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Costruisci la leggendaria Yamato (Fascicolo 39-40) Riccardo Roverelli Tecnica modellistica Pag.1-9 Ciao a tutti, eccomi ancora una volta a raccontare le mie esperienze con la Yamato e l’opera DeA che la riguarda. Nei fascicoli riguardanti questa mia ultima cronaca, la descrizione delle particolarità della nave verte sull’autonomia di navigazione e sui binocoli di avvistamento. Quando venne progettata la Yamato, gli strateghi militari giapponesi ipotizzavano, di doversi trovare a combattere con gli american fino alle isole Marshall nel pacifico occidentale, chiesero quindi agli ingegneri di progettare la nave in modo che avesse un’autonomia senza bisogno di rifornimenti intermedi di 8.000 miglia nautiche alla velocità di 18 nodi (33,3 km/h), venne calcolato che per una simile autonomia, servivano circa 8.500 tonnellate di nafta che andavano ad aumentare troppo la stazza della nave, quindi decisero alla fina di ridurre l’autonomia a 7.200 miglia nautiche a 16 nodi di velocità, che permettevano un buncheraggio di “sole” 6.300 tonnellate di nafta. Collaudi successivi, rilevarono in realtà un’autonomia di 12.000 Nmi, data probabilmente dalla riduzione del peso del combustibile che venne compensato dall’istallazione di altri cannoni contraerei. Rimane il fatto che pur consumando meno rispetto ai propositi iniziali, era necessaria 1,0 tonnellata di nafta per percorrere 1,9 miglia nautiche. Agli albori della seconda guerra mondiale, quando la tecnologia radar era ancora imprecisa, soprattutto quella giapponese, erano importanti gli strumenti di avvistamento, sulla Yamato quindi vennero installati una miriade di binocoli, in cima alla torre di comando, il posto più elevato della nave e all’altezza del primo ponte. I binocoli usati erano di due tipi distinti tra loro per la potenza della focale, in pratica potevano essere da 120 e 180 mm, e vennero disposti in modo che il tratto di mare intorno alla nave fosse coperto a 360°. I più grandi erano installati su supporti fissi a colonna, i secondi invece quando lo spazio era scarso a seconda della posizione, erano installati al soffitto e venivano tirati giù solo quando usati. La costruzione del modello prosegue con l’assemblaggio per le parti in metallo di altri cannoni contraerei e delle prime due mitragliatrici trinate con schermatura. Dei cannoni contraerei, in questa occasione si devono montare le due basi dei pezzi sopraelevati rispetto agli altri quattro montati fino ad ora, nella foto che segue si vede inoltre come il supporto della base e corto e non arriva a toccare il piano sottostante come in realtà dovrebbe.

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Costruisci la leggendaria Yamato (Fascicolo 39-40)

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Pag.1-9

Ciao a tutti, eccomi ancora una volta a raccontare le mie esperienze con la Yamato e l’opera DeA che la riguarda. Nei fascicoli riguardanti questa mia ultima cronaca, la descrizione delle particolarità della nave verte sull’autonomia di navigazione e sui binocoli di avvistamento. Quando venne progettata la Yamato, gli strateghi militari giapponesi ipotizzavano, di doversi trovare a combattere con gli american fino alle isole Marshall nel pacifico occidentale, chiesero quindi agli ingegneri di progettare la nave in modo che avesse un’autonomia senza bisogno di rifornimenti intermedi di 8.000 miglia nautiche alla velocità di 18 nodi (33,3 km/h), venne calcolato che per una simile autonomia, servivano circa 8.500 tonnellate di nafta che andavano ad aumentare troppo la stazza della nave, quindi decisero alla fina di ridurre l’autonomia a 7.200 miglia nautiche a 16 nodi di velocità, che permettevano un buncheraggio di “sole” 6.300 tonnellate di nafta. Collaudi successivi, rilevarono in realtà un’autonomia di 12.000 Nmi, data probabilmente dalla riduzione del peso del combustibile che venne compensato dall’istallazione di altri cannoni contraerei. Rimane il fatto che pur consumando meno rispetto ai propositi iniziali, era necessaria 1,0 tonnellata di nafta per percorrere 1,9 miglia nautiche. Agli albori della seconda guerra mondiale, quando la tecnologia radar era ancora imprecisa, soprattutto quella giapponese, erano importanti gli strumenti di avvistamento, sulla Yamato quindi vennero installati una miriade di binocoli, in cima alla torre di comando, il posto più elevato della nave e all’altezza del primo ponte. I binocoli usati erano di due tipi distinti tra loro per la potenza della focale, in pratica potevano essere da 120 e 180 mm, e vennero disposti in modo che il tratto di mare intorno alla nave fosse coperto a 360°. I più grandi erano installati su supporti fissi a colonna, i secondi invece quando lo spazio era scarso a seconda della posizione, erano installati al soffitto e venivano tirati giù solo quando usati. La costruzione del modello prosegue con l’assemblaggio per le parti in metallo di altri cannoni contraerei e delle prime due mitragliatrici trinate con schermatura. Dei cannoni contraerei, in questa occasione si devono montare le due basi dei pezzi sopraelevati rispetto agli altri quattro montati fino ad ora, nella foto che segue si vede inoltre come il supporto della base e corto e non arriva a toccare il piano sottostante come in realtà dovrebbe.

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Inoltre il supporto stesso sembrerebbe a prima vista un pochino più tozzo rispetto a come appare sul modello di Kure, la prospettiva però a volte inganna e non me la sento di dire che il pezzo è sbagliato. Rimane comunque da eseguire un lungo lavoro di limatura dei due pezzi incollati per far si che tutta la base dei cannoni si vada ad adattare decentemente anche alla parete inclinata del corpo stesso, per colmare poi la parte di supporto mancante mi sono servito del coperchio di una vecchia custodia di un CD, per ricavare i due spessorini da aggiungere a tutti e due i supporti forniti.

Per i cannoni contraerei, come già fatto con le mitragliatrici, ho costruito un piccolo supportino nel quale incastrare il corpo del cannone e che permettesse allo stesso tempo di appoggiare le canne per dare a tutti i cannoni lo stesso alzo, nella foto che segue, il supporto visto dall’alto e con un cannone assemblato.

Le mitragliatrici con schermatura, vengono fornite con il corpo in fusione ed una mezza lunetta, che rappresenta le guide delle canne delle mitragliatrici, da incollare nell’apposito incavo, come si vede nella foto del modello di Kure ma il particolare si nota anche nei disegni dell’anatomy, le guide delle canne sporgono rispetto al corpo del pezzo leggermente verso l’alto, nei particolari forniti, invece le stesse guide sporgono in basso, nella foto del pezzo ho colorato in nero la parte sporgente per evidenziarla meglio. (le dimensioni ridotte del pezzo e il riflesso del metallo, non rendevano ben visibile ciò che ho appena scritto).

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Le attività sullo scafo procedono invece con l’aggiunta, nel fascicolo 39, di un listello a sezione triangolare da sagomare dopo l’incollaggio per rendere più armoniosa la giunzione dei due calcagni dei timoni con lo scafo, in realtà come si vede in foto e si capisce anche dal disegno tratto dal libro dell’anatomy, solo il calcagno del timone secondario si fondeva armonicamente con la carena, quello del timone principale nò.

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Ecco quindi il lavoro svolto da me, ci devo lavorare ancora un pochino, ma già così rende l’idea.

Nel fascicolo 40, vengono poi forniti i supporti per uno degli hangar laterali, a prescindere dal fatto che cosi come sono forniti, sono diversi da quelli che in realtà erano montati sulla nave, per il posizionamento degli stessi viene indicato l’uso di una tavola che in realtà poi non viene fornita, una spiacevole consuetudine da parte della DeA, stò ancora aspettando quella del fascicolo 26... Nelle foto che seguono uno dei supporti forniti e il modello di Kure.

Come si vede, in realtà si trattava di putrelle e servivano a sostenere la coperta superiore di poppa, il piccolo sostegno in legno fornito non ha niente a che vedere con esse, ne come forma ne come verosimiglianza.

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Sul libro dell’anatomy ho poi trovato il disegno che segue

Sembrerebbe una discrepanza, tra il modello di Kure e il libro in realtà però si può notare l’assenza delle due postazioni contraeree, installate nel riammodernamento dell’aprile 1945 (periodo a cui sembra fare riferimento il nostro modello) e durante il quale probabilmente sono stati rifatti anche i sostegni a causa del peso, non ho trovato riferimenti precisi in merito, ma sembrandomi questa l’ipotesi più probabile ho deciso di sposarla e di fare riferimento per la modifica che ho deciso di operare al modello di Kure Dopo aver studiato, le foto che seguono e chiesto ulteriori lumi anche a Rodolfo e Vass, ho stabilito che le putrelle dovessero avere sezione a “ I ” ed una dimensione pari a circa 20x30 cm. nella nostra scala quindi 0,8x1,2 mm. Decisamente piccoline da realizzare…

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Ecco quindi i consigli per la realizzazione dei sostegni:

Rodolfo Un modo per simularle e' di tagliare due strisce di plasticard sottile, o altro materiale se preferisci, come ottone, rame o altro, sempre molto sottile. Le trisce saranno di due misure: quella della parte centrale della trave e della parte sopra e sotto. Quella centrale la fori con una punta piccola e poi la incolli sulla base e quando è abbastanza asciutta ci incolli la parte superiore. Io suggerisco la plastica perché si lavora meglio, specialmente forando spessori molto piccoli, circa un paio di decimi al massimo. Un'alternativa alla foratura è disegnare tanti piccoli puntini neri da ambo i lati. In alternativa al link che segue http://www.evergreenscalemodels.com/ sotto la voce I-beam. Il profilato più piccolo e' giusto di 1.5mm. Fa proprio al caso tuo. Bisogna solo forarlo. Vass Se non erro vendono profilati in plastica a H di varie misure, magari ci sono della misura che ti occorrono, se invece le vuoi fare tu si possono fare in cartoncino, in plastica o in metallo ma quest'ultimo è un pò difficoltoso. Se lo dovessi fare io lo farei in plastica o cartoncino bristol, taglierei delle striscioline di misura adeguata, in quella centrale ci farei dei fori con una fustella o una di quelle pinze per fare i fori alle cinture, dopo di che le incollerei insieme alle altre due in modo da formare l'H.

Ho provato a farle, ma le dimensioni ridotte non mi hanno permesso di ottenere risultati soddisfacenti, quindi alla fine ho optato per il profilato in styrene della Evergreen (art. 271 per chi lo cercasse), la sezione è leggermente fuori scala, ma è un compromesso che personalmente ho giudicato accettabile. La prima cosa che ho fatto è stato creare delle maschere che mi aiutassero ad assemblare nel modo più corretto possibile i sostegni, semplicemente appoggiandoci sopra i vari segmenti di styrene da tagliare e forare, volutamente infatti segmenti che attraversano i fori sui disegni fuoriescono sulla carta per poi essere usati come riferimenti per le forature.

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Studiando le foto del modello di Kure, come si vede ho potuto rilevare ben 4 forme di sostegni. Eseguendo poi varie sovrapposizioni tra le foto del modello, altre foto fatte al mio modello ed i disegni scansionati dal libro dell’anatomy, ho potuto disegnare anche una piccola mascherina che mi aiutasse a posizionare, una volata ritagliata a dovere e posizionata come indicato nel disegno stesso, i sostegni nella giusta posizione.

Complessivamente comunque per entrambe le rimesse di poppa, vanno assemblati 2 sostegni di tipo A1 con travetto centrale (osservando le foto del modello di Kure, ho notato che il travetto centrale è presente solo sul primo supporto), 12 sostegni di tipo A2 senza travetto centrale, 2 sostegni di tipo B ed infine 6 sostegni di tipo C. Ecco i primi quattro prototipi, uno per ogni tipo, per i fori ho utilizzato una punta da 0,8mm.

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Il mio scafo purtroppo è ancora allo stato grezzo perché ho voluto aspettare di avere il famigerato cartamodello in teoria allegato al fascicolo 28 e pervenuto con un ritardo di tre mesi e mezzo, nel fascicolo 42., per la posa in opera dei sostegni, quindi aspetterò di essere arrivato almeno alla stuccatura finale dello stesso. Nell’attesa comunque ho fissato sia la coperta superiore di poppa che quella inferiore, sui fascicoli, viene consigliato l’uso di un paio di pinze per adattare le parti metalliche dell’accesso alle rimesse al bordo della coperta superiore, il problema è che la natura del materiale che ricordo essere metallo die-cast fa si che non sia deformabile per fare i necessari aggiustamenti senza correre il serio rischio di lesionare il pezzo se non addirittura spezzarlo, io personalmente ho cercato di limitare i danni riscaldando i pezzi con la punta di un saldatore, ma anche così non è andata molto bene.

Finalmente ho finito la posa dei listellini della coperta, il lavoro di per se estremamente facile da eseguire, ha richiesto molto più tempo di quanto avessi immaginato, ma più lo guardo e più ne sono soddisfatto, malgrado le imperfezioni che purtroppo non sono riuscito ad evidenziare nella fotografia che segue, ma che vi assicuro ci sono.

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Anche per questa volta è tutto, se qualcuno avesse bisogno di qualche spiegazione, o altro come sempre scrivete direttamente al mio indirizzo e-mail: [email protected]. Ciao e al prossimo articolo.

______________________________________________________________________________________ Hanno collaborato

Andrea Vassallo Riccardo Roverelli Rodolfo Mattavelli