ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

28
Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013 { 1 }

description

Le proposte delle studentesse e degli studenti medi ed universitari per un sistema formativo pubblico, finanziato e di qualità, per uscire dalla crisi con più diritti per tutte e tutti.

Transcript of ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Page 1: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

{ 1 }

Page 2: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

{ 2 }

Page 3: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

{ Indice }La passata legislatura: piaz-ze piene e Parlamento sordo4Dipinto di una generazione a

aaaa55 Un giovane su tre5 Precarietà6 Abbandono scolastico ed universitario

I saperi oggiaaaaaaaa7

7 Le riforme dell'istruzione nell'era Berlusconi8 L'istruzione nell'Unione Europea

Liberare i saperi per liberare le persone10

10 Accesso all'istruzione12 Finanziamenti all'istruzione14 Cosa studiamo e spendibilità del titolo di stu-dio18 Democrazia e governance21 Scuole e università ecocompatibili

Proposte contro la precarietà esistenziale22

22 Reddito per i soggetti in formazione22 Accesso ai saperi23 Diritto all'abitare23 Diritto alla mobilità24 Socialità ed aggregazione

Fermare l'austerità, liberare i saperi per liberare le persone26

10 proposte per i primi 100 giorni di Governo 27

{ 3 }

Page 4: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

{ La passata legislatura

piazze piene e Parlamento sordo }La legislatura che si sta chiudendo ha visto nascere, crescere e attenuarsi un ciclo di movimenti compo-sto da diverse mobilitazioni di opposizione sociale alle politiche dei due Governi che si sono succeduti.Solo pochi mesi dopo l’elezione di Silvio Berlusconi nel 2008 centinaia di migliaia di studenti e studen-tesse invadevano le strade d’Italia con la più grande ondata di occupazioni nelle scuole e università degli ultimi venti anni. Il governo di centro-destra aveva dato il via all’atto finale del processo di privatizza-zione dell’università e delle scuole, con un taglio complessivo di 11 miliardi di € sul comparto istruzio-ne. Mentre tutto il mondo scolastico e universitario si riversava nelle piazze nel primo grande percorso di opposizione sociale alle politiche berlusconiane, il Parlamento restava sordo alle istanze del Paese.La stessa dinamica si è prodotta quando noi, stu-denti e studentesse, abbiamo retto tre mesi di mobi-litazione continua nell’autunno del 2010, contra-stando la Riforma Gelmini e le politiche che preca-rizzavano le nostre vite. Nonostante le manifestazio-ni oceaniche - culminate con 200.000 persone in piazza il 14 Dicembre in una città blindata e 50.000 studenti scesi nelle strade delle periferie della Capi-tale il 22 Dicembre - nonostante l’incontro avvenuto con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolita-no, nonostante il crescente consenso con cui le no-stre istanze venivano accolte nella popolazione Ita-liana, il Parlamento non ha recepito nessuna modifi-ca al Testo di Legge 240.

Crediamo che la democrazia non sia solo la possibi-lità di eleggere coloro che compongono le istituzio-ni, ma che sia anche una pratica continua di ascolto dei cittadini e dei movimenti. Spesso abbiamo de-nunciato la compravendita di parlamentari per sor-reggere la debole maggioranza, ma la barbarie ber-lusconiana non è stata solo questo: è stato anche l’unanimismo parlamentare nell’avallare le politiche governative, lo schiacciamento del potere legislativo su quello esecutivo, la totale assenza di ascolto del-le istanze provenienti dalla società, attorno alle qua-li i movimenti hanno creato e raccolto partecipazio-ne e hanno prodotto i più vasti avanzamenti in cam-po sociale ed economico nella storia italiana.

L’esperienza del Governo Monti non ha portato mi-glioramenti da questo punto di vista e si è caratte-rizzata da un uso strumentale dei giovani per sor-reggere ideologicamente le proprie politiche di au-sterità, politiche di attacco al welfare e ai diritti del lavoro che riteniamo essere nettamente ostili al fu-turo delle giovani generazioni, e per un approccio

fortemente paternalistico nei confronti dei giovani, degli studenti e in generale di chiunque tentasse di criticare l’operato del Governo. Con le centinaia di migliaia di studenti e studentes-se delle scuole superiori scesi in piazza lo scorso au-tunno, il movimento studentesco è riuscito a supe-rare l’antiberlusconismo come collante delle mobili-tazioni, partecipando ad un movimento di portata continentale contro le misure imposte dalla Troika nei diversi paesi denominati PIIGS, dimostrando una maturità nelle proposte e nell’elaborazione che rite-niamo un valore aggiunto alla politica Italiana. Aver scelto di lasciare queste proposte inascoltate, di averle spesso sminuite, dimostra l’impoverimento della politica italiana.

Il movimento studentesco non è rimasto chiuso nel-le scuole e nelle università, ma ha saputo partecipa-re e unirsi ad altri movimenti (quello dei lavoratori e delle lavoratrici, quello per la difesa dei beni comu-ni, quello delle donne, etc.).

O la politica sarà capace di recepire le elaborazioni e le proposte dei movimenti sociali come un terreno di confronto e arricchimento o avrà perso la sua fun-zione di mediazione tra interessi, schiacciandosi nella partigianeria delle politiche neoliberiste e mancherà la funzione della politica come collettore delle istanze sociali e traduzione delle stesse in pro-posta politica.

{ 4 }

Page 5: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

{ Dipinto di una generazione }Un giovane su tre

A novembre la disoccupazione giovanile, costante-mente in crescita negli ultimi anni, è giunta a quota 37,1%, il dato più alto negli ultimi vent'anni, pari al 10,6% della popolazione totale tra i 19 e i 24 anni.

Negli ultimi anni è apparso evidente lo scoppio della cosiddetta “bolla formativa”. Guardando infatti i dati sui giovani e le giovani tra i 25 e i 29 anni si nota chiaramente come la disoccupazione sia più alta tra i laureati (16%) che tra i diplomati (12,6%), nonostante nel nostro paese il numero di laureati sia inferiore alla media europea. Nonostante i tentativi da parte dell’università di inseguire ed adeguarsi alle presunte esigenze del mercato del lavoro, il tes-suto produttivo italiano continua ad essere basato, per ragioni strutturali che nessun Governo ha mai provato ad affrontare, sullo sfruttamento della ma-nodopera a basso costo, invece che sull’innovazio-ne, soprattutto in questa fase di crisi.

Dai dati emerge anche il persistere di forti disugua-glianze territoriali (al Sud e nelle periferie del Nord quasi un giovane su due è senza lavoro) e di gene-re. L'Italia infatti è uno dei pochi Paesi europei a mantenere a livello giovanile un consistente divario tra uomini e donne, come dimostra la differenza di 9 punti percentuali tra il numero dei laureati occupati e quello delle laureate occupate.

Ai disoccupati e alle disoccupate si devono poi som-mare 2 milioni di neet (in maggioranza donne), ov-vero di giovani che non sono inseriti né nei percorsi formativi né sono in cerca di lavoro. Essi rappresen-tano il 25% degli italiani tra i 15 e i 29 anni, una del-le quote più alte d'Europa (la media europea è del 15,8%). Si tratta di un fenomeno che in Italia non è stato ancora a sufficienza analizzato e che finora sembra lontano dall'agenda politica e dal dibattito pubblico.

Se si guarda invece la serie storica dei dati e i con-fronti con gli altri Paesi europei si può notare come l’aumento della disoccupazione e il fenomeno dei neet siano strettamente legati alla crisi e come i nu-meri italiani siano estremamente simili a quelli degli altri Paesi sottoposti in questi anni alle misure di au-sterity europee: Grecia, Spagna e Portogallo.Di fronte all’emergenza di una generazione che non vede un futuro in questo Paese le risposte degli ulti-mi due Governi sono state scarse e per lo più impre-gnate di una retorica parternalista, che spesso bolla i giovani e le giovani italiani come choosy e bam-boccioni non in grado di affrontare il duro mondo

che si trovano davanti. Chiunque si voglia assumere un ruolo di governo deve prendere coscienza di que-sta situazione e darsi come obiettivo centrale quello di ridare un futuro ai giovani e alle giovani in questo Paese.

Precarietà

Mentre quasi la metà dei giovani non lavora, l'altra è inserita nel mercato del lavoro con forme contrat-tuali precarie. Se non lavori sei precario, se non sei precario, non lavori. Scarse, soprattutto per le don-ne, sono le probabilità di una stabilizzazione e quin-di scarsa è anche la possibilità reale di costruzione di un futuro. Contratti a ore, a chiamata, forme che si mettono al pari del lavoro nero legalizzato.Precario non è solo il tipo di contratto, la tempistica e la durata di questo. Abbiamo vissuto anni dove ci siamo trovati di fronte ad un attacco senza prece-denti ai diritti e alle possibilità della nostra genera-zione. L’attacco all’istruzione, al lavoro e ai diritti è un attacco che è rivolto direttamente contro di noi. La nostra precarietà si presenta sotto un triplice aspetto: come condizione, come prospettiva, come minaccia. Come studentesse e studenti paghiamo politiche di mercificazione e privatizzazione di scuo-le e università e allo stesso tempo siamo anche un frammento di quella generazione precaria costretta a scontare i costi di questa crisi. Le politiche che li-mitano l’accesso ai saperi fanno di questo limite la misura dell’inclusione o dell’esclusione sociale. Il ri-catto che il mondo del lavoro pone all'ingresso, con una miriade di contratti precari, è il terrore principa-le della nostra generazione: l'eliminazione di queste forme contrattuali rappresenta il primo intervento politi-co necessario per uscire dalla precarietà.

Precarietà significa anche non avere forme di tutele e prospettive di futuro. Questa è la condizione degli studenti lavoratori e dei giovani che si immettono in un mercato del lavoro che richiede conoscenze e competenze sempre in aggiornamento e allo stesso tempo impone condizioni precarie, creando un eser-cito di riserva.

La precarietà diventa la regola, la realtà da scontare tutti i giorni. La precarietà è esistenziale. E’ una con-dizione che unisce lavoratrici, studenti part-time, ex - lavoratori che rientrano nel ciclo continuo della for-mazione per reagire all'espulsione dal mercato o per migliorare la propria condizione, apprendisti che passeranno la loro vita in officina, dottorandi che fanno il lavoro dei docenti, ricercatrici precarie sen-za diritto alla maternità, neolaureati che non riusci-ranno per anni a fare ciò per cui hanno studiato .

{ 5 }

Page 6: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

Abbandono scolastico ed universitario

I provvedimenti nei confronti dell’istruzione e della ricerca scientifica assunti dai governi negli ultimi anni prefigurano un'espulsione di massa da scuole e università. Il processo di privatizzazione che ha in-vestito i luoghi della formazione, fino a pochi anni fa accessibili a tutte e tutti almeno nelle intenzioni, ha reso l’accesso ai saperi sempre meno inclusivo e sempre più elitario.

Il tasso di abbandono scolastico, secondo i dati ISTAT, è passato dal 15,4% del 2010 al 18,8% del 2012 con una disuguaglianza ancora forte tra Nord e Sud Italia. Non a caso i picchi di dispersione si ve-rificano in Sicilia (22,6%) e Campania (22,3%), due Regioni caratterizzate anche dal fortissimo potere della criminalità organizzata. A tutto ciò è importan-te aggiungere la possibilità din entrare nel mondo del lavoro già all’età di 15 anni attraverso l’appren-distato.

Per quanto riguarda l'università, secondo l’ultimo rapporto del Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario, il numero degli iscritti al-l’anno accademico 2011-12 è stato inferiore al 60% dei neodiplomati, il valore più basso degli ultimi 30 anni, mentre il tasso di abbandono universitario tra il primo e il secondo anno, secondo i dati del MIUR, è del 18,4%, con picchi superiori al 30% nei corsi di scienze applicate e giurisprudenza.

Il quadro che si può delineare da questi dati è quello di una generazione che, nella crisi economica, non può più appellarsi al sapere come diritto e come strumento di emancipazione dalla condizione socio-culturale di provenienza. Mentre i percorsi formativi subiscono processi di depauperamento e privatizza-zione, in nome di un'uscita dalla crisi sempre più lontana, la società perde il suo principale strumento di crescita collettiva, di innovazione, di sviluppo cul-turale, scientifico, umano ed economico.

{ 6 }

Page 7: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

{ I saperi oggi }Le riforme dell'istruzione nell'era Berlusconi

Gli ultimi 20 anni sono stati caratterizzati da un len-to processo di privatizzazione dei saperi. Scuole e università si sono viste anno dopo anno ridurre i fi-nanziamenti pubblici in nome di un'autonomia che le ha costrette sempre di più a richiedere finanzia-menti privati.Invece di un'autonomia sui programmi e sulle scel-te, si è portata avanti un’autonomia economica che troppo spesso è diventata dipendenza da soggetti esterni. Tutto ciò ha di fatto sminuito il ruolo degli insegnanti, svilito il ruolo sociale dell'istruzione pub-blica e demolito le fondamenta del nostro sistema d'istruzione.Oggi le nostre proposte vanno in direzione opposta e sono completamente alternative alle ricette di pri-vatizzazione dei saperi e di irrigidimento delle istitu-zioni universitarie e scolastiche portate avanti dagli ultimi governi e in particolare dai governi Berlusco-ni.

La riforma "epocale" della scuola firmata dal Mini-stro Gelmini ha rappresentato in pieno l'idea delle destre in materia di scuola pubblica: una mera spe-sa di cui liberarsi. La maxi opera di razionalizzazione non ha avuto alcun indirizzo didattico e pedagogico, ma sono stati solo tagli e riduzione della spesa. Ab-biamo assistito alla cancellazione di decine di corsi sperimentali e diminuzione delle ore scolastiche. Il taglio al quadro orario nella scuola superiore ha in-vestito soprattutto gli istituti tecnici e professionali, colpendo in particolar modo le ore laboratoriali. Questo ha dimostrato come le destre siano rimaste profondamente legate ad un'impostazione "gentiliana" in cui la scuola superiore vive un dualismo forte tra li-cei ed istituti tecnico-professionali, che costituisco-no rispettivamente la scuola per il futuro ceto diri-gente e quella per una massa indistinta di manodo-pera a cui vengono strutturalmente negati strumen-ti di lettura complessa della realtà. L'accanimento nei confronti dell'istruzione tecnico-professionale porta ad una svalutazione delle competenze prati-che e quindi del lavoro.

Abbiamo visto in questi anni al fallimento dell'auto-nomia scolastica, determinato dall'assenza struttu-rale di risorse per la realizzazione delle attività auto-nome delle scuole, mortificando i progetti didattici degli insegnanti, le attività autogestite dagli studen-ti, impedendo alle scuole di essere presidio di legali-tà e cittadinanza attiva nel territorio attraverso l'a-pertura pomeridiana ed il coinvolgimento della so-cietà. Non solo, i tagli hanno inciso profondamente anche nel funzionamento ordinario delle scuole,

oggi in grave difficoltà anche di fronte alle spese amministrative ordinarie.

Sul fronte dei diritti degli studenti e delle studentes-se e della democrazia interna si sono compiuti pe-santi passi indietro. Norme come la reintroduzione del voto in condotta ed il limite delle cinquanta as-senze annuali non sono state solamente un mezzo per allontanare dai percorsi formativi studenti a ri-schio dispersione, ma vere e proprie formule di re-pressione del dissenso nei confronti degli studenti che protestano o si mobilitano. L'assolvimento del-l'obbligo scolastico attraverso l'apprendistato a 15 anni è infine un’espulsione sostanziale dai percorsi formativi di tantissimi studenti che si trovano in dif-ficoltà a studiare.

E' necessario ripensare la scuola in un progetto didatti-co-pedagogico complesso, ristrutturando cicli scolastici e posticipando la canalizzazione scolastica in modo tale da rendere la scuola un'istituzione inclusiva ed accogliente, in grado di valorizzare gli individui e livellare verso l'alto le capacità di tutti e tutte, accompagnando lo studente in un percorso di consapevolezza e coscienza delle proprie scelte.

Anche l’Università pubblica non è stata risparmiata dagli interventi degli ultimi governi nè dai tagli al fi-nanziamento ordinario. A partire dagli anni ‘90 gli atenei hanno visto cre-scere i loro fondi in base all'aumento del numero di matricole e di corsi disponibili, senza tuttavia rag-giungere mai i livelli di investimento di altri paesi europei. Questo processo che mirava, con molti limi-ti, ad aumentare l'accesso all'università e a raggiun-gere gli obiettivi europei per numero di immatricola-ti e di laureati è stato bruscamente interrotto dalla legge 133/2008 che ha portato ad un taglio di 1,5 miliardi distribuiti su 5 anni per effetto dei quali il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) è passato dai 7,5 miliardi del 2009 ai 6,5 previsti per il 2013.

A fronte di questi tagli le università hanno dovuto, in forme diverse, ricorrere ad altri tipi di finanziamen-to. Nella maggior parte dei casi si è trattato di finan-ziamenti di natura privata, provenienti da fondazioni bancarie o da consorzi territoriali di natura azienda-le, che hanno diminuito l'autonomia degli Atenei nelle loro scelte. Anche il ricorso ai privati non si è rivelato sufficiente, come dimostra la dichiarazione della Conferenza dei Rettori (CRUI) secondo la quale oltre 30 atenei non riescono a sostenere le spese or-dinarie (utenze e stipendi) e rischiano il default.

L’altra risposta degli atenei ai tagli è stato l'aumeN-to della tassazione studentesca: il gettito derivante dai corsi di laurea triennale, magistrale e a ciclo uni-co è passato in pochi anni da 1.232.351.262 a 1.515.670.155 €, portando l’Italia ad essere il terzo paese in Europa per tassazione studentesca, prima

{ 7 }

Page 8: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

di Francia, Germania, Spagna. In questo quadro si colloca poi l’azione del Ministro Profumo che ha in parte eliminato il limite del 20% del rapporto tra FFO e contribuzione studentesca, che impediva agli atenei di prelevare una cifra eccessiva dagli studen-ti. La norma introdotta da Profumo esclude infatti i fuoricorso (40% del totale) dal computo di questo li-mite, permette agli Atenei di aumentare loro le tas-se e di sanare la situazione di molti atenei che negli anni hanno iniziato a sforare il limite del 20%, senza essere mai sanzionati per questo.

A ciò si sommano i tagli effettuati da molte regioni e il taglio al Fondo per il Diritto allo Studio nazionale che, nonostante l’aumento delle tasse regionali per il diritto allo studio, ha prodotto una diminuzione delle borse e dei servizi erogati. Un’università sempre più cara ma che offre sempr meno agli studenti e alle studentesse, l'eliminazione dei sistema di welfare locale e nazionale, il peggio-ramento delle condizioni economiche di molte fami-glie a causa della crisi sono tutte cause che concor-rono a determinare un aumento degli abbandoni e una diminuzione delle immatricolazioni, che sono scese del 15% in otto anni (2004-2011).

Contemporaneamente la 133/2008 e la 1/2009 han-no bloccato il turnover, causando l'espulsione di ol-tre 50.000 giovani precari e precarie dalle nostre università e la diminuzione del numero dei docenti italiani, portando il nostro paese ad essere all’ultimo posto in Europa per il rapporto docenti/studenti, che comunque in Italia non è mai stato pari a quello di tanti altri paesi europei. A questa situazione si aggiunge il Decreto Ministe-riale 17 che ha imposto requisiti minimi di docenti per l'apertura dei corsi di laurea, motivo per il quale ad oggi oltre il 60% dell'offerta formativa è a nume-ro chiuso.

La legge Gelmini (240/10) ha, invece, riorganizzato completamente la governance interna degli atenei, diminuendo gli spazi di rappresentanza studente-sca, aumentando i poteri dei Rettori e dei Consigli di Amministrazione, nei quali devono avere tra i loro componenti persone esterne alle università, apren-do la possibilità ai privati di incidere direttamente sulle scelte in materia di didattica e ricerca. Inoltre la stessa legge ha ulteriormente precarizzato il si-stema della ricerca, sostituendo il ricercatore a tem-po indeterminato con una figura a tempo determi-nato, senza porre alcuna limitazione al proliferare delle figure precarie (assegnisti, contrattisti, cultori della materia, ecc...) che ormai costituiscono una parte consistente di coloro che si occupano di ricer-ca e didattica negli atenei italiani.

Ricapitolando, le ultime riforme dell'Università assomi-liano più a delle controriforme, basandosi su alcuni as-sunti sbagliati troppo spesso ripetuti sui giornali da esponenti politici, opinionisti e ministri: il fatto che

in Italia avremmo troppi studenti, troppi immatrico-lati, che le tasse universitarie siano troppo basse, etc... Il risultato di queste controriforme è chiaro: la sostanziale privatizzazione dell'università, un pro-cesso ancora in itinere che ha l'obiettivo di diminui-re il ruolo del pubblico, di dividere le università in atenei privati di serie A e pubblici di serie B destina-ti a scomparire o più probabilmente a diventare grandi parcheggi per studenti e studentesse.

L’istruzione nell’Unione Europea

Il prossimo governo non potrà costruire le proprie politiche sull’istruzione in un’ottica slegata dalle in-dicazioni provenienti dalle istituzioni europee. Per questo riteniamo che le forze politiche italiane deb-bano interrogarsi su come incidere sull’elaborazione delle politiche europee in materia di istruzione.

Riteniamo rischiosa la china intrapresa dall’Europa nell’ultimo anno nelle politiche di austerità imposte ai paesi cosiddetti PIGS. La scelta dell’UE di schiac-ciarsi sulle politiche neoliberiste rappresenta l’aper-tura di una fase fortemente recessiva i cui costi sa-ranno pagati dalle fasce più deboli della popolazio-ne, mentre le diseguaglianze continueranno ad au-mentare.

L’istruzione non è un ambito strettamente di com-petenza dell’UE, ma non si può negare l’importanza che le discussioni in sede europea hanno avuto sullo sviluppo delle politiche nazionali, a partire dal Pro-cesso di Bologna e dalla Strategia di Lisbona. Si trat-ta di indicazioni ambivalenti: da un lato ci sono gli obiettivi uniformi - quasi mai rispettati dall’Italia - di riduzione dell’abbandono scolastico e aumento del numero di laureati, dall’altro un’idea di istruzione le-gata a doppio filo con il mondo dell’imprenditoria, in cui tutto il ciclo formativo deve svolgersi in un’ottica professionalizzante e al servizio del mercato, piutto-sto che dare spazio ad una formazione a tutto ton-do. Questa impostazione, che si rispecchia poi nelle varie riforme attuate dai governi nazionali, dimostra di non essere lungimirante: la parcellizzazione del sapere contrasta con un mercato sempre più preca-rio, in cui è più semplice sostituire un lavoratore o una lavoratrice piuttosto che favorire la sua forma-zione continua. Crediamo invece che il sistema for-mativo dovrebbe fornire saperi di cittadinanza e ren-dere gli studenti e le studentesse capaci di imparare lungo tutto l’arco della vita.

Crediamo che i nostri parlamentari dovrebbero svol-gere verso l’’Unione Europea un’attività di pressione che permetta di uniformare verso l’alto i sistemi del diritto allo studio nazionali, rivedere le norme sul numero chiuso, mettere in discussione il Processo di Bologna. Inoltre gli Stati dell’UE dovrebbero aprire una vasta discussione sui sistemi di welfare studen-

{ 8 }

Page 9: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

tesco, puntando ad “uniformarli verso l’alto” intro-ducendo forme di reddito di formazione.

Fino ad oggi l’UE ha svolto un ruolo di primo piano nell’incentivare mobilità europea studentesca e gio-vanile. Programmi come Lifelong Learning Program-me (che include Erasmus, Comenius, Grundvit e Leonardo) e lo Youth in Action sono una risorsa im-portante che offre a molti e molte giovani l’opportu-nità di fare esperienze riconosciute all’estero. Tutta-via la scarsità delle borse e dei rimborsi e il ritardo con cui spesso vengono erogati impedisce a molti di accedere a questi progetti. Per questo sarebbe ne-cessario aumentare le risorse per le borse integrati-ve, come quelle che molte regioni danno ai borsisti che vanno in Erasmus, e ampliare gli stanziamenti a livello europeo e nazionale a favore di questi pro-grammi.

Pensiamo che i Governi Europei, specialmente quelli che si affacciano sul bacino del Mar Mediterraneo, debbano impegnarsi e lavorare per mettere in piedi politiche di sostegno ai redditi, di riforma del welfare in senso universalistico e di investimento sull’istru-zione, l’innovazione e la ricerca. Il caso Greco già di-mostra il fallimento delle politiche di austerità come risposta alla crisi: Gli investimenti nei saperi devono essere la base per ripensare i processi produttivi ed i prodotti, per ridare slancio ai paesi oggi messi in ginocchio dalla crisi.

{ 9 }

Page 10: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

{ Liberare i saperi

per liberare le persone }Accesso all'Istruzione

Diritto allo studio a scuola

Parlare di diritto allo studio nel nostro Paese signifi-ca aprire una pagina dolente. Dalla riforma del Tito-lo V il compito di rendere effettivo tale diritto è una competenza regionale. Tuttavia lo Stato non si è mai fatto carico di stabilire, con una legge quadro nazio-nale, i livelli essenziali di prestazione che ogni regio-ne avrebbe dovuto fornire. Ciò ha portato ad un si-stema profondamente frammentato e a diverse ve-locità, in termini di finanziamenti, prestazioni eroga-te e innovazione, in cui coesistono leggi all'avan-guardia e altre sostanzialmente immutate dai primi anni '80. Va inoltre rilevato come, anche a causa dei tagli ai trasferimenti agli enti locali, anche le regioni che hanno buone legislazioni, spesso non stanzino fondi adeguati, lasciando che le leggi rimangano let-tera morta.Col passare degli anni si evidenziano sempre più i deficit di questo sistema a cui non si è voluto metter mano o per incapacità o per mancanza di volontà politica. È triste confrontare il diritto allo studio del nostro Paese con altri modelli europei che, soprat-tutto in Norvegia e Finlandia, garantiscono allo stu-dente di poter decidere veramente dove e cosa stu-diare indipendentemente dall'estrazione sociale.

Studiare, per la maggioranza delle studentesse e degli studenti italiani, diventa sempre più un lusso o quantomeno un privilegio. Gli ultimi anni ci conse-gnano un quadro sconfortante: trasporti sono sem-pre più costosi, i libri e il materiale scolastico ogni anno fanno sfiorare i 1000 € a famiglia, il “contribu-to volontario” si è trasformato in una sorta di tassa-zione informale che costa centinaia di euro per le fa-miglie. In questo quadro il crescente dato sulla di-spersione scolastica non stupisce. Come non stupi-sce che inizino ad essere proposti da tutti gli istituti finanziari prestiti per coprire le spese derivanti dalla scuola secondaria, una soluzione incentivata dagli ultimi governi, ma assolutamente inaccettabile per-chè rende lo studente ricattabile nel presente e nel futuro.

Inoltre, in numerose regioni italiane, avviene uno spreco consistente di risorse indirizzabili sul diritto allo studio che vengono deviate su misure quali il "buono scuola" che più che garantire il diritto allo studio per chi ne ha bisogno, incoraggiano economi-camente chi frequenta le scuole private.

Partendo dagli articoli 3, 33 e 34 della nostra Costi-tuzione repubblicana, è necessaria una radicale in-versione di marcia che renda questo diritto un dirit-to di cittadinanza imprescindibile. Il nostro Paese deve garantire il libero accesso ai saperi, per libe-rarli dalle catene del profitto e renderli mezzo di emancipazione e crescita individuale e collettiva. In questo senso occorre ripensare l'intero sistema di welfare, oggi fortemente familistico e lavorista, con l'obiettivo di garantire la piena autonomia sociale del soggetto in formazione dal contesto socio-eco-nomico di partenza.

Perciò chiediamo una Legge Quadro Nazionale sul Diritto allo Studio che imponga alle regioni:

• Risorse per borse di studio, improntate su un forte principio reddituale;

• Sostegno al reddito indiretto per i soggetti in formazione attraverso l'amplimento del-la carta IOSTUDIO;

• Accesso gratuito o agevolato alle iniziative e ai consumi culturali;

• Livelli minimi da raggiungere in materia di agevolazioni sui trasporti;

• Comodato d’uso per i libri di testo;• Misure per tutelare la multiculturalità e l’in-

tegrazione degli studenti immigrati e di seconda generazione;

• Supporto agli studenti disabili;• Istituzione di Conferenze regionali sul dirit-

to allo studio, che coinvolgano le parti so-ciali (a partire dagli studenti e dalle stu-dentesse), con lo scopo di vigilare sull’ap-plicazione delle norme

Tasse, numero chiuso e diritto allo studio all'Univer-sità

Contribuzione studentesca

Il tema dell’accesso all’università acquista sempre più un carattere di emergenza sociale. Assistiamo ad una vera e propria espulsione di massa di miglia-ia di studenti dai nostri atenei ( -6,5% degli immatri-colati tra il 2006/07 e il 2010/11) Il tema dell’acces-so riguarda sia la questione delle barriere formali come la presenza del numero chiuso, sia la insoste-nibilità dei costi per molti studenti e studentesse e le loro famiglie, a partire dall’aumento di 283 milioni del gettito nazionale derivante dalla contribuzione studentesca dal 2006 al 2011.Riteniamo profondamente sbagliata la modifica del limite del 20%, attuata attraverso la Spending Re-view del Governo Monti, in quanto da un lato si con-donano le università che negli anni hanno sforato questo limite prelevando dagli studenti delle cifre

{ 10 }

Page 11: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

troppo elevate e dall'altro si legittimano gli aumenti per tutti gli studenti oltre i 40.000 di reddito ISEE e per tutti i fuoricorso, seppur contenuti entro i limiti del 25% in rapporto alle tasse pagate dagli studenti in corso al di sotto dei 90.000 euro ISEE e del 50% per quelli tra i 90.000 e i 150.000 euro ISEE.Alle forze politiche richiediamo sia un impegno legi-slativo nazionale sulla contribuzione studentesca e l’eliminazione di una serie di norme inique approva-te dagli ultimi governi sia un’attività di pressione co-stante verso gli atenei perché modifichino in senso migliorativo i sistemi di contribuzione locale.

Per questo rivendichiamo:• Il ripristino della soglia reale del 20% del

rapporto tra la contribuzione studentesca e il FFO di ogni singolo ateneo e il rispetto della stessa. Questo attraverso l’elimina-zione delle norme contenute nella spen-ding review e l’introduzione di sanzioni per gli atenei che hanno sforato la soglia in passato.

• L’obbligo per gli atenei di destinare l'even-tuale extra-gettito della contribuzione stu-dentesca a reali servizi agli studenti, iden-tificati dall'università in accordo con la componente studentesca

• L'introduzione di principi comuni a tutti gli atenei per la rimodulazione delle fasce sul-la base di criteri di maggiore equità e pro-gressività, con l'utilizzo di coefficienti spe-cifici che incidano in misura minore sulle fasce di reddito più basse e in misura maggiore su quelle più alte (sugli esempi di alcuni atenei: Politecnico di Torino, sta-tale di Torino, statale di Pisa).

• L’eliminazione di tutte le tipologie di tassa-zione per partecipazione a concorsi o test di ingresso in università (es. tasse per ac-cesso a concorsi di dottorato), nonché le tasse di immatricolazione a qualsiasi tipo di corso di laurea.

• Il divieto di introdurre sanzioni nei confronti degli studenti fuori corso, che non devono subire degli aumenti della contribuzione studentesca in seguito alla loro mancata laurea nei termini previsti dalla durata le-gale del loro corso di studio.

• Uno specifico sistema di contribuzione per gli studenti a tempo parziale, che sia ba-sato sulla riduzione di una quota percen-tuale fissa (tra il 25 e il 50%) del contribu-to che lo studente pagherebbe a parità di condizione economica se fosse iscritto a tempo pieno.

• Specifiche misure anti-crisi e di sostegno alle famiglie in difficoltà che vedono modi-ficarsi della propria condizione economica in misura rilevante rispetto all'anno prece-dente su cui si basa la dichiarazione ISEE.

Numero Chiuso

Per quanto riguarda il numero chiuso è necessario ribadire come esso venga oggi troppo spesso utiliz-zato come risposta alla carenza di strutture e docen-ti: invece di puntare a migliorare il servizio fornito agli studenti e ad assumere i tanti precari si preferi-sce impedire agli studenti l'accesso all'università. Il test d’ingresso, non sempre basato sulle conoscen-ze che uno studente si suppone abbia acquisito du-rante il suo precedente corso di studi e altrettanto spesso contentente domande per nulla attinenti alle materie che si studieranno una volta entrati all’uni-versità, ha la facoltà di decidere sul futuro di miglia-ia di ragazzi. Se prima la limitazione era stata previ-sta a livello nazionale per pochi corsi di laurea, prin-cipalmente quelli preparatori alle professioni medi-che e sanitarie, ben presto si è avuto un effetto do-mino: ai corsi medici si sono aggiunte quelli tecnici e quasi tutti i corsi scientifici e anche alcuni sociali e umanistici, fino a raggiungere attualmente il 60% dell’offerta formativa. Troppo spesso oggi a fronte di un paese che dovrebbe investire sulla conoscenza proprio per raggiungere alcuni parametri europei di accesso all’università e di laureati si preferisce ta-gliare le risorse, ridurre il numero di docenti e limita-re l’accesso all’università.

Per questo chiediamo:• L’eliminazione di tutte le barriere all’acces-

so per i corsi di laurea regolamentate esclusivamente da leggi nazionali.

• La revisione delle norme di selezione per quei corsi in cui il numero chiuso è richie-sto dalla normativa europea, introducendo dei meccanismi di selezione in itinere come previsto in altri paesi europei con una modalità che non determini una com-petizione sfrenata tra studenti.

• L’eliminazione del blocco del turnover e di conseguenza un piano di assunzioni di do-centi e ricercatori che aumenti notevol-mente la proporzione docenti-studenti (at-tualmente tra le più basse d’Europa) por-tandola almeno alla media europea, in modo da poter permettere l’apertura di un numero maggiore di corsi di laurea e il mi-glioramento del rapporto docenti-studenti.

• L’eliminazione delle norme sui requisiti mi-nimi contenute nel D.M. 17 impedendo li-mitazioni sul numero di studenti iscritti per corso di laurea.

Il diritto allo studio universitario (D.S.U.)

In Italia soffre sempre più il problema di insufficien-za delle risorse finanziarie e di inadeguatezza del si-

{ 11 }

Page 12: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

stema di finanziamento, problema antico ma note-volmente peggiorato a causa del taglio al Fondo per il Diritto allo Studio nazionale, che è passato dai 246 milioni del 2009 ai 162 attuali, a cui si sommano i tagli effettuati da molte regioni. Nel 2010/11 solo il 10% di coloro che studiavano in Italia riceveva la borsa di studio, oggi questo dato potrebbe essere ancora più basso. Uno studente su quattro anche se soddisfa i requisiti per beneficiare di borsa non la ri-ceve, ovvero è un idoneo non beneficiario. La stessa situazione si presenta quando si parla di posti letto, mense, aule studio: nel 2010/11 i posti letto gestiti dagli enti regionali sono circa 43.000 a fronte di 85.000 aventi diritto fuori sede: in media, uno su due si assicura l’alloggio.Inoltre il passaggio di competenze alle regioni in materia di D.S.U., dovuta alla riforma del Titolo V della Costituzione, fa sì che le condizioni di accesso alla borsa, l’importo della stessa e il livello dei servi-zi erogati varino da regione a regione. In tale conte-sto, si registrano aumenti delle tasse regionali per il diritto allo studio, a seguito dell’approvazione del decreto attuativo della legge 240/10 n 436 (D.lgs 68/12), con il quale è stata rimodulata la tassazione regionale che è passata da una media nazionale di 93.50 euro a 140 euro in tutte le regioni. Nell'ultimo anno gli studenti universitari tramite le loro tasse hanno versato una cifra superiore a quella versata complessivamente dallo stato e dalle regioni, diven-tando i primi finanziatori del diritto allo studio.

Per questo rivendichiamo:• La modifica del decreto legge sul diritto allo

studio in modo che stabilisca realmente di livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e che definisca in particolare l'entità minima garantita delle borse di studio sul piano nazionale e i servizi conseguenti. Il fondo nazionale per il diritto allo studio dev'esse-re, di conseguenza, sufficiente almeno per coprire i LEP e la totalità delle borse di stu-dio.

• L’eliminazione del Fondo per il Merito, fa-cendo in modo che i fondi stanziati venga-no destinati al Fondo Nazionale per il Dirit-to allo Studio.

• L’eliminazione dei prestiti d’onore.• La copertura totale delle borse di studio e

la conseguente eliminazione della figura dell’idoneo non beneficiario presente solo in Italia.

• L’ampliamento della platea degli idonei, estendendo i criteri di reddito sulla base dei quali viene assegnata la borsa di stu-dio.

• L’istituzione di una “borsa preventiva” di carattere nazionale, erogata agli studenti iscritti all'ultimo anno della scuola superio-re per favorire la loro libera scelta, indi-pendentemente dalla regione nella quale lo studente sceglie di studiare.

• Adeguamento delle borse di studio al costo della vita nella città in cui si studia, di fat-to garantendo i LEP..

• La tutela e la promozione dei diritti degli studenti disabili, attraverso il loro coinvol-gimento attivo.

• Piano pluriennale di finanziamento straordi-nario per l'edilizia universitaria, che finanzi la realizzazione, tramite il recupero di de-terminate aree urbane, di nuove case del-lo studente e di alloggi pubblici a canone concordato. Definizione di contributi pub-blici per gli affitti, sul modello francese, e iniziative sostenute nazionalmente come lo sportello casa gestito dalle Università e dai comuni, in grado di favorire la lotta al sommerso.

• Carta di cittadinanza studentesca per l'ac-cesso gratuito ai contenuti culturali.

• Costituzione in ogni regione e a livello na-zionale di un osservatorio sul diritto allo studio, adeguatamente finanziato.

• Borse Erasmus: aumento dell'integrazione ministeriale della quota erogata e conces-sione di una parte della borsa al momento della partenza. Va inoltre prevista una dif-ferenziazione a seconda del costo della vita del paese di destinazione.

Finanziamenti all’istruzione

L'Italia investe solo il 4,8% del suo Pil per finanziare scuole e università e vanta un tasso di dispersione e abbandono scolastico tra i più alti d'Europa. L'am-montare della spesa per studente sostenuta dagli istituti è aumentata, tra il 2000 e il 2008, solo del 6% rispetto alla media dei Paesi Ocse che ha visto un aumento del 34%. E' cresciuto spropositatamen-te invece negli ultimi anni il costo sostenuto dalle famiglie per garantire ai propri figli l'accesso e la prosecuzione dei percorsi di studio, fino a superare in media il migliaio di euro annui.I dati fin qui snocciolati altro non fanno che sottoli-neare il particolare disinteresse politico che è stato ed è tuttora riservato all'istruzione pubblica. Il prin-cipale strumento di modifica degli assetti e della struttura del sistema scolastico italiano, utilizzato dai governi che negli ultimi anni si sono succeduti alla guida, sono stati infatti tagli trasversali che, uni-ti ad interventi di riforma deleteri, hanno fatto sì che le barriere di ordine economico e sociale che impediscono il libero sviluppo della persone siano oggi una muraglia insor-montabile.

Il tema del finanziamento non riguarda solamente scuole e università, ma investe anche il mondo della ricerca: spesso ancora prima di iniziare un progetto di ricerca occorre ricercare i fondi per farla, rivolgen-dosi alla progettazione europea e ai privati, con le

{ 12 }

Page 13: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

ovvie conseguenze sulla libertà dello studio. Serve incentivare una ricerca finanziata con fondi pubblici, raggiungendo le medie europee e serve investire su questo campo e sui giovani dottorandi, precari e ri-cercatori per evitare che siano costretti ad andarse-ne da questo paese.

La costruzione di un sistema alternativo non può prescindere da un processo che ricostruisca una vi-sione politica, sociale e culturale dei percorsi forma-tivi e delle istituzioni pubbliche a ciò preposte, in-vertendo la rotta di un percorso avviato, consolidato ed in parte accettato nel corso degli ultimi anni, spesso per rassegnazione. A questo percorso involu-tivo e regressivo, occorre dare una risposta ampia, che comprenda una riforma del sistema fiscale, ba-sata su una tassazione fortemente progressiva e re-distributiva, che colpisca patrimoni, rendite e spe-culazioni monetarie e finanziarie (tassa patrimonia-le, tobin tax, esprori, ecc.), raccogliendo risorse per il finanziamento dei sistemi formativi e del loro libe-ro accesso.

Per questo chiediamo:

• Un sistema di istruzione e formazione me-dia e universitaria che tenda, nel tempo alla completa gratuità per tutti i soggetti in formazione, che realizzi un vero e pro-prio diritto allo studio per tutti. Un sistema “finale” completamente finanziato dalla fiscalità generale, in grado di assicurare il diritto di scelta agli studenti nel persegui-mento del proprio percorso formativo indi-pendentemente da condizioni di partenza, reddito e contesto territoriale e dal ricatto dell'elevata tassazione e dei costi che lo studente è costretto a sostenere per spo-starsi da una città ad un'altra.

• Un sistema che emancipi sul piano econo-mico, sociale e familiare e che liberi e re-sponsabilizzi lo studente nel corso della fase di formazione, anche se in condizioni economiche favorevoli, riconoscendogli un ruolo nella società.

Scuola

La spesa per la scuola pubblica è andata drastica-mente riducendosi negli ultimi 10 anni. Nel 1990 l'I-talia spendeva per la scuola il 10,3% dell'intera sua spesa pubblica, nel 2008 questa percentuale si è ri-dotta di un punto sottraendo complessivamente alla scuola 80 miliardi di euro. Sempre nel 2008, invece di compensare la riduzione che aveva fatto scende-re di quasi 8 miliardi il finanziamento annuo tra il 1990 a il 2008, si è deciso di fare un taglio aggiunti-vo: la l. 133/08 ha previsto tagli alla spesa per la scuola pubblica pari a 7,8 miliardi nel triennio 2009-2012, tagli al personale e di ore di lezione.

Mentre tutto ciò accadeva nelle scuole scuole priva-te i finanziamenti lievitavano: dal 2000 (anno dell'i-stituzione della legge sulla parità scolastica) al 2007 l'ammontare delle risorse è triplicato passando da 179 milioni a circa 545 milioni, senza contare i fondi stanziati dalle regioni e gli enti locali per i “buoni scuola” elargiti alle famiglie che scelgono quei per-corsi. È necessario modificare la legge di parità di-stinguendo nel capitolo finanziamenti le scuole pub-bliche dalle private, poiché ad ora tra le paritatie ri-sultano scuole come le comunali che usufruiscono di questi finanziamenti; in questo modo si potrà uscire da ogni indecisione ed azzerare i fondi per le private reindirizzandoli alle pubbliche.Le conseguenze dei tagli intanto rendono difficile anche la gestione ordinaria degli istituti scolastici: i contributi delle famiglie hanno raggiunto, nello scor-so anno scolastico, picchi di 200 euro, cui bisogna aggiungere gli altri costi che le famiglie si sobbarca-no interamente, in primis quelli esorbitanti dei libri scolastici (il Codacons calcola il tetto medio di spesa nel 2012 a 1233 euro), dei trasporti, eventualmente di mense e affitti e dei consumi culturali in generale.

Dal rapporto "Ecosistemascuola" effettuato da Le-gambiente nel 2012 emerge che quasi la metà degli edifici scolastici non possiede le certificazioni di agi-bilità, più del 65% non ha il certificato di prevenzio-ne incendi e il 36% degli edifici ha bisogno di inter-venti di manutenzione urgenti. Senza contare che il 32,42% delle strutture si trova in aree a rischio si-smico e un 10,67% in aree ad alto rischio idrogeolo-gico. Inoltre il 65% degli edifici è stato costruito pri-ma degli anni anni ‘70 (si considera che gli edifici costruiti tra gli anni ‘40 e gli anni ‘70 siano quelli maggiormente a rischio di crollo di solai).La situazione non fa che peggiorare nel Mezzogior-no, dove la media degli investimenti è inferiore a quella nazionale, nonostante vi sia una maggiore necessità di interventi di manutenzione straordina-ria.

Nella maggior parte delle scuole esistono barriere architettoniche, che impediscono, di fatto, il libero accesso agli studenti e alle studentesse disabili e costituiscono un reale rischio per la sicurezza degli edifici scolastici.

A peggiorare la situazione sono stati i tagli all’istru-zione degli ultimi anni e la riduzione del numero dei docenti. Il fenomeno delle classi pollaio ha reso qua-si impossibili da rispettare le norme antincendio che regolano il numero di studenti per aula. Inoltre è ne-cessario segnalare l'assenza in molte scuole di porte con apertura antipanico, l'assenza delle scale di si-curezza, delle uscite di emergenza, della segnaleti-ca, della larghezza minima necessaria degli spazi per il passaggio. L’art 64 della legge 133/2008, che consente l’aumento del numero di alunni per classe, prevede inoltre la chiusura o l'accorpamento ad altri

{ 13 }

Page 14: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

istituti delle scuole con un numero minore di 500 alunni. Questo spinge le scuole ad accettare più iscrizioni di quanto è in grado di contenere per le norme di sicurezza.

Gran parte degli edifici scolastici non ha una pale-stra funzionante al proprio interno e i cortili o non ci sono o sono utilizzati come parcheggio. Spesso non esistono le aule computer e i laboratori didattici sono privi del materiale necessario. Ancora più rare le mense, le biblioteche, le aule studio e gli spazi dedicati ai servizi igienico-sanitari e alle infermerie che spesso sono inutilizzabili o mancano dei mate-riali necessari.

Per questo rivendichiamo:• Un piano di investimenti sull’edilizia scola-

stica per garantire la messa in sicurezza, l’agibilità statica e quella igienico-sanita-ria, l’adeguamente alle norme per la pre-venzione di incendi e calamità, l’elimina-zione delle barriere architettoniche, l’ade-guamento degli strumenti e delle posta-zioni per i disabili e l’ecocompatibilità del-le strutture

• Un piano di investimenti per la realizzazio-ne di mense, alloggi pubblici, palestre, bi-blioteche, laboratori auditorium e aree per le attività studentesche autonome;

• La riduzione del numero di alunni per clas-se, normalizzazione del rapporto studenti/numero di classi e l’eliminazione dell’ articolo 64 della legge 133/2008

• Un piano di incentivi per l’informatizzazione delle strutture scolastiche;

• L’introduzione, tra le attività didattiche di corsi sull’uso dei DPI (dispositivi di prote-zione individuale) soprattutto negli istituti tecnici e professionali;

• L’allargamento democratico dell’Osservato-rio e dei Comitati paritetici sulla sicurezza;

• L’istituzione di un certificato antimafia per gli appalti che riguardano i plessi scolasti-ci.

Per far fronte ai problemi relativi all'edilizia è neces-sario un piano straordinario di finanziamento per l'e-dilizia scolastica di 10 miliardi di euro, quindi un pia-no pluriennale di investimenti per la messa in sicu-rezza delle scuole italiane (almeno 1 miliardo e 500 milioni di euro per intervenire su 1500 scuole).

Università

Il Fondo di finanziamento ordinario rappresenta la maggiore entrata per le Università italiane e viene anche utilizzato quale parametro di riferimento per valutare la virtuosità di un Ateneo rispetto ad un al-tro. Con l’approvazione del DM 297/2012 sul recluta-mento, che lega la possibilità di assumere nuovi do-

centi e ricercatori alla somma algebrica di FFO e contribuzione studentesca, la situazione peggiora: a fronte di un FFO costantemente in riduzione, a parti-re dai tagli operati dalla L.133/2008 (1,5 mld in 5 anni), l'unico dato variabile risulta essere il gettito derivante dalle tasse universitarie.

Alla scarsità del finanziamento si accompagna in al-cuni casi la mala gestione delle risorse da parte de-gli atenei. Grazie alle norme sull’autonomia è im-possibile per lo Stato esercitare in molti casi un con-trollo sui bilanci degli atenei e l’unica risposta allo spreco sono misure punitive, il cui unico risultato è aggravare le situazioni di deficit e i cui costi ricado-no più frequentemente sulle categorie più deboli, studenti e precari, piuttosto che su coloro che han-no responsabilità sul dissesto.

Oltre al sottofinanziamento gli atenei patiscono an-che l’assenza di una comunicazione chiara dell’im-porto che riceveranno dal Ministero, situazione che impedisce di sviluppare una seria programmazione annuale delle spese e porta molte università a chiu-dere il bilancio senza essere a conoscenza dell'esat-ta entità del trasferimento di fondi ministeriali.

Per questo rivendichiamo:• Il reintegro dei tagli previsti dalla L.133/08

per il 2013• Un piano straordinario di investimenti che

porti in tre anni l'investimento in formazio-ne, università e ricerca al 5,7% del PIL (co-sto: 18 miliardi di euro, in media, all'anno) e in particolare il finanziamento di univer-sità e ricerca da 8 672 a 12907 dollari per studente (media Ocse). L’ adeguamento automatico dell'FFO in base all'inflazione e agli scatti stipendiali. Riteniamo come mi-nimo necessario il raggiungimento della media di investimento europea pari all’1,5% del PIL (Italia 0,88%)

• La comunicazione a inizio anno dell’importo dell’FFO, che non deve essere più ripartito in più rate.

• Il controllo dei bilanci degli atenei per evi-tare il dissesto finanziario con interventi mirati anche in deroga all'autonomia per impedire operazioni potenzialmente peri-colose per la stabilità economica di un ate-neo e l’eliminazione di criteri punitivi nella ripartizione di quote di FFO

• La ripartizione equa dell'FFO sulla base dei costi effettivi, eliminando criteri di merito per gli atenei.

{ 14 }

Page 15: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

Cosa studiamo e spendibilità del titolo di stu-dio

Uno dei termini più ricorrenti quando si affronta il tema di cosa si studia è quello della spendibilità del titolo di studio: i saperi e la formazione devono essere pensati in virtù delle esigenze del mercato del lavo-ro e il compito di scuola e università è quello di creare manodopera immediatamente utilizzabile nel mercato del lavoro. Le riforme di scuola e università degli ultimi decenni sono state improntate proprio all’applicazione di questo pensiero, creando percorsi di studio “professionalizzanti” e frammentati, spes-so con accesso limitato sulla base di presunte esi-genze del mercato del lavoro. Il processo di standar-dizzazione dei saperi ha coinvolto ugualmente scuo-le e università, eliminando e denigrando tutto ciò che fosse eterodosso, critico o semplicemente non immediatamente spendibile, favorendo un approc-cio allo studio fortemente nozionistico. La retorica del merito e la promozione di una cultura valutativa autoritaria, che impone i propri criteri di giudizio fa-cendone veri e propri elementi d'esclusione, sono stati finora gli strumenti usati per accelerare il pre-occupante impoverimento qualitativo della forma-zione.Fenomeni come quello della bolla formativa, il nu-mero crescente di abbandono degli studi, i dati sul disinteresse e il malessere che gli studenti italiani provano rispetto alla scuola, dimostrano però come l'impostazione neoliberista che si è voluta imprime-re a scuole e università sia fallimentare: la subalter-nità dei saperi ai mercati è inaccettabile e bisogne-rebbe andare nella direzione di una società in cui i saperi riescano ad innovare il tessuto produttivo tra-mite la ricerca e la libera circolazione delle cono-scenze.

Scuola

La scuola italiana eredita e soffre ancora oggi del-l'impostazione datale dalla Riforma Gentile del 1923. Sembra tardino infatti ad essere smaltiti i fari ideologici di una riforma che da un lato dava alla di-dattica un'impronta dogmatica e dall'altro poneva una divisione netta tra l'istruzione classica e quella tecnico-professionale. Ad oggi questa gerarchia tra i saperi tecnici e saperi liceali permane. Alla tradizio-nale bipartizione ora si affianca anche una terza op-zione: la possibilità, normata dal collegato lavoro del 2010, di usare l’apprendistato per adempiere l’obbli-go scolastico, che di fatto equivale alla possibilità dannosa di lasciare gli studi a soli a 15 anni, senza un bagaglio di conoscenze di base e senza la prepa-razione adeguata per l'ingresso nel mondo del lavo-ro.D'altro canto la scelta di proseguire gli studi si scon-tra con l'assenza di un sistema di welfare capace di garantire a tutte e tutti il diritto allo studio, oltreché

con l'assenza cronica di opportunità lavorative in continuità con i percorsi formativi fatti. Il nostro si-stema d'istruzione non ha visto che rafforzare col tempo la sua impostazione classista e ad oggi ali-menta la precarietà invece di combatterla; crediamo sia necessario ripensare radicalmente la struttura

dei cicli a partire da una riflessione partecipata sul valore dell'istruzione e sulla didattica, per tutelare il diritto di scelta di ognuno e garantire pari dignità a tutti i percorsi di studio.

La didattica nel nostro sistema scolastico è ancora oggi fortemente nozionistica e passivizzante; le ma-terie, senza soluzione di continuità tra i vari cicli, appaiono incapaci di mettere in relazione temi, fasi storiche e questioni d'attualità, la metodologia di-dattica prevalente è ancora quella frontale o catte-dratica che, se usata univocamente, è inefficace e incapace di coinvolgere.Le cause di questo progressivo impoverimento van-no ricercate sicuramente nell'assenza cronica di ri-sorse per l'aggiornamento e la ricerca didattica, nel-le politiche d'assunzione del corpo docente - col blocco dei pensionamenti e dei turn-over, nell'aboli-zione dei corsi sperimentali e delle ore laboratoriali prevista dalla 133/08, nell'aumento del numero di studenti per classe. Sarebbe necessario ripartire ri-connettendo i fili delle relazioni didattiche tra stu-denti e docenti, costruendo tra questi momenti di discussione paritetici sull'offerta formativa, ripensa-re i programmi didattici in un ottica realmente inter-disciplinare, lasciando agli studenti, specialmente nell'ultimo triennio delle superiori, la libertà di sce-gliere, sulla base dei propri interessi, alcuni corsi dell'orario curricolare. Bisognerebbe aprire le scuole al pomeriggio per le attività autogestite dagli stu-denti e i corsi d'approfondimento, sfruttando in ma-niera sistematica le metodologie didattiche attive e cooperative che le scienze dell'educazione ci metto-no a disposizione. Crediamo che la digitalizzazione rappresenti un'opportunità parziale per lo svecchia-mento della didattica sulla cui valenza pedagogica bisognerebbe tornare a riflettere. In quest'ottica an-drebbe inoltre riformulato lo strumento dello stage; esso infatti oggi non è un'opportunità di mettere in pratica quanto studiato ma un'occasione di sfrutta-mento degli studenti, che si ritrovano a svolgere, al servizio delle aziende, mansioni per nulla inerenti agli studi, senza alcun diritto né tutela.

La valutazione rappresenta infine la cartina di tor-nasole delle problematiche strutturali legate al cosa e al come si studia. In questi anni infatti tramite l'IN-VALSI e i progetti sperimentali del MIUR, non ultimo il nuovo Servizio Nazionale di Valutazione, si è cala-to dall'alto nelle scuole un modello di valutazione in-centrato sul controllo, sulla premialità e sulla misu-razione quantitativa dei risultati che sta consapevol-mente determinando dei dannosi processi di riforma a ritroso della didattica, standardizzandola e aggra-

{ 15 }

Page 16: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

vandone l'impostazione dogmatica. Il sistema dei voti numerici e quello dei debiti e crediti infatti, at-tualmente esteso a tutti i cicli d'istruzione, costitui-sce di per sè una vuota simbologia e allo stesso tempo vero e proprio elemento d'esclusione; la rein-troduzione del voto di condotta e del limite delle 50 assenze , dato l'uso strumentale e non educativo a cui entrambi si prestano, è in questo senso sintoma-tica di una necessità di riformulare il modo di pensa-re e praticare la valutazione. La direzione in cui ha remato l'introduzione coatta dei test INVALSI nei punti cruciali di tutti i segmenti della formazione, non ultima l'ipotesi d'introdurli all'esame di stato, è stata però quella dell'omologazione e dell'impoveri-mento della qualità formativa. Il fatto inoltre che nu-merose ricerche internazionali abbiamo più volte ne-gli anni dimostrato la negatività comportata dalla somministrazione abituale dei test dovrebbe farci ri-flettere su un radicale cambio di rotta. Bisognerebbe mettere al centro un modello di valutazione narrati-va e processuale, che non veda i percorsi formativi come percorsi lineari su cui “o si va avanti o si va in-dietro”, “o si viene promossi o bocciati”, ma come processi circolari di cui la valutazione descrive di volta in volta le lacune e i punti di forza che lo stu-dente o l'istituto scolastico sviluppa.

Per questo rivendichiamo:• L'abolizione della formula ibrida del diritto-

dovere all'istruzione e l'innalzamento ef-fettivo dell'obbligo scolastico a 18 anni, debitamente sostenuto da un ripensamen-to complessivo dei cicli e dalla costruzione di un sistema nazionale forte di diritto allo studio;

• L'abolizione dell'apprendistato come formu-la di assolvimento dell'obbligo scolastico e la posticipazione dell'accesso alla forma-zione professionale;

• La parificazione a livello nazionale dei certi-ficati di formazione professionale, che ad oggi hanno valore solo nella regione di conseguimento del titolo;

• L'introduzione di uno Statuto delle studen-tesse e degli studenti in stage, norma fon-damentale per tutelare gli studenti dallo sfruttamento e per costruire percorsi di in-tegrazione tra scuola e lavoro veramente di qualità ;

• Il potenziamento della figura del Tutor che segue gli studenti durante lo svolgimento dello Stage, per potenziare la qualità dello stesso e rendere effettiva la valutazione fi-nale;

• Che i percorsi di alternanza scuola-lavoro siano una pratica didattica, non un canale a sè stante, da svolgersi trasversalmente all’interno di tutti i percorsi formativi e non solo in alcuni;

• L’abolizione del blocco del turn-over e la costruzione di una politica per il recluta-

mento che si ponga come prioritario il pro-blema della stabilizzazione dei docenti precari e il miglioramento qualitativo del sistema scuola;

• L’abrogazione del riordino dei cicli per la scuola secondaria e il reintegro delle ore laboratoriali per gli istituti tecnici e profes-sionali, drasticamente tagliati dalla riforma Gelmini del 2009;;

• Una forte generalizzazione, tramite investi-menti statali, della scuola dell’infanzia;

• L'istituzione di un biennio fortemente unita-rio all'inizio del secondo ciclo d'istruzione, che renda omogenea per tutti i percorsi di studio l'acquisizione delle competenze chiave e permetta allo stesso tempo la va-lorizzazione delle attitudini e delle sensibi-lità;

• L'introduzione per il triennio conclusivo del-le superiori di un quoziente di orario curri-culare libero e componibile che caratterizzi in senso professionalizzante , anche trami-te stages, tirocini e percorsi laboratoriali, il passaggio dal ciclo secondario superiore al mondo universitario o del lavoro;

• La sostituzione dell'ora di religione con l'o-ra di storia delle religioni;

• L’inserimento dell’educazione fra pari, l'in-dagine a partire da strumenti multimediali, le metodologie attive e cooperative d'ap-prendimento, la costruzione di ore curricu-lari interamente interdisciplinari tra le pra-tiche didattiche quotidiane.

• La scrittura partecipata del Piano dell'Offer-ta Formativa (POF) e dei curricola attraver-so la discussione all’interno di Commissio-ni Paritetiche di studenti e docenti;

• La programmazione collegale delle attività complementari, creando un raccordo tra territorio e scuola e tra curricolare ed xtra-curricuriculare, tramite anche e soprattut-to la valorizzazione dell’associazionismo presente sul territoriale;

• Iniziative di formazione dei docenti sulle in-novazioni pedagogiche e didattiche da po-ter apportare nelle classi, oltrechè sui temi dell’integrazione e dell’intercultura, sull’in-segnamento dell’italiano come seconda lingua; iniziative di formazione dei docenti sull’educazione di genere, sulla diversità degli orientamenti sessuali e sulla preven-zione di atti di bullismo omofobico, lesbo-fobico, razziale, ecc...

• La promozione di un’educazione laica alla sessualità, attraverso corsi di prevenzione dei comportamenti a rischio da realizzarsi tramite supporto dell’associazionismo e degli enti del settore presenti sul territorio;

• Una riorganizzazione del tempo scuola che consideri le scuole come spazi di costru-zione di una formazione a tutto tondo, ga-

{ 16 }

Page 17: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

rantendo l’apertura pomeridiana costante degli edifici, dando rilievo maggiori a stru-menti quali i progetti di sperimentazione didattica e valutativa praticabili nell’ambi-to dell’autonomia scolastica;

• La ridefinizione del sistema debiti-crediti che, a più di 10 anni dalla sua introduzio-ne, non ha fatto che produrre processi quantitativi di valutazione ;

• Le modifica del decreto 80/2007 sul recu-pero crediti e l’om 092/2007 sulla valuta-zione, svincolando i processi di recupero in itinere dai risultati della singola prova di verifica finale, strutturando percorsi di re-cupero personalizzati e introducendo stru-menti valutativi, quali gli incontri studenti-docenti, l’autovalutazione, la valutazione dei docenti, che pongano al centro della valutazione la qualità e il confronto didatti-co;

• L’abrogazione del voto in condotta e del li-mite delle 50 assenze reintrodotto tramite la riforma Gelmini;

• La modifica dell’ordinamento giuridico del-l’INVALSI, affinchè questo sia un ente terzo dal Ministero;

• L'abolizione del regolamento del Servizio Nazionale di Valutazione approvato lo scorso 24 Agosto;

• L'abolizione delle rilevazioni censuarie del-l'INVALSI da tutti i cicli d'istruzione e la reimpostazione radicale delle metogologie di testing e dei criteri di valutazione.

Università

Nelle università si assiste ad una didattica sempre più impoverita, parcellizzata e standardizzata, frutto da un lato di alcune riforme (ad esempio la Zecchi-no-Berlinguer che ha introdotto il sistema dei credi-ti), dall’altro dei tagli che si sono susseguiti negli ul-timi anni e del blocco del turn over che ha fatto ulte-riormente diminuire il rapporto docenti-studenti. I percorsi formativi sono sempre più rigidi e consento-no una libertà sempre minore per il singolo studente di formarsi un percorso personalizzato.

Lo studio rimane fortemente nozionistico, poco spa-zio viene dato alle attività integrative o a modalità didattiche differenti (seminari, esercitazioni, lavori di gruppo). Inoltre, proprio in virtù del concetto di spendibilità, si assiste ad un abbassamento della qualità dei percorsi di studio che danno sempre mi-nore importanza agli insegnamenti di base e prova-no, spesso senza riuscirci, a rincorrere le esigenze del mercato del lavoro. Tutto ciò che è dibattito, ri-flessione, critica ed eterodossia trova sempre meno spazio nelle aule universitarie, in favore di un sape-re presuntamente spendibile sul mercato.

La legge Gelmini ha istituito un nuovo organo per la valutazione della didattica, l’ANVUR, composto da 7 componenti di nomina ministeriale. La questione della valutazione tanto della ricerca quanto della di-dattica è una questione estremamente delicata e tutti i sistemi di valutazione danno luogo a distorsio-ni, soprattutto se applicati per molto tempo. Ridur-re la complessità della ricerca e della didattica a si-stemi misurabili è molto complessa, soprattutto man mano che ci si allontana dalle scienze dure e si valutano anche gli studi sociali e umanistici. Proprio per questo un organo così potente dovrebbe essere posto ad un maggior controllo. L’ANVUR ha anche il compito di valutare e stabilire l’accreditamento de-gli atenei, delle sedi e dei corsi di studio. Viene però dotato l’ANVUR di un potere eccessivo e non con-trollabile che potrebbe permettergli di chiudere corsi di laurea se sottoposti ad una valutazione negativa senza nessun controllo ministeriale. Riteniamo ne-cessaria una valutazione degli atenei come dei corsi di laurea ma questa non può passare per lo stru-mento dell’ANVUR cosi come è oggi.

Lo stage (o tirocinio formativo e di orientamento) po-trebbe essere uno strumento molto utile per com-pletare e arricchire la formazione di uno studente, dando la possibilità di applicare ciò studia e di unire al sapere il saper fare. Tuttavia si tratta di uno stru-mento spesso mal utilizzato che, invece di introdur-re lo studente o la studentessa nel mondo del lavo-ro, lo introduce nel mondo della precarietà, attraver-so mansioni spesso per nulla formative che hanno l’unico obiettivo di fornire all’impresa o all’ente che ospita lo stagista manodopera gratuita. Per questo occorre intervenire ribadendo fortemente il ruolo formativo dello stage e introducendo regole comuni (e facendole rispettare) che tutelino lo stagista e la stagista. Proprio in virtù della funzione formativa di questo istituto dovrebbe essere possibile utilizzare lo stage solo con soggetti che sono inseriti in un percorso formativo, mentre per tutti gli altri dovreb-bero essere previste altre forme, come l’apprendi-stato, per coloro che hanno già terminato gli studi e che vogliono entrare a tutti gli effetti nel mondo del lavoro.

Il livello di internazionalizzazione degli atenei italia-ni è ancora molto basso. Solo il 5% degli studenti e delle studentesse riesce ad usufruire del program-ma Erasmus, mentre altri progetti analoghi (tesi al-l’estero, summer school, scambi tra università, lau-ree binazionali, ecc...) hanno subito pesanti tagli a causa della riduzione dell’FFO e in molti casi sono addirittura scomparsi. A rendere più difficile per gli studenti l’accesso ai programmi internazionali sono spesso i fattori economici: le borse sono sufficienti a coprire una minima parte delle spese, spesso arriva-no in ritardo e alcune attività non le prevedono neanche.

{ 17 }

Page 18: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

Per questo rivendichiamo:• L’abolizione del blocco del turn over e un

piano di assunzioni di docenti e ricercatori per portare il rapporto docenti-studenti al-meno nella media europea, senza ricorrere al numero chiuso

• L’abolizione dei requisiti minimi necessari e la promozione di un sistema di valutazione qualitativa.

• Il superamento dell’attuale impianto dell'or-ganizzazione dei corsi a partire da corsi impostati su macroaree divise in esami fondamentali, caratterizzanti e a scelta in modo da consentire il più alto livello di au-togestione del proprio percorso formativo superando definitivamente il sistema dei crediti che impedisce mobilità dentro i corsi e tra i corsi.

• Uno statuto dei diritti degli studenti e del-le studentesse in stage che garantisca l'at-tinenza del tirocinio con il percorso di stu-di, definisca modalità stringenti per l'ac-creditamento degli enti, sanzioni per gli enti che non rispettano lo statuto.

• Fondi l’internazionalizzazione. Aumento del numero e dell’importo delle borse era-smus, che dovranno essere calcolate sulla base del costo della vita del paese in cui si svolge in programma

Democrazia e Governance

Scuole

Per parlare di governance e democrazia nelle scuole superiori è necessario porre una grande attenzione alla mobilitazione studentesca di questo autunno. Nei mesi precedenti le studentesse e gli studenti di tutta Italia sono scesi in piazza per opporsi alla leg-ge 953, ex p.d.l. Aprea, progetto di legge già ferma-to nel 2008 dalle proteste studentesche.Questo provvedimento avrebbe portato alla sostan-ziale privatizzazione della scuola pubblica e all'aboli-zione dei diritti degli studenti e delle studentesse, ottenuti con anni di battaglie. Vi è l’abrogazione di numerosi articoli del Testo Unico sulla scuola, all’in-terno del quale sono regolamentate grandissima parte dei diritti degli studenti e delle studentesse, tra cui le norme sulla rappresentanza studentesca negli organi collegiali di istituto, il diritto di assem-blea su ogni livello di ogni istituto, i criteri di eleggi-bilità.Nonostante nella proposta di legge sia presente un vago rimando a garanzie di diritti d’assemblea e rappresentanza per gli studenti, è esplicito l‘intento di demandarne il funzionamento e la discrezionalita

alle autonomie scolastiche attraverso i propri statuti e/o regolamenti.Inoltre si sarebbero volute spalancare le porte dei nuovi Consigli dell’autonomia a componenti esterni, i quali, presumibilmente rappresentanti delle azien-de o della fondazione con cui la scuola ha stipulato accordi, sono scelti dal Dirigente Scolastico, una fi-gura che avrebbe assunto tratti sempre più mana-geriali.L' ingresso dei privati avrebbe avuto riflessi diretti sul Piano di Offerta Formativa della scuola, quindi sulla vita di studenti e insegnanti.Nel ddl 953 l’autonomia diventa il tema, utilizzato in senso assolutamente strumentale, per giustificare la diminuzione dei finanziamenti statali e per conse-gnare le scuole nelle mani degli interessi economici delle aziende del territorio, oltre che alle loro alterne vicende. Autonomia, chiaramente, non deve essere confusa con autarchia: l’autonomia a cui dobbiamo far riferimento va intesa come mezzo che contribui-sca ad un processo di valorizzazione delle diversità interindividuali, inter e intrascolastiche, nonché in-ter e intraterritoriali, per promuovere la scuola come centro culturale e polivalente del territorio. L’auto-nomia va intesa come mezzo per raccordare i pro-cessi formativi formali alle caratteristiche peculiari individuali e a quelle del contesto socio-cultuarale e territoriale specifico di riferimento. Così intesa, di-venta una ottima risposta alla dispersione, all’ab-bandono scolastico e all’analfabetismo di ritorno: è necessario valorizzare le scuole come spazi sociali aperti anche nelle ore pomeridiane e di pausa festi-va. Parlando di autonomia intendiamo: autonomia didattica, cioè la libertà di poter mettere in atto una reale programmazione didattica e formativa tramite commissioni paritetiche; autonomia finanziaria, il che non significa un completo svincolamento dallo Stato, ma questa non deve essere utilizzata in ma-niera strumentale per trasformare la scuola in un’a-zienda con l’ingresso dei privati, infatti a causa dei numerosi tagli non si è mai riusciti a progettare una vera e propria programmazione formativa, ma si è rimasti vincolati ai pochi fondi rimasti; autonomia amministrativa, pensiamo che l’Istituzione scolastica autonoma non debba rimanere subordinata ai CSA, ma debba risultare come vero e proprio ente auto-nomo in virtù di quel decentramento amministrativo che tanto si è vantato di aver ottenuto.Per noi parlare di governance all'interno delle scuole impone di parlare di democrazia e partecipazione da parte di tutte le componenti di essa.Per questo continuiamo a chiedere con forza una ri-forma degli Organi Collegiali che vada nella direzio-ne di un rafforzamento di questi.

Per questo motivo rivendichiamo:• La valorizzazione dei diritti degli studenti

sanciti dallo Statuto degli Studenti, attra-verso percorsi di educazione ai diritti e alla partecipazione e un monitoraggio sul ri-spetto dello Statuto degli studenti e delle studentesse in ogni istituto e sulla confor-

{ 18 }

Page 19: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

mità allo Statuto dei regolamenti interni e disciplinari.

• La quantità di studenti delegati nel CdI, fat-ta salva la pariteticità, debba essere pro-gressiva rispetto alla popolazione studen-tesca, con mandato annuale per gli stu-denti secondo le modalità già prescritte dal TU 297/94;

• Il numero dei delegati degli studenti nei CdC debba aumentare da 2 a 3 e che la componente studentesca debba aver voce in merito alla valutazione didattica;

• Che siano messe in atto delle commissioni paritetiche, quindi composte da studenti e insegnanti, in grado di costruire program-mazione del piano didattico della scuola. Costruire delle sperimentazioni in questo senso nelle scuole, allargando i processi di partecipazione democratica, può e deve essere uno dei primi passi per dare reale senso alle potenzialità migliorative che l’autonomia scolastica ci da. Va istituita, inoltre, una commissione paritetica di stu-denti e docenti, che si esprima sul P.O.F., con parere vincolante ma non obbligatorio e che elabori progetti per rivedere le me-todologie didattiche e proporre l'introdu-zione di strumenti innovativi.

• Il diritto alla consultazione debba essere re-visionato in modo tale che si preveda la possibilità di richiedere un referendum sia sul livello locale che nazionale, che valga davanti alle istituzioni come parere forma-le espresso dalla componente studente-sca. Se per casi nazionali la consultazione produce un parere formale, nella singola scuola deve essere vincolante;

• Il referendum interno possa essere richie-sto da parte del 10% dell'intera popolazio-ne studentesca o dal 50% + 1 del comita-to studentesco;

• Che i diritti delle componenti scolastiche vengano demandati solo in senso espansi-vo agli statuti autonomi delle scuole e quindi le normative nazionali sulla regola-mentazione dei diritti nella scuola non vengano abrogate;

• Bisogna potenziare il ruolo del comitato studentesco e di rafforzamento delle sue competenze, cosi come il Consiglio di clas-se.

• Le prerogative dei Dirigenti Scolastici devo-no essere l’incentivare la partecipazione collettiva nella gestione dell'istituto.

• Rendere lo studente protagonista e fautore del suo percorso di studio, formale ed in-formale, trasformerebbe la scuola in un percorso partecipato e costruito dallo stes-so soggetto in formazione.

• Potenziare l’autodeterminazione del percor-so formativo, dando ampio spazio alle in-

clinazioni e agli interessi individuali avreb-be un impatto estremamente positivo sulla dispersione scolastica. Inoltre non si può sottovalutare l’importanza di fare degli istituti degli spazi sociali e di ritrovo anche in termini di presidi culturali e di legalità.

• Il rifinanziamento al dpr 567/96 e ai proget-ti autonomi delle scuole;

• Il finanziamento dei progetti delle scuole aperte al pomeriggio come presidio di de-mocrazia, partecipazione, aggregazione sul territorio, contrasto non repressivo alle mafie e all'illegalità diffusa, in seno ai pro-getti autonomi delle scuole;

• Una commissione di monitoraggio naziona-le sul funzionamento dell'autonomia scola-stica con il coinvolgimento delle parti so-ciali;

• La realizzazione un ulteriore decentramen-to amministrativo che preveda per le asso-ciazioni studentesche regolarmente regi-strate in segreteria secondo quanto preve-de l'art. 1 bis del dpr 567/96 un bilancio fi-nalizzato ad attività formative e ricretive interne alla scuola, svincolanto dall'appro-vazione del C.d.I., con un tetto deciso in concomitanza alla presentazione del primo bilancio preventivo e sottoposto a verifica a chiusura di bilancio;

• Istituzione di una commissione paritetica, composta da almeno due studenti e due docenti, per il monitoraggio dei progetti di ogni ordine (integrativi, complementari, ...) affinchè siano svolti con dovuta regolarità. Ogni atto di conte-stazione rispetto ad un progetto, deve es-sere vidimato dalla commissione di garan-zia che a sua volta deve elaborare una proposta la C.d.I.;

• Autonomia finanziaria: Crediamo che auto-nomia finanziaria debba significare, da una parte, la fine di finanziamenti vincolati a fini specifici, dall’altra, la possibilità per le scuole di mantenere quella tutela eco-nomica da parte dello Stato, necessaria soprattutto nelle aree più disagiate del paese. Per questo risulta necessario: Au-mentare i fondi destinati alla legge 440, un serio investimento sulla professionalità dei docenti soprattutto sull’insegnamento di sostegno, che vengano aumentati del 50% i fondi destinati a coprire le TARSU e la manutenzione ordinaria delle scuole, che vengano ripristinati quanto meno i 45 centesimi l’ora per l’indennità di missione per i viaggi di istruzione in Italia, per gli in-segnanti che accompagnano le classi nelle visite previste dal programma didattico.

• Autonomia amministrativa: Riteniamo, quindi, che vada totalmente rivista la rifor-ma della Amministrazione Scolastica, rive-

{ 19 }

Page 20: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

dendo il ruolo dei CSA e riaffermando l’i-dea secondo cui essi dovrebbero essere molto simili all’ormai dimenticato progetto dei CIS, i Centri di Assistenza alle scuole.

• L'attivazione di un monitoraggio ministeria-le sul funzionamento dell'autonomia scola-stica in in tutti i suoi segmenti (organizza-tivo, finanziario e amministrativo, di ricer-ca, sperimentazione e didattica) e che i dati siano resi pubblici e accessibili sul web e che siano inviati a tutte le istituzioni scolastiche autonome. Se dovessero risul-tare inadempienze e non conformità deve essere compito dell'USR comunicare l'irre-golarità all'istituto interessato, fatta salva la sua autonomia;

•• L' avviamento di un percorso di valorizza-

zione dei campus che sia strettamente in raccordo con il territorio, ma che presenti una struttura polivalente, capace di inter-secare diversi percorsicognitivi e profes-sionali, contribuendo ad una maggiore flessibilità dei percorsi formativi e un'ade-renza maggiore alle sensibilità e attitudini dello stuente;

• Le reti di scuole siano strutturate su base distrettuale e si dotino di un bilancio an-nuale, al quale deve provvedere il CSA provinciale;

• La rete di scuole territoriale debba essere totalmente orizzontale e si individui solo un moderatore con mandato semestrale e che di esse siano membri di diritto tutti rappresentanti di istituto, rappresentanti dei docenti ed i dirigenti scolastici delle scuole del dato distretto;

• Le assemblee della rete di scuole siano aperte e pubbliche e chi tengano periodi-camente nell'anno scolastico almeno una volta ogni due mesi e che il lavoro sul ter-ritorio sia guidato da commissioni interne teatiche e d'area;

• Il processo di costruzione di queste reti deve partire da una Carta per la scuola dell'autonomia, che individui i criteri a cui le scuole intendono ispirarsi per esercitare le loro competenze e per stabilire le ne-cessarie relazione e interazioni con gli altri soggetti aventi competenza in materia di formazione e con le rappresentanze socia-li, culturali e produttive del territorio;

• Le conferenze si strutturino su base provin-ciale e siano composte dai portavoce delle reti di scuole distrettuali, dai rappresen-tanti legali delle associazioni e dai rappre-sentanti degli enti locali.

Università

Lo smantellamento del carattere pubblico dell’uni-versità realizzato negli ultimi anni, alla fine di un processo ventennale, si è concretizzato anche e so-prattutto mediante una revisione in senso fortemen-te dirigista e antidemocratico dell’istituzione univer-sitaria. Gli statuti post-riforma Gelmini descrivono università quasi totalmente nelle mani di rettori e dei professori ordinari, escludendo quasi del tutto dai processi decisionali studenti, ricercatori, dotto-randi, precari e tecnici-amminstrativi; con l’entrata dei privati nei Consigli d’Amministrazione il proces-so di privatizzazione dell’università ha toccato an-che la governance interna degli atenei. Sicuramente l'università non è mai stata un luogo di vera demo-crazia, ma oggi l'utilizzo di questa parola per noi di-venta grottesco: come possiamo pretendere che il sapere sia libero, accessibile a tutti e risponda ad un interesse pubblico, cioè della collettività, se la sua ricerca e la sua trasmissione rispondono a interessi di pochi baroni, se l'istituzione universitaria è gesti-ta solamente sulla base di logiche di spartizione di soldi e potere, o ancora peggio su logiche di profitto esterne all'università stessa? E' evidente quindi come liberare i saperi sia anche e prima di tutto una questione democratica.Ripubblicizzare i saperi quindi passa anche attraver-so una svolta in senso democratico delle università, che parta inevitabilmente da una messa in discus-sione della legge Gelmini, sia dal punto di vista della legislazione nazionale sia da parte dei singoli atenei, che hanno il dovere di compensare in senso demo-cratico e partecipativo la svolta autoritaria messa in atto da tale legge. Occorre anche ridare un ruolo centrale alla rappresentanza studentesca, ridotta e umiliata sia da parte delle riforme ministeriali sia da parte dei comportamenti quotidiani di rettori.

Per questo chiediamo:• L’abrogazione della legge Gelmini e l’auto-

governo dell'università: nessun esterno (tanto meno privato) può comporre gli or-gani di governo dell'ateneo.

• L’introduzione di una rappresentanza di tutte le componenti universitarie in tutti gli organi collegiali, tramite elezione diret-ta .

• Il riconoscimento di specifiche competenze ai rappresentanti degli studenti, compren-denti il controllo sulla qualità dei servizi e la possibilità di esprimere un parere vinco-lante sui temi che riguardano più diretta-mente gli studenti.

• L’introduzione di meccanismi e istituti di democrazia diretta e partecipazione dal basso della componente studentesca come: assemblee periodiche ufficiali con

{ 20 }

Page 21: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

sospensione delle lezioni, referendum stu-denteschi come forme di consultazione promossa dalla stessa Università, dai rap-presentanti degli studenti o dagli studenti stessi, iniziativa studentesca come possi-bilità di vincolare l'organo competente a discutere la proposta avanzata con l'inizia-tiva stessa.

• L’adozione dello Statuto dei diritti delle stu-dentesse e degli studenti e di linea guida nazionali che rendano uniformi i Codici deontologici dei vari atenei in materia di imcompatibilità nell'assunzione di familia-ri, di limiti di mandato su tutte le cariche, di tutela dei diritti di chi studia e lavora nelle università, di contrasto a ogni forma di discriminazione.

Scuole e università ecocompatibili

Oggi la crisi ambientale è solo uno dei tanti risvolti negativi di una crisi più generale del modello di svi-luppo. Dal dopoguerra ad oggi, con un incredibile accelerata a partire dagli anni ‘70, e con la crescita delle economie “emergenti”, si è palesata l’incom-patibilità dell’attuale sistema economico e sociale che pone al centro lo sfruttamento sfrenato di risor-se umane e ambientali. Ripartire da un sistema che riconosca i limiti delle risorse ambientali e che rie-sca a determinare un equilibrio con l’uomo, è una questione ineludibile e sempre più urgente.Con il passare degli anni si sono sempre più interio-rizzati i valori alla base di questo modello quali, l’in-dividualismo, l’assenza di una responsabilità lungi-mirante dell’agire politico, l’assenza di una finitezza delle risorse.

In questa meccanica riproduzione di questa perver-sa autodistruzione, crediamo che i luoghi della for-mazione rappresentino il potenziale cortocircuito in grado di sviluppare la necessaria alternativa.Imprescindibile per far ciò è liberare i luoghi e chi li vive ogni giorno dai paradigmi che oggi li condizio-nano, renderli propulsori di cambiamento, ripensa-mento anche sistemico e allo stesso tempo in grado di innescare innovative prassi quotidiane.

Per questo motivo chiediamo:

• Un piano di finanziamento straordinario per l’ammodernamento energetico e strut-turale degli edifici. Finanziamenti per l’in-stallazione di pannelli fotovoltaici La map-patura della dispersione termica di scuole e università.

• La promozione di buone prassi (la raccolta differenziata, utilizzo degli aquamat per la riduzione degli sprechi, introduzione di cibi

e bevande equosolidali o a km0 nelle men-se, utilizzo della carta riciclata)

• L’attivazione di corsi multidisciplinari sulla crisi ambientale

{ 21 }

Page 22: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

{ Proposte contro la

precarietà esistenziale }Reddito per i soggetti in formazione

Fondamentale, per uscire dalla crisi con più diritti e possibilità e non con maggiori diseguaglianze, è co-struire forme di welfare che siano capaci di garanti-re una reale autonomia sociale dei soggetti. Le stu-dentesse e gli studenti non sono tutelati ad oggi da nessuna forma di welfare esistente. La retorica dei giovani "bamboccioni" non è frutto di un dato antro-pologico degli studenti o dei giovani italiani, ma è un dato strutturale dell'assenza di possibilità di co-struire i propri percorsi di vita. A fare maggiormente le spese dell’attacco al welfare sono sia i soggetti meno tutelati dal workfare (che esclude chi non è inserito in un percorso lavorativo) sia coloro che ten-tano di rendersi autonomi dalle reti sociali che sup-pliscono alle mancanze dello Stato, compito che in Italia ricoprono quasi esclusivamente i nuclei fami-liari.Questo perché in questi ultimi 20 anni non sono esi-stite politiche sociali, dal diritto allo studio al welfa-re. In un periodo in cui disoccupazione e precarietà aumentano e i costi di accesso a scuola e università salgono (dalle tasse, ai servizi, ai consumi culturali) non si può non assumere l'urgenza di costruire for-me di welfare capaci di arginare il danno prodotto dalla crisi e dalle politiche di austerity negli ultimi mesi. Le famiglie italiane non riescono più a soste-nere il costo dello studio dei propri figli. Bisogna ga-rantire a studenti, dottorandi, soggetti in formazione di poter costruire il diritto al futuro in maniera slega-ta dal contesto familiare.Per queste ragioni finanziare soltanto il diritto allo studio non può più bastare. Crediamo che la prossi-ma legislatura debba costruire un piano di risorse per finanziare nuove forme di welfare. Pensiamo che il reddito per i soggetti in formazione sia una di queste. Pensiamo però che sia lo Stato che il livello muncipale debbano assumersi la responsabilità di costruire forme di reddito per i soggetti in formazio-ne che accompagnino il percorso formativo degli studenti e dei dottorati. Riconoscere il ruolo centrale dei soggetti in formazione significa garantire su tutti i livelli il potenziamento di forme che tutelino non solo il diritto allo studio, ma la totalità della vita (dai servizi, alla partecipazione, all'accesso ai consumi) durante il percorso di formazione. Le studentesse e gli studenti hanno bisogno di forme di garanzie e di tutele, di servizi essenziali e diritti fondamentali per scegliere consapevolmente i propri percorsi di vita, di studio e di lavoro.I soggetti in formazione vivono pienamente questa condizione. Oggi in Italia è ormai centrale la que-

stione generazionale in tutte le sue accezioni. Met-tere al centro delle politiche della prossima legisla-tura il welfare vuol dire porsi la prospettiva di pro-muovere la costruzione autonoma di percorsi forma-tivi, di lavoro di vita, livellare le disuguaglianze terri-toriali che ancora oggi, nel 2013, segnano profonda-mente l'Italia e la sua capacità di dare futuro.

Accesso ai saperi

La dimensione culturale è un perno fondamentale per lo sviluppo della società nel suo insieme. Forse non creerà nel breve periodo un profitto monetario ma, sicuramente, può portare sviluppo nel lungo pe-riodo. Ma le statistiche nostrane ci consegnano una triste realtà: solo il 45% degli italiani legge almeno un libro l’anno, solo il 29% degli italiani ha visitato un sito museale o un’esposizione temporanea nel corso dell’ultimo anno, dulcis in fundo l’Italia si colloca tra gli ultimi Paesi Europei in quanto a spesa cultu-rale delle famiglie (6,9% della spesa complessiva).E’ fondamentale quindi ripensare il rapporto tra cul-tura e conoscenza ritenendo la loro produzione e diffusione come accessibili universalmente.Un nuovo modello di sviluppo e l’embrione di una nuova società passa anche attraverso una riqualifi-cazione del sapere e delle sue modalità di accesso.

Per questi motivi chiediamo:• Il potenziamento della Carta IoStudio intro-

dotta dal Ministro Fioroni e mai resa real-mente incisiva per consentire un pieno ac-cesso ai consumi culturali non-formali e sua estensione a tutti i soggetti in forma-zione

• Il riconoscimento di reddito indiretto costi-tuito da agevolazioni per l’accesso a mu-sei, cinema, teatri, eventi culturali e per l’acquisto di libri, cd e altro materiale cul-turale e in definitiva per l’accesso ai canali formativi informali

• L’installazione di reti wi-fi libere e gratuite negli spazi pubblici e nei luoghi di forma-zione, con un piano progressivo di copertu-ra di tutto il territorio comunale;

• La necessità per enti pubblici, professori universitari e scolastici, di utilizzare e pub-blicare unicamente testi in licenza copyleft e la conversione delle Amministrazioni Pubbliche a sistemi open source e open access;

• L'istituzione di sportelli informativi nei luo-ghi di formazione per promuovere l'utilizzo degli strumenti di reddito indiretto e per informare i soggetti in formazione rispetto all'offerta culturale, aggregativa, espositi-va etc. del territorio.

{ 22 }

Page 23: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

Diritto all’abitare

La nostra generazione è stata appellata da molti come la generazione dei “bamboccioni”: coloro che non vogliono uscire dall'abitazione dei propri genito-ri una volta compiuta la maggiore età, la generazio-ne che preferisce vivere con la propria famiglia piut-tosto che rendersi realmente autonoma. La retorica su questo tema è stata abbondante.Ma la realtà dei fatti è molto diversa. Siamo la gene-razione che quando esce fuori dalla casa in cui è cresciuto si trova davanti un mercato in cui si trova-no affitti carissimi e in nero e case fatiscenti, molte volte pericolanti e non a norma. Siamo la generazio-ne dei contratti di lavoro atipici che non permettono di vivere un presente sereno e costruire un futuro stabile.La condizione di precarietà si acuisce fortemente quando si decide di prendere un appartamento (o molto più spesso una stanza) in affitto. La spesa mensile per una stanza va dai 150 euro (al Sud) ai 500 euro della Capitale e di alcuni capoluoghi del Nord.

Il proliferare del nero e del “contratto grigio” non solo impedisco allo studente di esercitare i suoi dirit-ti di inquilino e lo fanno sottostare ad una condizio-ne di ricattabilità, ma spesso rendono difficile usu-fruire delle poche possibilità offerte dal sistema del diritto allo studio. Infatti gli studenti che non hanno un contratto regolarmente registrato all'Agenzia del-le Entrate perdono la possibilità di ricevere la borsa di studio di cui avrebbero diritto, vengono classifica-ti come “pendolari” e ricevono, se idonei, una borsa di studio equivalente alla metà di quella per “fuori-sede”. Il diritto all'abitare è un concetto abbastanza ampio che parte dal diritto ad avere un tetto sopra la pro-pria testa e si allarga alla garanzia della qualità del-la vita urbana: è importante che i quartieri in cui si abita garantiscano servizi come il trasporto pubblico e il servizio sanitario, che non siano cattedrali nel deserto (come spesso capita per le Case dello Stu-dente), che abbiano luoghi di socializzazione e ag-gregazione, ecc.

Una delle cause dell'attuale emergenza abitativa è la speculazione immobiliare. La casa non è però un bene che può essere inteso come una qualsiasi mer-ce di consumo. Esistono ottimi esempi in Europa di politiche che salvaguardano il diritto all'abitare: si pensi ad esempio al social housing francese: a Parigi, per fare un esempio, tantissimi immobili sono stati comprati dal Comune che li ha ristrutturati e dati alla popolazione.

Per questi motivi chiediamo:• Politiche di investimento per la costruzione

di nuove Case dello Studente e la riconver-

sione di immobili dismessi dei Comuni per mettere in campo politiche di social hou-sing per i soggetti in formazione, oltre al recupero degli alloggi sfitti,

• Interventi di riqualificazione degli studen-tati;

• Politiche che mirino a fare emergere le dif-fusissime situazioni di locazione sommersa e a combattere una oramai insostenibile situazione di illegalità finalizzata alla mas-simizzazione del profitto privato attraverso l'evasione fiscale;

• Politiche che incentivino la stipula da parte dei proprietari di casa di contratti “calmie-rati” agli studenti – da portare avanti con-giuntamente alle amministrazioni comuna-li – e la costituzione di Agenzie Comunali degli Affitti pubbliche con il ruolo di inter-mediari tra domanda ed offerta. Esistono diverse modalità di azione che vanno dalla promozione del contratto di affitto concor-dato, alla tutela legale dei conduttori, alla creazione di database online per la ricerca dell’alloggio;

• L’incentivo, attraverso programmi ad hoc, a costruire nelle città universitarie luoghi adatti all’ospitalità di studenti per tempi ri-dotti, per favorire gli studenti presenti in città per brevi periodi di tempo (tra la set-timana ed il mese), per garantire a quegli studenti privi di alloggio ma che devono trovare una sistemazione definitiva o de-vono svolgere degli esami di poter sog-giornare senza spendere grandi cifre;

• L’apertura prolungata nelle ore serali delle sedi scolastiche (in ottemperanza al DPR 567/96), universitarie e culturali (bibiliote-che, cinema, teatri etc.).

Diritto alla mobilità

Il pendolarismo è una condizione generalizzata dei soggetti in formazione dovuta alle distanze che esi-stono tra i luoghi di vita, quelli di formazione, e tra quelli di formazione formale (scuola, università, ac-cademie) e di formazione informale (biblioteche, ci-nema, teatri, etc.). I luoghi di produzione, circolazio-ne e fruizione di saperi costituiscono un reticolato che percorre tutta la superficie nazionale, portando noi studenti a muoverci da una Regione all’altra, da una città all’altra per costruire il nostro percorso for-mativo.Insieme alle tasse e al materiale didattico la mobili-tà diventa un capitolo di spesa sempre più incisivo per le famiglie degli studenti e delle studentesse creando e peggiorando le sacche di disagio e pover-tà, aggravando i livelli di abbandono scolastico e universitario.

{ 23 }

Page 24: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

In quanto tale il diritto alla mobilità dovrebbe essere garantito a tutti, e in particolar modo ai soggetti in formazione, senza alcuna barriera economico-socia-le che impedisca il completo utilizzo dei sistemi di trasporto pubblico.

La riduzione nei trasferimenti dei fondi alle Regioni per il 2012, come spiega Legambiente, ha colpito duramente il servizio ferroviario, rendendo impossi-bile garantire i servizi ferroviari pendolari, già forte-mente inadeguati. Questa prospettiva drammatica riguarda oltre 2,7 milioni di italiani che ogni mattina usano il treno per spostarsi per motivi di lavoro e di studio. La situazione degli altri sistemi di trasporto locale riflette abbastanza fedelmente quella del tra-sporto ferroviario: privatizzazioni, aumento delle ta-riffe, diminuzione della qualità del serivizio e della tutela dei lavoratori, nonché della sicurezza degli utenti e dei lavoratori stessi.

Per questi motivi chiediamo:• Una forte riduzione dei costi del trasporto

pubblico per tutti i soggetti in formazione;• Il sostegno di forme di mobilità alternativa,

quale ad esempio la bicicletta, attraverso la costruzione di fitte e ragionate reti di pi-ste ciclabili e la creazione di stazioni di bike sharing;

• Forti agevolazioni in termini di riduzione del costo del biglietto sui treni nazionali per permettere agli studenti di muoversi li-beramente sul suolo nazionale;

• Lo stanziamento di fondi, recuperati attra-verso l’abbandono dei progetti delle grandi opere inutili, per il miglioramento della rete attuale e la costruzione di nuove linee su ferro e su gomma a cominciare dal Sud Italia;

• Un piano di investimenti per il migliora-mento del trasporto pubblico per renderlo adeguato a standard di competitività con il trasporto privato, anche al fine di abbatte-re i danni e i costi sociali prodotti da que-sto;

• La costituzione al livello nazionale, e in tutte le Regioni, di un sistema di tariffe in-tegrato tra le diverse modalità di trasporto pubblico, e una gestione più democratica e trasparente delle aziende di trasporto pubblico.

Socialità e aggregazione

La vita di uno studente non si esaurisce dentro le mura universitarie o scolastiche, ma si sviluppa nel-la città dove vive che può essere o non essere la cit-tà in cui studia. Spesso la popolazione studentesca, soprattutto universitaria, viene percepita come una componente passeggera e non gradita nella città.

Tale percezione si estende in realtà non solo agli studenti ma a tutti i giovani, spesso visti più come un problema che come una risorsa, se non nell’otti-ca di una risorsa economica da sfruttare, nel caso dei fuorisede. Si tratta di una percezione quanto mai sbagliata che sottovaluta l’apporto che gli studenti offrono alla società, attraverso il loro studio, il loro impegno e il loro attivismo. Un esempio sono le atti-vità culturali, spesso di fruizione gratuita o basso costo, che spesso le associazioni giovanili organizza-no nelle nostre città.Accanto all’ostilità, le esperienze di protagonismo giovanile hanno forti difficoltà a rendere sostenibili economicamente le loro attività. Se nell’ultimo de-cennio la retorica del protagonismo giovanile era molto forte, ora, anche a causa dei tagli ai fondi de-gli enti locali e delle università, risulta sempre più difficile per le associazioni, i singoli e i gruppi forma-li accedere a bandi e finanziamenti pubblici, fonda-mentali per attività che hanno alla base la parteci-pazione e la possibilità per tutti di accedere alle atti-vità.

Per questo molto importante è la creazione di spazi sociali, ove si possano ritrovare sia studenti che gio-vani lavoratori (o aspiranti tali), i quali molto spesso non riescono ad esprimere la loro partecipazione al-l’interno dei contesti più tradizionali. Tali luoghi pos-sono esprimere partecipazione politica e sociale, così come promuovere attività culturali a prezzi po-polari o gratuite e attività mutualistiche (sportelli in-formativi, doposcuola per i bambini, ripetizioni gra-tuite, etc.). La creazione e il mantenimento di tali spazi spesso non è semplice: è difficile ottenere dal-le pubbliche amministrazioni i locali, gli affitti sono alti e il lavoro sociale svolto viene difficilmente rico-nosciuto e considerato.

Un caso particolare è rappresentato dagli studenti e le studentesse fuorisede, Non sono residenti - e nel caso in cui siano borsisti non possono proprio diven-tarlo senza perdere una parte consistente della bor-sa di studio - non possono votare alle elezioni comu-nali, né spesso alle altre elezioni amministrative. Ep-pure vivono la città, sono componente arricchente, in molti casi attiva socialmente e sono sicuramente portatori di istanze particolari (ad esempio sulle questioni degli affitti, dei trasporti notturni, etc.). Per queste ragioni occorre pensare a strumenti che diano loro la possibilità di essere rappresentati an-che nella città in cui vivono la maggior parte dell’an-no e per diversi anni: consulte rappresentative sul modello di quelle costituite negli anni ‘90 per dare rappresentanza ai migranti (ugualmente privi del di-ritto di voto) oppure la sperimentazione dei consi-glieri aggiunti, la presenza di tavoli tra Comune, Re-gione, Provincia e le rappresentanze studentesche degli Atenei presenti sul territorio, etc.

In questi giorni è emerso il problema del voto degli studenti e delle studentesse Erasmus, che non es-

{ 24 }

Page 25: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

sendo residenti all’estero formalmente e non poten-do acquisire la residenza perché il soggiorno è trop-po breve, sono obbligati a tornare in Italia per poter votare, senza neanche poter usufruire degli sconti sul viaggio di cui gode chi si trova in una città italia-na diversa da quella in cui vota. Si tratta di un pro-blema che non riguarda solo gli Erasmus, ma tutti e tutte coloro che si trovano a trascorrere periodi rela-tivamente brevi per lavoro o per studio all’estero. La normativa italiana sul voto dei cittadini italiani all’e-stero infatti non tiene conto dell’aumento della mo-bilità all’interno dei confini dell’UE (e non solo) ed è pensata, paradossalmente, per far votare chi si è stabilito all’estero per un lungo periodo (o chi è nato all’estero da genitori italiani) piuttosto che chi deve trascorrere tre mesi in un altro Paese dell’Unione Europea. Nel caso specifico degli studenti Erasmus - o di altri vincitori di borse e programmi per la mobilità inter-nazionale - appare ancora più paradossale il fatto che queste persone si trovino all’estero grazie ad un progetto pubblico e che non possano esercitare il loro diritto di voto.

Per questo chiediamo:• Lo stanziamento di fondi per sostenere le

attività delle organizzazioni studentesche e giovanili e per gli spazi sociali

• La possibilità di partecipare a corsi di for-mazione pubblici sulla progettazione, il fund rasing, ecc.. per coloro che fanno parte di un’organizzazione giovanile o gio-vanile e studentesca di uno spazio

• Il recupero e la messa a disposizione al pubblico (singoli, gruppi, associazioni rico-nosciute) degli immobili inutilizzati o sot-toutilizzati di proprietà pubblica, con parti-colare attenzione per l’istituzione di spazi pubblici per la produzione e la fruizione li-bera di saperi e culture al di fuori dei cir-cuiti commerciali.

{ 25 }

Page 26: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

{ Conclusioni

Fermare l’austerità, liberarei saperi per liberare le persone }Quelle riportate sopra sono le proposte nate e cre-sciute all’interno di un tessuto democratico costitui-to dalle migliaia di assemblee, seminari, occupazioni e autogestioni che si sono succeduti negli ultimi anni. Sono cresciute di pari passo con la passata le-gislatura, quella legislatura che si è contraddistinta per aver portato a compimento il processo venten-nale di privatizzazione di scuole e università e il conseguente “imprigionamento” dei saperi nelle lo-giche del mercato, basate sull’utilità economica, il censo, la subalternità.Chi entrerà nel prossimo Parlamento e chi vorrà go-vernare dovrà rispondere ad alcune semplici do-mande: volete un’istruzione pubblica, e quindi de-mocratica, di qualità e accessibile a tutti? Pensate che la ricerca e l’innovazione che escono dalle no-stre università possano rappresentare il volano per un modello di sviluppo equo?

Se la risposta è si, le politiche dovranno essere con-seguenti. Innanzitutto un’istruzione pubblica deve essere sorretta dal massiccio finanziamento pubbli-co. Sicuramente un modello d’istruzione che unisce pubblico e privato, che in Italia si è concretizzato nel “modello emiliano”, ha dimostrato i suoi frutti in ter-mini di efficienza ma presenta due difetti: il primo è che può funzionare solo dove c’è un forte tessuto produttivo e una ricchezza diffusa, aumentando ul-teriormente le disuguaglianze tra zone ricche e po-vere del Paese; in secondo luogo un’istruzione lega-ta alle aziende tende a riprodurre lo status quo e non a innovare il tessuto produttivo stesso. Oltre ad un piano di finanziamento legato alla crescita del rapporto docenti-studenti e quindi al riavvio del turn over con l’obiettivo dell’assunzione dei precari stori-ci, occorre rivedere complessivamente il concetto di autonomia scolastica e universitaria, basandole su diritti democratici uguali su tutto il territorio nazio-nale e sul coinvolgimento di tutta la comunità scola-stica e accademica per superare le baronie e il ma-nagerismo di presidi e rettori.Se la scuola e l’università sono il terreno in cui cre-scono i cittadini e le cittadine del domani, devono essere rette da una democrazia sostanziale che dia ampi spazi di autogestione agli studenti nella co-struzione di percorsi di studio e accesso ai saperi “tagliati su misura”.

La didattica, quindi, assume un valore centrale per il rilancio dell’istruzione nel nostro Paese: occorre

aprire un dibattito sui cicli e sulla didattica, puntan-do al superamento dell’impostazione gentiliana. Pa-rallelamente va superato il classismo che caratteriz-za il nostro sistema di istruzione, con imponenti in-vestimenti sul diritto allo studio per arginare l’ab-bandono scolastico e universitario. Contrariamente a quanto detto dai passati governi, gli investimenti non possono andare sulle “eccellenze”, lasciando in-dietro le zone del paese a rischio abbandono, anzi è proprio in queste aree che è necessario investire maggiormente.

Oggi il sapere sta diventando un bene di lusso, che mantiene e rafforza le differenze sociali di prove-nienza. O i prossimi Governi lavoreranno per dare autonomia sociale ai soggetti in formazione o aval-leranno definitivamente le diseguaglianze presenti nel nostro paese, aggravando la crisi sociale, econo-mica e ambientale.

Speriamo che queste proposte possano essere uno spunto per chi andrà a governare il Paese, consci del fatto che per noi possono essere le uniche volte ad una ripubblicizzazione totale della scuola e del-l'università, fermo restando che consideriamo le po-litiche di austerità e di riduzione della spesa pubbli-ca inconciliabili con le nostre proposte.

Saremo sempre pronti al confronto con chi partendo da queste prospettive vorrà porsi il tema di realizza-re tutte o parte delle nostre rivendicazioni con l’o-biettivo di una totale ripubblicizzazione di scuola e università. Allo stesso tempo saremo sempre pronti a contrastare e a scendere in piazza contro coloro i quali andranno nella direzione opposta.

{ 26 }

Page 27: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

{ 10 proposte per i primi

100 giorni di Governo }1. Innalzamento dell’obbligo scolastico a 16

anni per l’anno scolastico 2013/2014 e a 18 anni entro l’anno scolastico 2016/2017 e aumento del fondo per le istituzioni sco-lastiche e del fondo per il miglioramento dell'offerta formativa

2. Abolizione dei percorsi di apprendistato per minorenni e della possibilità di assol-vere l’obbligo scolastico con questo stru-mento

3. Apertura tavolo Stato-Regioni per un piano di investimenti straordinari in edilizia sco-lastica e universitaria

4. Apertura tavolo Stato-Regioni per reperi-mento fondi per un piano straordinario di investimenti in diritto allo studio e welfare in previsione della prima finanziaria

5. Presentazione della Legge Quadro Nazio-nale sul Diritto allo Studio

6. Presentazione della Legge riguardante lo “Statuto dei diritti degli studenti e delle studentesse universitari”

7. Presentazione della Legge riguardante lo “Statuto degli Studenti e delle studentesse inseriti in percorsi di stages e tirocini”

8. Sblocco del Turn Over nelle università e negli Enti di Ricerca e pubblicazione di un piano di assorbimento dei precari storici della scuola con conseguente crescita del rapporto docenti-studenti

9. Presentazione Riforma sulla Parità scolasti-ca che abolisca i fondi destinati alle scuole private

10.Cancellazione delle modifiche al DPR 306/97 contenute nella spending review in merito alla contribuzione studentesca.

{ 27 }

Page 28: ControAgenda studentesca | Elezioni Politiche '13

Rete della Conoscenza { ControAgenda Studentesca } Elezioni Politiche 2013

{ 28 }