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Pag. 1/26 CORSO DI STATISTICA I (AA 2012-13) Elenco delle possibili domande della prova teorica in forma scritta DOMANDE DI STATISTICA DESCRITTIVA D1 - Serie e seriazioni statistiche. - Serie statistiche sono il risultato della riorganizzazione in frequenze delle modalita’ osservate (Mutabile “Colore capelli”) - Serie statistiche ordinate sono il risultato della riorganizzazione in frequenze di caratteri ordinabili (Fenomeno altezza: Bassa – Media – Alta) - Seriazioni statistiche sono il risultato della riorganizzazione in frequenze di intensita’ osservate (Variabile Statura) D2 - La densità di frequenza: definizione e utilizzo. Utilizzata quando si opera con variabili quantitative raggruppate in classi di intervalli di diversa ampiezza, si definisce come il rapporto tra le frequenze associate a ciascun intervallo e le ampiezze degli intervalli stessi. Si utilizza quando si vuole determinare la Moda del fenomeno (parleremo in tal caso di Classe Modale, ovvero l’ intervallo cui corrisponde la densita’ di frequenza maggiore) ed anche per una corretta costruzione degli istogrammi (Le aree dei rettangoli in tal caso rappresenteranno le frequenze assolute associate a ciascun intervallo). D3 - Frequenza assoluta, relativa e cumulata. - La frequenza assoluta f i associata a modalita’ od intensita’ a i , rappresenta il numero di volte con cui la modalita’ o intensita’ a i e’ stata osservata. - La frequenza relativa f i /N associata al modalita’ od intensita’ a i , rappresenta il numero di volte con cui la modalita’ o intensita’ a i e’ stata osservata espressa in % rispetto al numero toale N di osservazioni effettuate - La frequenza cumulata F i associata al modalita’ di tipo ordinale od intensita’ a i , rappresenta la quantita’ complessiva di soggetti caratterizzati da una modalita’ od intensita’ gerarchicamente non superiore a quella del soggetto a i cui e’ associata. D4 - Si illustri come si costruisce un istogramma con dati raggruppati in classi di intervallo di ampiezza diversa e come è possibile su tale grafico, individuare l’intervallo modale Data la distribuzione di frequenze descritta in tabella. relativa ad una variabile quantitativa X le cui intensita’ sono aggregate per classi di intervallo di diversa ampiezza, non e’ piu’ possibile effettuare confronti diretti tra le frequenze loro associate per indentificare la Classe modale e quindi la Moda [Mo = (x i+1 - x i )/2]. Diventa pertanto necessario completare la tabella introducendo le frequenze relativizzate all’ ampiezza dell’ intervallo stesso f i /(x i+1 - x i ) dette anche densita’ di frequenza ed effettuare un confronto tra quest’ ultime per individuarne la piu’ elevata che diventera’ la classe modale del fenomeno, evidenziata graficamente nell’ istogramma dal valore piu’ elevato. D5 - Si individui quale tra i seguenti fenomeni è di tipo qualitativo, quantitativo discreto, quantitativo continuo e trasferibile (Vedi Nota_1 pag. 25): a) Titolo di studio - Qualitativo ordinabile b) Temperatura - Quantitativo continuo non trasferibile x i –I x i+1 f i f i /(x i+1 - x i ) 0 –I 5 5 –I 10 10 –I 25 25 –I 35 35 –I 45 6 4 74 60 56 1.2 0.8 4.93 6 3.73 Totale 100 - 5 10 25 35 45 f i / ( x i+1 - x i ) 6 4.93 3.73 1.20 0.80 x i

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CORSO DI STATISTICA I (AA 2012-13) Elenco delle possibili domande

della prova teorica in forma scritta

DOMANDE DI STATISTICA DESCRITTIVA

D1 - Serie e seriazioni statistiche. - Serie statistiche sono il risultato della riorganizzazione in frequenze delle modalita’ osservate (Mutabile “Colore capelli”) - Serie statistiche ordinate sono il risultato della riorganizzazione in frequenze di caratteri ordinabili (Fenomeno altezza: Bassa – Media – Alta) - Seriazioni statistiche sono il risultato della riorganizzazione in frequenze di intensita’ osservate (Variabile Statura)

D2 - La densità di frequenza: definizione e utilizzo. Utilizzata quando si opera con variabili quantitative raggruppate in classi di intervalli di diversa ampiezza, si definisce come il rapporto tra le frequenze associate a ciascun intervallo e le ampiezze degli intervalli stessi. Si utilizza quando si vuole determinare la Moda del fenomeno (parleremo in tal caso di Classe Modale, ovvero l’ intervallo cui corrisponde la densita’ di frequenza maggiore) ed anche per una corretta costruzione degli istogrammi (Le aree dei rettangoli in tal caso rappresenteranno le frequenze assolute associate a ciascun intervallo).

D3 - Frequenza assoluta, relativa e cumulata. - La frequenza assoluta fi associata a modalita’ od intensita’ ai, rappresenta il numero di volte con cui la modalita’ o intensita’ ai e’ stata osservata.

- La frequenza relativa fi/N associata al modalita’ od intensita’ ai, rappresenta il numero di volte con cui la modalita’ o intensita’ ai e’ stata osservata espressa in % rispetto al numero toale N di osservazioni effettuate - La frequenza cumulata Fi associata al modalita’ di tipo ordinale od intensita’ ai, rappresenta la quantita’ complessiva di soggetti caratterizzati da una modalita’ od intensita’ gerarchicamente non superiore a quella del soggetto ai cui e’ associata.

D4 - Si illustri come si costruisce un istogramma con dati raggruppati in classi di intervallo di ampiezza diversa e come è possibile su tale grafico, individuare l’intervallo modale Data la distribuzione di frequenze descritta in tabella. relativa ad una variabile quantitativa X le cui intensita’ sono aggregate per classi di intervallo di diversa ampiezza, non e’ piu’ possibile effettuare confronti diretti tra le frequenze loro associate per indentificare la Classe modale e quindi la Moda [Mo = (xi+1 - xi)/2]. Diventa pertanto necessario completare la tabella introducendo le frequenze relativizzate all’ ampiezza dell’ intervallo stesso fi/(xi+1 - xi) dette anche densita’ di frequenza ed effettuare un confronto tra quest’ ultime per individuarne la piu’ elevata che diventera’ la classe modale del fenomeno, evidenziata graficamente nell’ istogramma dal valore piu’ elevato.

D5 - Si individui quale tra i seguenti fenomeni è di tipo qualitativo, quantitativo discreto, quantitativo continuo e trasferibile (Vedi Nota_1 pag. 25):

a) Titolo di studio - Qualitativo ordinabile b) Temperatura - Quantitativo continuo non trasferibile

xi –I xi+1 fi fi/(xi+1 - xi)

0 –I 5

5 –I 10

10 –I 25

25 –I 35

35 –I 45

6 4

74 60 56

1.2 0.8

4.93 6

3.73 Totale 100 -

5 10 25 35 45

fi / ( xi+1 - xi)

6 4.93 3.73 1.20 0.80

xi

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c) Millimetri di pioggia - Quantitativo continuo non trasferibile d) Colore dei capelli - Qualitativo sconnesso e) Prontezza di riflessi - Qualitativo ordinabile f) Peso - Quantitativo continuo non trasferibile g) Età - Quantitativo discreto non trasferibile h) Pressione arteriosa - Quantitativo discreto non trasferibile i) Reddito - Quantitativo continuo trasferibile l) Numero di pagine di una rivista - Quantitativo discreto non trasferibile

D6 - Nelle seguenti successioni di dati si individuino quelle che hanno per moda il valore 4 a) 1, 1, 6, 4, 3 b) 4, 1, 4, 3, 4 - * c) 5, 3, 4, 6, 1 d) 2, 4, 4, 3, 1 - * e) 4, 4, 1, 3, 3 - * (Bi-modale)

D7 - Nelle seguenti successioni di dati si individuino quelle che hanno per mediana il valore 4 a) 1, 1, 6, 4, 3 b) 4, 1, 4, 3, 4 - * c) 5, 3, 4, 6, 1 - * d) 2, 4, 4, 3, 1 e) 4, 4, 1, 3, 3

D8 - Se con un’automobile percorre 240 km in 120 minuti e 60 km in 60 minuti quale è stata la velocità media? Illustrare il tipo di media utilizzata.

Ma = s/t = (s1 + s2)/(t1 + t2) = (s1 + s2)/(s1/v1) + (s2/v2) Ma = (240 + 60)/(240/120 + 60/60) = 100 Km/h

Quella utilizzata e’ la Media Armonica

Ma = N/(∑ni =1 1/xi fi)

Nel caso in esame la Ma delle velocita’ dei singoli tratti e’ pesate per la lunghezza dei tratti stessi.

D9 - Dato un indice di dispersione D il cui campo di variazione è [Dmin , Dmax] si proceda alla sua normalizzazione, indicando il conseguente campo di variazione dell’indice normalizzato.

0 ≤ (D – DMin)/DMax – DMin) ≤ 1

D10 - La mediana: definizione, proprietà ed esempi. Data una mutabile ordinabile o un carattere numerico, si definisce mediana Me la modalita’ o intensita’ che soddisfa la doppia condizione:

∑nai ≤ a0.5 f(xi) ≥ N/2 e ∑n

ai ≥ a0.5 f(xi) ≤ N/2

Si tratta cioe’ della modalita’ od intensita’ associata al soggetto cui corrisponde la frequenza relativa cumulata pari a 0.5, cioe’ F(Me)/N = 0.5

Nel caso di intensita’ suddivise in classi di intervallo, si parlera’ di Classe Mediana al cui interno si posizionera’ il valore mediano Me ricavabile dalla seguente relazione Me = xi + (xi+1 - xi ) (0.5 – Fi/N)/(Fi+1/N – Fi/N)

A titolo di esempio, consideriamo la distribuzione di frequenze relativa ad una variabile quantitativa X le cui intensita’ sono aggregate per classi di intervallo di diversa ampiezza descritte in tabella, si trova che la Classe mediana della collettivita’ analizzata sara’ la classe (xi –I xi+1) = (25 –I 35).

xi –I xi+1 xci fi Fi Fi /N 0 –I 5 2.5 6 6 0.03

5 –I 10 7.5 4 10 0.05 10 –I 25 17.5 74 84 0.42 25 –I 35 30 60 144 0.72 35 –I 45 40 56 200 1

- - 200 - -

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Ne discende pertanto che il valore mediano cercato sara’ Me = 25 + (35 - 25) (0.5 – 0.42)/(0.72 – 0.42) = 27.67

D11 - Le scale delle modalità: scale nominali, ordinali, intervallari e rapporto. - Scale nominali: le modalita’ si identificano in caratteri qualitativi aventi attributi non numerici suscettibili di essere ordinati in modo qualunque. Tra due generiche modalita’ ai e aj esiste solo la relazione di diversita’ (ai <> aj) - Scale ordinali: le modalita’ si identificano in caratteri qualitativi aventi attributi con significati gerarchici rappresentabili pertanto con numeri ordinali. Tra due generiche modalita ai e aj esiste una relazione di dominanza ai > aj oppure ai < aj - Scale intervallari: le modalita’ si identificano in caratteri quantitativi rappresentabili pertanto con numeri reali che permettono di quantificare la manifestazione del fenomeno in oggetto. Tra due generiche modalita’ quantitative (intensita’) xi e xj, assume significato valutare l’ ampiezza dell’ intervallo intercorrente tra loro (ai - aj) - Scale rapporto: come le intervallari le modalita’ quantitative (intensita’) si identificano con numeri reali. I valori in genere hanno una origine fissa generalmente coincidente con lo 0.

D12 La moda: definizioni, proprietà ed esempi. Si definisce moda Mo di una distribuzione, la modalita’ ordinabile o no o l’ intensita’ cui’ e’ associata la frequenza piu’ elevata. Nel caso di intensita’ suddivise in classi di intervallo omogenee o no, si parlera’ di Classe Modale al cui interno si posizionera’ il valore modale Mo ricavabile dalla seguente relazione:

Mo = (xi+1 + xi )/2

Nel caso in cui le classi di intervallo abbiano la medesima ampiezza, la Classe Modale sara’ quella cui e’ associata la frequenza piu’ elevata, mentre nel caso in cui le classi di intervallo abbiano diversa ampiezza, la Classe Modale sara’ quella cui e’ associata la densita’ di frequenza piu’ elevata, ossia il valore piu’ elevato del rapporto fi/(xi+1 - xi )

D13 - La proprietà di baricentratura della media aritmetica.

Tale proprieta’ comporta che l’ indice di posizione Media Aritmetica μ sia, a differenza della Mo e della Me in generale, un indice centrato ovvero tale da soddisfare la relazione:

∑i (xi - μ) fi = 0

D14 - La proprietà di minima distanza della media aritmetica. Definito uno spazio N-dimensionale attribuendo ad ogni unita’ statistica una coordinata in tale spazio ripetuta nel caso di molteplicita’ (fi diverso da 1), si individuino

- un punto X di coordinate (x1...x1,x2...x2,...,xN...xN) pari cioe’ alle misure rilevate per ciascuna unita’ statistica con le loro molteplicita’ - un punto I di coordinate (I,I,..........,I) tutti uguali, corrispondenti ad un generico indice di posizione I con le loro molteplicita’

Definita in tale spazio la distanza tra due punti X ed I come d (X,I) = √∑i (xi - I)2 fi

Si dimostra [(1) Vedasi pag. 27] che l’ indice di posizione I che minimizza la distanza della distribuzione di frequenza analizzata e’ il valore medio aritmetico μ.

D15 - Dimostrare che la media aritmetica è un operatore lineare. Siano (x1,x2,..,xi,...) N osservazioni effettuate su una variabile X con le loro relative molteplicita’ fi e con valore medio μX. Siano inoltre a e b due costanti non nulle contemporanemente e tali per cui Y = aX + b

5 10 25 27.67 35 45

Fi /N

1 0.72 0.50 0.42 0.05 0.03

xi

Me

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μy = ∑i yi/N = ∑i (axi + b)/N = ∑i axi/N + ∑i b/N = a∑i xi/N + b∑i 1/N = aμX + b [(1) Per dettagli pag. 30] a conferma della linearita’ dell’ operatore varianza.

D16 - La media armonica: definizione, proprietà ed esempi. Si definisce Media Armonica Ma la quantita’ Ma = N/∑i fi/xi.

In base alla Condizione di Equivalenza di Chisini, e’ quell’ indice di posizione I che conserva inalterata la somma dei reciproci delle quantita’ xi di cui e’ indice.

Es.: dati due tragitti s1 ed s2 percorsi con velocita’ distinte v1 e v2 nei tempi rispettivamente t1 e t2, la velocita’ media necessaria a percorrere il tragitto (s1 + s2) nel tempo (t1 + t2), sapa’ appunto la Media Armonica delle velocita’ v1 e v2 pesata rispettivamente per i tragitti s1 ed s2, essendo questi ultimi generalmente diversi.

D17 - La media geometrica: definizione, proprietà ed esempi. Si definisce Media Geometrica Ge la quantita’ Mg = √ ∏i xi

fi.

In base alla condizione di equivalenza di Chisini, e’ quell’ indice di posizione I che conserva inalterato il prodotto delle quantita’ xi di cui e’ indice

Es.: dato un capitale iniziale CI, un trend (C2,C3,.....) che ha condotto ad un capitale finale CF nel periodo in osservazione e definiti gli indici ri = Ci+1 / Ci grazie ai quali e’ possibile calcolare i rendimenti percentuali annui, l’ indice medio costante che applicato al medesimo capitale iniziale CI, condurrebbe nello stesso periodo allo stesso capitale finale CF e’ la media geometrica delle grandezze ri.

D18 - Le medie potenziate: definizione, proprietà loro significato in corrispondenza di alcuni valori notevoli di r. Si definisce media potenziate di ordine r

μ(r) = [∑i xri fi /N]1/r per 0 < x1 < x2...< xn

le medie potenziate sono accettate come medie analitiche poiche’ soddisfano le seguenti condizioni generali

- Condizione di Equivalenza di Chisini: I = G(x1, x2,..., xn) = G(I, I,..., I) - Condizione di Internalita’ di Cauchy: x1 ≤ I ≤ xn

Valgono le seguenti proprieta’: - limrà-∞ μ(r) = x1 - r = -1 à μ(-1) = Ma (Media Armonica) - limrà+∞ μ(r) = xn - r = 0 à μ(0) = Mg (Media Geometrica) - limrà0 μ(r) = μ(0) = Mg - r = +1 à μ(+1) = μ (Media Aritmetica) - μ

(r) < μ(r+1) - r = +2 à μ(+2) = Mq (Media Quadratica)

D19 - L'indice che minimizza la perdita d'informazione di ordine zero. L’ indice di posizione I che minimizza la perdita di informazione di ordine zero L0(I) = N – f(I) e’ la moda Mo

D20 - L'indice che minimizza la perdita d'informazione di ordine uno. L’ indice di posizione I che minimizza la perdita di informazione di ordine uno L1(I) = ∑i |xi – I|fi e’ la mediana Me

D21 - L'indice che minimizza la perdita d'informazione di ordine due. L’ indice di posizione I che minimizza la perdita di informazione di ordine due L2(I) = ∑i |xi – I|2 fi e’ la media aritmetica μ

D22 - La Condizione di equivalenza di Chisini: definizione ed esempi. Dato un indice di posizione I, la condizone di Equivalenza di Chisini afferma che l’ indice stesso deve essere tale da conservare la relazione con cui e’ stato calcolato, ovvero: I = G(x1, x2,..., xn) = G(I, I,..., I)

Esempi:

- La media armonica Ma e’ quell’ indice di posizione I che lascia inalterata la somma dei reciproci delle quantita’ xi

di cui e’ indice à ∑i fi/xi = ∑i fi/I = N/I

- La media geometrica Ge e’ quell’ indice di posizione I che lascia inalterato il prodotto delle quantita’ xi di cui e’ indice à ∏i xi

fi = ∏i Ifi = In

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- la media aritmetica μ e’ quell’ indice di posizione I che lascia inalterata la somma delle quantita’ xi di cui e’ indice à ∑i xi fi =∑i Ifi = NI

- la media quadratica μ2 (Mq) e’ l’ indice di posizione I che lascia inalterata la somma dei quadrati delle quantita’ xi di cui e’ indice à ∑i x

2i fi = ∑i I

2fi = NI2

D23 - La Dispersione assoluta e la dispersione relativa: definizione. La Dispersione Assoluta e’ l’ attitudine delle unita’ osservate a presentare misurazioni differenti, ossia difformita’ tra le unita’ nel caso di mutabili (modalita’ tra loro differenti) e distanze tra le unita’ nel caso di variabilita’ (intensita’ tra loro differenti).

La Dispersione Relativa e’ l’ attitudine delle unita’ osservate a presentare misurazioni differenti dal loro indice di posizione rappresentativo I, ossia difformita’ dall’ indice di posizione nel caso di mutabili e distanze dall’ indice di posizione nel caso di variabilita’.

D24 - La variabilità relativa: sue misure e normalizzazione. Nel caso di variabili quantitative, come misura atta a quantificare il grado di difformita’ relativa della distribuzione dalla suo valore medio μ (indice prescelto), si utilizza lo scarto quadratico medio σ = √ ∑i (xi - μ)2 fi / N.

Una misura normalizzata di tale indice sara’ σ’ = σ/σMAX dove σ MAX rappresenta il valore massimo dello scarto quadratico medio nel caso in cui le frequenze osservate fi (∑i fi = N) si fossero presentate associate ai soli valori estremi x1 (f1 = f*) ed xn (fn = [(N - f*)] della distribuzione nel rispetto del vincolo di conservazione della media aritmetica, ovvero μX = ∑i [x1 f*

+ xn (N - f*)]/N. In particolare si ricava che σMAX = √ [μ (x1 + xn) - x1xn – μX2] [(1)

Vedasi pag. 75].

D25 - La mutabilità assoluta: sua misura e loro normalizzazione. Nel caso di variabili qualitative ovvero mutabili, come misura atta a quantificare il grado di la dispersione assoluta si utilizza l’ Indice di Gini γ = ∑i (1 - fi/N) fi/N. In caso di massima concentrazione delle frequenze, l’ indice assume il suo minimo valore γMIN ed in caso di equi-distribuzione delle frequenze l’ indice assume il suo massimo valore γMAX. In particolare avremo 0 = γMIN ≤ γ ≤ γMAX = (1 – 1/n). Ne consegue che l’ indice normalizzato varra’ 0 ≤ γ’ = γ/(1 – 1/n) ≤ 1

D26 - La mutabilità relativa: sua misura e normalizzazione. Nel caso di mutabili, come misura atta a quantificare il grado di difformita’ relativa della distribuzione dalla sua moda Mo (indice prescelto), si utilizza l’ indice ∂ = [N – f(Mo)] / N.

Una misura normalizzata di tale indice sara’ ∂’ = ∂/∂MAX = [N – f(Mo)]/[N – f(Mo)MIN] dove f(Mo)MIN = [N/n) + 1 in cui [N/n] rappresenta la parte intera di N/n.

Tale indice pertanto misura l’ attitudine della moda Mo a rappresentare la distribuzione in frequenze della mutabile oggetto dell’ osservazione.

D27 - La Varianza: definizione e formula. Siano (x1, x2,....xi...., xn) n misurazioni relative ad un fenomeno quantitativo con frequenze rispettivamente (f1, f2,....fi...., fn), si definisce varianza σ2 la media quadratica delle distanze intercorrenti tra le singole misurazioni a la loro media aritmetica μX.

σ2 = ∑i (xi - μX)2 fi/N

D28 - Dire quali tra le seguenti affermazioni sono vere: a - La media geometrica è sempre maggiore della mediana - Falsa b - La media aritmetica è sempre maggiore della media geometrica - Vera c - La media armonica è sempre maggiore della media aritmetica - Falsa d - Moda, mediana e media aritmetica sono sempre uguali - Falsa

D29 - Si dica quando si deve ricorrere all’uso del coefficiente di variazione e quando invece si deve utilizzare un indice di variabilità normalizzato. Essendo in alcuni casi problematico effettuare un confronto tra misure di dispersione quando queste sono riferite a distribuzioni di intensita’ disomogenee come ad esempio peso e statura (diversa natura) o stature tra bambini ed adulti (diverso valore medio), in tal caso come misura della variabilita’ relativa si utilizza il numero puro c.v. detto coefficiente di variazione, pari a c.v. = σ/μ.

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Scelti μ come media aritmetica e σ come misura della dispersione relativa, si utilizza l’ indice di variabilita’ nrmalizzato σ’ = σ/σMAX quando si desidera conoscere la frazione di dispersione massima σMAX posseduta dalla distibuzione analizzata, dispersione misurata appunto da σ.

D30 - Si dica qual è il campo di variazione di un qualsiasi indice di variabilità relativo e relativo normalizzato. Per ogni misura di variabilita’ relativa D avremo che il campo di variazione dell’ indice stesso sara’ DMIN ≤ D ≤ DMAX mentre il campo di variazione dell’ indice normalizzato sara’ 0 ≤ (D - DMIN)/(DMAX - DMIN) ≤ 1

D31 - Dimostrare che la varianza non è un operatore lineare. Siano (x1,x2,..,xi,...) N osservazioni effettuate su una variabile X con le loro relative molteplicita’ fi con valore medio μX e varianza σ2

X.Siano inoltre a e b due costanti non nulle contemporanemente e tali per cui Y = aX + b

σ2y = ∑i (yi - μy)2/N = ∑i (axi + b - aμx - b)2/N = ∑i a

2(xi - μx)2/N = a2∑i (xi - μx)

2/N = a2σ2X [(1) Per dettagli 70] a

conferma della non linearita’ dell’ operatore varianza.

D32 - Il Coefficiente di Variazione: definizione e ambito di suo utilizzo. Si definisce coefficiente di variazione il numero puro c.v. = σ/μ. Si utilizza in quei casi in cui risulta problematico effettuare un confronto tra misure di dispersione quando queste sono riferite a distribuzioni di intensita’ disomogenee come ad esempio peso e statura (diversa natura) o stature tra bambini ed adulti (diverso valore medio),

D33 - La tabella di massima variabilità relativa.

Dove f* e quindi [(N - f*)] sono le frequenze associate ai soli valori estremi x1 (f1 = f*) e xn (fn = [(N - f*)] della distribuzione, e i cui valori sono ricavabili imponendo il vincolo di conservazione della media aritmetica, ovvero

μx = ∑i [x1 f* + xn (N - f*)]/ N.

D34 - La Concentrazione: definizione e natura dei caratteri su cui è definibile. La Concentrazione e’ una misura di come l’ intensita’ di un fenomeno quantitativo trasferibile tipo il reddito, puo’ presentarsi in diversi gradi a favore di alcuni soggetti della numerosita’ scelta, anziche’ di altri, ovvero, data una generica distribuzione ralativa ad uno dei possibili modi in cui il fenomeno quantitativo in osservazione potrebbe assumere, la Concentrazione ci dice come la stessa quantita’ totale ∑i xifi del fenomeno potrebbe ripartirsi in maniera alternativa, da qui’ i diversi “gradi” e la conseguente necessita’ di introdurrne una misura.

Come evidenziato, la caratteristica fondamentale del fenomeno in esame e’ quella della Trasferibilita’, cioe’ di poter essere ceduto, del tutto od in parte a favore di un’ altra unita’ statistiche o tra le unita’ stesse.

D35 - L'indice R di Gini per la misura della Concentrazione. Data una distribuzione relativa ad un fenomeno quantitativo trasferibile per il quale pertanto ha senso introdurre il concetto di concentrazione, l’ Indice R di Gini viene calcolato nel seguente modo

R = A/AMAX = [N – ∑i (Di + Di-1) fi]/(N – 1) dove

A = 1/2 – [∑i (Di + Di-1) fi/N]/2 Area di concentrazione AMAX = (N - 1)/2N Area di massima concentrazione

Per il calcolo di queste aree si utilizza la seguente rielaborazione della distribuzione data, dove oltre alle grandezze di noto significato fi ed Fi si ha

di = ∑ij xj fj Intensita’ cumulata spettante ai primi Fi soggetti

Di = di/dn Frazione dell’ intensita’ cumulata spettante ai primi Fi soggetti (Di + Di-1) fi/N)/2 Area dei trapezi o triangoli evidenziati nella rappresentazione grafica (Fi/N, Di)

X f fMAX x1

x2

.

xi

.

(2 ≤ i ≤ (n - 1)

.

xn

f1

f2

.

fi

.

.

. fn

f1 = f*

f2 = 0

.

fi = 0

.

.

.

fn = (N - f*)

X fi fi/N xi fi Fi di Fi/N Di (Di + Di-1) fi/N)/2

x1

....

xi

....

xn

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D36 - La spezzata di massima concentrazione e la condizione di equidistribuzione.

Prendendo come riferimento a quanto descritto al D35, le spezzate di massima concentrazione e di equidistribuzione, si ricavano rielaborando la tabella nei seguenti modi:

- Massima concentrazione: la quantita’ totale ∑i xifi del fenomeno viene assegnata ad un solo soggetto pertanto la tabella assumera’ la seguente forma

X fiM fiM/N xi fiM FiM diM FiM/N DiM (Di + Di-1) fi/N)/2

0.

∑i xifi (N – 1)

1 (N – 1)/N

1/N 0

∑i xifi (N – 1)

N 0

∑i xifi (N – 1)/N

1 0 1

0 (N - 1)/2N

- Equidistribuzione: la quantita’ totale ∑i xifi del fenomeno viene ripartita equamente con una intensita’ pari a ∑i xifi /N tra i diversi soggetti e pertanto la tabella assumera’ la seguente forma

X fiM fiM/N xi fiM FiM diM FiM/N DiM (Di + Di-1) fi/N) / 2

∑i xifi /N N 1 ∑i xifi N ∑i xifi 1 1 0

D37 - La forma delle distribuzioni: l'asimmetria. Una distribuzione di frequenza f(x) si dice simmetrica rispetto alla media μx se f(μx + k) = f(μx - k) qualunque k. Se tale uguaglianza non e’ verificata si parlera’ di asimmetria della distribuzione. Come misura dell’ assimetria si utilizza l’ Indice γ1 di Pearson ottenuto facendo il rapporto tra il momento centrato di ordine tre e lo scarto quandratico medio al cubo γ1 = μ3 / σx

3 dove

μ3 = ∑i (xi - μx)3 fi / N = μ3 – 3 μxμ2 + 2 μx

3 (μ3 dovrebbe essere sopra segnato e non sottolineato)

In caso di normalita’ γ1 = 0, mentre γ1 = 0 e’ condizione soltanto necessaria per la sussistenza della simmetria.

D38 - La forma delle distribuzioni: la curtosi. La curtosi e’ una misura dell’ allontanamento di una distribuzione di frequenza f(x) dalla normalità distributiva, rispetto alla quale si verifica un maggiore appiattimento (distribuzione platicurtica) o un maggiore allungamento (distribuzione leptocurtica). Come misura dell’ assimetria si utilizza l’ Indice γ2 di Pearson, ottenuto facendo il rapporto tra il momento centrato di ordine quattro e la varianza al quadrato γ2 = μ4/ σx

4 dove

μ4 = ∑i (xi - μx)4 fi / N = μ4 – 4 μxμ3 + 6μ2 μx

3 – 3 μx4 (μ4 dovrebbe essere sopra segnato e non sottolineato)

Valgono le seguenti definizioni:

- se γ2 = 3 la distribuzione e’ Normocurtica - se γ2 > 3 la distribuzione e’ Leptocurtica - se γ2 < 3 la distribuzione e’ Platicurtica

D39 - Si esemplifichino 6 fenomeni di cui almeno uno trasferibile (indicandolo) e in particolare: 2 quantitativi discreti, 2 quantitativi continui e 2 qualitativi.

a) Reddito - Quantitativo continuo trasferibile

b) Età - Quantitativo discreto non trasferibile c) Numero di pagine di una rivista - Quantitativo discreto non trasferibile

d) Peso - Quantitativo continuo non trasferibile e) Millimetri di pioggia - Quantitativo continuo non trasferibile

f) Titolo di studio – Qualitativo ordinabile g) Colore dei capelli - Qualitativo sconnesso

D40 - Quando un fenomeno può definirsi trasferibile? Dato un carattere di natura quantitativa o variabile, ovvero un’unità statistica che puo’ essere misurata od espressa mediante un numero di natura discreta o continua, diremo che il carattere e’ trasferibile se puo’ essere ceduto del tutto od in parte ad un’ altra unita’ statistica o tra le unita’ (Es.: reddito, di dipendenti, fatturato…)

D41 - Quali indici di posizione possono essere applicati: a) a fenomeni qualitativi ordinabili - Moda e Mediana b) sia a fenomeni qualitativi non ordinabili che a fenomeni quantitativi - Moda

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c) a fenomeni quantitativi - Moda, Mediana e Media

D42 - Distribuzioni marginali e distribuzioni condizionate nella tabella a doppia entrata. Il concetto di indipendenza stocastica. Supponiamo di aver rilevato N unita’ statistica relativamente a due fenomeni X ed Y, siano essi qualitativi o quantitativi e di aver organizzato la distribuzione di frequenze cosi’ ottenuta in una tabella a doppia entrata [n x m]:

Le distribuzioni marginali relative ai singoli fenomeni unidimensionali X ed Y costituenti la tabella a doppia entrata, sono le due distribuzioni di frequenze che si ottengono sommando le righe (f+j) e le colonne (fi+) riportate nelle due tabelle a fianco.

Le distribuzioni condizionate sono l’ insieme delle n (m) distribuzioni di frequenze unidimensionali relative al fenomeno Y (X) condizionato dalle altre n (m) manifestazioni (modalita’ o valori) possibili presentate dall’ altro fenomeno X (Y).

Se, focalizzando ad esempio l’ attenzione sulle distribuzioni del fenomeno Y condizionate dalle modalita’ o valori assunti dal fenomeno X, si verificasse che le frequenze relative, intese come rapporto tra la fij della modalita’ o valore di

Y|xi e la corrispondente marginale fi+ non dipendesse dalla modalita’ o valore condizionante xi, parleremmo allora di condizione di indipendenza stocastica. Viceversa si potrebbe concludere che relativamente alle unita’ statistiche osservate, esiste una certa dipendenza stocastica tra i due fenomei X ed Y.

D43 - La Connessione: definizione e suo significato operativo. Si definisce Connessione l’ assenza di indipendenza stocastica. Operativamente significa verificare la sussistenza o no della condizione di indipendenza stocastica, ovvero controllare l’ uguaglianza delle frequenze effettive con le frequenze teoriche di indipendenza stocastica f*

ij = (fi+ f+j)/N (condizione sufficiente)

D44 - L'indice che misura la connessione. L’ indice utilizzato per misurare il grado di connessione presente in una distribuzione statistica tra due fenomeni X ed Y e l’ indice χ2 di Pizzetti-Pearson. Di seguito i passi da seguire per il suo calcolo:

1) Costruzione della tabella delle frequenze congiunte relative alla situazione di indipendenza stocastica [f*ij],

sostituendo a ciascun valore della [fij], f*ij = fi+ f+j/N

2) Costruzione della tabella delle contigenze [Cij], dove ciascun valore Cij = (fij - f*

ij) 3) Costruzione della tabella [C2

ij/f*ij] e calcolo della somma parziale relativa ad ogni riga e colonna e quindi quelle

totali che dovranno corrispondere, trovando cosi’ il valore del grado di connessione χ2

Per effettuarne la normalizzazione occorre calcolare il χ2MAX che χ2 potrebbe assumere. I passi da seguire sono i

seguenti:

1) Costruzione della tabella delle frequenze congiunte corrispondenti alla condizione di massima connessione [f’ij], (per tentativi cercando di massimizzare il numero di 0 presenti in tabellla) 2) Costruzione della tabella delle contigenze [C’ij], dove ciascun valore Cij = (f’ij – f*ij) 3) Costruzione della tabella [C’2ij/f*

ij] e calcolo della somma parziale relativa ad ogni riga e colonna e quindi quelle totali che dovranno corrispondere, trovando cosi’ il valore del grado di connessione massimo χ2

MAX

La conoscenza di entrambe i valori ci consentira’ quindi di eseguirne la normalizzazione:

χ’2 = χ2 /χ2MAX

D45 - Il massimo non vincolato dell'indice di Pizzetti-Pearson. Supponiamo di aver la distribuzione di frequenze relativamente a due fenomeni X ed Y, siano essi qualitativi o quantitativi, organizzta in una tabella a doppia entrata [n x m] descritta alla D42.

Y f+j y1 f+1

..... ..... yj f+j

..... .....

ym f+m Totale N

X fi+

x1 f1+ ..... ..... xi fi+

..... .....

xn fn+ Totale N

Y X

y1 ... yj ... ym fi+

x1 f1+ ..... xi fij fi+ .....

xn fn+ f+j f+1 ... f+ j ... f+m N

X|yj f(X|yj ) X1 f1j ..... ..... xi fij

..... .....

xn fnj Totale f+j

Y|xi f(Y|xi)

y1 fi1 ..... ..... yj fij

..... .....

ym fim Totale fi+

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La condizione teorica di massimo connessione viene raggiunta nel caso di tabella quadrata [n = m] disponendo le frequenze fij solo sulla diagonale principale (f’ij = 0 per i e’ diverso da j).

Nel caso di tabella rettangolare [nxm] con m > n, una parte delle frequenze verranno disposte lungo la diagonale principale della sottomatrice quandrata di ordine [nxn], mentre le restanti frequenze verranno disposte nelle altre colonne. Si dimostra [(1) Vedasi pag. 115 - 118] che il massimo assoluto dell’ indice χ2 si basa sull’ ordine della sottomatrice piu’ grande estratta dalla tabella in oggetto, in particolare

nxmχ2

MAX = min [(n-1); (m-1)] N

D46 - Si illustri la differenza concettuale tra connessione e dipendenza. Supponiamo di aver rilevato N unita’ statistica relativamente a due fenomeni X ed Y, Y considerata fenomeno dipendente di tipo quantitativo ed X considerata fenomeno indipendente, indifferentemente di tipo qualitativo o quantitativo, organizzati in una distribuzione di frequenze descritta dalla tabella a doppia entrata [n x m] descritta alla D42.

Focalizzando l’ attenzione sulle distribuzioni del fenomeno Y condizionate dalle modalita’ o valori assunti dal fenomeno X, possiamo dire che

- la Connessione riguarda il confronto effettuato tra le frequenze relative, intese come rapporto tra la fij del fenomeno quantitativo Y|xi e la corrispondente marginale fi+. Nel caso in cui tale rapporto non dipendesse dalla modalita’ o valore condizionante xi, parleremo di condizione di indipendenza stocastica. Viceversa si concluderebbe che esiste una dipendenza stocastica del fenomeno Y dal fenomeno X.

- la Dipendenza in media riguarda il confronto effettuato tra le medie condizionate, intese come medie del fenomeno quantitativo Y|xi. Nel caso in cui tali medie fossero uguali ovvero non dipendessero dalla modalita’ o valore condizionante xi, parleremo di condizone di indipendenza in media [μ(Y|x1) = μ(Y|x2) = .... = μ(Y|xn) = μY]. Viceversa si potrebbe concludere che esiste una dipendenza in media del fenomeno Y dal fenomeno X.

La presenza di connessione non implica necessariamente la difformita’ delle medie condizionate. In generale potremo quindi dire che:

- l’ Indipendenza in media e’ condizione necessaria ma non sufficiente per l’ Indipendenza stocastica - l’ Indipendenza stocastica e’ condizione sufficiente ma non necessaria per l’ Indipendenza in media

Solo nel caso in cui i due fenomeni X ed Y fossero entrambe di tipo quantitativo, potremo parlare di Interindipendenza in media, ovvero della mutua indipendenza in media di una variabile dall’ altra

μ(Y|x1) = μ(Y|x2) = .... = μ(Y|xn) = μY e μ(X|y1) = μ(X|y2) = .... = μ(X|ym) = μX

D47 - Il concetto di indipendenza in media. Supponiamo di aver rilevato N unita’ statistica relativamente a due fenomeni X ed Y, Y considerata fenomeno dipendente di tipo quantitativo ed X considerata fenomeno indipendente, indifferentemente di tipo qualitativo o quantitativo, organizzati in una distribuzione di frequenze descritta dalla tabella a doppia entrata [n x m] descritta alla D42.

Il concetto di Dipendenza/Indipendenza in media riguarda il confronto effettuato tra le medie condizionate, intese come medie del fenomeno quantitativo Y|xi. Nel caso in cui tali medie fossero uguali ovvero non dipendessero dalla modalita’ o valore condizionante xi, parleremo di condizione di indipendenza in media [μ(Y|x1) = μ(Y|x2) = .... = μ(Y|xn) = μY]. Viceversa si potrebbe concludere esiste una dipendenza in media del fenomeno Y dal fenomeno X.

D48 - La dipendenza in media: definizione. Supponiamo di aver rilevato N unita’ statistica relativamente a due fenomeni X ed Y, Y considerata fenomeno dipendente di tipo quantitativo ed X considerata fenomeno indipendente, indifferentemente di tipo qualitativo o quantitativo, organizzati in una distribuzione di frequenze descritta dalla tabella a doppia entrata [n x m] descritta alla D42.

Focalizzando l’ attenzione sulle distribuzioni del fenomeno Y condizionate dalle modalita’ o valori assunti dal fenomeno X, si definisce Indipendenza in media di Y da X, la condizione per cui le sue medie condizionate μ(Y|xi) sono tutte contemporaneamente uguali e quindi uguali alla sua media non condizionata μY ovvero

μ(Y|x1) = μ(Y|x2) = .... = μ(Y|xn) = μY

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Parleremo di Interindipendenza in media tra X ed Y, solo nel caso in cui i due fenomeni fossero entrambe di tipo quantitativo, quando esistera’ una mutua indipendenza in media di una variabile dall’ altra, ovvero

μ(Y|x1) = μ(Y|x2) = .... = μ(Y|xn) = μY e μ(X|y1) = μ(X|y2) = .... = μ(X|ym) = μX

D49 - L'indice di dipendenza in media. Supponiamo di aver rilevato N unita’ statistica relativamente a due fenomeni X ed Y, Y considerata fenomeno dipendente di tipo quantitativo ed X considerata fenomeno indipendente, indifferentemente di tipo qualitativo o quantitativo, organizzati in una distribuzione di frequenze descritta dalla tabella a doppia entrata [n x m] descritta alla D42.

L’ Indice di dipendenza in media η2 detto Rapporto di correlazione,

η2 = σ2y/σ2

y = 1 – σ*2y/σ2

y 0 ≤ η2 ≤ 1 (σ2y

dovrebbe essere sopra segnato e non sottolineato)

e’ una misura del grado di dipendenza in media della variabile Y da X e rappresenta la frazione σ2y normalizzata di

varianza totale σ2y spiegata dalle sue medie condizonate (Y|x1) = μ (Y|x2) = .... = μ (Y|xn)

- η2 = 0 esprime la condizione di indipendenza in media μ (Y|x1) = μ (Y|x2) = .... = μ (Y|xn) = μY per cui σ2

y = 0 ovvero σ2y = σ*2

y cioe’ tutta la varianza della variabile Y e’ residua

- η2 = 1 esprime la condizione di massima dipendenza in media per cui σ*2y = 0 ovvero σ2

y = σ2y cioe’ tutte le

distribuzioni condizionate Y|xi ehanno varianza residua nulla. Da cio’ ne deriva che ad ad ogni modalita’ od intensita’ assunta dal fenomeno X corrisponde una sola intensita’ assunta dal fenomeno Y.

D50 - Spiegare i concetti di varianza spiegata e varianza residua dalle medie condizionate. La Varianza Spiegata σ2

y dalle medie condizionate rappresenta quella frazione della varianza totale σ2y spiegata, cioe’

posseduta dalla medie condionate per il fatto che differiscono dalla μy . Formalmente rappresenta la media dei quadrati degli scarti delle medie condizionate μ (Y|xi) dalla media μy

σ2y = σ2[μ (Y|X)] = 1/N [∑i (μ (Y|xi) – μY)2] (σ2

y dovrebbe essere sopra segnato e non sottolineato).

La Varianza Residua σ*2y dalle medie condizionate rappresenta quella frazione della varianza totale σ2

y non spiegata dalle medie condizionate per il fatto che le intensita’ yj differiscono dalle μ (Y|xi). Formalmente rappresenta la media dei quadrati degli scarti dei valori effettivi yj dalle μ (Y|xi)i

σ*2y = μ [σ2 (Y|X)] = 1/N [∑i σ

2 (Y|xi) fi+]

La Varianza Spiegata σ2y e la Varianza Residua σ*2

y sono tali per cui σ2y = σ2

y + σ*2y

D51 - L'indice di Gini-Goodman-Kruskal. Consente di misurare la dipendenza di un fenomeno qualitativo (mutabile) Y da un’ altro fenomeno X sia esso qualitativo che quantitativo. L’ indice di Gini-Goodman-Kruskal τY rappresenta la frazione di dispersione totale γY, misurata tramite l’ Indice di Gini della mutabile Y, spiegata dalla mutabile condizionata γY (γY

dovrebbe essere sopra segnato e non sottolineato).

τY = γY/γY = 1 - γ*Y/γY

dove γY, detta dispersione spiegata, rappresenta la dispersione spiegata (cioe’ posseduta) dalle mutabili condizionate e dove γ

*Y. detta dispersione residua, rappresenta la dispersione non sopiegata (cioe’ residua) dalle mutabili

condizionate.

D52 - La Covarianza: definizione e campo di variazione. Si definisce Covarianza, il momento centrale di 2^ ordine

σxy = 1/N [∑i ∑j (xi - μx) (yi - μy) fij] = (μxy - μx μy),

dove μxy rappresenta il momento misto di 2^ ordine, pari a

μxy = 1/N [∑i ∑j xi yi fij]

Si tratta di un operatore atto a quantificare l’ intensita’ del legame tra due fenomeni X ed Y, entrambe di tipo quantitativo. Il relativo campo di variazione sara’:

- σx σy ≤ σxy ≤ + σx σy

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D53 - Il ruolo della covarianza nella retta di regressione. Data l’ equazione della retta di regressione 1Y* = μy + σxy/σ2

x (X - μx), si vede che la covarianza σxy oltre ad influire sul valore del coefficiente angolare della retta stessa, determina la tipologia di legame (diretto se σxy > 0 o indiretto se σxy < 0) ovvero determina il segno del coefficiente angolare della retta.

D54 - Il coefficiente di correlazione: definizione e suo campo di variazione. Si definisce Coefficiente di Correlazione il rapporto

ρ = σxy / σx σy

Si tratta di un coefficiente atto a misura dell’ intensita’ del legame esistente tra le i due fenomeni X ed Y, entrambe di tipo quantitativo. Il relativo campo di variazione sara’:

-1 ≤ ρ ≤ +1 (ρ = -1 massimo legame funzionale di tipo inverso - ρ = +1 massimo legame funzionale di tipo diretto)

D55 - La relazione tra il coefficiente di correlazione e il coefficiente angolare della retta di regressione. Data l’ equazione della retta di regressione 1Y* = μy + σxy/σ2

x (X - μx) = μy + ρ σy/σx (X - μx), si vede che il coefficiente di correlazione ρ oltre ad influire sul valore del coefficiente angolare della retta stessa, determina la tipologia di legame (diretto se ρ > 0 o indiretto se ρ < 0) ovvero determina il segno del coefficiente angolare della retta.

D56 - La Condizione di accostamento dei minimi quadrati. Date N osservazioni (xi, yi i = 1,2,...,N) effettuate su due fenomeni quantitativi X ed Y, si cerca un criterio che permetta di trovare, nell’ ambito di una famiglia di funzioni Y* = Y*(X| a1, a2,...., ah) quella che meglio interpreta, secondo un qualche criterio da definire, la natura della dipendenza di X da Y. In questo contesto, la condizione di Accostamento dei Minimi Quadrati

min g(x|a1, a2,...., ah) = min ∑i (yi – y*i)

2

rappresenta appunto il criterio adottato per la scelta della funzione. Si giunge a tale condizione imponendo quale miglior interpolante, quella che minimizza nello spazio N dimensionale, la distanza d(Y, Y*) ovvero la distanza tra il vettore dei valori osservati Y(y1, y2,...., yN) generato dalle coppie N (xi, yi) ed il vettore Y*(y*

1, y*2,...., y*

N) generato dalle coppie N (xi, y

*i) = [xi, Y

*(xi)]

Si cerca cioe’ il min d(Y, Y*) = min √ ∑i (yi - y*

i)2= min √ g(x|a1, a2,...., ah)

D57 - La retta di regressione: definizione e valore dei suoi parametri. Si definisce Retta di Regressione il polinomio di primo grado 1Y* = a + bX che soddisfa la condizione di Accostamento dei Minimi Quadrati

min g(x|a, b) = min ∑i (yi – y*i)

2 = min ∑i (yi – y*i)

2 = min ∑i [yi – (a + bxi)]2

La soluzione del problema di minimo condurra’ ai seguenti paramentri

a = (μy - μx σxy/σ2x)

b = σxy/σ2x

ovvero l’ equazione della retta cercata sara’ 1Y* = μy + σxy/σ2x (X - μx)

D58 - Il rapporto di correlazione lineare. Il Rapporto di Correlazione Lineare misura la frazione normalizzata di varianza speigata dalla retta di regressione

ρ2 = 1σ2

y/σ2y = 1 – 1σ

*2y/σ2

y = σ2xy/σ2

x σ2

y (1σ2

y dovrebbe essere sopra segnato e non sottolineato).

0 ≤ ρ2x = ρ2

y = ρ2 ≤ η2 ≤ 1

Sostanzialmente rappresenta una misura dell’ interdipendenza lineare che intercorre tra le due variabili X ed Y.

D59 - Spiegare i concetti di varianza spiegata e varianza residua dalla retta di regressione. La Varianza Spiegata 1σ

2y dalla retta di regressione rappresenta quella frazione della varianza totale σ2

y spiegata, cioe’ posseduta dalla retta di regressione. Formalmente rappresenta la media dei quadrati degli scarti dei valori teorici

1y*i dalla media μy

1σ2

y = σ2(1Y*) = μ [(1Y* - μy)2] = σ2xy/σ2

x (1σ2

y dovrebbe essere sopra segnato e non sottolineato).

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La Varianza Residua 1σ*2

y dalla retta di regressione rappresenta quella frazione della varianza totale σ2y non spiegata

dalla retta di regressione. Formalmente rappresenta la media dei quadrati degli scarti dei valori effettivi yi da quelli teorici 1y*

i

1σ*2

y = μ [(Y - 1Y*)2] = 1/N [∑i (yi – 1y*i)

2] = σ2y - σ2

xy/σ2x

La Varianza Spiegata 1σ2

y e la Varianza Residua 1σ*2

y sono tali per cui σ2y = 1σ

2y + 1σ

*2y

D60 - Spiegare il significato del coefficiente angolare della retta di regressione. Data l’ equazione della retta di regressione 1Y* = μy + σxy/σ2

x (X - μx) = μy + ρ σy/σx (X - μx), si vede che il coefficiente angolare della retta, ovvero il coefficiente che moltiplica la variabile indipendente X, e’ pari a

σxy/σ2x = ρ σy/σx

risultando percio’ direttamente proporzionale alla covarianza σxy oppure al coefficiente di correlazione ρ: per questa ragione

- la tipologia di legame (diretto se σxy(ρ) > 0 o indiretto se σxy(ρ) < 0) influisce sul segno del coefficiente angolare della retta

- l’ intensita’ del legame funzionale tra Y ed X se σxy(ρ) ≠ 0 (max legame quando σxy(ρ) = ±1 - max scorrelazione quando σxy(ρ) = 0) influisce sull’ entita’ della pendenza della retta.

D61 - Il sistema di equazioni per il calcolo della parabola di regressione. Date N osservazioni (xi, yi i = 1,2,...,N) effettuate su due fenomeni quantitativi X ed Y, applicando la condizione di Accostamento dei Minimi Quadrati alla famiglia di funzioni 2Y* = a + bX + cX2 si trova la seguente condizione:,

min g(a, b, c) = min ∑i (yi - a - bxi - cx2i)

2

∂f/∂a = -∑i 2(yi - a - bxi - cx2i)

2 = 0 ∂f/∂a = -∑i 2(yi - a - bxi - cx2

i)2 xi = 0

∂f/∂a = -∑i 2(yi - a - bxi - cx2i)

2 x2i= 0

Da cui deriva

∑i yi = N a + b∑i xi + c∑i x2

i ∑i xiyi = a∑i xi + b∑i x

2i + c∑i x

3i

∑i x2

iyi = a∑i x2

i + b∑i x3

i + c∑i x4

i

Ovvvero un sistema di 3 equazioni lineari nelle tre incognite a, b, c risolvibile ricorrendo alla notazione matriciale [(1) Vedasi pag. 174].

D62 - La parabola di regressione: definizione, determinazione dei parametri e misura del suo adattamento ai dati Si definisce Parabola di Regressione il polinomio di secondo grado 2Y* = a + bX + cX2 che soddisfa la condizione di Accostamento dei Minimi Quadrati

min g(a, b, c) = min ∑i (yi - a - bxi - cx2i)

2

La soluzione del problema di minimo condurra’ ai seguente sistema di tre equazioni nelle tre incognite a, b, c

∑i yi = N a + b∑i xi + c∑i x2

i ∑i xiyi = a∑i xi + b∑i x

2i + c∑i x

3i

∑i x2

iyi = a∑i x2

i + b∑i x3

i + c∑i x4

i

Come misura dell’ addattamento ai dati si utilizza il rapporto di correlazione parabolico 2η2 che rappresenta la frazione

normalizzata di varianza totale σ2y spiegata dalla parabola di regressione

2η2 = 2σ

2y/σ2

y = 1 – 2σ*2

y/σ2y (2σ

2y

dovrebbe essere sopra segnato e non sottolineato).

0 ≤ ρ2 ≤ 2η2

y ≤ η2

y ≤ 1

Dove la Varianza Spiegata 2σ2

y dalla parabola di regressione rappresenta quella frazione della varianza totale σ2y

spiegata, cioe’ posseduta dalla parabola di regressione.

Dove la Varianza Residua 2σ*2

y della parabola di regressione rappresenta quella frazione della varianza totale σ2y non

spiegata dalla parabola di regressione.

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D63 - Gli indici di miglioramento. Si definiscono Indici di miglioramento, le quantita’ r+1ρ

2 = (rσ*2

y + r+1σ*2

y)/ rσ*2

y, ovvero le frazioni normalizzate del decremento di varianza residua che si ottiene nel passaggio dal polinomio di grado r al polinomio di grado (r + 1). Rappresentano in sostanza l’ incrementio di precisione raggiunto nell’ interpretare la dipendenza di Y da X con un polinomio di grado superiore.

D64 - Spiegare i concetti di varianza spiegata e varianza residua dalla parabola di regressione. La Varianza Spiegata 2σ

2y dalla parabola di regressione rappresenta quella frazione della varianza totale σ2

y spiegata, cioe’ posseduta dalla parabola di regressione. Formalmente rappresenta la media dei quadrati degli scarti dei valori teorici 2y*

i dalla media μy

2σ2

y = σ2(2Y*) = μ [(2Y* - μy)2] = 1/N [∑i (a + bxi + c x2i - μy)2

(1σ2

y dovrebbe essere sopra segnato e non sottolineato).

La Varianza Residua 2σ*2

y della parabola di regressione rappresenta quella frazione della varianza totale σ2y non

spiegata dalla parabola di regressione. Formalmente rappresenta la media dei quadrati degli scarti dei valori effettivi yi da quelli teorici 2y*

i

2σ*2

y = μ [(Y - 2Y*)2] = 1/N [∑i (yi – 2y*i)

2] = 1/N ∑i (yi - a - b xi - c x2i)

2 =

= 1/N [∑i y2

i - a ∑i yi - b ∑i xi yi - c ∑i x2

i yi]

La Varianza Spiegata 2σ2

y e la Varianza Residua 2σ*2

y sono tali per cui σ2y = 2σ

2y + 2σ

*2y

D65 - Il sistema di equazioni per il calcolo del piano di regressione. Date N osservazioni (xi, yi i = 1,2,...,N) effettuate su tre fenomeni quantitativi X, Z ed Y, se la natura del fenomeno lo giustifica, applicando la condizione di Accostamento dei Minimi Quadrati alla famiglia di funzioni Y*

XZ = a + bX + cZ si

trova la seguente condizione:,

min g(a, b, c) = min ∑i (yi - a - bxi - czi)2

∂f/∂a = -∑i 2(yi - a - bxi - czi)2 = 0

∂f/∂a = -∑i 2(yi - a - bxi - czi)2 xi = 0

∂f/∂a = -∑i 2(yi - a - bxi - czi)2 zi= 0

Da cui deriva

∑i yi = N a + b∑i xi + c∑i zi ∑i xiyi = a∑i xi + b∑i x

2i + c∑i xizi

∑i ziyi = a∑i zi + b∑i xizi + c∑i z2

i

Ovvvero un sistema di 3 equazioni lineari nelle tre incognite a, b, c risolvibile ricorrendo alla notazione matriciale [(1) Vedasi pag. 185].

D66 - Spiegare i concetti di varianza spiegata e varianza residua dal piano di regressione. La Varianza Spiegata 2σ

2y dal piano di regressione rappresenta quella frazione della varianza totale σ2

y spiegata, cioe’ posseduta dal piano di regressione. Formalmente rappresenta la media dei quadrati degli scarti dei valori teorici XZy*

i dalla media μy

XZσ2

y = σ2(XZY*) = μ [(XZY* - μy)2] = 1/N [∑i (a + bxi + c zi - μy)2

(XZσ2

y dovrebbe essere sopra segnato e non sottolineato).

Dove la Varianza Residua XZσ*2

y dal piano di regressione rappresenta quella frazione della varianza totale σ2y non

spiegata dal piano di regressione. Formalmente rappresenta la media dei quadrati degli scarti dei valori effettivi yi da quelli teorici XZy*

i

XZσ*2

y = μ [(Y – XZY*)2] = 1/N [∑i (yi – XZy*i)

2] = 1/N ∑i (yi - a - b xi - c x2i)

2 da cui dopo brevi passaggi

XZσ*2

y = 1/N (∑i y2

i) - aμy - bμXY - c μZY

La Varianza Spiegata XZσ2

y e la Varianza Residua XZσ*2

y sono tali per cui σ2y = XZσ

2y + XZσ

*2y

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μx

Y μy 2/n

Xx

Come misura dell’ addattamento ai dati si utilizza il rapporto di correlazione multipla linear XZη2

y che rappresenta la

frazione normalizzata di varianza totale σ2y spiegata dal piano di regressione

XZη2

y = XZσ

2y/σ2

y = 1 – XZσ*2

y /σ2y

0 ≤ XZη2

y ≤ 1

D67 - Qual è la differenza tra migliore interpolante e perfetta interpolante? Il miglior polinomio interpolante di grado r sara’ quella che corrisponde alla condizione di medie condizionate “allineate” in presenza pero’ di residuo ineliminabile, ovvero con

rσ2

y = σ2y < σ2

y 0 ≤ rη2

y = η2y

< 1 rσ*2

y = rσ*2

y ≠ 0

L’ interpolante perfetta, sara’ quella che corrisponde alla condizione di medie condizionate “allineate” in senso lato sul polinomio di grado r senza residuo, ovvero

rσ2

y = σ2y = σ2

y 0 ≤ rη2

y = η2y

= 1 rσ*2

y = σ*2y = 0

Intendendo

rη2 = rσ

2y/σ2

y = 1 – rσ*2

y/σ2y (rσ

2y

dovrebbe essere sopra segnato e non sottolineato).

0 ≤ ρ2 ≤ 2η2

y ≤ ...... ≤ rη

2y ≤......≤ n-1η

2y = η2

y ≤ 1

D68 - Qual è il residuo di regressione in un modello polinomiale di grado zero. Il residuo di regressione in un modello polinomiale di grao zero, e’ rappresentato dall Varianza Residua σ*2

y delle medie condizionate che appunto rappresenta quella frazione della varianza totale σ2

y non spiegata dalle medie condizionate per il fatto che le intensita’ yj differiscono dalle μ (Y|xi). Formalmente rappresenta la media dei quadrati degli scarti dei valori effettivi yj dalle μ (Y|xi)i

σ*2y = μ [σ2 (Y|X)] = 1/N [∑i σ

2 (Y|xi) fi+]

D69 - Il modello di regressione di massimo grado in presenza di m distribuzioni condizionate. Nel caso di m distribuzioni condizionate, il modello di regressione di massimo grado sara’ un polinomio di grado (m-1)

m-1Y* = a0 + a1X + a2 X2 + a3 X

3 + a4 X

4 + ........ + am-1 X

m-1

In questo caso il polinomio sara’ il miglior interpolante, passera’ per le m medie condizionate (che pertanto risulteranno “allineate” in senso lato) e di conseguenza si verifichera’ che la Varianza Spiegata m-1σ

2y = σ

2y , la

Varianza Residua m-1σ*2

y = σ*2y e pertanto il rapporto di correlazione del polinomio m-1ρ

2 coincidera‘ con il rapporto di correlazione η2 dovuto alle medie condizionate m-1ρ

2 = η2

D70 - Quali tra le seguenti affermazioni sono corrette: a) l’indipendenza in media è condizione necessaria e sufficiente per l’indipendenza stocastica - Falsa b) l’indipendenza in media è condizione necessaria e ma non sufficiente per l’indipendenza stocastica - Vera c) l’indipendenza stocastica è condizione sufficiente per l’indipendenza in media - Vera d) l’indipendenza stocastica può esistere solo tra fenomeni quantitativi - Falso e) se esiste indipendenza stocastica la covarianza è nulla - Vera f) se esiste interindipendenza in media esiste anche incorrelazione - Vera

D71 - Dati i caratteri X e Y rilevati congiuntamente su N unità statistiche e calcolate le equazioni delle rette di regressione che rispettivamente esprimono X in funzione di Y e Y in funzione di X,

a) possono le due rette presentarsi parallele nel piano ? Perché? No, perche’ le due rette 1Y* = μy + σxy/σ2

x (X - μx) e 1X* = μx+ σxy/σ2

y (Y - μy), qualunque sia la loro pendenza, si intersecano sempre nel punto di coordinata (μx, μy) pertanto cio’ esclude in generale il fatto che possano essere parallele, tranne appunto il caso della loro coincidenza cioe’ quando ρ2 = 1.

b) possono essere perpendicolari? In che caso? Si quando le medie condizionate sono strutturate in modo tale da

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essere sintetizzate da rette di regressione orizzontali ovvero ρ2 = 0.

c) se incidenti, quali sono le coordinate del punto di intersezione? Le due rette 1Y* = μy + σxy/σ2

x (X - μx) e 1X* = μx+ σxy/σ2

y (Y - μy), qualunque sia la loro pendenza, si intersecano sempre nel punto di coordinata (μx, μy)

d) possono essere coincidenti ? In che caso? Si, nel caso in cui ρ2 = 1 ovvero quando le rette di regressione sono interpolanti perfette, non esiste cioe’ residuo ovvero ad ogni valore di X corrisponde un solo valore di Y ed ovviamente viceversa.

e) possono avere coefficienti angolari di segno opposto? Perché? No, perche’ sia nel caso della 1Y* = μy + σxy/σ2x (X -

μx) che nel caso della 1X* = μx+ σxy/σ2y (Y - μy), il segno del coefficiente angolare dipende dalla sola σxy che e’ la

stessa in entrambe in casi.

D72 - Spiegare i vari significati che può assumere il rapporto di correlazione lineare. Definito il Rapporto di Correlazione Lineare

ρ2 = 1σ2

y/σ2y = 1 – 1σ

*2y/σ2

y = σ2xy/σ2

x σ2

y (1σ2

y dovrebbe essere sopra segnato e non sottolineato).

0 ≤ ρ2x = ρ2

y = ρ2 ≤ η2 ≤ 1

Da una parte, considerando le relazioni ρ2 = 1σ2

y/σ2y = 1 – 1σ

*2y/σ2

y, puo’ interpretarsi come una misura della frazione normalizzata 1σ

2y dellla varianza totale σ2

y spiegata dalla retta di regressione

Dall’ altra parte, considerando le relazioni ρ2 = σ2xy/σ2

x σ2

y puo’ interpretarsi come l’ attitudine congiunta delle due variabili X ed Y, ad essere una funzione dell’ altra, ovvero come una misura dell’ interdipendenza lineare che intercorre tra le due variabili X ed Y.

D73 - Se ρ² = 0 quale è l’equazione della retta di regressione? Motivare la risposta Essendo ρ² = 0, quindi ρ = 0 e conseguentemente σxy = 0, ne consegue che il coefficiente angolare della retta di regressione σxy/σ2

x = ρ σy/σx e’ nullo e pertanto l’ equazione della retta di regressione e’ 1Y* = μy .

D74 - Stabilire i possibili valori assumibili da ρ² a seconda dei seguenti casi: a) η²(X) = 1 η² (Y) = 1 - ρ² = 1 b) η²(X) = 0.7 η² (Y) = 1 - 0 < ρ² < 1 c) η²(X) = 0 η² (Y) = 0 - ρ² = 0 d) η²(X) = 0.5 η² (Y) = 0.6 - 0 < ρ² ≤ 0.5

Al variare di ρ le due rette ruotano attorno al punto (μx, μy) partendo dala condizione ρ2 = 0 di perpendicolarita’ per giungere alla loro coincidenza quando ρ2 = 1 passando attraverso tutte le condizioni intermedie. Nel grafico sono riportate le diverse situazioni nel caso in cui 0 ≤ ρ ≤ 1 (legame X-Y di tipo diretto). Analoghe considerazioni si possono fare quando -1 ≤ ρ ≤ 0 (legame X-Y di tipo inverso)

- ρ2 = 0 - rette blu - 0 < ρ2 < 1 - rette nera e viola - ρ2 = 1 – retta rossa

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CORSO DI STATISTICA I (AA 2012-13) Elenco delle possibili domande

della prova teorica in forma scritta

DOMANDE DI PROBABILITA’

P1 - Gli eventi casuali propri. Si definisce Evento casuale proprio ogni realta’ o accadimento o risultato relativo ad una osservazione o esperimento realizzatosi, ma del quale non se ne consoce il risultato. Si definisce Evento elementare ogni possibile esito dell’ osservazione o esperimento.

P2 - L'operazione di unione tra eventi casuali: definizione e sue proprietà (commutativa, associativa e di idempotenza).

Dato un esperimento e definito l’ evento certo o Spazio Campionario Ω = ξ1 - ξ 2 - ..... - ξj - ....., dove ξj rappresenta

il generico risultato dell’ esperimento e ξj un generico evento elementare, e dati A e B due generci eventi, si definisce Evento unione A+B, l’ evento costituito dall’ insieme degli eventi elementari di A e di B.

- Proprieta’ commutativa - A+B = B+A

- Proprieta’ associativa - A+(B+C) = (A+B)+C = A+B+C - Proprieta’ di idempotenza - A+A = A

P3 - L'operazione di intersezione tra eventi casuali: definizione e sue proprietà (commutativa, associativa e di idempotenza).

Dato un esperimento e definito l’ evento certo o Spazio Campionario Ω = ξ1 - ξ 2 - ..... - ξj - ....., dove ξj rappresenta

il generico risultato dell’ esperimento e ξj un generico evento elementare, e dati A e B due generci eventi, si definisce Evento intersezione A*B, l’ evento costituito dall’ insieme degli eventi elementari comuni sia ad A che a B.

- Proprieta’ commutativa - A*B = B*A

- Proprieta’ associativa - A*(B*C) = (A*B)*C = A*B*C - Proprieta’ di idempotenza - A*A = A

P4 - Eventi dipendenti e indipendenti - Compatibili ed incompatibili. Un evento A e’ indipendente da un evento B se P(A|B) = P(A) ovvero se P(A*B) = P(A) P(B), in caso contraio parleremo di eventi dipendenti.

Due eventi A e B si dicono incompatibili quando al verificarsi dell’ uno non si presenta l’ altro e viceversa, ossia quando A*B = Ø, in caso contrario parleremo di eventi compatibili.

P5 - Definire ed esemplificare una partizione dello spazio campionario. Un insieme di n eventi A1, A2,..., An rappresenta una Partizione dello Spazio Campionario Ω, se sono a due a due incompatibili Ai*Aj = Ø e la loro unione genera l’ evento certo A1+A2+......+An = Ω

P6 - Se due eventi sono incompatibili, sono tra loro indipendenti ? Giustificare la risposta (Vedi Nota_2 pag. 25). Due eventi A e B sono incompatibili quando A*B = Ø ovvero P(A*B) = P(Ø) = 0, mentre due eventi sono

indipendenti quando P(A|B) = P(A) [P(B|A) = P(B)] ovvero se P(A*B) = P(A) P(B): visto che risulta P(A*B) = 0 ≠ P(A) P(B) i due eventi potrebbero essere indipendenti se e solo se P(A) = 0 oppure P(B) = 0. Cioe’ se due eventi sono incompatibili allora non sono indipendenti (il verificarsi di uno ci dà la certezza che l’altro non può verificarsi)

Due eventi incompatibili, cioè disgiunti, non sono mai indipendenti a meno che uno dei due non abbia probabilità nulla: il fatto stesso di escludersi vicendevolmente fa sì che il verificarsi dell’uno dipenda dal verificarsi o meno dell’altro. Infatti per due eventi A e B indipendenti ed incompatibili si ha:

P(A|B) = P(A) P(B) = P(Ø) = 0 e quindi almeno una tra P(A) e P(B) è 0.

Se A e B sono incompatibili, abbiamo: A*B = Ø e P(A+B) = P(A) + P(B)

Se A e B sono compatibili, abbiamo: A*B ≠ Ø e P(A+B) = P(A) + P(B) - P(A*B)

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P7 - La formula della probabilità composta. Dalle formule delle probabilita’ condizionate P(A|B) = P(A*B)/P(B) e P(B|A) = P(A*B)/P(A) si puo’ ricavare la formula della probabilita’ composta P(A*B) = P(A|B) P(B) = P(B|A) P(A)

P8 - I vari concetti di probabilità. - Concezione classica: dato un evento A si definisce probabilita’ P(A) dell’ evento, il rapporto tra il numero di casi

favorevoli n(A) ed il numero di casi possibili n(Ω) realizzabili nell’ esperimento oggetto dell’ osservazione P(A) = n(A)/n(Ω)

- Concezione statistica: dato un evento A si definisce probabilita’ P(A) dell’ evento, se esiste finita, la quantita’ P(A) = lim nàààà∞ n(A)/n(Ω), cioe’ il rapporto tra il numero di casi n(A) in cui e’ stato osservato A ed il numero totale di osservazioni n, effettuate tutte nelle medesime condizioni sperimentali.

- Concezione soggettiva: dato un evento A si definisce probabilita’ P(A) dell’ evento, la misura del grado di fiducia che il soggetto attribuisce al verificarsi dell’ evento stesso

P9 - Gli assiomi di Kolmogorov. Dato uno spazio probabilizzabile (Ω, BΩ) dove Ω = ω1, ω2,...., ωn rappresenta lo spazio campionario generato dai risultati dell’ esperimento e BΩ= Ø, ω1, ω2,...., ωn, ω1, ω2, ..., ω1, ωn, ......, ω1, ω2,...., ωn l’ insieme costituito da tutti i possibili sottoinsiemi ottenibili a partire da Ω (BΩ risultata chiuso rispetto a qualunque operazione di unione, intersezione e complemento pertanto e’ un’ Algebra di Boole), tutte le leggi del calcolo probabilistico possono essere dedotte dai seguenti assiomi:

1. P(A) ≥ 0 con A Є BΩ

2. P(Ω) = 1

3. P(A+B) = P(A) + P(B) se A*B = Ø

La quantita’ P(A) e’ detta probabilita’ dell’ evento A. Viene considerato 4o assioma anche la relazione delle Probabilita’ condizionate P(A|B) = P(A*B)/P(B)

P10 - La formula delle probabilità totali. P(A+B) = P(A) + P(B) – P(A*B)

P11 - La probabilità condizionata e la probabilità di eventi indipendenti. - Probabilita’ condizionata: P(A|B) = P(A*B)/P(B) [P(B|A) = P(A*B)/P(A)] - Probabilita’ eventi indipendenti: P(A*B) = P(A) P(B) [P(A|B) = P(A)]

P12 - Il Teorema di Bayes: definizione e sua derivazione dalla formula delle probabilità condizionate. La Formula di Bayes o Legge delle probabilita’ delle cause, consente di calcolare la probabilita’ che il manifestarsi di un evento sia imputabile ad una specifica fra le altre possibili cause che sono tra loro incompatibili (probabilita’ a posteriori)

P(A|B) = P(A*B)/P(B) = [P(A|B) P(B)]/[ P(A) P(B/A) + P(Ā) P(B|Ā)]

Per la dimostrazione si parte dalla P(A|B) = P(A*B)/P(B) ricordando che

P(A*B) = [P(B|A) P(A)]

P(B) = P(B*A) + P(B*Ā)

P13 - Facendo riferimento all’esperimento lancio di un dado esemplificare i seguenti casi: a) evento certo - Ω = f1 - f2 - f3 - f4 - f5 - f6 dove fi rappresenta il numero raffigurato sull’ i-esima faccia del dado b) evento impossibile - Ø = c) eventi compatibili - A = f1 - f2 - f3 = “Insieme delle facce sui cui e’ raffigurato un numero < 4” B = f2 - f4 - f6 = “Insieme delle facce sui cui e’ raffigurato un numero pari” d) eventi incompatibili - A = f1 - f3 - f5 = “Insieme delle facce sui cui e’ raffigurato un numero dispari” B = f2 - f4 - f6 = “Insieme delle facce sui cui e’ raffigurato un numero pari”

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a …… xi …… b

f(x) 1/n

x

a …… xi …… b

F(x) 1 2/n 1/n 2/n

x

P14 - La probabilità dell’evento complementare. Dato un evento A costituito da eventi elementari appartenenti allo spazio campionario Ω, per definizione di evento complementare avremo che Ω = A + Ā pertanto ne consegue che P(Ā) = 1 - P(A)

P15 - Quali tra le seguenti affermazioni sono vere? a) L’evento impossibile è l’evento complementare dello spazio campionario - Vero b) La probabilità di un evento è un valore compreso tra -1 e 1 - Falso c) Lo spazio campionario è l’insieme dei possibili eventi elementari - Vero d) Se due eventi A e B sono incompatibili, la loro unione dà l’insieme vuoto - Vero e) Se due eventi A e B sono indipendenti allora P(A|B) = P(A) - Vero

P16 - La v.a. uniforme discreta: definizione, legge di probabilità, media e varianza. Una distribuzione uniforme discreta, uniforme in un intervallo [a, b] e’ una legge di distribuzione che attribuisce a tutti gli elementi dell’ insieme dei valori assunti dalla v.a. X, in numero finito n, la medesima probabilita’. Nell’ ipotesi che i valori assunti dalla v.a. X siano in progressione aritmetica, avremo che

f(x) = 1/n con xi = a, ..., a + (b – a) (i - 1)/(n – 1), ..., b x1 = a e xn = b con i Є 1, 2, ..., n

La corrispondente funzione di ripartizione sara’

| 0 con x < x1 = a F(x) = <| Σi i/n con a ≤ xi ≤ x < xi+1 ≤ b | x1 = a e xn = b con i Є 1, 2, ..., (n – 1) | 1 con x ≥ xn = b

Valore medio - μ x = (a + b)/2 Varianza - σ

2x = [(b – a)2(n + 1)]/[12 (n – 1)] = (n2 – 1)/12

P17 - La v.a. Binomiale: definizione, legge di probabilità, media e varianza. Definita la v.a. X = numero di elementi favorevoli o successi eseguendo n prove indipendenti a probabilita’ costanti, avremo che X si distribuisce con Legge Binomiale, ovvero la probabilita’ che P(X=x) varra’

Bi(x|n, p) = (n x) px qn-x con x = 1, 2, ..., n dove

(n x) rappresenta il coefficiente binomiale n = numero di prove ripetute p = probabilita’ evento favorevole q = (1 – p) = probabilita’ evento sfavorevole

La corrispondente funzione di ripartizione sara’

FBi = Σxj=0 (n j) pj qn-j

Valore medio - μ x = np Varianza - σ

2x = npq

P18 - La v.a. Ipergeometrica: definizione, legge di probabilità, media e varianza. Definita la v.a. X = numero di elementi favorevoli o successi eseguendo n prove indipendenti effettuate in blocco su una popolazione di numerosita’ N, avremo che X si distribuisce con Legge Ipergeometrica, ovvero la probabilita’ che P(X=x) varra’

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H(x|N,n, p) = [(Np x) (Nq (n - x))]/(N n) con max[0, (n- Nq)] ≤ x ≤ min(N, Np) e dove

(Np x), (Nq (n - x)) e (N n) rappresentano coefficienti binomiali N = numerosita’ popolazione Np = numero elementi favorevoli Nq = numero elementi sfavorevoli n = numero di prove ripetute p = frazione elementi favorevoli q = (1 – p) = frazione elementi sfavorevoli

La corrispondente funzione di ripartizione sara’

FH = Σxj=0 [(Np j) (Nq (n - j))]/(N n)

Valore medio - μ x = np Varianza - σ

2x = npq (N – n)/(N-1)

P19 - La v.a. Geometrica: definizione, legge di probabilità, media e varianza. Definita la v.a. X = numero di prove indipendenti effettuate a probabilita’ costanti per ottenere il 1^ successo avremo che X si distribuisce con Legge Geometrica, ovvero la probabilita’ che P(X=x) varra’ x

Ge(x|p) = (1 - p)x-1 p con x = 1, 2, ... dove

p = probabilita’ evento favorevole

La corrispondente funzione di ripartizione sara’

FGe = 1 - (1 - p)x

Valore medio - μ x = 1/p Varianza - σ

2x = q/p

P20 - La v.a. Binomiale Negativa (Pascal): definizione, legge di probabilità, media e varianza. Definita la v.a. X = numero di prove indipendenti effettuate a probabilita’ costanti necessarie per ottenere k successi avremo che X si distribuisce con Legge di Pascal o Binomaile negativa, ovvero la probabilita’ che P(X=x) varra’

Pa(x|p, k) = ((x - 1) (k - 1)) pk qx-k con x = k, (k =1), ... dove

((x - 1) (k - 1)) rappresenta il coefficiente binomiale p = probabilita’ evento favorevole q = (1 – p) = probabilita’ evento sfavorevole

La corrispondente funzione di ripartizione sara’

FPa = Σxj=k ((j - 1) (k - 1)) pk qj-k

Valore medio - μ x = k/p Varianza - σ

2x = kq/p

P21 - In quali casi la v.a. Ipergeometrica può essere ben approssimata dalla v.a. Binomiale? Con riferimento alla descrizione riportata al P18, nell’ ipotesi che N àààà +∞ e che N >> n, una v.a. Ipergeometrica puo’ essere ben approssimata da una v.a. Binomiale.

P22 - La v.a. Poisson: definizione, legge di probabilità, media e varianza. Con riferimento alla descrizione riportata al P17, nell’ ipotesi che n sia un valore molto grande e che p sia viceversa molto piccolo (eventi rari) per cui il loro prodotto assumera’ un valore finito np = λ, una v.a. Binomiale puo’ essere ben approssimata da una v.a. detta di Poisson la cui legge di probabilita’, ovvero la probabilita’ che P(X=x) varra’

Po(x|λ) = λx e-x/x! con x = 1, 2, ... e dove λ ≥ 0

La corrispondente funzione di ripartizione sara’

FPo(x) = Σxj=0 λx e-λ/x!

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Valore medio - μ x = λ Varianza - σ

2x = λ

P23 - In quali casi la v.a. Binomiale può essere ben approssimata dalla v.a. di Poisson? Con riferimento alla descrizione riportata al P17, nell’ ipotesi che n sia un valore molto grande e che p sia viceversa molto piccolo (eventi rari) per cui il loro prodotto assumera’ un valore finito np = λ, una v.a. Binomiale puo’ essere ben approssimata da una v.a. detta di Poisson

Bi(x|n, p) ~ Po(x|λ)

P24 - In quali casi la v.a. Binomiale può ben essere approssimata alla v.a. Normale? Con riferimento alla descrizione riportata al P17, nell’ ipotesi che n sia un valore molto grande (n àààà +∞) e che |p – q|< ε ossia la differenza tra la probabilita’ dell’ evento favorevole e quello svaforevole sia piccola (p àààà 1/2 e q àààà 1/2), una v.a. Binomiale converge ad una v.a. distribuita con Legge Normale

Bi(x|n, p) ~ N(np, √npq)

P25 - La v.a. discreta: definizione, legge di probabilità, funzione di ripartizione, media e varianza Si definisce v.a. Discreta un’ applicazione X = X(ω) che associa a ciascun evento ω dello spazio campionario Ω un numero reale x, se i valori di interesse sono al piu’ una infinita’ numerabile: si tratta cioe’ di punti isolati sull’ asse reale cui e’ possibile associare una probabilita’.

Si definisce Legge di probabilita’, la funzione f(x) che associa a ciascun esito possibile x della v.a. X la probabilita’ che esso si verifichi f(x) = P(x) : R àààà [0, 1]

Si definisce Legge di ripartizione, la funzione F(x) che associa a ciascun esito possibile x della v.a. X la corrispondente probabilita’ cumulata F(xi) = P(X ≤ xi) = Σi

j P(xj)

Valore medio - μ x = Σi xi P(xi) = Σi xi f(xi) Varianza - σ

2x = Σi (xi - μ x)

2 P(xi) = Σi (xi - μ x)2 f(xi) = [Σi x

2i f(xi)] - μ

2x

P26 - La v.a. continua definizione, funzione di densità di probabilità funzione di ripartizione, media e varianza Si definisce v.a. Continua un’ applicazione X = X(ω) che associa a ciascun evento ω dello spazio campionario Ω un numero reale x, se i valori di interesse sono contenuti in uno o piu’ insiemi aperti limitati o non limitati.

In tal caso si definisce funzione di ripartizione, la funzione F(x) continua ovunque, che associa a ciascun esito possibile x della v.a. X la corrispondente probabilita’ cumulata F(x) = P(X ≤ x) = +∞∫

x f(t) dt. La funzione f(x), denominata Funzione di densita’ di probabilita’, sara’ caratterizzata dalle seguenti proprieta’:

1) f(x) ≥ 0 2) +∞∫

+∞ f(x) dx = 1

Avremo inoltre che P(a < x ≤ b) = F(b) - F(a) e che f(x) = F’(x) = dF(x)/dx

Valore medio - μ x = +∞∫+∞x f(x) dx

Varianza - σ2

x = +∞∫+∞(x - μ x)

2 f(x) dx = +∞∫+∞x2 f(x) dx - μ x

P27 - Il lancio di un dado perfettamente equilibrato a quale v.a. dà origine? Dato l’ esperimento lancio di un dado perfettamente equilibrato, se utilizziamo l’ applicazione che associa a ciascuna delle sei facce del dado il valore corrispondente alla cifra impressa sullla faccia del dado stesso, otterremo una v.a. di tipo discreto. Ad ogni evento elementare fi dello spazio campionario Ω = f1 - f2 - f3 - f4 - f5 - f6, risultera’ associato uno dei primi sei numeri naturali, cui corrsipondera’ la medesima probabilita’ P(i) = P(fi) dell’ evento elementare corrispondente fi, ne consegue che la forma analitica della legge di probabilita’ f(x) e della probabilita’ cumulata F(x) saranno

|1/6 x1 = 1 |0 per x < 1 |1/6 x2 = 2 | 1/6 per 1 ≤ x < 2

f(xi) = <|1/6 x3 = 3 | 2/6 per 2 ≤ x < 3 |1/6 x4 = 4 F(x) = P(X ≤ x) = <| 3/6 per 3 ≤ x < 4 |1/6 x5 = 5 | 4/6 per 4 ≤ x < 5

|1/6 x6 = 6 | 5/6 per 5 ≤ x < 6

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a b

f( x) 1 / (b-a)

x

|1 per x ≥ 1

P28 - Le principali v.a. discrete studiate: per ognuna definire la funzione di probabilità, i parametri che la caratterizzano.

- v.a.Uniforme: vedi descrizione riportata al P16 - v.a. Binomiale: vedi descrizione riportata al P17 - v.a. Ipergeometrica: vedi descrizione riportata al P18 - v.a. Geometrica: vedi descrizione riportata al P19 - v.a.Pascal: vedi descrizione riportata al P20 - v.a.Poisson: vedi descrizione riportata al P22

P29 - La funzione di ripartizione: definizione e proprietà Dato uno spazio probabilizzabile (Ω, BΩ) dove Ω = ω1, ω2,...., ωn rappresenta lo spazio campionario generato dai risultati dell’ esperimento e BΩ= Ø, ω1, ω2,...., ωn, ω1, ω2, ..., ω1, ωn, ......, ω1, ω2,...., ωn l’ insieme costituito da tutti i possibili sottoinsiemi ottenibili a partire da Ω, l’ applicazione univoca X = X(ω) con X: Ωàààà R e’ una v.a. se per ogni semiretta R(x) = (-∞, x] la sua immagine inversa A(x) = X-1[R(x)] e’ contenuta in BΩ.

Ne consegue che P[A(x)] = P[R(x)] = P(X ≤ x) e che allo spazio di probabilita’ (Ω, BΩ, P) in Ω, corrisponde lo spazio di probabilita’ (R, BR, P) in R. In tali ipotesi la funzione F(x) = P(X ≤ x) con x Є R che assegna ad ogni semiretta R(X) la probabilita’ della sua controimmagine A(x) = X-1[R(x)] e’ detta Funzione di ripartizione della v.a. X. Proprieta’:

- 0 ≤ F(x) ≤ 1) - Se x1 < x2 allora F(x1) ≤ F(x2) cioe’ F(x) e’ una funzione non decrescente

- F(-∞) = 0 e F(+∞) = 1 - limhàààà0+ [F(x + h) - F(x)] = 0 cioe’ F(x) e’ una funzione continua da destra

P30 - I parametri attraverso cui si esprimono le leggi di probabilità v.a. Binomiale e la v.a. Ipergeometrica. - v.a. Binomiale: vedi descrizione riportata al P17 - v.a. Ipergeometrica: vedi descrizione riportata al P18

P31 - Qual è il significato dei valori che sono riportati nelle tavole della Normale Standard? I valori riportati nelle tavole della Normale Standardizzata rappresentano la funzione di ripartizione F(z) = P(Z ≤ z) al variare di z

P32 - L'obbiettivo della formula di standardizzazione. Data una v.a. X distribuita con Legge Normale, l’ obiettivo della standardizzazione, ottenuto tramite la trasformazione lineare Z = (X - μ x)/σx, e’ quello di consentire l’ utilizzo delle tavole pre-calcolate messe a disposizione per la determinazione della F(z) = P(Z ≤ z) e quindi della F(x) = P(X ≤ x)

P33 - Nella v.a. Normale quali indici coincidono? La forma distributiva è simmetrica? Moda, mediana e valore medio coincidono. La forma distributiva e’ simmetrica, quindi caratterizzata da un indice di Pearson γ1 = 0.

P34 - La v.a. uniforme continua (rettangolare). Consideriamo il caso di una v.a. continua X che presenta la max incertezza nel predire il risultato atteso nel campo (a, b). La relativa funzione di densita’ si dice uniforme o rettangolare R(a, b) e presenta la seguente forma analitica | 1 /(b – a) con a < x < b f(x) = <| | 0 altrove

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a b

F( x) 1

x

La corrispondente funzione di ripartizione sara’

| 0 con x ≤ a F(x) = <|(x – a)/(b – a) con a < x <b | 1 con x ≥ b

Valore medio - μ x = (b + a)/2 Varianza - σ

2x = (b – a)2/12

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CORSO DI STATISTICA I (AA 2012-13) Elenco delle possibili domande

della prova teorica in forma scritta

DOMANDE DI INFERENZA STATISTICA

I1 - Stima e stimatore: definizioni e differenze. Data una popolazione caratterizzata da aspetti incogniti quali ad esempio media μ e varianza σ2, per

1) Stima dei parametri si intendono le affermazioni fatte sui parametri stessi della popolazione a partire da un campione della popolazione, campionamento effettutato utlizzando una tra le diverse tecniche sviluppate quali ad esempio il C.C.S., C.C.B., C.C.S.S., etc.... Tali stime si basano su opportune funzioni dei dati campionari di cui forniscono una sintesi quantitativa (stima puntuale - stima intervallare). Es. Stima puntuale media campionaria m = (Σn

i xi)/n dove n rappresenta la numerosita’ campionaria.

2) Stimatore si intende la variabile aleatoria generata dalle funzioni indicate al punto precedente al variare del campione scelto. Es. Stimatore Media campionaria M = (Σn

i Xi)/n dove Xi e’ la generica v.a. generata dalla misura xi al variare del campione e dove pertanto M e’ la v.a. generata dalla stima m di μ al variare sempre del campione.

I2 - Le proprietà auspicabili per uno stimatore: correttezza ed efficienza. Sia Θ uno stimatore del parametro θ di una popolazione: lo stimatore Θ si dice Corretto (non distorto) se la media dello stimatore coincide con il parametro stesso: M(Θ) = θ qualunque n, ovvero se il valore medio di Θ calcolato rispetto a tutte le possibili n-ple del piano di campionamento considerato e’ uguale a θ.

Siano Θ1 e Θ2 due stimatore corretti del parametro θ di una popolazione: lo stimatore Θ1 e’ da preferirsi allo stimatore Θ2 , ovvero lo stimatore Θ1 e’ piu’ efficiente dello stimatore Θ2 se a parita’ di numerosita’ campionaria n Var(Θ1) ≤ Var(Θ2). Per Efficienza relativa e si intende il rapporto e = Var(Θ1)/Var(Θ2) dove e Є (0. 1]

I3 - La distribuzione campionaria della media aritmetica: forma, valore medio e dispersione. Data una popolazione caratterizzata da una media μ e una varianza σ2, sia M = (Σn

i Xi)/n lo stimatore media campionaria dove Xi rappresenta la generica v.a. generata dalla misura xi al variare del campione. In tali ipotesi:

- se la popolazione originaria e’ normalmente distribuita avremo che anche la distribuzione campionaria lo sara’, pertanto anche lo stimatore M quale combinazione lineare di v.a. normali sara’ normalmente distribuito.

- se la popolazione originaria non e’ normalmente distribuita avremo che la distribuzione campionaria comunque si avvicina sempre piu’ ad ad una normale al crescere della numerosita’ del campione (n > 30), pertanto anche lo stimatore M, quale combinazione lineare di v.a. tendenti ad una normale, tendera’ ad assumere una distribuzione normale (Teorema Centrale del Limite). Per queste ragioni si puo’ affermare che la distribuzione campionaria di una media (stimatore M) e’ normalmente distribuita M ~ N(μ, σ/√n). Si dimostra che il Valore medio - M(M) = μ e che la Varianza - Var(M) = σ2/n.

I4 - Definizione di intervallo di confidenza. Sia Θ uno stimatore del parametro θ di una popolazionee e θ ne sia una stima: il valore θ non da alcuna indicazione sulla probabilita’ che lo stimatore Θ abbia generato una stima vicina al parametro ignoto θ per cui in molte situazioni si preferiscre fornire un intervallo di stima che, a differenza della stima puntuale, esprime la precisione o accuratezza della stima stessa. Tale metodo di stima viene definito Metodo degli intervalli di confidenza.

Nel caso dello stimatore media campionaria M = (Σni Xi)/n per una popolazione caratterizzata da una media incognita

μ ed una varianza nota σ2, otterremo con una confidenza pari a (1 - α)

PM – zα /2 σ/√n ≤ μ ≤ M + zα /2 σ/√n = (1 - α) quindi a posteriori, utilizzando la stima m = (Σni xi)/n

Pm – zα /2 σ/√n ≤ μ ≤ m + zα /2 σ/√n = (1 - α) che rappresenta l’ intervallo di confidenza per μ ad un livello di significavita’ α . Per M ~ N(μ, σ2/n), (1 - α) e’ il grado di fiducia con cui l’ intervallo M ± zα /2 σ/√n contiene l’ ignoto parametro.

I5 - Differenza tra stima puntuale e stima intervallare. Per analizzare i parametri ignoti di una popolazione, quali ad esempio media μ e varianza σ2, esistono due tipi principali di stime.

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1) Stima puntuale: riguarda l’ utilizzo di un unico dato come stima del valore della popolazione. A partire da un campione della popolazione, campionamento effettutato utlizzando una tra le diverse tecniche sviluppate quali ad esempio il C.C.S., C.C.B., C.C.S.S., etc...., tramite l’ utilizzo di opportune funzioni dei dati campionari, si ricava una sintesi quantitativa del parametro in oggetto. Es. Stima puntuale media campionaria m = (Σn

i xi)/n dove n rappresenta la numerosita’ campionaria.

2) Stima intervallare: riguarda l’ analisi della bonta’ dei dati ricavati tramite la stima puntuale. In sostanza si sostituisce il parametro stimato puntualmente con un intervallo di valori possibili associato ad un certo livello di probabilita’. In tal modo si potra’ affermare che il valore ignoto della popolazione e’ compreso nell’ intervallo con un dato livello di confidenza. Es. Stima puntuale media campionaria M = (Σn

i Xi)/n per una popolazione caratterizzata da una media incognita μ ed una varianza nota σ2. Con una data confidenza pari a (1 - α) avremo che

PM – zα /2 σ/√n ≤ μ ≤ M + zα /2 σ/√n = (1 - α) quindi a posteriori, utilizzando la stima m = (Σni xi)/n

Pm – zα /2 σ/√n ≤ μ ≤ m + zα /2 σ/√n = (1 - α) che rappresenta l’ intervallo di confidenza per μ ad un livello di significavita’ α . Per M ~ N(μ, σ2/n), (1 - α) e’ il grado di fiducia con cui l’ intervallo M ± zα /2 σ/√n contiene l’ ignoto parametro m = (Σn

i xi)/n.

I6 - La verifica delle ipotesi statistiche: definizione e finalità. Per verifica delle ipotesi statistiche si intendono le verifiche cui vengono sottoposte specifiche affermazioni o speculazioni sui parametri della popolazione. Le metodologie di inferenza statistica utilizzate per la verifica di una ipotesi fatta su una caratteristica della popolazione osservata si basano sulla costruzione dei cosiddetti Test d’ ipotesi statistiche, cioe’ di strumenti che pongono a confronto due ipotesi alternative sciegliendo quella maggiormente supportata dall’ evidenza campionaria.

Bibliografia

(1) Statistica Descrittiva - A. Gambini “Argomenti di Statistica Descrittiva” - 2^ Edizione G. Giappichelli Torino

(2) Probabilita’ - A. Gambini “Probabilita’ e Statistica Metodologica” - 2010 G. Giappichelli Torino

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NOTE

Nota_1 NATURA DEI CARATTERI

CARATTERE QUALITATIVO o MUTABILE

Caratteri dell’unità statistica che identificano qualità o categorie non misurabili, ma soltanto classificabili

secondo modalità diverse

CARATTERE QUANTITATIVO o VARIABILE

Caratteri dell’unità statistica che possono essere misurati o espressi mediante un numero e che possono essere di natura discreta o continua.

Sconnesso: non ordinabili naturalmente

Non ammettono alcun ordine logico Es.: religione professata, luogo di nascita…

Ordinabile rettilineo

Hanno un ordine (logico) crescente Es.: grado di soddisfazione, titolo di studio…

Ordinabile ciclico

Hanno un ordine crescente “continuo” Es.: direzione del vento, mesi dell’ anno…

Discreto: enumerabile, ovvero comunque si fissi una sua intensita’ interna all’ intervallo in cui il fenomeno e’ osservabile, esiste un intorno dell’ intensita’ fissata (posto al centro di takle intorno), in cui, all’ infuori di quest’ ultima, nessun altro valore puo’ essere assunto dal fenomeno.

Le intensita’ sono espresse da numeri interi Es.: di figli, etа’ in anni, di fratelli (mentre si possono avere 1/2/3 fratelli, non se ne possono avere 1.5/2.7/3.4…

Continuo: misurabile, ovvero comunque si fissino due valori entro cui il fenomeno e’ osservabile, tutti i vlori intermedi possono essere assunti come intensita’ dal fenomeno.

Le intensita’ sono espresse da numeri reali Es.: peso, altezza, eta’ se misurata in anni, mesi, giorni, ore, minuti…

Trasferibile

Se possono essere ceduti, del tutto o in parte, ad un’altra unità statistica o tra le unita’ Es.: reddito, di dipendenti, fatturato…

Non trasferibile

Se non possono essere ceduti, del tutto o in parte, ad un’altra unità statistica o tra le unita’ Es.: peso, etа’…

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Nota_2

EVENTI INDIPENDENTI ED EVENTI DIPENDENTI

Eventi indipendenti

Due eventi casuali A e B sono indipendenti se la probabilità del verificarsi dell'evento A non dipende dal fatto che l'evento B si sia verificato o no, e viceversa.

Esempio 1. Abbiamo due mazzi di carte da 40. Estraendo una carta da ciascun mazzo, i due eventi:

A = "La carta estratta dal primo mazzo è un asso" B = "La carta estratta dal secondo mazzo è una carta di fiori"

sono indipendenti.

Eventi dipendenti

Un evento casuale A è dipendente da un altro evento B se la probabilità dell'evento A dipende dal fatto che l'evento B si sia verificato o meno.

Esempio 2. Abbiamo un mazzo di carte da 40. Estraendo due carte in successione, senza rimettere la prima carta estratta nel mazzo, i due eventi:

A = "La prima carta estratta è un asso" B = "La seconda carta estratta è un asso"

sono dipendenti. Per la precisione la probabilità di B dipende dal verificarsi o meno di A , infatti:

a) la probabilità di A è 4/40 b) la probabilità di B, se la prima carta era un asso, è 3/39 c) la probabilità di B, se la prima carta non era un asso, è 4/39

EVENTI INCOMPATIBILI ED EVENTI COMPATIBILI

Eventi incompatibili

Si dicono incompatibili quegli eventi aleatori che non possono verificarsi simultaneamente in una data prova.

Esempio 1. Estraendo una carta da un mazzo di 40, i due eventi:

A = "Esce l'asso di cuori" B = "Esce una figura"

sono incompatibili.

Eventi compatibili

Due eventi sono, invece, compatibili se c’è anche una sola possibilità che possano verificarsi simultaneamente, in una data prova.

Esempio 1. Estraendo una carta da un mazzo di 40, i due eventi:

A = "Esce una figura" B = "Esce una carta di cuori"

sono compatibili perché in una estrazione potrebbe uscire una figura

di cuori.