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INDICE

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PRIMO INCONTRO

Dr.ssa Annarita Settimi Duca- Direttore Operativo : Come comportarsi all’interno dell’Ospedale

Dr.ssa Annalisa Cannarozzo – Psicoterapeuta Il gioco e la lettura come risorsa del bambino in ospedale

SECONDO INCONTRO

Dr.ssa Arianna Panzini – Psicoterapeuta

Come approcciare le pazienti anoressiche

TERZO INCONTRO

Dr.sse Silvia Di Giuseppe e Giulia Palego- Psicoterapeute

L’adolescente con malattia cronica

QUARTO INCONTRO

Dr.ssa Giulia Giovagnoli- Operatore Ludico Troviamo il gioco giusto!

Dr.Samuele Canonici- Clown Dottore Ridere in ospedale

QUINTO INCONTRO Gianluca Budini – Attore e Formatore “Il Racconta storie”

Come inventare e raccontare storie improvvisate

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Corso di aggiornamento per volontari in ospedale

Come comportarsi all’interno dell’Ospedale

Dr.ssa Annarita Settimi Duca

Direttore Operativo

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Codice etico

Il Codice Etico è il documento ufficiale della Fondazione che contiene

la dichiarazione dei valori, l’insieme dei diritti, dei doveri e delle

responsabilità dell’ente nei confronti dei “portatori di interesse”.

E' stato adottato dal Consiglio di Amministrazione con la delibera del

11 marzo 2009 su proposta del Presidente del Consiglio e del Direttore

Operativo.

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la cui osservanza è imprescindibile per il corretto

funzionamento, affidabilità, reputazione ed

immagine della FONDAZIONE, che

costituiscono i fondamenti per il successo e lo sviluppo

attuale e futuro.

Codice etico

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Principi generali

La FONDAZIONE sancisce i seguenti principi ispiratori

della condotta etica:

A) Tutti coloro che a titolo gratuito o oneroso prestano per la

Fondazione dell’Ospedale G. Salesi Onlus la propria opera, si

impegnano a svolgerla con lealtà e trasparenza;

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F) la FONDAZIONE predispone un adeguato e continuo programma di

formazione e sensibilizzazione sulle problematiche del CODICE per i

DESTINATARI; le informazioni devono essere accurate e le decisioni

devono rispondere ai requisiti di trasparenza. I DESTINATARI

dovranno adottare tutte le procedure necessarie ad assicurare la

trasparenza delle informazioni e delle decisioni.

Principi generali

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Per le finalità operative, l’informazione è trasparente

quando riflette con precisione la realtà.

Una decisione in tema di individuazione dei progetti da

realizzare e di modalità di esecuzione è ritenuta trasparente

quando risponde a tutti i seguenti requisiti:

a) è stata presa con l’approvazione di un livello gerarchico adeguato Consiglio di Amministrazione e Assemblea ;

b) rispetta l’oggetto sociale della Fondazione;

c) lascia delle tracce dei suoi fondamenti;

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d) le informazioni acquisite, trattate ed archiviate da parte dei

DESTINATARI non possono essere legalmente divulgate e devono

essere trattate con riservatezza.

I DESTINATARI devono salvaguardare il carattere riservato delle

informazioni cui hanno avuto accesso nell’adempimento delle proprie

attività svolte a favore della Fondazione.

La FONDAZIONE assicura la riservatezza delle informazioni in proprio

possesso e l’osservanza della normativa in materia di dati personali. Tutte le

informazioni a disposizione della FONDAZIONE vengono trattate nel rispetto della

riservatezza e della privacy dei soggetti interessati, in conformità con il Testo Unico

sulla privacy.

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7. Comunicazione e rapporti con i Destinatari

La funzione di interesse pubblico al cui perseguimento è

indirizzata l’attività della Fondazione, impone che la condotta

dei DESTINATARI ed il loro rapporto con gli UTENTI sia

sempre improntato al massimo rispetto del decoro e della

dignità umana senza alcuna discriminazione.

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Il codice di comportamento dei VOLONTARIdella Fondazione dell’Ospedale G. Salesi Onlus

Il codice di comportamento dei volontari è stato scritto a più mani, con il contributo dei volontari stessi

Tutte le parole sono composte dalla parola “azione”, per sottolineare con forza, la concretezza del nostro agire.

1. MOTIVAZIONE: il volontario è motivato, aderisce alla mission della Fondazione, ne condivide i valori e li

trasmette con passione ed entusiasmo;

2. DONAZIONE: il volontario ha uno stile di gratuità. Dona il proprio tempo gratuitamente e mette a disposizione

le proprie competenze professionali e i propri talenti;

3. REPUTAZIONE: il volontario rappresenta moralmente la Fondazione pertanto è responsabile e onesto;

4. FORMAZIONE: il volontario si impegna a partecipare ai momenti di formazione organizzati dalla Fondazione;

5. PARTECIPAZIONE: il volontario è parte integrante della Fondazione pertanto partecipa alla vita della Fondazione in

modo attivo e propositivo;

6. CONCRETIZZAZIONE: il volontario ha un approccio concreto, si misura con obiettivi e risultati;

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7. MOBILITAZIONE: il volontario si mobilita e si attiva sul proprio territorio

coinvolgendo amici, parenti e conoscenti in attività di volontariato e

sostegno della Fondazione;

8. COLLABORAZIONE: il volontario agisce rispettando gli altri, con spirito di

gruppo e di aiuto reciproco;

9. CONTINUAZIONE: il volontario si impegna con continuità;

10. INNOVAZIONE: il volontario opera con creatività, cerca nuove soluzioni

ai problemi;

11. SENSIBILIZZAZIONE: il Volontario sensibilizza chi incontra sui temi

promossi dalla Fondazione;

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Cosa dobbiamo sapere….

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Norme igieniche

Il lavaggio delle mani rappresenta la più

importante misura di prevenzione per ridurre il

rischio di trasmissione di microrganismi da una

persona all’altra.

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Norme igieniche

Se l’ambiente è piccolo si entra al massimo in

due in quanto l’aerazione è limitata.

Se al letto del paziente ci sono visitatori o se

comunque la stanza è affollata si dovrebbe

evitare di entrare.

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Norme di comportamento:

Stabilire con i responsabili dell’Associazione l’orario ed il giorno di turno.

Non è possibile andare quando fa comodo.

In caso di impossibilità a svolgere il servizio avvisare

sempre i “colleghi volontari” e i responsabili dell’Associazione

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• Il Volontario non sostituisce mai il personale

Norme di comportamento:

Il volontario non dovrebbe portare medicinali, cartelle mediche, non deve dare

consigli di assistenza medica, nè indicazioni terapeutiche e profilattiche di alcun

genere.

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Norme di comportamento

Il volontario deve rispettare gli spazi del paziente e

degli operatori senza mai intromettersi nel lavoro e

nelle manovre degli stessi.

Soltanto se richiesto potrà rimanere e assistere o

interagire in determinate situazioni di disagio

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Il volontario non deve criticare o fare appunti direttamente alle

persone che lavorano nelle strutture. Se qualcosa non va, lo

dovrebbe far presente ai responsabili dell’Associazione.

Non deve criticare l'assistenza o i servizi presenti in Ospedale.

Norme di comportamento:

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Il Volontario dovrebbe presentarsi come una persona calma,

serena, senza fretta, affidabile che non fa trasparire le proprie

preoccupazioni.

Dovrebbe presentarsi con abiti sobri e scarpe pratiche, senza

gioielli vistosi e profumi intensi.

I Volontari dovrebbero essere sempre sorridenti e aperti verso

gli altri.

Norme di comportamento:

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Il volontario dovrebbe entrare nelle stanze con calma,

in modo sereno e discreto

Il tono della voce e la gestualità vanno adeguati al

contesto e alle condizioni del malato.

Norme di comportamento:

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Il volontario non deve indagare sulla malattia di cui il

paziente è affetto e deve tenere per sé le confidenze

ricevute.

Il rispetto della privacy

SE viene a conoscenza di informazioni mediche dei

pazienti il volontario è tenuto al segreto professionale.

Norme di comportamento:

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Il volontario non può fare foto ai pazienti che

incontra e deve prestare attenzione ai social

network

Norme di comportamento:

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Il volontario deve rispettare la cultura, le

convinzioni religiose e politiche delle famiglie

che incontra in ospedale.

Sul piano spirituale il volontario dovrebbe

evitare qualsiasi pressione o imposizione.

Norme di comportamento:

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Nessun bambino deve sentirsi escluso dall’attenzione e

dalle cure del volontario.

Il volontario deve far visita a tutti i bambini ricoverati nel

reparto in cui sta svolgendo il turno, ad eccezione delle

limitazioni suggerite dal personale sanitario

Norme di comportamento:

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il Volontario dovrebbe partecipare alle riunioni

di gruppo ed alle iniziative di aggiornamento

promosse dall’Associazione.

Questo gli permetterà di svolgere con piu

competenza il proprio servizio

Norme di comportamento:

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Il volontario deve accettare il rifiuto!

Norme di comportamento:

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Spesso il primo confine che si incontra è rappresentato dalla porta della stanza: va

aperta con cautela per non violare quell'intimità che si crea al suo interno; quell'aria

familiare che rassicura il proprio piccolo e che lo fa sentire il centro di ogni attenzione

come un amato "sovrano". E' l'unico che ha il diritto di decidere chi è il benvenuto nel

suo regno. Non si deve insistere a varcare la soglia se non è il momento giusto, ma si

saluterà col sorriso tra le labbra e gli si dirà con serenità: "Ci vediamo la prossima

volta!".

A volte i confini non sono fisici, ma psicologici. E' difficile anche per un re mostrarsi ad

estranei quando non si è al top della forma o in pigiama, quando la stanchezza per le

visite ha il sopravvento, quando si preferirebbe rimanere soli in silenzio nella propria

stanza e concentrarsi su se stessi per recuperare le energie spese durante la giornata.

Anche in questo caso la prima decisione spetta al "sovrano" e se proprio necessario

siamo noi stessi volontari a decidere di non insistere più perché si è superato il limite di

sopportazione.

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A volte anche a tutela del volontario, è necessario imporre dei limiti sia per norme

igieniche sia per evitare che si crei un eccessivo coinvolgimento emotivo, non perché

faccia piacere il "distacco", ma semplicemente per riuscire ad essere leggeri e rilassati

nel momento in cui è richiesta maggiore superficialità. Ovviamente questo non vuol

dire ignorare la situazione, ma solo rispettare chi si ha di fronte e offrire loro ciò che si

aspettano da noi: un sorriso laddove è gradito, una favola per rassicurare, un'

animazione in sala giochi o un semplice saluto dalla soglia della stanza.

A volte è veramente difficile non affezionarsi, è difficile rimanere estranei... ma

personalmente l'unico modo per legarmi ad ogni "sovrano" e famiglia è quello di

entrare in sintonia con loro attraverso un gioco ben riuscito, attraverso una favola letta

con passione...

Da www.labanddegliorsi.it

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Corso di aggiornamento per volontari in ospedale

Il gioco e la lettura come risorsa del bambino in ospedale

Dr.ssa Annalisa Cannarozzo

Psicologa – Psicoterapeuta

Fondazione dell’Ospedale Salesi onlus

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Malattia e ricovero

Spesso comportano una frattura con l’ambiente abituale del bambino

( legami, interessi, relazioni e giochi)

annullando la sua identità

In ospedale “quello che sei” diviene spesso secondario a “quello che hai”

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La paura dell’ospedale coincide spesso con la paura di essere lasciato solo.

Tutti gli esami diagnostici , le cure e le limitazioni che la patologia e l’ospedalizzazione comportano contribuiscono a rendere l’ospedale

un luogo di dolore.

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La reazione del bambino all’ospedalizzazione è collegata:

alla paura all’età al temperamento allo stadio di sviluppo cognitivo alle strategie di coping

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Coping

Strategie che l’individuo mette in atto di fronte a situazioni particolari

Coping attivo Distrazione / evitamento Ricerca di supporto

Ricerca di informazioni Azioni evitanti Confronto sociale

Ristrutturazione cognitiva positiva

Minimizzazione della minaccia

Supporto sociale

Ricerca di comprensione Spostare l’attenzione

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Umanizzazione

Creare un contesto accogliente in grado di spostare l’attenzione

dalla malattia verso attività ludico-didattiche.

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Questo aspetto risulta difficile a causa della presenza della

malattia e il suo costante richiamo da parte :

• dell’ambiente( odori, rumori, colori, vestiario, attrezzature,

ecc)

• delle relazioni ( il medico, l’infermiera, ecc)

.

Durante il ricovero si cerca di preservare il percorso di crescita del bambino, sia da un punto di vista fisico, ma soprattutto psichico e

relazionale. Si deve garantire al piccolo il nutrimento affettivo e cognitivo.

Gli operatori sanitari stessi spesso non hanno il tempo per soffermarsi ad affrontare quest’aspetto.

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Semeiotica Positiva

Il bambino è un individuo capace di sorridere anche nei momenti di maggiore difficoltà.

Il sorriso , i bisogni che esprime, la sua creatività, la sua vitalità sono ciò di buono che il bambino sa fare anche nel suo stato patologico e proprio da lì che dobbiamo partire per curarlo.

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Cosa differenzia un bambino in ospedale dall’adulto?

• Il bambino gioca

• L’adulto pensa, rimugina ed entra in ansia

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Il bambino esprime le sue emozioni attraverso il gioco perché «non è ancora in grado di farlo verbalmente».

Nel caso del bambino ospedalizzato, è attraverso il gioco che si possono far emergere i sentimenti legati allo stato di salute psichico del bambino.

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Il gioco assume perciò una funzione terapeutica. Con il gioco il bambino acquisisce un senso di protezione e sicurezza. Attraverso il gioco, operatore e bambino comunicano

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•paura di essere abbandonati ,

•timore delle figure estranee che lo toccano e lo manipolano e delle procedure mediche cui lo sottopongono

•rabbia aggressivita

Con il gioco si può dare voce alle emozioni del bambino:

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GIOCO

mantenere l’equilibrio psicologico del malato e di

recuperare la sua autonomia progettuale.

Il bambino non vuole che qualcuno gli dia un giocattolo,

ma desidera avere uno scambio relazionale con l’altro

che sappia cogliere l’intenzionalità del suo agire e di

conseguenza vi partecipi.

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La possibilità di giocare rientra nel processo di «umanizzazione delle cure».

Se gioca infatti il bambino è impegnato, non si deprime né si impigrisce,

promuove l’apprendimento e salvaguarda la salute mentale.

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Il gioco espressivo

per scaricare energie e sentimenti in modo accettabile, piacevole e, nei limiti del possibile, anche fisico.

Con il gioco espressivo i pazienti acquisiscono gradualmente il controllo dei loro sentimenti e li manifestano in modo accettabile e costruttivo.

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Le attività di familiarizzazione

per ridurre la paura nei confronti dell’ospedale e

delle apparecchiature mediche e farli sentire più

a loro agio durante le procedure.

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La drammatizzazione o role play

Aiuta ad esprimere rabbia, paura, sensi di colpa, confusione e dolore.

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Il gioco sostitutivo

• (ossia “al posto del” bambino) per i bambini immobilizzati che non possono partecipare attivamente al gioco, dove l’operatore prende il suo posto, consentendogli indirettamente di scaricare le tensioni.

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GIOCO

Oltre ad aiutare il bambino a riempire le lunghe ore di noia, lo aiuta ad evitare che i pensieri si concentrino sul dolore fisico. Ogni bambino deve per questo poter disporre di spazio e di possibilità di gioco in rapporto al proprio grado di sviluppo e di esperienza.

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L’adulto, proponendo attività adatte alle condizioni del bambino, valorizza la sua

parte sana, rinforza la sua autostima e lo aiuta ad uscire dall’apatia. Così il gioco

rientra tra gli obiettivi della cura globale del bambino, in quanto se il medico si

occupa dell’integrità fisica del bambino, l’operatore dovrebbe salvaguardare il

benessere della sua parte psichica, non permettendo anche a questa di

ammalarsi.

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GIOCO

Il bambino che gioca è felice, sposta il pensiero

dalla sua malattia, comprende che la sua

situazione, per quanto difficile, rappresenta

comunque un momento di passaggio, da cui

potrà trarre anche elementi di crescita interiore.

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Si tratta di offrire al bambino ricoverato

la possibilità di “lasciare dei sassolini”,

cioè delle tracce durevoli che gli

permettano, una volta entrato in

ospedale di assicurarsi una via di uscita

per ritrovare la strada che lo ricondurrà

al suo mondo conosciuto, domestico,

mondo che d’improvviso, a causa del

ricovero, è divenuto lontano e remoto.

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Si offrono al bambino gli strumenti per far sì che

l’esperienza della malattia e del ricovero non

rimangano un brutto ricordo da dimenticare, ma

possano essere integrate nel suo percorso di

crescita come una delle tante esperienze che

contribuiranno a farlo diventare un individuo

adulto.

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Il cardine dell’attività non è costituito dai giocattoli, libri, ecc.. ma bensì dalla figura dell’operatore.

L’operatore può essere di grande aiuto per ristabilire un rapporto più equilibrato con l’ambiente ospedaliero.

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Il vissuto di malattia, non può essere dimenticato

ma può , grazie alla presenza degli operatori,

passare in secondo piano rispetto alle esperienze

del gioco e delle attività di animazione che sono di

gran lunga più significative per il bambino e quindi

più coinvolgenti.

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lettura

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LETTURA

l libro risulta dunque uno strumento significativo da

sfruttare e utilizzare anche in situazioni difficili, come per

esempio il ricovero in ospedale, in quanto sfogliarlo,

guardarlo, leggerlo e ascoltarlo aiuta i bambini a tornare

alla realtà che è stata loro strappata e li stimola ad andare

oltre attraverso la fantasia.

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«il libro [diventa] uno strumento principe, un aiuto prezioso per sollecitare la fantasia e distrarla da iniezioni e prelievi»

(Bruscagli, 2002).

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Attraverso l’immedesimazione con i personaggi

principali della storia narrata si possono trasmettere

messaggi rassicuranti e si offrono le risposte ai tanti

perché lasciati in sospeso.

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Leggere e raccontare :

comunicare, dare l’opportunità di conoscere e ampliare il proprio universo di pensieri ed emozioni.

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Il bambino ha bisogno però di una figura di riferimento

che lo aiuti e lo sostenga in questo difficile momento.

A tal proposito la persona adulta, insieme al libro,

ricopre un ruolo rilevante.

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La lettura offre una sensazione di familiarità che può influire

molto sull’emotività del bambino costretto in un letto di

ospedale. La voce della madre o del padre che legge per lui

una storia lo farà sentire certamente più al sicuro e lo aiuterà

ad affrontare meglio la sua difficile esperienza.

La lettura condivisa concede ai bambini e ai genitori una

pausa dalla routine quotidiana e aumenta la relazione

interpersonale: un’esperienza preziosa, che nell’ospedale si

arricchisce di nuovi significati regalando ad entrambi spazi di

libertà dalla malattia.

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Cosa comporta la lettura della favola

• Coinvolge

• Diverte

• Permette di fantasticare

• Trasforma

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che tipo di lettura proporre?

sulla base dell'età e dei gusti del bambino.

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• evitare storie lunghe, con molti personaggi

• i contenuti dovranno suscitare sentimenti

• si dovrà leggere preventivamente il testo

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STRUMENTI

• Voce con timbri diversi

• Filastrocca

• Canzone

• Musica.

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Utilizzo di oggetti

per raccontare possiamo usare

- Oggetti personali

- Oggetti medici

- Giocattoli

- Pupazzi

- Libri, giornalini, riviste

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• più personale

• vivace e giocosa,

• offre possibilità di movimento,

e` un modo efficace per COINVOLGERE

L'uso degli oggetti nel raccontare, può rendere la narrazione:

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La partecipazione al gioco o alla lettura può essere favorita anche con l’aiuto e la complicità dei genitori che potranno vivere con meno apprensione la malattia del proprio bimbo rafforzando il rapporto che li lega

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• L’attività non deve essere MAI IMPOSTA, ma il piccolo paziente deve essere lasciato libero di divertirsi e scegliere il tipo di attività senza alcune forma e/costrizione

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Nel gioco i bambini possono esercitare il loro potere e fare delle scelte. Gli adulti possono controllare lo spazio e stabilire il tempo, ma sono i bambini che hanno la fantasia e l’immaginazione.

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L’intervento sia esso di gioco e/o di lettura deve essere

riproposto ad orari prestabiliti, in quanto la ritualità

del gioco diventa un punto di riferimento nella

giornata del bambino

. Caratteristica fondamentale del gioco è che sia

inserito in un tempo e in uno spazio

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Funzione principale delle attività ludiche

- La socializzazione

- La scoperta del se come concreto mezzo di conoscersi e comprendere i propri bisogni, le proprie attitudini e preferenze, le proprie aspirazioni future

- La comprensione di quanto accade, la possibilità di dare senso all’esperienza vissuta

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- La sicurezza che permette al bambino o all’adolescente di contenere le

proprie paure e insicurezze incanalandole nell’attività ludica.

- L’espressione emozioni vissute prima e dopo il ricovero

- La libertà dell’immaginazione creativa

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Concludendo..

Fronteggiare le paure con il gioco o con la lettura dà beneficio, poichè il bambino le può affrontare e sa che in qualche modo avrà la meglio nella sfida.

Nelle situazioni ludiche infatti il bambino esprime in forma simbolica le sue paure inconscie, perchè in quel modo chi subisce il trauma non e lui, il pericolo e esterno a se e le sue difese psichiche non devono intervenire; il bambino si nasconde dietro l’arma della finzione e della simbolizzazione.

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Le favole non dicono ai bambini che i draghi esistono.

Perché i bambini lo sanno già.

Le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti.

Gilbert Keith Chesterton

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DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

Ancona, 27 Aprile 2015

Dr.ssa Arianna Panzini

Progetto DCA Fondazione Salesi

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DCA in Età Evolutiva

I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) sono condizioni cliniche estremamente complesse che dipendono dalla combinazione di molteplici fattori (psicologici, sociali e/o biologici).

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DCA in Età Evolutiva All’origine esiste una pluralità di variabili, nessuna da sola in grado di scatenare la malattia. Fattori evolutivi (vulnerabilità) “ psicosociali culturali (mito della magrezza, diffusione siti pro ana)

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ü  Cambiamenti fisici e puberali, ü  Cambiamento dell’immagine interna del proprio corpo, ü  Intensificazioni delle normali spinte sessuali ü  Cambiamenti cognitivi e sociali con nuove spinte evolutive indirizzate a sciogliere i legami dell’infanzia ü  Separazione emotiva dal nucleo familiare protettivo ü  Costruzione di una nuova identità

DCA e Adolescenza

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Prevalenza: AN 0.3-0.9%, BN 1-2% , NAS 2-3%, BED 6,2%, AN: M/F=1/10,BN:M/F=1/30. (Smink 2012)

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DCA inclusi nel DSM V Pica Ruminazione Avoidant/restrictive food intake disorder Anoressia Nervosa Bulimia Nervosa Binge Eating Disorder Ortoressia Bigoressia

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Avoidant/restrictive food intake disorder Introdotto dal DSM-V allo scopo di includere in una stessa dizione DCA restrittivi, con perdita di peso, che spesso hanno esordio nell'infanzia. Ad esempio: Disturbo Emozionale con Rifiuto del Cibo Alimentazione Selettiva Disfagia Funzionale

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Ø Ostinato rifiuto del cibo Ø Perdita di peso Ø Paura di ingrassare Ø Alterata percezione immagine corporea Ø Manovre di eliminazione,vomito Ø Condotte autolesive Ø Eccessiva attività fisica

Clinica dell' Anoressia Nervosa:

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Pensieri/comportamenti ossessivi a focus alimentare Ø Sintomi depressivi (non sempre) Ø Alterato rapporto con la realtà (solo per quanto riguarda peso e alimentazione) Ø Tendenza agli agiti (autolesionismo, suicidio)

n Nei soggetti con Anoressia Nervosa i livelli di autostima sono fortemente influenzati dalla forma fisica e dal peso corporeo. n La perdita di peso viene considerata come una straordinaria conquista ed un segno di ferrea autodisciplina, mentre l'incremento ponderale viene esperito come una inaccettabile perdita delle capacità di controllo n L'intensa paura di "diventare grassi", presente nei soggetti con questo disturbo, non è solitamente mitigata dal decremento ponderale n La percezione ed il valore attribuiti all'aspetto fisico ed al peso corporeo risultano distorti in questi soggetti.

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Ø Scarsa consapevolezza del pericolo per la salute fisica

Ø Tendenza a mentire sull'alimentazione Ø Incapacità di seguire un patto alimentare Ø Rabbia/aggressività in risposta a pressioni ambientali sulla dieta Ø Possibili comportamenti alimentari anomali

..mangiare da soli, spezzettare o manipolare il cibo..

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L'esordio è insidioso, la restrizione si

estende gradualmente, possono manifestarsi variazioni dell'umore e irritabilità, incremento dell’attività fisica. Critiche all'aspetto fisico, insuccessi

scolastici o sportivi, delusioni affettive, diete, possono essere fattori scatenanti (mai causali).

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· Mangiare molto lentamente, mangiare di nascosto · fare piccoli bocconi, sminuzzare e spezzettare i cibi · Pulire i cibi dal grasso visibile, asciugare il condimento · Usare le posate in modo anomalo (mangiare con una piccola forchetta) · Nascondere il cibo, fare scarti elevati, lasciare sempre qualcosa nel piatto · Usare spezie ed aromi in quantità eccessive · Mischiare i cibi in modo inadeguato · Bere quantità eccessive di liquidi fuori pasto o al contrario non bere · Selezionare mentalmente e fisicamente la dose da mangiare · Conteggiare le calorie di tutto quello che si mangia · Controllare cosa e quanto mangia chi è a tavola con loro · Assumere sempre gli stessi cibi e pietanze

Rituali alimentari nella Anoressia Nervosa

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EVOLUZIONE AN

n  La malattia recidiva o cronicizza in quasi il 70% dei casi n  La mortalità è superiore al 3%, riconoscendo tra le principali cause di morte:

u  emaciazione e defedamento da inedia (forme restrittive)

u  arresto cardiaco da alterazione dell'equilibrio elettrolitico (vomito)

u  conseguenze patologiche di diete troppo rapide e/o squilibrate

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Criteri Diagnostici D.S.M. IV Bulimia Nervosa

q Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano

entrambe in media almeno 2 volte alla settimana, per 3 mesi.

q I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporeo.

q L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa.

q sottotipo Con condotte di eliminazione (vomito autoindotto, abuso di lassativi,

diuretici,enteroclismi o altri farmaci) Senza condotte di eliminazione (digiuno o eccessivo esercizio fisico)

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Ø Per il sesso femminile, tutti i criteri dell’Anoressia Nervosa in presenza di un ciclo mestruale regolare

Ø Tutti i criteri dell’Anoressia Nervosa sono soddisfatti e, malgrado la significativa perdita di peso, il peso attuale risulta nei limiti della norma

Ø Tutti i criteri della Bulimia Nervosa risultano soddisfatti, tranne il fatto che le abbuffate e le condotte compensatorie hanno una frequenza inferiore a 2 episodi per settimana per 3 mesi

Ø Un soggetto di peso normale che si dedica regolarmente ad inappropriate condotte compensatorie dopo aver ingerito piccole quantità di cibo

Ø Il soggetto ripetutamente mastica e sputa, senza deglutire, grandi quantità di cibo

Criteri Diagnostici D.S.M. IV

DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE NON ALTRIMENTI SPECIFICATI (DCANAS)

La categoria DCANAS include quei disturbi dell’alimentazione che non soddisfano i criteri di nessuno specifico Disturbo della Alimentazione

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Disturbo da alimentazione incontrollata (DAI )

Ø  Episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata (mangiare es.in due ore in quantità abbondante, sensazione di perdita di controllo nel mangiare);

Ø  Associazione con tre (o più) dei sintomi: 1.  Mangiare più rapidamente del normale 2.  Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni 3.  Mangiare anche se non ci si sente affamati 4.  Mangiare da soli per imbarazzo 5.  Sentirsi disgustato verso se stesso Ø  Marcato disagio a riguardo del mangiare incontrollato Ø  Almeno 2 gg alla settimana periodo 6 mesi Ø  Non uso sistematico comportamenti compensatori inappropriati

Criteri Diagnostici D.S.M. IV

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Ø Frequente tra gli obesi (19-70%) Ø Nel 2/3 dei casi il DAI precede l’obesità Ø Incerto se il DAI causi l’obesità o viceversa. Ø Maggiore presenza di patologie mentali associate (Depressione Maggiore –DAP- DP)

Disturbo da alimentazione incontrollata (DAI )

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Alcune caratteristiche riconoscibili nell’ anoressia:

• Disunione familiare • Isolamento sociale • Disagio e insicurezza • Perfezionismo, scarsa stima di sé • Difficoltosa regolazione delle emozioni • Ottimo rendimento scolastico • Sport e danza a ritmi eccessivi • Insorgenza della restrizione alimentare dopo una dieta o dopo una frustrazione (critiche o delusioni)

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Alcune caratteristiche riconoscibili nell’anoressia:

• Alterata percezione dell’immagine del corpo • Modalità ossessive (controllo del peso, cibo, calorie, studio) • Modalità alimentari atipiche • Peso idealizzato disgiunto da una valutazione oggettiva • Modalità relazionali regressive (specie con la madre)

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Rapporto con il corpo: Controllare il corpo è l’unica “sicurezza” in un universo di angoscia incontrollabile, un’estrema difesa. Sul corpo si gioca la partita dell’identità che ha origine dal fallimento del processo di costruzione dell’identità Il controllo del corpo e del peso rappresenta una illusione di autonomia:in realtà e’ una dipendenza.

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L’intervento deve essere tempestivo, appropriato e

continuativo per l’alto rischio di persistenza e cronicizzazione

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L’intervento non deve essere principalmente indirizzato alla

modifica del peso e/o al sintomo, ma a ciò che muove internamente

il disturbo.

E’ necessario farsi largo attraverso gli aspetti somatici ed i contenuti mentali inizialmente occupati dalla paura del cibo e

dalle ruminazioni ossessive.

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L’approccio interdisciplinare integrato è l’unico riconosciuto

valido

Lettura simultanea e condivisa degli aspetti medici, psichiatrici,

psicologici e nutrizionali

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Disturbo difficile da trattare

anche sul piano psicologico:

• Il rifiuto della cura non è un atto volontario, ma un tentativo di controllare l’angoscia (sintomo egosintonico)

• La possibilità di entrare in relazione con il paziente è più importante del BMI

• Riuscire a parlare del sintomo da parte del paziente significa entrare nel percorso di guarigione.

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Il primo approccio ancor prima che diagnostico si manifesta in un “prendersi cura” attraverso la dimensione dell’ascolto e della c o m p r e n s i o n e c h e s o n o s t r u m e n t i imprenscindibili per chi si occupa della sofferenza.

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Progetto DCA Fondazione Salesi

•  Nell’infanzia, preadolescenza e adolescenza (0-18 anni)

•  Il progetto prevede un intervento multidisciplinare che coinvolge varie figure professionali ( neuropsichiatra infantile, psicologa-psicoterapeuta dell’età evolutiva, pediatra nutrizionista della fascia precoce, psicologa-psicoterapeuta familiare, nutrizionista, educatori e volontari)

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Progetto DCA Fondazione Salesi

ü Valutazione neuro psichiatrica ü Colloqui psicologici diagnostici ü Valutazione e rieducazione nutrizionale ü Formulazione di ipotesi diagnostiche ü Psicoterapia individuale ü Psicoterapia di gruppo ü Sostegno genitoriale ü Monitoraggio clinico e metabolico nutrizionale

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Psicoterapia di gruppo

Il gruppo costituisce lo spazio affettivo e re l az iona le ne l qua le d i v iene poss ib i l e contenere,pensare insieme e trasformare gli elementi portati dai singoli individui ( vissuti, emozioni,pensieri,fantasie),grazie alla funzione elaborativa e trasformativa che l’esperienza di gruppo consente; sentirsi ascoltati in gruppo e nel gruppo permette di uscire dalla solitudine e dall’isolamento e offre una molteplicità di punti di vista rispetto ai mondi interni ed esterni dei pazienti e le aiuta a ridurre l’ angoscia.

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Alcune considerazioni: La paziente anoressica possiede e mostra alte capacità cognitive , a fronte di un’estrema fragilità affettiva. Nelle relazioni si evidenzia un grande controllo delle emozioni (il controllo emotivo è l’unico strumento di sicurezza).

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Alcune considerazioni: Si evidenziano estreme difficoltà nell’affrontare cambiamenti e nell’adattamento (specialmente riferiti all’immagine corporea) Ogni commento e/o osservazione relativa al cambiamento corporeo rappresenta un attacco alla loro fragile identità

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Alcune considerazioni

Il cibo deve avere una valenza neutra: il pasto è una terapia e

pertanto non deve essere commentato, né forzato.

Il “piatto” è prestabilito, dunque

non nasconde inganni.

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Alcune considerazioni Non si può cedere alla richiesta di

bilancia e specchio.

Non è utile assecondare le continue richieste e confronti

relativi a cibo e calorie introdotte

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L’ADOLESCENTE MALATO IN OSPEDALE

Dr.ssa Silvia Di Giuseppe Psicologa Dirigente Sanitario Universitario SOD Clinica

Pediatrica, UO Oncoematologia Pediatrica

Dr.ssa Giulia Palego Psicologa Fondazione Salesi Onlus c/o Oncoematologia Pediatrica

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L’ESPERIENZA DI ESSERE UN

ADOLESCENTE MALATO

L’età adolescenziale è ricca di tensioni e problematiche relative ad importanti mutamenti nella percezione del corpo, della sessualità e delle relazioni familiari ed extra-familiari

L’evento malattia si configura come una mina che esplode e può provocare temporaneamente una profonda destabilizzazione del Sé, inficiando la normale evoluzione del corso di vita

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3

L’ESPERIENZA DI ESSERE UN

ADOLESCENTE MALATO

L’età adolescenziale è ricca di tensioni e problematiche relative ad importanti mutamenti nella percezione del corpo, della sessualità e delle relazioni familiari ed extra-familiari

L’evento malattia si configura come una mina che esplode e può provocare temporaneamente una profonda destabilizzazione del Sé, inficiando la normale evoluzione del corso di vita

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4

“I due compiti dell'adolescente

-attraversare la malattia e attraversare l'adolescenza-

vanno di pari passo”

Daniel Oppenheim - «Crescere con il cancro»

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LA MALATTIA IN ADOLESCENZA

SPECIFICITA’ E POSSIBILI PROBLEMATICHE:

-blocco sviluppo di relazioni profonde ed intime con i propri pari

-legame di dipendenza e di subordinazione decisionale con i familiari

-immagine corporea e sessualita’

-iperadattamento che si esprime con un atteggiamento adulto non adeguato all’eta’

-rischio di un peggior funzionamento psicologico rispetto ai loro pari

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COMPLIANCE

L’adolescente è la tipologia di paziente che più può presentare problemi di compliance al trattamento

Di solito le difficoltà si creano quando la terapia condiziona la vita personale e sociale

In genere si tratta di “momenti critici” che la famiglia risolve da sola o con il supporto dell’equipe

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LA COMUNICAZIONE DELLA DIAGNOSI

Il paziente adolescente viene informato sulla malattia, perchè è necessario coinvolgerlo attivamente nelle cure, a meno che egli non faccia esplicita richiesta di non ricevere maggiori informazioni

Talvolta i genitori si oppongono al fatto che il figlio minorenne sia informato di tutte le implicazioni della malattia

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LA DIFFERENZA DI GENERE ED IL VISSUTO DI MALATTIA

Nella nostra casistica abbiamo osservato una differenza tra maschi e femmine nelle strategie psicologiche di difesa dall’angoscia di malattia e morte.

Solitamente i maschi privilegiano i meccanismi di rimozione e negazione, per cui mostrano un atteggiamento di “noncuranza” verso la gravità della malattia.

Le femmine affrontano la malattia in modo più diretto e fanno domande esplicite.

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QUANTO E’ CONSIGLIABILE DIRE AL PAZIENTE?

L’esperienza dimostra che i pazienti adolescenti comprendono l’entità della gravità della loro malattia

Nel parlare con il paziente si deve dunque orientare l’approccio osservando e tenendo presenti soprattutto i suoi meccanismi psicologici di difesa dall’angoscia

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FINO A CHE PUNTO SI PUO’ ESSERE ESPLICITI NEL PARLARE CON

L’ADOLESCENTE

L’evoluzione negativa della malattia innesca meccanismi psicologici di rimozione e negazione nel paziente e nei familiari.

Nel gestire la comunicazione abbiamo imparato a “seguire il sistema”, ovvero ci adeguiamo alle richieste dirette e indirette che ci vengono poste

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GLI INTERVENTI

Uno dei principali fattori terapeutici per il paziente è l’equilibrio affettivo e relazionale che i genitori riescono a conservare: il sostegno psicologico e psicosociale che viene offerto serve a conservare tale equilibro o a ristabilirlo

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Un altro elemento rilevante è il contributo di tutta l'equipe curante per mantenere elevato lo standard di qualità di vita: “E' importante che la struttura che offra le cure permetta di preservare i rapporti familiari, che garantisca il proseguimento degli studi, che garantisca un ambiente sociale e amicale, nonché i rapporti con altri giovani della stessa età” D. Oppenheim

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LA PAROLA ALLE RAGAZZE!

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Sei mesi in ospedale sono tanti, a volte il tempo vola, in

altri momenti sembra che si sia fermato. Porto con me

un'esperienza che alla fine definisco bellissima, ho

conosciuto persone che fanno il proprio lavoro con

passione e cercano di far stare noi ragazzi nel miglior

modo possibile.

Camilla, 15 anni

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Qualche settimana fa durante un controllo ho

conosciuto Greta, una ragazza che era ricoverata

nello stesso momento ma che non avevo mai visto

per le difese immunitarie troppo basse.

Ci siamo trovate subito e non abbiamo fatto altro che

dire quanto sarebbe stato bello potersi incontrare

prima, quando avevamo entrambe bisogno di

parlare con qualcuno della nostra età, che capisse

quello che ci stava passando per la testa.

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Ho avuto modo di ridere con le associazioni dei clown e

di rimanere al pari con le lezioni con i professori della

scuola ospedaliera, sempre disponibili e rispettosi,

vedevano quando ero stanca e non insistevano, anzi

tornavano il giorno dopo sempre più sorridenti.

Mi sarebbe piaciuto avere qualcuno con cui ascoltare

musica, un dj o una stanza piena di divanetti e casse

circondate da dischi, un luogo dove poter stare con

pazienti della mia stessa età.

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Ci sono state anche associazioni che mi

trattavano troppo da bambina, offrendomi

disegni da colorare o libri inadatti...

In generale la cosa peggiore è l'isolamento dagli

altri, quindi spero che per i prossimi pazienti

si trovi un modo per farli socializzare.

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Greta, 16 anni

Ciao!

Mi chiamo Greta, ho 16 anni e sono entrata in questa “nuova”, ormai conosciuta, realtà dell’ospedale

a novembre dell’anno scorso.

È difficile a questa età dover cambiare vita, così, all’improvviso, perché questo è quello che mi è

successo: dopo qualche visita e il primo ricovero, neanche il tempo di accorgermi, che ho dovuto

salutare – momentaneamente – la mia vita di prima: niente scuola, poche uscite, poche visite a casa e

solo se sto bene. Non è di certo quello che ci si aspetta, perché a 16 anni si è nel pieno

dell’adolescenza, si inizia a chiedere più libertà ai genitori e si cerca di divertirsi in qualsiasi modo.

L’ospedale fa paura a tutti. Il perché è semplice: ci stanno le persone che stanno male e stare male non

è molto contemplato dall’essere umano.

Io devo dire che inizialmente ero solo confusa: tantissime nuove persone che cercavano di spiegarmi

cosa avevi, che volevano farmi sfogare se ne avevi bisogno, che ogni volta che piangevo stavano lì in

silenzio ad aspettare che tutta la mia rabbia, la mia paura, il mio dolore e tutti i miei pensieri

scendessero lungo le mie guance, insieme alle lacrime.

L’inizio è stato un po’ tragico, ho solo qualche ricordo confuso in cui piango e non solo per quello che

mi aspettava…ma anche per la paura dell’ago!

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Quelle nuove persone poi pian piano sono diventate una specie di seconda

famiglia, non solo perché le vedo molto spesso, ma anche perché il clima che si

respira lì dentro è tutt’altro che pesante, come invece qualsiasi persona si

aspetterebbe. Ovviamente è un reparto pediatrico, ma questo non significa che

debba essere per forza così.

Per quanto possa sembrare strano, le visite che prima erano noiose e lunghe,

perché occupavano tutta la mattinata, ora sono divertenti, perché ho

conosciuto meglio quelle persone che inizialmente mi “spaventavano” e sono

delle persone fantastiche, con un sorriso o una carezza sempre pronta.

È difficile descriverlo in parole: durante il prelievo si parla di tutto, di

sciocchezze con le infermiere e la psicologa, si ride tantissimo e si fa la

medicazione con la musica, ballando (nei limiti del possibile ovviamente,

senza fare troppo casino) e tutti sono pronti ad ascoltare. E’ di questo che noi

abbiamo bisogno: evadere la realtà che ci circonda con queste semplici cose.

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Io ho fatto molti ricoveri fino adesso, ognuno di breve durata (4 massimo 5 giorni) e ho provato tutte le attività che mi venivano proposte: la musicoterapia che consiste nel suonare, anzi improvvisare con uno strumento, che non è male, ma che forse consiglierei più ai bambini. Invece ho trovato molto interessante l’ arte-terapia, forse perché mi è sempre piaciuto dipingere, ma è davvero di grande aiuto per scaricare tutte le emozioni che in quel momento si provano: ho provato a dipingere con la musica, ho provato a “sparare” i colori nel foglio un po’ come fa il pittore Pollock che utilizza una tecnica bellissima, ovvero i colori vengono lanciati con il pennello nel foglio e il risultato finale è fantastico. Ho trovato un po’ meno utile le attività proposte dalla ragazza della ludoteca: costruire qualcosa con cose riciclate non mi ha attirato più di tanto ed è forse

un’attività più per bambini. La verità è che noi adolescenti, almeno io, abbiamo bisogno di essere ascoltati soprattutto e di ridere, per questo i clown sono fantastici perché con noi non fanno solo i soliti palloncini, ma si fermano a chiacchierare e scherzano con noi, ma non ci trattano da bambini. Anche le infermiere sono fantastiche, soprattutto se si alleano con la psicologa e cercano di tirarti su il morale quando ti lamenti del fatto che fuori ci sia il sole e tu non puoi uscire per una settimana, anzi devi stare dentro quelle quattro mura: se ne inventano di tutti i colori! Per esempio una volta, per risolvere questo “dilemma” hanno attaccato alla finestra, per coprirla, un disegno:

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“Tranquilla Greta, tanto fuori c’è un tempo da lupi!” cit.

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E ho riso tantissimo e rido ancora, ma sono state troppo forti, perché sono davvero riuscite a tirarmi su di morale!

Forse abbiamo solo bisogno di persone che lì dentro non abbiano freni, nel senso che sfruttino la loro fantasia e la loro pazzia per farci dimenticare dove siamo. Parlare di qualsiasi cosa aiuta tantissimo a far passare il tempo e non solo: a me personalmente ha aiutato a conoscermi, perché parlando ho conosciuto aspetti di me stessa che prima erano nascosti. Sarebbe bello anche che qualcuno ci aiutasse a conoscere le altre persone che vivono questa nostra stessa realtà e che hanno la nostra età. Lo dico perché purtroppo ho perso un’opportunità grandissima nei mesi passati e ancora me ne pento: c’era una ragazza, Camilla, un anno più piccola di me, che molto spesso era ricoverata e anche se le dottoresse, la psicologa, le infermiere ci spingevano a conoscerci, io un po’ per timidezza, che è parte del mio carattere, un po’ perché non sapevo come provare ad avvicinarmi a lei, ho sempre lasciato perdere… Lei adesso fortunatamente ha finito il suo percorso e non so come, un giorno ci siamo ritrovate a chattare su Facebook e la prima cosa che ci siamo dette è stata “mi è dispiaciuto non conoscerci meglio, quando potevamo”…Nel giro di poche ore abbiamo trovato tantissime cose in comune, ogni giorno eravamo (e siamo) su Skype a fare videochiamate e comunque siamo sempre in contatto.

Siccome abitiamo una lontana dall’altra e io non posso fare molte uscite, ci siamo viste per la prima volta, dopo aver parlato in chat, in una visita in day hospital ed è stato semplicemente fantastico perché non solo finalmente potevamo vederci, ma abbiamo anche organizzato scherzi alle nostre care infermiere e ci siamo divertite tantissimo: una visita che doveva essere noiosa, si è trasformata in un’opportunità bellissima. E che dire di più? Io e Cami ci sentiamo tutti i giorni e cerchiamo di vederci fuori anche grazie alle iniziative delle associazioni.

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Tutto questo perché penso che dovrebbero esserci più iniziative di conoscenza di gruppo, i volontari magari con una scusa, con un po’ di musica per esempio, potrebbero attirare i ragazzi e parlare insieme, fare alcune attività insieme, come guardare un film, fare un quiz a squadre... Questo forse è po’ mancato, ma si può sempre migliorare! Intanto ringrazio e ringrazierò sempre tutti quelli che sono riusciti a farmi vivere fino adesso questa piccola nota negativa della mia vita in una maniera tutt’altro che pesante, che mi hanno fatto ridere e sorridere quando più ne avevo bisogno e mi hanno

aiutata in ogni senso.

E come dice Cesare Cremonini

“per quanta strada ancora c’è da fare…

…amerai il finale!”

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COSA FARE E COSA NON FARE

CON L’ADOLESCENTE MALATO

PORTARE DISTRAZIONE E SERENITA’

NON DIRE “BANALITA’” SULLA MALATTIA

NON PARLARE DI PROBLEMI PERSONALI

CERCARE AGGANCI NELLA CONVERSAZIONE CHE POSSANO ESSERE ADATTI ALLA MENTALITA’ DI UN ADOLESCENTE (CONDIVIDERE UN GIOCO SUL TABLET, ASCOLTARE MUSICA INSIEME, FILM, LIBRI…)

NON ASSUMERE TONI PATERNALISTICI

USARE IL SENSO DELL’UMORISMO E IL GIOCO NELLA RELAZIONE

ASCOLTARE PIU’ CHE PARLARE (ASCOLTO PARTECIPATO)

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GRAZIE DELL’ATTENZIONE

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TROVIAMO IL GIOCO GIUSTO! Operatore ludico

Dott.ssa Giulia Giovagnoli

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GIOCO: Qualsiasi attività liberamente scelta a cui si dedichino,

singolarmente o in gruppo, bambini o adulti senza altri fini immediati che la ricreazione e lo svago, sviluppando ed esercitando nello stesso tempo capacità fisiche, manuali e intellettive.

(voc. Treccani)

GIOCARE E’ DIVERTENTE (piacere)!

strumento di crescita e possibilità

La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e l’Adolescenza approvata dall’ONU nel 1989 all’art. 31 afferma che:

Gli Stati riconoscono che tutti i bambini devono essere trattati con umanità e rispetto: hanno il diritto di riposarsi, giocare, fare sport, esprimere la propria creatività e partecipare alla vita artistica e culturale del Paese in cui vivono.

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Evoluzione del gioco nel tempo:

da gioco sociale a gioco individuale (maggiori spazi ampi - aperti) (maggiori spazi chiusi)

regressione abilità sociali evoluzione tecnica

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Melanie Klein: gioco = medium terapeutico per superare la perdita Winnicot : il gioco è oggetto transizionale (illusione: in-ludus) Froebel: gioco mezzo di conoscenza di sè stessi (Kindergarten) Per la pedagogia attiva e non direttiva : il gioco è indagine e scoperta della realtà scuola attiva (Neill, Dewey, Montessori)

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TIPOLOGIE DI GIOCO:

• solitario e sociale

• spontaneo e di regole - simbolico

- motorio

- da tavolo

- di logica

- di memoria

- elettronico

- di società

- all’aperto

- creativo

ATTENZIONE:

Proponiamo il gioco in un ambiente particolare!

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Considerazione del contesto ospedaliero

Limiti:

- Condizioni di salute dei piccoli degenti

- Recente mentalità dell’umanizzazione delle cure

- Spazio ristretto (stanza o sala giochi)

- Tempi ospedalieri (routine: visite, pasti …)

- Pluralità di professionisti e figure (medici, infermieri, volontari …)

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Competenza primaria per chi lavora in ambienti così delicati, quale quello dell’ospedale

pediatrico, è quella di sapersi

AGGIUSTARE , PLASMARE E RIORGANIZZARE

secondo la situazione che gli si prospetta.

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Difficoltà legate al giocare in ospedale:

• Bambini di età diverse che condividono il medesimo spazio

• Bambini e/o genitori stranieri (difficoltà linguistiche)

• Condizioni sociali, culturali diverse • Possibilità di interruzione dell’attività in ogni

momento

Per poter scegliere il gioco giusto dobbiamo tenere in considerazione tutti

gli aspetti sopra citati

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Non esiste gioco giusto o gioco sbagliato, ma esiste un gioco più adatto di un altro in quel

contesto e con quel bambino

PERSONALIZZAZIONE DELL’ATTIVITA’

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Reparti in cui è presente l’attività ludica:

Oncoematologia:

la mascherina sul volto limita la mimica facciale, quindi è un ostacolo oggettivo alla relazione (impedimento alla CNV)

Maggiore lunghezza dei ricoveri e quindi maggiore possibilità di instaurare una relazione empatica con il bambino e la famiglia

Cardiochirurgia: Bambini in attesa di esami o interventi oppure bambini post operati

Neuropsichiatria: Grande frequenza di bambini con problemi cognitivo-motori o

comportamentali (aggressività, iperattività…)

Pediatria-medicina: Ampia varietà di patologie e quindi possibilità di trovare bambini con

caratteristiche di salute molto diverse tra loro

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GIOCO/ ATTIVITA’ IN STANZA

Cardiochirurgia, neuropsichiatria, pediatria-medicina

- la stanza costituisce il primo

ingresso nella sofferenza del bambino

- diverse tipologie di stanze: singole o multiple

- ambiente circoscritto e limitante, ma più intimo

- incognita sui precedenti o successivi ingressi in stanza da parte di medici o parenti

GIOCO /ATTIVITA’ IN SALA GIOCHI

Oncoematologia, neuropsichiatria

- accoglie bambini di età differenti

- possibilità di trovare giochi incompleti o rovinati perché a disposizione di tutti (setting non adatto)

- spazio carico di attesa (di una visita, di un esame)

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Esplora gli oggetti a livello sensoriale o con azioni: scuotere, battere, succhiare, lanciare

Permette lo sviluppo di abilità manuali e stimola la fantasia del bambino (costruzioni, puzzle,creta…)

L’oggetto rappresenta ciò che è nella fantasia del bambino, il giocattolo non è più legato alla forma reale

Il bambino si cala in un ruolo nel quale ripropone le emozioni che vive attraverso una situazione di cui è artefice

Sostituisce gradualmente il gioco simbolico; il bambino impara a giocare con l’altro e a rispettare le regole della collettività

GIOCO SENSO-MOTORIO

(primi 18 mesi)

GIOCO DI COSTRUZIONE

(dal 2°anno)

GIOCO SIMBOLICO

(dal 2° anno)

GIOCO SOCIO-DRAMMATICO

(dai 4 anni circa)

GIOCO CON REGOLE

(dai primi anni di scuola)

Fonte: adattata da Belsky, Most (1981), Nicolich (1977), Rubin, Fein, Vandenberg (1983)

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STADI DI SVILUPPO INTERPERSONALE

Incapacità di differenziare il proprio punto di vista da quello altrui

Comprensione del punto di vista dell’altro, ma incapacità di relazionare le diverse prospettive

Riflessione sul comportamento personale e capacità di cogliere altri punti di vista

Differenziazione di più prospettive contemporaneamente

Assimilazione del concetto di socialità

STADIO EGOCENTRICO

fino ai 5 anni

STADIO SOGGETTIVO

6-8 anni

STADIO RIFLESSIVO

9 anni

STADIO RECIPROCO

11 anni

STADIO CONVENZIONALE

dai 12 anni

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Il gioco con l’adolescente

Si può parlare di gioco con l’adolescente?? Si può parlare di gioco con l’adolescente in ospedale?

Sicuramente si può parlare di RELAZIONE

Criticità del lavoro con l’adolescente:

1- difficoltà ad assumere il ruolo di “destinatario” dell’attività (provocazione, imbarazzo, vergogna, senso di inadeguatezza …) 2- preferisce aiutare l’operatore (essere alla pari con lui) nell’attività con bambini più piccoli (sentirsi importanti) 3- difficoltà ad instaurare una relazione di fiducia con l’operatore (tempi più lunghi) 4- difficoltà nel proporre attività adatte agli adolescenti nel contesto ospedaliero (sala film, spazio di ritrovo …)

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Il significato del gioco in ospedale

- Gioco come distrazione e collegamento con la realtà extra-ospedaliera - Momento di pausa per l’adulto - Riempie la noia e stimola la creatività - Rappresenta la mediazione tra il mondo interiore e quello esterno - Spazio “fisico” e “mentale” esclusivo del bambino - Strumento terapeutico - Attenzione esclusiva al bambino (siamo li per lui, lo cerchiamo)

EVITARE L’ATTIVITA’ A TUTTI I COSTI!

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Il bambino è il “pilota” dell’attività, sceglie lui se parteciparvi o meno, noi siamo suoi ospiti.

Nella relazione con il bambino ospedalizzato l’operatore

deve essere consapevole della possibilità tecnica e di quella deontologica (Il senso del LIMITE)

CAN

Capacità tecnica di condurre l’attività

MAY

È l’utente che legittima l’operatore a lavorare con lui

“si fida e si affida”

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Risorse del bambino malato

• Il bambino è curioso e ricettivo per natura • Il bambino è risorsa • Alta capacità di resilienza: concetto fisico che denota la proprietà di resistenza dei metalli e che in psicologia indica la capacità di reazione a situazioni traumatiche (ri-salire) • C’è sempre una parte sana •Il bambino NON è la sua malattia! (mai scambiare una parte per il tutto …)

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Stiamo svolgendo un questionario sul gradimento dell’attività dell’ op.l. dal quale risulta che i giochi maggiormente preferiti dai

bambini in ospedale ,sono quelli da tavolo e di movimento.

giochi da tavolo 47%

giochi logica/conoscenza 14%

giochi motori 28%

giochi elettronici 7%

giochi musicali 2%

giochi di memoria 2%

TUTTI I REPARTI Come possiamo migliorare la nostra attività, puoi scrivere un gioco che ti

piacerebbe fare in ospedale?

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- Entrare nel mondo di quel bambino - Creare una (seppur breve) relazione di: empatia fiducia ascolto accoglienza - Realizzare momenti positivi che portino il bambino mentalmente fuori dalla realtà ospedaliera

Trovare il gioco giusto in ospedale significa:

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-Dare al bambino la possibilità di esprimere la propria personalità - Fare da contenitore emotivo del bambino e della famiglia (attenzione al burn-out!!!) - Saper essere operatori malleabili!!

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Compito dei volontari è prendersi cura del “sorriso” del bambino!

Buon lavoro!

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Raccontare storie

Lo stage si pone come obiettivo fondamentale quello di mostrare agli allievi la possibilità di un uso

della tecnica di Improvvisazione Teatrale concepita come supporto e strumento immediato per la

creazione di storie e favole. Un metodo che permette di imparare le tecniche usate per acquisire una

maggiore consapevolezza nell’esporre un testo inventato al momento, per coinvolgere

l’interlocutore e renderlo partecipe dell’atto creativo.

Tecniche e Contenuti dello Stage

• Creatività: non è solo libero sfogo della fantasia, peraltro abbondantemente stimolata

attraverso esercizi di ginnastica mentale, ma capacità di avere una struttura mentale libera da

preconcetti e funzionale alla coerenza e comprensione dei messaggi e degli stimoli interni ed

esterni al personaggio

• Comunicazione: improvvisare con altre persone significa innanzitutto rapportarsi con

soggetti di cui non si conoscono le intenzioni ma con i quali si deve riuscire a mettersi in

relazione a più livelli (corpo/mente/emozioni) in maniera tale da poter instaurare un dialogo

in un linguaggio comune e funzionale alla creazione della storia

• Ascolto (dell'altro e della situazione generale): arrivare ad una capacità percettiva più

sviluppata che permetta di intuire e comprendere le intenzioni dell'altro attraverso gli

atteggiamenti verbali, fisici, emotivi, al di là quindi delle sole manifestazioni più evidenti

• Disponibilità: presupposto imprescindibile che riguarda l'atteggiamento di totale apertura

all'altro e a qualsiasi circostanza possa venire a crearsi per effetto dell'improvvisazione

stessa...

• Integrazione: nel momento in cui si riesce a stabilire una reale comunicazione è necessario

integrarsi con l'altro in una relazione dinamica che vada verso un superamento creativo delle

rispettive posizioni originarie.

• Story telling: aumentare la capacità di esporrre verbalmente una fiaba o una storia,

acquisizione delle tecniche e della struttura di una fiaba.

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I volontari non sono remunerati

non perché non valgono nulla

ma perché sono inestimabili

(Anonimo)

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