Cooperativa Sociale Progetto Tenda - Living...

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Progetto realizzato da Città di Torino Direzione Politiche Sociali e rapporti con le Aziende Sanitarie Servizio Stranieri e nomadi Servizio Salute Cooperativa Sociale Progetto Tenda Associazione Mamre Scuola Holden Associazione Culturale Municipale Teatro Luce per la vita Il mondo di Joele Un ringraziamento Città di Torino, Direzione Cultura, Educazione e Gioventù, Servizio Biblioteche – Biblioteca civica Musicale “A. Della Corte” Circolo dei Lettori Torino Spiritualità Con il contributo di Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) Fondazione CRT

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PREFAZIONE

Città di Torino

Il Vicesindaco Elide Tisi Per parlare di migranti spesso si utilizza indistintamente un vocabolario variegato, spesso impreciso, a volte strumentale: rifugiato, profugo, richiedente asilo, sfollato, apolide, clandestino. Il Rapporto sulla Protezione Internazionale in Italia 2014, realizzato da Anci, Caritas Italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes, Servizio Centrale dello Sprar e UNHCR, nel quantificare in oltre 51 milioni le persone nel mondo costrette alla migrazione per fuggire da guerre, conflitti e violazioni dei diritti umani, rileva in Europa un numero dei rifugiati pari a circa 1,8 milioni di persone, con un aumento considerevole delle domande di asilo presentate nei 28 paesi membri dell’Unione Europea: nel 2013 sono state ben 435mila, nel 2014 oltre 625 mila (di cui quasi 65.000 istanze di protezione internazionale presentate in Italia, contro le 25.000 domande del 2013). Gli sbarchi nelle aree costiere del sud Italia, costantemente aggiornati dalle cronache quotidiane, sono stati 170.000 nel 2014; le stime dell’UNHCR indicano che 240.000 persone potrebbero giungere nel 2015 sulle coste italiane. Unione Europea, Stato, Regioni, Province, Comuni, Prefetture, Questure, Terzo settore, cittadini, a fronte di emergenze quotidiane devono trovare equilibri politici, finanziari, culturali, che oggi paiono ancora essere difficili e lontani. Le tante crisi umanitarie in corso hanno richiesto un impegno particolare dell’Italia nell’accoglienza dei migranti: al 31 dicembre 2014 le persone presenti nelle diverse strutture di prima e seconda accoglienza su tutto il territorio nazionale erano oltre 66.000, di cui quasi un terzo inseriti nello Sprar, la rete del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati che nel triennio 2014-2016 vede in corso di finanziamento 456 progetti per un totale di 13.020 posti di accoglienza a cui si sommano 6490 posti aggiuntivi attivati, con il coinvolgimento di 375 Comuni, 30 Province e 10 Unioni di Comuni. Sono proprio le comunità locali che devono rendere operativo un modello di accoglienza che, nonostante un contesto emergenziale e pur nella finitezza della durata temporale di ogni singolo intervento, intende superare la sola erogazione di beni di prima sussistenza (vitto e alloggio), al fine di creare le condizioni per innescare processi di autonomia e inserimento sociale delle persone che arrivano in cerca di protezione, attraverso una sinergia imprescindibile tra amministrazioni locali e terzo settore. La Città di Torino si occupa strutturalmente delle problematiche relative all’accoglienza e all’inclusione dei richiedenti asilo e dei rifugiati dal 2001 in qualità di Ente locale attuatore dello Sprar, e ha consolidato ed ampliato negli anni la rete dei servizi dedicati, avvalendosi oltre che del “Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo”, anche di ulteriori e periodici finanziamenti ministeriali ed europei.

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Con il prezioso supporto delle realtà del terzo settore e del volontariato, l’Amministrazione ha promosso la costituzione del “Tavolo Asilo”, un luogo di incontro e confronto per elaborare interventi di sensibilizzazione sul territorio, accrescere il coinvolgimento della rete, dei beneficiari e dei diversi comparti della pubblica amministrazione, condividere proposte e buone prassi. Gli attuali progetti di accoglienza della Città, Hopeland - Ordinari, Masnà - Minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo, Teranga - Disagio Mentale, per un numero totale di 500 posti, vedono la collaborazione di una rete di operatori che agiscono in modo coordinato sul territorio per promuovere, attraverso progetti individualizzati, esperienze e strumenti per l’autonomia e l’inclusione dei beneficiari. Sono previste sia misure complementari d’informazione, orientamento, accompagnamento, sia servizi trasversali di assistenza sanitaria e psicologica, supporto al ricongiungimento familiare, consulenza legale, interpretariato e mediazione culturale. Particolare attenzione viene assicurata alle categorie più fragili e vulnerabili, le donne sole con bambini, i minori non accompagnati, le vittime di tortura, le vittime di tratta, le persone con disagio mentale o con altre problematiche sanitarie. Le richieste in continuo aumento di servizi strutturati, non solo di tipo residenziale, ha spinto la Città a cercare nuove proposte e sperimentare nuove tipologie di risposte, per ulteriormente qualificare e innovare il sistema integrato di accoglienza, attraverso una costante e proficua co-progettazione con enti, consorzi, cooperative, associazioni, organizzazioni di volontariato, volontari singoli. In questo contesto si inserisce il progetto “Rifugio Diffuso” con il quale si è inteso declinare nuove dimensioni dell’accoglienza, promuovendo la disponibilità di famiglie e singoli ad ospitare nella propria casa uno o due richiedenti asilo o rifugiati per un periodo di tempo massimo pari a un anno, per offrire la possibilità di ricostruire progetti di vita in un contesto di normalità e di quotidianità. Tale modalità rappresenta un’esperienza del tutto innovativa e diversa dalla consuetudine rappresentata dall’inserimento in strutture standardizzate e abitate da persone che condividono analogia di vissuti, spesso difficili, e omogeneità di risorse e prospettive, in quanto la famiglia può essere in grado di offrire un ambiente affettivo più favorevole alla possibilità di elaborazione delle esperienze e di costruzione di relazioni. La consapevolezza che il fattore critico di successo nelle politiche di integrazione nelle nostre città è la capacità delle comunità locali di essere partecipi dei percorsi di accoglienza e protagoniste delle occasioni di inclusione, ha reso evidente la necessità di sperimentare non solo nuove soluzioni tecniche e progettuali ma anche nuovi linguaggi con cui raccontarle ai cittadini. E’ così che è nato, insieme a ricercatori e operatori del terzo settore, l’idea della Living Library, della biblioteca vivente che sapesse diffondere storie e far dialogare lettori e libri. Ascoltare e raccontare presuppongono la capacità di mettersi in relazione, di costruire legami, di prendersi cura, di creare comunità, di ricercare modalità possibili di convivenza nella città, intesa come luogo di vita e spazio comune in cui esprimere identità, radicamento, solidarietà, responsabilità individuali e collettive.

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Ogni Living Library vuole essere uno spaccato della comunità locale, quotidiana, reale, multietnica, complessa, in cui si fondono in modo corale storie diverse, di chi ascolta e di chi racconta, una comunità che cresce e si arricchisce delle storie, dei vissuti, delle esperienze, e in tal modo li accoglie. Perché “…le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d'un linguaggio; le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri di storia dell'econo-mia, ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi…” (Italo Calvino, Le Città Invisibili, 1972).

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INTRODUZIONE

di Enrico Gentina Human Library è un progetto internazionale nato in Danimarca nel 2000 quando, dopo un fatto di cronaca a sfondo razzista, l’Associazione Stop the Violence creò una biblioteca di libri-persone che raccontassero le loro storie creando così occasioni narrative per superare i pregiudizi verso le diversità di origine etnica, di sesso, di abilità, di fede, ecc.… L’iniziativa, nel 2003, è stata riconosciuta dal Consiglio d’Europa come buona prassi e, come tale, incoraggiata ed esportata in tutto il mondo. Tante sono le esperienze, anche italiane, di Human Library. Nel 2014 partecipiamo ad un corso di formazione internazionale promosso dall'Unione europea che aveva il duplice obiettivo di avviare una riflessione su possibili nuovi sviluppi dell'attività e di abilitare associazioni e professionisti, ad organizzare nei dieci paesi europei da cui provenivano, dei nuovi progetti di Biblioteche Parlanti. A distanza di venti mesi ci si ritroverà a condividere i percorsi e le nuove buone pratiche. L'Associazione Municipale Teatro vince un bando europeo ed invia Enrico Gentina regista formatore e operatore culturale, l'antropologo con decennale esperienza nella coopera-zione internazionale Marco Pollarolo collaboratore dell’Associazione Mamre Onlus che si occupa di etnopsichiatria, e Monica Prato psicoterapeuta presso Mamre oltre che attrice. Tornati in Italia, forti dell'esperienza e del mandato ricevuto, iniziamo a immaginare, con la Città e con la cooperativa Progetto Tenda un progetto ampio che utilizzasse il format. Living Library sinteticamente è un evento in cui a raccontare storie non sono dei libri cartacei, ma persone in carne ed ossa, "libri viventi". Ciascuno racconta una storia che l’ha visto protagonista, per venti minuti, a coloro che vorranno ascoltare: un "lettore” alla volta. I “librai” orientano gli ospiti nella scelta delle storie che più li interessano e coinvolgono. Chi ascolta può interagire, in una relazione "uno ad uno" (come di fronte a un libro di carta) con il protagonista/narratore della storia. Abbiamo così provato a scoprire meglio le potenzialità di un'idea che ben si sposa con la nostra storia lavorativa, centrata sulla continua riflessione sia sul tema della narrazione e della parola, sia sulle questioni del pregiudizio e della discriminazione, costruendo un idea di progetto che provasse a coinvolgere chi generalmente non partecipa ad iniziative legate a questi argomenti.

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PRESENTAZIONE

di Sara Negarville Cooperativa Progetto Tenda opera nel settore dell'accoglienza di richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale e umanitaria dal 2001, quando nacque il Programma Nazionale Asilo, oggi SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati). Sin dall'inizio è stata nostra convinzione che accogliere non significhi soltanto fornire vitto e alloggio ma riconoscere la persona nei suoi saperi e nelle sue competenze e sostenerla nel metterli a frutto in un contesto nuovo. Per noi il lavoro socio-educativo e di mediazione interculturale non può limitarsi a sostenere le persone nell'acquisizione dei documenti, nell'apprendimento della lingua italiana e nell'avvio di percorsi professionalizzanti e di inserimento lavorativo. Riteniamo che tali aspetti, pur nella loro centralità, non esauriscano la complessità dell'incontro con il contesto socio-culturale italiano. Siamo educatori professionali, psicologi, antropologi, sociologi, mediatori e peer operator, alcuni dei quali scelti negli anni tra i beneficiari di progetti di inclusione, abituati a costruire quotidianamente interculturalità e interdisciplinarietà. Il nostro mandato è anche quello di favorire la conoscenza reciproca in un mondo contrassegnato da migrazioni strutturali, dove le identità sono al contempo polarizzate e plurali. Incontrarsi significa entrare in relazione, avviare processi di confronto e di scambio integrando uguaglianza e diversità, accettare di “ibridarsi” e di arricchire il proprio sguardo sul mondo con quello altrui. La narrazione, quindi, si fa strumento non solo di dialogo ma anche di costruzione di una realtà nuova, nella quale le vicende biografiche così come il patrimonio storico e culturale delle proprie origini divengono una ricchezza che può essere compresa e condivisa. Per questa ragione in questi anni abbiamo sperimentato diverse forme d'incontro tra migranti e nativi attraverso parole, immagini, linguaggi del corpo: reading, incontri di approfondimento storico-politico sui paesi di provenienza, performance teatrali, interventi didattici nelle scuole. È nel solco di queste scelte che si colloca la partecipazione alla Biblioteca Parlante ed è per le ragioni enunciate in precedenza che questo progetto ci ha appassionati: consente alle persone di divenire protagoniste condividendo con altre persone le proprie storie; permette loro di essere ascoltate come esseri umani e non come ‘rappresentanti’ di categorie astratte e stereotipate (lo straniero, il profugo, il musulmano...); dà infine l'opportunità di uscire dalla ristretta cerchia della comunità di appartenenza per entrare in relazione con altri. La narrazione è un formidabile viatico per l’inclusione e per incrementare la percezione di sé come persona cha partecipa ad una comunità più ampia, quella cittadina, che è l’intreccio di una pluralità di storie individuali e collettive, tra le quali storie ‘italiane’ che molti rifugiati non avrebbero mai immaginato. La Biblioteca Parlante ha dato vita a collaborazioni anche professionali: alcuni rifugiati, dopo aver partecipato alla iniziativa in qualità di ‘libri’, si sono sentiti così a proprio agio da mettersi alla prova nel ruolo di ‘librai’, per poi scegliere di fare i lettori portando con sé amici e connazionali ad ascoltare storie. Per noi questa è la quintessenza della narrazione: decostruire i confini precedenti per generare spazi nuovi e inclusivi capaci di accogliere e unire storie e persone.

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PRESENTAZIONE

di Francesca Vallarino Gancia Chi sono? Perché partono? Noi non ci domandiamo più perché le persone partono per un viaggio che dura mesi o anni, loro stesse ci raccontano le traversate dei deserti, i rapimenti, le torture, gli stupri, le mazzette pagate agli scafisti per attraversare il mare, la paura di scomparire in quell'immensità di acqua nera e ostile. Hanno una forza che non ci appartiene e che a volte disprezziamo. Hanno attraversato mezza Africa a piedi e su camion strabordanti per arrivare nel paradiso dell'Europa, molti hanno visto per la prima volta il mare ma si sono imbarcati pur sapendo di poter morire. Non ci chiediamo perché lo fanno ma sappiamo che l'essere umano può far di tutto pur di scappare da schiavitù, fame, regimi atroci, guerre e torture, fanatismi, sgozzamenti, da un inferno che una nostra vita non basta per comprenderlo. Sono popoli in fuga, migranti diversi da quelli che arrivavano solo pochi anni fa e che cercavano lavoro e una vita migliore per loro e la propria famiglia. Sono uomini e donne che hanno subìto violenza e distruzione e hanno lasciato dietro di loro il nulla se non sangue che ogni giorno aumenta. E di fronte a tutto questo anche noi viviamo continuamente immersi nell'orrore, quasi senza accorgercene, per le stragi che ci vengono davanti agli occhi tutti i giorni. La tentazione è di chiuderli e di girare la testa dall'altra parte. Come psicologi psicoterapeuti, mediatori culturali ed antropologi, ci occupiamo di salute mentale in contesti multiculturali, promuoviamo un cambiamento di prospettiva della cura che tiene in considerazione tutte le tradizioni, le credenze, le visioni del mondo, i sistemi di cura altri, considerandoli sapienti e a pari dignità in tutti i gruppi umani. I migranti ci portano ad attuare questo rovesciamento del pensiero, ci obbligano a confrontarci con il nostro modo di vivere, ci portano a comprendere che il nostro è solo "uno" dei modi di stare al mondo e che esistono universi radicalmente distanti da noi, in termini di relazioni, di modi di vivere e di morire, di crescere, di concepire la salute e la malattia e quindi di concepire il mondo. Ci sentiamo chiamati ad operare con i migranti con un atteggiamento che considera una regola di ospitalità per la quale: "lo straniero, anche il più bisognoso, è ricco delle lingue che porta in sé, di odori e sensazioni, ricco di spiegazioni, di esseri, di oggetti di cui diviene il rappresentante presso di noi. Siamo spesso trafitti dalla miseria, economica e sociale, vissuta dagli immigrati, ma siamo anche sempre più spinti a considerarli ricchi stranieri piuttosto che poveri immigrati; a cercare le forze che consentono loro di essere allegri e vivi, invece di restare inchiodati alle molte debolezze che li rendono soggetti della psicoterapia" (T. Nathan – Non siamo soli al Mondo). Il focus è sempre la relazione sostenuta dalla fiducia, dalle parole che producono cambiamento, dalla narrazione della propria vita. Si narra per vivere e, nella battaglia di esistere, le persone narrano la propria storia. La narrazione è il classico esempio di quei dispositivi della nostra esistenza che sono come delle porte troppo strette per una persona sola ma nelle quali in due si passa agevolmente: ovvero la narrazione serve per stare insieme agli altri. Si narrano le vicende di vita, i dolori, i ricordi, si traduce in parole la nostalgia, la lontananza, nel racconto si disegna la famiglia, la casa, gli affetti, i passaggi della propria esistenza.

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Come associazione si è voluto partecipare fin dagli inizi (sperimentando un’azione pilota a maggio 2014 nel quartiere di San Salvario a Torino, in occasione del Salone del libro off) agli eventi della Living Library, con storie ed esperienze raccontate da libri viventi ed ascoltate da lettori in diretta comunicazione con i “libri” stessi. Nell’ottica del lavoro di Mamre la Living Library rientra nella capacità di tenere il cuore e la mente aperta alla conoscenza, all'incontro e al rispetto reciproco, al di là dei pregiudizi e delle discriminazioni che, inevitabilmente, popolano i nostri pensieri. Le persone parlano di sé condividendo con il lettore emozioni ed esperienze intime e, narrandole, danno vita e valore a quel particolare momento significativo. Per questo molte persone coinvolte nel lavoro di cura, psicologi antropologi e mediatori culturali, hanno partecipato sia come “librai/raccoglitori” sia come “libri” con una propria narrazione, compresi alcuni pazienti che hanno sentito l’importanza di condividere un aspetto significativo della propria esistenza. Dar valore alle storie significa riconoscerle e farne dono ad altri ed integrarle nella propria vita.

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LA NOSTRA CASA È IL MONDO

di Silvia Pipino – Cooperativa Sociale Progetto Tenda Shukry, Hindyo, Fartun, Abdi, Miriam, Mohamed, Ali, Iftikhar, Sarah ... storie somale, congolesi, palestinesi, iraniane, maliane, pakistane, afghane, nigeriane... Quando raccontiamo il nostro lavoro di operatori sociali molte persone ci domandano per quale ragione l'abbiamo scelto e la risposta sono proprio loro: le persone, con le loro sto-rie. Sono storie ferite, che feriscono a loro volta quando vengono raccontate. Le prime che ascoltiamo ci travolgono, ci tolgono il respiro e con esso ogni certezza, sugli altri ma anche su noi stessi. Improvvisamente Somalia, Congo, Palestina, Iran, Mali, Pakistan, Afghanistan, Nigeria irrompono nel qui e ora, escono dalle frammentarie narrazioni mediatiche e dalle immagini dei telegiornali e diventano spaccati di vite reali di uomini, donne, ragazzi e bambini. Comprendiamo insomma che ciascuna di quelle persone ha scritta in sé e su di sé la Storia di nazioni, continenti, religioni, visioni del mondo. Probabilmente non è tanto la conoscenza di forme di privazione, violenza e tortura per noi inimmaginabili ad essere difficile da accettare, ma soprattutto la consapevolezza di non esserne estranei come credevamo e la coscienza che coloro che ritenevamo lontani sono in realtà così vicini. Se quelle storie individuali sono capaci di mettere in discussione le nostre convinzioni sul mondo, divengono ancora più potenti quando ci insegnano che, nonostante la sofferenza legata alla memoria o alle difficoltà del presente, la vita non è solo questo ma è anche saper accogliere l'altro con un sorriso, scherzare, ridere anche per sciocchezze, “perché, sai, nella vita non si può piangere sempre”. Per questo, forse, siamo operatori, educatori, psicologi, antropologi e mediatori che scelgono ogni giorno di lavorare con persone richiedenti asilo e rifugiate: perché abbiamo capito, e alcuni di noi l'hanno vissuto in prima persona, che queste non sono storie di vittime, bensì di donne e uomini di straordinaria forza, tenacia e determinazione, capaci di lottare strenuamente per conseguire gli obiettivi che si erano prefissati, di mettere a frutto le risorse personali e relazionali di cui dispongono alla ricerca di una salvezza che non sia mera sopravvivenza ma costruzione di una vita nuova, migliore, per sé e per gli altri. Per gli altri chi? Per coloro che sono rimasti, per i figli, prima di tutto. Le donne ci parlano della sofferenza quotidiana, degli spostamenti da una zona all'altra della città a seconda di dove imperversano gli scontri, dei figli da nutrire e proteggere e ai quali garantire una istruzione e un futuro, dei problemi con i mariti, delle regole sempre più restrittive riguardanti il costume: l'altra faccia della politica, insomma.

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Gli uomini ci raccontano le cause dei conflitti, le lotte per i propri diritti e per quelli delle generazioni a venire, perché “la nostra vita non è solo nostra ma ha senso se è anche per gli altri e, in particolare, per chi verrà dopo di noi”, le persecuzioni, le discriminazioni, la detenzione ingiusta. Tutti ci ricordano la violenza dei trafficanti, la morte che attende molti migranti che attraversano il Sahara e il Mediterraneo...“50%, vivi, 50% muori”, nel proprio paese così come durante il viaggio verso l'Europa. Lavoriamo muovendoci tra le spine e le rovine delle storie che ci vengono narrate e con il tempo cerchiamo di imparare a lasciarci toccare ma a non farci più ferire. Frammenti di storie emergono in Questura, al momento della richiesta d'asilo e nella fase di inserimento nelle strutture di accoglienza: sono schegge di vite, di relazioni familiari, di esperienze lavorative, di appartenenze religiose e talvolta etniche e nazionali. Incontriamo uomini che dopo essersi presentati mostrano le proprie cicatrici, donne che al secondo giorno di accoglienza raccontano le proprie vicende nei corridoi di uffici pubblici, persone il cui passato rivendica riconoscimento attraverso parole e corpi. Conosciamo però anche uomini e donne che hanno cercato di lasciare ciò che è accaduto altrove, nel tempo e nello spazio, desiderosi di ricostruire la propria esistenza e di comprendere come poterlo fare in un nuovo paese. Alcune tessere del mosaico di queste esperienze si moltiplicano e si uniscono per ricomporre le vicende biografiche in preparazione dell'audizione in Commissione. Credibilità e attendibilità sono sostantivi che non ci competono: il nostro è il paradigma del “come se” fosse vero. Il nostro ruolo è preparare i richiedenti asilo a ciò che appare come un vero e proprio rito di passaggio che, se superato con successo, li conduce a essere riconosciuti come rifugiati. Per fare ciò, quindi, devono essere descritte le ragioni della fuga, vale a dire le violenze e le torture subite o fortunosamente. Il ruolo di tutti noi è facilitare il processo che conduce a superare la percezione di sé esclusivamente come vittima, per riconoscersi anche nella persona che è riuscita a sopravvivere: si torna così allo scenario iniziale, che dava inizio alla storia al momento del nostro incontro, guardandolo con occhi nuovi, per scoprire che le lingue materne sono molte e il plurilinguismo è una ricchezza, che si è imparato ad adattarsi e a continuare a vivere senza soccombere, che si sono appresi mestieri differenti in paesi diversi, che a casa così come lungo la strada c'erano sì i traditori ma anche “i ragazzi che mi hanno aiutata ed è grazie a loro che sono arrivata fin qui e danziamo consapevolmente tra il ruolo di aiutante dell'eroe e quello del lettore di storie, vediamo le persone con cui lavoriamo nella loro quotidianità, le sosteniamo nei loro cambiamenti, le motiviamo ad alzarsi dal letto e ad uscire di casa, dove all'inizio molti si rifugiano per il peso del passato e la fatica di affrontare l'ennesimo paese nuovo, in cui spesso si sentono indesiderati. Vediamo che ci riescono, con una energia sempre sorprendente: studiano e imparano la lingua, si lasciano incuriosire da ciò che osservano e di cui non colgono immediatamente il senso, imparano mestieri nuovi o rinnovano il modo di mettere in pratica ciò che già sapevano fare, partecipano ad attività di scambio interculturale, nella consapevolezza che il compito di informare e incontrare persone che non conoscono le loro vicende è anche loro e che forse solo loro possono raccontarle e farle comprendere davvero.

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Questa ennesima trasformazione ha infatti anch'essa a che fare con le storie: significa guardare nuovamente al passato e rileggere il presente, riappropriarsi del potere di narrare e narrarsi. Vuol dire raccontare non più solo la violenza ma anche restituire una immagine positiva e densa di ciò che si è lasciato: la malinconia al pensiero della bellezza del proprio paese, la nostalgia per i suoi sapori, per l'intensità degli affetti dei familiari e degli amici e spesso anche per la posizione professionale e sociale che si rivestiva e che oggi si fa così tanta fatica a riconquistare. Il nostro lavoro consiste anche in questo: costruire spazi di parola capaci di accogliere narrazioni libere dalla categorizzazione del rifugiato, che torna a essere una persona come tante ma le cui storie sono straordinarie perché soltanto sue, esattamente come avviene per ciascuno di noi. La Biblioteca Vivente è, infatti, un terreno in cui sono germogliate timidamente e poi sbocciate storie di maestri di vita, di amicizie, di amori, di riti; è un luogo in cui il narratore ha trovato risposta alla domanda: “Perché qualcuno dovrebbe essere interessato a quello che racconto io?”. La curiosità di chi non conosce quei racconti è, per noi, il lettore ideale, poiché il desiderio di ascoltare fa germinare la volontà di accogliere quelle narrazioni e tutti i loro significati. Lavorare con i rifugiati significa anche adoperarsi per costruire il dialogo e la convivenza tra persone con provenienze e storie differenti, favorendo le relazioni e decostruendo le categorie, per dar vita a un “noi” più ampio, nuovo, diverso dalla somma dei singoli soggetti di partenza. Sono storie, queste, la cui trama evolve continuamente. Alcuni richiedenti asilo non ottengono i documenti e, come operatori, essere spettatori è doloroso: ci si è incontrati, conosciuti, anche solo un po', si è cercato di immaginare insieme il futuro e di lavorare alla sua realizzazione, e chiedere alla persona di lasciare l'accoglienza in queste circostanze è sempre un lutto. Altri cercano lavoro nell'“altra Europa”, altri ancora rimangono in Italia dove trovano spesso forme di impiego e sistemazioni abitative precarie. Talvolta abbiamo invece la fortuna di gioire insieme e l'addio diventa un arrivederci: alcuni di coloro che ottengono la protezione riescono a trovare un buon lavoro, una casa e a volte anche a ricongiungersi con i propri familiari, mentre altri costruiscono nuove relazioni d'amicizia e d'amore. L'arrivederci può diventare anche un benvenuto per una storia tutta da inventare, quando la persona che torna a salutarci tiene tra le braccia un neonato. Come in tutte le storie umane il finale rimane aperto e non esiste storia in cui vi sia un solo personaggio, perché ciascuna vicenda è a suo modo collettiva.

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IL TENTATIVO DI NON COLLUDERE COL PREGIUDIZIO di Enrico Gentina Un aspetto che ci ha colpiti della quindicennale esperienza di questa attività nel momento in cui ci si è trovati a volerne realizzare una, è stata la questione dei “tipi di libro”. Le biblioteche viventi sono state spesso organizzate da associazioni e realtà sociali impegnate nella difesa o nella sensibilizzazione rispetto ad un dato tema oppure da enti pubblici che, nell'ambito di progetti su particolari questioni, allestiscono delle Living Library dedicate. Si sono realizzate nel mondo centinaia di Living Library in cui si comunicava che il tal giorno nel tal luogo ci sarebbero state storie di migranti, oppure storie di violenza contro le donne, storie di razzismo o discriminazione, storie di stigma. I libri-persone, va da sé, erano rappresentanti o testimoni o vittime che portavano volontariamente, un aneddoto della loro vita in forma di racconto e lo regalavano ai “lettori”. Mentre si ragionava sull'impostazione delle Biblioteca Parlante che avremmo voluto organizzare a Torino abbiamo iniziato a pensare che, forse, poteva essere interessante provare a non identificare delle “categorie” di libri umani, o, meglio, non basare la comunicazione e il singolo evento proprio su quello. La riflessione è stata, in sintesi, “se il nostro obiettivo è lavorare sul pregiudizio, costruendo un evento in cui le persone vengono presentate in base alla categoria alla quale appartengono, non rischiamo, indirettamente, di rinforzare il pregiudizio stesso?” Identificare delle persone in quanto migranti, o omosessuali, africani, pazienti psichiatrici etc, e organizzare un evento in cui i protagonisti vengono presentati come appartenenti a una certa categoria non continua forse a sancire uno stato di differenza “sostanziale” tra chi è (nero, migrante, omosessuale, ) e chi non è, tra chi è “normale” e gli “altri”. A ben guardare ci è sembrato che, involontariamente, alcune Living Library abbiano corso il rischio di dire velatamente che i lettori sono i “normali” mentre i “diversi”, gli “strani”, quelli da ascoltare, sono i libri. L'obiettivo di Living Library, dalla sua nascita, è sempre stato sensibilizzare contro i pregiudizi e il meccanismo è chiaro: entrando in relazione “vicina” con una persona, ascoltandola e guardandola negli occhi posso andare a rivedere i miei pregiudizi, accorgermi della loro infondatezza. Abbiamo detto: in questo progetto proviamo, da subito, dal linguaggio che usiamo, dal modo di comunicarlo a non colludere con una certa categorizzazione delle persone. Abbiamo iniziato ad affermare che le storie raccolte nelle Living Library non sarebbero state interessanti in quanto storie di persone con una caratteristica che le rende differenti per gli altri. La scelta è stata di centrare gli eventi sulla dimensione narrativa, anche spostando il focus dei racconti, riflettendo sui temi e raccogliendo libri umani non “categorizzati”. Siamo partiti dal presupposto che avremmo identificato cento storie, in questo volume abbiamo riunito le brevi sinossi delle storie raccolte.

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Si è voluto percorrere il paradosso di creare degli eventi dedicati alla discriminazione, al pregiudizio e allo stigma, non nominandoli mai. Degli appuntamenti “non marchiati”, quindi non destinati ad essere frequentati unicamente dal “solito pubblico”, le persone (già) coinvolte e interessate ai temi sociali”. Semplicemente degli appuntamenti legati alla narrazione; organizzati in luoghi riconosciuti per ospitare iniziative legate alla narrazione e non all'integrazione o il pregiudizio (la Biblioteca Musicale, il Circolo dei Lettori, la Scuola Holden) in cui le persone sarebbero state al centro con la loro esperienza, la loro voglia di condividere, la loro curiosità di incontrare e conoscere. Un evento “prejudice free” coniando un termine, fin dalle parole che lo avrebbero descritto e presentato. Ci siamo detti: invitiamo persone che abbiano una storia da raccontare, scegliamo dei temi generali (non generici, dei temi interessanti ma che non facciano riferimento ad un pregiudizio o a una discriminazione) e le giornate di biblioteca vivente vengano presentate per l'argomento di cui trattano le storie. E l'integrazione? Viviamola, a partire dal catalogo delle storie. A cercarli, i libri umani di ogni edizione appartengono alle più differenti categorie ma le categorie non sono scritte; sul materiale che il pubblico riceve per scegliere quale storia ascoltare non ci sono etichette, solo il nome e la dichiarazione implicita che lui/lei ha una bella storia da raccontare, una storia di un maestro, un amico, un amore o un rito di passaggio. I libri, certo, saranno persone che hanno provenienze, età, passato e prospettive differenti, ma non verranno presentate che con il titolo dell'argomento della storia. Dal comunicato stampa dei primi appuntamenti: Living Library. Storie di uomini e donne. Storie di noi stessi. E se le persone fossero libri? Se potessimo sfogliare le pagine più intime dell’anima di uno sconosciuto? Se potessimo ascoltare la sua voce e leggergli negli occhi la sua storia, le sue emozioni? Living Library è un progetto che, con delicatezza e originalità, permetterà a molti di vivere questa inconsueta esperienza, attraverso un ciclo di tre appuntamenti, ciascuno con un tema diverso: storie di maestri, storie di amicizia, storie d’amore (settembre, novembre e dicembre). I protagonisti/libri saranno uomini e donne che desiderano condividere un episodio significativo della loro biografia. Saranno persone comuni, italiani e stranieri, alcuni impegnati nel sociale, molti testimoni di esperienze toccanti: chi li leggerà potrà, se vorrà, interagire con loro, ed esplorare il loro cammino. Le storie avranno spunti divertenti, a tratti saranno malinconiche o avventurose e abbracceranno diversi aspetti della vita di una persona. Saranno anche storie di musica e di musicisti, in percorsi narrativi fatti di esecuzioni e parole. La Living Library è un modo per scoprire se stessi attraverso l’altro, appassionandosi alla sua storia, proprio come quando si legge un libro tutto d’un fiato. E’ un’occasione per avere risposte anche inaspettate a domande che non abbiamo mai posto, o mai osato porre. E’ un’opportunità per comprendere quanto le persone, benché spesso profondamente diverse l’una dall’altra, siano accomunate da reazioni e sentimenti universali.

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Dal catalogo che contiene le sinossi di ogni storia (oltre al titolo della storia e al nome del narratore) emergerà sicuramente, ad esempio, il nome non italiano, o la storia di un viaggio molto lungo, o un racconto che viene dall'Africa, ma non è quello il motivo per cui sono lì. Non sono interessanti in quanto esotici, stranieri o vittime di particolari sofferenze. Si è rivelato importantissimo, questo punto di partenza, anche nella relazione con i libri e nel lavoro di raccolta della storia, quando cioè il libro incontra il suo libraio e insieme provano a definire i dettagli della storia, la sua impostazione se ce n'è bisogno, trovano il titolo e concordano le poche righe di sinossi. Da subito tutti si sono sentiti coinvolti come individui e non come appartenenti al tal gruppo. La domanda era se avessero una storia che avevano piacere di condividere su uno degli argomenti scelti. Anche quando le persone invitate facevano parte di progetti speciali come il programma SPRAR o un centro di salute mentale la richiesta è sempre stata “hai una storia su questo argomento?” e non: -siccome tu sei della categoria “x” i racconti una storia di “x”?-. Il lavoro è stato quindi attivare, oltre ai partner del progetto delle associazioni, dei gruppi e delle reti attraverso i quali estendere l'invito a diventare libro, per costruire cataloghi il più possibile variegati, tanto eterogenei da rendere protagonista il singolo.

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FARE COMUNITÀ RACCONTANDOSI di Marco Pollarolo

C’era una volta una persona dalla vita

così perfetta che non esistevano storie

su di lei da raccontare (P. Brooks da Trame)

Si è visto come e con quale proposito le Living Library siano nate e si siano diffuse in tutto il mondo. Si è sottolineato in che modo il progetto “Voci e Volti”, pur ispirandosi all’esperienza europea delle Living Library, abbia voluto affrontare i pregiudizi e gli stereotipi svincolandosi dalla categoria “migrante” per lavorare sulle connessioni, sulle somiglianze e sulle molteplicità, nella convinzione che promuovere l’integrazione lo si possa fare partendo da ciò che unisce piuttosto che da ciò che distingue. Se per ordinare e meglio comprendere il mondo non possiamo prescindere dalle categorie, si può sempre pensare ad esse come a concetti dai contorni sfumati, sfilacciati, permeabili, favorendo in tal modo il dialogo e la comunicazione interculturale. Centrale in “Voci e volti” è la dimensione della narrazione orale ispirata a temi universali - maestri, amicizia, amore, passaggi - e che passa per la “messa in forma” di un proprio vissuto. In questa “messa in forma” la “persona-libro” (o semplicemente “libro”) si affida alla “persona - libraio” - raccoglitore di storie che gli verrà attribuito - il quale giocherà un ruolo di “editor” e di primo ascoltatore della storia. Trattandosi di narrazione orale la forma che prenderà il racconto si modificherà nella condivisione vis-à-vis con i lettori. In questo poetico groviglio di relazioni si evidenzia come il “mettere storie in comune” significhi creare e consolidare una comunità. La facoltà del narrare è una costante umana. Attraverso questa “messa in comune” delle storie possiamo ordinare e capire chi noi siamo o comunque comprendere meglio una parte di noi o una nostra esperienza. La facoltà di raccontare è parte della specie umana ed è pratica antica: nella condivisione di storie elaboriamo le nostre esperienze, ci ricono-sciamo e siamo riconosciuti nel nostro sentirsi unici, fragili, diversi, stranieri, forti, ambigui, eroi, navigatori, sedentari, belli, brutti, buoni e cattivi. Semplicemente umani. Il racconto è in generale un tentativo continuo di mettere ordine al mondo e alla nostra vita perché non si riducano ad una mera esistenza empirica, a una semplice sequenza di eventi, ma si costituiscano come rete di significati mediante le trame dei racconti stessi.1

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Il narrare aumenta la comprensione di noi stessi e delle azioni che ci sfuggono. Narrarsi è disporsi alla comprensione della propria vita, ri-conoscendo, ovvero conoscendo nuovamente ciò che si è vissuto. Tale “ri-conoscimento” passa per l’organizzazione dei propri ricordi nella forma di racconto, disponendo ricordi e pensieri secondo una trama. La trama è il modo in cui la vita acquista significato grazie alla forma che il racconto le conferisce. Il racconto seleziona, taglia, dispone attraverso una costruzione astratta che collegando l’un l’altro gli avvenimenti si propone di dare agli avvenimenti stessi un significato. Storie con un inizio e una fine non hanno riscontro nella vita reale: i limiti, i confini, gli inizi e le conclusioni hanno un carattere artificiale derivante dalla volontà di determinare un senso. La narrazione è l’atto con cui, in una determinata situazione, qualcuno racconta qualcosa ad un altro. La conversazione quotidiana è intessuta di narrazioni. Tutti noi possiamo raccontare qualcosa e lo facciamo in vari momento delle nostre giornate e delle nostre vite, perché raccontare è un attività che fa parte della conversazione quotidiana.2 Come lamenta Benjamin3, l’epoca moderna allontana bruscamente quell’antica esperienza del narrare che si configurava come “comunità”. Il progetto “Voci e volti” contribuisce a ricreare occasioni in cui il raccontare - e il raccontarsi – avvicinino le persone e le loro esperienze mettendo in evidenza anche il carattere ludico affabulativo connaturato al racconto, il piacere legato al desiderio di raccontare e quello di sentirsi raccontare una storia. Quando ascoltiamo un racconto siamo contemporaneamente nel mondo fisico in cui avviene la narrazione e in quello immaginario in cui si svolge la storia. Nell’incontro vis-à-vis delle Living Library la narrazione si presenta come una situazione durante la quale uno degli interlocutori prende possesso della parola e l’altro assume la parte dell’ascoltatore. Il primo appare il protagonista dell’azione comunicativa, ma il secondo è tutt’altro che passivo, svolgendo un’attiva funzione di interpretazione del suo contenuto. Il “lettore”, destinatario del racconto, può interrompere, formulare domande, raccontare a sua volta frammenti o aneddoti che risuonano nella sua memoria. Ogni storia rimanda ad altre storie e ci suggerisce come tutto si lega e ci lega anche agli altri. Le narrazioni moltiplicano infatti la rete delle nostre relazioni, e le storie, una volta raccontate a qualcuno, modificano definitivamente la relazione tra chi ha narrato e chi ha ascoltato.

� Tu che mi guardi, tu che mi racconti. A. Cavarero; Ed. Feltrinelli 2001 2 � Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana; P. Jedlowsky, Ed. Mondadori

Bruno 2000 3 � Il Narratore; Considerazioni sull'opera di Nikolaj Leskov. Ed. Einaudi 2011

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La storia che viene regalata al “lettore” riporta e riattualizza eventi, situazioni e personaggi legati al “libro-narratore” che nel raccontare connette tra di loro tutti gli elementi mediante una trama, un filo narrativo. Inizialmente può intimorire l’idea di affidare ad un pubblico, pur in una situazione intima e protetta, una propria storia perché prevale la sensazione che gli altri possano essere non interessati a quello che ci è successo, a ciò che abbiamo vissuto e che consideriamo di poca rilevanza. Spesso ci convinciamo di non possedere la facoltà del raccontare, di dare una forma ordinata e di senso al quotidiano e agli eventi eccezionali che ci capitano e che, molte volte, riconosciamo come eccezionali solo nel momento in cui li condividiamo con qualcuno. Chi racconta una storia del proprio vissuto, un frammento della propria esistenza, evoca inevitabilmente le relazioni e le persone che di questa storia sono state parte. Colui che racconta, “il libro”, interpreta e rilegge quel mondo e quel tempo che ha abitato, ne coglie i particolari connettendoli ad altri, e condividendoli con un’altra persona contribuisce a tessere le relazioni costitutive e fondanti del concetto di comunità. La condivisione di storie tramite la modalità della biblioteca vivente che il progetto “Voci e Volti” propone, implica la creazione di uno spazio narrativo che interrompe il flusso del transitare, del camminare in città senza fermarsi, del percorrere le nostre giornate trascurandone gli infiniti dettagli e sfumature. Quando ci si racconta e si condivide una storia propria, in qualche modo muta l’abitudine, cambia il punto di vista e i canoni di giudizio sulla realtà. Nella condivisione del racconto si favorisce l’avvicinarsi alla complessità e alla molteplicità del reale, e la comprensione non passa per l’eccessiva semplificazione che lo priva di senso e ricchezza.

Non sei fregato veramente

finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla.

(A. Baricco da Novecento)

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STORIA, RACCONTO E ORALITÀ Di Marco Pollarolo I racconti parlano sempre di quella certa volta in cui è accaduta quella certa cosa a quella certa persona, in quel tempo e in quel luogo, non altre cose e non ad un’altra persona. Un racconto ha a che fare con la particolarità e la contingenza, con il tempo e la singolarità, cioè proprio con ciò che la quotidianità tende a rimuovere. Sottolinea P. Jedlowsky 4 che il pensiero narrativo anche secondo un filosofo come Vattimo5, è più capace di cogliere la verità dell’esistenza umana di quanto non lo sia il pensiero logico astratto, scientifico. La voce di qualcuno, pur rimanendo una voce singolare, esprime sempre qualcosa che va oltre sé stessa. L'alternanza tra l’ordinario e l’eccezionale è elemento costitutivo di una narrazione che riesce ad essere comprensibile quando dice cose che ci aspettiamo, pur interrompendole con elementi di sorpresa ed eccezionalità. É importante distinguere tra la materia narrata – la storia – e il discorso con cui si narra – il racconto. Nella narrazione i fatti sono ordinati in una sequenza temporale, però con molta libertà, con momenti in cui il tempo è molto dilatato ed altri in cui il tempo è compresso.6 Narrando si stravolge spesso l’ordine cronologico degli eventi, si può cominciare da un punto, tornare indietro, anticipare quello che succederà. Il tempo in questione è quello in cui gli avvenimenti si svolgono implicando la trasformazione da una situazione in un’altra. Nel tempo agiscono personaggi, si verificano accidenti imprevisti, le situazioni vengono modificate e tutto ciò può essere narrato in molteplici modi, secondo toni, generi e diversi stili. Il modo in cui gli eventi vengono disposti, ordinati con un certo stile e ritmo, dando vita ad un’esposizione che va al di là della loro semplice successione cronologica, dipende dalla relazione che si instaura tra chi la storia la porta – “libro – e il “libraio” che la storia raccoglie. É dalla buona relazione e dall’empatia che si crea tra questi due soggetti, che dipende la buona qualità del racconto come il valore poetico ed evocativo della sinossi che confluirà nel catalogo.

4 � Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana; P. Jedlowsky, Ed. Mondadori

Bruno 2000 5 � Tecnica ed esistenza. Una mappa filosofica del Novecento, G. Vattimo, Paravia,

Torino 1997 6 � L’arte di narrare e l’arte della convivenza. Atti del Convegno, Palermo 1997

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Nella Living Library il tema della storia è la vita di una persona e il protagonista della vita narrata è lo stesso individuo che narra la storia. Nell’incontro libraio-libro si scelgono e si considerano significativi solo alcune delle innumerevoli azioni, sentimenti, accidenti ed incidenti che costituiscono il corso di una serie di eventi che verrà circoscritto tra un inizio e una fine. Nei racconti si parte a volte dal particolare e si scopre che questo può raccontare un paese. Nessuna vita si svolge nel vuoto: a saperlo osservare, ogni singolo caso riflette elementi del mondo in cui è immerso. Ciascuno raccontando non può prescindere da parole, espressioni, moduli narrativi che sottintendono valori, credenze, norme, simboli, miti che non appartengono solamente al singolo, ma sono espressione del suo far parte di una società, e per la comprensione di quella società sono essenziali. Cosi nella raccolta e messa in forma del materiale narrativo che il “libro” affida al proprio “libraio”, si può partire da un aneddoto, un dettaglio, una relazione per raccontare ai lettori il contesto in cui quei particolari vanno collocati; con questo pretesto per i “libri stranieri” si crea l’occasione di fare un quadro della propria terra d’origine, o quanto meno dei ricordi che in Italia ci si è portati appresso. Nella relazione “libro-lettore” il corpo e la voce restano parte integrante della narrazione. Nel raccontare, le parole del “libro” saranno accompagnate dai gesti e dalle espressioni di un corpo che non è celato alla vista del “lettore” e che è sensibile ai messaggi e alle reazioni che il destinatario rimanderà nello svolgersi della narrazione. Se ognuno è l’altro di qualcuno, c'è sempre qualcosa di noi nella storia altrui. E viceversa. Le storie degli altri ci aprono a questo mondo, ci riguardano perché gli altri ci riguardano7 e ci guardano. Per tali ragioni i racconti risuonano nella mente del “lettore” ed è questa risonanza che trasforma il racconto a tratti in un dialogo e che rende germinativa la relazione. La narrazione si realizza all’interno di una relazione e contribuisce a crearla grazie ad un “lettore/ascoltatore” che non rimane mai muto. L’oralità implica il vedere qualcuno insieme a me nello stesso posto. La storia raccontata non si replica mai in modo identico, cambia ogni volta che la si condivide a seconda del momento e dell’interlocutore che si ha di fronte. Una storia ha un’efficacia nella misura in cui chi l’ascolta, la trasforma per sé in qualcosa di utile; si tratta di un'utilità molto concreta nel senso che uno da una storia può prendere consigli, proverbi, memorie, può prendere elementi che gli servono per ricostruire parti della propria immaginazione, perché il rapporto tra colui che racconta e colui che ascolta è un rapporto in cui ci si dona qualcosa a vicenda.8 7 � Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana; P. Jedlowsky, Ed. Mondadori

Bruno 2000 8 � L’arte di narrare e l’arte della convivenza. Atti del Convegno, Palermo 1997

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Le associazioni…i maestri, l’amicizia, l’amore, i riti di passaggio, nascita, morte e migrazione

Alcune delle associazioni coinvolte nel progetto sono partner (Progetto Tenda e Associa-zione Mamre Onlus), altre sono state coinvolte in un secondo momento (Il mondo di Joele, Luce per la Vita). Tre di queste sono assimilabili, per il fatto di occuparsi di migrazione ed Intercultura (rifugiati e richiedenti asilo, salute mentale in contesti multiculturali), mentre una di esse si occupa di cure palliative e fine vita. Nell’apparente distanza, da che cosa sono accomunate queste realtà del privato sociale? Tutte in qualche modo lavorano con storie di vita: nel rielaborare o ricostruire la storia con un richiedente asilo che deve presentarsi in Commissione Territoriale, quando all’interno di un setting terapeutico si ricostruisce il senso degli eventi passati9, quando si rievoca il vissuto di una persona che non c'è più. Da un lato migrazione e morte sono in questi ultimi anni drammaticamente sovrapponibili, dall’altro il lasciare il proprio paese, lo spostarsi, così come la finitudine, incarnano l’essenza e la storia dell’uomo e rappresentano una potente spinta al desiderio di raccontare ed essere raccontati. Il sentimento della finitudine è il sentimento di avere una vita soltanto. A questo servono le storie: a moltiplicare la vita, a metterla in relazione con le infinite. Narrare è mettere una storia in comune con altri, trascendendo senza negarli i confini che delimitano la nostra singolarità. La vita stessa ha in sé una dimensione storica, nel nascere e nel morire, nel succedersi degli avvenimenti e nel loro trasformarsi, nel loro ritornare o nel loro essere irreversibili. La vita si dispone nel tempo e con ciò si offre come materiale narrativo. Nascite, morti, migrazioni e viaggi sono interruzioni della quotidianità, sono eventi che ci muovono al di là dalla routine, in situazioni che ci meravigliano e ci sorprendono e che fanno del tempo l’essenza di ogni racconto. La scomparsa di una persona conosciuta o cara, genera i racconti che si intessono attorno a lei prolungandone la vita nella memoria e sorreggendo l’elaborazione del lutto di ciascuno nell’offrire un luogo di cordoglio comune10. Rispetto allo straniero può affascinare la sua alterità, ma quello che più ci sorprende è spesso il rilevarsi di un’inattesa familiarità.

9 � Molti psicoterapeuti possono confermare come spesso ci si ammali più che per ciò

che è successo, per come ce lo si racconta. Lo psicoterapeuta è uno “story Takers” professionale, consapevole di quanto la rielaborazione del racconto di sé possa avere una funzione terapeutica.

10 � Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana; P. Jedlowsky, Ed. Mondadori

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Come sottolinea W. Benjamin11 “chi viaggia ha molto da raccontare”, dice il detto popolare, e concepisce il narratore come quello che viene da lontano. Ma altrettanto volentieri si ascolta colui che, vivendo onestamente, è rimasto nella sua terra, e ne conosce storie e tradizioni. Anche su questo argomento si fonda la ragione di un catalogo che includa storie di migranti tra le “voci e i volti” del progetto. Le storie dei migranti hanno corrispondenze con i “libri” che parlano dell’esperienza del viaggio, in particolar modo nei “riti di passaggio”. Il viaggio ha l’aspetto di una parentesi della vita ordinaria. Nel partire si allentano i legami e si sospende la routine. Ciò può implicare inquietudine ed incertezza per la paura dell’ignoto, ma anche dolore perché si abbandona qualcuno e qualcosa. L’allentarsi dei legami è la condizione perché accada qualcosa ed anche nel caso non succedesse nulla non viene meno la sensazione di libertà che accompagna chi viaggia. È ancora P. Jedlowsky a sottolineare come tra viaggio e racconto vi sia un’affinità sotterranea. Nell’entrare nella “realtà parallela” generata da una narrazione, ci si trova sempre in una situazione simile ad un viaggio. Mentre ascoltiamo un racconto ci trasferiamo all’interno di una parentesi, o è piuttosto il resto del mondo ad essere posto fra parentesi. I temi che hanno ispirato il primo ciclo delle Living Library hanno permesso di esplorare e giustapporre esperienze diverse, ma anche simili legate a concetti universali come maestri, amicizia e amore, suggerendo una comprensione che non può prescindere dal contesto di riferimento in cui quelle storie hanno avuto origine. La storia di Benie dal Congo, ad esempio, è una storia di amicizia apparentemente semplice ambientata nella Repubblica Democratica del Congo – paese falcidiato e impoverito socialmente da decenni di dittatura e guerra – che diventa epica proprio perché germoglia in una realtà terribile e viene percepita come un seme di speranza. Tra i “maestri” ci sono quelli di un musicista italiano, Michele, ed un musicista congolese, Joel che coi loro racconti ci fanno viaggiare sulle loro note e conoscendosi scopriranno affinità che li condurranno a collaborazioni torinesi, confermando ancora una volta la capacità di unire e fare comunità di “Voci e Volti”. Le “storie d’amore” che hanno costituito il catalogo della Living Library presso la Scuola Holden, hanno gettato uno sguardo sulle molteplici forme che può assumere questo sentimento suggerendoci un confronto con l’elemento culturale. Così Kevin, camerunese, ci parla della nascita della sua prima figlia tra riti ancestrali e frammenti di una tenerezza infinita, raccontandoci come una nascita possa rinnovare il legame con gli antenati e la propria terra. Paola ci racconta la fine di un amore tra due donne in cui la protagonista diventa una bambina di 6 anni, Manuela ci parla di legalità e 'ndrangheta e Tommaso di una cagnolina, Seymour, incontrata sui binari del treno.

11 � Il Narratore; Considerazioni sull'opera di Nikolaj Leskov – W. Benjamin, Ed. Einaudi

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L’esperienza della prima fase del progetto “Voci e Volti” ha suggerito in modo quasi spontaneo il tema del nuovo ciclo di Living Library: “riti di passaggio”. Ci è sembrato importante partire da un’espressione resa celebre dall’antropologo A. Van Gennep nei primi del Novecento, “riti di passaggio”, per promuovere una riflessione sul senso e sull’importanza dei rituali nelle società e sul rischio che ne deriva quando i momenti importanti delle nostre esistenze ne rimangono privi. Nella raccolta e “messa in forma delle storie” emerge la liminarità implicita nello stato di sospensione, fase che riduce quell’immediatezza nei passaggi che provocherebbe turbamenti sia nella vita individuale sia in quella sociale. Il margine, sempre secondo Van Gennep, rallenta ed introduce la gradualità tipica del rituale, impedendo la coincidenza tra il movimento di separazione da una situazione e di aggregazione ad un’altra. Nascita, matrimonio, malattia, viaggi, morti sono molte delle situazioni di passaggio che i “libri” raccontano. Nel mettere a confronto società “esotiche” ed europee, proprio a partire dal modo in cui esse ritualizzano passaggi fondamentali, già Van Gennep sottolineava come da un punto di vista sociale, il vivere fosse un processo continuamente scandito dai movimenti di separazione e di aggregazione, di uscita e di entrata. Per Van Gennep vivere sarebbe un continuo morire e rinascere e di fatto dalla nascita alla morte l’individuo non fa altro che passare da una condizione ad un’altra.12 É di questo vivere che raccontano i “libri” del progetto “Voci e Volti”. Bibliografia

Arte del narrare Arte del Convivere. Atti Convegno Palermo 1997 Il Narratore; Considerazioni sull'opera di Nikolaj Leskov. – W. Benjamin, Ed. Einau-di 2011 I riti di passaggio – A. Van Gennep, Ed. Bollati Boringhieri 1981 Trame – Peter Brooks, Einaudi 1984 Tu che mi guardi, tu che mi racconti – A.Cavarero, Ed. Feltrinelli 2001

12 � I riti di passaggio. A. Van Gennep, Ed. Bollati Boringhieri 1981

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STORIE DI MAESTRI BILIOTECA CIVICA MUSICALE A.DELLA CORTE 26 SETTEMBRE 2014

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PUNTI DI UN MEDICO PER CASO. STORIA DI GITANA I nonni le hanno sempre detto che per i piccoli malanni la cura migliore è una bella dormita, mentre per quelli grossi c’è poco da fare. Eppure se Gitana decide di laurearsi in medicina è proprio per ottenere il perdono della nonna. Con questi “appunti” seguiremo le vicende e il peculiare punto di vista di un medico, i suoi sensi di colpa e i sospetti d’inutilità, per scoprire che spesso in ospedale i veri maestri sono i pazienti. CAMBIO PAGINA. STORIA DI SILVANA Può capitare, un giorno, mentre si percorre la solita strada tra casa e lavoro, che la vita ci faccia una brutta sorpresa e improvvisamente cambi l'orientamento, la segnaletica, il panorama. Ci sono persone che si perdono, altre che seguono sentieri lineari e poi ci sono persone a zig-zag. Silvana è una di queste, è una grafologa, ma è anche molto altro, è una donna che ha saputo adattarsi e ascoltarsi, ma soprattutto è una donna coraggiosa. DA BAMBINA VOLEVO GUARIRE I CILIEGI. STORIA DI SANTA Un filo di memoria lega l’infanzia di Santa e i suoi giochi con quello che sarebbe divenuto il suo destino: dottore. Tra bamboline con ferite da bendare, scampoli di stoffa, forbicine di plastica ed il rituale del ”cimitero delle bambole”, in Santa andava germogliando la sensibilità nei confronti della bellezza e della fragilità della vita. Attraverso preziosi frammenti dei racconti di alcuni pazienti si intuisce che quello che rimane della vita e nessuno può sottrarci, è la bellezza: la sfida è quella di coglierne il significato, di saperla vedere. ERNESTINA MI HA PORTATA QUI. Storia di Simonetta. Una storia poetica ed emozionante sulla semplicità delle piccole cose e sull'intensità delle relazioni umane. Vagando in bici senza meta, storia di un incontro "casuale". FESSURE TRA LE DITA. STORIA DI ROMEO L'educazione di un bambino camerunese riflessa attraverso i gesti di una nonna, un’eredità pesante al quale non si può fuggire, una verità che solo un sentiero di vita doloroso porterà a scoprire. Passando per i gesti e le parole dell'infanzia il protagonista ci porta a camminare sotto il sole torrido del deserto, in un racconto che non fa passare un filo di luce, ma che con un linguaggio semplice, a volte interrotto, lascia trasparire l'eccezionale umanità di una persona in lotta col mondo. Trascinati da sentimenti contrastanti ci obbliga a confrontarci con una morale drammatica quanto necessaria: a volte di fronte all'Altro dobbiamo chiudere gli occhi.

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IL MIO PAPÀ MUSICALE - “BELÌN TU CE L'HAI SCRITTO SULLA MAGLIETTA CHE NON C'HAI VOGLIA DI FARE UN CAZZO”. STORIA DI MICHELE Michele suona la tromba e ha una famiglia musicale. É speciale la famiglia di Michele, padre musicale, nonno musicale, bisnonno musicale. Tra di loro non sono parenti, ma sono legati indissolubilmente, da quando Michele, in un cortile a Umbria Jazz, sentendo un suono sporco, riconosce la nota del suo destino, quella emessa da Giampaolo Casati, maestro aspro e selvatico come solo i Genovesi sanno essere. E' lui che con un fil di voce racconta della fuga del nonno da Dachau ed è sempre lui a immergerlo fra le nubi di fumo e luce al neon della New York degli anni '50, quella del bisnonno Lanny Tristano. Michele raccoglie quel testimone e oggi, maestro anche lui, continua con l'armonia di un soffio la sua genealogia musicale. IL SOGNO DI UN BAMBINO. STORIA DI MUBARAK Avevo 8 anni. Seduto al banco di scuola guardavo il campanile sul Sadar fuori dalla finestra e sognavo. Sognavo di diventare un mercante nel negozio di tessuti di mio cugino. Mi ha insegnato molte cose, mio cugino. Oggi, dopo aver attraversato tanti paesi, mi trovo qui in Italia e continuo a sognare. Sogno ancora di diventare un mercante. Ironico cattolico migrante suonatore bosniaco generoso ubriacone. Morto. MIO NONNO. STORIA DI JELENA Ultimo di undici fratelli e sorelle nato in una casa con una stanza solo nella profonda Bosnia. Non ha mai rinunciato alla sua libertà intellettuale e ai rapporti personali nonostante le guerre, la famiglia, la prigionia, il lavoro, la religione. Mio nonno, un esempio, per me, di libertà. ISLANDA: TRA GHIACCIO E FUOCO. STORIA DI NADIA La storia di un maestro inatteso. Quando il superamento dei limiti e delle convenzioni ci permette di fare uscire la nostra parte oscura. Quando dall'odio emerge la potenza dell' amore. I SOTTILI CONFINI DEL CUORE. STORIA DI DANIELA Daniela è una ragazza caparbia e con le idee chiare, ha un sorriso dolce e lo sguardo luminoso. Nasce a Bacau, in Romania, che lascerà a ventiquattro anni per trasferirsi a Torino; sullo sfondo gli ultimi anni della dittatura. Crescerà con i genitori separati soffrendo sempre la mancanza di una vera famiglia, soprattutto della figura del padre che per molti anni non vedrà che per fugaci momenti. All’età di diciassette anni inizia a lavorare con lui. Questo dà una svolta al loro rapporto che, pur nelle difficoltà, cresce e si rafforza. La figura del padre diventerà per Daniela un riferimento centrale, una guida silenziosa nella sua vita di madre e donna, come in tutte le sue scelte importanti.

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LA FORZA DI MIA FIGLIA. STORIA DI ELENA. Primi anni ’90, la Romania dopo il comunismo: un’economia, un sistema, un mondo che crolla. Elena è a Bucarest, con due figli; il marito, ingegnere, lavora come muratore in provincia di Torino. Dopo due anni è tempo di scegliere: rimanere o partire per l’Italia? Partire o non partire? Quale futuro per i figli in un paese straniero? Riusciranno ad essere felici? A dare la forza per partire è un maestro speciale, la figlia, con una semplicità lapidaria: “Mamma, facciamo una prova. Se non mi troverò bene, te lo dirò”. Storia di una figlia che infonde alla madre l’importanza di resistere, in tutti momenti di dubbio, di crisi, di buio. LA PANCHINA DEI DUE OLMI. STORIA DI GIULIANA. Una panchina accanto ad una piccola chiesetta sotto l'ombra di due grandi alberi. La bambina ascolta ogni domenica mattina sua nonna raccontarle la storia della loro famiglia. L'anziana donna parla dei suoi tre figli mancati precocemente e lo fa testimoniando un'incredibile forza: quella di chi è dovuta diventare, suo malgrado, maestra di vita. Un figlio perduto nella guerra, un altro ucciso da una malattia, e una consumata da un legame infausto con un uomo violento ed arrogante. In questa toccante storia di Giuliana emergono l'orrore per la guerra, il dolore per la malattia, l'ineluttabilità di destini tragici e non compresi. I vissuti di una bambina che si affaccia alla vita tramite le parole di una nonna che la sua l'ha vissuta. LINISTIE (SILENZIO). STORIA DI GETA Una città estranea, una figlia sensibile rispetto alle coetanee e tanto, tanto silenzio. Tra le prime parole che Geta impara in italiano ricorda: servizi sociali, ASL, psicologa, ritardo mentale, epilessia. Ma anche il nome di Silvia. Una giovane donna che, con l'ascolto, le insegna ad affrontare la paura del giudizio, il senso di colpa e la solitudine. Giorno dopo giorno si apre a lei liberandosi dai pensieri e dalle emozioni che si nascondevano dentro e che urlavano. MILITARE? NO, GRAZIE. STORIA DI UGUR Sono scappato dal Kurdistan perché non volevo fare il militare: volevo essere libero. Fin da piccolo ricordo i conflitti tra militanti ed esercito. A scuola bisognava fare la marcia e recitare un “credo”. Mio papà è stato torturato ed è rimasto paralizzato: con noi la fatica della cura. Mia mamma ci diceva di studiare, unica via per cambiare. Lei è sempre con me nei momenti difficili. Mi hanno messo in prigione, ho chiesto asilo politico e me l’hanno negato più volte. Ho fatto lo sciopero della fame. Ho sentito la delusione di essere in un paese che si dichiara democratico senza sentire la libertà. Sono il primo rifugiato politico per obiezione di coscienza. Adesso so che posso lottare da libero.

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MY BEST TEACHER. Storia di Abdul La mamma di Abdul ha un master in chimica. Abdul invece, da bravo figlio d’arte, la chimica non l’ha mai digerita e ricorda ancora bene il suo insegnante, incontrato all’High School di Nowshera in Pakistan. I suoi ricordi però non sono relativi tanto alle lezioni di chimica (che lui ha scientemente marinato, una per una) quanto a quelle di hockey, sì perché Mr Shoukat insegnava anche hockey. L’esame finale di chimica non prevedeva però mazze, palle, parastinchi e nemmeno nozioni teoriche di hockey... NE’ INFLUENZA NE’ INFEZIONE...E’ IL VENTO. Storia di Daniela Daniela è madre di Edoardo e Federico e moglie di Marco, portato via dal vento il 17 ottobre 2012. Daniela parla di sé attraverso la malattia del marito, l’accettazione del percorso di cura, le fragilità e difficoltà che ne conseguono, con dolcezza e determinazione. Attraverso ricordi ed episodi di vita vissuta a pieno, questa storia racconta del coraggio di affrontare una situazione inaspettata, insegna la bellezza dell’assaporare ogni attimo e fa riflettere sull’importanza della condivisione e dell’affidarsi all’altro. Questa è la storia di Daniela e della sua famiglia e di come ognuno, nella propria unicità e vitalità, sia riuscito ad essere maestro ed esempio per l’altro. QUANDO SE NE HANNO TROPPI E’ IMPOSSIBILE SCEGLIERNE UNO. STORIA DI MARCO Di maestri Marco ne ha avuti molti. Uno zio che con fare un po' sornione gli ha trasmesso la regola d'oro dell'empatia più umile ("khaki", in persiano). Un senzatetto egiziano che di fronte alle moschee più monumentali del Cairo gli ha insegnato un saggio disinteresse per ogni forma di conoscenza quantitativa. Uno strumento musicale che si rivela metafora dell'uomo e che gli insegna una capacità di ascolto della persona che mai avrebbe pensato fosse possibile a un oggetto apparentemente inanimato. I resti mortali di un mollusco che nell'immaginario dei popoli dell'Africa, e di Marco, rinasce a nuova vita e si fa maestro archetipico. STORIA D’INDIA E DI TENACIA. STORIA DI FRANCESCA. Francesca è una giornalista da sempre appassionata di danza. Nel 2013 parte per l'India per raccogliere materiale per la sua tesi di dottorato su Bollywood, visitando i luoghi e le persone dei film e studiando quanto possibile sulla danza classica indiana. Incontra a Mumbai una delle più famose danzatrici ancora in vita, Saraj Khan che affida Francesca a Mabel Fernandez, per farle da insegnante. È una donna durissima, severa e nelle prime settimane, al termine delle lezioni, non piangere è difficile. Lezione dopo lezione, anche la ferocia di Mabel diventa quasi meravigliosa, come quella luce che Francesca porta ancora negli occhi nel raccontare tutta la profondità di quel viaggio intenso.

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UNIVERSO ARMONICO. STORIA DI JOEL Aveva cinque anni Joel quando un suono magico incanta la sua dimensione di bambino, dominata da fantasie e desideri colorati. Quel suono, che arrivava da lontano, avrebbe voluto afferrarlo subito, per sdoppiare tempo e spazio, allo stesso ritmo. Un giorno riceve in dono un piccolissimo pianoforte: era l’inizio della sua avventura, degli incontri per le strade del Congo, il suo paese. Un percorso segnato dall’incontro con Gires, nel suo universo armonico, in progressione lunare, in sfumature solenni, al ritmo del jazz e blues che rafforza il suo cuore di uomo. Suonano timidamente i sogni di Joel, in uno spazio che attende. È l’attesa vibrante, la carezza del mondo. www.odnoclassniki.ru: UNA MAESTRA A 30° SOTTO ZERO. Storia di Alina Alina cresce in Moldavia in un regime che le ha garantito istruzione gratuita, possibilità lavorative, e due anni di maternità. Poi tutto crolla e non solo il muro. Alina continua la sua vita in una Russia sconvolta dalla caduta di antichi riferimenti dove insieme al PIL e alla corruzione quello che aumenta è il tasso di alcolismo tra gli adulti rendendo molti bambini simbolicamente “orfani“. É in questa realtà che la maestra Alina percorre le strade che portano dalla scuola alle case dei bambini mostrando loro una possibilità di salvezza. Uno per uno. Tra questi bimbi c'è Mikael, nove fratelli e una sorellina.

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STORIE DI AMICIZIA BIBLIOTECA MUSICALE A.DELLA CORTE 8 NOVEMBRE 2014

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FACCIAMO CHE IO ERO... Storia di Diego Alberto Moravia disse: ''Le amicizie non si scelgono per caso, ma secondo le passioni che ci dominano.'' Ripensiamo alla nostra definizione di 'amico del cuore' e capiremo che Moravia aveva profondamente ragione. Amico è colui con cui abbiamo condiviso tutto: i film, lo sport, i videogiochi, le figurine, i pomeriggi a parlare e le notti a sognare cosa avremmo fatto da grandi con la nostra libertà e voglia di vivere . All'amico abbiamo confidato i nostri segreti e sapevamo che li avrebbe custoditi come un ricco tesoro. L'amico era lì ad aspettarci dopo una delusione, a porgerci la sua spalla per piangere quando la vita ci ha riservato amarezze. Ecco, questo racconto vi porterà indietro, a quell'unico momento puro in cui con la fantasia potevate essere chiunque, perché bastano un amico e una passione ad eliminare qualsiasi limite e rendervi felici. LA LAVAGNA DELLA VITA. Storia di Marjan Una sera d'inverno a Torino nel 1996, in una classe di italiano per stranieri insieme a 3 russi 2 senegalesi e 2 albanesi sta seduta da sola, illuminata dalle luci al neon una ragazza di 20 anni di nome Marjan. E' Iraniana, ha appena lasciato la sua famiglia, è bellissima, non sa una parola di italiano. Probabilmente in quel momento sta provando quel meraviglioso connubio di paura ed eccitazione che si prova a 20 anni quando avverti chiaramente che dalla paura non potrà che aprirsi qualche tipo di porta. ...Dalla porta dell'aula entra una donna. Il suo aspetto robusto è rassicurante, mascolino e materno al tempo stesso. E' la professoressa di italiano. Come prima cosa scrive col gesso il suo nome in stampatello a caratteri grandi sulla lavagna: "PATRIZIA", poi si gira e sorride. Questa è la storia di come Patrizia nei 20 anni successivi scriverà il suo nome sulla lavagna della vita della ragazza, che ora è una donna e una mamma, e ve la racconterà. QUEL SALTO OLTRE IL PROIBITO Storia di Alessio Non si può dire che Alessio sia uno studente modello: il classico caso di “intelligente ma non si impegna!”. Al liceo che frequenta ad Imperia sogna di diventare scrittore e ama fare ragazzate innocenti insieme ai suoi compagni di classe. Durante il penultimo anno si fa portavoce dell’iniziativa di entrare a scuola la sera, fuori dall’orario consueto. Però (c'era da aspettarselo) in una di queste occasioni la situazione finisce per sfuggirgli di mano, mettendo tutti nei pasticci. Riusciranno i ragazzi a salvaguardare la loro carriera scolastica, ma soprattutto la loro amicizia?

UNA VITA E UN GIORNO. Storia di Sana Due bambine inseparabili. Una città africana. Giochi, corse, canti e tante risate. Amiche intime, come sorelle, di quelle che si vogliono bene. A dodici anni però Sana deve partire. Deve andare via da sola. Là c'è il “futuro”, la “scuola”, una “vita possibile”. Lì invece c'è solo povertà, fatica, orizzonti incerti, confusi in nubi di sabbia. Le due amiche del cuore devono separarsi e gli anni passano. Sana affronta con immenso coraggio la nuova vita, deve lottare con le unghie e coi denti per potersi emancipare da schemi durissimi che la vorrebbero veder realizzata in un ruolo che non sente suo. Ci vogliono otto anni prima di trovare il coraggio di tornare in Marocco, dove accade qualcosa... TI CAMARADE TIA VRAIE. Storia di Jo Jo e Stewe sono bambini di nove anni in Congo, un paese dove le differenze sociali sono ancora forti. L'amicizia supera ogni barriera, anche quella del muro che Stewe scavalca per giocare con i coetanei. In quel gesto di ribellione c'è tutta la storia di due famiglie che si tendono la mano, aiutano i piccoli a saldare i legami e insieme affrontano anche le difficoltà della guerra civile. Ora quei bambini sono uomini, uno vive in Francia, l'altro in Italia e quel legame si annoda in modo sempre più forte, anche se si scoprono diversi, anche se sono lontani. Come dice Jo: “il destino spesso decide al posto nostro”. DEGENERAZIONE DI UN’AMICIZIA. Storia di Deka “Ma anche tu sei stata adottata?”: queste sono le prime parole che Deka si sente rivolgere nella sua nuova scuola. Passata da un liceo pubblico ad una scuola paritaria, la ragazza si scontra con i pregiudizi e le chiusure della Torino bene. Ma Valeria le è vicina, fin troppo vicina: cosa succede quando un’amicizia appena nata si trasforma in una morbosa adorazione? PERCHÈ? (VIAGGIO CON SORPRESA). Storia di Ikram Torino, luglio 2014. Ikram è fuori con gli amici, si parla delle imminenti vacanze, lei pensa di andare in Marocco per un viaggio che prevede anche una tappa a casa di sua nonna. S. decide di aggregarsi. Agosto, il viaggio comincia, ma già prima di arrivare S. sembra un’altra persona. A Mehdia il cibo non va bene, a Kenitra ci sono problemi con una borsa, a Rabat con un ristorante, ad Alajadida col passaporto, a Marrakech si litiga e finalmente a Tangeri Ikram riesce a liberarsi di S., proseguendo tranquillamente il suo viaggio fino a Chefchaouen, passando per Tetouan. LE ALI DI RENATO. Storia di Cristina La storia di una relazione asimmetrica: dall’antro di Renato dove hai il mondo a portata di mano e mille volti con cui dialogare, fino ad una minestra di riso che colora il ricordo di passione per la vita e di nostalgia. L’incontro tra una donna con il cuore nelle parole ed un uomo con il cuore negli occhi che dal loro essere profondamente terra imparano a volare.

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DUE IN UNO. Storia di Balio Conakry, Repubblica di Guinea, Africa occidentale. Balio e Aliou hanno 10 anni, sono vicini di casa e le loro famiglie, seppur di diversa estrazione sociale, si frequentano, ma dice Balio “l’amicizia è l’amicizia, il denaro non conta”. I due diventano amici per la pelle, il loro tempo, scandito da attività che si ripetono ogni giorno, a scuola, nel campo da calcio, a casa è comunione di gesti che, come moderni riti, compiono dalla veglia al sonno fino all’età di 16 anni. In Guinea se vivi a così stretto contatto con una persona, si dà per certo che tu sappia tutto di lei, che sia il suo sostituto. Questo vale anche per gli agenti di polizia che nel 2011, sparito Aliou, fermano Balio che, interrogato e intimidito sarà costretto a combattere ostilità e diffidenza. SOGNI IN COMUNE - ATTORI DI TEATRO E NON SOLO.. Storia di Lorenzo Lorenzo e Marco, un'amicizia nata dieci anni fa. Due percorsi, a volte distanti, a volte divergenti, si incrociano per caso su un palcoscenico. Tra un copione e l'altro, tra una battuta e l'altra, Lorenzo e Marco scoprono che sono più gli elementi che li accomunano che quelli che li separano, come il progetto di diventare attori ma restando sempre con i piedi per terra, sostenendosi reciprocamente in teatro ma soprattutto fuori. Una storia che svela, tra risvolti caratteriali e culturali, un profondo senso di amicizia inaspettata. MA PETIT SEUR. UNA PICCOLA SORELLA. . Storia di Benie Nell’Africa Subshariana petit seur (piccola sorella) indica un legame che esula dall’ambito familiare ma indica una relazione speciale. Cosi un musungu (bianco) arrivando in Congo può sentirsi disorientato di fronte a tali forme di “parentele”. Benie ci racconta della relazione di amicizia profonda con Vanessa, la sua petit seur il cui livello di simbiosi era tale dall’arrivare a confondere gli stessi congolesi della comunità che le scambiavano per gemelle. Benie ha lasciato Kinshasa, la capitale del Congo, circa 10 milioni di persone, e ci racconta cosa significa per lei oggi quella petit seur di cui ha in parte perso le tracce. UNA STORIA DI DUE AMICI CHE DIVENTANO FRATELLI. NON PER MODO DI DIRE.. Storia di Pier Nato a Moncalieri nel 1986, ha vissuto i primi anni della mia vita in paesino fuori Torino, in un vecchio mulino del 1800, con il fiume, la ruota di legno e tutto il resto. Nel 1993 La mamma di Pier in un incidente stradale. In macchina c’era anche il fratello Roberto, che miracolosamente si salva. Nel 1993 Pier aveva sette anni ed era in seconda elementare. In quarta elementare si trova come vicino di banco Ivan. È magro magro e con le sopracciglia grosse. Facevano anche judo insieme ma prima che li mettessero in banco assieme non avevano legato molto. Dopo sei mesi di intervalli sono diventati inseparabili. Questa è la storia di come sono diventati fratelli, e non per modo di dire.

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NATA SENZA UNO STRACCIO DI CAMICIA. Storia di Luciana Luciana è stata concepita durante la monarchia ed è nata in una repubblica, sin dall'inizio la sua è una vita all'insegna dei cambiamenti. I primi ad insegnarle l'amicizia sono Pierino e Pinuccia. Pierino non ha un cuore. Pinuccia ha una famiglia a posto. Entrambi non le chiedono di parlare, visto che non le piace farlo. BIELLA-SULEYMANIA: DA RAGAZZO A UOMO. Storia di Alessandro Alessandro e Stefano, un’amicizia sbocciata al primo colpo. Laureatosi, Stefano vola a Bristol a cercar fortuna come lavapiatti, si sentono spesso e Alessandro capisce subito: qualcosa non va, l’amico è senza stimoli, l’ambiente rischia di travolgerlo. Che fare? Alessandro deve andare in Iraq per lavoro e chiede a Stefano di andare con lui. Un viaggio emozionante, migliaia di km, una decina di stati attraversati e il misterioso popolo dei viaggiatori che si incontra solo per la strada. Stefano torna diverso, con la forza di prendere in mano la propria vita. Cosa sarà successo in viaggio? L’AMICIZIA, UN’ARCHITETTURA UMANA. Storia di Giuseppe È possibile avere un amico se di mezzo ci sono gli affari? Esiste la purezza del sentimento, la libertà di viverlo spontaneamente, a scapito dell’ambizione, del narcisismo, del bello? In questa storia di amicizia, nascono anche gli affari, quasi a sfidare e minare tutte le storie del mondo con i suoi colori e tentano di trasformarle in storie in bianco e nero, del tempo mai lento, che minaccia i sentimenti. In un fiume di ricordi si riesce a tracciare la costruzione di architetture umane attraverso il racconto del protagonista, attore e spettatore che tenta di riconvertire, attraverso il sentimento dell’amicizia, i paradigmi del capitalismo economico e umano. SMISURATA PREGHIERA. Storia di Mamy Impossibile dimenticare quella data, 13 ottobre 2012. Difficile immaginare che lo stesso giorno in cui il presidente in carica della Repubblica Democratica del Congo radunava nella capitale del paese i dirigenti dei principali stati francofoni del mondo, in quelle stesse ore, in quella stessa Kinshasa stesse avvenendo la violenta repressione del maggior partito d'opposizione del paese. Dalla cattura dei leader dell'UDPS, alle prigioni segrete governative, la voce della protagonista ci racconta il suo viaggio nei luoghi dove le voci rimangono silenti, dove solo l'aiuto e le preghiere di una donna straordinaria possono dare speranza. Una storia di amicizia nata nella sofferenza che si spinge oltre le sbarre del carcere, fino a noi, nei ricordi di chi l'ha vissuta.

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IL MISTERO DI UN INCONTRO TARDIVO. Storia di Silvana La storia di una bella e gioiosa amicizia tra due brillanti ventenni che prendono strade diverse nell’età matura: lavoro, matrimonio, figli. Si incontreranno dopo tanti anni prima sul web e poi nella realtà per condividere il mistero e la tragedia che ha coinvolto una delle due. Il destino di entrambe ha fatto il suo corso, ma perché incontrarsi proprio allora? Resta il desiderio di capire e di rendere omaggio a chi, anche inconsapevolmente, ci ha voluti testimoni". IN PIEMONTE PENSANDO AI BALCANI. . Storia di Vesna. La poesia balcanica jugoslava è la passione di Vesna e del suo amico torinese. La necessità di parlare e di capire un conflitto contemporaneo dall' altra parte del mare Adriatico e dei nazionalismi, passa attraverso la messa in scena teatrale delle poesie che verranno portate nelle librerie e nelle case. Un’amicizia maturata condividendo attivismi culturali, disapprovando ingiuste leggi sulla migrazione in Italia e le ingiustizie nel mondo. Le loro vite e il mondo affrontate col dialogo e a volte con conflitti aspri. Viaggiando per il Piemonte si racconta di un’amicizia che dà un senso alla vita, al mondo, a noi stessi.

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STORIE D'AMORE SCUOLA HOLDEN 12 DICEMBRE 2014

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LA VITA IN UN GESTO. STORIA DI ARMELLE Amore, una parola che non ha mai trovato una definizione. Forse perché l'Amore non è fatto di parole ma di gesti, di azioni. É ciò che succede ad Armelle e che racconta nella sua intensa storia. Un momento difficilissimo di paura, solitudine, freddo, fame, con l'abbandono a se stessi quasi inevitabile. Poi giunge un semplicissimo gesto. Un gesto d'Amore, appunto. Chi ha dubbi sul fatto che un solo gesto d'Amore possa cambiare la vita di una persona, e molti gesti d'amore il mondo intero, ascolti questa storia. LES FILLES DE PAPA. STORIA DI BENIE Benie racconta la sua famiglia, un racconto fragile e delicato, fatto di ricordi e nostalgia. Benie è la più piccola, 10 anni la separano da Anna, la maggiore. Eppure sono due gocce d’acqua, una somiglianza che sfiora l’identicità tra loro due e il padre. A volte la gente del quartiere scherzava dicendo “certo che vostra mamma non ci ha messo niente di suo, ha fatto tutto il papà!”. Una storia di sacrifici, poesia, legami. La speranza per una vita migliore che i genitori vogliono garantire, in un paese cosi lontano dal nostro – la Repubblica Democratica del Congo - di cui si sa poco ma che è grande come l’Europa Occidentale. AMANDO S'IMPARA. STORIA DI CLAUDIO La crescita di un uomo attraverso le donne amate. Un viaggio giocoso e intenso verso l'età adulta con: una regina, la costumista, la compagna, la principessa, un'artista, la filosofa, una cameriera e... LE DONNE SONO LIBERE DI PIANGERE. STORIA DI CRISTINA Cronaca di un amore incompiuto che riaffiora nel tempo, come un fiume carsico, come la luce di un faro, come l’isola non trovata. Una bambina così bionda da abbagliare e un bambino con gli occhi così azzurri da confondersi con il cielo che giocano con i soldatini e le biglie, un cagnolino che fa il periplo dell’isola, un autostoppista nella nebbia delle risaie, una donna che corre sull’argine del fiume, un finale dove le donne sono libere di piangere e dove anche gli uomini potrebbero farlo se ne fossero capaci. COME ROMEO E GIULIETTA IN UNA VITA DA ROM. STORIA DI DANIEL Dalla sua infanzia tra le baracche di un campo Rom ai furti da adolescente per aderire alle regole del sistema del suo popolo, fino all'amore per Valentina, ragazza per cui ha lottato, scontrandosi con i modelli tradizionali e familiari, fino a finire in carcere e poi in comunità per minori. Oggi Daniel e Valentina vivono lontano dai campi, combattendo insieme per l'integrazione in un nuovo mondo e per regalare a Shakira, la loro figlioletta, nata pochi mesi fa, il futuro che avrebbero desiderato per loro e che ora, tenacemente, stanno costruendo per lei.

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STORIA DI IMAN. AMORE INCONTRA-STATO Una famiglia somala musulmana osservante con una bella apertura mentale, un genitore mediatore e l’altro che lotta per i diritti umani, 4 fratelli e lei, che a 15 anni senza velo incontra un ragazzo italo-coreano. Un anno senza mostrarsi al mondo e poi un somalo riferisce alla mamma di aver visto un bacio sul pullman, di quelli che non bisognerebbe aver visto…. Resistenza tra paure e difficoltà, tra i genitori che come Spencer Tracy e Katharine Hepburn in “Indovina chi viene a cena” di questo amore vedono solo le complicazioni e decidono di ostacolarlo in tutti i modi. Sembrano non esistere possibilità tra proposte di conversione e rischi di dover lasciare l’Italia.. LO STUPEFACENTE AMORE PER DANNY DEVITO. STORIA DI DARIO Se tua madre assomiglia a Danny DeVito, devi sperare che non sia affettuosa. Invece lo è, tantissimo, ed è una cosa orribile. Specialmente vista da fuori. Dipendenza: meglio una madre o una sostanza? Provate a convivere per una lunghissima settimana nel monolocale più angusto di Milano, incastrati tra la prova empirica del complesso di Edipo e una scimmia che non la scacci neanche con un cannone, e avrete una risposta. Polizia, amore, band newyorkesi, materassi a terra. In questo racconto non manca niente, forse tutto. Sicuramente uno scrittore non avrebbe mai scritto una roba del genere e proprio qui sta il dramma: è tutto vero! NESSUN COLORE SULLA BANDIERA. STORIA DI JUVENAJ Juvenay, nato e cresciuto in Congo, a Brazzaville. La situazione politico-sociale però è turbolenta e basta poco per mettersi nei guai. Inizia a collaborare con un Ministro del Movimento per la Solidarietà e Sviluppo, vicino al partito del Presidente del Congo. Poi l’attentato al Presidente fa subire conseguenze a tutte le persone a lui legate. Juvenay deve fuggire in un villaggio lontano, inizia a studiare italiano per ottenere il visto studentesco che lo porterà proprio in Italia. Qui sarà la quotidiana distanza a confermargli verso chi e cosa prova profondo amore trovando il cammino per attribuire un senso alla sua vita sospesa. LA SOSPENSIONE NELL'ATTIMO. STORIA DI GIOVANNA L'immensa hall di un aeroporto e le persone, anonime formiche perse nel grigiore. Lo sguardo cerca un volto, le mani desiderano altre mani. L'attesa, l'aereo decolla. Una minuscola sagoma bianca nella scenografica di un azzurro. Madrid, giocare ancora una volta. Un gelato e la voglia di mangiarne subito un altro. Un abbraccio. Un corpo. Due braccia forti scuotono il torpore, fanno muovere le gambe immobilizzate, donano energia. Poi si torna alla cruda terra, alla responsabilità del ritorno, a due macchine che attendono impazienti una scelta. Giovanna racconta con gli occhi e lascia scorrere le immagini in quell'attimo sospeso che è il desiderio.

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ARCOBALENO D'AMORE. STORIA DI GRAZIA Del nero non parleremo.... Rosso: nascita dell'amore per Lulù. Arancione: intelligenza di un padre che, a 60 anni, apre il cuore alla nuora. Giallo: 3 gatti. Verde: ingresso di Pamela, nigeriana, in casa. Azzurro: scambio culturale e ricchezza nell'imparare dalle diversità. Indaco: impegno per i diritti di omosessuali e transessuali. Violetto: lo scoprirete... FRUTTO PROTETTO. STORIA DI KEVIN (IN LINGUA ORIGINALE FRANCESE O INGLESE) Cosa succede in Camerun in una città come Yaoundé quando una donna deve partorire? Kevin ci porta a quel giorno di 8 anni fa durante la nascita di Jada. Tra riti ancestrali e frammenti di una tenerezza infinita la storia ci dimostra come si rinnova il legame con gli antenati e la propria terra raccontandoci il ruolo che un giovane uomo può avere durante la venuta al mondo della sua prima figlia. Una storia romantica e una corsa avventurosa contro il tempo nei due giorni successivi al parto quando Jada, la piccola venuta al mondo, sembra voler tornare nel mondo degli antenati. UNA NOTA DI TROPPO. STORIA DI LUCIA L’interesse per la musica pare essere il preludio alla passione, un filo conduttore che accompagna questa storia. Lucia giovane e sagace mette in campo tutte le sue forze pur di arrivare a lui, Timoti, un musicista in carriera. Tra tournée in giro per il mondo e concerti nasce una storia bella, intensa ed ammiccante che dall' Emilia dopo svariati intrecci arriva finalmente a Berlino. Durante questo percorso però tante sono le cose che non trovano un incastro. Quando professionalità e personalità sono così vicine diventa tutto così rischioso PERCHÉ NON MI CHIAMI MAI AMORE? STORIA DI MARCELLA Può una storia d’amore epica tra due persone diventare parte dell’immaginario e del quotidiano di chi l’ha ascoltata davanti ad una ciambella? Alla fine dell’estate 1954, un primo incontro a Meana di Susa, dopo i bagni nel fiume, le gite in montagna e le serate al ballo. Roberta e Enzo si trovano per lasciarsi poco dopo. A settembre, per strade diverse, ancora insieme a Londra e poi una vita tra lavoro, figlie, carriere, temporanee distanze, amori passeggeri e desiderio. Quando una relazione non si fa travolgere dal dolore e dalla malattia e si fa più grande percorrendo in due l’ultimo sentiero.

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UN AMORE ATTRAVERSO I CONTINENTI. STORIA DI MARCIA Una delusione giovanile e il desiderio di conoscere luoghi e di migliorare le proprie conoscenze, portano Marcia dal Brasile all’Inghilterra. É qui che incontra l’uomo della sua vita, italiano, che lavora come agronomo in Africa. Prima però che il loro sogno si realizzi dovranno passare sei lunghi anni, tra peripezie, difficoltà che con la distanza a volte si acuiscono, a volte diventano lievi. Le diverse appartenenze condiscono l’amore di entrambi per la propria terra e la propria cultura. Anche se sarà Marcia a ricominciare la sua vita in Italia, tra i due rimane una segreta promessa… OLTRE OGNI BARRIERA. STORIA DI MARJAN Torino, Aprile 2006. È qui che tutto ha avuto inizio: un incontro, il fidanzamento, poi il matrimonio e, infine, una figlia. Sembra essere una delle tante storie d’amore che ogni giorno si sentono. Ma forse non è così se hai trascorso metà della tua vita in Iran, dove i tabù e le proibizioni imposti dalla religione/stato condizionano ogni tua azione. Forse non è così se, prima o poi, ti ritrovi a dover fare i conti con il giudizio e l’opinione dei tuoi parenti. O forse ci sono volte in cui, nonostante tutto, può essere davvero così. E superare le paure e le preoccupazioni è più facile di quanto non sembri. AR-EN-CIEL. STORIA DI MICHELA Per entrare nel favoloso mondo di Michela bisogna sollevarsi da terra perché lei ha la dote particolare di tradurre i sentimenti in colori. La sua vita oscilla tra reale e fantastico, tra persone e personaggi. Quando improvvisamente compare l’Amore, il balzo nell’onirico è un effetto doppler. I ragazzi diventano colori, luoghi e situazioni sfiorano l’immaginario; così Luca è verde e la bacia dolcemente con gli occhi del mare, Riccardo è rosso e la porta sul bordo di un vulcano. Tutti sono speciali ma nessuno è l’Amore. Vale la pena di vivere un periodo in bianco e nero, richiudendo i colori in uno specchio, ma a far capolino da un cassetto c’è una foto che.. NEI TUOI PANNI...STORIA DI MANUELA Due donne si incontrano. Una racconterà l'altra. Il dolore di una vita senza speranza di una donna soffocata dalla 'ndrangheta, viene accolto con affetto dall'anima generosa di chi vuole a tutti i costi dare voce a chi voce non ha mai avuto. É la meraviglia dell'essere umani, umani al femminile.

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E QUALCOSA RIMANE. STORIA DI PAOLA E' il 2000 quando Paola si innamora follemente di una sua collega. Lei è fidanzata e così iniziano una relazione complicata e clandestina. La relazione "convenzionale" della compagna non regge alla novità irruente della nascita di una figlia e le due donne si rincontrano dando vita a una forma di famiglia "anomala" in cui la bambina cresce felice circondata dall'affetto di due mamme. Poi come a volte capita gli amori finiscono solo che non ci sono giudici ad appagare il desiderio di quella bambina di vedere ancora quella mamma e a quella mamma di poter accompagnare quella bambina nella sua vita. Ma gli anni passano e qualcosa rimane… UN INCONTRO DA FAVOLA. STORIA DI PIER L'amore è un sentimento che ci riempie e ci cambia, ci avvicina e ci completa. Ogni incontro è predestinato, ma la più grande difficoltà è riconoscere tra tanti la nostra anima gemella proprio perché così diversa da miliardi di persone e così simile a noi; l'unica che sa cogliere tutte le nostre sfumature. Quando si ama, non ci si sente più soli. Spesso l'amore ci permette di riconoscere i nostri limiti, metterci a nudo ed affrontare le più grandi paure. Poiché solo conoscendo noi stessi, potremo riconoscere tra molte persone il nostro amato. L'amore è un viaggio ''se incontrarsi resta una magia, è non perdersi la vera favola”. LA BALLATA DEGLI AMANTI INDECISI. STORIA DI SIMONE Si dice che la menzogna sia la scorciatoia più affollata di esseri umani…ma se Simone l’ha intrapresa non è perché sia dedito alla finzione; un amore imprevisto sconvolge l’ordine segreto del suo cuore e con Cecilia dimentica un’ordinaria relazione del passato… le loro vite si intrecciano con quelle di Marco ed Alessandra e tra intrighi, passioni, inganni ed illusioni, quattro strade si snodano attraverso un’amara selva di sentimenti dall’aroma del dubbio. Quali sono i sottintesi di un incontro imprudente ed il suo probabile futuro? Nessuno ancora lo sa, perché l’amore è la domanda, l’amore è la risposta. Sempre. ZIA ENRICA. STORIA DI STEFANO Le persone che abbiamo amato e ancora amiamo lasciano sempre un segno dentro di noi, non importa che età avevamo quando le abbiamo incontrate. Un bambino di 8 anni riesce a capire cos'è l'amore grazie all'esempio dei suoi zii. Lo insegue, lo tocca e se lo vede portare via all'improvviso. Quel bambino, ormai adulto, ricorda con affetto una persona che gli ha mostrato un'alternativa.

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IL MIO NOME NON È SUZY. STORIA DI MARCO "Ciao! Sei molto carina." "Grazie." "Sei nuova qui? Non ti ho mai vista. Arrivi dalla Nigeria?" "Sì, sono qui da neanche quindici giorni. Andiamo?" "Sì, ti do venti euro, così facciamo un giro e ci conosciamo." La paura negli occhi profondi nascosti dietro il sorriso africano... Quegli occhi... Mi ricordano... Sì, ma dove? A New Orleans, cent'anni fa? Sull'Amistad, quando non sapeva ancora che sarebbe finita in fondo al mare? L’estate scorsa, su quel pontile a Dakar? A Salvador de Bahia, sedici anni fa? Era proprio lei. Era mia figlia. GRACIAS A LA VIDA! STORIA DI TOMMASO Mi chiamo Seymour e sono stata fortunata! Sono stata amata! Non avevo cominciato bene, una vita dura che stava per interrompersi quando gente crudele mi ha legata ai binari del treno. Mi hanno salvata, ho trovato una famiglia: Antonella, Vincenzo, i figli Edoardo e Tommaso, il mio preferito. Una casa, giochi fra bambini, una vita normale e speciale al tempo stesso. Un'estate, mentre ero in vacanza con i nonni, ho capito che tutto stava finendo: ero ammalata. Ho tenuto duro, sentivo scivolare via velocemente le ore e i giorni, ma volevo salutarli. LA DONNA CHE NON T’ASPETTI. STORIA DI TONIO Dopo qualche anno vissuto a Torino in cerca di esperienze matura la voglia di tornare alle mie radici. Gli uliveti secolari e la magia dell’olio estratto sono decisivi e mi danno coraggio. Ma all’improvviso sento un forte attaccamento, una donna e la sua mancanza mi fanno pensare all’amore. Lei vive a Torino, qualche anno in più ed una vita già avviata, tutto ciò non mi spaventa e così da un po’ di tempo, per resistere alla distanza mi consolo contrabbandando il mio olio da nord a sud.

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STORIE DI RITI DI PASSAGGIO CIRCOLO DEI LETTORI 22 MAGGIO 2015

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IL VERO VIAGGIO È IL RITORNO. Storia di Francesco I treni hanno sempre una destinazione chiara, gli dicevano, ma per Francesco non c’era viaggio senza deviazioni. Bastava esaminare quel groviglio di binari che si vede nelle stazioni: non era affatto così semplice scoprirne la direzione. Perciò, quando Alice gli chiese di salire sul “treno della memoria”, non esitò. Mentre il treno percorreva la sua strada invisibile, il suo cuore prese a scorrere tra fili di storie interminabili. Fu un viaggio ricco di promesse strane e frontiere che oscillavano sul punto di cadere, finché arrivò su quei binari morti di chi aveva preso un altro treno… Aveva tanta strada ancora da rifare. Ma il vero viaggio cominciò al ritorno. LE MIE CHIAVI. Storia di Valeria Una giovane donna sta viaggiando dalla Puglia al Piemonte. Accanto a lei un uomo guida l'auto. È l'uomo di cui si è innamorata e che ha deciso di seguire. Nella tasca della giacca lei ha un mazzo di chiavi, dono di una persona molto importante eppure per troppo tempo rimasta nella penombra di un rapporto complicato, distante, indefinito. È da qui che comincia il racconto di Valeria. Questa è una storia sulla femminilità più intensa e pura, capace di raccontare al lettore come una ragazza diventa donna, a partire da un momento intensissimo per confrontarsi con i fantasmi del proprio passato. IL ROSS PRIDE. Storia di Rossana La voglia di respirare, di sentirsi liberi. La ricerca ininterrotta, solida, quasi granitica di una dimensione propria, a costo di scelte impegnative, difficili, eppure inevitabili. La storia di Rossana è quella di una ragazza che cresce e non può farlo altrimenti se non confrontandosi con la figura che più di tutte tiene legata una donna al guscio di bambina. Questo cammino intenso ed a tratti toccante, porterà il lettore da Torino alle montagne del Trentino a Berlino e ancora oltre. Ci sarà qualcuno ad accompagnare Rossana, una sorta di avvocato del suo desiderio, una persona che la spronerà nei momenti decisivi a non cedere mai su ciò che lei vuole realmente. GNAGNO. Storia di Lorenza Ci sono relazioni nutrienti in cui puoi permetterti di essere quello che sei e, anche teneramente, verrai accolto. Lorenza scopre questa meraviglia grazie a Gnagno, pupazzo dalla testa grande e cerniere a custodire i suoi organi. Lo vuole a tutti i costi, per un mese pensa solo a lui. Lo riceve in dono, finalmente ci gioca, è appagata. Lorenza sta affrontando la seconda analisi, fondamentale per il suo mestiere di psicoterapeuta. Porta Gnagno dal suo analista, glielo affida anche. Poi il passaggio di testimone. Nella vita di Lorenza arriva un cane che mangia Gnagno e carica su di sé tutte le funzioni del pupazzo. Mangia tutto, cuore, stomaco, polmoni, rimane solo il cervello.

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QUEL COLPO AD EFFETTO. Storia di Lorenzo Gli anni ‘70, la provincia e il boom economico. La vita vista da un ragazzino, gli anni delle scuole medie trascorsi in un collegio salesiano… La vita comunitaria con amicizie ed esperienze nuove, tra studio, gioco e servizio. Una vita condivisa con centinaia di ragazzi uniti dalla fede e dai sogni. Lo sport come attività formativa nella quale far emergere competitività e capacità individuali. La crescita e la formazione attraverso i piccoli gesti quotidiani e le avventure di tutti i giorni. Un ragazzo ed il suo obbiettivo, vincere il torneo di ping-pong e andare a Torino! A NOVEMBRE. Storia di Monica La storia della più piccola tra tre sorelle che, in un percorso in solitudine tra prati, boschi e fiumi, scopre l’importanza del fare. I passaggi che la obbligano a confrontarsi con la difficoltà che producono frasi come “adesso non ho tempo me lo dici domani” ed il bisogno di trovare regole e riconoscimenti per mettere in forma la propria vita. Le tante esperienze in cui si chiarisce che “le mani inattive producono sofferenza”, fino a una giornata di novembre, tra la neve, una canzone di Giusy Ferreri e il gusto di ferro in bocca, quando si aprono per la prima volta le porte del carcere e si calma l’inquietudine e, paradossalmente, si nasce ad una nuova vita. LA CURA. Storia di Angela Come un trauma, durante l’infanzia, possa segnarti per la vita. Questa è la storia di Angela, una donna vitale, che, bambina, si trovò sola in un sanatorio a Susa, dove intrecciò relazioni con Nanette, una volontaria che si prese cura di lei, e con le altre persone che gravitavano lì. Imparò l’italiano tra le suore e quando uscì, la città, con la sua vita frenetica e vorticosa, la terrorizzava. Una volta adulta covava un profondo disagio nella sua anima. Fu quel lontano evento a farle prendere una decisione decisiva per la sua esistenza. Pronto Soccorso alla vita. Storia di Gitana L'infanzia libera e felice in campagna. Ritmi lenti. Della natura. Del tempo in cui nasce un fiore o muore un animale allevato, per dare nuovo nutrimento. È così che cresce Gitana e attraversa prove immutabili di gioventù e riti obbligati delle convenzioni popolari che piccole comunità impongono. Dalla campagna alla città la scelta è importante. Una scelta di vita: diventare medico. Prima notte in pronto soccorso. Ore eterne. Sottoterra con le luci al neon, a ritmi violenti di passaggi che segnano le vite degli altri. E la sua. Percorsi sicuri di campagna incrociano sentieri incerti e improvvisi di città. E la vita che ti chiede di essere “pronto”.

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MA FUORI C'È IL TRAMONTO PIÙ BELLO DELLA TUA VITA. Storia di Carlotta C’è vita dopo Birkenau? Quel cancello aperto era la linea invisibile tra la vita e la morte, il campo di sterminio è una condanna senza reato. Carlotta è lì, proprio sulla soglia del campo. Negli occhi le camere a gas, nelle orecchie storie senza nome e Storia senza senso, nel cuore qualcosa di troppo buio per essere compreso. Poi alza gli occhi, guarda verso il bosco: visione, sta nascendo qualcosa. In mezzo a quelle betulle bianche ed immobili, spunta il tramonto più bello della sua vita. Fiorisce un’energia nuova, la voglia di non buttare via nemmeno un istante. Dopo Birkenau che vita c’è? LA TERRA DI NESSUNO. Storia di Serge Ha varcato i confini di oltre trenta stati del continente africano, telecamera in spalla e un’insaziabile curiosità nello sguardo. Mai però, avrebbe immaginato di inoltrarsi nella “terra di nessuno”, quella stanza dell’anima che ti risucchia quando diventi orfano della terra che ti ha generato. Serge è nato in Camerun e ha dovuto lasciare il suo Paese perché desidera fortemente che il mal d’Africa resti, a tutti gli effetti, nostalgia d’incanto, in nessun caso eco di scempi e violenze inaudite. Torino gli sta ridando la speranza di tornare presto ad esplorare il mondo, telecamera in spalla e desiderio di riabbracciare suo figlio nel cuore. NINNA NANNA PERSIANA. Storia di Marjan Tra innovazione e tradizione si snoda la storia di una coppia che affronta i rigidi principi islamici pur di dare alla luce la piccola Sofia; un preludio gravido di minacciose conseguenze dal sapore di lussureggianti giardini e di ricordi di antichi cantastorie, un passaggio segnato dalle disuguaglianze religiose che solo l’amore riesce a rendere accessibile, con il cuore aperto al passato e lo sguardo rivolto ad un futuro testimone del rispetto delle personali identità originarie. SE UNA SERA D’AUTUNNO A UN SEMAFORO…Storia di Lucia Una sera. Un incrocio. Due amiche. La rivoluzione non è un pranzo di gala. A volte, è una macchina ferma a un semaforo. Uno spettacolo che ti cambia lo sguardo. Un silenzio riempito di corpi. Basta con i gruppi. Basta con la comunità. Basta con i ragazzi. La rivoluzione è accettare di essere stanchi. E decidere, ancora una volta, di cambiare vita. E non occorre avere vent’anni, per scalare una nuova montagna. Per sentire il brivido che accompagna l’ingresso sul palco. Per farsi rapire dal mistero dell’improvvisazione. La rivoluzione è emozionarsi ancora una volta. Come il primo giorno di scuola, che non ho mai avuto. Poi, all’improvviso, è arrivato il teatro ed è stata una grande scuola di vita.

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LA CITTÀ SEPOLTA. Storia di Simonetta Per Bachtin la “morte è pregna di vita”, esiste cioè un profondo intreccio tra i due termini ultimi dell'esistenza, in cui è la morte stessa a dar senso alla vita. L'intenso racconto di Simonetta dà sostanza a queste riflessioni, raccontando i suoi lutti, cesure indispensabili in quel disegno circolare che è stata la sua storia. Strappata troppo presto al padre e alla spensieratezza dei giochi torinesi, una bambina si ritrova smarrita nell'esilio della provincia veneta, dove è straniero chi ha attraversato il Sahara al pari di chi è sceso dal Monviso. Dopo anni Simonetta rivivrà quel lutto: questa volta però il dolore si vestirà di una nuova consapevolezza che la porterà a Torino, per "tornare a respirare". MANUELA CHI É? Storia di Manuela Manuela è forte, dice Fabio. Fabio, gara di caccia al ragno in cortile, Fabio perde sempre. “Manuela non è una femmina, mamma!”, dice Elisa. Elisa, fughe, dispetti e mosche nei capelli. Manuela? Si, dice mamma Linda. Manuela, ma io aspettavo Lorenzo. Manuela corre nei campi, si butta nel fango. Manuela chi, quella simpatica? Manuela è alta, magra, Bella, ma non lo sa ancora. L’unica che lo sa già è fata madrina. Con il suo potere le dona un paio di pantaloni magici, un paio di jeans. Manuela si guarda nello specchio, tutto il mondo la guarda nello specchio. Manuela è una donna. Giovane, attraente, fasciata nei suoi pantaloni. Sensuale. IL GIORNO DELLA TERRA. Storia di Mohammed Il 15 Marzo di ogni anno, nel punto più caldo del Medio Oriente, si svolge una manifestazione. Questa volta però esplodono due spari da un fucile israeliano: il primo colpisce Mohammed, il secondo la persona che ha affianco. Il protagonista racconta, con frasi semplici e scevre di retorica, cosa vuol dire nascere in un confine stretto dove le notti sono a lume di esplosione, scandite dalla paura e dal frastuono di vetri che si infrangono al ritmo cadenzato delle bombe. Una vita “vigilata”, obbligata allo spazio circoscritto di un recinto dove le case e le storie si sviluppano l'una sull'altra: il padre costruisce sopra il nonno, il figlio sopra il padre. TIENIMI DOLCEMENTE. Storia di DANIELA Ci sono persone a cui non è possibile dare un’età. Elisabetta era una di quelle. Nessuno sapeva da dove venisse né cosa pensasse mentre il fumo le riempiva avido la memoria. Quando hai abituato il tuo corpo ad abbandonarsi sotto la luce fatua di un lampione, tutto di te si fa scherno e caricatura, devi strapparti gli abiti di dosso per sentire che la luna si è accorta di te, nonostante tutto. Eppure quella mattina, la vita scelse lei per dare inizio ad una danza, famelica come lo sguardo di un neonato che si affaccia sul mondo, potente come la fierezza di un campo accecante di papaveri. L’ultima e più temuta lotta si era fatta, d’incanto, poesia.

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CROCEVIA. Storia di Turaya Dopo è facile. Dopo sembra scontata, la felicità. E il dubbio e l’angoscia si trasformano nel concime che ha permesso al tuo sorriso di rinascere. E al suo sorriso di sbocciare. Dopo. Ma c’è sempre un prima. E gli anni trascorsi ad ascoltare le storie delle tue sorelle che hanno attraversato il mediterraneo, a costruire ponti perché le parole che chiedono aiuto non sbaglino strada, non servono. “Sindrome di Turner”. Le parole del medico arrivano dritte. Non sbagliano strada, loro. E tu ti perdi. Devi scegliere, e non c’è giusto o sbagliato. Hai paura. Non capisci. Non sai più… Prima. Dopo è facile. E ti sembra non ci fosse altra strada. E le tue parole diventano le sue. “Mamma”. “Figlia”. NUTRIRSI E PIACERSI. Storia di Valeria Tanti anni nel precariato, ingarbugliata in un lavoro che non è proprio il suo, nell'ambito della prevenzione oncologica. Valeria decide di trovare un'altra strada, un mestiere che dica non solo “cosa fai”, ma anche “chi sei”. Diventa una nutrizionista e pian piano cambia anche la percezione interiore. Ogni paziente è una storia in cui entrare in punta di piedi, da cui uscire con nuovi strumenti. Morsi di vita. Come da bruco a farfalla. Storia di Elisa È così che Elisa descrive il suo rito di passaggio, le due lineette di un test di gravidanza che hanno permesso il suo cambio di pelle, la sua percezione sulle cose che davvero contano nella vita. E l'insegnamento che i grandi passi, forse, chiedono tempo e preparazione, quelli che ora, con grande forza, Elisa si sta concedendo. IL RE DEGLI ASPARAGI. Storia di Paolo Paolo aveva 14 anni quando, mentre frequentava l’alberghiero, andò a lavorare da “Andrea, il re degli asparagi”. Nella cucina di Andrea, tra patate da sbucciare e quaglie da preparare per il buffet, Paolo ha carpito dai quattro cuochi le tecniche del mestiere, tecniche delle quali ha fatto tesoro per i suoi lavori successivi. In quel contesto Paolo ha imparato la lezione più grande, lezione che ha tenuto sempre a mente in tutti i suoi anni di esperienza, nel lavoro e nella vita: che si taglino patate o si inventino nuovi piatti, bisogna dare sempre il meglio di sé.

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TRA CIELO E TERRA Storia di Yousef Un ragazzino irrequieto alla fine delle scuole medie, le sospensioni e le riunioni speciali a scandire i mesi che lo separano dell’esame. Un ragazzino e le sue passioni: automobili e aeroplani, motori e design, velocità e precisione, manualità e coraggio. Un ragazzino irrequieto che dovrà scegliere le scuole superiori e che si farà guidare da chi pensa di conoscerlo. Un ragazzino pronto ad un cambio di rotta. Storia di un consiglio preciso e non richiesto che gli farà capire di non voler fare il meccanico ma che i sogni posso essere inseguiti e conquistati. IL DONO DELLA VITA. Storia di Tina Tina è una donna che corre tutto il giorno tra impegni di lavoro, famiglia e casa. Senza tregua. Un giorno però il suo corpo reclama la sua fragilità. La sua professione di medico non lascia spazio a dubbi. Tina si ferma, ha fede, crede nella vita, non si rassegna. Mentre si sottopone alle cure, indagando su forme alternative di cura che integrino quelle tradizionali. Famiglia, figli, lavoro assumono nuovi significati, risorse da proteggere e preservare. Comincia una nuova vita dove ogni attimo è vissuto con passione. Tina oggi è orgogliosa del suo bel rossetto rosso... e nel raccontarsi dona la sua esperienza a chi vive le proprie fragilità. Quanta strada dal 3 al 16. Storia di Adelaide La storia di una bambina altissima che a scuola si sentiva diversa. A 8 anni entra nel mondo del volley e scopre la magia del numero 3. La vediamo a Torino dove diventa leader della squadra, in Bulgaria dove in un torneo internazionale viene eletta miglior giocatrice, a Cuneo per l’esordio in B2, nel Palasport che è la “Scala” del volley. Un viaggio tra fatiche, adrenalina e sfide, cercando di non perdere quello che l’infanzia e l’adolescenza possono regalare, con una grande determinazione nella ricerca del successo nella pallavolo, dove, tra cambi di squadra e di ruoli, non manca mai uno sguardo alla mamma dopo ogni punto realizzato. VITA MORTE E MIRACOLI. La storia di Sara. Ha una passione folgorante per le scarpe, ma ne porta solo un paio, adora il turbante e la tunica color “cielo in terra”, smania per i colori. È una figura esile che solca l’orizzonte, ma racchiude uno scrigno. Una tragica morte segna il suo passato, amori sbagliati, percorsi di studi diversi e non finiti, incontri pericolosi… insomma uno smarrirsi nei meandri dell’esistenza finché… il fiore di Loto non le sboccia di/IN fronte e la Vita si trasforma in un miracolo quotidiano.

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IL LATTE DI MIA MADRE. Storia di Jan A volte, guardandosi indietro, Jan si chiede come abbia fatto a reggere una vita trasformatasi in una crudele partita a domino. Fuggito dall’Afghanistan, in sei anni ha visto cadere confini presidiati dalla violenza e dal ricatto, dentro di sé una sola certezza: in nessun caso sarebbe tornato indietro. Per tre anni la Grecia è rimasta fedele alla sua antica generosità: lo straniero va accolto in quanto cosa sacra. Ma poi è arrivata la legge dei “moderni” e il diritto d’asilo è diventato una colpa da espiare. A chi gli chiede come abbia fatto a sopravvivere anche alla beffa della giustizia, Jan risponde candidamente: “Devo tutto al latte di mia madre”. UNA SCOMODA COMPAGNIA. Storia di Igor Sommerso dalle preoccupazioni e “incastrato in un calendario di spese” cui non riesce a far fronte, Igor si trova a confrontarsi con un lento e inesorabile progredire: le sue gambe cominciano prima a faticare, poi a far male e infine il dolore lentamente si trasforma nell'impossibilità di muoversi. Igor entra così in un labirinto di diagnosi incerte e cure improbabili; un cammino tragicomico in una foresta di oncologi, reumatologi, agopuntori, sciamani, per giungere infine all'incontro con la persona che darà finalmente ascolto al suo corpo e alla sua storia. Un racconto appoggiato su due stampelle che ci insegna che a volte bisogna lasciarsi cadere se si vuole trovare il sostegno degli altri. A PROPOSITO DI JIM. Storia di Max Se da bambino un disturbo visivo ti permette di vedere fiori dappertutto, allora il tuo destino è segnato: Jim Morrison. Per Max questo cantante è l'icona di uno sguardo “alternativo” sul mondo, il simbolo della ribellione giovanile. Tutto questo nell'adolescenza del protagonista si intreccia con la Francia, la zia, i cugini, la bellissima Elise. Dopo un periodo di “frasi compendio”, scritte nel tentativo di dare una definizione esatta alla sua vita attraverso le parole, Max viene trascinato da una serie di eventi in un vuoto che annulla ogni significato. Dal naufragio lo salverà un messaggio in una bottiglia, un bigliettino in cui è possibile leggere un nome custodito dal tempo: Jim Morrison. IL GRECALE. Storia di Federica C'è un destino da incontrare al di là del mare. E' questo che sente Federica quando avverte una sorta di vento che la spinge a fare un viaggio. Ma non un viaggio qualunque, come le decine di viaggi che ha già fatto nella sua vita. Il Grecale, il soffio che porta a sud-ovest, arriva come a sussurrarle che la sua strada si definirà laggiù, in mezzo all'Oceano Pacifico. Però vorrebbe anche fare una scelta più ragionata, quella di preparare il test di ingresso a Medicina, una materia che l'ha sempre attratta. Arriva un momento in cui davvero non sa bene come conciliare queste due potenti forze, e allora deve capire cosa le sta bisbigliando quel vento.

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MISERICORDIA. Storia di Piera La vita di Piera è un vaso che non va scoperchiato e lei infatti in questo racconto ne dona solo il profumo. L'immagine che la protagonista imprime nel lettore, sfumata e densa, è, nel senso letterale del termine, una carezza che redime il passato. Sola in un cortile, un'infanzia senza un gesto di tenerezza. Improvvisamente in un giorno di maggio del 2002, di fronte alla sofferenza della madre, riaffiorano i ricordi e, mentre le mani sono giunte in preghiera, un profumo, acre e dolce, di aceto e rosa pervade l'ambiente. La delicatezza dei modi di Piera ti avvolge morbida in un racconto rivolto all'indietro, a quel mondo bambino dove qualcosa è rimasto, come un profumo, sospeso nell'aria. TRE VITE IN UNA. Storia di Sonia Al termine del racconto di Sonia rimane in testa solo qualche briciola di parola, qualche immagine frammentata come i vetri di uno specchio infranto; ci si trova a terra, stanchi e spossati, con lo sguardo rivolto alle macerie, come dopo che un ciclone, in un incomprensibile marasma di sofferenze, lutti, abusi e miseria, ha portato via tutto. Nel susseguirsi impietoso di accadimenti, rimane però un filo sottile che lega ogni evento, che le permette di sopravvivere e di alzarsi con coraggio ogni mattina. Le ginocchia si piegano in preghiera di fronte al Gohonzon per permettere alle gambe infaticabili di Sonia di non cedere mai. FRONTIERE DI VITA. Storie di Christiana Christiana di terra nigeriana. Ragazza che cresce. Donna. Ferita dalla guerra. Donna alla ricerca. Di libertà. Fuga costretta, partenza obbligata. Viaggio verso nuova destinazione. Difficile da immaginare. Straziante. Violento. Crudele. Christiana di sabbia del deserto. Di confini immaginari. Di frontiere senza acqua, di corpi abbandonati lungo il percorso. L'acqua che era un miraggio è l’inizio di un altro viaggio. Grandi le onde che spingono in avanti. Sferzanti e minacciose fino all'arrivo. Christiana di vento di scirocco. Un campo di basket abbandonato. E' la Sicilia. È finalmente aria e luce. Ma è fine lieto? IN MEZZO SCORRE IL FIUME. Storia di Simone Una storia di amicizia su un fiume. Un racconto di vita di due ragazzi che, a un certo punto della discesa, si incontrano e cambiano il flusso delle loro esistenze. Max e il suo amore per lo sport, Simone e la sua grande passione per le relazioni umane, su cui investe il tempo con entusiasmo. Nell'amicizia e sul fiume Simone riscopre la sua natura: la sua passione diventa forza motrice che segna il passaggio. Nello scambio amicale, Simone comprende che non è più compagno di un gruppo ma leader stesso. Un senso di mutazione che scorre lento, come nell'acqua anche nella vita di Simone. La lentezza genera nuovi corsi, affluenze d'amicizia e umanità.

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LA ROSA BIANCA. Storia di Simonetta Adelina è una rosa bianca, una rosa che ha perso il suo colore. Prima se n’è andato il rosso, poi il rosa. È rimasto il bianco. Il colore di Adelina se l’è portato via una brutta malattia, una di quelle che non si pronunciano. Anche Adelina preferiva non dirlo, quel nome. Adelina pensava ai fiori della sua famiglia. Mamma Rosa, nonna Margherita, papà. Pensava a quel mazzo di fiori, un mazzo amato in cui presto sarebbe tornata. Presto ma non subito. Prima bisognava buttare ancora un po’ d’acqua nella “cavagna”, andare ancora un po’ avanti. Prima, c'era ancora qualcosa da fare. Adelina se n’è andata, ma presto una rosa bianca fiorirà per lei tra le sue montagne... RIDO E SI APRE IL CIELO SOPRA TORINO. Storia di Loredana Cosa sta succedendo ad un gruppo di persone quando sopra al Parco del Valentino si apre un cerchio di luce in mezzo a grandi nubi nere? La forza della risata come strumento per imparare a dire no, a prendersi cura di sé stessi, a scoprire che gli altri non sono numeri, a smettere di piangere. Un viaggio attraverso ruoli di responsabilità in una grande organizzazione, tra lutti e sofferenze, tra scelte nette e cambiamenti repentini, nell’incontro con persone che possono cambiare la nostra vita se siamo disponibili ad aprire il cuore e la mente a possibilità non comuni. Una sorta di romanzo di formazione dove passaggi cruciali e riti si susseguono a ritmo incalzante. IPOTESI DI REATO. Storia di Guglielmo Sapete come si riconosce un carcerato? Da come mangia a tavola. Perché mangia con il braccio davanti al piatto. Guardandosi continuamente attorno. Circospetto. Il predatore può arrivare da qualsiasi parte. E’ affamato, rapido, determinato. E il tuo cibo è la sua preda… No. Questo non è il racconto di un carcerato. E’ il resoconto di un ragazzino che trascorre le sue estati in colonia. E che un’estate scopre che ci sono esperienze che ti cambiano la vita per sempre. Ci sono momenti in cui la colonia si trasforma in colonia penale. E il cibo che i predatori vogliono attaccare sei tu. I predatori sono affamati, rapidi, determinati. E tu sei la loro preda… In quei momenti, scopri di essere una persona diversa. L'INCONTRO TRA ORECCHIETTE E PESTO CHE HA CAMBIATO LA STORIA. Storia di Augusto Le orecchiette col pesto sono ancora il suo piatto preferito. Augusto è figlio di un uomo del sud, un pugliese, un militare che durante la guerra, in una libera uscita ad Alassio, incontra e s’innamora della donna che sarebbe diventata prima sua moglie e poi mamma di Augusto.

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L’amore come rito di passaggio che lega realtà distanti rendendole generative di una preziosa sintesi culturale. La storia di Augusto diventa quella di un’intera nazione diventando un monito a fare davvero del nostro passato, una guida per camminare meglio nel presente. INASPETTATO INCONTRO, INASPETTATO " PER SEMPRE". Storia di Anna. Da sola stava bene, non era in cerca di sentimenti a tutti a costi, ma un giorno, un po' per caso, conosce un uomo e da subito capisce che in lui c'è qualcosa di diverso. Senza farsi troppo aspettare, arriva la sua proposta di matrimonio, davanti ad uno scaffale di detersivi alla Coop! Non c'è stato dubbio, la risposta è stata "Sì", ma quella risposta è stata poi lo spartiacque più importante della sua vita. FUORI È DENTRO DI ME. Storia di Stefano Tutto nasce da un bambino. E' un bambino che da solo, come un guerriero, affronta un viaggio lungo e denso di paure. Come un guerriero si troverà a lottare contro chi non sarà capace di riconoscergli le virtù del coraggio, della forza, della tenacia. Anzi, lo crederà quasi uno svantaggiato, uno con dei problemi. Queste premesse faranno di lui una persona che prenderà la vita con impeto, con rabbia, con la sensazione di aver sempre qualcuno da combattere, a cui dimostrare qualcosa. Poi accadranno delle cose. Delle cose di fronte alle quali la rabbia non può nulla, e da lì nulla sarà più come prima. UN TAPPETO NELLA VALIGIA. Storia di Ina In una valigia mettiamo i nostri oggetti più cari, tutto l'occorrente per il viaggio che ci aspetta e poi i ricordi e le speranze. Una valigia spesso ci accompagna in giro per il mondo, è il segno distintivo che ci siamo allontanati o stiamo ritornando a casa. Quando si inizia il cammino ci si aspetta che avvenga qualche cambiamento dentro e fuori di noi; cambiano gli odori, la lingua, gli usi e costumi e un po' cambiamo anche noi a contatto con questa nuova realtà. Ecco, questa storia inizia con una piccola valigia dal contenuto molto prezioso e un viaggio che dura una vita. QUEL CAFFE'. Storia di Luciana Luciana è una ragazzina intorno alla metà del secolo scorso. E' in gita, ad un certo punto si ritrova dentro uno di quei momenti di cui si ricorderà per tutta la vita. Quel mattino Luciana e le sue due amiche del cuore diventano grandi, si allontanano dal gruppo ed entrano, per la prima volta in un Bar! Un gesto semplice, banale, che Luciana avrebbe poi compiuto mille volte nella sua vita ma che rimane impresso nella sua memoria come un atto di emancipazione, di maturità raggiunta.