Corso Di Restauro Mobili (Comprato Su Ebay)

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Corso di Restauro prima lezione Inizia con questa lezione il nostro corso di restauro , che vuole essere il mezzo di un primo approccio alla salvaguardia dei mobili antichi . La dote principale di un restauratore è l' amore per il proprio lavoro, condizione ideale perché un restauro riesca, nei limiti delle proprie possibilità e conoscenze. La prima fase del restauro consiste nell'individuazione tecnica- artistica di un mobile, ovvero la sua collocazione nel tempo, i metodi usati per costruirlo, lo stile che lo caratterizza. Acquisiti questi dati sarà fondamentale decidere il tipo di restauro da eseguire, questo può essere : conservativo o integrativo. Un restauro conservativo interverrà sul mobile solo con opere di consolidamento delle parti esistenti, salvaguardando, nei limiti del possibile, i "danni" acquisiti con il tempo. In un restauro conservativo non è necessario ripristinare, al punto di riportare il mobile alle condizioni in cui era quando fu costruito. Una gamba mancante va sicuramente rifatta, ma una tavola imbarcata, una cornice eccessivamente tarlata non devono essere reintegrate, ma consolidate per far si che la loro genuinità si prodighi nel tempo. Il restauro integrativo, invece riguarda più da vicino i mobili che non hanno più un'anima, se non si interviene in maniera drastica. Ricostruendo una cornice mancante su di un armadio, si ridonerà allo stesso il fascino che aveva perso lungo il suo percorso nel tempo. Fondamentale è scrivere un programma di interventi, in cui verranno elencati in maniera cronologica. Si inizia sempre con gli interventi di falegnameria, poi di pulitura e quindi di lucidatura. Elencate tutti gli interventi che dovete eseguire, sia quelli che integrano una parte mancante, sia quelli che si limitano al reincollaggio di una parte che si è semplicemente distaccata.

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Corso di Restauro

prima lezione

Inizia con questa lezione il nostro corso di restauro , che vuole essere il mezzo di un primo approccio alla salvaguardia dei mobili antichi .

La dote principale di un restauratore è l' amore per il proprio lavoro, condizione ideale perché un restauro riesca, nei limiti delle proprie possibilità e conoscenze.

La prima fase del restauro consiste nell'individuazione tecnica-artistica di un mobile, ovvero la sua collocazione nel tempo, i metodi usati per costruirlo, lo stile che lo caratterizza.

Acquisiti questi dati sarà fondamentale decidere il tipo di restauro da eseguire, questo può essere : conservativo o integrativo.

Un restauro conservativo interverrà sul mobile solo con opere di consolidamento delle parti esistenti, salvaguardando, nei limiti del possibile, i "danni" acquisiti con il tempo. In un restauro conservativo non è necessario ripristinare, al punto di riportare il mobile alle condizioni in cui era quando fu costruito. Una gamba mancante va sicuramente rifatta, ma una tavola imbarcata, una cornice eccessivamente tarlata non devono essere reintegrate, ma consolidate per far si che la loro genuinità si prodighi nel tempo.

Il restauro integrativo, invece riguarda più da vicino i mobili che non hanno più un'anima, se non si interviene in maniera drastica.

Ricostruendo una cornice mancante su di un armadio, si ridonerà allo stesso il fascino che aveva perso lungo il suo percorso nel tempo.

Fondamentale è scrivere un programma di interventi, in cui verranno elencati in maniera cronologica.

Si inizia sempre con gli interventi di falegnameria, poi di pulitura e quindi di lucidatura.

Elencate tutti gli interventi che dovete eseguire, sia quelli che integrano una parte mancante, sia quelli che si limitano al reincollaggio di una parte che si è semplicemente distaccata.

La pulitura del mobile è l'operazione che richiede più attenzione, un errore è più o meno irreversibile. Cosa sacra è la salvaguardia dell'integrità della patina, quella colorazione che il mobile ha acquisito con il tempo, è irriproducibile, quindi attenzione all'uso di sostanze troppo aggressive (soda caustica, acidi di vario genere), o di abrasivi, oserei quasi vietati.

Analizzate sempre il tipo di vernice che ricopre l'oggetto, non sempre è necessario sverniciare e comunque usate sempre un prodotto adeguato, solo in certi casi quando ormai la patina è compromessa, l'uso di sostanze o mezzi drastici è consentito.

La lucidatura è quell'operazione finale che dona al mobile tutto il sapore del suo tempo trascorso. I metodi principali di lucidatura sono due quello a cera e quello a gommalacca, il primo destinato a mobili di origine popolare, il secondo a mobili di ebanisteria medio alta. Quest'argomento è molto complesso e verrà approfondito nelle prossime lezioni.

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Lezione seconda

L'organizzazione di un laboratorio

La sede di un laboratorio deve essere confortevole e quanto più spaziosa possibile, non pensiate di avere spazio a sufficienza, prima o poi vi accorgerete che non è vero.

L'ideale sarebbe avere due o tre locali separati, per la falegnameria, la rifinitura e il magazzino. L'umidità e il freddo possono creare non pochi problemi, assolutamente da evitare, soprattutto l'umidità delle cui conseguenze parleremo in seguito. La luminosità è un'altra caratteristica da considerare, la luce artificiale, soprattutto quella prodotta dalle lampade al neon, cambia tonalità al colore del mobile, attenuando la componente rossa del colore e quindi rendendolo meno piacevole, le lampade ad incandescenza al contrario esaltano il colore rendendolo molto più caldo e piacevole.

L'organizzazione dello spazio, è logicamente personalizzata alle caratteristiche della sede che si ha a disposizione, anche in un locale unico cercate di tenere separata la zona della falegnameria da quella per la rifinitura. Se avete macchine utensili non sacrificatele mai in zone anguste, tenendo conto della possibilità di lavorare pezzi di grandi dimensioni.

L’attrezzatura in dotazione ad un laboratorio di restauro è composta dai più comuni attrezzi per la lavorazione del legno (martello, pialla, sega, ecc.) e da altri utensili meno comuni e conosciuti, ormai caduti in disuso, che comunque sarebbe bene non farsi mancare. Analizzeremo in maniera abbastanza approfondita alcuni di questi utensili, fin da ora.

Le pialle. Uno degli strumenti più utilizzati in laboratorio, oltre alla pialla classica ci sono: la sponderuola, che è una pialla senza coste laterali, esiste di varie larghezze, la pialla per modanature, conosciuta anche con il nome di bastone, ha la lama sagomata in una moltitudine di forme, serve per fare cornici di tutti i tipi, il tipo di bastone più usato e quello a profilo tondo (vedi fig.1), n’esistono di varie misure e sarebbe bene averne il più possibile

Questi tipi di pialle sono ormai impossibili da trovare in commercio, tranne forse le sponderuole ( fig. 2), possono essere in ogni caso costruite in laboratorio, almeno quelle a lama tonda che ci danno la possibilità con l’ausilio delle sponderuole di costruire qualunque tipo di cornice o quasi.

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Scalpelli e sgorbie.

Gli scalpelli sono usati quotidianamente in un laboratorio di restauro, anche questi esistono di varie misure, conviene averne il più possibile, anche se le misure più usate sono quelle comprese tra il 15 al 30 mm. Caratteristica fondamentale perché uno scalpello funzioni è l’affilatura che deve essere perfetta e ripetuta anche mentre si lavora, uno scalpello che taglia poco non serve, quindi munitevi di una buona pietra ad olio e tenetela sempre a portata di mano, inoltre non accontentatevi di scalpelli di infima qualità, il costo elevato dell'utensile verrà ammortizzato in breve tempo. Tra gli scalpelli ce né sono alcuni molto particolari come quello inginocchiato (fig.4), il bedano, scalpello con lama più spessa che serve per fare le mortase (la femmina degli incastri). Le sgorbie da intagliatore sono un’utensile molto utile in falegnameria, a patto che vangano affilati in maniera quasi perfetta, non solo per fare intagli ma anche per rifinire cornici, o integrazioni di legno nuovo sull’oggetto del restauro, anche di questi né esistono molte misure e profili, appena sarà disponibile troverete on-line un catalogo con tutti profili più usati.

Tra la vostra dotazione inoltre non potranno mancare, un seghetto per impiallacciatura, uno da traforo, un truschino o traccia-linee (fig.3), una martellina da impiallacciatura, un coltello per segnare (in alternativa alla classica matita meno precisa).

In seguito prenderemo in considerazione tutti gli utensili che si usano in un laboratorio di restauro, alcuni molto specializzati, nella maggior parte dei casi andranno fabbricati, in quanto non si trovano in commercio, quindi vi indicheremo tecnicamente come costruirne la maggior parte.

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Lezione terza

La valutazione di un restauro

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Iniziare un restauro senza prima aver effettuato un’analisi approfondita d’intervento, porta ad eseguire un lavoro parziale, inefficace e che spesso da risultati insoddisfacenti. Di conseguenza si rende necessario pianificare il lavoro, prima di iniziarlo.

E’ necessario innanzi tutto stabilire l’epoca esatta del mobile, in quanto gli interventi che si effettueranno, sia d’ebanisteria sia di finitura né saranno influenzati, il tipo di legno, ogni ripristino va fatto con lo stesso legno di cui è composto l’oggetto e possibilmente della stessa epoca.

Il restauro inizia sempre con gli interventi di falegnameria, successivamente si esegue la pulitura (sverniciatura quando è necessario), ed infine la lucidatura.

Sarà bene scrivere tutte operazioni che dovranno essere eseguite sull’oggetto, senza tralasciare quelle giudicate minime, sono le più facili da dimenticare, stabilendo una cronologia d’esecuzione che non intralci un intervento con un altro.

Le operazioni di pulizia (o sverniciatura) sono quelle che richiedono una particolare attenzione nella scelta d’intervento, infatti in questa fase un errore di valutazione può causare dei danni che sono in un certo qual modo irreversibili. Tenete sempre conto della patina (quella colorazione che il legno acquisisce nel tempo) del mobile, va considerata sacra, ogni intervento di pulizia la deve sempre salvaguardare. Evitate interventi drastici (quali soda caustica) , in alcuni casi e necessario solo spolverare l’oggetto, non è indispensabile sverniciarlo. Analizzando il tipo di verniciatura che ricopre l’oggetto si determinerà il prodotto migliore per eseguire la pulizia.

Eseguite sempre un test del prodotto scelto in un angolo nascosto del mobile, questo farà in modo che, se il prodotto è errato, o non funziona a dovere, limiterete i danni.

La finitura del mobile tiene conto innanzi tutto di quella che era o dovrebbe essere stata la finitura originale, va ripristinata e non va inventata (con l’uso di miracolosi prodotti sintetici), quando è ormai compromessa e si decide di eseguirla ex-novo si deve tener conto logicamente dell’epoca e dell’origine dell’oggetto (la gommalacca prima del XVIII Sec. non era di dominio pubblico) deducendo così quale sarà stata la finitura originale.

Lezione quarta

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Interventi di restauro

Gli interventi di restauro possono essere divisi in due tipologie: conservativi e integrativi.

Nell’intervento conservativo verranno consolidate e rincollate tutte le parti tarlate o comunque degradate o scollate, senza aggiungere o togliere nulla. L’oggetto del restauro

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quindi non sarà sverniciato ma solo pulito salvaguardando fin dove è possibile la verniciatura originale, e soprattutto la patina. L’intervento integrativo prevede il ripristino di tutte quelle parti mancanti indispensabili per far si che l’oggetto in questione riprenda la sua funzionalità. Tenete presente che la reintegrazione delle parti mancanti non deve essere superiore al trenta per cento dell’oggetto stesso. In caso di verniciature oramai compromesse, si procederà rifacendole ex-novo.

Come già detto si iniziano gli interventi di restauro con gli lavori di ebanisteria, non è però sempre così, in alcuni casi, ad esempio li dove ci sono molte mani di vernice, è consigliabile sverniciare prima di intraprendere qualunque tipo di intervento.

Gli interventi di falegnameria sono di ripristino e di integrazione e solo se assolutamente indispensabile di sostituzione, cercate però di recuperare più "antico" possibile.

Ripristinare le parti rotte o scollate

Il più classico degli interventi conservativi è il reincollaggio degli incastri (non sempre sono incollati), difetto facile da incontrare in fase di restauro, che pregiudica la stabilità del mobile.

E’ buona regola quando si inizia un restauro smontare tutti gli incastri che sono scollati, pulirli e rincollarli, usando sempre i morsetti (sergenti), o tutori d’ancoraggio alternativi. evitando interventi di facile realizzo quali l’uso dei chiodi, di zeppe, piastre di ferro o pezzi di compensato, sono tutte operazioni di poca efficacia che non dureranno nel tempo, creando solo problemi per un prossimo e necessario intervento. La colla che viene usata in restauro è quella in perle, la si può trovare tuttora in commercio, chiamata anche colla a caldo(da non confondere con la colla di coniglio usata in doratura).

Gli incastri: il restauro

Gli incastri si possono rompere sia durante le fasi di smontaggio del mobile sia per interventi maldestri di restauro, come ad esempio l’uso di chiodi per fermare gli incastri, che può essere efficace inizialmente, ma con il tempo sarà causa di rotture più o meno gravi. Inoltre altre rotture possono essere causate per volontà di chi opera lo smontaggio in maniera poco ortodossa, o per un utilizzo improprio dell’oggetto stesso. Questi andranno logicamente restaurati, di seguito trovate alcuni esempi di rotture tipiche e relativo restauro.

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tipica rottura di un tenone

corretto restauro di un tenone

Lezione quinta

Smontare i mobili

Lo smantellamento dei mobili è un'operazione molto delicata alla quale bisogna prestare molta attenzione, non farsi prendere dalla fretta, evitare inconsce martellate a caso, utilizzare gli attrezzi giusti.

Di seguito l’elenco degli utensili indispensabili per eseguire uno smontaggio corretto. Evitiamo di elencare volutamente gli utensili classici quali pinza cacciavite e martello.

· piedi di porco: uno grande da 80 cm circa e uno piccolo da 30 cm. Sono ottimi per schiodare assi molto grandi, e per togliere chiodi .

· levachiodi da tappezziere

· fustelle per cuoio: Ottime per incidere intorno la testa dei chiodi e quindi migliorare la presa delle tenaglie.

· Lama per sega a ferro: da utilizzarsi libera , per riuscire a tagliare i chiodi che non si riescono a togliere, soprattutto nei piani dei tavoli.

· Martello di gomma

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· Martello di legno

· Scalpello a penna: particolare scalpello molto largo con tagliente non affilato.

· siringhe : di varia capienza per iniettare solventi negli incastri da scollare.

· Estrattori per viti: possibilmente di più misure.

· Cacciavite a colpo: particolare cacciavite usato nelle carrozzerie, molto efficace per togliere le viti difficili, funziona colpendolo in testa con un martello, tale martellata gli lo fa girare di un ottavo di giro.

· Cunei in plastica o legno: quelli in plastica (polietilene alimentare ) possono essere recuperati nei laboratori di lavorazione materie plastiche, sono migliori in quanto e difficile deformarli o romperli.

· Cric per automobile: si usa come estensore per smontare gli incastri più tenaci, evitando di dare martellate.

· Spatole per stuccare: possono essere inserite negli incastri facilitando lo scollamento

· Cacciavite a colpo: particolare cacciavite utilizzato nelle carrozzerie per togliere viti difficili da svitare.

Nella figura alcuni degli utensili elencati.

L'analisi preliminare ci permette di valutare se alcune parti del mobile hanno bisogno di essere smontate. Lo smontaggio va affrontato con molta pazienza.

L'incastro: Se dovete scollare un incastro dovete dare il tempo alla soluzione di solventi (acqua, alcool , diluente nitro in parti uguali) di agire, questa soluzione va iniettata a siringa nell’incastro cercando, con l’aiuto della spatola inserita tra tenone e mortasa, di scollarlo. Analizzando poi l'incastro con attenzione potrete verificare la presenza di chiodi più o meno evidenti, che andranno tolti utilizzando leva-chiodi e tenaglie e se necessario incidendo con la fustella il legno intorno al chiodo, scoprendo cosi la testa del chiodo che sarà raggiunto più facilmente. I chiodi di legno, quasi sempre presenti negli incastri antichi, vanno asportati con l'aiuto dei puntini leva-spine, utilizzati battendo il chiodo dall’interno verso l’esterno in quanto tali chiodi avevano sempre una forma tronco piramidale, con la parte più grande rivolta verso l’esterno, in alcuni casi i chiodi di legno non sono passanti, vanno eliminati con un foro di trapano. Un utensile utile per scollare è il cric che messo tra due montanti con

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appositi spessori è un’eccezionale estensore, va usato solo dopo aver bagnato bene l’incastro con la soluzione scollante, aumentando la pressione del cric in maniera graduale senza esagerare.

L'utilizzo del puntino

I tavoli : quasi sempre i tavoli hanno le gambe scollate e i piani ritirati, in questo caso lo smontaggio è quasi sempre necessario.

Il primo intervento consiste nello schiodare, svitare, o in rari casi scollare il piano dall’intelaiatura delle gambe che lo supporta, può essere un’operazione semplice se nessuno è intervenuto con disastrosi restauri casalinghi , o in caso contrario molto complicata, soprattutto nel momento in cui andremo a scollare le gambe.

Se il piano è semplicemente inchiodato il nostro intervento inizierà inserendo i cunei tra il piano e il telaio , dalla parte di testa del piano, se inserite il cuneo dalla parte parallela alla venatura il piano si potrà spaccare.

Come inserire un cuneo

Usate sempre più cunei per iniziare il lavoro che poi completerete con l’ausilio del piede di porco.

Nei casi in cui il piano non si riesca a schiodare, in genere perché i chiodi sono arrugginiti, la soluzione migliore per evitare danni è quella di segarli con la lama a ferro inserendola tra piano e telaio.

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Nei casi in cui il piano è assicurato con delle viti difficili da togliere i sistemi da adottare sono più d’uno , si può intervenire con il cacciavite a colpo se le viti sono grandi, oppure forare con una punta di misura adeguata (mm 3) intorno alla vite inserendo poi dell’olio sbloccante , altra soluzione prefigura l'uso degli estrattori per viti, forando di testa la vite con una punta di misura adeguata all'estrattore che si ha questo viene inserito e girato in senso antiorario, ultima soluzione, come per i chiodi, segare tra piano e telaio la vite.

i telai dei tavoli e le sedie, vengono trattati insieme in quanto tecnicamente hanno molto in comune. Quando sono scollati vanno sempre smontati, il problema più comune che si può incontrare, sono i chiodi stati inseriti negli incastri con l'intenzione di eseguire una sistemazione efficace e veloce, che inizialmente funziona, ma in breve tempo, soprattutto per le sedie, quello che doveva essere un restauro si trasformerà in un danno più grave, i chiodi infatti col passar del tempo spaccano l'incastro, la difficoltà maggiore per estrarli, oltre l’eventuale ruggine formatasi, sta nel fatto che si raggiunge male la testa del chiodo, in quanto spesso è affogato nel legno, in questo caso si rende necessario l’uso del levachiodi che con danni limitati al legno raggiunge la testa del chiodo molto più facilmente delle tenaglie o delle pinze, si può anche creare lo spazio per intervenire con le tenaglie praticando un foro con le fustelle intorno la testa del chiodo, foro che verrà poi chiuso con chiodi di legno.

I telai degli sportelli: se gia scollati sono molto semplici da smontare, basta togliere gli eventuali chiodi di legno , se sono da scollare si fa uso della soluzione scollante e delle spatole, avendo molta pazienza il risultato è garantito, difficilmente troverete chiodi in ferro in questo tipo di incastri, sono comunque abbastanza semplici da togliere perché in genere sono passanti.

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Lezione sesta

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Restaurare gli incastri

(seconda parte)

Proseguiamo dalla quarta lezione sul restauro degli incastri nei mobili, come già detto i motivi delle rotture degli incastri sono molteplici, cosi come i tipi di rotture. Noi analizzeremo ora quelli più difficili da interpretare, tralasciando quelli che a nostro giudizio sono di facile risoluzione, quali ad esempio le rotture che si verificano durante lo smontaggio del mobile che richiedono solo l'incollaggio nella sede originale del pezzo rotto.

- Tipiche rotture di incastri a coda di rondine:

nella foto sottostante vediamo un esempio di incastri a coda di rondine, tipici nei cassetti

ancora un esempio di due tipiche rotture su di un incastro a coda , sulla femmina evidenziato in rosso:

evidenziati in giallo, i punti e le inclinazioni di come eseguire i tagli per inserire gli inserti, come si può vedere in fig. 3

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per l'esecuzione usate una sega a denti fitti per avere un taglio il più pulito possibile, dopodichè procederete costruendo gli inserti che dopo essere stati tagliati andranno modellati grazie all'aiuto di uno scalpello la quale affilatura dovrà essere molto accurata (in seguito parleremo di come eseguire l'affilatura degli utensili) nella fig. 4 potete vedere il risultato del restauro con i nuovi inserti evidenziati in rosso.

- Il restauro di una mortasa:

Altra tipica rottura è quella della mortasa in un incastro classico di un telaio, cosi come si può vedere a fianco. Questo tipo di rottura e stato causato sicuramente durante uno spostamento del mobile in oggetto, compromettendo così la stabilità dello stesso, non potendo ripristinare la parte rotta questa andrà sostituita con un nuovo inserto. evidenziato in rosso il punto in cui dovrà essere tagliato l'incastro

nel disegno a fianco è possibile vedere come eseguire correttamente i tagli, anche qui evidenziati in rosso In questo caso va asportata solo una parte dell'incastro, poi sostituita da un nuovo pezzo. Se fosse stato necessario sostituire tutto l'incastro avremmo dovuto eseguire la stessa operazione anche nella parte inferiore, con il taglio evidenziato in blu.

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Lezione settima

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costruire gli incastri

Alcune volte si rende necessario costruire un incastro ex novo, descriviamo di seguito il sistema per costruire i due incastri più usati in falegnameria: la coda di rondine e l'incastro tenone e mortasa.

La coda di rondine:

Già ampiamente descritta nelle lezioni precedenti, la sua esecuzione richiede una particolare abilità. Analizziamo ora il sistema per costruire una coda di rondine aperta (tipica nelle cassapanche).

Usate il graffietto per segnare reciprocamente la misura della profondità dei due pezzi da unire (nel disegno evidenziata A B), dopodichè come nel disegno (evidenziata in giallo la parte da asportare), disegnate un trapezio sul pezzo che sarà la femmina, potete usare una sagoma in metallo che vi permette di avere le code di ugual misura e alla stessa distanza una dall'altra. Per segnare non usate la matita ma bensì un coltello oppure un taglierino, molto più precisi.

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Quando disegnate una coda di rondine dovete tener presente che un'angolazione troppo accentuata rende la coda debole, mentre al contrario un'angolazione poco pronunciata compromette la tenuta dei due pezzi, diciamo che un angolo compreso tra i 70° e gli 80° può andar bene.

Una volta disegnata la coda va tagliata, usate una sega a denti fitti per un taglio molto più preciso, tenendola con un'inclinazione intorno ai 45° rispetto al piano di lavoro

fatto il taglio dovete ora segnare il maschio. prendete il pezzo appena tagliato e appoggiatelo sopra quello che dovrà diventare il maschio, con il coltello per segnare incidete il taglio che dovrete eseguire, riportando, con la squadra anche i riferimenti sul piano del pezzo.

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nel disegno le linee da tracciare sono segnate in nero mentre la parte da asportare e evidenziata in rosso, eseguite il taglio cosi come lo avete fatto per la femmina.

Sopra potete vedere il taglio finito come si presenterà

sotto invece il lavoro finito

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Mortasa e tenone:

anche nell'esecuzione quest'incastro, fondamentale in falegnameria , si fa uso del graffietto per tracciare le linee su cui andrà eseguito il taglio. sulla faccia di spessore di tutti i pezzi da unire tirate due linee dividendo in tre parti uguali la faccia di spessore, fate questa operazione sia sul tenone che sulla mortasa.

Fermate ora il pezzo al banco e tagliate usando una sega a denti fitti, senza fare eccessiva forza e mantenendo una velocità costante, tenete la sega con una inclinazione vicina ai 45° rispetto al piano di lavoro. Per asportare la parte la eliminare della mortasa usate un bedano. Il tenone è molto più semplice da realizzare, in quanto una volta fatti i tagli che lo determinato per asportare i due pezzi da eliminare è sufficiente eseguire due tagli trasversali.

il tenone

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la mortasa

Lezione ottava

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La cornice decorativa nei mobiliLa cornice è l’elemento decorativo che ha caratterizzato il mobile dagli inizi del ‘500 fino ai giorni nostri. L’uso di decorare i mobili con cornici prende piede nel rinascimento, i vari profili delle cornici prendono spunto, cosi come tutta l’architettura del mobile rinascimentale,

dall’architettura classica greco-romana.

La cimasa: è la cornice più importante nei mobili a corpo alto ( armadi, librerie) sovrasta il mobile e lo chiude a capello

nasce nel mobile rinascimentale con profili molto elaborati di grandi dimensioni, nei secoli successivi

si riduce di dimensione ma non perde mai importanza. Con il mobile barocco nasce la cimasa centinata che sarà poi una caratteristica architettonica del mobile barocchetto e Luigi XV, poi ripresa nel Luigi Filippo nella meta del ottocento.

Come detto si possono notare notevoli differenze di disegno e dimensioni tra cornici di varie epoche e provenienza e comunque sono pochi gli elementi che combinati tra loro formano la cimasa, comuni a quasi tutte le epoche e provenienze, riassunti in breve sono: la gola rovescia, la scozia, il toro, il listello.

La combinazione di questi quattro elementi, in varie dimensioni, forma la maggior parte dei profili di cornici usati nei mobili di antiquariato, cosi come si può vedere nel disegno che segue.

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cornice francese in scala 1:1

La costruzione delle cornici veniva eseguita con apposite pialle di varie forme e misure, la lama aveva il taglio sagomato a seconda dell’esigenza, ad esempio per fare il taglio della scozia si sarebbe usata una pialla con il taglio tondo. Fig. 1

Le pialle più usate sono di tre tipi : la sponderuola (a tagliente dritto), la su menzionata a tagliente tondo , e la gola rovescia . Le prime due si utilizzano in varie larghezze (da 0,5 cm a 4-5 cm), mentre la gola rovescia a due o tre misure.

Nelle prossime lezioni impareremo ha costruire una cornice con questi tipi di pialle.

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Corso di Restauro

Lezione nona

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Ci sono due modi per costruire una cornice, a mano, usando specifiche pialle (i bastoni), oppure a macchina, usando la toupie. noi analizzeremo esclusivamente il sistema manuale, limitandoci a una superficiale descrizione della costruzione a macchina. Avevamo già accennato nella lezione precedente dell'utilizzo di specifiche PIALLE per la costruzione delle cornici, due in particolare hanno una funzione universale e sarebbero più che sufficienti per la realizzazione della nostra cornice,la sponderuola e la pialla tonda (da qui chiamato bastone). Bisogna averne a disposizione più misure, soprattutto di bastoni, in quanto nel loro caso non solo cambia la grandezza della lama ma anche il disegno che producono, mentre la sponderuole produce sempre due piani ad angolo retto e cambiando la larghezza della lama si aumenta solo la possibilità di lavorare su di un piano più grande. Come esempio costruiamo una cornice classica composta da toro scozia e listello, come quella che possiamo vedere nella figura seguente con evidenziato in rosso il profilo.

per costruire questa cornice utilizzeremo tre tipi diversi di pialla, oltre le due già descritte anche un bastone a profilo concavo. Decidiamo innanzi tutto la dimensione che dovrà avere la nostra cornice, quella dell'esempio misura 5 cm di altezza per 5 di aggetto mentre alla lunghezza della cornice, necessaria per il mobile su cui andrà montata, dovremo aggiungere lo scarto dei tagli a 45 gradi. Scegliamo il legno tenendo presente che i nodi sono la cosa più difficile da piallare quindi vanno evitati.. Sulla testa del legno, dopo averlo carteggiato per togliere la rugosità, tracceremo con una matita il profilo della nostra cornice, poi tracceremo delle linee di riferimento con il graffietto, partendo dai punti limite del profilo e segnando inizio e fine della scozia del listello e del toro.

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evidenziati in rosso le linee di riferimento da tracciare con il graffietto

se vogliamo, invece dei punti di riferimento con il graffietto, possiamo fare i riferimenti con la sega circolare, eliminando l'eccedenza dal disegno di modo che avremo molto meno legno da piallare e otterremmo dei punti di riferimento molto più precisi sia come linea che come profondità.

possiamo vedere il risultato dopo l'eliminazione dell'eccedenza, che si può ottenere sia con la sega circola re che con la sponderuola.

Ora è necessario bloccare il pezzo al banco, prima di iniziare il lavoro. Se non l'abbiamo fatto con la sega circolare, sarà necessario eliminare l'eccedenza del legno con la sega a mano o meglio con una pialla sponderuola.

. Inizieremo con la scozia, utilizzando la pialla a profilo tondo, la vediamo in azione nella foto sotto

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poi rifiniremo il listello, infine il toro che possiamo fare sia con una pialla dedicata a profilo concavo che con la sponderuola, in quest'ultimo caso il lavoro va rifinito con carta vetrata in quanto il risultato sarà più approssimativo. Anticamente la cornice veniva costruita anche utilizzando una tavola di spessore inferiore rispetto al necessario, effettivamente è molto più conveniente sia per il limitato consumo di legno, che per i tempi di lavorazione molto più contenuti , nella figura seguente la descrizione della tecnica,

la tavola rappresentata misura cm 8 di larghezza per 2,5 di spessore, il risultato, eseguiti tutti i tagli necessari e una volta montata sarà di una cornice di altezza cm 5 e di aggetto cm 5,. come potete vedere anche in questo caso si disegna in testa al legno il profilo della nostra cornice, sono evidenziate in rosso le parti da eliminare con la pialla, la tavola nel montarla andrà inclinata di 45 gradi. Questo tipo di tecnica si presta per l'esecuzione della cornice utilizzando la toupie. , in questo modo abbiamo molta meno eccedenza da eliminare. L'utilizzo della toupie è giustificato solo nei casi in cui i quantitativi di cornice da produrre sono elevati, infatti la preparazione della macchina per eseguire dei disegni personalizzati, come è necessario nel restauro, è molto laboriosa, per questo motivo ancora oggi nel

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nostro laboratorio si preferisce costruire le cornici manualmente.

Lezione decima

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restaurare una corniceQuesta lezione fa parte integrante di cronaca di un restauro, infatti prenderemo in esame il restauro della cornice che racchiude il piano della scrivania protagonista appunto di questo diario di un restauro, come esempio è molto completo essendo l'intervento abbastanza complesso.

Restaurare alcune parti di una cornice spesso è più complicato che farla ex-novo, noi però dobbiamo tener conto sempre che più antico si lascia e meglio è.

la cornice in esame ha un profilo molto elaborato ed è visibile sia frontalmente che posteriormente, ne manca una parte e andrà reintegrata.

come si presenta il profilo della cornice

nella foto sotto la porzione di cornice su cui dobbiamo intervenire

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a questo punto si eseguono i tagli per i nuovi inserti che sono molto più grandi del necessario e che in seguito pialleremo, questi vengono fatti in due momenti diversi in quanto andranno incollati uno sopra all'altro, quindi bisognerà aspettare che il pezzo inferiore più piccolo sia asciutto prima di eseguire il taglio e l'incollaggio dell'inserto superiore più lungo.

come si può vedere gli inserti sono due perche è molto più semplice eseguire i tagli, che sono paralleli al lato della cornice e quindi possono essere tagliati a macchina ed inoltre il lavoro risulterà molto più robusto.

una volta seccata la colla fermeremo la cornice a banco e inizieremo a piallare dapprima con una pialla sbozzino per eliminare in maniera veloce l'eccedenza rispetto al profilo, e poi con pialle di vario tipo per rifinire tutti i disegni che compongono il profilo.

eventualmente per le parti più difficili, o se non abbiamo a disposizione pialle particolari, potremmo usare scalpelli e sgorbie.

per finire il lavoro ed eliminare i segni delle piallate useremo carta vetrata (solo sulle parti nuove) di grana fine 180/220.

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la cornice finita.

Lezione undicesima

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Gli utensili da affilare in un laboratorio di restauro sono molti: seghe, coltelli per segnare, taglierini, cesoie, sgorbie, scalpelli e pialle. Soprattutto gli ultimi due sono fra quelli che si affilano con più frequenza, è su questi che concentreremo la nostra lezione.

L'esigenza di affilare spesso un utensile parte dalla regola che "un utensile che non taglia non serve", già ripetuta più volte nelle pagine del corso, è una regola questa che vi deve accompagnare sempre durante il lavoro. L'affilatura richiede molta pazienza e abilità, sono due qualità che si affinano col tempo e con i risultati.

Gli strumenti necessari per affilare pialle e scalpelli sono: una mola, delle pietre per l'affilatura, un pezzo di cuoio, e della pasta abrasiva.

Le mole: Ne esistono di diverse tipologie, sia elettriche che a pedale (quest'ultime oramai cadute in disuso), sia a secco che a bagno. Le migliori sono del tipo a bagno con numero di giri basso, non surriscaldano la lama quindi non c'è il pericolo di bruciare il filo. L'unico inconveniente é che richiedono più tempo per fare l'affilatura.

Le pietre per affilare: anche di queste c'è ne sono di vari tipi e gradazioni, ci sono lubrificate a olio o ad acqua, sintetiche o naturali. Le pietre ad acqua sono più lente ad affilare ma riescono a fare un filo molto più tagliente, sono generalmente più costose, si trovano in commercio in più gradazioni, grosse, medie e fini. Le pietre a olio sono le più usate, anche di queste c'è ne sono di più gradazioni , come per quelle ad acqua, quelle sintetiche sono più a buon mercato ma sono meno efficaci di quelle naturali tipo l'Arkansas. Di pietre ne esistono di varie forme, ad esempio quelle sagomate a goccia per affilare le sgorbie a profilo tondo, o quelle a triangolo per le sgorbie con il profilo a V.

Cuoio e pasta abrasiva: sono necessari per rifinire il filo dell'utensile, togliendo il truciolo che si forma dopo che è stato affilato sulla pietra, il cuoio deve essere di uno spessore di almeno mezzo centimetro, è però sufficiente anche più fine, in questo caso va incollato su di una tavoletta di legno. La pasta abrasiva migliore è quella che si usa per rettificare le valvole dei motori, ma va benissimo anche quella per lucidare l'acciaio Inox, o quella per lucidare le vernici. Attenzione però se usate quest'ultime due dovete poi pulire l'utensile con del alcool in quanto l'utensile può ossidarsi a causa dell'acido contenuto in queste paste.

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Lezione undicesima

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Gli utensili da affilare in un laboratorio di restauro sono molti: seghe, coltelli per segnare, taglierini, cesoie, sgorbie, scalpelli e pialle. Soprattutto gli ultimi due sono fra quelli che si affilano con più frequenza, è su questi che concentreremo la nostra lezione.

L'esigenza di affilare spesso un utensile parte dalla regola che "un utensile che non taglia non serve", già ripetuta più volte nelle pagine del corso, è una regola questa che vi deve accompagnare sempre durante il lavoro. L'affilatura richiede molta pazienza e abilità, sono due qualità che si affinano col tempo e con i risultati.

Gli strumenti necessari per affilare pialle e scalpelli sono: una mola, delle pietre per l'affilatura, un pezzo di cuoio, e della pasta abrasiva.

Le mole: Ne esistono di diverse tipologie, sia elettriche che a pedale (quest'ultime oramai cadute in disuso), sia a secco che a bagno. Le migliori sono del tipo a bagno con numero di giri basso, non surriscaldano la lama quindi non c'è il pericolo di bruciare il filo. L'unico inconveniente é che richiedono più tempo per fare l'affilatura.

Le pietre per affilare: anche di queste c'è ne sono di vari tipi e gradazioni, ci sono lubrificate a olio o ad acqua, sintetiche o naturali. Le pietre ad acqua sono più lente ad affilare ma riescono a fare un filo molto più tagliente, sono generalmente più costose, si trovano in commercio in più gradazioni, grosse, medie e fini. Le pietre a olio sono le più usate, anche di queste c'è ne sono di più gradazioni , come per quelle ad acqua, quelle sintetiche sono più a buon mercato ma sono meno efficaci di quelle naturali tipo l'Arkansas. Di pietre ne esistono di varie forme, ad esempio quelle sagomate a goccia per affilare le sgorbie a profilo tondo, o quelle a triangolo per le sgorbie con il profilo a V.

Cuoio e pasta abrasiva: sono necessari per rifinire il filo dell'utensile, togliendo il truciolo che si forma dopo che è stato affilato sulla pietra, il cuoio deve essere di uno spessore di almeno mezzo centimetro, è però sufficiente anche più fine, in questo caso va incollato su di una tavoletta di legno. La pasta abrasiva migliore è quella che si usa per rettificare le valvole dei motori, ma va benissimo anche quella per lucidare l'acciaio Inox, o quella per lucidare le vernici. Attenzione però se usate quest'ultime due dovete poi pulire l'utensile con del alcool in quanto l'utensile può ossidarsi a causa dell'acido contenuto in queste paste.

nella foto potete vedere una mola a doppia velocità (400/1800 giri), per motivi fotografici sono stati tolti i carter di sicurezza, ha due particolarità: una è la possibilità di cambiare il tipo di mola a seconda delle esigenze, l'altra è quella di avere una sagoma regolabile, che permette di appoggiare l'utensile da affilare sempre con la stessa inclinazione, infatti è importantissimo ottenere con l'affilatura meccanica

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una suola regolare e con un'inclinazione adeguata al tipo di utensile.

Ogni utensile,quindi, richiede angolo di taglio differente a seconda del lavoro che svolge. Inizieremo ad affilare il nostro utensile con la mola elettrica,solo se è nuovo e va creato l'angolo di taglio, o se ha subito danni di vario genere, tipo la classica tacca che crea un chiodo quando lo incontriamo sulla nostra strada. In caso contrario se dobbiamo solo ridare efficacia al taglio lo passeremo direttamente sulla pietra e dopo sul cuoio per togliere il truciolo d'affilatura.

le classiche tacche che si formano quando

incontriamo un chiodo, l'unico modo

per eliminarle velocemente è usando la mola

dando l'inclinazione giusta all'utensile iniziamo a farlo girare sulla pietra, utilizzandola tutta, descrivendo dei grandi cerchi e dei movimenti a forma di 8.

di tanto in tanto lo passeremo anche sulla faccia opposta per eliminare il truciolo che si forma durante l'affilatura. tenete sempre l'utensile ben aderente al piano della pietra.

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il colpo finale consiste nel passare l'utensile su di un pezzo di cuoio, sopra il quale avremo cosparso della pasta abrasiva fine, con i passaggi simili a quelli che abbiamo eseguito sulla pietra. Questa operazione oltre ad eliminare il truciolo di arrotatura affila in maniera più efficace l'utensile.

zl'affilatura degli utensili come detto richiede molta pazienza e un pò di abilità, le dovrete usare soprattutto quando affilate una sgorbia, tale affilatura può richiedere anche più di un'ora su di un utensile nuovo e mai affilato, anche perchè si usa la mola solo per sgrossare, il resto del lavoro viene eseguito tutto a mano sulla pietra e sul cuoio.

Per verificare se un utensile taglia il miglior modo è quello di provarlo su di un pezzo di abete di testa, il taglio dovrà risultare lucido e la forza per eseguirlo dovrà essere contenuta, al contrario se durante il taglio l'utensile "strappa" e il taglio risulterà sfibrato dovrete continuare l'affilatura.

Buon lavoro

Lezione Dodicesima

Il piano di un tavolino composto da due parti incollate si è parzialmente distaccato.

nella foto il particolare del piano distaccato

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nell'impossibilità di smontarlo, per poterlo incollare, lo restaureremo usando una doppia coda (detta anche osso di morto), o farfalla.

nel disegno sopra si può vedere come è fatta una doppia coda, con i relativi angoli di costruzione, le dimensioni invece variano a seconda dell'esigenza. diciamo che più è acuto l'angolo e più efficace sarà la giuntura di conseguenza, però, la doppia coda risulterà più debole rischiando di rompersi proprio nei punti di tenuta, quindi è preferibile costruirle con angoli abbastanza ottusi, quello indicato nel disegno è l'ideale. la lunghezza della coda varia dai 3-8 cm la larghezza dai 2-5 cm aumentando le dimensioni c'è il rischio che si distacchi.

la prima operazione da fare è quella di riportare le due tavole sullo stesso livello, nel nostro caso utilizzeremo un pezzo di polietilene che viene avvitato trasversale (foto sotto), ma è possibile ottenere lo stesso risultato utilizzando i morsetti.

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il secondo passaggio consiste nel costruire una doppia coda seguendo le indicazioni del disegno sopra. una volta pronta viene appoggiata nel punto dove la dobbiamo inserire, centrandola tra i due piani da congiungere, e si segnano i margini dello scasso che andremo in seguito a fare con l'ausilio degli scalpelli

per segnare usiamo sempre un utensile bene affilato molto più preciso della matita.

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una volta fatto lo scasso, andremo ad incollare la doppia coda in sede, con colla a caldo. Quando sarà seccata potremo togliere i tutori, che avevamo usato per mantenere sullo stesso livello i due piani.

il lavoro è terminato.

Lezione tredicesima

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Riparare le fessurazioni del legno

Nei mobili antichi le fessurazioni sono quasi sempre presenti. Causate da una serie di circostanze che sono, in un certo qual modo, inevitabili: Il legname per costruire l'oggetto poco stagionato, il repentino cambio delle condizioni ambientali, caldo asciutto, freddo umido, l'esposizione anche temporanea ai raggi del sole, o alla pioggia. Non solo, il legno è soggetto comunque a movimenti e cambiamenti di volume, inevitabili, in alcuni legni questa caratteristica è più accentuata che in altri.

Fin dai tempi antichi tutte le tecniche di costruzione adottate e raffinate nel tempo, erano improntate ad evitare il problema dell'instabilità del legno, la costruzione a telaio dei pannelli, con gli incastri di vario tipo, e non più una semplice tavola fermata dai traversi fu una delle novità adottata nella costruzione del mobile, non solo per un fatto estetico ma per permettere al mobile dei movimenti senza che questi influissero in maniera deleteria per l'estetica e la funzionalità del mobile. Malgrado ciò il legno continua a "Muoversi" e lo farà sempre fin quando non sarà tarlato completamente.

Ci sono due modi di intervento per riparare una fessura, semplicemente stuccando, oppure riempiendo le fessure con del legno della stessa essenza. La stuccatura può andar bene per piccole fessurazioni, ma

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è assolutamente da evitare per quelle più accentuate in quanto lo stucco non ha lo stessa capacità di movimento del legno e quindi con il tempo tende a distaccarsi, parleremo, comunque, della stuccatura in una lezione dedicata.

il piano di un tavolo fessurato

Riempire le fessure con il legno è un lavoro abbastanza semplice ma è fondamentale un minimo di precisione e di pazienza. Recuperate delle tavole della stessa essenza del mobile da riparare, sarà necessario per costruire delle sverze (è il nome con il quale vengono chiamati i listelli di legno da inserire nelle fessure). Con una pialla a mano o elettrica pialleremo il filo della tavola dandogli una leggera inclinazione di circa 85°-87° rispetto alla perpendicolare del piano della pialla.

come e dove fare l'inclinazione e il taglio

il taglio sulla tavola

evidenziato in rosso

taglieremo poi il listello della dimensione adeguata alla fessura da riparare aumentandola di due millimetri circa. Avremo cosi la nostra sverza. Prima di inserire la sverza nella sua nuova sede dovremmo pulire la fessura dall'eventuale sporco accumulato nel tempo, per far in modo che la colla faccia presa.

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quattro sverze pronte all'uso.

L'inserimento delle sverze nelle fessure va fatto personalizzandole. Queste infatti non saranno mai tutte della stessa dimensione, come non saranno mai rettilinee, quindi noi inseriremo le sverze nelle fessure a settori, come si può vedere nelle foto sotto, dove in una fessura, del piano, lunga circa 90 cm viene inserita un primo pezzo di sverza di circa 20 cm e un secondo di circa 30. Inoltre come si può ben vedere le sverze vengono inserite inclinate in modo che riescano a combaciare esattamente con la fessura.

Incollate le sverze con colla a caldo, una volta asciutto verranno piallate e portate a livello del piano originale usando la pialla a mano, lo scalpello e la rasiera. fate molta attenzione a non intaccare il piano con la pialla o lo scalpello per non sciupare la patina del piano, quindi per evitare ciò i rifinite il lavoro con la rasiera e usate la pialla e lo scalpello solo per sgrossare il lavoro.

Il lavoro se eseguito secondo regola sarà di grande soddisfazione, non aspettative subito un risultato eccelso, quello verrà con la pratica.

la fessura è riparata.

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Lezione quattordicesima

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Stuccare le fessure del legno

La stuccatura del legno si rileva sempre una soluzione veloce e abbastanza semplice per sopperire a quelle che spesso vengono identificate come delle antiestetiche rughe. L'errore è stuccare ad ogni costo, con alchimie spesso più dannose della spaccatura stessa,. io personalmente non amo lo stucco, definendo quale miglior stucco del legno il legno stesso. Se proprio dobbiamo stuccare evitiamo l'uso indiscriminato di prodotti miracolosi che "sembrano legno" e limitiamoci a stuccare a gesso terre colorate e colla o a stucco a cera. Tenete sempre conto che in certi mobili è meglio una bella crepa di una brutta stuccatura.

Nella foto un'esempio di cosa si deve stuccare e cosa reintegrare con il legno.

il particolare fa riferimento al traverso di un cassettone da lucidare a tampone

Lo stucco a gesso terre colorate e colla è quello che da i risultati più belli e duraturi, può essere acquistato gia pronto, oppure può essere fatto in casa, il gesso è quello da doratori o gesso di Bologna unito a pigmenti, quali la terra d'ombra o al giallo di Siena, che costituiscono sempre la base per tutte le tonalità, la colla è quella in perle da falegname.

La terra d'ombra è uno dei coloranti principali fare lo stucco a gesso

Diluite una parte di colla in sei parti di acqua e scaldatela a bagnomaria aggiungete il gesso e le terre, nel rapporto uno a tre, alla colla , fino ad ottenere un impasto malleabile e spatolabile del colore che più si adatta al mobile che dovrete stuccare. I quantitativi esatti da utilizzare sono assai variabili considerate sempre che il gesso rende lo stucco molto plastico e malleabile e che le terre colorate se in eccesso tendono a far crepare lo stucco, dobbiamo comunque aggiungerne a sufficienza per ottenere il colore desiderato. Bisogna tener conto inoltre che il colore, una volta asciugato, sarà leggermente più chiaro di quello che otteniamo durante la preparazione e che la eventuale gommalacca influirà schiarendolo. Lo stucco a gesso è ottimo sui mobili che dovranno essere lucidati a gommalacca, a

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proposito date una mano di gommalacca al mobile prima di stuccare, questo eviterà i classici aloni di colore che si verificano con lo stucco a gesso. In genere si stucca in due fasi la prima stuccatura sarà soggetta a calo per l'evaporazione dell'acqua, questa andrà integrata con una seconda stuccatura quando la prima sarà asciutta e carteggiata con carta molto fine grana 220 per evitare di spatinare il legno. Se fatto secondo le regole dell'arte questa darà dei notevoli risultati.

Lo stucco a cera è indicato per mobili finiti a cera, è di rapida e semplice esecuzione e anch'esso puo essere sia acquistato in forma di stick di vari colori che fatto in casa.

Un pezzo di stucco a cera fatto in casa e una spatola di plastica per stuccare

Per farlo in casa è sufficiente sciogliere della cera d'api a bagnomaria alla quale poi aggiungeremo del colore, in genere terra d'ombra, fino a raggiungere la tonalità desiderata, meglio pero si comportano i colori grassi tipo il colore ad olio oppure i concentrati in pasta che si usano, diluiti in essenza di trementina come colori per il legno , sempre a base olio. Lo stucco a cera si ammorbidisce tenendolo in mano per qualche minuto e lavorandolo, in piccoli pezzi viene forzato nelle fessure, l'eccesso viene poi tolto utilizzando una spatola che non sia di metallo, in genere legno o plastica morbida (polietilene).

Togliere l'eccedenza di stucco con la spatola

Questa operazione viene eseguita prima che il mobile sia lucidato a cera, non è indicata per i mobili lucidati a tampone è reversibile, ha il difetto che con il tempo lo stucco a cera ritira e va reintegrato. é estremamente semplice e può essere eseguita da chiunque senza paura di incorrere in irreversibili "danni".

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Lezione quindicesima

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Come reintegrare parti mancanti, lesionate, o degradate.

Spesso si rende necessario reintegrare delle parti di legno mancanti o comunque degradate che comprometto i maniera più o meno grave sia la funzionalità e sia l'estetica.

Una parte del cassetto e deteriorata e andrà sicuramente ripristinata

le tecniche usate sono molteplici, in queste pagine faremo in più puntate alcuni esempi di reintegrazioni tra i più frequenti. quindi seguiteci perchè aggiorneremo più volte queste pagina del corso di restauro di restauro

Dettiamo comunque di seguito alcune regole da seguire per avere dei restauri quanto meno accettabili.

-"Piuù antico resta e meglio è." Non ricordo dove ho appreso questo detto da bottega, ma è molto significativo per riassumere in poche parole la linea guida da tenere negli di interventi di ripristino.

- Non è indispensabile sostituire un elemento di un mobile solo perchè è brutto o antiestetico, prima di sostituire tentare di recuperare.

- Spesso le soluzioni per un buon intervento non sono semplici, non farsi scoraggiare dalle apparenti difficoltà, con il tempo si acquisirà una maestria tale da semplificare quello che inizialmente può sembrar difficile, ma se non iniziate..........

reintegrare un cassetto impiallacciato

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Corso di Restauro

Lezione sedicesima

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Restaurare i mobili impiallacciati

Inizia cosi quella che sarà forse la lezione più lunga del corso. Per la natura dell'argomento trattato questa lezione del corso si svilupperà in più puntate, dove cercheremo di esaminare i principali problemi e tecniche risolutive per restaurare le impiallacciature.

Lezione diciasettesima

Come reintegrare parti mancanti di impiallacciatura

In un mobile impiallacciato è difficile non intervenire per reintegrare in maniera parziale, e più raramente totale, parti di impiallacciatura mancante. Anche nei restauri più semplici il mobile impiallacciato richiede sempre qualche piccolo intervento. I metodi d'intervento sono molteplici, lo scopo è, comunque, quello di inserire del legno li dove manca facendo in modo che il restauro si sposi nella maniera esteticamente meno traumatica con il mobile.

a fianco tipica rottura su un cassetto

Il sistema che andremo ad adottare per riparare l'impiallacciatura del cassetto richiede l'utilizzo delle sgorbie da intagliatore. Come prima operazione fermiamo un foglio di carta con del nastro coprendo totalmente la rottura. dopodichè ricalchiamo esattamente il perimetro della parte mancante sul foglio

inseriamo sotto il foglio un pezzo di impiallacciatura, logicamente più grande della parte mancante,

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della stessa essenza di quella che andremo a riparare e con venatura simile

con delgi spilli da sarta si blocca l'impiallacciatura e il foglio di carta al cassetto. Utilizzando delle sgorbie da intagliatore, bene affilate, incideremo insieme l'impiallaciatura nuova e quella originale seguendo, esternamente, il disegno che avremo fatto sul foglio di carta. dovremo utilizzare sgorbie di varie sezioni e larghezza per seguire in maniera efficace il disegno.

segue la ...seconda parte

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Lezione diciassettesima

Seconda parte

Come reintegrare le parti mancanti di impiallacciatura

Il risultato, come si può vedere, sarà quello di aver tagliato contemporaneamente sia la nuova impiallacciatura che la parte da asportare e di conseguenza combaciano perfettamente, inoltre il taglio sagomato delle sgorbie rende meno visibile l'intervento

Con una piccola lama asportiamo ciò che resta della vecchia impiallacciatura, eliminando eventuali residui di colla, stiamo attenti a non intaccare il taglio eseguito con le sgorbie.

Finita di pulire con una leggera passata di carta vetrata possiamo incollare con la colla a caldo il nuovo pezzo di impiallacciatura

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Il tutto andrà pressato, in questo caso, con un morsetto utilizzando un pezzo di polietilene per distribuire in maniera uniforme la pressione. In altri casi dove un morsetto non si può usare, ad esempio nella parte centrale del piano di un tavolo, si usa un pezzo di compensato inchiodato sull'impiallacciatura da pressare con chiodi piccoli senza testa, parleremo di questo i seguito.

i risultati non sono ancora visibili..................alla prossima

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Lezione diciottesima

Ripristino di piccole porzioni di impiallacciatura

Nelle precedenti lezioni abbiamo visto come reintegrare parti più o meno grandi di impiallacciature. Ma la maggior parte di interventi sono limitati a piccole porzioni da reintegrare.

Non sempre il ripristino viene eseguito con l'inserimento di nuovo legno. in molti casi si può fare uso dello stucco, il limite tra i due interventi è sottoposto ad una valutazione soggettiva, quando si deve stuccare e quando si deve intervenire con l'inserimento di nuova impiallacciatura? nella foto precedente c'è un'esempio, spero esplicativo, del limite.

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Una tecnica adatta ai piccoli interventi è quella a ricalco. Su di un piccolo pezzo di impiallacciatura si disegna con una matita il tracciato del taglio poco più grande del pezzo mancante e che ne segua in maniera approssimativa la forma.

Nella foto di sinistra possiamo vedere cerchiata di rosso la parte da ripristinare, è sull'angolo di un cassetto, anche se piccola va ripristinata con dell'impiallacciatura nuova. Quindi, come si puo vedere nella foto sulla destra, prendiamo un piccolo pezzo di impiallacciatura sul quale andremo ad attaccare del nastro da carrozziere, questo farà in modo che l'impiallacciatura non si rompa quando andremo a tagliarla e inoltre sarà molto più semplice vedere il segno da seguire per il taglio. Per segnare il taglio copieremo quasi ad occhio il profilo frastagliato, logicamente disegnando un tracciato molto approssimativo, ma simile, l'importante è che il pezzo che ne risulterà sara leggermente più grande della rottura.

SEGUE........................

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La finitura

diciannovesima lezione

Iniziamo la presentazione di queste nuove lezioni del corso di restauro riprendendo la presentazione della terza lezione del corso

Le operazioni di pulizia (o sverniciatura) sono quelle che richiedono una particolare attenzione nella scelta d’intervento. Infatti in questa fase un errore di valutazione può causare dei danni che sono in un certo modo irreversibili. Tenete sempre conto della patina del mobile, quella colorazione che il legno acquisisce nel tempo, va considerata sacra, ogni intervento di pulizia la deve sempre salvaguardare. Evitate interventi drastici (quali soda caustica) , in alcuni casi e necessario solo spolverare l’oggetto, non è indispensabile sverniciarlo. Analizzando il tipo di verniciatura che ricopre l’oggetto si determinerà il prodotto migliore per eseguire la pulizia. Eseguite sempre un test del prodotto scelto in un’angolo nascosto del mobile, questo farà in modo che, se il prodotto è errato, o non funziona a dovere, limiterete i danni. La finitura del mobile tiene conto innanzi tutto di quella che era o dovrebbe essere stata la finitura originale, va ripristinata e non va inventata (con l’uso di miracolosi prodotti, tutto in uno).Quando la finitura è ormai compromessa e si decide di eseguirla ex-novo si deve tener conto logicamente dell’epoca e dell’origine dell’oggetto (la gommalacca prima del XVIII Sec. non era di dominio pubblico) deducendo così quale sarà stata la finitura originale.