Conosco, imparo, prevengo · Vademecum per il Datore di Lavoro in materia di ... Bisogna dire che...

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PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA, PROTEZIONE CIVILE, SICUREZZA DICEMBRE 2014 n 24 prevengo Conosco, imparo, il Centro Alfredo Rampi onlus in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e il Servizio di Prevenzione e Protezione dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata iscrizione al Tribunale Civile in Roma n. 280/2008 • EDITORIALE Rita Di Iorio 2 • PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE “Quando ho tanta paura, io canto” Michele Grano | Francesca Bennati 4 La comunicazione e l’emergenza Elisa Romoli 6 • FORMAZIONE E SCUOLA Esercitazione crash aereo - Fiumicino Aeroporto Michele Grano 11 Esercitazione Fiumicino - 28 novembre 2014 Angela Memola | Lucia Marchetti 12 • SICUREZZA Vademecum per il Datore di Lavoro in materia di formazione dei lavoratori Stefano Palamaro 15 • PROTEZIONE CIVILE E VOLONTARIATO Una giornata fuori dal comune Barbara Sibilla | Francesca Alcamo 18 • TERRITORIO L’alluvione nel Gargano del settembre 2014 Giovanni Maria Di Buduo 19 • EVENTI E RECENSIONI Dossier statistico immigrazione 2014 Lucia Marchetti 22 Convegno: “Figli della recessione: la crisi economica nei paesi ricchi nel mondo occidentale” Veronica Pasquariello 23 Gruppo di Lavoro Psicologia dell’Emergenza Maria Teresa Devito 24 • SPECIALI L’alluvione di Genova Sonia Topazio 26 L’Ebola e la sua diffusione Sonia Topazio 26 Missione Rosetta. Atterraggio sulla Cometa Sonia Topazio 26 • NEWS Riflessioni sulla tragedia di Macalube e sulla necessità di una cultura della prevenzione Redazione CIP 27 ALLUVIONE DI GENOVA: il Centro Rampi esprime solidarietà e indignazione Redazione CIP 28 Clowns di Protezione Civile Alfredo Rampi al Forum Internazionale di Comicoterapia Redazione CIP 29 Il Centro Alfredo Rampi al fianco dello USSM di Roma per lavorare con i minori sottoposti a procedimenti penali ed affermare la cultura della legalità Redazione CIP 30 settori:

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PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA, PROTEZIONE CIVILE, SICUREZZA

DICEMBRE 2014n 24

prevengoConosco, imparo,

il Centro Alfredo Rampi onlus in collaborazione conl’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e il Servizio di Prevenzione e Protezionedell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata

iscrizione al Tribunale Civile in Roma n. 280/2008

• EDITORIALE Rita Di Iorio 2

• PSICOLOGIA DELLE EMERGENZE“Quando ho tanta paura, io canto” Michele Grano | Francesca Bennati 4La comunicazione e l’emergenza Elisa Romoli 6

• FORMAZIONE E SCUOLAEsercitazione crash aereo - Fiumicino Aeroporto Michele Grano 11Esercitazione Fiumicino - 28 novembre 2014 Angela Memola | Lucia Marchetti 12

• SICUREZZAVademecum per il Datore di Lavoro in materia di formazione dei lavoratori Stefano Palamaro 15

• PROTEZIONE CIVILE E VOLONTARIATOUna giornata fuori dal comune Barbara Sibilla | Francesca Alcamo 18

• TERRITORIOL’alluvione nel Gargano del settembre 2014 Giovanni Maria Di Buduo 19

• EVENTI E RECENSIONIDossier statistico immigrazione 2014 Lucia Marchetti 22Convegno: “Figli della recessione: la crisi economica nei paesi ricchi nel mondo occidentale” Veronica Pasquariello 23Gruppo di Lavoro Psicologia dell’Emergenza Maria Teresa Devito 24

• SPECIALIL’alluvione di Genova Sonia Topazio 26

L’Ebola e la sua diffusioneSonia Topazio 26Missione Rosetta. Atterraggio sulla CometaSonia Topazio 26

• NEWSRiflessioni sulla tragedia di Macalube e sulla necessità di una cultura della prevenzioneRedazione CIP 27ALLUVIONE DI GENOVA: il Centro Rampi esprimesolidarietà e indignazioneRedazione CIP 28Clowns di Protezione Civile Alfredo Rampi al Forum Internazionale di ComicoterapiaRedazione CIP 29Il Centro Alfredo Rampi al fianco dello USSM di Roma per lavorare con i minori sottoposti a procedimenti penali ed affermare la cultura della legalitàRedazione CIP 30

settori:

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di Rita Di Iorioeditoriale

Cari lettori, in questo numero dia-mo inizio ad una nuova sezione:

“Speciali”, curata dal nostro direttore responsabile Sonia Topazio. Tale sezione conterrà interviste a perso-naggi di rilievo nel campo scientifico, in particolar modo nel campo geologico, sanitario, astrofisico e della protezione civile. Cliccando sui link, potrete ascol-tare le interviste per intero.Chi ci segue avrà notato che cerchiamo sempre di allargare il campo degli ar-gomenti dei settori che sono contenuti nella rivista. E nello stesso tempo cer-chiamo di proporre articoli snelli e di facile lettura. Restiamo sempre disponibili a sugge-rimenti per eventuali nuove tematiche da trattare, e ad accogliere i lavori di chi opera nei suddetti settori.In questo numero riportiamo l’inter-vento degli psicologi del Centro Rampi nella scuola “Di Donato”, su attivazione di Save the Children.L’equipe ha svolto incontri di supporto psicosociale nella scuola frequentata dai tre fratellini vittime della violenza in fa-miglia, avvenuta il 27 ottobre a Roma.Come già avvenuto in altre occasioni (Ventotene, Brindisi, Olbia), siamo stati attivati per svolgere interventi di soste-gno psicosociale e psicoeducativo, rivol-ti a bambini, ragazzi, insegnanti e geni-tori. Un lavoro complesso, che mette in pratica il nostro modello psicodinamico multiplo, caratterizzato da un approccio globale e interdisciplinare. Un modello che, coniugando l’orientamento psico-dinamico con quello educativo e psi-cosociale, ha permesso di lavorare con tutta la comunità interessata dall’evento critico. Sempre nel settore della Psicologia delle Emergenze, presentiamo una riflessione interessante sulla comunicazione dei ri-schi in ambienti di lavoro.Nel settore Formazione e Scuola, alcuni colleghi psicologi dell’emergenza ci rac-contano il loro intervento durante una esercitazione di crash aereo, presso l’ae-roporto di Fiumicino, su attivazione del 118 e in coordinamento con altre forze presenti sullo scenario.

Il Centro Alfredo Rampi organizza di-verse esercitazioni durante l’anno e par-tecipa a quelle organizzate da altri, per-ché per noi le esercitazioni rappresenta-no una palestra formativa necessaria per poter lavorare con professionalità sul campo, in rete con tutte le forze presen-ti. In situazioni di emergenza è necessa-rio offrire una professionalità specifica, una conoscenza delle regole, un lin-guaggio comune fra tutti gli operatori del soccorso, una conoscenza delle dina-miche gestionali tra le forze in campo. Altrimenti l’aiuto che si offre potrebbe facilmente tramutarsi in pericolo psico-logico, nonché fisico, per se stessi e per gli altri. Chi ha avuto esperienze in si-

CIP CONOSCO IMPARO PREVENGO PSICOLOGIA DELL’EMERGENZAPROTEZIONE CIVILE - SICUREZZA(dicembre 2014, Numero 24)

Direttore responsabileSonia Topazio

Comitato DirettivoRita Di Iorio | Daniele Biondo | Antonella Cianchi | Marco Sciarra

Comitato di redazioneGiovanni Maria Di Buduo | Rossella Celi | Francesca Di Stefano

Segreteria di redazioneLorenzo Chiavetta

Progetto graficoLaboratorio Grafica e Immagini - INGV

Consulenza editoriale e ImpaginazioneRedazione Centro Editoriale Nazionale - INGV

SEDE Centro Alfredo Rampi OnlusVia Altino 16 - 00183 Roma www.conoscoimparoprevengo.org

editoriale

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tuazioni critiche ha potuto confrontarsi con situazioni di questo tipo.In relazione a tale discorso abbiamo volu-to farvi partecipi della nascita del Gruppo di lavoro in Psicologia delle Emergenze, presso l’Ordine degli Psicologi del Lazio. Il Gruppo si pone i seguenti obiettivi: delineare le competenze e il ruolo del-lo psicologo dell’emergenza, definendo gli ambiti, le modalità di intervento e i requisiti formativi; favorire un percorso culturale finalizzato a diffondere la cul-tura di una assistenza specifica nelle si-tuazioni emergenziali presso i cittadini e le istituzioni. Nel settore Sicurezza viene presentato il Vademecum per il datore di lavoro in materia di formazione dei lavoratori.Come sempre, il responsabile del settore Territorio si sofferma sugli eventi che ca-ratterizzano il nostro territorio: in questo numero, relativamente a quelli sussegui-tisi tra agosto e dicembre. Nel settore Recensioni vengono rela-zionati due eventi che hanno trattato i temi dell’immigrazione, della povertà

e del terzo settore. Tali appuntamenti sono stati organizzati da enti con i quali collaboriamo da anni, viste le tematiche comuni di cui ci occupiamo. Per fare un esempio, operiamo tutti i giorni all’inter-no del Centro di Aggregazione Giovanile con minori in difficoltà, in un quartiere (Prenestino) che ospita un gran numero di immigrati. Proprio per questo motivo, a coronamento della lunga collaborazio-ne fra il Centro Alfredo Rampi e l’Uffi-cio Sociale per i Minorenni (USSM) del Ministero della Giustizia di Roma – il più grande d’Italia – , è stato siglato, il 3 dicembre 2014, un accordo operativo a favore dei ragazzi con problemi di de-vianza.

Buona lettura.

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“Di fronte alla paura i bambini hanno una grande risorsa: quando

si trovano al buio in preda al pianto, si mettono a cantare e tutto passa. Perché il canto caccia la paura e a esso ricorriamo tutti per cacciare la più grande di tutte le paure, che è quella della morte”.Queste parole sono state pronunciate dall’artista Angelo Branduardi, durante un suo concerto al quale abbiamo avuto la fortuna di partecipare alcuni anni fa. E descrivono bene quello che vive C., ragazzina sveglia e curiosa di 10 anni della scuola “Di Donato”, che ci ha raccontato che quando ha paura si stende sul suo letto e canta; P., un suo compagno di classe, quando è arrabbiato suona il violino, come gli ha suggerito la mamma… e funziona; quando prova una grande tristezza, E. stringe la sua bambola e cerca di rassicurarla che va tutto bene, così si sente meglio anche lei; in preda a emozioni dolorose o difficili qualcuno ci racconta che dà pugni al cuscino, qualcuno si mangia le unghie o le mani, qualcuno confessa che picchia

il malcapitato fratellino…Quando i bambini vivono emozioni forti e dolorose che rischiano di scombussolare il loro mondo interiore e relazionale, hanno bisogno di avere accanto adulti empatici che li aiutino ad avvicinarle ed esprimerle. Per questo motivo, durante gli incontri con il gruppo della IV – che resteranno per sempre nel nostro cuore per la loro poetica vitalità, emersa anche in un contesto di difficoltà e dolore – abbiamo promosso un clima relazionale di empatia, apertura e immaginazione, lasciando innanzitutto che fossero i ragazzi con i loro tempi e i loro modi a far emergere pensieri ed emozioni, aiutandoli a trovare le risorse personali e di gruppo per poter gestire e superare questo difficile momento. I nostri incontri, dunque, sono stati mirati alla condivisione e alla chiarificazione emotiva, all’iniziale elaborazione dei vissuti legati al lutto traumatico, per promuovere una progressiva ripresa. Grazie all’utilizzo di attività espressive e di confronto,

i bambini si sono aperti e hanno condiviso con noi e con il gruppo ciò che avevano dentro. Bisogna dire che abbiamo incontrato delle maestre molto comprensive e sensibili, vere e proprie figure di riferimento affettuose e responsabili, che già avevano accolto i vissuti dei ragazzi creando nella classe un bel clima affettivo, di rispetto e dialogo, e che si sono messe in gioco in prima persona nell’ascolto e nella condivisione durante le giornate trascorse insieme a noi.È stato molto utile e liberatorio per i bambini ascoltare cosa provassero e pensassero gli altri (sia i coetanei che gli adulti), ponendo molte domande, meravigliandosi nel trovare concordanze con la loro esperienza o confrontandosi con modalità diverse di esprimere e affrontare le emozioni. Il linguaggio naturale dei bambini è un linguaggio principalmente emotivo, “fatto di immagini e metafore, come quello delle storie e dei sogni” (Sunderland, 2013). Per questo motivo

“Quando ho tanta paura, io canto”intervento psicosociale per la tragedia familiare di via Carlo Felice, Romadi Michele Grano* e Francesca Bennati**

Lo scorso 27 ottobre, nel quartiere San Giovanni a Roma, si è consumata una grave tragedia, che ha coinvolto una famiglia di origine marocchina. Una bambina e un bambino (rispettivamente di 3 e 9 anni) sono stati trovati morti, brutalmente uccisi, mentre la terza sorellina (di 5 anni) era in fin di vita. L’ipotesi più accreditata è che la madre, dopo aver colpito il marito all’addome, abbia ucciso i due figli e ferito gravemente la terza, per poi togliersi la vita. La notizia del dramma non è stata molto evidenziata dai media e, inoltre, ancora oggi non c’è luce chiara su quanto accaduto in quella casa. Di certo, un evento del genere va a sconvolgere in primo luogo la quotidianità delle persone che conoscevano la famiglia, che incontravano tutti i giorni quei bambini, che vivevano nella stessa zona, portando nelle loro vite interrogativi inquietanti, paure, incredulità, rabbia, sensi di colpa.All’indomani del tragico evento – nel periodo compreso tra il 28 ottobre e il 20 novembre 2014 – come Psicologi delle Emergenze del Centro Alfredo Rampi, abbiamo realizzato incontri di supporto psicosociale nella scuola “Di Donato” di Roma, frequentata dai tre fratellini vittime della violenza, su attivazione di Save the Children Italia. Il lavoro svolto ha avuto come prima finalità quella di sostenere i compagni di classe dei tre bambini nell’iniziale elaborazione di quanto accaduto, e di fornire a genitori e insegnanti di tutta la scuola l’ascolto necessario per chiarire ciò che agitava anche loro, al fine di cercare strumenti e risorse per avvicinare la sofferenza dei bambini, proteggerli e sostenerli. A questo scopo, abbiamo realizzato incontri in plenaria con gli adulti per cercare di intercettare situazioni di disagio e definire le classi maggiormente colpite dall’evento; successivamente, in accordo con la scuola, abbiamo stabilito di dare priorità alla classe IV (frequentata dal bambino di 9 anni ucciso) e di coinvolgere tutti genitori e i docenti della scuola dell’infanzia e primaria.

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abbiamo privilegiato tale canale per chiedere un accesso al loro ricco mondo interiore nella maniera più opportuna e delicata: dopo aver creato una clima di fiducia reciproca, abbiamo raccontato loro una storia che parlava di una nuvola che a causa di una tempesta si era smarrita e si ritrovava a dover affrontare mille difficoltà (legate alla perdita dei cari e degli amici, alla confusione di voci e di confini, allo smarrimento, ecc.). Il racconto un po’ buffo e teatralizzato delle vicende della nuvola ha catturato i bambini, che grazie al linguaggio mediato dei simboli hanno potuto avvicinare i loro vissuti legati alla “tempesta” che era realmente intorno a loro, al turbinio di voci che si rincorrevano sull’accaduto nel colorato e multietnico cortile della scuola, alla scomparsa del loro amico… A un certo punto abbiamo interrotto la narrazione, chiedendo ai ragazzi di immaginare un finale. Ognuno di loro ha disegnato o scritto la storia, regalandoci dei capolavori che abbiamo poi conservato in uno “scrigno delle cose preziose” realizzato appositamente per loro.Come ha affermato Sunderland (ibidem) “quando si aiuta un bambino a pensare alle sue emozioni attraverso una storia, si riesce a evitare che tali emozioni gonfino dentro di lui fino a trasformarsi in un’assurda e complicata situazione interiore”. Alla fine dei nostri incontri, e in particolare dopo la storia e l’invenzione dei diversi finali, abbiamo riscontrato che le tensioni presenti nel gruppo si erano abbassate e si avvertiva un clima più leggero e sereno. I ragazzi e le maestre ci hanno ringraziato a lungo e, come si sa, la riconoscenza vera scalda il cuore ed è un unguento per chi ha scelto per lavoro di occuparsi delle persone che vivono situazioni di crisi e sofferenza acuta.Per quanto riguarda il lavoro con i genitori e gli insegnanti della scuola, abbiamo realizzato con loro incontri improntati al sostegno e al contenimento emotivo, all’informazione sulla gestione

dei bambini a fronte di un evento così grave, al confronto e alla promozione di strategie psico-educative. Una forte esigenza emersa da parte degli adulti è stata quella di essere aiutati a capire come comportarsi con i loro bambini. Abbiamo parlato con loro affinché riuscissero a trovare le strade, mirate per ogni bambino, per ogni storia familiare, per dare chiarimenti rispetto alle forti emozioni che in quei giorni si agitavano in loro. Di fronte a un avvenimento così enorme e incomprensibile, i bambini si trovano spesso a fare i conti sia con i propri turbamenti, sia con la difficoltà degli adulti di accogliere le loro emozioni e le loro domande, per cui molte volte vengono lasciati soli a fronteggiare la situazione. Nel caso della morte violenta di un coetaneo, per di più con il sospetto che l’uccisione sia avvenuta per mano della madre, c’è il rischio che l’insicurezza dei bambini si amplifichi ulteriormente e si faccia largo la paura che anche le persone che si prendono cura di loro possano compiere simili gesti. È stato molto importante lavorare con le mamme ed i papà perché loro stessi riuscissero a conoscere, affrontare ed esprimere le loro emozioni e gestire con maggiore serenità le responsabilità del proprio ruolo genitoriale. Dal nostro punto di vista è stato essenziale dare voce a un “fantasma” che aleggiava durante gli incontri, ma che non veniva mai direttamente esplicitato: la paura presente anche tra gli adulti di poter compiere loro stessi un gesto brutale nei confronti dei loro figli. Il “poterne parlare”, sobriamente e insieme profondamente, è servito a esorcizzare tale sentore e a confermare ai genitori il loro valore positivo nei confronti dei loro figli.Dunque, i piccoli hanno bisogno di essere rassicurati, non tanto sul piano cognitivo, quanto a livello emotivo: è importante dare loro calore e sicurezza, passare maggior tempo con loro, stare in ascolto di quanto comunicano

attraverso il gioco, i comportamenti e le parole, cercando di dare spiegazioni chiare, con un linguaggio adatto alla loro età. In questo modo, in presenza di adulti empatici e responsivi, i bambini hanno la possibilità di contattare le loro emozioni più difficili e possono “sentire” concretamente che quanto è successo non accadrà nella loro famiglia. Questa è la strada privilegiata – di certo dura e impegnativa in quanto richiede all’adulto di calarsi nel mondo delle proprie emozioni e fare i conti con i vissuti legati alla morte, alla violenza, all’insensatezza – per donare ai bambini spaventati o traumatizzati una “coperta” morbida e accogliente (per riprendere un’immagine utilizzata da una maestra della Scuola dell’Infanzia durante uno dei nostri incontri) che possa riscaldarli, coccolarli, proteggerli dalle paure e dalle angosce.Il nostro lavoro di sostegno psicologico, realizzato nell’immediato e rivolto a quante più persone della comunità coinvolta, è stato promosso proprio per accogliere le sofferenze, mettere in contatto i vissuti di piccoli e grandi, favorire il graduale recupero delle risorse interne e collettive per affrontare un accadimento tanto sconvolgente. Tutti gli incontri sono stati realizzati al fine di attivare, fin da subito, una rete di supporto per gli insegnanti, i bambini e le loro famiglie, anche con la collaborazione dell’ASL RM-A (che, a emergenza conclusa, si è resa disponibile per garantire la continuità dell’intervento). Un’altra delle dimensioni basilari dell’intervento è stata l’attenzione al variopinto mondo di etnie e culture presenti nella scuola; tale ottica ci ha agevolato ulteriormente nell’accogliere, rispettare e comprendere le differenti modalità di vivere ed esprimere le emozioni legate al dolore e alla perdita. Come rilevato in altri recenti interventi in situazioni di emergenza (cfr. Grano, Galli, Di Iorio, 2013; Grano, Di Iorio, 2014), anche nei complessi, delicati e profondi incontri alla scuola “Di

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Solitamente, quando si parla di emergenza si pensa subito ad

interventi di soccorso, e solo raramente si riflette sull’intero ciclo di previsione, prevenzione, soccorso e ricostruzione. Senza sminuire l’importanza dei secondi due aspetti, è necessario attribuire la giusta rilevanza alla conoscenza e allo studio dei fattori di rischio nel rapporto uomo-ambiente, dei meccanismi di protezione attivati in situazioni di emergenza, delle forme migliori di comunicazione da attuare nelle emergenze e della rappresentazione dei rischi fra la popolazione, così da poter realizzare delle corrette previsioni circa le risposte individuali nei confronti dei rischi ambientali. Parimenti, è bene considerare l’importanza della formazione, tanto del personale di soccorso quanto della popolazione esposta, per mettere gli individui in grado di reagire correttamente e gestire tutta l’affettività correlata. Attraverso degli interventi sulla popolazione è possibile migliorare

la capacità di gestione del panico e quella di adottare risposte adeguate. Riuscendo a conservare la volontà di vivere e di lottare, la fiducia e la speranza nei soccorsi e il controllo dei sentimenti di impotenza e dei pensieri depressivi, i superstiti avranno maggiori probabilità di sopravvivere, nonostante gli altri fattori ambientali possano essere sfavorevoli.È quindi evidente come nella gestione e nella prevenzione delle crisi la comunicazione costituisca un elemento di primaria importanza.La comunicazione del rischio deve essere il più comprensibile, chiara e coerente possibile, ed essere formulata tenendo conto della fonte della comunicazione, dei destinatari, dei luoghi e dei tempi in cui essa avviene, oltre che dei risultati che si intendono raggiungere, poiché l’efficacia è strettamente legata alla percezione, all’immagine e alla credibilità di chi la pone in essere; inoltre, visto che il target è la popolazione, è necessario conoscerne le

caratteristiche e l’esigenza informativa specifica, per poter creare dei messaggi che utilizzino un linguaggio adeguato alle competenze del pubblico, non dando nulla per scontato e garantendo la massima fruibilità dell’informazione.Poiché il messaggio viene decodificato in funzione delle conoscenze pregresse e delle caratteristiche culturali dagli attori interessati, esso deve essere elaborato impiegando strategie anticipatorie delle esigenze del pubblico e facendo sì che sia conforme ai suoi bisogni, flessibile e coesivo rispetto al bisogno di unità e di identità del sistema sociale colpito. Tale processo di comunicazione si deve avviare l’istante il più prossimo possibile all’evento o alla diffusione di un allarme di rischio fra il pubblico, così da rispondere all’esigenza di capire cosa stia accadendo e definire il quadro cognitivo di riferimento, evitando che ognuno formi autonomamente la propria interpretazione.Per chi sta cercando di fronteggiare un’emergenza, è infatti indispensabile

Donato” abbiamo sperimentato quanto un supporto psicologico tempestivo ed adeguato possa contribuire ad abbassare le tensioni psichiche, consentendo alle persone direttamente o indirettamente coinvolte di non chiudersi nell’isolamento e favorendo l’iniziale elaborazione delle emozioni. Come ha affermato in proposito Lebigot (2000), in un pensiero che sentiamo di condividere pienamente in conclusione di questo breve resoconto: “Una presa in carico precoce, pur se di breve durata, ha notevole efficacia sugli aspetti di vergogna e abbandono. […] L’intervento permette alla vittima di restaurare il primato della parola sulla assenza del linguaggio: vi è qualcosa da dire su ciò che è accaduto

e vi sono interlocutori per ascoltare e comprendere”.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Grano M., Galli F., Di Iorio R. (2013),“Mi sembra che la bomba sia scoppiata dentro me”. Un intervento psicologico per l’attentato a Brindisi, in “Psicologia Contemporanea”, n. 235, pp. 60-65.

Grano M., Di Iorio R. (2014), La natura dell’acqua: al confine tra morte e vita, Psicologia Contemporanea, Giunti, n. 245, pp. 76-80.

Lebigot F. (2000), La clinica della

nevrosi traumatica e i suoi rapporti con l’avvenimento, in: “Revue Francofone du Stress e du Trauma”, tome 1, num.1, pp. 21-25; disponibile in italiano sulla rivista online: www.psicotraumatologia.eu/site/2004/06/la-clinica-della-nevrosi-traumatica-e-i-suoi-rapporti-con-lavvenimento/

Sunderland M. (2013), Raccontare storie aiuta i bambini. Facilitare la crescita psicologica con le favole e l’invenzione, Trento, Erickson.

*Psicologo dell’educazione e dell’età evolutiva, socio PSIC-AR.**Psicologa relazionale, socia PSIC-AR.

La comunicazione e l’emergenzadi Elisa Romoli*

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ricevere: informazioni accurate e complete su quanto è successo o sul rischio a cui si è esposti; indicazioni su comportamenti operativi da tenere; comunicazioni costanti sugli sviluppi della situazione e sulle azioni intraprese. La finalità principale del comunicatore, in questo caso, è quella di ridurre nel pubblico il livello percettivo di crisi e promuovere il controllo della situazione, garantendo una rapida trasmissione e un’efficace comprensione dei messaggi. Soprattutto, si mira a che i messaggi diano adito ad azioni adattive appropriate e significative, riducendo al minimo le reazioni di paura ed ansia che promuoverebbero e legittimerebbero il diffondersi di reazioni disfunzionali per la risoluzione della crisi.È ugualmente fondamentale, in fase preventiva, tarare le comunicazioni sulle motivazioni e sul trascorso sociale del target, per inserire le nuove informazioni in un contesto strutturato ed evitare che vengano dimenticate o sottovalutate, con il rischio che l’intera campagna di comunicazione risulti inutile nel momento in cui potrebbe essercene più bisogno.

LA COMUNICAZIONE NELLA GESTIONE E NELLA PREVENZIONE DELLE EMERGENZEUna calamità improvvisa condiziona tutti gli avvenimenti successivi e rende estremamente complesso operare in maniera coordinata, pianificata e programmata. In simili contesti, anche la comunicazione richiede attenzioni particolari: l’imprevedibilità e la specificità che caratterizzano le emergenze rendono inattuabili modalità di programmazione e gestione aprioristica dei piani di comunicazione; tuttavia, vista l’urgenza della risposta, è indispensabile il tentativo di programmazione preventiva di piani d’emergenza anche per quanto riguarda la componente comunicazionale. Affinché la comunicazione segua un piano efficace e funzionale è necessario prima di tutto ripetere che esiste un’organizzazione per il soccorso

pronta ad intervenire; quindi, non appena si conosceranno in maniera certa gli accadimenti, informare su cosa è accaduto e cosa sta accadendo; ergo, appena delineato un piano di intervento, si dovrà prendere nuovamente la parola per diffonderlo in ogni modo possibile, assieme alle direttive da seguire. Sarà bene comunque continuare a fornire periodici aggiornamenti sugli effetti del piano di intervento, accompagnati da interventi di esperti e consulenti che permetteranno di approfondire gli argomenti solo accennati nelle fasi di vera emergenza, chiarendo meglio quanto accaduto e delineando i possibili scenari futuri, fino al risolversi dell’emergenza.Nel far ciò, è importante ricordare che chi riceve le informazioni ha già un quadro personale dell’accaduto, stilato in base alle esperienze pregresse e alle notizie acquisite. È fondamentale, dunque, coordinare ed uniformare i comportamenti della popolazione impartendo direttive ed istituendo divieti, minimizzando gli effetti negativi e disfunzionali di iniziative personali spontanee. In questa fase la comunicazione dovrà essere autorevole e determinata, cosicché la maggior parte dei cittadini sia disponibile ad abdicare alle proprie autonomie decisionali disfunzionali, seguendo le direttive impartite.Ciononostante, l’aver conquistato la fiducia della popolazione portandola ad assumere un atteggiamento di collaborazione e di disciplina non può essere considerato un risultato acquisito definitivamente: informare con chiarezza sull’evolversi degli eventi e sugli obiettivi raggiunti renderà la popolazione parte attiva e consentirà una più agevole accettazione delle misure adottate, così come qualora il precipitare degli eventi lo richiedesse, renderà più facile imporre una disciplina più ferrea e chiedere sacrifici più duri.In termini di prevenzione, invece, assume un ruolo fondamentale la formazione, volta principalmente ad

insegnare a gestire le emozioni negative connesse alle esperienze traumatiche, per incrementare le capacità auto-protettive individuali. Principalmente si tratta di acquisire un rapporto corretto con lo spazio circostante: avere un rapporto più consapevole con l’ambiente e con i rischi del territorio, infatti, rende l’individuo capace di attivare delle pre-rappresentazioni mentali degli eventi che si potrebbero potenzialmente verificare, e di conseguenza lo rende capace anche di prevenirli o di attivare sequenze comportamentali corrette. Con comportamenti auto protettivi si intendono, a livello operativo, delle sequenze comportamentali di primo soccorso o di contenimento delle conseguenze, e a livello affettivo il controllo delle emozioni avverse suscitate dall’emergenza. Costruire queste abilità di base significa non solo fornire informazioni circa la natura dei rischi e le norme di protezione, ma soprattutto costruire negli individui dei riferimenti cognitivi e delle competenze affettive ad attivazione immediata, di facile utilizzo e di stabile acquisizione, applicabili trasversalmente a qualsiasi emergenza: ci si riferisce alla tolleranza affettiva dell’ansia e della depressione, all’elaborazione cognitiva di strategie di autosoccorso e allo sviluppo di competenze gruppali per il reciproco sostegno e auto-aiuto. Questo risultato non è raggiungibile con esperienze discontinue o nozionistiche, perché è necessario un percorso di apprendimento che parte sin dai primi anni di vita. Per questo tutti gli interventi dovrebbero comprendere tanto i bambini e gli adolescenti quanto gli adulti, con una pianificazione costante sul territorio che preveda ed integri aspetti scientifici, sociali, culturali, educativi, tecnici e politici. Grazie all’esperienza sul campo, gli individui coinvolti potranno collegare le nozioni apprese ad un vissuto specifico, con il quale potranno realizzare una migliore integrazione e

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interiorizzazione degli apprendimenti auto protettivi, garantendone una stabile assimilazione.

LA SEMPLIFICAZIONE DEI TESTISe la comunicazione è uno degli strumenti d’elezione per la diffusione di un’adeguata cultura del rischio, allora è fondamentale che riesca a raggiungere la più ampia porzione possibile di popolazione, per cui è necessario che sia accessibile e comprensibile anche per le fasce culturalmente e linguisticamente più deboli della società: i messaggi debbono essere chiari, semplici, concreti e vicini all’esperienza e ai bisogni della popolazione. Poiché in ogni sistema comunicativo maggiore è la distanza linguistica, sociale, culturale ed esperienziale fra l’emittente e il ricevente e maggiore è il rischio che il processo di comprensione incontri delle difficoltà, è necessario che chi elabora i testi sappia misurare la comunicazione sulle caratteristiche dei destinatari, sui loro bisogni, sulle finalità che motivano la comunicazione e sul tempo necessario per recepire e comprendere il messaggio.E se è fondamentale la conoscenza dell’argomento da trattare, è tuttavia altrettanto importante tener conto dei sistemi di credenze dei riceventi, delle abitudini, dei pregiudizi e delle abitudini di pensiero acquisite attraverso l’accettazione indiscussa di convinzioni di tipo familiare, sociale, culturale e politico, che potrebbero distorcere il significato della comunicazione o farla fallire irrimediabilmente.Senza soffermarsi su questi punti, in termini di progettazione gli aspetti su cui focalizzare l’attenzione affinché il messaggio risulti il più possibile chiaro e comprensibile sono essenzialmente l’organizzazione logico-concettuale del testo, che dovrebbe avvenire tenendo conto dei destinatari, degli obiettivi e della priorità delle informazioni, e l’uso di accorgimenti sintattici e lessicali volti a semplificare la decodificazione del messaggio nel destinatario. Il problema dell’organizzazione

logico concettuale del testo investe essenzialmente 2 momenti: quello della pianificazione e dell’organizzazione delle informazioni e quello di vera e propria scrittura del testo.Perché un testo risulti di facile lettura è necessario che chi ne progetta la stesura definisca una scaletta avendo chiara la rilevanza delle informazioni, e che organizzi queste ultime in modo tale che siano inequivocabilmente evidenti e distinguibili quelle principali (poste prima e in evidenza) da quelle secondarie o di supporto.Oltre alle informazioni principali, è bene esplicitare tutte le informazioni necessarie alla comprensione, in modo che il ricevente non debba sforzarsi di interpretare il testo con il rischio di allontanarsi con i propri processi cognitivi da quanto lo scrivente voleva comunicare. A livello sintattico meno si utilizzano costruzioni lunghe e complesse, meno problemi si incontrano nella comprensione del testo: eliminare tutto ciò che è ridondante o superfluo fa sì che l’attenzione del lettore si concentri direttamente sul contenuto principale della comunicazione. Per contro, però, anche l’eccesso di brevità può essere controproducente e può rendere il testo oscuro o difficile da capire, specie se si condensano in poche parole molte idee o informazioni senza spiegarle. Sul piano lessicale, infine, un testo è chiaro se chi legge è in grado di comprendere tutte le parole che esso contiene, pena il non riuscire a ricostruirne il senso completo: un testo dovrebbe quindi usare parole note a tutti, di significato immediato e concreto, limitando l’uso dei verbi derivati da sostantivi, evitando il ricorso a metafore e figure retoriche, ed usando parole di uso comune piuttosto che termini tecnici o arcaici; anche l’uso appropriato della punteggiatura è un valido aiuto alla comprensione perché sostituisce, almeno in parte, alcuni fenomeni che caratterizzano il parlato (ritmo, tono, volume della voce, pause,

esitazioni, ecc.) e che per chi ascolta costituiscono un importante aiuto per la comprensione.Da ultimo, la veste grafica è un ulteriore elemento che concorre alla leggibilità del testo: la grandezza e la tipologia del corpo tipografico assume per alcune fasce di destinatari un ruolo di particolare rilevanza, così come alcune caratteristiche del progetto grafico. L’uso eccessivo di evidenziazione attraverso il ricorso al neretto o al corsivo, quando non strettamente necessario, può risultare controproducente dal punto di vista della leggibilità; stessa cosa vale anche per l’uso del colore e delle immagini, che se da una parte possono vivacizzare il testo, dall’altra possono finire per schiacciarlo e monopolizzare l’attenzione del lettore, con il rischio così di distoglierla dalle informazioni principali.Ad esempio di quanto detto finora, prendiamo in esame un cartello affisso provvisoriamente nella sala studio di una biblioteca pubblica (Fig. 1).Vediamone quindi le criticità e proviamo a riformulare il testo per incrementarne

Figura 1 Un cartello affisso provvisoriamente nella sala studio di una biblioteca pubblica.

La psicologia delle emergenze

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l’efficacia e l’utilità intervenendo sul piano logico – contenutistico e sul livello sintattico e lessicale.Per quanto attiene al livello logico, gli step di un processo di semplificazione normalmente prevedono:• leggere e rileggere il testo;• prendere nota dei punti più o meno

oscuri;• reperire le informazioni necessarie

per capire il testo, sia quelle esplicitamente segnalate, sia quelle che richiedono ulteriori ricerche;

• prendere nota dei punti che fanno riferimento implicito a conoscenze presupposte, ma necessarie per la comprensione del testo;

• recuperare il materiale relativo alle informazioni assenti, ma esplicitamente segnalate, e a quelle presupposte.

Sul piano dei contenuti generalmente si interviene:

• formulando ipotesi di ridistribuzione delle informazioni, attingendo da quelle già presenti nel testo e da quelle recuperate da fonti esterne ad esso;

• separando chiaramente le informazioni principali da quelle di supporto, attraverso ausili linguistici e, dove possibile, grafici e tipografici;

• verificando su piccoli gruppi di controllo l’ipotesi di distribuzione delle informazioni, cioè la loro sequenza logica e la trasparenza dei collegamenti tra di esse.

Nel nostro caso, non vi sono informazioni mancanti da esplicitare o da chiarire, mentre sarebbe utile separare attraverso una riformulazione sintattica le informazioni principali da quelle di supporto, dando maggiore evidenza e priorità al vero contenuto del messaggio che nella versione affissa quasi scompare in ultima posizione, con il rischio che passi inosservato o che si abbandoni la lettura ancor prima di raggiungere il punto focale. Sarebbe sicuramente più utile inserire come

primo elemento il divieto di aprire la finestra, che è l’informazione principale, e poi proseguire con le motivazioni che costituiscono le affermazioni di supporto.Sempre a livello di contenuti, si può sottolineare l’assenza di nominativi e recapiti del personale da contattare per eventuali necessità, facendo genericamente riferimento al “personale bibliotecario”, che però fruitori non abituali del servizio potrebbero non conoscere o non sapere come contattare.Ancora, anziché utilizzare il grassetto per l’intera comunicazione, si potrebbe evidenziare graficamente in questo modo solo la parte focale del messaggio, ovvero il “si avvisa l’utenza di non aprire la finestra”, riportandola magari in stampatello, anche se, come si dirà in seguito, nell’economia della strutturazione del messaggio “l’utenza” si potrebbe anche rimuovere a vantaggio della brevità, della comprensibilità e dell’incisività del messaggio.A livello linguistico, gli interventi di riscrittura che generalmente si eseguono consistono:• nell’usare, a parità di senso, termini

di uso comune al posto di termini troppo ricercati, arcaici, o assenti o troppo lontani dall’uso comune;

• nel caso il loro utilizzo sia inevitabile, nello spiegare con parole di uso comune i termini estranei o troppo lontani dall’uso comune o assunti in un’accezione tecnica o specialistica, ogni volta che questi vengano adoperati;

• nello scrivere frasi brevi e nel preferire, ove possibile, la coordinazione alla subordinazione;

• in caso di ricorso alla subordinazione, nell’evitare accuratamente di incastrare subordinate tra di loro;

• a parità di senso, nel preferire l’uso dell’indicativo al congiuntivo ogni volta che sia possibile;

• nell’evitare accuratamente la forma passiva e quella impersonale;

• nell’evitare il più possibile di affidare a un solo sostantivo il senso

dell’intera frase.

Nel nostro caso sarebbe utile eliminare alcuni termini tecnici o di uso poco frequente, come “cerniera” dell’anta, “imperniata” e si avvisa “l’utenza”, e riformulare l’intero testo all’insegna della brevità e della semplicità, evitando le plurime subordinazioni e di conseguenza la necessità di ricorrere all’uso del congiuntivo e del gerundio, che rendono necessario un maggiore sforzo cognitivo per la comprensione del testo.Dopo tutte queste riflessioni, potremmo dunque riformulare il cartello nel seguente modo:

Altro accorgimento del caso: il cartello è posizionato nell’angolo in basso della finestra e potrebbe passare inosservato ad un utente distratto o sovrappensiero; al contrario, se fosse messo a cavallo delle due ante, in modo da bloccare addirittura l’apertura della finestra, o accanto alla maniglia, godrebbe sicuramente di maggiore visibilità, aumentando le probabilità che anche una persona distratta legga il divieto prima di aprire la finestra.

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S. Cassese, Codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso delle amministrazioni pubbliche, Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per

NON APRIRE LA FINESTRAun’anta è difettosa e se aperta potrebbe cadere.Per qualsiasi necessità contattare:Mario Rossi 06.5789.2657 - 371.6597485

La psicologia delle emergenze

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R. Di Iorio, D. Biondo, Psicosoccorso. Dall’incidente stradale al terremoto, Edizioni Magi, 2011.

*Laureata in “Potenziale umano, formazione, ed innovazione nei contesti sociali ed organizzativi” e allieva della III edizione del Corso di Alta Formazione in Psicologia delle Emergenze (2012/2013).

Formazione e scuola

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Il 28 novembre, per la prima volta in Italia, è stato simulato realisticamente

un incidente aereo presso Fiumicino Aeroporto; un’esercitazione interessante e spettacolare che ha coinvolto circa 400 figuranti e numerosi operatori e mezzi del soccorso (dei Vigili del Fuoco, Croce Rossa, ARES 118, Protezione Civile, Forze dell’Ordine, personale dell’aeroporto).

Come “Psicologi delle Emergenze - Alfredo Rampi” abbiamo dato il nostro contributo, lavorando in rete con la squadra dei soccorsi sanitari dell’ARES 118.L’esercitazione ha rappresentato un’ottima occasione di formazione e allenamento per testare la tempestività e la qualità dell’intervento in un ipotetico scenario di crash aereo, offrendo la possibilità di aumentare il confronto e la cooperazione tra tutte le forze del soccorso chiamate a fronteggiare insieme situazioni di maxi-emergenza con risorse e mezzi straordinari.Sono molte le riflessioni scaturite a margine di questa esperienza. Nel presente articolo si evidenziano brevemente gli aspetti salienti del lavoro realizzato con la squadra del 118, Ente

che ha richiesto l’intervento del nostro gruppo, composto per l’occasione da due psicologi esperti affiancati da due colleghe tirocinanti.Il primo degli aspetti da mettere in rilievo è proprio l’ottima collaborazione che ancora una volta si è concretizzata tra gli operatori del 118 e noi psicologi. Il tempo trascorso in attesa di essere concretamente attivati sul luogo del

crash (circa un’ora) è stato utile per presentarci e conoscere il team di medici e infermieri; va rilevato che è stato molto favorevole, in vista del lavoro congiunto, aver trovato personale che già avevamo conosciuto in precedenti interventi in situazioni di emergenza (in particolare, eventi in piazza San Pietro).Ha funzionato molto bene, per quanto riguarda l’intervento congiunto medico-psicologico, la catena delle comunicazioni e lo scambio di informazioni/mansioni sul campo. Buone, a nostro avviso, anche la prontezza dello staff medico-infermieristico nell’affrontare ogni situazione e le risorse dimostrate nella gestione efficace delle situazioni complesse (in particolare quelle dovute a stress organizzativo, in relazione ad altri enti o per criticità interne alla squadra).

Arrivati sullo scenario, nel gran caos presente, ci è stato comunicato dal referente del PMA (Posto Medico Avanzato) di seguire gli illesi e i “codici bianchi/verdi”; pertanto, ci siamo divisi per far fronte alle diverse esigenze: uno di noi ha preso in carico le persone incolumi, ossia la gran parte delle vittime, accompagnandole sul bus predisposto, per poi seguirle e supportarle nell’area attrezzata per loro dalla Croce Rossa (in collaborazione con una psicologa CRI); l’altro è rimasto sul luogo con le prime vittime designate come codici verdi e a disposizione di medici e infermieri che operavano nella tenda del PMA. In questi frangenti si è realizzata un’ottima intesa, con uno scambio di indicazioni circa lo stato delle persone coinvolte, per cercare adeguate risoluzioni per la loro migliore gestione. Interessante la collaborazione tra psicologo e infermieri nel seguire un passeggero che non parlava la lingua italiana e che era stato classificato come “codice verde”, ma che in realtà aveva riportato un trauma fisico al petto, per cui dopo accertamenti congiunti gli

Esercitazione crash aereo - Fiumicino Aeroportol’intervento degli Psicologi delle Emergenze – Alfredo Rampi in rete con l’ARES 118di Michele Grano*

Figura 1 La simulazione del crash aereo.

Figura 2 Fase iniziale dell’esercitazione.

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è stato assegnato un “codice giallo”. In questo caso lo psicologo è stato impiegato, a buon diritto, anche come mediatore linguistico. Viceversa, altri casi che erano stati classificati come “gialli” hanno richiesto l’intervento psicologico una volta accertata l’assenza di problemi medici.In questa fase dell’esercitazione, si sono susseguiti interventi psicologici “spontanei”, con persone in attesa di essere visitate che si trovavano in stato di ansia, ottundimento psichico o shock (valutate dall’osservazione dello psicologo) e interventi richiesti dallo staff medico, all’esterno o all’interno del PMA, su pazienti già visitati che manifestavano problematiche di natura emotiva.È stata ottima la collaborazione e la comunicazione per quanto riguarda la consegna, la gestione e la destinazione dei “codici bianco/verdi”. L’esercitazione ha evidenziato anche alcune carenze organizzative, utili per riflettere su alcuni punti che possono essere migliorati in prossime simili circostanze. In questa sede, in particolare, può essere utile sottolineare soprattutto l’assenza di una vera e

propria “regia” dell’evento, che si facesse carico di coordinare tutte le forze in campo e desse una chiusura all’esercitazione: si è avvertita infatti l’assenza di un senso finale della giornata, che è scivolata in maniera un po’ sfilacciata, mentre sarebbe stata

opportuna la convocazione di tutti i rappresentanti, anche per un veloce saluto e ringraziamento e/o la proposta di mettere in condivisione feedback e suggerimenti (per evidenziare punti di forza e limiti in vista di strutturazioni addestrative e operative sempre più sinergiche).Nel complesso, tuttavia, soprattutto per quanto riguarda il coordinamento tra 118 e la squadra di psicologi, nonché tra il nostro gruppo e i rappresentanti della CRI – come evidenziato – sono stati maggiori gli aspetti positivi rispetto a quelli carenti o negativi. La continuità della cooperazione tra i nostri Enti facilita di certo la “familiarità” e la reciproca conoscenza circa il modus operandi, il rispetto dei ruoli e degli spazi, la gestione di tempi e funzioni; questo graduale processo di apertura, curiosità e vicendevole scambio, dunque, agevola l’organizzazione nel momento in cui si è chiamati a lavorare insieme in scenari che richiedono rapidità di scelta ed esecuzione, coordinamento e fiducia.

*Psicologo delle Emergenze - Alfredo Rampi, intervenuto sullo scenario.

Lo scorso 28 novembre abbiamo partecipato – in veste di osservatrici,

accanto a un team di Psicologi delle Emergenze del Centro Alfredo Rampi – ad una straordinaria esercitazione organizzata da Aeroporti di Roma, sotto la supervisione dell’Enac, che ha visto coinvolti operatori appartenenti a diverse istituzioni del soccorso, quali la Croce Rossa Italiana, i Vigili del Fuoco, l’ARES 118 le associazioni operative di volontari di Protezione Civile, altrettanti corpi istituzionali,

tra cui Carabinieri, Polizia locale e Guardia di Finanza nonché gli operatori aeroportuali. La situazione simulata è stata alquanto complessa: un incidente aereo con coinvolgimento di circa 400 persone.Abbiamo avuto un incontro preliminare con l’ARES 118, ente che ha attivato l’intervento degli psicologi, presso il Poliambulatorio dell’USL di Fiumicino, a pochi chilometri dal luogo dell’esercitazione, dove erano presenti numerosi operatori alle prese con

l’organizzazione e la distribuzione dei materiali di riconoscimento. La segnalazione dalla centrale operativa è arrivata alle 11:30 e, già all’attivazione dei mezzi con l’accensione delle sirene, si è generato un clima di forte tensione, amplificato dall’evidente preoccupazione sui volti delle persone in strada, testimoni reali in quanto non al corrente della simulazione.La rappresentazione dell’evento è risultata oltremodo realistica. Lo scenario di crisi, allestito in un’area

Esercitazione Fiumicino - 28 novembre 2014 le osservazioni di due psicologhe tirocinantidi Angela Memola* e Lucia Marchetti**

Figura 3 L’intervento di uno psicologo dell’emergenza del Centro Alfredo Rampi.

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dell’aeroporto chiusa al traffico aereo, si presentava, all’arrivo, così articolato: parti in disuso di un vecchio aereo posizionate in modo da riprodurre l’incidente; una trentina di corpi coperti da un lenzuolo bianco; i vigili del fuoco, alle prese con la messa in sicurezza del luogo e dei passeggeri; gli operatori del pronto soccorso di Aeroporti di Roma impegnati in un primo triage e a prestare i soccorsi più urgenti. Le prime vittime identificate come gravi, subito barellate, e le altre meno gravi erano state riunite in un luogo alla nostra sinistra e protette da coperte isotermiche in attesa, rispettivamente, del trasporto in ospedale e dell’installazione della tenda; mentre i codici verdi e gli illesi erano stati convogliati verso un autobus per il trasferimento in una rimessa poco distante dalla pista. Nel frattempo, sono apparsi vicino ai rottami i tecnici e i periti della polizia scientifica, per circoscrivere la scena e raccogliere le prove forensi.Dopo un’iniziale osservazione e un raccordo con il responsabile del PMA, gli psicologi dell’emergenza del Centro Alfredo Rampi si sono inseriti nell’intervento. Uno di loro è rimasto sul posto con i feriti, mentre l’altro ha

accompagnato le vittime nella sala illesi. I colleghi, quindi, hanno potuto realizzare un rapido triage sullo stato psicologico delle vittime. I primi a dover essere soccorsi sono stati un uomo di circa 60 anni ed un ragazzo di 20 con difficoltà respiratorie. Entrambi sono stati allontanati dalla posizione in cui sostavano, perché poco sicura, e accompagnati in un luogo più riparato dove lo psicologo ha potuto instaurare con loro una relazione di sostegno psicologico. In seguito è stato notato un codice verde, che in realtà presentava sintomi psicologici più gravi di quanto stimato dal triage medico.Trascorso il tempo necessario a predisporre le varie operazioni, i medici hanno consentito agli psicologi l’ingresso nella tenda del PMA, dove è stato possibile dedicarsi ai feriti più gravi, oltremodo spaventati e stressati, che hanno potuto beneficiare di ascolto e accudimento psicologico.

Per quanto riguarda la seconda unità, trasferitasi al “centro illesi”, la situazione è stata diversa. Durante la fase di preparazione dei pullman e del trasporto, lo psicologo ha potuto offrire sostegno alle persone più fragili e spaventate.

Durante il trasporto verso il “centro illesi” vi è stato un ottimo coordinamento tra le forze dell’ordine, le quali hanno impedito che persone esterne all’esercitazione entrassero nel luogo dell’evento.Arrivati al “centro illesi”, il collega si è presentato ai volontari della Croce Rossa, i quali lo hanno identificato con un cartello, gli hanno presentato una psicologa della CRI e poi hanno proseguito con il censimento delle persone presenti. Successivamente, dopo una rapida osservazione, lo psicologo si è avvicinato ad un ragazzo che mostrava segni di disagio, aveva le spalle curve ed era l’unico a portare una coperta sulle spalle. Mentre lo psicologo parlava con questo ragazzo, dopo circa venti minuti, anche il ragazzo accanto a lui ha iniziato a discorrere con lo psicologo. Durante questo intervento è arrivato al Centro Illesi un terzo pullman, con due uomini all’interno; il più giovane era in stato di shock, ma, dopo essersi rifocillato e aver parlato con la psicologa della CRI, si è tranquillizzato.Poco dopo, lo psicologo si è avvicinato ad una donna – alla quale era stata data una coperta in quanto si era bagnata – che mostrava ansia e preoccupazione. Durante l’intervento, altre due donne hanno preso parte alla conversazione, affermando di essere membri dell’equipaggio e di essere in ansia per i piloti, sui quali, non avevano ancora ricevuto notizie. Questa esperienza ha rappresentato un’importante occasione per testare la capacità di lavorare in sinergia di tutti i diversi soggetti istituzionali e per riflettere sui limiti che ancora possono ostacolare la piena riuscita degli interventi in emergenza. Partecipare, anche solo osservando, ad un evento del genere ci ha fatto realizzare quante forze servano per organizzare la macchina dei soccorsi ed aiutare tutte le persone coinvolte. Partendo a tutta velocità con la macchina dell’ARES 118, a sirene spiegate, abbiamo provato molta

Figura 1 Intervento con i codici verdi.

Figura 2 Sostegno psicologico ad un ferito grave.

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agitazione ed eccitazione. Arrivati sul luogo dell’esercitazione ci è sembrato tutto molto realistico, abbiamo incontrato persone sconvolte, volontari e professionisti all’opera. Abbiamo visto come l’eccitazione iniziale si trasformi in concentrazione operativa. Ci sembra, dunque, che eventi di questo tipo siano da apprezzare e valorizzare nella loro eccezionalità, in quanto inizio di un percorso lungimirante e imprescindibile di formazione, prevenzione e organizzazione.

*Psicologa.**Psicologa Tirocinante presso il Centro Alfredo Rampi Onlus.

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Anche in questo numero, affrontiamo il tema della formazione sulla

sicurezza dei lavoratori, molto caro al Centro Rampi e nel quale vogliamo distinguerci anche per la chiarezza.Questa guida minima vuole essere di supporto ai datori di lavoro per orientarsi nel mondo della formazione per i propri dipendenti, proponendo alcuni spunti ed evidenziando alcune criticità alle quali prestare la massima attenzione.Vedremo passo passo di cosa è necessario disporre e soprattutto su cosa il Datore di Lavoro debba comunque vigilare personalmente, anche in caso di affidamento all’esterno (società o professionista) del servizio di formazione.Partiamo dal principio. Il processo della formazione deve contribuire a modificare l’applicazione delle tecniche di lavoro alla luce, non solo dell’efficienza produttiva, ma anche della sicurezza e della salute dei lavoratori. Punto di partenza imprescindibile è la Valutazione dei rischi aziendali. Ogni Datore di Lavoro con almeno un lavoratore subordinato (secondo l’amplissima veduta dell’art.2 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i.) è tenuto a dotarsi di un RSPP (ruolo che può essere ricoperto, nei casi previsti dal DdL stesso, frequentando un apposito corso, oppure da un professionista esterno), effettuare la valutazione dei rischi e la conseguente applicazione delle misure di prevenzione e protezione previste. Tra i vari obblighi compare anche quello della formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti eletti RLS. Si deve partire necessariamente dalla valutazione dei rischi perché da questa discende tutto il resto, comprese le argomentazioni da inserire nel Piano di formazione aziendale.

Cercheremo quindi di orientarci schematicamente in questo mondo che, fra proposte di enti, organismi, fondi per la formazione finanziata, rischia di divenire impervio ed anche pericoloso.

1) Chi e quando deve fare il corso di formazione Non ci sono scappatoie! La formazione art. 37 dei lavoratori è veramente obbligatoria per tutte le tipologie di lavoratori descritte all’art. 2 del D.Lgs. 81/08. Per conoscere la classe di rischio di appartenenza (basso, medio, alto) basta risalire al proprio settore Ateco 2007 e verificare il livello attribuito e di conseguenza le ore minime di formazione da erogare. La formazione deve essere erogata entro i 60 gg dall’assunzione, con buona pace dei lavoratori stagionali che con questa scappatoia non si vedranno mai formati se non da Datori di Lavoro illuminati. Obbligatoria, anche se con diverse specifiche, la formazione per i RLS e, se presenti, anche per preposti e dirigenti.

2) In cosa consiste la formazioneLa formazione dei lavoratori, stabilita dall’Accordo Stato Regioni del 21-12-11 è ripartita secondo la seguente schematizzazione.• Formazione obbligatoria Lavoratori Art. 37 D.Lgs. 81/08 e ASR 21/12/11:a. Formazione generale di 4 ore uguale per tutti e che rappresenta un credito formativo permanente.b. Formazione specifica di 4,8 o 12 ore sulla base del livello di rischio precedentemente attribuito. Questa parte di formazione deve includere i rischi specifici valutati per la singola mansione ed è soggetta ad

aggiornamento quinquennale o ad ogni cambio mansione.• Formazione altri soggetti:La formazione del RLS (individuato previa elezione o designazione sindacale) è supplementare a quella del lavoratore e consta di 32 ore con aggiornamenti annuali.La formazione del preposto, incaricato dal Datore di Lavoro è supplementare a quella del lavoratore e consta di 8 ore.La formazione del Dirigente è invece stabilita in 16 ore.La formazione speciale extra Accordo Stato Regioni 21/12/11 per gli addetti alle emergenze varia a seconda della valutazione del rischio e della tipologia di azienda.

3) Come pianificare la formazioneVisto che il Documento di Valutazione dei rischi è immediatamente obbligatorio dal primo giorno di attività (recente decreto entrato in vigore fine 2014 a seguito di procedimento di infrazione all’Italia dalla comunità europea) dovrebbe essere parimenti disponibile il Piano di formazione contenente gli argomenti specifici da affrontare per i propri dipendenti tratti dalla valutazione stessa. È importante che il piano formativo sia effettivamente basato sui rischi valutati e distinti per le singole mansioni. Molte volte si assiste a corsi di formazione mirati per una mansione ed al quale prendono disinvoltamente parte anche lavoratori della stessa società esposti a mansioni e rischi completamente diversi. In questo caso, per esempio, si sono sicuramente rispettate le ore minime di formazione, ma gli argomenti?

Vademecum per il Datore di Lavoro in materia di formazione dei lavoratori di Stefano Palamaro*

Sicurezza nei luoghi di lavoro

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4) A chi richiedere la collaborazioneLa normativa prevede che per i corsi di formazione obbligatoria ai lavoratori ed agli RLS (e solo per questi!!!) vige l’obbligo di richiedere la collaborazione di Organismi Paritetici (e grazie all’Accordo Stato Regioni anche degli Enti Bilaterali con pari funzioni). Specifico per quali corsi è obbligatorio perché nelle proposte commerciali spesso viene fatto di tutta l’erba un fascio, espediente per coinvolgere i suddetti enti anche dove la loro collaborazione non è né richiesta né quantomeno obbligatoria (corsi per preposti, Dirigenti, corsi sulle emergenze , haccp, etc.).In realtà l’obbligo di erogare la formazione in Collaborazione con i suddetti enti non è nemmeno oggetto di sanzione nel Decreto 81. Ma saltare a piè pari questo step rappresenterebbe un’anomalia che potrebbe indurre spiacevoli ripercussioni, come ad esempio la richiesta da parte degli organi di vigilanza di ripetere l’iter formativo seguendo la prassi. Succintamente (senza addentrarsi nel significato della maggiore rappresentatività in ambito sindacale) la prassi vuole che ci si rivolga per la richiesta di collaborazione ad un Organismo Paritetico o Ente Bilaterale dotato di Commissione Paritetica presente nel territorio di riferimento (provincia, regione, etc.) e che abbia sottoscritto il Contratto di lavoro dell’azienda che richiede la formazione. Questi vincoli sono articolati in questo modo perché, giustamente, si pensa che solo gli Organismi/Enti formati dalle parti Datoriali e Sindacali a conoscenza delle problematiche del comparto/contratto di lavoro possano ragionevolmente ed efficacemente offrire la propria collaborazione ai propri rappresentati! Un Organismo Paritetico operante, a mero titolo di esempio, esclusivamente nel settore

della vigilanza armata, per quanto efficiente, non potrà mai essere di riferimento per una ditta nel settore agricolo o edile. Naturalmente, se il contratto dell’azienda in oggetto non è rappresentato da nessun Ente/Organo, non è necessaria alcuna richiesta di collaborazione.

5) Come richiedere la collaborazioneAffidandosi per l’erogazione della formazione ad una Società o un professionista esterno, solitamente le pratiche di collaborazione vengono svolte da questi ultimi. Consiglio comunque di tener conto di quanto detto in precedenza, ovvero assicurarsi personalmente che tutte le pratiche di collaborazione presso i suddetti enti siano effettivamente attivate e lo siano presso un organo/ente compatibile con il contratto dei lavoratori da formare.In caso non si voglia passare attraverso un centro di formazione, le alternative ci sono.La collaborazione con l’ente di riferimento oculatamente individuato può essere avviata anche dal Datore di Lavoro, che diventa soggetto organizzatore della propria formazione semplicemente comunicando con congruo anticipo (tipicamente almeno 15gg per raccomandata con ricevuta A/R) l’intenzione di realizzare il corso di formazione ed inserendo nell’informativa una serie di dati come data, luogo ed orario del corso, numero di discenti, tipo di corso, programma degli argomenti, nominativo, curriculum e attestati del/i formatore/i, etc..Se in risposta a tale comunicazione non si riceve nulla, si può tranquillamente erogare il corso senza ulteriori adempimenti; in caso si riceva dall’ente coinvolto una collaborazione costruttiva si può decidere di aderire alle richieste; se (come spesso accade) si ricevono controproposte economiche o

addirittura imposizioni di docenti e/o tutor, sappiate che sono richieste tranquillamente trascurabili ed infondate. In alcuni casi può essere richiesto un piccolo contributo, di solito molto ragionevole, per la stampa degli attestati.In ogni caso tutto ciò che si è comunicato agli organi/enti in fase di richiesta di collaborazione deve essere scrupolosamente rispettato (date, orari, luoghi, etc.), in quanto prerogativa degli enti è il controllo dell’effettivo svolgimento dell’intervento di formazione, indipendentemente dalla collaborazione ricevuta dall’ente stesso.

6) Requisiti del DocenteChe sia un docente reperito dal Datore di Lavoro, o che appartenga ad un Centro di formazione, a partire dal 18 marzo 2013 i requisiti da richiedere ai professionisti, chiamati a svolgere il ruolo del docente nei corsi di formazione in materia di sicurezza del lavoro, sono descritti nel Decreto Interministeriale del 6/3/2013. Proprio per la verifica dei requisiti è sempre opportuno, anche quando non esplicitamente richiesto dall’Organo o Ente di riferimento, inserire nella raccomandata di richiesta di collaborazione curriculum e documenti inerenti la dimostrazione del possesso dei requisiti necessari.

7) Svolgimento del corsoCome accennato nei punti precedenti la logistica e la tempistica del corso debbono essere comunicate e quindi rispettate in fase di erogazione, qualsiasi sia stato il responso della richiesta di collaborazione con gli Organi/Enti coinvolti. Il docente o il Datore di Lavoro debbono istituire il registro presenze con la rilevazione degli orari di entrata ed uscita dei discenti. Per essere considerato valido, ai fini dell’emissione

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dell’attestato di frequenza, il discente deve aver partecipato ad almeno il 90% delle ore previste ed aver superato il test di verifica finale se previsto.

8) Altre possibilitàSi sta rapidamente diffondendo il ricorso alla cosiddetta Formazione Finanziata. Questa pratica permette, tramite un soggetto intermediario accreditato presso la regione, di deviare delle trattenute in busta paga (già effettuate e altrimenti dirette all’INPS) verso dei fondi ad hoc. Iscrivendosi al fondo più idoneo al tipo di attività si può, a seconda dei casi e delle modalità di funzionamento dei fondi ed al numero di dipendenti dell’azienda, effettuare la formazione secondo progetto presentato e riceverne a posteriori il rimborso, oppure usufruire direttamente di corsi di formazione totalmente gratuiti.Naturalmente nei due casi il Datore di Lavoro tiene conto che l’intervento del soggetto intermediario prevede una “trattenuta sul tesoretto”, rappresentato da ciò che l’azienda

riesce a versare nel fondo tramite le buste paga. Più dipendenti si hanno più sono ingenti i fondi accantonati e più formazione si può autofinanziare. Invito i Datori di Lavoro semplicemente a chiedere informazioni sulla percentuale di trattenuta applicata dai soggetti attuatori coinvolti, prima di conferire incarichi ad occhi chiusi.

Di solito, a conclusione delle informative standard di stampo commerciale, a questo punto si trova la pletora delle “sanzioni” che dovrebbero fungere da grimaldello per indurvi a riflettere sulla convenienza ad intraprendere il cammino verso l’adeguamento alla norma, riducendo il tutto ad un calcolo fra costi e benefici.Ma in questo vogliamo essere ancora una volta diversi. A noi basta ricordare che essere a norma è un obbligo di legge per i Datori di Lavoro. Ed è il miglior segno di rispetto verso i propri lavoratori.

*Responsabile della sicurezza della Fondazione Alfredo Rampi.

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Protezione Civile e Volontariato

Il 23 settembre, nella piazza antistan-te alla chiesa di San Salvatore in Lau-

ro a Roma, doveva essere una giornata di festa comune per la celebrazione al Santo Padre Pio. Un momento di gio-ia per la benedizione del vescovo ai volontari di Protezione Civile, che si è trasformato in un momento di agi-tazione generale per la presenza di un “fedele”, il quale, senza motivo ed im-provvisamente, ha cominciato a spruz-zare del liquido contro due volontari, tra cui un nostro amico/collega del NOAR.La paura è stata tanta, in quanto non si conosceva la natura del liquido spruz-zato e i volontari colpiti hanno comin-ciato ad avere dei rossori molto impor-tanti su viso e braccia, le zone colpite.Intorno al “fedele” è stato creato un cerchio di volontari, tra cui i nostri colleghi colpiti, in modo da tenerlo isolato dal resto della folla che seguiva la processione. Il tutto senza mai toc-carlo e nel massimo rispetto della divi-sa che indossavamo. Le autorità, pron-tamente chiamate, sono arrivate con molta calma e hanno preso in carico l’aggressore. A quel punto i due ra-gazzi colpiti sono stati portati presso il PMA, dove hanno deciso di trasferirli subito al pronto soccorso dell’ospedale Santo Spirito per i controlli, tanto più che ancora non si sapeva nulla sulla natura del liquido e i rossori diventa-vano sempre più evidenti e fastidiosi. Una volta arrivati al pronto soccorso, con nostro stupore, l’attesa è stata lun-ghissima. I medici hanno visitato i due ragazzi dopo circa 3 ore e mezzo. Il re-ferto è stato: “ustione di I° grado da liquido caustico”.Mentre attendevamo che i volonta-ri venissero chiamati in visita, sono passati il responsabile dei volontari di Roma Capitale (Fabrizio Puglielli) ed un rappresentante del gabinetto del Sindaco, ai quali è stato chiesto espli-

citamente di poter avere la bottiglietta per poterne analizzare il contenuto, o quanto meno di chiedere alla caserma che aveva fermato l’aggressore di quale sostanza si trattasse. Con grande delu-sione, però, la nostra richiesta è stata completamente ignorata. Infatti, dopo due ore, il responsabile dei volontari di Roma Capitale non è stato in grado di darci risposte di alcun genere; mentre il volontario NOAR, una volta fuori dal nosocomio, in 10 minuti e con due telefonate (una al 118 e una alla caser-ma della polizia dove era stato portato l’aggressore), è riuscito a sapere che il “fedele” era stato rilasciato ed aveva di-chiarato che il liquido era “acqua san-ta” (sic!). Dichiarazione in contrasto con il referto del pronto soccorso, che parlava di liquido caustico.Per fortuna tutto è finito bene, il ros-sore si è attenuato fino a sparire entro pochi giorni. Tuttavia, il timore che l’aggressore potesse avere altro nella borsa è stato alto. Quanto accaduto ha lasciato, senza dub-bio, un senso di forte delusione per la

poca attenzione ricevuta da parte delle Forze dell’Ordine, dal Comune e dai medici del presidio ospedaliero.

*Volontarie NOAR.

Una giornata fuori dal comune di Barbara Sibilla e Francesca Alcamo*

Figura 1 Un momento della benedizione.

Territorio

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Nei giorni compresi tra l’1 e il 7 settembre 2014, l’area del

Gargano è stata soggetta ad intense e prolungate precipitazioni; forti temporali stazionari (autorigeneranti) su gran parte della Puglia centro-settentrionale hanno portato ad una quantità di pioggia notevolmente superiore alle medie del periodo e in alcuni comuni mai registrata. Nella prima settimana di settembre la pioggia cumulata ha raggiunto valori in alcuni casi paragonabili alla piovosità media annuale, che è compresa tra i 435 mm a Manfredonia e i 1110 mm nella Riserva Naturale Foresta Umbra (all’interno del Parco Nazionale del Gargano).I valori massimi di precipitazione sono stati (fig. 1):• 640 mm alla stazione di San

Giovanni Rotondo (circa il 75% della precipitazione media annua);

• 544 mm alla stazione di San Marco in Lamis (244 mm solo il 3 settembre, circa il 30% della precipitazione media annua);

• 393 mm alla stazione di Cagnano Varano (234 mm solo il 4 settembre, circa il 30% della precipitazione media annua);

• 351 mm alla stazione Vico del Gargano (circa il 42% della precipitazione media annua).

Le esondazioni dei corsi d’acqua e i movimenti di versante (crolli di scarpate e flussi di detrito) hanno causato, oltre a

due vittime, danni ingenti alla viabilità, a molte case e alla rete ferroviaria, allagamenti, l’accumulo di sedimenti ad opera della acque esondate, l’asportazione di ingenti volumi di sabbia delle spiagge in corrispondenza delle foci torrentizie e l’evacuazione di

Figura 1 Accumuli complessivi del periodo 1-6 settembre 2014.(meteogargano.org).

L’alluvione nel Gargano del settembre 2014 di Giovanni Maria Di Buduo*

Figura 2 Gli eventi alluvionali nella zona di Peschici (meteogargano.org).

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Territorio

alcune frazioni. I comuni maggiormente colpiti sono stati: S. Marco in Lamis, Peschici, S. Giovanni Rotondo, Vico del Gargano, Carpino, Vieste, Rodi Garganico.

I danni causati sono ascrivibili in parte a cause naturali, consistenti nei valori record di precipitazione, e in parte a cause antropiche, poiché gli effetti

delle ingenti quantità di acqua defluite nelle aste fluviali e torrentizie sono state amplificate dal mancato rispetto delle aree di deflusso naturali delle acque, soprattutto nelle zone costiere di cui

alcune fortemente urbanizzate. Ad ovest di Peschici (settore settentrionale del Gargano) sono presenti due torrenti, il Chianara e l’Ulso (fig. 1, 2 e 3),

che drenano un bacino idrografico di circa 300 ettari, di cui circa l’80% è boscato (fig. 4), e la cui pianura alluvionale non è - finora - classificata a pericolosità idraulica nel PAI (Piano Assetto Idrogeologico) dell’Autorità di Bacino della Puglia (fig. 5). Molti danni sono quindi imputabili alla inadeguata sistemazione idraulica della pianura alluvionale, dove l’uomo è intervenuto con la realizzazione di case e strade in aree di pertinenza degli alvei torrentizi. Nella zona di foce gli alvei sono stati infatti in parte coperti d’asfalto; la strada costiera e la linea ferroviaria inoltre sono sprovviste di adeguate protezioni e di una idonea canalizzazione dei flussi provenienti da monte. La procura di Foggia ha avviato un’indagine ipotizzando i reati di disastro colposo, omicidio colposo, violazione delle leggi urbanistiche e omissione di atti d’ufficio, per i danni verificatisi a San Marco in Lamis e a Peschici: in particolare, l’indagine accerterà se il naturale deflusso delle acque sia stato ostacolato dalla presenza di opere abusive e/o dalla mancata manutenzione dei canali, e se l’evento meteorologico eccezionale fosse stato previsto e di conseguenza adeguatamente segnalato alle autorità locali di protezione civile, con le dovute iniziative a tutela dell’incolumità pubblica.Il procuratore Leonardo Leone de Castris ha affermato che “il danno idrogeologico creatosi nelle zone adibite a far defluire i torrenti, le acque e le piogge ha fatto sì che le stesse si trovassero sistematicamente bloccate da costruzioni che hanno aggravato una situazione già di per sé gravissima sotto l’aspetto eccezionale delle precipitazioni”.L’Ente Parco del Gargano e la Procura di Foggia hanno stipulato una convenzione finalizzata alla demolizione delle opere abusive presenti nell’area protetta del promontorio: una quarantina di villette saranno, infatti, abbattute nell’arco di un anno.

Figura 3 Le foci dei torrenti Chianara e Ulso parzialmente antropizzate (meteoweb.eu).

Figura 4 I danni alla foce del torrente Chianara (meteoweb.eu).

Territorio

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*Geologo.

Figura 5 Confronto tra le aree alluvionate nella zona di Peschici e quelle perimetrate a pericolosità idraulica (meteoweb.eu).

Figura 6 La zona costiera è stata soggetta, oltre che alle inondazioni, anche a flussi di detriti che hanno portato ad accumuli aventi spessore fino a 2-3 metri (meteoweb.eu).

Eventi e Recensioni

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Lo scorso 29 ottobre, presso il Teatro Orione di Roma, si è tenuta la pre-

sentazione sul Dossier Statistico di Im-migrazione 2014 realizzato dall’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali). Molti sono stati gli interventi lungo il corso della mattinata, che han-no affrontato i vari problemi che ogni giorno, sia le istituzioni sia le persone, si trovano ad affrontare.Sono 4.922.085 gli stranieri residenti in Italia, di cui il 52,7% rappresentato da donne mentre i minori sono oltre un milione.Ciò che colpisce è il loro livello di istru-zione a dir poco notevole: il 10,3% ha una laurea e il 32,4% un diploma.Notevole è anche l’incidenza delle fami-glie con uno straniero al proprio inter-no, che in un quarto dei casi sono mi-ste. I cittadini italiani per acquisizione sono aumentati molto: si è passati da 285.785 a 671.394.Un altro grosso incremento si è avuto con gli sbarchi dei profughi. Al 3 ago-sto 2014 le persone sbarcate in Italia sono state complessivamente 112.689, mentre diverse migliaia di persone sono morte in mare nonostante l’operazione

“Mare Nostrum”.Per quanto riguarda il lavoro, la per-centuale degli stranieri sul totale degli occupati è salita all’8,2%, ma alla fine del 2013 sono stati 3 milioni 113 mila i disoccupati complessivi, di cui 493 mila stranieri.Non sono mancati gli atti di discrimi-nazione razziale, sottolineati in nume-rosi interventi, dai quali è emerso che i principali indicatori di discriminazione a livello territoriale sono: l’inserimento sociale (gli affitti agli stranieri costano 1/5 in più rispetto agli italiani), la scuo-la (1/5 degli studenti stranieri sceglie il liceo invece di un istituto tecnico o pro-fessionale), il lavoro (licenziamento più facile).Un metodo per superare tali discrimina-zioni, secondo i relatori, potrebbe essere una concessione meno burocratica della cittadinanza, che attualmente viene ne-gata anche ai figli di seconda generazio-ne, che molto spesso si sentono più ap-partenenti alla nostra cultura piuttosto che a quella di origine.Importantissimo, a tal riguardo, è stato l’intervento di Radwan Khawatmi, im-prenditore egiziano, immigrato in Italia,

presidente di un’importantissima azien-da (sono 497 mila le imprese di migranti in Italia), la quale dà lavoro a tantissimi italiani. Khawatmi, tuttavia, non ha la cittadinanza italiana, ed è, quindi, pri-vo di molti diritti di cui godono i suoi omologhi italiani.Questo convegno è stato molto impor-tante perché ha portato alla luce dati che molto spesso sono tenuti nascosti ed oscurati, facendo sì che vengano messi in evidenza solo gli aspetti critici del grande flusso migratorio che ha colpito l’Italia negli anni.

*Psicologa tirocinante presso il Centro Alfredo Rampi Onlus.

Dossier statistico immigrazione 2014 di Lucia Marchetti*

Figura 1 La copertina del dossier.

Figura 2 I relatori che hanno preso parte al convegno.

Eventi e Recensioni

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Il 28 ottobre, presso la sala Polifunzio-nale del Senato, si è tenuto il conve-

gno intitolato “I figli delle Recessione. La crisi economica nei paesi ricchi del mondo Occidentale”. Nell’ultimo de-cennio, fenomeni come la forte crisi economica, la disoccupazione, la crisi dei mercati finanziari e l’assenza di Po-litiche Sociali hanno coinvolto l’Italia, come molti altri paesi ricchi dell’Unio-ne Europea, creando un impatto signi-ficativo, fisico e psicologico, sui vissuti delle famiglie italiane e, di conseguenza, anche sui ragazzi. Questi ultimi, oltre a vivere in un palese stato di precarie-tà economica insieme alle loro fami-glie, fanno i conti costantemente con la frustrazione e il disagio provocati da mancate aspettative verso il loro futuro personale e professionale.I bambini e i ragazzi maggiormente colpiti sono quelli appartenenti a nuclei familiari con genitori disoccupati, monoparentali; famiglie di migranti e famiglie numerose. Questa crisi profonda ha generato, e continua a generare, esclusione sociale ed un impatto significativo di lunga durata.A fronte di questo malessere fisico e psichico che interessa le famiglie italiane, il Terzo Settore, che lavora nel Sociale, e la

Pubblica Amministrazione sono alla ricerca di nuovi piani di intervento, sociali e politici, per cercare di arginare quelle che saranno le disastrose conseguenze di questa crisi economica sui “figli della recessione”.Alcuni limiti, largamente riscontrati nel Terzo Settore, riguardano l’assenza di politiche sociali globali, di strumentazioni di servizio, di politiche realizzate in collaborazione coi vari enti presenti sul territorio: quindi l’assenza di una vera e propria collaborazione all’interno della rete dei Servizi, che ostacola la messa in pratica di risorse più efficaci per costruire politiche di presa in carico e di accoglienza nel sociale, finalizzate a far uscire dall’attuale condizione sfavorevole i soggetti coinvolti.Le strategie e gli interventi proposti, al momento, sono la realizzazione della Riforma nel Terzo Settore, riguardante la stabilizzazione, e contemporaneamente vi sono progetti di sostegno ed inclusione attiva, da parte di comunità accoglienti, che possano apportare un intervento anche sulle famiglie dei minori.Una campagna di sensibilizzazione sociale promossa da una casa famiglia del Nord dell’Inghilterra ha visto impegnati i loro ragazzi in una mostra

fotografica, nella quale avevano esposto scene di vita quotidiana, immortalate dalle loro macchine fotografiche: oggetti rotti, frigoriferi vuoti, sguardi spenti. Ciò mostrava la piena consapevolezza di questi ragazzi della povertà fisica e psichica che vivevano.I dati e le osservazioni riportati nel Report effettuato dall’Unicef, “Innocenti Report Card 12”, rivelano quindi un forte rapporto fra l’impatto della Grande Recessione sulle economie nazionali e un declino del benessere dei bambini e ragazzi, a partire dal 2008.Il numero dei bambini entrati in uno stato di povertà durante la recessione è di 2,6 milioni, mentre un impatto estremamente pesante si è riscontrato sui NEET: qui la percentuale di giovani tra i 15 e i 24 anni di età che non studia, non segue una formazione, né lavora è aumentata drasticamente in molti paesi. Solo in Italia un milione di giovani non studia né lavora. «Il fatto che io sia senza lavoro mi rende depresso. Non è più come quando ero un

Convegno: “Figli della recessione: la crisi economica nei paesi ricchi nel mondo occidentale” di Veronica Pasquariello*

Figura 1 La locandina del convegno.

Figura 2 Mirko, il ragazzo 17enne intervistato.

Eventi e Recensioni

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ragazzino e non avevo alcun problema. Per me ora è il momento di lavorare, e non avere un lavoro non è buono. Mi sento male», dice Mirko, 17 anni, un ragazzo italiano, che vorrebbe contribuire a sostenere la sua famiglia monoreddito che lotta per sbarcare il lunario (Centro di Ricerca dell’UNICEF, 2013). Infatti, oltre all’aspetto economico, anche altri aspetti della vita sono stati coinvolti. Ad esempio, la sensazione di insicurezza e stress percepita dal 2007 al 2013 è aumentata, non solo in Italia ma anche in 18 paesi sui 41 europei. I bambini sono in preda all’ansia e allo stress quando i genitori devono affrontare la disoccupazione o la perdita di una fonte di reddito; essi soffrono queste difficoltà familiari, manifestandolo in modo sottile ma dolorosamente evidente. Vivono gli sconvolgimenti delle sorti dei loro genitori, subiscono affronti e gravi umiliazioni davanti ad amici e compagni di scuola e sono influenzati, consciamente e inconsciamente, dai cambiamenti dell’alimentazione, dall’eliminazione di attività sportive, musicali o di altro tipo e dalla potenziale mancanza di fondi per acquistare materiale scolastico. Queste difficoltà che vivono all’interno delle mura della loro casa sono state accompagnate da un indebolimento

dei loro diritti fondamentali, quali la sanità, l’istruzione e la nutrizione. La disoccupazione fra gli adolescenti e i giovani adulti è un significativo effetto a lungo termine della recessione, che riduce al minimo la percentuale di chi riesce a trovare un lavoro stabile e adeguatamente retribuito; il numero dei giovani fra i 15 e 24 anni che lavorano part-time o che sono sottoccupati è in media triplicato.Con il Report “Innocenti Report Card 12” son stati posti tre obiettivi principali, che si spera arrivino ai governi nazionali, chiamati a tenerli in considerazione nel rafforzare le strategie di tutela di bambini e ragazzi, che sono il futuro del Paese su cui puntare un domani. Per prima cosa è importante “impegnarsi in modo esplicito per porre fine alla povertà infantile nei paesi sviluppati, conciliando obblighi etici e interesse nazionale”; in secondo luogo, bisogna salvare, prevenire e dare speranza, mediante iniziative mosse a spezzare la spirale della vulnerabilità dei bambini. Infine, è necessario produrre dati migliori per un dibattito pubblico informato sul benessere dei bambini.La grande Recessione ha avuto un impatto drammatico sui bambini e sui giovani, che ne subiranno le conseguenze per il resto della vita, causando loro

alienazione sociale, e riducendo la possibilità di esprimere il proprio potenziale in termini di istruzione, nonché lo sviluppo professionale e anche di fertilità, poiché la maggioranza di questi giovani adulti posticiperà la formazione di una famiglia a causa delle condizioni economiche.“La povertà è un circolo vizioso. Un bambino che ha i genitori disoccupati può avere problemi di rendimento scolastico, che a loro volta possono provocare un aumento dello stress a casa e così via. Più a lungo un bambino resta bloccato in questo circolo vizioso, meno possibilità avrà di sfuggirgli” (Centro di Ricerca dell’UNICEF, 2013).

BIBLIOGRAFIA

Centro di Ricerca dell’UNICEF (2013). Figli della recessione: l’impatto della crisi economica sul benessere dei bambini nei Paesi ricchi, Innocenti Report Card 12, Firenze.

*Psicologa Tirocinante presso il Centro Alfredo Rampi Onlus.

Gruppo di Lavoro Psicologia dell’Emergenzapresentazione ufficiale in occasione del Ventennale dell’Ordine degli Psicologi del Laziodi Maria Teresa Devito*

Il 13 dicembre 2014 si è svolta la ce-lebrazione dei 20 anni della nascita

dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, grazie all’impegno del nuovo Presiden-te, Nicola Piccinini e di tutto il suo staff.Il titolo scelto per questa celebrazione è stato “Lo Psicologo che non ti aspetti”. La giornata è stata organizzata in due importanti momenti: la mattina è

stata dedicata all’intervento di vari relatori che hanno ripercorso gli anni passati del lavoro dell’Ordine e le prospettive di sviluppo di questa professione. Interventi sono stati realizzati anche su temi specifici della psicologia. Per l’approfondimento e la possibilità di rivedere questi momenti della giornata si rimanda al sito www.ordinepsicologilazio.it, dove è possibile

consultare una sezione dedicata all’evento che contiene vari video. Secondo momento importante della giornata è stato quello dedicato alla presentazione dei gruppi di lavoro istituti dal nuovo Consiglio dell’Ordine: 12 gruppi su vari temi nel campo della psicologia. È possibile consultare il materiale sui gruppi di lavoro sempre sul sito dell’Ordine degli Psicologi, alla

Eventi e Recensioni

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pagina www.ordinepsicologilazio.it/gruppi-di-lavoro/.Quello che presentiamo è il gruppo di lavoro di Psicologia delle Emergenze,

coordinato dalla Dott.ssa Rita Di Iorio. Gli obiettivi che il gruppo vorrà raggiungere sono illustrati nel manifesto che alleghiamo.

*Psicologa dell’emergenza e consigliere del Centro Alfredo Rampi Onlus.

Figura 1 e 2 La brochure dell’evento.

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Speciali

Se un fiume straripa, un vulcano erut-ta o una faglia si muove è perchè il

nostro Pianeta è vivo. Una Terra in mo-vimento permette un clima favorevole all’uomo. Ci sono 3600 enti competen-ti, 1200 norme, ricorsi giudiziari e tre ministeri che non si mettono d’accordo. Quindi la gente muore per indifferenza burocratica.Possiamo convenire su due tipi di in-differenza; una stupida che occulta la

realtà per vivere come se nulla fosse accaduto e una ideologica, che cerca, strumentalizza l’accaduto per i propri piani e disegni politici.A colloquio con il fisico e meteorolo-go Filippo Thiery, conduttore di pre-visioni meteorologiche sull’Italia per il programma tv “Geo”.

*Direttore Responsabile CIP.

L’alluvione di Genovadi Sonia Topazio*

ASCOLTA L’AUDIO COMPLETO DELL’INTERVISTA

Intervista di Sonia Topazio a Filippo Thiery.

Da marzo, quando è scoppiata l’epi-demia in Africa Occidentale, la co-

munità scientifica internazionale lotta contro l’Ebola. Finora sono stati isolati quattro ceppi del virus, di cui tre letali per l’uomo. Fin dalla sua scoperta, il vi-rus Ebola é stato responsabile di un ele-vato numero di morti. Verosimilmente il virus è trasmesso all’uomo tramite contagio animale. Il virus si diffonde tra coloro che sono entrati in contatto con

il sangue e i fluidi corporei di soggetti infetti.Ne parliamo con uno dei massimi esperti: il Prof. Massimo Galli, do-cente in malattie infettive all’Univer-sità degli Studi di Milano e Direttore della Terza Divisione di Malattie In-fettive presso l’Ospedale Sacco.

*Direttore Responsabile CIP.

L’Ebola e la sua diffusionedi Sonia Topazio*

ASCOLTA L’AUDIO COMPLETO DELL’INTERVISTA

Intervista di Sonia Topazio a Massimo Galli.

COMETA 67P/CHURYUMOV-GERASIMENKO

Alle tre circa del 15 novembre ‘14, dopo 60 ore di lavoro la batteria

principale di Philae, come era previ-sto, si è scaricata. Philae potrebbe però risvegliarsi in estate grazie alle batterie di riserva alimentate da pannelli solari. Philae è riuscita a perforare la superficie della cometa e si stanno analizzando i campioni prelevati che ci diranno molto

sulle origini della vita e l’evoluzione della terra.A colloquio con Ersilia Vaudio Scar-petta, astrofisica e capo del coordina-mento degli stati membri dell’Agen-zia Spaziale Europea.

*Direttore Responsabile CIP.

Missione Rosetta. Atterraggio sulla Cometadi Sonia Topazio*

ASCOLTA L’AUDIO COMPLETO DELL’INTERVISTA

Intervista di Sonia Topazio a Ersilia Vaudio Scarpetta.

News

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RIFLESSIONI SULLA TRAGEDIA DI MACALUBE E SULLA NECESSITÀ DI UNA CULTURA DELLA PREVENZIONE

Il tragico evento in cui sono morti due bambini inghiottiti dal fango nella riserva di Macalube non è che l’ennesimo incidente in cui si evidenzia, ancora una volta, la carenza di cultura e prevenzione dei rischi ambientali. Il Centro Alfredo Rampi, quindi, non può che aderire ai contenuti esposti nei due articoli, a firma Alessio Argentieri e Marco Pantaloni, che segnaliamo di seguito e che invitiamo a leggere: http://www.attualita.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=4347:risorse-ambientali-e-rischi-naturali-una-bimba-sepolta-dai-vulcanelli-di-fango-di-macalube-sicilia&Itemid=77 http://www.attualita.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=4361:emissioni-di-gas-del-suolo-in-italia-il-caso-di-fiumicino-roma&Itemid=37

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News

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No, non è possibile: – è il pensiero di molti di fronte alla sciagura –

siamo una nazione civile, in prima linea sulla strada del progresso […]. Poi viene l’autunno, piove a dirotto due tre giorni, e il paese piomba in lutto.

Ci deve essere un errore di base, una contraddizione profonda, una educazione sbagliata.

Dino Buzzati, “Domande senza risposta”, 5 novembre 1968 Il Centro Alfredo Rampi esprime solidarietà e vicinanza alla sofferenza dei genovesi vittime dell’alluvione. Al contempo, l’Associazione manifesta la propria indignazione, a fronte delle fughe di responsabilità e delle solite facili giustificazioni dopo l’ennesima calamità, che non portano mai a riflettere seriamente su quanto è accaduto e a prendere provvedimenti seri per il futuro. Accompagniamo idealmente e sosteniamo i cittadini vittime delle diverse calamità che colpiscono il nostro Paese, nell’alzare la voce verso i responsabili della sicurezza del territorio: i politici locali e nazionali che dopo l’emergenza si lamentano, ma che difficilmente riconoscono il loro venir meno al proprio dovere di salvaguardia del territorio per la tutela della vita e dei beni primari dei cittadini, dei quali dovrebbero essere a servizio. La frase citata dello scrittore Buzzati risale al 1968, ma è purtroppo attualissima: la maggior parte dei disastri italiani continua ad essere provocata dall’irresponsabilità individuale, sociale e soprattutto politica, dalla noncuranza, dall’uso opportunistico e scriteriato dell’ambiente. Ci battiamo da più di 30 anni per sensibilizzare cittadini ed amministratori all’importanza della prevenzione: il “fare prima” è possibile e doveroso, perché costituisce l’unica arma per fronteggiare e gestire al meglio i rischi presenti nei diversi territori. Ancora una volta – e a maggior ragione in seguito ad eventi come quello di Genova – ci auguriamo e chiediamo con forza che la prevenzione sia posta concretamente al centro della progettazione culturale e dell’impegno sociale e politico del nostro Paese.

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ALLUVIONE DI GENOVA: il Centro Rampi esprime solidarietà e indignazione

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Il 25 e 26 Ottobre, presso il Policlinico Umberto I di Roma, ha avuto luogo il convegno intitolato “Clown dottori: Bisogni … Risposte …”, in occasione del decimo anniversario del Forum Internazionale di Comicoterapia. Durante l’evento si è realizzato un documento condiviso con la “Commissione Legislativa del Forum Internazionale di Comicoterapia”, già consegnato all’Ancis Politeia Onlus e alle istituzioni presenti al tavolo: Regione Lazio (Cons. Marta Bonafoni), Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Nazionale di Protezione Civile (Dott. Antonio Salpietro), Forum del Terzo Settore Lazio (Dott. Gianni Palumbo). Il Centro Alfredo Rampi è stato rappresentato dal presidente del Clowns di Protezione Civile (CPC) Angelo Ferrante, parte attiva al tavolo dei lavori del documento legislativo, che ha dato modo alla nostra sede locale CPC di dare testimonianza del suo operato e di portare a conoscenza dell’operatività dei clown all’interno della Protezione Civile. A confermare la validità del lavoro svolto da quella che ci risulta essere la prima associazione di sola Protezione Civile di clown nata in Italia anche Franca Rampi, presidentessa onoraria del Centro Alfredo Rampi, che ha augurato buon lavoro a tutti i presenti. L’inserimento del clown dottore in Protezione Civile ha fatto emergere la necessità di una formazione adeguata per gli operatori di comicoterapia, che permetta loro di essere inseriti efficacemente anche nelle attività di emergenza pubblica. Per tale motivo è stato richiesto un percorso formativo dedicato alla conoscenza dell’operatività della Protezione Civile alla Regione Lazio.

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Clowns di Protezione Civile Alfredo Rampi al Forum Internazionale di Comicoterapia

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L’intervento sarà finalizzato ad inserire adolescenti e giovani all’interno dei servizi del Centro Rampi, al fine di permettere loro di realizzare con il volontariato una riparazione sociale del danno realizzato attraverso le loro condotte devianti. L'obiettivo del progetto realizzato in rete con lo USSM di Roma è sviluppare le abilità pro/sociali e le capacità relazionali adattive di questi ragazzi, dando loro un’opportunità educativa all’interno di contesti significativi e promuovendo le loro capacità di rendersi utili sul palcoscenico sociale. Riteniamo tale impegno del Centro Rampi al fianco dei servizi della Giustizia Minorile fortemente significante all’interno del panorama delle numerose attività svolte nel campo della costruzione della cultura della legalità, presupposto fondamentale della cultura della sicurezza e della protezione civile.

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IL CENTRO ALFREDO RAMPI AL FIANCO DELLO USSM DI ROMA per lavorare con i minori sottoposti a procedimenti penali

ed affermare la cultura della legalità

A coronamento della lunga collaborazione fra il Centro Alfredo Rampi e l'Ufficio Sociale per i Minorenni (USSM) del Ministero della Giustizia di

Roma – il più grande d’Italia – è stato siglato il 3 dicembre 2014 un accordo operativo a favore dei ragazzi con problemi di devianza.

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informazione si prega di scrivere a [email protected]. Rif. D.L. 196/2003.

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Centro Alfredo Rampi onlus via Altino 16 scala A int. 7, 00183 Roma tel. 06.77.20.81.97 (lun-ven ore 9.30-13.30) fax 06.70.49.15.67 [email protected] - www.centrorampi.it

CONSIGLI BIBLIOGRAFICIpubblicazioni a cura del Centro Alfredo Rampi onlus

FARE GRUPPO CON GLI ADOLESCENTIFRONTEGGIARE LE “PATOLOGIE CIVILI” NEGLI AMBIENTI EDUCATIVIEdizioni Franco Angeli, 2008 Collana “Adolescenza, educazione e affetti” diretta da G. Pietropolli Charmet

di Daniele Biondo

Il libro descrive gli interventi che possono essere realizzati all’interno dei contesti educativi – istituti scolastici e centri di aggregazione giovanile – per aiutare ragazzi ed operatori (educatori e insegnanti) a realizzare significative esperienze di gruppo, grazie alle quali le istituzioni educative possono prevenire il rischio di scadere in un funzionamento primitivo, terreno di coltura delle “patologie civili”. L’Autore propone una prassi educativa e formativa - sperimentata a lungo nelle attività del Centro Alfredo Rampi - orientata dalla dimensione inconscia delle relazioni affettive, che affonda le sue radici nella dimensione gruppale, considerata come specifica dimensione adolescente della mente. Viene presentato un originale modello d’intervento negli ambienti educativi: il setting psicodinamico multiplo con il gruppo.

SOPRAVVIVERE ALLE EMERGENZEGestire i sentimenti negativi legati alle catastrofi ambientali e civiliEdizioni Magi 2009di Rita Di Iorio e Daniele Biondo

Il libro offre una visione globale della psicologia dell’emergenza e approfondisce il rapporto fra l’uomo e l’ambiente, le tecniche di preparazione ai rischi ambientali della popolazione e le metodologie di formazione degli operatori della protezione civile alla gestione emotiva dei sentimenti legati alle catastrofi. Gli Autori presentano una metodologia formativa, ampiamente sperimentata in diversi decenni di attività all’interno delle attività del “Centro Alfredo Rampi onlus”, che hanno definito “modello psicodinamico multiplo per le emergenze”. Tale modello utilizza: gli studi psicoanalitici per affrontare le tematiche legate al trauma delle vittime ed i sentimenti negativi associati; l’orientamento psicodinamico per fare ricerca nel campo della percezione del rischio; gli studi psicosociali per esplorare la dimensione pubblica della mente al fine di rendere gli individui consapevoli della dimensione sociale del rischio. Inoltre, integra l’orientamento psicodinamico con quello pedagogico per la realizzazione degli interventi educativi e formativi.

PSICOSOCCORSODall’incidente stradale al terremotoEdizioni Magi 2011di Rita Di Iorio e Daniele Biondo

Il volume presenta una panoramica degli interventi di psicosoccorso realizzati in situazioni di microrischio (incidenti stradali, incendio di palazzina, ecc.) e di macrorischio ambientale (terremoto), focalizzando l’attenzione sia sul problema del singolo individuo danneggiato dall’esperienza traumatica (soccorso psicologico all’individuo) che sulla ricostruzione del tessuto sociale minato dall’evento traumatico (soccorso psicosociale alla comunità).Dall’attivazione degli psicologi fino alla gestione del post-emergenza, attraverso la descrizione di esperienze sul campo il libro sistematizza gli aspetti organizzativi, la tecnica dell’intervento e il lavoro di rete, mettendo in risalto alcune delicate relazioni vittima-soccorritore permettendo al lettore di vivere dall’interno della scena le emozioni e i sentimenti che si attivano in caso d’emergenza.Gli interventi descritti fanno riferimento all’attività degli Psicologi delle Emergenze Alfredo Rampi e la metodologia utilizzata: il «Modello psicodinamico multiplo per le emergenze», sperimentato da anni sia negli interventi di prevenzione che in quelli di soccorso.