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L.E. Rossi | R. Nicolai LEZIONI DI LETTERATURA GRECA Corso integrato 1. L’età arcaica

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Prezzo al pubblico

Euro 28,20

CONTENUTI MULTIMEDIALI

• Sintesi audio del profi lo• Questionari interattivi con autoverifi ca• Antologia integrata degli autori ‘maggiori’ e ‘minori’• Analisi di testi esemplari (anche per la LIM)• Cartine interattive• Tavole cronologiche

L.E. Rossi | R. Nicolai LEZIONI DI LETTERATURA GRECA Corso integrato

L’età arcaica

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QUESTO VOLUME SPROVVISTO DEL TALLONCINO A FRONTE (O OPPORTUNAMENTE PUNZONATO O ALTRIMENTI CONTRASSEGNATO) È DA CONSIDERARSI COPIA DI SAG-GIO-CAMPIONE GRATUITO, FUORI COMMERCIO (VENDITA E ALTRI ATTI DI DISPOSIZIONE VIETATI ART. 17, C.2 L. 633/1941). ESENTE DA I.V.A. (D.P.R. 26.10.1972, N. 633, ART. 2, LETT. D).

LEZIONI DI LETTERATURA GRECACorso integrato

1. L’età arcaicaIl contesto L’età delle colonizzazioni e delle tirannidiL’autore e Il genere Omero Esiodo I giambografi I poeti elegiaci La lirica monodica La lirica coraleLa letteratura ‘Omero minore’ La favola La fi losofi a, la scienza e la storiografi a

I luoghi della letteratura Il mégaron Il simposio Le cerimonie e le feste

I Greci al cinema Troy Scontro tra Titani

2. L’età classica

3. L’età ellenistica

Confi gurazione dell’opera1. L’età arcaica ISBN 978-88-00-21109-32. L’età classica (in preparazione) ISBN 978-88-00-21140-6 3. L’età ellenistica e imperiale (in preparazione) ISBN 978-88-00-21141-3 Materiali per il docente 1 ISBN 978-88-00-21110-9Materiali per il docente 2 (in preparazione) ISBN 978-88-00-21148-2 Materiali per il docente 3 (in preparazione) ISBN 978-88-00-21149-9

L.E. Rossi | R. Nicolai

LEZIONI DILETTERATURAGRECACorso integrato 1. L’età arcaica

GrecoLetteratura-Vol.1-195x260 (I).indd 1 07/12/10 10:51

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Prefazione

Il lavoro che viene qui presentato, con caratteristiche del tutto nuove, ha una storia decen-nale già felicemente intensa, testimoniata da una costante risposta positiva e della scuola edell’università. Lo stratificarsi di molte collaborazioni e di diverse configurazioni impone didelinearne qui in sintesi la vicenda scientifica, didattica ed editoriale, cominciata con il ma-nuale di letteratura nel 19951 e seguita dalla Storia e testi nel 2002-20032. L’approdo di que-sto itinerario è il presente Corso. Va rilevato che il lavoro, nella sue varie metamorfosi, ha coin-volto diverse generazioni di studiosi, che si sono riconosciuti in un metodo comune.La Letteratura, fedele a un modello manualistico di collaudata antica tradizione, non ave-va parti antologiche. Nel quadro di un coordinamento unitario, le competenze specifichefurono grosso modo le seguenti: Luigi Enrico Rossi (letteratura arcaica, tardo-arcaica e ales-sandrina), Roberto Nicolai (storiografia, geografia, oratoria, retorica, scienza), Luigi M. Se-goloni (filosofia, alcuni autori della letteratura cristiana), Eleonora Tagliaferro (letteratu-ra di età imperiale, e specialmente giudaico-ellenistica e cristiana) e Claudio Tartaglini (tra-gedia, commedia, epica tarda). Nell’ultima fase del lavoro intervennero alcuni studiosi piùgiovani: Giulio Colesanti, Michele Napolitano, Riccardo Palmisciano e Livio Sbardella. Ca-terina Lazzarini coordinò alla fine il tutto con grande competenza e passione.Il manuale, che, con alcuni interventi successivi, si ritrova nei profili dei generi e degli au-tori sia della Storia e testi sia del Corso, era stato costruito intorno a due idee di fondo: dauna parte scrivere una storia della letteratura che fosse realmente quello che dichiarava diessere, cioè attenta allo specifico letterario; e dall’altra trattare la letteratura come fatto dicomunicazione, considerando, accanto a chi la letteratura la produce, anche le condizionidella pubblicazione, il destinatario e il fruitore immediato. La lunga storia della fortunasuccessiva lega quei testi a noi, consapevoli fruitori moderni.La Storia e testi ha aggiunto all’impianto della Letteratura una selezione ampia di testi com-mentati, accompagnati da schede e percorsi, oltre che da strumenti (ampliamento degli ap-parati della Letteratura) ed esercizi. Alla Storia e testi hanno collaborato, in varia misura, mol-ti giovani studiosi, ognuno dei quali ha dato il suo apporto di competenze specifiche. È giu-sto ricordarli qui tutti, rimandando alle pagine VIII dei vari volumi per le attribuzioni: Lo-renzo Argentieri, Andrea Bagordo, Fabio Cannatà, Giulio Colesanti, Marina Di Simone, An-drea Ercolani, Carlo Franco, Manuela Giordano, Simone Madonna, Michele Napolitano,Riccardo Palmisciano, Laura Rossi, Livio Sbardella, Maurizio Sonnino, Eleonora Tagliafer-ro, Claudio Tartaglini; Marina Di Simone ha contribuito, in più, con eccezionale capacitàorganizzativa e partecipazione simpatetica. Esercizi, percorsi e verifiche erano stati colloca-ti in tre volumetti a parte (vedi nota 2), vista la loro ingente mole. Con Storia e testi si è con-cretizzato in strumento didattico un principio base del nostro modo di insegnare e, primaancora, di studiare e di fare filologia: partire dai testi letterari collegandoli tra loro e con al-tre testimonianze storiche e poi tornare ai testi stessi con un bagaglio di conoscenze che so-no il vero guadagno, in termini conoscitivi, che si ricava dallo studio della letteratura. Proporre un’opera così ricca di testi commentati con impegno è stata un’operazione corag-giosa, non solo da parte nostra, ma anche da parte dell’Editore, che l’ha accolta e sostenu-ta. Non si possono chiudere gli occhi di fronte alla progressiva emarginazione del testo (inparticolare del testo letterario) sia nella prassi didattica sia nella competenza scolastica: il

1. L.E. Rossi, Letteratura greca. Con la collaboraz. di R. Nicolai, L.M. Segoloni, E. Tagliaferro, C. Tartaglini, Firenze (LeMonnier) 1995 (e successive edizioni).2. L.E. Rossi – R. Nicolai, Storia e testi della letteratura greca. Voll. I (con un fascicolo di Strumenti), II A, II B, III A, III B,Firenze (Le Monnier) 2002-2003 (con Esercizi e percorsi, I, II, III a cura di Fabio Cannatà, Giulio Colesanti, MaurizioSonnino, allegati a ciascuno dei tre volumi).

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PrefazioneIV

testo comporta fatica e molti giovani ne rifuggono. La parola letteraria si deve leggere e ri-leggere, scomporre e ricomporre, commentare e criticare, capire nella sua valenza origina-ria e nel suo significato per noi. Sui testi letterari si è formata, generazione dopo genera-zione, la nostra cultura, a cominciare da quando i Greci presero a insegnare la loro storia,e perfino la loro lingua, partendo dai poemi omerici.Questo Corso, ultima tappa della vicenda editoriale, realizzata con una impegnata imme-desimazione didattica, presenta la letteratura attraverso profili agili e chiari (che sono de-bitori delle fasi precedenti), mantiene una ricca antologia di testi, alcuni in greco con tra-duzione italiana, altri soltanto in traduzione, e aggiunge una serie di testi soltanto in gre-co con commento morfologico e sintattico, nonché sobriamente esegetico. Molte schedesono state conservate o adattate e molti contenuti sono stati diversamente dislocati in nuo-ve schede e percorsi, con in più, incorporati, esercizi di verifica. L’invitante presentazionedei materiali vuole guidare a una visione il più possibile chiara e immediata, in modo daconsentire una facile selezione di quello a cui si voglia dare maggiore o minore rilievo. Leappendici bibliografiche sono state aggiornate. Si propone così uno strumento didatticocompleto e al tempo stesso di dimensioni contenute, risultato che è stato raggiunto con al-cuni tagli che ci sono sembrati alle volte dolorosi, ma sicuramente funzionali, e del restocompensati da una opportuna ristrutturazione. Va da sé che noi ci auguriamo vita ulterio-re alle due fasi precedenti, destinate a chi richieda maggiore abbondanza di materiali. Il merito di aver raggiunto questo traguardo va di nuovo a Marina Di Simone, ideatricedella ristrutturazione e coordinatrice appassionata, e a coloro che queste linee-guida han-no concretamente realizzato: Laura Rossi e Lorenzo Argentieri, già collaboratori attivi diStoria e testi, che sono riusciti nell’impresa davvero difficile di incidere nel tessuto origi-nario senza tradirne la sostanza. Ogni espressione di gratitudine è inadeguata per una col-laborazione editoriale così intensa e partecipata. All’Editore, a cui ci lega una lunga fedeltà reciproca e che continua a mantenere viva la sol-lecitudine per la diffusione della cultura, va la nostra sincera riconoscenza.

LUIGI ENRICO ROSSI

ROBERTO NICOLAI

Questa edizione vuole rinnovare il Corso integrato, rendendolo più ricco e funzionale, sen-za intaccarne l’ispirazione originaria, che si deve all’attività di ricerca e di insegnamento diLuigi Enrico Rossi. Grazie al supporto della pagina web, la scelta antologica è stata arric-chita, con l’inclusione di molti brani canonici che non avevano trovato posto nella prece-dente edizione. Sono state aggiunte schede sui luoghi della letteratura e su letteratura gre-ca e cinema, un fenomeno che negli ultimi anni ha avuto interessanti ricadute sul rappor-to tra i testi classici e la cultura di massa. Inoltre si è cercato di sfruttare la grafica per ren-dere più chiare le articolazioni del testo e sono stati aggiunti schemi sintetici e mappe con-cettuali. Alcuni strumenti chiave sono stati posti in evidenza, in apertura dei capitoli piùimportanti: le carte geografiche, che permettono di collocare gli autori e i luoghi della let-teratura, e lo schema della comunicazione di Roman Jakobson, grazie al quale si può inda-gare organicamente il fenomeno letterario, soprattutto in rapporto alla funzione che le ope-re avevano nel loro contesto sociale e culturale. Le nuove tecnologie permetteranno di ave-re una maggiore quantità di informazioni e di accedervi con diversi strumenti: l’antologiaon line, il tutorial di analisi testuale, i ripassi in formato MP3, che si possono ascoltare sul-l’iPod, le schede di test e le cartine interattive.Anche a nome di tutti gli altri allievi che hanno collaborato a quest’opera, dedico questanuova edizione alla memoria del nostro maestro Luigi Enrico Rossi, che avrebbe certamen-te apprezzato gli arricchimenti e avrebbe forse sorriso, lasciandoci fare, di fronte alle tan-te novità tecnologiche.

ROBERTO NICOLAI

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Avvertenze V

AVVERTENZE

1. Sui criteri di traslitterazione

I nomi propri vengono dati in forma italiana quando esista una forma corrente; in caso con-trario, vengono traslitterati secondo l’usuale criterio fonetico (ph e ch per le sorde con staccoaspirato f e c). Se in italiano è invalsa nell’uso una forma, questa viene preferita alla forma lin-guisticamente più corretta (per esempio Teti rispetto a Tètide).

2. Sugli accenti

Si abbonda in accenti (senza ricercare sistematicità totale in modo da non appesantire tipogra-ficamente il testo) per rendere chiara la corretta pronuncia, che è quella del sistema accentua-tivo latino, fondato sulla quantità della penultima sillaba: per cui, per esempio, Dioscùri daDio;~ kouroi; Dionìso perché la penultima è lunga; Èdipo perché la penultima è breve; e cosìOdìsseo, Òrfeo (le ultime due vocali sono un dittongo, e quindi anche in latino valgono peruna sillaba sola) ecc. L’accentazione piana è in italiano la prevalente: quando si metterà l’ac-cento sulla penultima (di per sé un pleonasmo) sarà per prevenire più o meno istintive pro-nunce sbagliate (Eubùlo da Eu[boulo~, ecc.).

3. Sui dittonghi lunghi

Nella resa dei cosiddetti dittonghi lunghi (e cioè con primo elemento lungo) si è rispettato ingenere il testo dell’edizione critica di riferimento; lo iota può comparire così, alternativamen-te, ascritto o sottoscritto.

4. Sulle traduzioni

Le traduzioni molte volte sono ‘firmate’, senza che questo implichi che noi siamo d’accordocon ogni piega della traduzione stessa, che è stata scelta in molti casi perché ritenuta poeticaed efficace e non perché filologicamente corretta. Per non dover escludere testi significativi,sono state accolte anche traduzioni che integrano liberamente, in modo da consentire la lettu-ra di testi che sarebbero altrimenti poco comprensibili. Le traduzioni non firmate si intendono a cura degli Autori di questo testo.

Nota bibliografica

Nelle bibliografie sono stati indicati: edizioni, commenti, lessici e studi fondamentali, con par-ticolare attenzione alle opere in italiano o tradotte in italiano; traduzioni in commercio epoche altre, non più disponibili, ma importanti. Nella selezione degli studi moderni, che inparte è (di necessità) arbitraria, si è data la preferenza a lavori recenti, che possono aiutare nelreperimento di ulteriore bibliografia. Studi già citati in sezioni generali non sono stati sempreripetuti sotto i singoli autori. Di opere frequentemente ristampate si è fornita per lo più la datadella prima edizione.Quando, nel testo, si cita un autore antico di cui esista un’edizione con numerazione interna dive-nuta canonica, il riferimento a questa è omesso in quanto ovvio.Si danno qui di seguito le sigle usate.

1. Grandi raccolte di testiBühler = Zenobii Athoi proverbia. Ed. et enarr. W. Bühler. Vol. I, Gottingae 1987; IV,Gottingae 1982; V, Gottingae 1999CAF = Comicorum Atticorum fragmenta, ed. Th. Kock, Berlin 1880-1888 (= Utrecht 1977)CC = Corpus Christianorum, Turnholti 1954 ss.CGF = G. Kaibel, Comicorum Graecorum Fragmenta, I. Doriensium comoedia, mimi, flyaces,Berlin 1899 (= 1958, con integrazioni di K. Latte)

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AvvertenzeVI

CPG = Corpus Paroemiographorum Graecorum. Edd. E.L. Leutsch et F.G. Schneidewin. I-II,Göttingen 1839-1851 (= Hildesheim 1958). L. Cohn, Supplementum, Breslau 1887 (=Hildesheim 1961)D.-K. = Die Fragmente der Vorsokratiker. Griech. und deutsch von H. Diels, 6. Aufl. von W.Kranz, Berlin 1951-1952FCG = A. Meineke, Fragmenta comicorum Graecorum I-V, Berlin 1839-1857FGrHist = F. Jacoby, Die Fragmente der Griechischen Historiker, Berlin-Leiden 1923-1954GG = Grammatici Graeci. Edd. A. Hilgard, A. Lentz, R. Schneider, G. Uhlig. I-IV, Lipsiae1867-1910 GGM = Geographi Graeci minores. Ed. C. Müller, Parisiis 1855-1861 G.-P. = Poetae elegiaci. Edd. B. Gentili-C. Prato. I-II, Leipzig, 19882 (I); 20022 (II)HE = The Greek Anthology. Hellenistic Epigrams. Ed. by A.S.F. Gow and D.L. Page. I-II,Cambridge 1965; The Garland of Philip. Ed. by A.S.F. Gow and D.L. Page. I-II, Cambridge1968; Further Greek Epigrams. Ed. by D.L. Page, Cambridge 1981IEG = Iambi et Elegi Graeci ante Alexandrum cantati. Ed. M.L. West. I: Archilochus, Hipponax,Theognidea, Oxford 19892. II: Callinus, Mimnermus, Semonides, Solon, Tyrtaeus, Minora,Adespota, Oxford 19922

IG = Inscriptiones Graecae, Berlin 1837-1927 (ed. maior), 1913 ss. (ed. minor) PCG = Poetae Comici Graeci. Edd. R. Kassel et C. Austin. I: Comoedia Dorica, Mimi, Phlyaces,Berlin-New York 2001; II: Agathenor-Aristonymus, 1991; III. 2: Aristophanes. Testimonia et frag-menta, 1984; IV: Aristophon-Crobylus, 1983; V: Damoxenus-Magnes, 1986; VI.2: Menander:Testimonia et fragmenta,1998; VII: Menecrates-Xenophon, 1989; VIII: Adespota, 1995PG = Patrologiae cursus completus. Series Graeca. Ed. J.-P. Migne, Parisiis 1857-1866PMG = Poetae Melici Graeci. Ed. D.L. Page, Oxford 1962Powell = I.U. Powell, Collectanea Alexandrina, Oxford 1925 (= Chicago 1981)SH = Supplementum Hellenisticum. Edd. H. Lloyd-Jones – P. Parsons, Berlin-New York 1983SIG = Sylloge Inscriptionum Graecarum. Tertium ed. G. Dittenberger et F. Hiller vonGaertringen, Lipsiae 1915-1924SLG = Supplementum Lyricis Graecis. Ed. D.L. Page, Oxford 1974SVF = Stoicorum Veterum fragmenta. Collegit I. von Arnim, I-IV, Leipzig 1903-1905(= Stuttgart 1964)TGF = A. Nauck, Tragicorum Graecorum Fragmenta, Lipsiae 18892. Supplementum adiecit B.Snell, Hildesheim 1964TrGF = Tragicorum Graecorum Fragmenta. I: Didascaliae tragicae, catalogi tragicorum et tragoe-diarum, testimonia et fragmenta tragicorum minorum. Ed. B. Snell. Ed. correctior et addendisaucta, cur. R. Kannicht, Göttingen 1986; II: Fragmenta adespota, testimonia vol. I addenda,indices ad voll. I et II. Edd. R. Kannicht et B. Snell, Göttingen 1981; III: Aeschylus. Ed. S.L.Radt, Göttingen 1985; IV: Sophoclis Fragmenta. Ed. S.L. Radt, Göttingen 1977; V: 1-2:Euripidis Fragmenta. Ed. R. Kannicht, Göttingen 2004.

2. Opere frequentemente citateANRW = Aufstieg und Niedergang der römischen Welt. Hsg. v. H. Temporini-W. Haase, Berlin1972 ss. Bowra, Lir. = C.M. Bowra, La lirica greca da Alcmane a Simonide, trad. it. di G. Lanata, Firenze1973 (Oxford 1964)Da Omero agli alessandrini = F. Montanari (a cura di), Da Omero agli alessandrini. Problemi efigure della letteratura greca, Roma 1988Dizionario = Dizionario degli scrittori greci e latini. Diretto da F. Della Corte, Milano 1987 ss.Gentili, Poesia = B. Gentili, Poesia e pubblico nella Grecia antica, Roma-Bari 19891; 19952

Jaeger, Paideia = W. Jaeger, Paideia, Firenze 1959-70 (= Berlin 1934)Mazzarino, PSC = S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, Roma-Bari I, 1965; II (1, 2) 1966RE = Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft, Stuttgart-München 1893 ss.Spazio letterario = Lo spazio letterario della Grecia antica. A cura di G. Cambiano, L. Canfora,D. Lanza. I. 1, Roma 1992; I. 2, 1993; I. 3, 1994; II, 1995; III, 1996Storia e civiltà = AA.VV., Storia e civiltà dei Greci 1-10, Milano 1977-80 (ora ristampata in edi-zione economica)

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Avvertenze VII

Zeller-Mondolfo, Filos. = E. Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico.Parti I-III. Trad. it., Firenze 1932 ss. (Leipzig 18925 ss.)

3. Riviste citate in sigla«AC» = L’Antiquité Classique«AJPh» = The American Journal of Philology«ASNP» = Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa«AuA» = Antike und Abendland«BICS» = Bulletin of the Institute of Classical Studies«BollClass» = Bollettino dei Classici«C&M» = Classica et Mediaevalia«CJ» = The Classical Journal«CQ» = The Classical Quarterly«CR» = The Classical Review«GIF» = Giornale Italiano di Filologia«G&R» = Greece and Rome«GRBS» = Greek, Roman and Byzantine Studies«HSPh» = Harvard Studies in Classical Philology«JHS» = The Journal of Hellenic Studies«JRS» = The Journal of Roman Studies«MD» = Materiali e discussioni per l’analisi dei testi classici«MH» = Museum Helveticum«PP» = La Parola del Passato«QS» = Quaderni di Storia«QUCC» = Quaderni Urbinati di Cultura Classica«RAL» = Rendiconti dell’Accademia dei Lincei«REA» = Revue des études anciennes«REG» = Revue des études grecques«RhM» = Rheinisches Museum für Philologie«RPh» = Revue de Philologie, de littérature et d’histoire anciennes«Riv. di Filol.» = Rivista di Filologia e di Istruzione Classica«SCO» = Studi Classici e Orientali«SemRom» = Seminari Romani di Cultura Greca «SIFC» = Studi Italiani di Filologia Classica«TAPhA» = Transactions and Proceedings of the American Philological Association«WS» = Wiener Studien. Zeitschrift für klassische Philologie und Patristik«YCS» = Yale Classical Studies«ZPE» = Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik

4. Collane italiane di traduzioni e commenti

Meritano di essere segnalate qui alcune collane di classici greci e latini pubblicate dalle mag-giori case editrici italiane: BUR Classici Greci e Latini, Rizzoli; Classici Greci e Latini,Mondadori; la collana di letterature antiche dei Grandi Libri Garzanti; Il Convivio, Marsilio;Tascabili Classici, Bompiani. Tali edizioni condividono alcune caratteristiche comuni: presen-tano in genere, a fronte della traduzione, il testo originale, per quanto sprovvisto di apparatoe spesso riproducente le edizioni critiche correnti (non sono rare, però, note preliminari nellequali il curatore discute l’edizione adottata, alle volte distaccandosene); sono dotate di intro-duzioni spesso ampie ed esaurienti e di un apparato di note esplicative a piè di pagina; presen-tano bibliografie a volte molto utili per completezza e aggiornamento; sono caratterizzate daun prezzo accessibile. Di diverso carattere sono invece le edizioni della Fondazione LorenzoValla (Mondadori): di impianto scientifico, presentano infatti, oltre a una introduzione, a unatraduzione italiana e a una bibliografia generalmente esaustiva, una nuova edizione critica deltesto e un commento autonomo (le opere di poesia presentano anche un’appendice metrica).Di tutte queste edizioni sono forniti i dati nelle bibliografie dei singoli autori.

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Le parti manualistiche derivano da quelle della Letteratura greca di Luigi Enrico Rossi (Firenze 1995),alla quale hanno collaborato per la letteratura storica, geografica e scientifica Roberto Nicolai e per lafilosofia Luigi M. Segoloni.

Le sezioni antologiche originarie della Storia e testi, qui rielaborate, erano a cura di: Lorenzo Argentieri(Esopo, Anacreonte); Fabio Cannatà (Alcmane, Ibico, Talete, Sette Sapienti, Empedocle, Anassagora,Democrito); Giulio Colesanti (Tirteo, Solone, Senofane, Teognide, Alceo); Andrea Ercolani (Stesicoro);Manuela Giordano (Archiloco, Eraclito, Parmenide); Riccardo Palmisciano (Saffo, Simonide, Bacchilide);Laura Rossi (Ipponatte, Pindaro); Livio Sbardella (Omero, ‘Omero minore’, Esiodo – con R. Nicolai –,Mimnermo); Maurizio Sonnino (Semonide).

Alcune schede e percorsi della Storia e testi sono stati rielaborati dalle versioni originarie di: Luigi EnricoRossi (La giovinezza e la vecchiaia nella Grecia arcaica, La musica greca nell’età arcaica, La donna nellaGrecia arcaica); Roberto Nicolai (Il notturno da Alcmane a Goethe); Fabio Cannatà (Il dialetto del testodi Alcmane, L’encomio di Policrate: struttura e modi della narrazione, Parteni e cerimonie di iniziazione);Giulio Colesanti (Banchetto e simposio nell’età arcaica, Il Solon di Pascoli, La nave-città nella tempestapolitica: fortuna di un’allegoria, La sintomatologia amorosa nel fr. 31 V. di Saffo, Il fr. 31 V. nella lettera-tura moderna); Riccardo Palmisciano (Le varie forme del canto popolare, L’eolico di Alceo e Saffo, Sport eagoni); Laura Rossi (Il dorico della melica corale); Livio Sbardella (L’eroe tra letteratura e culto nella Greciaarcaica, Il mito degli Eneadi da Omero a Virgilio: un filo rosso tra epica greca e romana, L’investitura poe-tica: un motivo ricorrente nelle letterature greca e latina – con Marina Di Simone).

La revisione e l’integrazione del testo per il Corso integrato sono di: Lorenzo Argentieri (Introduzione,L’età arcaica, ‘Omero minore’, Esiodo, La favola, La poesia lirica, I giambografi, La lirica monodica tra VIIe VI secolo a.C., La filosofia dell’età arcaica, La scienza dalle origini al IV secolo a.C., Ecateo di Mileto, Lafilosofia dalla tarda età arcaica all’età classica) e Laura Rossi (Introduzione, Gli inizi, Omero, La poesialirica, I poeti elegiaci, Melica arcaica, Melica tardoarcaica).

La revisione e l’integrazione del testo per le Lezioni di letteratura greca sono di: Laura Lulli(Introduzione, L’età delle colonizzazioni e delle tirannidi, Gli inizi, Omero, ‘Omero minore’, Esiodo, Lafavola, I poeti elegiaci) e Serena Pirrrotta (La poesia lirica, I giambografi, Melica arcaica, La lirica mono-dica, Melica tardoarcaica, La filosofia dell’età arcaica, La scienza dalle origini al IV secolo a.C., Ecateo diMileto, La filosofia dalla tarda età arcaica all’età classica). Lorenzo Argentieri ha curato le schede I luo-ghi della letteratura e I Greci al cinema.

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Introduzione

1. Per una storia della letteratura: metodi e strumenti1. La letteratura: un fatto di comunicazione 12. La letteratura greca: luoghi e modi della comunicazione 43. I generi letterari 54. Il codice della comunicazione 8

I dialetti letterari 85. I messaggi 106. Lo studio della letteratura greca 11

Le correnti della critica 11

2. La trasmissione dei testi della letteratura greca1. Il viaggio dei testi attraverso i secoli 132. Il ruolo della filologia 15

Le cosiddette discipline ausiliarie 17La produzione lirica: la pubblicazione di testi su papiro 18Tavola dei metri 19

Bibliografia 21

il contesto 1. L’età delle colonizzazioni e delle tirannidi

La storia1. Dalla preistoria alla civiltà micenea 242. Il Medioevo ellenico 243. L’alto arcaismo 264. Sparta 285. Atene 28

La letteratura6. Una produzione ‘coloniale’ 30Bibliografia 31

IndiceI testi antologici in greco sono indicati con , quelli in greco/italiano con e quelli in italiano con .ttt

L’età arcaica (VIII-VI secolo a.C.)

Prefazione III

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IndiceX

la letteratura 2. Gli inizi

1. L’introduzione della scrittura 322. La poesia prima di Omero: l’epica 323. La poesia lirica preomerica 33Sitografia 34

l’autore 3. Omero

PROFILO 1. L’Iliade e l’Odissea: contenuti, temi e personaggi1. Ma Omero è realmente esistito? 362. L’Iliade e l’Odissea: struttura e contenuti 373. Le tematiche principali 394. I personaggi 415. La natura e la vita quotidiana 446. Lingua e stile 457. Metrica 468. Formularità 479. Fortuna dei poemi omerici 48

La lingua omerica 48

2. La genesi e la composizione dei poemi1. La ‘questione omerica’ 49

Le varie tappe della ‘questione omerica’ 502. L’«enciclopedia tribale» 513. I poemi omerici tra oralità e scrittura 52

Epiche a confronto 534. L’aedo: una figura in evoluzione 54Bibliografia 56Sitografia 57I luoghi della letteratura Il luogo dell’epica: il mégaron 58

60I Greci al cinema La guerra di Troia secondo Troy 61

ANTOLOGIA 64

1. Le tematiche dell’Iliade 64La guerra e la sua etica 64

1 Il proemio dell’Iliade (Iliade 1,1-7) 65I proemi alternativi dell’Iliade 66

2 L’ira di Achille (Iliade 1,121-192; 223-246) 673 Tersite: una voce fuori dal coro (Iliade 2,212-277) 694 L’eroe in campo: l’aristìa di Diomede (Iliade 5,111-165;

330-354; 846-863) 70ttt

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Questionario di riepilogo

Leggere OMERO

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Indice XI

5 Un ‘duello mancato’: l’incontro di Glauco e Diomede(Iliade 6,119-129; 142-236) 73

6 La «civiltà di vergogna»: Ettore attende Achille per il duello(Iliade 22,33-138) 75

7 La morte di Ettore (Iliade 22,248-363) 848 La morale si evolve: la ‘compassione’ di Achille (Iliade 24,468-676) 86

La rappresentazione dei sentimenti: amore e dolore 899 Le reazioni emotive: il pianto di Achille in riva al mare (Iliade 1,345-363) 9010 L’amore: Ettore e Andromaca (Iliade 6,390-493) 90

2. Il racconto dell’Odissea 100I viaggi 100

11 Il proemio dell’Odissea (Odissea 1,1-10) 10012 L’incontro tra Odisseo e Nausicaa (Odissea 6,85-144) 10213 La patria di Odisseo (Odissea 9,19-28) 10514 I motivi favolistici: Odisseo e il Ciclope (Odissea 9,216-414) 106

I materiali folklorici: Omero e le Mille e una notte 11115 Le profezie di Circe: Odisseo nelle terre d’Occidente (Odissea 12,35-141) 11216 L’arrivo a Itaca (Odissea 13,187-196; 352-360) 114

Il ritorno a casa 11517 L’incontro tra Odisseo e Telemaco (Odissea 16,164-212) 11518 Il cane Argo riconosce Odisseo (Odissea 17,290-327) 11719 Euriclea riconosce Odisseo (Odissea 19,349-395; 467-507) 11920 La gara con l’arco (Odissea 21,1-14; 63-79) 12121 Il finto mendicante tende l’arco (Odissea 21,390-434) 12122 La strage dei Proci (Odissea 22,1-41) 12223 Il riconoscimento fra Odisseo e Penelope: la ‘prova del letto’

(Odissea 23,153-239) 124PERCORSI Percorso tematico L’eroe tra letteratura e culto nella Grecia arcaica 127

Letterature nei secoli Dai poemi omerici al poema cavalleresco 129

ANTOLOGIAONLINE

1. I personaggi diviniL’antropomorfismo: gli dèi umani di Omero

24 Il concilio degli dèi (Odissea 1,11-79)25 La lite fra Zeus ed Era (Iliade 1,531-611) 26 Gli amori di Ares e Afrodite (Odissea 8,266-366)

2. Non solo guerra: altri temi dell’IliadeLa morte dell’eroe e la rappresentazione del dolore

27 La morte di Patroclo (Iliade 16,777-861) 28 Achille piange Patroclo (Iliade 18,22-126) t

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OMERO

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IndiceXII

29 Il pianto di Andromaca (Iliade 22,437-515)30 I giochi funebri in onore di Patroclo (Iliade 23,700-739) 31 Il funerale di Ettore (Iliade 24,696-804)

3. Nel laboratorio dell’epicaI contenuti: l’«enciclopedia tribale»

32 Criseide è riconsegnata al padre (Iliade 1,304-317; 432-487) 33 Lo scudo di Achille (Iliade 18,478-607)

La tecnica compositiva orale: le ‘scene tipiche’34 La vestizione di Paride... (Iliade 3,328-338) 35 ...e quella di Agamennone (Iliade 11,15-46) 36 Achille indossa le armi (Iliade 19,367-391)

La figura dell’aedo nei poemi omerici 37 L’aedo come poeta di corte: Demodoco (Odissea 8,62-82)38 Gli effetti del canto: fra incantesimo e commozione (Odissea 1,325-359)39 Il canto di Achille (Iliade 9,185-198)

la letteratura 4. ‘Omero minore’

1. Introduzione 1412. Il Ciclo epico 1413. La Batracomiomachia, il Margite e gli epigrammi 1444. Gli Inni omerici 146

Agoni poetici e festività 148

‘Omero minore’ 149Bibliografia 150Sitografia 150

ANTOLOGIAONLINE

1. Il Ciclo epicoI poemi ciclici in rapporto all’epos omerico

1 L’Etiopide: un esempio di poema ciclico (Argumentum dell’Etiopide)

2. Gli InniProemi in onore di dèi ed eroi

2 L’Inno ad Afrodite: celebrazione dell’eros ed encomio(Inno ad Afrodite 1-6; 45-201; 241-258; 273-293)

Il mito degli Eneadi da Omero a Virgilio: un filo rosso tra epica greca e romana

3 L’Inno ad Apollo: la figura del rapsodo (Inno ad Apollo 165-178) 4 L’Inno a Eracle: l’onore tributato a un eroe (Inno a Eracle) t

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Cosa bisogna sapere su…

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‘OMERO MINORE’

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Indice XIII

l’autore 5. Esiodo

PROFILO 1. Il poeta che parla di sé 1522. La vita 1523. Le opere 1534. La Teogonia 153

Le altre Teogonie 1565. Le Opere e i giorni 1576. La tecnica compositiva 1617. Occasione e pubblico 1628. Lingua, stile e metrica 1629. Le altre opere del corpus esiodeo 163

10. Fortuna 164Bibliografia 164Sitografia 165

166I Greci al cinema Il mito di Perseo in Scontro tra Titani 167

ANTOLOGIA 170

1. La Teogonia 170Il mondo degli dèi: le lotte di successione 170

1 Il proemio: le Muse dell’Elicona e l’investitura poetica (Teogonia 1-34) 170L’investitura poetica: un motivo ricorrente nelle letterature greca e latina 174

2 Il mito della successione: da Urano a Crono... (Teogonia 126-200) 1763 ...e da Crono a Zeus (Teogonia 453-506) 180

Esiodo e l’Oriente: il ciclo di Kumarbi 1814 Il Tartaro (Teogonia 726-745) 182

2. Le Opere e i giorni 184Miti e favole per spiegare la vita 184

5 Il proemio: le Muse della Pieria e l’‘inno’ a Zeus (Opere 1-10) 1846 Il mito delle cinque età (Opere 106-201) 1867 La favola dello sparviero e dell’usignolo (Opere 202-212) 1898 La forza di Dike (Opere 248-285) 1899 Pandora nelle Opere e i giorni (Opere 53-105) 190

PERCORSI Letterature nei secoli Il mito delle età nella letteratura antica 193

ANTOLOGIAONLINE

1. La tecnica narrativaLo stile catalogico

10 La genealogia delle Nereidi (Teogonia 233-264)t

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Questionario di riepilogo

Leggere ESIODO

ESIODO

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IndiceXIV

11 Le unioni di Zeus (Teogonia 886-929)

Sezioni alternative e varianti funzionali 12 Le sezioni alternative: i ‘due inverni’ (Opere 493-563)13 Le varianti funzionali: la creazione della donna nella Teogonia

(Teogonia 570-612)

2. Altri temi delle OpereL’autobiografismo in Esiodo

14 Esortazioni al fratello Perse (Opere 27-41) 15 L’agone per Amfidamante (Opere 650-662)

Il lavoro nei campi: indicazioni per l’agricoltura in esametri16 Aratura e mietitura (Opere 383-404)17 La vendemmia (Opere 609-617)

la letteratura 6. La favola

1. Origini e funzioni di un genere 198La favola: tra saggezza popolare ed esemplarità 198

2. Esopo 200

La favola 201Bibliografia 202Sitografia 202

ANTOLOGIAONLINE

EsopoLa favola: tra saggezza popolare e letteratura

1 L’aquila e la volpe (Aesop. 3 Chambry) 2 Le due bisacce (Aesop. 303 Chambry)2a Zeus e l’orcio dei Beni (Aesop. 123 Chambry)3 I vasi (Aesop. 354 Chambry) 4 Esopo nel cantiere navale (Aesop. 19 Chambry)

il genere 7. La poesia lirica

PROFILO 1. Una definizione di poesia lirica 2042. Un esperimento su Saffo: la traduzione di Quasimodo 2053. Una verifica su Archiloco 206

Interpretazioni dei lirici nel corso dei secoli 2064. Il contesto della lirica arcaica e la sua funzione 2075. L’‘io lirico’, il ‘noi’ e la poesia dei ruoli 208

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Cosa bisogna sapere su…

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LA FAVOLA

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Indice XV

6. Musica e metrica 209Gli strumenti musicali greci 210

7. Elegia e giambo, due generi affini 2118. La poesia melica 213

Le varie forme del canto popolare 215Bibliografia 217I luoghi della letteratura Il luogo della lirica monodica: il simposio 219

222PERCORSI Percorso tematico Banchetto, simposio e letteratura arcaica 223

Percorso tematico La musica greca nell’età arcaica 225

l’autore 8. I giambografi

PROFILO 1. Archiloco 228Una ‘nuova’ elegia di Archiloco 231

2. Semonide 2353. Ipponatte 236Bibliografia 240Sitografia 241

242

ANTOLOGIA 243

1. Archiloco 243Il poeta soldato: una morale antiepica 243

1 Il servo di Enialio (fr. 1 W.) 2442 Il mercenario per mare (fr. 2 W.) 2453 Bevute a bordo (fr. 4 W.) 2454 Al diavolo lo scudo! (fr. 5 W.) 246

E anche Orazio getta lo scudo... 2475 Il comandante ideale (fr. 114 W.) 248

Le passioni umane: l’etica dell’eterìa 2486 Ricambiare il male con il male (fr. 126 W.) 2487 Sopportare il dolore: l’elegia a Pericle (fr. 13 W.) 2498 Gioire e soffrire, ma con moderazione (fr. 128 W.) 249

Il papiro di Colonia: amore e sesso 2509 Una scena di seduzione perfettamente riuscita (fr. 196a W.) 251

2. Semonide 252Il giambo contro le donne 252

10 Nove donne da evitare e una da sposare (fr. 7 W.) 252Leopardi traduce Semonide 255

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Questionario di riepilogo

Questionario di riepilogo

Leggere I GIAMBOGRAFI

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IndiceXVI

3. Ipponatte 256Il ‘poeta pitocco’: un falso mito 256

11 Una preghiera a Hermes… (fr. 32 W. = 42ab D.) 25612 …non esaudita (fr. 34 W. = 43 D.) 25713 Pluto, il dio cieco (fr. 36 W. = 44 D.) 25814 Ho fame! (fr. 39 W. = 48 D.) 259

L’aggressività contro i nemici 26015 Bùpalo (frr. 120-121 W. = 121-122 D.) 26016 Il pharmakós (fr. 6 W. = 6 D.) 260

L’epodo di Strasburgo 26117 La sorte degli spergiuri (fr. 115 W. = 194 D.) 261

ANTOLOGIAONLINE

1. ArchilocoLa ‘biografia’ di Archiloco: chi dice ‘io’?

18 I luoghi: Paro e Taso (frr. 116; 21 W.)19 Le date: l’eclissi del 648 a.C. (fr. 122 W.) 20 La poesia: (anche) il ditirambo (fr. 120 W.)21 Aspirazioni modeste: il rifiuto delle ricchezze di Gige (fr. 19 W.) 22 Aspettando la guerra: Glauco e il mare in tempesta (fr. 105 W.)

2. IpponatteLa parodia in Ipponatte: rovesciare l’epica per colpire i nemici

23 Il ghiottone scialacquatore... (fr 26 W. = 36 D.)24 ...e il ghiottone ‘omerico’ (fr. 26a W. = 37 D.) 25 Come nasce un nemico (fr. 19 W. = 33 D.)26 Il galateo simposiale, questo sconosciuto (fr. 13 W. = 21 D.)

l’autore 9. I poeti elegiaci

PROFILO 1. Callino 2642. Tirteo 2653. Mimnermo 2684. Solone 2705. Senofane 2746. Teognide 2777. Focilide di Mileto 280Bibliografia 282Sitografia 283

284Questionario di riepilogo

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I GIAMBOGRAFI

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Indice XVII

ANTOLOGIA 285

1. Callino 285Un’elegia per esortare alla guerra 285

1 Bisogna combattere! (fr. 1 W.) 285

2. Tirteo 286Guerra ed ethos aristocratico 286

2 La vera virtù (fr. 9 G.-P. = 12 W.) 2863 È bello morire per la patria (fr. 6 G.-P. = 10,1-14 W.) 288

3. Mimnermo 290Riflessioni sulla caducità della vita 290

4 Piaceri della giovinezza e dolori della vecchiaia(fr. 7 G.-P. = 1 W.) 290

5 Come le foglie (fr. 8 G.-P. = 2 W.) 2916 Titono (fr. 1 G.-P. = 4; 5,4-8 W.) 293

4. Solone 294La poesia di un riformatore aristocratico 294

7 L’elegia alle Muse (fr. 1 G.-P. = 13,1-32 W.) 2948 Il Buongoverno (fr. 3 G.-P. = 4 W.) 296

5. Senofane 297Il simposio: funzionamento e tematiche adeguate 297

9 Come si inizia un simposio (fr. 1 G.-P. = 1 W.) 29710 L’amico reincarnato nel cagnolino (fr. 6 G.-P. = 7-7a W.) 298

6. Teognide 299La struttura del corpus 299

11 Inno ad Artemide (Corpus Theognideum 11-14) 29912 La sfragiv" (Corpus Theognideum 19-26) 299

Le tematiche 30013 La politica: ajgaqoiv e kakoiv (Corpus Theognideum 27-38) 30014 Il simposio: i compiti del simposiarca... (Corpus Theognideum 467-496) 30115 ...e il riuso dei carmi (Corpus Theognideum 237-254) 301

PERCORSI Percorso tematico La giovinezza e la vecchiaia nella Grecia arcaica 303Letterature nei secoli Il Solon di Pascoli: un simposio antico

rivissuto in età moderna 305

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Leggere I POETI ELEGIACI

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XVIII Indice

I POETI ELEGIACIANTOLOGIA

ONLINE

1. TirteoIl poeta e Sparta: politica e azioni militari

16 Le campagne messeniche (fr. 5 W. = 2-4 G.-P.) 17 La virtù spartana in battaglia (fr. 11 W. = 8 G.-P.)

2. MimnermoL’elegia narrativa: la storia della città e il mito

18 L’eroe in battaglia (fr. 14 W. = 23 G.-P.) 19 Vicende storiche cittadine (fr. 9 W. = 3 G.-P.)

3. SoloneLa politica e l’esortazione alla battaglia

20 Parenesi guerriera: la battaglia per Salamina (frr. 1-3 W. = 2 G.-P.) 21 Il degrado morale e la rovina di Atene (frr. 4a-c W. = 4-5 G.-P.)

4. Senofane La critica verso la tradizione

22 Contro l’ideale agonale (fr. 2 G.-P.) 23 L’aspetto degli dèi (fr. 19 G.-P.)

5. Teognide Simposio e amore

24 I doni degli dèi (Corpus Theognideum 149-150; 151-152; 153-154) 25 L’amore incostante (Corpus Theognideum 1267-1270)

il genere 10. Melica arcaica (VII-VI secolo a.C.)

PROFILO 1. Alcmane e gli inizi della poesia corale 310Parteni e cerimonie di iniziazione 313Il ‘dorico’ della melica corale 316

2. Stesicoro 3163. Ibico 322Bibliografia 325Sitografia 326

327

ANTOLOGIA 328

1. Alcmane 328I parteni 328

1 Il Partenio del Louvre (fr. 3 C.) 328 t

Questionario di riepilogo

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Leggere LA MELICA ARCAICA

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Indice XIX

2 L’alcione (fr. 90 C.) 332Il dialetto del testo di Alcmane 333

I carmi ‘religiosi’ 3333 Una menade o una dea? (fr. 125 C.) 3344 Notturno (fr. 159 C.) 335

Musica e poesia 3365 Il poeta imita il canto delle pernici (fr. 91 C.) 3366 Il canto degli uccelli (fr. 140 C.) 3377 La Musa e il canto (fr. 84 C.) 337

2. Stesicoro 338Frammenti di epica lirica 338

8 Il Papiro di Lilla (fr. 222(b) Davies) 3389 Il cavallo di Troia (fr. S 88) 34010 La ‘vera’ e la ‘falsa’ Elena (fr. 192 PMG) 340

I volti di Elena 342

3. Ibico 343Poesia di corte 343

11 L’encomio di Policrate (fr. S 151 D.) 343

Poesia erotica 34512 La forza di Eros (fr. 286 PMG) 346

PERCORSI Letterature nei secoli Il notturno da Alcmane a Goethe 348

ANTOLOGIAONLINE

1. AlcmaneI pasti in comune e il simposio

13 Il tripode del ghiotto Alcmane (fr. 9 C.) 14 Pasto in comune e peana (fr. 129 C.) 15 Eros fanciullo (fr. 147 C.)

2. StesicoroLa Gerioneide

16 L’arrivo a Eritia (fr. S 8) 17 L’uccisione di Gerione (fr. S 15) 18 La fine dell’avventura (fr. S 17)

3. IbicoLa produzione epico-lirica

19 La fine di Astianatte… (fr. 224 PMG)20 …e quella dei Molionidi (fr. 285 PMG) t

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MELICA ARCAICA

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IndiceXX

il genere 11. La lirica monodica tra VII e VI secolo a.C.

PROFILO 1. La tradizione poetico-musicale di Lesbo 354La tradizione poetico-musicale a Lesbo prima di Alceo e Saffo 355

2. Alceo 3553. Saffo 361

L’eolico di Alceo e Saffo 362La ‘nuova’ Saffo 366

4. La lirica ionica: Anacreonte 3685. La lirica monodica in Attica 373Bibliografia 376Sitografia 377

378

ANTOLOGIA 379

1. Alceo 379Il simposio, i compagni, il vino 379

1 Bevi, finché sei giovane! (fr. 38a V.) 3792 Il vino, rimedio dei mali (fr. 335 V.) 3813 Il simposio invernale… (fr. 338 V.) 3824 …e quello estivo (fr. 347 V.) 3825 Un simposio contro le regole (fr. 346 V.) 383

Gli avversari politici 3846 Mirsilo è morto! (fr. 332 V.) 3847 Il traditore Pittaco (fr. 129 V.) 385

La lotta e l’esilio 3868 La sala delle armi (fr. 140 V.) 3869 La malinconia dell’esilio (fr. 130b V.) 388

2. Saffo 391L’amore all’interno del tìaso 391

10 L’ode ad Afrodite (fr. 1 V.) 39111 Il catalogo delle cose belle (fr. 16 V.) 39412 Malattia d’amore (fr. 31 V.) 39513 Eros dolceamaro (fr. 130 V.) 39814 Lontananza (fr. 96 V.) 39815 Solitudine (fr. 168b V.) 399

Canti nuziali per un pubblico più ampio 39916 Il fiore della verginità (fr. 105 V.) 399t

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Questionario di riepilogo

Leggere LA LIRICA MONODICA

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Indice XXI

17 Lo sposo e la sposa (fr. 112 V.) 40018 Dialogo tra una sposa e la verginità (fr. 114 V.) 400

3. Anacreonte 401Le gioie del simposio 401

19 Vino, amore e musica (fr. 373 PMG) 40120 Cogli l’attimo! (fr. 395 PMG) 401

Immagini di Eros 40321 Eros pugile (fr. 396 PMG) 40322 Eros gioca a palla (fr. 358 PMG) 40323 Eros fabbro (fr. 413 PMG) 40524 I dadi di Eros (fr. 398 PMG) 405

Il poeta innamorato 40625 Un raffinato doppio senso (fr. 417 PMG) 40626 Pazzo d’amore (fr. 428 PMG) 40727 Un rimedio contro l’amore (fr. 376 PMG) 407

PERCORSI Percorso tematico La donna nella Grecia arcaica 408Letterature nei secoli La sintomatologia amorosa e l’odio-amore 410

ANTOLOGIAONLINE

1. AlceoL’allegoria della nave

28 La nave-stato nella tempesta (fr. 208a V.)29 Una nuova tempesta (fr. 73,1-10 V.)

La realtà del simposio30 Preparativi per il simposio (fr. 362 V.)31 Il cottabo (fr. 322 V.)32 Una serenata dopo la bevuta (fr. 374 V.)

2. SaffoI carmi ‘popolari’

33 Canto di lavoro (fr. 102 V.)34 L’amico dello sposo sbeffeggiato (fr. 110 V.)

Le invettive contro le avversarie35 La maledizione (fr. 55 V.)36 La rozza rivale (fr. 57 V.)

3. AnacreonteL’altra faccia di Anacreonte: l’eco della guerra

37 Per la morte di un giovane valoroso (fr. 419 PMG = A.P. 13,4)38 Lo scudo gettato (fr. 381b PMG)t

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LA LIRICA MONODICA

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IndiceXXII

Le Anacreontiche39 Godiamo dell’oggi! (Anacreontiche 8 W.)

PERCORSI Letterature nei secoli La metafora della nave: un motivo di successo

il genere 12. Melica tardoarcaica (VI-V secolo a.C.)

PROFILO 1. Simonide 4162. Pindaro 422

L’esecuzione corale e i due tipi di pubblico 4273. Bacchilide 4294. Corinna 433Bibliografia 434Sitografia 436I luoghi della letteratura I luoghi della corale: cerimonie e feste 437

439

ANTOLOGIA 440

1. Simonide 440I lamenti funebri 440

1 Il qrhno~ per i caduti alle Termopili (fr. 531 PMG) 4402 La precarietà della vita umana (fr. 520 PMG) 4423 Il destino umano è nelle mani degli dèi (fr. 527 PMG) 442

Il Lamento di Danae 4434 La disperazione di una madre (fr. 543 PMG) 443

Un’elegia per la vittoria di Platea 4455 Un’eroica battaglia (fr. 11 W.) 445

2. Pindaro 448Un epinicio esemplare 448

6 L’epinicio più famoso: l’Olimpica I (Olimpica 1) 448

La funzione del mito 4517 Un mito per celebrare la città (Pitica 9,1-75) 4518 Mito e occasione: le scelte del poeta (Pitica 9,76-125) 454

Riflessioni morali 4579 L’uomo, sogno di un’ombra (Pitica 8) 457

3. Bacchilide 461Epinici e ditirambi 461

10 La vittoria olimpica di Ierone: la versione di Bacchilide (Epinicio 5) 46111 I giovani ovvero Tèseo (Ditirambo 17) 466t

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Questionario di riepilogo

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Leggere LA MELICA TARDOARCAICA

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Indice XXIII

MELICA TARDOARCAICAANTOLOGIA

ONLINE

1. SimonideGli epinici tra serio e faceto

12 Il pugile tosato (fr. 507 PMG)13 Le mule di Anassila (fr. 515 PMG)

L’eros14 Uno scolio simposiale (fr. 22,9-18 W.)

2. PindaroGli elementi dell’epinicio: il proemio

15 Un proemio a forma di inno… (Pitica 11,1-16)16 ...e uno a forma di Priamel (Olimpica 11,1-6)

Sport e agoni

La lode17 Lode della ricchezza (Pitica 5,1-23) 18 Fama immortale (Istmica 1,40-52; 67 s.)

La gnome19 La sorte è mutevole tranne che per gli dèi (Istmica 3)

Le dichiarazioni di poetica20 L’immortalità della poesia (Pitica 6,1-18) 21 Il successo dell’epinicio (Nemea 5,1-5; Istmica 2,43-46)22 Poeta e committente (Pitica 10,64-66)

Gli altri libri23 Il peana dei Cei (fr. 52d,21-62 Sn.-M.)24 Il ditirambo per gli Ateniesi (fr. 75 Sn.-M.)

3. BacchilideUn ditirambo particolare

25 Il ditirambo dialogico (Ditirambo 18)

Il III epinicio26 Ierone e Creso (Epinicio 3)

la letteratura 13. La filosofia dell’età arcaica

1. Filosofia e sofiva 4712. Filosofia e mito 4713. La nascita della filosofia nella Ionia 4724. Filosofia e letteratura 473

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IndiceXXIV

LA FILOSOFIA ARCAICA

La trasmissione delle opere dei filosofi arcaici 4745. I filosofi di Mileto: Talete, Anassimandro, Anassìmene 4746. Pitagora 4767. Eraclìto 4778. I Sette Sapienti 479

La filosofia arcaica 480Bibliografia 480Sitografia 481

ANTOLOGIAONLINE

1. I filosofi ionici La ricerca del principio

1 Talete: l’acqua (fr. 11 A 12 D.-K.) 2 Anassimene: l’aria (fr. 13 A 6 D.-K. = Pseudo Plutarco, Stromateis 3)

2. PitagoraLa dottrina della metempsicosi

3 Le reincarnazioni di Pitagora (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi 8,4-5) 4 L’immortalità dell’anima (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi 8,28)

3. Eraclito L’unità degli opposti e l’eterno divenire

5 Tutto scorre! (frr. 22 B 49a, 22 A 6, 22 B 50, 22 B 60 D.-K.)

La critica al sapere tradizionale6 Eraclito contro gli altri ‘sapienti’ (frr. 22 B 40, 42 D.-K.)

Le difficoltà della ricerca7 L’arduo percorso verso la sapienza (frr. 22 B 101, 123, 18, 54, 52 D.-K.)

4. I Sette Sapienti Massime di saggezza

8 Moderazione e misura 9 Il silenzio e la riflessione

la letteratura 14. La scienza dalle origini al IV secolo a.C.

1. Scienza e filosofia 4822. Le scienze della Terra: geografia e geofisica 4823. L’astronomia, la matematica e le scienze naturali 483Bibliografia 483Sitografia 483

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Cosa bisogna sapere su…

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Indice XXV

la letteratura 15. Ecateo di Mileto

1. Ecateo di Mileto: il primo geografo o il primo storico? 4842. La vita 4843. Le opere 4844. La Periegèsi 4845. Le Genealogie 4856. Ecateo e la storiografia arcaica 4867. Lo stile 486

Geografia, storie regionali e genealogie 487

Ecateo di Mileto 487Bibliografia 488

la letteratura 16. La filosofia dalla tarda età arcaicaall’età classica

1. La filosofia tra il VI e il V secolo a.C. 4892. Parmenide 489

La scuola eleatica: Zenone e Melisso 4903. Empedocle 4904. Anassagora 4925. Democrito e l’atomismo 494

La filosofia tardoarcaica 496Bibliografia 496Sitografia 496

ANTOLOGIAONLINE

1. Parmenide La ‘filosofia dell’Essere’

1 L’iniziazione del filosofo (fr. 28 B 1 D.-K.)2 L’Essere (fr. 7/8 Cerri = 28 B 7/8 D.-K., vv. 1-11)

2. Empedocle I quattro elementi e la loro mescolanza

3 L’azione di Amore (frr. 31 B 21 e 23 D.-K.)4 L’alternanza di Amore e Odio (fr. 31 B 26 D.-K.)

3. Anassagora Il razionalismo di Anassagora e l’accusa di empietà

5 Le teorie ‘empie’ di Anassagora (fr. 59 A 1,8-9 e 12 D.-K.)6 Anassagora e il montone (fr. 59 A 16 D.-K.) t

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Cosa bisogna sapere su…

Cosa bisogna sapere su…

LA FILOSOFIA TARDOARCAICA

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IndiceXXVI

4. Democrito Il cosmo e l’uomo

7 L’infinità degli atomi e dei mondi (fr. 68 A 40 D.-K.)

La teoria poetica di Democrito8 Poesia e divina pazzia 9 Il ‘divino’ Omero (fr. 68 B 21 D.-K.)

Glossario 497Indice dei nomi 516

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LibroPiùWebLa sintesi audio dei profili in formato MP3,per ripassare le nozioni e i concettiprincipali.

Il questionario interattivo con autoverificasui capitoli maggiori, per prepararsiall’interrogazione.

Un’antologia integrativa in formato pdfdi autori ‘maggiori’ e ‘minori’,per ampliare le proprie letture.

L’analisi di brani esemplari, per imparare aleggere un testo letterario: da soli a casa oin classe con la LIM.

Cartine interattive, per visualizzarela geografia degli eventi storici,degli autori e dei generi letterari.

Tavole cronologiche in formato pdf,per comparare le date dei fatti storici,letterari, filosofici e artistici.

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L’autoreOmeroProfilo

I LUOGHI DI OMERO

IL GENEREepica

L’OCCASIONEagoni rapsodici

in festival pubblici enciclopediatribale

LA PAROLA CHIAVE

LA PAROLA CHIAVE

tradizione epica

VIII secolo a.C.

LA LINEA DEL GENERE La poesia epica

Omero

auralitàoralità

SmirneChio

M A R E

E G E O

LE OPEREIliadeOdissea

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Profilo36

L’Iliade e l’Odissea: contenuti, temi e personaggi1.

1. Ma Omero è realmente esistito?Secondo la tradizione antica, l’Iliade e l’Odissea furono composte da un poeta di nomeOmero, che per noi rappresenta il primo nome della letteratura greca. Ma, come avevaintuito Giambattista Vico già nella prima metà del Settecento (vedi la scheda a p. 50),Omero non fu in realtà l’autore dei due poemi: simboleggia piuttosto l’attività letterariadi un’intera cultura, che nel corso dei secoli ha elaborato il materiale epico quale oggi ciappare nella forma fissata per iscritto e poi trasmessa fino a noi. Anzi, data la natura deipoemi omerici, possiamo persino dubitare del fatto che Omero sia realmente esistito; inogni caso, non possiamo assegnargli se non un’attività ridotta, magari semplicementeredazionale, e non compositiva in senso proprio.Possiamo quindi anticipare sin da ora che il nome ‘Omero’ è oggi una designazione con-venzionale comunemente usata per riferirsi ai due poemi; tuttavia gli antichi hanno cre-duto di poter ricostruire almeno in parte la vita del poeta.A partire almeno dal VI secolo a.C., infatti, intorno alla figura di Omero cominciaronoa fiorire numerose notizie biografiche che in seguito confluirono in alcune Vite, ricche dianeddoti palesemente costruiti in età tarda. Limitandoci ai dati essenziali, riguardo allacronologia lo storico Erodoto (Storie 2,53, vedi p. 33), vissuto nel V secolo a.C., ritene-va che Omero dovesse essere datato circa quattrocento anni prima di lui, quindi nel IXsecolo a.C. Circa il luogo di nascita, numerose città si contendevano i natali del poeta;tra queste, le più accreditate erano Chio e Smirne. Inoltre, si tramandava che Omerofosse cieco.Riguardo all’attendibilità delle biografie antiche, conviene precisare un importante prin-cipio di metodo; sebbene le notizie biografiche siano in genere sospette e quasi sempreconfutabili con elementari procedimenti di critica storica, esse rappresentano pur sem-

Omero comefigura simbolo

Le biografieantiche

3. Omero

La valutazionedelle notiziebiografiche

La comunicazionein Omero

CONTATTO

voce

MESSAGGIOv

poesia epica

CODICE

lingua omerica(‘artificiale’ e ‘mista’

con influenzedialettali ioniche

ed eoliche)

MITTENTE

poeta epico

DESTINATARIO

l’intera comunità

C O N T E S T O : F E S T I V A L P U B B L I C I

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pre l’espressione di interessi culturali ben definiti: le varie tradizioni non dicono nulla diattendibile su Omero, ma dicono molto del momento in cui queste leggende sono statecreate. Per esempio, oggi sappiamo che la cronologia fornita da Erodoto è troppo alta, e che,anche solo pensando a una redazione scritta, va abbassata di un secolo (dal IX all’VIII);tuttavia, la testimonianza erodotea si rivela preziosa per il fatto che conferma come già nelV secolo Omero fosse considerato un poeta molto antico. Ancora: se la nascita di Omeroera contesa fra tante città, questo dipendeva dal fatto che tutti i Greci volevano appropriar-si di una figura che era per loro il simbolo di un’unità culturale che sentivano di possede-re, pur nei loro particolarismi locali. Infine, la notizia che Omero fosse cieco rispettava unatradizione di grande valore antropologico: il poeta è per definizione un veggente, e il veg-gente è cieco perché vede con l’occhio interiore.

2. L’Iliade e l’Odissea: struttura e contenutiI due poemi si compongono di 24 libri ciascuno. Questa divisione, che risale ai gram-matici alessandrini (III-I secolo a.C.), si basa su una corrispondenza fra i singoli librie le 24 lettere dell’alfabeto greco (convenzionalmente si usano le maiuscole per l’Iliadee le minuscole per l’Odissea: A è il primo libro dell’Iliade, a il primo libro dell’Odissea,ecc.). Ma già molto tempo prima alcune singole sezioni narrative, che nella successiva divisionealessandrina potevano coincidere anche con più libri consecutivi, erano sentite come unitàautonome: per esempio, nel V secolo a.C. Erodoto (Storie 2,116) parla di una Diomhvdeo~ajristeivh, e cioè di un’«aristìa di Diomede», narrata nel V e in parte del VI librodell’Iliade; nel IV secolo Platone fa in più di un luogo riferimento alle Litaiv (le «suppli-che»), e cioè all’ambasceria dei Greci ad Achille narrata nel IX libro dell’Iliade, e definisceΔAlkivnou ajpovlogo~ («racconto ad Alcinoo») i libri IX-XII dell’Odissea; sempre nel IVsecolo Aristotele (Poetica 54b 30; 60a 25) cita ta; nivptra («il bagno»), e cioè l’episodio delriconoscimento di Odisseo da parte della nutrice Euriclea narrato nel XIX librodell’Odissea.L’Iliade non racconta tutta la decennale guerra di Troia (Ilio), come farebbe pensare il tito-lo, ma solo una cinquantina di giorni dell’ultimo anno. Questo tipo di selezione del mate-riale, secondo Aristotele (Poetica 59a 30 ss.), era un pregio che i due grandi poemi aveva-no nei confronti del Ciclo epico che, come si vedrà, tendeva invece a raccontare tutto,senza proporsi un centro narrativo.La prima parola del poema è «l’ira» (mhni~) di Achille: da molti è considerata l’argomen-to del poema, e certo è il centro di quello che sembra essere il suo nucleo più antico. Laguerra scaturisce dall’offesa fatta da Paride, figlio del re di Troia Priamo, al re di SpartaMenelao: poiché Paride ha rapito Elena, moglie di Menelao, Agamennone, fratello diMenelao, raccoglie un esercito e lo conduce in guerra contro Troia, insieme con tutti glialtri principi greci. Dal sommario esposto a pagina seguente restano fuori i concili degli dèi e molti dei loronumerosi interventi nelle battaglie e presso i mortali in generale, i concili dei capi milita-ri, le cosiddette ajristeiai, ovvero le imprese valorose di singoli eroi, come Diomede (V),Agamennone (XI), Patroclo (XVI), Achille (XIX-XXII), ecc. Duelli, ferimenti e morti diguerrieri sono alle volte descritti in dettaglio. Numerose sono le sezioni narrative in qualche modo autosufficienti: la cosiddetta ‘messaalla prova’ dell’esercito, l’episodio di Tersite, il deforme ribelle che insulta i capi achei, e ilcatalogo sia delle navi achee sia dell’esercito di Troiani e alleati (II); la suggestiva rassegnadei capi greci fatta da Elena al suocero Priamo dall’alto delle mura di Ilio (III); l’incontro

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La divisionein libri e le grandiunità narrative

La tramadell’Iliade

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Profilo38

cavalleresco fra Glauco e Diomede (che, pur essendo nemici, scoprono antichi rapporti diospitalità fra le due famiglie, e decidono di scambiarsi le armi invece di combattere) e ilpatetico incontro di Ettore con la moglie Andromaca e col figlioletto Astianatte alle PorteScee (VI); l’ambasceria inviata ad Achille da Agamennone per ottenere la riconciliazione,rifiutata però da Achille (IX); l’episodio di Dolone, il troiano che in una sortita notturnaviene catturato da Odisseo e Diomede e che, rivelata la posizione del re dei Traci Reso purdi aver salva la vita, viene ucciso da Diomede come traditore (X); l’inganno di Era a Zeusper distoglierlo dalla difesa dei Troiani (XIV); la descrizione delle armi di Achille costrui-te da Efesto (XVIII); i giochi funebri in onore di Patroclo (XXIII) e infine Priamo pressoAchille a richiedere il corpo del figlio Ettore (XXIV). Anche se la trama dell’Odissea è più facile da esporre, dal punto di vista della struttura nar-rativa è più complessa. Buona parte del poema è infatti costituita dai racconti fatti ai Feacida Odisseo, che risulta quindi un narratore nell’ambito della narrazione. Inoltre, questoracconto nel racconto si inserisce verso la metà del poema, e sfrutta la tecnica narrativa delflashback per raccontare eventi precedenti al momento attuale.Il poema è uno di quelli che gli antichi chiamavano i novstoi, i «ritorni» degli eroi da Troiain patria: quello di Odisseo è il ritorno più lungo, che dura dieci anni come dieci anni eradurata la guerra di Troia.

Per quanto riguarda le altre opere che gli antichi attribuivano a Omero, si rinvia al capi-tolo 4, ‘Omero minore’.

La tramadell’Odissea

Il poema si apre con la peste suscitata nel campo greco da Apollo, dalla quale i Greci si salvano perchéAgamennone restituisce la schiava Criseide al padre Crise, sacerdote di Apollo. Ma il re, che è un primusinter pares (dotato di pari dignità regale rispetto agli altri re, ma con il comando dell’esercito), vuole comeindennizzo Briseide, che è schiava di Achille, re dei Mirmìdoni. Achille, adirato, cede, ma si ritira dalla lottaai margini del campo: è l’eroe più forte dello schieramento greco, e la guerra dovrà continuare senza di lui.

L’esercito greco e quello troiano si preparano allo scontro. Paride, che alla vista di Menelao è assalito dalterrore, viene aspramente rimproverato dal fratello Ettore e decide perciò di regolare il conflitto affrontan-do in duello Menelao: mentre sta per soccombere, è però salvato da Afrodite (III). Lo scontro tra gli eser-citi riprende (IV).

Dopo alterne vicende, Zeus decide di dare un aiuto concreto ai Troiani per mantenere la promessa fattaa Teti, madre di Achille, di restituire l’onore al figlio facendo sentire tutto il peso della sua assenza (VIII). ITroiani stanno avendo la meglio; perciò Agamennone, che prende addirittura in considerazione la possi-bilità di abbandonare l’assedio di Troia, offre ad Achille la restituzione di Briseide purché egli torni in bat-taglia: ma l’eroe rifiuta sdegnato e annuncia anzi il suo proposito di fare ritorno in patria (IX). I Greci, cheerano comunque riusciti a spingersi fin sotto le mura di Troia, sono costretti alla ritirata (XI).

I Troiani avanzano così fino al muro che difende il campo acheo, lo superano (XII) e arrivano a dar fuocoalle navi (XVI, inizio). Vista la drammatica situazione, Patroclo chiede ad Achille di poter entrare nellamischia con le armi dell’eroe: Achille glielo concede, ma gli proibisce di inseguire i Troiani fino alla rocca.Patroclo disobbedisce ed è ucciso da Ettore (XVI), l’eroe più forte del campo troiano e figlio del rePriamo.

Achille, appresa la morte dell’amico (XVII), vuole tornare in battaglia per vendicarlo e a questo scopoottiene da Efesto delle nuove armi (XVIII). Riconciliatosi con Agamennone (XIX), l’eroe riprende la lotta euccide Ettore in duello (XXII).

Dopo i solenni funerali di Patroclo (XXIII), nell’ultimo libro (XXIV) il vecchio re Priamo si reca di notte, sottola guida di Hermes, alla tenda di Achille per riscattare il corpo del figlio Ettore: Achille, commosso, glielorestituisce e il poema si conclude con i solenni funerali di Ettore a Troia.

libro I

libri II-IV

libri V-XI

libri XII-XVI

libri XVII-XXII

libri XXIII-XXIV

MEMO La trama dell’Iliade

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Omero 39

3. Le tematiche principali

3.1 L’IliadeL’Iliade è per intero il poema della guerra. Tuttavia, anche se la guerra è sempre presente,il poema non è mai monotono, perché della guerra sono trattati aspetti molto vari: armie tecniche, tenzoni di singoli (vedi p. 70, T4) e battaglie di massa, consigli dei capi (e deglidèi, fortemente interessati alla guerra stessa), assemblee dei combattenti (come nel IIlibro), rassegne delle forze in campo (come, sempre nel II libro, per i due eserciti greco etroiano), strategie di assalto e di difesa (che culminano nell’attacco troiano al campo deiGreci fra il XII e il XVI libro). Lo stesso bellissimo episodio dell’inganno amoroso teso da Era al marito Zeus (XIV libro)è uno strumento di guerra: Zeus sta favorendo i Troiani perché i Greci capiscano l’impor-tanza dell’assenza di Achille, in linea con la promessa fatta alla madre Teti di rendere onoreal figlio; ma Era, che vuole sventare il piano del marito divino, chiede aiuto ad Afroditeper sedurlo e al Sonno, Hypnos, per addormentarlo; in questo modo, può organizzare unpiano, al quale fa partecipare Poseidone. È un poemetto all’interno del poema, con quan-to di delicatamente erotico è permesso nell’epos, ma è pur sempre un momento che faparte di una strategia di guerra.

Lo scenario d’apertura è Itaca, patria e regno di Odisseo, dove spadroneggiano i pretendenti, i principiche aspirano alla mano di Penèlope, la fedele moglie di Odisseo. La dea Atena si presenta a Telèmaco,figlio di Odisseo, sotto le vesti del re Mente e lo esorta ad andare in cerca del padre.

Telemaco, protetto da Atena, parte da Itaca su una nave (II) per andare a trovare Nestore a Pilo (III) eMenelao a Sparta (IV), a chiedere notizie del padre. Intanto Odisseo è trattenuto nell’isola Ogigia dalladea Calipso, che finalmente lo lascia partire su una zattera obbedendo all’ordine di Zeus trasmesso-le da Hermes; una tempesta suscitata da Poseidone non impedisce all’eroe di raggiungere la spiag-gia dell’isola dei Feaci (V). Qui Odisseo, in una scena di grande suggestione, incontra la figlia del re,Nausicaa, che era andata con le ancelle alla spiaggia a fare il suo regale bucato e lo conduce con séalla reggia (VI).

Il soggiorno presso i sovrani Alcìnoo e Arète è argomento di sette libri (VI-XII, fino all’inizio del XIII), all’in-terno dei quali si iscrive il racconto (gli ajpovlogoi) con cui Odisseo narra ai suoi ospiti le precedenti pere-grinazioni (IX-XII): il ritorno nella sua interezza ci è così noto attraverso questa lunga digressione in primapersona, che rappresenta un racconto nel racconto. I momenti salienti del viaggio sono le tappe pressoi Cìconi, i Lotòfagi (i «mangiatori di loto»), i Ciclopi e Polifemo (IX); seguono il dio Eolo e il suo otre deiventi tempestosi, i Lestrìgoni, la maga Circe (X); i Cimmèri, la scena di necromanzia e gli incontri con imorti (la cosiddetta nevkuia, XI); le Sirene, Scilla e Cariddi, i compagni di Odisseo che divorano i buoi delSole, la fine dei compagni superstiti nell’annientamento della nave e infine l’approdo di Odisseo, ormaisolo, all’isola Ogigia (XII), dove il racconto si ricollega al suo inizio.

Riprende la narrazione in terza persona: i ritorni paralleli di Odisseo e di Telemaco a Itaca, l’incontro trapadre e figlio e l’accordo per sterminare i pretendenti (XIII-XVI); l’arrivo in città di padre e figlio separatamen-te (XVII-XVIII); il riconoscimento da parte della nutrice Euriclea, che mentre fa il bagno a Odisseo ravvisa unavecchia cicatrice, e l’incontro, ancora in incognito, fra Odisseo e Penelope (XIX); gli ulteriori preparativi perla strage, la gara dell’arco, l’uccisione dei pretendenti, il riconoscimento dei due sposi (XX-XXIII).

Il poema si chiude con una seconda nevkuia, nella quale Hermes conduce all’Ade le anime dei preten-denti, con la visita di Odisseo al vecchio padre Laerte, con la lotta contro le famiglie degli uccisi e conla pace generale sotto gli auspici di Atena (XXIV). Alcuni critici alessandrini avevano proposto di vederein 23,296, che rappresenta il momento in cui Odisseo e Penelope si riuniscono nell’«antico letto», la fineautentica dell’Odissea, perché in quel punto la vera azione del poema, il ritorno, si realizzava compiu-tamente.

libro I

libri II-VI

libri VII-XII

libri XIII-XXIII

libro XXIV

La guerra

MEMO La trama dell’Odissea

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Ma la guerra è il grande tema dell’Iliade soprattutto perché l’aggressività guerriera è vistacome il mezzo principale per affermare la timhv, l’«onore» dell’eroe. Non a caso, la culturaeroica che permea di sé i poemi omerici è stata definita dallo studioso irlandese EricDodds (1893-1979) «civiltà di vergogna», in quanto si fonda sul timore che scaturisce nel-l’eroe dal mancato riconoscimento del proprio statuto eroico da parte della comunità (aquesta cultura è stata contrapposta la «civiltà di colpa», nella quale i criteri della valutazio-ne etica vengono invece interiorizzati e il male viene spiegato come la punizione divina peruna colpa commessa dall’uomo). Pertanto, la guerra è considerata un valore positivo: learmi dell’eroe, i sanguinosi duelli, le schiere dei combattenti, tutto è descritto con unasorta di vera gioia e spesso con smaglianti similitudini naturalistiche. Tuttavia, la guerra è vista anche con l’angosciosa coscienza dei mali che comporta: lodimostrano gli epiteti della parola «guerra», che è «funesta», «crudele», «sanguinosa», ecc.;il pathos con cui sono descritte le morti degli eroi più cari al narratore, come Patroclo,Sarpèdone, Ettore; il dolore del vecchio Priamo per la morte del figlio. Lo stesso Achille èdestinato a una vita gloriosa ma breve; e sia lui sia la madre Teti lamentano spesso questodestino di gloria, che però è al tempo stesso anche destino di dolore e di morte. Oltre alla guerra, nell’Iliade non c’è molto spazio per tematiche diverse, soprattutto perquelle legate alla vita in tempo di pace. La guerra registra infatti una lunga pausa narrati-va solo nella distesa descrizione dei giochi funebri in onore di Patroclo: quasi un interolibro, il XXIII, è dedicato alla corsa dei carri, al pugilato, alla lotta, alla corsa a piedi, allancio del disco, al tiro con l’arco e al tiro del giavellotto. Grazie alla descrizione dello scudo di Achille nel XVIII libro, si introduce nel poema unatematica più ampia. Sullo scudo forgiato da Efesto, infatti, sono rappresentati il cosmointero (vv. 483-608: la terra, il cielo, il mare, il sole, la luna, le stelle, il tutto circondatodall’Oceano) e le attività proprie delle comunità umane sia in guerra sia, soprattutto, inpace: le festività, l’ordinamento giudiziario, l’agricoltura e l’allevamento del bestiame.

3.2 L’OdisseaNell’Odissea la guerra, il grande tema dell’Iliade, è presente solo sullo sfondo, sebbeneanche qui non manchino momenti di violenza, come nell’episodio della strage dei preten-denti (XXII libro). Piuttosto, hanno particolare importanza i motivi geografici, com’èovvio nel racconto del ritorno a casa di un eroe. Al tema del viaggio si aggiungono poi imotivi favolistici, che tradizionalmente sono strettamente connessi alla narrazione delleperegrinazioni e che permettono di instaurare numerosi contatti con la saga degliArgonauti, gli eroi greci guidati da Giàsone che partirono a bordo della nave Argo perandare a recuperare il vello d’oro custodito nella Colchide. Va detto però che è impossibile tracciare una geografia sicura del percorso compiuto daOdisseo, come è stato sottolineato sia dagli studiosi moderni (che hanno fatto molti ten-tativi di identificazione), sia del resto già da alcuni eruditi antichi: Eratostene di Cirene, ilgrande filologo e scienziato del III secolo a.C. che si occupò di geografia omerica, disseche «qualcuno potrà scoprire dove vagò Odisseo se troverà il cuoiaio che cucì l’otre deiventi» (alludendo all’otre del dio Eolo di cui si parla all’inizio del X libro dell’Odissea). Rispetto all’Iliade, nell’Odissea sono poi più numerosi i riferimenti alla vita civile e politi-ca: il matrimonio, l’eredità, il governo, soprattutto nel caso di Itaca, dove la reggia atten-de l’eroe perché riprenda la sua funzione di capo della famiglia e della struttura politica. Già gli antichi notarono alcune differenze culturali tra i due poemi: un bell’esempio è laposizione critica esposta dall’‘Anonimo del Sublime’1, che considera l’Iliade come l’operadella giovinezza e l’Odissea come l’opera della vecchiaia di Omero.

La guerra e la «civiltà di vergogna»

L’altra facciadella guerra

Altri temi: i giochiper Patroclo e loscudo di Achille

Viaggi e vita civile

Le differenze tra i due poemi:l’etica,...

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1. Il trattato Del Sublime, di incerta attribuzione e databile alla prima metà del I secolo d.C., è uno degliscritti più importanti di critica estetico-letteraria a noi pervenuti.

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La rappresentazionedella persona

...le donnee l’amore,...

...la magiae il realismo

Per citare le diversità più evidenti, l’Iliade, pur essendo dominata dagli stereotipi della vitaguerriera, presenta sezioni che infrangono l’intransigenza tipica del codice eroico: nell’ulti-mo libro del poema, al pianto di Priamo per il figlio morto si associa addirittura quello diAchille, l’uccisore, che piange sulla propria sorte e per il proprio vecchio padre Pèleo. Perquesta apertura concessa alla rappresentazione dei sentimenti si è detto che l’ultimo librodell’Iliade è quello che presenta la maggior quantità di elementi culturali ‘odissiaci’, dato chel’Odissea mostra in molti punti una morale più evoluta rispetto a quella iliadica. Nell’Odissea i personaggi femminili sono molto più numerosi (basta pensare a Penelope,Circe, Calipso, Nausicaa, Arete, Euriclea), e l’amore come sentimento viene descritto conun approfondimento maggiore rispetto all’Iliade dove, a parte l’accenno al legame fraEttore e Andromaca nel VI libro, non c’è molto. Nell’Odissea, invece, l’amore coniugalerappresentato dalla coppia Odisseo-Penelope trionfa persino sulle lusinghe di Calipsoche, pur essendo una dea, viene rifiutata da Odisseo che preferisce tornare a casa dallamoglie mortale. Nell’Odissea, inoltre, ricevono maggiore risalto temi che nell’Iliade sono assenti o censu-rati, come per esempio la magia (evidente nel V libro con l’episodio della maga Circe, chetrasforma in porci gli sventurati che raggiungono la sua isola). Questo fenomeno si spie-ga con il fatto che l’Odissea, essendo il poema del viaggio, sede della continua mutazionedi cose e di persone, offre una maggiore varietà di situazioni.Per questo stesso motivo, nell’Odissea si coglie un realismo della narrazione maggiore chenell’Iliade. Un capolavoro di realismo è, per esempio, il racconto della situazione sociale eaffettiva di Nausicaa nel VI libro: la discussione così amabile col padre Alcinoo sulle nozze,la descrizione del bucato regale al quale la principessa si avvia con le sue ancelle, l’incon-tro di lei con Odisseo appena approdato e risvegliatosi dal sonno ristoratore.

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MEMO Le tematiche dei due poemi

Iliade Odissea

guerra viaggi

onore e gloria motivi favolistici

etica della «civiltà di vergogna» vita civile e politica

rappresentazione dei sentimenti (e amore coniugale)

magia

realismo

4. I personaggiI personaggi che si muovono sulla scena dei poemi sono riconducibili a due categorie: gliuomini e gli dèi.

4.1 Gli uominiPer quanto riguarda i personaggi umani, per la loro descrizione l’epos non entra in parti-colari che siano veramente caratterizzanti. Sul piano fisico l’eroe risponde a canoni gene-rici di bellezza e di prestanza, così come la dea e l’eroina sono belle, «dalle bianche brac-cia», ecc. La descrizione accurata si rende necessaria solo nel caso del brutto e del non-eroi-co: di Tersite, che esprime violentemente il suo scontento nei confronti dei capi nel corsodell’assemblea dell’esercito, si dice (Iliade 2,216 ss.) che «era l’uomo più brutto che fossevenuto a Ilio: storto, zoppo di un piede; le spalle curve e ripiegate sul petto; la testa a puntacoperta da una rada peluria» (trad. M.G. Ciani). Nel mondo dell’epos il brutto e l’atipi-

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Gli epiteti: una forma dicaratterizzazione?

La psicologiadei personaggi

La responsabilitàumana

Le reazioni emotive: l’altercoe il pianto

co, il singolare, vengono descritti nel dettaglio proprio perché non rispettano i canonieroici, che sono positivi e tipici.La fissità degli epiteti solitamente associati al nome di un eroe mostra una forma minimadi ‘specializzazione’ del personaggio, del quale vengono messe in risalto alcune attitudini:così Achille è «piè-veloce», Odisseo «dai molti espedienti», Ettore «uccisore di guerrieri» e«domatore di cavalli», ecc. Ma è chiaro che gli epiteti non mirano certo a descrivere uncarattere: se ne facessimo un inventario allo scopo di identificare i tratti fisici o psicologi-ci dei singoli personaggi, non guadagneremmo nulla, perché resteremmo nel vago di qua-lifiche guerriere o di definizioni che riflettono la funzione dell’individuo all’interno delgruppo sociale (re e capo militare, capo della casa e della famiglia, ecc.). Solo raramente nei poemi viene esposto il processo psicologico che porta i personaggi auna decisione o a un’azione, e – quando questo avviene – tale processo è rappresentatonormalmente in termini quasi meccanici, come un intervento dall’esterno, con una fra-seologia del tipo «il dio gli infuse coraggio», ecc. Alcune volte, l’intervento divino è presentato in modo molto dettagliato: al principiodell’Iliade, quando Achille si sente offeso da Agamennone (1,188 ss.), un intenso momen-to d’incertezza (sfoderare la spada o trattenere l’ira) viene risolto dall’intervento di Atenache, visibile a lui solo, lo convince a non ricorrere alla violenza. Ebbene, questo tipo dimeccanismo descrittivo – se così lo si può chiamare – è costante nei poemi. Alcuni studiosi hanno voluto vedere nei continui interventi divini un modo per attenua-re o persino negare la responsabilità umana: Agamennone, quando si riconcilia con Achille(Iliade 19) per l’offesa inflittagli al principio del poema, dice di essere stato accecato daAte, figlia di Zeus, la divinità che fa uscire di senno. Casi del genere non mancano neipoemi, ma d’altra parte in alcuni punti affiora la «civiltà della colpa»: spesso l’uomo èpunito per le sue azioni e lo stesso Zeus afferma con forza la responsabilità umana (Odissea1,32 ss.). Chi vuole trovare coerenza in Omero per questo problema, capitale dell’etica ditutti i tempi, è destinato a restare deluso: c’è, piuttosto, un oscillare fra i due estremi, conl’individuo che da un lato sente il bisogno di temperare il suo senso di responsabilità conqualcosa di superiore a se stesso, e dall’altro, però, non vuole negare del tutto la sua auto-nomia. La descrizione delle emozioni ha un suo statuto espressivo speciale. Sono frequenti le rea-zioni violente, come gli insulti che si scambiano Achille e Agamennone nella lite del I librodell’Iliade e altri eroi in molti altri luoghi: quando poi nel V secolo a.C. i tragediografi pro-porranno sulla scena vivaci alterchi di eroi, resteranno correttamente nella tradizione del-l’epos. Il pianto richiede un discorso più articolato. Achille piange quando si lamenta con lamadre Teti per l’offesa ricevuta da Agamennone (Iliade 1,357): questo ha portato antichie moderni a notare una sorta di primitività fanciullesca nel guerriero impersonato daAchille. Ma il pianto si rivela semplicemente un modo per presentare una reazione ester-na del comportamento, che è messo sullo stesso piano della descrizione – esteriore – delbrillante fulgore prodotto dalle armi dei guerrieri schierati in battaglia. Il pianto causato dal lutto, com’è il caso del pianto di Achille per la morte di Patroclo(Iliade 18,22 ss. all’annuncio, e 23 all’inizio per i funerali), rientra invece nel comporta-mento codificato dalla collettività per il lutto stesso. Altri pianti sono motivati in modo più profondo. Quando Odisseo, nel corso della sua visi-ta ai Feaci, si commuove al racconto di episodi della guerra troiana (Odissea 8,83 ss.), cercadi nascondere il suo pianto coprendosi il volto con il mantello: questa reazione è per noiuna preziosa testimonianza sul comportamento degli eroi, per i quali la commozione e ilpianto – al di fuori del lutto – sono momenti non eroici, e quindi da nascondere. Il narra-tore però non li censura, perché l’umanità dei personaggi, pur filtrata attraverso il codicedel comportamento eroico, non può essere così monca da sfiorare l’inverosimiglianza.

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Restando sempre nell’ambito delle emozioni, è stato detto giustamente che in Omero èassente l’eros, anche se molte sarebbero le occasioni per parlarne (per esempio, gli accop-piamenti nelle storie genealogiche familiari); ma non è assente l’amore, pur dovendosi rile-vare una sostanziale differenza fra l’uomo e la donna per quanto riguarda le loro reazioni.Le donne omeriche sono veramente innamorate dei loro uomini: Nausicaa (nel VI librodell’Odissea) e la dea Calipso (nel V libro) sono innamorate di Odisseo, ma niente fa tra-sparire un analogo sentimento da parte dell’eroe, che pensa piuttosto al ritorno in patria.Il pathos delle commosse parole di addio che Andromaca pronuncia nel VI librodell’Iliade non è del tutto ricambiato da Ettore, perché per lui contano di più l’onore guer-riero, il destino del figlio Astianatte e la sorte della patria. Al rapporto che gli antichi e i moderni vedono fra Patroclo e Achille (dove Patroclo sareb-be l’amante, più maturo, e Achille sarebbe l’amato, più giovane) non si fa nessun accennonell’Iliade. Alcuni hanno visto in questo totale silenzio il segno del fatto che l’amore omo-sessuale sarebbe stato introdotto in Grecia solo più tardi (nel VII secolo a.C.) come istitu-zione sociale con valori etico-educativi. Sembra difficile accettare questa tesi, ma è certoche il silenzio dei poemi non ci aiuta a rifiutarla.

L’eros, l’amoree l’omosessualità

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MEMO La descrizione dei personaggi

elemento finalità

dettagli fisici sono tratteggiati in maniera sintetica, quasi stereotipata

epiteti sono funzionali a una caratterizzazione immediata del personaggio

psicologia è descritta sia con un’attenzione all’influsso divino sui personaggisia con il rilievo posto sulla responsabilità dei singoli

emozioni nella loro descrizione si sottolinea la forza delle reazioni dei singolie si analizza la loro ricaduta, il loro effetto, sul contesto sociale e/o politicoin cui sono inseriti

eros e amore all’assenza dell’eros fa da contrappunto la presenza dell’amore, al quale uomini e donne reagiscono in modo diverso

4.2 Gli dèiGli dèi costituiscono un sistema di poteri e di competenze che, secondo una formulazio-ne di Erodoto (Storie 2,53, vedi p. 33), veniva riconosciuto come opera di Omero e diEsiodo. Ma certamente il sistema divino quale si configura nei poemi omerici risale all’e-poca micenea, come aveva già riconosciuto lo studioso svedese Martin Nilsson negli anniTrenta, prima ancora della decifrazione della scrittura sillabica micenea, la cosiddetta‘lineare B’, a opera dell’architetto inglese Michael Ventris (vedi capitolo 2, p. 32).I dodici dèi dell’Olimpo nominati nei poemi sono Zeus, Era, Poseidone, Atena, Afrodite,Apollo, Artemide, Demetra, Ares, Efesto, Hermes, Dionìso; a loro si aggiunge Ade, ilsignore del mondo dei morti. Compaiono poi molte altre divinità dotate di un ruolominore, come Amfitrite (divinità marina), Hebe (dea della giovinezza), Iride (la messag-gera degli dèi), ecc. Frequenti sono anche le personificazioni, come Thànatos (la morte),Hypnos (il sonno), Oneiros (il sogno), Ate (la dea che acceca e confonde la mente), Eris(la contesa), ecc. Gli uomini rivolgono agli dèi sacrifici e preghiere per ottenere quello che desiderano: ilrapporto con la divinità è infatti scandito da preghiere ricorrenti, che sono tra le formedell’epos in cui si concentra maggiormente il pathos della sofferenza e del desiderio.Tuttavia gli dèi non sono onnipotenti, perché anch’essi sono soggetti al fato: per esem-pio, Zeus tenta invano di sottrarre il figlio Sarpèdone alla morte inflittagli da Patroclo(Iliade 16).

Divinità maggiorie minori

Le preghiere e il fato

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Zeus è comunque il re degli dèi e a lui si rivolgono gli uomini per chiedere giustizia. Ma,come per la responsabilità dell’uomo, anche il senso della giustizia oscilla fra la vendettapersonale, legata all’onore del guerriero, e l’obbedienza a principi riconosciuti comesuperiori. A prescindere dalle implicazioni teologiche e religiose, va precisato che gli dèi omerici for-mano una società chiusa in se stessa e soprattutto simile a quella degli uomini, rispetto aiquali hanno solo il privilegio dell’immortalità e una potenza non confrontabile con quel-la umana. Questo è il cosiddetto antropomorfismo, cioè la rappresentazione delle divinitàcon tratti totalmente umani; una concezione che a volte arriva a consentire una rappre-sentazione fin troppo umano-realistica degli dèi. È quello che accade, per esempio, inoccasione della lite avvenuta nel concilio olimpico (fine di Iliade 1), che si conclude conil «riso irrefrenabile» degli dèi al vedere Efesto zoppo che si muove goffamente fra loro. Eancora una risata, questa volta dei soli dèi maschi (le dee femmine erano rimaste a casa perpudore), chiude l’episodio cantato dall’aedo Demòdoco durante la festa organizzata daiFeaci (Odissea 8,266 ss.), quando gli adulteri Ares e Afrodite furono sorpresi nel talamo eincatenati da Efesto, il marito geloso della dea.In Omero la religione olimpica è già in gran parte razionalizzata (e in questa forma pas-serà alla polis), in quanto i poemi conservano solo poche scorie di quella che era senti-ta come la fase ‘barbarica’ precedente. Nei poemi, infatti, restano solo degli accenni allalotta condotta dalle divinità olimpiche per conquistare il potere; lotta che si concludecon la vittoria di Zeus sul padre Crono e sui Titani, rappresentanti di una religione pri-mitiva e preolimpica. Se dunque rimangono sporadiche tracce di un sistema religiosopiù antico, nell’epos omerico, tuttavia, sono banditi quasi per intero i riferimenti allamagia (che sopravviveranno solo nei culti misterici e nelle varie forme di religionepopolare): qualche residuo interessante delle pratiche magiche si incontra nell’Odissea,sia nell’episodio della maga Circe del V libro, sia nell’evocazione dei morti dell’XIlibro.

5. La natura e la vita quotidianaNei poemi omerici all’ambiente naturale sono normalmente riservati solo accenni fugaci;quando compare, però, la descrizione naturalistica non è mai fine a se stessa. La sede incui si manifesta la presenza della natura sono infatti le famose similitudini, nelle quali ildettaglio descrittivo serve a creare un più efficace richiamo alla situazione narrata (o anchea movimentare il racconto, che altrimenti risulterebbe monocorde). E così la furia guer-riera di un eroe viene spesso paragonata all’impeto rapace di un leone o di un’aquila, men-tre il rivale sconfitto cade a terra come un albero che si schianta al suolo dopo essere statotagliato (Iliade 17,53-69):

Come quando in un luogo solitario dove l’acqua scorre abbondante un uomo cresceuna pianta d’olivo fiorente, una bella pianta vigorosa, coperta di fiori bianchi, chevibra al soffio dei venti; ma all’improvviso una tempesta la sradica da terra e l’abbatteal suolo; così Menelao figlio di Atreo uccise il figlio di Pantoo, Euforbo dalla forte lan-cia, e lo spogliò delle armi.Come quando un leone dei monti, superbo della sua forza, da una mandria che pasco-la rapisce la mucca più bella; e prima le spezza il collo afferrandola con i denti robu-sti, poi la sbrana e ne divora le viscere insanguinate; intorno a lui abbaiano i cani, gri-dano i pastori da lontano e non osano farsi avanti, il livido terrore li coglie; così fra iTroiani nessuno aveva il coraggio di affrontare Menelao glorioso.

(trad. di M.G. Ciani)

Zeus e la giustizia

L’antropomorfismo

La razionalizza-zione: l’assenzadi riti magici

Le similitudini:natura,...

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...vita quotidiana...

...e universofamiliare

Una linguaartificiale

Ma come si può vedere già da questo esempio, la natura non è l’unico elemento che trovaspazio nelle similitudini: anche la vita quotidiana, esclusa dalla tematica guerrescadell’Iliade, viene recuperata in questa sede specifica. E così anche le più umili attivitàumane trovano il loro posto al sole, come quando il fiume Scamandro esce dal suo lettonel tentativo di sommergere Achille e l’onda in piena è paragonata a quella creata dal con-tadino che irriga i suoi campi (Iliade 21,257-264):

Come quando un uomo che irriga dei campi, da una sorgente profonda guida il corsodell’acqua per orti e frutteti e con la zappa rimuove ogni ostacolo; scorre l’acqua, tra-scinando i ciotoli, rapida scorre scrosciando lungo il pendio, e precede colui che laguida; così l’onda del fiume era sempre a ridosso di Achille, benché egli fosse veloce.

(trad. di M.G. Ciani)

Persino il mondo degli affetti familiari e dell’infanzia viene accolto nelle similitudini: è ilcaso di Atena che allontana i dardi da Menelao come una madre allontana una mosca dalfiglio addormentato (Iliade 4,127-131), oppure di Apollo che «abbatté il muro degli Acheisenza sforzo, come un fanciullo sulla riva del mare costruisce per gioco castelli di sabbia eper gioco poi li distrugge con le mani e coi piedi» (Iliade 15,362-364, trad. M.G. Ciani).

6. Lingua e stileLa lingua omerica è una lingua ‘mista’, perché vi si mescolano principalmente due grandiraggruppamenti dialettali, lo ionico e l’eolico. Si tratta quindi di una lingua che gli stu-diosi hanno giustamente definito ‘artificiale’ e che, nella forma in cui si presenta neipoemi, non è mai stata parlata: nell’epos, infatti, la stessa cosa può essere detta in più modima soprattutto in dialetti diversi (come mostrano, per esempio, i dativi plurali in -oi~ ein -oisi, ecc.), il che la rende una lingua letteraria nel vero senso della parola, non desti-nata cioè alla comunicazione quotidiana. Una peculiarità di questa mistione dialettale è che il dialetto dorico in Omero è assente,come ugualmente assenti sono elementi di storia e di cultura riguardanti i Dori (Odissea19,177, dove tra gli abitanti di Creta sono menzionati i Dwrieve~ te tricavi>ke~, i «Doridivisi in tre stirpi», potrebbe essere un’eccezione, ma molti la minimizzano). Secondo ifiloni più diffusi della tradizione, l’invasione dorica risalirebbe al 1104 a.C., cioè aottant’anni dopo la guerra di Troia: i Dori, quindi, non avrebbero preso parte alla spedi-zione perché ancora non erano arrivati in Grecia, e per questo sarebbero i grandi assentidalla scena storico-narrativa dell’epos. Ma i Dori non sono entrati nei poemi neanchedopo, in seguito agli interventi ‘chirurgici’ (interpolazioni, ecc.) spesso operati sul testoomerico: da cosa dipende questa deliberata esclusione? Dal fatto che la fissazione dei con-tenuti dell’epos avvenne in epoca molto antica? Sembra strano perché, come vedremomeglio più avanti, il più recente Medioevo ellenico è largamente presente. Dipende allo-ra da una corretta forma di arcaizzazione, che ha impedito l’intrusione di elementi cultu-rali e linguistici estranei? Questa è una possibilità, ma in realtà il problema non è risolto. Un fenomeno a parte è rappresentato dagli atticismi che, secondo alcuni, dimostrano ilpassaggio del testo omerico attraverso Atene, almeno a partire dal VI secolo a.C.; secondoun’altra posizione critica, si tratterebbe per lo più di semplici fatti grafici. Per esempio, alposto delle forme attiche e{w~-tevw~ (ei{w~-teivw~) sono quasi sempre restaurabili le formeioniche h|o~-tho~; altri casi sono modernizzazioni fonetiche o morfologiche. In conclusio-ne, il testo omerico è certamente passato per Atene, e ciò ha comportato delle conseguen-ze anche sul piano linguistico, sebbene non sia sempre possibile definire con certezza ilpeso degli interventi linguistici introdotti.

L’assenzadei Dori

Gli atticismi

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Sullo stile va detto che l’epos racconta, e che racconta in modo continuato e piano, pre-diligendo la paratassi sia del periodo (l’ipotassi è ammessa di rado) sia della struttura nar-rativa (racconti paralleli). L’ordine delle parole è molto semplice e prevedibile: estrema-mente raro è l’iperbato (e cioè la collocazione a distanza di parole che sono in rapportosintattico tra loro), soprattutto in confronto con la lirica corale (vedi la scheda a p. 427).Questa semplicità e linearità dello stile dipende dal fatto che il destinatario, ovvero l’ascol-tatore della narrazione, doveva poter cogliere ogni particolare del racconto.

L’esametro dattilico

I colae le incisioni

La recitazione ritmica dell’esametro

Lo stile

caratteristiche

artificialità la lingua omerica nasce principalmente dalla commistione del dialetto ionico e letterarietà e dell’eolico

si tratta di una lingua ‘mista’, che non è mai stata destinata alla comunicazione quotidiana

dorismi sono del tutto assenti (così come manca qualsiasi riferimento nei poemiomerici alla storia e alla cultura dei Dori)

atticismi testimoniano di un passaggio del testo omerico attraverso Atene

MEMO La lingua omerica

7. MetricaL’esametro è una sequenza di sei cellule dattiliche (-gg), in cui si ammette l’equivalenzadi una sillaba lunga con due sillabe brevi (- = gg). Questa caratteristica rivela che nel versoè determinante la quantità, cioè la durata delle sillabe, e non il numero delle sillabe che locompongono, come invece accade in molte lingue moderne (l’endecasillabo italiano, peresempio, è definito così proprio perché è formato da 11 sillabe). L’ultima cellula dell’esametro è bisillabica (-g oppure --) per necessità ritmica. L’elemen-to finale di ogni verso, infatti, è sempre lungo, a prescindere dal fatto se sia rappresentatoda una sillaba breve o da una sillaba lunga (e per questo viene definito elemento ‘indiffe-rente’): se la fine del verso fosse costituita da un dattilo -gg, perderebbe la sua dattilicitàperché corrisponderebbe a -g-, ovvero a un cretico. Per questo motivo non è giusto defi-nire l’esametro un verso ‘catalettico’ (che presenta cioè la ‘caduta’ dell’elemento finale, -gin luogo di -gg), come fanno quasi tutti; l’esametro è piuttosto un verso dattilico comple-to, che finisce nell’unico modo in cui può finire un verso dattilico.Al suo interno, ogni esametro si struttura in più cola, cioè in unità ritmiche minime deli-mitate da fini di parola che ricorrono regolarmente in precise sedi del verso e che si chia-mano incisioni o cesure. Nell’analisi metrica vengono segnate convenzionalmente con |,mentre || indica la pausa più marcata, che coincide con la fine dell’intero verso.Facciamo un esempio di analisi ritmico-verbale, esaminando il verso iniziale di ciascunodei due poemi, che si articola in quattro cola. Le cifre indicano la consistenza dei singolicola in more ovvero in durate di una breve; ricordiamo che una sillaba lunga vale due more.

Il. 1,1 Mhnin a[eide, qeav, Phlhi>avdew ∆Acilho~ - g g - g | g- | - -gg - |g g -- || 7 + 3 + 8 + 6

Od. 1,1 “Andra moi e[nnepe, Mousa, poluvtropon, o}~ mavla pollav- g g - g g | - g | g - g g | - g g - g || 8 + 3 + 5 + 8

All’interno del singolo verso i cola non sono uguali dal punto di vista della durata: alcunisono molto brevi (3 more), altri ben più lunghi (7 o 8 more). Tuttavia, nella resa sonora icola venivano riequilibrati perché un colon breve era recitato più lentamente di uno lungo,che era invece affidato a una resa più rapida, quasi affrettata. Pur nella loro varietà interna, gli esametri ripetuti uno dopo l’altro producevano

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L’antichità dell’esametro

La formularitàcome fattodi stilizzazione

un’impressione di uniformità. Ne risultava un verso – monotono ma anche variato –adatto alla recitazione, che si realizzava nel modo che nella nostra terminologia musi-cale si chiama recitativo (parakataloghv), e cioè una recitazione intonata e accompa-gnata da uno strumento (a corda, la fovrmigx epica, strumento che poi si evolverà nellakiqavra e nella luvra); diversamente, la lirica prevedeva musica piena e canto spiegato(vedi p. 209). L’esametro omerico rispetta solo due grandi leggi ritmiche: il divieto di esatta divisione indue (divieto di … 3 gg | ..., e cioè divieto di pausa dopo il terzo dattilo) e il ponte diHermann (divieto di ... 4 g | g ..., e cioè divieto di pausa dopo la prima breve del quartodattilo). Queste due leggi hanno una loro ragione ritmica ben precisa: la prima evita ladivisione del verso in due parti uguali, il che genererebbe monotonia; la seconda evital’impressione che dopo quattro dattili il verso sia finito. Se nei poemi queste due leggi ven-gono così costantemente rispettate, se ne deve necessariamente dedurre che l’esametroomerico è un verso già molto evoluto con una sua lunga elaborazione ritmica alle spalle,e che la sua storia non può essere cominciata solo nell’VIII secolo a.C., al momento degliinizi della fissazione scrittoria.

8. FormularitàUna caratteristica dell’epos sono le formule, cioè quei nessi verbali che si ripetono nella stes-sa sede del verso oppure interi versi ripetuti. Il grado minimo della formula è rappresentatodal semplice epiteto, cioè l’aggettivo che qualifica un personaggio (come il patronimico«Pelide» per Achille) o un aspetto della realtà (come l’aggettivo «nero» per caratterizzare lenavi). A un grado medio di formularità si colloca l’espressione formulare che abbraccia l’inte-ro verso o parte di esso (come «e a lui/lei rivolse alate parole» per introdurre un discorso diret-to). A un grado massimo si collocano poi i discorsi ripetuti o le cosiddette ‘scene tipiche’, incui interi blocchi di versi vengono riprodotti senza sostanziali modificazioni.

grado minimo epiteto (= aggettivo che qualifica un personaggio o un dato aspetto della realtà)

grado medio espressione formularegrado massimo discorsi ripetuti

‘scene tipiche’

MEMO I diversi gradi della formularità

La formularità non è funzionale al realismo descrittivo, ma prova semmai una forte ten-denza alla tipizzazione. Così, quando nei poemi troviamo 22 volte il verso singolo h\mo~d jhjrigevneia favnh rJododavktulo~ ∆Hwv~, «quando sorse Aurora figlia del mattino dalledita di rosa», il verso serve a uno scopo narrativo ben preciso, e cioè semplicemente a evo-care il sorgere di un nuovo giorno. La stilizzazione epica arcaica non ha bisogno di altro:non c’è nessuna necessità di descrivere un particolare e singolo tipo di aurora (come inve-ce farà Apollonio Rodio in età ellenistica). Lo stesso avviene quando si deve introdurre un personaggio che parla o risponde: il siste-ma è flessibile, in modo da adattarsi a una certa gamma di nomi propri. Per «(così) disse»,per esempio, ci sono ben sei formule iniziali di verso con vario valore metrico, e per «alui/a lei rispose» ce ne sono due. La scelta fra le diverse formule possibili è determinata dalnome proprio che segue, normalmente accompagnato da un epiteto. Per due nomi propricon epiteto citiamo, in fine di verso, due frequenti formule per Achille e Odisseo: povda~wjku;~ ∆Acilleuv~ «Achille piede rapido» (31 volte) e poluvtla~ dio~ ∆Odusseuv~ «il pazien-te divino Odisseo» (38 volte).

La flessibilitàdel sistemaformulare

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9. Fortuna dei poemi omericiLa fortuna di Omero nel mondo greco richiederebbe un discorso dettagliato, perchéOmero non è tanto il fondatore della lingua letteraria nel senso in cui lo furono per noi igrandi autori del Trecento toscano, ma è quella lingua letteraria stessa. Non che i Greciscrivano tutto in lingua omerica, ma Omero sarà sempre, quanto alla lingua, il punto dipartenza da cui misurare la maggiore o minore distanza dei singoli stili praticati nei diver-si generi letterari. Per quanto riguarda l’immensa fortuna che Omero ebbe nelle altre letterature, i Romanimostrano di apprezzare Omero proprio in conseguenza del rilievo che i poemi avevano giàin ambiente greco: è una fortuna in qualche modo non autonoma, bensì legata alla fortu-na del genere epico in se stesso, nell’ambito del quale i due poemi omerici detengono ilprimato assoluto.La letteratura latina comincia nel III secolo a.C. con un traduttore dell’Odissea in versosaturnio, Livio Andronico. Dopo di lui, Nevio, Ennio e soprattutto Virgilio consideranoi poemi omerici come modello da seguire. Virgilio, in particolare, arriva a concepirel’Eneide nei termini di una sintesi dei due poemi: la prima metà è un’Odissea, con i viag-gi di Enea, mentre la seconda è un’Iliade, con le guerre nel Lazio. Per una fortuna di Omero che non sia semplicemente fortuna del genere epico veico-lata da Virgilio bisogna aspettare l’Umanesimo e la ripresa degli studi greci: Petrarcapossedeva Omero ma non poteva leggerlo; per Boccaccio Leonzio Pilato approntò unatraduzione in prosa latina (e da allora si susseguirono numerose traduzioni di Omerosia in versi sia in prosa). La letteratura cavalleresca si ispira a materiale epico ripresotanto dalle epiche medievali nazionali quanto da Omero. Il razionalismo del XVII e delXVIII secolo segna invece un periodo di lunga sfortuna del genere epico.La rinascita dell’interesse per l’epica, sentita come espressione di voce popolare e pri-migenia, è tipica del Romanticismo fin dalle sue fasi iniziali, specie in Inghilterra e inGermania, e da questo momento in poi non è facile separare un tale interesse dallo stu-dio storico-filologico di Omero. Tuttavia, la fortuna di Omero nel mondo modernonon è confrontabile con quella che ebbe nel mondo antico: la funzione educativa delgenere epico e la conseguente utilizzazione di modelli epici sono fatti peculiari del

Roma

L’età moderna

PER APPROFONDIRE

La lingua omerica

La lingua omerica è un amalgama molto complesso,data la compresenza di forme riconducibili a più dia-letti, e cioè lo ionico, l’eolico e l’attico. Di seguito rias-sumiamo gli aspetti principali, senza ovviamente pre-tendere di fornire un’analisi completa ed esaustiva deinumerosi problemi presentati dalla lingua omerica (ilrichiamo all’attico ha qui il solo scopo di orientare lostudente verso la forma a lui più familiare).Fonetica Dal punto di vista fonetico:a. a lungo originario passa sempre a h, per es. Troivh

(att. Troiva);b. le contrazioni spesso non sono ancora avvenute, per

es. a[lgea (att. a[lgh);

c. alcune consonanti possono apparire sia semplici siageminate, per es. ∆Acil(l)euv~, sthvqes(s)i,tovs(s)o~;

d. al posto di p iniziale si può trovare pt, per es. ptov-li~ (att. povli~) e ptovlemo~ (att. povlemo~).

Morfologia nominale Per quanto riguarda i sostanti-vi delle tre declinazioni (e gli aggettivi):e. il genitivo singolare dei temi maschili in -a esce

spesso (non contratto) in -ao o in -ew (att. -ou), peres. ∆Atrei?dao e Phlhi>avdew;

f. il genitivo plurale dei temi in -a esce spesso in -avwno in -evwn (att. -w`n), per es. pulavwn;

g. il dativo plurale dei temi in -a esce spesso in -hÛsi o

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La genesi e la composizione dei poemi2.

mondo antico, né si può dire che il romanzo, fra il Settecento e l’Ottocento, abbia pre-sente l’esperienza dell’epos. Ma in questo veloce panorama non si può tacere di qual-che voce contemporanea, come per esempio l’Ulisse di James Joyce, che in un elabora-to spazio di continui richiami metaforici e allegorici unisce forma epica omerica eforma-romanzo.

I poemi comecreazione collettiva

Omero secondogli antichi

La redazionepisistratea

-hÛ~ (att. -ai~), per es. prwvthÛsi quvrhÛsin, koivlhÛ~ ejpi; nhusivn;

h. il genitivo singolare della declinazione tematica esceanche in -oio (att. -ou), per es. polevmoio, Tenevdoio;

i. il dativo plurale della declinazione tematica escespesso in -oisi(n) (att. -oi~), per es. Danaoi`sin;

l. nella declinazione atematica il dativo plurale in -es-si originario dei temi in -es- viene applicato frequen-temente anche a temi diversi, per es. a[ndressin(att. ajndravsi) e oji?essi (att. oijsiv) e viene persinoriapplicato agli stessi temi in -es-, per es. leceves-si (att. levcesi), ejpevessin (att. e[pesi);

m. in alcuni temi in vocale o dittongo la metatesi diquantità non è ancora avvenuta, per es. povlho~(att. povlew~), ∆Acilh`a (att. ∆Acilleva).

Per quanto riguarda i pronomi:n. quello che in seguito verrà usato come articolo de-

terminativo (oJ, hJ, tov) in Omero è ancora quasisempre pronome dimostrativo; il nominativo singo-lare maschile compare nella forma o{~ prima di par-ticelle come rJa, dhv ecc.

Morfologia verbale Quanto ai verbi:o. spesso l’aumento è assente, per es. trevfon (att.

e[trefon), e[san (att. h\san);p. l’infinito dei verbi atematici presenta spesso l’usci-

ta (eolica) in -menai, per es. diexivmenai (att. diexiev-nai), e[mmenai (att. ei\nai); a volte la stessa uscitasi applica anche ai verbi tematici, per es. ojarizevme-nai (att. ojarivzein).

Un discorso a parte merita il fenomeno tradizionalmen-te chiamato ‘distrazione omerica’, dievktasi~ o «allun-gamento» per gli antichi. Si tratta di casi come ijdevein(att. ijdei`n < ijdeven), pamfanovwsa (< pamfanaou`sa)e dhriovwnto (< dhriavonto).

1. La ‘questione omerica’Dall’analisi condotta nelle pagine precedenti si deduce molto chiaramente che i poemiomerici sono opere molto complesse sia sotto il profilo contenutistico e tematico, sia dalpunto di vista linguistico e metrico. Il prodotto finale può essere paragonato a un compo-sto chimico irreversibile, e cioè un composto dal quale non è possibile risalire, isolandoli,ai singoli elementi che lo costituiscono. In una situazione del genere l’intervento di uno opiù autori è difficilmente identificabile: sembra più logico parlare di una creazione collet-tiva, piuttosto che di un’opera individuale.Del resto, abbiamo varie testimonianze del fatto che già nel mondo antico la figura diOmero come autore dei due poemi rappresentava un problema storico e critico, oggicomunemente chiamato ‘questione omerica’. Alcuni, come i due grammatici Xenone edEllanìco (II secolo a.C.), sostenevano che l’Iliade e l’Odissea fossero da attribuirsi a dueautori diversi (tale corrente veniva detta dei cwrivzonte~, e cioè dei «separatori»); altriancora ritenevano, per esempio, che il X libro dell’Iliade (la cosiddetta Dolonìa) fosseun’aggiunta posteriore.Ma c’era anche un’altra posizione storico-critica, di molto anteriore, – ne troviamo testi-monianza nell’Ipparco pseudo-platonico, in Cicerone, in Pausania, in Flavio Giuseppe –,che dimostra un approccio diverso al problema, incentrato sull’opera piuttosto che sul suoautore. Nel VI secolo a.C. Pisistrato, tiranno ateniese, avrebbe fatto riunire insieme in un

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unico corpus i canti epici di Omero tramandati fino ad allora in ordine sparso; lo scopoera quello di creare un’edizione ‘nazionale’, adatta alle recitazioni dei poemi in occasionedella festa ateniese delle Panatenee. I due orientamenti antichi dimostrano una certa difficoltà a considerare i poemi sia comel’opera di un unico autore, sia soprattutto come un’opera unitaria in sé e per sé. In effet-ti, la tematica trattata non è frutto di una selezione personale: è un’intera cultura che sirispecchia nei poemi, con le sue componenti religiose, civili, guerresche e le sue istituzio-ni, presentando una vasta gamma di reazioni individuali alle sollecitazioni della vita. Nona caso, i poemi omerici sono stati definiti «libro di cultura» esattamente come la Bibbia:un libro collettivo in cui si rispecchia un’intera civiltà e nella cui stesura è possibile trova-re l’eco di più voci autoriali di epoche diverse. Qualcuno potrebbe obiettare che il fatto di essere un «libro di cultura» potrebbe nonbastare a fare dell’epos omerico l’opera di una collettività: anche la Divina Commedia

PER APPROFONDIRE

Le varie tappe della ‘questione omerica’Le prime fasi moderne della ‘questione omerica’L’impostazione della ‘questione omerica’ si delinea tra lafine del Seicento e la fine del Settecento a opera di varistudiosi. Nel 1664 (ma l’opera fu pubblicata postuma nel 1715)François Hédelin abate d’Aubignac sostenne la tesi cheOmero non era mai esistito e che i poemi erano il risulta-to di una redazione. Nella Scienza nuova (la cui ultima edi-zione è del 1744) Giambattista Vico affermò che la com-posizione e la trasmissione dei poemi erano state orali, eche Omero non era una persona, bensì il simbolo dellafacoltà storico-narrativa di un popolo. Nel 1769 RobertWood, mettendo a frutto la sua curiosità antropologica diviaggiatore nel mondo egeo (dove aveva osservato l’attitu-dine narrativa e la vivace gestualità della gente), dedusseche i poemi erano stati composti e pubblicati oralmente. Ma il vero salto di qualità nella critica omerica si ebbe coni Prolegomena ad Homerum di Friedrich August Wolf (1795),che aveva studiato gli scolî del manoscritto VenetoMarciano A dell’Iliade, pubblicati pochi anni prima(1788). Grazie a questa preziosa riserva di testimonianzesull’attività filologica degli alessandrini, Wolf poté impo-stare per la prima volta la storia di un testo nella sua fase

antica, nel nostro caso da Pisistrato agli alessandrini. Quantoall’origine dei poemi, Wolf sostenne che non potevano esse-re stati composti da una sola persona, ma dovevano esse-re una serie di canti trasmessi oralmente e infine raccoltinella redazione pisistratea. La critica analitica... La posizione maturatasi con Wolfportò tutta la critica omerica successiva a tentare di indi-viduare, analiticamente, i vari ‘autori’ dei poemi, che veni-vano immaginati come opere moderne composte informa scritta. E così, secondo alcuni (G. Hermann, 1772-1848), i poemi si sarebbero sviluppati a partire da unnucleo originario (per l’Iliade l’‘ira’ di Achille); secondoaltri (Lachmann, 1793-1851), l’Iliade sarebbe il risultatodell’aggregazione di canti originariamente isolati; altriancora elaborarono la teoria della compilazione, secondocui vari rielaboratori e redattori avrebbero ripreso e inte-grato materiale preesistente. Nel XX secolo il più influen-te seguace e perfezionatore di questa teoria fu Ulrich vonWilamowitz-Moellendorff (1849-1931), che propose unagenesi articolata in più fasi: Omero avrebbe raccolto e rie-laborato canti tradizionali organizzandoli intorno a untema; successivamente, sarebbero state aggiunte nuovesezioni di varia estensione.

I poemi come«libro di cultura»

le tendenze critiche le linee interpretative

Xenone, Ellanico i poemi omerici sono opera di autori diversi

Ipparco pseudo-platonico, Cicerone i poemi omerici sono il frutto della riunificazione Pausania, Flavio Giuseppe di un corpus di canti epici nell’Atene di Pisistrato

una parte della critica moderna i poemi omerici sono un «libro di cultura», contenitore delle tradizioni di un’intera civiltà e modello per le generazioni future

MEMO La ‘questione omerica’

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L’approccioantropologicoai poemi

T33

La critica analitica ha analizzato soprattutto le incon-gruenze in campo narrativo-compositivo (i cosiddetti‘scandali analitici’), considerate prova del sovrapporsi dipiù personalità poetiche. Un caso clamoroso ed esemplare è quello di un guerrie-ro che muore e risuscita (Pylaimènes: Iliade 5,576;13,658).Un altro caso è l’ambasceria inviata ad Achille da Aga-mennone (Iliade 9): gli eroi che la compongono sono tre,Fenice, Odisseo e Aiace, ma da un certo punto in poi leforme nominali e verbali che designano l’ambasceriasono duali: sembra che Fenice sia temporaneamentescomparso, sebbene riappaia più tardi con un discorsodi fondamentale importanza rivolto ad Achille. ...e la critica unitaria Ma osservazioni esegetiche altret-tanto preziose le dobbiamo anche alla corrente cosiddettadegli ‘unitari’ che vedono all’opera un autore unico, e pre-cisamente Omero. A questo scopo, vengono valorizzatitutti gli indizi di unità, primi fra tutti gli espedienti com-positivi che strutturano la narrazione, evidenti soprattut-to nell’Odissea, e gli innegabili richiami a distanza da unasezione all’altra dei poemi.Molto influenti furono W. Schadewaldt nella prima metàdel XX secolo e A. Lesky fino ai nostri giorni. Tuttavia, inloro operava un concetto dell’unità dell’opera che, discu-tibile per la maggior parte della letteratura greca arcaica,era meno che mai utilizzabile per la poesia epica.

La teoria oralistica Malgrado l’originaria impostazionedi Wolf, che avrebbe dovuto portare a un’indagine di tipoantropologico, nell’Ottocento gli studi omerici si svilup-parono soprattutto nel campo della filologia. Il filoneantropologico fu valorizzato solo più tardi, a cominciaredal 1928, anno in cui l’americano Milman Parry pubblicòa Parigi le sue due tesi di dottorato sull’epiteto tradiziona-le e sulla metrica dell’esametro.Parry aveva studiato in loco i cantori di gesta slavi meridio-nali, che ancora agli inizi del Novecento recitavano senzaservirsi di testi scritti. Sulla base di questo confronto, lostudioso inaugurò un approccio nuovo all’epica greca,vedendola in una situazione culturale completamentediversa dalla nostra e in qualche modo simile a quella chesi trovò a studiare sul campo: il poema epico concepito epubblicato (cioè recitato) in assenza di scrittura. Parry riconobbe la funzione svolta dalla fissità di alcuninessi, versi o gruppi di versi, che si ripetono continuamen-te e che egli definì ‘formulari’: si trattava di strumenti fissiche aiutavano l’aedo al momento della recitazione, affidataalla voce e alla memoria, senza l’ausilio di un testo scritto.Fino a oggi questo tipo di approccio si è arricchito di tuttoquello che può rientrare nell’accertamento del ‘tipico’(comprese le intere scene ripetute, dette ‘scene tipiche’), e sipuò dire che con il riconoscimento della tecnica formularela vecchia ‘questione omerica’, che andava alla ricerca diindividualità specifiche, ha perso molto del suo mordente.

vuole essere la summa di una cultura, eppure è opera di un singolo autore. Ma neipoemi le spie di una collaborazione distribuita nel tempo sono tante: le istituzioni civi-li e militari, per esempio, non sono quelle di un’epoca sola; e per di più la composizio-ne orale, accertata sia dalla comparazione con le epiche di altre culture sia dall’esameinterno, fa sì che la creazione dei poemi superi di molto l’arco di vita e l’attività di unsingolo autore.

2. L’«enciclopedia tribale»Il progressivo affinamento del metodo antropologico ha fornito strumenti critici nuovianche per l’interpretazione dei poemi omerici, e ha consentito di abbandonare le secolaridispute sulla paternità dell’opera. In tempi più recenti, infatti, questo filone di studi hariconosciuto nell’Iliade e nell’Odissea il deposito dei valori di una o più culture, e ha con-siderato i poemi come l’«enciclopedia tribale» dei Greci, secondo una fortunata definizio-ne dello studioso americano Eric Havelock (1903-1988), cioè come il testo depositario delsapere di un’intera civiltà. Esemplare in tal senso è la descrizione dello scudo di Achille nelXVIII libro dell’Iliade, una specie di succinto breviario nel corso del quale sono rievocatesituazioni di guerra e di pace.Poiché l’«enciclopedia» omerica tratta di valori che interessano il gruppo nella sua totalità,è importante sottolineare l’ecumenicità dei destinatari: il pubblico della recitazione dell’e-pos è tutta la collettività, che nella cultura epica si sente coinvolta: non c’è membro dellacomunità che non possa e non debba essere raggiunto dalla comunicazione dell’epos.

L’ecumenicitàe la tipicità

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È per questo che la principale caratteristica dei temi epici è la loro tipicità, che si estendeanche alla rappresentazione della psicologia dei personaggi: non a caso, si tende a descri-vere gli aspetti psicologici che tutti possono osservare e che rivestono un interesse colletti-vo, e si trascurano invece i risvolti più intimi e privati. Tale tipicità, che è poi alla base dellevarie forme di stilizzazione epica, è diretta a interessare tutti i componenti del gruppo rag-giungibili dalla voce di chi recita nella narrazione epica, la quale è una vera e propria cele-brazione appunto perché in essa si esaltano i valori considerati positivi di quella cultura incui l’intera collettività si riconosce. L’epos è dunque il luogo della lode: la violenta lite fraAchille e Agamennone (Iliade 1) e la presentazione del diverso e non eroico Tersite (Iliade2) sono solo eccezioni che confermano la regola.

I poemi cometestimonianzadi oralità

Indizi di oralità

Composizione,pubblicazione,trasmissione

«enciclopedia tribale» i poemi omerici sono depositari del saperee delle tradizioni di una civiltà intera

ecumenicità i poemi omerici sono destinati a tutta la collettività

tipicità i poemi omerici descrivono personaggi e fattisottolineando gli aspetti di rilievo per tutta la comunità

MEMO Definire i poemi omerici: le parole chiave

3. I poemi omerici tra oralità e scritturaStabilita la natura dei poemi omerici dal punto di vista dei contenuti, resta ora da capirein che modo siano stati composti. All’inizio di questa sezione (p. 45) si è fatto riferimen-to alla composizione orale dei poemi: un lungo processo che ha richiesto secoli di elabo-razione prima di giungere alla forma che noi leggiamo oggi, quella che a un certo momen-to venne fissata mediante la scrittura.Uno sforzo che i poemi omerici ci chiedono è quello di avvicinarci a essi dimenticando ilnostro abituale atteggiamento storico-letterario: queste opere sono composte, pubblicatee trasmesse in un modo non usuale per noi e completamente diverso dalla prassi moder-na. In particolare, i due poemi omerici furono:

1. composti oralmente, senza l’ausilio della scrittura; 2. pubblicati attraverso una recitazione orale davanti a un pubblico di ascoltatori

(quella che chiameremo pubblicazione ‘aurale’, e cioè destinata all’orecchio); 3. trasmessi dapprima oralmente, poi per iscritto.

3.1 L’oralità Quando si parla di ‘oralità dei poemi omerici’, bisogna fare due precisazioni preliminari.Innanzitutto, nella prima fase compositiva per ‘oralità’ si intende oralità integrale ovvero pri-maria, e cioè la composizione senza il tramite della scrittura. In secondo luogo, per ‘poemi’si intende non il testo che abbiamo di fronte, ma tutti i suoi stadi anteriori, che dovevanoessere integralmente orali e certo più abbondanti e ricchi di varianti narrative ed espressive:le redazioni scritte sono venute dopo. In altre parole: i poemi non sono un documento di ora-lità – il che sarebbe stato possibile solo con i mezzi moderni di registrazione del suono – mauna testimonianza di oralità, perché li abbiamo di fronte a noi come un testo scritto. Il valore dei poemi come testimonianza di poesia orale lo ricaviamo da una serie di indiziinterni. Innanzitutto il metro: l’esametro (vedi p. 46), con la sua regolarità ritmica, è ilsegno di una lunga elaborazione orale. In secondo luogo la formularità, che è un forteindizio di composizione orale, non solo nel senso più banale di fornire un aiuto alla memo-ria del cantore, ma anche in quanto strumento compositivo più ampio della parola e aiutoall’orientamento dell’ascoltatore.

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PER APPROFONDIRE

Epiche a confrontoDa Gilgamesh al Cid Una fase orale di composizionee di trasmissione per la poesia epica è testimoniata an-che dalla comparazione con culture simili a quella gre-ca prearcaica. Si possono qui ricordare il Gilgamesh, eposmesopotamico che risale a una tradizione orale del III mil-lennio a.C. e a tradizioni scritte a partire dal XVIII se-colo a.C.; il Beowulf, poema di tradizione anglosassone

datato all’VIII-XI secolo; l’Edda, raccolta di carmi nor-reni composti per gran parte in Islanda e risalenti al X-XIII secolo; la Chanson de Roland, la più famosa canzo-ne di gesta del Medioevo francese con redazioni dal XIIsecolo in poi; il Nibelungenlied, poema epico di area te-desca meridionale composto nel XIII secolo; il Cid, poe-ma cavalleresco spagnolo risalente al XII-XIV secolo.

Un problema di date

Nei poemi siparla di scrittura?

3.2 Il problema della scritturaUna prova dell’oralità originaria dei poemi viene anche dalla storia della scrittura inGrecia. Per assegnare fin dall’inizio la composizione dell’epos alla tecnica scrittoria biso-gnerebbe supporre che la materia epica abbia preso forma solo dopo l’introduzione dellascrittura alfabetica, e cioè verso la metà o la fine dell’VIII secolo a.C., e per di più in unperiodo piuttosto breve: già nel VII secolo a.C. Esiodo e Archiloco, che fanno uso dellascrittura, mostrano di avere i poemi omerici nel loro patrimonio poetico. Ora, una cosìtardiva nascita dell’epos, redatto subito per iscritto, sembra improbabile, perché la memo-ria della cultura e degli eventi del passato si sarebbe dovuta conservare in un’ipotetica vesteformale diversa per prendere poi in breve tempo forma esametrica e scritta. Ma l’esametroomerico, come abbiamo visto (p. 47), è frutto di una lunga elaborazione e di un perfezio-namento ritmico che è concepibile solo nell’arco di un ampio periodo di sviluppo: l’esa-metro, e insieme con esso l’epos, è dunque più antico della scrittura. Inoltre, la menzione della scrittura nei poemi sembra essere o molto scarsa o addiritturanulla. I passi che normalmente vengono citati sono due: uno è il sorteggio dei guerrieriachei per la singolar tenzone con Ettore (Iliade 7,175 ss.), in cui i nomi (o i simboli) ven-gono posti nell’elmo di Agamennone; l’altro è il messaggio affidato a Bellerofonte da Preto(Iliade 6,168 ss.) con i «segni funesti» (shvmata lugrav) che devono portare l’eroe a essereucciso. Già gli alessandrini non avevano considerato queste come testimonianze di vera epropria scrittura: infatti, anche stando alla terminologia, i due passi dovevano riferirsi asimboli figurativi, e non a segni sillabici o alfabetici. Sembra proprio che dall’immagina-rio dell’epos la scrittura sia assente: un altro forte indizio a favore dell’originaria oralità deipoemi.

3.3 La mistione di oralità e scritturaAlcune spie linguistiche rivelano il graduale passaggio dalla fase orale a un’ulteriore elabo-razione compositiva condotta direttamente per iscritto: sono la frequente violazione dellaformularità e i fatti linguistici recenti. In sezioni come la cosiddetta Eneide (e cioè l’aristìadi Enea, Iliade 20,75-352) e nella Dio;~ ajpavth (l’«inganno di Era a Zeus», Iliade 14,153-351) ci sono innovazioni linguistiche accanto a violazioni della formularità: sembra pro-prio che si tratti di sezioni rielaborate in età scrittoria, con voluti richiami a distanza secon-do i modi della letteratura posteriore. E proprio passi come questi dimostrano efficace-mente come i poemi omerici siano un composto chimico che non si può risolvere nellesue componenti, essendo ormai irreversibile l’amalgama.

La rielaborazionescritta: le spielinguistiche

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Un’altra prova di interventi elaborati non nella fase orale, ma direttamente con l’ausiliodella scrittura, è data dalla presenza di tratti linguistici più recenti all’interno di sezionisicuramente antiche: per esempio, nelle sezioni che vengono ricondotte dai critici alnucleo dell’‘ira’ di Achille possiamo incontrare fatti linguistici o anche dati storici piùrecenti. Del resto, è logico che la fama raggiunta da alcune sezioni narrative le abbia espo-ste a interventi e rimaneggiamenti più o meno estesi: proprio l’uso frequente (che ha signi-ficato una moltiplicazione di pubblicazioni e di trasmissioni) ha esposto questi testi a cor-ruzioni di vario tipo.Anche gli elementi storici e sociali a cui si allude nei poemi mostrano la stratificazione direaltà appartenenti a epoche diverse, e quindi corrispondenti a fasi compositive diverse. All’età micenea si possono ricondurre, per esempio, il grande scudo di Aiace che copretutta la persona, la spada con chiodi d’argento (favsganon ajrgurovhlon è formula fre-quente, vedi in miceneo pa-ka-no, «spada», e a-ku-ro, «argento») e l’elmo con zanne dicinghiale (Iliade 10,261 ss., in un libro già dagli antichi considerato tardo!). Al Medioevoellenico risale invece l’uso di cremare i cadaveri. In tutti questi casi si tratta di oggetti eusanze che appartengono a un’epoca senza scrittura (il Medioevo ellenico) o in cui lascrittura non sembra essere stata usata a fini letterari (l’età micenea, vedi p. 24): la loropresenza nei poemi può quindi essere garantita solo da una lunga fase compositiva di tipoorale.Al tempo stesso, però, in altri passi dei poemi compaiono fatti che rimandano a momen-ti storici successivi all’introduzione della scrittura. Secondo alcuni, per esempio, ilCatalogo delle navi nel II libro dell’Iliade presenterebbe una geografia della Grecia propriagià dell’epoca arcaica (altri ritengono però che esso rispecchi la situazione geografica epolitica dell’epoca micenea). Possiamo inoltre affermare che sono recenti i versi suSalamina (Iliade 2,557 s.), già riconosciuti dagli antichi come interpolazioni attiche desti-nate ad affermare l’atticità dell’isola, contesa con Megara e a Megara tolta ai tempi diSolone. Interventi di questo tipo, di cui è stata responsabile la redazione pisistratea (vedip. 49), mostrano che i poemi hanno continuato a crescere su se stessi anche in epoca scrit-toria, e cioè dopo l’VIII secolo.

oralità scrittura

le fasi composizione fissazione

pubblicazione (pubblico di ascoltatori) composizione

trasmissione trasmissione

gli indizi alto livello di elaborazione innovazioni linguistichedell’esametro omerico

formularità violazioni della formularità

convivenza, nelle medesime sezioni narrative, di elementi storici recenti con dati storico-sociali riconducibili a epoche precedenti

MEMO Oralità e scrittura nei poemi omerici

...e una realtà (recente)di epoca arcaica

4. L’aedo: una figura in evoluzione4.1 L’aedo omerico e il suo pubblicoFinora abbiamo precisato la tecnica compositiva dei poemi: ma che statuto avevano nellacultura eroica gli aedi, ai quali era affidato il delicato compito di comporre e trasmetterele gesta eroiche?

Elementi nuoviin sezioni antiche

Una realtà(antica)micenea...

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L’aedonell’Odissea:un poeta di corte

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Le doti divinedell’aedo

L’Odissea è la nostra fonte principale per la figura del cantore dell’epoca creativa e orale.Femio, l’aedo degli Itacesi, e Demòdoco, l’aedo dei Feaci, sono i primi che conosciamo;lo stesso Odisseo, che racconta i suoi viaggi, riceve dal re Alcinoo il complimento di avernarrato «come un aedo» (Odissea 11,368).Gli aedi di cui parlano i poemi omerici operano inizialmente nell’ambiente di una cortenobiliare e trovano nel ristretto pubblico dell’‘aristocrazia di palazzo’ il loro destinatarioprivilegiato. Questo spiega perché la figura del cantore professionista, pressoché assentenell’Iliade, che è un poema ambientato in uno scenario di guerra, sia invece ben rappre-sentata in un epos come quello odissiaco, così ricco di momenti tratti dalla vita delle corti. Presso la corte l’aedo svolge anche un ruolo politico, come dimostra l’anonimo aedo diAgamennone (Odissea 3,267-272) lasciato in patria con funzioni quasi di sovrintendentee di sorvegliante della regina: una specie di ministro.L’attività dell’aedo, ossia la sua capacità di conoscere le oi[ma~ pantoiva~, «le molteplici viedel canto», si configura come una dote di origine divina, una capacità che un dio o, piùspecificamente, le Muse possono instillare nel cantore. L’aedo dunque, non diversamentedal profhvth~, l’«indovino» con cui non a caso (come Demodoco e lo stesso Omero) con-divide l’emblematica caratteristica fisica della cecità, è un prescelto e un ispirato (qevspi~),il possessore di un’arte che non si impara e di un sapere che non è frutto di apprendimen-to. L’aedo è pertanto autodidatta, aujtodivdakto~, come Femio dice di se stesso, in quan-to la sua sofiva e la sua capacità creativa gli derivano spontaneamente dalla sfera divina; einoltre è qeio~, «divino», proprio perché esercita una funzione di tramite tra mondo deglidèi e mondo degli uomini. Ma gli aedi costituiscono anche la memoria culturale della società di cui fanno parte e, inparticolare, del gruppo nobiliare a cui sono legati: loro è infatti il compito di ricordare erievocare quel passato eroico nel quale il pubblico che li ascolta vede rispecchiato, confer-mato e codificato tutto il proprio sistema di valori. La materia privilegiata del canto aedi-co sono infatti i kleva ajndrwn, le «glorie d’eroi», a cui si affianca, come nel caso dei trecanti di Demodoco nell’VIII libro dell’Odissea, il racconto di episodi mitici legati almondo divino, quali gli «amori di Ares e Afrodite» (8,266-369): il quadro tematico che sene deduce mostra così una perfetta coincidenza con il tessuto narrativo degli stessi poemiomerici, in special modo dell’Iliade, in cui il racconto delle imprese eroiche è intervallatoda ampie scene che hanno come protagonisti gli dèi.In ambito tematico, comunque, il cantore epico opera una selezione: la materia che sce-glie di trattare ha la funzione di celebrare un’aristocrazia guerriera, conferendole legitti-mità politica e presentandola come modello di comportamento. È proprio grazie a questascelta che l’eros è assente dalle tematiche accolte nell’epos, che l’amore è un sentimentomanifestato soprattutto dai personaggi femminili e che il pianto di un eroe è ammesso soloin determinate circostanze (vedi p. 42).Quanto alla capacità compositiva degli aedi, abbiamo visto come le formule, l’esametro epersino le scene tipiche costituiscano un preziosissimo ausilio alla memoria del cantore,che compone e recita i suoi versi oralmente. Ebbene, se la memoria dell’aedo è importan-te, anche quella di chi ascolta va tenuta in conto. Chi ascolta (e quindi non legge) ha infat-ti bisogno di punti di riferimento in un flusso comunicativo che si svolge nel tempo dellarecitazione (e non nello spazio della pagina), ed è più che mai condizionato, nel suo ascol-tare, da quello che viene chiamato l’orizzonte di attesa, e cioè dalle aspettative che il cantoinduce a concepire. Il susseguirsi delle azioni, e la loro ordinata scansione nelle formule,sono i fattori di orientamento in un ascolto che si svolge nel tempo (funzione analoga svol-ge in campo musicale la ripetizione dei motivi-guida). L’intimo rapporto che si stabilisce fra il cantore epico e il suo pubblico presuppone quin-di lo stabilirsi di quella che viene definita empatia, ovvero lo stato emozionale di parteci-pazione che lega l’autore-cantore e il pubblico.

La selezioneepica

L’importanzadella memoria

L’empatia

T1-T10

L’aedo comememoria di una società

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chi è cosa fa in quale contesto opera

aedo un poeta di corte compone in modo esegue i canti epici originale i canti epici nelle corti dei re

rapsodo un cantore itinerante, riprende i canti epici esegue i canti epicispesso appartenente ormai fissati nella in feste religiosea una consorteria tradizione e li ripete, panelleniche o locali

senza più comporre in modo originale

MEMO L’aedo e il rapsodo

Sul piano della comunicazione, infatti, nei poemi viene dato particolare risalto al rapportoempatico che si istituisce tra l’aedo e il suo uditorio: quando l’aedo intona i suoi canti brotwnqelkthvria, «malìa degli uomini» (Odissea 1,337), il pubblico tace, presta attenzione incan-tato (Odissea 1,325-326), e «gode nel cuore ascoltando» (Odissea 8,368-369). Anche questoeffetto che l’aedo sa produrre sugli ascoltatori viene ricondotto al suo essere qevspi~, «ispira-to», depositario cioè di un sapere e di una forza comunicativa di natura divina; infatti Odisseo,che per due volte si commuove e piange ascoltando il racconto di Demodoco su fatti concer-nenti la guerra troiana, dice al cantore di onorarlo al di sopra di tutti i mortali, perché vienesicuramente dagli dèi la sua capacità di narrare gli eventi come se li avesse vissuti.

4.2 Dall’aedo al rapsodoAnche se i poemi omerici presentano l’aedo come un poeta di corte, non si deve pensareche questa situazione fosse ancora attuale nella Grecia di età arcaica: il ritratto socio-poli-tico dell’aedo delineato nei poemi rispecchia una realtà più antica, valida sicuramente perl’epoca micenea e per il Medioevo ellenico, ma non per l’età arcaica, nella quale le monar-chie venivano sostituite dalle poleis.Già all’epoca di Esiodo, come vedremo, e quindi già agli inizi del VII secolo, l’occasionein cui avvenivano le recitazioni dell’epos non erano più i banchetti che si svolgevano pres-so la corte di un re, bensì le feste religiose che venivano celebrate o a livello pangreco (lecosiddette panhguvrei~) oppure a livello locale (vedi la scheda a p. 148).Parallelamente a questo mutamento di contesto socio-culturale, nel corso del tempo l’e-pos esaurì la sua stagione creativa e si ridusse alla semplice ripetizione di racconti epici giàfissati e consacrati dalla tradizione. Per distinguere le due fasi si suole designare con il ter-mine aedo chi racconta (e a suo modo crea) l’epos, e con il nome di rapsodo (rJayw/dov~,da rJavptw, «cucire», o da rJavbdo~, «bastone», attributo del cantore) chi l’epos lo raccontasoltanto, senza comporlo originalmente. Questa seconda definizione compare solo a par-tire dal V secolo a.C., prima con Erodoto e poi con Platone, che designa così Ione, il can-tore di professione che dà il titolo a uno dei più celebri dialoghi del filosofo.

Dalla cortealle feste religiose

Bibliografia

Sulla sterminata bibliografia omerica dà un utile orientamento A. HEUBECK, Die homerische Frage,Darmstadt 1974. Le principali edizioni critiche dei poemi sono D.B. MONRO – TH.W. ALLEN, Oxford 1920 (Il.) e TH.W. ALLEN,Oxford 1917-19 (Od.); P. VON DER MÜHLL, Basel 1946 (Od.); H. VAN THIEL, Hildesheim 1993 (Il. e Od.); M.L.WEST, Lipsia 1998-2000 (Il.).Per i commenti fondamentali all’Iliade vedi G.S. KIRK (ed.), Cambridge 1985-93 (vol. I a cura di G.S. Kirk,1985; II, G.S. Kirk, 1990; III-IV, R. Janko, 1992; V-VI, N. Richardson, 1993); per l’Odissea, i 6 voll., Milano1981-86 (I a cura di S. West, II a cura di J.B. Hainsworth, III a cura di A. Heubeck, IV a cura diA. Hoekstra, V a cura di J. Russo, VI a cura di M. Fernandez-Galiano e A. Heubeck; la trad. it. del testoè di G.A. Privitera). Sulla base di un vecchio commento all’Iliade di AMEIS-HENTZE-CAUER è in corso di pub-blicazione un nuovo commento a cura di un’équipe coordinata da J. LATACZ (sono usciti i Prolegomenae una serie di volumi relativi a diversi libri dell’Iliade, München-Leipzig 2000-2003).

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Sui papiri: ST. WEST, The Ptolemaic Papyri of Homer, Köln-Opladen 1967. Per gli scolî e i commenti antichi: per l’Il. H. ERBSE, Berlin-New York 1969-88; per l’Od. W. DINDORF, Oxford1855; M. VAN DER VALK, Eustathii Commentarii ad Homeri Iliadem pertinentes, I-IV, Leiden 1971-87.Le traduzioni più diffuse sono: Il. e Od. di R. CALZECCHI ONESTI, Torino 1963 e ristampe; Il. e Od. diM.G. CIANI, Venezia 1990, 1994; Il. di G. CERRI (con note di A. Gostoli), Milano 1996; Od. di F. FERRARI,Torino 2001; le classiche traduzioni di Monti e Pindemonte sono ora ristampate a cura di M. MARI, Milano1990 e 1993.Lessici: H. EBELING, Leipzig 1885; A. GEHRING, Leipzig 1891; B. SNELL, Lexikon des frühgriechischenEpos, Göttingen 1955 ss. Le concordanze di G.L. PRENDERGAST all’Il., 1875 e di H. DUNBAR all’Od., 1880sono ora riviste da B. MARZULLO, Hildesheim 1962.Studi generali: E.R. DODDS, I Greci e l’Irrazionale, trad. it. Firenze 1959 (Berkeley-Los Angeles 1951);B. SNELL, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, trad. it. Torino 19632 (Hamburg 19482);G. MURRAY, Le origini dell’epica greca, trad. it. Bari 1964 (Oxford 19344); D.L. PAGE, History and the HomericIliad, Berkeley-Los Angeles 1959; G.S. KIRK, The Songs of Homer, Cambridge 1962; AA.VV., A Companionto Homer, a cura di A.J.B. WACE e F.H. STUBBINGS, London 1962; M.I. FINLEY, Il mondo di Odisseo, trad. it.Roma-Bari 1978 (London 19642); W. SCHADEWALDT, Ilias-studien, Darmstadt 19653; F. CODINO, Introduzionea Omero, Torino 1965; H. FRÄNKEL, Wege und Formen frühgriechischen Denkens, München 19683;A. LESKY, Homeros, RE, Suppl. -Bd. XI, 1968, pp. 687-846; A. DIHLE, Homer-Probleme, Opladen 1970;L.E. ROSSI, I poemi omerici come testimonianza di poesia orale, in Storia e civiltà, 1, pp. 73-147; H.LLOYD-JONES, Remarks on the Homeric Question, in Greek Epic Lyric and Tragedy, Oxford 1990, pp. 3-20 (= 1981); J. LATACZ, Omero, il primo poeta dell’Occidente, trad. it. Bari 1990 (1985); F. MONTANARI,Introduzione a Omero, Firenze 1990; AA.VV., Homer. Die Dichtung und ihre Deutung, a cura di J. LATACZ,Darmstadt 1991; V. DI BENEDETTO, Nel laboratorio di Omero, Torino 1994; AA.VV., A New Companion toHomer, a cura di I. MORRIS e B. POWELL, Leiden-New York-Köln 1997; G. DANEK, Epos und Zitat: Studienzu den Quellen der Odyssee, Wien 1998; L.E. ROSSI, Dividing Homer: when and how were the «Iliad» andthe «Odyssey» divided into songs?: (continued), «SO» 76 (2001), pp. 103-112; M. DAVIES, The folk-taleorigins of the Iliad and the Odyssey, «WS» 115, 2002, pp. 5-43; F. MONTANARI – P. ASCHERI (edd.), Omerotremila anni dopo. Atti del Congresso di Genova 6-8 luglio 2002, Roma 2002; G. NAGY, HomericQuestions, Austin 2002; A. ERCOLANI, Omero. Introduzione allo studio dell’epica greca arcaica, Roma2006; M. D’ACUNTO – R. PALMISCIANO (edd.), Lo scudo di Achille nell’Iliade: esperienze ermeneutiche aconfronto. Atti della giornata di studi, Napoli 12 maggio 2008, Pisa-Roma 2010.Su oralità e formularità: M. PARRY, The Making of the Homeric Verse, Oxford 1971; W. AREND, Die typi-schen Scenen bei Homer, Berlin 1933; A. LORD, The Singer of Tales, Cambridge, Mass. 1960;A. HOEKSTRA, Homeric Modifications of Formulaic Proto-types, Amsterdam 1965; J.B. HAINSWORTH, TheFlexibility of the Homeric Formula, Oxford 1968; L.E. ROSSI, Wesen und Werden der HomerischenFormeltechnik, «Gött. Gel. Anzeigen» 223, 1971, pp. 161-174; E.A. HAVELOCK, Cultura orale e civiltà dellascrittura, introd. di B. Gentili, trad. it. Bari 19832 (Oxford 1963); W.V. HARRIS, Lettura e istruzione nelmondo antico, trad. it. Bari 1991 (Cambridge, Mass. 1989); L.E. ROSSI, L’ideologia dell’oralità da Omeroa Platone, in «Spazio letterario», I. 1, pp. 77-106; L. SBARDELLA, Polionimia divina ed economicità formu-lare in Omero, «QUCC» 43, 1993, pp. 7-44; L. SBARDELLA, Oralità. Da Omero ai mass media, Roma 2006. Sulla lingua: K. WITTE, Homeros. Sprache, RE VIII (2), 1913, pp. 2213-2247; J. WACKERNAGEL,Sprachliche Untersuchungen zu Homer, Göttingen 1916; K. MEISTER, Die homerische Kunstsprache,Leipzig 1921; P. CHANTRAINE, Grammaire homérique, I-II, Paris 19735, 19632; C.J. RUIJGH, L’élémentachéen dans la langue épique, Assen 1957; M. DURANTE, Sulla preistoria della tradizione poetica greca.I. Continuità della tradizione poetica dall’età micenea ai primi documenti, Roma 1971; A. HOEKSTRA, EpicVerse before Homer. Three Studies, Amsterdam-Oxford-New York 1981; R. JANKO, Homer, Hesiod andthe Hymns: Diachronic Development in Epic Diction, Cambridge 1982.Sulla metrica: H. FRÄNKEL, Wege und Formen frühgriechischen Denkens, München 19683, pp. 100-156;L.E. ROSSI, Estensione e valore del colon nell’esametro omerico, «Studi urbinati» 39, 1965, pp. 239-273;B. GENTILI – P. GIANNINI, Preistoria e formazione dell’esametro, «QUCC» 26, 1977, pp. 7-51. Questi trelavori sono stati recentemente raccolti e ristampati, con integrazioni e modifiche (quello di Fränkel in tra-duzione italiana), nel vol. II di AA.VV., Struttura e storia dell’esametro greco, a cura di M. FANTUZZI eR. PRETAGOSTINI, Roma 1995-96.

SitografiaUn repertorio online di tutti i papiri omerici, continuamente aggiornato, si trova all’indirizzohttp://www.stoa.org/homer/homer.pl. Il testo dei commenti antichi a Omero (i cosiddetti scholia minora)è accessibile sulla rete mediante il portale Aristarchus (http://www.aristarchus.unige.it/scholia/index.php). Il testo originale e la traduzione inglese di Iliade e Odissea sono presenti all’indirizzohttp://www.perseus.tufts.edu/hopper/collection?collection=Perseus:collection:Greco-Roman&redirect=true.A Omero e alla poesia omerica è dedicato un intero portale curato da un’équipe dell’università diGrenoble e visibile all’indirizzo http://w3.u-grenoble3.fr/homerica/.

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Ricostruzione del mégaron di Nestore a Pilo.

Femio e Demòdoco: due poeti dicorte Nell’Odissea compaiono duepersonaggi minori, ma di grandeinteresse per lo storico dellaletteratura: gli aedi Femioe Demodoco. Il primo cantanel palazzo di Odisseo a Itaca,il secondo alla corte di Alcinooa Scheria. Sono due cantoridi professione, e già i loro nomirivelano l’alta considerazionesociale in cui sono tenuti: Femio è«colui che dà la fama», Demodoco«il nutrito dal popolo», in quantomantenuto a spese della collettivitàperché cieco.Nel poema, la cornice in cuicompaiono i due aedi è la stessa:Femio e Demodoco cantano peril sovrano e per la corte durantei banchetti, che si tengononella grande sala della reggia.Omero ci mostra, dunque,la modalità di esecuzione dellapoesia epica attorno al 1200 a.C.,data in cui si svolsero la guerradi Troia e gli eventi successivi:il luogo in cui avvenivanole recitazioni epiche era il mégaron(mevgaron), l’ambiente checostituiva il cuore e il fulcrodel palazzo miceneo. Ma come erafatto un mégaron? E quali funzioniaveva? Per ricostruirne i contorni,sono fondamentali tantoi ritrovamenti archeologici quantola testimonianza fornita, appunto,dall’Odissea.Il mégaron omerico: le suefunzioni… Omero descrive siail mégaron del palazzo di Odisseoa Itaca sia quello del palazzodi Alcinoo a Scheria, e la suadescrizione è stata confermatadai ritrovamenti archeologici aPilo, Micene e Tirinto. Il mégaron era la sala in cui eracustodito il fuoco, mantenuto vivoin un grande focolare circolareche spiccava al centro della sala.In quanto sala del fuoco, eral’ambiente più importante del

palazzo; per questo era anche lasala del trono, delle riunioni, delleudienze e dei banchetti. È naturale,dunque, che questo fosse ancheil luogo in cui cantavano gli aedi,che allietavano i banchetti del ree della sua corte.…e il suo aspetto Il mégaron erauna grande sala rettangolare:attorno al grande focolare centraleerano disposte simmetricamentedelle colonne, in numero pari,che sostenevano il tetto, aperto incorrispondenza del focolare per faruscire il fumo. Nel punto medianodi una delle pareti lunghe sitrovava il trono del sovrano; lungoi muri si allineavano i sedilidestinati ai dignitari. L’ambienteera abbellito da affreschi,decorazioni, tavole per banchetticon vasellame prezioso e tessuti; ilpavimento del mégaron della reggiadi Odisseo non doveva essere

lastricato, visto che nel libro XXI laterra viene scavata senza difficoltàper preparare la gara di tiro conl’arco. Al mégaron si accedeva da unportale posto su un lato corto,passando per un ingresso chiamatoprovdomo~, decorato e delimitatoda quattro colonne; davantiall’ingresso si apriva un ampiocortile (ai[qousa) circondatoda un porticato. Questo complessotripartito è notevolmente diversodal corpo centrale dei palazziminoici: mentre questipresentavano ambienti bassi, ariosi,aperti e luminosi, il mégaron è alto,chiuso, isolato dagli altri ambientie buio (in Omero il suo epitetofisso è skioven, «ombroso»).Il mégaron è probabilmenteun’innovazione architettonicaportata da popoli settentrionali,abituati al freddo e al buio; la sua

I luoghidella letteratura

Il luogo dell’epica:il mégaron

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struttura tripartita influenzerà inepoca storica la pianta dei templigreci.L’esecuzione epica e il suopubblico Nell’Odissea Femioe Demodoco cantano per la cortedi nobili accompagnandosi conuno strumento a corde (kítharis ophórminx), la cui cassa armonicaè un guscio di tartaruga chiusada una pelle bovina e da cui esconodue corna unite da una barra, sullaquale sono tese le corde. Più cheun canto spiegato, quello degli aedidoveva essere un recitativo senzagrande estensione armonica;invece, in altre occasioni collettive(ad esempio, danze o riti funebri)descritte nei poemi omerici, gliaedi non eseguivano poesia epicama lirica, caratterizzata da unamelodia e da un ritmo piùaccentuati.Il canto viene eseguitodurante il banchetto, mentre idignitari di corte mangiano ebevono, perché «non v’ègodimento più bello, /di quando la gioia pervade tuttala gente, / i convitati ascoltanonella sala il cantore / seduti conordine, le tavole accanto son piene/ di pane e di carni, dal cratereattinge vino / il coppiere, lo portae nelle coppe lo versa»,come dice Odisseo(Odissea 9,5-10).

La materia del cantoL’esecuzione dell’aedo puòammaliare il pubblico, e a ItacaFemio riduce al silenzio persino iProci, di solito rozzi erumoreggianti. Sia Femiosia Demodoco cantano, tra le altrecose, eventi molto recenti, cioèquelli relativi alla guerra di Troia,perché «gli uomini lodano di piùquel canto / che suona più nuovoa chi ascolta», come affermaTelemaco (Odissea 1,350-351,trad. G.A. Privitera).La narrazione della guerra di Troiae dei ritorni degli eroi suscita fortecommozione e dolore siain Penelope, che nel libro Idell’Odissea chiede a Femiodi cambiare argomento, sia inOdisseo, che nel libro VIII scoppiain lacrime al canto di Demodocoche narra le sue stesse gesta,costringendolo così a rivelare al redei Feaci Alcinoo la propriaidentità (fino ad allora tenutanascosta). Una situazione non più attuale?Resta infine da chiarire quantoquesto ritratto dell’esecuzione epicafornitoci da Omero sia realistico.Omero narra eventi svoltisi allafine dell’Età del Bronzo, quandoancora sorgevano i grandi palazzimicenei in cui ogni re aveva il suoaedo di corte che cantava nel

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Il mégaron di Micene (XIII secolo a.C.): il sito com’è attualmen-te (sotto) e una ricostruzione che mostra le colonne e il focola-re centrale.

mégaron. Ma questa situazione eraancora attuale quando Omerocomponeva i suoi canti? Perrispondere, naturalmente,bisognerebbe stabilire se ci fu un‘Omero’ e quando visse.Come sappiamo, a questaquestione possiamo solo rispondereche i poemi furono elaboratioralmente da numerosi aedi inquel vasto arco di tempo chiamato«Medioevo ellenico» (XII-VIIIsecolo a.C.). In questo periodo nonesisteva più una regalità di tipomiceneo, che fu sostituita dallapolis, dapprima monarchica, poiaristocratica. Nella dimensionecollettiva della polis,probabilmente, gli aedi cantavanoin occasione di feste pubblichea cui accorreva tutta lapopolazione; e se cantavano –come è possibile che accadesse –nella casa di un nobile o di unsovrano, si trattava di edifici moltodiversi da quelli micenei.L’esecuzione epica rappresentatanell’Odissea, dunque, non dovevaessere più attuale nel «Medioevoellenico». Resta comunquenotevole che gli aedi di questoperiodo conservassero unamemoria storica delle modalità diesecuzione di epoche moltolontane, memoria che giunse loroattraverso una lunga eredità orale.

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Il pr

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inte

si di riepilogoQuestionarioDentro i fatti1. Secondo una tradizione antica ben consolidata, Omero era cieco: che cosa puoi dedurre da questa notizia per quanto

riguarda la considerazione in cui Omero era tenuto nell’antichità?2. Fai una breve ricerca per individuare quali erano le varie città che, oltre a Chio e a Smirne, si contendevano i natali di

Omero. Per quale motivo tante città ci tenevano a presentarsi come il luogo di origine di Omero?3. Fin dall’età tardo-arcaica e classica gli antichi si sono interrogati sulla natura della figura di Omero e dei poemi omerici,

dando avvio a quella che in epoca moderna è stata definita come la ‘questione omerica’. Completa la mappa concettua-le, individuando le fasi principali di questo importante dibattito critico ancora oggi aperto.

Dentro il genere4. Che cosa si intende con l’espressione «enciclopedia tribale» e per quali ragioni è stato possibile applicarla al genere lette-

rario dell’epica e ai poemi omerici in particolare?5. In che modo l’oralità ha influenzato lo sviluppo del genere letterario dell’epica e in particolare i poemi omerici?6. L’esametro omerico

a) è una forma metrica poco evolutab) al suo interno si articola in quattro colac) segue due leggi ritmiche fondamentali

7. Completa lo schema sottostante indicando le principali componenti dialettali che contribuiscono a formare la lingua omerica.

FVFVFV

.....................................................................................Xenone ed Ellanìco (II secolo a.C.)

considera i poemi omerici l’agglomerato di operedi autori diversi

.................................................................................... sono tra i primi sostenitori della ‘redazione pisistratea’

......................................................................................

......................................................................................

pone l’accento sul ruolo dell’oralità nella composizione,pubblicazione e trasmissione dei poemi omerici

ritiene i poemi omerici frutto di un unico autore

Vico e Wolf

la critica analitica

....................................................................................

.....................................................................................

Dentro l’opera8. Come viene presentata la figura dell’eroe nell’Iliade?9. Per quale motivo l’Odissea è un poema che può essere definito anche con il termine novsto"?

10. La figura dell’aedo nei poemi omericinon è mai presentecompare soltanto nell’Odisseaè spesso oggetto di divagazioni metapoetiche

11. Quali sono le principali tematiche presenti nella descrizione dello scudo di Achille? Fai una breve ricerca sulle caratteristi-che materiali degli scudi nel mondo greco in età arcaica.

12. Indica quali sono le principali differenze tra Iliade e Odissea sul piano delle tematiche trattate e delle tecniche narrativeadottate.

lingua omerica

eolico..................... .....................

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I G

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aUna riletturadell’eposNon solo Iliade... La maggiorparte degli eventi rappresentati nelfilm sono quelli narrati dall’Iliade,che comincia alla fine della guerrae si conclude con la morte diEttore. L’antefatto, con ilrapimento di Elena da parte diParide, causa prima della guerra,era argomento dei perduti CantiCiprii; ma nel film il rapimentodiventa solo un pretesto per

scatenare una guerra cheAgamennone vuole da tempo,e soprattutto scompare l’aiutodivino prestato da Afrodite aParide nell’impresa. Gliavvenimenti successivi alla mortedi Ettore, ovvero il celebrestratagemma del cavallo di Troiae la conseguente conquista dellacittà, estranei all’Iliade omerica,trovano spazio nell’Odissea (libriIV e VIII) e nell’Eneide (libro II),e costituivano certamentel’argomento dei perduti poemi del‘Ciclo omerico’ intitolati Etiopide,

La guerra di Troiasecondo TroyPaese: USAAnno: 2000 Regista: Wolfgang PetersenCast: Brad Pitt (Achille), Eric Bana (Ettore), Orlando Bloom (Paride), Diane Kruger

(Elena), Brian Cox (Agamennone), Brendan Gleeson (Menelao), Peter O’Toole(Priamo), Sean Bean (Odisseo), Julie Christie (Teti)

LA TRAMA

Grecia, attorno al 1200 a.C. Agamennone, re diMicene, costringe i sovrani greci a un’alleanza e poiattacca la ricca città di Troia, prendendo a pretesto l’af-fronto subito da suo fratello Menelao, a cui il principetroiano Paride ha rapito la moglie Elena.L’immenso esercito greco radunato da Agamennoneinclude grandi eroi, tra cui Achille, che però combattesolo per la propria gloria. Dopo lo sbarco, Achille litigacon Agamennone, che gli ha tolto la sacerdotessa Briseide,di cui Achille si è innamorato dopo averla presa prigionie-ra; sdegnato, l’eroe si ritira dal combattimento, privandoi Greci del loro più valoroso campione. Il giorno succes-sivo allo sbarco, reso difficile dalla resistenza organizzatadal principe troiano Ettore, Menelao sfida a duello Paride,che sta per avere la peggio quando Ettore lo salva, ucci-dendo il rivale. La battaglia che segue è una vittoria per iTroiani, che arrivano a incendiare l’accampamento e lenavi dei Greci. Improvvisamente Achille ricompare sul

campo di battaglia: Ettore gli si fa incontro e lo uccide induello, ma quando gli toglie l’elmo scopre che si tratta diPatroclo, l’amato cugino di Achille che aveva indossato learmi del grande eroe per ridare speranza ai Greci.Sconvolto dalla morte di Patroclo, Achille torna a com-battere, uccide Ettore a duello e ne oltraggia il cadavere.Soltanto davanti alle lacrime di Priamo, il vecchio re diTroia, Achille si muove a pietà e restituisce al vecchiopadre il cadavere del figlio. Con la morte di Ettore il destino di Troia è ormaisegnato: sotto la guida di Ulisse viene costruito uncavallo di legno, che con un inganno viene introdottoin città; di notte gli eroi greci nascosti al suo internoaprono ai compagni le porte della rocca e danno inizioal massacro. Durante la presa di Troia muoiono Priamo,Agamennone e Achille, trafitto dalle frecce di Paride,che porta in salvo i Troiani superstiti. La città è distrut-ta e il giorno dopo viene celebrato il funerale di Achille.

Piccola Iliade e Distruzione di Ilio.Altri dettagli non presenti nellefonti letterarie sono stati inventatidagli sceneggiatori.Troy voleva essere un film disuccesso, perciò i realizzatorihanno cercato la spettacolarità,hanno scelto un cast di primagrandezza, hanno usato largamentele tecniche digitali e non hannobadato a spese. Gli sceneggiatorinon hanno esitato a mescolarel’Iliade, poema troppo staticoe riflessivo, con altre opere o coninvenzioni, per sceneggiare l’intero

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Gre

ci a

l cin

ema mito della guerra di Troia e dare

al racconto una spettacolarità piùhollywoodiana. E infatti il pubblicoha decretato il successocommerciale della pellicola. Nelcomplesso, tra il mito e il filmci sono molte differenze, e questesono di tre tipi: alcune sono dettateda una precisa ideologia; altre sonostate dettate da esigenzedrammatiche; altre ancora, infine,sono veri e propri errori.

I personaggi: gli uomini… I personaggi più importantidell’Iliade sono presenti nel film:Achille, Ettore, Paride, Elena,Agamennone, Menelao, Odisseo.Altri compaiono solo brevemente(ad esempio, Aiace Telamonio,Nestore ed Enea, raffigurato nelfinale come un ragazzo, mentrein Omero è un generale di nobilefamiglia); altri ancora sono statieliminati del tutto (ad esempio,Criseide, Diomede e Aiace diOileo), per non affollare troppola storia. Lo scarto più vistoso riguardaBriseide, trasformata in una nobilesacerdotessa, cugina di Ettore,e soprattutto protagonista di unavera storia d’amore con Achille.La storia d’amore è un ingredienteindispensabile in un film odiernoche aspiri al successo, tanto più cheil ruolo di Achille è stato affidatoa un sex symbol come Brad Pitt;tuttavia nell’Iliade questo aspetto,come è noto, è completamenteassente, e non a caso nel filmAchille non vuole rinunciarealla ragazza per non perderel’onore, non perché la ami.Tutti i personaggi principali,comunque, hanno un destinodiverso da quello del mito.Menelao e Aiace muoiono giàil primo giorno di guerra, mentreil primo tornò in patria dopo averrecuperato Elena e il secondo sisuicidò per il disonore di non averottenuto le armi di Achille dopola sua morte. Priamo, Agamennonee Achille cadono durante la presadella città: anche nel mito Priamo

muore in quella circostanza, maucciso da Pirro Neottolemo, figliodi Achille giunto a Troia dopola morte del padre; quantoad Agamennone, non fu uccisoda Briseide ma, una volta tornatoin patria, dalla moglie Clitemestracon l’aiuto del suo amante Egidio;Achille, invece, morì poco dopoEttore e ben prima della presadi Troia. Facendo morire tutti ipersonaggi del film in breve tempo,gli sceneggiatori hanno volutoidentificare il destino deipersonaggi con l’impresa bellica;tuttavia, per lasciare aperta unasperanza finale, hanno lasciatoin vita Paride (che nel mito muorepoco prima della presa della città),che rispetto ai racconti antichisi mostra coraggioso e organizzala fuga dei Troiani superstiti, trai quali Andromaca ed Enea.

…e gli dèi Nel film mancanocompletamente gli dèi e il lorointervento nelle vicende umane,così importante per la concezionedella responsabilità eroicanell’Iliade: Elena, moglie diMenelao, fugge con Paride non per

l’incantesimo di Afrodite, maperché insoddisfatta del suomatrimonio; Teti, divinità marinamadre di Achille, è semplicementeuna madre preoccupata per la sortedel figlio che passeggia in riva almare e gli predice la gloria; Paridesi salva dal duello con Menelao perl’intervento di suo fratello Ettore,non di Afrodite. Ma poiché metterein scena gli dèi avrebbe consentitol’uso di effetti speciali e garantitoscene di sicuro impatto visivo, lascelta di eliminarli deve essere statadettata da una precisa ideologia. Ineffetti, nel film emerge più volteun certo sentimento antireligioso,come quando Achille, subito dopolo sbarco, decapita la statua diApollo, dio alleato di Troia (cosache l’Achille omerico non avrebbemai fatto), o come quando dicea Briseide che gli dèi sono invidiosidella vita umana.

Sviste ed errori Altre differenze tramito e film sono veri e proprierrori, soprattutto riguardo allarappresentazione della guerra, chepure era il centro del film e quindimeritava maggiore accuratezza.

Achille (Brad Pitt) avanza con lo scudo, sotto una pioggia di frecce nemiche.

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aAnche all’interno dello stessoesercito compaiono scudi delleforme più variegate, e si vedonopersino scudi oplitici, che sono diepoca molto successiva; durante losbarco, i Mirmidoni si dispongonocon gli scudi a testuggine, unaformazione usata solo molto piùtardi dai Romani; Aiace usa unmartello da guerra, arma diinvenzione medievale; i duelli sonocondotti con improbabili colpiacrobatici a metà tra videogamee arti marziali (per i duelli sonostati ingaggiati allenatorithailandesi, chissà perché…). Nel film ricorre inoltre la ‘spadadi Troia’, un’arma-talismano cherappresenta la discendenza regaletroiana e che Priamo affida aParide, che dapprima mostra dinon meritarla coprendosi diridicolo nel duello con Menelao,e poi nel finale la affida a Enea. Learmi-talismano sono estranee allacultura greca, mentre sono unelemento ricorrente del generefantasy: probabilmente glisceneggiatori si sono ispirati alfortunatissimo Il signore degli Anelli,dove la spada Andúril è il simbolodella regalità di Gondor.È infine curioso che tanto Sparta,capitale del regno di Menelao,quanto Larissa, dove risiede Achille,siano raffigurate sul mare, mentreSparta dista dal mare poco menodi 30 km e Larissa più di 50.

Le tematiche principali: laguerra… Nel film come nell’opera,la guerra è il fulcro narrativo.Tuttavia, il film ha tentatoun’attualizzazione del conflitto: haeliminato l’antefatto mitologicodella contesa tra le dee e delgiudizio di Paride e ha attribuito lacolpa della guerra ad Agamennone,raffigurato come un generaleimperialista. È evidente, da partedegli sceneggiatori, un tentativo diattualizzazione: lo sbarco dei Greciè ispirato allo sbarco in Normandiadegli alleati nella seconda guerramondiale, e l’avido espansionismodi Agamennone verso Oriente

potrebbe essere una criticaall’invasione statunitense dell’Iraq;ma non si può certo definire Troyun film di protesta o impegnatopoliticamente, essendo interessatosolo alla spettacolarità.Quanto alla durata del conflitto,i nove anni della guerra di Troiasono stati ridotti per esigenzenarrative, anche se laconcentrazione degli eventi inpochi giorni operata dal filmsembra francamente eccessiva(soprattutto il finale, troppoconcentrato e convulso).

…e la ‘civiltà di vergogna’ Ilconcetto antropologico di ‘civiltàdi vergogna’ è stato nettamentesemplificato e di fatto identificatocon la ricerca di gloria in guerra daparte di Achille. All’inizio del filml’eroe sta per affrontare unavversario gigantesco e temibile,e quando un bambino gli dice cheal posto suo si sarebbe sottratto alduello, Achille gli risponde : «Eccoperché nessuno ricorderà mai il tuonome». Achille si decide inoltrea partire per Troia solo dopo chel’astuto Ulisse gli ha detto «Questaguerra non sarà mai dimenticata,né gli eroi che la combatteranno»:a seguito di questo colloquio, vainfatti a salutare sua madre Teti,che gli preannuncia una vita brevema piena di gloria.

L’entrata del cavallo a Troia in una scena del film.

La funzione della poesia comegarante di gloria e di eternità,invece, è molto fedele a quantovediamo nei poemi omerici,soprattutto nell’Odissea, dove gliaedi cantano la guerra di Troiaappena conclusa. All’inizio del filmuna voce narrante anonima (forseOmero?) recita: «L’uomo èossessionato dalla dimensionedell’eternità. Per questo si chiede:“Le mie azioni riecheggeranno neisecoli a venire?”». Alla fine, la stessavoce proclama: «Così si racconteràla mia storia; si dica che hocamminato con i giganti. Gliuomini sorgono e cadono come sefossero grano invernale, ma questinomi non periranno mai: si dicache ho vissuto al tempo di Ettore,domatore di cavalli; si dica cheho vissuto al tempo di Achille».Altri aspetti della ‘civiltà divergogna’ sono stati eliminati pervari motivi. La considerazione delladonna come ‘premio’ di guerra damostrare alla collettività di guerrieriè eliminata in favore di unaconcezione dell’amore piùromantica e più adatta a un film.Quanto alla responsabilità delleazioni umane, che in una ‘civiltà divergogna’ è interamente ricondottaagli dèi, il film la attribuisce agliuomini stessi, in quanto gli dèisono stati completamente eliminatidalla sceneggiatura.

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AntologiaOMERO

La guerra e la sua etica

L’Iliade si apre con un proemio (T1) in cui il poeta invoca la Musa affinché intoni il canto e narri l’iradi Achille, considerata il motore principale delle sofferenze degli Achei (T2) nel contesto della guerradi Troia. Proprio la guerra è il tema fondamentale dell’Iliade, narrata soprattutto come un susseguirsidi battaglie inframezzate dalle assemblee dei guerrieri, in cui i discorsi e il dibattito possono vedereanche l’emergere di figure ‘fuori dal coro’, come Tersite, antieroe per eccellenza, capace persino di con-trobattere ai maggiori condottieri achei (T3). Nel poema le vicende militari sono narrate sotto formadi episodi bellici prevalentemente ‘corali’, in cui gli Achei e i Troiani si contrappongono in gruppi com-patti. A volte, però, un singolo eroe prende nettamente il sopravvento sugli altri e la narrazione si sof-ferma a celebrarne le imprese: si tratta di un’aristìa, vero e proprio momento di ‘eccellenza’ assolutain cui l’eroe, spinto dalle proprie forze e dal favore divino, compie imprese superiori a quelle degli altridominando incontrastato la scena bellica. Fra le principali aristìe del poema c’è quella di Diomede nelV libro (T4); la più importante e la più ampia è però quella di Achille, che ha inizio nel XIX libro, conla vestizione e il ritorno in battaglia dell’eroe, e si sviluppa ininterrottamente fino al XXII libro, culmi-nando nell’uccisione di Ettore (T7).Le motivazioni che inducono Ettore a scontrarsi con Achille (T6) sono illuminanti per comprendere laconcezione etica della guerra che permea di sé i poemi. Per gli eroi omerici ciò che conta non è la pro-

1. Le tematiche dell’Iliade

LeggereOMERO I PERSONAGGI DIVINI

Gli dèi umani di Omero(T24-T26)

NEL LABORATORIODELL’EPICAL’«enciclopedia tribale»(T32-T33) Le ‘scene tipiche’(T34-T36) La figura dell’aedo (T37-T39)

ON LINEALTRI TEMI DELL’ILIADELa morte e il dolore(T27-T31)

La guerrae la sua etica

(T1-T8)

La rappresentazionedei sentimenti:amore e dolore

(T9-T10)

LE TEMATICHE DELL’ILIADE

I viaggi(T11-T16)

Il ritorno a casa(T17-T23)

IL RACCONTO DELL’ODISSEA

SUL LIBRO

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Omero • Le tematiche dell’Iliade 65

pria salvezza e neppure quella dei familiari, dei concittadini o dei compagni d’armi, bensì la timhv,l’«onore», e la reputazione di cui godono presso coloro che li circondano. Questo schema culturaleviene definito dagli antropologi come espressione della «civiltà di vergogna», dominata dall’aijdwv", ecioè appunto dalla «vergogna», dal «pudore» che l’eroe prova nei confronti della collettività se il suoonore viene intaccato o leso. È per questo motivo che nel I libro Achille, offeso da Agamennone e quin-di privato della timhv dovutagli in quanto capo militare, rinuncia ostinatamente a combattere, senzapreoccuparsi né del buon esito della guerra né della salvezza del contingente greco. Ed è per difende-re il proprio onore di guerriero di fronte ai suoi concittadini che nel XXII libro Ettore sceglie di affron-tare Achille in duello, pur essendo consapevole di mettere così a repentaglio la propria vita e, con essa,il destino di Troia. Pur culminando nella rappresentazione della primitiva crudeltà della guerra, che giunge sino all’empiae spietata violenza inflitta da Achille al corpo di Ettore nel XXII libro, l’Iliade si chiude con un episo-dio di ethos totalmente opposto, nel quale vengono rivendicati al mondo eroico i valori della magna-nimità e della compassione. Si tratta dell’incontro tra Achille e Priamo narrato nel XXIV libro (T8), unasezione che sia nella forma sia nei contenuti si rivela composta in epoca più recente. Essendo opera diun aedo più tardo, il XXIV libro dell’Iliade testimonia l’emergere di una concezione eticamente più evo-luta tanto del mondo eroico quanto del mondo divino: l’odio, la violenza e la vendetta si ricompongo-no nel sentimento di pietà e appaiono soggetti a un nuovo limite etico.

Il proemio dell’Iliade(Iliade 1,1-7)I proemi dei due poemi offrono un ottimo esempio della selezione operata sul materia-

le epico da parte dell’aedo. Il proemio dell’Iliade dichiara sin dalla prima parola quale sarà il motivo con-duttore principale dell’intero poema: l’ira di Achille. Delle infinite «vie dei canti» che l’aedo poteva segui-re nel repertorio epico sulla guerra di Troia, sceglie questa incentrata sulla mhni~ dell’eroe.

metro: esametri dattilici

Mh'nin a[eide qea; Phlhi>avdew ∆Acilh'o"oujlomevnhn, h} muriv∆ ∆Acaioi'" a[lge∆ e[qhke,polla;" d∆ ijfqivmou" yuca;" “Ai>di proi?ayenhJrwvwn, aujtou;" de; eJlwvria teu'ce kuvnessin

5 oijwnoi'siv te pa'si, Dio;" d∆ ejteleiveto boulhv, ejx ou| dh; ta; prw'ta diasthvthn ejrivsante∆Atrei?dh" te a[nax ajndrw'n kai; di'o" ∆Acilleuv".

Canta, o dea, l’ira di Achille figlio di Peleo,rovinosa, che mali infiniti provocò agli Acheie molte anime forti di eroi sprofondò nell’Ade,e i loro corpi fece preda dei cani

5 e di tutti gli uccelli; si compiva il volere di Zeus,dal primo istante in cui una lite divisel’Atride, signore di popoli, ed Achille divino.

1t

TRADUZIONED’AUTORE(G. Cerri)

vv. 1-4 Mhnin ... hJrwvwn: «Canta, o dea, l’ira funesta del PelideAchille, la quale innumerevoli dolori arrecò agli Achei, e sca-gliò nell’Ade molte anime forti di eroi». • qea;: si tratta dellaMusa. • ∆Acilho~: genitivo corrispondente all’att. ∆Acillevw~;Achille è detto «Pelide» in quanto figlio di Pèleo. • oujlomevnhn:l’epiteto, che significa «funesto», viene da o[llumi, «mandarein rovina, uccidere».vv. 4-7 aujtou;~ ... ∆Acilleuv~: «e li rese preda per i cani e tutti

gli uccelli, e (così) si compiva il volere di Zeus, da quando perla prima volta si divisero litigando l’Atride signore degli uomi-ni e il divino Achille». • teu`ce: imperfetto senza aumento (att.e[teuce). • kuvnessin: dativo corrispondente all’att. kusiv. •oijwnoisi: questo dativo equivale all’att. oijwnoi~. • ejteleiveto:imperfetto equivalente all’att. ejtelei`to. • Diasthvthn: aori-sto indicativo duale (senza aumento) corrispondente all’att.diesthvthn. • ejrivsante: participio duale.

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Antologia66

Guidaalla lettura

Dall’ira alla contesa Il proemio ve-ro e proprio dell’Iliade si estende per

7 versi:

Il proemio: fra invocazionealla Musa... Il mondo epico le-

ga la creatività e la sapienza poetica dell’aedo all’azione

ispiratrice di un dio, in particolare della Musa (o delle Mu-se), divinità tutelare dell’arte poetica. Questa concezio-ne trova la sua dimostrazione più evidente nel proemio,dove l’elemento caratteristico è proprio l’invocazione al-la dea (v. 1) preposta all’ispirazione del canto: l’aedo lechiede di infondergli quella conoscenza dell’oi[mh («via delcanto») prescelta, che (vedi T37) si riteneva provenis-se al cantore da una sfera esterna e superiore....e dichiarazione dei contenuti Ma la funzionalità delproemio non si limitava a questo: esso assolveva ancheal compito, non secondario, di introdurre l’argomen-to della successiva narrazione, anticipandone il tema mi-tico. In altre parole il proemio orientava l’attesa del pub-blico, facendo capire quale segmento del mito, ossia qua-le parte degli eventi compresi in una vasta saga eroica,l’aedo stava per affrontare. Muovendosi infatti nell’am-bito di cicli di leggende che il pubblico ben conoscevanel loro svolgimento, l’aedo di volta in volta poteva co-minciare il racconto da un momento qualsiasi di unadeterminata saga eroica, o scegliendolo da solo o adat-tandolo alle esigenze imposte dall’uditorio e dall’occa-sione. Prima di dare inizio al canto era dunque neces-sario che il cantore facesse capire al suo pubblico da do-ve avrebbe preso le mosse e verso quali eventi miticiavrebbe proceduto la sua narrazione: il proemio dell’I-liade fa capire che la oi[mh seguita tratterà gli eventi delciclo mitico troiano dalla mh'ni" (v. 1) di Achille inavanti.

STRUTTURA

GENERI LETTERARI

v. 1 contiene l’invocazione alla Musae la dichiarazione del contenuto

vv. 2-3 alludono sinteticamente alle vicende bellicheche porteranno alla morte molti valorosi guerrieridi entrambi gli schieramenti

vv. 4-5 toccano un tema che verrà sottolineato spessonel corso del poema: la triste sorte riservata aicadaveri lasciati insepolti, preda di cani randagie uccelli rapaci

v. 5 allude alla promessa che nel corso del I libroZeus farà a Teti di vendicare l’offesa arrecataad Achille favorendo in guerra le sorti dei Troiani(vv. 493-530): la boulhv, la «decisione» del diodarà inizio a una fase della guerra in cuiAgamennone e il suo esercito saranno la partesoccombente; l’anticipazione dei contenuticomincia dunque a spostarsi dalmacrocontesto, rappresentato dall’interopoema, al microcontesto, coincidente conil I libro

vv. 6-7 introducono al tema specifico del I libro:la contesa fra Agamennone e Achille che segnal’inizio della mh'ni"

PER APPROFONDIRE

I proemi alternativi dell’IliadeVariabilità e indipendenza dei proemi La necessità diadattare i proemi alle diverse occasioni esecutive com-portò ovviamente che queste sezioni introduttivemantennero una notevole variabilità e indipendenza:il proemio dell’Iliade, come anche quello dell’Odis-sea (vedi T11), sono solo due tra i molti che vennerocomposti nel corso della prassi epica per introdurresingole recitazioni o diverse organizzazioni narrative. I due proemi alternativi dell’Iliade Ne sono prova, inparticolare, i due proemi dell’Iliade, alternativi a quel-lo ‘vulgato’. Uno, secondo la testimonianza del pita-gorico e peripatetico Aristosseno (IV-III secolo a.C.),era attestato in alcune ejkdovsei", «copie, edizioni» an-tiche del poema omerico:

“Espete nun moi, Mousai, ∆Oluvmpia dwvmat∆ e[cousai,o{ppw~ dh; mhniv~ te covlo~ q∆ e{le PhleivwnaLhtou~ t∆ ajglao;n uiJovn∑ oJ ga;r basilhi colwqeiv~...

Narratemi ora, o Muse che abitate le case dell’Olimpo,in che modo l’ira colse il Pelidee lo splendido figlio di Latona. Costui infatti, adiratocol re, ...

Questo proemio alternativo attribuisce maggior rilievo,rispetto a quello ‘vulgato’, al motivo dell’ira di Apollo,ponendo quest’ultima sullo stesso piano della mh'ni" diAchille nella richiesta di ispirazione rivolta alle Muse.Nel testo iliadico ‘vulgato’, infatti, la menzione diApollo e della sua ira compare solo dopo la conclusio-

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Omero • Le tematiche dell’Iliade 67

L’ira di Achille (Iliade 1,121-192; 223-246)L’ira di Achille, che costituisce il nucleo centrale dell’Iliade, nasce da un forte scontro

con Agamennone; all’origine della vicenda è la mancata restituzione da parte di quest’ultimo dellaschiava Criseide al padre Crise, sacerdote di Apollo. L’atteggiamento oltraggioso di Agamennone spingeApollo a gettare una pestilenza contro gli Achei, impegnati nell’assedio di Troia da ormai dieci anni.Durante un’assemblea Achille apprende dall’indovino Calcante le ragioni della contrarietà di Apollo erimprovera Agamennone. Questi allora minaccia Achille, dicendogli che gli avrebbe sottratto la schiavaBriseide, suo bottino di guerra. A questo punto, Achille decide di allontanarsi dalla guerra e di ritirarsinella sua tenda.

Gli rispose allora il divino Achille dai piedi veloci: «Figlio di Atreo1, fra tutti il più illustre e il più avido, come potranno gli Achei generosiassegnarti un dono? In nessun luogo vi sono più beni comuni: quelli delle città che abbia-mo bruciato sono stati divisi. Non è lecito che si rimetta tutto insieme di nuovo. Tu, ora,rendi al dio la fanciulla: e noi Achei ti ripagheremo tre quattro volte tanto, se mai Zeus ciconcederà di abbattere Troia dalle belle mura».Gli rispose il potente Agamennone:«No, per quanto grande tu sia, divino Achille, non celare il tuo pensiero, perché non potraiingannarmi e non potrai persuadermi. Vuoi tenerti il tuo dono mentre io resto privo del mio,e pretendi da me che restituisca Criseide? Lo farò se gli Achei generosi mi daranno un altrodono, scelto secondo il mio gusto, che sia pari a quello perduto; e se non me lo daranno,andrò a prenderlo io stesso, andrò e prenderò il tuo, o quello di Aiace o quello di Odisseo –si adirerà di certo colui dal quale mi recherò! Ma a queste cose potremo pensare anche dopo,adesso mettiamo in mare una nave nera, raccogliamo i rematori, carichiamo un’ecatombe efacciamo salire Criseide, la bella; alla guida sia posto uno dei principi, perché plachi consacrifici il dio onnipotente: Aiace, Idomeneo2 o il divino Odisseo, oppure tu, figlio di Peleo,che sei fra tutti l’eroe più grande».Lo guardò con odio e gli disse Achille dai piedi veloci:«Tu, uomo impudente e avido, quale mai degli Achei sarà pronto a obbedirti, a seguir-ti nelle marce o nelle aspre battaglie? Non sono venuto qui a combattere per i Troiani,a me nulla hanno fatto; non mi hanno rubato né buoi né cavalli, non mi hanno distrut-to il raccolto nella fertile Ftia3, terra di eroi: monti pieni d’ombra sono fra noi, e il mare

2t

1. Il figlio di Atreo è Agamennone. 2. Idomeneo è figlio di Deucalione, re di Creta. Le sue impre-

se sono narrate nel XIII libro dell’Iliade. 3. Ftia, nella pianura della Tessaglia, è la patria di Achille.

ne del proemio vero e proprio, ai vv. 8-9, per raccorda-re il passaggio dal tema dell’ira al motivo della lite fra idue eroi achei: «Ma chi fu, tra gli dei, colui che li spin-se a contesa? Fu il figlio di Leto e di Zeus: adiratosicontro il re...» (trad. G. Cerri). Il proemio tramandatoda Aristosseno era dunque considerato alternativo atutti i primi nove versi della ‘nostra’ Iliade.L’altro proemio alternativo è invece trasmesso comel’incipit della cosiddetta Iliade di Apellicone, nome di

un bibliofilo ateniese vissuto nel I secolo a.C.:

Mouvsa~ ajeivdw kai; ∆Apovllwna klutovtoxon

Le Muse canto e Apollo famoso per l’arco

Almeno per quanto è dato capire da questo primoverso, il motivo dell’ira non è menzionato come primoargomento, e figura invece sin dall’inizio il nome diApollo.

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Antologia68

dai molti echi. Te abbiamo seguito, uomo senza vergogna, per tua soddisfazione, per l’o-nore di Menelao, ma anche per il tuo, bastardo, nei confronti dei Teucri. Non pensi aquesto, non te ne curi; e minacci di togliere a me il dono, quello per cui tanto ho pena-to, quello che mi hanno donato i figli dei Danai. Mai che ottenga un premio uguale altuo, quando gli Achei distruggono una popolosa città dei Troiani; eppure sono le miebraccia a reggere il peso maggiore della guerra violenta; ma quando è il momento dispartire il bottino, a te tocca il dono più grande mentre io torno alle navi con il mio,piccolo e caro, dopo la fatica della battaglia. Ora però me ne vado a Ftia, perché è moltomeglio ritornare a casa sulle concave navi piuttosto che rimanere qui senza onore e rac-cogliere tesori e ricchezze per te».Gli rispose a sua volta Agamennone, signore di popoli:«Vattene, se lo desideri, non sarò io a pregarti di rimanere; altri ho con me che mi faran-no onore, e soprattutto Zeus, saggio e prudente. Fra i re di stirpe divina tu mi sei il piùodioso: ami le risse, lo scontro, la guerra; sei molto forte, sì, ma questo è dono divino.Torna in patria con le tue navi e con i tuoi uomini, regna sui tuoi Mirmidoni4, di te nonmi importa, la tua ira non mi turba. Anzi, ti dirò questo: poiché Febo Apollo mi toglieCriseide, la rimanderò indietro sulla mia nave, con i miei uomini. Ma verrò io stessoalla tua tenda e mi prenderò la bella Briseide, il tuo dono, perché tu sappia che sono piùforte di te, e anche gli altri abbiano paura di tenermi testa e di parlarmi alla pari».Disse così. E il dolore colpì il figlio di Peleo; nel suo forte petto si divise il cuore, eglinon sapeva se levare dal fianco la spada affilata, incitare gli altri alla rivolta e ucciderelui stesso l’Atride, o frenare l’impulso e calmare la collera.

[...] Arriva poi Atena, mandata da Era, ed esorta Achille a placare la propria ira. L’eroe rie-sce così a frenare il proprio proposito di uccidere Agamennone, anche se non smette di rivolger-si all’Atride con parole minacciose e piene di sdegno.

Allora di nuovo il figlio di Peleo si rivolse all’Atride con dure parole, senza frenare lacollera:«Ubriaco, faccia di cane, cuore di cervo, che non osi combattere in armi con il tuo eserci-to, né prendere parte agli agguati con gli Achei valorosi: lo temi come la morte. Certo èmolto più facile, nel vasto campo acheo, strappare i doni di guerra a chi osa contraddirti;re che divori il tuo popolo, che regni su gente da nulla: altrimenti, figlio di Atreo, avrestioffeso per l’ultima volta. Ma ora io dico e pronuncio un gran giuramento. Per questo scet-tro, che non metterà più fronde né rami da quando ha lasciato il tronco tagliato sui monti,che non fiorirà più perché la scure gli ha tolto fogliame e corteccia tutt’intorno, ed ora loportano in mano i figli degli Achei, coloro che fanno giustizia e vegliano sulle leggi innome di Zeus: questo sarà davvero un gran giuramento. Verrà un giorno in cui i figli degliAchei, tutti, rimpiangeranno Achille; e allora tu soffrirai e non potrai aiutarli, quandomolti di loro cadranno colpiti da Ettore, uccisore di uomini; e l’animo ti roderai per larabbia di non aver onorato il più forte di tutti gli Achei».Così disse il figlio di Peleo e scagliò a terra lo scettro, ornato di borchie d’oro. Poi si sedette.

(trad. di M.G. Ciani)

4. I Mirmidoni sono un’antica popolazione greca che dall’isola di Egina si spostò in Tessaglia sotto la guida di Peleo. Al tempodella guerra di Troia su di loro regnava Achille.

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Omero • Le tematiche dell’Iliade 69

Tersite: una voce fuori dal coro (Iliade 2,212-277)Nel corso di un’assemblea Agamennone, per saggiare lo spirito e le reazioni del suo eser-

cito, dichiara di voler abbandonare l’assedio di Troia; il discorso di Agamennone provoca la precipitosafuga dei guerrieri verso le navi (pronti a imbarcarsi e a fare ritorno in patria), ma Odisseo riesce a ferma-re gli uomini e a farli tornare a più miti consigli. L’unico che continua a parlare è Tersite, rappresentato con toni estremamente realistici nella sua bruttez-za e deformità, che per la mentalità greca sono anche il chiaro segno di un basso valore morale (non a caso,gli eroi omerici, Troiani e Achei – da Paride a Ettore, da Odisseo ad Achille – sono solitamente descritti comealti, vigorosi nelle membra e splendidi in volto): a questi caratteri fisici si accompagna un ardire insolito chelo spinge persino a scagliarsi verbalmente contro Agamennone, Odisseo e Achille. Tersite si guadagna cosìun ruolo molto particolare all’interno dei poemi omerici: è l’antieroe per eccellenza.

Tersite1 soltanto strepitava fuori misura: conosceva molte parole, nel cuore, ma senzaordine e senza scopo le usava per sparlare dei re, poiché gli sembrava di divertire gli Achei;era l’uomo più brutto che fosse venuto a Ilio: storto, zoppo di un piede; le spalle cur-ve e ripiegate sul petto; la testa a punta coperta da una rada peluria. Era odioso più chea ogni altro ad Achille e a Odisseo, che spesso insultava; ma allora, con voce acuta, sca-gliava ingiurie contro il glorioso Agamennone; verso Agamennone gli Achei covavanoira violenta e rancore nell’animo, ma lui lo insultava urlando a gran voce:«Figlio di Atreo, che cosa vuoi, di che ti lamenti? La tua tenda è piena di bronzo, è pie-na di donne scelte, che noi Achei doniamo a te primo fra tutti, quando prendiamo unacittà; o forse ti manca l’oro, l’oro che ti porterà da Ilio qualche troiano domatore dicavalli per riscattare suo figlio, il figlio che legai e condussi io stesso o qualcun altrodei Danai – oppure vuoi una nuova schiava, per fare l’amore con lei, e conservarla perte, lontano dagli altri? No, non è giusto che un capo porti gli Achei alla rovina. Ah, vi-li ed infami, donne, non più uomini, torniamocene dunque a casa sulle nostre navi elasciamo costui qui a Troia, a godersi i suoi doni, così vedrà se gli eravamo d’aiuto op-pure no2; è lui che ha recato offesa ad Achille, guerriero molto più forte; gli ha presoil suo dono d’onore, gliel’ha strappato lui stesso e se lo tiene; certo Achille non cono-sce l’ira nell’animo, è mite davvero, altrimenti, figlio di Atreo, oggi avresti offeso perl’ultima volta».Così diceva Tersite ingiuriando Agamennone, signore di popoli; ma gli fu accanto, rapi-do, il glorioso Odisseo che lo guardò torvo e lo assalì con dure parole:«Parli come uno stolto, Tersite, anche se sei un bravo oratore; ora basta, non osare, tu solo,dir male dei re; io dico che non vi è nessuno peggiore di te tra quanti vennero a Ilio insie-me ai figli di Atreo; perciò non avere sempre i re sulla bocca, non insultarli; e non pensa-re al ritorno; noi non sappiamo ancora come andranno le cose, se vincitori o sconfitti ifigli dei Danai faranno ritorno. Ora ti piace insultare il figlio di Atreo, Agamennone,signore di popoli, perché molti doni gli offrono i guerrieri achei, e parli lanciando oltrag-gi; ma questo ti dirò e questo avrà compimento; se ancora ti troverò a fare lo sciocco comefai ora – che la testa non mi rimanga più sulle spalle, che di Telemaco non possa dirmi piùpadre, se non ti prendo, se non ti tolgo le vesti, il mantello, la tunica che ti copre il sesso,se non ti caccio dall’assemblea e ti rispedisco piangente alle navi veloci, coperto di vergo-gnose ferite».Così disse, e con lo scettro lo colpì sul dorso e sulle spalle; si piegò Tersite, dagli occhi gliscesero lacrime; una piaga gli si aprì sulla schiena ai colpi dello scettro d’oro; ebbe paura

3t

1. È da notare che Tersite viene presentato senza il patronimi-co, diversamente da quanto accade per tutti gli altri eroi epici.Questo dettaglio fa emergere con maggiore forza la bassaestrazione sociale del personaggio.

2. Queste parole ricalcano le parole di Achille nel I librodell’Iliade: pronunciate da Tersite, esse contribuiscono a deli-neare la figura anticonvenzionale del personaggio, in nettacontrapposizione con l’eroe per eccellenza del poema.

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e sedette, dolorante, e con sguardo smarrito si tergeva le lacrime; risero tutti di lui, nono-stante la loro pena e ognuno diceva al vicino:«Ah, certo Odisseo ci ha fatto mille volte del bene, dandoci buoni consigli e distinguen-dosi nella battaglia; ma oggi, in mezzo agli Argivi, ha fatto la cosa migliore, perché hachiuso la bocca a questo villano arrogante: l’animo non lo spingerà più a insultare dinuovo i re con parole ingiuriose».

(trad. di M.G. Ciani)

Antologia70

Guidaalla lettura

L’assemblea degli Achei L’episodio diTersite si inquadra nel contesto di

un’assemblea nel corso della quale gli Achei stanno deci-dendo la strategia da adottare nelle successive fasi dellaguerra di Troia. In particolare, dopo lo scoppio dell’ira diAchille nei confronti di Agamennone, quest’ultimo riceveda Zeus un sogno ingannatore (Il. 1,493-527) che gli sug-gerisce di raccogliere l’esercito e assaltare Troia. Il re degliAchei, deciso a saggiare la volontà dei propri uomini, liriunisce in assemblea e provocatoriamente propone loro diabbandonare il campo. Gli Achei iniziano così una fugaverso le navi e vengono fermati solo dalle parole diOdisseo, abile oratore capace di far tornare sui propri passii compagni ormai stremati da anni di assedio.La figura di Tersite In questo quadro emerge la figura diTersite, un uomo non appartenente all’aristocrazia, ma diumile estrazione sociale che, nondimeno, prende la paro-la con estrema forza e ardore nella tumultuosa assembleadegli Achei (Il. 2,212-214). Seguono versi in cui il perso-naggio di Tersite è presentato con dovizia di particolari,sia da un punto di vista fisico (vv. 216-219) – è l’uomo

più brutto dell’esercito acheo – sia sotto il profilo dei suoirapporti e dei suoi atteggiamenti nei confronti dei capiachei di spicco, quali Achille, Odisseo e Agamennone (vv.220-224).Il discorso di Tersite e la risposta di Odisseo I versi suc-cessivi contengono la forte invettiva lanciata da Tersiteproprio contro Agamennone, colpevole con il suo com-portamento di aver causato all’esercito acheo le più atrocisofferenze (vv. 225-242). Secondo uno schema consolida-to nei poemi omerici, al discorso di Tersite fa subito dacontraltare un discorso di risposta di Odisseo (vv. 246-264), che con le sue parole fa tacere la voce fuori dal corodi Tersite, colpito a tal punto da cadere affranto in lacrimee da suscitare l’ilarità dei compagni (vv. 265-270).L’episodio si conclude (vv. 271-277) con le parole di unodegli Achei, la cui identità non viene precisata: il guerrie-ro, rivolgendosi a un altro compagno, loda le parole diOdisseo, grazie al quale l’arroganza di Tersite è stata defi-nitivamente annientata e i valori eroici, come anche i tra-dizionali rapporti di forza nell’assemblea dei guerrieriachei, sono stati autorevolmente ristabiliti.

STRUTTURA

L’eroe in campo: l’aristìa di Diomede(Iliade 5,111-165; 330-354; 846-863)Il V libro dell’Iliade è interamente dedicato all’aristìa di Diomede, l’eroe argivo figlio di

Tìdeo che nel resto del poema (a parte la Dolonìa del X libro) figura semplicemente come uno dei molticapi achei impegnati nella guerra. Diomede assurge qui a un ruolo di assoluta preminenza. È ispirato eprotetto da Atena, e non solo fa strage dei nemici come una furia incontenibile, ma nel suo impeto giun-ge addirittura a sfidare due divinità: dapprima Afrodite, accorsa in aiuto del figlio Enea, e poi lo stessodio della guerra Ares, ferendoli entrambi.

Disse così; e Stènelo balzò a terra dal carro,gli venne accanto, trasse l’acuto dardo dalla spalla, intero,spicciò il sangue attraverso il ben tessuto chitone.E allora Diomede potente nel grido pregò:

4tPercorso

TEMATICOp. 127

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Omero • Le tematiche dell’Iliade 71

115 «Ascolta, creatura di Zeus egìoco1, Infaticabile,se mai con animo amico fosti vicina a me e al padrenella guerra crudele, adesso proteggimi, Atena.Dammi ch’io uccida quell’uomo – e venga a tiro di lancia –che mi colpì per primo, e se ne vanta e dice

120 ch’io non vedrò per molto ancora la luce del sole»2.Disse così pregando; e Pallade Atena l’udì,

gli rese pronte le membra, le gambe e in alto le braccia3,e standogli vicina disse parole fuggenti: «Forza, Diomede, adesso a batterti contro i Troiani,

125 ché t’ho ispirato nel petto quella furia paternaintrepida, ch’ebbe Tideo cavaliere agitatore di scudo,e ti ho tolto dagli occhi la nube, che v’era sopra,perché tu ben conosca i numi e i mortali.Ora dunque, se un nume venisse qui a tentarti,

130 in faccia agli immortali tu non osar di combattere,agli altri. Se però la figlia di Zeus Afroditevenisse nella battaglia, dàlle col bronzo acuto!4»

E se ne andò, così detto, Atena occhio azzurro,e il Tidide avanzò di nuovo, si mischiò fra i campioni;

135 egli era ardente prima a lottare coi Teucri,ma ora lo prese una furia tre volte maggiore, come leoneche un pastore nel piano – guardando pecore folte di lana –ha ferito al balzare nel chiuso, e non vinto:ne ha risvegliata la forza; e non osa difendersi più,

140 e s’appiatta dentro le stalle, e le pecore tremano sole,esse giacciono a mucchi, addossate una all’altra;balza intanto dall’alto chiuso la belva infuriata.Così infuriato il forte Diomede si mischiò coi Troiani.

E uccise allora Astìnoo e Ipèirone, pastore di genti,145 l’uno colpendo con l’asta di bronzo sulla mammella,

l’altro con la gran daga alla spalla sulla clavicolacolpì, restò separata la spalla dalla nuca e dal dorso.Ma li lasciò, e corse dietro ad Abante e Polìido,figli di Euridamante, il vecchio indovino di sogni;

150 non però al loro partire indovinò il vecchio i sogni,che il potente Diomede li atterrò l’uno e l’altro;mosse poi contro Xanto e Tòone, i due figli di Fènope,teneramente amati, ché triste vecchiaia lo accascia,né ha generato altro figlio, che possa lasciar sui suoi beni.

155 Ed ecco, Diomede li uccise, strappò la cara vita

1. La «creatura di Zeus» è Atena, come emerge dal v. 117.Zeus era detto «egioco» in quanto uno dei suoi attributi eral’egida, lo scudo che agitava per scatenare il tuono, segnoinequivocabile della sua ira oppure mezzo per spaventare imortali.2. La preghiera che Diomede rivolge ad Atena insiste sul rap-porto privilegiato che la dea ha sempre avuto prima con ilpadre dell’eroe e poi con lui stesso: è come se Diomedericordasse ad Atena un impegno che ha con il suo gevno~ , equindi con lui.

3. Come spesso avviene in tutto l’epos omerico, sono gli dèiche infondono o esaltano negli uomini non solo le qualitàmorali, come il coraggio, ma anche quelle fisiche, come l’agi-lità e la forza. 4. Qui sembra esserci un implicito riferimento all’odio nutritoda Atena ed Era contro Afrodite in seguito al giudizio diParide, che fra le tre dee aveva preferito Afrodite. La racco-mandazione della dea di non combattere contro le divinitàverrà tuttavia disattesa nei fatti da Atena stessa e dall’eroe,che si batteranno anche contro Ares.

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a entrambi, gemiti al padre, tristissimo affannolasciando; però che vivi, tornati dalla battaglia,non li poté abbracciare, divisero i beni i parenti.Poi prese due figli di Priamo Dardanide

160 su un solo carro moventi, Cromìo ed Echèmmone.Come un leone, balzando fra buoi, spezza il colloa torello o a giovenca, pascenti in mezzo alla macchia;l’uno e l’altro così giù dal cocchio il Tididemalconci e loro malgrado sbalzò, spogliò l’armi;

165 e diede i cavalli ai compagni da guidare alle navi.[...]

330 Questi5 col bronzo spietato inseguiva Ciprigna6,sapendo che è debole dea, non è una dea di quelleche dominano fra le battaglie degli uomini,non è Atena, non Eniò, l’atterratrice di mura.E la raggiunse tra la folla inseguendola;

335 si tese allora il figlio di Tideo magnanimo,e d’un balzo ferì con l’asta acuta il braccio teneroin fondo; e subito l’asta entrò nella pelletraverso al peplo ambrosio, che lavoraron le Grazie,all’altezza del polso; spicciò il sangue immortale della dea,

340 l’ìcore, quello che scorre nei numi beati7.Essi non mangiano pane, non bevono vino di fiamma,non hanno sangue perciò, e son chiamati immortali.Ella dié un grido acuto, lasciò cadere giù il figlio;ma tra le braccia Febo Apollo lo prese,

345 in mezzo a nube oscura, perché nessuno dei Danai cavalli rapidi,gettandogli il bronzo nel petto, potesse rapirgli la vita.A lei intanto urlò Diomede potente nel grido:«Vattene, figlia di Zeus, dalla mischia e dalla battaglia!Non ti basta sedurre donne prive di forza?

350 ma se in guerra ti metti, so dirti che avraiorrore della battaglia, per quanto lontana la impari».

Disse, ed ella fuggì disperata, perché orrendamente soffriva:Iri8 piede di vento la prese, e la menò fuor dal foltoin preda al dolore: la bella pelle anneriva.[...]

Ma come Ares funesto ai mortali vide Diomede glorioso,subito lasciò l’enorme Perìfante a giacerelà dove l’uccise, dove gli tolse la vita;dritto mosse contro Diomede domatore di cavalli.

850 E come furono vicini, andando l’uno contro l’altro,sorse Ares per primo, sopra al giogo e alle briglie dei cavalli,con l’asta di bronzo, bramando strappargli la vita.Ma l’afferrò con la mano la dea Atena, occhio azzurro,la spinse fuori dal carro, a cadere giù vana.

855 Diomede valente nel grido balzò secondo

Antologia72

5. È Diomede.6. Epiteto di Afrodite, la dea dell’amore alla quale era sacra l’i-sola di Cipro.7. Se non fosse per il loro sangue, l’ìcore (ijcwvr), che è diverso

da quello degli uomini, gli dèi omerici, come risulta in modo evi-dente da questa scena, sono anche fisicamente in tutto e pertutto simili agli uomini, e come loro soffrono il dolore fisico.8. È la messaggera degli dèi.

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Omero • Le tematiche dell’Iliade 73

con l’asta di bronzo; e Pallade Atena la spinsenel basso ventre, dove agganciava la fascia;là egli lo colse, la bella pelle gli aperse,e tirò indietro l’arma; e il bronzeo Ares urlò,

860 forte, come novemila gridano o diecimila uomini nella battaglia, movendo lotta guerriera. Tremore percosse gli Argivi e i Troiani, atterriti; tanto forte urlò Ares mai sazio di pugna.

(trad. di R. Calzecchi Onesti)

Un ‘duello mancato’: l’incontro di Glauco e Diomede(Iliade 6,119-129; 142-236)Nel VI libro dell’ Iliade Diomede mostra un comportamento ben diverso da quello ap-

pena narrato (vedi brano precedente). Quando l’eroe si trova di fronte Glauco, capo dei Lici e allea-to dei Troiani, e ne apprende l’identità, rifiuta lo scontro in nome dei vincoli di ospitalità che aveva-no legato i rispettivi nonni; un tempo, infatti, Bellerofonte, antenato di Glauco, era stato ospite diOineo, avo di Diomede. Questo ‘duello mancato’ contrasta solo in apparenza con l’etica bellica checaratterizza il poema: i vincoli dell’ospitalità, sacri e posti sotto la protezione di Zeus, erano rispet-tati anche a distanza di generazioni, e la loro importanza era tale che in loro nome veniva infrantopersino il codice di comportamento da tenere in battaglia, sistematicamente improntato alla ricer-ca dell’onore e della gloria.

E in mezzo ai due eserciti si incontrarono, avidi di lotta, il figlio di Ippoloco, Glauco,e Diomede, figlio di Tideo. Andavano l’uno verso l’altro e quando furono vicini parlòper primo Diomede dal grido potente:«Chi sei, guerriero, chi sei fra gli uomini mortali? Non ti ho mai visto prima nella bat-taglia gloriosa; eppure sei superiore a tutti per il coraggio, tu che ora affronti la mialancia dalla lunga ombra; infelici i genitori di coloro che si oppongono alla mia forza!Se sei un dio disceso dal cielo, io non voglio battermi con gli immortali. [...] Ma se seiun uomo mortale e ti nutri con i frutti della terra, vieni più vicino e presto raggiunge-rai i confini della morte».Gli rispose il glorioso figlio d’Ippoloco:«Grande figlio di Tideo, perché mi domandi chi sono? Le generazioni degli uomini so-no come le foglie: il vento le fa cadere a terra ma altre ne spuntano sugli alberi in fio-re quando viene la primavera. Così le stirpi degli uomini, una nasce, l’altra svanisce.Se però vuoi sapere anche questo, se vuoi conoscere la mia discendenza, te la dirò, amolti essa è nota. Nella valle di Argo, ricca di cavalli, vi è una città, Efira, e qui vivevail più astuto fra gli uomini, Sisifo figlio di Eolo; egli ebbe un figlio, Glauco, e Glaucogenerò il nobile Bellerofonte a cui gli dei donarono forza, grazia e bellezza; ma controdi lui tramava nell’animo Preto, che lo cacciò dalla terra argiva (era uomo molto po-tente, Zeus l’aveva posto sotto la sua protezione). La moglie di Preto, la bellissima An-tea, ardeva dal desiderio di unirsi segretamente in amore con Bellerofonte, ma non riu-scì a persuadere l’eroe, che era saggio e prudente. Allora al re Preto ella disse questa men-zogna: «che tu possa morire, Preto, se non uccidi Bellerofonte che voleva fare l’amorecon me contro la mia volontà». Così disse e udendola il re fu preso dall’ira; tuttavia nonuccise l’eroe, ne ebbe timore in cuor suo, lo mandò invece in Licia e gli affidò messag-gi di morte, funesti messaggi scritti su una tavoletta piegata1, ordinando che li mostras-se al suocero, per sua rovina. Andò in Licia Bellerofonte, lo guidavano gli dei beati. E

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quando giunse alle acque dello Xanto2, il re di quel vasto regno gli rese onore, per no-ve giorni festeggiò l’ospite, sacrificò nove buoi. Ma quando, il decimo giorno, sorse Au-rora dalla luce rosata, allora lo interrogò, chiese di vedere il messaggio che gli recavada parte del genero Preto. E quando conobbe lo scritto funesto del genero, per primacosa ordinò a Bellerofonte di uccidere la Chimera invincibile, la Chimera di stirpe di-vina, che davanti era leone, dietro serpente e capra nel mezzo, e spirava fiamme di fuo-co ardente. Bellerofonte la uccise confidando nei presagi divini. Poi si batté con i So-limi3 gloriosi e fu la battaglia più dura mai avvenuta fra eroi. Uccise infine le Amazzo-ni4, forti al pari degli uomini. E mentre faceva ritorno, un altro astuto inganno fu or-dito contro di lui; nell’ampia terra di Licia il re scelse i guerrieri più forti e tese un ag-guato: ma essi non fecero più ritorno perché tutti li uccise il glorioso Bellerofonte. Al-lora il re comprese che era di nobile stirpe, figlio di un dio, lo trattenne presso di sé,gli diede in moglie sua figlia e divise con lui gli onori del regno; per lui, perché vi abi-tasse, i Lici delimitarono un campo, il più bello, terra buona da arare e da coltivare afrutteto. Tre figli diede la sposa al forte Bellerofonte, Isandro, Ippoloco e Laodamia. ALaodamia si unì Zeus, il dio sapiente, e lei generò Sarpedonte divino dall’elmo di bron-zo. Ma quando tutti gli dei presero a odiarlo5, allora andava errando per la pianura Alea,Bellerofonte, solo, e si rodeva il cuore mentre fuggiva le tracce degli uomini; Isandroglielo uccise Ares, il dio mai sazio di guerra, nella battaglia contro i Solimi gloriosi; Lao-damia fu uccisa dall’ira di Artemide, la dea dalle briglie d’oro. Io sono figlio d’Ippolo-co, da lui discendo; fu lui a mandarmi a Troia e mi comandava di essere sempre il pri-mo, fra tutti gli altri il più forte, di onorare la stirpe dei padri che a Efira e nella vastaLicia furono sempre i migliori. Questa è dunque la stirpe mia, questo il mio sangue».Così disse, e fu lieto Diomede dal grido potente; conficcò la sua lancia nella terra fecon-da e rivolse parole amichevoli a Glauco, signore di popoli:«Sei dunque un ospite antico per me da parte di padre; il divino Oineo6 accolse un tempoil nobile Bellerofonte nella sua reggia e lo trattenne per venti giorni; si scambiarono l’unl’altro doni ospitali, bellissimi; Oineo offrì una cintura di porpora, splendida, Bellerofonteuna coppa d’oro a due manici: l’ho lasciata nella mia casa quando sono partito. Non ricor-do Tideo perché ero ancora bambino quando mi lasciò per andare a Tebe dove l’esercitoacheo fu distrutto7. Io sono dunque per te ospite e amico in Argolide e tu in Licia, se maiio vi giunga. Non incrociamo le lance tra noi, anche se siamo in battaglia; sono molti iTroiani e gli illustri alleati che io posso uccidere se un dio me li manda davanti o se li rag-giungo io stesso; e molti sono gli Achei che tu puoi abbattere. Scambiamoci invece le armiperché sappiano anche costoro che siamo ospiti per tradizione antica e questo è il nostrovanto».Dopo aver così parlato balzarono entrambi dai carri, si strinsero la mano, si giuraronofede. Ma Zeus figlio di Crono tolse il senno a Glauco che scambiò le sue armi d’oro conquelle di bronzo del figlio di Tideo: il valore di cento buoi contro quello di nove.

(trad. di M.G. Ciani)

Antologia74

1. Questo sarebbe uno dei due accenni alla scrittura presen-ti nei poemi, ma vedi p. 53.2. Fiume della Licia.3. Popolazione che originariamente abitava la Licia.4. Mitico popolo di donne guerriere.5. In Omero non si specifica per quale motivo Bellerofontecadde in disgrazia presso gli dèi; secondo il racconto miti-

co di Pindaro (Istmica 7,44-47), l’eroe avrebbe commessoil peccato di voler raggiungere il cielo, dimora degli dèi, ingroppa a Pegaso, il cavallo alato.6. Padre di Tìdeo, è il nonno di Diomede.7. Il riferimento è alla spedizione dei Sette contro Tebe, ogget-to di saghe epiche che poi forniranno ampio materiale alla tra-gedia attica.

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PercorsoTEMATICOL’eroe tra letteratura

e cultonella Grecia arcaicaIndividualismo e collettivitànel mondo dell’eposSebbene nell’epos i combattenti siano solitamen-te impegnati in imprese collettive, la dimensionepiù profonda dell’eroe era comunque sentita co-me essenzialmente solitaria. La poesia omerica, ein generale tutto l’epos arcaico, infatti, rivela unaconcezione fortemente individualistica dell’eroe,come dimostrano le aristie che scandiscono la nar-razione articolando il racconto epico in quadriindipendenti in cui spicca una singola figura diguerriero. Ma il risalto concesso dall’epos alle individualitàdei vari eroi non si spiega soltanto in questo mo-do: un influsso importante lo esercitò anche ilcontesto socio-politico che faceva da cornice allerecitazioni epiche. A un certo punto della tradizio-ne, infatti, l’epos non era più destinato all’udito-rio riunito nella corte del sovrano, bensì al pub-blico panellenico raccolto in occasione delle gran-di feste religiose: in quell’ambito doveva trovarespazio anche la celebrazione dei numerosi eroi og-getto di venerazione e di culto in diverse regionidella Grecia. Ma quali erano le caratteristiche checontraddistinguevano un eroe e lo identificavanoin quanto tale?

Gli eroi, gli uomini comuni e gli dèiGli h{rwe" si distinguono dagli uomini comuni so-prattutto per la capacità di incidere in modo de-terminante sugli eventi e di alterarne il corso; que-sta capacità deriva agli eroi in parte da straordina-rie doti fisiche e intellettive, in parte dal rappor-to privilegiato che li lega a una o più divinità.Lo straordinario intervento degli eroi si esplicatanto nel bene quanto nel male. La dimensione ori-ginaria degli eroi greci, quale si riflette nell’eposarcaico, infatti, è sostanzialmente amorale, inquanto le azioni più nobili si possono accompa-gnare, senza contraddizione, alle peggiori nefan-

dezze. Paradigmatico è il caso di Eracle che, secon-do un passo dell’Odissea (21,22-30), aveva uccisoe derubato dei suoi cavalli l’ospite Ifito.Se la capacità di modificare gli eventi distingue glieroi dagli uomini comuni, la loro natura mortaleli differenzia invece dagli dèi; la morte, infatti,aspetta anche quanti tra loro sono nati dall’unio-ne di un genitore divino con un genitore umano.Gli eroi, pertanto, nascono direttamente o indi-rettamente dagli dèi, ma muoiono come gli uomi-ni: ecco perché in un passo dell’Iliade (12,23) glih{rwe" vengono anche chiamati hJmivqeoi a[ndre",«uomini semidei», una definizione collettiva cherende perfettamente l’ambiguo statuto ricono-sciuto loro dal mito.

La morte e la gloriaNei poemi omerici le yucaiv, le «anime» degli eroisono inesorabilmente destinate all’Ade, come quel-le degli altri uomini; nel resto dell’epos arcaico èperò attestata anche un’altra concezione, secondola quale gli eroi godono di una sbiadita forma disopravvivenza sulle «isole dei beati», agli estremiconfini del mondo (così in Esiodo, Opere 161-173, vedi p. 186, T6).Comunque sia, dopo la morte degli eroi restavanosolo due cose: la tomba e il klevo", la «gloria». Latomba era sempre connessa al presunto luogo di se-poltura degli eroi stessi e il rituale prevedeva liba-gioni fatte colare nella terra (e perciò dette coaiv,da cevw, «versare») per raggiungere il mondo degliinferi. Il klevo~, invece, era affidato soprattutto algrande potere celebrativo della poesia epica: non acaso nei poemi omerici il rapporto di dipendenzatra gli eroi e gli aedi assume spesso la forma di unoscambio di identità, per cui gli eroi sono talvoltarappresentati nell’atto di cantare come aedi (Achil-le in Iliade 9,185-191; Odisseo nei libri 9-12 del-l’Odissea), e gli aedi sono talvolta fregiati del tito-lo di eroi (Demodoco in Odissea 8,483).

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I testi chiave

Iliade 5, passim (vedi p. 70, T4)Iliade 6,119-129; 142-236(vedi p. 73, T5)

Esiodo, Opere 106-201 (vedi p. 186,T6)

Eppure il klevo" a[fqiton, la «gloria imperitura» cheviene dalla memoria delle loro imprese, non bastaa consolare gli eroi del loro rapporto profonda-mente conflittuale con la morte: l’eroe odia la mor-te più dell’uomo qualunque, anche se proprio in es-sa trova il compimento di un destino glorioso. Em-blematiche, in tal senso, sono le parole che la yu-chv di Achille rivolge a Odisseo sceso nell’Ade,quando costui ne loda la preminenza tra le animedegli altri eroi morti (Odissea 11,488-491): «Nonabbellirmi, illustre Odisseo, la morte! Vorrei dabracciante servire un altro uomo, un uomo senzapodere che non ha molta roba; piuttosto che do-minare tra i morti defunti» (trad. G.A. Privitera).

Un eroe immortale: EracleNel V secolo a.C. Pindaro definisce Eracle h{rw"qeov", «eroe dio» (Nemea 3,22), per distinguerel’unicità di questo eroe, che dopo la morte viene

divinizzato e accolto nel consesso degli dèi olim-pi: Eracle è stato dunque un eroe, anzi il più im-portante degli eroi, fino al compiersi del suo de-stino mortale; ma la sua apoteosi post mortem neha fatto poi una divinità. Questa eccezione rappresentata da Eracle vienerecepita dalla tradizione epica arcaica solo a par-tire da una fase piuttosto avanzata, giacché in unpasso dell’Iliade (18,117-119) si dice ancora cheneppure questo eroe sfuggì al destino di morte, ei versi dell’Odissea nei quali si fa riferimento allasua apoteosi (11,602-604) potrebbero essere un’ag-giunta più tarda. Non è un caso, comunque, cheEracle sia l’unico eroe greco di cui non esisteva unatomba: evidentemente, il peculiare tipo di culto ri-servato agli h{rwe" nella Grecia arcaica non si adat-tava al solo eroe che aveva continuato a vivere an-che dopo la morte e che risiedeva in cielo tra glidèi olimpi.

128 L’eroe tra letteratura e culto nella Grecia arcaica

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Dai poemi omericial poema cavalleresco

Ipoemi omerici esercitarono un influsso enorme sulla poesia epica delle età successive, non solo nelmondo greco e romano, ma anche sui poemi cavallereschi del Quattrocento e del Cinquecento.Generalmente in questi casi la conoscenza e la ripresa di Omero non erano dirette, bensì mediate

dall’Eneide di Virgilio; ma poiché Virgilio aveva costruito numerosi episodi seguendo molto da vicino ilmodello omerico, tematiche e strutture narrative dell’Iliade e dell’Odissea giunsero indirettamente ainfluenzare l’elaborazione di passi composti in un’epoca molto lontana e in un contesto socio-politicoprofondamente differente. Apparentemente, si potrebbe riconoscere un’analogia fra i poemi omerici e i poemi cavallereschi: in entram-bi i casi, infatti, la corte, che si configura come il committente e al tempo stesso il destinatario dell’opera,gioca un ruolo fondamentale. Ma in realtà sia la funzione sia la tecnica compositiva sono molto diverse. Ipoemi omerici sono un’‘enciclopedia’ nella quale viene trasmesso il sapere di un’intera collettività che nel-l’epos si rispecchia, mentre i poemi cavallereschi hanno come scopo primario l’intrattenimento. Inoltre, l’e-pos omerico rappresenta la fissazione di un lunghissimo processo compositivo avvenuto per via orale; ipoemi cavallereschi, al contrario, nascono per iscritto e si configurano intenzionalmente come una poesiacolta e artisticamente elaborata.

Le riprese di Omero nell’Eneide virgiliana sononumerosissime, e vanno dalla struttura generale delpoema, che nella prima metà si ispira all’Odissea enella seconda all’Iliade, ai singoli episodi, in ungioco intertestuale di ripresa e variazione tanto dotto

quanto allusivo. In occasione dei giochi funebri inonore di Patroclo, ad esempio, si svolge anche unagara di corsa, nella quale si sfidano soprattutto treeroi, Antiloco, Aiace e Odisseo (che risulterà poi ilvincitore):

La gara di corsa ai funerali di Patroclo (Iliade 23,754-785)

Disse così e s’alzò subito il rapido Aiace d’Oileo,e Odisseo accorto e poi il figlio di NestoreAntìloco: egli coi piedi vinceva tutti i giovani.Stettero fermi in fila; Achille segnò la mèta.Passato il segno, la loro corsa divenne serrata e subito allorafu in testa il figlio d’Oileo, dietro volava Odisseo glorioso,vicinissimo; come al petto di donna dalla bella cinturaè vicina la spola, quando la tira con le mani, ben forte,passando la trama attraverso l’ordito, e accosto al petto

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1. Omero e Virgilio

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la tiene; così vicino gli correva Odisseo e coi piedine ribatteva le impronte, prima che vi ricadesse la polvere.Sopra la testa gli riversava il suo fiato Odisseo glorioso,correndo sempre con furia; e tutti gli Achei acclamavanoall’ansioso di vincere, e lo incitavano che già si affrettava.Ma quand’erano ormai in fondo alla corsa, Odisseopregò nel suo cuore Atena occhio azzurro:«Ascoltami, dea, vieni buona in aiuto ai miei piedi!».Così disse pregando; l’udì Pallade Atena,agili gli fece le membra, le gambe e in alto le braccia.Ecco, mentre stavano già per balzare sul premio,scivolò Aiace correndo – Atena lo fece inciampare –dove s’ammonticchiava il fimo dei buoi vasto mugghio ammazzati,che in onore di Patroclo Achille piede rapido uccise;di fimo di buoi s’empì le narici e la bocca.Così il cratere lo prese Odisseo costante, glorioso,che arrivò prima, il nobile Aiace si prese il bue;stette però, tra le mani tenendo il corno del bove selvaggiosputando fimo, e parlò fra gli Argivi:«Ah! La dea ha fatto inciampare il mio piede, quella che semprecome una madre sta accanto a Odisseo e lo protegge».Disse così, ma tutti risero di buon cuore di lui.Antiloco dunque si prese l’ultimo premio.

(trad. di R. Calzecchi Onesti)

Il V libro dell’Eneide, ambientato in Sicilia, è quasiinteramente occupato dai giochi funebri in onore diAnchise, padre di Enea. Come nel modello omerico,

puntualmente Virgilio propone una gara di corsanella quale primeggiano i due giovani amici Eurialoe Niso:

La gara di corsa ai funerali di Anchise(Virgilio, Eneide 5,293-302; 315-344)

Da tutte le parti si radunano Teucri e Sicani, Niso e Eurialo per primi,Eurialo celebre per l’aspetto e la verde giovinezza,Niso per casto amore del ragazzo; li segue poiil regale Diore dell’egregia stirpe di Priamo;insieme a lui Salio e Patrone, dei quali l’unoacarnano, l’altro della gente tegea da sangue arcadio;poi due giovani trinacrii, Elimo e Panope,avvezzi alle selve, compagni dell’anziano Aceste;e molti ancora che l’oscura fama nasconde.[...] prendono posto, e d’un tratto,udito il segnale, divorano lo spazio e lasciano la linea,

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Dai poemi omerici al poema cavalleresco 131

scattati simili a un nembo, ed insieme fissano il traguardo.Primo fugge Niso e balza per lungo trattodavanti a tutti i corpi, più veloce dei ventie dell’ali del fulmine; prossimo a lui, ma prossimo a lungadistanza, segue Salio, ancora dietro uno spazioè terzo Eurialo;Elimo segue Eurialo, a ridosso di quelloecco vola Diore e sfiora il piede col piede,premendo con la spalla, e se restasse spazio maggiorepasserebbe guizzando primo o lascerebbe il rivale dubbioso del primo posto.E già, quasi nell’ultimo tratto, s’appressavano stanchial termine, quando, sfortunato, Niso scivola su viscidosangue, dove, immolati proprio lì i giovenchi,sparso in terra bagnava le verdi erbe.Qui il giovane già vincitore e trionfante non ressei piedi barcollanti sul suolo premuto, ma cadde riversoproprio nell’immondo fimo e sul sacro sangue.Non si dimenticò tuttavia di Eurialo e del suo amore:si mise davanti a Salio alzandosi sul terreno sdrucciolevole:quello rotolò e giacque nella densa sabbia.Balza Eurialo, e vincitore per dono dell’amico,prende il primo posto e vola tra applausi e consensi.Segue Elimo e, adesso terza palma, Diore.Allora Salio riempie di alti clamori l’interoconsesso dell’immenso teatro e i primi volti dei padri,e chiede che gli si renda la gloria strappata con l’inganno.Il favore pubblico protegge Eurialo, e le belle lagrime,e il valore che appare più grato in un corpo avvenente.

(trad. di L. Canali)

Un altro punto di contatto fra Omero e Virgilio sipuò ritrovare in una delle scene più celebri dientrambi i poemi: l’incontro dell’eroe protagonistacon l’ombra del genitore defunto. Nell’XI libro

dell’Odissea Odisseo scende nell’Ade, dove incontravarie anime di eroi ed eroine, tra le quali figura anchela madre Anticlea. L’eroe tenta tre volte di abbrac-ciarla, ma invano:

L’incontro nell’Ade: Odisseo e la madre(Odissea 11,84-87; 153-161; 203-207)

E sopraggiunse l’anima della madre mia, morta,la figlia del magnanimo Autòlico, Antìclea,che viva lasciavo, andando a Ilio sacra.Io piansi a vederla, e provai pena in cuore [...].Mi riconobbe e gemendo parole fugaci diceva:«Creatura mia, come venisti sotto l’ombra nebbiosa

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vivo? Tremendo ai vivi veder queste cose!In mezzo a gran fiumi e terribili gorghi,l’Oceano prima di tutto, che non può traversarea piedi chi non ha solida nave.Forse ora da Troia, dopo un errare lunghissimo, arriviqui con la nave e i compagni? In Itaca ancoranon sei tornato? Non hai rivisto nel palazzo la sposa?» [...]Così parlava: e io volevo – e in cuore l’andavo agitando –stringere l’anima della madre mia morta.E mi slanciai tre volte, il cuore m’obbligava ad abbracciarla;tre volte dalle mie mani, all’ombra simile o al sogno,volò via: strazio acuto mi scese più in fondo.

(trad. di R. Calzecchi Onesti)

Anche Virgilio, come Omero, ha voluto presentareEnea, il suo eroe, nell’incredibile viaggio nel mondodei morti, e ha dedotto dal modello dell’XI libro

dell’Odissea vari episodi tra cui quello dell’incontrocon uno dei genitori, in questo caso il padreAnchise:

L’incontro nell’Ade: Enea e il padre(Virgilio, Eneide 6,684-702)

Egli [= Anchise], quando vide Enea che gli veniva incontrosul prato, protese commosso entrambe le mani,e lagrime scorsero dalle palpebre, e la voce eruppe dalle labbra:«Venisti infine, e la tua pietà, desiderata dal padre,vinse il duro cammino? Posso, o figlio, guardartiin volto, e ascoltare la nota voce e rispondervi?Così certamente immaginavo e credevo che sarebbe avvenuto,contando i giorni, e l’ansia non mi trasse in inganno.Portato per quali terre e ampie distese del mareti accolgo! travagliato, o figlio, da quali gravi pericoli!Quanto temetti che ti nuocesse il regno di Libia!».Ed egli: «La tua mesta immagine, o padre, comparendomicosì di frequente, mi spinse a dirigermi a queste soglie;le navi sostano nel mare Tirreno. Concedidi stringerti la destra, concedi, e non sottrarti all’abbraccio».Così discorrendo, rigava il viso di largo pianto.Tre volte cercò di circondargli il collo con le braccia,tre volte invano afferrata l’immagine sfuggì dalle mani;pari a lievi venti, simile ad alato sogno.

(trad. di L. Canali)

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