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SOMMARIO Gli Ospedali di Offida. Momenti di Storia LIBERO DE SANTIS E VIVIANA CASTELLI . . .2 Un veterano racconta. La verità sulle sanzioni economiche contro l’Italia nel novembre 1935 ALFREDO PRETELLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .5 OFFIDA SCOMPARSA Il monastero dei Monaci Benedettini GIANCARLO PREMICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . .6 La “Madonnetta” di Offida. Quale il suo destino? LORENZO GABRIELLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4 I luoghi di Simone De Magistris GIANCARLO PREMICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . .6 OFFIDANI ILLUSTRI La salute di un medico dalle sue poesie VITALE TRAVAGLINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .9 PENSIERI E PAROLE Personificazioni dall’Orlando Furiso MARCO MERCOLINI TINELLI . . . . . . . . . . . .15 La mia guerra ISA TASSI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .15 La gallina di San Filippo PADRE ILARINO CAROSI . . . . . . . . . . . . . . . .17 “Genio e Sregolatezza” RITA COCCI E PAOLA BARBELLI . . . . . . . . . .15 L’ANGOLO DEI RAGAZZI FACCIAMO UN PO’ DI SPORT Comunicati dalle associazioni sportive . . . .18 IL GUSTO DEL VINO Vino biologico: un po’ di storia e di chiarezza UMBERTO SVIZZERI . . . . . . . . . . . . . . . . . . .22 Il disagio degli adulti MIRKO CIABATTONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . .24 Smonta il “bullo” ADRIANA COLLETTA E FABIANA VALLORANI24 AVIS Offida - Non ti scordar di me GIULIANO CIOTTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .25 NATURA E SCIENZA Dove andremo a finire? SIMONE RECCHI . .26 L’ortica MAURO RECCHI . . . . . . . . . . . . . . . .27 OPHYS NEWS A CURA DI ALBERTO PREMICI . . . . . . . . . . . .28 TROVA LE DIFFERENZE OMER . . . 31 LA BACHECA - mercatino di Ophys . . . .30 Anno 6 - nuova serie Numero 13 COPIA GRATUITA Offida, Giugno 2007 Periodico del Centro Studi Guglielmo Allevi - Offida 1 C ortesi lettrici e gentili lettori, con il tredicesimo numero Ophys raggiunge i sei anni di vita, durante i quali è stato contenitore discreto di tanti articoli, saggi, immagini, notizie e curiosità sulla nostra amata Offida. Sono davvero molti coloro che, con i propri scritti, hanno con- tribuito al successo del periodico, dandoci stimoli sempre nuovi che giustificano le nostre fatiche in redazione. Ophys non è più novità ma appuntamento atteso e gradito. Per questo motivo ho realizzato uno spazio d’informazione che desse continuità al flusso di notizie e saggi, tra l’uscita di un numero e l’altro; con un pizzico d’orgoglio segnalo che è on- line da qualche mese il servizio Ophys news, che raccoglie tutto ciò che fa notizia nella terra di Offida. Il portale con indirizzo www.offida.wordpress.com oppure www.ophis.it ha già all’attivo un lusinghiero numero di contatti giornalieri. Era un sogno che avevo nel cassetto, ora concreta realtà, pensato soprat- tutto per i tanti offidani residenti fuori città. Ophys news riporta inoltre notizie di particolare inte- resse riguardanti il piceno e la nostra regione. All’interno del sito sono comunque riportati tutti i conte- nuti del portale Ophis.it In questo numero di Ophys, rinnovato nella sua veste grafica, la redazione ha pensato di pro- porvi alcuni articoli sulla prege- vole arte del merletto a tombolo, tipicità principe di Offida. In onore delle tante merlettaie, pub- blichiamo a lato una cartolina promozionale della 1a Fiera del Merletto a Tombolo, svoltasi nel 1950, opera di Aldo Sergiacomi. Ringrazio con sincerità il Maestro Libero De Santis e l’amica Viviana che hanno impreziosito il nostro perio- dico con un bel saggio sul plesso ospedaliero, ahimé dimenticato in tutti i sensi. Ophys vive grazie alle vostre testimonianze, ai ricordi, alle segnalazioni, agli ane- dotti, che perpetuano l’amore di noi tutti per la nostra terra ed il desiderio di custo- dirne gelosamente storia e memoria. Alberto Premici tutti i numeri di Ophys sono consultabili sul nostro sito www.centrostudiallevi.wordpress.com

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SOMMARIO

Gli Ospedali di Offida. Momenti di Storia LIBERO DE SANTIS E VIVIANA CASTELLI . . .2

Un veterano racconta.La verità sulle sanzioni economiche control’Italia nel novembre 1935ALFREDO PRETELLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .5

OFFIDA SCOMPARSAIl monastero dei Monaci BenedettiniGIANCARLO PREMICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . .6La “Madonnetta” di Offida.Quale il suo destino?LORENZO GABRIELLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4I luoghi di Simone De MagistrisGIANCARLO PREMICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . .6

OFFIDANI ILLUSTRILa salute di un medico dalle sue poesieVITALE TRAVAGLINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .9

PENSIERI E PAROLEPersonificazioni dall’Orlando FurisoMARCO MERCOLINI TINELLI . . . . . . . . . . . .15La mia guerraISA TASSI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .15La gallina di San FilippoPADRE ILARINO CAROSI . . . . . . . . . . . . . . . .17

“Genio e Sregolatezza”RITA COCCI E PAOLA BARBELLI . . . . . . . . . .15

L’ANGOLO DEI RAGAZZI

FACCIAMO UN PO’ DI SPORTComunicati dalle associazioni sportive . . . .18IL GUSTO DEL VINOVino biologico: un po’ di storia e di chiarezzaUMBERTO SVIZZERI . . . . . . . . . . . . . . . . . . .22

Il disagio degli adultiMIRKO CIABATTONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . .24Smonta il “bullo”ADRIANA COLLETTA E FABIANA VALLORANI24AVIS Offida - Non ti scordar di meGIULIANO CIOTTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .25

NATURA E SCIENZADove andremo a finire? SIMONE RECCHI . .26L’ortica MAURO RECCHI . . . . . . . . . . . . . . . .27OPHYS NEWSA CURA DI ALBERTO PREMICI . . . . . . . . . . . .28TROVA LE DIFFERENZE OMER . . . 31LA BACHECA - mercatino di Ophys . . . .30

Anno 6 - nuova serieNumero 13

COPIA GRATUITAOffida, Giugno 2007

Periodico del Centro StudiGuglielmo Allevi - Offida

1

Cortesi lettrici e gentili lettori,con il tredicesimo numero Ophys raggiunge i sei anni di vita, durante i quali è

stato contenitore discreto di tanti articoli, saggi, immagini, notizie e curiosità sullanostra amata Offida. Sono davvero molti coloro che, con i propri scritti, hanno con-tribuito al successo del periodico, dandoci stimoli sempre nuovi che giustificano lenostre fatiche in redazione.

Ophys non è più novità ma appuntamento atteso e gradito. Per questo motivo horealizzato uno spazio d’informazione che desse continuità al flusso di notizie esaggi, tra l’uscita di un numero e l’altro; con un pizzico d’orgoglio segnalo che è on-line da qualche mese il servizio Ophys news, che raccoglie tutto ciò che fa notizianella terra di Offida.

Il portale con indirizzowww.offida.wordpress.comoppure www.ophis.it ha giàall’attivo un lusinghiero numerodi contatti giornalieri. Era unsogno che avevo nel cassetto, oraconcreta realtà, pensato soprat-tutto per i tanti offidani residentifuori città. Ophys news riportainoltre notizie di particolare inte-resse riguardanti il piceno e lanostra regione.

All’interno del sito sonocomunque riportati tutti i conte-nuti del portale Ophis.it

In questo numero di Ophys,rinnovato nella sua veste grafica,la redazione ha pensato di pro-porvi alcuni articoli sulla prege-vole arte del merletto a tombolo,tipicità principe di Offida. Inonore delle tante merlettaie, pub-blichiamo a lato una cartolinapromozionale della 1a Fiera delMerletto a Tombolo, svoltasi nel1950, opera di Aldo Sergiacomi.

Ringrazio con sincerità ilMaestro Libero De Santis e l’amica Viviana che hanno impreziosito il nostro perio-dico con un bel saggio sul plesso ospedaliero, ahimé dimenticato in tutti i sensi.

Ophys vive grazie alle vostre testimonianze, ai ricordi, alle segnalazioni, agli ane-dotti, che perpetuano l’amore di noi tutti per la nostra terra ed il desiderio di custo-dirne gelosamente storia e memoria.

Alberto Premici

tutti i numeri di Ophys sono consultabili sul nostro sitowww.centrostudiallevi.wordpress.com

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I turisti che arrivano a Offida pas-sando dal Piazzale delle Merlettaie

possono leggere due cartelli di segnale-tica turistica (quelli marroni con le scrit-te bianche, per capirsi): uno indica le“mura castellane”, un altro la direzione“Vinea – Monastero di San Francesco”.Ancora pochi passi e i turisti si trovanodavanti a un fabbricato monumentale,ma qui non c’è alcun cartello a spiegareche si tratta di un esempio di architettu-ra neoclassica marchigiana citato anchenel volume di Itinerari del neoclassiconelle Marche curato anni fa dallo stori-co dell’architettura Fabio Mariano.Chissà perché l’Ospedale di Offida nonè stato giudicato degno di un cartello disegnalazione turistica. Certo, non pareche gli enti preposti alla conser-vazione dei beni culturali se neoccupino granché: di recente laloggia al terzo piano è statadipinta di bianco e grigio manessuno ha protestato. Eppurequell’imbiancatura è un’eresia,dato che la caratteristica del neo-classico marchigiano è propriol’uso del mattone a vista senzaintonaco: chi si sognerebbe diimbiancare lo Sferisterio diMacerata ? Ma per Macerata loSferisterio è una fonte di guada-gno e tutti sanno che è impor-tante e va protetto. Invecel’Ospedale di Offida sembrasolo un peso morto e un fasti-dio, per chi lo gestisce come perchi dovrebbe difenderne l’inte-grità di bene culturale.

Le cose sono molto cambiate: untempo l’Ospedale di Offida era motivodi vanto e prestigio per la comunità.Tanto che fu espressamente citato dapapa Gregorio XVI, il 20 dicembre1831, tra le ragioni per cui Offida meri-tava di essere promossa dal rango di“Terra” - che aveva dal Trecento - aquello di “Città”: « [...] habet nosoco-mium pro infirmis pauperibus excipien-dis magnifice extructum ac lucupleticensu donatum (ha un ospedale per imalati poveri, magnificamente costruitoe dotato di abbondante patrimonio)»

(Arduini, 1844, allegazioni diplomati-che, 1).

Insomma nello Stato Pontificio delprimo Ottocento un ospedale efficienteera qualcosa di importante, roba da cittànon da paese. A quell’epoca non c’era-no il Servizio Sanitario Nazionale, ilTFR o la pensione. Chi si ammalava, sicurava a casa se aveva i mezzi e andavaall’ospedale solo se proprio non potevafar altro. Questa mentalità era il frutto disecoli in cui, specie nei piccoli centri,l’assistenza sanitaria era stata assicurata(quando andava bene) dalle infermeriedei conventi o delle confraternite dicarità nate nel medioevo. Erano “ospe-dali” nel senso originale del termine“hospitalis” che vuol dire “alloggio per

forestieri”: cioè per gente senza mezziné conoscenze, bisognosa di un postodove dormire gratis e spesso, per glistrapazzi del viaggio, anche di curemediche. Erano strutture sul tipo delleONLUS moderne, gestite da volontari esovvenzionate da donazioni. Col tempodivennero sempre meno alberghi e sem-pre più luoghi di cura o piuttosto di“circoscrizione delle malattie”, che ser-vivano più che altro a tener separati imalati dai sani specie in caso di epide-mie. Di ospedali così, a Offida ce nesono stati due: il più antico, fondato nelTrecento dalla confraternita della

Trinità sorgeva nell’area dell’attualeCollegiata e a metà del Quattrocentoebbe un periodo di chiusura forzata.Allora un offidano ricco e senza eredifondò l’ospedale di Sant’Antonio Abate“acciò gli poveri pellegrini nel passareper Offida avessero dove alloggiare”.Questo era trovava accanto alla chiesadel Suffragio (o “della Morte”) e vennegestito prima da una famiglia benestan-te, i Mariani, poi dal Comune. Intantoperò anche l’ospedale della Trinità eratornato in funzione (Rosini, 1654, capi-

toli 42 e 48).Non si sa come

erano fatti questi ospe-dali ma i dati storici notipermettono qualchecongettura. Ad esempiol’ospedale della Trinitàdeve aver avuto uncamerone spaziososituato a pianterreno, senel Quattrocento qual-cuno poté usarlo comestalla. Quanto alla qua-lità dei servizi, un certolivello di conforto e puli-zia avrà potuto esseremantenuto solo se gliospedali avevano il loropozzo privato. In casocontrario le condizioniigieniche avranno certo

lasciato a desiderare visto che, fino al1887, Offida ebbe una sola fonte pub-blica - quella del Trocco – lontana dalcentro e molto faticosa da raggiungere.Di certo si sa che entrambi gli ospedaliavevano un loro patrimonio (terre ecase lasciate in eredità da pie persone) lecui rendite li rendevano autosufficientima erano anche fonte di abusi. Pergente di pochi scrupoli, diventareamministratori di un ospedale era unafonte di facili guadagni e infatti la storiadei proto-ospedali offidani è piena ditentativi di usurpazione (spesso riusciti)e di lunghe cause legali per sistemare le

GLI OSPEDALI DI OFFIDA - MOMENTI DI STORIA

LIBERO DE SANTIS E VIVIANA CASTELLI

Figura 1 – L’Ospedale e la chiesa di San Pietro. Immagine grande: nella carto-grafia napoleonica la croce indica la posizione della nuova chiesa al pianterrenodell’Ospedale. Riquadro in alto: l’Ospedale nel 1926. Riquadro in basso: la chie-sa e il futuro sito dell’Ospedale nel 1694.

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cose.L’iniziativa di costruire un ospedale

moderno si deve a Paolo Cipolletti, per-sonaggio di primo piano dell’Offida tar-dosettecentesca e sponsor - insieme alfratello Carlo, Priore della Collegiata -del neoclassico offidano. Furono i fra-telli Cipolletti a chiamare a Offida l’ar-chitetto Pietro Maggi (ticinese trapian-tato nell’Ascolano e molto attivo traSette e Ottocento) incaricandolo dicostruire la nuova Collegiata el’Ospedale e di progettare il futuro tea-tro Serpente Aureo. Il cardinale Archettiarcivescovo di Ascoli trovò invece lacopertura finanziaria, unificando nel1796 i due proto-ospedali e permetten-do che le loro rendite venissero impie-gate a questo scopo. L’iniziativa si inse-risce in un processo di modernizzazionedella sanità già in corso da alcuni anninello Stato Pontificio e che nelle Marcheha già portato alla costruzione dei nuoviOspedali Civili di Ancona (1787) eMacerata (1787).

Il sito scelto per la costruzione fu lospazio pianeggiante più ampio, elevato eisolato disponibile entro le mura offida-ne, cioè la spianata interna alla vecchiafortezza. Pietro Maggi disegnò il nuovoedificio intorno a un vasto ambiente ret-tangolare posto a pianterreno del corpocentrale, in cui fu trasferita la chiesa diSan Pietro, prima posta al centro dell’at-tuale Piazza della Libertà. La chiesainterna all’Ospedale sarebbe stata sman-tellata solo nel 1893 (Ciabattoni, 1914).

A livello di aneddotica, quanti sannoche un tempo c’era una chiesa dentrol’Ospedale di Offida? E più in generale,quanti offidani percepiscono l’impor-tanza del ruolo che l’Ospedale ha avutonel processo di modernizzazione e svi-luppo sociale ed economico di Offida edella sua campagna? Nessuno ha maiavviato una seria ricerca storicasull’Ospedale e la Congregazione diCarità (poi IRCEA) che lo ha gestitodall’Unità d’Italia alle riforme sanitariedel 1978-1992. Ce ne possiamo peròfare un’idea leggendo attentamente gliopuscoli pubblicati da AntonioMarchionni (1889), DomenicoCiabattoni (1914) e Giuseppe Giannelli(1926) e che documentano l’impegnosostenuto, da fine Ottocento a metà delNovecento, da un lato per mantenerel’ospedale al passo coi tempi, dall’altroper migliorare la gestione del suo patri-

monio fondiario.Vediamo così che prima del 1887

(anno in cui a Offida arrivò l’acqua cor-rente), l’ospedale era autosufficiente dalpunto di vista dell’approvvigionamentoidrico grazie alla sua “cisterna dellacapacità di oltre 4857 Ettolitri” per laraccolta dell’acqua piovana; possedevainoltre una “neviera”, speciale strutturaseminterrata per conservare neve eghiaccio necessari per la terapia dellefebbri e dei traumi. Si parla di un’epocasenza frigoriferi e prima che venissecostruita questa struttura in caso dibisogno occorreva “ricorrere a qualchepaese limitrofo di montagna per prov-vedere a ciò che mancava in Offida, espesso avveniva che il rimedio giungevatroppo tardi”. E ancora l’Ospedale èstato uno dei primi, se non il primo edi-ficio offidano dotato di servizi che oggidiamo per scontati ma che all’epocaerano del tutto avveniristici: vasche dabagno con acqua corrente (1900); servi-zi igienici interni in tutti i reparti (1900);termosifone (1906) e ascensore (1913).Senza dimenticare il conforto spiritualedi un piccolo giardino per i pazienti.

Dopo le migliorie di inizioNovecento l’Ospedale subirà duesostanziali ristrutturazioni, nel primo enel secondo dopoguerra. L’interventodel 1925-1926 viene celebrato con l’i-naugurazione solenne del ribattezzato“Ospedale Civile” da parte del Ministrodell’Interno Giovanni Giuriati, che lostesso giorno, 1° agosto 1926, inauguraanche la ferrovia elettrificata Offida -Castel di Lama. Ora l’Ospedale puòvantare un reparto maternità con salaparto di ultimo modello e provvista ditermosifone, una sala operatoria conilluminazione elettrica che “consenteuna luce a giorno se per eventualità ènecessario operare di notte [...] e cosìampia ed elegante da non essere affattoinferiore allem i g l i o r icamere ope-ratorie dellegrandi clini-che”, senzadimenticarela “veloceautolettiga,contenentedue barelleed i postiper gli infer-

mieri, nonchè un piccolo armamentariodi pronto soccorso” (Giannelli, 1926).Sarà proprio questa modernissima auto-lettiga che permetterà il rapido traspor-to all’ospedale le vittime del prossimoincidente della tranvia.

Nel secondo dopoguerra fu necessa-rio un nuovo intervento di ammoderna-mento per riportare al rango di“Ospedale” la struttura, che nel frattem-po era stata declassata al rango di“Infermeria chirurgica”. Di esso rimanetraccia, oltre che nella memoria di unodegli autori di questo scritto (all’epocapresidente degli IRCEA) anche nellecronache dei quotidiani dell’epoca. IlMessaggero del 14 luglio 1953 li riassu-me così «Per la sistemazione della came-ra operatoria, acquisto di un nuovotavolo operatorio e nuovo apparecchioradiologico, dello sterilizzatore, di nuoviapparecchi per lavanderia, di frigoriferie materiale lettereccio sono stati spesicomplessivamente oltre 7 milioni. [...]L’ultima novità [...] è l’appalto dei lavo-ri, per l’importo di 10 milioni, per l’am-pliamento dell’Ospedale. Con la realiz-zazione del progetto si avranno il repar-to suore, l’isolamento, il reparto mater-nità e pediatria, l’accettazione, l’osserva-zione e la sala di autopsia. I lavori che siinizieranno ai primi dell’autunnovedranno allineato il nostro ospedale,anche per estensione, ai migliori dellaProvincia.» In questo periodo, sottoli-nea Il Tempo (5 agosto 1954)l’Ospedale di Offida serviva non solo glioffidani ma «gli abitanti della vasta zonadel basso Piceno, dalle colline delTronto in Castel di Lama fino ai puntiavanzati della piana dell’Aso.» Comesempre, l’investimento non riguardavasolo le migliorie all’Ospedale ma anche iservizi forniti, gratuitamente nel casodei meno abbienti: «le cifre spese per ilricovero dei poveri nell’Ospedale, con le

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Figura 2 - La ristrutturazione del 1926: 1) Sala parto; 2) Sala di medicazione (daGiannelli, 1926)

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relative radiografie, iniezioni ed esami dilaboratorio [...] si aggirano annualmentesempre oltre il milione. La beneficenzaannuale in danaro e generi alimentari(pasta, riso, pane, latte, ai poveri delpaese si aggira sempre sulle 700-800mila lire.» (Il Messaggero, 14 luglio1953).

Non bisogna poi dimenticare il ruolosostenuto dall’Ospedale nel processo dimodernizzazione e sviluppo della cam-pagna offidana. Lo stesso impegno pro-fuso per dotare l’Ospedale degli stru-menti e sussidi più evoluti è stato appli-cato - durante un secolo e mezzo diquasi completamente dimenticatastoria offidana - al vasto patrimo-nio fondiario che ne permetteval’autosufficienza. In questo sensovanno citati la ristrutturazione ecostruzione ex novo di case colo-niche (per complessivi 25 milionidi spesa solo nel periodo 1949-1950), la messa a coltura di ter-ren, l’introduzione di sistemiinnovativi di coltivazione (rota-zione, concimi chimici), i lavori dirafforzamento degli argini delTesino, lo scavo di pozzi e lacostruzione di fontane, l’impian-to di nuovi vigneti su vasta scala,la selezione del bestiame, l’istitu-zione di corsi serali e di una cat-tedra ambulante di agraria e zoo-tecnica per gli agricoltori dipendenti,l’acquisto di macchine agricole modernee così via.

Il seguito è storia recente: la progres-siva dismissione del patrimonio degliIRCEA, l’altrettanto progressiva ridu-zione dell’autonomia gestionale

dell’Ospedale, le riforme sanitarie del1978-1992 che, istituendo il ServizioSanitario Nazionale, portano prima allastatalizzazione poi alla chiusuradell’Ospedale (1997) e alla cancellazionedel ricordo di una piccola ma gloriosastoria di impegno civico al servizio dellacomunità. Una storia che meriterebbeinvece il ricordo dei discendenti di chicontribuì a costruire e far funzionarel’Ospedale come di chi vi ritrovò la salu-te o vi chiuse gli occhi per sempre. Neldecimo anniversario della chiusuradell’Ospedale Civile di Offida, noi loricordiamo in questo modo.

Abbiamo consultato (in ordine cro-nologico):

Andrea Rosini (1654) Compendioso rac-conto historico de’ soccessi memorabili e de’sogetti commendabili nella Roga e nell’Armidella Terra di Offida, compilato nel 1654 dalfrate Andrea Rosini Cappuccino ed edito nel

1908 per cura della Tipografia Offidana G.Anselmi (ristampato a pp. 13-237 di OffidaOrigini e storia, Edizione Pro Loco, Offida1979)

Carlo Arduini (1844) Memorie istorichedella Città di Offida nella Marca d’Anconaraccolte ed illustrate dal Professore AbateCarlo Arduini, Fermo, Tipografia di LuigiCiferri 1844 (ristampato a pp. 245-349 diOffida Origini e storia, Edizione Pro Loco,Offida 1979)

Antonio Marchionni (1889) Notizie stori-che e statistiche di Offida, Tipografia Anselmi,Offida 1889 (ristampato a pp. 335-390 diOffida Origini e storia, Edizione Pro Loco,

Offida 1979)Domenico Ciabattoni (1914) Gli

istituti di beneficenza del Comune diOffida amministrati dallaCongregazione di Carità, Senigallia,Premiata Tipografia Senigalliese1914 (ristampato a pp. 743-789 diOffida Origini e storia, Edizione ProLoco, Offida 1979)

Giuseppe Giannelli (1926)Congregazione di Carità di Offida.Ospedale Civile, Ospizio Marino“G. Vannicola” sotto l’alto patrona-to di S.A.R. il Principe di Piemonte.Istituzione dei servizi sanitari e reso-conto clinico statistico, Offida 1926,35 pp.

“Opere e attività che fanno onore aOffida. Sempre efficiente l’ammini-

strazione IRCEA”. Articolo de IlMessaggero, 14 luglio 1953.

“Il moderno ospedale di Offida deve avereuna sezione dell’AVIS”. Articolo de IlTempo, 5 agosto 1954.

Figura 3 – L’autolettiga (da Giannelli, 1926)

IL MONASTERO DEI MONACI BENEDETTINI

GIANCARLO PREMICI

Il dieci di febbraio u.s., nel mona-stero delle Monache Benedettine

di San Marco in Offida, è stato presen-tato il libro “LA REGOLA DI SANBENEDETTO - sotto la guida delVangelo”, a cura delle stesse Monache,con un commento di Padre GiovanniLunardi, OSB, già autore di altre pubbli-cazioni riguardanti il monasteroOffidano.

Il libro è stato pubblicato nella ricor-renza del 350° anniversario del trasferi-mento delle Monache Benedettine dalmonastero della SS. Annunziata a quello

di San Marco. Il volume contiene: iltesto latino ed italiano della regola, inpratico formato a due colonne che per-mette un confronto immediato delle dueversioni, i commenti di Padre GiovanniLunardi che introduce il lettore all’inti-mità del pensiero di San Benedetto eriferimenti biblici. Per ordinazioni:Monastero delle Benedettine di “SanMarco” via Roma, 72 Offida tel. 0736-880805.

Ho partecipato al convegno di pre-sentazione del libro con attenzione;adesso, sfogliando il volume ho trovato

interessante riferire alcune notizie relati-ve all’antico monastero benedettinoannesso alla chiesa di Santa Maria dellaRocca, demolito tra il 1785 ed il 1789, dicui restano piccole tracce attorno allatorre campanaria.

Di fianco alla chiesa, sul lato destro,sorgeva il monastero; immediatamenteadiacente alla navata laterale destra c’erail chiostro, di forma rettangolare. La gal-leria del chiostro verso la chiesa avevalungo i muri dai due lati, panche di pie-tra, dove i monaci facevano le loro lettu-re, anche quelle comunitarie.

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Nel portico orientale si trovava labiblioteca, poi la sala capitolare con ilseggio abbaziale addossato al lato orien-tale. Dopo il capitolo una sala dirigeva aldormitorio, collegato direttamente conil transetto della chiesa per mezzo diun’altra scala. Al piano terra, dopo lascala, doveva trovarsi il parlatorio apertosul giardino; seguiva infine la sala deimonaci.

Sul lato del chiostro, opposto allachiesa, c’era l’unica sala riscaldata delmonastero, il caleforium o sala del cami-no con la legnaia. Poi il refettorio, per-pendicolare al chiostro. Prima del refet-torio, nel chiostro, vi era una fontana inuna piccola edicola per lavarsi le mani,infine la cucina comunicante con ilrefettorio.

L’ala occidentale del chiostro erariservata ai conversi, laici che provvede-vano a servizi e lavori manuali vestendol’abito religioso senza aver preso i voti;questi non avevano accesso in tutte lezone del monastero. Infatti ancora oggisuol dirsi di non avere voce in capitolo,in ricordo dell’esclusione dei conver-si a partecipare alle riunioni appuntonella stanza riservata al capitolo.

Ed ancora, piano terra, la dispen-sa ed il refettorio dei conversi separa-ti dal chiostro da un passaggio checonduceva alla chiesa; sopra di loro ildormitorio.

Questo schema distributivo, conlievi variazioni dovute ad adattamen-to del sito, ha riscontro in tuttaEuropa. Nel giardino attiguo allachiesa di S. Maria della Rocca sonotuttora visibili alcune caratteristichedi ordine architettonico e distributi-vo, che danno riscontro allo schema tipodei monasteri benedettini. Sul lato suddella chiesa vi sono evidenti tracce delloggiato, del dormitorio superiore e diaperture.

Maggiori approfondimenti sonocontenuti nella monografia “S. Mariadella Rocca” edita da questo centrostudi, in vendita presso le edicole ed ipunti autorizzati.

La morfologia dei monasteri era con-seguenza della regola dell’ordineBenedettino. San Benedetto aveva ripar-tito la preghiera in sette ore diurne,secondo quanto recita il salmo 118 “sette

volte al dì ti ho lodato”, quindi sette volte algiorno i monaci prendevano posto nelcoro per recitare il canto dei salmi.

A queste ore diurne (lodi, prima,terza, sesta, nona, vespro e compieta) si

aggiunge l’ufficio della veglia o vigilianotturna: nel cuore della notte i monaciritornavano nel coro, passando diretta-mente dai dormitori nella chiesa, attra-verso la scala che scendeva nel bracciodestro del transetto.

Oltre alla preghiera vengono effet-tuate le letture in comune, una in refet-torio e l’altra nel coro prima della com-pieta. Nel monastero era presente laforesteria ove i monaci accoglievano ipellegrini e curavano i malati. Erano difatto i monasteri che offrivano in queisecoli un rifugio sicuro per quanti, mes-sisi in viaggio, affrontavano pericolo diogni genere. Nel luogo sacro trovavano,oltre all’accoglienza, il silenzio, uno deipiaceri, ancor oggi, più difficili da soddi-sfare.

La seconda parte del programmabenedettino riguardava il lavoro. Perdare modo alla comunità di essere auto-sufficiente i monaci si impegnavano invarie occupazioni. Nei campi il lorolavoro fu principalmente opera di boni-fica e dissodamento dei terreni, costrui-

rono strade, ponti, argini, torri di asilo,avvistamento e difesa; diedero impul-so alle colture della vite, dell’ulivo, delgelso per la bachicoltura, introdusseroi vari sistemi di rotazione agricola,intensificarono l’allevamento delbestiame.

Nell’orto prospiciente la chiesa, nelXIX secolo, vi era ancora impiantatoun gelseto specializzato con annessostabilimento bacologico della premiataditta Cav. Luigi Mercolini e figli (fab-bricato ex proprietà Casarotti Nicola).Accanto a lavoro dei campi i monacisvolgevano intensa attività culturale.

Nello scriptorium, locale di studio e lettu-ra, i monaci dotti eseguivano codiciminiati, trascrizioni di opere classiche,religiose e giuridiche.

LA MADONNETTA DI OFFIDA – QU A L E I L SUO DESTINO?LORENZO GABRIELLI

Qualche giorno fa ho rivisto,sempre con molto piacere, il

film “Don Camillo monsignore... manon troppo”. Vi si dibatteva il tema sefosse più importante salvare un edicoladi campagna, la cappellina dellaMadonnetta, o costruire case per ipoveri.

I due poteri, religioso = Don

Camillo – civile = Peppone, si scon-trarono avendo in merito opinionidiverse.

Alla fine con la buona volontà ditutti, salvando capra e cavoli, le opinionidiverse convergono in una unica recip-roca soddisfacente soluzione. L’edicolanon solo non viene demolita ma restau-rata e riconsegnatapiù bella di prima alla

devozione dei fedeli... senza che perquesto i poveri perdessero il diritto aduna casa.

Anche ad Offida c’è (speriamo dinon dover dire “c’era”...) una edicolacon lo stesso nome di quella diBrescello. E’ sita in via Aldo Moro, doveuna volta era aperta campagna, ora casee cantieri e incerto appare il suo destino.

Santa Maria della Rocca,interno chiesa superiore

Ricostruzione del monastero visto dalla rupe(disegno Mario Vannicola)

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Forse tra poco crollerà (essendo statifatti profondi scavi nei pressi) o unaruspa impietosa la farà scomparire deltutto e per sempre.

Eppure il suo esistere avrà avuto unmotivo di fede che è sempre darispettare. In passato, una volta l’anno, visi celebrava Messa con i fedeli in ginoc-chio sul prato potendo l’edicola, per lepiccolissime dimensioni, ospitare solo ilcelebrante e un chierichetto. Punto diriferimento per la Via Crucis all’aperto aPasqua.

Guardando lo stato pietoso e il peri-colo incombente sulla Madonnetta ci sichiede cosa si possa fare. Solo Pepponee Don Camillo (pardon, Sindaco eParroco) possono prendere a cuore ilprolema e risolverlo, insieme.

La gente ha simpatia per questa pic-cola testimonianza di fede e anche noi,convinti come siamo, che tutto ciò chetramanda valori, vada tutelato e conser-

vato.Incontrando in via Aldo Moro nei

pressi della Cappellina, meta di passeg-giate per pensionati e non, il sig. PippoSergiacomi, ex dipendente della localeScuola Media, anche lui fan dellaMadonnetta, non ottimista sul suofuturo, con tono accorato e leggermentepolemico mi dice: “Io so che questo pic-colo fabbricato è di proprietà del nostrocomune e mi fa specie sia stato consen-tito addossargli un muro di cinta al latoovest senza rispettare le distanze. Oranuovi scavi e costruzioni ad est la met-tono in pericolo. Come cittadino vorreisi rispettassero le leggi e si conservassela Madonnetta che per noi offidani ècome un monumento nazionale. Chi haresponsabilità e sensibilità a queste coseintervenga prima che sia tardi. Il postopoi mi è particolarmente caro perchélegato a ricordi della mia infanzia. Lì ciindirizzavano le nostre mamme il dì di

Pasquetta e lì andavamo in allegria e concoetanei, a “passare l’acqua”, un rito cheora non c’è più.”

P.S. Noto con piacere che ultima-mante la MADONNETTA ha dato ilnome ad un nuovo quartiere, uno deidieci per il cui Consiglio si è votato l’11Marzo. Un motivo in più perché la

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La Madonnetta malridotta tra case e cantieri.

E’ in corso una pregevole iniziati-va culturale a Caldarola (MC),

ideata e curata da Vittorio Sgarbi: lamostra “Simone de Magistris: un pittorevisionario tra Lotto e El Greco”.

In parallelo lo stesso comitato orga-nizzatore ha promosso una mostra itine-rante “I luoghi di Simone De Magistris”,in una parte importante del territorio

marchigiano,interessando icomuni diA s c o l iP i c e n o ,Offida eRipatransone.Nel catalogoè riprodottol ’ a f f r e s c oposto all’e-sterno dellachiesa di S.Antonio inOffida, rea-lizzato dal-l’artista calda-

rolese nel 1589, che raffigura il Santo cuiè dedicata la chiesa.

In diversi libri, cataloghi e recensioni,si hanno notizie di una più grande pro-duzione pittorica offidana del DeMagistris che, con molta probabilità,insieme al figlio Solerzio, anch’esso pit-

tore, soggiornò a lungo ad Offida per ladecorazione ad affresco della cappelladel Santissimo Sacramento nella chiesadella confraternita della SS. Trinità inpiazza del Popolo (collocata dove oggisorge la nuova Collegiata).

Alcune di queste opere erano conser-vate all’interno della chiesa di S. Mariadella Rocca; una di queste è la Pala d’al-tare raffigurante l’esaltazione del Nomedi Gesù o i tre Regni, oggi conservatanel museo di Offida ed attualmente inprestito alla mostra di Caldarola.

Di recente, dopo un accurato restau-ro per interessamento di don LucianoCarducci, è stata attribuita al DeMagistris una porta dipinta espostaall’interno della chiesa di S. Agostino,opere interessanti anche per la storia delmerletto offidano (cfr ophis n. 12 pag. 14di Mario Vannicola).

Allo stato attuale non risultano inOffida altre opere attribuite ai pittori diCaldarola. Sarebbe utile e doveroso pro-teggerle e di seguito pubblicizzarle dipiù. E’ auspicabile, in considerazionedella particolare ubicazione, la immedia-ta esecuzione della protezione dell’affre-sco di S. Antonio con una lastra di mate-riale trasparente.

Invito i lettori di Ophys a visitare lamostra dedicata a De Magistris aCaldarola, aperta fino al 30 settembre

palazzo dei cardinali Pallotta, con orario:lunedì-venerdì 10.00-13.00/15.00-19.00,sabato e domenica 10,00-19,00.

Il Centro Studi “Guglielmo Allevi” siè occupato della pala d’altare del DeMagistris presentandoall’Amministrazione comunale una pro-posta, finora rimasta inevasa, inerente lasistemazione di due importanti opered’arte nella chiesa di S. Maria dellaRocca: la Pala lignea di Santa Lucia eappunto la pala su tela dei Tre Regnieseguita da De Magistris.

La proposta, nel dettaglio contenutaa pag. 2 di Ophys n.8, prevede la sistema-zione della Pala del De Magistris nellaoriginale cornice di travertino facenteparte dell’altare della Madonna del BuonGesù, ancora in sito nella chiesa supe-riore della predetta chiesa di S. Mariadella Rocca. Nell’articolo citato si ricor-da che “attualmente Santa Maria è la princi-pale realtà culturale, turistica e museale cittadi-na, è un atto dovuto riportarvi queste opere cheper questa chiesa furono realizzate e che, assie-me ai preziosi affreschi del Maestro di Offida,di Fra Martino Angeli di Santa Vittoria e delMaestro Ugolino di Vanne da Milano, forma-no una sequenza di notevole valore per la storiadell’arte picena tra il XIV ed il XVI secolo”.

I LUOGHI DI SIMONE DE MAGISTRIS

GIANCARLO PREMICI

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LA SALUTE DI UN MEDICO DALLE SUE POESIE

VITALE TRAVAGLINI

Il prof. VINCENZO VALORANI (5.5.1786-8.11.1852)originario di Offida, cui lasciò in beneficio parte dei suoi

beni, docente di medicina nell’ateneo di Bologna dal 1830, fucostretto a combattere quasi sempre con i sui malanni. Nonrobusto di natura, subì due gravi incidenti che gli causarono note-voli danni fisici.

Nel 1814 prese accidentalmente fuoco il pagliericcio su cuidormiva, procurandogli oltre ai sintomi d’asfissia un permanentedanno polmonare. Altra disgrazia gli accadde nel 1826: tornandoda Senigallia in calesse i cavalli imbizzarriti iniziarono a correreprecipitosamente e, per evitare danni, saltò giù dal legno. La cadu-ta gli procurò una copiosa emottisi, che compromise ancor di più,la già malferma salute.

Dotato di naturale facilità espressiva e di purezza di linguag-gio, alle profonde doti scientifiche univa una vasta cultura. Siavvicinò all’ arte poetica, scoprendo la disposizione a far versi, inmezzo alle tante e continuate infermità.

Avvertì la necessità di cercare entro se stesso un conforto,acquistare forza ed ingentilirsi nel male, tantoché scriveva: esserestate le mie Muse le malattie, mioFebo il dolore. In stile semplice, natu-rale ed efficace, i versi trovaronoinspirazione da potenza di pensiero,delicatezza di sentimento e vivacefantasia. Col titolo VERSI le poesiefurono raccolte in un volume e pub-blicate nel 1851 dalla tipografia Sassinelle Spaderie a Bologna. Si possonosuddividere in quattro categorie: reli-giose, morali, affettive o melanconi-che, esornative (dirette a personaggi).Tra esse vi sono i seguenti sonetti cheebbero concepimento e vita dai suoimalanni, quasi una personale cartellaclinica in versi.

IL MIO CORPO - Studia attentamente se stesso con verismoe chiarezza, investigando su ciò che appartiene ai segreti della suamente ed al suo mondo morale.

Natura umana a me fu si madrigna,Che quel che giova altrui nuoce a me sempre,E mi diè corpo di si strane tempreChe il ben non mai, ma il mal v’alligna.Non verno, o state, o qual più sia benigna Grata stagion che il gelo e il caldo tempre,Ottien che a poco a poco io non mi stempre,Come fanciul per maliarda arcigna.Né i placi d’ozi e il puro aere de’ campiNé quante panacee l’arte più ostenta,Ponno impetrar che il fero caso io scampi.Foco sottil di febbre lenta lentaFa che ogni dì il verme accampi,E m’atterra,e mi sface, e m’annienta.

Nei due sonetti seguenti, come uno dei sostenitori della teo-ria dei minimi, fornisce una dettagliata descrizione della sintoma-tologia clinica della tosse e dei disagi che essa provoca.

LA TOSSE (primo)Indomabile tosse esercitatoTiene il mio petto da mattina a sera,Né un’ora lascia di quiete interaAll’anelante fianco affaticato.Non è il cielo di tanti astri ingemmato,Né di tant’erbe e fior la primavera,Quanti fors’io contro quest’empia e feraHo magistrati e balsami tentato.Ma invan ch’ella più fiede:o sia ch’io giacciaProteso,o in piè rimanga,o in giro mova,O segga,o pensi,o scriva,o parli,o taccia,Continuamente il suo pugnal rinnova,Quasi accanita furia che minacciaFar dell’egro mio fral l’ultima prova.

LA TOSSE (secondo)Improba tosse che non mi dai più posaPur un istante all’affannato petto,E se prender talor più mite aspettoSembri, risorgi poi più minacciosa;Poiché nel colmo della notte ombrosa,Allor che al sonno in braccio egro mi getto,Quasi demonio od infernale a lettoMi svegli subitanea e paurosa?Perché, se aiuto il corpo di parco cibo,Mi sei così tosto alla golaChe chiudi all’esca ed al respiro il varco?Ma il mio lamento invan per l’aria vola!Segui, dilania il mio mortal incarco,E in lui l’antica tua brama consola

AI BAGNI DI ACQUA SANTA - Per riacquisire la salute erasserenare la mente ritorna fiducioso ai luoghi natii dandoceneuna visione schietta e graziosa.

O Acque che di Sante il nome avete,Forse perché ne’ i corpi infermi e frali,Più ch’altre salutifere e vitali,Oh! se per vostre qualità segrete,Vita e salute ricondur sapete;Come le membra a’gravi e lunghi mali,Così l’alme alle piaghe aspre mortaliRifrigerio trovassero e quiete;Vedriansi a torme i miserelli appassionatiTrar disiosi a quest’alma sorgenteE ripigliar lor spirti e lor sembianti.Quanta più fama a voi, quanto alla gente ristoro!Io avrei fornito i piantiE col corpo sanato anco la mente.

Vincenzo Valorani - Universitàdi Bologna, docente di Medicinateorico-pratica dal 1832, Facoltàmedico-chirurgica (1824-1859)

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PERSONIFICAZIONI DALL’ORLANDO FURIOSOMARCO MEROLINI TINELLI

Dotare di sembianza umana animali, piante, personag-gi del passato, soprattutto le cose astratte: Vizi o

Virtù che siano, e dar loro la parola, costituisce un efficaceespediente letterario, dai tempi d’Omero, Esopo e Fedro, viavia fino ai nostri giorni, nei quali il meglio si vede nei cartonianimati di Topolino e soci.

Un grosso volume sarebbe necessario, per tracciar purbreve sintesi dell’uso narrativo di questa figura retorica, defi-nita “prosopopea” in termine aulico, e più chiaramente “per-sonificazione”.

Può esser interessante dire qualcosa su quelle più notevolidi nostra letteratura: tali sono riconosciute le “personificazio-ni” che s’incontrano nel grande poema Orlando Furiosodell’Ariosto.

Poema cavalleresco, bensì pervaso dalla simpatica ironia dicolto gentiluomo del rinascimento, che fa capire di non pren-der troppo sul serio le sue fantastiche invenzioni a differenzadei precedenti autori medioevali, i quali presentavano avven-ture fantascientifiche ante litteram come fossero verità certe,quasi evangeliche.

L’autore afferma esser l’opera sua continuazionedell’Orlando innamorato, in quanto riprende il filo del narrare nelpunto in cui M. M. Boiardo l’aveva tralasciato.

Trasse inoltre sua ispirazione, liberamente, dai poeti latiniVirgilio, Ovidio, dal nostro Dante. Ma non scopiazzò ne fecepedisseque imitazioni, poiché è virtù del genio, dono forsedelle Muse Gentili, riprender temi conosciuti e assimilarli alpunto che sono ricreati ex novo.

“Personificazioni” bellissime s’ammirano nel XIV canto,quando l’Arcangelo Michele vien mandato d’urgenza a reclu-tare il Silenzio e la Discordia (ovviamente personificati), perdar manforte a Carlo Magno assediato in Parigi dai Saraceni.

L’ingenuo messaggero va difilato in convento di “monacirinchiusi” (di clausura), convinto di trovare, con il Silenzio, laPace, la Quiete, la Carità; v’incontra invece una bella compa-gnia: Gola, Superbia, Avarizia, Invidia, ecc.; per fortuna c’èpure la Discordia, che credeva di dover cercare all’Inferno ogiù di li.

E’ malvestita di pezze multicolori, peggio d’Arlecchino edha gran seguito di notai, procuratori, avvocati, suoi validi allea-ti.

Trasmesso l’ordine di seminar zizzania nel campo nemicocon le sue male arti, le chiede poi dove possa trovare ilSilenzio. Pur non sapendolo, cortesemente informa: “ma laFraude è qui di nostra gente… penso che dir te ne saprànovella”. Indica la Fraude (la Frode) che viene efficacementedescritta come donna di piacevol viso e parlar gentile, ma concorpo schifoso e deforme, nascosto da ampia veste sotto laquale: “Attasciato avea sempre il coltello”. All’ Angelo cosìignaro degli affari del mondo, Fraude, condiscendente diceche dopo i tempi degli antichi monasteri, il Silenzio privo divirtuosa guida “fece alle sceleraggini tragitto”. Adesso è com-plice di quelli cui è più necessario: peccaminosi amanti, ladri,

falsari, assassini e cosìvia. E lo indirizza alla“Casa del Sonno”, doveabitualmente va a mezzanotte in punto. Informazione esatta;Michele parte a tutto gas e arriva in tempo. La mirabile descri-zione della Casa del Sonno e dei suoi illustri ospiti ha iniziocon questi versi:

Giace in Arabia una valletta amena,Lontana da citta e da villaggi,Che all’ombra di duo monti è tutta piena,D’antiqui abeti e di robusti faggi.Continua parlando della grotta oscura circondata

dall’“edera segnace”, dove il padron di casa “il grave Sonnogiace” al centro, russando forte; da una parte sta piazzatol’Ozio corpulento e grasso, dall’altra siede in terra, semiparali-tica, la Pigrizia che non si regge in piedi. “Lo smemoratoOblìo sta sulla porta”, non ascolta, non riferisce e caccia via ipassanti.

Infine ecco il Silenzio; va in giro come “scolta”, indossan-do grigio mantello e scarpe di feltro, a tutti fa cenno di starezitti. L’Arcangelo, lieto d’averlo infine incontrato, è un po’intimidito dal solenne e tacito aspetto; gli si accosta discreto e,sottovoce, comunica l’ordine del Padreterno.

Senza aprir bocca (sarebbe cosa contraria al suo stile) ilSilenzio fa cenno d’assenzo; allora entrambi partono, a mò dirazzi verso la loro destinazione. Così si chiude l’episodio cheabbiam preso in esame.

Par di vedere l’arguto Ariosto, col sorriso lievemente ironi-co,quando leggeva le sonanti ottave a Dame e Cavalieri dellacorte Estense, in ammirato ascolto.

Con un eccezione incredibile: il cardinale Ippolito d’Este,benché il poema fosse a lui dedicato, se ne uscì a dire: “madove le avete trovate, messer Ludovico, codeste corbellerie?”Razza d’ingrato!…; ma bisogna capirlo: ammiratore delmachiavellismo, uomo d’armi e d’azione (quei cardinali lo eransovente), teneva in pregio la ferrea consequenzialità della logi-ca, che sempre trovasi in acre contrasto con la libera licenzapoetica.

Ancora oggi l’Orlando Furioso, malgrado la prolissità, attiral’attenzione ed induce alla lettura le persone colte. Non piùledame, come ai suoi tempi, per l’evidente ragione che unaveloce scossa antologica, chiederebbe loro la rinunzia a qual-che puntata dell’eterno “Beautiful” o di altri simili capolavoritelevisivi, quale “il grande fratello” ecc., cosa impensabile!

La rinnovata lettura delle Personificazioni ariostesche,avendo sul leggìo un’edizione con le stupende incisioni diGustave Doré, mi da nuovo, quasi giovanile, vigore d’intellet-to, forse per la corrispondenza ideale-artistica fra il grandepoeta del ‘500 e l’egregio illustratore di tre secoli dopo.

Qual vetusto amatore di buone lettere, mi sento in doveredi concluder così:Grazie infinite Messer Ludovico, mercibeaucoup Monsieur Gustave dell’ineffabile diletto che donatetuttora ad un “tri stanzuolo” del XX secolo, “et ultra”.

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E’ bene chiarire nella circostanza in cui si svolgevano leoperazioni militari in Africa Orientale nel mese di

novembre 1935, quando la Società delle Nazioni Unite in oppo-sizione al conflitto Italo – Etiopico, impose le sanzioni eco-nomiche contro l’Italia. Solo la Germania non aderì alle sanzioni,anzi ci venne in aiuto concedendoci 4 navi per il trasporto delletruppe. Queste navi erano: Lombardia, Toscana, Saredgna ePiemonte. Ho rilevato questo particolare, perché io ero imbarca-to nella nave Lombardia e tra le strutture della nave rimesse anuovo per la circostanza, notai lo stemma della croce uncinatasimbolo Tedesco.

Tutta l’Italia e la propaganda fascista, si scagliò in specialmodo contro l’Inghilterra e gli Stati Uniti d’America le principaliartefici esponenti di tutte le Nazioni. invece, per la verità non cifurono sabotaggi e ostacoli contro il nostro operare e nel conflit-to contro l’Etiopia, anzi agevolarono la nostra occupazione (laconquesta dell’Impero). invece, gli Inglesi potevano impedire ilpassaggio delle navi nel canale di Suez che trasportavano truppeper occupare l’Etiopia.

Per il passaggio difficoltoso nel canale di Suez ci concesse ilpilotaggio delle navi di un esperto pilota, così il tragitto avvennesenza alcuna difficoltà, salvo alcune dimostrazioni di alcuni grup-pi di Arabi nella sponda Egiziana che ci gridavano in toni minac-ciosi frasi offensive all’indirizzo di Mussolini con parole incom-prensibili: Musolone AIA AIA AIA AAAA criticando l’eia eiaalala che si gridava in Italia, facendo boccacce e gesti sconcidicendo: Abescià vi tagliamo i genitali.

Quando in Italia si cantavano canzoni che inneggiavano con-tro l’Inghilterra e lo scrittore giornalista Mario Appellius rivolge-va frasi ingiuriose come: (Dio stramaledica gli Inglesi) la perfidaAlbione. Le canzoni dell’epoca erano. Sanzionami questo, amicarapace, lo so che ti piace, ma non te lo dò, Eppure la regina hadato la sua fede, quella che il re le chiede. L’altare della Patriaaccoglierà, l’affetto che ogni sposa porterà ecc.

Tutto questo dimostra che nei riguardi dell’Inghilterra non cifurono ostacoli di sorta, e l’estraneità di ogni azione bellica.

Per quanto riguarda il contegno degli Stati Uniti d’America,basta citare un episodio accaduto durante la guerra control’Etiopia in cui posso dichiarare aperta-mente perché ero presente. Nel mese didicembre 1935, in seguito ad uno scon-tro nei pressi di Debenguinà con letruppe del Ras Immirù, con le forzeItaliane composta dalla DivisioneGavinana e le bande di indigeni reclutatein Eritrea, non riuscirono a continuaregli assalti Abissini in forze preponderan-ti, da costringere gli Italiani a chiedererinforzi alla Divisione Gran Sasso, doveappartenevo io. Giunti sul posto, la riti-rata era in pieno svolgimento, così anchenoi dovevamo ripiegarci verso Axsum.Fortunatamente accorsero per facilitareil nostro ritiro gli autocarri da trasportotruppe, proprio Americani, gliStudebaffer di fabbricazione statu-nitense, che in piena notte ci ripor-

tarono verso Axsum, per un percorso di circa 100 Km.La ritirata non fu certo agevole per l’oscurità, le strade imper-

vie e improvvisate. Noi militari eravamo sobbalzati continua-mente per tutta la notte lungo il percorso, che soltanto la periziadegli autisti e l’aiuto Divino, si riuscì a raggiungere la zona diAxsum, dove sostammo per trincerarci.

Le conseguenze della precipitosa ritirata, furono la dis-truzione di tutte le salmerie, dei carriaggi, della sussistenza con ladistruzione incendiando tutto il materiale, per evitare che gliEtiopici potessero impossessarsi e servirsene contro di noi.

Ricordo che il giorno del S. Natale 1935 in conseguenza delledistruzioni nella ritirata, i viveri scarseggiavano, come rancio cifurono dati per razione unica, una galletta a testa e una scatolettadi carne congelata da dividere in due persone.

Nel contempo in Italia, in risposta delle sanzioni, si istitui (peraltro non necessaria) l’autarchia, che in sostanza fu una buffona-ta a danno della popolazione civile, la raccolta delle fedi nunziali,di tutti gli utensili di rame delle cucine, la requisizione di qualsiasioggetto di ferro da rottamare. Tutto ciò non ebbe un effetto pos-itivo, anzi, destò un generale malumore e critiche, perché si arivòperfino a togliere l’elastico delle scatole dei fiammiferi (cerini).

Lasosta di Axsum si protrasse per un paio di mesi per atten-dere la sostituzione del comandante dell’Esercito Gen.le DeBono col Gen.le Badoglio e l’arrivo di nuove truppe per sferrarel’attacco finale vittorioso.

Sarebbe stato nostro dovere esprimere tanta gratitudine agliStati Uniti d’America per averci salvato da una catastrofe, invecedi odiarli per le sanzioni economiche non applicate! Il loro inter-vento ha evitato sicuramente uno scontro catastrofico come quel-lo della battaglia di Adua del 1896.

Questi particolari sono stati ignorati dalla popolazioneItaliana per dare credito alla propaganda del Governo fascista. Larealtà era tuttaltro diversa da quella che ci dava ad intendere. Lesubdole manovre, gli inganni hanno illuso gli Italiani che crede-vano ciecamente sopportando gli avvenimenti che non hannoprocurato altro che dannose conseguenze.

Il Maresciallo Fausto Mestichelli (il primo a sinistra) – Medaglia d’Argento al Valor Militare, recentemente scomparso

UN VETERANO RACCONTA- LA VERTIÀ SULLE SANZIONI ECONOMICHE CONTRO L’ITALIA NEL 1935Riportiamo la testimonianza di ALFREDO PRETELLI che ha partecipato a tutte le operazioni militari nel conflitto Italo – Etiopico 1935–36 in

qualità di sergente dell’Esercito, in forza al 225° Regg.to Fanteria Divisione Gran Sasso, comandata dal duca di Bergamo, Adalberto di Savoia.

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LA MIA GUERRA

ISA TASSI

Come avvolto da una nebbia, il mio primo ricordo diguerra avanza: ero all’asilo, mi vennero a prendere

perché mio zio era ritornato in licenza. Era l’inizio dell’estate,nell’atrio della casa dei miei bisnonni si faceva pranzo, il rega-lo della borsetta, di paglia bleu con manici color crema, pienadi caramelle, l’abbraccio dello zio.

All’altra mia cugina una bamboletta di panno lenci; il miodispiacere per la differenza, poi la spiegazione di mia madre.

Nella mia memoria: andavo ad Ascoli Piceno per una visi-ta di controllo dal pediatra Dott. Amici che mi aveva fattosuperare una pericolosa enterocolite. La colazione nel caffè dipiazza Arringo e mia madre, che aveva portato la ciambella daOffida, “mettici questa nel latte, te lo farà addolcire”; non sitrovava lo zucchero nei locali pubblici.

Al confino in Offida si trovava un medico polacco ebreo;viveva come pensionato nell’albergo in centro. La sua stanzaera diventata anche ambulatorio per cui non si andava più inAscoli perché era pericoloso.

Poi la novità: arriva la moglie tedesca con i due figli. Ilprimo si chiamava Piero, aveva partecipato con una piccolaparte nel film “Bengasi”. Diventammo amici perché venivaanche lui all’asilo.

Era la mattina dell’8 settembre quando le campane inco-minciarono a suonare; “è finita la guerra” si gridava. Io mera-vigliata guardavo la gente ed in particolare la moglie de “luCiarre” che, in ginocchio, dalla sua casa andava verso la chie-sa Collegiata perché i figli sarebbero presto ritornati!

Invece iniziava il periodo più brutto della guerra.La sede del fascio veniva assalita; dalla finestra volavano

ritratti e mobilio. Una signorina impiegata venne circondata ecostretta a consegnare il materiale.

“L’appuntato ha calpestato la bandiera”, questo gesto veni-va commentato per lungo tempo.

Mamma mi venne a riprendere presso la casa della maestraVolpi. Tornando a casa, fuori dalle mura, camminavano dueuomini alti e biondi, a dorso nudo ed arrossati dal sole.Fuggivano dal campo di concentramento di Servigliano, echiedevano indicazioni.

Con i bambini si giocava liberamente, senza alcun perico-lo.

Durante una mia passeggiata vidi un somarello, guidato daun contadino, con due grosse ceste che pendevano ai fianchi.In esse, solo dopo, seppi che erano nascosti i due figli delmedico polacco che, da qualche giorno, non incontravo piùnelle sue passeggiate e mi sorrideva ed accarezzava.

Un pomeriggio, ero andata a trovare la mia bisnonna chemi diede l’incarico di acquistare presso un negozio vicino della

conserva: io ero felicissima perché ammiravo l’impasto rossosulla carta oleata che mi spingeva ad intingere il mio ditino perassaggiarne un po’. Mentre giravo l’angolo, davanti alla canti-na di “llemenate” c’era ferma un’auto. Guardai incuriositadentro e vidi nel sedile posteriore il medico polacco. Era tri-stissimo, mi guardò senza sorridere ed io rimasi immobile conle braccia dietro la schiena.

Poi il vocio delle persone, il fare altezzoso degli uomini chesalirono in macchina mi fecero capire tante cose.

I repubblichini di Ascoli lo avevano scoperto ed arrestato:lo uccisero dopo pochi giorni. Ricordo ancora lo sguardo diquell’uomo braccato e preso.

Nell’inverno 1943/44 si ebbe una forte nevicata. Miopadre per non farmi avere freddo e far vedere che bisognavaessere forti, prendeva la neve dal balcone e la metteva nel cati-no dove si lavava. Il Natale veramente di guerra fu quello.Mamma acquistò un tacchino insieme ad una parente, conalcune uova divise poi equamente. Il giorno di Capodannoavemmo come ospite un amico di mio zio; mamma rimediòun pranzo come ai bei tempi con agnellotti ed olive fritte. Miopadre l’accompagnò poi, in mezzo alla neve, fin sotto adOffida perché potesse tornare in Ascoli ove era di servizio.

Mio padre, dopo l’8 settembre, era ritornato da Trani,dov’era militare, quasi sempre a piedi. Si poteva riposare soloquando riusciva a salire su qualche treno di passaggio.

Mamma vide dal balcone di casa due uomini che risalivanoverso Offida: lo riconobbe immediatamente.

Spesso si vedevano passare i camion bianchi del Vaticanoche venivano a prendere il grano per portarlo a Roma e sfa-mare la città divenuta successivamente “città aperta”.

Si vedevano aeroplani mitragliare il tram, i carri armati, chepassavano in mezzo al paese, provocavano un rumore di fer-raglie.

Andavo a prendere il latte presso la signora Trasatti cheaveva una capra. Nella stalla si trovava anche un cavallo che fupoi portato via dai tedeschi in ritirata.

I soldati tedeschi del genio passarono una giornata nellanostra grande casa; tutti gli inquilini parteciparono per orga-nizzare una buona cena per loro per paura. Ma essi erano gen-tili, volevano ritornare presto nella loro patria per ritrovarefigli e mogli, così dicevano.

Un soldato delle SS, con mitraglia e bombe a mano feceirruzione in casa ma venne subito allontanato dal sergente chemi stava dando caramelle perché gli ricordavo la figlia lasciatain Germania.

Poi l’ultima notte di paura; c’eravamo radunati nell’ampioandrone della casa: i piccoli distesi sul materasso con un gros-

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so ombrello aperto sulle loro teste per paura dei calcinacci chesarebbero caduti quando le mine accese avrebbero fatto salta-re i ponti e lo spuntone di roccia arenaria con sopra la bellachiesa romanica di S. Maria della Rocca.

Avvenne il miracolo: le mine poste otto la chiesa non siaccesero e nulla di quanto previsto accadde.

Il paese era silenzioso, qualche raro passante per la strada,all’improvviso delle grida: “Arrivano gli Alleati!”.

La voce si sparse dappertutto, uscimmo tutti dalle case perandare a vedere i carri armati dei polacchi che arrivavano: una

grande festa. Seduti sui carri cingolati, sulle camionette edautoblinde gli ebrei, che erano stati al confino in Offida, cisalutavano e mandavano baci.

La fortuna era stata dalla loro parte: si erano ben nascostie non erano riusciti a prenderli.

In mezzo a tanto trambusto e grida di gioia si sentivanodelle voci: “Guarda la signorina Caterina com’è felice!”, “C’ètutta la famiglia di...” mentre i piccoli cercavano di raccoglierele caramelle che cadevano da tutte le parti.

LA GALLINA DI SAN FILIPPO

PADRE ILARINO CAROSI

La legge della par conditio e la parola data nell’ultimonumero, care e cari lettori di Ophys, mi obbliga a par-

lare anche della gallina, dopo avervi presentati i bizzosi cap-poni di Renzo.

Vi voglio parlare della gallina di San Filippo Neri, quel san-t’uomo di Roma che diceva ai suoi mocciosi bambini romani“state bboni se potete” !

Vuoi vedere che anche i santi, qualche volta, hanno losfizio di una gallinella cotta con l’acqua? No, non è questo, masentite la storiella.

Tornando verso l’Ambro, un giorno, noto che il letto delfiume è asciutto. Perbacco, cosa sarà mai successo? Ho pen-sato subito a Benigni, presidente dell’Ascoli che da questeparti ha una centrale idroelettrica e si sarà trovato nella neces-sità di chiudere il fiume.

Andando più avanti noto un enorme sbarramento d’acquacausato a una quantità esagerata di... piume di galline, cheimpedivano all’acqua di scendere a valle.

Ho immaginato l’Hotel Ambro preso d’assalto da affamatiavventori, tanti da dover “sequestrare e spennare” tutte legalline della zona. Ma arrivato all’Albergo nemmeno una per-sona. Cosa diavolo sarà successo con tutte queste galline?

Mi ritorna in mente un simpatico episodio della vita di SanFilippo Neri.

Andava da lui a confessarsi una brava donna, ma unpo’pettegola e spettegola. Peccati grossi non ne aveva, macuciva e tagliava i vestiti addosso con il “venticello della calun-nia”.

San Filippo, una, due, tre volte ascolta con pazienza e poisbotta: “senti signora, me lo faresti un piacere?”

- “Come no, padre Filippo, tu così buono con me”- “Me la porteresti una gallinella? M’è venuta ‘sta voglia”- “Ci mancherebbe, padre Filippo; gliela porterò bella panciuta”- “Grazie, signora; però portatemela spennata; sai ho da fare io...

Lungo la strada la devi spennare”- “Va bene, padre Filippo, magari così la gente penserà che a padre

Filippo è venuta ‘sta tentazione”Viene il dì della confessione e questa donna soddisfatta da

non credere porta la gallinella nel “capezzale” e la da a padreFilippo.

- “Sta a sentire, buona donna; la penitenza non è ancora finita: oratornando a casa, raccogli tutte le piume della gallina”

- “Ma padre Filippo, con quel vento di ‘sta mattina, come faccio?”- “Vedi, cara signora, le tue parole di mormorazione e di calunnia

sono come le piume della gallina; una volta uscite di bocca, non siritrovano più: corrono e fanno tanto male; come farai a recuperare il buonnome offeso?”

La lezione è fatta! Le parole sono come le piume chevolano e vanno lontano.

Direbbe il Metastasio:Voce dal sen fuggita, poi richiamar non valeNon si trattien lo strale, quando dall’arco uscì.Una volta uscita dalle labbra, la parola cattiva si spegne

foneticamente ma inizia allora a vivere creando danni talorairreparabili.

Mi domando: forse oggi al Santuario ci sono state tantepersone che hanno mormorato, e i frati hanno dato la pen-itenza di San Filippo! A mezzogiorno, finalmente, mi potròsgranocchiare la mia gallinella.

La calunnia viene sempre dai sospetti.E’ stato scritto che “il sospetto è il compagno delle anime

meschine”. Ti fa stringere la mano all’altro ma sempre con lariserva di tener pronta nell’altra mano un’arma.

La vita moderna ci abitua alla diffidenza che è la via maes-tra della mormorazione e della calunnia.

Non sarà allora meglio allargare il cuore e rischiare magarie investire qualcosa di più nella generosità?

Altrimenti attenti ai frati affamati di galline!...

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In tutte le sue opere è insita una forma creatrice che si propaga di generazione in generazione senza mai esaurirsi; riven-dica gli inediti slanci espressivi; sfocia nell’immagine del musicista “puro”, suggerita dall’oggettivismo operante in altri

settori della cultura per cui la “sua” musica si risolve nella sua oggettività fonica, indi l’omaggio all’inimitabile complessa per-sonalità di Wolfang Amadeus Mozart: “Genio e Sregolatezza”, per partecipare al Concorso della XII Biennale Internazionaledel Merletto di Sansepolcro 2006, con l’opera a fuselli il cui titolo è: “Il confine è sottile!”.

L’uomo vola fin dove sa osare la sua fantasia: dunque è delirio o smisurata passione?L’opera è stata progettata così:“Sirena” contornata da vari “tocchi” che rappresentano alcune opere di Mozart e soprattutto simboleggiano i compensi ete-

rogenei, che almeno fin dalla tenera età, riceveva per le sue composizioni: in gioielli di varia fattezza, tabacchiere con smalti epietre preziose, ecc.; da qui ecco la scelta dei filati oro e argento.

La vicenda dell’arte mozartiana suscitò un continuo interesse determinando atteggiamenti contrastanti che finirono col ren-dere viva e pregnante la previsione di Goethe, il quale riconobbe a Mozart la qualifica di “Genio”.

L’opera è un lavoro di merletto a tombolo offidano, eseguita da Rita Cocci, ed è realizzata con il posizionamento dei lavo-ri a fuselli, tra due vetri, così da rendere l’opera visibile in tutte le sue trasparenze.

L’assemblaggio artistico-pittorico è stato realizzato da Paola Barbelli con l’esecuzione in tecniche pittoriche e tridimensio-nali di parziali riproduzioni musicali e tratti artistici in linea con il contesto sopracitato.

Le trine sono state eseguite a “merletto a fuselli” a tombolo offidano in chiave innovativa sia per i filati usati (filo oro eargento lamellare) sia per il fatto di aver usato disegni di vecchio stampo, a cui si apportano modifiche o vere e proprie inven-zioni-accorgimenti nell’iter dell’avanzamento del manufatto.

Queste “invenzioni-accorgimenti” sono maturate e hanno un ben preciso riscontro in un attento vaglio dei pro e contro suvecchi pezzi “logori” dall’uso. Si dice ancor di più, tutto ciò nasce anche perché si è un’irriducibile sostenitrice del fatto che: “imerletti vanno usati e goduti nella loro totale bellezza e funzionalità.

I punti ricorrenti sono: punto tela, mezzo punto, foglioline piene, pippiolino, treccine, moschette, ecc.Si fa presente, al fine, che non c’è “buchino” di spillo, internamente, non è stato usato (cioè non ripreso con l’uncinetto),

quindi non c’è “buchino aperto”, di conseguenza quando il merlet-to è terminato rimangono solamente gli spilli esterni da togliere.

Si fa inoltre presente che questo esperimento opportuno e sotti-le, può avvenire solo su un manufatto di lavorazione in stile “rina-scimento”.

La Merlettaia – Rita Cocci

Breve descrizione pittorica-artistica: “Genio eSregolatezza”…sregolatezza nella forma dei pizzi, sregolatezza neipentagrammi, realizzati con i reali fili della lavorazione, solo i “toc-chi” a fuselli che rappresentano alcune opere del grande Mozartsono perfetti!

Si è voluto giocare con la “sregolatezza” usando la tecnica deldisegno “a mano libera” su sottofondo musicale della Sua “Serenatan° 13, in sol maggiore k525 – Eine kleine nachtmusik”.

La musica è originale, così come si è cercato di fare nell’auto-grafo. Un omaggio al grande Wolfango così come era chiamato inItalia, dalle cose che lui amò di più: la musica e…le donne!

Da notare che i pentagrammi vicino alla nostra donna, la sirena,sono un po’ come dire… più sregolari!... E la farfalla, volutamenteposta al di fuori dell’opera, sta a dimostrare che Mozart e le sueopere sono sempre vive ed attuali!

Designer – Paola Barbelli

L’opera presentata alla biennale.Un plauso particolare all’artista Patrizio Moscardelli per la sua sceltae creatività nel trovare il modo in cui devono essere posti i lavori inmerletto a tombolo.

GENIO E SREGOLATEZZA

PRESENTIAMO L’OPERA CON CUI RITA COCCI E PAOLA BARBELLI HANNO PARTECIPATO

ALLA XII BIENNALE INTERNAZIONALE DEL MERLETTO DI SANSEPOLCRO

TEMA DELL’ EDIZIONE DEDICATA A MOZART: “GIOIA E LIBERTÀ DI ISPIRAZIONE”.

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Alessandra Premici, come nel 2006, si èclassificata al 2° posto nel “Premio di

Poesia Cento Torri”, con il breve componimento“Mi perdo”.

Il concorso, promosso dall’omonima corale, èaperto a tutti gli studenti delle Scuole MedieInferiori e Superiori della Provincia di AscoliPiceno. Sabato 5 maggio alle ore 17,30 presso laPinacoteca Comunale si è svolta la cerimonia dipremiazione del concorso.

MI PERDO

di Alessandra Premici

Mi perdoguardando il cielo di notte.Faccio fatica a respirareL’impotenza mi invadeIo... il nulla.Fisso quel puntino,quello meno luminoso.Anch’io in questo immensoci sono.

Per l’anno scolastico 2006-2007, l’Istituto Comprensivo di Offida, è risultato vincitore del concorso “Cecco d’Ascoli e lasua opera” indetto dall’Istituto Superiore di Studi Medievali “Cecco d’Ascoli” in collaborazione con l’Amministrazione

provinciale, comunale e la Delegazione FAI di Ascoli Piceno.Gli alunni delle classi 4^ e 5^ elementare a tempo normale, sapientemente guidati dalle insegnanti Valeria Valentini e Nella

Cozzolino, hanno realizzato e presentato un lavoro grafico–pittorico sulla figura di Cecco, che la qualificata commissione giu-dicatrice ha ritenuto degno del primo premio, pur se ex aequo con la Scuola Elementare di SS Filippo e Giacomo di AscoliPiceno.

Al premio di 250 Euro e una targa, si aggiunge la grande soddisfazione degli alunni e di tutto il personale della scuola perl’obiettivo raggiunto. Inoltre, la classe 5^ degli insegnanti Giovanni Basso e Nella Cozzolino ha ricevuto anche un attestato peraver vinto il concorso nazionale del FAI; il titolo “A spasso per Offida”. La cerimonia di premiazione si è tenuta pressol’Auditorium della Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno nel corso della 18^ edizione del Premio Internazionale Ascoli Piceno“Festa e politica e politica della festa nel Medio Evo”.

PREMIO DI POESIA “CENTO TORRI” CONCORSO IN LINGUA

FRANCESE

NICOLA SAVINI

Apochi giorni dalla conclusione dell’anno scolastico, ancora soddi-sfazioni per l’Istituto Scolastico Comprensivo di Offida in relazio-

ne al Concours pour les gosses 2007, concorso in lingua francese per glialunni della scuola secondaria di 1° grado organizzato dall’AssociazioneAlliance Française di Ascoli Piceno sul tema 2007 Année du dialogue inter-culturel.

Bellissimi i lavori presentati dagli alunni offidani preparati dalla profes-soressa Lucia Rosa con la collaborazione della collega Maria Allegretti. Lagiuria, unanimamente, ha premiato Pietro Carloni, Gabriele Ficcadenti eLorenzo Spaccasassi della classe 1^ B; Anna Laura Garbetti, RiccardoMenzietti, Alessandra Chiappini, Andrea Sabatini, Daniele Aureli, MarcoVesperini e Marino Capannelli della classe 3^B distintisi per aver presenta-to un lavoro originale e ben realizzato.

La premiazione è avvenuta nell’Auditorium della scuola elementare diMonticelli alla presenza di numerose autorità. Alla premiazione è seguitolo spettacolo “Rendez-vous con il francese” in cui i ragazzi di Offida sisono esibiti in fantastiche performances che hanno riscosso notevoli con-sensi degli spettatori.

Alla manifestazione erano presenti anche gli alunni francesi della ClasseEuropea della scuola elementare di Massy, città gemellata con AscoliPiceno. Calorose espressioni di elogio, per il bellissimo risultato, sono per-venute dal dirigente scolastico Franco Vagnarelli.

CONCORSO “CECCO D’ASCOLI E LA SUA OPERA”NICOLA SAVINI

Alunni e insegnantidell’Istituto Comprensivodi Offida, vincitori del concorso “Cecco D’Ascoli e la suaopera”, indetto dall’Istituto Superiore di Studi Medievali

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OFFIDA VOLLEY - Nemmeno la pioggia è riuscita a fermare le rossoazzurre di NivesDe Angelis. Una lunga ed indimenticabile serata iniziata alle 17 al Palasport G. Vannicola diOffida, teatro dell’ultima gara 10 play off per l’accesso alla Prima Divisione, terminata in rivaal mare fino alle 3 del mattino

all’Amerigo” ! L’Offida non si accontenta della matematica pro-mozione, vuole il secondo posto e vuole chiudere in bellezza.

Contro Ripatransone è gara vera, il derby che scatena il pub-blico locale, anche se gli ospiti non mollano fino alla fine. Unprimo set dove l’Offida parte male come sempre, indecisa, fredda,non riesce a capitalizzare. Ma quando inizia ad arrivare il pubbli-co più caloroso, con le sostenitrici Under 13 e 14, il calore si fasentire e la squadra reagisce. Vince il primo set non senza batti-cuore. Nel secondo set è un’Offida molto aggressiva, notevoleprestazione di Marinela Lungu, con Saba Filiaci che serve alzateperfette, mentre Melissa Premici ed Elisa Amadio fanno puntipesanti per staccare le avversarie. La Leoripanus cerca di ripren-dersi, puntando sugli attacchi opposti, ma la ricezione offidanacon Veronica Cartagine ed Elisa Amadio riescono a riprendere lesventole delle ospiti. Decisivi sono i muri di Romina Gandelli,che tagliano le gambe alle ripane. Capitan Sonia Maroni tiene bene le redini della squadra. Poi subentra anche AlessandraTravaglini, alla quale va il complimento della squadra per aver saputo sempre sostenere il gruppo, con l’umiltà ed il sorriso chela contraddistingono. Alla fine è festa grande, meritata e riconosciuta anche dagli avversari.

A.S.D. KARATE OFFIDANon finisce di stupire il karate Offida. I giovani atleti offidani del Maestro Graziano Ciotti hanno fatto incetta di medaglie

al Trofeo Dolomiti svoltosi a Sappada (Belluno). Su 420 partecipanti i karateki di Offida hanno conquistato 9 medaglie d’oro,tre d’argento e una di bronzo. Medaglie d’oro per Gianluca Senzacqua, Anthony D’Angelo, Renata Carboni (per la prima voltain gara), Eros Latini, Matteo Feliziani, Matteo Apuzzo, Chantal D’Angelo e Melissa Tamburrini che, oltre alla medaglia d’oroper la sua categoria esordienti kumite 50 chilogrammi, è stata anche molto brava nella categoria superiore.

Medaglie d’argento: Sara Spinelli, Mirko Feliziani, Samantha Ascani. Medaglia di bronzo per Matteo Spinelli.Oltre a partecipare al trofeo è stato anche motivo per trascorrere bellissime giornate tra gli incantevoli monti delle Dolomiti.Al seguito dei nostri atleti sono venuti anche amici e genitori dimostrando così come lo sport sia anche momento di festa

e di socializzazione. Una bella soddisfazione quindi per un sodalizio che ormai da diverso tempo raccoglie successi nellenumeose manifestazioni a cui partecipa con sempre rinnovato entusiasmo di atleti e tecnici.

(Fonte Corriere Adriatico: Nicola Savini)

CIRCOLO TENNIS - Dopo lasosta invernale finalmente si può ridareinizio alla stagione tennistica 2007. Siricorda che chi volesse usufruire delleagevolazioni sulle quote campo e voles-se partecipare ai vari tornei che il circo-

lo organizzerà, può tesserarsi rivolgen-dosi al presidente Domenico Gandelli333/3324000.

Intanto il circolo ha organizzatoanche il consueto corso estivo per ragaz-zi dai 6 ai 14 anni, con l’aiuto del mae-stro Mariano Marcucci.

Per essere sempre aggiornati sulleattività e sulle variazioni che si possonoverificare è possibile consultare labacheca del campo oppure direttamenteDomenico Gandelli o Mauro D’Angelo.

PROGRAMMA STAGIONE 2007APRILEDoppio giallo (solo per soci)Torneo a squadre Vallata del TrontoMAGGIOCampionato a squadre serie D2GIUGNO1° Torneo singolo socialeLUGLIOTorneo doppio socialeSETTEMBRE2° Torneo singolo socialeOTTOBRE - Masters di fine stagione

CLUB SCACCHI OFFIDA - In occasione della “ Festa dello Sport 2007” l’Associazione SportivaDilettantistica s.f.l. “Club Scacchi Offida”, con il patrocinio del Comune di Offida, ha organizzatoDomenica 6 Maggio 2007, un Torneo di Scacchi - Gioco Semilampo 10’, svoltosi presso l'EnotecaRegionale VINEA. La manifestazione ha previsto lo svolgersi di due tornei: uno Open, aperto a tutti euno U. 16. Le gare si sono svolte in 8 turni di gioco con sistema Svizzero; tempo di riflessione 10 minutia testa per finire.

Le ragazze dell’Offida Volley con il coach Nives De Angelis

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Chi non si è trovato mai nella dif-ficile condizione di dover sce-

gliere tra un vino “normale” ed uno“biologico”; alla luce di una inefficienteinformazione sul perché della parola“biologico” e del suo vero significato,cercherò di fare un po’ di chiarezza.

Disciplina delle coltivazioni b i o l o g i c h e

La norma fondamentale che disciplina ilsettore è il Reg. CEE 209/91 “relativoal metodo di produzione biologico diprodotti agricoli e alla indicazione ditale metodo sui prodotti agricoli esulle derrate alimentari”.

Tale regolamento è stato completatoa più riprese, in particolare nel 1999,quando il Consiglio europeo ha emana-to il Reg. CEE 1804/99 in materia diproduzioni zootecniche biologiche.Il Reg. CEE 209/91 definisce il metododi produzione agricola per prodottivegetali ed animali, e si estende anchealle fasi successive di trasformazione,etichettatura, confezionamento, stoccag-gio, importazione da paesi terzi, nonchédefinisce le procedure di controllo e dicertificazione.

In Italia la certificazione e i controllivengono effettuati da Organismi privatiriconosciuti ed autorizzati dal Ministerodelle Risorse Agricole.

Attualmente gli enti di certificazionee controllo sono una quindicina. Ogniorganismo ha un proprio codice di iden-tificazione che deve essere riportato sul-l’etichetta del prodotto controllato.

Per dare maggiore visibilità e facilita-re così l’identificazione dei prodottiottenuti con metodo di produzione bio-logico, l’Unione europea ha adottato unlogo valido per tutti i Paesi dellaComunità. L’uso del logo implica che iprodotti sono assoggettati ad un regimedi controllo, attuato sotto la responsabi-lità degli Stati membri, in ogni fase dellacommercializzazione, e garantisce ilrispetto dell’autenticità dei prodotti e deldisciplinare relativo al metodo di produ-zione biologico.

Anche nel settore vitivinicolo la cre-scita dell’interesse per il metodo biologi-

co e per i prodotti da esso ottenuti hafatto aumentare le superfici coinvoltefino a raggiungere circa 70.000 ettari alivello europeo (anno 2002), dei quali44.000 circa in Italia. Lo scorso annoperò la leggera e fisiologica flessione cheha influenzato il biologico italiano havisto ridurre anche le superfici vitate,portandole a 37.000 ettari ca.

Le variazioni che comportano questeriduzioni di superfici ci portano a crede-re che la viticoltura biologica non sia piùun settore in espansione e che stiasegnando il passo; è questo un attualeargomento di frequente quando sterilediscussione. Quello che i dati permetto-no di dire è che verosimilmente sonouscite dal sistema di controllo quelleaziende che avevano puntato più suicontributi che sulla messa a punto disistemi aziendali che portassero a pro-dotti per il mercato del biologico.Questo tanto più per quelle aziende checonferiscono a cantine sociali o vendo-no l’uva, entrate nel sistema di controllobiologico negli anni scorsi grazie ai con-tributi del Reg. CE 2078 prima e delPiano di Sviluppo Rurale poi, senza peròvalorizzare le proprie produzioni checontinuavano ad essere vinificate assie-me a quelle convenzionali. La fine delregime di aiuti ha quindi indotto taliaziende a recedere dall’impegno vistoche non comportava più alcun benefi-cio.

Diversa invece la situazione di chioltre a produrre uva “da agricoltura bio-logica” ha puntato da subito a ottenereanche il vino biologico (pur con l’incer-tezza normativa di cui parleremo inseguito). Molte di queste aziende si tro-vano ora in condizioni di mercato inte-ressanti (soprattutto estero), benché siaopportuno sottolineare come un vinobiologico per avere successo non possaesimersi dall’essere un buon vino.Questo infatti è stato per anni il “malin-teso” in cui sono inciampati alcuni pro-duttori che si sono rivolti al biologicocredendo di trovarvi mercati facili adelevata remunerazione. Tale considera-zione è l’immagine speculare di un altro

l u o g ocomunediffusotra consumatori per cui: “il vino biologi-co è per forza cattivo”. E’ vero inveceche anche nel settore del biologico, cisono produttori più o meno capaci.Anzi, quelli più capaci si trovano nellasituazione di poter fare del vino eccel-lente e viceversa i viticoltori convenzio-nali più attenti, in vigneto ed in cantina,sono ad un passo dal metodo biologicoe potrebbero facilmente aderire al siste-ma. Quanta dell’attuale uva biologica (omeglio ottenuta da agricoltura biologica)diventi “vino biologico” è un dato anco-ra non definito. Nel 2001 si è stimatoche il 35% della produzione viticola bio-logica diventasse vino biologico.

Quali sono i problemi più impor-tanti del settore

NEL VIGNETO: La vite non èuna coltura difficile da gestire con ilmetodo biologico, rispetto alla frutta, almais o alle diverse culture orticole, i pro-blemi agronomici sono assai ridotti ericonducibili a due ambiti: la difesa e ilcontrollo dei parassiti e delle malerbe,mentre la fertilizzazione non costituiscequasi mai un fattore di difficoltà. E’ veroanche che certe collocazioni territorialisiano naturalmente più vocate all’agri-coltura biologica rispetto ad altre (ilfondo valle è sempre più umido dellacollina che risulta essere sempre più ven-tilata, per cui le malattie fungine sonopiù frequenti).

IN CANTINA: Le uve ottenutecon metodo biologico sono la materiaprima ideale per la vinificazione, quindiil rispetto delle buone norme di vinifica-zione quali: la situazione igienico-sanita-rio, le caratteristiche originali dell’uva edei naturali processi di vinificazione,non trova nessuna difficoltà a rispettarele norme guida della “vinificazione bio-logica” proposte da diverse associazionia livello europeo. Come si vedrà inseguito la definizione di “enologia biolo-gica” non è ancora unitaria come quelladi “viticoltura biologica” ma in generale

VINO BIOLOGICO: UN PO’ DI STORIA E DI CHIAREZZA

UMBERTO SVIZZERI

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si concorda sul concetto di guidare iprocessi fermentativi tramite tecnichefisiche, soprattutto le temperature, tecni-che microbiologiche e riducendo alminimo l’utilizzo di additivi (anidridesolforosa in primis).

IL VINO: LA QUESTIONEDEL REGOLAMENTO UE E DEIDISCIPLINARI PRIVATI.

Il vino è esplicitamente escluso dalReg. CE 2092/91 quindi non si può fareriferimento a “vino biologico” o a “vinoottenuto con metodo biologico” nel-l’ambito del regime definito dal regola-mento comunitario che invece consentela dicitura di “vino ottenuto da uve bio-logiche”. Questo perché la parte “dicampagna” è regolamentata dal suddet-to regolamento, mentre non lo è la fasedi trasformazione. Il perché tale fasenon sia regolamentata a livello comuni-tario è stata chiarita da una risoluzionedell’Unione Internazionale degliEnologi che definisce una trasformazio-ne relativamente “naturale” la vinifica-zione; quindi, evidentemente i probleminon sono di ordine tecnico.

RISOLUZIONI SUI VINI BIO-LOGICI

L’Union Internationale desOenologues ritiene che tutti i vini siano“BIOLOGICI” ed esprime un parerenegativo in merito all’impiego dellamenzione specifica “VINO BIOLOGI-CO” sulle etichette.

Dato che oggi la definizione di vinibiologici esiste solo sulla base del Reg.CE 209/91 “Vino ottenuto da uve pro-dotte da coltivazione biologica”, l’UnionInternationale des Oenologues ritieneche tutti i vini siano biologici ed esprimeun parere negativo per l’impiego dellamenzione specifica “vini biologici” sul-l’etichetta.

L’Union Internationale desOenologues chiede una migliore specifi-cazione dei metodi colturali idonei adottenere la menzione “uve provenientida coltivazioni biologiche”.

Risoluzione approvata a Verona il30 Marzo 2004

Una ripercussione di tale incertezza èlegata all’uso (volontario) del marchioeuropeo: tutto opinabile se si può omeno utilizzarlo su un’etichetta di vino!Intanto però compare su moltissime eti-chette. Tuttavia in Germania, Inghilterrae Austria è frequente leggere sulle eti-

chette “organic wine” o “Ökologishwein” e nei paesi extra-UE importantiimportatori di vino, come gli Stati Unitie il Giappone, la dicitura che rimandi albiologico è pre-requisito essenziale.

Le associazioni del biologico neidiversi paesi europei da diversi anni sisono date delle norme proprie per lavinificazione che però sono volontarie enon obbligatorie per tutti. La mancanzadi una normativa unitaria, tuttavia com-porta la presenza sul mercato di duetipologie di vino:

- vini ottenuti con uve biologiche matrasformati in modo standard;

- vini ottenuti da uve biologiche tra-mite trasformazione rispettosa dei disci-plinari privati.

Entrambe le tipologie possono fre-giarsi di un marchio che richiama il bio-logico ma spiegare al consumatore ladifferenza tra i due è impresa ardua. Ciòcomporta una concorrenza sleale daparte dei primi verso i secondi.

Chi certifica il biologico

In Italia l’autorità competente perl’applicazione del regolamento comuni-tario è il Ministero delle PoliticheAgricole che, tra i diversi compiti haanche quello di valutare e autorizzare gliorganismi di controllo che possono ope-rare nel settore del biologico.

Attualmente questi enti sono unaquindicina ed attivi in tutte le regioni ita-liane.

Se al Ministero compete l’autorizza-zione iniziale degli organismi di control-lo ed una generale supervisione sul lorooperato, alle Regioni spetta il compito dicostante sorveglianza di essi. Inoltre ilMinistero si occupa dell’importazioneda paesi terzi, gestisce i rapporti con laComunità e gli altri Stati Membri non-ché può attivare gruppi di consultazio-ne, azioni di sensibilizzazione e ricerca.

Anche le Regioni a loro volta hannola possibilità di finanziare programmi diricerca, assistenza tecnica, valorizzazio-ne e promozione dei prodotti biologici.

In conclusione

In occasione del convegno “ Vino

Biologico: una realtà di qualità e di mer-cato nell’attesa di una normativa euro-pea” organizzato da Arsia Toscana eAiab e tenutosi all’interno della 41° edi-zione del Vinitaly l’ultimo 1 aprile scor-so, il sottosegretario Boco ha dichiaratodi voler attivare un tavolo tecnico-politi-co di confronto per stimolare la crescitadel settore e per giungere preparati allaprossima definizione europea di “VinoBiologico”, su cui sta lavorando il pro-getto ORWINE.

L’auspicio, da parte mia, è che questotavolo di lavoro sia non solo politico, mafortemente tecnico e che possa dettareregole chiare (quantomeno a livelloeuropeo) in un settore che, fino ad oggi,è stato gestito diversamente, a secondadegli stati, producendo concorrenzasleale, frammentazione e debolezza delprodotto, creando, di conseguenza,molta confusione nel consumatore.

Nel prossimo numero parlerò delprogetto “ORWINE” e di eventualinuovi sviluppi.

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Dopo aver affrontato negli articoli precedenti il disagio giovanile, vogliamo adesso spostare l’attenzione sul mondo degli adulti e pre-cisamente dei genitori, che da questi figli adolescenti sono interpellati mediante comportamenti a rischio o trasgressivi.

Fare il genitore è un compito impegnativo, quasi impossibile durante l’adolescenza, perché il figlio sembra diventare un altro. Per i geni-tori che vivono l’adolescenza dei figli ecco alcune riflessioni, interrogativi e un invito alla speranza perché ritrovino dentro di sé e nell’ami-cizia di altri genitori le risorse per essere educatori.

Se abbiamo colto il senso di quanto detto sulla condizione giovanile, potremmo quantomeno iniziare a modificare la domanda iniziale:che cosa fare con (e non più per) questi ragazzi di oggi, che sempre più diffusamente si esprimono in «comportamenti a rischio»?

Parto dal constatare una crescente situazione di disagio nei genitori che sempre più manifestano sentimenti di paura, impotenza e ina-deguatezza nel gestire un rapporto positivo con i figli.

Molti genitori che incontro mi pongono spesso questioni di questo tipo: Cosa pensare delle compagnie di mio figlio? Se poi in compa-gnia fanno le cose che non devono fare? Sono preoccupato quando vedo i ragazzi che sono lì a far niente. Sono in giro a zonzo. Perdonoun sacco di tempo. Li vedo fragili e indifesi; possono cadere in tanti tranelli. Se poi incontra compagnie esterne e fuorvianti? (non vi sietemai chiesti perché il male viene sempre dall’esterno!).

Non è facile rispondere. Posso cominciare a rispondere loro suggerendo quantomeno quello che non devono mettere in atto:- immaginare il peggio; le profezie dei genitori si avverano nei figli;- mostrare insicurezza nei confronti degli stessi ammaestramenti e dei valori che abbiamo cercato di trasmettere loro;- lasciarsi prendere dalla paura di sbagliare, perché l’ansia di non essere adeguati al compito non migliora la capacità di infondere sicu-

rezza.Quale fiducia nella vita siamo in grado di trasmettere, anche nel caso di storie tormentate del figlio? Quale spazio di speranza siamo in

grado di indicare loro, perché trovino la via della fiducia e sperimentino che la vita dona loro le energie per esprimere al meglio la loro iden-tità, e perché non continuino a sfuggirne le tracce? Come parliamo di come vediamo la loro vita e il loro futuro? Quanto ne siamo gli inter-locutori attenti, quanto ne siamo gli accompagnatori?

Mi chiedo perché a noi genitori fanno così paura i comportamenti dei figli e mal sopportiamo che possano incorrere nei nostri stessierrori. Quando si sentono alla tv delle vicende di cronaca nera che coinvolgono i giovani, monta la paura dei genitori, che si sentono impo-tenti di fronte al male dilagante.

In questo clima di ansia collettiva che si respira ogni giorno, i genitori sono indotti a temere sempre il peggio, a vedere dietro ogni com-portamento del figlio che si distanzia dal comune pensare o dal consueto vivere, una prefigurazione ineluttabilmente tragica.

Paradossalmente questi stessi genitori non riescono a vedere nei loro figli quei segnali di disagi che vogliono richiamare la loro atten-zione. A volte, i genitori sono i primi a coprire e giustificare i comportamenti scorretti del figlio e a scaricare la colpa di volta in volta o sulleistituzioni o sugli altri ragazzi.

Ma allora non dobbiamo pensare che il comportamento a rischio sia semplicemente un fatto di emulazione, quanto il frutto di talunecondizioni, che ne favoriscono prima l’insorgere e poi il persistere, all’interno del sistema di relazioni che l’adolescente vive, innanzitutto inambito familiare, quando le relazioni sono poco significative o ridotte alla sola soddisfazione dei bisogni materiali. Detto in altre parolequando il dialogo o è fatto di tante parole che non toccano le persone, o è presunto tale solo se va in una direzione, quella che vuole il geni-tore.

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IL DISAGIO DEGLI ADULTI

MIRKO CIABATTONI

SMONTA IL “BULLO”ADRIANA COLLETTA IN COLLABORAZIONE CON LA PSICOLOGA FABIANA VALLORANI

Basta aprire un giornale per rendersi conto, purtroppo, di quanto siano numerosi gli episodi di violenza nella scuola; si legge spes-so di bimbi che portano in classe coltellini, di litigi che degenerano in “risse”, di ragazzini che vengono picchiati dai coetanei. Alla

base di questi comportamenti c’è un fenomeno troppo spesso sottovalutato, il “bullismo”.Il bullismo puo’ manifestarsi con vari comportamenti che hanno la caratteristica di far soffrire coloro verso cui sono diretti.Il bullo offende, picchia, ignora e prende in giro qualcuno perché “è diverso”.Purtroppo il fenomeno è molto diffuso: tre bambini su dieci affermano di aver subito piu’ volte la prepotenza di qualcun altro.E’ sempre piu’ difficile, se non impossibile, tracciare una linea netta che separi “normalità e disagio”.A causa dei modelli culturali imperanti e dei diversi stili di vita, si allarga un’area grigia pericolosa proprio perché non sempre avvertita

come tale da chi ha responsabilità educativa.Il bullo è sostanzialmente un bambino che soffre un disagio emotivo ed una carenza di autostima provocati dal contesto in cui vive.La maggior parte dei comportamenti di bullismo avviene nell’ambito scolastico, in classe o nel tragitto tra casa e scuola; spesso capita

nei bagni, in mensa o nel cortile della scuola.Molti insegnanti si stanno rendendo conto dell’entità del problema: in alcune scuole si organizzano incontri e programmi specifici, sia

per aiutare i bambini vittime di episodi di bullismo, sia i bulli ad affrontare in modo adeguato le loro difficoltà.E’ un obiettivo estremamente importante e soprattutto raggiungibile; il bullismo deve essere infatti gestito con strumenti e metodi cor-

retti.Per esempio, un bambino che trova il coraggio di dire ad un insegnante o a qualcun altro che lavora nella scuola di essere stato preso di

mira da un compagno, deve avere la certezza che verranno presi dei provvedimenti perché l’episodio non si ripeta. Allo stesso modo, è fon-damentale che il bullo sappia che il suo comportamento non è consentito né tollerato.

Di certo, nessun bambino nasce bullo, i genitori e gli insegnanti non devono mai dimenticare che se sente altri piu’ grandi di lui deride-re e disprezzare altre persone, assimilerà tali commenti che si trasformeranno presto in pregiudizi molto difficili da sradicare.

Un bambino che cresce in una famiglia dove tutti mostrano rispetto per gli altri imparerà a fare la stessa cosa.Il Ministero della Pubblica Istruzione per favorire la campagna “Smonta il bullo” il 5 febbraio 2007 ha attivato un numero verde

800669696 a cui possono rivolgersi insegnanti, genitori e bambini per avere informazioni.

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Grazie, grazie, veramente grazie! Si, è proprio doveroso dire “grazie” a quanti in questi anni hanno raccolto il nostroappello e si sono uniti al già nutrito “drappello” di donatori di sangue.

GRAZIE perché ci consentite di essere utili.GRAZIE perché ci date da pensare che veniamo ascoltati.GRAZIE perché ci spronate a proseguire nel nostro operato.Quanti luoghi comuni, frasi fatte, oggi ci ricordano continuamente che “dobbiamo correre”, “fare in fretta”, “il tempo è

denaro”, quindi non c’è tempo per fare qualcosa ...gratuitamente! Per fortuna non è per tutti cosi. Anzi ci sentiamo di affer-mare, dati alla mano, che per molti non è cosi! Ecco perché il nostro GRAZIE va tutti quelli che negli ultimi anni si sono avvi-cinati all’AVIS diventando donatori di sangue.

Spesso ci sentiamo dire: ho paura dell’ago! Se vedo un ago svengo! Volentieri, ma proprio non trovo il tempo! ecc.; ma pos-siamo testimoniare che parecchi di questi, convinti poi a tentare ci ringraziano dicendo “avevate ragione! In fondo era propriouna sciocchezza!” qualcuno dopo le prime donazioni addirittura “sai che quasi quasi mi gusta essere nella sala prelievi, guarda-re quelli che stanno donando il sangue e sentire dentro con orgoglio che anch’io sto donando”.

Qualcuno a volte ci chiede da cosa scaturisce tanta ostinazione nella ricerca di donatori. Semplicissimo da spiegare! Bastaappena informarsi su quante malattie o attività chirurgiche richiedono le trasfusioni di sangue o cure con emoderivati, sostan-ze estratte dal sangue umano.

Spesso sentiamo le cronache di strabilianti interventi della chirurgia in campo di trapianti di organi. Ci passa però inosser-vato il fatto che per quei trapianti occorre indubbiamente l’organo fisico da trapiantare, questo prelevato su chi purtroppo nonsarà più in vita, ma anche e indispensabilmente tante sacche di sangue, sia per quello perso in sede chirurgica, che per l’inte-grazione dell’organo immesso nella persona malata.

Ecco che allora la nostra donazione di sangue deve essere un atto obbligato. Non possiamo permettere che si vanifichi ilgesto della donazione di un organo, per mancanza di sangue. Come chiaramente per tutte le altre cure che lo richiedono.

Oggi i nostri sforzi, pur premiati da un costante incremento di donazioni, vedono ancora uno scostamento del 20% circadalle necessità nazionali.

Allora perché il nostro GRAZIE? Perché nella nostra piccola realtà territoriale, comprendente Offida, Castignano,Appignano e marginalmente gli altri comuni confinanti, possiamo affermare, dati alla mano, di aver avuto un riscontro che, seesteso a tutto il territorio nazionale, vedrebbe colmato quel 20%.

Negli ultimi quattro anni:è raddoppiato il numero di donatori. Grazie! E’ è raddoppiato il numero delle donazioni. Grazie! E’ fra i più alti d’Italia l’indi-

ce di donazioni pro capite. Grazie! E’ nettamente aumentato ilnumero di giovanissimi donatori. Grazie!Per esplicitare con i numeri quanto detto riportiamo di seguito irelativi dati.

Ci rimane, però l’esortazione a non vanificare il lavoro fatto,mantenere per chi è già donatore l’impegno preso, prendernecoscienza, per chi ancora non lo fosse e diventare donatore.

Perché non dobbiamo mai dimenticare che “il sangue non si fabbrica, si dona”.

Avis Comunale “Cesare Gabrielli”C.so Serpente Aureo 62, 63035 - Offidatel./fax 0736880751, cell. 3338564360

e-mail: [email protected]

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AVIS OFFIDA

GIULIANO CIOTTI

2002 2006 variaz. %

Soci Donatori attivi 98 198 102 %

Donazioni 183 434 137.2 %

Indice donazioni/donatori 1.86 2.19 17.85 %

se possibile inserire il grafico del file andamento soci e donazioni.xls

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DOVE ANDREMO A FINIRE? L’ESPANSIONE ED IL DESTINO ULTIMO DELL’UNIVERSO

SIMONE RECCHI

Già negli anni venti del secoloscorso il famoso astronomo

Hubble aveva notato che più le galassiesono lontane da noi, più si allontananorapidamente da noi. Ovvero,nell’Universo sembra esserci un fuggi-fuggi generale a partire da un punto cen-trale, osservazione che è stata interpetra-ta come dovuta ad un’immane esplosio-ne (il Big Bang) e da un’allontanamentodi tutti i frammenti dell’esplosione l’unodall’altro, come schegge di una bomba.Questi frammenti impieghe-ranno alcune centinaia dimilioni di anni per diventaredelle galassie, ma nel frattem-po non avranno perso la spin-ta iniziale che gli ha dato il BigBang. Per questo vediamotutte le galassie allontanarsil’una dall’altra, o per dirlo inun altro modo, vediamo l’uni-verso espandersi.

Ma col passare del tempola velocità di queste scheggediminuirà progressivamenteperché, per quanto lontanoesse possano andare, ci saràsempre la forza di attrazionegravitazionale a richiamarlel’una verso l’altra. Quindi è possibile chead un certo punto le galassie invertano illoro moto e comincino a precipitare lad-dove sono state originate, producendoalla fine dei tempi un urto catastrofico(che alcuni astronomi hanno chiamatoBig Crunch) che segnerà anche la finedel nostro Universo. Una situazioneesattamente analoga si presenta se lan-ciamo un sasso verso il cielo: sappiamobene che la velocità del sasso diminuiràprogressivamente, fino a fermarsi in ariaed invertire il suo moto, ricadendo sullaterra. Lanciarlo con gran forza ritarda lasua ricaduta, ma il suo rallentamento èinevitabile. Ma se i frammenti di univer-so sono sufficientemente veloci, perquanto continuino a rallentare, conser-veranno abbastanza spinta da allonta-narsi per sempre l’uno dall’altro.Tornando alla nostra analogia con ilsasso lanciato in aria, esiste una velocità(chiamata velocità di fuga) che, se superata,

permette al sasso di superare l’attrazionegravitazionale della terra ed allontanarsiper sempre (nonostante continui a ral-lentare). Questa velocità (circa 11 km alsecondo) ovviamente non può essereimpartita ad un sasso da un uomo nor-male, ma sappiamo per esempio che lenavicelle spaziali devono superare que-sta velocità di fuga per uscire dall’atmo-sfera terrestre.

Questi scenari sono stati chiamati daiprimi cosmologi (in particolare da

Alexander Friedmann) “Universo chiu-so” (se le galassie nel futuro invertiran-no la rotta e provocheranno il BigCrunch) ed “Universo aperto” (sel’Universo continuerà ad espandersi persempre). Per capire quale scenario pre-varrà è sufficiente conoscere la massatotale dell’Universo, perché più grandesarà questa massa, più forte sarà l’attra-zione gravitazionale (e pertanto più pro-babile sarà il Big Crunch).

Un ottimo modo per studiare l’e-spansione dell’Universo in funzione deltempo è l’uso delle cosiddette “candelestandard”, ovvero oggetti celesti di cuisappiamo esattamente quale dovrebbeessere la luminosità (ovvero la luce cheemettono ogni secondo) se fossero vici-ni a noi e per i quali quindi possiamoconoscere la distanza perché più grandeè essa, più fievole ci appare la loro luce.La cosiddetta Supernova di tipo Ia è lamigliore candela standard che i cosmo-

logi hanno adisposizio-ne. La Supernova è la fase finale dellavita di alcuni particolari tipi di stelle, cheavviene attraverso un’esplosione catastrofica, in grado didistruggere totalmente o quasi la stella edi emettere subito dopo l’esplosionetanta luce quanta ne emette un’interagalassia. La Supernova di tipo Ia è un’e-splosione che si origina all’interno di unsistema binario, ovvero dopo lo “scon-

tro” di due stelle che girano l’unaattorno all’altra. Questi oggettihanno il vantaggio di emetteresempre la stessa quantità di lucedopo l’esplosione (e quindi diessere delle candele standard) mahanno anche il vantaggio ulterio-re che, essendo incredibilmenteluminose, si possono osservareanche in galassie estremamentedistanti da noi.

Ebbene, studiando la luce (equindi la distanza) delleSupernovae più lontane da noi,due gruppi di astronomi (ungruppo capeggiato da AdamRiess, un gruppo da SaulPerlmutter, entrambi basati in

California) scoprirono tra il 1998 ed il1999 un fatto incredibile, capace di cam-biare del tutto la cosmologia. LeSupernovae che loro osservarono appa-rivano più deboli del previsto, mostran-do che esse erano più lontane di quantoavrebbero dovuto essere. In altre parole,c’è nell’Universo una qualche forzamisteriosa che sta spingendo le galassiead allontanarsi sempre più velocementedal punto di origine. Questa osservazio-ne è stata confermata da molti studi, siaosservativi che teorici divenendo intor-no al 2002-2003 una realtà accettata pra-ticamente da tutti gli astronomi: ilnostro Universo sta accelerando e nondecelerando come era stato previsto daicosmologi. Tutte le galassie si stannoallontanando l’una dall’altra a velocitàsempre maggiore e questo moto diallontanamento diventerà sempre piùveloce col passare del tempo! Da quelmomento iniziò la ricerca frenetica di

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ORTICA - URTICA DIOICA L INNEUSMAURO RECCHI

questa misteriosa forza che sta contra-stando la gravità e che quindi può spie-gare l’espansione acceleratadell’Universo.

In realtà già Einstein nel 1917 pre-disse l’esistenza di una simile forza, maper ragioni completamente diverse. Aquel tempo non si conosceva l’espansio-ne dell’Universo (come detto essa vennescoperta negli anni venti da Hubble) emolti credevano che l’Universo fossestazionario, ovvero sempre uguale a sestesso in ogni punto dello spazio e deltempo. Ma per un tale Universo ci sipone una domanda ovvia: perché essonon collassa su sé stesso sotto la spintadella gravità? Per porre rimedio a questoproblema, Einstein introdusse nella suateoria della relatività generale la cosid-detta costante cosmologica ovvero una forza(della cui natura lui non parlò) in gradodi contrastare la gravità.

Quando qualche anno dopo EdwinHubble scoprì l’espansionedell’Universo, Einstein si rese conto del-l’inutilità della costante cosmologica e larigettò come il più grande errore dellasua vita. Come abbiamo visto invece, lacostante cosmologica è tutt’altro cheinutile e senza di essa non si spieghereb-be la struttura dell’Universo attuale e ladistanza delle Supernovae più lontane danoi. Ancora una volta, pur partendo daun modello sbagliato, Einstein ci avevavisto giusto! Oggi siamo in grado di sti-mare l’energia totale associata a questacostante cosmologica, ovvero l’energia

associata a questa forza che sta facendoaccelerare l’Universo. Ebbene, se con-vertiamo questa energia in massa (sem-pre da Einstein sappiamo che massa edenergia sono legate dalla famosa formu-

la E=mc2, dove c è la velocità della luce)

otteniamo più del doppio della materiapresente nell’Universo! L’Universo nelsuo complesso è quindi fatto per il 70%da questa energia oscura ed il restante 30%è associato alla materia. In realtà poi diquesta materia, solo una piccola parte èmateria ordinaria (quella che componetutti gli oggetti che conosciamo e pos-siamo toccare); la gran parte è invececostituita dalla misteriosa materia oscuradi cui ho già parlato in altri articoli perOphys. L’Universo è quindi dominatoda forme di materia ed energia che cisono ancora quasi del tutto sconosciute,mentre solo un misero 4% dell’Universoè fatto della materia che conosciamo eche sappiamo come è fatta.

A questo punto la domanda da porsiè scontata: cos’è questa misteriosa forzache domina l’Universo e che sta spin-gendo le galassie sempre più lontane leune dalle altre? Ahimè gli astronomi nonl’hanno ancora compreso appieno,anche se il contesto appare chiaro. Ilcontesto è la meccanica quantistica,ovvero quella strana (eppure esattissima)teoria per cui un gatto in una scatola puòessere allo stesso tempo vivo e morto oper cui esiste una probabilità (piccolissi-ma ma non nulla) di passare attraverso imuri (magari dedicherò un nuovo arti-

colo per Ophys alle bizzarrie della mec-canica quantistica). Quello che ci inte-ressa ora è sapere che questa teoria pre-vede la possibilità che microscopicheparticelle si formino continuamente nelcosmo e continuamente scompaianodopo un tempo di vita brevissimo, rila-sciando però nel frattempo una piccolis-sima quantità di energia. Questo ribolliodi particelle crea quindi delle minuscoleesplosioni, impossibili da misurare, mache sono estese su tutto il Cosmo emolto frequenti, quindi sufficienti a dareuna miriade di spintarelle alla materiache compone le galassie e quindi a spie-gare l’accelerazione dell’Universo.

Nonostante una gran quantità diinformazioni siano ancora del tuttoignote (prima tra tutte la natura dellamateria oscura e dell’energia oscura), diuna cosa gli astronomi sono sicuri:l’Universo non terminerà con un BigCrunch, ovvero con un catastroficoscontro di galassie, ma si espanderà persempre a causa di questa misteriosaforza repulsiva. Così facendo, la tempe-ratura dell’Universo si abbasserà in con-tinuazione (alla faccia del riscaldamentoglobale) fino a raggiungere livelli per iquali nessuna forma di vita come noi laconosciamo potrà sopravvivere. Maquesto avverrà solo tra diverse decine(se non centinaia) di miliardi di anni e dicerto nessuno di noi sarà lì a godersi lafine dell’Universo.

Ricordo di aver sempre avuto timore di questa pianta; abitando in campagna, ad essa sono legati dolorosi e irritanti ricor-di di quando giocando fuori, spesso venivo in contatto con questa pianta lungo i bordi non lavorati dei campi, nei

cespugli che costeggiavano la strada e in tantissimi altri luoghi.Essa fa parte della famiglia URTICACEAE, è una pianta SUBCOSMOPOLITA e la si ritrova comunissimamente su terreniabbandonati, macerie e rifiuti, ambienti degradati e margini stradali.

L’etimologia della parola è molto curiosa perché mette in relazione il verbo urere (bruciare) con allusione al liquido veleno-so, irritante che è contenuto nei peli urticanti, cavi,che al tatto si spezzano lasciandolo fuoriuscire e provocando per contattofastidiosi ponfi.

In cucina i giovani germogli sono impiegati, dopo cottura, per preparare frittate, sformati e risotti, ottimi anche bolliti e con-diti con olio e limone.

Questa pianta è molto usata in campo officinale grazie ai suoi numerosi principi attivi ha proprietà antidiabetiche, emosta-tiche,astringenti, depurative, revulsive, antianemiche, emostatiche, diuretiche ecc.

Concludendo, voglio ricordare che nell’uso culinario, forti dosi provocano irritazioni gastriche, bruciori della pelle e der-matiti. Per donne in stato di gravidanza è consigliabile evitarne l’assunzione.

Con questo è tutto cari lettori di OPHYS, vi saluto e al prossimo numero.

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Convegno su Padre Olindo PasqualettiSabato 5 maggio u.s. presso il Teatro Serpente Aureo di Offida alle ore 9,30 si è svolto un

Convegno dal titolo “Umanità cultura classica e attualità nella poesia latina di Padre OlindoPasqualetti”. Tra i relatori il Prof. Orazio Antonio Bologna Opus Fondatum Latinitas, la Prof.ssa Maria Grazia Baroni ed il prof. LuigiCastagna dell’Università Cattolica di Milano. Nel corso dell’incontro sono stati declamati brani poetici del sacerdote latinista. A con-clusione della giornata la cerimonia per intitolare a Padre Olindo Pasqualetti il piazzale antistante la Chiesa Santa Maria della Rocca.

Il Circolo “Grifoli Club”Agriturismo rurale si organizza e riparte con un nuovo direttivoMartedì, primo maggio u.s. alle 16,00, è stata inaugurata la nuova balera del circolo “Grifoli Club”. Il circolo ha oltre cento soci e

recentemente ha rinnovato il consiglio direttivo costituito dal presidente Massimo Guidotti, dal vice Ivo Malvucci e dai consiglieriBernardo Canali, Nicola Carboni, Gabriele e Luciano Marconi, M. Rita Panichi, Pietro Piergallini, e Leonello Rossi.

Italia in…canto: i vincitoriGabriele Listrani è stato ancora una volta tra i finalisti nel concorso canoro “Italia in... canto”, svoltasi nella straordinaria cornice del

teatro Mediterraneo di Napoli. Altissima, per parere unanime degli addetti ai lavori e della giuria, composta da Tony Dallara, JimmyFontana, Enzo Paolo Turchi, Gianfranco Baldazzi e dal Presidente Giorgio Re, la qualità delle interpretazioni, degli arrangiamenti e deiritmi di tutti i brani dello spettacolo.

Consigli di quartiere: tutti gli elettiDopo le elezioni per il rinnovo dei Consigli di Quartiere e della Consulta per l’Immigrazione, questi gli eletti: QUARTIERE CEN-

TRO STORICO: Presidente Castellucci Mario, consiglieri: Carfagna Beatrice, D’Angelo Pietro, Pasqualetti Massimo, PierantozziDiego, Sergiacomi Mario, Volponi Eraldo. QUARTIERE FUORI PORTA: Presidente Trivellin Sarah, consiglieri: Antonacci Luigi,Costantini Stefano, D’Angelo Pompilio, Valentini Roberto. QUARTIERE CAPPUCCINI: Presidente Corradetti Simone, consiglieri:Acciarini Mirko, Aureli Valentina, Camela Ezio, Ciotti Giuliano, Forti Paolo, Marcelli Fabio, Massa Pierpaolo, Saccoccia Rolando.QUARTIERE LA MADONNETTA: Presidente Cicconi Remo, consiglieri: Alesiani Massimiliano, Ali Babaei Javad, Cicconi Cristiana,Ficcadenti Gaetano, Simonetti Sandro, Traini Giuseppe. QUARTIERE SAN LAZZARO: Presidente Stracci Giovanni, consiglieri:Capriotti Elena, Peroni Marisa, Peroni Maurizio, Troiani Raniero. QUARTIERE LAVA: Presidente: Vannicola Mariella, consiglieri:Aurini Marco, Marucci Luciano, Romano Giovanni, Vagnoni Sandro. QUARTIERE SAN BARNABA: Presidente: GabrielliDomenico, consiglieri: Angelini Stefania, Diotallevi Simone, Spinelli Enrico, Vittori Lucio. QUARTIERE BORGO MIRIAM:Presidente: D’Angelo Roberto, consiglieri: Amabili Fabio, Armandi Andrea, Di Paolo Emanuele, Giudici Mattia, Nespeca Andrea,Stracci Loris. QUARTIERE GRIFOLI: Presidente: Malvucci Ivo, consiglieri: Canali Bernardo, Perotti Giampiero, Rossi Bernardino,Rossi Stefano. QUARTIERE SANTA MARIA GORETTI: Presidente: Pallotti Adelmo, consiglieri: Blanco Elisa, Ciotti Simone,Maroni Sonia, Maurizi Mauro, Senesi Roberto, Traquini Melissa. CONSULTA PER L’IMMIGRAZIONE: consiglieri: Beshiri Ardian,Faye Mamadou, Liu Ying, Ndiaye Anna, M’Sakni Ep Brahem Monia, Sow Diarga.

Paola Scipi nell’Unione Provinciale Produzioni ArtigianaliLa Cna di Ascoli Piceno ha costituito l’Unione provinciale produzioni artigianali. L’assemblea costitutiva ha eletto il direttivo com-

posto da: Presidente - Barbara Tomassini (ceramista e pittrice, Ascoli), Consiglieri: Sandro Angelini (scenografo, San Benedetto), PietroAngelini (orafo, Ascoli), Patrizia Bartolomei (ceramista, Ascoli), Filippo Franco (restauratore, Ascoli), Filippo Gatti (orafo, SanBenedetto), Paola Scipi (merletto a tombolo, Offida), Monia Vallesi (ceramista, Ascoli).

I merletti offidani a “Tipicità” e BITAnche il nostro pregiato merletto era presente a “Tipicità”, fiera di prodotti tipici svoltasi a Fermo nel mese di marzo. Per il setto-

re dell’artigianato artistico, nello stand Confartigianato, era presente Iolanda Ottavi (Merletto gioiello) dell’Associazione culturaleMerletto a Tombolo di Offida.

Il GAd’A ha presentato “Miseria e Nobiltà”Il GAd’A, Associazione Culturale Gruppo Amici dell’Arte di Offida ha portato in scena al Teatro Serpente Aureo di Offida, saba-

to 2 Giugno, Miseria e Nobiltà, commedia in tre atti di Eduardo Scarpetta. Questi gli interpreti: Franco Travaglini, Sara D’Angelo,Mauro Moretti, Nicola Savini, Giuseppe Nespeca, Arturo Moretti, Giuseppe Ciabattoni, Giuliano Ciotti, Valentino Concetti, RemoGabrielli, Piero Petrocchi, Lilia Fornari, Teresa Merlonghi, Annalisa Seghetti, Marica Cataldi, Andrea Masciarelli. Assistente alla regiaAdele Costantini, assistente di scena Caterina Malavolta. Scene di Tonino Agostini, Fabio Marinucci, Mauro Moretti. MacchinistaGiuseppe Aurini, tecnico suono Pasquale Premici, tecnico video Fabio Marinucci, fotografo di scena Giuseppe Laudadio. Quattro rap-presentazioni in date diverse, sempre con un lusinghiero tutto esaurito.

(a cura di Alberto Premici) Notizie complete, approfondimenti e immagini su www.offida.wordpress.com

Terme di Offida: convegno sul turismo integratoVenerdì 4 maggio u.s. presso il Teatro Serpente Aureo la società Terme di Offida ha organizzato un convegno su “Turismo inte-

grato nel Piceno - un’occasione di crescita”, mare, parchi, città d’arte, enogastronomia, strutture per il benessere: i valori del territorioper un turismo d’eccellenza.

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Incontro con le donne MayaMartedì 22 maggio, organizzato dall’Amministrazione comunale, si è svolto un incontro con alcune donne rappresentanti del popo-

lo Maya. L’evento fa parte di un progetto di cooperazione per lo sviluppo dello Yucatan in Messico, promosso dell’Associazione GSIMarche e della Provincia di Ascoli Piceno in favore delle popolazioni locali. Saranno presenti Angela Petruso, Presidentedell’Associazione “El Hombre Sobre la Tierra A C “, Valeriana Mo-Kawil, Licia Canigola, Assessore provinciale alle Politiche Sociali ePaola Cinciripini - Presidente dell’Associazione GSI Marche.

Rivive la musica di Claudio MonteverdiIl 26 maggio a presso la chiesa di S. Maria della Rocca si è svolto uno dei tre concerti in onore di Claudio Monteverdi (1567-1643),

geniale maestro della Cappella della Basilica di S. Marco a Venezia.

Curiosità: “Lu bove ver” ascolanoMartedì di carnevale l’ascolano N.M. ha dovuto rinunciare alla sua mascherata perché questa prevedeva l’utilizzo di una mucca vera.

Posizionatosi di fronte a Palazzo dei Capitani, l’uomo voleva creare la parodia del nostro ‘Bov fint’ utilizzando una mucca vera, fattoquesto che non è andato giù a numerose associazioni animaliste che hanno immediatamente protestato e avvertito le forze dell’ordine.L’uomo è stato costretto a rinunciare alla sua mascherata e abbandonare fra liti e polemiche il Carnevale ascolano.

La Tenuta Cocci Grifoni promuove la cultura del territorioLa Tenuta Cocci Grifoni di San Savino di Ripatransone, nome storico dell’enologia picena, continua nella sua veste di ambasciatri-

ce del territorio, con un’iniziativa speciale: a quanti visiteranno la cantina ed effettueranno acquisti presso la tenuta verranno distribuitidegli speciali ticket validi per visitare siti di importanza storico artistica nelle città di Ascoli Piceno e di Fermo.

Il 19 giugno u.s. un grave lutto ha colpito il direttore del CentroStudi Allevi, il ricercatore Mario Vannicola, per la perdita della caramamma, sig.ra Valeria Berucci. La donna, insegnante molto stimata,era figlia dell'ing. Mario Berucci, progettista dell'Istituto Opera PiaBergalucci e di Maria Angelini, una delle prime donne ingegnered'Italia.

I funerali si sono svolti nella mattinata di giovedì 21 giugno a Romapresso la basilica di S.Vitale in Fovea e nel pomeriggio in Offida, nellaChiesa di Santa Maria della Rocca. Al marito Bruno Vannicola, aifigli Mario, Lucia, Giulia e Carla, giungano le più sentite condoglian-ze da parte della redazione di Ophys e del Centro Studi "GuglielmoAllevi".

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OPHYS - ORGANO UFFICIALE DEL CENTRO STUDI GUGLIELMO ALLEVI

DIRETTORE RESPONSABILE: SERAFINO CAMILLI

DIRETTORE EDITORIALE: ALBERTO PREMICI

SEGRETERIA DI REDAZIONE, REALIZZAZIONE, GRAFICA, WEB: NADIA COLLETTA

IMPAGINAZIONE: CARLA D’ANGELO

STAMPA: LA NUOVA STAMPA - OFFIDA (AP) REG. TRIB. DI ASCOLI PICENO L’11 MAGGIO 2002

CENTRO STUDI “GUGLIELMO ALLEVI”PIAZZA DEL POPOLO, 17 - 63035 OFFIDA (AP) - TEL.0736-880009

MARCO MERCOLINI TINELLI (PRESIDENTE ONORARIO) GIANCARLO PREMICI (PRESIDENTE)

MARIO VANNICOLA (DIRETTORE) - NADIA COLLETTA (SEGRETARIA) [email protected] - www.centrostudiallevi.wordpress.com

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