Considerazioni letterarie

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Saggio letterario di DANILO CARUSO / Palermo, settembre 2014

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  • In memoria di mio padre Antonino,

    artista e artefice di una Lercara archeologica.

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    INTRODUZIONE

    l comportamento dellessere umano in aggiunta alle sue naturali inclinazioni influenzato dalle circostanze ambientali in cui cresce, si forma e continua a vi-vere.

    Dipende dunque dalla presenza di disagi la crescita di una personalit segnata da un accumulo di motivi di rivalsa che si possono scaricare sulla societ, motivi che partendo dalle pi svariate tipologie rischiano di sfociare in atti illeciti anche reite-rati nonostante le leggi li reprimano.

    La spinta a delinquere sorge perlopi da uno stato di malessere: lenergia psichica pu indirizzarsi su versanti positivi (pulsione al piacere) o versanti nega-tivi (pulsione alla distruzione).

    Chi ha inclinazione a deviare dallordine costituito soprattutto un sogget-to formatosi in contesti di carente benessere e acculturazione.

    Questo insieme di fattori scatenanti anima dei comportamenti che mirano a distruggere nei pi diversi modi il vivere civilizzato.

    Lirrazionalit dellatteggiamento delinquenziale quindi una conseguenza di quei sistemi sociali che producono sperequazioni dalla base, tendenti a creare sacche di ridotto arricchimento senza riguardo per la massa.

    Unarchitettura socioeconomica che non dia luogo a differenze, la fornitura statale di servizi quanto pi efficaci, la distribuzione del benessere su pi ampia scala darebbero il via alla riduzione degli illeciti.

    Questo piano di prevenzione dovrebbe naturalmente unirsi alla scolarizza-zione e allacculturamento, dato che un buon cittadino non quello che non com-prende le dinamiche del mondo in cui vive e che non abbia idee chiare.

    Lignoranza tra i fattori promotori di condizioni devianti, del loro attec-chire e del loro protrarsi.

    Il concorso degli istruiti pu favorire buone leggi, e pi acculturati signifi-cherebbero pi buone leggi.

    Cosicch non si verifichi neanche in una animal farm letteraria che il Napole-on di turno, chiss, stabilisca che abbiano diritto di parola solo coloro che cono-scano e sappiano spiegare bene le grammatiche delle lingue grazie a cui si espri-mono, nello stesso modo in cui guidare un veicolo richiede il conferimento di una patente dopo aver superato un appropriato esame.

    Ma a ci, fortunatamente, rimediano gi le scuole.

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    1. ANTROPOGONIA E ANDROGINIA NEL SIMPOSIO E NELLA GENESI

    l racconto di Genesi sulla creazione dellumanit appare sotto nuova luce se sovrapposto a quello di Aristofane nel Simposio platonico. Platone fa dire al commediografo che in origine cerano tre sessi umani, non due, maschio e

    femmina soltanto, come ora, ma ce nera un terzo, che partecipava delluno e dellaltro e che, scomparso oggid, sopravvive ancora nel nome. Cera allora un terzo sesso, landrogino, che di fatto e di nome aveva del maschio e della femmina, e questo non esiste pi, fuorch nel nome che suona un oltraggio. Inoltre ogni uomo aveva una figura rotonda, dorso e fianchi tuttintorno, quattro braccia, gambe di numero pari alle braccia, su un collo cilindrico due visi, perfettamente simili fra loro, ununica testa su questi due visi, posti luno in senso contrario allaltro, quattro orecchie, doppie pudende e tutto il resto come si pu supporre da ci che si detto.

    A questa descrizione dei primordiali esseri umani con doppia connotazione somatica (maschio-maschio, femmina-femmina, maschio-femmina) segue la spie-gazione di come Zeus, per punirli della loro volont di sfidare gli dei, li avesse ta-gliati simmetricamente in due. Il sovrano dellOlimpo venne segando gli uomini in due, come quelli che tagliano le sorbe per metterle in conserva, o quelli che di-vidono le uova con il filo di crine. E a misura che ne segava uno, ordinava ad A-pollo di girargli la faccia e la met del collo dalla parte del taglio, acciocch luomo, avendo sotto gli occhi il proprio taglio, fosse pi modesto, e medicargli le altre ferite. E Apollo girava a ciascuno la faccia in senso opposto, e tirando dogni parte la pelle verso quello che ora chiamiamo ventre, come le borse a nodo scorso-io, lasciandovi appena una boccuccia, la legava nel mezzo del ventre, in quel pun-to preciso che chiamano ombelico. Spianava poi tutte le altre grinze, che eran mol-te, e rassettava le costole, servendosi duno strumento suppergi simile a quello che adoperano i calzolai per spianare sulla forma le rughe del cuoio; ma ne lasci poche nel ventre e intorno allombelico, ricordo dellantica pena. Orbene, poich la creatura umana fu divisa in due, ciascuna met presa dal desiderio dellaltra, le andava incontro, e gettandole le braccia intorno e avviticchiandosi scambievol-mente, nella brama di rinsaldarsi in un unico corpo, morivano di fame e dinerzia, perch luna non voleva far nulla senza dellaltra. E quando luna delle met mo-riva e laltra sopravviveva, quella che sopravviveva andava in cerca di unaltra met e le si avvinghiava, sia che simbattesse nella met duna donna intera

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    quella che appunto ora chiamiamo donna sia nella met dun uomo; e cos mori-vano. Mosso pertanto a compassione, Zeus ne escogita unaltra; trasporta le loro pudende nella parte anteriore fino a quel momento anche queste le avevano avute al difuori, e generavano e partorivano non tra loro, ma in terra, come le cica-le gliele trasport dunque cos, sul davanti e in questo modo rese possibile la generazione fra loro, per mezzo del maschio nella femmina, con questo fine, che nellamplesso, ove un maschio sincontrasse in una femmina, generassero e si per-petuasse la specie; ma, ove invece un maschio simbattesse in un maschio, provas-sero saziet nello stare insieme e smettessero e si volgessero a operare e attendes-sero agli altri doveri della vita. Cosicch fin da quel momento lamore vicendevole innato negli uomini: esso ci riconduce al nostro essere primitivo, si sforza di fare di due creature una sola e di risanare cos la natura umana.

    Questa procedura di scissione, anche se circoscritta al solo androgino e con un impianto concettuale differente, era gi presente nellanteriore narrazione della Genesi (il testo di riferimento quello masoretico). Il posteriore testo platonico ha una traduzione pi chiara nella resa del pensiero esposto. Lespediente analiti-co della sovrapposizione di due scritti elaborati in contesti culturali distinti, co-munque non necessario, non fuor di luogo nel momento in cui tale operazione mostra un fondo comune di base dottrinale tra platonismo ed ebraismo che risul-terebbe la sapienza egizia (gli dei androgini dellantico Egitto sono connessi al cul-to del sole).

    Riguardo allantropogonia ebraica Gn 1,26-27 comincia col raccontare che Dio (Elohiym) disse: Produciamo (naaseh, qal imperfetto 1a persona plurale) adam per mezzo della nostra immagine (be-tsalme-nu) a nostra somiglianza (ki-dmute-nu) maschio e femmina (zakar u-neqebah) produsse loro. Qui si dice che lessere umano (adam) stato prodotto per mezzo di una statua (tselem), con connotati maschili e femminili, poi 2,7-25 approfondisce e continua largomento. Gn 1,11 parla di al-bero di frutto che faccia (produca: oseh, participio maschile singolare del qal) frutto in relazione alla sua specie (le-myn-o), il suo seme (zar-o-) mediante esso (-b-o) sulla ter-ra. Gn 1,31 usa lo stesso verbo, quando alla fine del sesto giorno della creazione Elohiym vide tutto ci che aveva fatto (asah, participio maschile singolare del qal). Pertanto stando alluso dei verbi: Elohiym sta a tselem come albero di frutto sta a seme. Nel v. 2,7 appare esplicito che la tselem di 1,27 una statua con cui Dio formava (-yyiytser, qal imperfetto 3a persona maschile singolare: si faccia molta attenzione al modo verbale che indica unazione non completa, perdurante) ladam, (che ) polvere dalla superficie della terra (apar min-haadamah).

    In particolare la parte finale di questo secondo brano riecheggia la divisione degli androgini di cui parla Aristofane. Che maschio e femmina di 1,27 fossero attributi riferiti a un singolo soggetto (e non a due generi individualmente diversi-ficati) lo credeva Filone Alessandrino, anche se poneva tale coppia di qualit nel

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    nucleo unitario di unidea universale di umanit nella mente divina (archetipo no-etico poi servito nelloperazione di 2,7-25). Il secondo racconto sullorigine umana contraddice per Filone Alessandrino sul modello ideale perch Dio crea allinizio solo ladam e non pure la donna (creata in un secondo momento): la mancanza di contemporaneit dimostra che il maschile e il femminile di cui si fa cenno in 1,27 fos-sero concentrati in un unico essere androgino da cui stata successivamente sepa-rata la femminilit.

    Il senso di 1,27 va interpretato in maniera distributiva unitaria (maschio-e-femmina). Tale lettura supera limpressione di ripetitivit di 2,7-25, dove si narra in effetti del modo in cui gli androgini in principio unici esseri umani fossero stati diversificati (21-22). A confermare il passaggio della scissione dellandrogino sono alcune interpretazioni midrashiche: ladam primordiale prodotto in Gn 1,26-27 era in pratica pi o meno come uno dei tre tipi androginici descritto da Aristofane nel Simposio (una creatura unica con doppi connotati sessuali distinti di maschio e di femmina, di natura bifronte, poi tagliata in due per costituire luomo e la donna individuali). La donna prodotta dalla scissione dellandrogino una sottospecie delladam maschio-e-femmina, la causa di questa sua mutilazione che lo degrada nella scala degli esseri viventi. Questo adam androgino, in cui lunione col femmi-nile il carattere della perfezione, nato con una vocazione maschilista. Dopo la nascita di Caino Eva, in Gn 4,1, affermer di aver ottenuto un iysh (uomo) [che ] come il Signore (et-Yahweh): la particella et, che introduce un complemento ogget-to, compare gi due volte in tale versetto, e pare dunque corretto tradurre lespressione et-Yahweh, seguente il complemento oggetto iysh, con un com-plemento predicativo delloggetto.

    qui tra laltro una visione antropomorfa del divino. Per quanto concerne lantropologia veterotestamentaria, laver distinto sostanzialmente la femminilit in un secondo tempo serve a giustificare la naturale esistenza dei generi sessuali, ma al contempo a porre in subordine il ruolo della donna, nuova creatura compar-sa nella gerarchia tra ladam menomato e gli animali. In Gn 2,18 Dio constata non buono lessere delladam in relazione alla separazione (le-badd-o), perci avrebbe prodotto riguardo a lui un aiuto (ezer: aiutante, supporto) a-somiglianza-di-fronte-a-lui (ke-negd-o). A cosa si riferisca le-badd-o in questo versetto non cos chiaro. Tale locuzione in generale interessa persona o ente che resta da una separazione (per es. in Gn 30,40 / 32,17 / 32,25 / 42,38 / 44,20; Es 12,16 / 22,19 / 24,2; Dt 8,3 / 22,25). La non bont di questo distacco potrebbe concernere uno di due aspetti e-spliciti dopo: a) lassenza di un aiutante, b) la divisione in due creature dellandrogino. In entrambi i casi si pu parlare di un distacco non positivo poich in a) viene a mancare un supporto e in b) si originano luomo e la donna singoli e imperfetti. La solitudine androginica di genere comunque tema comune ad a) e b). Nelleventualit di qualsiasi delle due interpretazioni Dio cercherebbe, infrut-

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    tuosamente, di trovare un aiuto alladam producendo degli animali (Gn 2,19-20) prima di procedere alla scissione dellandrogino. Gn 2,21 attesta di un prelievo chi-rurgico di qualcosa da una zona angolare delladam, non viene menzionata esplicita-mente la costola: il termine tsela vuol dire lato (ad es. Es 26,26-27 / 26,35 / 36,31-32; 1 Re 6,8 / Ez 41,5-6): Dio, mentre ladam dormiva, prendeva numero uno dai lati di lui (achat mi-tsalotay-v) e chiudeva la carne (basar) al di sotto di questo (tachte-nnah) e costruiva la tsela che aveva tratto dalladam per [dare vita a] la donna (le-ishah: complemento di fine).

    Adesso ladam soddisfatto della nuova proposta di un ezer (Gn 2,23): pre-sa da lui (osso dalle ossa di me e carne dalla carne di me, dir) la chiam ishah (don-na) poich dalliysh (uomo) stata tratta. Gn 2,24 stabilisce uno scopo antropologi-co dicendo che luomo lascer la sua famiglia di provenienza per ripristinare una sorta di unit sullo stampo dellandrogino: si sar unito (avvinghiato, attaccato; avr aderito strettamente: -dabaq, qal perfetto 3a persona maschile singolare) nella donna di lui (be-isht-o) e saranno diventati (-hayu, qal perfetto 3a persona comune plurale) la creatura primigenia (letteralmente la carne, il corpo numero uno: le-basar echad, in que-sta espressione di termini costituente nel testo masoretico un complemento di fine echad ha considerati i risvolti dellanalisi pi un valore ordinale che cardi-nale). Quando luomo (iysh) avr recuperato il lato (tsela) femminile (neqebah, ishah) si sar innalzato di nuovo alla completezza del primo adam. Ecco una fondazione ontologica del pregiudizio discriminatorio contro le donne, di cui il seguito dei brani contenuti nel terzo capitolo di Genesi, che parlano della tentazione e della conseguente cacciata dallEden, sono altra fondazione antropologica.

    Lesistenza separata di un essere femminile non solo ha provocato una prima degradazione al momento della separazione androginica, ma ha per giunta squalificato il genere umano una seconda volta (Gn 3,16-19). Alla luce di questa ottica ermeneutica si comprende Gn 5,1-3, un brano che non ulteriormente ripe-titivo rispetto a 1,26-27 e a 2,7-25, e che non fa una strana inversione nelluso dei termini quando usa tselem per il complemento di paragone e dmuwth per il com-plemento strumentale invertendo la logica espositiva di 1,26.

    Quando il passo in esame asserisce che Dio produsse lui [ladam] per mezzo della similitudine di Elohiym (bi-dmut Elohiym asah oto) maschio e femmina (zakar u-neqebah) li produsse e che Adam causava una nascita (-yyoled, hiphil imperfetto 3a persona maschile singolare) grazie alla similarit di lui [di Adam] (bi-dmut-o: Eva), a somiglianza della sua [di Adam] immagine (ke-tsalm-o: la tselem androgina) lega lespressione zakar u-neqebah in senso predicativo binario (chi maschio e chi femmina) agli esseri umani sessualmente differenziati, non pi allandrogino come reso evidente laddove si parla di similitudine e non di immagine/statua: la si-milarit di Elohiym il risultato della separazione androginica (le due nuove cre-ature fatte nella costituzione del genere umano definitivo). Per mezzo della so-

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    miglianza complemento correlato al concetto di una produzione seguita alla scissione dellandrogino: creazione delluomo e della donna (5,1-2), e nascita di un figlio di Adamo ed Eva (5,3).

    Gli esseri umani provenuti dalla divisione dellandrogino poich hanno perduto la completezza iniziale sono imperfetti. Questo il senso di Gn 2,25: A-damo ed Eva, nudi (arummiym), non erano ancora consapevoli di tale status, la cui conoscenza si appaleser in Gn 3,1-7. Da detto momento mostrare la nudit e-quivarr a rendere visibile limperfezione (che motivo di vergogna), perci nellepisodio di Gn 9,20-28 Cam meriter la maledizione di No (visto ubriaco nu-do). Nudo (eyrom, erom al singolare) indica in ebraico una situazione di privazione e bisogno. Il verbo corrispondente a questo aggettivo, cio proveniente dalla stessa radice, ha tra le sue sfumature di significato quelle di distruggere, danneggiare, lede-re, oltraggiare, ferire e di versare fuori.

    Largomento dello sposalizio nella concezione socioreligiosa ebraica fon-damentale: il matrimonio e lunione sessuale (con la procreazione) sono la via a-datta a recuperare la dimensione di perfezione dellandrogino (una formula per benedire gli sposi durante il rito definisce Dio artefice delladam, terminologia che non ha luogo quando viene al mondo un neonato imperfetto). Lesercizio della ses-sualit nellebraismo antico aveva un concreto obiettivo procreativo a scopi de-mografici tendenti a rafforzare lesercito e la difesa della nazione, pertanto tutto quello che era deviazione da questo funzionale comportamento era respinto e ri-provato. La questione della restaurazione androginica si protratta sino ai Vange-li. In Matteo 22,23-30 lultimo versetto ribadisce che dopo la resurrezione non ci sar pi bisogno di sposarsi perch gli esseri umani, prima uomini e donne nella sostanza separati, avranno recuperato la completezza dellandrogino, paragonabi-le alla perfezione angelica.

    Lapocrifo Vangelo copto di Tomaso si segnala oltre a questo motivo per il carattere misogino. Al brano 22 viene prima detto che Ges vide dei bimbi che succhiavano il latte. Disse ai suoi discepoli: Questi bambini che prendono il latte assomigliano a coloro che entreranno nel Regno. Gli domandarono: Se noi sa-remo bambini, entreremo nel Regno?. Ges rispose loro: Allorch di due farete uno, allorch farete la parte interna come lesterna, la parte esterna come linterna e la parte superiore come linferiore, allorch del maschio e della femmina farete un unico essere sicch non vi sia pi n maschio n femmina, allorch farete occhi in luogo di un occhio, una mano in luogo di una mano, un piede in luogo di un piede e unimmagine in luogo di unimmagine, allora entrerete nel Regno.

    Poi allultimo (il 114): Simon Pietro disse loro: Maria deve andar via da noi! Perch le femmine non sono degne della vita. Ges disse: Ecco, io la guide-r in modo da farne un maschio, affinch ella diventi uno spirito vivo uguale a voi maschi. Poich ogni femmina che si fa maschio entrer nel Regno dei cieli. Ri-

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    guardo alle venature misogine del giudaismo va ricordato che una preghiera ela-borata per i credenti di sesso maschile rivolge un pensiero di sentita riconoscenza a Dio per il fatto di non essere nati donne. Le trattazioni dellandrogino nella Ge-nesi e nel Simposio hanno una mira in comune: quella di prospettare il tema di unoriginaria unit fondante dei generi, unit ipotizzata a posteriori per spiegare la normalit attuale e la cui bont andrebbe riprodotta. La tradizione cristiana medie-vale di antifemminismo, che trasse spunti dalla misoginia ebraica, raggiunse uno degli estremi negativi della storia umana con la caccia alle streghe. La cultura greca antica, pervasa da forti tratti discriminatori verso le donne, espresse invece la figu-ra della sacerdotessa, recuperata poi da correnti protestanti.

    2. IL WERTHER GOETHIANO

    dolori del giovane Werther tra le opere pi famose di sempre, un capo-lavoro del protoromanticismo tedesco che in seguito ispir la creazione del foscoliano Ortis, dilatando in maniera universale la tipologia del personag-

    gio: Werther da solo sarebbe bastato, per concretamente da Foscolo stata dimo-strata questa sua universalit.

    Si tratta di un romanzo epistolare (modello ricalcato ne Le ultime lettere di Jacopo Ortis) in cui il protagonista attraversa lesperienza non positiva e non for-tunata del suo innamoramento verso Carlotta (una ragazza ormai destinata a un altro). Come gi sottolineato dalla critica, il testo contiene motivi autobiografici di Goethe, che non saranno qui da me menzionati.

    Due sono i fili conduttori: aspetti di archeologia letteraria goethiana, cio tracce fossili di letture (altri autori passati rievocati per mezzo di loro immagini), e unanalisi psicologica del tipo wertheriano.

    Tuttavia la prima cosa che sollecit la mia attenzione quando lessi il libro aveva la caratteristica di un simpatico ante litteram: allinizio della lettera datata 6 luglio 1771 Werther dice di Carlotta che in ogni luogo mitiga la sofferenza e porta gioia. Questo passaggio rievoc alla mia mente la figura storica di Eva Peron, non solo per la qualit dellaffermazione, ma anche perch quelle parole riecheg-giano alcune di Evita durante il Cabildo abierto del justicialismo di Buenos Aires il 22

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    agosto 1951 allorch ella attacc ancora una volta la borghesia argentina non pro-gressista: A ellos les duele que Eva Pern se haya dedicado al pueblo argentino; a ellos les duele que Eva Pern, en lugar de dedicarse a fiestas oligrquicas, haya dedicado las horas, las noches y los das a mitigar dolores y restaar heridas. Echi saffici compaiono nellepistola del 13 luglio. Chi ha letto i frammenti della decima musa non pu non riscoprire i versi del frammento 31 (edizione Voigt, 1971) a sua volta ripresi da Catullo per il carme 51 in questi brani: Un brivido mi corre nelle vene, quando per caso le mie mani sfiorano le sue, quando sotto tavola i no-stri piedi si toccano. Mi ritraggo come dal fuoco, mentre una spinta segreta mi spinge di nuovo avanti; ed una vertigine prende tutti i miei sensi Ella mi sacra. Ogni volont dinnanzi a lei si tace. Non posso riferirti quello che accade in me quando mi vicina: mi sembra che tutta lanima si riversi nei miei nervi Il pro-fondo turbamento dellanima mia si disperde, e respiro di nuovo pi liberamen-te. Nella lettera successiva del 13 luglio la radice del brano dapertura platonica e richiama la figurazione del mito della caverna in senso opposto: O Guglielmo, la nostra anima che cosa diverrebbe senza lamore? Simile ad una lanterna magica senza la luce. Appena si mette la piccola lampada, ecco le immagini pi varie ap-paiono sulla parete bianca. E nonostante siano fantasmi fuggenti, essi rendono ugualmente felici, quando sostiamo davanti ad esse, simili ad innocenti fanciulli, estasiati dalle meravigliose apparizioni.

    La rappresentazione di un motivo catulliano (dal carme 8, risalta il v. 2: quod vides perisse, perditum ducas) si presenta, con la voglia di ribaltarlo, il 30 luglio: Mi adiro e irrido alla mia miseria, ma irriderei di pi chi mi dicesse che necessario rassegnarsi perch le cose non possono ormai avere uno svolgimento diverso. E il contrasto al carme 8 continua ancora il 30 agosto: Infelice! Non sei un pazzo? Non inganni te stesso? Che significa questa furente e sconfinata passio-ne? Non ho pi preghiere se non per lei: alla mia immaginazione non si presenta altra visione che la sua, ogni manifestazione del mondo non la considero se non in rapporto con lei. Mi procuro cos molte ore felici, finch non devo strapparmi da questa visione. Ah, Guglielmo, dove mi sospinger il mio cuore? Quando siedo con lei due o tre ore; e mi sono riempito del suo aspetto, dei suoi movimenti, delle sue celesti parole, pian piano i miei sensi si esaltano, gli occhi mi si velano, ascolto con sforzo, mi sembra dessere stretto alla gola da una mano omicida, e il mio cuo-re, con i suoi tonfi affrettati, cercando sollievo ai miei sensi oppressi, non fa che aumentare il loro scatenarsi.

    Gli effetti sono paragonabili a quelli provocati da Lesbia. Lepistola del 12 settembre 1772 combina due ordini di immagini: agli ammiratori di Catullo non sfuggono gli echi del carme 2 congiunti a quelli di The flea di Donne: fusi as-sieme fanno del canarino un passero di Lesbia elevato a canale di collegamento co-me la pulce di Donne: Carlotta mancata qualche giorno per essere andata a

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    prendere Alberto. Oggi sono entrato nella sua stanza; ella mi si fatta incontro ed io con gran gioia le ho sfiorato la mano con un bacio. Un canarino ha preso il volo dallo specchio alla mia spalla. facendoselo venire sulla mano ha detto. Ecco un nuovo amico; per i miei piccoli. Ammiri come grazioso. Se gli offro del pane, muove lala e becca dolcemente; guardi, mi bacia, anche!. Quando il piccolo ani-male fu vicino alla sua bocca, e le premette con tanto amore le dolci labbra, come se avesse potuto valutare la beatitudine di cui godeva: Deve dare un bacio anche a lei, dissella offrendomi lanimaletto; il piccolo becco and dalle sue labbra alle mie, e le beccate erano simili ad un alito, ad una promessa di volutt amorosa. Dissi allora: Il suo bacio interessato; cerca il cibo, rimanendo insoddisfatto dopo una vana carezza. Prende anche il cibo dalle labbra, aggiunse Carlotta. Gli por-se allora qualche mollica di pane con la bocca, sulla quale traspariva la felicit di un puro amore. Io volsi lo sguardo altrove; ella non doveva far cos; non avrebbe dovuto eccitare la mia fantasia con queste visioni di purezza e di felicit; non a-vrebbe dovuto scuotere lanimo mio dal torpore in cui spesso lo adagia la superfi-cialit del vivere! E perch no? Ella sa con quale intensit lami, ed ha quindi fidu-cia in me.

    Questindagine sulla serie dei fossili naturalmente non esaustiva termi-na alle ultime pagine del romanzo, laddove Werther e Carlotta rispecchiano Paolo e Francesca del V canto dellInferno dantesco: il loro svago di lettura ricalca la di-namica di Dante culminando con Werther che baci appassionatamente la sua [di Carlotta] bocca tremante (vedasi il v. 136 del V dellInferno).

    Tutti questi rinvenimenti di archeologia letteraria ci fanno vedere abbozza-to lo spettro creativo goethiano, che attinge dai suoi predecessori allo scopo di fare produzione originale nella sua nuova sintesi, la quale non dunque plagio artisti-co (tuttaltra cosa, pertinente allincapacit intellettuale di costruire un edificio di concetti, che incastri pure delle idee altrui, comunque avente un autonomo proget-to pi o meno originale nel pensiero del suo autore).

    Il secondo tratto danalisi delle considerazioni iniziate si rivolge al profilo interiore di Werther, scandagliato secondo uno stile psicoanalitico, conseguenza di cui non la bocciatura di Goethe o della sua creazione letteraria, bens proprio di Werther stesso preso come individuo. Poich il suo agire, in apparenza contenuto sino al finale della storia, del tutto animato dal disordine del suo animo per nien-te riflessivo o razionale. Oserei definirlo stupido se non fosse per il fatto che fini-sca in tragedia. Werther non una persona nel pieno possesso dellequilibrio men-tale, si fa intrappolare da un disturbo ossessivo che ha per oggetto Carlotta, e non potendo ottenere lappagamento non trova via migliore che lautodistruzione. Il mondo pieno di donne e lui ne eleva una impegnata a materia di nevrosi, lan-ciando la nefasta moda romantica del suicidio amoroso. Non che egli celi le sue velleit e i suoi ideali, il 20 luglio 1771 dice: Tutto il mondo si dissolve nel nulla,

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    ed un uomo, che per volont altrui, ma senza un intimo interesse o un sogno ricer-chi affannosamente denaro, onori od altro, sar sempre un pazzo. E il 26 succes-sivo sembrando perfino un po ridicolo aggiunge: Mia cara Carlotta, ben vo-lentieri mi occuper di ogni vostra cosa e dei vostri desideri. Datemi un sempre maggior numero di commissioni. Vi chiedo una sola cosa: non mettete pi sabbia nelle lettere che mi scrivete. Quella di oggi, dopo averla avvicinata alle labbra rapidamente, ha fatto in modo che i miei denti scricchiolassero.

    L8 gennaio 1772 ha un lampo di pragmatismo machiavellico nella com-prensione del mondo: Quanti re si lasciano governare dai loro ministri, e quanti ministri dai segretari! E allora chi il primo? Mi pare chi sa comprendere gli altri, chi ha abbastanza forza o astuzia da aggiogare le loro passioni alle realizzazioni dei suoi propri scopi. Ci nonostante resta lontano da una qualsiasi matura ri-flessione sulle cose e sul senso della vita, cosa che sar causa della sua definitiva involuzione, come da lui stesso affermato (16 giugno 1772): Io sono solo un pel-legrino sulla terra; voi siete di meglio?.

    Quando luomo pone il suo attuale baricentro fuori della sua realt prossi-ma ha fallito la sua ragion dessere: egli quello che , in base al suo statuto onto-logico, nel suo qui e nel suo ora (hic et nunc). La fuga dal mondo indice di una scorretta posizione delle questioni: i problemi dellesistenza e di questa dimensio-ne quotidiana non sono di natura metafisica. La loro soluzione va ricercata qua, non dopo, non oltre. E con un solo linguaggio, quello che Dio ha dato alluomo della ragione: unico, universale, al cui tavolo tutti possono sedere.

    Werther si perde sciogliendosi nellinfinito, con un atteggiamento egoistico, come se identificasse s e i suoi desideri con la dialettica dellAssoluto da soddi-sfare necessariamente. Trascura laltruismo e linteresse verso una societ pi giu-sta, nel momento in cui la Rivoluzione francese si avvicinava e il Romanticismo che lui incarnava in embrione avrebbe risvegliato le ambizioni di indipendenza nazionale e di libert (che Jacopo Ortis dal canto suo non mise da parte).

    Alter ego wertheriano al femminile Madame Bovary. Nella diversit di contesto in cui si svolgono le loro vicende, il DNA concettuale lo stesso: lo scol-legamento dalla realt. Lei, come Wether, vive immersa in un personale universo fantastico costellato di illusorie proiezioni narcisistiche che crollano a causa dellurto con la dialettica mondana. Wether il primo titano romantico che inau-gura una serie, Emma rappresenta lultima donna del Romanticismo che ha preso coscienza dellenorme difficolt di tradurre in atto i vagheggiamenti gi prima della fine: il suicidio del personaggio goethiano una decisione impulsiva e inevi-tabile nella chiusura della sua parabola; Emma, invece, si trascina con evidente di-sagio verso lineluttabile sorte che laccomuna a Jacopo e a Wether. Da Goethe e Flaubert si sviluppa un tipo psicologico che negli estremi (Wether-Emma) circo-scrive la storia di aspetti del pensiero romantico dalla sua nascita al tramonto.

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    3. ATTUALIT DI EZRA POUND

    eurocentrismo, che dalla scoperta dellAmerica impresse la sua indelebile impronta sullo sviluppo del pianeta, crollato dopo la fine dellultimo conflitto mondiale. LEuropa ha ceduto il passo a forme di bipolarismo

    Occidente / resto del globo, che lhanno posta in subordine al cospetto degli USA e della Russia (ex URSS). Il tentativo di recuperare al vecchio continente il suo ruolo di guida mondiale ha spinto le principali nazioni europee ad associarsi in gruppi comunitari sempre pi evoluti e compatti con il fine di cementare una piat-taforma di forza. LUnione europea si avvia verso la struttura istituzionale di una federazione politica con la creazione degli Stati Uniti dEuropa, i quali pare si vo-gliano modellare sullo stampo sociale capitalistico americano.

    Al momento attuale lassetto testimonia che la procedura adottata abbia prediletto, attraverso lunione monetaria, posta sotto il governo di una banca cen-trale, una via socioeconomica. La BCE un governo delle produzioni, dei consu-mi, in pratica dei regimi di vita, poich il controllo sulleuro d facolt di alimen-tare o meno detti circuiti. Il clima di darwinismo sociale creatosi, in cui sembra operarsi una scrematura generale a scapito di tutte le categorie umane che non sa-pranno adeguarsi (quasi fossero Eloi davanti a Morlock) offre lo spunto di richia-mare il pensiero economico di Ezra Pound (1885-1972). Vissuto lungamente in Ita-lia, fu ammiratore del fascismo, di cui vide i metodi di affrontare la precedente grande crisi degli anni 30. Da scrittore non si dedic solo alla letteratura: espose le sue riflessioni nel campo delleconomia meritevoli di unobiettiva attenzione e di un critico esame, non ideologici, ma di schietto carattere storiografico, il quale non coinvolge altri temi degli accadimenti italiani di quegli anni (che in taluni casi come lantisemitismo, la vicinanza al nazismo, e le loro nefaste conseguenze si accompagnano a inequivocabili giudizi di nette disapprovazione e condanna). Laccento poundiano su peculiari aspetti del rapporto uomo-lavoro si rivela molto interessante.

    Tutto ci che gli uomini producono in termini di servizi o di cose pu esse-re comprato. Questo prodotto lordo scaturisce come frutto dellattivit lavorativa. Il circuito in senso lato commerciale tenuto in piedi da questa, se la produ-zione cessasse anche gli scambi in moneta prima o poi finirebbero: riducendosi a zero la produttivit tutta la valuta in giro perderebbe il suo potere dacquisto. Per-tanto evidente che ad avvalorare il denaro come mezzo di scambio il lavoro svolto. Il valore di una merce quello dellopera necessaria a produrla (quantit e qualit del lavoro), senza cui neanche esisterebbe. I soldi in circolo sono espres-

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    sione della produzione e Pound raccomanda che il certificato del lavoro compiu-to deve equivalere a tale lavoro.

    I titoli relativi al prodotto si traducono in titoli generali (denaro), per la finanza dei finanzieri consiste in gran parte nel far giocare abilmente titoli generali contro titoli specifici: unemissione di biglietti senza concreta copertura pu far svalutare il titolo relativo alla produzione, e di conseguenza il lavoro effettuato. Riguardo al rapporto nevralgico tra lemissione della moneta e la sovranit dello Stato il monito poundiano chiaro: Quella nazione che abbandona lo strumento per misurare gli scambi alla merc di forze estrinseche alla nazione, una nazione in pericolo; una nazione priva di sovranit nazionale. [] Nessun altro reparto o funzione dello Stato andrebbe sorvegliato con cura pi gelosa che non questo, e in questo pi che non in qualsiasi altro reparto dellamministrazione statale occorro-no alti requisiti di moralit. Lo scopo di un apparato produttivo non deve essere quello di creare ricchezza monetaria, Pound ricorda che quando si tratta di pro-porre un sistema economico, si deve innanzitutto domandare a quale scopo deve servire. E la risposta che deve servire ad assicurare a tutti il cibo (sano), lalloggio (decente), e labbigliamento (secondo le esigenze del clima).

    La vocazione del capitalismo, secondo lanalisi weberiana che ne vede nellattivismo protestante la radice, quella di concentrare con criterio progressi-vo soldi, pi di ogni altra cosa da non investire: gli esseri umani predestinati da Dio cercherebbero nel successo socioeconomico un segno dellelezione divina alla salvezza eterna, e dei frutti possibili delle attivit letica del protestantesimo im-pedirebbe di fare spreco (proiettandoli in direzione di una sedimentazione indefi-nita, laccumulo di capitale tanto criticato da Marx).

    La teoria marxiana del plusvalore ha spiegato come fosse sufficiente agli imprenditori garantire solo lessenziale alla vita della classe lavoratrice: buona fet-ta della differenza ricavata dai costi di vendita dei prodotti arricchiva il capitalista sottovalutando ad arte lesclusivo potere del lavoro umano di avvalorare il dena-ro, mentre sarebbero state pi giuste ed eque la garanzia del diritto al lavoro nei confronti di tutti e la partecipazione di ogni soggetto coinvolto attivamente nellimpresa ai suoi utili (unidea poundiana contempla dividendi pubblici ai cit-tadini a beneficio dellintero insieme nazionale).

    Le basi di uneconomia funzionale al benessere (welfare) collettivo sono co-s sollecitate da Pound: Chiunque sia abbastanza corretto da voler lavorare per la propria sussistenza e quella di chi dipende da lui [] dovrebbe avere la possibilit di fare una quantit ragionevole di lavoro. [] Il PRIMO PASSO consiste nel man-tenere la giornata lavorativa abbastanza corta da impedire che un singolo faccia il lavoro pagato di due o tre persone. Il SECONDO PASSO consiste nella fornitura di certificati onesti del lavoro fatto [moneta-lavoro, n.d.r.]. Tuttavia sulla distri-buzione di carichi lavorativi puntualizza: ABBASTANZA CURIOSO che, no-

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    nostante tutte le lagnanze di coloro che erano soliti lamentarsi di essere oppressi e oberati di lavoro, lultima cosa che gli esseri umani sembrano voler spartire sia il LAVORO. Lultima cosa che gli sfruttatori sono disposti a lasciare che i loro di-pendenti condividano il lavoro.. Se la valuta a disposizione della gente dimi-nuisce perch si deposita e si accumula nelle banche a causa delle loro speculazio-ni, il ciclo produttivo ne risentir contraendosi (diminuzione del PIL). Pound dice che bisogna trovare un sistema che consenta di tenere in circolazione il mezzo di scambio in modo che la domanda del singolo, o ad ogni modo ci di cui ha biso-gno, non sia superiore allammontare del mezzo di scambio in suo possesso, o a lui immediatamente accessibile, e considerando il denaro come un certificato di lavoro compiuto, il modo pi semplice per continuare a distribuirlo (in biglietti di credito a corso legale) consiste nel continuare a distribuire lavoro. Nella ricerca di soluzioni afferma che la scienza delleconomia non andr molto lontano se non garantir la presenza della volont tra le sue componenti: cio volont dordine, volont di giustizia o equit, desiderio di civilt inclusi gli scambi di cortesie.

    Negli anni 30 la politica economica del fascismo incoraggiava le assunzioni di nuove persone in luogo dello svolgimento di lavoro straordinario, la riduzione dellorario lavorativo al posto di licenziamenti e labbassamento dellet per la pensione (soprattutto nei casi delle mansioni pi pesanti).

    In questo scenario una parte fondamentale ebbe la Banca dItalia, la quale grazie a sane strategie dintervento sulla realt finanziaria e imprenditoriale, con-corse al salvataggio delleconomia italiana. Questa attitudine interventista non nuova si spos con le direttive del regime patrocinante la presenza della mano pubblica nel comparto produttivo privato, al fine di evitare che questo affondasse tra i problemi. Il programma fascista comport a gradi un sempre migliore con-trollo del mondo bancario (posto sotto la vigilanza della Banca dItalia, divenuta nel 1926 unico istituto di emissione della lira, i poteri operativi della quale al ser-vizio dello Stato si accrebbero nel 1936) e la creazione, dopo lIMI, dellIRI (un braccio dazione erogatore di finanziamenti e gestore di partecipazioni).

    LIstituto mobiliare italiano, negli anni 90 prima privatizzato e poi accorpato, e lIstituto per la ricostruzione industriale, in maniera similare assorbito e scomparso nel 2002, entrambi a vantaggio di privati, sono due tipologie strumentali oggi ve-nute a mancare. Enti del genere ben gestiti darebbero allItalia quellaiuto di cui necessita. La sottrazione della sovranit monetaria sembra pure aver complicato la situazione dato che se i soldi pubblici si sprecano nelleffimero senza concreti ri-torni di servizi e cose il circolo valutario si guasterebbe: una quantit minorata di vero lavoro coprirebbe il valore del denaro investito, il quale rischierebbe daltro canto di venire eroso e paralizzato nelle banche. Laccumulazione bancaria miran-te allinvestimento sui titoli del debito sovrano, pu ingenerare in Europa un effet-to coperta corta: chi attrae in eccesso euro da una parte toglierebbe dallaltra, dan-

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    neggiando cos un normale ciclo economico. In questa ipotesi avere una seria pro-duzione, creatrice di ricchezza, potrebbe equivalere, a causa del suo effetto di cre-scita, a gestire un proprio (e quindi non comunitario) centro di gravit monetario che indebolirebbe gli altri Stati se la BCE e le banche non perseguissero una con-dotta analoga a quella della Banca dItalia allepoca del fascismo (la quale si ado-per a favore di un interesse generalizzato). Non sprecare le risorse pubbliche, non ingrandire il debito statale, non rimanere prigionieri di norme comunitarie, non prestare il fianco a particolari convenienze sono prassi di sopravvivenza vali-de a vantaggio di tutti i governi europei a disagio, in attesa che lUnione assuma unegida politica federale esplicita. Nel frattempo ancora le parole di Pound tor-nano a suggerire: 1. Quando c quanto basta, si dovrebbero trovare i mezzi per distribuirlo a chi ne ha bisogno.

    2. compito della nazione provvedere a che i suoi cittadini abbiano la loroparte, prima di preoccuparsi del resto del mondo. (Altrimenti che senso avrebbe essere uniti od organizzati in uno Stato? Che cosa significa cittadino?)

    3. Quando la produzione potenziale (la produzione possibile) di qualsiasicosa sufficiente per soddisfare la necessit di tutti, compito del governo prov-vedere a che sia la produzione, sia la distribuzione, vengano portate a termine. Lauspicio poundiano finale questo: Nel momento in cui il denaro viene conce-pito come il certificato del lavoro compiuto, le tasse risultano unanomalia, in quanto sarebbe semplicissimo emettere certificati di lavoro compiuto per lo Stato, senza affaticarsi inutilmente per recuperare certificati gi in circolazione. Ci non significa che lo Stato debba acquistare proprio tutto quel che gli salta in mente. Ci sarebbe una corsa di cercatori doro nel momento in cui questo concetto diven-tasse operativo, ma dovrebbe esserci anche un accresciuto senso della proporzione nei valori PER lo Stato. Non si risparmier pi sulla sanit.

    NellUE impossibile alle singole banche centrali nazionali stampare bi-glietti, ma possibile in un Paese rilanciato adoperarsi verso lobiettivo di lasciare pi soldi ai cittadini e alle imprese (ad esempio diminuendo lIVA). Se lItalia, co-stretta allo scopo di evitare il peggio, uscisse fuori delleuro e reintroducesse la li-ra, con la sovranit monetaria, la valuta iniziale da una lira partirebbe da una si-tuazione di uguaglianza teorica con la moneta dellUnione (1 L = 1 ).

    Tenendo conto di una scontata successiva svalutazione della lira negli scambi anche di 1/3 del suo valore di partenza, questa si attesterebbe secondo giudizi esperti su un piano di parit col dollaro (1 L = 1 $): la capacit delleconomia in Italia pare essere tale di tener testa alle possibili difficolt e la svalutazione competitiva agevolerebbe le esportazioni. Il futuro migliore dei po-poli in Europa resta comunque la pacifica e solidale unit politica, costruita se-condo giustizia sociale sulla libert degli individui, esempio di civilt e di pro-gresso a sostegno della vita umana sulla Terra.

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    4. ARCARATA RUSTICANA: COMMENTO CRITICO

    incenzo Vento Vicari, autore dellopera, con abile tecnica di narrazione ac-compagna il fruitore nello sviluppo delle vicende in prima persona, con un ruolo che non semplicemente quello del cantastorie. La sua presenza nel

    racconto ricorda il Manzoni dei Promessi sposi. E lintera sua creazione, sotto-posta ad analisi, mostra molti aspetti e personaggi che hanno unascendenza pre-valente nelle letterature europee dellOttocento. Ma non solo: luso di un partico-lare dialetto quello lercarese stato adeguato alla poesia, in un sinolo forma poetica materia descritta di elevato tenore lirico per il suo equilibrio rappresen-tativo. Arcarata rusticana linguisticamente una sorta di Divina Commedia per quel lessico di cui si serve.

    Non bisogna trascurare questo aspetto linguistico per concentrarsi esclusi-vamente su quelli relativi al contenuto: la forma espressiva scelta la rappresenta-zione di un universo reale elevato a letteratura attraverso la poesia. Ascriverei questo piacevole e monumentale lavoro sotto una categoria di realismo poetico. Come il Manzoni, il Vento Vicari d cittadinanza nella produzione letteraria agli umili, ribaltando a sua volta un topos che era gi stato dell Ivanhoe di Walter Scott: non pi cavalieri o nobildonne, ma gente di popolo, gente con le proprie storie, le proprie vicissitudini, gente che parla in lercarese dipinta da un esperto cantastorie , che prorompe in un quadro dalla enorme carica espressiva.

    Tutto ci che si sviluppa da questa fujtina, ambientata nello scenario del-la Lercara degli anni 50, tra la quasi diciottenne Carmela e il ventiquattrenne Ca-liddu, lesito inconfondibile di una felicissima creativit. Come non pensare ad Alsa Karamazov quando si legge nel cap. 2 del fratello di Carmela convinto del fatto che si possa ragionevolmente rimediare allaccaduto che tenta di riportare alla ragione il padre furibondo. O allarroganza e alla presunzione di don Rodrigo che rivivono nella figura di don Tano duca De Lamberti nel cap. 6 e nei successi-vi presso cui Carmela lavora come cameriera ricevendo attenzioni non ricambia-te. Purtroppo la situazione familiare di Carmela e Caliddu dopo anni dal matri-monio di riparazione degenerata poich lui si trasformato in uno scansafatiche bevitore.

    E lei per cercare di salvare economicamente e moralmente la famiglia (con tre figli e uno in arrivo) svolge la mansione di cameriera, e tiene lontano, daltro canto, il ritorno di fiamma del suo primo fidanzato Mariano Colasanti, un brac-ciante. Dal sapore stilnovistico una quartina del canto 5, in cui Mariano esprime la

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    sua devozione e le sue speranze a Carmela (sembra il Dante della Vita nova che parla di Beatrice):

    ... Sar ca spirimentu a fantasia: na bedda vista s quannu accumpari. raggiu, ca radia ntensa luci, diventa scuru quannu va stracoddi. E Mariano nuovamente manifesta a Carmela nel cap. 9 apertamente i suoi

    sentimenti; ma lei per amore e decoro della famiglia e personale lo respinge: Facemmu casta a brama sensuali; platonichi i suspiri e i taliati. Tinemmulu cchi nobili e virtuali stu tristu nostru amuri clandistinu. La tempra e la robustezza morale di Carmela sono quelle di una Lucia

    Mondella: prima davanti a don Tano come al cospetto dellInnominato, con ferma fede nei valori. Adesso in questo abboccamento di elevato lirismo compare il pa-thos di un incontro tra Lancillotto e Ginevra. A questa poeticit si aggiunge un di-retto commento dellautore che li segue da presso:

    Si vonnu e sannu co nsi ponnu haviri... e ccomu ca gravusa la rinuncia. Pu nnallurdari i megliu sintimenti si sannu nserragliari u disideriu. In precedenza lo scrittore si era levato, dalla fine del cap. 6 al cap. 8, a di-

    sapprovare la condotta di coloro che impensierivano Carmela: don Tano, che ci prova spudoratamente, e che lautore con irruenza e caparbiet vendicativa degna di un conte di Montecristo vorrebbe ammazzare con un trattamento speciale (cap. 7); e Caliddu, di cui descrive gli svaghi perditempo che gran danno arrecano a lei e ai figli (cap. 8). A chi non verrebbe un moto di stizza di fronte alle cose storte, moto per temperato nel nostro caso da quel sublime elogio dellamore contenuto nel canto 6:

    La cosa co nsaccatta e co nsi vinni, diletta cu si scopri nnamuratu, la godi cu nci joca a spiculari, si duna a ccu c a ccori haviri beni.

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    [] La cosa co nn serva n patruna, si parti distinata a la s sorti... senza ntrallazu o atru sintimentu, si junci a cu a la pari si la scancia. La parte centrale dellopera (dal cap. 11 al 19) occupata da eventi che si

    sviluppano nel giro di pochissime ore. il 20 agosto, giorno della processione nel-la festivit a Lercara della Madonna di Costantinopoli: Mariano apprende quasi casualmente da un compaesano che Carmela quasi unora prima ha subito un ten-tativo di violenza sessuale da parte di don Tano, evitato per lintervento della gen-te richiamata dalle voci. In preda alla rabbia, e con limpulsivit di uno Renzo Tramaglino, corre da Carmela. Lo spettacolo che gli si palesa quello di una mol-titudine di malelingue sedicenti confortatrici: colorita questa rappresentazione culminante in un canto di biasimo, lundicesimo.

    Ma la scena sale di tono quando a casa di Carmela si recano il sindaco, il barone, don Peppino: le personalit pi in auge del paese, espressione di un si-stema ancora feudale negli atteggiamenti e di una societ in parte disagiata con sperequazioni sociali. Sono venuti in rappresentanza di don Tano a chiedere per quel suo tentato abuso un gesto di comprensione adeguatamente ricompensato. Significativo il modo di esprimersi (cap. 12):

    Stu passu, comu segnu di fauri nattu ca fa amicu di lamici. Mariano schifato da quel tentativo di accomodatura portato avanti con ar-

    roganza (rivive qui lo spirito del confronto fra il conte zio e il padre provinciale nei Promessi sposi) si congeda da tutti e da Carmela. Ritorna a casa meditando uno sproposito: uccidere don Tano nella sua villa recintata poco fuori paese. Lo sorprende di notte: quellincontro unaltalena di colpi di scena (dal cap. 14 al 19), con profonde introspezioni interiori sui due contendenti tratteggiate dallautore. Don Tano sorprende Mariano con un delirio donnipotenza, ben affrescato nei canti 14, 15, 16, 17. In questultimo canto emergono anche intonazioni veterote-stamentarie (il libro dell Ecclesiaste), che costituiscono metafora di una dialetti-ca contrapposizione con quellepoca di attualit:

    Sagghiorna e scura e tuttu havi assettu [] , sugnu Diu! E... nu nni circati di atri!

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    Nu rriclamati vogli vanitusi, nu rrincurriti fasti e vanagloria. Shaviti fedi e a mmia cumpiaciti vi saziu e vi dissitu di criatu. Mariano pi volte disorientato desiste alla fine definitivamente dal suo in-

    tento assassino di vendetta e perdona cristianamente don Tano: ai quattro canti di escalation segue quello del perdono il 18 a spezzare un ritmo narrativo sino a quel frangente unilaterale. Il perdono chiude la parabola acquietandola. Lo scon-tro stato vivace, con delle puntate psicologiche operate da don Tano allindirizzo di Mariano cui attribuisce una aggressivit dislocata.

    Rifletti a quantu sprecu di bonsensu pu ndubbiu sintimentu a lammucciuni: rugnusu comu i tinti sannu fari ti veni a scarricari fallimentu... Gli preannuncia pure i titoli dei giornali se lavesse ucciso. Gilusu, persu lumi d ragiuni, affrunta lu rivali e fa na stragi. A stari si capisci d muventi, parissi fu, pammiccu fora piattu. Lautore, che gi si era rammaricato del fatto che Mariano abbandonasse il

    suo proposito omicida, ha finemente intessuto una tela di diverse emozioni e sen-timenti, partendo dal tentativo riparatore in casa di Carmela (poi conclusosi), e passando da questo conflitto fra il Bene e il Male, che ampiamente ha occupato il cuore del poema. Lingiustizia cede il passo alla superiorit dellindulgenza e alla fede in una giustizia infallibile non delegata agli uomini.

    La terza parte di Arcarata rusticana si apre con due perle: una ricchissima e vivissima descrizione della festa del 4 settembre a Lercara in onore di santa Ro-salia (cap. 20) seguita da un canto di ringraziamento alla santa; e lautobiografico canto 22 che si conclude con il riferimento allesperienza dellemigrazione (una versione in italiano di questo canto stata musicata dal Maestro Pietro Lo Forte da Mendoza).

    Mariano infatti nella notte tra il 4 e il 5 settembre, reputando la sua condi-zione insostenibile e insopportabile, decide di dare un taglio al passato e di partire da Lercara come un novello Ulisse e si trasferisce a Milano (seguendo tra laltro le orme dellautore). I capitoli dal 21 al 24 sono dedicati ai temi dellemigrazione e

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    della solidariet fra conterranei. Commovente lapproccio di Mariano con un ventenne di Cammarata che sul treno diretto al Nord se ne stava in disparte molto rattristato a causa dellallontanamento dal suo paese e dallamata. Giunto, la pri-ma sensazione che coglie Mariano quella di stupore accompagnato a disorien-tamento nellaffrontare limmensit di Milano.

    Ma lamicizia con i compagni di stanza, nella pensione in cui alloggia, il Messinese Niria Mezzabrocca e il cantante calabrese Totuzzu Malerbanu gli offre punti di riferimento in questo nuovo mondo: questi due momenti sono trattati con realismo ed entusiasmo nel canto 23 (lamicizia) e nel 24 (la scoperta di Milano per un meridionale e le aspettative personali in una realt diversa rispetto a quella da cui si proviene).

    Quel trio iniziale, poich ognuno andato appresso ai propri impegni, si disgregato. Ottenuto un impiego come operaio e raggiunta una stabilit economi-ca trova un appartamento in cui garantire la sua privacy. Nonostante cerchi di oc-cupare tutto il tempo a sua disposizione non riesce a cancellare limprinting di Carmela. E spinto da un irrefrenabile bisogno di parlare con qualcuno e di infor-marsi sulle sorti del paese e della famiglia di Carmela, una notte telefona a caso a Lercara da una cabina pubblica. Raggiunge cos ci che voleva (le telefonate conti-nueranno, sempre di notte, come se fosse vittima di un disturbo ossessivo com-pulsivo).

    Il tentativo di Mariano di alienarsi, che lautore ci descrive con sottile anali-si della personalit, non riesce. Anzi si rovescia in un allontanamento dalla realt quando si mette a scrivere immaginarie lettere da consorte rivolte a Carmela. Lintrospezione psicologica di questo protagonista, condotta anche in precedenza, avvicina Vento Vicari a quegli stili di sondaggio interiore che furono del Decaden-tismo. Dopo alcuni anni di residenza a Milano una lettera inaspettata perviene a Mariano: Carmela, che afflitta (con un eloquio lirico simile ad una Francesca da Rimini: il tono della rassegnazione, ma al contempo di unalta dignit) si dispiace della lontananza dellunico che le aveva recato conforto nelle avversit che perse-veravano ancora duramente. Tutto sommato per preferisce che sia lontano.

    Il canto 26 lelegia di questo addio delicatamente rappresentato. ... Caru, caru Mari, su nnu perdu stu curaggiu, ti nni libiru di mia. A longa ti la scarricu sta cruci. Talleviu sta spina e votu strata, Di mia nu nni senti cchi parrari.

  • CONSIDERAZIONI LETTERARIE Danilo Caruso

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    Mariano rimane profondamente turbato da quella lettera e l per l non si rassegna a rinunziare allidea di Carmela. Dopo averla letta ricerca ancora una volta impetuosamente la via dellalienazione come ovidiano remedium amoris (canto 27).

    ... Pu ncaccurdari spaziu sintimentu, quannu a malincunia u suprastava... risutta a carricarisi di mpegni phaviri, a ricumpenza, u sfinimentu. Un cerchio si riallacciato dal cap. 26 nel contesto strutturale del poema al-

    lo scopo di cementare ununit narrativa che ci propone delle coppie dicotomiche interpretative: Lercara/Milano, Carmela/Mariano.

    La storia si conclude con lannunzio a Mariano, cinque anni dopo, della morte per strangolamento di don Tano nella sua abitazione (lassassino rimasto sconosciuto). Si amareggia di non averlo ucciso lui quella notte che lo ebbe di fron-te: ma una coppia dicotomica Mariano/don Tano non che esistita occasional-mente. Come don Rodrigo don Tano muore per una mano diversa da quella dei protagonisti, in qualche modo una giustizia fatta. E soprattutto salvo il codice etico che ha animato il comportamento di Carmela e Mariano: non un moralismo di facciata, bens una linea di comportamento che d risvolti pedagogici allopera.

    Una ulteriore lettura del testo in chiave psicoanalitica fa emergere il ruolo fondamentale della freudiana libido. Ogni personaggio principale media tra il proprio ES e il SUPER EGO; gli EGO che vengono fuori da tale conflitto sono: don Tano, Caliddu, Carmela, Mariano. Alla fine dicotomia pi profonda delle altre si rivela quella etica/libido.

  • Indice

    Introduzione pag. 1

    1. Antropogonia e androginia nel Simposio e nella Genesi pag. 2

    2. Il Werther goethiano pag. 7

    3. Attualit di Ezra Pound pag. 11

    4. Arcarata Rusticana: commento critico pag. 15

    Bibliografia dei brani contenuti nel saggio volti da e di autore diverso

    Platone, Simposio Il dialogo dellEros, BIT 1995 Ges / Il racconto dei vangeli apocrifi (Volume X de I grandi libri della religione), Mondadori

    I dolori del giovane Werther, Newton 1993

    A che serve il denaro, Edizioni San Giorgio, Napoli 1980

    ABC delleconomia, Bollati Boringhieri, Torino 1994 Arcarata rusticana A fujuta, Istituto Poligrafico Europeo 2009

  • Palermo

    settembre 2014