Covid-19 e risposta immune · che non ci lascia quasi mai scoperti, e Covid-19 e risposta immune...

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Articolo in anteprima Medico e Bambino 4/2020 Aggiornamento I n questi giorni ci stiamo forse final- mente avvicinando al picco di con- tagiati relativamente all’epidemia da virus SARS-CoV-2, di cui si è parlato anche su Medico e Bambino 1-3 . In que- sto periodo si sono accumulate grandi quantità di informazioni, talora raccol- te in modo un po’ frettoloso e di diffi- cile interpretazione. Abbiamo per que- sto voluto fare il punto su quanto è no- to a oggi sui rapporti tra virus e siste- ma immune e su come queste cono- scenze possano aiutare a comprende- re differenze di gravità dell’infezione, come ad esempio quelle correlate al- l’età, e come possano guidarci in un uso razionale delle terapie. UN PO’ PIÙ GRAVE DELL’INFLUENZA? La letalità stimata in base a diverse osservazioni e modelli che non stiamo qui a riassumere oscilla dallo 0,5 al 3% circa, con valori in Italia che saranno più probabilmente tra l’1 e il 2%, ver- sus quella intorno allo 0,1% dell’in- fluenza. La variabilità dei dati diffusi dalla stampa in diversi Paesi è influen- zata da una molteplicità di fattori: la percentuale di casi asintomatici e pau- cisintomatici, il numero di tamponi eseguiti, la modalità di attribuzione dei decessi all’infezione, la fase dell’e- pidemia e la densità di soggetti conta- gianti, la distribuzione per età della popolazione esposta e la struttura so- ciale del Paese che determina quali età verranno esposte maggiormente (almeno all’inizio). Guardando solo i contesti in cui la popolazione sia stata estesamente va- lutata nel suo complesso (navi da cro- ciera, piccoli paesi come Vo’ Euganeo e Nembro, o comunità come in Corea del Sud), si può stimare la letalità dell’infezione in Italia su valori dell’1- 2% dei contagiati. Partendo da questo dato possiamo stimare indirettamente quanti soggetti siano stati finora colpi- ti dall’epidemia. Infatti, se consideria- mo in base a un’ipotesi conservativa una letalità reale dell’1%, potremmo stimare che ai circa 8mila decessi al 26 marzo corrisponderà una popola- zione di circa 800mila soggetti conta- giati. A questo punto avremo già pa- reggiato la mortalità dell’influenza (NB: la mortalità, diversamente dalla letalità, non è riferita ai soli contagiati, ma all’intera popolazione del Paese), e certamente la sopravanzeremo nelle settimane successive, ma con circa un decimo di soggetti ammalati rispetto ai circa 8 milioni che si ammalano ogni anno di influenza. Un confronto tra i diversi virus, infine, non può non tenere in considerazione l’esistenza dell’immunità crociata tra i diversi vi- rus influenzali degli anni precedenti, che non ci lascia quasi mai scoperti, e Covid-19 e risposta immune Tra debolezze in difesa ed errori in attacco STEFANO VOLPI 1,2 , SAMUELE NAVIGLIO 3 , ALBERTO TOMMASINI 3,4 1 IRCCS “G. Gaslini”, Genova; 2 Università di Genova; 3 IRCCS Materno-Infantile “Burlo Garofolo”, Trieste; 4 Università di Trieste Conoscere la fisiopatologia del Covid-19 per pensare a un migliore approccio terapeutico, focalizzato alle diver- se fasi dell’infezione con particolare attenzione alle fasi precoci. COVID-19 AND IMMUNE RESPONSE: WEAK DEFENCES AND SELF-HARMS (Medico e Bambino 2020;39:Articolo in anteprima) Key words Covid-19, SARS-CoV-2, Immune repertoire, Haemophagocytic lymphohistiocytosis, Cytokine storm, Pneumonia Summary Covid-19 outbreak is about to reach the peak of infected people in Italy. Huge amount of data is being published on this epidemic in all medical journals, with especial con- cern on severe cases. Unfortunately, most reports are just descriptive and only a few controlled clinical trials are available to unravel the disease pathology and the best ther- apeutic option. For this reason, the aim of the present paper is to give an update on what is currently known about the immune response to the SARS-CoV-2 virus, focusing on the possible weakness of adaptive immunity and excesses of inflammation.

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Articolo in anteprima Medico e Bambino 4/2020

Aggiornamento

I n questi giorni ci stiamo forse final-mente avvicinando al picco di con-

tagiati relativamente all’epidemia davirus SARS-CoV-2, di cui si è parlatoanche su Medico e Bambino1-3. In que-sto periodo si sono accumulate grandiquantità di informazioni, talora raccol-te in modo un po’ frettoloso e di diffi-cile interpretazione. Abbiamo per que-sto voluto fare il punto su quanto è no-to a oggi sui rapporti tra virus e siste-ma immune e su come queste cono-scenze possano aiutare a comprende-re differenze di gravità dell’infezione,come ad esempio quelle correlate al-l’età, e come possano guidarci in unuso razionale delle terapie.

UN PO’ PIÙ GRAVE DELL’INFLUENZA?

La letalità stimata in base a diverseosservazioni e modelli che non stiamoqui a riassumere oscilla dallo 0,5 al 3%circa, con valori in Italia che sarannopiù probabilmente tra l’1 e il 2%, ver-sus quella intorno allo 0,1% dell’in-fluenza. La variabilità dei dati diffusidalla stampa in diversi Paesi è influen-zata da una molteplicità di fattori: lapercentuale di casi asintomatici e pau-cisintomatici, il numero di tamponieseguiti, la modalità di attribuzionedei decessi all’infezione, la fase dell’e-pidemia e la densità di soggetti conta-

gianti, la distribuzione per età dellapopolazione esposta e la struttura so-ciale del Paese che determina qualietà verranno esposte maggiormente(almeno all’inizio).

Guardando solo i contesti in cui lapopolazione sia stata estesamente va-lutata nel suo complesso (navi da cro-ciera, piccoli paesi come Vo’ Euganeoe Nembro, o comunità come in Coreadel Sud), si può stimare la letalitàdell’infezione in Italia su valori dell’1-2% dei contagiati. Partendo da questodato possiamo stimare indirettamentequanti soggetti siano stati finora colpi-ti dall’epidemia. Infatti, se consideria-mo in base a un’ipotesi conservativauna letalità reale dell’1%, potremmo

stimare che ai circa 8mila decessi al26 marzo corrisponderà una popola-zione di circa 800mila soggetti conta-giati. A questo punto avremo già pa-reggiato la mortalità dell’influenza(NB: la mortalità, diversamente dallaletalità, non è riferita ai soli contagiati,ma all’intera popolazione del Paese), ecertamente la sopravanzeremo nellesettimane successive, ma con circa undecimo di soggetti ammalati rispettoai circa 8 milioni che si ammalanoogni anno di influenza. Un confrontotra i diversi virus, infine, non può nontenere in considerazione l’esistenzadell’immunità crociata tra i diversi vi-rus influenzali degli anni precedenti,che non ci lascia quasi mai scoperti, e

Covid-19 e risposta immune Tra debolezze in difesa ed errori in attacco

STEFANO VOLPI1,2, SAMUELE NAVIGLIO3, ALBERTO TOMMASINI3,4

1IRCCS “G. Gaslini”, Genova; 2Università di Genova; 3IRCCS Materno-Infantile “Burlo Garofolo”, Trieste; 4Università di Trieste

Conoscere la fisiopatologia del Covid-19 per pensare a un migliore approccio terapeutico, focalizzato alle diver-se fasi dell’infezione con particolare attenzione alle fasi precoci.

COVID-19 AND IMMUNE RESPONSE: WEAK DEFENCES AND SELF-HARMS(Medico e Bambino 2020;39:Articolo in anteprima)

Key wordsCovid-19, SARS-CoV-2, Immune repertoire, Haemophagocytic lymphohistiocytosis, Cytokine storm, Pneumonia

Summary Covid-19 outbreak is about to reach the peak of infected people in Italy. Huge amountof data is being published on this epidemic in all medical journals, with especial con-cern on severe cases. Unfortunately, most reports are just descriptive and only a fewcontrolled clinical trials are available to unravel the disease pathology and the best ther-apeutic option. For this reason, the aim of the present paper is to give an update onwhat is currently known about the immune response to the SARS-CoV-2 virus, focusingon the possible weakness of adaptive immunity and excesses of inflammation.

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Covid-19 e risposta immune

soprattutto il ruolo che ha la vaccina-zione nel proteggere le popolazioni arischio. Inoltre, come vedremo piùavanti, il fatto che l’infezione si associtipicamente a polmonite richiede ingenere un rilevante impegno di curesanitarie, che come stiamo vedendonon è facile da garantire. Quindi, difatto, il Covid-19, nella nostra popola-zione, appare almeno in un ordine 10più pericoloso dell’influenza e, se nonbastasse, sembra anche essere un po-co più contagioso (Figura 1) 4. Ai casiletali dobbiamo aggiungere l’elevatapercentuale di pazienti che richiedonocure intensive, nonché l’impatto indi-retto su chi in questo periodo neavrebbe necessità per altri motivi me-dici e se ne trova escluso. Quindi cer-cate di stare a casa.

COVID-19 E IMMUNOLOGIA

Fatte queste premesse, ci sono al-cune domande che potrebbero benefi-ciarsi di una prospettiva di lettura im-munologica: 1. Perché questa infezione è più gra-

ve dell’influenza? 2. Perché colpisce di più proporzio-

nalmente all’età (dimentichiamocila differenza tra bambini e adulti: ilgradiente di letalità attraversa l’in-tero arco della vita)?

3. Come fa il pipistrello, che sembracostituire il serbatoio del virus, anon ammalarsi?

4. Perché nei casi più gravi vengonoproposti farmaci reumatologici?

5. Ma è vero che ci si può riammala-re?

Domanda #4. Perché nei casi più gravivengono proposti farmaci reumatologici?

Cominciamo a tentare di risponde-re partendo dalla quarta domanda conuna considerazione storica: l’idea chele manifestazioni (febbre, rash ecc.)di alcune infezioni dipendano più dallarisposta immunitaria che dall’effettocitopatico del virus nasce poco più diun secolo fa, quando Von Pirquet, par-tendo dall’analogia clinica tra formevirali e la malattia da siero, introduceil concetto che a “pathogenic agentcauses signs of illness in the organism

only when modified by the presence ofantibodies; the incubation time is thusthe time which elapses before the forma-tion of antibody ”, e definisce come al-lergia una qualsiasi manifestazionepatologica generata dal sistema im-munitario nell’intento di rispondere auno stimolo. Oggi, quando ci riferia-mo a queste reazioni, parliamo più ingenerale di immunopatologia piutto-sto che di allergia (che ha assunto unsenso più limitativo). Inoltre, sappia-mo che non sono solo gli anticorpi,ma anche le reazioni cellulari e la pro-duzione di citochine a svolgere unruolo nella genesi dei sintomi che ac-compagnano la risposta immune, talo-ra con la produzione di significatividanni d’organo. In alcuni casi, infatti,la risposta è eccessiva, apparentemen-te iperimmune, tanto da condizionareil decorso della malattia ancor più del-lo stimolo originario.

C’è un altro punto storico che è op-portuno ricordare, prima di procederecon l’analisi dell’immunità al SARS-CoV-2: negli ultimi 30 anni, attraversolo studio di alcune immunodeficienzemendeliane, ci siamo resi conto, sem-pre meglio, che una iper-risposta delsistema immunitario, responsabile diautoimmunità o infiammazione, puòessere in realtà la conseguenza di undifetto relativo di alcune componenti

o funzioni del sistema immune5. L’e-sempio più chiaro è quello dei difettidella funzione citotossica dei linfocitie delle cellule natural killer : in questicasi, il sistema immunitario tende a ri-spondere a infezioni virali con unaiperattivazione vicaria di altri stru-menti, tra cui citochine infiammatoriecome gli interferoni, e varie citochineinfiammatorie. La reazione che si pro-duce prende il nome di linfoistiocitosiemofagocitica (HLH)6,7. Forse stiamoandando un po’ fuori tema, ma quelloche dobbiamo sapere è che in corsodi una HLH può essere più importan-te (o almeno altrettanto importante)curare l’infiammazione rispetto all’in-fezione. Lo stesso vale per altri tipi direazioni iperimmuni che possono ac-compagnare, e aggravare, infezioni divario genere, che rientrano nell’ambi-to delle cosiddette sindromi infiam-matorie iperferritinemiche (di cuil’HLH, ma anche la sepsi grave fannoparte)8,9. Nel caso del Covid-19, tutta-via, si aggiunge a questo quadro siste-mico il dato specifico dell’infiamma-zione polmonare potenzialmente seve-ra di per sé, con tutto quello che neconsegue. La sfida che il medico hadavanti è quella di limitare i danni im-munitari senza ostacolare la clearancedel virus o meglio ancora facilitandolacon farmaci antivirali.

Figura 1. Rappresentazione grafica dell’impatto di diverse infezioni sulla base dell’indice di letalità(fatality rate, sulle ordinate) e dell’indice di contagiosità (numero medio di persone contagiate daciascun soggetto affetto). Le stime correnti per Covid-19 pongono la letalità tra 0,7 e 3% e l’indice dicontagiosità intorno a 2,5 (da voce bibliografica 4, modificata).

Più letale

Indice di letalità (scala logaritmica)

Trasmissione più veloce

Media delle persone infettate da ciascun soggetto ammalato

0 1 5 10 15

100%

50

20

10

5

2

1

0,1

Morbillo

EbolaVaiolo

SARSMERS

Aviaria

Influenza spagnola

Raffreddore

Nuovo coronavirusLa maggior parte delle stime pongonol’indice di letalità aldi sotto del 3% e ilnumero di contagi tra 2 e 4

Varicella

Poliomielite

Influenza stagionale

Pandemia influenzale

del 2009

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Aggiornamento

La descrizione della reazione in-fiammatoria che accompagna l’aggra-vamento dell’infezione da Covid-19 ri-chiama per molti aspetti le sindromi in-fiammatorie iperferritinemiche e perquesto non ci deve stupire la proposta,nei casi gravi, di utilizzare farmaci reu-matologici10,11. Tuttavia, seppur si dimo-strassero efficaci, resta da considerareche il numero dei pazienti gravi è tal-mente elevato da richiedere disponibi-lità di farmaci biologici in quantità dif-ficilmente raggiungibili anche per unPaese quale l’Italia. Una risorsa tera-peutica potenziale e diffusamente di-sponibile per trattare l’infiammazioneè rappresentata dallo steroide, farmacocardine per il trattamento delle sindro-mi iperferritinemiche e già utilizzatoper le precedenti epidemie da SARS-CoV e MERS (Middle-East RespiratorySyndrome) con risultati clinici in alcunicasi incoraggianti ma con evidenza diaumento della carica virale12,13. L’utiliz-zo è indicato nelle linee guida cinesiper questa epidemia da SARS-CoV-2.Tuttavia, la mancanza di trial clinicirandomizzati nelle infezioni da corona-virus, il potenziale effetto sulla caricavirale e la mancanza di chiare indica-zioni sulla tempistica (il più presto pos-sibile una volta instaurata la fase in-fiammatoria come nelle sindromi iper-ferritinemiche, piuttosto che tardiva-mente nella fase di tempesta citochini-ca una volta che il paziente è intuba-to?) e sul dosaggio (1-2 mg/kg? boli?)spiegano la reticenza al suo utilizzo,anche se i risultati di uno studio chedescriveva una ampia casistica diSARS a Hong Kong suggerivano unabuona risposta ai boli di cortisone, piùevidente nei pazienti che avevano ele-vati valori di PCR14.

Reazioni di questo tipo sono statechiamate in causa anche per spiegarel’elevata mortalità di altre infezioni vi-rali, come quelle sostenute dalle pan-demie influenzali, dal Dengue virus eda Ebola15,18. Fattori intrinseci all’agen-te infettivo (virulenza, elevata carica,diversità rispetto ad altri patogeni ver-so i quali potrebbe esserci memoriaimmunitaria) possono interagire confattori propri dell’ospite (maturazioneimmune, assetto immunitario, variantigenetiche17, patologie concomitanti,

farmaci) favorendo solo in alcuni indi-vidui una reazione iper-infiammatoria,che altro non rappresenterebbe che laconseguenza di una relativa incapa-cità del sistema immunitario di domi-nare l’infezione sul nascere.

Fatte queste considerazioni, tornia-mo alle prime due domande, per capi-re come siamo arrivati a questo punto.

Domanda #1. Perché questa infezione èpiù grave di un’influenza?

L’elevata letalità del SARS-CoV-2potrebbe essere spiegata in partedall’assenza di una risposta protettivacrociata verso virus simili endemici(diversamente dall’influenza stagiona-le) e, ovviamente, dalla mancata di-sponibilità di un vaccino per protegge-re i soggetti più vulnerabili. In effetti,un aumento di letalità è stato rilevatoanche nelle pandemie influenzali chesi sono succedute nel corso della Sto-ria. Da notare che, in alcune di que-ste, l’età esposta al maggiore aumentodi mortalità è stata quella dei giovani

adulti, di solito immune alle epidemiestagionali19 (Tabella I).

Sia per la spagnola (1918) sia per la“suina” (2009) la spiegazione è statache i bambini hanno un sistema im-munitario fatto per fronteggiare la no-vità più che sfruttare la memoria,mentre in entrambi i casi gli anzianiavrebbero avuto una lontana memoriacrociata verso virus simili che i giova-ni non avevano mai incontrato. Oltre aqueste considerazioni, ci sono ele-menti che suggeriscono che questovirus possa essere anche intrinseca-mente più insidioso di quelli dellepandemie influenzali, sia per il tropi-smo particolare che presenta verso lecellule alveolari, sia per la possibilitàche abbia una diretta azione a discapi-to dei linfociti. Il Box 1 riporta in detta-glio alcuni di questi aspetti20-27.

Domanda #2. Perché colpisce di piùproporzionalmente all’età?

È bene sottolineare che la suscetti-bilità all’infezione mostra un gradien-

Box 1 - FISIOPATOLOGIA DELL’INFEZIONE POLMONARE DA PARTEDEL SARS-CoV-2

La principale modalità di infezione cellulare da parte del SARS-CoV-2 è costituita dal lega-me ai recettori ACE2, abbondanti nelle cellule alveolari del polmone20-22. Per questo moti-vo, l’infezione da SARS-CoV-2 è primariamente una polmonite, mentre i virus influenzalihanno un tropismo più diffuso con principale coinvolgimento delle vie aeree superiori.Inoltre, almeno per il precedente SARS-CoV è stata dimostrata la capacità di infettare mo-nociti - macrofagi e cellule dendritiche, causandone l’attivazione con conseguente secre-zione di citochine infiammatorie23,24.L’aggravamento clinico dell’infezione da Covid-19 è associato a riduzione della contalinfocitaria25,26. È possibile che questo sia un effetto indiretto legato alla produzione di cito-chine antivirali, come accade in molti altri tipi di virosi. Tuttavia, per il SARS-CoV-1, cheha un’elevata omologia con il SARS-CoV-2, e che allo stesso modo infetta attraverso il le-game con i recettori ACE-2, è stata dimostrata la possibilità di un’infezione diretta deilinfociti26. In questo senso, si è detto che il SARS-CoV-1 potrebbe situarsi a metà strada traun comune virus respiratorio e un virus linfotropo come l’HIV.

DECESSI DA PANDEMIA A(pH1N1) DEL 2009 IN USA SU 100.000 ABITANTI

Decessi

Età (anni) Mediana (range) pH1N1 Media (range) dal 1990 al 1999

0-17 1,7 (1,2-2,5) 0,2 (0,03-0,4)

18-64 5,0 (3,6-7,3) 0,4 (0,07-1,0)

65+ 4,2 (3,0-6,1) 22,1 (3,8-54,1)

Tutti 4,1 (2,9-6,0) 3,1 (0,5-7,6)

Tabella I. Dati paragonati con la media delle influenze stagionali degli anni precedenti. Da vocebibliografica 19, modificata.

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Covid-19 e risposta immune

te di letalità continuo in tutte le età(Figura 2). Non si tratta quindi di unadiversità tra bambini e adulti, ma diun gradiente continuo in tutte le etàdai prima anni alla quarta età.

In realtà, non è l’unico virus a mo-strare questo comportamento. Anchela varicella, ad esempio, tolto il primoanno di vita, appare tanto più gravequanto più la si contrae in età adulta(anche se l’evento è reso relativamenteraro grazie alla tendenza a svilupparela malattia in giovane età e al ricorsosempre più diffuso alla vaccinazione)(Figura 3) 28. E lo stesso vale, come si èvisto prima, per le pandemie con virustroppo nuovi per avere un’immunitàcrociata protettiva negli adulti19.

Per il Covid-19, sono state formula-te diverse ipotesi per spiegare la mi-nore suscettibilità dei bambini e l’an-damento più benigno dell’infezione fi-no alla sua risoluzione:• I bambini hanno meno comorbidità e

non fumano. È certamente un moti-vo, ma sicuramente non l’unico eprobabilmente non il principale. Siritiene che il fumo incida sulla se-verità dell’infezione sia per il dan-neggiamento della funzione polmo-nare sia per l’effetto di induzione diuna maggiore espresso del recetto-re ACE2, con la conseguenza del-l’aumento della carica infettante lecellule alveolari29.

• I bambini potrebbero avere una mi-nore densità dei recettori ACE2 nelpolmone, ma non sembra un’ipotesiconfermata da evidenze.

• Gli anziani presentano una rispostaimmunologica difettiva 30 e una con-

dizione di infiammazione cronicasottostante che potrebbe spiegarela maggior suscettibilità all’infezio-ne e la risposta infiammatoria noncontrollata31.

• I bambini hanno un sistema immu-nitario innato (neutrofili, linfocitiNK, cellule plasmacitoidi dendriti-che) che presenta una ridotta atti-vazione o funzionalità, probabil-mente ciò è dovuto alla pressioneselettiva che ha spinto verso unequilibrio tra ospite e parassita:nelle prime settimane e nei primimesi di vita avviene la colonizzazio-ne da parte dei miliardi di organi-smi simbionti che contribuiscono aformare il microbiota, verso cuinon dev’essere generata una rispo-sta immune32. Tuttavia, questa con-dizione vale, come detto, per i pri-mi mesi di vita quando i linfociti ap-paiono più polarizzati verso il sotto-tipo Th2, e non si prolunga per an-ni nell’età adulta.

• I bambini rispetto agli adulti presen-tano percentuali maggiori di linfoci-ti T e B regolatori 33,34 coinvolti nellatolleranza immunologica o in rispo-ste immunitarie meno infiammato-rie, ma di nuovo queste differenzevalgono solo per le prime fasi dellavita e non giustificherebbero il pro-gressivo aumento del rischio pre-sente anche nell’età adulta.

Queste ipotesi hanno tutte qual-che base scientifica e qualche debo-lezza, anche perché forse rispondonoal quesito sbagliato o a un quesitoparziale: cosa condiziona che un sog-

getto abbia una fase di aggravamentocon tempesta citochinica e un altronon la abbia, concentrandosi sullareazione infiammatoria, ma perdendodi vista la cinetica del virus nelle sueprime fasi. Infatti, non bisogna di-menticare che, come dicevamo all’i-nizio per la domanda #4, la tempestacitochinica può essere la conseguen-za di un precedente fallimento del si-stema immunitario nel bloccare pertempo l’infezione. Dovremo quindiconcentrarci sulla cinetica precocedell’infezione, che purtroppo cono-sciamo molto poco nell’uomo, peggiorispetto alle fasi tardive complicate,che sono state studiate molto più as-siduamente. Questo aspetto è statorecentemente analizzato in una re-view collaborativa italo-cinese35.

Nella cinetica precoce, come inogni infezione, ci sono tre fattori de-terminanti: la carica virale, l’immunitànaturale e l’immunità adattativa, ovve-ro il numero di potenziali linfociti ingrado di riconoscere il virus e blocca-re l’infezione.

1. Carica virale. L’importanza dellacarica virale è suggerita dall’evi-denza che i giovani deceduti appar-tenevano spesso a categorie espo-ste a un maggior carico infettivo(personale sanitario, impiegati diuffici in relazione con il pubblicoecc.). Qualcosa di simile accade an-che per altre infezioni come adesempio la tubercolosi36. Come det-to sopra, l’aumento di carica viralepuò essere favorito anche da una

Figura 2. Letalità da Covid-19 in diverse fasce di età. Dati del 22 marzo2020, fonte ISS Epicentro.

Figura 3. Letalità della varicella suddivisa per età in era pre-vaccinale(1990-1994). Da voce bibliografica 28, modificata.

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maggior densità di recettore ACE2,riscontrata nel sesso maschile enei fumatori29. Perché sia importan-te la carica virale ha probabilmentea che fare con l’equilibrio nella ri-sposta immunitaria adattativa cheviene a crearsi da parte dell’organi-smo (vedi prossimo punto).

2. Attivazione dell’immunità natu-rale. Per le infezioni virali, questaattivazione dipende principalmentedal riconoscimento degli acidi nu-cleici virali negli endosomi o nel ci-toplasma della cellula da particolarisensori, per lo più appartenenti allafamiglia dei toll-like receptor. Que-sta attivazione porta alla produzio-ne di interferoni in tutte le celluleinfettate e alla produzione di altrecitochine infiammatorie nelle cellu-le del sistema immunitario. È statodimostrato come uno dei meccani-smi centrali della patogenesi delleforme gravi di SARS sia dipendentedall’intensità e dalla tempistica del-la risposta interferonica37. Il virusproduce diverse proteine che bloc-cano la risposta interferonica favo-rendo la propria sopravvivenzanell’organismo. Se la risposta im-munitaria è efficiente e il virus vie-ne comunque controllato nelle pri-me fasi, la risposta interferonicainiziale non raggiunge livelli dan-nosi. Se invece il virus non vienecontenuto si determina un dannocellulare a carico degli pneumociticon conseguente massiccio rilasciodi chemochine che prelude a unimportante afflusso di cellule in-fiammatorie (neutrofili e soprattut-to macrofagi) e a una risposta in-terferonica tardiva molto intensache si accompagna alla forma gra-ve di SARS. Tuttavia, è già statosottolineato come almeno nei primimesi di vita la funzionalità del siste-ma immunitario innato sia difettiva.Nonostante ciò non sono segnalatidecorsi severi o fatali nei neonatiinfetti o nei lattanti, suggerendoche siano sufficienti bassi livelli diattivazione di questa linea di rispo-sta immunitaria per promuoverel’organizzazione della successivaimmunità adattativa.

3. Numero di potenziali linfocitianti-virali. La possibilità di rispon-dere ai più disparati antigeni maiincontrati in precedenza dipendedalla capacità da parte del sistemaimmunitario di generare una enor-me varietà di recettori (recettoridei linfociti T e anticorpi), di espan-dere le cellule con i recettori piùutili in seguito all’incontro dell’anti-gene e di conservarne memoria.Questo è un processo fortementecorrelato con l’età. Più piccoli sonoi bambini, più ampio è il loro reper-torio di diversità dei recettori, mag-giore la possibilità di trovare cloniutili a riconoscere antigeni mai vi-sti (perché non c’è stato ancora iltempo di vederli). In un bambinopiccolo, cambia poco che si trattidell’influenza stagionale, della “sui-na” o del coronavirus. Dopo ciascu-na di queste infezioni, il bambinoaggiungerà un po’ di cloni al suorepertorio di memoria pronti perun successivo incontro con l’anti-gene. Più va avanti l’età e più la ri-sposta immunitaria si gioverà diquesta memoria, perché in fondo ipatogeni che girano nell’ambiente

si assomigliano tutti un po’. Il decli-no del repertorio non è ineluttabile,ma è l’altra faccia della medagliadella stimolazione da successive in-fezioni durante la vita ed è in qual-che modo in equilibrio con queste38.Tuttavia, il repertorio di recettorisufficiente per aggredire un patoge-no nuovo per il sistema immunita-rio con rapidità (cioè prima chequesto si sia riprodotto diffusamen-te) si riduce progressivamente. L’a-nalisi dell’età media dei linfociti pe-riferici nell’adulto mostra un pro-gressivo invecchiamento di questi,descritto anche come immunosene-scenza39. Questo è probabilmenteuno dei motivi per cui l’adulto è piùsuscettibile a sviluppare in modograve la varicella, ove non l’abbiacontratta in precedenza, e così altreinfezioni a rapida evoluzione percui non disponga di memoria. In ef-fetti, la linfopenia CD4 (idiopatica,iatrogena o in HIV) è una nota con-dizione di suscettibilità a infezionegrave da vari virus come la varicellae il West Nile Disease virus40-42. NelBox 2 si riportano alcuni dei mecca-nismi presunti che stanno alla base

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Aggiornamento

Box 2 - LINFOCITI A RECENTE DERIVAZIONE TIMICA COME INDICATORIDEL REPERTORIO LINFOCITARIO NELLE DIVERSE ETÀ IMPLICAZIONI

PER LA RISPOSTA AL SARS-CoV-2

È possibile che similmente la maggior gravità nell’adulto di alcune pandemie influenzali(come la spagnola o la “suina”) sia legata al fatto che virus con antigeni nuovi non dannomodo al sistema immunitario di sfruttare il proprio repertorio di memoria, ma chiamano incausa la rapidità di selezionare e amplificare cellule vergini, o come si dice naïve. I corre-lati dell’ampio repertorio linfocitario naïve dei bambini sono costituiti dalle dimensioni ti-miche, che si riducono progressivamente nelle decadi successive o, a livello di cellule delsangue, dalla quota di linfociti con marcatori di recente differenziamento timico (RTE,identificabili attraverso metodiche di immunocitometria o di biologia molecolare)43-45. Molti-plicando la conta linfocitaria per la quota di linfociti RTE è possibile stimare, per quantogrossolanamente, che un bambino di 5 anni ha un repertorio 5-10 volte più ampio rispet-to a un cinquantenne e più di 20 volte maggiore rispetto a un ottantenne: nella cinetica diun’infezione, avere un repertorio più ampio cui attingere significa arrivare, per espansio-ne cellulare, ad avere una numerosità di cellule protettive con giorni di anticipo rispetto aisoggetti più anziani. Vuol dire, teoricamente, poter bloccare il virus prima che l’infezionesia diffusa. Anche il cinquantenne potrebbe essere ancora in grado di avere un rapportovantaggioso, ma potremmo ipotizzare che questo non sia sufficiente nel caso che la cari-ca virale sia stata particolarmente elevata (come sembrerebbe avvenire nelle categorie arischio), perché la cinetica linfociti/virus sarebbe un fatto reciproco. Chi arriva prima vin-ce. Tanto più che, direttamente o indirettamente, il virus si rende poi responsabile di unalinfopenia in un circolo vizioso che vede la produzione vicariante di citochine infiammato-rie. È interessante notare che nei casi a evoluzione grave è stata riscontrata un’aumentatapercentuale dei linfociti T naïve verosimilmente sostenuta da un’aumentata produzione diIL-7, il che potrebbe sembrare in contrasto con quanto appena detto10,46. Tuttavia, è possi-bile che l’effetto soppressivo del virus si sviluppi maggiormente sulle cellule memoria, con-ducendo a un tentativo di compenso immunitario con la produzione omeostatica di nuovecellule naïve.

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del presunto meccanismo virale cheattiva l’ampio repertorio linfocitarionaïve dei bambini43-46.

Il bilancio tra effetti antivirali dellarisposta immune e danno infiammato-rio può diventare letale. Per questovengono proposte terapie antinfiam-matorie e, laddove il sistema immunepuò fare ormai poco, farmaci con pos-sibile azione antivirale. La Figura 4schematizza un possibile modello del-la cinetica dell’infezione virale nel gio-vane e nell’anziano.

Questo modello, per quanto plausi-bile sulla base di dati scientifici direttie analogie, non ha ancora una chiaraconferma nella pratica, anche perchénon esistono studi che abbiano valuta-to lo stato immune dei pazienti primadi ammalarsi.

In possibile parziale contrasto conquesta ipotesi sembrano i dati prelimi-nari secondo cui alcuni soggetti sotto-posti a immunosoppressione in segui-to a trapianto hanno contratto l’infe-zione con un decorso clinico banale46.Si tratta tuttavia di soli 3 bambini dicui non sono specificate le caratteristi-che in termini di età, farmaci assunti estato immunitario. È possibile che ifarmaci immunosoppressivi assuntinon fossero sufficienti a contrastaregli effetti “protettivi” della giovane età.Esiste però anche la possibilità oppo-sta: che questi pazienti siano stati av-vantaggiati nella seconda fase dell’in-fezione, riducendo l’intensità dellatempesta citochinica associata adARDS (Acute Respiratory Distress Syn-

drome), proprio grazie ai farmaci im-munosoppressori (alcuni dei quali, co-me la ciclosporina, fanno parte deltrattamento standard delle HLH).

A ogni modo, questa pandemia ciha ricordato quanto il sistema immu-nitario si sia selezionato sotto spinteevolutive di milioni di anni per far so-pravvivere il giovane fino circa all’etàfertile, mentre l’invecchiamento, se-condo la definizione di Hayflick47, ri-sulta essere ancora un “artefatto delprogresso”.

Domanda #3. Come fa il pipistrello, chesembra costituire il serbatoio del virus,a non ammalarsi?

Questa domanda non ha utilità solonaturalistica. Capire come il pipistrel-lo affronta l’infezione senza soccom-bervi può essere utile a identificarestrategie utili per trattare le forme piùgravi nell’uomo.

Una peculiarità infatti dei pipistrelliè la capacità di fare da reservoir per di-versi virus filogeneticamente molto si-mili a virus poi diventati endemici opandemici nell’uomo. Tra questi vi so-no il virus dell’influenza A48, il virusEbola49 e i coronavirus SARS-CoV50 eMERS51. Dati preliminari lasciano sup-porre che anche questo SARS-CoV2sia derivato da un virus che infetta ilpipistrello52. Ma cosa rende il pipistrel-lo un ospite ideale per queste infezio-ni virali? E perché l’animale non ha lapeggio? Sostanzialmente per la coesi-stenza di due condizioni. La prima èrappresentata dalla presenza di una ri-sposta di tipo immunità innata, trami-

te la produzione di diversi interferoni,sebbene in misura minore rispettoall’uomo53. Questa risposta innata “ri-dotta” è comunque sufficiente a met-tere in moto l’immunità adattativa sen-za provocare tuttavia un eccesso di in-fiammazione. In tal modo l’infezione,pur durando più a lungo, può esserecontrollata senza un eccessivo dannoinfiammatorio. La seconda è rappre-sentata dalla minor infiammazioneche accompagna queste infezioni vira-li. I meccanismi di questa mancata at-tivazione della cascata infiammatoriasono riportati nel Box 3 54-57.

Domanda #5. Ma è vero che ci si puòriammalare?

Questo aspetto appare al momentomolto controverso. Da una parte ci so-no alcune segnalazioni, per lo più dal-la stampa, di pazienti risultati positivia distanza di diversi giorni rispetto al-la guarigione, definita come presenzadi 2 tamponi negativi consecutivi. Tut-tavia, è stato anche detto che questopotrebbe rappresentare un falso nega-tivo dei tamponi precedenti (i tamponiinfatti non sembrano possedere unasensibilità assoluta, anzi), oppure es-sere dovuti al fatto che i guariti clini-camente continuino a eliminare un po’di virus comunque dalle vie respirato-rie per diverso tempo pur essendo difatto guariti (segnalato anche un me-se). I casi segnalati quindi non sareb-bero delle vere reinfezioni. È vero an-che, tuttavia, che i coronavirus in ge-nerale, ad esempio quelli associati alcomune raffreddore, non sembrano

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Figura 4. Modello di cinetica dell’infezione virale con diverso outcome in base al repertorio immunitario di partenza. Fase III: questa fase si manifestacon elementi di gravità solo in una minoranza di soggetti contagiati.

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Aggiornamento

dare un’immunità persistente, ma inquesto caso il sistema immunitario po-trebbe essere stimolato solo marginal-mente data la superficialità dell’infezio-ne. Di fatto, studi nei pazienti guaritidalla SARS hanno mostrato che l’infe-zione era associata alla comparsa dianticorpi contro la proteina spike ne-cessaria per l’adesione del virus allecellule, e che questi anticorpi eranoprotettivi. Purtroppo, questa rispostatendeva a ridursi dopo un anno. Vice-versa la presenza di cellule T di memo-ria contro il virus è stata dimostrata fi-no a 6 anni dopo, e possono avere unruolo protettivo importante, special-mente se residua una popolazione Tmucosale specifica58. Non è però possi-bile dire se questo sarà veramente pro-tettivo nel tempo, non abbiamo dati. Difatto potrà servire a pensare alle strate-gie per eventuali vaccini.

QUALI SONO LE PROSPETTIVE TERAPEUTICHE?

I cardini della terapia sono certa-mente il supporto respiratorio e il con-trollo dei parametri vitali. È buonapratica, nei casi più gravi, aggiungereun trattamento antibiotico empiricoper protegge da sovrainfezioni batteri-che.

AntiviraliHanno lo scopo di bloccare la rapida

e ovviamente deleteria replicazione vi-rale. Possono essere analoghi di nu-cleotidi o inibitori delle proteasi. Alcuni

nomi che sono stati usati includono laribavirina (non sembra avere una parti-colare efficacia, di fatto è stata usatapoco), la combinazione lopinavir/rito-navir (parziale efficacia in vitro e un re-cente trial cinese mostra uno scarsoeffetto clinico complessivo nel pazientitrattati)59, remdesivir (ottima efficaciain vitro, in attesa di risultati dei trialclinici in corso)60; favipiravir (farmacogiapponese per il quale sarebberoemersi dati, ancora poco controllati, diun’efficacia clinica). È in corso una spe-rimentazione clinica in Italia. Pro: sono la più ovvia terapia causale,ma potrebbero avere un’efficacia limi-tata alle prime fasi della malattia,quando prevale il danno virale diretto. Contro: potrebbero non agire sui mec-canismi centrali della fase grave dellamalattia, che abbiamo visto essere inbuona parte infiammatori.

InterferoniUn difficile equilibrio. Sono moleco-

le centrali della risposta immunitariaantivirale e come abbiamo visto po-trebbero avere un effetto diverso a se-conda della fase dell’infezione in cuivengono dati, da utile a peggiorativo37.Di fatto, il loro utilizzo non pare averdato grossi risultati visto che sembrafossero molto usati nell’epidemia cine-se, specie per via inalatoria, ma nonsembrerebbero essere stati riproposti.

Clorochina e idrossiclorochinaFarmaci antimalarici e immunomo-

dulanti, potrebbero svolgere un’azio-ne a diversi livelli. Modificano il pH

dei lisosomi cellulari e inibiscono ladiffusione del virus, con un effetto an-tivirale diretto dimostrato in vitro, conmaggior potenza soprattutto per l’i-drossiclorochina60. Inoltre, inibisconol’azione degli interferoni e questo po-trebbe aiutare la modulazione dell’ec-cesso di risposta che abbiamo vistoessere implicato nella patogenesi del-le forme gravi. Pro: sono farmaci usati da lungo tem-po, maneggevoli e con pochi e noti ef-fetti collaterali. Finora abbiamo i sola-mente i risultati di due piccoli studiclinici, uno francese e uno cinese: ilprimo troverebbe un’efficacia del far-maco da solo o in associazione all’azi-tromicina (antibiotico dotato anche diun effetto antinfiammatorio polmona-re - attenzione che entrambi allunga-no il QT) nel favorire la clearance delvirus, mentre il secondo non mostre-rebbe benefici dalla terapia. Contro: non è chiaro se stiano vera-mente portando alla svolta terapeuti-ca che è stata propagandata da alcu-ni. L’efficacia potrebbe essere mag-giore nelle fasi iniziali ma non si puòdire. Anche in altre infezioni viraliera stato rilevato un effetto in vitroche non era seguito poi però da be-neficio nel modello animale. È neces-sario valutarne l’effetto in trial con-trollati. Giudizio: sospeso. Ma di fatto sonoentrati nei protocolli di trattamentoempirico di molti ospedali, da soli oin associazione ad azitromicina, percui appare difficile non considerarliin un eventuale paziente reale. Senzarobusti dati clinici tuttavia non si puòdire niente.

Farmaci ad azione antinfiammatoriaCome abbiamo visto, una parte

fondamentale della patogenesi dellaforma grave di Covid-19 è sostenutada una iperattivazione dell’infiamma-zione in cui il virus svolge un ruoloche potrebbe essere non più centraleo addirittura in calo. I corticosteroidipossono essere di qualche efficaciain questi casi, ma non ci sono studiconclusivi in riguardo e c’è qualchepreoccupazione riguardo al rischioche prolunghi il tempo di clearancevirale, come avveniva anche se solo

Box 3 - FATTORI IMMUNOLOGICI ASSOCIATI ALLA RIDOTTA VIRULENZADEI VIRUS NEI PIPISTRELLI, PROBABILE SERBATOIO DEL SARS-CoV-2

È dovuta sostanzialmente alla ridotta attivazione delle vie di segnale a valle dei recettoriper i nucleotidi virali, tra cui una ridotta attivazione della via dell’interferone di tipo I (in-terferone alfa e beta) dovuta a una mutazione della proteina STING54, e a una ridotta atti-vazione dell’inflammasoma NLRP3 responsabile della secrezione di IL-1β, una delle princi-pali citochine infiammatorie55. Infine, vi è una ridotta espressione della citochina TNFa acausa di una variante della regione del promotore del gene e una aumentata espressionesulle cellule NK di molecole inibitorie56. Tutte queste caratteristiche fanno supporre che perdiversi tipi di virus, tra cui i coronavirus, ciò che permette al pipistrello di sopravvivere untempo sufficientemente lungo per controllare l’infezione sia di fatto una ridotta risposta in-fiammatoria del sistema immunitario, coerente con l’ipotesi che alcuni componenti chiavedel sistema immunitario nei pipistrelli si siano coevoluti con i virus verso uno stato di rispet-tiva tolleranza e avirulenza. Infine, ciò che potrebbe essere estremamente importante perla pandemia in corso, è la caratteristica dei SARS-CoV di attivare tramite una proteina vi-rale direttamente NLRP3 e quindi la secrezione di IL-1β, citochina chiave nello sviluppo disindromi infiammatorie quali la sindrome da attivazione macrofagica57.

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marginalmente nella SARS50. Semprenella SARS, l’esperienza di HongKong su un’ampia casistica mostrauna migliore evoluzione per i sogget-ti trattati con boli di cortisone rispet-to a quelli che ricevevano dosi stan-dard14. Più recentemente, nei casi piùgravi di Covid-19, la presenza di unatempesta citochinica ha portato all’u-tilizzo, e poi alla sperimentazione cli-nica, del tocilizumab, anticorpo mo-noclonale anti-IL-6 che è già stato uti-lizzato nelle cytokine release syndromeosservate, ad esempio nelle terapiecellulari con CAR-T per la leucemia. Irisultati, stando almeno alle notiziedella stampa, sarebbero favorevoli,tuttavia la sperimentazione è in corso(è stato anticipato un report con datiapparentemente molto buoni su unprimo gruppo di 21 pazienti61). Di fat-to vengono utilizzati nei pazienti ten-denzialmente più gravi, anche se po-trebbe essere invece più utile usarliin una fase un po’ più precoce, quan-do il danno polmonare non è ancoratroppo severo. Non è tuttavia l’unicavia percorribile. È stato dimostratoper esempio che i topi knockout per il

recettore del TNF sono protetti dallaforma grave della malattia, e che laneutralizzazione del TNF in vivo ri-sulta anche protettiva62. Questo po-trebbe far pensare all’utilizzo di far-maci biologici come etanercept o in-fliximab. Similarmente abbiamo vistoche è stata descritta nei coronavirusun’attivazione dell’inflammosomacon rilascio di IL-1β per cui anche l’u-tilizzo di farmaci anti-IL-1 comeanakinra appare potenzialmente di in-teresse.

Un discorso a parte potrebbe meri-tare infine una modulazione multi-ci-tochinica che includa anche la rispo-sta interferonica. Gli inibitori Janus ki-nasi (JAK inibitori), usati anch’essinelle patologie reumatologiche, po-trebbero avere il vantaggio di blocca-re contemporaneamente diverse cito-chine tra cui IL-6 e gli interferoni, an-che se l’effetto di un’inibizione cosìampia potrebbe essere di non facileprevisione, forse non necessariamen-te favorevole63.

CONCLUSIONI

Dobbiamo riconoscere che cimancano ancora molti tasselli percomprendere approfonditamente lapatogenesi dell’infezione da SARS-CoV-2. Futuri studi dovranno valuta-re l’intera cinetica dell’infezione peridentificare i fattori associati alla pro-gressione dell’infezione, all’effetto ci-topatico diretto del virus e al dannocausato dall’intensa infiammazionepolmonare. Comprendere questi fat-tori potrà aiutare a limitare i danni in-fiammatori, permettendo un’assisten-za respiratoria adeguata finché la rea-zione immune e/o i farmaci antiviralinon abbiano condotto alla clearancedel virus. Nel corso del prossimo an-no, si riuscirà forse a identificarequalche antivirale più efficace, anchesulla base della chimica computazio-nale, grazie alla recente descrizionedella struttura molecolare di proteasivirali, e a sviluppare vaccini protetti-vi. Fino a quel momento, dobbiamoimpegnarci a limitare quanto più pos-sibile la diffusione del contagio e cu-rare al meglio i malati.

Indirizzo per corrispondenza: Alberto Tommasini e-mail: [email protected]

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MESSAGGI CHIAVE

❏ L’assenza di immunità crociata dimemoria e il tropismo polmonare ren-dono il Covid-19 molto più grave diun’influenza stagionale.❏ La fisiologica riduzione del reperto-rio immunitario con l’età è tra le causeassociate a un peggiore decorso nel-l’anziano.❏ La valutazione della cinetica dell’in-fezione ci impone una maggiore atten-zione alle fasi iniziali, quando potreb-bero avere maggior efficacia l’avviodi un trattamento antivirale e forse an-che antinfiammatorio (antimalarici,cortisone).❏ Diversi farmaci, dal cortisone a far-maci biologici, possono avere un ruo-lo per bloccare la tempesta citochinicache accompagna l’aggravamentodell’infezione in alcuni soggetti.❏ Sono tuttavia necessarie confermesul versante terapeutico dalle diversesperimentazioni cliniche in corso.

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Articolo in anteprima Medico e Bambino 4/2020

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Covid-19 Tommasini.qxp_elisa 31/03/20 10:14 Pagina 162