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Stampato nel mese di maggio 2011presso la tipografia Macofin GR Grafica, Roma

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SommarioQuaderni europei n.4

Produrre europeo

Ambiente: da Cancun poco coraggio ....................................................5di Vittorio Prodi

Pagamenti e pubblica amministrazione ...............................................9di FrAnCesCo de Angelis

industria verde, una scommessa tutta da giocareper un futuro sostenibile.......................................................................13di MArio Pirillo

immigrazione: conosciamo i fatti e le leggi ........................................17

Documenti:il metodo dell'Unione:tra comunitario e intergovernativo..............28di AngelA MerKel

il futuro non è un dono, è una conquista ...........................................39di BArACK oBAMA

rifondare l'internazionale socialista ..................................................57di sigMAr gABriel

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Ambiente:da Cancun poco coraggio

di vittoRio PRodi

Poco clima e molta diplomazia. Ciò che mette d’accordo i commentatoridi tutto il mondo è che la Conferenza di Cancun, e il documento con lacui approvazione si è chiusa nella tarda notte del 10 dicembre scorso, salvale forme ma non il contenuto delle politiche ambientali internazionali.

Un rapido bilancio degli aspetti positivi e negativi della sedicesima Con-ferenza delle Parti della UnFCCC (Convenzione quadro delle nazioniUnite sul cambiamento climatico) chiarisce che il bicchiere è mezzo vuoto.

Certo i negoziatori messicani, ed in particolare la Presidente della con-ferenza, l’ambasciatrice Patricia espinosa, sono stati abili a far dipingerecome un passo in avanti ciò che, indiscutibilmente, non è altro che unapresa d’atto di dove bisognerebbe andare. Certo, il clima, è proprio il casodi dire, talvolta aiuta: quello di Copenaghen carico fin dalla vigilia di ten-sioni, aspettative, speranze, attenzioni mediatiche senza precedenti nonha di certo niente a che vedere con quello rilassato e quasi turistico conil quale si è aperto l’evento messicano. Una Conferenza, quella di Cancun,che si annunciava da molti mesi nei consessi internazionali ambientalicome un teatrino, più o meno ben recitato, per passare con un po’ di pro-clami la palla a durban 2011, sudAfrica, Cop17.

Alcuni aspetti positivi, dicevamo, ci sono, in questa Conferenza allaquale spettava l’arduo compito di curare l’agonizzante negoziato sulclima. innanzitutto la volontà comune, chiara anche se implicita e noncondivisa da tutti i paesi, di mantenere l’architettura del Protocollo diKyoto, che giunge nel 2012 a naturale scadenza del suo quindicinalemandato. in secondo luogo l’affermazione della necessità di un tagliodelle emissioni di gas serra, rispetto ai livelli registrati nel 1990, di unamisura compresa tra il 25 e il 40% entro il 2020 al fine di manteneresotto i 2° l’aumento della temperatura terrestre (soglia critica individuatadall’intergovernmental Panel on Climate Change, il comitato operantenell’ambito del Programma Ambientale onU che si occupa di indivi-

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duare e raccogliere i dati scientifici del cambiamento climatico). Ancorail fatto di aver riconfermato l’entità, chiaramente insufficiente ma di no-tevole portata politica, del “green Climate Fund”: 30 miliardi di dollarigarantiti per i primi tre anni dai paesi industrializzati ai paesi in via disviluppo per politiche di adattamento e mitigazione al cambiamento cli-matico, destinati a salire fino a 100 miliardi nel 2020. ed infine l’affer-mazione della centralità dei progetti redd, per la riduzione delleemissioni da deforestazione e degrado forestale; un exploit la cui ragioneè tutta geopolitica: il Brasile, infatti, forte del suo ruolo di nuovo giganteeconomico, ha reclamato una compensazione per gli sforzi, determinantisu scala globale, sostenuti in tema di deforestazione dalla presidenzalula, con la promozione di numerose politiche di conservazione della fo-resta amazzonica.

si tratta tuttavia di un quadro scientifico, quello descritto, che non siè stati capaci di tradurre, una volta consolidato e condiviso, in impegnivincolanti. È questa, ancora una volta negli ultimi anni, la critica piùgrave da muovere alla Conferenza delle Parti: si aggira nuovamentel’ostacolo dell’ammissione di precise responsabilità e della conseguenteassunzione di obblighi ambiziosi ma necessari. Una fuga dal dovere checomporta che, per un anno ancora, quei “Fondi per il Clima” promessidai ricchi ai poveri resteranno sulla carta.

Abbiamo assistito, inoltre, ad un tentativo di aggravare tale rifiuto, cheha visto il giappone tra i promotori: superare Kyoto e con esso mettereda parte il principio che l’ha caratterizzato, scolpito nella dichiarazionedi Bali del 2007: la responsabilità comune ma differenziata. il riconosci-mento, cioè, che chi si è sviluppato prima ha inquinato di più, ha più re-sponsabilità e quindi deve avere più obblighi, rispetto a quei paesi ai qualisi richiede ora di crescere più verdi. si tratta, insomma, di un altro atten-tato ai fragili equilibri nord-sud sui quali si giocano tanto la battagliamondiale per l’equità e la solidarietà quanto le negoziazioni climatiche.

Ancora, la Conferenza di Cancun ha mancato di farsi carico della de-finizione di un quadro internazionale di suddivisione stato membro perstato membro degli impegni vincolanti generali di riduzione delle emis-sioni. l’impossibilità di ottenere l’impegno delle grandi potenze inqui-nanti (UsA, Cina, india, russia in testa) non concede alternative alladelega al buon cuore degli stati: non sempre, però, l’autodeterminazione

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produce impegni forti e coraggiosi come quello che ha messo in campola Ue con il 20.20.20.

Un altro punto critico messo in luce da qualche commentatore è l’esclu-sione dal tavolo delle trattative di un riferimento all’incidenza insosteni-bile degli ingenti sussidi ai combustibili fossili concessi tutt’ora da quasitutti gli stati; per comprenderne la portata basti citare nobuo tanaka, ildirettore generale dell’Aie (Agenzia internazionale dell’energia): “il pro-gressivo taglio dei sussidi in un decennio basterebbe da solo a garantire il40% dei tagli alle emissioni necessari al più virtuoso dei piani ambientali:1,5 miliardi di tonnellate di Co2 risparmiate all’atmosfera”.

infine un’altra grande assente tra i temi della Conferenza e nell’accordovotato dai 194 paesi partecipanti (salvo la Bolivia) è la questione del cd.Mrv (Monitoring-reporting-verifying); regole circa il monitoraggio in-ternazionale dell’effettiva riduzione delle emissioni sono evidentementeessenziali per la valutazione del rispetto degli obblighi assunti e tuttaviaCina e india, anche nell’ipotesi che accettassero eventuali aleatori impe-gni, continueranno a rifiutare di sottoporsi a tali verifiche. Ancora unavolta, dunque, il concreto funzionamento di ogni complessa macchinatrattatizia resta appeso al filo della buona fede. troppo poco, se in balloc’è il futuro della terra.

Cosa deve cambiare, dunque, perchè a durban si possa costruire unaccordo?

C’è bisogno di più coraggio in capo ai grandi attori internazionali.obama non ha avuto paura di affermare che la guida dell’economia delnuovo millennio sarebbe toccata alla nazione leader nella produzione dienergia pulita, salvo poi accettare di buon grado che sia qualcun’altro (laCina, con grande probabilità) a prendere il posto che lui voleva degli statiUniti. i “buoni”, quei paesi industrializzati tra cui le potenze europee,che fin da Kyoto hanno accettato la propria porzione di responsabilità,rappresentano ormai solo il 27% delle emissioni: come dire che non di-pende più solo da noi il nostro destino.

l’europa, però, può pretendere di giocare un ruolo più importante epiù oneroso di quello dello scolaro che si limita a fare bene il propriocompito: sta a noi praticare quei modelli, che abbiamo già elaborato, dinuova crescita, mettendo in luce quanto sia efficiente e conveniente, oltreche desiderabile, la rivoluzione della sostenibilità. l’Unione europea può

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tornare ad essere guida mondiale, insomma, solo facendo prima e megliodegli altri ciò che attende tutte le economie: la decarbonizzazione.

Concludo, infine, con un’annotazione critica. i pochi articoli apparsiprima, durante e dopo la Conferenza di Cancun sulla stampa italianasono stati relegati in fretta in rubriche o inserti, tanto che nemmeno al-l’accordo conclusivo è stata concessa una vetrina appropriata. la comu-nicazione televisiva, al solito, ha riportato informazioni incomplete,contraddittorie e ha spesso proposto la Conferenza tra gli argomenti digossip internazionale invece che tra quelli politici.

non possiamo accettare che europa e Ambiente tornino protagonistenelle nostre testate e tra i titoli dei tg solo per celebrazioni delle loro de-bolezze, come è avvenuto in occasione della Conferenza di Copenaghen.the economist ha dedicato la copertina del numero precedente l’aperturadella Conferenza di Cancun al cambiamento climatico, aprendo con uneloquente: “How to live with climate change”. È un inevitabile riconosci-mento di primarietà che il nostro Paese e il nostro partito ancora nonriescono a compiere, e che tuttavia è necessario. Mettere il clima, l’ener-gia, l’ambiente tra i primi punti all’ordine del giorno non vuol dire soloaccontentare un pubblico di ecologisti o di patiti del birdwatching. si-gnifica anche indicare la strada per una nuova ripartenza ed una futuraleadership dell’industria europea, cominciare a costruire un’Unione so-stenibile, innovativa, efficiente, inclusiva.

sono queste le parole dell’Unione europa, su di esse si fonda la strate-gia che la Commissione e il Consiglio hanno dettato per il prossimo de-cennio. Facciamole nostre, per un Pd che dall’europa sappia trarreun’agenda politica nuova per una nuova italia.

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Pagamenti e pubblicaamministrazione

di FRANCESCo dE ANGELiS

la difficile e per certi versi tuttora critica congiuntura economica cheattraversa i mercati globali ha mietuto vittime e continua a mieterne trale PMi, le imprese a conduzione familiare, i quadri dipendenti e le cate-gorie produttive. tutti, a diverso titolo, in questi mesi e anni di crisihanno dovuto fare i conti con una notevole riduzione dei consumi di benie servizi, una flessione dei tassi di occupazione e un progressivo e ineso-rabile ridimensionamento delle capacità espansive d’impresa.

Basti pensare alle note difficoltà che tante PMi, in italia come neglialtri Paesi del quadrante meridionale dell’europa, incontravano per l’ac-cesso al credito già prima della crisi e che ora, con l’ulteriore inaspri-mento dei criteri creditizi richiesti dalle banche, rischiano di soffocare lasopravvivenza di buona parte del nostro comparto produttivo.

se è vero, come ribadiscono gli indicatori economici, che il nostro pa-norama imprenditoriale europeo è tuttora composto in massima parteda piccole e medie imprese, e che esse sono dunque serbatoio importanteper l’occupazione e la crescita dei nostri territori, l’italia e l’europa de-vono essere in grado di offrire soluzioni all’altezza della sfida.

Alcune di queste soluzioni, attualmente in discussione nelle commis-sioni parlamentari di Bruxelles, affrontano il tema da una prospettivaampia e di medio-lungo termine: quale politica integrata per il rilanciodel comparto industriale e produttivo? Basata su quali priorità strategi-che e azioni di intervento pratico? A partire da quali investimenti di bi-lancio, in particolare per quanto riguarda il prossimo settennato diprogrammazione economica 2013/2020? sono, questi, tutti temi attual-mente in discussione al Parlamento europeo, e che nel giro di qualchemese prenderanno forma compiuta e definita nel contesto delle immi-nenti direttive e regolamenti del Parlamento e del Consiglio, attesi per ilprimo semestre del 2011.

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Altre soluzioni sulle quali il Parlamento, con Consiglio e Commissione,ha tuttavia già apposto il suo sigillo, riguardano un complesso di misurepratiche, a loro modo di respiro più corto rispetto alle strategie di lungo-periodo attualmente in discussione, ma non meno decisive per il futurodelle PMi, a cominciare da quelle italiane.

Mi riferisco in particolare al vasto complesso di provvedimenti, deno-minato dalla Commissione europea nel giugno 2008 small Business Act(sBA), che da due anni sta dando forma e sostanza al nuovo profilo del-l’Ue a sostegno delle piccole e medie imprese europee.

lo sBA è innanzitutto un articolato di 10 principi a sostegno dellePMi, al quale si accompagnano 4 proposte legislative concrete, finalizzatea liberare le imprese da pesanti oneri burocratici e amministrativi, nelcontesto di un mercato unico aperto e realmente competitivo. nelle in-tenzioni del legislatore europeo, lo sBA è strumento decisivo per superaresquilibri nazionali che rischierebbero - come purtroppo già fanno - dicompromettere il sano funzionamento dei nostri mercati, la corretta am-ministrazione della domanda e dell’offerta e una serena dinamica di in-vestimenti d’impresa a favore dell’innovazione e dello sviluppotecnologico delle catene di produzione e distribuzione.

l’ultimo dei provvedimenti adottati in questo senso riveste particolareimportanza per l’italia, in quanto ha proprio nella Penisola il suo epicen-tro più sintomatico: mi riferisco alla pratica dei ritardi di pagamento, ossiaalla dinamica consolidata per cui un gran numero di amministrazionipubbliche dilatano i tempi dei pagamenti ben oltre i termini contrattuali,costringendo PMi e fornitori a stringere la cinghia delle liquidità, fino arischiare il vero e proprio fallimento delle attività d’impresa.

l’indagine condotta all’inizio del 2010 da “intrum Justitia” sui ritardimedi di pagamento negli stati membri dell’Ue ci consegna la maglia neraeuropea: l’italia, infatti, è ultima nella classifica europea (186 giorni),nettamente staccata dal raggruppamento degli altri stati del sud europeo(dai 154 ai 95 per grecia, spagna e Portogallo), e lontanissima dal con-testo dei Paesi traino dell’economia europea (Francia, regno Unito, ger-mania, tutti compresi tra i 70 e i 35 giorni di attesa). nella sostanza,accade che per uno stesso servizio prestato da un privato in germania oin italia, il fornitore dei primi abbia certezza di ottenere il pagamentoentro un mese e mezzo, mentre nel caso dei secondi può dover aspettare

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fino a 9 mesi. Va da sé che i fornitori dei primi potranno confidare in unabilancia dei pagamenti in attivo, mentre nel caso dei secondi i privati do-vranno ricorrere a ulteriori forme di apertura creditizia.

e se in europa la bilancia dei pagamenti ancora insoluti si attesta a 300miliardi di euro, pari al debito pubblico della grecia, in italia il fenomenoriguarda 2,5 punti di Pil: una cifra reale pari al doppio dell’intero stanzia-mento di bilancio a favore delle politiche per la ricerca. e un ammontaredi debiti che sta progressivamente strozzando la tenuta, per non dire lacompetitività, delle nostre piccole e medie imprese nel contesto europeo.

Per queste ragioni, all’inizio del 2010 la Commissione europea ha resonota una proposta di direttiva per rivedere i criteri di definizione dei tempidi pagamento, il calcolo degli interessi di mora, la fissazione delle clausolecontrattuali ammissibili, la definizione dei canali di comunicazione e dif-fusione dei vantaggi derivati dal nuovo provvedimento. Una proposta - sinoti bene - che è stata successivamente modificata, e in meglio, dal Par-lamento europeo: 30 giorni massimo per i pagamenti, estendibili a 60solo nel caso dei contratti di fornitura del comparto medico-sanitario; in-teressi di mora maggiorati dell’8%; esplicita esclusione delle clausole con-trattuali gravemente inique, quali ad esempio quelle che escludono lapossibilità di ricorso - da parte del creditore - agli interessi di mora o allesomme di recupero, o ancora alla fissazione di una tempistica di paga-mento difforme a quella contemplata dalla direttiva stessa.

rimane un punto, uno solo, che la direttiva avrebbe potuto affrontarein maniera più compiuta: la cogenza della norma, ossia l’automatismodella procedura di morosità nei confronti del debitore. oggi, la pubblicaamministrazione morosa sa che il fornitore, verosimilmente, non ri-schierà di compromettere i rapporti commerciali con il settore pubblicoavviando procedure legali per il recupero dei crediti. Aprire un conten-zioso con la pubblica amministrazione sulle fatture inevase, infatti, vuoldire in altre parole compromettere determinate relazioni pubblico-pri-vato che le PMi hanno tutto l’interesse a confermare, e anzi a rinvigorire.Accade, però, che questo sia un problema tutto italiano, dal momentoche già oggi le PMi europee nei quattro angoli dell’europa riescono agil-mente a contrattare e concordare con il pubblico nuove scadenze senzail bisogno di ricorrere ai contenziosi di natura giudiziaria.

l’introduzione di una norma siffatta avrebbe dunque appesantito l’in-

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tero regime dei pagamenti e della gestione dei contenziosi in europa,rappresentando una esigenza effettiva per il solo contesto italiano.

e’ per questa ragione che noi deputati italiani del gruppo s&d, as-sieme agli altri colleghi dell’Alleanza Progressista dei socialisti e demo-cratici, abbiamo chiesto con forza che gli stati membri si impegnasserorapidamente a recepire la nuova direttiva. e poi, nel caso della trasposi-zione della direttiva in legge dello stato italiano, che il legislatore nazio-nale introduca quei contrappesi correttivi - come per l’appunto ilprincipio della cogenza della norma - in grado di sottrarre le nostre PMialla dinamica commercialmente ritorsiva che tante pubbliche ammini-strazioni italiane esercitano per assicurarsi tempi di pagamento dilatati.

la direttiva pubblicata sulla gazzetta ufficiale dell’Ue entro il mese digennaio 2011, e da allora gli stati membri avranno a disposizione nonpiù di 24 mesi per il suo pieno e coerente recepimento.

l’italia ha dunque la possibilità di rimettere le PMi in carreggiata, as-sicurando loro pagamenti certi ed equi. staremo a vedere se il governovorrà imprimere a questo nuovo provvedimento quella accelerazione chenoi deputati europei siamo riusciti ad ottenere soltanto al termine di unestenuante negoziato con il Consiglio. Una accelerazione dell’approva-zione della norma che è di specifico e particolare interesse proprio del-l’italia, e che le nostre piccole e medie imprese considerano un salto diqualità importante verso un regime di rapporti pubblico-privato in lineacon gli altri stati europei.

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industria verde,una scommessatutta da giocare per un futuro sostenibile

di MARio PiRiLLo

Anche il recente vertice onu sul Clima di Cancun ha dimostrato comela grande scommessa per il futuro non solo dell’europa passi attraversol’effettivo taglio dell’emissione nell’atmosfera.

il pur limitato risultato che si è raggiunto proprio nel corso del Cop 16(dichiarazione di impegno a ridurre le emissioni di Co2 fra il 25% ed il40%) rappresenta, infatti, la dimostrazione che tutti i Paesi del Mondohanno confermato che la strada da seguire per invertire il fenomeno delsurriscaldamento del Pianeta passa attraverso appunto l’abbattimentodelle emissioni dei gas a effetto serra. Un risultato che, seppur per il mo-mento raggiunto non con un accordo giuridicamente vincolante, con-ferma appieno quello che già vent’anni addietro con il Protocollo di Kyotosi era stabilito: avviare politiche di riduzione dei gas per garantire un fu-turo sostenibile per l’intero Pianeta. in questo senso l’europa ha dimo-strato fin da subito di credere in questo assioma assumendo degliimpegni importanti tesi a centrare gli obiettivi che proprio da quel Pro-tocollo derivavano. tra tutti quelli di tagliare le emissioni del 20% entroil 2020. Un risultato che, stando anche all’ultimo rapporto sullo statodell’Ambiente, sembra proprio alla portata di mano per l’europa: già nel2009 quelle prodotte dai 27 stati membri erano il 17% in meno rispettoal livello registrato nel 1990. tanto da spingere lo stesso Parlamento eu-ropeo ad approvare, il 25 novembre scorso, la risoluzione sulla conferenzasul cambiamento climatico di Cancun (CoP 16) che ha stabilito per l’eu-ropa un nuovo target di riduzione delle emissioni dal 20% al 30%.

Vedremo se l’Unione europea vorrà anche questa volta essere pionieradi un impegno così forte che ovviamente imporrà regole più stringenti

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soprattutto nei sistemi produttivi dei Paesi Membri che dovranno pun-tare sempre di più su sistemi innovativi di produzione, su scelte energe-tiche intelligenti e su nuovi meccanismi di sostegno delle aziende piùvirtuose. in questo senso la direttiva sulle emissioni industriali, appro-vata dal Parlamento europeo lo scorso luglio, rappresenta uno degli stru-menti messi in campo dall’Ue valido per centrare l’obiettivo. Questadirettiva, infatti, raggruppa perfezionandoli sette diverse legislazioni tracui quella centrale dell’iPPC (integrated Pollutuin Prevention and Con-trol) che aumenta le “prestazioni ambientali” delle infrastrutture indu-striali soggette ad autorizzazione. grazie a questa nuova direttiva, lastrada verso un sistema industriale sempre più orientato nella direzionedi una maggiore sostenibilità ambientale in europa sembra essere piùagevole. la direttiva, oltre a stabilire regole più chiare da seguire, im-pone, per gli impianti esistenti, già coperti dalla direttiva iPPC, a doverutilizzare le migliori tecniche disponibili sul mercato per ridurre i possi-bili danni all’ambiente per poter ottenere il permesso di svolgere la pro-pria attività. Ma certamente un ruolo chiave per raggiungere risultatiancora più importanti in tema di green industry potrà continuare a svol-gere l’emission trading sistem (eU ets). il meccanismo, messo in piedidalla direttiva 2003/87/Ce, prevede un sistema di scambio di quote diemissioni di gas a effetto serra tra i Paesi membri attraverso la vendita,appunto, dei diritti in eccesso che derivano da una riduzione delle proprieemissioni in atmosfera rispetto agli impegni assunti in base al protocollodi Kyoto. Un meccanismo che, di fatto, ha permesso già di ottenere ottimirisultati proprio nell’obiettivo generale del raggiungimento praticamentedei livelli di riduzione dei gas serra fissati a Kyoto. i contenuti stringentidi questo sistema che, nel corso degli anni, ha coinvolto molti settori delsistema produttivo europeo, può senza dubbio contribuire a vincere lascommessa di coniugare sviluppo e sostenibilità per le aziende europee.e’ importante ricordare, in questo senso, che l’europa è intervenutaanche nel settore automobilistico per cercare di ridurre l’emissioni diCo2. grazie, infatti, alle normative europee ora le nostre auto consumanoed inquinano meno. Certo all’inizio si è trattato di iniziative non graditeall’industria ma che hanno portato enormi vantaggi all’ambiente e in-dotto le aziende automobilistiche ad importanti investimenti in terminidi innovazione e di ricerca.

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Ma la strategia più importante per vincere la grande scommessa di co-niugare difesa dell’ambiente e crescita economica rimane soprattutto le-gata alle scelte future che l’europa dovrà adottare in tema di politicheenergetiche. su questo tema, vista la dipendenza del sistema produttivoeuropeo dalle importazioni dall’estero, la strada per l’Ue non è affattosemplice da percorrere. ed impone, proprio per questo, maggiore atten-zione ed anche maggiori sacrifici. la strada da seguire resta quella di in-crementare le risorse di bilancio destinate alle politiche energetiche econseguentemente climatiche. Una scelta coraggiosa, soprattutto in con-siderazione degli impegni che l’europa sta già sostenendo per conteneregli effetti della crisi economica e che va adottata per consentire lo svi-luppo e la modernizzazione delle reti energetiche paneuropee e l’elabo-razioni di sistemi energetici a basse emissioni di carbonio. obiettivi giàrinvenibili nelle strategie europee in materia e che per questo devonocontinuare a rappresentare la bussola delle future politiche energetichedell’europa. il sacrificio in termini di investimenti di risorse finanziarein progetti di ricerca e sostegno di nuove fonti energetiche alternative aquelle di origine fossile saranno compensati non solo e soltanto dal rag-giungimento di nuovi traguardi in termini di riduzione di emissioni digas serra ma nell’incremento della capacità di competere dell’intero si-stema produttivo europeo. Maggiore sarà, infatti, l’autonomia energeticadei nostri sistemi produttivi maggiore sarà anche la loro possibilità dicrescita in termini economici e conseguentemente occupazionali. in que-sto senso ritengo che investire nell’energia a basse emissioni e nell’effi-cienza energetica può essere, soprattutto in un periodo di crisi comequesto, un volano per rilanciare non solo l’economia ma anche la crea-zione di nuovi posti di lavoro e nuove professionalità. si pensi, ad esem-pio, a tutte quelle figure professionali di cui una “green society” habisogno: certificatori energetici, tecnici di pannelli solari, energy mana-ger, etc. ed alla stessa logica risponde anche l’avvio di quegli interventitesi a realizzare edifici con una maggiore efficienza energetica. interventiche, senza dubbio, possono rilanciare un settore, come l’edilizia, tra icomparti che ha risentito maggiormente della crisi economica.

Per questo sono convinto che i benefici per l’europa che deriverannoda scelte che puntino a creare un modello produttivo sostenibile, alla fine,saranno più alti di qualsiasi altra strada intrapresa. occorre quindi che

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l’Unione europea mantenga il suo primato non solo nell’imposizione dinuovi e più ambiziosi obiettivi da raggiungere in tema di riduzione del-l’emissioni, come ha fatto con il target del 20-20-20, ma anche nell’avviareuna industria verde e divenire così modello a livello mondiale. l’alterna-tiva sarebbe un doloroso passo indietro che non danneggerebbe solo l’am-biente ma anche la stessa possibilità di sviluppo futuro dell’europa.

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immigrazione:conosciamo i fattie le leggi

Crisi e processi in atto nel Mediterraneo

la complessità della situazione dei flussi dai Paesi del Mediterraneo,anche a causa dei profondi cambiamenti in atto in molti Paesi e del con-flitto in libia, ci pone di fronte al compito straordinario di come affrontaree gestire tale situazione, sia in chiave nazionale, che in chiave europea.

C’è molta confusione, anche creata ad arte, tra le diverse misure suidiversi piani, che richiedono chiarezza, ma anche sintonia e coerenza trapolitiche nazionali e politiche comunitarie.

Così non è, e la mancata risposta sia a roma che a Bruxelles sta cre-ando sull’Unione europea un giudizio non fondato e una valutazione cri-tica che sposta il problema dalle prime e principali responsabilità.

Pensiamo dunque di fare chiarezza, ribadendo alcuni punti chiave, siasotto il profilo giuridico che politico.

1 - Flussi migratori verso l’UE

in provenienza dai Paesi della sponda sud:

precedenti eventi analoghi

dall’inizio dell’anno i processi in atto nei Paesi della sponda sud delMediterraneo e, successivamente, il conflitto in libia, hanno prodottomovimenti di popolazione in tutta l’area e verso l’europa.

secondo la commissione europea e l’UnHCr circa 430.000 personehanno lasciato la libia in fuga dal conflitto trovando rifugio e accoglienzanei Paesi vicini, in particolare in egitto e in tunisia. grazie allo sforzodelle autorità tunisine ed egiziane, con il sostegno dell’UnHCr e dell’Uemolte di queste persone sono state rimpatriate, mentre restano alcunemigliaia di cittadini in particolare del Bangladesh, somalia, eritrea,Costa d’Avorio e dal darfur per i quali occorre trovare una soluzione.

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riguardo all’italia, i migranti arrivati ad oggi sono circa 20.000 se-condo i dati della Commissione europea, di Frontex e dell’UnHCr. i mi-granti provengono per la maggior parte dalla tunisia e in misura minoredalla libia (circa 1000) o da altri Paesi della regione (somalia,…).

la Commissione, per altro, in una lettera indirizzata al Ministro Ma-roni, ha sottolineato che, “come è stato indicato da parte italiana, i mi-granti irregolarmente entrati sul territorio italiano sono nella stragrandemaggioranza migranti economici, non richiedenti asilo, quindi suscetti-bili in tempi brevi di essere rinviati in tunisia”.

Fenomeni della stessa entità o molto maggiori si sono verificati in que-sti anni a seguito di altre crisi e hanno portato in vari Paesi dell’Unioneeuropee decine a volte centinaia di migliaia di profughi, di rifugiati o co-munque di migranti (si pensi ad esempio al Kosovo dal 1996 al 1999).Ciò è accaduto in altri Paesi: nel 2010 in germania i richiedenti asilosono stati germania 48490, 51595 in Francia e 31875 in svezia.

Ciò dimostra che ogni stato membro dell’Unione europea ha vissutosituazioni simili e ha saputo affrontarle e gestirle direttamente.

Questo spiega una parte delle posizioni di alcuni stati Membri che ri-tengono che i flussi verso l’italia siano gestibili dal solo stato coinvolto ,con l’aiuto, seppur solo finanziario, dell’Unione europea ed eventual-mente - come accaduto a lampedusa - rafforzando la rete Frontex.

2 - Cosa si e’ fatto in italia

all’inizio della crisi

A livello nazionale il governo ha da un lato allarmato l’opinione pub-blica con la previsione di “esodi biblici”,chiamando indistintamente tuttigli africani sbarcati in italia “clandestini”,quindi privilegiando l ´aspettolegale,in ossequio al “reato di clandestinita’ (con l ́ unico obiettivo di rim-patriarli e di qui le condizioni inaccettabili in cui sono stati tenuti mi-gliaia di profughi a lampedusa per settimane, per creare paura etensione ) ; e dall’altro, è rimasto a lungo inerte, ha tergiversato prima dichiedere un intervento della Ue.

Peraltro le divisioni reali nella maggioranza, l’incertezza e l’incapacitànell’agire e la prevalenza dell’orientamento della lega hanno fatto cullarenell’illusione che un’azione di rimpatri collettivi fosse possibile e fosse anche

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l’esempio per dimostrare una “durezza” degna di un governo con la lega.si è perso tempo prezioso che sarebbe stato quello opportuno per chie-

dere subito l’attivazione, a livello europeo, della direttiva 55/2011 e perconvincere politicamente, con un’azione diplomatica adeguata verso tuttigli interlocutori (Commissione e stati membri del Consiglio) e per far sìche l’interpretazione della direttiva ricomprendesse questo tipo di flussomigratorio che non è esattamente quello previsto dalla direttiva stessa(cioè il massiccio afflusso di persone in fuga da guerre e violazione deidiritti fondamentali).

Peraltro i rapporti con la Commissione si sono svolti a mezzo stampa,con invettive o proclami che non sono certo lo stile di lavoro delle istitu-zioni comunitarie.

A metà febbraio si è chiesto l’intervento di Frontex, cioè molto tardi.

3 - Cosa ha fatto l’Unione europea

all’inizio della crisi

la Commissione europea, su richiesta formale dell’italia ha dispostole seguenti misure:

• attivazione di Frontex, che ha lanciato l’operazione congiunta Her-Mes per assistere l’italia nel monitoraggio delle frontiere marittime,nel controllo delle imbarcazioni e nello screening a terra delle per-sone giunte per mare ai fini principalmente della loro di identifica-zione. il ritardo nell’attivare i centri di accoglienza e soprattutto losmistamento dei migranti sulla penisola ha reso le operazioni moltodifficoltose.

• attivazione di europol, che ha inviato in italia un team di esperti persostenere le autorità di polizia nell’identificazione di possibili reti cri-minali all’interno dei flussi misti;

• attivazione e sblocco di 25 M eUr, mobilitati dal Fondo Frontiere edal Fondo europeo per i rifugiati, da allocare in base a richieste for-mali degli stati membri. l’italia ha richiesto, con ritardo, lo stanzia-mento dei fondi, poiché il loro utilizzo è sottoposto a condizioniprecise riguardo alle procedure di frontiera e all’accoglienza dei ri-chiedenti asilo.

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4 - Cosa fa ora l’italia: la protezione

temporanea italiana

di fronte al continuo aggravarsi della situazione, di fronte all’impos-sibilità giuridica e politica di procedere a rimpatri collettivi, il governoforzatamente ha deciso di concedere ai migranti giunti in questi mesi laprotezione temporanea ai sensi dell’articolo 20 del testo unico sull’im-migrazione (dlgs 286/1998) è stata accettata dalla lega nord con moltadifficoltà.

in particolare, la decisione è stata accompagnata pubblicamente amezzo stampa, per esigenze politiche, dalla motivazione che il permessorilasciato avrebbe dato la possibilità ai migranti di circolare liberamentenella zona schengen e quindi di lasciare l’italia.

e qui c’è uno degli errori o degli imbrogli più clamorosi: non si puòutilizzare una legge italiana dandole valore di diritto comunitario, cioèfacendola valere in tutti gli stati membri.

infatti il diritto comunitario vale in tutti gli stati, ma non viceversa: ènecessario che il diritto degli stati sia compatibile con quello europeo,ma non per questo è direttamente applicabile negli altri Paesi!

e così il nostro permesso di soggiorno temporaneo è compatibile conle norme comunitarie, ma vale per il nostro territorio nazionale e per es-sere utilizzato nell’area schengen deve rientrare nelle regole di schengen,ovvero deve rispettarne i criteri previsti. e’ ovvio.

5- Riflessi europei

schengen è infatti un’area di libera circolazione, ma per i cittadini co-munitari. Questo è stato un artifizio utilizzato per far digerire il provve-dimento e illudere che tutti o la maggior parte degli immigrati sarebberoandati verso altri stati.

la reazione dei governi di Francia e germania (entrambi di centro de-stra e quindi affini al nostro governo, che avrebbe potuto preventiva-mente trovare con loro una soluzione politico/diplomatica) è stata moltoferma nel senso di ribadire quanto sancito dal Codice Frontiere schen-

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gen: il permesso di soggiorno italiano non dà automaticamente dirittoai migranti di varcare le frontiere e stabilirsi in un altro Paese membro.le autorità nazionali possono verificare, in particolare, se la personaabbia un documento valido, i mezzi di sussistenza per tre mesi e non co-stituisca un pericolo per l’ordine pubblico, così come ritengono le regoleschengen.

la Commissione europea ha ribadito l’assenza di ogni automatismoin una lettera inviata lunedì 8 aprile al Ministro dell’interno Maroni.nella lettera inoltre si sottolinea come lo stesso “decreto del Presidentedel Consiglio dei ministri subordina la libera circolazione al rispetto dellenorme e condizioni in vigore, escludendo quindi già di per sé ogni auto-maticità legata al permesso di soggiorno in questione”.

Al Consiglio dei Ministri gAi dell’11 aprile non si è registrata la mag-gioranza necessaria all’attivazione della direttiva 55/2001 e i ministrifrancese, tedesco e spagnolo hanno fortemente criticato la logica insitanella proposta italiana. tuttavia al punto 4 delle Conclusioni si incoraggial’intenzione della Commissione a mettere a disposizione ulteriori risorsefinanziarie a favore degli stati membri o di Frontex in tempi brevi se ne-cessario. inoltre, il Consiglio Affari generali del 12 aprile al punto 6 rife-rito alla situazione in libia ha sottolineato che “richiamando leConclusioni del Consiglio europeo del 24 e 25 marzo e le Conclusioni delConsiglio Affari interni dell’11 aprile, l’Ue e i suoi stati membri sonopronti a dimostrare la loro concreta solidarietà agli stati Membri diret-tamente coinvolti da movimenti migratori e a provvedere il necessariosupporto a seconda dell’evoluzione della situazione”.

6 - Cos’e’ la direttiva 55/2001 e come si attiva:

valutazione del comportamento del Governo

italiano

la della direttiva 55/2001 definisce le condizioni per il rilascio dellaprotezione temporanea in caso di afflusso massiccio di persone in fugada guerre o da violazioni dei diritti fondamentali.

la direttiva è stata varata a ridosso della crisi del Kosovo per fare

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fronte in modo solidale a quel tipo di emergenze. Per attivarla è necessa-ria una proposta della Commissione al Consiglio, che ne definisca i re-quisiti materiali (sussistenza dell’afflusso massiccio e dei motivi di fuga)e che deve essere adottata dal Consiglio a maggioranza qualificata.

la direttiva contiene un meccanismo di solidarietà su base volontaria,in base al quale gli stati membri, nell’adottare la decisione sulla prote-zione temporanea, possono indicare disponibilità numeriche di acco-glienza delle persone in questione.

Va ricordato che il Parlamento europeo (e noi del gruppo s&d in par-ticolare) ha subito chiesto l’attivazione della direttiva, nel dibattito tenu-tosi in aula a febbraio, ma il Parlamento non ha il potere formale diattivare la richiesta: questa toccava al nostro governo. Ma, lo ribadiamo,il governo italiano, diviso al suo interno, non ha lavorato in seno al Con-siglio per preparare il terreno per ottenere la maggioranza necessaria, néha formalmente chiesto alla Commissione di attivare la direttiva, se nonlunedì 8 aprile, in concomitanza con la decisione del governo italiano diattivare l’articolo 20 del testo Unico sull’immigrazione, che prevede il ri-lascio di un permesso nazionale di protezione temporanea. Con ciò cre-ando sovrapposizione e confusione delle due procedure. Anzi si potrebbedire che a questo punto l’attivazione della direttiva più che una richiestadi condivisione di responsabilità, è parsa l’escamotage per scaricare suglialtri Paesi il problema, come si è tentato con il ricorso all’articolo 20 ealla protezione temporanea.

Questo non ha certo migliorato i rapporti tra gli stati e ha peggioratola situazione.

la Commissione europea, infatti, ha sondato informalmente la dispo-nibilità dei governi nazionali ad attivare la direttiva 55/2001, senza suc-cesso. in assenza di una maggioranza necessaria (solo Malta e italia afavore), la Commissione ha ritenuto di non attivare la direttiva in questafase, anche per la difficoltà di sostenere in modo inequivoco la sussistenzadel requisito dell’afflusso massiccio e della fuga da guerre e violenze.

7- Cosa dovrebbe fare l’Unione europea: una nuova

politica di immigrazione e asilo

la gestione irresponsabile della crisi da parte del governo italiano non

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toglie l’evidenza della mancanza di una risposta politica forte dell’Unioneeuropea nel suo insieme.

il problema di fondo sta nella pressione migratoria che deve essere af-frontata attraverso uno sviluppo locale che avrà anche riflessi determi-nanti nello sviluppo del nostro sud e di tutto il sud dell’europa. Questoè il nostro compito dopo aver curato l’ingresso dell’europa dell’est nel-l’Unione. dopo Barcellona e l’Unione del Mediterraneo che sono risultateessere solo belle parole, dobbiamo ora assicurare la definizione di un par-tenariato forte che ci porti ad una vera collaborazione con la sponda me-ridionale del Mediterraneo

il partenariato da costruire è politico e insieme culturale economico edovrà comprendere molti campi e capitoli di collaborazione. Un’idea chesi può lanciare fin d’ora, ma che naturalmente va costruita con grandecompetenza e valutazione di tutti gli aspetti implicati, deve riguardare ilcampo energetico, per costruire una collaborazione che porti a utilizzarenon solo le risorse petrolifere e di gas del sottosuolo africano, ma anchee soprattutto le risorse solari e rinnovabili che quei territori possono of-frire per il loro e nostro sviluppo, dando così un importante contributonon solo al fabbisogno energetico, ma anche alla lotta al cambiamentoclimatico.

i processi in atto nel Mediterraneo richiedono un ripensamento stra-tegico della politica di immigrazione e asilo, mettendo il tema della mo-bilità condivisa nel quadro di nuovi partenariati politici con i Paesi diorigine e transito dei flussi migratori.

la politica di ingresso e riammissione non può più essere pensata inmodo unilaterale, ma va negoziata in forma di partenariati di mobilitàconcordati con i Paesi della sponda sud, che rispondano a esigenze dientrambe le parti, facilitino l’ingresso regolare per lavoro e la migrazionecircolare, in un processo dove i migranti da un lato, e le seconde genera-zioni residenti nell’Ue dall’altro diventano attori di sviluppo, portatoridi responsabilità, ma anche di diritti.

la portabilità dei diritti (diritti fondamentali, diritti sociali e previ-denziali, equipollenza dei titoli di studio, diritti di cittadinanza), il ruolodelle rimesse, possono essere parte di una nuova politica europea perl’immigrazione, che tenga insieme in questo quadro anche la riammis-sione degli irregolari e la lotta al traffico di esseri umani. Una proposta

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concreta da condividere con gli altri stati membri potrebbe essere quelladi prevedere un programma di borse di studio da suddividere in tuttaeuropa per studenti e apprendisti al fine di migliorare le loro conoscenzetecniche e professionali per poi fare rientro nei rispettivi paesi.

il valore aggiunto politico dell’azione dell’Unione può esplicarsi nelrapporto con i Paesi di origine e transito e nella definizione di misure le-gislative a sostegno di questo nuovo quadro.

la Commissione ha avviato già un dialogo strutturato con egitto e tu-nisia, nel quadro di un partenariato per l’immigrazione, la mobilità e lasicurezza e si sta quindi muovendo su questa linea.

la commissaria Malmström ha avanzato alcune già proposte concreteper il breve e medio termine al Consiglio dei Ministri gAi dell’11 aprilee presenterà un pacchetto di misure al consiglio gAi di giugno, sullequali il Parlamento può attivarsi nei prossimi mesi, a partire dalla previ-sta comunicazione su un approccio globale all’immigrazione, che usciràa maggio.

8 - Le considerazioni politiche

Come però ha sottolineato il Presidente del Consiglio europeo Vanrompuy, in un’intervista su Avvenire “le misure dell’Ue non sono suffi-cienti” e si dovrebbero “sviluppare nuove partnership o rafforzare quellegià esistenti con i paesi del vicinato meridionale”.

Va chiarito comunque che quando diciamo Unione europea inten-diamo non già un’entità esterna e estranea agli stati, ma il risultato chela politica degli stati membri e le diverse istituzioni porta avanti. se oggil’Unione europea si mostra poco lungimirante è anche dovuto al fattoche la maggior parte dei Paesi è guidata da governi di centro destra chevogliono un’europa “minima” o di taglio intergovernativo, che metta inprimo piano gli interessi nazionali e che è restia a dare nuove e pienecompetenze per rafforzare l’unità e l’integrazione dell’europa. Ciò valeanche per il governo italiano: non si può invocare l’europa dopo averneindebolito e logorato il ruolo, le competenze e l’azione.

C’è un legame profondo tra ciò che si semina nel proprio Paese e ciòche si raccoglie in europa.

noi registriamo, infatti, il fallimento della politica di immigrazione del

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governo italiano in italia e in europa. dopo avere per anni predicato lachiusura delle frontiere schengen, avere introdotto il reato di immigra-zione clandestina e avere praticato i respingimenti collettivi grazie all’ac-cordo con la libia, ora il governo italiano si trova a dover mendicare ilsostegno dell’europa, a dover disapplicare il reato di immigrazione clan-destina e a dover effettuare quella che di fatto è una sanatoria, per pro-vare a gestire l’accoglienza in modo efficace. noi siamo il Paese che nonha ratificato ben tre direttive sull’immigrazione: con quale credibilità(vorremmo dire con quale faccia) l’italia chiede ora una politica europeacomune per l’immigrazione?

non c’è autorevolezza né credibilità del nostro Paese in europa: è beneche si sappia.

non siamo autorevoli per ragioni facilmente intuibili e soprattutto per-ché proprio su questa materia abbiamo dimostrato di portare avantiscelte diverse da quella solidarietà che oggi invochiamo dagli altri stati.

tutti possiamo ben immaginare, ma lo immaginano anche a Bruxelles,come avrebbe reagito l’italia se fosse stato un altro Paese a chiedere lacondivisione dell’accoglienza degli immigrati.

infine un’altra considerazione va fatta e riguarda il significato politicodi queste posizioni: l’atteggiamento di sarkozy, della Merkel e di altriPaesi rispecchia il loro orientamento politico conservatore, ma è lo stessodel governo italiano.

la critica che oggi la maggioranza di governo fa all’europa è la criticache noi del Pd nel gruppo s&d facciamo (ma con coerenza), quandochiediamo più integrazione, più unità, quando chiediamo più europa,che non significa più regole burocratiche, ma più solidarietà, più occu-pazione, più dimensione sociale, assieme ai diritti e alla crescita.

se l’europa avesse un orientamento prevalente come quello che noiesprimiamo politicamente, se in sostanza l’europa fosse governata daforze di centro sinistra, le risposte che oggi tutti (governo e Parlamentoitaliano, sindacati e forze economiche, la stessa Chiesa) chiedono sareb-bero già state date.

I parlamentari della Delegazione del PDnel Gruppo S&D al Parlamento Europeo

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doCUMENti

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il metodo dell’Unione: tra comunitario e intergovernativo

di ANGELA MERKEL

discorso apertura anno accademico del Collegio d’Eu-ropa di Bruges

È un grande onore per me unirmi a voi in apertura del 61esimo annoaccademico del rinomato Collegio d’europa di Bruges. sono particolar-mente lieta di aprire l’ anno in onore di Albert einstein. dico questo nonsolo perché sono un fisico per formazione, ma anche perché si è sceltoun grande scienziato che ha modificato radicalmente la nostra prospet-tiva sul mondo così come la nostra comprensione dello spazio e deltempo, di massa ed energia. Anche se voi studiate qualcosa di completa-mente diverso, vale la pena passare un po’ di tempo ad analizzare la finedel diciannovesimo secolo e l’ inizio del XX. Ciò avvenne quando MarieCurie scoprì la radioattività. Poi venne Albert einstein con la teoria dellarelatività, seguiti dalla fisica quantistica - il lavoro, per esempio, di nielsBohr - che ha completamente cambiato il nostro intero modo di pensaredeterministico.

È molto interessante il fatto che un grande scienziato come Albert ein-stein abbia lottato tutta la sua vita per capire un altro regno importante,quello della meccanica quantistica, anche se molte quantità sono stret-tamente collegate tra loro. Questo ci ricorda quanto sia difficile passareda una visione del mondo familiare a una nuova visione sotto forma dinuove conoscenze scientifiche. Questo rivela i confini - i confini della ra-gione umana e i confini di un’era particolare, i confini che le grandi per-sone superano ogni volta. Quando si è poi in grado di pensare, agire ecercare all’interno di questo nuovo spazio, tutto sembra improvvisamentecosì semplice, non si può più nemmeno capire come abbia potuto essereinaccessibile alle generazioni precedenti.

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Questo avviene anche a noi quando parliamo di europa. noi, all’in-terno degli stati membri dell’Unione europea stiamo vivendo un pro-cesso in cui sempre meno siamo divisi dai confini. Facciamo fatica aimmaginare come un ‘europa, dove gli stati nazionali hanno combattutouno contro l’altro per secoli, avrebbe potuto esistere. lasciatemi dire al-lora che nessun’altra generazione precedente è stata in grado di sfruttarele opportunità offerte dall’ europa.

Poiché sappiamo come inestimabilmente preziose siano la libertà e lademocrazia, vediamo anche come i cambiamenti epocali del 1989-1990hanno ampliato i nostri orizzonti. dopo 20 anni, tuttavia, molte dellecose avvenute sono considerate quasi normali nella libertà e nella demo-crazia di oggi ma che una parte dell’ europa una volta anelava. Permet-tetemi di dire che la mia generazione - i primi 34 anni della mia vita sonostati caratterizzati da mancanza di libertà, dal dispotismo e dalla ditta-tura - è cambiata notevolmente negli anni intorno al 1989-1990. improv-visamente abbiamo avuto la chance di vivere in libertà. non è stata solol’esperienza di quei tedeschi che vivevano nella germania orientale - maè stata anche un’ esperienza europea. la riunificazione tedesca non è pen-sabile senza l’integrazione europea. Helmut Kohl, che come Cancellierefederale determinò il ruolo della repubblica Federale nella germaniaunita, aveva detto per decenni che l’unità tedesca e l’integrazione europeasono due facce della stessa medaglia. egli era nella felice posizione di es-sere personalmente in grado di contribuire a definire questa unità, unsogno di cui aveva parlato per anni.

noi sappiamo che l’unità tedesca, nella pace e nella libertà, sarebbe statainconcepibile senza il contributo del movimento per la libertà in europacentrale e orientale. ecco il perché la presenza di un Collegio d’europa nonsolo qui a Bruges, ma anche vicino a Varsavia, a natolin, è simbolicamentesignificativa. sappiamo che un tale sviluppo nel blocco orientale sarebbestato assolutamente impossibile senza un movimento di solidarietà.

noi tedeschi adesso sappiamo che durante il periodo della riunifica-zione tedesca, in noi è stata riposta, sorprendentemente, grande fiducia.non solo perché i tedeschi dell’est sono stati coraggiosi e Helmut Kohl èstato lungimirante, ma è stato anche il fatto che il Cancelliere dell’unitàtedesca è stato soprattutto una persona che godeva di grande fiducia nelmondo - in europa e negli stati Uniti d’America. sappiamo quanta fidu-cia ci sia stata concessa.

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ecco perché è evidente che la germania, la più grande economia eu-ropea, ha una responsabilità particolare per il nostro continente. Pensoche abbiamo notato questo particolare negli ultimi due anni, durante lamassiccia crisi finanziaria ed economica internazionale. Questa prima-vera, solo pochi mesi fa, noi, come l’Unione europea, eravamo sull’orlodi un precipizio. solo attraverso un notevole e concertato sforzo è statopossibile evitare danni all’ unione monetaria.

in quel momento ho agito per la germania come Cancelliere tedesco,ma anche come una convinta sostenitrice dell’ europa. Proprio perchéio credo nell’ europa, ho proposto che il mio Parlamento, il Bundestagtedesco, prendesse percorsi inusuali e fino a poco fa inimmaginabili, alfine di aiutare la grecia e quindi a garantire la stabilità della zona euronel suo complesso. Mi ha spinto a farlo il progetto europeo. Questo èl’unico motivo per cui ho deciso di implementare una soluzione a brevetermine per il pacchetto di salvataggio, nonché riforme ambiziose e pro-grammi di austerità severe per la grecia e altri paesi. Ho affrontato severecritiche per questo: per alcuni è avvenuto troppo lentamente, per altritroppo velocemente. Ma credo che fosse la cosa giusta, da un lato, insi-stere affinché i paesi che hanno provocato una crisi debbano loro stessiintraprendere delle azioni in futuro e, dall’altro, per rendere chiaro chedobbiamo assumerci una responsabilità comune europea. Penso che tuttioggi in europa sono d’accordo sul fatto che, nel complesso, questo era ilmodo giusto per far risalire l’europa dal baratro in cui era caduta. Moltoera in gioco. Questa primavera nel Bundestag tedesco, ho detto: “se l’euronon riesce, l’europa non è riuscita.” ecco perché è così incredibilmenteimportante garantire la stabilità a lungo termine dell’Unione monetariain modo che possiamo continuare a sviluppare le nostre visioni di un’eu-ropa condivisa.

Quali sono queste visioni? È la visione di un’unione che gode di suc-cesso duraturo attraverso un modello di vita e sociale che unisce la forzacompetitiva con la responsabilità sociale. Come abbiamo visto nella crisifinanziaria internazionale, quando la vita è governata dagli eccessi delmercato, non abbiamo un modello sociale giusto e guidiamo l’economiaalla rovina. ecco perché l’equilibrio tra la forza economica e la responsa-bilità sociale è così importante. ecco perché abbiamo sancito l’economiasociale di mercato nel trattato di lisbona.

la visione dell’ europa è la visione di un unione che è decisiva, uniti e

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così convinti nel perseguire i propri interessi nel mondo. Questa Unioneeuropea si fonda sui valori: libertà, responsabilità e dignità della persona.e ‘nostro compito sostenere questi valori in un mondo in cui non tuttisono in grado di farlo - difenderli cioè in una comunità di 500 milioni dipersone. È la visione di una unione che affronta con coraggio le grandisfide del nostro secolo - che si tratti di rispetto dei diritti umani, assicu-rare la pace e la stabilità, o proteggere il clima e promuovere un approv-vigionamento energetico sostenibile. Questo significa che dipendiamodalla credibilità dei nostri valori vissuti e, al tempo stesso, dobbiamo con-tribuire a rafforzare la nostra economica.

gli architetti dell’unione economica e monetaria non sono riusciti aprevedere la crisi della scorsa primavera. Ma oggi lo sappiamo: possiamoavere un’Unione europea forte solo se usiamo questa crisi come un pun-golo e un’opportunità. ecco perché ho trascorso le ultime settimane so-stenendo che non ci si limita a mettere alle spalle questa crisi, mapiuttosto è necessario prendere forti misure di prevenzione in modo chela crisi non si ripeta.

naturalmente c’è sempre enorme dibattito pubblico nel momento incui l’europa sta cercando il modo giusto di procedere. il problema fon-damentale è che l’europa deve essere costruita su una solida base. eccoperché abbiamo bisogno di una cultura della stabilità e per questo ab-biamo bisogno di valori condivisi. ecco perché venerdì (29/10/2010) insede di Consiglio europeo abbiamo concordato su nuove strade, che com-prendono anche le sanzioni in collaborazione con il Patto di stabilità, eche coordineranno la politica economica molto più da vicino, e con laquale gli stati membri non possono semplicemente accumulare debiti,ma devono piuttosto adoperarsi per una forza economica ed una stabilitàfinanziaria.

tuttavia possiamo aver bisogno di un meccanismo che ci garantisca dinon dover affrontare un’altra emergenza. ecco perché abbiamo detto chenel caso in cui una simile crisi si ripeta, nel caso in cui l’euro e l’unionemonetaria nel suo complesso siano un giorno di nuovo in pericolo, ab-biamo bisogno di un meccanismo che possa gestire le crisi e che sia an-corato nel trattato. Per questo motivo abbiamo deciso una modificalimitata al trattato.

Ci sono voluti anni per adottare il trattato di lisbona. Appena la re-pubblica federale di germania ha esercitato la Presidenza ho trattato a

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lungo questa questione. nessuno di noi avrebbe preso la decisione di ria-prire i trattati con leggerezza. Ma io credo che l’Unione europea debbaessere in grado di agire e di rispondere alle esigenze di un particolaremomento. non possiamo dire che, siccome ci sono voluti dieci anni permodificare il trattato, siccome c’è stato bisogno di tanto lavoro, la possi-bilità di modificarlo di nuovo in futuro è esclusa. Questa europa non sa-rebbe considerata come capace di tale azione - né dai mercati mondiali,né da parte dei paesi del mondo. ecco perché abbiamo bisogno di unmeccanismo per la crisi e per questo vogliamo includere investitori pri-vati, in modo che possano contribuire con le loro parti. Ciò di cui stiamoparlando è una comprensione della politica in cui la politica non è néspinta né trascinata dall’economia, ma aspira anzi a definire la nostravita in comune. Poiché tale meccanismo richiede un fondamento giuri-dico, abbiamo bisogno anche di una modifica limitata al trattato.

Jean Monnet, il primo cittadino onorario europeo, sapeva che “nullapuò essere raggiunto senza le persone e nulla può resistere senza le isti-tuzioni.”Ciò significa che da un lato dobbiamo cercare il sostegno dellagente e cercare di far sì che questa sia l’ europa che vogliono. d’altra partequesta europa ha bisogno di istituzioni che la rendano in grado di agire.il trattato di lisbona ha posto la struttura istituzionale su nuove fonda-menta. ora, circa un anno dopo l’entrata in vigore del trattato di lisbona,ci troviamo di fronte alla questione di come possiamo migliorare l’inte-razione fra istituzioni.

la crisi economica e finanziaria, ancora una volta ha rivelato quantostrettamente interconnessi siano le nostre economie e le società europee.È inoltre emerso che la divisione del lavoro tra l’Unione e gli stati mem-bri in gran parte ha funzionato. Ma un vecchio modello familiare di ra-gionamento si è insinuato di nuovo nel dibattito, quello che evoca il cosìchiamato metodo comunitario. se si guarda alla storia dell’Unione eu-ropea, vi accorgerete che questo è un termine familiare a molti; è unatraduzione della parola tedesca ingombrante “gemeinschaftsmethode”,che è citato spesso e in molte lingue. esso descrive il diritto esclusivo diiniziativa della Commissione nonché il ruolo del Parlamento europeo edel Consiglio nella legislazione europea.

Come rappresentante di uno stato membro vorrei dire che a volte misembra che i rappresentanti in seno al Parlamento europeo e nella Com-missione europea si considerino i campioni unici del metodo comunitario.

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A volte si definiscono in opposizione ai sostenitori del metodo intergover-nativo. Questi sono gli intergovernamentalisti, per così dire, mentre i con-servatori e protettori del metodo comunitario siedono dall’altra parte.

devo dire che sono piuttosto scettica su questo argomento e ogni voltache lo sento voglio confutarlo poiché credo che non renda giustizia al no-stro modo di cooperare in europa. il metodo comunitario è ovviamenteun modo di descrivere il processo legislativo europeo.

Per prima cosa, non è solo il Parlamento che delibera in materia legisla-tiva, ma naturalmente anche il Consiglio. il Consiglio è parte del processolegislativo europeo ed è composto dai rappresentanti degli stati membri.i rappresentanti della Commissione partecipano alle sue deliberazioni.

in secondo luogo, non va trascurato che il Consiglio europeo, inoltre, faparte dell’Unione europea, è un’istituzione dell’Unione europea. gli statimembri sono elementi costitutivi dell’Unione, non sono i suoi avversari.nel mio discorso di oggi mi piacerebbe davvero cogliere l’occasione per in-vitare a vederci tutti come appartenenti all’europa - gli stati membri cosìcome coloro che rappresentano il Parlamento europeo - che sono anche,tra l’altro, gli stati membri - e coloro che rappresentano la Commissione.Perché solo insieme possiamo essere un’ europa dei cittadini.

in terzo luogo, una particolare soluzione non è, dopo tutto, automati-camente migliore solo perché è stata messa in atto o attuata da istituzionidell’Ue. Fin dall’inizio dell’Unione europea, infatti, il principio di sussi-diarietà ha costantemente svolto un ruolo cruciale. Che cosa significaquesto concetto? significa, per me come politico, fare in modo che i pro-blemi siano affrontati a un livello più vicino possibile ai cittadini. Ciò dicui l’europa dovrebbe occuparsi sono i problemi che devono essere af-frontati da tutti mentre gli stati membri dovrebbero essere interessati aiproblemi che possono meglio affrontare da soli. in caso contrario, l’atti-vità dei politici diventa molto lontana dalle persone comuni.

in quarto luogo, il metodo comunitario può ovviamente essere appli-cato solo nei settori in cui l’Unione europea ha effettivamente compe-tenza. il trattato di lisbona stabilisce che gli stati membri sono iguardiani dei trattati. Questo significa che sono gli stati membri che de-cidono che l’Unione ha competenza su qualcosa, se credono che il pro-blema possa essere meglio trattato a livello europeo. di conseguenza, ilmetodo comunitario non serve a trasferire le competenze a livello euro-peo, è piuttosto un metodo per assicurare che le competenze che sono

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state trasferite siano esercitate bene, in maniera corretta ed efficiente.nei casi in cui non esista una competenza comunitaria, il metodo comu-nitario non può chiaramente essere applicato.

Come Herman Van rompuy, Presidente del Consiglio, ha recente-mente commentato, “spesso la scelta non è tra il metodo comunitario eil metodo intergovernativo, ma tra una posizione europea comune e ilniente.”

in altre parole, una posizione comune europea può essere raggiuntasolo non applicando il metodo comunitario; talvolta una posizione co-mune europea può essere raggiunta applicando il metodo intergoverna-tivo. la cosa fondamentale è che su questioni importanti abbiamoposizioni comuni. se tutte le principali parti interessate - istituzionidell’Unione, gli stati membri e dei loro parlamenti - si completano a vi-cenda, agendo in modo coordinato nei settori di loro competenza, le im-mense sfide che attendono l’europa possono essere affrontate consuccesso. Volevamo un Parlamento europeo forte, che in virtù del trat-tato di lisbona legifera ora alla pari con il Consiglio. Abbiamo voluto unaCommissione europea che fosse una fonte feconda di idee e che ora man-tiene il monopolio di iniziativa legislativa. rimane custode dei trattati,che è assolutamente come dovrebbe essere. e abbiamo voluto che il Con-siglio europeo fosse un istituzione con un Presidente permanente. Ciòsignifica che i capi di stato e di governo dei 27 stati membri e il presi-dente della Commissione europea, stabiliscono congiuntamente con ilPresidente gli orientamenti del Consiglio europeo su come l’Unione do-vrebbe svilupparsi.

tenuto conto di questa nuova divisione di competenze, credo che dob-biamo mettere le vecchie rivalità alle nostre spalle, dobbiamo fissareobiettivi comuni e adottare strategie comuni. Forse possiamo concordarecon la seguente descrizione di questo approccio: azione coordinata inuno spirito di solidarietà - ciascuno di noi in un’area di responsabilità,ma lavorando tutti per lo stesso obiettivo. Questo per me è il nuovo “me-todo dell’Unione “. Credo che questo sia il tipo di approccio che ci serve.lasciatemi spiegare perché con l’aiuto di un esempio.

Un settore che è diventato sempre più importante recentemente è lapolitica energetica. Ai primi di febbraio, per esempio, i capi di stato e digoverno hanno pianificato una riunione speciale per discutere di politicaenergetica. Per come la vedo io, in questa area particolare il metodo

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Unione ci può aiutare ad andare avanti in una direzione nuova e più po-sitiva. se guardiamo indietro alla storia dell’Unione europea, notiamoche l’Unione europea è iniziata nel settore dell’energia. A quel tempol’energia significava carbone e acciaio, chiaramente si trattava della Co-munità europea del carbone e dell’acciaio. oggi l’importanza del carbonee dell’acciaio nei nostri sforzi europei è diminuita un po’. eppure, allostesso modo come l’energia è stata una delle ragioni per l’istituzione dellaComunità europea, adesso essa è di nuovo in cima alla nostra agenda.

Ci ricordiamo ancora tutti la crisi del gas degli ultimi anni. le carenzeche ha causato in alcuni paesi europei hanno con forza ricordato come lasicurezza dell’approvvigionamento è essenziale e quali svantaggi siano le-gati alla nostra dipendenza dalle importazioni di energia. negli ultimianni abbiamo visto notevoli oscillazioni di prezzo nei mercati energeticiche hanno causato gravi problemi per l’economia europea così come a mi-lioni di persone. e infine ci sono i delicati aspetti del cambiamento clima-tico e degradazione ambientale che generano costi enormi su vasta scala.

in poche parole, l’approvvigionamento energetico affidabile, econo-mico ed eco-sostenibile è fondamentale per il nostro modo di vita. È perquesto che in europa sarebbe bene impostare un nuovo corso della poli-tica energetica. gli stati membri hanno deciso a ragione che la politicaenergetica dovrebbe essere parte integrante del trattato di lisbona. diconseguenza, la responsabilità per la politica energetica è ora condivisatra l’Unione e gli stati membri.

A mio parere il principale ruolo dell’Unione europea dovrebbe esserequello di promuovere il funzionamento del mercato interno dell’energia- che al momento non abbiamo ancora - così come interconnessione dellereti energetiche europee, la sicurezza dell’approvvigionamento, l’effi-cienza energetica e fonti nuove e rinnovabili di energia.

se vogliamo realizzare gli obiettivi che devono sempre guidare la po-litica energetica - ovvero la sostenibilità ambientale, efficienza e sicurezzadell’ approvvigionamento - abbiamo bisogno non solo di un migliore co-ordinamento a livello nazionale, ma dobbiamo anche fare di più a livelloeuropeo. sarò più precisa per illustrare quello che voglio dire.

in primo luogo, dobbiamo agire a livello nazionale per attuare obiettiviconcordati a livello europeo. spetta agli stati membri elaborare le poli-tiche nazionali di energia - decidere di estendere la vita operativa dellecentrali nucleari, per esempio, come abbiamo fatto in germania, decidere

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di eliminare progressivamente il nucleare o ricominciare di nuovo. du-rante la Presidenza tedesca del Consiglio Ue nel 2007, tuttavia, abbiamoconcordato una serie di ambiziosi obiettivi europei da raggiungere entroil 2020. si tratta di un taglio di almeno il 20% delle emissioni di gas aeffetto serra rispetto al 1990, un taglio del 20% del consumo energeticoe un aumento del 20% della quota di rinnovabili nel mix energetico to-tale. Per raggiungere questo obiettivo, ogni paese deve fare la sua parte.tutto ciò è stato illustrato in dettaglio. se concentriamo le nostre politi-che energetiche nazionali su cosa deve essere fatto per fare la nostraparte, insieme raggiungeremo il nostro obiettivo europeo.

nella nuova cosiddetta strategia 2020 si presenterà una minuziosaanalisi delle sfide che dobbiamo affrontare e le ambiziose proposte. Perquanto ambiziosi siano gli obiettivi europei, questi raggiungeranno il loroscopo solo se i paesi europei prenderanno i provvedimenti opportuni. ov-viamente gli stati membri devono dimostrare - e questa è la vera essenzadel metodo Unione - che stanno seriamente raggiungendo tali obiettivi.in altre parole, in primo luogo ci deve essere un consenso europeo sugliobiettivi da raggiungere, quindi inizia la fase del come raggiungerli.

Abbiamo chiaramente bisogno di concetti energetici nazionali. Questoè esattamente ciò su cui il governo federale ha lavorato negli ultimi mesi.la germania ha ora un ambizioso Piano energetico nazionale. entro il2050 vogliamo vedere le energie rinnovabili contare per circa il 60% delconsumo totale di energia in germania e tagliare le emissioni di gas serradi almeno l’80%. Questo è un piano estremamente ambizioso. dobbiamoprecisare esattamente quello che vogliamo realizzare e come pensiamodi farlo – dalla riduzine del consumo ad accrescere la concorrenza neimercati dell’elettricità e del gas.

Qualunque progresso compiamo a livello nazionale i benefici sarannoovviamente per l’europa. Abbiamo bisogno di pensare, per esempio, sucome possiamo coordinare meglio gli sforzi degli stati membri perespandere l’uso delle energie rinnovabili. Abbiamo bisogno di lavorareinsieme per garantire che l’europa assuma la leadership tecnologica inaree come l’efficienza energetica, i sistemi centrali elettriche e le energierinnovabili. ovviamente abbiamo bisogno di portare la ricerca e l’indu-stria a bordo, abbiamo bisogno di una sana concorrenza per i miglioricervelli e le idee migliori. Qui i giusti incentivi devono essere creati a li-vello europeo.

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in secondo luogo, dobbiamo completare il mercato interno dell’energiae sviluppare le infrastrutture energetiche. il mercato interno è una dellestorie di maggior successo dell’ europa. la germania in particolare neha beneficiato enormemente. Qui abbiamo bisogno soprattutto di accorditransfrontalieri e di un coordinamento europeo degli sforzi nazionali. Peril futuro le reti energetiche nazionali ed europee dovranno fare i conticon ben più di quanto non fossero solo un decennio fa. Avranno bisognodi trasmettere enormi quantità di energia attraverso grandi distanze e leenergie rinnovabili non sono consumate nel luogo in cui sono prodotte.in germania, ad esempio, in futuro, più energia sarà prodotta nel nord,sotto forma di energia eolica rispetto a quanto avviene oggi. l’energianucleare che in germania è per lo più nel sud, è una tecnologia che verràprogressivamente eliminata. durante questo periodo dovremo quindi co-struire interamente una nuova infrastruttura di trasmissione. le reti do-vranno essere in grado di rispondere in modo flessibile ai diversi volumidi energia prodotti, dal momento che come sapete, la forza del vento eradiazione solare non sono costanti. Abbiamo bisogno di serbatoi di ener-gia e reti intelligenti in tutta europa.

Questo significa che dobbiamo far arrivare il messaggio soprattutto ainostri cittadini che sono necessarie nuova infrastrutture. deve esserechiaro che senza nuove reti di energia, non ci sarà concorrenza. senzainfrastrutture energetiche nuove, non ci sarà nessuna espansione delleenergie rinnovabili. ecco perché penso che il Commissario oettinger èsu una buona strada quando suggerisce che dovremmo preparare in-sieme una mappa di progetti europei prioritari di infrastruttura energe-tica. in questo modo, ogni stato membro ha quindi la responsabilità digarantire che questi progetti siano attuati. tuttavia, se un paese non rie-sce a stare al passo, tutto il sistema europeo di coordinamento crollerà.ecco perché è così importante, da un lato, che vi sia un impegno per lacooperazione europea e, dall’altro, che gli stati membri siano responsa-bili. non va bene se uno stato membro ha bisogno di 15 o più anni percompletare le procedure di autorizzazione e di pianificazione, mentrealtri possono gestire la cosa in maniera molto più rapida. Questo significache è cruciale ora che tutti agiscano in modo coordinato e far sapere aicittadini quello che stiamo facendo. Abbiamo bisogno di dire loro che sesi fermano alcuni progetti non si blocca solo la germania, ma ancheun’azione coordinata a livello europeo. Quello che è importante ora è dare

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piena attuazione al terzo pacchetto del mercato interno dell’energia ilquale contiene una serie di strumenti normativi che ci permetterà a li-vello europeo di agire in modo coordinato e che deve ora essere recepitonel diritto nazionale.

Ho cercato di spiegare, prendendo la politica energetica come esempio,quello che voglio dire con il metodo dell’Unione, che in realtà è una com-binazione del metodo comunitario e di un’azione coordinata degli statimembri, e dimostrare che il successo che ci sforziamo di raggiungere di-pende dal fatto se ciascuno di noi è all’altezza della responsabilità del-l’europa. in questo contesto credo che la politica energetica costituiscaun buon esempio e sia di grande attualità. Ma, naturalmente, dovremoadottare un approccio simile in molti altri casi.

ed ora una parola definitiva ai membri della classe Albert einstein riu-niti qui oggi. durante il vostro soggiorno a Bruges avete certamente avutonon poche possibilità di discutere del nuovo ordine istituzionale del-l’Unione europea e le immense sfide che deve affrontare. Probabilmenteavrete sentito tante opinioni diverse. Questa è la democrazia.

Questo è il motivo per cui è una buona cosa che da una tale diversitàdi opinioni si arrivi con una maggioranza su una linea d’azione comune.Per gran parte della mia vita questa è stata una esperienza che mi è statanegata. e non vedo alcuna ragione per cui uno vorrebbe tornare a quelmodo apparentemente semplice di fare le cose.

Ciò che ha reso l’europa forte - e lo vediamo sempre di più - è questoprofondo sentimento che l’Unione europea è un vantaggio incredibileper tutti noi. la dichiarazione di Berlino sul cinquantenario dei trattatidi roma afferma che “ci siamo uniti per avere il meglio.” Per quanto pos-siamo litigare e non essere d’accordo sui dettagli di ciò che è meglio perl’europa, questo è qualcosa che non dobbiamo mai dimenticare. l’ eu-ropa è pensare razionale, l’europa è la concorrenza e il mercato interno,ma l’europa è e resterà una questione di cuore. se durante i vostri studiavrete una percezione dell’ europa in questi due sensi, avrete speso il vo-stro tempo davvero molto bene. Qui, Albert einstein sarebbe stato alposto giusto.

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il futuro non e’ un donoe’ una conquista

di BARACK oBAMA

discorso pronunciato al Campidoglio sullo Stato

dell’Unione.

stasera voglio iniziare congratulandomi con gli uomini e le donne del112° Congresso, così come desidero congratularmi con il nuovo speaker,John Boehner. in questa occasione solenne guardiamo al seggio vuoto inquesta Camera e preghiamo per la salute della nostra collega e amicagabby gibbons (ferita in un attentato durante un incontro pubblico atucson ndt). non è un segreto che noi, presenti qui stasera, abbiamoavuto posizioni differenti negli ultimi due anni. i dibattiti sono stati ac-cesi, abbiamo lottato fieramente per difendere le nostre convinzioni. equesta è una buona cosa. Una democrazia salda richiede proprio questo.Questo è quello che ci distingue come nazione. Ma la tragedia di tucsonci ha imposto una riflessione. in mezzo a tutto il clamore, le passioni e ilrancore del dibattito pubblico, tucson ci ricorda che indipendentementeda chi siamo e da dove veniamo: ognuno di noi è parte di qualcosa di piùgrande, qualcosa di più essenziale dei partiti o delle appartenenze poli-tiche. tutti facciamo parte della Famiglia Americana. Crediamo che inun Paese nel quale è possibile trovare ogni razza, religione e punto divista, continuiamo ad essere uniti come un solo popolo. Condividiamo lestesse speranze e la stessa fede ; che i sogni di una bambina di tucsonnon sono diversi da quelli dei nostri stessi figli, e che tutti questi sognimeritano la possibilità di realizzarsi. Anche questo è ciò che ci distinguecome nazione. di per sé questo riconoscimento non ci farà entrare in unanuova era di cooperazione. Ciò che emergerà da questo momento di-pende da noi. Ciò che verrà da questo momento sarà determinato nondall’essere assieme qui questa sera ma dal saper lavorare assieme domani.

io credo che lo possiamo fare. e credo che sia necessario farlo.

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Questo è ciò che la gente che ci ha mandato qui si aspetta da noi. Conil loro voto, hanno deciso che l’azione di governo sarà ora una responsa-bilità condivisa tra i partiti. nuove leggi passeranno solo con il sostegnodi democratici e repubblicani. Andremo avanti insieme, o non andremoavanti affatto - perché le sfide che dobbiamo affrontare sono più impor-tanti di un partito e più importanti della politica.

in gioco ora c’é la vittoria nelle prossime elezioni - dopo tutto, un’ ele-zione l’abbiamo appena avuta. in gioco c’é la creazione di nuovi posti dilavoro in questo paese oppure altrove e se il duro lavoro e l’industriositàdel nostro popolo sarà premiata o meno; e se possiamo mantenere la lea-dership che ha fatto dell’America non solo un punto su una mappa, mauna luce per il mondo.

siamo pronti per il progresso. due anni dopo la peggiore recessioneche la maggior parte di noi abbia mai conosciuto. le borse stanno rug-gendo di nuovo e i profitti delle imprese sono in crescita. l’economia stacrescendo nuovamente, ma non abbiamo mai misurato il progresso ba-sandoci solo su questi parametri. Misuriamo il progresso attraverso ilsuccesso della nostra gente. dal lavoro che può trovare e dalla qualità divita che questo lavoro gli offre, dalle opportunità di un piccolo impren-ditore che sogna di trasformare una buona idea in una impresa fiorente,dalla possibilità. di una vita migliore che garantiamo ai nostri figli.Questo è il progetto a cui il popolo americano ci chiede di lavorare in-sieme. lo abbiamo fatto a dicembre. grazie ai tagli fiscali che abbiamoapprovato, gli stipendi degli americani sono oggi un po’ più cospicui.ogni impresa può dedurre il costo totale dei nuovi investimenti fatti que-sto anno. e queste misure, prese da democratici e repubblicani, farannocrescere l’economia e si aggiungeranno agli oltre un milione di posti dilavoro che il settore privato ha creato lo scorso anno.

Ma dobbiamo fare di più. le misure che abbiamo adottato negli ultimidue anni possono avere messo fine alla recessione, ma per conquistare ilfuturo, abbiamo bisogno di affrontare le sfide che ci attendono da decenni.

Molte persone presenti stasera probabilmente possono ricordare un pe-riodo in cui per trovare un buon lavoro bastava presentarsi in una fabbricanelle vicinanze o in un negozio nel centro. non sempre era necessaria unalaurea, e la concorrenza era più o meno limitata ai vostri vicini. se lavoraviduramente era probabile ottenere un lavoro a vita, con uno stipendio de-cente, un buon trattamento e una promozione ogni tanto. Forse avresti

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avuto anche l’orgoglio di vedere i tuoi figli lavorare presso la stessa azienda. Quel mondo è cambiato. e per molti, il cambiamento è stato doloroso.

l’ho visto nelle porte chiuse delle fabbriche, una volta in piena espan-sione, e le vetrine dei negozi sfitti che una volta affollavano le strade delcentro. l’ho sentito nella frustrazione degli americani che hanno visto iloro stipendi diminuire o i loro posti di lavoro scomparire - uomini edonne orgogliosi del loro lavoro hanno la sensazione che gli abbiano cam-biato le regole a metà partita.

Hanno ragione. le regole sono cambiate. in una sola generazione, lerivoluzioni nella tecnologia hanno trasformato il nostro modo di vivere,lavorare e fare affari. le acciaierie che una volta avevano bisogno di 1.000lavoratori possono ora fare lo stesso lavoro con 100. oggi, quasi ogniazienda è in grado di fare operazioni, assumere lavoratori e vendere i suoiprodotti ovunque ci sia una connessione internet.

nel frattempo, nazioni come Cina e india si sono rese conto che conalcune modifiche interne, possono competere in questo nuovo mondo.e così hanno iniziato a educare i loro bambini in anticipo e più a lungo,concentrandosi sulla matematica e le scienze. stanno investendo in ri-cerca e nuove tecnologie. Proprio di recente la Cina è diventata la sededel più grande impianto privato di ricerca solare, e del più veloce com-puter del mondo.

Quindi, sì, il mondo è cambiato. la concorrenza per i posti di lavoro èreale ma questo non deve scoraggiarci. dovrebbe stimolarci. ricordia-moci che nonostante tutti i colpi che abbiamo sofferto in questi ultimianni nonostante tutti i fatalisti hanno predetto il nostro declino, l’Ame-rica è ancora tuttora la più grande e prospera economia del mondo. nes-sun lavoratore è più produttivo dei nostri. nessun paese ha aziende piùprestigiose, o rilascia più brevetti a inventori e imprenditori. siamo lapatria delle università migliori del mondo, dove gli studenti vengono astudiare più che in qualunque altro luogo del pianeta.

non solo. siamo la prima nazione ad essere fondata per amore di un’idea- l’idea che ognuno di noi merita la possibilità di determinare il propriodestino. ecco perché per secoli pionieri e immigrati hanno rischiato tuttoper venire qui. È per questo che i nostri studenti non si limitano a memo-rizzare equazioni, ma rispondono a domande come “Cosa ne pensi di que-sta idea? Cosa cambieresti nel mondo? Cosa vuoi fare da grande? “

Conquistare il futuro dipende solo da noi. Ma per farlo, non possiamo

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stare a braccia conserte. Come ci ha detto robert Kennedy: “il futuronon è un dono. e’ una conquista. “sostenere il sogno americano non hamai significato stare tranquilli. Ad ogni generazione è richiesto di sacri-ficarsi e lottare per soddisfare le esigenze di una nuova era.

ora tocca a noi. sappiamo cosa significa competere per i posti di lavorofra le imprese del nostro tempo. Abbiamo bisogno di innovare, educaree costruire di più di quanto non si faccia nel resto del mondo. dobbiamorendere l’America il posto migliore sulla terra per fare affari. dobbiamoassumerci la responsabilità del nostro deficit e riformare il nostro go-verno. È così che il nostro popolo prospererà. È così che conquisteremoil futuro. Questa sera mi piacerebbe parlare di come ci arriveremo.

il primo passo per vincere il futuro è incoraggiare l’innovazione in Ame-rica. nessuno di noi può prevedere con certezza quale sarà la prossimagrande frontiera né da dove verranno i nuovi posti di lavoro. trent’annifa, non avremmo mai potuto immaginare che una cosa chiamata internetavrebbe portato ad una rivoluzione economica. Quello che possiamo fare- ciò che l’America fa meglio di chiunque altro - è infiammare la creativitàe l’immaginazione della nostra gente. siamo la nazione che ha messo leauto in strada e i computer negli uffici, la nazione di edison e dei fratelliWright, di google e Facebook. in America, l’innovazione non si limita acambiare la nostra vita, è il modo in cui ci guadagniamo da vivere.

il nostro sistema di libera impresa è ciò che guida l’innovazione. Mapoiché non è sempre stato vantaggioso per le aziende investire nella ri-cerca di base, in tutta la nostra storia, i nostri governi sono stati in primalinea nel sostenere scienziati e inventori d’avanguardia. È stato così cheabbiamo piantato i semi da cui è nato internet. Questo è ciò che ha con-tribuito a rendere alcune cose possibili, come i processori per computere il gPs. Basti pensare a tutti i posti di lavoro ben remunerati - dalla pro-duzione alla vendita al dettaglio - che sono nati da queste innovazioni.

Mezzo secolo fa, quando i sovietici ci hanno battuto nello spazio con illancio del satellite chiamato sputnik, non avevamo idea di come liavremmo battuti nella corsa alla luna. non avevamo ancora le conoscenzescientifiche necessarie. la nAsA non esisteva. Ma poi investimmo in ri-cerca e in un’istruzione migliore e non solo superammo i sovietici, maabbiamo scatenato un’ondata di innovazione che ha creato nuove indu-strie e milioni di nuovi posti di lavoro.

Questo è il momento sputnik della nostra generazione. due anni fa,

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ho detto che avevamo bisogno di raggiungere un livello di ricerca e svi-luppo paragonabile a quello raggiunto durante la corsa allo spazio. e trapoche settimane invierò un progetto di bilancio al Congresso che ci aiu-terà a raggiungere questo obiettivo. investiremo nella ricerca biomedica,nell’informatica, e in particolare nelle tecnologie energetiche pulite, uninvestimento che rafforzerà la nostra sicurezza, proteggerà il nostro pia-neta, e creerà innumerevoli nuovi posti di lavoro per la nostra gente.

stiamo già vedendo le opportunità legate all’energia rinnovabile. ro-bert e gary Allen sono i fratelli che gestiscono una piccola società che co-struisce soffitti in Michigan. dopo l’11 settembre hanno offertovolontariamente i loro migliori operai per contribuire a riparare il Pen-tagono. Ma il lavoro si è dimezzato, e la recessione ha colpito duramenteanche loro. oggi, con l’aiuto di un prestito del governo, gli Allen fabbri-cano tegole solari che vengono vendute in tutto il paese. Usando le paroledi robert, “Ci siamo reinventati”.

Questo è quello che gli americani hanno fatto per oltre 200 anni: rein-ventare se stessi. e per spronare ad altri casi di successo come quelli deifratelli Allen, abbiamo cominciato a reinventare la nostra politica ener-getica. non stiamo solo distribuendo soldi. stiamo lanciando una sfida.stiamo chiedendo agli scienziati e agli ingegneri americani di mettereinsieme dei team con le menti migliori nel loro campo e concentrarsi suiproblemi più difficili in merito all’energia pulita. Finanzieremo i progettiApollo del nostro tempo.

Al Caltech stanno sviluppando un modo per trasformare l’energia solaree l’acqua in combustibile per le nostre auto. All’oak ridge national labo-ratory stanno usando un supercomputer per ottenere maggior potenza dainostri impianti nucleari. Con più ricerca e incentivi saremo in grado dispezzare la nostra dipendenza dal petrolio a favore dei biocarburanti e di-ventare il primo Paese ad avere un milione di veicoli elettrici entro il 2015.Abbiamo bisogno di andare oltre questa innovazione. e per sostenere ilsuo costo chiedo al Congresso di eliminare i miliardi di dollari derivantidalle tasse che quotidianamente versiamo alle compagnie petrolifere. nonso se avete notato, ma loro se la stanno cavando già bene da sole. Quindiinvece di sovvenzionare l’energia di ieri, cominciamo a investire in quelladi domani. le scoperte dell’energia pulita si tradurranno in posti di lavoroda energie verdi se le aziende si renderanno conto che c’è un mercato sucui operare e vendere. Così stasera, vi sfido a unirvi a me nel fissare un

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nuovo obiettivo: entro il 2035, l’80 per cento dell’elettricità americana pro-verrà da fonti di energia pulita. Alcune persone vogliono l’energia eolica eil solare. Altri vogliono il nucleare, il carbone pulito e gas naturale. Per rag-giungere questo obiettivo, avremo bisogno di tutti - e invito democratici erepubblicani a lavorare insieme per realizzarlo.

Mantenere la nostra leadership nel campo della ricerca e della tecnologiaè cruciale per il successo dell’America. Ma se vogliamo vincere il futuro -se vogliamo che l’ innovazione produca posti di lavoro in America e nonall’estero - allora dobbiamo anche vincere la gara per educare i nostri figli.

Pensateci. nei prossimi 10 anni, quasi la metà dei nuovi posti di lavororichiederà l’istruzione che va al di là di una formazione di scuola supe-riore. e tuttavia, ben un quarto dei nostri studenti non hanno nemmenoterminato il liceo. la qualità della nostra educazione matematica e scien-tifica è in ritardo rispetto a molte altre nazioni. l’America è scesa al nonoposto nella proporzione dei giovani con una laurea. la questione è setutti noi - come cittadini e come genitori - siamo disposti a fare ciò che ènecessario per dare ad ogni bambino la possibilità di avere successo.

tale responsabilità non comincia nelle nostre aule, ma nelle nostrecase e comunità. e’ la famiglia che instilla il primo amore per l’appren-dimento in un bambino. solo i genitori possono verificare che il televisoresia spento e i compiti a casa vengano fatti. dobbiamo insegnare ai nostriragazzi che non è solo il vincitore del super Bowl che merita di essere ce-lebrato, ma anche il vincitore del festival della scienza. dobbiamo inse-gnare loro che il successo non dipende dalla fama o dalle relazioni, madal duro lavoro e dalla disciplina.

le nostre scuole condividono questa responsabilità. Quando un bam-bino entra in una classe, questa dovrebbe essere un luogo di grandi aspet-tative e prestazioni elevate. Ma troppe scuole non soddisfano questaesigenza. ecco perché invece di versare soldi in un sistema che non fun-ziona, abbiamo lanciato un concorso chiamato “race to the top”. A tuttii 50 stati, abbiamo detto, “se ci mostrate i progetti più innovativi per mi-gliorare la qualità degli insegnanti e risultati degli studenti, vi daremo isoldi.” “race to the top” è la riforma più significativa delle nostre scuolepubbliche in una generazione. Per meno dell’ 1% di ciò che spendiamoper l’istruzione ogni anno, 40 stati hanno migliorato i propri standardper l’insegnamento e l’apprendimento. e questi standard sono stati svi-luppati, tra l’altro, non da Washington, ma da governatori repubblicani

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e democratici in tutto il paese. e “race to the top” dovrà essere l’approc-cio che seguiremo questo anno in cui dobbiamo sostituire il programma“no Child left Behind” con una legge più flessibile e mirata su cosa siameglio per i nostri figli.

Vedete, noi sappiamo che cosa è possibile avere dai nostri figli quandola riforma non è solo un mandato dall’alto, ma il lavoro di insegnanti epresidi locali, uffici scolastici e comunità. Prendete una scuola come laBruce randolph a denver. tre anni fa era considerata una delle peggioriscuole del Colorado, era situata su un territorio conteso da due bande ri-vali. Ma lo scorso maggio, il 97% degli studenti all’ultimo anno ha otte-nuto il diploma. la maggior parte saranno i primi delle loro famiglie adandare all’università. e dopo il primo anno di trasformazione della scuolala preside che ha reso tutto questo possibile si è asciugata le lacrimequando uno studente le ha detto: “grazie, signora Waters, per aver di-mostrato che siamo intelligenti e possiamo farcela”. Questo è ciò che unabuona scuola può ottenere e noi vogliamo buone scuole in tutto il paese.ricordiamo che dopo i genitori, il maggiore impatto sul successo di unbambino viene dall’uomo o dalla donna che hanno di fronte in classe. inCorea del sud gli insegnanti sono denominati “costruttori della nazione”.Qui in America è arrivato il momento in cui dobbiamo trattare le personeche educano i nostri figli con lo stesso livello di rispetto. dobbiamo pre-miare gli insegnanti migliori e smettere di cercare delle scuse per quellicattivi. nei prossimi dieci anni, con il pensionamento di molti membridella generazione del Baby Boom, vogliamo preparare 100.000 nuovi in-segnanti nelle scienze, nella tecnologia, ingegneria e matematica. infatti,ad ogni giovane che stasera mi sta ascoltando e si chiede quale facoltàscegliere dico: se vuoi fare la differenza nella vita della nostra nazione,se vuoi fare la differenza nella vita di un bambino - diventa insegnante.il tuo paese ha bisogno di te.

naturalmente, la gara per l`istruzione non si conclude con un diplomadi scuola superiore. Per competere, l’istruzione universitaria deve esserealla portata di ogni americano. Questo è il motivo per cui abbiamo bloc-cato le sovvenzioni dei contribuenti che andavano alle banche e abbiamoutilizzato questi risparmi per rendere le università a prezzi accessibili permilioni di studenti. e quest’anno chiedo al Congresso di andare oltre ren-dendo il nostro credito d’imposta -del valore di 10.000 dollari per quattroanni di studio- permanente per ogni matricola universitaria. È la cosa

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giusta da fare.dato che le persone hanno bisogno di competere per nuovi posti di la-

voro e nuove carriere in un’economia in rapido cambiamento come quelladi oggi, stiamo anche rivitalizzando le Università statali. il mese scorsoho visto quello che offrono questo tipo di scuole al Forsythtech in northCarolina. Molti studenti erano soliti lavorare nelle fabbriche che hannochiuso. Una madre di due figli, una donna di nome Kathy Proctor, avevalavorato nel settore dei mobili da quando aveva 18 anni e mi ha detto chesta studiando biotecnologie ora, a 55 anni, non solo perché i posti di la-voro nel settore dei mobili sono scomparsi, ma anche perché vuole ispi-rare i suoi figli a perseguire i loro sogni. Come Kathy ha detto: “speroche questo insegni loro a non arrendersi mai.”

se compiamo questi passi, se eleviamo le aspettative di ogni bambinoe diamo loro le migliori possibilità di formazione dal giorno in cui na-scono fino a quando svolgeranno l’ultimo lavoro - raggiungeremo l’obiet-tivo che mi ero prefissato due anni fa: entro la fine del decennio,l’America sarà ancora una volta il Paese con la più alta percentuale dilaureati nel mondo. Un ultimo punto riguardante l’istruzione. oggi cisono centinaia di migliaia di studenti eccellenti nelle nostre scuole chenon sono cittadini americani. Alcuni sono figli di lavoratori privi di do-cumenti che non avevano nulla a che fare con le azioni dei loro genitori.sono cresciuti come americani e hanno giurato fedeltà alla nostra ban-diera eppure vivono ogni giorno con la minaccia dell’espulsione. Altrivengono qui a studiare dall’estero nelle nostre scuole e università. Manon appena ottengono la laurea, li rimandiamo a casa a competere controdi noi. non ha senso.

sono fermamente convinto che dovremmo affrontare, una volta pertutte, la questione dell’immigrazione clandestina. sono pronto a colla-borare con repubblicani e democratici per proteggere i nostri confini, farrispettare le nostre leggi e affrontare i milioni di lavoratori privi di docu-menti che oggi vivono nell’ombra. so che il dibattito sarà difficile. so checi vorrà del tempo ma stasera mettiamoci d’accordo per fare questosforzo. Fermiamo questa fuga di talenti, di giovani che potrebbero farparte dei nostri laboratori di ricerca o avviare una nuova attività che po-trebbe ulteriormente arricchire questa nazione.

il terzo passo nella conquista del futuro sta nel ricostruire l’America.Per attrarre nuove imprese abbiamo bisogno dei più veloci e più affidabili

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mezzi di trasporto per muovere persone, beni e informazioni - dalla fer-rovia ad alta velocità a internet ad alta velocità.

le nostre infrastrutture erano conosciute per essere le migliori, manon siamo più al primo posto. le case della Corea del sud hanno ora unaccesso a internet migliore del nostro. in europa e in russia investonodi più nelle loro strade e ferrovie di noi. la Cina sta costruendo treni piùveloci e aeroporti più moderni. nel frattempo, i nostri ingegneri hannoclassificato le infrastrutture della nostra nazione e ci hanno dato una “d.”

dobbiamo fare meglio. l’America è la nazione che ha costruito la fer-rovia transcontinentale, ha portato l’elettricità alle comunità rurali, hacostruito l’ interstate Highway system. i posti di lavoro creati da questiprogetti non sono venuti solo stendendo binari o asfaltando le strade.sono arrivati anche da imprese che hanno aperto nei pressi di una nuovastazione ferroviaria o una nuova uscita autostradale.

Così negli ultimi due anni, abbiamo cominciato a ricostruire per il XXisecolo, un progetto che ha significato migliaia di posti di lavoro ben re-munerati nel settore edilizio duramente colpito dalla crisi. e stasera stoproponendo di raddoppiare questi sforzi.

Metteremo più americani al lavoro per riparare strade e ponti fati-scenti. Faremo in modo che questi siano pienamente retribuiti, attrar-remo investimenti privati, e sceglieremo i progetti basandoci su ciò cheè meglio per l’economia, non per i politici.

entro 25 anni, il nostro obiettivo è quello di dare all’80% degli americanil’accesso ai treni ad alta velocità. Ciò potrebbe consentire di spostarsi inmetà del tempo necessario oggi viaggiando in auto. su alcuni tragitti sa-rebbero addirittura più veloci degli aerei e senza controlli di sicurezza. Men-tre parliamo, i tracciati in California e nel Midwest sono già in costruzione.

entro i prossimi cinque anni, faremo in modo che le aziende possanoportare il sistema internet ad alta velocità di nuova generazione con co-pertura wireless al 98% degli americani. Questo non significa solo internetpiù veloce o meno chiamate interrotte. si tratta di collegare ogni parted’America all’era digitale. significa che in una comunità rurale in iowa oin Alabama gli agricoltori e titolari di piccole imprese saranno in grado divendere i loro prodotti in tutto il mondo. Un pompiere potrà scaricare ilprogetto di un edificio in fiamme su un dispositivo palmare, uno studentepotrà prendere lezioni con un libro di testo digitale, o un paziente potràavere una chat video faccia a faccia con il proprio medico.

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tutti questi investimenti - in innovazione, istruzione, e per le infrastrutture- faranno dell’America un posto migliore per fare business e creare postidi lavoro. Ma per aiutare le nostre imprese a competere dobbiamo ancheabbattere le barriere che si frappongono sulla strada verso il successo.

Ad esempio, nel corso degli anni, un numero considerevole di lobbistiha fatto si che le norme tributarie fossero a favore di certe imprese e diparticolari settori. se le imprese hanno contabili e legali esperti possonoarrivare a non pagare nessuna imposta. Ma tutte le altre sono colpite dauna delle più alte aliquote d’imposta sulle società di tutto il mondo. nonha senso, e si deve cambiare.

Così stasera, chiedo a democratici e repubblicani di semplificare il si-stema. sbarazziamoci dalle scappatoie legali. stabiliamo condizioni eque.Utilizzazzimo i risparmi per abbassare il tasso d’imposta sulla società perla prima volta in 25 anni, senza aumentare il deficit.

Per aiutare le aziende a vendere più prodotti all’estero, abbiamo fissatol’obiettivo di raddoppiare il nostro export entro il 2014 - perché piùesportiamo, più posti di lavoro creiamo qui a casa. le nostre esportazionisono già in crescita. recentemente abbiamo firmato accordi con l’indiae la Cina, che aiuteranno più di 250.000 posti di lavoro qui negli statiUniti. e il mese scorso abbiamo concluso un accordo commerciale conla Corea del sud che favorirà almeno 70.000 posti di lavoro americani.Questo accordo ha avuto un sostegno senza precedenti da parte delle im-prese e dei lavoratori, democratici e repubblicani. Chiedo a questo Con-gresso di approvarlo al più presto possibile.

Prima di iniziare il mandato ho messo in chiaro che avremmo fatto ri-spettare i nostri accordi commerciali e che avrei firmato solo accordi utiliai lavoratori americani e che promuovono l’occupazione americana. Que-sto è quello che abbiamo fatto con la Corea ed è quello che ho intenzionedi fare quando cercheremo di prendere accordi con Panama e la Colom-bia, mentre continueremo nei nostri negoziati con la zona dell’Asia-Pa-cifico e nel mondo in generale.

Per ridurre gli ostacoli alla crescita e gli investimenti ho ordinato unaanalisi dei regolamenti governativi. Quando troveremo regole che pon-gono oneri non necessari alle imprese le semplificheremo. Ma io non esi-terò a creare o applicare misure di salvaguardia di buon senso perproteggere il popolo americano. Questo è quello che abbiamo fatto in que-sto paese per più di un secolo. È per questo che il nostro cibo è sicuro da

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mangiare, la nostra acqua è potabile, e la nostra aria è buona da respirare.e’ per questo che abbiamo limiti di velocità e leggi sul lavoro minorile. Èper questo che l’anno scorso abbiamo messo in pratica misure per la pro-tezione dei consumatori contro l’evasione fiscale e le sanzioni per le societàdi carte di credito e nuove regole per prevenire un’altra crisi finanziaria.ed ecco perché abbiamo promosso una riforma che impedisce definitiva-mente alle assicurazioni di speculare sulla salute dei pazienti.

Ho sentito dire che alcuni di voi hanno ancora preoccupazioni riguardola nuova riforma sanitaria. lasciatemi dire che sono il primo a sostenereche tutto può essere migliorato. se avete idee su come migliorare questalegge, rendendo le cure migliori o più convenienti, sono ansioso di lavo-rare con voi. Possiamo iniziare subito a correggere una falla nella norma-tiva che ha posto un inutile onere di contabilità per le piccole imprese.

Quello che non sono disposto a fare è tornare indietro; quando le com-pagnie di assicurazione potevano negare la copertura a qualcuno a causadi una malattia preesistente. non sono disposto a dire a James Howard,un malato di cancro al cervello del texas, che il suo trattamento potrebbenon essere coperto. non sono disposto a raccontare a Jim Houser, pro-prietario di una piccola impresa dell’ oregon, che deve tornare a pagare5.000 dollari in più per assicurare la copertura ai suoi dipendenti. Men-tre parliamo questa legge sta facendo prescrivere farmaci meno costosiper gli anziani e dà agli studenti non assicurati la possibilità di rimaneresotto la copertura dei genitori. Allora io dico a questa Camera stasera,invece di ri-combattere le battaglie degli ultimi due anni, cerchiamo difissare quello che deve essere migliorato e andiamo avanti.

l’ultimo passo critico nella conquista del futuro è quello di assicurarsidi non rimanere sepolti sotto una montagna di debiti.

Viviamo con un deficit di spesa ereditato quasi un decennio fa. du-rante la crisi finanziaria parte del deficit è stato necessario per far conti-nuare a far fluire il credito, salvare posti di lavoro, e mettere i soldi nelletasche della gente.

Ma ora che il peggio della recessione è passato, dobbiamo affrontare ilfatto. il nostro governo spende più di quanto incassa. Questo non è so-stenibile. ogni giorno, le famiglie fanno sacrifici per vivere con i proprimezzi e meritano un governo che faccia la stessa cosa.

Così stasera propongo che a partire da questo anno dobbiamo congelarel’ammontare annuale della spesa nazionale per i prossimi cinque anni.

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Questo ridurrà il deficit di oltre 400 miliardi dollari nei prossimi dieci annie porterà la spesa discrezionale alla percentuale più bassa della storia dellanostra economia da quando dwight eisenhower era presidente.

tale congelamento richiede tagli dolorosi. Abbiamo già congelato i sa-lari dei dipendenti federali per i prossimi due anni. Ho proposto tagli allecose che ho a cuore come i programmi di azione provinciali. Anche il se-gretario della difesa ha accettato di tagliare decine di miliardi di dollaridi spesa di cui, lui ei suoi generali, ritengono si possa fare a meno.

riconosco che alcuni in questa Camera hanno già proposto tagli piùprofondi, e sono disposto ad eliminare tutto ciò di cui possiamo onesta-mente permetterci di fare a meno. Ma facciamo in modo che ciò non av-venga a discapito dei nostri cittadini più deboli. e facciamo in modo chequello che stiamo tagliando sia davvero l’eccesso. ridurre il deficit di-struggendo i nostri investimenti in innovazione e istruzione è come al-leggerire un aeroplano gettando i motori. All’inizio sembrerà dicontinuare a volare ma in breve tempo si sentirà l’impatto.

la maggior parte dei tagli e dei risparmi che ho proposto riguarda laspesa interna annuale che, poco più del 12 per cento del nostro bilancio.Per andare oltre dobbiamo smettere di fingere che tagli di questo tipo dispesa da soli siano sufficienti.

la commissione fiscale bipartisan costituitasi l’anno scorso lo ha di-mostrato in modo cristallino. non sono d’accordo con tutte le loro pro-poste, ma sono stati fatti importanti progressi. e la conclusione è chel’unico modo per affrontare il nostro deficit è tagliare la spesa eccessiva:ovunque - nella spesa nazionale, nelle spese per la difesa, nella spesa sa-nitaria, e nella spesa attraverso agevolazioni fiscali e scappatoie.

Questo significa ridurre ulteriormente i costi sanitari, compresi pro-grammi come Medicare e Medicaid, che da soli contribuiscono in mas-sima parte al nostro deficit a lungo termine. la legge di assicurazionesanitaria che è passata l’anno scorso rallenterà questo aumento dei costi,perciò alcuni economisti non schierati hanno sostenuto che abrogare lalegge di assistenza sanitaria aumenterebbe di un quarto di trilione di dol-lari il nostro deficit. Ad ogni modo sono disposto a valutare altre idee perridurre i costi, tra cui quella che i repubblicani hanno suggerito lo scorsoanno - la riforma della responsabilità medica per diminuire cause frivole. Per metterci su un terreno saldo, dovremmo anche trovare una soluzionebipartisan con lo scopo di rafforzare la sicurezza sociale per le generazioni

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future. dobbiamo farlo senza mettere a rischio gli attuali pensionati, ipiù vulnerabili, o le persone con disabilità, senza ridurre i benefici dellegenerazioni future e senza sottoporre i redditi garantiti dalla pensione aicapricci della borsa.

se ci preoccupiamo veramente del nostro deficit, semplicemente nonpossiamo per il 2% più ricco della popolazione permetterci il lusso di unaestensione permanente dei tagli fiscali. Prima di togliere i soldi alle nostrescuole o alle borse di studio, dovremmo chiedere ai milionari di rinun-ciare ai loro benefici fiscali.

non si tratta di punire il loro successo. si tratta di promuovere il suc-cesso degli stati Uniti.

in effetti, la cosa migliore che potremmo fare in materia di tasse pertutti gli americani è quella di semplificare il sistema fiscale individuale.sarà un lavoro duro, ma rappresentanti di entrambe le parti hannoespresso un interesse a farlo e sono pronto a unirmi a loro.

ora è il momento di agire. ora è il momento per tutti e due i partiti edentrambe le Camere del Congresso - democratici e repubblicani - è il mo-mento di forgiare un compromesso di principio che garantisca il lavorofatto. se prendiamo ora le decisioni difficili per diminuire il nostro deficitsaremo in grado di effettuare gli investimenti di cui abbiamo bisogno perconquistare il futuro.

Permettetemi di fare un passo ulteriore. non dobbiamo solo dare alnostro popolo un governo con minori spese. dobbiamo darci un governopiù competente e più efficiente. non possiamo conquistare il futuro conun’amministrazione del passato.

Viviamo e facciamo affari nell’era dell’informazione ma la maggioreriorganizzazione del governo è avvenuta nell’era della tv in bianco e nero.Ci sono 12 diverse agenzie che si occupano di esportazioni. Ci sono al-meno cinque diverse agenzie che si occupano di politica degli alloggi. Poic’è il mio esempio preferito: il dipartimento dell’interno che si occupadel salmone quando si trova in acqua dolce, ma il dipartimento del Com-mercio lo gestisce quando è in acqua salata. Ho sentito dire che la cosasi complica una volta che viene affumicato.

Abbiamo fatto passi da gigante negli ultimi due anni usando la tecno-logia e eliminando gli sprechi. i veterani possono ora scaricare le lorocartelle cliniche elettroniche con un semplice clic del mouse. stiamo ven-dendo ettari di spazi per uffici federali che non sono stati utilizzati. Ma

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abbiamo bisogno di andare oltre. nei prossimi mesi, la mia amministra-zione elaborerà una proposta per unire, consolidare e riorganizzare il go-verno federale in un modo da garantire al meglio l’obiettivo di unamaggiore competitività americana. Presenterò la proposta al Congressoe spingerò per farla passare.

Quest’anno lavoreremo anche per ricostruire la fiducia delle personenell’istituzione del governo. dato che meritate di sapere esattamente comee dove vengono spesi i soldi dei contribuenti , sarete in grado di andare inun sito web e per la prima volta nella storia, ottenere le informazioni . Poi-ché vi meritate di sapere quando i vostri funzionari pubblici si riunisconocon i lobbisti, chiedo al Congresso di fare quello che la Casa Bianca ha giàfatto, mettere online queste informazioni. e poiché il popolo americanomerita di sapere che gli interessi particolari non sono inseriti nella legi-slazione attraverso progetti di favore, entrambi i partiti nel Congresso de-vono sapere questo: se un disegno di legge arriva sulla mia scrivania conqueste caratteristiche all’interno, porrò il veto. io porrò il veto.

Un governo del XXi secolo che sia aperto e competente; un governoche non spende al di sopra delle sue possibilità; un’economia guidata danuove competenze e nuove idee. il nostro successo in questo nuovomondo richiede riforme, responsabilità e innovazione. Ci sarà inoltre ri-chiesto di affrontare quel mondo con un nuovo livello di partecipazionenella politica estera.

Così come l’occupazione e le aziende possono attraversare le frontierein un instante, lo possono fare anche nuove minacce e nuove sfide. nonesiste un muro che separa oriente e occidente. nessuna superpotenzarivale è schierata contro di noi.

dobbiamo allora sconfiggere i nemici, ovunque essi siano, e costruirecoalizioni che superino i limiti regionali, razziale e di religione. l’esempiomorale dell’America deve sempre brillare per tutti coloro che vogliono lalibertà la giustizia e la dignità. Poiché abbiamo iniziato questo lavoro sta-sera possiamo dire che la leadership americana è stata rinnovata e la re-putazione dell’America è stata restaurata.

guardate in iraq dove quasi 100.000 dei nostri coraggiosi uomini edonne sono usciti a testa alta. l’esercito degli stati Uniti ha terminato ilproprio compito, la violenza è diminuita, ed è stato costituito un nuovogoverno. Quest’anno, i nostri civili daranno vita a un partenariato dura-turo con il popolo iracheno, mentre noi completeremo il rientro delle no-

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stre truppe. gli stati Uniti hanno mantenuto il proprio impegno: laguerra in iraq sta volgendo al termine.

naturalmente, come è noto, al-Qaeda e i suoi affiliati continuano apianificare attacchi contro di noi. grazie alla nostra intelligence e ai pro-fessionisti delle forze dell’ordine, possiamo neutralizzare questi progettie garantire sicurezza per le nostre città e il nostro spazio aereo. e mentregli estremisti cercano di ispirare gli atti di violenza all’interno dei nostriconfini, stiamo rispondendo con la forza delle nostre comunità, con il ri-spetto dello stato di diritto e con la convinzione che i musulmani statu-nitensi sono parte della nostra famiglia americana.

Abbiamo anche continuato la lotta ad al-Qaeda e ai loro alleati al-l’estero. in Afghanistan le nostre truppe hanno preso roccaforti talebanee addestrato le forze di sicurezza afgane. il nostro scopo è chiaro: impe-dire ai talebani di ristabilire una morsa sul popolo afgano. solo così sarànegato ad al-Qaeda il rifugio sicuro che è servito come trampolino di lan-cio per l’11 settembre.

grazie ai nostri soldati e ai nostri civili, un minor numero di afghani èsotto il controllo degli insorti. Ci sarà una lotta difficile e il governo af-ghano dovrà governare meglio. Ma noi stiamo rafforzando la capacità delpopolo afghano e costruendo una partnership duratura con loro. Que-st’anno lavoreremo con quasi 50 paesi per iniziare una transizione versoun comando afghano. e durante il prossimo mese di luglio cominceremoa portare le nostre truppe a casa.

in Pakistan la leadership di al Qaeda è molto più sotto pressione ri-spetto a qualsiasi altro momento dal 2001. i loro leader e agenti vengonoeliminati sul campo di battaglia. i loro rifugi sono in diminuzione. Ab-biamo inviato un messaggio dal confine afghano fino alla penisola ara-bica a tutte le parti del globo: non cederemo, non vacilleremo, e lisconfiggeremo.

la leadership americana può essere vista anche nello sforzo di imma-gazzinare in luoghi sicuri le peggiori armi di guerra. grazie all’approva-zione da parte dei repubblicani e dei democratici del nuovo trattatostArt, si installeranno meno armi nucleari e verranno attivati menomissili balistici. dato che abbiamo raccolto consenso nel mondo interoattorno a questa posizione, il combustibile nucleare è stato messo in si-curezza in ogni continente affinché non cada nelle mani dei terroristi.

grazie al nostro sforzo diplomatico abbiamo insistito affinché l’iran

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adempia ai suoi obblighi, il governo iraniano deve ora affrontare sanzionipiù severe, più rigorose che mai. nella penisola coreana, sosteniamo ilnostro alleato, la Corea del sud, e insistiamo sul fatto che la Corea delnord mantenga il suo impegno a rinunciare alle armi nucleari.

Questa è solo una parte delle azioni che stiamo portando avanti percreare un mondo che favorisca la pace e la prosperità. Con i nostri alleatieuropei abbiamo rivitalizzato la nAto e aumentato la nostra collabora-zione in tutti gli ambiti: dalla lotta al terrorismo alla difesa antimissile.Abbiamo reimpostato il nostro rapporto con la russia, rafforzato le alle-anze in Asia, costruito nuove partnership con paesi come l’india.A marzo mi recherò in Brasile, Cile, el salvador per stringere nuove al-leanze attraverso il continente americano. in tutto il mondo, stiamo ap-poggiando coloro che si assumono responsabilità, appoggiamo gliagricoltori per produrre più cibo, sosteniamo i medici che si prendonocura dei malati e lottiamo contro la corruzione che provoca il decadi-mento della società e toglie opportunità ai popoli.

i recenti avvenimenti ci hanno dimostrato che quello che ci rende di-versi non deve essere solo la nostra forza ma deve essere anche lo scopoche la sostiene. nel sudan del sud - con la nostra assistenza - la gente fi-nalmente è stata in grado di votare per l’indipendenza dopo anni diguerra. A migliaia erano in fila prima dell’alba. si ballava per le strade.Un uomo che aveva perso quattro fratelli in guerra ha riassunto la scenaintorno a lui così: “Questo è stato un campo di battaglia per la maggiorparte della mia vita”, ha detto. “ora vogliamo essere liberi”.

e abbiamo visto lo stesso desiderio di libertà in tunisia, dove la volontàdel popolo si è dimostrata più potente degli ordini di un dittatore. siamochiari: gli stati Uniti d’America stanno con il popolo della tunisia e so-stengono le aspirazioni democratiche di tutti i popoli.

non dobbiamo mai dimenticare che quello per cui abbiamo lottato ecombattuto, vive nei cuori della gente in tutto il mondo. e dobbiamo sem-pre ricordare che gli americani con maggior responsabilità in questa lottasono gli uomini e le donne che servono il nostro paese.stasera parliamo con una sola voce nel riaffermare che la nostra nazioneè unita a sostegno delle nostre truppe e delle loro famiglie. serviamoli cosìcome ci hanno servito - dando loro l’equipaggiamento di cui hanno biso-gno, fornendo loro le cure e i benefici che si sono guadagnati e arruolandoi nostri veterani nel grande compito di costruire la nostra nazione.

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i nostri soldati provengono da ogni angolo di questo paese - sono neri,bianchi, ispanici, asiatici, nativi americani. sono cristiani e indù, ebrei emusulmani. e, sì, sappiamo che alcuni di loro sono gay. A partire da que-st’anno a nessun americano sarà vietato di servire il paese che amano acausa di chi amano. e con questo cambiamento, invito tutti i nostri cam-pus universitari ad aprire le loro porte ai nostri reclutatori militari e alrotC. e’ tempo di lasciarsi alle spalle le battaglie che hanno diviso nelpassato. e’ tempo di andare avanti come un’unica nazione.

non dovremmo avere alcuna illusione riguardo al lavoro davanti a noi.riformare le nostre scuole, cambiare il modo in cui usiamo l’energia, ri-durre il nostro deficit - niente di tutto questo sarà facile. richiederàtempo. sarà più difficile perché avremo un dibattito su tutto, sui costi,sui dettagli e sulle parole di ogni legge.

Certo, alcuni paesi non hanno questo problema. se il governo centralevuole una linea ferroviaria, la costruisce indipendentemente da quantecase deve demolire. se non vuole un articolo negativo nei giornali, l’arti-colo non viene scritto.

e ancora, per quanto litigiosa frustrante e disordinata può essere avolte la nostra democrazia, so che non c’è una sola persona qui che fa-rebbe a cambio con qualsiasi altra nazione sulla terra.

Possiamo avere differenze politiche, ma tutti noi crediamo nei dirittisanciti dalla nostra Costituzione. si possono avere opinioni diverse, macrediamo nella stessa promessa che dice: questo è un luogo dove puoiavere successo se ti sforzi. si possono avere esperienze diverse, ma cre-diamo nello stesso sogno che dice: questo è un paese dove tutto è possi-bile. non importa chi sei. non importa da dove vieni.

grazie a quel sogno posso stare qui davanti a voi questa sera. Quelsogno è il motivo per cui un ragazzo della classe operaia da scranton puòsedere dietro di me. e’ grazie a quel sogno che qualcuno che ha iniziatospazzando i pavimenti del bar di suo padre a Cincinnati ora può presie-dere la Camera nella più grande nazione della terra.

Quel sogno – quel sogno americano - è ciò che ha spinto i fratelli Allena reinventare la loro società di copertura di tetti per una nuova era. e‘quello che ha spinto gli studenti del Forsyth tech ad acquisire una nuovaabilità e a lavorare per il futuro. e quel sogno è la storia di un piccolo im-prenditore di nome Brandon Fisher.

Brandon ha fondato una società a Berlin, in Pennsylvania, che si è spe-

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cializzata in un nuovo tipo di tecnologia di perforazione. e un giorno,l’estate scorsa, gli è giunta la notizia che all’altro capo del mondo, 33 uo-mini sono rimasti intrappolati in una miniera cilena, e nessuno sapevacome per salvarli.

Ma Brandon pensava che la sua azienda avrebbe potuto aiutarli. e cosìha progettato un salvataggio che sarebbe stato denominato come PianoB. i suoi dipendenti hanno lavorato giorno e notte per fabbricare le at-trezzature necessarie alla perforazione. Brandon partì per il Cile.

insieme agli altri, ha iniziato a praticare un foro da 2.000 piedi nelsuolo con 3- 4 ore di lavoro - tre o quattro giorni di seguito senza dormire.trentasette giorni dopo, il piano B è riuscito, e i minatori sono stati trattiin salvo. Ma dato che non voleva tutta questa attenzione, Brandon nonera lì quando i minatori sono venuti fuori. era già andato a casa, di nuovoal lavoro sul suo prossimo progetto.

e più tardi uno dei suoi dipendenti ha dichiarato in merito al salva-taggio: “Abbiamo dimostrato che Center rock è una piccola compagnia,ma facciamo grandi cose.”

noi facciamo grandi cose.Fin dai primi giorni della nostra fondazione, gli stati Uniti sono un

paese di gente comune che osa sognare. ecco come si conquista il futuro.siamo una nazione che dice, “forse non ho molti soldi, ma ho una grandeidea per una nuova società.” “ non vengo da una famiglia di laureati masarò il primo ad avere la laurea. “. “ non conosco queste persone in diffi-coltà, ma penso di poterli aiutare, e ci devo provare. “” non sono sicurodi come si raggiunge quel luogo migliore al di là dell’orizzonte, ma so ciche ci arriveremo. so che lo faremo”.

noi facciamo grandi cose.l’idea di America perdura. il nostro destino continua ad essere quello

che vogliamo che sia. e stasera, più di due secoli dopo, è grazie al nostropopolo che il nostro futuro è pieno di speranza, il nostro viaggio va avanti,e lo stato della nostra unione è forte.

grazie. dio vi benedica e dio benedica gli stati Uniti d’America.

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Bisogna rifondare l’internazionale socialista

di SiGMAR GABRiEL

i popoli che si sono ribellati e che si ribellano ancora contro i despotiin tunisia, in egitto e in libia rivendicano il diritto umano più impor-tante: vogliono decidere della loro vita e non accettano più che i doro di-ritti civili e fondamentali siano messi sul piatto della bilancia con unapretesa stabilità e sicurezza di approvvigionamento delle materie primedell’occidente. Abbiamo ora la prova viva che il desiderio di libertà, didemocrazia e di autodeterminazione dei cittadini non si limita ad unaregione, una religione o una cultura, che non si « esporta » né dall’europané dagli stati Uniti e certamente non con la forza delle armi. l’argomentosecondo il quale i popoli «  non occidentali  » non sono capaci di svilup-pare delle società libere e democratiche si rivela cinico, arrogante e so-vente d  ‘essenza imperialista.

l’europa e quindi la germania hanno tutte le ragioni di cambiare ra-dicalmente la propria politica, e in primo luogo la loro politica economicaesterna. intendiamoci, abbiamo degli interessi legittimi. le nostre eco-nomie hanno bisogno di materie prime, di vie di circolazione praticabilie fluide. non possiamo scegliere i regimi con i quali stabilire i nostri in-terscambi commerciali.

Ma l’europa non è solo un patto commerciale. la singolarità dell’eu-ropa, scrive Jeremy rifkin, è il legame che ha instaurato tra libertà e re-sponsabilità – una responsabilità non solamente verso i propri cittadini,ma anche verso tutti i cittadini del mondo. ecco perchè le nostre relazionieconomiche con le dittature non devono più raggiungere il livello di nor-malità che hanno conosciuto in Africa del nord e altrove. nel dubbio,scegliamo per la libertà e contro l’oppressione.

nel suo commercio estero l’europa deve dotarsi di norme chiare e co-muni (a tutti i suoi membri) in materia di diritti umani, di sanzioni e so-prattutto di misure concrete e generose a profitto dei paesi in via di

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democratizzazione. e’ scandaloso che il mondo della finanza si sia mo-strato più clemente con le dittature che oggi con le giovani democraziealle quali esige dei tassi d’interesse più elevati. la Banca mondiale el’Unione europea dovrebbero al contrario offrire loro i propri mercati.Per le imprese europee è giunta l’ora di investire in queste democrazie.la nostra linea ci deve dire imperativamente: »democrazia nascente, in-vestimento immediato! ».

invece di trattare il flusso dei rifugiati solo attraverso i mezzi di poliziadi frontiera dobbiamo andare avanti. e se l’Ue sviluppasse un programmadi borse destinate agli ingegneri, ai commercianti, ai medici, agli operaiqualificati e agli agricoltori? Bisogna offrire alle giovani democrazie delleprospettive di formazione iniziale o continua nelle nostre università e nellenostre imprese, 50.000 posti all’anno in tutta europa, con un orizzontedi trent’anni per sopprimere il panico delle porte chiuse dall’oggi al do-mani, il tutto associato ad una formazione professionale e degli studi neipaesi d’origine affinché valga la pena di restarci e lavorarci.

noi, social democratici, possiamo cominciare a camminare davantialla nostra porta. la sPd fa parte dei fondatori dell’internazionale so-cialista (is). dal suo inizio nel 1889, l’is si è data per obiettivo la lottaper la libertà e la democrazia e contro la povertà su scala mondiale. oraè da tempo che l’is non gioca più alcun ruolo nella politica internazio-nale. essa non vive più che dell’integrità dei suoi presidenti, e oggi del-l’integrità politica e personale di georges Papandreou.

l’organizzazione è bloccata nel suo formalismo e non possiede prati-camente più nessuna diffusione soprattutto nei movimenti per le demo-crazie attuali. e’ amaro doverlo dire, ma l’is non è più la voce dellalibertà. Bisogna che questo cambi. Questo passa per l’esclusione deimembri che facevano parte dei movimenti di liberazione ma se ne sonodistaccati. Che queste esclusioni avvengano una volta che i movimentiper la democrazia abbiamo trionfato è un’onta (allusione al rCd tunisinoe al Pnd egiziano, esclusi in gennaio). noi, social democratici tedeschi,non ci presteremo più a queste forme di concubinaggio internazionale.dobbiamo lanciare una riforma dell’internazionale socialista con geor-ges Papandreou. Questa « nuova » internazionale socialista dovrà averedei contorni identificabili entro la fine del 2011, perché è urgente. e’ nelquadro dell’is che i social democratici del mondo intero devono cercaree trovare le risposte ad una mondializzazione che avrà finalmente un

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nuovo obiettivo: la libertà, la giustizia e la prosperità per tutti e non piùsolo la ricchezza per alcuni.

Sigmar Gabrielè diventato Presidente della SPD nel novembre 2009Articolo apparso sul Frankfurter Rundschau

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I 22 eurodeputati del Partito Democratico nel Gruppo dell’AlleanzaProgressista dei Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo.

Pino ARLACCHICommissione Affari EsteriCommissione Cooperazione allo SviluppoDelegazione Afghanistan - Vice Presidentee-mail: [email protected]

Francesca BALZANICommissione BilancioCommissione Controllo di BilancioCommissione Commercio InternazionaleCommissione speciale Sfide politicheDelegazione Asia del Sude-mail: [email protected]

Luigi BERLINGUERCommissione Affari giuridici -Vice presidenteCommissione CulturaDelegazione Indiae-mail [email protected]

Rita BORSELLINOCommissione Libertà civiliCommissione CulturaDelegazione Penisola Arabicae-mail [email protected]

Salvatore CARONNACommissione Sviluppo RegionaleCommissione AgricolturaDelegazione Australia Nuova Zelandae-mail [email protected]

Sergio COFFERATI Commissione speciale Crisi finanziariaCommissione Occupazione e affari socialiCommissione Affari giuridiciDelegazione IranAssemblea Euro-Late-mail [email protected]

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Silvia COSTACoordinatrice lavori parlamentari PDCommissione Cultura e IstruzioneCommissione DonneCommissione Occupazione e affari socialiDelegazione Iraq – Vice- Presidentee-mail [email protected]

Andrea COZZOLINOVice Presidente Delegazione PDCommissione BilancioCommissione Controllo di bilancioCommissione Sviluppo RegionaleCommissione speciale Sfide politicheDelegazione AfghanistanAssemblea Euromediterraneae-mail [email protected]

Rosario CROCETTACommissione Libertà civiliCommissione PetizioniCommissione AmbienteDelegazione Paesi Mashreqe-mail [email protected]

Francesco DE ANGELIS Commissione Sviluppo regionaleCommissione IndustriaDelegazione Albania, Bosnia, Serbiae-mail [email protected]

Paolo DE CASTROCommissione Agricoltura - PresidenteDelegazione Consiglio Legislativo Palestinesee-mail [email protected]

Leonardo DOMENICICommissione speciale Crisi finanziariaCommissione Affari economici e monetariCommissione Sviluppo regionaleDelegazione Russiae-mail [email protected]

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Roberto GUALTIERICommissione Affari costituzionaliCommissione Affari esteriCommissione BilancioSottocommissione Sicurezza e DifesaDelegazione USAAssemblea NATOe-mail [email protected]

Guido MILANACommissione Pesca - VicepresidenteCommissione TrasportiDelegazione Sud est Asiatico, ASEANAssemblea Euromediterraneae-mail [email protected]

Antonio PANZERIDelegazione Maghreb - Presidente Commissione Affari esteriCommissione Mercato internoAssemblea Euromediterraneae-mail [email protected]

Mario PIRILLO Commissione AmbienteCommissione IndustriaDelegazione Canadae-mail [email protected]

Gianni PITTELLA Vice presidente del Parlamento europeoCommissione Mercato internoCommissione Affari economici e monetariDelegazione Albania, Bosnia, Serbiae-mail [email protected]

Vittorio PRODI Commissione AmbienteSottocommissione Diritti umaniCommissione Affari esteriDelegazione Mercosure-mail [email protected]

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David SASSOLIPresidente Delegazione PDCommissione Trasporti e TurismoCommissione Affari esteriDelegazione IsraeleParlamento Panafricanoe-mail [email protected]

Debora SERRACCHIANI Commissione Trasporti e TurismoCommissione Libertà civiliDelegazione Croaziae-mail [email protected]

Gianluca SUSTACommissione Commercio internazionaleCommissione Affari economici e monetariDelegazione MessicoAssemblea Euro-Late-mail [email protected]

Patrizia TOIA Vicepresidente Gruppo S&DCommissione Industria - VicepresidenteCommissione SviluppoAssemblea ACPe-mail [email protected]

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