Marco Biraghi, Mi-lano, Electa, 2004.

10. Il già citato Theory and Design in the first machineAge.

11. Edito a Cambridge (Mass.) dalla MIT Press, trad. it.di Emma Ansovini, L’Atlantide di cemento: Edifici in-dustriali americani e architettura moderna europea,1900-1925, Roma-Bari, Laterza, 1990.

12. È lo stesso Le Corbusier a paragonare gli hangar diOrly a Notre-Dame: «Concezione e costruzione diFreyssinet e Limousin. Larghezza ottanta metri, altezzacinquanta metri, lunghezza trecento metri. La navata diNotre-Dame misura dodici metri di larghezza e trenta-cinque metri di altezza», Vers une architecture, ed. cit.,p. 240, didascalia.

13. Ricordiamo il monito di Walter Benjamin: «Che va-lore ha […] l’intero patrimonio culturale, se propriol’esperienza non ci congiunge a esso?», Erfahrung undArmut, in «De Welt im Wort», I, n. 10, 7 dicembre 1933,

trad. it. di Fabrizio Desideri, Esperienza e povertà, inWalter Benjamin, Opere complete, vol. V: Scritti 1932-1933, a cura di Rolf Tiedemann e Hermann Schwep-penhäuser, edizione italiana a cura di Enrico Gannicon la collaborazione di Hellmut Riediger, Torino, Giu-lio Einaudi Editore, 2003, pp. 539-544: 540.

14. Eugenio Battisti, Perché l’archeologia industriale, in«Archeologia industriale: Centro di documentazione edi ricerca», Bollettino n. 1, marzo 1977, in occasione delConvegno di Archeologia Industriale, Milano, 24, 25, 26giugno 1977, pp. 3-6: 3.

15. Eugenio Battisti, Il fascino dell’archeologia indu-striale, in «Italia Nostra», n. 158, 1978, pp. 42-46, ed.cons. in Id., Archeologia industriale: Architettura, lavoro,tecnologia, economia e la vera rivoluzione industriale,a cura di Francesco Maria Battisti, prefazione di PaoloGalluzzi, con i contributi di Aldo Castellano, Ornella Sel-vafolta, Milano, Jaca Book, 2001, pp. 35-40: 36.

16. Eugenio Battisti, Archeologia industriale: questionidi metodo, in Franco Feliciani, Giuseppe La Spada,Walter Pellegrini, Archeologia industriale in Abruzzo,con interventi di Eugenio Battisti et alii, s.l., s.n.,[L’Aquila, Stabilimento litografico Gran Sasso], 1985,ed. cons. in Eugenio Battisti, Archeologia industriale…,cit., pp. 41-50: 49.

17. Walter Benjamin, Über den Begriff der Geschichte,in Walter Benjamin zum Gedächtnis, [Edited by] Insti-tut für Sozialforschung, Los Angeles, 1942, pp. 1-16,trad. it. di Gianfranco Bonola e Michele Ranchetti, Sulconcetto di storia, in Walter Benjamin, Opere com-plete, vol. VII: Scritti 1938-1940, a cura di Rolf Tiede-mann e Hermann Schweppenhäuser, edizione italianaa cura di Enrico Ganni con la collaborazione di HellmutRiediger, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2006, pp. 483-493: 486.

18. Ibid., pp. 483-484.

> Il volume Paraboloidi. Un patrimonio dimenticato dell’architettura mo-derna sarà presentato all’Istituto della Enciclopedia Italiana “Treccani” lunedì26 ottobre 2015 (ore 17.30) alla Sala Igea di Palazzo Mattei di Paganica, Piazzadell’Enciclopedia Italiana, a Roma, con interventi di Massimo Bray (ex Mini-stro dei Beni, delle attività culturali e del turismo ed ora direttore editorialedella “Treccani”), Giorgio Muratore (Professore ordinario di Storia dell’archi-tettura contemporanea all’Università La Sapienza di Roma che, tra i nume-rosi volumi e saggi da lui scritti, ha curato, nel 2006, la voce «Archeologia in-dustriale» per la VII Appendice dell’Enciclopedia Treccani), Alberto GiorgioCassani, Marcello Modica e Francesca Santarella.

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ciclo di conferenze 2015

Giovedì 19 FEBBRAIOAlbergo Cappello

RAVENNA

Alessandro BucciFaenza

LaprimastanzaMontiano (FC)

Giovedì 19 MARZOOggetti d’Autore

FORLÌ

Tomas GhiselliniFerrara

Stefano PiracciniCesena

Giovedì 23 APRILEEdilpiùLUGO

Iotti / PavaraniReggio Emilia

BrensoBologna

Giovedì 21 MAGGIOSala Conferenze

Autorità PortualeRAVENNA

M2RReggio Emilia

Tappi / BarbieriCesena

Giovedì 18 GIUGNOAzienda vitivinicola

Poderi dal NespoliNESPOLI (FC)

Andrea Oliva Reggio Emilia

Miro architettiBologna

Giovedì 17 SETTEMBREMagazzini del Sale

CERVIA

Antonio RavalliFerrara

Pulelli / ValbonesiCesena

Giovedì 15 OTTOBREGalleria Comunale

Palazzo del CapitanoCESENA

Alessandra Chemollo

Venezia

ÈcruParma

Giovedì 19 NOVEMBREAlbergo Cappello

RAVENNA

Sperandio / PozziSantarcangelo (RN)

ORDINEARCHITETTIRAVENNA

Comitato scientifico Gianluca Bonini, Stefania Bertozzi, Giovanni Mecozzi, Filippo Pambianco Organizzazione, promozione, documentazione Reclam edizioni e comunicazione srl – Casa Premium rivista dell’abitare

Marco MulazzaniFerrara

Otto incontri/confronti fra protagonisti esperti

ed emergenti della progettazione contemporanea

Comune di Ravenna

Con il patrocinio Comune di Cervia

Comune di Lugo

Comune di Forlì

Comune di Cesena

ore 20 Apertura, registrazione crediti formativi ore 20.30 Saluto azienda promotrice ore 20.45 Architetti emergenti ore 21.45 Architetti esperti ore 22.45 Spazio interventi e saluto conviviale

Info Reclam tel. 0544 [email protected] - www.reclam.ra.it

CONF ARCHITETTURA CP:Layout 1 12/10/15 17.58 Pagina 1

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Alessandra Chemollol'architettura interpretata dall'occhio fotografico

Ècru architettil'ibridazione urbana e la metamorfosi di spazi e territori

Nuovo appuntamento per la serie di incontri- confronti del ciclo di otto conferenze "SeDici Architettura", in programma giovedì 15 ottobre (dalle ore 20) nella sala conferenze del Palazzo del Capitano (o del Ridotto)

di Cesena. Gli architetti dello studio Ècru di Parma e l'esperta di fotografia Alessandra Chemollo di Venezia racconteranno la loro esperienza professionale e i loro progetti attraverso la visione di due differenti

generazioni impegnate nel campo della ricerca architettonica contemporanea. La conferenza è promossa da questa rivista e dalla società editoriale Reclam, in collaborazione con Nuovostudiodi Ravenna e Archibiotico di Forlì (che curano la parte scientifica degli incontri) e con il patrocinio – anche ai fini

dei crediti formativi professionali – degli Ordini degli Architetti di Ravenna e di Forlì-Cesena.

Alessandra Chemollo è nata a Treviso nel 1963 e vive a Ve-nezia. Si è laureata presso l'Università Iuav di Venezia nel 1995, conuna tesi sulla relazione tra architettura e fotografia nel contempora-neo. La riflessione sulla rappresentazione dell'opera architettonica,e più largamente del paesaggio antropizzato, si sviluppa nel suo la-voro professionale e nei progetti autonomamente prodotti, senzasoluzione di continuità. Nella sua ventennale esperienza professionalespazia dall’architettura storica a quella contemporanea e sviluppaambiti teorici con finalità didattica. Ha esposto e pubblicato le suefotografie in mostre e in riviste e pubblicazioni in Italia e all’estero.In una intervista pubblicata sul sito internet del suo studio così com-menta il rapporto fra fotografia e architettura di cui è una dei massimiesperti in Italia: «La mia esperienza è cominciata con una buona pa-lestra fotografica di architettura classica, collaborando con ManfredoTafuri. Lavorando su opere di architettura contemporanea mi sembrapiù congruente far entrare nella rappresentazione il mondo in cui vi-viamo, che è il mondo in cui sono state progettate le opere che foto-grafo. Ogni architetto poi, sviluppa il suo pensiero attraverso le sueopere, e fotografare l’intera opera di un architetto è specialmentebello, è come entrare nella sua testa. Mi sento un po’ uno “Zelig”della fotografia, mi piace aderire e farmi prendere da quello che hodavanti, dall’altro da me. C’è una parte di lavoro che viene impostataa priori, sulla base di una lettura dell'opera che devo fotografare,certo, ma poi ci sono pensieri che corrono e che si mescolano magaricon cose che abbiamo letto o visto ed ecco le immagini poi nasconoun po’ così… Fotografare le opere avendo come committenti gli ar-chitetti stessi è un po’ più impegnativo, capita spesso che gli architettisiano come le mamme che portano i loro “bambini” al fotografo chie-dendo che il fotografo li faccia sembrare molto più belli che in realtà.Preferisco incarichi esterni, per una casa editrice, ad esempio. In que-sto caso forzo sempre un po’ la lettura, mi prendo un po’ più spaziodi quello che mi viene dato perché ho constatato che in fondo poisiamo tutti contenti di vedere il frutto di un pensiero, invece che unadeguamento a norme prestabilite».

Immagini di architetture firmate da Alessandra Chemollo

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In questa pagina, altri scatti di Alessandra Chemollo;Nella pagina a destra, alcuni progetti dello studio Ècru architetti

Ècru architetti è uno studio di progettazione architettonica e pae-saggistica di Parma. Fondato nel 2012 da Simona Bertoletti, FilippoCavalli, Antonello A. Sportillo e Giulio Viglioli. Dal 2015 è guidato dagliarchitetti Sportillo e Viglioli. Si è distinto in concorsi nazionali e inter-nazionali. I componenti hanno al loro attivo diverse collaborazioni conaffermati studi di progettazione italiani. Quello di Ècru architetti è ilgusto del metodo. Un metodo che parte dalla teoria, ma che non inter-viene nella storia dell’architettura a partire da una posizione teorica-mente delineata. Un metodo che oscillando tra arte e tecnica, tra veritàe poesia, declinando accademismi, anteponendo la comprensibilitàall’astrazione, vorrebbe rappresentare un approccio disciplinare pos-sibile e concreto. Un modo di fare architettura coerente, severo maumile verso le circostanze della vita, anomalo nel panorama contem-poraneo ma che dà dignità e valore ad un’ipotesi. In occasione della conferenza presenteranno "Invena", un interventoche traccerà un itinerario lungo 7 progetti dello studio con l’obiettivodi interrogarsi sul tema dell’ibridazione urbana e delle logiche dellametamorfosi di ogni spazio e territorio.

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Divano, l’oggetto rifugio del nostro conforto

Semplice, flessibile, in sintonia col nostro abitare come MyWorld, Tufty Time e Standard

«Semplicità significa sottrarre l’ovvio e aggiungere il significativo»

John Maeda, Le leggi della semplicità,Mondadori

di Sabina Ghinassi

Con le sue leggi della semplicità John Maeda, il graphic designernippoamericano, allievo di Nicholas Negroponte e docente al Mitdi Boston, ha spiegato, in modo assai zen, una strada praticabileper affrontare la complessità contemporanea. Il multitasking alquale siamo giornalmente sottoposti e le infinite, e spesso inutili,opportunità offerte dalle nuove tecnologie dovrebbero rendere piùfacile la nostra quotidianità ma, spesso, non fanno altro che com-plicarla, rendendola più dispersiva e disturbata. Esattamentecome la cattiva ricezione del segnale del digitale terrestre (avetepresente tutti quei quadratini sullo schermo?)Questo articolo inizia dalle leggi sulla semplicità perché è au-tunno e, dopo l’estate, si ritorna casa, si chiudono le finestre, si tirail bavero della giacca sul collo ancora abbronzato e ci si rifugia incasa, dopo il lavoro. Tutte cose molto semplici ed elementari chehanno a che fare con il nostro essere nel mondo, con le stagioni,con il nostro camminare dentro il paesaggio urbano. Si ha voglia Sopra: “My World”, progettato da Philippe Starck per Cassina.

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d’introspezione, di leggere un libro e di godersi la malinconia/fe-licità del momento, guardando, se possibile, il foliage fuori dallafinestra, come un gatto accucciato che fa le fusa sul divano. Perquesto se si dovesse trovare un oggetto di arredo in grado di sim-boleggiare l’autunno sarebbe il divano, un divano grande, tantocomodo da assorbire tutto lo spleen possibile, insieme al desideriodi cura e conforto che ci avvolge in questo momento. Ma questodivano dovrebbe riuscire a suggerire anche una via di fuga dallospleen stagionale, per esempio consentire di lavorare da casa o ac-cogliere nel nostro spazio le persone importanti della nostra vita. Dovrebbe essere un divano in grado di contenere tutto il nostromondo senza difficoltà. My World, progettato da Philippe Starckper Cassina, è esattamente questo: qualcosa che può essere undivano e, nello stesso tempo, un sistema living. “Viviamo in unasocietà schizofrenica. Prendiamone atto. My World è un bozzolo,un nido, un mondo in cui possiamo essere egocentrici e stare co-modamente insieme alla nostra ombra o raccogliere frammenti dinotizie dal mondo, che si dice sia reale”, racconta il designer a pro-posito del suo progetto. My World, infatti, può essere arricchito dadiversi complementi: i tavoli, sia laterali sia free-standing, i con-tenitori-box, i paraventi che definiscono l’area intorno al divano.All’interno del contenitore-box il sistema living ha una stazioneelettrica di caricamento, un caricatore USB e una soluzione di ca-ricamento wireless Duracell Powermat® per restare, se si sceglie,sempre connessi. Nello stesso tempo, le sedute grandi e morbideti fanno sentire protetto, dentro uno spazio non rigido, ma incre-dibilmente flessibile. È un divano piacevolmente umorale, cheentra in sintonia con chi lo possiede. Sempre di sintonia e di flessibilità parla un altro divano che, pro-prio quest’anno, ha compiuto dieci anni: Tufty Time di Patricia Ur-

quiola per B&B Italia, riedito quest’anno in una nuova versione.Nato come rivisitazione delle tipologie Capitonné e Chesterfieldalla luce delle riletture degli anni ’60 e ’70, molto amate dalla de-signer spagnola, Tufty Time parte dalla semplicità del moduloquadrato del pouf, intorno al quale si possono muovere, seguendouna disposizione libera e informale, elementi centrali, angolari eterminali, con braccioli alti e bassi. Anche in questo caso il divanopuò essere luogo di conversazione, intrattenimento, relax, sonno. Ancora più informale e “ cocoon” è Standard di Francesco Binfaréper Edra. Il punto di forza di Standard, elegante e allo stessotempo apparentemente semplice, è il cuscino, con schienali/ brac-cioli trasformabili e regolabili a piacimento. Questo consente unavasta gamma d’interpretazioni, ricercata attraverso più di un ven-tennio d’indagine tipologica e tecnologica, dalle prime configura-zioni variabili allo studio dei materiali e delle possibilità di variarel’assetto e la seduta attraverso movimenti semplici ed elementari.Designer anticonformista ( è anche insegnante di Biodanza), Bin-farè è il maestro della libertà, una libertà studiata nei minimi det-tagli che trasforma il divano in un abbraccio morbido o nel palco-scenico della più assoluta informalità o formalità, adattandosiplasticamente ai desideri di chi lo usa. Si tratta di un designer- fi-losofo che, attraverso la progettazione, s’interroga sul Compor-tamento, sullo Spazio, sulla Comunicazione, ambiti che più di al-tri incidono sulla nostra relazione costruttiva con il mondo.

Sopra: “Tufty Time” in alcune delle possibili composizioni.A sinistra in alto: “Standard” di Francesco Binfaré per Edra

A sinistra in basso: “Tufty Time” di Patricia Urquiola per B&B Italia

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> La chiusa di San Marco (Ravenna)

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gramma d’azione nel quale sono stati rilevati alcuni temi prioritari:- combattere l’inquinamento;- promuovere il razionale uso dell’acqua;- combattere le deficienze idriche persistenti;- prevenire e gestire le situazioni di crisi.L’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale,ha recentemente reso disponibile il rapporto sul dissesto idro-geologico in Italia nel 2014. Relativamente alle aree a pericolositàidraulica, i dati indicano che circa il 4% del territorio nazionale si

trova nelle condizioni di pericolo-sità elevata (P3: alluvioni fre-quenti), l’8,1% in quelle di perico-losità media (P2: alluvioni pocofrequenti), mentre le aree a perico-losità bassa (P1: scarsa probabilitàdi alluvioni o scenari di eventiestremi) sono circa il 10,4% del ter-ritorio nazionale. In Emilia-Roma-gna, la popolazione esposta a peri-colosità media è di 2.759.962abitanti (dato riferito alla popola-zione residente al 2011). Si è inoltre verificato un notevoledegrado degli ambienti rurali, inparticolare nelle zone di collina e dibassa montagna, con frequente ab-bandono dell’attività agricola edelle connesse sistemazioni idrau-liche con conseguente aumentodell’erosione del suolo. Non vannoinoltre dimenticati lo spopolamentodella montagna, i disboscamenti el’accumulo antropico sulle coste:elementi che incidono in un casoper la mancata presenza dell’uomo,nell’altro per l’eccessiva pressionesu risorse quali acqua e suolo. Atali fattori si è poi unita la variabilitàclimatica con il conseguente regimedi piogge intense e concentrate

nello spazio e nel tempo. Luca Mercalli, metereologo e climato-logo, in un’intervista di Sabrina Mechella pubblicata sul sito Me-gachip Democrazia nella comunicazione, Globalist syndacationhttp://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=79487, giànel 2013 affermava che «in Italia manca la conoscenza fonda-mentale della geografia del Paese, che non si studia neanche più

di Marina Mannucci

Il carattere «insostituibile» dell’acqua significa che l’insieme di unacomunità umana, ed ogni suo membro, deve avere il diritto di ac-cesso all’acqua, e in particolare, all’acqua potabile, nella quantitàe qualità necessarie indispensabili alla vita e alle attività econo-miche. La Dichiarazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite,del 2000, stabiliva, tra gli obiettivi, quello di dimezzare entro il2015 la percentuale di popolazionemondiale che non ha accesso aun’acqua veramente potabile e aiservizi sanitari di base come la retefognaria. Quando si parla di acqua,vi sono però profonde divergenzesulle strategie da adottare. Oltrealla questione della privatizza-zione, e alla nascita delle grandimultinazionali dell’acqua, i pareridivergono anche sull’utilità dellegrandi dighe per governare il corsodei fiumi e creare riserve da usareanche a fini energetici; come puresui modi migliori per amministrarel’acqua per l’irrigazione. L’innova-zione tecnologica sta fornendonuove soluzioni. A mio avviso, l’ac-qua non può che appartenere al-l’economia dei beni comuni e delladistribuzione della ricchezza e nonall’economia privata. La politicaambientale comunitaria ha pro-dotto riguardo al tema dell’acquauna vasta legislazione e indica larealizzazione a breve di diversiobiettivi che si possono così rias-sumere:- stabilire una politica integratadella gestione delle risorse idriche;- proteggere e migliorare la qualità degli ecosistemi acquatici;- promuovere un uso sostenibile dell’acqua basato su una ge-stione a lungo termine;- garantire la disponibilità di una giusta quantità di acqua quandoe dove è necessaria secondo criteri di solidarietà.Importante passo sarà anche la realizzazione del Sesto Pro-

Con passo leggero sull’acqua

> Sul ponte di Santa Trìnita, Firenze

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CITTÀ E SOCIETÀ62

a scuola. Non ci sono le basi per capire cosa sia una frana, un’al-luvione, quali sono i tipi di territorio più o meno favorevoli. Que-sto si sovrappone a una contro cultura che è quella del fatalismo:meglio appendere il cornetto o pregare il santo devoto piuttostoche occuparsi di studiare un opuscolo di protezione civile. Il terzopunto che coopera questa situazione è la frammentazione diutenti. Anche il cittadino più informato e volenteroso poi si scon-tra con il fatto di non sapere chi sia il suo partner pubblico che glideve dare l’informazione. Mentre in molti Paesi europei, negliStati Uniti o in Canada c’è un unico servizio di cui ci si fida e chedà le informazioni di protezione civile, qui c’è il Comune, la Pro-vincia, la Regione e spesso ognuno di questi settori dice cose di-verse, non le dice proprio o sono poco chiare. Il cittadino non samai cosa fare e come comportarsi.

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È chiaro che in questa situazione gli atti di miglioramento sono evi-dentemente molti. A cominciare dall’educazione nelle scuole, laproduzione di informazione per la gente comune: penso a nor-malissimi opuscoli o anche a trasmissioni televisive che spie-ghino alla gente come comportarsi in caso di calamità naturale.Nessuno sa cosa fare in questi casi. Se io adesso andassi perstrada e gridassi “C’è l’alluvione!” la gente sarebbe sorpresa chie-dendosi cosa fare. Basterebbe un decalogo delle cose da fare inquesti casi, anche molto banali tra l’altro, tipo non andare nei sot-topassi con l’auto: nell’arco di dieci anni sono morte dieci personein questo modo. Ci vuole dunque informazione in tutti i settori:scuole, televisione, giornali, la classica bacheca comunale, il corsodi formazione nei piccoli centri: tutte cose fattibili».Luigi Zoja, intellettuale dalla formazione economica e psicanalitica

junghiana, nel suo libro Utopie minimaliste. Un mondo più desi-derabile anche senza eroi afferma che «L’uomo non deve smetteredi pensare che la sua vita e il suo futuro siano nelle sue mani; nondeve lasciarsi schiacciare dalla disperazione della sindromeT.I.N.A. (There Is No Alternative) propagandata da chi non ha acuore il bene dell’umanità ma solo la preservazione dello statusquo […] i deve fare i conti con se stesso, con quelle mentalità checostituiscono il maggior mistero del nostro secolo, quell’accu-mulo di insensibilità e crudeltà verso il mondo e se stessi che gliuomini, se non intenzionalmente programmano, certo tollerano […]il singolo dispera di poter incidere realmente sui fenomeni globalie confida illusoriamente nell’avvento di un “eroe” solitario, ste-reotipo la cui prassi fallimentare è tanto ben documentata dalle ri-voluzioni storiche». Ed ancora l’autore precisa che se «da un lato

> Vista dei fiumi uniti dalla chiusa di San Marco

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CITTÀ E SOCIETÀ64

è chiaro che anche il più piccolo dei comportamenti singoli può in-serirsi in un movimento collettivo (o addirittura innescarlo) ac-crescendone la forza; dall’altro, questa forma di partecipazioneanonima e invisibile richiede – da parte di chi la compie – una pa-zienza, un’umiltà e una fiducia che non sono tipiche delle perso-nalità mediocri».Bene, partendo da questa lunga ma indispensabile premessa, èdifficile informare-informarsi per spot. Sappiamo che la messa insicurezza idrogeologica si attua attraverso: riduzione del rischioderivante dalle piogge intense; intervenendo per efficientare learee utilizzate per agricoltura e attività forestali e agendo sulla ge-stione e regimazione delle acque. Si devono effettuare dunqueopere per il drenaggio e la raccolta delle acque al fine di evitarealluvioni, realizzare canali scolmatori, adeguare le reti fognarie.In un’intervista rilasciata a Federica Angelini e pubblicata il 15 feb-braio scorso sul settimanale “Ravenna&Dintorni”, Claudio Miccoli,dirigente della Regione per il Bacino della Romagna, stimava in 100milioni il costo della messa in sicurezza del nostro territorio. Inquell’occasione l’esperto di problemi idraulici sottolineava che, sepur i danni provocati dall’alluvione avvenuti la settimana prece-dente, fossero stati più contenuti rispetto a quello che successenell’ottobre del 1996, nel territorio erano presenti situazioni di pe-ricolo. «Istituzioni e mass media – spiegava – non vogliono parlaredel rischio, mentre sarebbe bene non temere di impaurire la gente,dicendo la verità, per far capire quanto è necessario investire in si-curezza e quanto conviene, soprattutto in un bacino subsidentecon molte zone al di sotto del livello del mare». Nel corso dell’in-tervista, Claudio Miccoli rilevava anche che tra i fiumi critici del no-stro territorio c’è il Montone con un punto di fragilità alla chiusadi San Marco. Dal 1985 si procede per stralci per provvedere allamessa in sicurezza ma al momento «le arginature non permettonodi stare tranquilli per la confermazione»: occorrerebbero altri 15-20 milioni di euro. Se il dottor Claudio Miccoli attraverso l’inter-vista rilasciata in febbraio ha voluto far presente alla cittadinanzache il nostro territorio, da un punto di vista idrogeologico, è biso-gnoso di particolari cure e che l’approccio politico e amministra-tivo al problema è insufficiente per prevenire possibili eventi ca-tastrofici prevedibilissimi, è bene prenderne atto e riflettere sulcosa fare. Riguardo al rischio idraulico della nostra regione ancheil Comitato ambiente e paesaggio di Castel Bolognese ha ripetu-tamente evidenziato l’urgenza di rifare gli studi e rivedere i pianidella regione per la messa in sicurezza. Dati statistici alla mano, il semplice buon senso indicherebbecome prima strada la necessità di non rincorrere l’emergenza,spendendo molto di più per tamponare i danni di quanto sarebbeservito per evitarli.Dal Piano A.N.B.I. per la Riduzione del Rischio Idrogeologico delfebbraio 2015, ribattezzato report “Manutenzione Italia: Consorzidi bonifica in azione per #italiasicura”, si evince, infatti, che fra il2010 e il 2012 il costo del dissesto idrogeologico è stato stimatoin 7,5 miliardi di euro (in media 2,5 miliardi l’anno), mentre nei 65anni precedenti era stato, in valore attuale, di 54 miliardi di euro(in media 0,83 miliardi l’anno). Nel 2008 il ministero dell’Am-biente calcolava che per mettere in sicurezza idrogeologica lezone a maggior rischio del territorio italiano sarebbero stati ne-cessari almeno 40 miliardi di euro in 15 anni. In pratica con lesomme spese in risarcimenti e riparazioni dei danni nelle sole lo-calità colpite si sarebbe potuta realizzare la difesa dell’intero ter-ritorio, abbattendo i costi futuri ed evitando le perdite umane. Edancora nel piano proposto per il 2015 dall’Associazione Nazionale

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Bonifiche e Irrigazioni (ANBI), ad una lista di interventi vengono af-fiancate una serie di raccomandazioni, tra cui limitare il consumodel suolo attraverso un’apposita norma e inserire la “invarianzaidraulica” tra i presupposti della progettazione urbanistica. Laprevenzione dei rischi è un tema chiave per azioni future anche inmateria di politica comunitaria di coesione. In tale ambito rien-trano i piani per l’attuazione della Direttiva Europea 2007/60: sitratta dei piani di gestione del rischio alluvioni a livello di di-stretto idrografico, che gli Stati membri erano tenuti a pubblicareentro il 22 giugno 2015. Per realizzare le proposte dell’ANBI, conla legge finanziaria 2010, si sarebbe dovuto iniziare a realizzare unprogramma di prevenzione finanziato da risorse, assegnate per ilrisanamento ambientale con delibera Cipe, pari a 1.000 milioni dieuro. Tali risorse dovevano essere utilizzate attraverso accordi diprogramma tra ministero dell’Ambiente e Regioni, che contem-plassero il cofinanziamento regionale, definendo la scala di prio-rità degli interventi. A suo tempo sono stati stipulati i succitati ac-cordi di programma con l’individuazione degli specifici interventie delle relative priorità, prevedendo un impegno complessivo di2.097.771.266 di euro tra finanziamento statale e cofinanzia-mento regionale. Per ogni accordo è stato nominato un Commis-sario con il compito di provvedere alla realizzazione degli inter-venti previsti. A luglio 2014, risulta però essere stato speso menodel 4% di quanto previsto. Praticamente solo il necessario permandare avanti i regimi di commissariamento.

Nel giugno 2014 è stata istituita presso la Presidenza del Consigliouna “Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e perlo sviluppo delle infrastrutture idriche”, avente il compito speci-fico di accelerare l’attuazione degli interventi di messa in sicurezzadel territorio, di coordinare le azioni di tutte le strutture delloStato e gli enti operanti nel settore, di supportare la nuova pro-grammazione delle risorse per il ciclo 2014-2020. Per la stessa fi-nalità il cosiddetto “decreto competitività” (decreto legge n. 91 del2014) ha affidato la responsabilità della realizzazione degli inter-venti ai presidenti delle Regioni in qualità di “Commissari straor-dinari delegati”, attribuendo loro importanti poteri sostitutivi e dideroga. Un successivo decreto legge ha reso ordinaria l’attribu-zione, ai presidenti di Regione, di funzioni per gli interventi di mi-tigazione del rischio idrogeologico avviando contemporanea-mente un procedimento di ricognizione sullo stato di attuazionedi tutti gli interventi finanziati anche in data antecedente al 2009per procedere alla revoca delle risorse economiche non ancora uti-lizzate e destinarle ad interventi altrettanto urgenti, ma imme-diatamente cantierabili. L’obiettivo è stato quello di trasformarein cantieri oltre 2 miliardi di euro non spesi dal 1998 per ridurre si-tuazioni di emergenza territoriale. Le Regioni, con le Autorità di ba-cino e la Protezione civile, hanno indicato la necessità di circa5.200 opere per un fabbisogno di 19 miliardi di euro. Contempo-raneamente la Struttura di missione ha raccolto, insieme al mini-stero dell’Ambiente, le proposte regionali per due piani: il Piano

> La chiusa di San Marco

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nazionale per la difesa del suolo 2014-2020 (risorse tra i 7 ed i 9miliardi di euro) e il Piano stralcio destinato alle aree metropoli-tane. Se qualcosa si sta muovendo almeno per quanto riguardai miliardi già stanziati e mai spesi è evidente che un piano orga-nico e concreto non si esaurisce con la conclusione degli interventigià previsti, ma solo se viene pensato come spesa strutturale perl’intero Paese.Il rischio di dissesto idrogeologico in tutta l’Emilia Romagna è peg-giorato notevolmente, aumentando complessivamente di circa il10% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le opereda realizzare riguardano le manutenzioni “straordinarie” di bo-nifica, sistemazioni idrauliche, adeguamento e potenziamentodelle opere di scolo delle acque, laminazione delle piene, realiz-zazione delle casse di espansione (fondamentali per la sicurezzaanche dei centri urbani), consolidamento frane e ripristino dei ver-santi montani, realizzazione di briglie di contenimento del terreno.Tra le proposte di Legambiente riguardo al dissesto idrogeologicoleggiamo la necessità di- delocalizzare i beni esposti a frane e alluvioni, se legali;- adeguare lo sviluppo territoriale alle mappe del rischio pre-sente sul territorio;- ridare spazio alla natura. Restituire al territorio lo spazio ne-cessario per i corsi d’acqua, le aree per permettere un’esonda-zione diffusa ma controllata, creare e rispettare le “fasce di per-tinenza fluviale”, adottando come principale strumento di difesail corretto uso del suolo;- sorvegliare in modo speciale torrenti e fiumare;- attuare una manutenzione ordinaria del territorio che non sia si-nonimo di artificializzazione e squilibrio delle dinamiche naturalidei versanti o dei corsi d’acqua;- prevenzione degli incendi. In molti casi il disboscamento deiversanti causato dagli incendi può aggravare maggiormente il ri-schio di frana di un versante, oltre che avere un notevole impattoambientale;- applicare una politica attiva di “convivenza con il rischio” con si-stemi di allerta, previsione delle piene e piani di protezione civileaggiornati, testati e conosciuti dalla popolazione;- rafforzare le attività di controllo e monitoraggio del territorio percontrastare illegalità come le captazioni abusive di acqua, l’estra-zione illegale di inerti e l’abusivismo edilizio;- gestire le piogge in città.

«Gli aborigeni si muovevano sulla terra con passo leggero;meno prendevano dalla terra meno dovevano restituirle»

Bruce Chatwin,Le vie dei canti [The Songlines], Milano, Adelphi, 1987

Le foto del servizio sono di Alberto Giorgio Cassani

Pannelli informativi sul primo progetto della chiusa di San Marco di Gianantonio Zane, realizzata tra il 1733 e il 1739, con un’incisione della stessa tratta da Filippo Diego Bellardi, “Ragguaglio istorico delladiversione dei duo [sic] fiumi il Ronco e il Montone della città di Ravenna”,Bologna, C. M. Sassi, 1741.

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di Marco Turchetti *

Il dibattito sui capanni ormai da tempo immemore tiene banco sullastampa locale, ormai quasi quotidianamente si trovano interviste, ar-ticoli, scontri e confronti su questo tema per i ravennati così impor-tante.In effetti la loro grande diffusione, la passione e la tenacia nel difenderlidei ravennati dimostrano che i capanni sono una parte integrantedella tradizione ed una espressione della cultura locale a cui non sipuò e non si deve rinunciare.Il capanno da pesca è stato nel tempo la risposta della gente di vallee di mare ad una necessità naturale di ripararsi, di avere un luogo de-putato alla protezione ed allo sviluppo delle attività che consentonodi vivere: la pesca e la caccia, prima ancora della raccolta e dell’alle-vamento. A fronte di una necessità così ancestrale, risulta impossibiledeterminare quando siano natie come si siano evoluti i primi capanninella zona.

Riqualificazionedei capanni

Un grande progetto di valorizzazione del territorio e del paesaggio marino e vallivo

Così, è forse il loro “esistere da sempre” il loro far parte del paesaggioche li ha finora resi trasparenti agli occhi degli studiosi.Negli ultimi tempi ci si è tuttavia resi conto che i capanni sono unaforma storica di fondamentale importanza per il territorio delle zoneumide e dei litorali della Romagna.Se ci soffermiamo sulla lenta evoluzione ed i diversi stadi di sviluppodei capanni da pesca nelle nostre zone, ci si rende conto che, dietro aqueste strutture, si nasconde la traccia vivente delle origini dellaciviltà del nostro territorio e la storia dell’evoluzione delle forme abi-tative nelle zone costiere, fluviali e di valle.L’evoluzione dei capanni, è anche l’espressione dell’indole delle gentidi questi luoghi, dei conflitti sociali ed economici che ne hanno carat-terizzato i tempi: la contrapposizione tra i possidenti terrieri e gli abi-tanti del territorio che reclamano gli usi civici, braccianti e pescatori,rivoluzionari e reazionari, uomini di destra e di sinistra, ambientalistie ricreativi.L’evoluzione dei capanni da pesca è anche legata indissolubilmente

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ABITARE L’HABITAT

alla cultura e alla tradizione dell’uso dei prodotti locali ed in particolaredei prodotti della valle, che sviluppò nelle popolazioni abilità e capacitàdi costruire rifugi con canne, giunchi ed altre erbe palustri.L’uso di queste erbe nel territorio di valle, documentato anche nelMuseo della Civiltà Palustre di Villanova di Bagnacavallo, e l’esistenzadei “capannari”, abili artigiani dediti a confezionare strutture in cannaper la costruzione di ripari e capanni, testimoniano una tradizioneche, pur ridimensionatasi con il decremento dei canneti a seguitodelle bonifiche, è stata viva fino all’ultimo dopoguerra ma che si èpersa quasi del tutto con l’avvento delle nuove tecnologie e l’utilizzodi materiali differenti.L’attività principale svolta nel capanno, ovvero la pesca si prestavaad attività svolte anche da una singola persona non troppo esperta ein maniera non regolare. Si può dire che la pesca con il bilancionefosse quindi integrativa di altre attività economiche, in quanto tecnicanon particolarmente produttiva.A partire dagli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, il capannoda pesca è diventato sempre più un luogo di svago, piuttosto che dinecessità, seguendo l’evoluzione degli usi e dello stile di vita del No-vecento in piena crescita economica, con un periodo di particolarefioritura negli anni Settanta.Proprio verso la fine degli anni Settanta l’attenzione si è spostata sul-l’impatto ambientale di questi manufatti sulla fauna ittica, sull’ecosi-stema e sulla gestione idraulica degli invasi.In un sistema basato su un forte senso di libertà, di individualismo e

di autoregolamentazione sociale e su un’anarchia costruttiva legataalla spontaneità creativa dei capannisti ed al riciclo dei materiali, icambiamenti e le restrizioni imposte sono stati vissuti con vivaci con-trapposizioni che però hanno aiutato e aiuteranno a trasformarequesti luoghi in ambienti sempre più confortevoli ed in armonia conl’ecosistema circostante, aperti alle famiglie dei paesi vicini ma anchea quelle di città più lontane.Osservando la situazione attuale, l’ottimismo sembra essere all’oriz-zonte. I capanni da pesca offrono soprattutto un’occasione di svagoalle persone. Le generazioni comunque si avvicendano: i giovani diieri che accompagnavano i padri e gli zii sono i capannisti di oggi.Questi luoghi vengono frequentati per immergersi nella natura dasoli o in compagnia, lontani dallo stress e dalle convenzioni della vitacittadina.Il padellone sembra aver superato la fase di oblio e di incertezza, lestrutture si stanno riqualificando sotto la spinta della regolamenta-zione. I capanni si accingono a diventare sempre di più un luogo disvago, di escursione e di socialità. Il capanno da pesca rimane pursempre, come alle sue origini, un rifugio ma non più per ripararsidalle intemperie o per sottrarsi alle persecuzioni o per nascondersientrando in clandestinità; ora prevale il desiderio di passare alcuneore nella natura, in semplicità, respirando la tradizione della culturalocale ed ancestrale.Dalla determinazione di alcuni capannisti nel continuare a costruiremanualmente ogni anno inverosimili edifici temporanei con le retisospese sull’acqua, a dispetto della forza della natura che continua adanneggiarli e dei vari Enti preposti che continuano a pretendere ri-spetto delle regole, si capisce che il fenomeno costituito dai capannida pesca è destinato a rimanere ancorato nella nostra cultura, anchese deve giustamente essere definitivamente regolamentato per ga-rantire il rispetto dell’ambiente civile e naturale, visto che per glistessi capannisti questo è uno dei valori più importanti.Il capanno del futuro, non solo è stato riconosciuto come simboloiconografico del paesaggio costiero e lagunare del nostro territorio,ma è anche entrato a far parte di studi architettonici poiché ha costi-tuito uno stimolo per la creazione di luoghi del transitorio e del tem-poraneo, nuovi ed antichi allo stesso tempo.Le opportunità che si prefigurano per questi luoghi sono molteplici

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Il padellone sembra aver superato la fase dioblio e di incertezza, le strutture si stanno

riqualificando sotto la spinta dellaregolamentazione. I capanni si accingono adiventare sempre di più un luogo di svago,

di escursione e di socialità

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ma due linee principali di sviluppo sembrano chiaramente emergere:la valorizzazione della vocazione turistica, ricreativa ed escursionisticadei capanni da pesca e l’integrazione del capannista nei processi dimonitoraggio dell’ecosistema acquatico e fluviale a supporto di unagestione sostenibile delle aree umide del territorio.Si è partiti da semplici capanne in canna palustre, poi si è passati astrutture in legno e falasco che sono state costruite fino alla primametà del secolo scorso. Nel dopoguerra si sono diffuse le strutturemiste, i prefabbricati in metallo e cemento ed infine sono state co-struite strutture completamente in muratura. Negli ultimi dieci annivi è stato finalmente un ritorno ai materiali di origine naturale, espres-sione dell’attenzione agli aspetti di sostenibilità e di minimizzazionedell’impatto sull’ambiente e sul paesaggio. Le strutture più recentisono, infatti, generalmente di legno. Bisogna fare attenzione che l’im-posizione di tipologie o abachi di materiali troppo rigidi non comportiuna perdita di originalità, in modo che rimanga alta l’attenzione deiproprietari che continuano a personalizzarle e ad arricchirle.Questa evoluzione, viva e visibile a cielo aperto, costituisce una sortadi percorso museale della tradizione abitativa delle nostre zone umide,un potenziale eco-museo che ora si affaccia al terzo millennio racco-gliendone le sfide e assecondandone le tendenze.Difficile sarebbe immaginare il nostro paesaggio, dei fiumi, delle valli

e finanche dei moli senza la presenza dei capanni (padelloni), quasiimpossibile sarebbe pensare e immaginare che questi ambienti sa-rebbero più belli senza di loro, come pensare che Ravenna fosse piùbella senza il Candiano.L’ambiente, specialmente quello d’acqua è così perché oltre duemilaanni di profonda antropizzazione lo hanno plasmato e, se è vero cheha un valore, dobbiamo trovare il modo di mantenerlo non curandonesolo la tutela ma al contrario continuando a coltivarlo come fossel’orto di casa.Il nuovo regolamento dei Capanni elaborato ed attuato recentementedal Comune di Ravenna, rappresenta una grandissima opportunitàper tutti, in particolare per i capannisti che hanno finalmente la pos-sibilità e l’occasione da non perdere per rendere la presenza dei ca-panni non un elemento tollerato ma non accettato, ma finalmente diveder riconosciuto il proprio diritto di esistere e la propria utilità eco-nomica sociale e ambientale.Sono personalmente convinto che fra qualche anno, quando la ri-qualificazione delle strutture sarà ben avviata e saranno visibili i ri-sultati ottenuti, i capannisti saranno i primi ad essere orgogliosi deirisultati ottenuti e della qualità dell’ambiente e del paesaggio che nederiverà.È assolutamente necessario compiere il salto culturale che viene ri-chiesto per l’applicazione del programma di riqualificazione dei ca-panni avviato dal nuovo “regolamento Comunale”, poiché tutto ciòsarà in grado di innescare un processo virtuoso in cui la bellezza, latradizione e la storia delle nostre valli diventi finalmente un bene co-mune a beneficio di tutti.

* [Progettare Sostenibile - Ravenna][email protected]

Si è partiti da semplici capanne in cannapalustre, poi si è passati a strutture in legnoe falasco. Nel dopoguerra si sono diffuse lestrutture miste, i prefabbricati in metallo e

cemento ed infine sono state costruitestrutture completamente in muratura.

Negli ultimi anni vi è stato finalmente unritorno ai materiali di origine naturale

Galleria di immagini di varie tipologie di capanni, che nel ravennatecaratterizzano le piallasse Piomboni e Baiona, altre aree e vene

lagunari, la parte terminale e la foce dei fiumi e le dighe foranee a mare

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di Roberta Bezzi

Dopo anni di segno negativo, finalmente il mercato immobiliareturistico torna a sorridere. Se nel 2011/2012 il crollo delle com-pravendite aveva toccato nei lidi ravennati il 29,7 per cento, at-testandosi a un più lieve –6,1 per cento nell’anno successivo,l’inversione di tendenza è stata registrata per la prima volta nel2013/2014 con un bell’aumento del 2 per cento. Inevitabile dun-que che ci si aspetti segnali ancora più rassicuranti per il prossimofuturo. Questo è quanto emerge dall’Osservatorio Nazionale Im-mobiliare Turistico 2015, realizzato dal Sindacato provinciale Fi-maa Ravenna e da Confcommercio. I dati riportati corrispondononel complesso a quelli registrati, nei periodi in esame, anche dalSindacato provinciale Fiaip.

Guardando al “peso” delle singole località, Milano Marittimaresta la reginetta dei lidi ravennati per il 2015, con prezzi sui6.700 euro al metro quadrato, che valgono il 19° posto nella gra-duatoria delle 280 cittadine turistiche italiane, lo stesso delloscorso anno. A seguire Cervia, che con i suoi 4.200 euro al mq siclassifica al 77° posto, perdendo una sola posizione rispetto al2014. Balzo in avanti invece per Marina di Ravenna (3.300 al mq)

In ripresa le compravenditenel settore turistico

I dati e i commenti sugli scambi e il valore seconde casenelle località di villeggiatura del territorio regionale

e della riviera ravennate secondo l’Osservatorio di Fimaa e i numeri registrati da Fiaip

Esperti del settore immobiliare, rappresentanti del sindacato Fimaa edell’amministrazione comunale, in occasione della presentazione in municipio aRavenna del report 2015 del mercato turistico nazionale e locale

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che guadagna ben quattro posizioni, piazzandosi al 121° posto.Stabile Lido di Savio (3.100 al mq), al 142°, mentre scalano unaposizione Marina Romea (2.900 al mq), Punta Marina (2.900 almq), Casalborsetti (2.300 al mq) e Porto Corsini (2.300 euro almq), che si posizionano rispettivamente al 154°, 155°, 200° e201° posto. Chiudono la classifica, Lido di Classe (2.200 al mq)che perde una posizione ed è al 218° posto, Lido Adriano (2.100al mq), stabile al 223° posto e Lido di Dante (2.100 al mq), cheavanza di ben sette posti e si porta a 226.

«Il mercato delle seconde case – afferma Fabrizio Savorani,esperto del settore immobiliare turistico Fimaa – stenta a ripren-dersi, ma se pensiamo che rispetto ai valori massimi del 2008,anno che ha segnato l’inizio della crisi, ha perso il 35-40 percento, c’è di che ben sperare. Le condizioni per una ripresa cisono tutte: dal basso costo del denaro per accedere ai mutui almiglioramento generale dell’economia che infonde fiducia. A pe-sare sono, invece, a livello locale le carenze infrastrutturali perraggiungere la costa ravennate, e a livello nazionale, la crescenteincidenza del carico fiscale». Il leggero aumento delle compra-vendite non si è però tradotto, almeno per il momento, in una ri-presa dei prezzi delle case al mare che invece continuano a calare.

Stando ai dati Nomisma e Fimaa-Confcommercio, nel 2015 i prezzimedi degli appartamenti sono calati un po’ ovunque rispetto alloscorso anno. Per esempio, a Milano Marittima, del 2,7 per centoper le nuove costruzioni, del 5,8 per cento per le abitazioni usatein centro e del 5,6 per quelle usate ma in posizione periferica.Calo più vistoso a Cervia dove il Top Nuovo si è deprezzatopersino del 4,1 per cento, mentre il centrale usato e il periferico

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rispettivamente del 3,8 e 5,3. A Marina di Ravenna i prezzi delnuovo sono calati solo del 3,3 per cento, mentre quelli del centraleusato fino al 4,1; impennata per il periferico usato, –6,7 per cento,con punte persino del –9,1 per cento. Diversa ancora la situazionea Casalborsetti, dove – al contrario – i prezzi del nuovo sono calatidel 4,7 per cento, mentre stabili sono quelli dell’usato sia centraleche periferico. A Lido Adriano, invece, i prezzi sono diminuiti tuttipiù o meno in egual misura, dal –5 per cento medio del nuovo al–6,5 per cento dell’usato centrale e periferico. A Lido di Classe lenuove costruzioni sono state meno deprezzate (–2,5 per centomedio), a fronte di un calo piuttosto vistoso dell’usato periferico(- 6,9 per cento medio, con punte di –8,3) e dell’usato centrale (–3,2 per cento medio, con picchi fino a –7,1). Stessa cosa a PuntaMarina, dove il nuovo è diminuito in media del 3,9 per cento,mentre l’usato centrale del 5,3 e quello periferico del 6,9. A Lido

MERCATO IMMOBILIARE

di Dante, il nuovo regge (calo medio solo del 2,7 per cento),stabile l’usato in posizione centrale, crollo dell’usato periferico(–8 per cento medio). Al contrario, a Lido di Savio, va megliol’usato periferico (–3,4 per cento), rispetto al nuovo (–5,3 percento) e all’usato centrale (–4,9). La stessa situazione, si registraa Porto Corsini, dove l’usato periferico è rimasto stabile, a frontedi un calo del 4,9 per cento del nuovo e del 6,7 (con punte del9,1) per cento nell’usato centrale. A Marina Romea, ad andarepeggio è l’usato centrale (–5,7 per cento medio), a fronte di un –3,8 del nuovo e dell’usato periferico.

«Rispetto al mercato residenziale – afferma Alex Dosi, delegatoFiaip al Settore turistico –, quello turistico ha risentito meno, ini-zialmente, della crisi per diversi fattori: perché il ricorso al finan-ziamento per l’acquisto di una seconda casa è molto basso, senon addirittura nullo in alcuni casi, ma anche in quanto il bacinodi utenza è molto più ampio, potendo contare su acquirenti dialtre province, regioni e Stati. Senza dimenticare che gli immobilicomprati come forma di investimento e destinati alle locazioni,potevano contare su forme più semplici e meno rischiose di loca-zione rispetto a quelle canoniche residenziali. Poi chiaramente,con il perdurare della crisi, il mercato turistico ha conosciutol’altra faccia della medaglia. Oggi si può essere cautamente otti-misti, in quanto l’abbassamento dei prezzi ha comunque stimolatonuovamente la ricerca di appartamenti nelle zone turistiche e, algiusto prezzo, la casa è ancora considerata un bene su cui inve-stire». Per quanto riguarda le locazioni, l’andamento è stato ab-bastanza stabile e il mercato del mare ha tenuto anche nelle an-nate più difficili sotto il profilo meteorologico. «Quest’anno –aggiunge Dosi – è stato più debole il mese di luglio, compliceprobabilmente il fatto che prima era il mese “della vacanza vicinoa casa, poi ad agosto si parte”, mentre oggi si è probabilmentepreferito o dovuto fare un’unica scelta, preferendo alla fine ilmese di agosto».

Servizio realizzato in collaborazione con

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