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Fuat Keceli, Alexandros Tzannes, George C. Caragea, Rajeev Barua and Uzi Vishkin University of Maryland, College Park, MD Toolchain For Programming, Simulating and Studying the XMT Many-Core Architecture

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coop, la regoladella trasparenzaSu www.cooporigini.it si può scoprire la provenienzadelle materie prime di 1.400 prodotti a marchio

gennaio 2014 edizione per i soci di Coop Vicinato Lombardia, Villa CorteseComo Consumo Uggiate Trevano, ComoConsumo Mezzago, MilanoItalia Lainate, MilanoLavoratori Brembilla, BergamoUnione Lipomo, Como

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da oggi puoi scoprirel’origine delle materie prime

dei nostri prodotti:solo coop lo fa.

La trasparenza è un elemento fondamentale nel rapporto di fiducia di Coop con i consumatori. Per questo abbiamo deciso di informarti sull'origine delle principali materie prime dei nostri prodotti a marchio alimentari confezionati. Solo Coop lo fa: basta andare su www.cooporigini.it o scaricare l’applicazione per il tuo smartphone.

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www.cooporigini.it

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sommario

Periodico della Cooperazione di Consumatori 40127 Bologna, Viale Aldo Moro, 16 Tel. 051.6316911 | Telefax 051.6316908 [email protected]

Reg.Trib.: Bologna 2/9/1997 n.6708 Copia singola euro 0,45 Abbonamento (sei numeri) euro 2,60

Direttore responsabile Dario Guidi

Progetto graficoFerro comunicazione & design

Impaginazione e grafica Ilde Ianigro

Stampa Arbe Industrie Grafiche S.p.a.www.arbegrafiche.it

Coop Editrice Consumatori 40127 Bologna, Viale Aldo Moro,16 Tel. 051.6316911 | Telefax 051.6316908C. F., P. IVA e Iscrizione al Registro delle Imprese di Bologna n. 03722150376 | Iscrizione all’albo delle Cooperative a mutualità prevalente n. A108296

Chiuso in tipografia il 16/12/2013

La spesa a domicilio con Coop LipomoAl via un nuovo servizio dedicato a chi ha difficoltà motorie o con più 70 anni.Basta una spesa minima da 20 euro e si ordina il mercoledì

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10 Materie prime senza segretiCoop sceglie la trasparenza: sarà possibile controllare tutti i componenti e gli ingredienti di 1.400 prodotti a marchio. Attraverso un sito dedicato

Bufale a spasso nella reteDal tonno radioattivo ai complotti impossibili: così il web è diventato terra di conquista per tanti divulgatori di false notizie spacciate per verità

4 Lettere a Coopinforma

7 Imparare da Robinson

8 Coop Lipomo Terza festa del socio Di giUseppe rigAMonTi

10 Materie prime senza segreti Di DArio gUiDi

14 La cultura ci rende ricchi Di siLViAfABBri

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16 La vignetta Di eLLe kAppA

24 Cyclette pieghevole

Di CLAUDio sTrAno

26 Prodotti naturali per la pelle Di AnnA soMenzi

30 Canarie, isole fortunate

Di giUseppe orToLAno

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RIsPonde CLaudIo MazzInIresponsabile sostenibilità, innovazione e valori di Coop italia:

Dal 1 settembre la Grecia ha autorizzato la vendita a prezzi scontati di prodotti alimentari non deperibili, anche dopo il termine minimo di conservazione indi-cato sull’etichetta. La notizia è stata riportata dai media in modo spesso allarmistico e confondendo il termine minimo di conservazione (Tmc), che non è un limite in-valicabile, con la scadenza vera e propria. Il Tmc (quello solitamente legato alla dicitura: "Da consumarsi pre-feribilmente entro..."), a differenza di quel che pensano in molti, non è una data di scadenza ed i prodotti sono commestibili e sicuri anche dopo la data riportata sull’e-tichetta. Quel che si registra dopo quella data è "solo" un progressivo peggioramento delle caratteristiche organo-lettiche e nutrizionali.Parliamo di prodotti quali confetture, oli, sottoli e sotta-ceti, ma anche pasta, riso, conserve di pomodoro, caffè e biscotti. Su questi prodotti che normalmente hanno un tempo minimo di conservazione che va dai 3 ai 24 mesi, la vita del prodotto viene stabilito dalla singola azienda produttrice, sulla base del proprio processo produttivo, confezionamento, qualità delle materie prime ecc.Quindi la data per questi alimenti ha un valore sola-mente orientativo e il consumo posticipato di qualche settimana o addirittura di qualche mese, a seconda del prodotto, non determina problemi per la salute. Questo vale ovviamente per i prodotti cosiddetti industriali, con alle spalle un processo produttivo standardizzato e con-

a proposito delle date di scadenza

trollato (e conservati correttamente). Maggior attenzione invece va posta alla data di scadenza, presente nei prodotti freschi da conservare in frigorifero, come latte, formaggi freschi, insalata in busta, pasta fre-sca: questa data, invece, va di norma assolutamente ri-spettata. Anche se uno yogurt o le uova possono essere consumati qualche giorno dopo la scadenza, purché sia stata rispettata la catena del freddo.Esistono poi prodotti che non riportano alcuna indica-zione quali ad esempio il sale, lo zucchero, i liquori, l’a-ceto. Si tratta di prodotti che hanno come unica avver-tenza generale quella di tenerli in luogo fresco, asciutto e al riparo dalla luce. Tutto questo aiuta a ridurre gli sprechi e ad evitare che alimenti ancora consumabili fi-niscano nel pattume.Come Coop ovviamente, da molti anni ci siamo attivati affinché i prodotti vicino alla scadenza non siano un ri-fiuto ma un'opportunità. Nel solo 2012 infatti sono stati donati oltre 5 milioni di chilogrammi di alimenti, ad oltre 800 associazioni presenti sui diversi territori dove Coop opera che corrispondono ad un valore di 26,5 milioni di euro. La stima è che oltre 140.000 persone abbiano usu-fruito di questo beneficio, evitando nel contempo la pro-duzione di 4.600 tonnellate di rifiuti. Dal 2008 inoltre sono partite alcune esperienze per ri-durre ulteriormente gli sprechi. I prodotti freschi, an-cora perfettamente edibili, vengono venduti con sconti fino al 50% nei giorni precedenti alla scadenza: un'i-niziativa antispreco e anticrisi che sta riscuotendo un grande successo.

Ho letto che in Grecia si vendono prodotti scaduti a causa della crisi. Ma è una cosa che potrebbe succedere anche da noi? Cosa dicono esattamente le norme in proposito?RebeCCa saRgenTInI - ArenzAno (ge)

del nostro organismo di impedire l’aggressione di questi microrganismi patogeni. Il freddo esterno, l’alimenta-zione spesso inadeguata nei ragazzi di quell’età ed, even-tualmente, la scarsa propensione all’attività fisica fanno il resto. Quindi, fermo restando che solo il suo Medico di famiglia può consigliarla circa il vaccino influenzale, le

RIsPonde enRICo MonTanaRIDirettore scientifico della rivista elisir di salute

La stagione fredda è portatrice di patologie virali e bat-teriche favorite dalla esposizione ad ambienti affollati, a volte eccessivamente riscaldati, che riducono la capacità

Figli adolescenti e malattie di stagioneI miei due figli di 14 e 16 anni si ammalano frequentemente di malattie stagionali con mal di gola e soprattutto tosse persistente. Il vaccino antinfluenzale è indicato? Posso aiutare le loro difese immunitarie con qualche rimedio naturale?eRIka MonCIneLLI - forLì

L’indirizzo per scrivere a questa rubrica è:redazione Consumatori, Viale Aldo Moro, 16, 40127 Bologna fax 051 6316908, oppure, [email protected]

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ricordo che tale vaccino protegge unicamente dal virus influenzale previsto per quella specifica stagione. Al di là di tutto, credo che sia importante prestare grande attenzione all’alimentazione dei ragazzi che non deve pre-scindere da un’abbondante colazione, consumata a casa con il giusto tempo necessario. È importante inserire nella prima colazione frutta fresca, pane integrale con marmellata o miele, biscotti integrali, yogurt, latte o tè nero o verde, succhi di agrumi freschi e anche frutta secca, soprattutto noci (molto ricche di nutrienti protettivi). Anche l’attività fisica moderata regolare contribuisce notevolmente a rinforzare le difese immunitarie, quindi proponga ai suoi ragazzi di praticare qualche sport a loro gradito, nel caso non lo facciano già. In generale comunque alcuni integratori che contengono piante medicinali, vitamine e probiotici con comprovata attività di rinforzo delle difese immunitarie, presi ai primi sintomi e come prevenzione possono essere di notevole aiuto. In caso di tosse persistente, come risulta da studi scientifici recentissimi, il rimedio più efficace sembra pro-prio essere quello di assumere latte o infusi con miele di buona qualità, al posto di sciroppi con farmaci di sintesi che risultano spesso inutili o addirittura dannosi. Elisir di Salute è la rivista, del cui Direttore ospitiamo un inter-vento, dedicata all’informazione su tutti gli aspetti legati alla salute, scritta direttamente da medici, ricercatori e studiosi. Alcuni fra i numerosi temi trattati sono la medicina, l’alimen-tazione e gli stili di vita, la psicologia, l’ambiente e l’ecologia. I soci Coop possono abbonarsi annualmente a un prezzo agevolato di 14 euro, anziché 18 euro. Sul sito www.elisirdisa-lute.it abbonamento on line con carta di credito oppure presso gli uffici postali effettuando il pagamento sul c/c postale n. 000054500160 intestato a Docmed srl via Degli Orti, 44 - 40137 Bologna. Per informazioni: tel. 051. 307004 (dal lun. al ven. dalle 9 alle 12,30) - [email protected].

Proprietà dell'ortica È luogo comune che l’ortica sia un'erba con proprietà benefiche. Ma è davvero così? RenaTa FaRIneLLI - goriziA

L’ortica non a caso viene usata fin dall’antichità per curare molti disturbi. Oggi si può acquistare in far-macia in barattolo, conservata in salamoia oppure, più raramente, fresca al mercato oppure secca in erbori-steria per preparare infusi. Si può però raccoglierla spontanea in molti luoghi in primavera e in autunno. Si consiglia di utilizzarla subito o farla essiccare e con-servarla in barattolo per vari mesi. Contiene vitamina C, silicio, azoto, ferro, potassio e calcio e contribui-sce a depurare l’organismo facilitando l’eliminazione delle tossine. L’ortica perde il suo potere urticante se bollita e può essere utilizzata in cucina: perfetta nel risotto si può usare nelle frittate, negli gnocchi, nel

ripieno dei ravioli e in generale come sostituta degli spinaci. È usata nei decotti e infusi come diuretico, emostatico, antiartritico, antireumatico e antinfiam-matorio. Una curiosità: in Germania si produsse con l’ortica un tessuto resistentissimo utilizzato per le di-vise militari nella prima guerra mondiale.

Cibi per i celiaci, dove conviene acquistarliÈ vero che i prezzi degli alimenti per celiaci sono ancora molto diversi se acquistati in farmacia o in punti specializzati e della grande distribuzione? RInaLdo bRessan - AsCoLi piCeno

Ai celiaci non conviene fare la spesa in farmacia: è que-sta la conclusione: secondo un’indagine condotta su 13 regioni italiane dall’Osservatorio dell’Associazione Ita-liana Celiachia (AIC). Per l’acquisto di un paniere di 12 prodotti senza glutine scelti tra quelli più venduti e abi-tualmente consumati da chi è celiaco, la differenza tra supermercati e farmacia è infatti di circa 20 euro. Lo scarto è abbastanza rilevante, visto che il paziente celiaco in molte regioni può acquistare prodotti senza glutine solo in farmacia se vuole utilizzare il buono unico cui ha diritto, per un importo compreso tra 99 e 142 euro che varia in base all’età e al sesso, media-mente 140 euro per i maschi adulti e 99 per le donne. In alcune regioni il ticket non può essere frazionato, in altre c’è la possibilità di utilizzare il buono anche nei supermercati e di suddividere l’importo in quote minori da spendere in diversi momenti. Dal gennaio 2012 tutti i prodotti commercializzati nell'Uione Europea con la dicitura "senza glutine-gluten free" devono garantire il limite dei 20 ppm e possono essere consumati dai celiaci. Ricordiamo che Coop ha una linea di prodotti per ce-liaci, che portano la spiga barrata e sono presenti nel Prontuario degli Alimenti edito ogni anno da AIC. I prodotti Coop si caratterizzano per il rigore nella preparazione e per la convenienza dei prezzi: al mo-mento del lancio, nel 2005, costavano fino al 40% in meno rispetto ad analoghi prodotti di marca venduti nella grande distribuzione e fino al 70% in meno ri-spetto alla farmacia. Oggi i prezzi dei prodotti senza glutine sono sensi-bilmente diminuiti, Coop resta un'alternativa molto conveniente. Oltre ai 22 prodotti dietetici senza glu-tine Coop sono presenti nel Prontuario degli Ali-menti edito ogni anno da AIC circa 300 prodotti sem-pre a marchio Coop, di uso comune, garantiti con un contenuto di glutine inferiore ai 20ppm. L'elenco dei prodotti Coop presenti nel Prontuario degli Alimenti 2013 è disponbile sul sito e-coop nella sezione pro-dotti coop\senza glutine.

5gennaio 2014 coop informa

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sabato 30 novembre un appuntamento importante: l’assemblea dei presidenti delle sezioni soci, alla presenza dei coordinatori d’area Rita Milani, Luisa Pesenti, Iles Rocca e antonio Colombo.La riunione si è aperta con la relazione del presidente Parzani sull’andamento della Cooperativa che ne ha rappresentato le difficoltà dovute soprattutto alla difficile situazione del mercato, ma ha esposto anche le strategie per farvi fronte.Moreno Franchi, direttore amministrativo, ha illustrato il consuntivo economico delle molte iniziative organizzate dalle diverse sezioni soci discutendo con i presidenti i criteri per la costruzione delle previsioni di spesa per il 2014.Le attività sociali, essenziali per la vita della cooperativa, devono rappresentare sempre di più una coerenza con i valori Coop e possono dare un contributo decisivo alla percezione della distintività cooperativa. e’ seguito poi un vivace dibattito con il direttore commerciale davide Menghini sulle strategie più utili per portare ad un miglioramento delle performance dei punti di vendita.I lavori, che hanno impegnato tutta la mattinata, sono stati presieduti dal vicepresidente Tarcisio Filippini.

Coop VICInato LoMBardIaAssemblea dei presidenti delle sezioni soci

busto garolfo, cena a tema in nome del "purscel"

Dal 2006 si ripete annualmente la cena a te-ma, promossa dalla Sezione Soci di Busto Garolfo, con la finalità di far gustare e apprezzare l’immenso patrimonio della gastronomia italiana, valorizzando i prodotti in vendita nel negozio ed in particolare i prodotti a marchio Coop.Il gorgonzola è stato il protagonista della prima edi-zione, poi siamo passati per la zucca, il provolone, la polenta, il riso, le verdure e, per l’anniversario dell’u-nità d’Italia, per una cena tricolore, per arrivare ad un prodotto che trionfa sulle nostre tavole: il maiale, “Purscel”. Il cibo proposto è stato cucinato e servito dall’anti-pasto al dolce in svariati modi. Di ogni alimento si sono evidenziate le origini, la sto-ria e l’uso nelle diverse culture e viene esposto anche l’elenco di tutti i componenti utilizzati per prevenire eventuali allergie dei commensali.Dagli esordi, con cene approntate in modo artigia-nale, la qualità è migliorata progressivamente gra-zie anche alla collaborazione con la scuola di cucina “Istituto Clerici” di Parabiago che ha messo a dispo-sizione Chef e Staff docenti.Tutto questo a costi minimi, ridotti all’essenziale per dimostrare che i prodotti Coop pur garantendo la qualità, consentono un risparmio significativo ri-spetto agli analoghi prodotti di “marca”.Le cene, “a numero chiuso”, hanno sempre riscosso ampio consenso dalla totalità dei partecipanti.

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7coop informagennaio 2014

Un percorso didattico Coop segue le orme di Robinson Crusoe per una riflessione sui consumi e per scoprire cosa ci serve davvero per vivere felici.Si rivolge ai ragazzi dai 9 ai 12 anni ed è proposto nell’ambito delle attivitàdi educazione al consumo consapevole

e se fossisull’isola deserta?

Un naufrago si trova catapultato in un’isola deserta, proveniente dal mondo “evolu-to”, l’Inghilterra del ‘700 e per sopravvivere, deve reimparare tecniche dimenticate e cerca-re le risorse fondamentali per giungere vivo all’appuntamento con i soccorritori, che spera pri-ma o poi arriveranno.Il protagonista del romanzo di Defoe è lo spunto per riflettere con i ragazzi sulle cose che sono veramente indispensabili nella nostra vita e per provare a distin-guere tra i bisogni reali e quel-li che ci vengono imposti dalla

pubblicità, dalla voglia di avere l’ultimo modello di palmare o di tablet, anche se quello vecchio risponde pienamente alle nostre quotidiane necessità, alla rincor-sa dei vestiti o di una borsa grif-fati, costi quel che costi.Le domande che nascono dall’incontro con i ragazzi so-no importanti: che cosa ci serve davvero per vivere felici? Sono le cose che abbiamo o le relazio-ni che costruiamo? E che impat-to hanno i nostri consumi sulla sostenibilità ambientale? Spre-care meno può consentire a tutti un accesso più equamente

distribuito alle risorse? Il percorso “Robinson Crusoe” è destinato ai ragazzi dai 9 ai 12 anni e si svolge attraverso due incontri di due ore, il primo al supermercato ed il secondo in classe ed è proposto nell’ambi-to delle attività di Educazione al consumo consapevole.La partecipazione ai percorsi di-dattici Coop è gratuita. Per maggiori informazioni e per prenotare i percorsi contattare Valeria Malvicini – Settore Soci ALCC - Tel. 02 8954211 - [email protected]

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Coop LipomoTerza festa del socio

Domenica 10 novembre il salone delle feste della Pro Loco ha ospitato la terza edizione della festa del Socio, promossa da InCoop di Lipomo.Il momento conviviale, tutto rigorosamente appron-tato con prodotti Coop, ha visto i piatti cucinati con maestria dagli amici della Pro Loco ed ha raccolto una straordinaria adesione. Tantissimi i partecipanti che si sono lungamente trattenuti anche nel corso del po-meriggio, vivacizzato dalle note musicali della Band di Lipomo “La Bocciofila di Marfia”, che ha saputo in-trattenere con entusiasmo i presenti con un reperto-rio che spaziava dagli anni ’60 ai nostri giorni.Nel corso del pranzo, il presidente del Consi-glio di Amministrazione, giancarlo Portale, è

dI gIusePPe RIgaMonTI

8 coop informa

intervenuto ricordando la fondazione della coopera-tiva (6 ottobre 1920), i tanti progressi realizzati nel tempo e i diversi progetti in serbo per il futuro. Un saluto e un ringraziamento, cui si è unito anche quel-lo del caponegozio Mario evangelio, è stato dedi-cato anche a giusy novello che ha recentemente raggiunto la meritata pensione.A nome del Consiglio poi, beppe Rigamonti ha quindi comunicato la prossima costituzione del co-mitato soci che si insedierà con l’anno a venire per consolidare le attività sociali e culturali che potran-no essere incrementate da ulteriori iniziative tra cui la consegna a domicilio della spesa a persone in diffi-coltà (come riferiamo nella pagina a fianco). ●

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La sera dell'11 ottobre scorso presso la sala Consigliare di Lipomo, alla presenza di un pubblico molto interessato, è stato festeggiato l’anniversario della fondazione della Cooperativa di Consumo di Lipomo con la presentazione del libro “Vite militanti”. L’autore, andrea Paredi, sindacalista diventato poi dirigente della sezione soci della Coop, attraverso numerosi aneddoti e racconti tratti dalle esperienze e memorie personali, propone uno spaccato della storia della seconda metà del novecento nel Comasco. un’occasione per riflettere sul ruolo che anche oggi, in tempi non facili, spetta alla cooperazione di consumo.

storIe dI CooperatIVaPresentato il libro di Andrea Paredi

9gennaio 2014 coop informa

d’acqua.La prenotazione è semplice: ba-sta telefonare allo 031.280058 entro il mercoledì mattina per avere la consegna a casa il mer-coledì pomeriggio; oppure lo si può fare direttamente all'inter-no del negozio, senza però avere l’onere di trascinarsi a casa borse pesanti. Un servizio offerto da In Coop Lipomo che qualifica ulterior-mente la presenza della coopera-tiva sul territorio e che è rivolto a tutti, soci e consumatori.

Grande novità in casa Coop: InCoop Lipomo ha atti-vato già dall’11 dicembre, il ser-vizio di consegna della spesa a domicilio. Il servizio è gratuito e si rivolge alle persone con più di settant’anni d’età o con difficol-tà motorie. Un bell'aiuto per chi ha qualche problema con il peso delle borse della spesa ma non vuole rinunciare alla freschez-za... La consegna viene effettuata con una spesa minima di 20 euro e per ogni consegna non è possi-bile acquistare più di 12 bottiglie

La spesa a domiciliote la porta la Coop

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La questione dell’origine delle materie prime è complessa e deli-cata e più che mai al centro dell’at-tenzione. Questo perché incrocia diversi aspetti: il primo è sicura-mente quello di una crescente at-tenzione dei consumatori, che ol-tre alla trasparenza delle informazioni sono sempre più sensibili, anche a causa della crisi economica, all’italianità dei pro-dotti. E qui le cose iniziano a com-plicarsi, perché come vedremo approfondendo il discorso, in molti casi, anche prodotti tipica-mente italiani (la pasta per tutti) non è detto che siano fatti con ma-teria prima (il grano o il frumen-to) italiani. Perché? Le risposte possibili seguono due sentieri ben distinti. Se da un lato, come i tanti scandali tristemente ricordano, non mancano i furbetti che hanno solo in mente di guadagnare a sca-

pito di una corretta informazione (e a volte anche del rispetto delle regole igienico sanitarie). Ma l’al-tro corno del problema è che in molte situazioni le materie prime made in Italy non sono sufficienti a coprire il fabbisogno. Cioè l’Ita-lia non produce (del tutto o solo in parte) la quantità di quel pro-dotto necessaria per le esigenze del mercato. E, su questo secondo punto, ovviamente, è piuttosto complicato individuare “colpe” che spesso mescolano scelte poli-tiche, ruolo dell’Unione Europea ed altri fattori.“Questo dell’origine delle materie prime è un progetto a cui lavoria-mo da anni, con rigore e determi-nazione – spieega il presidente di Coop Italia Marco Pedroni – Ovviamente il nostro punto di partenza è il consumatore, con le sue esigenze di avere una informa-

Coop torna all’attacco sul fronte della tutela dei diritti dei consumatori. E lo fa sulla base di una parola chiave che è trasparen-za, cioè garantendo una informa-zione il più possibile chiara e com-pleta e andando ben oltre quelli che sono gli obblighi fissati dalle normative. Il tema cui quest’idea di trasparenza viene applicata è quello dell’origine delle materie prime di cui sono fatti i prodotti alimentari che acquistiamo e mangiamo. Su un apposito sito in-ternet (www.cooporigini.it più una mail per ulteriori quesiti [email protected]) sa-ranno disponibili le informazioni su più di 1.400 prodotti alimentari confezionati a marchio Coop (con l’indicazione di almeno i due principali ingredienti presenti in etichetta e del paese dove è situato lo stabilimento di produzione).

materie primeSenza Segreticoop Sceglie la traSparenza

dI daRIo guIdI

Su un apposito sito internet (www.cooporigini.it) tutte le informazioni sui principali componenti di 1.400 prodotti a marchio. Pedroni: "Vogliamo andare incontro alla domanda dei consumatori su un tema delicato e complesso. Privilegiamo i prodotti italiani, ma l'autosufficienza non esiste"

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I prodotti alimentari confezionati a marchio Coop sono 1.301 e di questi 432 sono realizzati con materie prime d’importazione. una parte importante di questi

432 sono prodotti le cui materie prime (tipo caffè o

cacao) sono reperibili solo all’estero. al lordo di questi, il 64% delle materie prime è italiano. ovviamente ci sono anche alcuni casi in cui pur essendo la materia prima disponibile anche in Italia, sul prodotto Coop si scopre invece una provenienza straniera. un caso relativamente semplice è il latte a lunga conservazione che viene dall’austria (mentre tutti i tipi di latte fresco Coop sono al 100% italiani). La spiegazione dipende dal fatto che l’Italia, a causa dei vincoli europei (si ricorderà la scandalosa vicenda delle quote latte concordate in sede ue e poi non rispettate. Cosa per cui il nostro paese sta pagando salate multe) con la sua produzione arriva a coprire solo il 44% delle necessità di mercato e dunque deve far arrivare latte dall’estero.un altro caso ben rappresentativo è quello dei legumi secchi a marchio vivi verde per i quali non si usa materia prima italiana, ma in alcuni casi proveniente dalla Cina. Vediamo il perché di quello che sembra un piccolo sacrilegio. dalla fine degli anni ’50, in Italia si è assistito ad una progressiva drastica riduzione (pari al

90%!!), delle superfici destinate alla coltivazione dei legumi (fagioli, borlotti, cannellini, ceci, lenticchie, ecc.). Le motivazioni vanno certamente ricercate nella bassa produttività per ettaro di questi prodotti che non garantivano al produttore un’adeguata remunerazione. Questo ha reso necessaria l’importazione delle quantità mancanti dai grandi paesi produttori, come stati uniti, Canada, Messico, argentina (va ricordato che il fagiolo è originario dell’america), ma anche da Turchia e altri paesi del Medio oriente e Cina, in particolare per quanto riguarda le lenticchie, i ceci e i cannellini.La linea vivi verde si è sempre approvvigionata dall’argentina; nel corso del 2013, però, l’enorme siccità nel nord dell’argentina ha provocato la perdita dell’80% del raccolto su fagioli cannellini e borlotti da agricoltura biologica e non. Ciò ha determinato la necessità di spostare gli approvvigionamenti presso altri paesi tra cui spicca per volumi disponibili la Cina.nonostante questa scelta obbligata, Coop ha ovviamente attivato tutti i meccanismi di controllo e verifica necessari a garantire la qualità che la linea vivi verde offre abitualmente ai consumatori. In particolare si è deciso di potenziare le analisi su ciascun arrivo di materia prima (con controlli che verificano la presenza di fitofarmaci, micotossine ed eventuali tracce di radioattività).

Prodotti Coop, italiani al 64% (e più)e quando non è così c'è una spiegazioneMa le garanzie di sicurezza e qualità restano le stesse

11gennaio 2014 coop informa

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zione completa e corretta. E per questo abbiamo lavorato per far sì che Coop sia, anche in questo, una casa trasparente. Ma essendo la materia complessa, non basta cer-to limitarsi a dire se il latte o una bistecca sono italiani o vengono dall’estero. Il problema è anche cercare di fare in modo che la gen-te capisca il perché. Coop da sem-pre privilegia, a parità di qualità e sostenibilità economica, i prodot-ti italiani. Il 64% dei nostri prodot-ti alimentari sono fatti con materie prime di origine italiana. Una per-centuale che sale considerevol-mente se si escludono prodotti (tipo caffè e cacao) per le quali la materia prima è obbligatoriamen-te estera perché non disponibile nel nostro paese. Ma l’informazio-ne che spesso manca a tante per-sone è che, comunque per tanti altri prodotti, che pure sarebbe possibile coltivare o produrre nel

nostro paese, non siamo autosuffi-cienti". Basti dire che in Italia pro-duciamo solo il 38% del grano te-nero di cui avremmo bisogno, col grano duro arriviamo al 65%, con le carni bovine siamo al 76%, e pure per il latte alimentare arrivia-mo ad appena il 44%. Ribaltando il punto di osservazione, le uniche filiere in cui siamo autosufficienti sono quelle del riso, del vino, della frutta fresca, del pomodoro e del pollo. Del resto dal 1970 ad oggi gli ettari di superficie coltivabile nel nostro paese si sono ridotti di 1/3, scendendo da 18 milioni a 13, mentre la popolazione, salita a 60 milioni, è cresciuta del 10%.Dunque dobbiamo importare per riuscire a soddisfare le esigenze (vedi l’intervista al professor Zup-piroli nelle pagine seguenti ndr) e questa è cosa che non tanti sanno anche se poi si scandalizzano quando vedono sulla confezione

un paese di provenienza diverso dall’Italia.Una delle altre sorprese che un di-scorso di trasparenza si porta die-tro, è quello di scoprire che anche prodotti Igp (Indicazione geogra-fica protetta), cioè parliamo delle eccellenze gastronomiche del pa-ese, pur se realizzati nel pieno ri-spetto di tutte le regole, sono fatti con materie prime non italiane. Un esempio evidente è la bresaola della Valtellina, il cui ingrediente è la fesa, un taglio di carne di manzo che è poco più del 2% dell’intero animale. Se la Valtellina offre un ambiente ottimo per la stagiona-tura e la lavorazione del prodotto, non ha però una quantità di be-stiame sufficiente a sostenere l’in-tera produzione (che è di 17 mila tonnellate all’anno di cui 11 mila di prodotti Igp). E così, anche i migliori prodotti Igp, possono avere materia prima non italiana.

ItaLIanItà, Un VaLore. MA L'AUTArChiA non hA sensoIn termini di approccio al problema della tutela dell’italianità dei prodotti, va comunque ricordato che questa tutela, in certa misura importante e condivisibile, non può diventare una bandiera ideologica e autarchica che pretende di cancellare o ignorare il costante scambio e la curiosità di provare soluzioni diverse che ha animato l’uomo nel corso dei secoli. Per questo è sempre bene ricordare che, cose che oggi difendiamo come simboli di italianità, sono in realtà arrivati in europa da altri continenti. Qualche esempio? se dall’america non fosse arrivato il pomodoro, la dieta mediterranea non sarebbe diventata quell’esempio di alimentazione buona e sana

che è. e se non fosse arrivato il mais un piatto secolare, che ha sfamato intere generazioni di contadini del nord, come la polenta non esisterebbe. Lo stesso dicasi per la patata, tubero cui tanto deve la nostra cucina e che è pure arrivato dal sud america alla fine del '500.Ribaltando il ragionamento, c’è anche da ricordare come, tanti prodotti che ora dall’Italia partono per l’estero perché apprezzati nel mondo, se anche altrove prevalesse una idea di autarchia e che bisogna “fare con quel che c’è in casa” se ne resterebbero qui con un evidente danno per una gran parte dell’agricoltura e dell’industria italiane.

Le uniche filiere autosufficienti in Italia sono quelle...

in tutte le altre filiere vengono usate del tutto o in parte materie primeimportate da altri paesi

del riso del vino della frutta frescadel pomodoro e suoi derivati

delle uova e del pollo

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Lo stesso dicasi per l’altrettanto celebre mortadella di Bologna, dato che i maiali da cui è ricavata può ben capitare siano col passa-porto tedesco od olandese. E, an-che qui, sempre parlando di una mortadella che risponde a tutti i requisiti dell’Igp.“È importante ribadire – spiega il direttore generale di Coop Italia, Maura Latini – che nel nostro lavoro su tutti i prodotti a marchio Coop noi partiamo sem-pre da alcune priorità che sono la garanzia del rispetto degli stan-dard di qualità e di scurezza, esi-genze che si incrociano con il po-ter proporre un prezzo equo e conveniente alle famiglie. Lavo-riamo su queste cose da anni, ab-

biamo l’85% dei nostri fornitori che è italiano, il 94% delle carni a marchio Coop è italiana, l’80% dell’ortofrutta. Abbiamo, per pri-mi, certificato origine e tracciabi-lità di diverse filiere, dagli oli alle conserve di pomodoro, dalle uova al latte. Sono sforzi impor-tanti che proseguono anche in una fase di crisi economica, per-ché siamo più che mai convinti che anche in un momento come questo, il percorso di garanzie sul-la qualità va tutelato e anzi deve fare ulteriori passi in avanti. E di questo percorso fa parte anche questo progetto sull’origine delle materie prime che oggi mettiamo a disposizione dei consumatori e delle famiglie”. ●

Dal 1970 ad oggi gli ettari coltivabili in Italia si sono ridotti di 1/3 passando da 18 a 13 milioni mentre la popolazione è salita a 60 milioni con un incremento del 10%

Prodotto per prodotto, ecco dove siamo autosufficienti e dove no

100%

Prodotti Consumo Produzione Importazioni interno su consumo interno in%

Formaggi duri 256 134% 25Vini spumanti 56 414% 11Vini DOP (ex VQPRD) 1.002 153% 61 Vini da tavola 1.511 197% 107Pasta 1.483 220% 44Frutta trasformata 508 193% 390Frutta fresca 5.427 128% 479Uva da tavola 886 149% 23Pomodoro trasformato 1.273 227% 213Riso 287 3 28% 97Uova 809 100% 33Carne di pollame 1.131 108% 74Agrumi 3.906 98% 361Patate 2.040 80% 565Mais 10.408 81% 2.074Orzo 1.702 56% 750Carni bovine 1.360 76% 445Frumento duro 5.766 65% 2.323Olio di oliva e sansa 786 74% 578Latte alimentare 6.025 44% 3.587Frumento tenero 7.557 38% 4.718Zucchero 1.711 24% 1.578Pesce lavorato 109 16% 124Pesce congelato 104 41% 92

La tabella indica, per ogni prodotto, se la capacità produttiva in Italia è superiore al consumo interno (che è posto pari a 100%). Le altre colonne (consumo interno e importazioni) esprimono quantità i migliaia di tonnellate (migliaia di ettolitri per il vino). Anche per i prodotti con produzione superiore al consumo esiste una importazione

13gennaio 2014 coop informa

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Se diciamo all’estero la parola Italia, cosa viene in men-te alla gran parte delle persone? La cultura. Forse declinata come musica lirica, o come architettu-ra rinascimentale, o forse roma-na. O anche verranno in mente le bellezze paesaggistiche, o for-se le eccellenze gastronomiche, o perché no, le belle piazze italiane. Raffaello, Michelangelo, Leonar-do. Gli Uffizi, Pompei e i Musei Vaticani. Il nostro patrimonio ar-tistico, in effetti, è enorme, smi-surato. Un record a livello plane-tario: l’Italia possiede 5 mila tra musei, monumenti e aree arche-ologiche, 12 mila biblioteche,

8.250 archivi storici, 49 siti di-chiarati patrimonio dell’umani-tà dall’Unesco. Eppure i fondi destinati alla valorizzazione del-le nostre risorse culturali, dimi-nuiscono di anno in anno. Con la cultura non si mangia, disse l’allo-ra ministro Tremonti, e visto che c’è la crisi, giù coi tagli: il bilancio del ministero dei beni e delle atti-vità culturali è passato dai 2,7 mi-liardi di euro del 2001 (lo 0,37% del bilancio totale dello Stato) a 1,5 miliardi previsti per il 2013 (lo 0,02% del bilancio dello Sta-to). I fondi italiani per il ministe-ro dei beni culturali sono un terzo di quelli francesi, pur possedendo

la culturaci rende ricchiecco perché non possiamo permetterci di tagliarla

I fondi destinati alla valorizzazione delle nostre risorse culturali diminuisconodi anno in anno. Calano le sponsorizzazioni di privati. Eppure investire sul nostro patrimonio artistico aumenterebbe i posti di lavoro e migliorerebbe le nostre vite. Senza pensare soltanto al turismo di massa...

dI sILVIa FabbRI

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“Apre una biblioteca è un’investimento in perdita o in attivo? Nell’immedia-to magari è una perdita di risorse. Ma ovviamente sappiamo tutti che non è così. Perché una biblioteca genera valori che non sono misurabili”. Parola di Mari-no Sinibaldi. La sua voce la

conosciamo bene, perché lui è il direttore di Rai Radio 3. Più che una radio un’istituzione cultu-rale, una comunità di ascoltatori che si aggre-ga intorno al racconto e al commento della vita culturale del paese.

direttore, come si possono misurare gli effetti positivi della cultura sulla società? e ha senso farlo?Sottovalutare gli effetti positivi a lungo termi-ne di investimenti ‘a perdere’ come quelli della cultura significa disconoscere ad esempio, il valore di un’invenzione. A cosa serve un’inven-zione, prima che serva a qualcosa? Nasce dallo sprecare tempo, o no? E in fondo, cosa è stato il nostro Rinascimento? Pensiamo a quanto an-cora dobbiamo al Rinascimento… Attraverso quel linguaggio il nostro paese ha dato identi-tà a se stesso. Insomma, quando parliamo della necessità di investire sulla cultura dovremmo essere capaci di non fare calcoli. Proprio perché sono impossibili da fare. La cultura non è solo un fatto economico, ma anche sociale di incal-colabile valore.

gli investimenti sulla cultura generano anche posti di lavoro, però…Certo, ma questo è scontato. Quello che un in-

vestimento sulla cultura genera, è qualcosa di molto diverso, ovvero genera nel tempo una società più avanzata. Come paese siamo a un bivio: o investiamo nella formazione, nell’istruzione, nella ricerca e nella cultura, che è la strada dei paesi più avanzati, oppu-re ci tagliamo il futuro. Senza considerare che aumenterà ancora il divario tra l’Italia e gli altri paesi che continuano a investire. Sempli-cemente finiremo all’angolo, e perderemo la nostra capacità di capire il mondo – oltre che i posti di lavoro. La cultura, infine, ci consente di risparmiare: prendiamo ad esempio un fat-to come la tragedia di Lampedusa. Al festival dell’Internazionale a Ferrara se ne è parlato tanto, erano quei giorni lì. Chi c’era ha potu-to rendersi conto che attraverso lo studio, le ricerche serie sui meccanismi di emigrazione e la storia di quei popoli, potremmo capire qualcosa di più di quel che accade e quindi intervenire senza buttare soldi dalla finestra. Invece oggi qualsiasi intervento nasce dalla lettura caricaturale del fenomeno fatto dal giornalismo e dalla politica. Così pagheremo prezzi sociali altissimi e rimarremo vittime dei nostri pregiudizi.

anche i consumi culturali calano… C’è un'Italia che vive per la cultura, va ai fe-stival, si fa le file e fa sacrifici… Ma c’è anche un'Italia che ha ridotto le proprie attese a tut-ti i livelli, anche quelli culturali. Guarda solo la tivù e si rinchiude nella propria dimensio-ne domestica, privata. La tendenza è questa, purtroppo, e non è solo una statistica. Ecco, dobbiamo cercare di non cadere nella tenta-zione di richiuderci nei nostri spazi, dobbia-mo cercare di non chinare la testa…

MaRInosInIbaLdI

“Quanto ci costerà l'ignoranza?"InTERVISTA AL DIRETTORE DI RAI RADIO 3 MARInO SInIBALDI

15gennaio 2014 coop informa

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la Vignetta Di elleKappa

la Francia meno della metà del nostro patrimonio (per numero di musei, archivi, siti archeologi-ci ecc). E ancora: tra il 2006 e il 2010, la spesa per la cultura dei Comuni è scesa dell’8%, quella delle Province del 13. In calo an-che le erogazioni liberali (-5%) e le sponsorizzazioni. Che sono di-minuite dell’8,2% nel 2012. Ma perché non siamo capaci di valorizzare questo patrimonio che ci rende unici al mondo? “Sia-mo ancora ancorati a una visio-ne antica, quella del capitalismo manifatturiero - spiega Miche-le Trimarchi, economista della cultura - per cui se una cosa non produce reddito non vale niente. Così siamo bloccati in un aut aut: o il nostro patrimonio culturale è fonte di spreco o si pretende che diventi fonte di reddito. Che è impossibile, se si vogliono creare posti di lavoro, meglio aprire un supermercato…”. Eppure l’indu-stria culturale italiana, oggi, fattu-ra 75 miliardi di euro, pari al 5,4% del valore aggiunto prodotto dal-la nostra economia. Gli occupati sono 1,39 milioni di persone - il

5,6% del totale, più della mecca-nica - le imprese più di 400mila. “Questa è la prova che con la cul-tura si mangia e che l’industria culturale crea un indotto enorme, penso anche ai vari festival che in giro per l’Italia producono tan-to successo – obietta Marino Si-nibaldi, direttore di Rai Radio 3 – ma gli alberghi pieni non sono l’unico vantaggio da registrare… La cultura ha una resa, diciamo così, che soltanto nel lungo perio-do possiamo misurare. La cultura crea certamente reddito, quando lo crea, ma non può essere misu-rata solo in questo senso: la cul-tura è fattore di identità e coesio-ne sociale, e proprio per questo, nel lungo periodo, contribuisce a rendere un paese più combatti-vo anche economicamente”. “C’è un preciso benessere materiale – conferma anche l’economista – che la cultura può produrre: la so-cializzazione tra le persone di una città, lo sviluppo del senso critico dei cittadini, la qualità della vita urbana. Un esempio? Si provi ad aprire un teatro: e si vedrà che l’a-rea attorno a quel teatro migliora.

Diventa anche più bella. Certo non produce miliardi. E non par-liamo poi di beni ancora più deli-cati che la cultura produce, come l’inclusione sociale, ad esempio”. E Carla Collicella, sociologa e vice direttrice del Censis, a pro-posito della presunta antiecono-micità della cultura aggiunge: “In ogni caso è uno spreco non ren-dere fruibile e non sviluppare la cultura di un paese. Se poi questo paese è l’Italia, lo è ancora di più. Da un punto di vista etico si con-traddicono i principi di rispet-to, uguaglianza, e giustizia. Dal punto di vista economico non si utilizzano le potenzialità che una buona politica culturale può pro-durre in termini di occupazione e di reddito”.Cosa significa investire sulla cul-tura? Non significa ovviamente solo tenere aperti un museo o un teatro, o non mandare in rovina un sito archeologico (tutti eventi purtroppo più che possibili oggi nel nostro paese). “E non si tratta neppure di cadere nell’equivoco che la cultura vada sostenuta solo per quello che possiamo ricavare

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dal turismo internazionale, che è un'idea antica da società tar-do-agricola. Nel senso che non possiamo dimenticare che i cen-tri storici italiani si sono svuotati anche per la congestione prodot-ta dal turismo internazionale. Se l’approccio alla cultura è questo non capiremo mai qual è il reale beneficio che la cultura può pro-durre alla società”. Invece il pa-norama sembra proprio questo, e sembra anche, dai numeri, che nei luoghi d’arte italiani girino so-prattutto turisti: il record dei vi-sitatori, in Italia, ce l’ha infatti il Colosseo: nel 2012 l’hanno visi-tato 5,2 milioni di persone. L’in-casso della biglietteria è stato di 37,4 milioni di euro. Segue Pom-pei, con 2,3 milioni di visitatori e che hanno portato 19,2 milioni. Terzo posto per gli Uffizi: 1,8 mi-lioni di visitatori, e 8,7 milioni di euro. Certo, ci sarà qualche italia-no, tra questi milioni di visitatori. Ma più che altro ci sono studen-ti e pensionati, visto che, dati al-la mano, in Italia paga il biglietto la metà di coloro che passano per le biglietterie dei musei italiani.

Non che un museo possa rifarsi delle proprie spese con i biglietti che incassa, anche perché se fos-se così, che fine farebbero i musei più piccoli, quelli che non hanno il nome e l’appeal internazionale degli Uffizi, ad esempio? “Anche per questo – prosegue Trimarchi – bisognerebbe cambiare le rego-le sui finanziamenti. Se dessimo semplicemente più fondi alla cul-tura con le regole attuali, sarebbe come dare la terapia sbagliata a un malato terminale. Non c’è dub-bio: lo Stato spende poco. Ma so-prattutto non sa spendere. E a proposito dei piccoli musei, che sono l’innervamento fondamen-tale della nostra identità cultura-le, perché i privati non possono finanziarli direttamente? Sarebbe uno straordinario fatto simboli-co, la creazione di un legame qua-si proprietario tra cittadino resi-dente e istituzione culturale”. Ma siamo poi sicuri che gli italiani – popolazione tra le meno istruite d’Europa – contribuiscano alla vita del museo della propria città, come accade negli Stati Uniti? Sa-rebbe una scommessa da fare…

Intanto però i consumi culturali calano. La spesa che i cittadini de-dicano alla cultura è scesa dagli oltre 72 miliardi del 2011 ai 68,9 del 2012. Sono crollati del 23% i biglietti dei concerti classici, del 6% il numero di coloro che visita-no mostre o musei, dell’8% quelli che vanno a teatro. E si rinuncia anche al cinema (-7%). “Eppure - conclude Trimarchi - qualche segno di inversione di tendenza c’è, bisognerebbe soltanto asse-condarlo. Perché tanta gente se-gue i festival culturali? Perché nei book shop dei musei nessuno o quasi compra stupidi gadget ma pubblicazioni specialistiche e ca-taloghi? Bisogna cominciare a produrre con protocolli nuovi e non convenzionali, restituendo la cultura alle comunità, rendendo musei e teatri aziende autonome responsabili delle proprie scelte progettuali e ricucendoli anche fi-sicamente al tessuto urbano delle città, come è successo ad esempio con l’Auditorium di Roma, i cui frequentatori hanno a disposizio-ne corse notturne dei bus fino a tarda notte…” . ●

1,4 milioni

le persone che lavorano in ambito culturale

5,6%la percentuale delle persone che lavorano in ambito culturale sul totale degli occupati

4,5 milioni

le persone che lavorano nell’indotto collegato alla cultura

(fonte: Eurostat e Unioncamere)

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Dal tonno

radioattivo fino ai complotti impossibili: così il web è diventato terra di conquista per

tanti divulgatori di false notizie spacciate per

verità rivelate

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Quand’erano “farlocche” o “taroccate” le notizie di questo genere per quanto fossero false e tendenziose potevano ancora far sorridere, se non altro per quei buffi aggettivi di origine gergale che sanno tanto di carta stampata e tv. Poi però le false notizie, dette anche “bufale”, sono entrate in In-ternet e qui, fuori da ogni control-lo, sono diventate pericolose, anzi pericolosissime. Nel web e sui social network le informazioni prive di fonda-mento, volutamente create e ri-lanciate, sono infatti libere di circolare e di produrre danni in misura superiore rispetto al

passato. Raggiungono una molte-plicità di persone impressionante e, soprattutto, un pubblico di “pre-venuti” o di “creduloni” che allun-gano la catena di Sant’Antonio con un semplice clic con effetti a cascata difficilmente controllabili. Per Paolo attivissimo, giorna-lista e cacciatore di bufale tra i più famosi, non è però del tutto così. “Va sfatato il mito che si abbocca a un appello solo perché si è in-genui o creduloni. Lo si fa solita-mente, invece, perché l'argomen-to specifico della bufala tocca un livello profondamente irraziona-le della nostra mente che scaval-ca ogni considerazione razionale.

dI CLaudIo sTRano

Capita spesso di vedere appelli palesemente assurdi che vengo-no inoltrati da persone che per il resto sono modelli di buon sen-so. È un processo irrazionale, e combatterlo con la razionalità ra-ramente funziona”.Gli anni passano, ma le leve emo-tive restano le stesse. Il caso più noto degli ultimi tempi è quello della possibile contaminazione del tonno pescato in una zona di mare vicina alla centrale di Fu-kushima. A parte la confusione tra le zone Fao 61 (quella di Fukushi-ma) e la 71 (una di quelle in cui si pesca il tonno), la bufala veicolata dai principali social media stava

bufalea SpaSSo

nella rete

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discovery Channel addirit-tura produce una trasmis-sione, “Miti da sfatare” e la Rai ha in Piero angela il suo nume tutelare. su Internet, il sito snopes contiene una delle maggiori collezioni di bufale e leggende metropo-litane, mentre in lingua ita-liana spicca il “servizio anti-bufala” di Paolo attivissimo

(www.attivissimo.net), il noto giornalista, scritto-re, blogger e conduttore della Radio svizzera. at-tivissimo dal 2002 ad oggi ha realizzato oltre 350 indagini antibufala catalogate sul suo blog "Il di-sinformatico". gli abbiamo chiesto cosa pensa del tonno radioattivo e di altre leggende sui prodotti alimentari. Paure dell'uomo o c'è dell'altro?Le bufale che persistono nel tempo anche a fron-te di smentite, sono quelle che suscitano un’emo-zione intensa, per esempio la paura, e toccano un argomento vicino a noi e delicato, come l’a-limentazione o la salute. Gioca un ruolo impor-tante anche il pregiudizio: nel caso del tonno radioattivo l’idea diffusa che il cibo industrializ-zato sia malsano e manipolato in modo sconsi-derato. A volte lo è, ma gli enti di controllo non stanno a dormire come insinuano questi pregiu-dizi. Non si tratta però soltanto di paura: c’è di mezzo anche un sentimento positivo come l’al-truismo, che spinge chi in buona fede abbocca alla falsa notizia a mettere in guardia gli amici. Proprio perché c’è di mezzo l’emozione, dobbia-mo sforzarci di essere razionali nell’esaminare gli allarmi che ci arrivano.Cosa dobbiamo fare, allora, davanti a una mail so-spetta? da dove partire?So che non è facile, ma dobbiamo essere cinici: la stragrande maggioranza degli allarmi è infon-data o perlomeno distorce gravemente i fatti. Se non abbiamo tempo di controllare, per esempio immettendo in Google le parole più significative dell’appello (nomi di persone o di luoghi, termini

inconsueti) seguite da “hoax” o “bufala” per ve-dere se qualcuno ha già indagato, è opportuno non diffondere nulla. So che molti pensano che “nel dubbio io inoltro a tutti, male non fa”, ma in realtà molti di questi appelli fanno male ec-come, per esempio generando angosce inutili e danneggiando i lavoratori che producono l’ali-mento o il prodotto citato.Che percentuali di successo hanno i cacciatori di bufale? e i normali navigatori del web?Se il successo è scoprire l'origine e la veridicità o meno di un appello, allora la percentuale è al-tissima: sono rari i casi irrisolti per i quali non si riesce a determinare perlomeno se l’appello dice il vero o no. Ma se il successo è far cessare la circolazione di una bufala, allora le cose cam-biano: è un risultato molto raro. Fra gli inter-nauti domina invece l’insuccesso in entrambi i sensi: purtroppo sono pochissimi coloro che si soffermano a valutare razionalmente gli appelli ricevuti, anche se ho notato un leggero miglio-ramento negli ultimi anni. Purtroppo anche la sensibilizzazione del pubblico da parte dei cac-ciatori di bufale riesce poco, anche per via dello spazio sproporzionato che viene concesso dai media a panzane e allarmismi. Perché il pensiero anti-scientifico ha tanta presa?Perché è facile e ci fa sentire parte di un gruppo. È molto più facile dire “le cose chimiche fanno male” che rendersi conto che tutto, in natura, è chimica (e che la stricnina o il botulino sono na-turali ma uccidono lo stesso); è molto più facile dire di no a tutto ciò che è nuovo invece di chie-dersi quali novità sono positive e quali aspetti consolidati della nostra vita sono in realtà dan-nosi. Viviamo in un’era totalmente tecnologi-ca, eppure spesso le persone si vantano di non avere alcuna competenza nelle materie scienti-fiche. Il pensiero anti-scientifico mette al riparo dalla meravigliosa complessità dell’esistenza e riduce tutto a bianco e nero, buono e cattivo, “chimico” e “naturale”, amico o nemico. Fonda-mentalmente, l’anti-scienza è pigrizia.

“Ecco come stanarle e diventareun po’ giornalisti e un po’ detective”PAOLO ATTIVISSIMO: "RARI I CASI IRRISOLTI, MA I MEDIA DAnnO TROPPO SPAZIO A PAnZAnE E ALLARMISMI"

PaoLo aTTIVIssIMogiornalista e cacciatore di bufale

19gennaio 2014 coop informa

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IL FILOSOFO PIEVAnI: "InTERnET nOn VA D'ACCORDO COn IL METODO SCIEnTIFICO"

Tra i fondatori del festival della filosofia di genova e direttore fino allo scorso anno di quello di Roma, Tel-mo Pievani insegna filoso-fia delle scienze biologiche all'università di Padova. Professore, c'è un clima di sospetto che circonda la scienza. non crede? Anche nell’Ottocento, ai tempi dell’“Origine delle

specie” di Darwin, molti degli scienziati che partecipavano al dibattito frequentavano an-che sedute spiritiche. Storicamente voglio dire il confine tra scienza e anti-scienza è sempre stato permeabile. Il problema è che Internet è un mez-zo difficilmente conciliabile con il modo di pro-cedere scientifico. Il quale poggia su un pilastro fondamentale: il consenso di una comunità che analizza i dati accompagnandoli con argomen-tazioni, che controlla le fonti, si confronta e infi-ne pubblica i risultati che a quel punto sono ve-rificati, condivisi e dotati di un sufficiente grado di autorevolezza. Non c’è spazio insomma per l'opinionismo. Il web nella sua grandissima li-bertà e anarchia rende, invece, difficile la cernita delle fonti e si presta, piuttosto, alla semplicità e al fascino degli incantatori e delle loro bufale. Internet è sicuramente un mezzo straordinario, democratico, ma anche molto insidioso. La peri-colosità di dietrologi e complottisti, come hanno dimostrato gli psicologi cognitivi, risulta pari all'appeal che essi sanno esercitare su di noi.Tutto oggi viene sempre messo in discussione. È il negazionismo lo spirito dei nostri tempi?Noi parliano tecnicamente di un negazionismo climatico, che afferma ciò che è palesamente non vero, e cioè che il riscaldamento terrestre non abbia origini antropiche; e di un negazionismo della teoria darwiniana, che viene osteggiata soprattutto dai gruppi religiosi fondamentalisti americani. Anche in questo secondo caso si tenta di negare partendo da una base religiosa ciò che

da un secolo e mezzo, con i dovuti ritocchi, è ac-certato: la teoria dell’evoluzione dell'uomo. C'è dietro forse anche un problema di credibilità e di legittimità della comunità scientifica?Se si riferisce all’Italia, sicuramente sì. Il proble-ma è molto serio. Diversi colleghi sottolineano l’aspetto culturale e cioè l’analfabetismo scien-tifico che contraddistingue il nostro paese. Que-sto è vero, ma io preferisco essere autocritico e ricordo che in altri paesi, tra cui il Regno Unito e gli Usa, funzionano istituzioni autonome ricono-sciute da tutti per autorevolezza e indipendenza. Le loro comunicazioni scientifiche hanno un for-te carattere di terzietà e su quelle il cittadino si forma un’opinione. In Italia, al contrario, non so-no mai esistite e il risultato qual è? Un dibattito continuo e alimentato dalla stampa tra opposti schieramenti di scienziati, che produce infine confusione e disorientamento.Come nel caso stamina, tra favorevoli e contrari alla sperimentazione con cellule staminali.Su Stamina però dobbiamo distinguere. Da un lato è vero che esistono protocolli medici da ri-spettare per non ingenerare nei pazienti false e pericolose illusioni. Dall'altro è altrettanto vero che occorre una giusta sensibilità, perché è un diritto assoluto anche quello di una persona di scegliersi una propria cura, specie davanti a malattie che sono al limite della sopportazione umana e al dolore delle famiglie.Lei pensa che si possa usare la rete in modo più corretto e meno corrotto? o dovremo abituarci all'imperversare di guru e ciarlatani?Non c’è dubbio che la modernità richieda una comunicazione scientifica più chiara ed efficace. Non funziona la vecchia formula del professore in camice bianco che si rivolge al grande pubbli-co. Serve capacità di semplificazione, ma senza banalizzare. Una grande novità, in tutti i bandi internazionali, è che ormai viene richiesto sem-pre un piano divulgativo dei progetti presentati e c'è un altro fatto che fa ben sperare: in Italia sta crescendo una nuova leva di giovani ricercatori che sono anche degli abili comunicatori.

TeLMo PIeVanI filosofo della scienza all'Università di padova

Essere scienziati di questi tempi

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Cosa la distingue dalla truffaLa bufala indica una falsa notizia creata volutamente per ingannare un vasto pubblico. si distingue dalla truffa per la mancanza di profitto a scapito delle vittime

bufalasecondo il Vocabolario della Crusca, il termine deriva dall'espressione "menare per il naso come una bufala", ovvero portare a spasso l'interlocutore trascinandolo come si fa con i buoi e i bufali, per l'anello attaccato al naso

innescando un ingiustificato e ge-nerale allarme, sennonché, a diffe-renza di altre, è stata prontamente stoppata dai principali siti che si occupano di sicurezza alimentare e informazione ai consumatori: da “Ecoblog” a “Il fatto alimenta-re”, da “Altroconsumo” a “Io leggo l’etichetta”, costringendo comun-que grandi catene distributive co-me Coop a smentite ufficiali. “Il tonno radioattivo è solo l’ulti-ma delle tante bufale che affollano la rete”, dice sconsolato Claudio Mazzini, che per Coop Italia ha approfondito l’argomento. Secon-do alcuni sondaggi addirittura il 50% delle notizie che circolano su Internet sarebbero inaccurate o del tutto false. Ma è una quantifi-cazione anch’essa azzardata, pro-babilmente eccessiva.

dal latte ribollito alle armi biologicheNel frattempo è fiorita una lettera-tura scientifica per studiare un fe-nomeno che è in continua crescita. “Ricordo tra le bufale informati-che più famose – continua Maz-zini – il grano contaminato della Barilla, il latte ribollito tante volte quante il numero riportato sul fon-do del brik, l’inesistente lista di ad-ditivi cancerogeni del centro An-titumori di Aviano, un noto falso che gira da circa dieci anni”. Una caratteristica del web è pro-prio questa, che si innesca un mec-canismo perverso per cui la bu-fala una volta creata si ripresenta a distanza di anni, incancellabile.

“Essendo la rete bulimica, è vero che la notizia viene dimenticata in un giorno, ma a differenza di un quotidiano, non servirà ad in-cartarci i fiori: ritornerà”. Questo anche per il fatto che a differenza di un quotidiano non c'è un filtro giornalistico a monte (sebbene i giornali collezionino anch’essi clamorose bufale e so-prattutto le amplifichino colpe-volmente) e quasi sempre manca una conoscenza diretta dei fatti o una verifica o uno straccio di pro-va, quando, con sufficienza, si po-stano o si reindirizzano presunte verità a una comunità di “amici” che, in quanto tale, è già predispo-sta ad accettarle e condividerle. Così si diffondono credenze co-me quella che l’epidemia scatena-ta dal virus A/H1N1 sia un’arma biologica, che sui campi di grano ci sia la prova del passaggio degli extraterrestri, che l’uomo non sia mai giunto sulla luna, che la terra sia cava e abitata al suo interno, che le scie lasciate in cielo dagli aerei siano chimiche. Su su fino a complotti e cospirazioni impossi-bili, tra cui spicca il virus dell’Aids “inventato” per arricchire le multi-nazionali del farmaco (ma sull’11 settembre o sull’assassinio dei Kennedy ce n’è a bizzeffe) per ar-rivare alla madre di tutte le paure e ossessioni umane: dare un no-me e un volto alla misteriosa cu-pola (politica o fantascientifica) che governerebbe il mondo.“Per scoprire una presunta veri-tà nascosta intorno al crollo delle

torri gemelle – ricorda Paolo Atti-vissimo, che su www.attivissimo.net offre un servizio anti-bufale – nel 2005 si costituì un sedicen-te ‘Movimento per la verità’ di cui facevano parte, tra gli altri, Beppe Grillo e Giulietto Chiesa in com-pagnia di un gruppetto di filosofi, teologi, registi, europarlamentari e altri personaggi che in comune avevano una cosa sola: non c'era tra di loro nessun esperto di setto-re informato dei fatti. Vorrà pur di-re qualcosa questo?”.Sindrome del Messia, metodo d'indagine antiscientifico, indi-sponibiltà al confronto tecnico: sono questi i principali ingredienti che condiscono molte delle pan-zane spacciate per verità. “Dal punto di vista psicologico – ag-giunge Attivissimo – in chi sente il dovere di porsi agli altri come salvatore del mondo l’autostima cresce enormemente”. È super-fluo aggiungere che chi invece av-valora e diffonde dicerie, appelli o metodi di cura alternativi non confermati (sulle terapie antican-cro o sull’uso delle staminali ad esempio) pensa che esista una cat-tiva scienza “ufficiale”, omologata e dominata dagli interessi perso-nali o di parte.

Cacciatori di bufale informaticheIl fenomeno presenta moltepli-ci sfaccettature. A volte dietro le bufale ci sono interessi economi-ci, per esempio in chi abusa dei siti dove chiunque può registrarsi

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21gennaio 2014 coop informa

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Perché gli uomini prestano tanto volentieri fede alle bufale? È una domanda non solo lecita, ma finanche doverosa in un paese in cui milioni di persone affidano i propri destini a maghi e cartomanti. Gli italiani sono infatti più creduloni di altri e hanno, in aggiunta, una propensione innata a immaginare complotti più o meno sotterranei che spiegherebbero bene alcuni fatti e fenomeni. Siamo noi a credere che la madonnina di Civi-tavecchia lacrimi sangue, e poco importa che questo sia umano e maschile; siamo noi a credere che Padre Pio avesse le stimmate, quando risultano ricette di acquisto di acidi adatti a crearle artificialmente; e siamo sempre noi a credere che nella famosa ampolla del Duomo di Napoli ci sia davvero il sangue del vescovo Januario, morto secoli fa, e che esso divenga liquido o resti solido alla bisogna (e non che lo stesso effetto possa essere creato ad arte sfruttando il fenomeno della tissotropia). Ma questi sono fenomeni del passato, si dirà. Oggi effettivamente le potenzialità della rete mondiale hanno allargato il campo e sono molti, anche dotati di buona istruzione, a credere a fenomeni improbabili: basti pensare alle famigerate scie chimiche, un fenomeno del tutto naturale di condensazione in determinate condizioni di tempera-tura e umidità atmosferiche, che viene spacciato per un supercomplotto mondiale. Oppure, e qui il fenomeno diventa mondiale, a ritenere che l’uo-mo non sia mai allunato sul nostro satellite e che si tratti solo di propagan-da statunitense: poco conta che ci siano alcune migliaia di kg di rocce e polveri lunari e milioni di dati impossibili da ottenere se non in sito. I sostenitori di queste tesi bislacche, prive di qualsiasi appoggio numerico e scientifico sono peraltro aggressivi e ritengono di essere gli unici deposi-tari di verità misconosciute. Spesso si appoggiano a sconosciuti professori di oscuri istituti universitari che mai hanno pubblicato su riviste scientifi-che internazionali, ma in genere sono il prodotto di un‘ignoranza dei feno-meni naturali e fisici che a raccontarla si fa difetto. Non solo però. Nel caso del terremoto dell’Emilia Romagna abbiamo letto dibattiti in cui si sosteneva che il fenomeno fosse dovuto a una non meglio precisata tecnica di fratturazione indotta che, effettivamente, esiste (si chiama fracking e serve a ottenere migliori risultati di emungimento) ma che in quella regione non era stata ancora usata. Si è data la colpa perfino all’immagazzinamento nel sottosuolo di gas in serbatoi che non ne avevano visto nemmeno una molecola. Ecco, in questi casi non è una mancanza ma un eccesso di informazioni incontrollate, supposte, chissà perché, democrati-che e libere, che si autoalimenta nel web e porta a effetti ridicoli, se non impegnassero magari anche politici e amministratori nella paura di rima-nere indietro rispetto alle masse contro informate.

Tante bufale,ma di successo

anche più volte per promuove-re alberghi, località, prodotti. Al-tre volte c'è la mano pesante delle lobby. È il caso di chi nega il cam-biamento climatico dovuto all’ef-fetto serra facendo da sponda ai petrolieri. La cosa si ripete da an-ni ritardando ogni decisione, al punto che gli scienziati che lavo-rano ai rapporti dell’Ipcc (Inter-governmental Panel on Climate Change), avendo capito che biso-gna contrastare con forza le bufa-le eco-scettiche, nel 2010 hanno formato una “squadra speciale” (Climate Science Rapid Respon-se Team) che demolisce in tempo reale le affermazioni fuorvianti. Chiunque, compresi i giornalisti, può scrivere ai ricercatori clima-tici (climaterapidresponse.org) che nel giro di poco forniscono la risposta corretta. Questi e al-tri cacciatori di bufale offrono un servizio di debunking (sma-scheramento) prezioso e di questi tempi pure rischioso. È indicativo quel che è successo recentemen-te a una giornalista della Stampa, bersagliata da mail di minacce e insulti per aver scritto che quella delle scie “chimiche” degli aerei è una vecchia e infondata leggenda metropolitana, non un piano di sterminio di massa. Nessun “ba-vaglio” all’informazione, bastava una verifica sui siti giusti.Come difendersi, allora, dal-le frottole? Imparando ad essere consumatori critici anche della rete: accorti e non troppo emoti-vi. Diversamente, “uno dei punti di maggior forza del web – chio-sa Mazzini –, l’accessibilità e la disponibilità di informazioni, ri-schia di farci diventare strumenti inconsapevoli di disinformazio-ne, perché tendiamo a prendere per oro colato tutto ciò che leggia-mo o intercettiamo, soprattutto sui social network, dove chi ti gira una notizia è spesso anche un co-noscente”. E a un amico, reale o fit-tizio, come si fa a non credere?...

di Mario Tozziprimo ricercatore Cnr - igage conduttore televisivo

un pianeta da difendere

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23gennaio 2014 coop informa

Due straordinari cantanti, dalla formazione differente (Norah Jones e Billie Joe Armstrong), si sono incontrati per registrare un album dedicato al classico degli Everly Brothers, "Songs Our Daddu Tought Us", reinterpretando la tradizione del country con meravigliosi intrecci vocali. Una collaborazione tra due grandi personalità del pop che hanno trovato, nel fascino per un patrimonio popolare senza il quale il rock non sarebbe esistito, un terreno comune di scambio artistico. Il disco, registrato con lo spirito di una jam session, è la rilettura dell’album che gli Everly Brothers pubblicarono nel 1958, con canzoni come "Long Time Gone" e "Down in The Willow Garden".

Billie Joe ArmsTrong e norAh JonesForeverly - WarnerIl nostro giudizio: R R R R Se ti piace ascolta: Everly Brothers, Neil Young

Due grandi voci per (ri)scoprire il country

i tropici di nicola ConteLe raccolte curate da Nicola Conte, uno dei maggiori conoscitori di jazz mondiale (oltre a essere un dj e un musicista), ci

fanno riscoprire capolavori dimenticati della musica afro americana e delle sue diverse derivazioni. In questo disco ci sono gioielli creati nel Brasile degli anni 60, tra bossa, samba e jazz. Alle radici del tropicalismo.

AuTori vAriNicola Conte presents Viagem 5 - Far outil nostro giudizio: R R R R se ti piace ascolta: Gilles Peterson, Caetano Veloso

Avitabile si raccontaQuesto doppio cd raccoglie la colonna sonora del film documentario omonimo girato dal regista americano Jonathan

Demme (suo "Il silenzio degli innocenti"), sul lavoro del musicista napoletano Enzo Avitabile. Folk, blues, soul, un viaggio tra la sua terra e l’America, in compagnia di artisti come Eliades Ochoa e Mario Brunello.

enzo AviTABileMusic life - CNIil nostro giudizio: R R Rse ti piace ascolta: James Brown, Pino Daniele

riecco gli stormy sixUn atteso ritorno dopo 31 anni, quello degli Stormy Six, for-mazione celebre della scena rock

italiana degli anni 70, tra canzone d’autore, folk e citazioni dalla musica colta. Il loro nuovo lavoro, registrato in compagnia di Moni Ovadia, è dedicato alla rivolta del ghetto di Varsavia nel 1943. Nel dvd allegato c’è una nuova versione della loro canzone più impor-tante, "Dante Di Nanni".

sTormy six-moni ovADiABenvenuti nel ghetto - BTFil nostro giudizio: R R R Rse ti piace ascolta: Area, Perigeo

musica da sentire...

... da trovare sul Web

R da dimenticare - RR sufficiente - RRR buono - RRRR ottimo - RRRRR capolavoro

Il mondo delle app musicali si arricchisce ogni giorno di proposte di ogni genere, pensate per facilitare, ancora di più, il nostro rapporto con la musica e la capacità di fruirla.Tra le tante offerte scaricabili gratuitamente, c’è n'è una che è diventata un caso, ed è tra le più utilizzate dagli appassionati.

Si tratta di una app creata da una società italiana, www.musixmatch.com, pensata per fare di ogni smartphone un karaoke portatile. Tutto è nato dalla considerazione di quanto sia diffuso

l’amore per la canzone, non solo da ascoltare, ma da cantare, sognando di essere sul palco al fianco delle star del pop.

L’applicazione "entra" nel catalogo dei brani che abbiamo nel nostro supporto, si collega alla casa editrice dei testi della canzone che abbiamo scelto, rendendoli immediatamente disponibili.Tutto questo in maniera legale, grazie ad un accordo con le varie società che tutelano i diritti dei testi e che ne concedono l’utilizzo. Il criterio è lo stesso che rende possibile il funzionamento di un sito di successo del quale abbiamo già parlato, Spotify, che invece permette l’ascolto in streaming di tantissima musica, gratuitamente, accettando la pubblicità o con un abbonamento mensile.

a cura di Pierfrancesco Pacoda

Con una app il tuo smartphone diventa un karaoke

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dI CLaudIo sTRano

grande successo nell'home fitness, come nel traffico cittadino,per le due ruote che si richiudono. Le X-bike si mettono in camera e terminato l'esercizio fisico spariscono dietro l'armadio

lo spazio c'è sempre!Per la cyclette pieghevole

Sono le biciclette pieghe-voli il fenomeno del momento. Come sulle strade, così nell'home fitness. Se nel tragitto casa-lavoro le due ruote richiudibili aiutano a non morire di traffico, in casa – dove sempre più persone si rinta-nano per via della crisi, tagliando magari le spese per la palestra ma senza rinunciare a una buona for-ma fisica – le "cyclette" pieghevoli risolvono i problemi di spazio. Le chiamano X-bike per la loro forma a ics che, una volta piegate (agendo sul perno centrale) si tra-sforma in una "I". E piacciono so-prattutto ai più giovani. In Coop nell'ultimo biennio le vendite si sono quintuplicate. Se le cyclette (davanti a tapis roulant, panche, ellittiche, manubri, stepper, ecc.) si confermano le regine del fitness domestico, le bici compatte ne so-no l'espressione più snella e alline-ata ai tempi che sono quelli del fai da te e della sobrietà.Dalla loro hanno un prezzo con-tenuto ma soprattutto il fatto che, ad esercizio fisico ultimato, si possono facilmente archiviare appiattite come assi da stiro, evi-tando che da attrezzi sportivi le

bici da camera a risposo si trasfor-mino in... attaccapanni.Indicate per un allenamento ae-robico, le X-bike presentano ca-ratteristiche di fluidità della pe-dalata assimilabili a quelle di una ciclocamera tradizionale leggera, cioè con massa volanica (volano + pedaliera) compresa tra i 2 e gli 8 chili. Stiamo parlando ovviamen-te di cyclette a frenata (o resisten-za) magnetica, cioè a spinta, non delle sorelle maggiori, le elettro-magnetiche, dotate di computer di bordo e programmi di allena-mento, adatte a un utilizzo semi o professionale.Particolarmente comoda e gradita nella fase della terza età (ma non solo) è la ciclocamera pieghevo-le in versione recumbent, ovve-ro orizzontale, con lo schienale e la sella più ampia e morbida: un modello adatto a chi soffre di pro-blemi lombari perché facilita una corretta postura della schiena e lo scarico dello sforzo. Di una cyclette, che sia orizzonta-le o verticale, va valutata attenta-mente la solidità, specie quando non si è più giovanissimi, e consi-derato lo spazio lasciato libero dal

www.cooponline.it

I prodotti ora sono anche sul websul portale www.cooponline.it che amplia, integra e qualifica la gamma presente nei negozi Coop, il cliente può trovare questi e tanti altri prodotti, acquistarli e decidere se riceverli a casa o ritirarli in negozio.

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Le ManI sUL portafogLI

Cyclette- cyclette tradizionale: a partire da 90 euro in promozione- X-bike: a partire dai 100 euro in promozione - fit-bike: a partire dai 200 euro in promozione- mini-bike: intorno ai 50 euro in promozione

tapis roulant- a partire da 130 euro in promozione il tappeto magnetico- intorno ai 300 euro il tappeto elettrico con motore meno potente (400 euro se con l'inclinazione), dai 500 in su più potente

I prezzi sono indicativi e soggetti alle variazioni del mercato

ABBIGLIAMEnTO SPORTIVO

Il trionfo della felpa e del "tempo libero"La marca resiste solo sulle scarpe

manubrio per la salita e la discesa. Tradizionale, recumbent, pieghe-vole ma c'è anche la mini bike: sotto quest'ultima denominazio-ne si cela un attrezzo molto soft, una pedaliera elettrica che si usa sfruttandone l'inerzia stando co-modamente seduti o sdraiati sul divano davanti alla televisione.Ben più impegnativa e costosa è la fit-bike, o spin-bike, ovvero la cyclette per fare lo spinning, con-sigliata solo agli sportivi abituati a compiere allenamenti anaero-bici intensi (la tendenza fitness di quest'anno è proprio questa, bruciare molte calorie attraverso l"Interval training ad alta inten-sità", l'Hiit). La fit-bike è dotata di un telaio molto più robusto con varie opzioni. Simula in tutto e per tutto la pedalata in strada con più livelli di difficoltà dei percorsi e di regolazione dell'opposizione allo sforzo muscolare. Se poi per migliorare la propria forma fisica serve qualcosa di di-verso, ad esempio una pedalata in-versa, occorre una cyclette del tipo non one way, ma two ways bearing (rapporto avanti e indietro), con un volano più piccolo. ●

Con l'aria che tira, da qualche tempo a questa parte è sfumato anche il confine tra abbigliamento sportivo e abbigliamento per il tempo libero. addio alla marca che è rimasta solo ai piedi, un must limitato alle calzature dove tutti, indipendentemente dall'età e dall'appartenenza sociale, per una strana alchimia non sono disposti a rinunciare a indossare un paio di adidas, di nike, di Reebok o altre firme prestigiose. Per il resto – come confermano in Coop Italia – la ripresa del running, del jogging e di altre attività fisiche anche di palestra, coincide con un calo vistoso dell'abbigliamento di marca a favore di indumenti più anonimi, di fascia medio-bassa. È il trionfo delle felpe declinate in tanti modi, dalle tute (qui l'acetato è quasi scomparso), alle maglie con o senza cappuccio, fino ai pantaloncini. I capi sportswear escono così dagli armadi sia per praticare il proprio sport preferito, sia per il normale tempo libero. In proposito è utile sapere che non tutte le felpe sono uguali. Le felpe, nate per fare ginnastica, sono particolari tessuti di lana, cotone o seta dal pelo morbido su una faccia. Qualità a parte, ne esistono di garzate (brushed), fatte cioè con cotone spazzolato realizzato con filati molto resistenti e ruvidi e con una funzione parasudore – più grosse e indicate per le stagioni fredde – e felpe non garzate (unbrushed), più leggere e adatte alle mezze stagioni. Chi oggi frequenta le palestre è vestito in genere così: sopra si presenta con un capo del "tempo libero" (felpa), sotto con un "simil-tecnico" (aderente, elasticizzato) che mette volutamente in risalto gambe, fianchi o pettorali a seconda dei fisici e delle attività sportive. I tessuti sintetici dunque (spesso poliestere accoppiato con lycra) hanno finito per prevalere nel sotto-tuta in omaggio al culto del bel fisico da esibire. occhio però sempre alla funzionalità. I pantaloncini per la cyclette, per fare un esempio, devono avere adeguati rinforzi interni per ammortizzare i colpi ed essere quanto meno di materiale traspirante.

25gennaio 2014 coop informa

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d I a n n a s o M e n zI

si arricchisce la linea cosmetica vivi verde Coop sempre all'insegna della delicatezza e di ingredienti provenienti da agricoltura biologica: non solo creme, ma anche shampoo, gel doccia e deodoranti

Gli italiani hanno ridotto gli appuntamen-ti da estetisti e parrucchieri, ma non rinunciano al-la cura del corpo e ai prodotti di bellezza. È quanto emerge dal Quarto Beauty Report presentato da Unipro, l'associazione delle imprese cosmetiche italiane, e realizzato da Ermeneia – Studi & Strategie di Sistema, e presentato lo scorso giugno. Tra il 30 e il 40% degli intervistati sostiene che la crisi non ha cambiato sostanzialmente il consu-mo di prodotti cosmetici.Infatti i cosmetici vivi verde Coop piac-ciono e chi li usa non li abbandona più, e non solo, attraverso il numero verde di Co-op e diversi blog molte sono state le richie-ste di altri prodotti con gli stessi ingredien-ti, la stessa attenzione nelle formule e nelle

preparazioni. Così la linea dedicata alla cura quo-tidiana delle donne, già ricca di prodotti per la pu-

lizia e la cura del viso e del corpo com-presa una crema dedicata alle mani, si arricchisce ulteriormente di prodotti specifici.Una nuova Crema contorno occhi, ri-vitalizzante protettiva ideale come tratta-mento quotidiano per pelli mature. Con la formula che la caratterizza, contenente un avanzato complesso multiprotettivo ricco di olio d’oliva, estratti di rosa alpina e stella alpina, svolge un’intensa azione antiossi-dante, idratante e protettiva.La presenza di Beta-glucano aiuta a con-trastare i danni ossidativi causati dalle radiazioni UV responsabili del precoce

Per la pelleprodotti naturali

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Piatti pronti surgelati a base di soiaPer chi segue una dieta vegetariana o anche solo cerca una alternativa alla carne tre proposte vivi verde: ragù, hamburger e polpettine, tutti a base di soia e quindi vegetali. sono surgelati, ma dopo pochi minuti in padella si possono gustare. gli ingredienti sono da agricoltura biologica. Le polpettine sono accompagnate da verdure grigliare, al naturale.

olio extraverginefior fiore non filtratoColore verde intenso con riflessi dorati, profumo delle olive appena frante, sapore equilibrato con retrogusto leggermente amaro e piccante: sono le caratteristiche di questo olio estratto a freddo da olive italiane tipiche come la Coratina, ogliarola, nocellara e frantoio. particolarmente adatto a pietanze crude, legumi, bruschette e carni rosse.

Pop cornInfili il sacchetto nel microonde e in pochi minuti una cascata di soffici pop corn è pronta, calda e croccante. appena cotti sono fantastici, tutto è pronto in un attimo, film, poltrona, birra e pop corn, tranquilli in casa vostra. Provateli invece dei crostini con il minestrone, lo faranno diventare simpatico anche ai bambini.

invecchiamento cutaneo. Ormai in autunno, con le temperature che cambia-no, il sole più debole e l'aria più frizzante, un po' di cura e attenzione al nostro viso male non ci farà.La crema è oftalmologicamente testata, e priva di profumazione.Non releghiamo i trattamenti per il corpo solo alla preparazione dell'estate, la nostra pelle gradirà anche ora dopo la doccia un buon massaggio con il Bur-ro corpo vellutante protettivo vivi verde Coop. È l'altra novità della linea cosmetica vivi verde Coop: un concentrato di principi attivi, dall'olio di noci di Macadamia all'estratto di Aloe vera e al Burro di Ka-ritè, in questa crema che si assorbe facilmente e lascia la pelle morbida. Particolarmente indicata per le pelli secche e delicate.Come tutta la linea cosmetica vivi verde Coop, an-che questi prodotti contengono principi vegetali provenienti da agricoltura biologica e non utilizza-no oli minerali, le creme vivi verde Coop sono poi senza parabeni (conservanti chimici), senza silico-ni. Sono senza coloranti, senza polimeri sintetici, come peg (glicole polietilenico) o altri.Non di sole creme la nostra pelle ha bisogno, ma se-guendo le stesse linee guida sei nuovi prodotti sem-pre vivi verde completano la gamma: shampoo de-licato, gel doccia delicato, sapone liquido delicato, detergente intimo delicato, deodorante delicato roll-on e deodorante delicato vaporizzatore. Uno dei principi attivi principali, presente in tutti i prodotti della linea, è l’Aloe vera, ricca in polisaccari-di e antiossidanti, vitamine e sali minerali, che confe-riscono alla pelle elevata idratazione ed elasticità, ol-tre a offrire proprietà lenitive e rinfrescanti.

Novità

27gennaio 2014 coop informa

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Delizie modenesidi stagione

Ecco il menu dello chef Luca Marchini, che propone tre piatti semplici ma di grande qualità: dal risotto al lambrusco, mele e noci, al coniglio con miele e zucca sino ai fegatelli di pollo e finferli

di Helmut Failoniun menu contro la crisi

Territorio e stagione. Sono le due parole chiave per "leggere" le proposte di un menu contro la crisi di un grande chef. Luca Marchini è toscano di nascita, ma vive e lavora a Modena, dove ha aperto un suo ristorante, che viene considerato uno dei grandi ristoranti del nostro Nord. Premiato da una stella Michelin, Marchini fa una cucina, all’interno della quale tecnica e ricerca si coniugano a perfezione con qualità della materia prima e rispetto del pensiero – chiamiamolo – tradizionale. Ma per i lettori ha scelto tre piatti di facile esecuzione, ma che comunque siano fortemente ancorati ai due concetti suddetti di territorio e stagionalità. Entriamo allora nello specifico. Come spesso capita nelle cucine moderne, la suddivisione classica fra antipasto, primo, secondo e dolce perdono di importanza. Per

questo i tre piatti che propone Marchini sono intercambiabili fra di loro, in quanto a successione a tavola.

Il primoRisotto al Lambrusco di Sorbara, mela, nociingredienti per 4 persone:320 gr di riso Carnaroli, una mela golden, mezza cipolla, mezzo litro di Sorbara, sale, parmigiano reggiano, olio di oliva extravergine, brodo vegetale, nociProcedimentoTagliare e rosolare la cipolla con l’olio. Aggiungere il riso e tostarlo. Sfumare con il Lambrusco e aggiungere la mela tagliata a cubetti grossolani. Continuare la cottura con il vino e appena termina con il brodo vegetale. Nel frattempo salare e mantecare con il parmigiano reggiano. Aggiustare di sale e versare il risotto sui piatti cospargendolo di noci leggermente tostate in forno a 180 °C.

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se si raccolgono ottimi broccoli anche a po-chi chilometri dalle montagne innevate, nel pieno inverno trentino, lo si deve alla vicinanza del lago di garda e al Pelèr, vento proveniente del nord-est, che crea un microclima ideale negli orti di Torbole e lin-fano, sulla sponda trentina: un lieve innalzamento della temperatura sufficiente a evitare la formazione di brina, che è deleteria per l’infiorescenza dei broc-coli (detti in dialetto la brocola). All’interno della variegata famiglia dei cavoli-broccoli, il broccolo di Torbole (Brassica oleracea Botrytis) costituisce una specie a sé in quanto col tempo ha perso alcune ca-ratteristiche comuni e ne ha acquisite di nuove, mi-gliorando e ingentilendo il suo sapore. ha un’infiorescenza a corimbo simile ad una palla, di colore giallognolo. se lasciata crescere, la pianta, che si sviluppa fino all’altezza di quasi un metro, si riempie di fiori gialli. i semi, di un colore rosso scuro, vengono messi a coltura verso la fine di giugno e pro-tetti dall’eccessiva insolazione con stuoie, frequen-temente bagnate. le piantine sono pronte al trapian-to dopo un mese, quando hanno 5 o 6 foglie, e la loro messa a dimora in pieno campo viene eseguita anco-ra in modo manuale. il broccolo cresce rapidamente e senza cure particolari. la brocola è piccola, media-mente 4/5 etti, ma bisogna considerare che anche le foglie più interne sono eduli. gli agricoltori ne rac-colgono ogni anno appena 30 mila esemplari. il se-me viene tramandato nelle famiglie degli ortolani: tutti hanno sempre coltivato questo broccolo che ora è oggetto di studio anche da parte dei tecnici dell’i-stituto Agrario di san michele all’Adige.negli anni scorsi è nato un comitato del Broccolo di Torbole di cui fanno parte cittadini, produttori e ri-storatori locali. il broccolo è entrato quindi nell’of-ferta gastronomica locale e viene interpretato in diverse ricette, tradizionali oppure innovative: si consuma lesso o crudo, a tocchetti, come accompa-gnamento alla carne salada, o al pesce di lago con-servato sotto sale, oppure come condimento per la pasta; con le foglie si fanno gnocchi e zuppe. un’ot-tima occasione per gustarlo è la manifestazione an-nuale che si svolge a Torbole a metà dicembre. responsabili del Presidio: marco rosà tel. 0464 505592, [email protected]; sergio valentini tel. 348-4020857, [email protected].

il broccolodi Torbole

Il secondo/1Coniglio al miele e zucca ingredienti per 4 persone:4 cosce di coniglio, miele millefiori, sale, olio di oliva extravergine, un pezzo di zucca, due scalogni, aglioProcedimentoRosolare gli scalogni tagliati in due e successivamente il coniglio già marinato con olio e aglio. Aggiungere un cucchiaino di miele, lasciar leggermente caramellare e unire poco brodo vegetale, salare e coprire e cuocere a fuoco basso per 15/17 minuti circa. Nel frattempo cuocere la zucca in forno a 170 °C per un paio di ore. Al termine aggiustare di sale il coniglio, aggiungere nel piatto la polpa della zucca e servire.

Il secondo/2Fegatelli di pollo e finferliingredienti per 4 persone:400 gr di fegatelli di pollo puliti e spurgati, 300 gr di finferli puliti e sbollentati per 30 secondi in acqua bollente, aglio, prezzemolo, poco vino bianco, sale, pepe, olio di oliva extravergine

ProcedimentoRosolare i fegatelli di pollo con olio, aggiungere il vino bianco, salare e a fuoco spento pepare e spolverare con prezzemolo tritato. Adagiare sul piatto. Rosolare con olio l’aglio e quando caldo saltare i finferli, finché non si asciuga la loro acqua di vegetazione. Salare e pepare. Adagiarli sopra ai fegatelli.

ristorante erba del re modena, via Castel maraldo, 45 Tel. 059/218188Chef: luca marchini

Il primoRisotto al Lambrusco di Sorbara, mela, noci (costo: 1,85 euro a persona)

Il secondo/1Coniglio al miele e zucca (costo: 3,50 euro a persona) Il secondo/2Fegatelli di pollo e finferli (costo: 2,35 euro a persona)

Un menu contro la crisi

29gennaio 2014 coop informa

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Sette isole dalla eterna primavera, a sole quattro ore di volo dalle principali città italiane. Sono le Canarie, situate nell'Oceano Atlantico al largo dell'Africa nord-occidentale e anticamente conosciute anche come le Isole Fortunate. Qui le temperature medie si aggirano, tutto l'anno, intorno ai 22 gradi, la costa offre al visitatore 1.500 km di spiagge e il turista è accolto a braccia aperte, trovando ad attenderlo un patrimonio naturalistico di grande pregio e hotel di ogni categoria, appartamenti, case rurali o eleganti Paradores. Tenerife è l'isola più grande dell'arcipelago, dominata dal monte più alto di tutta la Spagna: il vulcano Teide la cui cima raggiunge i 3.718 metri. Oltre alle

CinQue moTiviPer venire Qui1) il Festival di musica delle Canarie, che si svolge a Tenerife tra gennaio e febbraio, è uno dei più importanti d'europa.2) il cielo di la Palma è uno dei più limpidi e meno soggetti all'inquinamento luminoso del mondo. 3) l' unesCo considera il microclima di mogán, in gran Canaria, come il migliore del mondo. 4) il mare che circonda el hierro è particolarmente adatto al diving e alla fotografia subacquea grazie alla trasparenza delle acque. 5) i Carnevali di santa Cruz de Tenerife e las Palmas de gran Canaria sono tra i più famosi al mondo, paragonabili a quelli di venezia e rio.

sue oltre cento spiagge di sabbia dorata o nera e roccia, l'isola conta due siti dichiarati Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco: il Parco Nazionale del Teide situato nel centro di Tenerife e il paese di San Cristóbal de La Laguna, con il suo splendido centro storico non fortificato. L'isola vanta altre 43 aree naturali protette, una ventina di musei, un bel giardino delle orchidee, una decina di parchi divertimento per la famiglia e offre ristoranti per tutte le tasche oltre a una vivace vita notturna. L'isola vulcanica di Gran Canaria è caratterizzata da un'accentuata varietà dei paesaggi, tanto da essere stata ribattezzata come “un continente in miniatura”. Il 43% del suo territorio è un'area naturale protetta e l'Unesco l'ha dichiarata

di Giuseppe Ortolano

un clima dolce e accogliente, montagne oltre i 3 mila metri, un mare con spiagge splendide e potenti onde adatte al windsurf: ecco un arcipelago da non perdere

Canarie, le isole fortunate

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Le altre isole

Riserva Mondiale della Biosfera. Belle le spiagge di sabbia fine e dorata, come Maspalomas con le sue spettacolari dune e Playa del Inglés, mentre chi ama la tranquillità può partire per un trekking lungo uno dei “caminos reales” che attraversano l'entroterra e rappresentano parte del patrimonio storico-culturale dell’isola. La città di Las Palmas de Gran Canaria è la più grande dell'arcipelago e offre al visitatore un bel centro storico con diversi musei. Tra questi la Casa di Colombo, che qui alloggiò, e il Museo Canario, per immergersi nelle usanze delle antiche popolazioni dell’isola. Fuerteventura, l'isola più antica dell'arcipelago, si trova a soli cento chilometri dalla costa africana ed è apprezzata per

l'ambiente naturale selvaggio, le imponenti dune di Corralejo e le spiagge paradisiache di sabbia bianca bagnate da acque color turchese. Particolarmente frequentata dagli amanti degli sport nautici, e in particolare del windsurf, l'isola è il luogo ideale per chi desidera una vacanza tutta mare, sole, vento e natura. Nella zona vecchia di Betancuria, in un edificio dalla tipica architettura tradizionale, si visita un interessante museo dedicato agli antichi abitanti dell'isola, che vedevano nella montagna di Tindaya il loro luogo sacro. L'isola vulcanica di Lanzarote, la più orientale dell'arcipelago, oltre alle ventose spiagge caratterizzate da un mare spesso mosso, particolarmente amato da chi pratica surf e windsurf, offre

un insolito paesaggio agricolo. Qui i contadini si sono garantiti la sopravvivenza alleandosi con una natura apparentemente sterile, inventando un peculiare sistema di coltivazione che permette di far crescere le colture sotto il manto nero della lava vulcanica. Lanzarote è stata dichiarata uno dei modelli universali di sviluppo sostenibile dall’Organizzazione Mondiale del Turismo, grazie soprattutto all'impegno dell'artista César Manrique, che lavorò per aprire l'isola a un turismo rispettoso del fragile ecosistema. Assolutamente da vedere il Giardino dei Cactus, il Centro di Arte e Cultura e Teguise, l'antica capitale oggi trasformata in città-museo con tanto di Museo della Pirateria ospitato nel castello.

Chi cerca una vacanza tutta natura e tranquillità può scegliere le tre isole minori dell'arcipelago delle Canarie, ugualmente accoglienti ma decisamente meno turistiche. El Hierro è la più piccola, ha il 60% del territorio protetto, acque cristalline, impressionanti scogliere e prossimamente diventerà la prima isola al mondo alimentata solo da energie rinnovabili. A La Palma, chiamata anche Isla Bonita per i suoi paesaggi, i fitti boschi attraversati da sentieri,le accoglienti spiagge e le suggestioni creati dalle antiche colate laviche, si ammira la Caldera de Taburiente, uno dei più grandi crateri del mondo ai piedi del quale crescono splendidi esemplari di pino canario, una specie vegetale esclusiva delle Isole Canarie. La Gomera,dove fece scalo Cristoforo Colombo nel suo viaggio verso le Americhe, è un paradiso naturalistico con Il Parco Nazionale di Garajonay, dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco.

Le Canarie sono apprezzate per gli inverni gradevoli, con temperature che oscillano tra 15 e 22 gradi, i cieli chiari e tersi e le scarse precipitazioni. Il mare è un po' freddino essendo oceano, ma gran parte delle strutture turistiche è dotata di piscina. L'arcipelago è raggiungibile dalle principali città italiane con voli di linea e low cost. Anche in questo caso Viaggiare da soci COOP conviene! Le agenzie viaggio Robintur (www.robintur.it), Planetario Viaggi (www.planetarioviaggi.it) e Viaggia con Noi(www.viaggiaconnoi.it) propongono soggiorni a Tenerife e Fuerteventura a prezzi ancora in corso di definizionema che dovrebbero partire da 620 euro a persona, volo incluso. Per maggiori informazioni sulle Canarie e sulle possibilità di alloggio e per scaricare opuscoli dedicati alla meta consultare il sito dell'Ufficio Spagnolo del Turismo www.spain.info e quello specifico di www.turismodecanarias.com.

di Giuseppe Ortolano

Canarie, le isole fortunate

Info utili per il viaggio

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