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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

RIASSUNTI

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

LO STATO EPILETTICONON CONVULSIVO

Moderatori:L. Murri (Pisa), G. Muscas (Firenze)

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lo sTaTo ePileTTiCo non ConVUlsiVo

LO STATO EPILETTICO NON CONVULSIVO: DEFINIZIONE, EPIDEMIOLOGIA, FISIOPATOLOGIA

O. Mecarelli

Dipartimento di Scienze Neurologiche – SAPIENZA Università di Roma

Lo Stato Epilettico Non Convulsivo (SENC) raggruppa numerose forme cliniche aventi come caratteristiche comuni la presenza di un’attività epilettica continua e/o sub continua correlata ad una sintomatologia priva di segni motori maggiori. Molti sono stati in questi anni i tentativi di definizione e classificazione dello SENC, a partire dal primo inquadramento di Gastaut e coll. (1967) e secondo Shorvon (2007) si deve utilizzare questo termine per indicare “un range di condizioni in cui l’attività EEG critica è prolungata e si accompagna a sintomi clinici non-convulsivi”. Questa definizione comunque è oggetto tuttora di critiche, in quanto bisognerebbe intendersi sulle caratteristiche specifiche dell’attività elettrica che può costituire il substrato di un SENC così come non sempre è facile evidenziare se essa si associ o no a sintomi obiettivabili. L’epidemiologia dello SE in generale non è ben conosciuta e in letteratura sono riportati dati di incidenza variabili tra i 10 ed i 41 casi/100.000/anno. Tra tutti questi casi di SE lo SENC dovrebbe rappresentarne dal 5 al 49% (2-8 casi/100.000/anno) ma secondo altre stime il numero dovrebbe essere addirittura doppio, tenendo conto del fatto che spesso, in assenza di registrazioni EEG, lo SENC può essere anche non diagnosticato. Da tenere conto inoltre che lo SENC è molto più frequente negli individui anziani rispetto alle altre epoche della vita.Riguardo la classificazione le varie forme di SENC possono essere distinte o sulla base dell’etiologia e della sintomatologia clinica oppure a seconda dell’età di comparsa. I segni clinici dello SENC permettono di classificarlo innanzitutto in SE generalizzato a tipo Assenza (tipico, atipico o late-onset) e focale (semplice e complesso). Esistono poi forme particolari di SENC, osservabili in pazienti in coma, ed un’entità controversa, il “subtle status”, che in realtà definisce i sintomi residui di uno SE convulsivo trattato in modo insufficiente o addirittura non trattato. Lo schema di classificazione che tiene conto dell’età di comparsa della sintomatologia permette di distinguere 5 categorie fondamentali:1) SENC propri delle sindromi epilettiche neonatali ed infantili (S. di West, S. di Ohtahara, S. di

Dravet, etc)2) SENC caratteristici dell’infanzia-adolescenza (sindromi epilettiche focali benigne; SE nelle

sindromi genetiche; ESES; S. di Landau-Kleffner; etc)3) SENC caratteristici sia dell’infanzia che dell’età adulta:

- associati ad encefalopatie epilettiche (S. di Lennox-Gastaut; etc)- senza encefalopatia epilettica (SE di Assenza tipico nelle EGI; SE parziale complesso,

limbico o non limbico; SENC successivo a crisi tonico-cloniche; SE “subtle; aura continua)4) SENC tipico dell’età adulta-anziana (SE di Assenza late-onset)5) Forme particolari (casi peculiari di encefalopatia epilettica; coma postraumatico; stati

confusionali; etc)Dal punto di vista della diagnosi differenziale va precisato che molti disturbi possono essere confusi con lo SENC, tra cui: le encefalopatie dismetaboliche, l’aura emicranica, l’amnesia post-traumatica, l’amnesia globale transitoria, lo stato confusionale postcritico, alcuni disturbi psichiatrici, i TIA, le intossicazioni iatrogene, etc. In tutte queste situazioni, per un corretto inquadramento, è indispensabile un EEG in emergenza e prolungato, preferibilmente sottoforma di monitoraggio.

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Dal punto di vista fisiopatologico i meccanismi ed i network coinvolti sono ovviamente del tutto diversi nel caso dello SENC generalizzato a tipo assenza rispetto al SENC focale. Nello SE a tipo Assenza sono cruciali le popolazioni neuronali talamo-corticali, mentre nello SE focale, semplice o complesso, giocano un ruolo fondamentale i circuiti ippocampali e limbici e le adiacenti aree neocorticali parieto-occipitali. A livello recettoriale e neurotrasmettitoriale durante lo SE a tipo assenza si ottiene una ipersincronizzazione delle scariche talamo-corticali che dipende dai processi GABAergici localizzati prevalentemente nel nucleo reticolare talamico, mentre nello SE limbico si realizza un’attivazione dei recettori NMDA e glutamatergici in generale, con relativo possibile sviluppo di neurotossicità. Da studi condotti sia in animali da esperimento che in soggetti umani si evince che lo SE convulsivo si associa sia ad una elevata mortalità che ad alterazioni strutturali cerebrali. Lo SENC è anch’esso potenzialmente causa di “neurotossicità”, anche se non esistono studi istologici dimostrativi; inoltre la mortalità è considerata in questo caso meno rilevante, pur dipendendo sempre dall’etiologia specifica che ha determinato l’insorgenza dell’attività epilettica continua. I pazienti con SENC dovuto a sindrome epilettica preesistente presentano in genere una bassa mortalità mentre coloro in cui lo SE è dovuto a disturbi sistemici acuti hanno una mortalità di circa il 30%, indicativa della massima importanza dell’etiologia, e delle complicanze ad essa associate, sull’outcome.

BIBLIOGRAFIA

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(Suppl 8): 35-38, 2007.

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lo sTaTo ePileTTiCo non ConVUlsiVo

INDICAZIONI AL MONITORAGGIO EEG CONTINUO

A. Amantini

AOUC Careggi S.O.D. Neurofisiopatologia Dip. di Scienze Neurologiche, Firenze

Il termine stato epilettico non convulsivo (SENC) include nella sua accezione più ampia differenti condizioni epilettiche quali lo stato di Assenza, lo stato epilettico parziale complesso, lo stato non convulsivo come conversione di un precedente stato convulsivo generalizzato (GCSE) e le manifestazioni parossistiche continue in corso di danno cerebrale acuto. Le prime due condizioni si riscontrano in ambito ambulatoriale, le seconde in pazienti degenti in Terapia Intensiva (TI). Queste ultime saranno oggetto della presente relazione inerente l’utilità e le indicazioni di un monitoraggio EEG continuo (cEEG). Negli ultimi anni a seguito di una maggiore diffusione del monitoraggio EEG è stata riportata un’elevata incidenza di crisi non convulsive (CNC) e SENC in TI, ma un’attendibile epidemiologia non è ancora disponibile. A fronte di studi che riportano una frequenza elevata, ma variabilie di CNC/SENC (8%-48%) nei pazienti in TI (Friedmann et al. 2009), altri studi (Amantini et al., 2009) riportano un’incidenza assai minore (3% ) o l’assenza stessa di CNC (Olivecrona et al., 2009). Secondo alcuni AA (Drislane et al., 2008) il 30% di tutti i SENC si verificherebbe nelle TI cardiologiche e cardiochirurgiche. Basarsi unicamente sul criterio EEG per la diagnosi di SENC in pz. comatosi può portare ad una sovrastima del fenomeno; i criteri su quali parossismi siano realmente critici, non è infatti da tutti condiviso (Ronner et al, 2009). A questo riguardo alcuni AA (Meyerkord e Holtkamp, 2007) invitano ad un uso restrittivo del termine SENC subtle che richiede la presenza di almeno una precedente crisi convulsiva. Il concetto di dissociazione elettro-clinica alla base del SENC non è intuitivo e può portare a sotto-diagnosticare e sotto-trattare; non è infatti infrequente un ritardo di 24-72 h nella diagnosi di SENC anche in presenza di precedenti crisi cliniche (De Lorenzo et al., 1998; Treiman et al.,1998; Drislane et al., 2008). Un SENC può essere l’evoluzione di un precedente CGSE di cui non si hanno informazioni anamnestiche, può essere una conversione da GCSE indotta dalla terapia, può presentarsi come tale fin dall’inizio nelle forme sintomatiche maggiori (spesso è comunque preceduto da almeno una crisi clinica), possono coesistere nello SE CC e CNC. Un cEEG è quindi indispensabile per la diagnosi di crisi CNC e per la definizione stessa di SE refrattario, che include la ricerca di un persistente SENC successivo alla cessazione delle crisi cliniche. Il monitoraggio EEG è inoltre necessario per stabilire l’efficacia della terapia: scelta dell’ AED e/o anestetico, end-point EEG, durata del trattamento, sue modalità di riduzione e sospensione. L’EEG digitale ha contribuito alla diffusione del cEEG in TI per la facilitazione di registrazione e di archiviazione di grosse quantità di dati e per la possibilità, mediante connessione in rete, di consultazione da remoto. L’EEG digitale ha inoltre permesso l’elaborazione dell’ EEG quantitativo (QEEG); non vi sono tuttavia indicazioni condivise su quali algoritmi impiegare per la diagnosi e monitoraggio delle CNC: CSA, trend a barre, DSA, riconoscimento automatico di eventi (Friedman et al.; 2009, Brenner,209). Riteniamo che la diagnosi di CNC può essere posta solo interpretando il raw EEG, mentre il QEEG può essere utile nel quantificare l’andamento nel tempo delle crisi e una loro progressiva risposta al trattamento. È indispensabile che in ogni momento vi sia la possibilità di valutare le modificazioni di un QEEG risalendo al raw EEEG.Dal momento che alcune domande sul SENC nel pz in coma non trovano ancora risposte definitive basate su un’attendibile evidenza diventa problematico fornire indicazioni condivise per un monitoraggio cEEG (o comunque seriato ravvicinato). I principali quesiti posti da vari AA (Hirsh et al., 2004) sono:

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le scariche critiche sub-cliniche causano un danno neuronale? contribuiscono a determinare il disturbo di coscienza del pz.? sono semplicemente un epifenomeno del danno cerebrale? assumono significato prognostico? e, fondamentalmente, il trattamento farmacologica di tali attività di scarica protegge o può

danneggiare il pz?Da analisi multivariate emerge che l’etiologia, lo stato neurologico e l’età del pz. siano indicatori prognostici maggiormente rilevanti rispetto alla presenza/assenza di SENC (Rossetti e Oddo, 2010). Concordiamo con quanto sostenuto da un recente editoriale (Fountain, 2007) che sono necessari studi più definitivi sull’incidenza e sul significato delle CNC in TI prima che il cEEG diventi una pratica standard a seguito di un danno cerebrale acuto. In un nostro studio prospettico di monitoraggio continuo EEG-PES nel danno cerebrale acuto traumatico ed emorragico abbiamo riscontrato il 18% di deterioramenti neurologici a fronte di un 3% di SENC (Amantini et al., 2009). Pertanto un monitoraggio neurofisiologico continuo, se indicato nel danno cerebrale acuto a rischio di deterioramento secondario, non può essere limitato alla diagnosi di SENC, ma dovrebbe prevedere un approccio mutimodale più idoneo ad allertare sull’insorgenza di complicanze maggiori secondarie.Un cEEG in TI mirato alla diagnosi e trattamento del SENC richiede un setting organizzativo e la condivisione di massima delle principali indicazioni all’esecuzione ed alle modalità di impiego.Necessita di disporre di apparecchiature dedicate, collocate in TI e connesse in rete in modo da permettere un teleconsulto. Mediante cEEG della durata di 24-48 h è possibile diagnosticare oltre 85% di CNC/SENC in TI (Rossetti e Oddo, 2010).La principale indicazione del monitorraggio EEG è nel GCSE allo scopo di confermarne la diagnosi e di diagnosticarne precocemente una conversione in SENC subtle (Minicucci et al., 2006).Poiché oltre ¾ dei SENC in TI sono preceduti da almeno una crisi convulsiva riteniamo indicato un EEG prolungato in TI in tutti i pz. con danno cerebrale acuto e disturbo di coscienza che abbiamo presentato almeno una crisi clinica, oltre che in quelli che presentino manifestazioni motorie minime o sospette per CNC (Husain, 2003). Una volta diagnosticato un SENC il monitoraggio EEG dovrebbe essere mantenuto per oltre 48 h mediante cEEG (o con registrazioni seriate giornaliere). Il criterio clinco di SENC subtle (Meierkord e Holtkamp, 2007) ed il pattern di scarica delle CNC dovrebbero a nostro avviso guidare l’aggressività e la durata del trattamento tenendo naturalmente presenti comorbidità, etiologia e gravità dello stato clinico nelle forme sintomatiche maggiori (Chong e Hirsch,2005; Claassen, 2009; Rossetti e Oddo, 2010).

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lo sTaTo ePileTTiCo non ConVUlsiVo

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15. Rossettia AO. and Oddo M. The neuro-ICU patient and electroencephalography paroxysms: if and when to treat. Current Opinion in Critical Care 2010,16:000–000

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di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON MALATTIE

DEL MOTONEURONE

Moderatori:F. Giannini (Siena), P.A. Tonali (Roma)

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la gesTione Del PazienTe Con MalaTTie Del MoToneUrone

RUOLO DELLE METODICHE ELETTROFISIOLOGICHE NEL FOLLOW-UP

F. Sartucci*°●, M. Caleoº, C. Rossiº, T. Bocci*§, E. Giorli*, F. Giannini§, A. Rossi§

*Dipartimento di Neuroscienze, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Pisa, Pisa; ºIstituto di Neuroscienze, CNR, Pisa;

●S.O.D. Attività Neurologica Ambulatoriale, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa; §Di-partimento di Neuroscienze, Sezione di Neurologia e Neurofisiologia Clinica, Policlinico “Le Scot-te”, Università degli Studi di Siena, Siena

La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) rappresenta ancora oggi un’impegnativa sfida diagnostico-terapeutica per il neurologo, in mancanza sia di un trattamento efficace in grado di contrastare la pro-gressione di malattia, sia di strumenti diagnostici capaci di quantificare la degenerazione del sistema motoneuronale. Stimare il numero di motoneuroni spinali superstiti è di fondamentale importanza in quanto il potenziale d’azione composto muscolare (CMAP) e la forza di contrazione possono rima-nere costanti nelle prime fasi di malattia a causa dell’effetto confondente rappresentato dai processi di reinnervazione collaterale. Tali processi, inoltre, sono meno evidenti nei pazienti affetti dalla for-ma bulbare o da varianti della malattia a più rapido decorso clinico. Per quanto concerne i tradiziona-li studi elettromiografici (EMG), vale la pena ricordare che la velocità di conduzione nervosa risulta sostanzialmente invariata nelle fasi iniziali e costituisce pertanto un parametro di scarsa affidabilità per valutare nel tempo il tasso di deplezione dei motoneuroni spinali. I classici elementi EMG che supportano il sospetto diagnostico di malattia del motoneurone sono fondamentalmente tre (Eisen, 2001; Troger and Dengler, 2000): (1) la presenza di attività di denervazione e potenziali di fascico-lazione; (2) una riduzione del numero e un consensuale aumento delle dimensioni dei potenziali di unità motoria; (3) una velocità di conduzione nervosa non inferiore al 75% dei valori normali. Gli studi di conduzione nervosa permettono di distinguere una presunta malattia del motoneurone da altre patologie di interesse neurologico, quali una polineuropatia o una neuropatia motoria multi-focale (MMN), anche se in quest’ultimo caso la presenza di un blocco di conduzione prossimale, a livello del plesso brachiale o di quello lombo-sacrale, non può essere rivelato dalle metodiche elet-trofisiologiche standard. La consensus conference riunitasi nel 2008 nell’isola giapponese di Awaji ha proposto due nuovi criteri elettrodiagnostici (Carvalho and Swash, 2009): l’equivalenza fra dato EMG e segni clinici e l’equivalenza diagnostica tra fascicolazioni e fibrillazioni/onde lente positive nella definizione di denervazione attiva. Le novità introdotte dovrebbero comportare un incremento della sensibilità diagnostica, senza tuttavia perdere in specificità (Giannini, 2009).L’evoluzione delle tecniche di esplorazione elettromiografica ha di recente aperto inaspettati sce-nari per quanto concerne il follow-up dei pazienti e il monitoraggio della terapia farmacologica. Il crescente interesse è rivolto soprattutto a due metodiche elettrofisiologiche tra loro complementari: la stima del numero di unità motorie (“Motor Unit Number Estimation”, MUNE) e la macro-elettro-miografia (macro-EMG).La prima è stata descritta da McComas nel lontano 1971 (McComas et al., 1971) e successivamente perfezionata in successivi ulteriori studi. Si tratta di stimare il numero di unità motorie funzionanti residue in un determinato muscolo e di valutarne le dimensioni (Sartucci et al., 2007). A tale scopo sono state proposte numerose tecniche: alcune basate sull’incremento, manuale o automatico (Galea et al., 1991), dell’intensità dello stimolo, altre basate sulla stimolazione in sedi multiple, sulla riela-borazione delle risposte F (Stashuk et al., 1994) o sull’analisi dei singoli potenziali di unità motoria (PUM) associata a registrazione dell’attività elettromiografica (Brown et al., 1988; Doherty et al.,

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1993); quest’ultimo approccio consente di differenziare il potenziale di una specifica unità motoria (UM) dal rumore di fondo prodotto da altre UM e fornisce importanti informazioni complementari sia sulla densità d’innervazione, sia sulla presenza di eventuali blocchi di conduzione, ma presuppo-ne che il nervo in esame sia accessibile alla stimolazione percutanea per almeno 50-100 mm. Esiste, infine, un più raffinato metodo statistico, elaborato da Slawnych e coll. (Slawnych et al., 1996), che consiste nel sottoporre il muscolo bersaglio a treni di stimoli ad intensità costante, scomponendo successivamente le risposte elettrofisiologiche nei singoli PUM elaborando le differenze tra le varie risposte elicitate; una volta ottenuto il valore medio dell’area del singolo potenziale d’azione, ne risulta una stima del numero di unità motorie rapportando tale valore con quello dell’area della ri-sposta M massimale (CMAP). Il metodo “statistico”, più facilmente riproducibile nel monitoraggio a lungo termine dei pazienti con SLA (Hong et al., 2007; Olney et al., 2000), è più soggetto ad errori legati al progressivo aumento della variabilità dell’ampiezza del singolo potenziale, alla saturazione della risposta elettromiografica (ceiling effect; (Hong et al., 2007) o alla presenza nei giovani pazien-ti con malattia del motoneurone di unità motorie di ridotte dimensioni (Murga-Oporto et al., 2007).Il MUNE può essere dunque impiegato non solo nella valutazione della progressione del danno neurogeno e nel monitoraggio terapeutico, ma anche nella diagnosi e nella stadiazione precoce della malattia.La macro-EMG permette dal canto suo di valutare l’attività bioelettrica generata dall’UM lungo l’intero suo decorso (Stalberg, 1980). Tecnicamente, tuttavia, rimangono irrisolti due fondamentali quesiti: da un lato quali UM selezionare in un muscolo, dall’altro se fare maggior affidamento alle modificazioni in ampiezza o alle variazioni dell’area sottesa alla risposta elettrofisiologica evocata.Recenti studi (Sartucci et al., 2007) Sartucci et al., 2010) hanno dimostrato che la combinazione delle due metodiche consente di ottenere una stima molto verosimile del numero di UM residue e ha altresì evidenziato che lo “sprouting collaterale”, capace di compensare negli stadi iniziali di malattia la perdita assonale, è efficace solo nei primi due anni di malattia.Oggetto di questa lettura sono l’analisi del MUNE e della macro-EMG, vantaggi, limiti ed aspet-tative del loro impiego, sia nella diagnosi che nel follow-up della SLA rispetto ad altre metodiche elettrofisiologiche.

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la gesTione Del PazienTe Con MalaTTie Del MoToneUrone

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ATTUALITÀ E PROSPETTIVE NELLA GESTIONE DELL’INSUFFICIENZA RESPIRATORIA

G. Mora

Fondazione Salvatore Maugeri UO Riabilitazione Neurologica Istituto di Milano

La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia progressiva a eziologia ignota e decorso fatale caratterizzata dalla degenerazione dei neuroni motori a livello della corteccia cerebrale, tronco en-cefalico e midollo spinale. Sebbene la SLA non abbia un effetto diretto sui polmoni, l’insufficienza respiratoria da difetto di pompa è la causa più frequente di morte.Nella SLA l’estrema variabilità di comparsa dell’insufficienza respiratoria richiede frequenti e accu-rati controlli. Una diagnosi precoce offre infatti la possibilità di impostare un trattamento adeguato, in elezione e non in condizioni d’urgenza. Nei pazienti affetti da SLA il trattamento dell’insuffi-cienza respiratoria deve mirare a supportare i muscoli respiratori e a diminuire il carico meccanico. La ventilazione meccanica supportando del tutto o in parte la forza dei muscoli respiratori permette il ripristino di un accettabile scambio gassoso. Le indicazioni attualmente seguite per instaurare il trattamento ventilatorio sono: presenza di sintomi, o VC < 50%, o PaCO2 > 45 mmHg, o SaO2 < 90% per il 5% del sonno. La ventilazione meccanica potrà essere effettuata in modo non invasivo (NIV) collegando il ventilatore al paziente per mezzo di una maschera, oppure con metodo invasivo venti-lando il paziente tramite una tracheotomia. Sono disponibili vari tipi di supporti ventilatori e si uti-lizzano modalità di ventilazione sia pressometrica che volumetrica; non vi sono evidenze precise per preferire una modalità di ventilazione a un’altra. L’aumento della sopravvivenza e il miglioramento della qualità di vita con NIV è dimostrato da diversi studi. Quando la ventilazione non invasiva non è più efficace, o le secrezioni non possono essere eliminate, è necessario decidere se proseguire con la ventilazione invasiva o solo con un approccio palliativo delle fasi terminali.Recentemente è stato proposto una nuova metodica di trattamento dell’insufficienza respiratoria che prevede l’impianto di stimolatori direttamente sul diaframma con un intervento in laparoscopia. Alcuni ricercatori della Case Western University hanno realizzato un sistema stimolazione elettrica funzionale per il diaframma. Il sistema di stimolazione diaframmatica (DPS) (NeuRx RA/4 sy-stem®, Synapse Biomedical) si impianta in laparoscopia utilizzando 4 port. La fase iniziale prevede la mappatura del diaframma alla ricerca del punto motore di ciascun emidiaframma, identificando quindi la sede più opportuna per garantire la massima contrazione del diaframma. In queste sedi (2 per ogni emidiaframma) vengono impiantati aghi elettrodo collegati a fili che vengono portati all’esterno per via percutanea in un unico punto sulla parete toracica o addominale. Gli elettrodi sono quindi collegati a uno stimolatore esterno a 4 canali in cui si possono regolare intensità e durata e frequenza dello stimolo da applicare al diaframma.La DPS è stata sviluppata inizialmente per garantire una ventilazione naturale a pressione negativa in pazienti con mielolesioni che erano sottoposti a ventilazione meccanica a pressione positiva. In trial multicentrici in tali pazienti, il 98% era in grado di svezzarsi dal ventilatore grazie al sistema DPS. Ciò ha condotto nel 2008 la FDA ad approvarne l’utilizzo con questa indicazione. I risultati ottenuti nelle mielolesioni hanno condotto a pianificare trias anche nella SLA per posporre l’inizio della ventilazione meccanica non invasiva e invasiva. Lo scopo della DPS sarebbe quello di mante-nere la forza del diaframma, convertire le fibre veloci di tipo IIb in fibre lente di tipo I e, se possibile, avere un effetto trofico che garantisca una maggiore sopravvivenza ai motoneuroni diaframmatici. Nelle fasi precedenti l’inizio della sperimentazione è stato sviluppato un piano di gestione per la

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minimizzazione dei possibili rischi connessi soprattutto all’anestesia generale e alla procedura chi-rurgica laparoscopica.I risultati iniziali dello studio pilota americano sono stati positivi. In particolare vi era una riduzione del declino della FVC da 2.4% al mese pre-impianto a 0.9% post-impianto. Questi risultati hanno portato a intraprendere una sperimentazione negli Stati Uniti e, con numeri ridotti, in alcuni Paesi europei, che coinvolge 11 centri.

BIBLIOGRAFIA

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LA DISFAGIA: INDAGINI ENDOSCOPICHE ED ELETTROFISIOLOGICHE INTEGRATE

G. Ruoppolo*, I. Schettino*, V. Frasca§, M. Inghilleri§

*Dipartimento di O.R.L., Audiologia e Foniatria “G. Ferreri” §Dipartimento di Scienze Neurologiche Università degli studi “La Sapienza” - Roma

Negli ultimi decenni è progressivamente emersa l’importanza che la deglutizione riveste nella pre-venzione delle polmoniti ab ingestis e della malnutrizione, particolarmente nel soggetto affetto da patologie neurologiche. La identificazione precoce e la corretta gestione della disfagia nei pazienti affetti da patologia del motoneurone favoriscono il prolungamento della assunzione degli alimenti per os, ritardando quindi il posizionamento della PEG, con benefici sia di ordine psicologico che per le condizioni di salute. La gestione delle modalità di alimentazione deve prevedere un approccio multidisciplinare, con il coinvolgimento, in accordo con il Neurologo curante, di diverse altre figure professionali: Foniatra, Radiologo, Nutrizionista, Otorinolaringoiatra, Pneumologo, Logopedista, Fisioterapista e Dietista.Valutazione della funzione deglutitoria: richiede l’esecuzione di due valutazioni integrate, indispen-sabili per definire la presenza o meno di disfagia, per programmare eventuali approfondimenti dia-gnostici e per pianificare la modalità di intervento appropriata:a) valutazione clinica standardizzata (bedside assessment), effettuata da un professionista compe-

tente nella gestione della disfagia (di norma il logopedista) [raccomandazione 1.7 Linee Guida FLI]. La valutazione clinica riguarda l’inquadramento generale del paziente, con particolare ri-guardo alla raccolta dei dati anamnestici ed alla annotazione degli eventuali deficit associati, la osservazione degli organi direttamente esplorabili, lo studio delle funzionalità orali e delle sensibilità.

b) valutazione strumentale: la videofluoroscopia (VFS) e la FEES (fiberoptic endoscopic evalua-tion of swallowing) o valutazione endoscopica sono entrambe metodi validi nella valutazione della disfagia. Il clinico deve valutare quale sia il più appropriato per il paziente nei diversi setting. [raccomandazione 1.11 Linee Guida FLI].

Per la semplicità di esecuzione e la non esposizione a radiazioni ionizzanti, nella pratica clinica euro-pea viene utilizzata prevalentemente la valutazione endoscopica, rimandando ad un eventuale appro-fondimento diagnostico mediante VFS, se necessario. La valutazione endoscopica consente di stabilire la presenza di segni di disfagia orofaringea (ristagni, penetrazione, aspirazione) e il meccanismo/i meccanismi che determinano disfagia. La valutazione endoscopica viene condotta dal foniatra (o da un otorinolaringoiatra che abbia maturato una specifica competenza nello studio della deglutizione). Trattamento della disfagia: l’obiettivo del trattamento è minimizzare le conseguenze della disfagia. Per la inopportunità di intervenire, nell’ambito delle malattie neurodegenerative, con esercizi di rinforzo muscolare sulle strutture motorie orali, la presa in carico si limita usualmente ad impostare strategie per influenzare la velocità e il transito del bolo:- modificazioni dietetiche ovvero alterazione della consistenza o della vischiosità del cibo e dei

liquidi;- utilizzo di posture di compenso;- manovre (manipolazione di uno dei diversi aspetti del meccanismo di deglutizione); [raccoman-

dazioni 2.7 2.10 Linee Guida FLI].

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Il logopedista è la figura professionale cui compete tale trattamento.Collocazione dell’intervento foniatrico-logopedico nel percorso assistenziale1. Prima valutazione foniatrica: può essere richiesta dal Neurologo in occasione dello studio ini-

ziale del paziente, sia per una eventuale conferma del sospetto diagnostico, che per valutare la gravità della patologia e le eventuali necessità assistenziali immediate nel campo della degluti-zione/nutrizione.

2. Follow-up del paziente: il soggetto affetto da patologia neurodegenerativa deve essere sottopo-sto periodicamente a rivalutazione dello stato nutrizionale, della funzionalità respiratoria, della funzionalità deglutitoria e della parola, secondo una cadenza fissata dallo specialista neurologo, individualizzata in relazione alle esigenze specifiche. Gli obiettivi della collaborazione del fo-niatra e del logopedista al follow-up del paziente, per quanto riguarda la funzione deglutitoria, variano in relazione allo stadio della patologia: a. garantire, accertata la assenza di deficit deglutitori, una alimentazione libera, con benefici in

termini sia nutrizionali che di qualità della vita.b. evidenziare in maniera tempestiva l’insorgenza di disfagia, per mettere in atto immediata-

mente modalità di compenso e prevenire polmoniti ab-ingestis. c. monitorare la eventuale involuzione della funzionalità deglutitoria per offrire elementi utili

alla decisione di posizionare la PEG, offrendo quindi la opportunità di evitarne un posiziona-mento precoce (riduzione del rischio di reflusso, ricaduta positiva della alimentazione per os sulla qualità della vita) o tardivo (riduzione del rischio di polmonite ab-ingestis).

Verranno riportati i dati relativi alle valutazioni endoscopiche ed elettrofisiologiche condotte presso il Centro SLA della nostra Università, riguardanti in particolare epoca di comparsa e caratteristiche della disfagia (coinvolgimento fasi orali vs fase faringea) e gravità dei deficit deglutitori in relazione alle diverse forme cliniche.

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BRAIN COMPUTER INTERFACES FOR DOMOTIC APPLICATIONS

F. Babiloni1,2, F. Cincotti1, M. Marciani1, S. Salinari3, L. Astolfi1,2, F. Aloise1, F. De Vico Fallani1, D. Mattia1

1IRCCS Fondazione Santa Lucia, Rome, Italy2Dip. Fisiologia e Farmacologia, Univ. “La Sapienza”, Rome, Italy3Dip. Informatica e Sistemistica, Univ. “La Sapienza”, Rome, Italy

Brain Computer Interface (BCI) applications were initially designed to provide to the final user special capabilities like write letters on a screen in order to communicate with others without muscle efforts. In these last years, an interest was developed in the BCI scientific community to bring BCI applications outside the scientific laboratories, to provide useful applications in the normal life first and in a future in more complex environments such in space. Recently, we implemented the control of a domestic environment realized with BCI applications. In the present paper we analyze the me-thodological approach employed to allow the interaction between subjects and domestic devices by using non invasive EEG recordings. In particular, we analyze whether the use of the cortical activity estimated from non invasive EEG recordings could be useful to detect mental states related to the imagination of limb movements. We estimate cortical activity from high resolution EEG recordings in a group of healthy subjects by using realistic head models. Such cortical activity was estimated in Region of Interest associated with the subject’s Brodmann areas by using depth-weighted minimum norm solutions. Results showed that the use of the cortical estimated activity instead the unproces-sed EEG improves the recognition of the mental states associated to the limb movement imagination in the group of normal subjects. The BCI methodology here presented has been used in a group of disable patients in order to give them a suitable control of several electronic devices disposed in a three room environment devoted to the neurorehabilitation. Four of six patients were able to control several electronic devices in the domotic context with the BCI system, having a percentage of cor-rect responses in average over the 63%.

Keywords: Brain Computer Interface, high resolution EEG, Imagination of movements, domotic

I. INTRODUCTIONBrain Computer Interfaces (BCI) is an area of research that is rapidly growing in the neuroscience and bioengineering fields. One popular approach to the generation of a BCI system consists in the recognition by a computer of the patterns of electrical activity on the scalp gathered from a series of electrodes. One of the problems related to the use of surface EEG is the blurring effect due to the smearing of the skull on the transmission of the potential distribution from the cerebral cortex toward the scalp electrodes. In this last decade, high-resolution EEG technologies have been develo-ped to enhance the spatial information content of EEG activity. More recently, it has been suggested that with the use of the modern high resolution EEG technologies it could be possible to estimate the cortical activity associated to the mental imagery of the upper limbs movements in humans better than with the scalp electrodes. We currently used the approach to estimate the cortical current densi-ty in particular Region of Interest (ROI) on the modeled brain structures from high resolution EEG recordings to provide high quality signals for the extraction of the features useful to be employed in a BCI system.

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In this paper we would like to illustrate how with the use of such advanced high resolution EEG methods for the estimate the cortical activity it is possible run a BCI system able to drive and control several devices in a domotic environment. In particular, we first describe a BCI system used on a group of normal subjects in which the technology of the estimation of the cortical activity is illu-strated. Then, we used the BCI system for the command of several electronic devices within a three rooms environment employed for the neurorehabilitation. The BCI system was tested by a group of six patients.

II. METHODOLOGYII.1 SubjectsTwo groups of subjects have been involved in the training with the BCI system. One was composed of normal healthy subjects while the second one was composed by disabled persons who used the BCI system to attempt to drive electronic devices in a three rooms facility at the laboratory of the Fondazione Santa Lucia in Rome. The first group was composed by fourteen healthy subjects that voluntarily participated to the study. The second group of subjects were formed by six patients af-fected by Duchenne Muscular Dystrophy. According to the Barthel index score (BI) for they daily activity, all patients depended almost completely on caregivers, having a BI score lower than < 35. In general, all patients were unable to walk since they were adolescent, and their mobility was pos-sible only by a wheelchair. This latter was electric in all (except two) patients and it was driven by a modified joystickwhich could be manipulated by either the residual “fine” movements of the first and second fingers or the residual movements at wrist. As for the upper limbs, all patients had a residual muscular strength either of proximal or distal arm muscles that were insufficient for carrying on any every day life activity. The neck muscles were as weak as to require a mechanical support to maintain the posture in all of them. Finally, eye movements were substantially preserved in all of them. At the moment of the study, none of the patients was using technologically advanced aids.

II.2 Patient’s preparation and trainingPatients were admitted for a neurorehabilitation program that includes also the use of BCI system on a voluntary base. Caregivers and patients gave the informed consent for the recordings in agreement with the ethical committee rules adopted for this study. The rehabilitation programs aimed to allow to the patients the use a versatile system for the control of several domestic devices by using diffe-rent input devices, tailored on the disability level of the final user. One of the possible input for this system was the BCI by using the modulation of the EEG. The first step of the clinical procedure consisted of an interview and physical examination performed by the clinicians, wherein several levels of the variables of interest (and possible combinations) were addressed as follows: the degree of motor impairment and of reliance on the caregivers for everyday activities, as assessed by current standardized scale, i.e. the Barthel Index (BI) for ability to perform daily activities; the familiarity with transducers and aids (sip/puff, switches, speech recognition, joysticks) that could be used as input to the system; the ability to speak or communicate, resulting understandable to an unfamiliar person; the level of informatics alphabetization, measured by the number of hours / week spent in front of a computer. Information was structured in a questionnaire administered to the patients at the beginning and end of the training. A level of system acceptance by the users was schematized by asking the users to indicate with a number ranging from 0 (no sat-isfactory) to 5 (very satisfactory) their degree of acceptance relative to each of the controlled output devices. The training consisted of weekly sessions; for a period of time ranging from 3 to 4 weeks,

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the patient and (when required) her/his caregivers were practicing with the system. During the whole period, patients had the assistance of an engineer and a therapist in their interaction with the system.

II.3 Experimental trainingThe BCI training was performed using the BCI2000 software system [Schalk et al., 2004]. An initial screening session was used to define the ideal locations and frequencies of each subject’s sponta-neous mu- and beta-rhythm activity. During this session, the subject was provided with any feedback (any representation of her/his mu rhythm), and she/he had to perform motor tasks just in open loop. The screening session consisted in the alternate and random presentation of cues on opposite sides of the screen (either up/down -vertical- or left/right -horizontal).

II.4 Domotic system prototype featuresThe system core that disabled patients attempted to use in order to drive electronic devices in a three rooms laboratory was implemented as follows. It received the logical signals from several input devices (including the BCI system) and converted them into commands that could be used to drive the output devices. Its operation was organized as a hierarchical structure of possible actions, whose relationship could be static or dynamic. In the static configuration, it behaved as a “cascaded menu” choice system and was used to feed the Feedback module only with the options available at the mo-ment (i.e. current menu). In the dynamic configuration, an intelligent agent tried to learn from use which would have been the most probable choice the user will make. The user could select the com-mands and monitor the system behaviour through a graphic interface. The prototype system allowed the user to operate remotely electric devices (e.g. TV, telephone, lights, motorized bed, alarm, and a front door opener) as well as monitoring the environment with remotely controlled video cameras. While input and feedback signals were carried over a wireless communication, so that mobility of the patient was minimally affected, most of the actuation commands were carried via a powerline-based control system. As described above, the generated system admits the BCI as one possible way to communicate with it, being open to accept command by other signals related to the residual ability of the patient. However, in this study we report only the performance of these patients with the BCI system in the domotic applications.

II.5 Estimation of the cortical activity from the EEG recordings and signal processingThe estimation of cortical activity during the mental imagery task was performed in each subject by using the depth-weighted minimum norm algorithm. Digitized EEG data were transmitted in real time to the BCI2000 software system which performs performed all necessary signal processing and displayed feedback to the user. The processing pipe can be considered of several stages, which process the signal in sequence. Only the main ones will be mentioned here: spatial filter, spectral feature extraction, feature combination, and normalization. After artifact rejection, the EEG interval corresponding to the feedback phase were binned into two classes – up or down, depending on the target appeared in each trial. We computed for each feature (dependent variable) the coefficient of determination (r2) i.e., the proportion of the total variance of the feature samples accounted for by target position. This index had been previously utilized in literature for similar experimental setups and allows direct comparison with published results. A fictitious independent variable was created, using values +1 or -1 in correspondence of “down” or “up” epochs respectively. A negative sign was attributed to the r2 value when dependent and independent variables were controvariant. Viewing statistical results from a different point of view, features characterized by a high r2 value are those that maximize prediction of the current target. Higher values of r2 indicate that the subject has gained

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steadier control of EEG rhythms (in fact they generally increase during the training, from values below 0.1 to values above 0.3). .

III. RESULTSIII.1 Experimentation with healthy subjectsBy applying the mentioned signal processing techniques in the context of the proposed BCI se-tup, we used the r2 as an index of reliability of the recognition of subject’s mental activity. The comparisons between the maximum values of the r2 that takes into account the best usable feature (frequency/ROI or scalp channel) were performed for the unprocessed EEG data as well as for the estimated cortical activity by using the procedure already described above. Mean r2 is 0.20±0.114SD for the unprocessed EEG case, 0.55±0.16SD for the cortical current density estimation case. The differences are relatively constant across the subjects, and a paired Student’s t test returned a highly significant differences between the two conditions (p<10-5). III.2 Experimentation with the patientsAs described previously in the methods section, all the patients underwent a standard BCI training. Over the 8-12 sessions of training, four out six patients were able to develop a sensorimotor reac-tivity sufficiently stable to control the cursor with performance as high as over 63%. They could image either foot or hand movements and the related sensorimotor modulation was mainly located at midline centro-parietal electrode positions. Two patients were not able to control the cursor with a percentage superior to 55% and were not taken into consideration further here in the context of the use of BCI system. At the end of the training, the four patients were able to control the several system outputs, namely the domotic appliances. According to the early results of the questionnaire, these patients were independent in the use of the system at the end of the training and they expe-rienced (as they reported) “the possibility to interact with the environment by myself.” A schematic evaluation of the degree of the system acceptance revealed that amongst the several system outputs, the front door opener was the most accepted controlled device.

IV. DISCUSSIONThe data reported here suggest that it is possible to retrieve the cortical activity related to the mental imagery by using sophisticated high resolution EEG techniques, obtained by solving the linear in-verse problem with the use of realistic head models. However, in the context of the Brain Computer Interface, it assumes importance if the activity related to the imagination of arm movement could be better detected by using such high resolution EEG techniques than with the use of the unprocessed EEG. The described methodologies were applied in the context of the neurorehabilitation in a group of six patients affected by the Duchenne Muscular Dystrophy. Four out of six were also able to con-trol with the BCI system several electronic devices disposed in a three rooms facility we described previously. The devices guided by them with an average percentage score of the 63% are: i) a simple TV remote commander, with the capabilities to switch on and off the device as well as the capability to change a TV channel, ii) the opening and closing of the light in a room, iii) the switch on and off of a mechanical engine for opening a door of the room. These devices can be of course also control-led with different inputs signals that eventually use the residual degree of muscular control of such patients. This experiment was here reported because demonstrates the capability for the patient to accept and adapt themselves to the use of the new technology for the control of their domestic en-vironment. There is a large trend in the modern neuroscience field to move toward invasive electrodes implants for the recording of cortical activity in both animals and humans for the realization of an efficient

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BCI device. In this paper we have presented evidences that suggest an alternative methodology for the estimation of such cortical activity in a non invasive way, by using the possibilities offered by an accurate modeling of the principal head structures involved in the transmission of the cortical potential from the brain surface to the scalp electrodes.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

SCLEROSI MULTIPLA

Moderatori:G. Comi (Milano), M. Ulivelli (Siena)

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Congresso nazionale

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sClerosi MUlTiPla

RUOLO DELLA ECCITOTOSSICITÀ NELLA SCLEROSI MULTIPLA

D. Centonze

UOSD Centro di Riferimento Regionale per la Sclerosi Multipla, Dipartimento di Neuroscienze, Università Tor Vergata & Fondazione Santa Lucia/Centro Europeo per la Ricerca sul Cervello (CERC), Roma

Una complessa interazione tra sistema immunitario e funzione/disfunzione neuronale è emersa negli ultimi anni. A questo proposito, il sistema endocannabinoide e specifiche citochine quali il TNFα sembrano avere un ruolo importante nella modulazione del danno eccitotossico e neurodegenerativo che si osserva sin dalle fasi più precoci della Sclerosi Multipla (SM). Il sistema endocannabinoide e il TNFα possono infatti interagire con molteplici mediatori cellulari e molecolari della neuroinfiam-mazione, modulare l’attività della microglia e la sensibilità neuronale alla attivazione di recettori di membrana per il glutammato o il GABA. Partendo da tali presupposti, abbiamo intrapreso uno studio sistematico sulle possibili alterazioni centrali e periferiche del sistema endocannabinoide in pazienti con SM. Abbiamo misurato i livelli dei due endocannabinoidi AEA e 2-AG nel fluido cerebrospinale (CSF, cerebrospinal fluid, o liquor) di pazienti con SM non sottoposti a terapia. Abbiamo potuto rivelare un aumento di 6 volte nei livelli di AEA di questi soggetti, mentre la concentrazione del 2-AG rimaneva normale. Di particolare interesse è stata l’osservazione che i livelli di AEA erano elevati nei soggetti con lesioni attive alla RM, mentre non vi era alcuna correlazione tra livelli endogeni di AEA e nu-mero e volume delle lesioni visualizzate in T2. Tali risultati, uniti ad altri ottenuti dal nostro gruppo sul modello pre-clinico di SM rappresentato dai topi con encefalomielite autoimmune sperimentale (EAE), dimostrano che durante l’attacco immuno-mediato del sistema nervoso centrale l’attivazione del sistema endocannabinoide rappresenta un meccanismo protettivo che tenta di ridurre sia il danno neurodegenerativo che quello infiammatorio, attraverso meccanismi convergenti che coinvolgono neuroni e cellule immunitarie. Dai nostri studi è anche emerso il coinvolgimento delle citochine infiammatorie prodotte in seguito alla attivazione del sistema immunitario nelle alterazioni sinaptiche a carico della trasmissione glu-tammatergica e GABAergica nei topi con EAE. In particolare, sin dalle fasi presintomatiche della EAE, l’attivazione microgliale secondaria alla infiltrazione T linfocitaria esita nella produzione e nel rilascio di TNF-a nella sostanza grigia di specifiche aree del sistema nervoso centrale, quali il nucleo striato. Il TNF-a così prodotto è in grado di alterare l’espressione e lo stato di fosforilazione di specifiche subunità del recettore AMPA del glutammato, causando specifiche alterazioni elettro-fisiologiche a carico della trasmissione sinaptica eccitatoria. La sottoregolazione di uno specifico early gene (Arc/Arg) è responsabile per tale cambiamento della sensibilità del recettore AMPA al glutammato endogeno rilasciato dalle sinapsi eccitatorie. Il TNF-a, al contrario non induce alcuna variazione a carico della trasmissione GABAergica. Per confermare tali dati, abbiamo anche studiato l’effetto della microglia attivata sulla trasmissione sinaptica striatale in topi di controllo. La microglia attivata (BV-2 microglia o microglia primaria; attivata 30-60 min prima della registrazione elettrofisiologica) posta su fettine striatali di topi con-trollo ha aumentato significativamente la durata dei sEPSCs e dei mESPCs, rallentando le loro decay phases e mimando le alterazioni riscontrate nei cervelli dei topi con EAE. Abbiamo anche indagato se il TNF-a può replicare su fettine di topi controllo le alterazioni prodotte dalla microglia nei cer-velli di topi con EAE. Il TNF-a ha mimato gli effetti della microglia attivata sulle proprietà cinetiche

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di sESPCs, aumentando il decay time e la durata di questi eventi sinaptici. Come con la microglia attivata, il TNF-a non ha alterato gli altri parametri della trasmissione glutammatergica e non ha au-mentato ulteriormente la durata delle sEPSCs nelle fettine di topi EAE in fase acuta di malattia. In-fine abbiamo confermato il coinvolgimento del TNF-a negli effetti sinaptici della microglia attivata effettuando registrazioni su fettine incubate sia con microglia primaria attivata che con TNFR-Ig al fine di bloccare l’attività del TNF-a endogeno. In questo set di esperimenti la frequenza, l’ampiezza e le proprietà cinetiche dei sEPSCs erano indistinguibili da quelli registrati in condizioni controllo.Abbiamo infine dimostrato che l’abnorme funzionalità del recettore AMPA indotto dalla infiamma-zione cronica e dal TNF-a, attiva la cascata apoptotica nelle spine dendritiche dei neuroni striatali, portando a una drammatica riduzione della densità delle spine dendritiche neuronali. Tale alterazioni degenerative, infatti venivano completamente bloccate dal trattamento cronico dei topi EAE con NBQX, un bloccante dei recettori AMPA.

BIBLIOGRAFIA

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sClerosi MUlTiPla

FISIOPATOLOGIA DEI PROCESSI DI RECUPERO NELLA SCLEROSI MULTIPLA

P.M. Rossini

Osp. “S. Giovanni Calibita” Fatebenefratelli Divisione di Neurologia, Roma

La storia naturale della Sclerosi Multipla (SM) in fase remittente-recidivante si caratterizza per: buon recupero funzionale delle ricadute cliniche e scarsa corrispondenza tra disabilità neurologica residua e danno strutturale. Processi adattativi locali e globali intervengono per compensare il danno e garantire un ottimale performance neurologica il più a lungo possibile, nonostante la progressione del danno strutturale infiammatorio e degenerativo.I meccanismi principali che sottendono il recupero clinico sono dati dal ripristino della conduzione del segnale negli assoni persistentemente demielinizzati o parzialmente rimielinizzati, dalla risolu-zione dell’infiammazione e dalla riorganizzazione corticale che compensa la perdita assonale ed il blocco di conduzione (Smith and McDonald, 1999).A seguito di fenomeni di demielinizzazione acuta studi sperimentali sull’uomo e su modelli animali di SM hanno dimostrato un blocco, di durata variabile, della conduzione del segnale. Gli assoni demielinizzati hanno una relativa paucità dei canali del Na+, insufficiente per la propagazione del potenziale d’azione (Smith, 2007). L’aumento dell’area della membrana nodale, inoltre, a seguito di fenomeni di demielinizzazione, riduce di 3-4 volte il safety factor per la conduzione assimilandolo all’unità, con la conseguenza di rendere ancora più incerta la depolarizzazione nodale e la conduzio-ne del segnale. Una riorganizzazione lenta dei canali del sodio a livello dell’assolemma e la rimieli-nizzazione contribuiscono parzialmente al ripristino della conduzione e alla scomparsa del sintomo clinico. Sebbene clinicamente si abbia un recupero di funzione, misure neurofisiologiche (potenziali evocati multimodali) testimoniano l’imperfezione della conduzione del segnale; l’attività evocata, pur essendo maggiormente compromessa durante le fasi di riacutizzazione, rimane infatti alterata anche nelle fasi di remissione della patologia (Peresedova et al., 2009). Un ruolo nella comparsa e nel recupero della trasmissione del segnale sembra anche da attribuire alla modificazione della trasmissione sinaptica, indotta anche dai prodotti dell’infiammazione (ci-tochine pro-infiammatorie, ossido nitrico); la 4-Aminopiridina, infatti, induce un miglioramento dei sintomi della malattia proprio per la sua capacità di potenziamento della trasmissione sinaptica (Rossini et al., 2001).La riorganizzazione corticale nella SM interviene molto rapidamente a seguito della riacutizzazione del processo infiammatorio. Studi TMS mostrano un aumento, di verosimile natura compensatoria, della eccitabilità corticale delle aree motorie indipendente dalla localizzazione della lesione in fase di ricaduta rispetto alla fase di remissione (Caramia et al., 2004). Indici neurofisiologici di riorganiz-zazione intracorticale, utilizzati per lo studio della connettività funzionale sia ad ampio raggio (Leo-cani, 2001) che locale, si mostrano alterati anche nelle fasi stabilizzate di malattia. In pazienti affetti da SM con bassa disabilità e senza deficit sensori motori della mano, si osserva un disconnessione funzionale nell’ambito dell’ area sensitiva primaria in particolare a carico dell’emisfero dominante, segno di una perdita di specializzazione funzionale digitale del circuito (Tecchio et al., 2008).

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Congresso nazionale

malattia. In pazienti affetti da SM con bassa disabilità e senza deficit sensori motori

della mano, si osserva un disconnessione funzionale nell’ambito dell’ area sensitiva

primaria in particolare a carico dell’emisfero dominante, segno di una perdita di

specializzazione funzionale digitale del circuito (Tecchio et al., 2008).

Figura 1 Ridotta connettività intracorticale nell’area sensitiva primaria nei pazienti

con SM remittente-recidivante (Tecchio et al, 2008)

Dati di Risonanza Magnetica funzionale (fMRI) integrano i dati neurofisiologici; le

tecniche di neuroimaging radiologico hanno dimostrato che sia nelle fasi di

riacutizzazione che di remissione e sia nella fasi precoci (sindrome clinicamente

isolata) che tardive (SM secondariamente progressiva) della malattia si verificano

fenomeni neuroplastici, indicativi del tentativo del cervello di compensare al danno

infiammatorio e degenerativo. Un’ampliamento delle aree motorie, l’attivazione di

circuiti motori supplementari nelle fasi precoci e il reclutamento funzionale di aree

addizionali non motorie nelle fasi progressive sono alcuni dei fenomeni corticali di

compenso osservati nella SM (Filippi e Rocca, 2007).

Nonostante le molteplici descrizioni di questi fenomeni presenti in letteratura,

rimangono ancora poco definiti i pattern di riorganizzazione prognosticamente più

incoraggianti al fine di un recupero di funzione. Una più precisa definizione

prognostica aiuterebbe nella programmazione di interventi volti al potenziamento

della riorganizzazione neuroplastica e consentirebbe un approccio funzionale alla

valutazione dell’efficacia terapeutica dei farmaci ad oggi in uso.

L’integrazione multimodale di tecniche di neuroimaging funzionale rappresenta ad

oggi l’approccio più promettente per lo studio in vivo dei fenomeni di neuroplasticità

che sottendono il recupero clinico.

Figura 1 Ridotta connettività intracorticale nell’area sensitiva primaria nei pazienti con SM remit-tente-recidivante (Tecchio et al, 2008)

Dati di Risonanza Magnetica funzionale (fMRI) integrano i dati neurofisiologici; le tecniche di neuroimaging radiologico hanno dimostrato che sia nelle fasi di riacutizzazione che di remissione e sia nella fasi precoci (sindrome clinicamente isolata) che tardive (SM secondariamente progressiva) della malattia si verificano fenomeni neuroplastici, indicativi del tentativo del cervello di compen-sare al danno infiammatorio e degenerativo. Un’ampliamento delle aree motorie, l’attivazione di circuiti motori supplementari nelle fasi precoci e il reclutamento funzionale di aree addizionali non motorie nelle fasi progressive sono alcuni dei fenomeni corticali di compenso osservati nella SM (Filippi e Rocca, 2007). Nonostante le molteplici descrizioni di questi fenomeni presenti in letteratura, rimangono ancora poco definiti i pattern di riorganizzazione prognosticamente più incoraggianti al fine di un recupero di funzione. Una più precisa definizione prognostica aiuterebbe nella programmazione di interventi volti al potenziamento della riorganizzazione neuroplastica e consentirebbe un approccio funzionale alla valutazione dell’efficacia terapeutica dei farmaci ad oggi in uso.L’integrazione multimodale di tecniche di neuroimaging funzionale rappresenta ad oggi l’approccio più promettente per lo studio in vivo dei fenomeni di neuroplasticità che sottendono il recupero clinico.

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Congresso nazionale

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

IL DOLORE VISCERALE

Moderatori:M. Inghilleri (Roma),M. Romano (Palermo)

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il Dolore VisCerale

IL DOLORE URO-GENITALE, ASPETTI DIAGNOSTICI E TERAPIA FARMACOLOGICA

L. Bertolasi

Centro per i Disturbi del Movimento Clinica Neurologica Ospedale Policlinico “Giambattista Ros-si” (Borgo Roma), Verona

La complessità anatomo-fisiologica del piano pelvico e degli organi ad esso connessi conferisce allo studio neurofisiologico un ruolo importante nella comprensione dei meccanismi che ne consentono il corretto funzionamento e nella documentazione delle possibili alterazioni.Lo studio neurofisiologico del pavimento pelvico si basa sulla rilevazione dell’attività elettrica ge-nerata dalle fibre muscolari striate in condizioni basali e durante attività volontaria e riflessa, sulla valutazione della velocità di conduzione della componente nervosa motoria e sensitiva dei muscoli che lo costituiscono e sull’analisi delle vie centrali oltre che sulla rilevazione dell’integrità della componente autonomica.Diverse noxe patogene possono esplicarsi con un unico meccanismo d’azione. L’infiammazione delle mucose, il dolore e lo spasmo muscolare idiopatico possono indurre un secondario stato di contrazione muscolare involontaria che a sua volta può provocare o mantenere lo stato di malattia. L’infiammazione costituisce frequentemente la principale caratteristica istologica iniziale. Il fatto che il trattamento degli spasmi muscolari dimostri una marcata efficacia anche sulla componente infiammatoria deve far ipotizzare che l’infiammazione e gli spasmi muscolari siano parte di un circolo vizioso. Così nel caso di ragadi anali, vestibolite vulvare e vaginismo la componente in-fiammatoria e spastica sono tra loro dipendenti. Sia la componente infiammatoria che spasmodica possono estendersi e coinvolgere distretti urinari, se non già primitivamente sede di patologia. Le indagini neurofisiologiche sono in grado di documentare le avvenute modificazioni funzionali del compartimento uro genitale.Le terapie più efficaci sono rappresentate naturalmente dalle terapie etiologiche e, in seconda istan-za, dalle terapie sintomatiche in grado di interrompere le principali manifestazioni patologiche.

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Congresso nazionale

IL DOLORE URO-GENITALE: LA TERAPIA NON FARMACOLOGIA

G. Pelliccioni

Unità Operativa di Neurologia, Ospedale Geriatrico, INRCA Ancona

Un algoritmo guida il clinico attraverso il processo che conduce dalla diagnosi di dolore pelvico cronico (CPP), spesso complessa, al trattamento dello stesso dolore, di frequente insoddisfacente (EAU Guidelines on Chronic Pelvic Pain 2010). Il CPP è definito come un dolore percepito in strutture connesse alla pelvi del maschio e della femmina, e diviene cronico quando è presente in modo continuo o ricorrente per oltre 6 mesi, con negative conseguenze cognitive, comportamentali e sessuali. Spesso associato con sintomi di disfunzione del basso tratto urinario, genitale, intestinale o ginecologico, è suddivisibile in sindromi dolorose pelviche specifiche: sindrome dolorosa pelvica (PPS), sindrome della vescica dolorosa/cistite interstiziale (BPS/IC), sindrome dolorosa prostatica, sindrome dolorosa della muscolatura del pavimento pelvico. Qualora il dolore non sia spiegabile da una patologia pelvica locale è necessario escludere patologie che coinvolgano il midollo sacrale, il cono midollare, le radici della cauda e, non ultimo per rilevanza clinica, il n. pudendo nel suo decorso intrapelvico. Il dolore pelvico cronico (CPP), la cistite interstiziale (IC) e la sindrome della vescica dolorosa (BPS) sono patologie disabilitanti, di difficile trattamento, che coinvolgono fino a 500 individui per 100.000 della popolazione generale, con pesanti ripercussioni sulla qualità della vita e sulla produttività lavorativa di questi pazienti. È importante rilevare che la BPS/IC rappresenta un eterogeneo spettro di disordini disfunzionali dolorosi coinvolgenti la vescica ancora scarsamente definiti, nei quali l’infiammazione è una caratteristica importante solo in una piccola serie di pazienti (EAU 2010). I pazienti affetti da dolore dell’area pelvica lamentano inoltre alterazioni di svuota-mento o riempimento della vescica e sono sottoposti ad una moltitudine di trattamenti farmacologici e non farmacologici per il controllo della sintomatologia, nella maggior parte scarsamente efficaci e, in alcuni casi, totalmente inefficaci. Ci sono poche prove dell’efficacia dei trattamenti farmaco-logici analgesici nel CPP. Poiché si ritiene che il CPP sia modulato da meccanismi analoghi a quelli del dolore somatico, viscerale e neuropatico, le raccomandazioni terapeutiche che si seguono sono quelle derivate dalla letteratura sul dolore cronico generale (EAU 2010). Tuttavia nessuna tradi-zionale terapia è risultata efficace, in una recente review (Seth and Teichman 2008), nell’alleviare la sintomatologia dolorosa pelvica. Il frequente fallimento o la riduzione nel tempo dell’efficacia di soluzioni farmacologiche ha condotto allo sviluppo di trattamenti non farmacologici, tra i quali sono da ricordare i blocchi analgesici dei differenti nervi dell’area pelvica, ma in particolare del n. pudendo (Choi et al. 2006), la somministrazione endovescicale di tossina botulinica (Giannantoni et al. 2006), tecniche riabilitative e chirurgiche che giungono talvolta a radicali soluzioni di rimozione della stessa vescica. La diagnosi di neuropatia del pudendo per intrappolamento del nervo è essen-zialmente clinica e di recente sono stati definiti specifici criteri (di Nantes) che possono aiutare nella diagnosi (Labat et al. 2008). I cinque criteri diagnostici essenziali sono: 1) dolore nel territorio ana-tomico del n. pudendo; 2) peggioramento clinico nella posizione seduta; 3) dolore che non risveglia il paziente di notte; 4) assenza di disturbi della sensibilità all’esame clinico; 5) esito clinico positivo al blocco anestetico del n. pudendo, che può essere eseguito in guida TC o ecografica. L’utilizzo delle stimolazioni elettriche funzionali rappresenta oggi un importante mezzo terapeutico nel trattamento delle differenti disfunzioni vescicali, quando le strategie farmacologica e riabilita-tiva sono risultate inefficaci e tutti gli altri tentativi terapeutici hanno fallito (Everaert et al. 2001). Tra le tecniche riabilitative possono essere annoverate le stimolazioni elettriche applicate per via

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il Dolore VisCerale

transcutanea vaginale, anale, sovrapubica (Fall and Lindstrom 1994), di scarso utilizzo clinico o, di più recente e frequente applicazione, la neuromodulazione presso le radici sacrali (Chai et al 2000, Siegel et al. 2001, Everaert et al. 2001, Zabihi et al. 2008, Powell and Kreder 2010) o la stimolazione diretta del n. pudendo (Spinelli et al. 2005, Peters et al 2009). La neuromodulazione sacrale (SNM) è già stata approvata dal 1997 dalla FDA statunitense ed è ormai utilizzata frequentemente anche in Europa per il trattamento dell’incontinenza urinaria da urgenza, della sindrome urgenza/frequenza e della ritenzione urinaria non ostruttiva, associate quasi costantemente al dolore pelvico cronico, ma non è stata ancora approvata per il solo dolore pelvico cronico. La SNM è una metodica di elettrostimolazione continua della radice sacrale S3 presso la fuoriuscita dal suo forame, mediante l’impianto chirurgico di un sistema programmabile dall’esterno, per via telemetrica. La selezione dei pazienti che possono giovarsi di tale nuova tecnica è preventivamente effettuata mediante il test temporaneo di stimolazione percutanea sacrale o PNE, della durata di 7-15 giorni, che valuta la possibilità di ridurre il dolore pelvico e di ripristinare temporaneamen-te una regolare funzione vescicale. I pazienti che rispondono positivamente al PNE test possono eseguire l’impianto permanente dello stimolatore sacrale, mediante intervento chirurgico con il po-sizionamento di un pacemaker in una tasca sovraglutea e con stimolazione di S3 mono o, da poco tempo, anche bilaterale. Nel 2000 Chai et al. e nel 2001 Siegel et al. hanno dimostrato come sia il test di stimolazione temporanea della radice sacrale S3 che l’impianto definitivo di SNM riducono percentualmente in modo quasi completo l’urgenza urinaria e di circa la metà la frequenza urinaria. Inoltre anche il dolore incoercibile e refrattario si è ridotto negli stessi pazienti da 7.0 a 2.3 su una scala a 10 punti nel primo studio, e da 9.7 a 4.4 sulla stessa scala nell’altro. Il beneficio sul dolore pelvico intrattabile nello studio di Siegel et al. è persistito inoltre stabilmente in 6 su 10 pazienti a 19 mesi al follow up. Da allora altri trial open-label con la SNM hanno riportato un miglioramento sintomatologico (Zabihi et al 2008) e, in uno studio su 21 soggetti con un follow-up medio di 15 mesi, si è rilevato un decremento del dolore e dell’utilizzo di farmaci analgesici ed oppioidi di circa il 36% durante la SNM di S3 (Peters and Konstandt 2004). In uno studio prospettico di 27 soggetti refrattari alle terapie convenzionali, l’impianto di SNM ha indotto un miglioramento della frequenza urinaria, del volume, della nicturia e, in modo più rilevante, del dolore dopo una media di follow up di 14 mesi (Comiter 2003). Il meccanismo o, forse, i meccanismi d’azione della SNM non sono completamente conosciuti (Leng and Chancellor 2005), e si basano su una possibile “influenza modulatoria “che l’elettrostimolazione continua di S3 determina sui vari archi nervosi riflessi che regolano il funzionamento e quindi l’at-tività della muscolatura del pavimento pelvico e delle strutture coinvolte nel controllo minzionale ed indirettamente nel CPP. Accanto alla depolarizzazione delle fibre somatiche con incremento della contrazione della muscolatura pelvi-perineale innervata, lo stimolo subcontinuo di S3 indurrebbe un’attivazione delle fibre sensitive ed autonomiche veicolate dai nn. pudendi e pelvici, interferendo positivamente con i meccanismi centrali pontini e cortico-diencefalici. Gli effetti clinici della SNM si manifesterebbero pertanto con il miglioramento della soglia per lo svuotamento vescicale, ampli-ficando la contrazione rispettivamente del detrusore vescicale e dello sfintere, riducendo il dolore e ripristinando un’adeguata coordinazione del rilascio sfinterico durante la contrazione vescicale. Una parte dei pochi studi sulla SNM per il trattamento del dolore pelvico, non ha comunque un’evi-denza di efficacia significativa, a causa della difficoltà ad eseguire comparazioni con altre metodiche analgesiche. La SNM è di nuovo utilizzo, costosa e tecnologicamente sofisticata, ma le evidenze cliniche disponibili sulla sua applicazione nel CPP isolato o associato ad altri disturbi disfunzionali urinari sono incoraggianti. Sarebbe pertanto prematuro ed errato giungere a conclusioni negative sulla sua efficacia, in mancanza di ulteriori trial numericamente rilevanti.

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il Dolore VisCerale

IL DOLORE CARDIACO: RUOLO DELLA CORTECCIA CEREBRALE NOCICETTIVA

M. Valeriani

Divisione di Neurologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, RomaFaculties of Engineering, Science and Medicine, Aalborg University, Denmark

Il ruolo del sistema nervoso centrale nel dolore cardiaco è tuttora oggetto di discussione. Se, infat-ti, nelle patologie anginose associate a chiara ostruzione coronarica la fisiopatologia del dolore è abbastanza ben conosciuta e coinvolge prevalentemente fattori cardiaci locali, in altre condizioni cliniche, come la sindrome cardiaca X (SCX), in cui il dolore toracico ha un’origine cardiaca, testi-moniata dall’anormalità dell’ECG, ma non vi è alcuna ostruzione coronarica, i meccanismi fisiopa-tologici alla base del dolore sono tuttora sconosciuti. Nei pazienti con SCX, l’esistenza di anomalie della nocicezione è stata suggerita dal riscontro di una ridotta soglia dolorifica (Shapiro et al., 1988). Più recentemente, il nostro gruppo ha studiato questi pazienti mediante la tecnica dei potenziali evo-cati laser (LEP), grazie alla quale è possibile ottenere una valutazione funzionale, non invasiva, del sistema nocicettivo. In particolare, abbiamo inizialmente valutato il fenomeno dell’habituation dei LEPs in pazienti con SCX, paragonandolo a quanto osservato nei soggetti di controllo (Valeriani et al., 2005). Abbiamo osservato come nei controlli l’ampiezza della componente LEP N2-P2 presen-tasse una riduzione in ampiezza dopo stimolazione ripetuta sia della mano destra (non interessata dalla sintomatologia dolorosa) che del torace (dolore locale). Nei pazienti con SCX, invece, tale riduzione di ampiezza non veniva registrata, indicando, dunque, un deficit di habituation. Abbiamo inoltre osservato come nei pazienti con SCX tale anomalia andasse incontro ad una regressione dopo trattamento efficace del dolore mediante stimolazione spinale (Sestito et al., 2008). È noto come nella SCX la stimolazione del midollo spinale (spinal cord stimulation – SCS) possa determinare un notevole miglioramento della sintomatologia. I pazienti con SCX da noi studiati presentavano il recupero di una normale habituation dei LEPs dopo SCS. I nostri dati neurofisiologici suggeri-scono l’esistenza nella SCX di un’anormale elaborazione degli stimoli nocicettivi da parte della corteccia cerebrale. Per stabilire il ruolo di tale anomalia nella fisiopatologia del dolore cardiaco, abbiamo studiato dei pazienti con angina silente (AS), cioè con alterazioni ECG di tipo ischemico, ma senza sintomatologia dolorosa. I pazienti con AS, al contrario di quelli con SCX, presentavano un’habituation dei LEPs sovrapponibile a quella dei soggetti sani. Quest’ultimo risultato dimostra come l’anomalo funzionamento della corteccia cerebrale nocicettiva rappresenta probabilmente il background su cui agiscono fattori cardiaci locali, più o meno conclamati, per dare origine al dolore cardiaco.

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Congresso nazionale

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

CONTROVERSIE IN NEUROFISIOLOGIA CLINICA

Moderatori:M. Manfredi (Roma), A. Uncini (Chieti)

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Dolore VisCerale

IPERCKEMIA ASINTOMATICA: APPROCCIO INVASIVO?

No, è sufficiente uno screening generico di base da parte del medico di famiglia o di un neuro-logo generale per identificare i casi con patologie neuromuscolari specifiche

T. Mongini

Università di Torino - Ospedale S. Giovanni BattistaCentro per le Malattie Neuromuscolari Paolo PeiroloDipartimento di Neuroscienze - SCDU Neurologia 2, Torino

Sì, è necessario approfondire ogni caso anche con accertamenti di secondo o addirittura di ter-zo livello per identificare tutti i casi con patologie neuromuscolari specifiche, che potrebbero essere misconosciuti

L. Morandi

Istituto Nazionale Neurologico “Carlo Besta” Malattie Muscolari Ereditarie Degenerative, Milano

Il riscontro di aumentati valori di CreatinKinasi sierica (CK) è un evento comune nella pratica medica generale, causato da molteplici fattori, che vanno dal semplice eccesso di esercizio fisico o intolleranza a farmaci in individui per altro sani, alle più complesse situazioni di mutazioni geneti-che presintomatiche correlate a malattie muscolari anche gravemente evolutive, che devono pertanto essere prontamente riconosciute. Tra queste ultime, sono da ricordare per esempio tutte le distrofie muscolari ad esordio più tardivo, come la distrofia di Becker o le disferlinopatie, che soprattutto in età infanto-giovanile possono manifestarsi con la sola iperCKemia; lo stato di portatrice di distrofi-nopatia, soprattutto nelle giovani donne in età fertile per le evidenti ricadute sulle future gravidanze; la glicogenosi di tipo II o malattia di Pompe, che è ora possibile trattare precocemente con la terapia enzimatica sostitutiva; e, non ultimo, l’aumentato rischio di ipertermia maligna. Il riscontro persi-stente di valori elevati di CK, anche se moderato e in assenza di segni o sintomi deve pertanto essere oggetto di una attenta valutazione in ogni singolo caso. Per facilitare il lavoro di screening già a livello del medico di base, è disponibile un percorso diagnostico pubblicato dal Gruppo di Studio dell’AIM (Morandi et al, Neurol Sci 2006); dopo un primo livello di approfondimento, il paziente può essere inviato a un Ambulatorio per le Malattie Neuromuscolari per l’ulteriore valutazione. Gli accertamenti di secondo livello (es., esami biochimici mirati, test da sforzo) o di terzo livello (es., biopsia muscolare, analisi genetica) vanno infatti scelti per ciascun paziente a seconda dei valori di CK, dell’età e del sesso del paziente, la sua storia familiare, e non ultimo la presenza di segni clinici minimi ma significativi per specifiche patologie. Vengono presentati e discussi tre casi in un diffe-rente contesto clinico, con discussione dei pro e dei contro di un approccio diagnostico più o meno aggressivo e nella considerazione di un ragionevole rapporto costi-beneficio.

BIBLIOGRAFIA

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CONTROVERSIE IN NEUROFISIOLOGIA: SONO UTILI I POTENZIALI EVOCATI NELLA DIAGNOSI DELLA MIELOPATIA CERVICALE SPONDILOARTROSICA?

S. Amadio

Ospedale San Raffaele di Milano

La mielopatia cervicale spondiloartrosica (MSC) è la complicanza più disabilitante della spondi-loartrosi cervicale. La MSC ha una patogenesi mista, legata in parte a stenosi congenita del canale cervicale, a compressione meccanica diretta sul midollo spinale dovuta alla spondilosi cervicale, o ad ischemia. È soprattutto quest’ultima che sembra determinante nella trasformazione di una com-pressione in una vera e propria mielopatia (1, 2).La diagnosi si basa sulla clinica e sull’imaging, che si identifica sostanzialmente con la risonanza magnetica, che è in grado di dimostra non solo la compressione ma anche la vera e propria mielopa-tia, di solito sotto forma di un un’iperintensità intramidollare nelle sequenze pesate in T2. Il significa-to delle alterazioni MRI non è ancora completamente definito: se da un lato la sensibilità diagnostica nella MSC non è paragonabile a quella della patologia cerebrale (3), dall’altro non è infrequente il riscontro di compressioni midollari del tutto asintomatiche (4). Vi sono quindi forme di MSC che si collocano in posizione intermedia tra quelle definite sulla base di chiari criteri clinici e radiologici, e tra quelle asintomatiche, in cui un esame radiologico eseguito per un’altra indicazione, di solito per una sintomatologia radicolare, evidenzia in maniera occasionale una compressione asintomatica del midollo, che è cosa ben diversa da una vera mielopatia. In queste forme, in cui l’indicazione ad una chirurgia tutt’altro che scevra da rischi (5) non è certa, la disponibilità di metodiche strumentali di supporto alla diagnosi clinica e radiologica di MSC è potenzialmente di grande utilità. Sin dagli anni ‘90 (6-9) e più di recente (13, 14) vi sono state numerose segnalazioni sull’impiego dei potenziali evocati nella diagnosi della MSC. In generale, i potenziali evocati motori (MEP) hanno dimostrato una maggiore sensibilità rispetto ai potenziali evocati somato-sensoriali (SSEP) nella diagnosi della MSC (4). Le alterazioni dei MEP sono state riscontrate con eguale frequenza sia agli arti superiori (10, 11), sia agli inferiori in alcuni studi, mentre sono risultate più frequenti agli arti superiori in altri (12). La maggiore sensibilità diagnostica dei MEP sui SSEP (4,12) dipende sia da fattori intrinseci alla fisiopatologia della MSC, sia dai presupposti tecnici delle due metodiche. La MSC, infatti, sia da compressione diretta, sia mediata dal danno ischemico da compressione sull’arteria spinale anterio-re danneggia con maggiore frequenza e precocità i cordoni midollari anteriori e laterali, dove sono collocati i sistemi cortico-spinali e spino-talamici. Poiché, com’è noto, le modalità di esecuzione dei SSEP nella routine di un laboratorio di neurofisiologia clinica determina la stimolazione di fibre sensitive di grosso calibro, questa metodica consente l’esplorazione funzionale dei cordoni midollari dorsali, che sono solitamente meno esposti al danno proprio della MSC.I potenziali evocati hanno dimostrato la loro utilità ai fini prognostici. Sono state segnalate ridotte ampiezze del MEP nella fase pre-sintomatica della MSC (15). Un altro studio ha dimostrato il valore del MEP come fattore predittivo di una MSC in pazienti con compressione midollare asintomatica evidente alla MRI: in un periodo di 2 anni, i segni clinici di MSC sono comparsi nei pazienti con alterazioni dei SSEP e dei MEP, mentre nessuno dei pazienti con normalità dei potenziali evocati ha sviluppato segni clinici di malattia (16). Uno studio successivo su un gruppo di 66 pazienti con quadro MRI di compressione midollare asintomatica ha documentato l’associazione di alterazione dei SSEP e lo sviluppo di una MSC nei successivi 2 anni (17).

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Dolore VisCerale

Vi sono poi degli studi che hanno specificamente focalizzato l’attenzione sulle correlazioni tra i potenziali evocati ed il decorso clinico post-operatorio dopo decompressione del midollo spinale. In una serie di 18 pazienti è stato osservato un miglioramento del MEP post-operatorio (18). Uno studio più recente ha concluso che un precoce recupero delle latenze dei SSEP corticali era correlato con un migliore recupero post-operatorio della disabilità (19). Un ulteriore studio ha dimostrato che il SSEP del mediano, in particolare l’intertempo N9-N20 era corralato con l’outcome chirurgico ( 12).Sembra quindi di poter concludere che ci sia ampio spazio per un impiego di routine, o, viceversa, mirato su specifici aspetti, nella MSC. Tuttavia, l’impiego dei potenziali evocati da parte dei chirur-ghi è ancora piuttosto limitato e ben di rado si può affermare che i potenziali evocati contribuiscano a modificare la gestione della MSC. Una recente revisione sistematica della letteratura sulla MSC (20), impiegando criteri di medicina basata sull’evidenza per valutare se fattori clinici o strumentali possano predire la prognosi chirur-gica dell’intervento de compressivo, ha portato a formular alcune raccomandazioni che solo colla-teralmente includono i potenziali evocati. In particolare, si raccomanda l’esecuzione dei SSEP preo-peratori possa essere preso in considerazione per fornire informazioni di tipo prognostico in pazienti selezionati, nei quali l’esame clinico non sia chiaro, e solo nel caso che questo possa potenzialmente modificare le opzioni di trattamento (qualità dell’evidenza: classe II). Nello stesso studio vengono individuati i principali limiti degli studi precedenti, che vengono così sintetizzati: 1) la maggioranza degli studi è di tipo retrospettivo, o con un limitato numero di pazienti 2) spesso le misure di outco-me non sono sufficientemente validate 3) i metodi sono scarsamente standardizzati.Non vi è dubbio che, rispetto alle potenzialità diagnostiche, prognostiche e di monitoraggio degli effetti della terapia di metodiche che esplorano in maniera selettiva le vie lunghe motorie e soma-tosensoriali, i risultati siano relativamente scarsi. Sono ancora rare le circostanze in cui il chirurgo formi la propria opinione sull’indicazione all’intervento chirurgico sulla base dei risultati dei po-tenziali evocati, sia pure in aggiunta ai dati clinici e radiologici. E’auspicabile che futuri studi, che siano in grado di emendare le limitazioni esposte in precedenza, possano consentire un impiego dei potenziali evocati nella MSC più soddisfacente di quello attuale.

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E’ UTILE L’EEG NELLE CEFALEE? PRO E CONTRO

G. Rubboli

U.O. Neurologia, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Bellaria, Bologna

PROIn linea generale, non vi sono evidenze che indichino che l’EEG sia un’indagine necessaria nel processo diagnostico delle cefalee. Fatta questa premessa, va tuttavia tenuto presente come varie evidenze suggeriscano legami fra la cefalea emicranica e l’epilessia, condizione quest’ultima in cui l’EEG riveste ancora un ruolo cruciale nel processo diagnostico. Studi epidemiologici suggeriscono che la prevalenza di emicrania tra pazienti con epilessia sia consistentemente più elevata (Steven-son, 2006; Yamane et al., 2004); d’altra parte anche la prevalenza dell’epilessia in pazienti affetti da emicrania sembra essere più elevata rispetto a quella della popolazione generale; è possibile che questa associazione sia limitata ad alcuni tipi di emicrania, ad esempio una associazione rilevante è stata dimostrata fra l’emicrania con aura e l’epilessia. Sulla base delle conoscenze attuali, la rela-zione e l’alto grado di comorbidità tra emicrania ed epilessia viene spiegato ammettendo una genesi multifattoriale in cui coesistono fattori genetici ed ambientali (Andermann, 2000). Un altro aspetto che va considerato è l’evidenza che non infrequentemente una crisi epilettica possa essere seguita da cefalea (una cefalea peri-ictale in relazione ad un crisi epilettica viene segnalata in percentuali che variano dal 34 al 58% a seconda degli studi); in rari casi addirittura le cefalea è un sintomo della crisi epilettica (Maggioni et al., 2008). Inoltre, è possibile anche il meccanismo opposto, e cioè che l’episodio emicranico sia associato a meccanismi fisiopatologici che abbassano la soglia convulsiva, facilitando pertanto il verificarsi di una crisi epilettica. In particolare, il fenomeno della “cortical spreading depression” durante l’episodio emicranico sembra determinare una situazione di iperec-citabilità neuronale che potrebbe aumentare la suscettibilità ad un episodio comiziale. Quest’ultimo fenomeno può essere preso in considerazione nella situazione descritta come “migralepsy”, con la quale si definisce un episodio di emicrania con aura e di crisi epilettica che si verifichi entro un’ora dall’aura emicranica (International Headache Society, 2004). Questa condizione sembra comunque essere rara: infatti una revisione recente della letteratura avrebbe individuato non più di 50 casi, alcuni dei quali descritti in maniera alquanto approssimativa, e per i quali non è possibile escludere che l’iniziale sintomatologia emicranica non sia anch’essa già parte dell’episodio epilettico. In tali situazioni la diagnosi differenziale dal punto di vista clinico può essere difficoltosa, mentre l’apporto dell’EEG soprattutto in fase critica può risultare fondamentale (Marks and Ehrenberg, 1993; Sances et al., 2009).Pertanto, se è vero che nel processo diagnostico di inquadramento di una cefalea, l’EEG non riveste un ruolo essenziale, esistono tuttavia condizioni in cui l’EEG può rivestire un ruolo cruciale, vale a dire nella diagnosi differenziale fra alcuni quadri di tipo emicranico ed eventi di natura comiziale, od addirittura quando è necessario valutare la possibile coesistenza, nello stesso episodio di fenomeni sia di tipo emicranico che di tipo epilettico.

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Congresso nazionale

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Dolore VisCerale

E’ UTILE L’EEG NELLE CEFALEE? PRO E CONTRO

M. De Tommaso

Neurofisiopatologia del Dolore, Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Università di Bari Aldo Moro. Padiglione delle Cliniche Neurologiche, Policlinico, Bari

CONTROLa diagnosi delle cefalee primarie è supportata da criteri classificativi riveduti nel 2004. Essi sta-biliscono con accuratezza facilmente applicabile alla clinica le caratteristiche dei sintomi, la loro concomitanza e la loro durata, elementi che configurano da soli la diagnosi, senza necessità di ulteriori approfondimenti strumentali (Kelman, 2005). Infatti, il soddisfacimento del criterio dia-gnostico anamnestico, esclude con sufficiente attendibilità l’ipotesi di secondarietà, eventualmente anche supportata dalla negatività dell’esame obiettivo. Inoltre, l’approccio clinico attualmente più accreditato di tali sindromi dolorose tende ad accertarne la frequenza e il rischio di cronicità, più che a discriminare la tendenza alla loro sporadica occorrenza, peraltro frequentissima nella popolazione generale. La frequente osservazione di anomalie EEG nella fase intercritica e soprattutto critica dell’emicrania ha indotto in passato a ritenere che l’EEG potesse essere di qualche utilità nello screening diagno-stico dell’emicrania. Tuttavia la revisione degli studi controllati, ha portato ad osservare come la presenza di attività lente e anomalie parossistiche isolate descritte nei pazienti con emicrania con e senza aura nella fase intercritica , sia presente in percentuale non significativamente maggiore rispetto alla popolazione di controllo non emicranica (Sand, 2003). Nella cefalea tensiva, non sono invece state descritte anomalie EEG rilevanti (Sand, 2003). Più costanti appaiono le anomalie EEG nella fase critica e soprattutto nel corso dell’aura emicranica, evenienze peraltro facilmente ricono-scibili e non meritevoli di approccio diagnostico strumentale. Durante l’aura visiva, vengono de-scritte con maggiore frequenza attività lente o depressione diffusa del ritmo di fondo, e quadri EEG chiaramente anomali sono descritti nel corso dell’aura emiplegica e nella fase critica dell’emicrania basilare accompagnata da disturbo di coscienza (Camp e Wolff, 1961; Gastaut et al, 1967; Lauritzen et al, 1981). Anche nei bambini l ‘aura emicranica si accompagna ad anomalie EEG ( De Carlo et al, 1999). Una ulteriore ipotesi applicativa dell’EEG alla diagnosi di emicrania, ha riguardato l’analisi quanti-tativa dei ritmi EEG. Anche in questo caso, non sono emerse differenze significative rispetto alla po-polazione di controllo (Sand et al, 2003), sebbene anomalie del ritmo alfa consistenti in un aumento dell’asimmetria siano emerse nel corso dell’attacco di emicrania senza aura, suggestivi di fenomeni neuronali latenti a tipo “spreading depression” (de Tommaso et al, 1999). L’applicazione di meto-diche elettroencefalografiche ha contribuito soprattutto allo studio dei meccanismi fisiopatogenetici dell’emicrania, ed in particolare dei fenomeni di alterata eccitabilità neuronale predisponenti all’at-tacco. Un contributo alla conoscenza dei fenomeni neuronali predisponenti all’emicrania, è stato fornito dallo studio del trascinamento del ritmo EEG indotto dalla stimolazione luminosa intermit-tente. Gli studi pionieristici di Golla e Winter (1959), descrissero la presenza negli emicranici di un trascinamento fotico a frequenze intorno ai 20 Hz, raro nei soggetti non emicranici. Tale fenomeno è piuttosto aspecifico, e presente in altre situazioni, ad es. il trauma cranico, ove potrebbero verificarsi modificazioni dell’eccitabilità neuronale analoghe a quelle dell’emicrania. (Sand et al, 2003). Que-sto pattern non avrebbe inoltre specificità diagnostica rispetto alla cefalea di tipo tensivo, per una possibile base fisiopatogenetica comune o per la frequente concomitanza delle due forme di cefalea

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nello stesso paziente. (de Tommaso et al, 1999). Più recentemente l’applicazione di metodi di analisi non lineare, ha consentito di evidenziare un pattern molto stabile nell’emicrania rispetto ai soggetti non emicranici, consistente in una sincronizzazione del ritmo alfa indotta da stimolazione luminosa intermittente, rispetto ad un opposto pattern di desincronizzazione evidente nel gruppo di control-lo. (Angelini et al, 2004). Tale pattern è attualmente studiato al fine di chiarire le caratteristiche dell’eccitabilità corticale come fenomeno predisponente all’occorrenza dei sintomi emicranici (de Tommaso et al, 2007), piuttosto che a scopo diagnostico, per il quale la tendenza ormai consolidatasi è quella di attenersi ai soli criteri dell’IHCD-II (2004), senza ulteriore aggravio di esami strumentali (Sandrini et al, 2004, Rossi et al, 2009). Attualmente pertanto vengono ritenute valide e largamente applicate le linee guida dell’ AAN (Ro-semberg et al, 2005 ), ribadite dalla task force europea (Sandrini et al, 2004; Rossi et al, 2009), che limitano l’utilità clinica dello studio EEG ai pazienti con concomitanza di sintomi di tipo emicranico ed epilettico.

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Dolore VisCerale

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

NEUROFISIOLOGIA E MATURAZIONE DEL SNC E SNP

Moderatori:P. Balestri (Siena),

V. Di Lazzaro (Roma)

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Congresso nazionale

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neUroFisiologia e MaTUrazione Del snC e snP

LA NEUROFISIOLOGIA CLINICA: ESPLORAZIONE IN VIVO DELLE FASI PRECOCI DELLO SVILUPPO CEREBRALE

A. Suppiej

Unità di Neurologia e Neurofisiologia Clinica Dipartimento di Pediatria, Università- Azienda Ospedaliera-Padova

Il periodo più importante per lo sviluppo cerebrale si situa fra la 20 settimana di gestazione ed il primo mese di vita. Esso corrisponde allo sviluppo dei complessi circuiti cortico-sottocorticali modulati dalle afferenze talamo-corticali e dalle loro connessioni col piatto sottocorticale, a loro volta attivate dagli stimoli sensoriali (Kostovic et al, 2006). Recenti evidenze suggeriscono che le metodiche neurofisiologiche possono essere utilizzate per studiare in vivo le fasi precoci dello sviluppo cerebrale in condizioni di normalità e patologia. Le tecniche di neuroimaging fetale hanno documentato importanti modificazioni anatomiche (Judas et al., 1995) delle vie afferenti e la presen-za di strutture laminari transienti che possono essere implicate nei fenomeni elettrici registrabili con l’EEG ed i potenziali evocati (Vanhatalo et al., 1973; Suppiej, 2007). I potenziali evocati possono essere registrati anche in terapia intensiva neonatale, come l’EEG, al letto del paziente in breve tempo e con minima manipolazione e possono essere considerate tecniche non invasive anche nei nati pretermine (Pressler et al., 2003; Suppiej 2007). Le risposte corticali registrate prima delle 36 settimane gestazionali sono prevalentemente negative e di polarità opposta a quelle che si registrano nel nato a termine (Weitzman and Graziani, 1968; Rotteveel et al., 1987; Kurtzberg et al., 1984; Novak et al., 1989; Wunderlich et al., 2006;). È stato ipotizzato che questa inversione di polarità osservata nelle risposte uditive, visive e somestesiche, rifletta la transiente organizzazione della corteccia in via di sviluppo nello stadio in cui coesistono il transiente piatto sottocorticale e quello corticale.Le conoscenze sullo sviluppo normale delle risposte corticali evocate e sui fenomeni che ne sono alla base ha aperto il campo allo studio del loro ruolo clinico. È stato recentemente documentato il ruolo dei potenziali evocati somatosensoriali nella prognosi a distanza dell’encefalopatia neonatale (Suppiej et al., 2010). Inoltre il diverso grado di prematurità sembrerebbe influenzare lo sviluppo dei potenziali evocati uditivi evento-correlati (Bisiacchi et al., 2009; Mento et al.,2010) e studi in corso sembrano suggerire una relazione con alcuni indicatori clinici di patologia (Suppiej et al., submit-ted).Inoltre la cosiddetta “fetal programming hypothesis” suggerisce che i meccanismi che consen-tono l’adattamento fetale alle condizioni di crescita sub-ottimali e quindi la sopravvivenza fetale, sono in grado di modificare permanentemente struttura e funzione di organi ed apparati aumentando il rischio di patologie cardiovascolari e metaboliche nell’età adulta (Ross et al, 2008). L’interferenza di tali fenomeni di con lo sviluppo cerebrale potrebbe essere implicata in diverse patologie neurop-sichiatriche anche dell’età adulta in cui viene riconosciuta una alterazione della programmazione cellulare. L’interesse delle metodiche neurofisiologiche per lo studio in vivo delle fasi precoci dello sviluppo cerebrale risulta rilevante perciò a tutte le età della vita.

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Congresso nazionale

MATURAZIONE E RIORGANIZZAZIONE POSTLESIONALE DEL SISTEMA SENSORI-MOTORIO

G. Cioni

Dipartimento Neuroscienze Età Evolutiva, IRCCS Stella Maris e Università di Pisa

Quando una lesione cerebrale si verifica nel periodo prenatale, perinatale o nei primi mesi di vita e coinvolge il sistema motorio, i meccanismi di plasticità neuronale dovrebbero essere capaci di portare al recupero dei movimenti volontari, ristabilendo un adeguato impulso corticale ai neuroni motori spinali e gli intra-neuroni. Sono due i principali meccanismi in grado di ristabilire una ricon-nessione efficace della corteccia motoria con i motoneuroni spinali in caso di lesione cerebrale. Il primo coinvolge una riorganizzazione della corteccia ipsilaterale alla lesione, all’interno della cor-teccia motoria primaria o nelle aree motorie non primarie. Il secondo meccanismo è specifico per le lesioni che avvengono durante le prime fasi dello sviluppo. È basato sull’esistenza, durante le prime settimane di vita, di proiezioni motorie bilaterali che si generano nelle aree motorie primarie, le quali connettono ogni emisfero con entrambi i lati del corpo. Queste fibre generalmente si ritirano durante lo sviluppo, ma possono permanere in caso di danno cerebrale, dando adito ad una riorganizzazione controlesionale della funzione motoria, esclusiva della prima fase del danno cerebrale.L’applicazione della risonanza magnetica funzionale (fMRI) può fornire informazioni rilevanti sul tipo di riorganizzazione che avviene in ogni paziente. Tuttavia deve essere integrata con tecniche che forniscano un’alta risoluzione temporale come la Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS), per documentare l’esistenza di connessioni corticospinali mono-sinaptiche. La TMS può documen-tare che in molti soggetti con una lesione della corteccia motoria in fase iniziale persiste nell’emisfe-ro sano una significativa innervazione corticospinale bilaterale del pool dei motoneuroni spinali. In questi soggetti l’attivazione della corteccia motoria intatta suscita risposte rilevanti sia nei muscoli ipsi e contro laterali, con simili latenza e soglia.Ma quali sono le conseguenze dell’aver trovato questo tipo specifico di riorganizzazione motoria dopo un danno cerebrale precoce? Abbiamo recentemente fornito alcune evidenze cliniche, indi-cando come questo modello di riorganizzazione sensorimotoria (riorganizzazione controlesiona-le) sia già determinato durante il primo anno di vita, e possibilmente persino entro i primi pochi mesi. Questa non è una mera conseguenza della gravità e della sede della lesione, ma è fortemente influenzata dall’esperienza che segue il danno, nel senso della complessa interazione tra l’output motorio residuo dall’emisfero affetto e il feedback somatosensoriale dall’arto affetto (ipotesi dell’ ”ambliopia del sistema corticospinale”). Se questa ipotesi dovesse essere confermata, dovrebbe es-sere fortemente enfatizzata l’importanza di una iniziale finestra temporale (primi mesi di vita) per l’intervento terapeutico. Questo è vero soprattutto quando si considera che i bambini con riorganiz-zazione controlesionale, con l’emisfero sano che controlla direttamente ambedue le mani, raggiunge livelli più bassi di performance motoria della mano, rendendo potenzialmente maladattivo questo modello di riorganizzazione.Le lesioni cerebrali che interessano il sistema motorio spesso coinvolgono anche il sistema sensorio e possono condurre ad un deficit funzionale di differente gravità. Queste funzioni possono essere studiate in vivo con tecniche come i potenziali evocati somatosensoriali, la magnetoencefalogra-fia e la fMRI con tasks sensoriali. Con questi metodologie è stato recentemente dimostrato che, a differenza del sistema motorio, la riorganizzazione intra-emisferica (ipsilesionale) della funzione sensoriale primaria è il principale, se non l’esclusivo, meccanismo dopo danno cerebrale del sistema

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neUroFisiologia e MaTUrazione Del snC e snP

sensorio, persino quando avviene durante le prime fasi dello sviluppo.I meccanismi alla base di questo fenomeno non sono pienamente compresi, ma due elementi sem-brano avere un speciale ruolo. Il primo è la mancanza di un substrato per la riorganizzazione con-trolesionale, persino nelle prime fasi dello sviluppo, al contrario di ciò che accade per il sistema motorio. Il secondo è la possibilità che le fibre talamo-corticali, almeno per alcuni tipi di lesioni iniziali, si stiano ancora sviluppando quando avviene la lesione, permettendo in questo modo un effettivo by-pass della lesione e riconnessione con la corteccia sensoria.È di grande interesse il fatto che il differente potenziale riorganizzativo del sistema sensoriale e di quello motorio portino, in molti casi, ad una dissociazione intra-emisferica di queste funzioni, con il primo riorganizzato nell’emisfero affetto e il secondo spostato controlateralmente. Alcune prove sembrano supportare l’ipotesi che tale dissociazione potrebbe determinare alcuni deficits funzionali nei compiti che richiedono una forte integrazione sensori-motoria (come la stereognosia).Alla luce di questi risultati, il target specifico di un intervento terapeutico iniziale dovrebbe essere l’attivazione della corteccia sensori-motoria dell’emisfero affetto, per aumentare la capacità com-petitiva del sistema corticospinale danneggiato durante lo sviluppo e mitigare, in questo modo, le conseguenze della lesione sull’outcome motorio.

BIBLIOGRAFIA

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Congresso nazionale

LA MATURAZIONE DEL SISTEMA NERVOSO PERIFERICO (SNP)

S. Lori

SOD Neurofisiopatologia – DAI Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi – Fi-renze

LA MATURAZIONE DEL SISTEMA NERVOSO PERIFERICO

(SNP) S. Lori

SOD Neurofisiopatologia – DAI Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria

Careggi – Firenze

Lo sviluppo del SNP inizia già verso la III-IV settimana di vita intrauterina (i.u.): i neuroni dello strato mantellare del tubo neurale si organizzano in due colonne ventrali motorie (BASALI), in due colonne dorsali sensitive (ALARI) e in due colonne intermediolaterali. Circa al 30° giorno i.u. emergono i primi assoni dai motoneuroni somatici delle colonne ventrali del tubo neurale dando origine alla radice anteriore, della quale entrano a far parte anche gli assoni dei neuroni del sistema autonomo localizzati nelle colonne intermediolaterali. Quando l’assone della radice anteriore si avvicina al ganglio della radice posteriore corrispondente, cominciano ad emergere gli assoni dai neuroni gangliari.

Lo sviluppo del SNP inizia già verso la III-IV settimana di vita intrauterina (i.u.): i neuroni dello strato mantellare del tubo neurale si organizzano in due colonne ventrali motorie (BASALI), in due colonne dorsali sensitive (ALARI) e in due colonne intermediolaterali. Circa al 30° giorno i.u. emergono i primi assoni dai motoneuroni somatici delle colonne ventrali del tubo neurale dando origine alla radice anteriore, della quale entrano a far parte anche gli assoni dei neuroni del siste-ma autonomo localizzati nelle colonne intermediolaterali. Quando l’assone della radice anteriore si avvicina al ganglio della radice posteriore corrispondente, cominciano ad emergere gli assoni dai neuroni gangliari.La complessa migrazione della cresta neurale da origine anche al precursore delle cellule di Sch-wann, che differenziate in cellule mielinizzanti iniziano a produrre dal 20° giorno i.u. fattori autocri-ni: sostanze trofiche quali IGF (insuline-like growth factor), PDGF (platelet-derived growth factor), neurotrofina 3 e sostanze chemiotattiche come le laminine.Le endoteline, fattori neuronali, contribuiscono alla sua sopravvivenza e maturazione.

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La mielinizzazione inizia intorno alla 15° settimana di gestazione a livello delle radici anteriori motorie e successivamente a livello delle radici posteriori sensitive, completandosi nella vita extrau-terina intorno ai 5 anni di età.La maturazione mielinica sembra avere un andamento caudo-craniale, ovvero valori di conduzione simili all’adulto vengono raggiunti prima dai nervi degli arti inferiori (2-3 anni) e poi dai nervi degli arti superiori (4-5 anni).La conduzione nervosa è espressione funzionale della variazione del diametro delle fibre, della distanza internodale e dello spessore della guaina mielinica. Tali rapporti sono molto importanti du-rante la maturazione. Esiste infatti una relazione lineare fra la diametro esterno della fibra e velocità di conduzione, detta Fattore di conversione: nelle fibre di grosso diametro è circa 5-6 m/s/per μ di diametro, la VCM aumenta anche quando il rapporto g (diametro dell’assone/diametro della fibra) è circa 0,6-0,7.Alla nascita il n. surale presenta il diametro maggiore fra tutti i nervi e corrisponde a circa la metà di quello dell’adulto.Alla fine del I anno di vita il 35 % delle fibre presenta un diametro ≥ 8 μ .La velocità di conduzione è maggiore con l’ aumento della distanza internodale; tale distanza è proporzionale al diametro della fibra ed è ottimale se è compresa fra 100 e 200 μ .

NEONATO A TERMINELa Velocità di Conduzione Motoria (VCM) è indipendente dal peso alla nascita, dal ridotto accresci-mento vita i.u. e dalla gemellarità, è invece in relazione con l’età concezionale, con un incremento di 0,8 m/sec/settimanaIl neonato presenta una VCM di circa il 50% rispetto a quella dell’adulto; ai 12 mesi i nervi SPE e SPI ed ai 24 mesi il nervo mediano raggiungono i limiti inferiori di normalità dell’adulto. La Latenza Motoria Distale (LMD) ha un particolare andamento legato al rapporto fra maturazione della mielina-assone e crescita somatica: inizialmente elevata per la scarsa mielinizzazione si riduce durante il I anno per la maturazione delle fibre, rimane costante dai 12-24 mesi per il bilanciamento fra maturazione delle fibre e incremento altezza-lunghezza, per poi tendere ad aumentare per incre-mento della crescita somatica (altezza-lunghezza).Già a 12 mesi la LMD del n.mediano è maggiore di quella del n.ulnareIl Potenziale di Azione Motorio (cMAP) presenta una grande variabilità durante la maturazione del-la conduzione nervosa (ampiezza e durata sono inferiori a quelle dell’adulto); nel neonato il valore è 1/3 dei valori dell’adulto, che sono raggiunti nella prima decade di vita. La morfologia è bifasica (pos-neg, con > fase neg) con eccezione dell’eminenza ipothenar che può presentare uno sdoppia-mento del picco negativo.L’Onda F come per la LMD anche tale onda risente del rapporto maturazione-crescita somatica: nel I anno di vita si ha una diminuzione delle latenze che coincide con il periodo di massimo incremento della VCM, che supera l’influenza dell’accrescimento.Per i primi 3 anni la latenza rimane stabile, poi cresce in modo lineare con la VCM ed è proporzio-nale all’incremento della lunghezza degli arti e alla maturazione della VCM .La Velocità di Conduzione Sensitiva (VCS)Nel neonato a termine il valore della VCS è circa il 50% dell’adulto. Nel I anno di vita l’ incremento è più lento, poi fra i 3 ed i 5 anni i valori dell’età adulta.Il Potenziale di Azione Sensitivo nel neonato a termine ha un’ampiezza di circa il 30% rispetto a quella dell’adulto, valore che raggiungerà intorno ai 2 anni di vita.

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Congresso nazionale

PREMATURO Esistono pochi dati neurofisiologici sulla maturazione del SNP nel pretermine. Smit, circa 10 anni fa, in uno studio longitudinale in neonati pretermine di 28-30 settimane ha riportato che la velocità di conduzione motoria è chiaramente collegata all’età post-mestruale. La VCM del nervo tibiale posteriore incrementava dalla nascita al 6° mese di età corretta da 11 a 37 m/s e da 13 a 44 m/s per il nervo ulnare, seppur con lieve ritardo nelle prime due settimane. La VCS dalla 33° alla 43° setti-mana postconcezionale passa da valori intorno 17 a 25 m/sec.È invece necessario porre l’attenzione sullo studio neurofisiologico del SNP data la sempre più frequente nascita di soggetti pretermine, anche fortemente prematuri (<28°), la cui sopravviven-za è molto elevata grazie all’alta specialità delle Terapie Intensive Neonatali negli ultimi anni. La raccolta di dati “basali normativi” della conduzione nervosa è opportuna per una più approfondita conoscenza degli aspetti maturativi e per un miglior approccio prognostico del neonato prematuro.Di seguito sono riportate le tabelle dei dati normativi del Nostro Laboratorio di Neurofisiopatologia raccolti su soggetti “sani” (in collaborazione con AOU Meyer-Firenze) in età pediatrica dal neonato a termine fino ai 18 anni. Sono in elaborazione i dati raccolti in soggetti pretermine al di sotto delle 28° settimane (in collaborazione con la TIN dell’AOU di Careggi).

TABELLA DEI VALORI NORMATIVI: SPE E SPIETA’ Nervo LD msec LP msec cMAPd mV cMAPp mV VCM m/s F ms1-3 SPE 2,14 ±0,34 5,48 ±0,57 3,6 ±1,55 3,38 ±1,25 48,10±5,77 24,12 ±1,564-6 SPE 2,76 ±0,70 6,70 ±0,70 5,19 ±1,73 5,15 ±1,66 54,61±1,66 29,15 ±1,977-9 SPE 3,67 ±0,41 8,50 ±0,74 6,29 ±2,55 5,91 ±2,15 55,50±4,54 32,17 ±3,7610-18 SPE 4,08 ±0,63 10,42±0,99 6,84 ±1,75 6,01 ±1,53 50,70±3,67 42,00 ±3,94ETA’ Nervo LDm LPm cMAPd mV cMAPp mV VCM m/s F ms0-<1 SPI 2,20 ±0,42 5,29 ±0,49 10,42 ±3,2 8,82 ±2,34 38,13 ±5,3 -----1-3 SPI 2,57 ±0,40 5,85 ±0,58 11,84 ±3,01 10,04 ±3,12 50,54±4,99 24,8±2,324-6 SPI 3,20 ±0,49 7,93 ±0,89 11,47 ±4,63 10,08 ±3,99 50,78±6,41 30,02±2,657-9 SPI 3,68 ±0,66 9,68 ±0,84 12,29 ±2,05 10,95 ±2,44 49,78±4,13 35,3±1,7210-18 SPI 4,42 ±0,77 12,29±1,16 15,80 ±3,48 10,68 ±2,47 46,48±3,36 44,44±5,66

ELABORAZIONE SU: 17 NERVI:0 -<1anni; 60 NERVI SPE 1-3/4-6 anni; 130 NERVI 7-9/10-18 anni

TABELLA DEI VALORI NORMATIVI: SURALE E PLANTARE MEDIALE*ETA’ NERVO LDm msec SNAP uV VCS m/s0-<1 PLANTARE MEDIALE 1,92 ±0,17 9,02 ±4,92 40,26 ±5,581-3 SURALE 1,63 ±0,45 17,06 ±8,52 46,70 ±5,114-6 SURALE 1,71 ±0,28 18,32 ±8,75 51,35 ±5,447-9 SURALE 2,25 ±0,32 17,25 ±6,27 52,54 ±6,2910-18 SURALE 2,71 ±0,34 16,15 ±5,42 50,65 ±4,15

ELABORAZIONE SU: 17 NERVI 0 -<1 anni; 40 NERVI 1-3 anni; 80 NERVI. 4-6/7-9/10-18 anni

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neUroFisiologia e MaTUrazione Del snC e snP

TABELLA DEI VALORI NORMATIVI: MEDIANO MOTORIOETA’ NERVO LDm msec LPm msec cMAPd mV cMAPpmV VCM m/s

0-<1 MED 2,03 ±0,25 4,26 ±0,19 6,68 ±0,90 5,68 ±1,67 39,43 ±3,39

1-3 MED 2,01 ±0,23 4,19 ±0,34 8,97 ±1,86 8,16 ±1,86 54,09 ±6,19

4-6 MED 2,36 ±0,22 4,78 ±0,44 8,02 ±2,88 7,04 ±2,01 56,38 ±6,03

7-9 MED 2,52 ±0,39 5,79 ±0,52 9,75 ±3,92 9,21 ±3,95 55,99 ±6,96

10-18 MED 3,01 ±0,42 6,09±0,75 11,14 ±2,33 10,46 ±2,34 56,81 ±4,87

TABELLA DEI VALORI NORMATIVI:MEDIANO SENSITIVO*ETA’ NERVO LDm SNAP uV VCS m/s0-<1 MED 1,06 ±0,46 27,28 ±10,57 38,36±9,36

1-3 MED 1,45 ±0,18 43,47 ±12,07 52,84±3,62

4-6 MED 1,73 ±0,15 32,07 ±13,07 52,25±3,90

7-9 MED 2,04 ±0,22 32,64 ±12,78 52,78±6,5810-18 MED 2,35 ±0,24 32,17 ±12,93 54,19±4,46

ELABORAZIONE SU 16 NERVI:0 -<1 anni; 45 NERVI 1-3 anni; 84 NERVI 4-6/7-9-10-18 anni*Tecnica Antidromica

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

NEUROFISIOLOGIA DELL’EMICRANIA

Moderatori:G. Cruccu (Roma),F. Pinto (Firenze)

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Congresso nazionale

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neUroFisiologia Dell’eMiCrania

LO STUDIO DELLA SINGOLA FIBRA NELL’EMICRANIA

A. Ambrosini

Centro per lo Studio e la Cura delle Cefalee, INM Neuromed, IRCCS, Pozzilli (Isernia)

L’elettromiografia a Singola Fibra (SFEMG) è la tecnica meno invasiva attualmente in uso per la valutazione, in soggetti umani, della funzionalità della giunzione neuromuscolare in vivo.Sebbene non sembri esserci alcuna ragione per ipotizzare un’alterazione della trasmissione neuro-muscolare nei pazienti emicranici, alcuni studi pilota, negli ultimi dieci anni, ne hanno dimostrato la presenza, in forma subclinica, in alcuni sottogruppi di pazienti, proprio grazie alla SFEMG.1,2 L’ipotesi di lavoro di questi studi si basava sulla possibilità che alcuni pazienti emicranici potessero - almeno in parte - presentare anomalie genetiche simili a quelle rilevate in un gruppo di pazienti affetti da una forma rara di Emicrania con Aura, l’Emicrania Emiplegica Familiare (Familial Hemi-plegic Migraine, FHM) di tipo 1, come suggerito da alcuni studi. 3-6 I pazienti affetti da FHM1 presentano mutazioni sul gene CACNA1A (cromosoma 19), che codi-fica la subunità principale dei canali del calcio voltaggio-dipendenti di tipo P/Q, 7 responsabili del rilascio di acetilcolina nella giunzione neuromuscolare. Una loro alterata funzione dovrebbe quindi comportare anomalie della trasmissione neuromuscolare, cosa che effettivamente si verifica negli animali sperimentali8 ed in pazienti affetti da Atassia Episodica di tipo 2, malattia allelica della FHM1.9 In effetti, negli studi SFEMG condotti nei pazienti emicranici le anomalie erano presenti soltanto nei pazienti che presentavano un’aura con caratteristiche cliniche simili a quelle dei pazienti FHM, come la presenza di sintomi sensitivi, disturbi del linguaggio, disturbi dell’equilibrio1, 2 o aura di durata prolungata. 2,10 Inoltre in due di questi pazienti l’uso di acetazolamide, frequentemente uti-lizzata nel trattamento dei pazienti affetti da FHM1 e EA-2, comportava, oltre ad un miglioramento del quadro clinico, anche la normalizzazione delle anomalie SFEMG. 11 Risultati simili sono stati ottenuti in uno studio successivo, proveniente da un altro gruppo di ricerca,

12 che ha dimostrato la presenza di modeste anomalie SFEMG in circa la metà dei pazienti affetti da emicrania emiplegica. Uno studio successivo ne segnalava la presenza in 4 pazienti su 30 affetti da emicrania emiplegica sporadica o emicrania di tipo basilare.13 Interessante notare, però, che soltanto un paziente FHM nel primo studio e nessuno nel secondo presentava anomalie SFEMG. Questi ri-sultati sono in linea con quanto indicato da uno studio SFEMG eseguito su pazienti FHM1, con una specifica mutazione (R192Q) sul gene CACNA1A. In questo studio soltanto due pazienti mostrava-no modeste anomalie della trasmissione neuromuscolare.14

Nel loro insieme, questi riscontri sollevano molti dubbi sul substrato biologico delle anomalie fun-zionali della giunzione neuromuscolare descritte in alcuni sottogruppi di pazienti emicranici, sug-gerendo che esse non siano in diretta relazione con mutazioni nel gene CACNA1A; a rafforzare tali dubbi si pone uno studio SFEMG eseguito in pazienti affetti da cefalea a grappolo, ove mai sono state riscontrate mutazioni CACNA1A, che presenterebbero anch’essi anomalie della trasmissione neuromuscolare.15

La presenza soltanto modesta di anomalie SFEMG nei pazienti FHM1, a fronte di una marcata alte-razione della trasmissione neuromuscolare in pazienti affetti da EA-2 e nell’animale da esperimento, non è però sufficiente ad escludere del tutto un ruolo del gene CACNA1A nella determinazione delle alterazioni descritte in forme di emicrania con aura più comuni: in effetti la mutazione presente nei soggetti studiati14 comporterebbe un incremento della funzione sinaptica, laddove le alterazio-ni genetiche spontanee nella EA-2 ed indotte nell’animale da esperimento ne comportavano una

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perdita di funzione. Non si può quindi escludere che un eventuale sbilanciamento nella presenza di polimorfismi del singolo nucleotide nel gene CACNA1A ed un loro eventuale interplay, dimostrato in pazienti emicranici, possano giocare un ruolo sulla funzionalità dei canali di tipo P/Q, diverso da quello indotto da mutazioni FHM1. Nemmeno è possibile escludere un ruolo esercitato nella deter-minazione delle suddette anomalie da altri canali ionici, quali ad esempio i canali del calcio di tipo R, anch’essi presenti nella giunzione neuromuscolare e codificati dal gene CACNA1E sul cromoso-ma 1, per il quale è stato suggerito un ruolo nelle stesse rare forme di emicrania con aura soggette alle alterazioni SFEMG.16 Soltanto il progredire delle conoscenze sulla genetica dell’emicrania e delle tecniche neurofisiologiche ci permetterà di dirimere tali dubbi.

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IL CICLO DI RECUPERO DEI PESS NELL’EMICRANIA DELL’ADULTO E DEL BAMBINO

C. Vollono

Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma

Nei soggetti emicranici il dato neurofisiologico più riproducibile durante la fase intercritica è la ridotta habituation a stimoli ripetuti rispetto ai soggetti sani. L’habituation è una caratteristica fi-siologica comune delle risposte corticali agli stimoli visivi, uditivi, olfattori e somatosensoriali ed è caratterizzata da una riduzione graduale nell’ampiezza delle risposte corticali agli stimoli ripeti-tivi. La mancanza di habituation negli emicranici è considerata un marker di eccitabilità corticale anormale, anche se non c’è accordo su se ciò può essere riferito ad ipo o ad ipereccitabilità della corteccia cerebrale (Schoenen et al, 2003; Coppola et al, 2007). Il pattern di risposta della corteccia somatosensoriale nell’emicrania è stato studiato con diverse metodiche neurofisiologiche fra cui il cosiddetto ciclo di recupero dei potenziali evocati somatosensoriali (SEP) (Valeriani et al, 2005).Il ciclo di recupero dei Potenziali Evocati SomatosensorialiNei soggetti sani, la caratteristica risposta neurofisiologica alla stimolazione elettrica ripetitiva è una riduzione di ampiezza di tutte le componenti dei SEP, in misura inversamente proporzionale al tem-po di presentazione di uno stimolo successivo al primo. Quando si ottiene un potenziale evocato da due stimoli elettrici appaiati ad intervalli di interstimolo (ISI) diversi, l’ampiezza del SEP ottenuto dal secondo stimolo è inferiore rispetto a quella ottenuta dal singolo stimolo. Quanto più lungo è l’ISI, tanto più l’ampiezza del SEP registrata dopo il secondo stimolo aumenterà, fino ad un comple-to recupero in termini di ampiezza. La riduzione di ampiezza del SEP in un protocollo di studio con stimoli appaiati è causato da meccanismi di inibitori complessi all’interno della corteccia cerebrale che riduce il potenziale postsinaptico eccitatorio, così come dalla refrattarietà delle reti sinaptiche e dei ralays che generano i singoli potenziali (Torquati et al, 2007). La tecnica più utilizzata per lo studio del ciclo di recupero dei SEP prevede il calcolo delle variazioni dei SEP (ciclo di recupero dei SEP) dopo doppia stimolazione elettrica a 5 ms, 20 ms e 40 ms di intervallo interstimolo (ISIs), rispetto alle tracce registrate con singolo stimolo (baseline) in quattro condizioni sperimentali: 1) il baseline (stimolo singolo), 2) doppio stimolo a 5 ms di ISI, 3) doppio stimolo a 20 ms di ISI, 4) doppio stimolo a 40 ms di ISI. Il ciclo di recupero di SEP può, quindi, essere considerato come un marker di eccitabilità della corteccia somatosensoriale primaria (SI). Un ciclo di recupero dei SEP accorciato è stato dimostrato in altre malattie caratterizzate da ipereccitabilità del sistema nervoso centrale, come il mioclono, la panencefalite spongiforme subacuta (Ugawa et al, 1996), o caratteriz-zate da disinibizione del sistema somatosensoriale, come la distonia (Frasson et al, 2001). Questo è un fenomeno generale, non limitato alla corteccia cerebrale ma caratteristico anche della sostanza grigia cervicale. La perdita di tale fenomeno a carico del sistema somatosensoriale è riconosciuta come indice di disinibizione del sistema stesso.Un primo studio ha evidenziato che i bambini emicranici hanno un ciclo di recupero dei SEP più cor-to rispetto ai controlli sani (Valeriani et al, Pain, 2005). Sono stati studiati 25 bambini ed adolescenti, 15 affetti da emicrania senza aura e 10 soggetti di controllo. Le registrazioni degli emicranici sono state effettuate non prima di 72 ore dopo l’ultima crisi emicranica. Il ciclo di recupero di ampiezza delle componenti SEP N13, N20, P24 e N30 è risultato significativamente differente (P <0.05) negli emicranici rispetto ai controlli. L’analisi post hoc ha confermato che, a 20 e 40 ms di ISI, le ampiez-ze dei potenziali SEP N13, N20, P24 e N30 erano significativamente più alte (P <0.05) nei pazienti

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emicranici rispetto ai controlli, dimostrando, pertanto, un ciclo di recupero dei SEP più veloce nei pazienti emicranici rispetto ai controlli. Tali dati suggeriscono una disinibizione a diversi livelli del sistema nervoso centrale nell’emicrania pediatrica. Un più corto ciclo di recupero dei SEP era stato dimostrato in precedenza in malattie caratterizzate o da un’ipereccitabilità del sistema nervoso cen-trale, come ad esempio nel mioclono corticale e nella panencefalite subacuta spongiforme (Ugawa et al, 1996), o da disinibizione del sistema somatosensoriale, come la distonia (Frasson et al, 2001). Precedenti studi neurofisiologici indicano che le aree sensoriali del cervello dimostrano un’abnorme eccitabilità nell’emicrania (Afra et al, 1998, 2000; Valeriani et al, 2003). Il ben noto fenomeno di ridotta habituation agli stimoli ripetitivi nell’emicrania, anche di età pediatrica (Evers et al, 1998), è stato interpretato come dovuta a una iper o ipoeccitabilità cerebrale. Tali risultati neurofisiopato-logici permettono di speculare su meccanismi fisiopatologici molecolari. È ipotizzabile, infatti, che nell’emicrania il ciclo di recupero accorciato rifletta un aumento della concentrazione intracellulare di NA+, ad esempio determianta da una disfunzione della ATPasi Na+/K+ dipendente, in analo-gia con disfunzioni descritte nall’ emiplegica familiare, causate da mutazioni missenso nel gene ATP1A2, anche se tali mutazioni non sono state trovate nelle forme comuni di emicrania (Jen et al, 2004). È stato, pertanto, ipotizzato che la funzione della Na+/K+ ATPasi possa essere coinvolta an-che secondariamente nell’emicrania nonemiplegica, forse a causa di un’anomalia primaria diversa. In tal senso è interessante notare che una tale disfunzione può comportare una depolarizzazione della membrana, quindi una disinibizione, anche nei neuroni del midollo spinale (Darbon et al, 2003), e ciò spiegherebbe un ciclo di recupero anche del potenziale cervicale N13.Un secondo studio ha valutato l’efficacia del trattamento con topiramato nel modificare l’iperecci-tabilità del sistema somatosensoriale, attraverso una misurazione del ciclo di recupero dei SEP, un indice di livello di eccitabilità corticale. Il Topiramato è un farmaco antiepilettico con comprovata efficacia nel trattamento di profilassi dell’emicrania negli adulti, nei bambini e negli adolescenti (Vollono et al, 2007) ed esercita la sua azione farmacologica (antiepilettica e probabilmente antie-micranica) attraverso molteplici meccanismi. Sono stati studiati 11 bambini (3 maschi, 8 femmine, età media: 11,8±2,2 anni) affetti da emicrania, con indicazione ad una terapia di profilassi (almeno 4 crisi/mese). Tutti i bambini sono stati sottoposti a registrazione dei PES da stimolazione del nervo mediano sia destro che sinistro al polso prima e dopo un trattamento di profilassi con Topiramato. Dopo un trattamento di tre mesi, la frequenza media dell’emicrania nella popolazione in studio è diminuita significativamente da 6,73±1,95 a 3,64±4,34 crisi mensili (p=0.02). Nei 9 pazienti che avevano ottenuto una riduzione significativa in termini di frequenza dell’emicrania (>50%) dopo il trattamento con Topiramato, il ciclo di recupero dei Potenziali P24 parietale (F=4,3; p=0.03) ed N30 (F=26,4; p <0.005) era significativamente più lungo dopo trattamento quando confrontati al baseline. L’analisi post-hoc ha mostrato che ad ISI di 40 ms, l’ampiezza della P24 era più alta dopo trattamento quando comparata a prima del trattamento (p = 0.004) e che a tutti gli ISI l’ampiezza dell’N30 era significativamente più alta dopo trattamento quando confrontata a prima del tratta-mento (p <0.01). Il maggior risultato di questo studio è rappresentato dall’allungamento del ciclo di recupero delle componenti P24 ed N30 dei SEP nei bambini emicranici che avevano risposto ad un trattamento. Diversi meccanismi potrebbero spiegare l’effetto del Topiramato sul ciclo di recupero di SEP. In primo luogo tale farmaco potrebbe agire sui canali del sodio voltaggio-dipendenti. Ciò confermerebbe dati descritti in modelli animali (Taverna et al, 1999). Non è chiaro perché il Topira-mato è capace solamente di ‘normalizzare’ il ciclo di recupero delle componenti P24 ed N30, ma non quello delle componenti N13 o N20. Il trattamento con Topiramato non è capace, probabilmente, di annullare completamente la disinibizione del sistema somatosensoriale degli emicranici a tutti i livelli e questo spiega perché è in grado di ridurre la frequenza di attacchi di emicrania senza abo-

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lirli del tutto. Un altro meccanismo che potrebbe spiegare l’inversione della disinibizione corticale dopo il trattamento con Topiramato è l’effetto di questo farmaco sui circuiti di inibitori GABAA-ergici. D’altronde l’accorciamento del ciclo di recupero dei SEP nei pazienti emicranici non è ne-cessariamente determinato dall’ipereccitabilità del sistema somatosensoriale, ma potrebbe essere un marker di un alterato ‘gating’ somatosensoriale. Questa ipotesi è in linea con precedenti evidenze di un alterato ‘gating’ sensitivo ed uditivo in pazienti emicranici. I meccanismi di ‘gating’ sensitivo ed uditivo possono essere dovuti ad un’ipofunzione delle pathways monoaminergiche subcortico-corticali (Ambrosini et al, 2001). Da questo punto di vista, il Topiramato agirebbe su tale sistema subcortico-corticale nel ripristinare il fisiologico ‘gating’, conducendo così ad un allungamento del ciclo di recupero dei SEP. È, pertanto, ipotizzabile che l’efficacia del Topiramato nel trattamento di profilassi dell’emicrania pediatrica sia dovuta alla sua abilità nel ridurre la disinibizione corticale o modificare il ‘gating’ sensoriale.In un recente studio Coppola et al (Coppola et al, 2009) hanno studiato il ciclo di recupero dei SEP in un gruppo di soggetti adulti emicranici registrati in fase critica ed in fase intercritica. La metodica di registrazione, del tutto simile a quella utilizzata nei bambini, ha valutato il ciclo di recupero dei SEP ad ISI di 5, 20, e 40 ms. Le variazioni in ampiezza della componente SEP N20 corticale durante condizioni originarie differivano tra i gruppi (p = 0,006). L’analisi post hoc ha mostrato che nel gruppo di controllo e negli emicranici studiati durante al fase critica le ampiezze del potenziale N20 diminuiva fisiologicamente nelle registrazioni con doppio stimolo appaiato. Al contrario negli emi-cranici registrati in fase intercritica la componente N20 aumentava in termini di ampiezza già alla seconda serie di stimolazioni, indice di ridotta habituation. In tale studio sia gli emicranici studiati in fase critica che quelli studiati in fase intercritica, lo studio del ciclo di recupero di tutte le compo-nenti SEP risultavano simili a quello dei volontari sani (per N20, p = 0,56). Gli autori concludono che tali risultati non sono a favore di un ciclo dei SEP più veloce negli emicranici in fase intercritica, e pertanto di una ridotta inibizione GABAergica del sistema somatosensoriale periferico e centrale come possibile spiegazione per la mancanza di habituation nell’emicrania. Altri meccanismi devono quindi alla base del processamento intercritico anomalo degli stimoli negli emicranici.I dati neurofisiologici ottenuti con lo studio del ciclo di recupero dei SEP nell’adulto, non concordi con quelli ottenuti nel bambino, potrebbero essere spiegati in diversi modi. Innanzi tutto la modifi-cazione del pattern di risposta nell’adulto rispetto al bambino potrebbe essere correlato con il fisio-logico sviluppo del Sistema Nervoso, che in età evolutiva non sarebbe completamente concluso. In secondo luogo è possibile ipotizzare, in età evolutiva, un pattern di risposta ancora non influenzato da diversi fattori, non ultimi dalla evoluzione naturale della malattia emicranica e dei trattamenti per essa utilizzati. Pertanto, in tal senso, l’Emicrania infanto-giovanile può essere un ottimo modello per lo studio delle basi fisiopatologiche della malattia, poiché molti fattori che possono intervenire du-rante il corso della vita (malattie concomitanti, effetto di farmaci o influenze ambientali) sono in gra-do potenzialmente di modificare l’espressione fenotipica dell’emicrania stessa (de Tommaso, 2005).

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IL RIFLESSO FLESSORIO NOCICETTIVO NELLE CEFALEE CRONICHE

G. Sandrini, M. Bolla, S. Galluzzo, I. De Paoli

Centro Interuniversitario Disordini Adattativi e Cefalee (UCADH), IRCCS Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino, Pavia

Il riflesso nocicettivo di flessione (Nociceptive Withdrawal Reflex - NWR) si è dimostrato una metodica obbiettiva e sensibile nello studio delle principali forme di dolore e di cefalea. La soglia della componente più stabile e tardiva del riflesso definita RIII origina infatti da una risposta polisinaptica e multisegmentale evocata dalla stimolazione delle fibre nocicettive di piccolo calibro Ad. La soglia di insorgenza del NWR è stata dimostrata corrispondere alla soglia del dolore e la misura della risposta riflessa elettromiografia correla con il livello della percezione del dolore. Tale tipo di risposta è inoltre ampiamente modulata dai meccanismi di controllo del dolore sovra-segmentali permettendo di esplorarne la possibile disregolazione (Sandrini et al., 2005).La sommazione temporale del Riflesso Nocicettivo di Flessione (Temporal Summation – TS), considerata una manifestazione clinica del fenomeno “wind-up” osservato negli animali, rap-presenta parallelamente al NWR, un metodo obiettivo e sensibile per valutare nell’uomo il processamento del dolore a livello centrale ed in particolare i fenomeni di plasticità neuronale attività-dipendenti in cui è coinvolta l’attività dei neuroni ad ampio spettro dinamico (Wild Dinamic Rang Neurons – WDRs) (Latremoliere and Woolf, 2009; Woolf, 2007). Tra questi si presenta di particolare importanza la sensitizzazione centrale, fenomeno considerato di parti-colare rilievo nella fisiopatigenesi della cefalea e nella sua cronicizzazione (Ayzenberg et al., 2006; Perrotta et al., 2009). Nelle forme di cefalea cronica, tale metodica ha quindi permesso uno studio accurato delle possibili alterazioni dei sistemi di controllo del dolore, anche attraverso il sistema di controllo diffuso degli stimoli nocicettivi (Diffuse Noxious Inhibitory Control - DNIC) che come è noto agisce attraverso una loro attivazione. Tra le evidenze presenti in letteratura è emerso che le forme croniche di cefalea, tra cui la ce-falea di tipo tensivo cronica, siano caratterizzatate da una soglia nocicettiva (Pain Threshold – Tp) e di comparsa del riflesso (Reflex Threshold - Tr) più bassa rispetto a quelle riscontrate in un gruppo di controllo di soggetti sani; inoltre il Cold Pressor Test (CPT) in grado di attivare il sistema di controllo monoaminergico discendente del dolore attraverso il DNIC, non induceva un’inibizione del riflesso come riscontrato nei soggetti sani di controllo, ma bensì una sua fa-cilitazione, evidenziando una netta disregolazione di tale sistema di controllo (Sandrini et al., 2006) (Rossi et al., 2005). Conclusioni analoghe sono emerse in un lavoro più recente (Perrotta et al., 2009) effettuato nei pazienti affetti da cefalea da eccessiva assunzione di analgesici (Medication Overuse Headache – MOH) in cui venivano riscontrate, nei pazienti non ancora sottoposti a terapia disintossican-te, soglie di comparsa del riflesso molto più basse rispetto a soggetti emicranici di controllo e rispetto al successivo wash-out farmacologico. Inoltre l’indotta inibizione sulla sommazione temporale da parte del CPT si presentava molto ridotta rispetto ai soggetti di controllo e al pe-riodo successivo al wash-out farmacologico (Perrotta et al., 2009) (Rossi et al., 2005). Tali evidenze hanno dimostrato la presenza di un’alterazione del sistema di controllo discen-dente del dolore nelle forme croniche di cefalea. Tale fenomeno potrebbe essere coinvolto

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neUroFisiologia Dell’eMiCrania

nell’induzione e mantenimento dei processi di sensitizzazione centrale che contribuirebbero all’insorgenza delle crisi di cefalea così come al processo di cronicizzazione. Nella MOH è verosimile che tale alterazione possa essere in parte indotta dall’eccessiva assunzione farma-cologica, dato il parziale miglioramento osservato successivamente al wash-out farmacologico.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

NEUROFISIOLOGIA CLINICA DELLA COMPULSIVITÀ/

IMPULSIVITÀ

Moderatori:R. Cantello (Novara),B. Fierro (Palermo)

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neUroFisiologia CliniCa Della CoMPUlsiViTÀ/iMPUlsiViTÀ

I CIRCUITI NEURALI DELL’IMPULSIVITÀ

G. Di Chiara

Dipartimento di Tossicologia, Università di Cagliari

Gli organismi, anche i più evoluti, come i primati, uomo incluso, sono dotati di meccanismi neurali che legano la percezione di stimoli utili alla sopravvivenza del singolo e della specie alla generazio-ne di comportamenti finalizzati alla ricerca e contatto con gli oggetti o gli organismi che li hanno generati. Queste risposte sono associate a stati affettivi piacevoli che hanno la funzione di facilitare il perseguimento di quei comportamenti. Il piacere evocato da questi stimoli non è quindi un optio-nal ma uno strumento di sopravvivenza frutto della selezione naturale. Attraverso l’apprendimento le proprietà appetitive primarie degli stimoli appetitivi naturali possono essere trasferite a stimoli di per sé neutri, che in tal modo acquisiscono proprietà appetitive secondarie. Le vie neurali che sono alla base di questi meccanismi si trovano nella parte basale e mediale del cervello, fanno parte tra-dizionalmente del sistema limbico e si possono raggruppare in due grandi sistemi, lo striato ventrale (nucleo accumbens del setto e tubercolo olfattorio) e l’amigdala estesa (amigdala centrale, nucleo del letto della stria terminale). Queste aree hanno in comune la caratteristica di essere densamente innervate da neuroni dopaminergici e di avere ampie connessioni con aree ipotalamiche e del tronco encefalico deputate al controllo centrale dell’asse ipofisi-corticosurrene e del sistema nervoso auto-nomo. Questo sistema primario è connesso ad aree di origine corticale come l’amigdala basolaterale e la formazione ippocampale, che sono implicate nell’apprendimento e nell’assegnazione esplicita di attributi affettivi a stimoli neutri. Questi sistemi sono a loro volta controllati, secondo uno sche-ma top-down, da aree corticali prefrontali (corteccia orbito- frontale mediale). Questi sistemi sono implicati nella cosiddetta scelta impulsiva o decision making. La dipendenza da sostanze, da cibo o da sesso, il gioco d’azzardo patologico e la dopamine dysregulation syndrome del parkinsoniano possono ricondursi ad un disturbo del decision making. In alcuni casi tale disturbo appare dovuto ad una disfunzione del controllo corticale degli impulsi da parte della corteccia orbitofrontale, in altri casi, ad una ipersensibilità alle proprietà gratificanti degli stimoli appetitivi secondari dovuta ad una disfunzione delle aree sottocorticali innervate dai neuroni dopaminergici.

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Congresso nazionale

DISTURBI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI

S. Pallanti

Università degli Studi di Firenze Istituto di Neuroscienze, Firenze

La dimensione dell’impulsività caratterizza numerosi altri disturbi psichiatrici. I Disturbi del Con-trollo degli Impulsi rappresentano però una specifica categoria riconosciuta dal DSM IV. Essi sono caratterizzati dall’incapacità del soggetto a resistere ad un impulso o ad una tentazione impellente. Tale spinta induce il soggetto alla realizzazione di un’azione pericolosa per sé stessi e/o per gli altri ed è preceduta da una sensazione di crescente tensione ed eccitazione a cui fa seguito piacere, grati-ficazione, e sollievo (DSM-IV-TR, 2004).In genere l’azione è seguita da una sensazione di rimorso, di biasimo personale o senso di colpa.Il DSM-IV TR riconosce 5 disturbi del controllo degli impulsi specifici: 1)Disturbo esplosivo in-termittente, 2)Gioco d’azzardo patologico, 3) Cleptomania, 4) Piromania, 5) Tricotillomania e rag-gruppa sotto la categoria disturbi del controllo degli impulsi non altrimenti classificati tutte le forme che non soddisfano i criteri per nessuno dei disturbi sopra elencati. In questo gruppo può essere compreso il Disturbo da Shopping Compulsivo in quanto caratterizzato da tensione che precede la messa in atto del comportamento, la ricerca di gratificazione immediata e l’incapacità di sopportare la frustrazione derivante dall’evitare tale comportamento.

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NEUROPHYSIOLOGY AND NEUROMODULATION IN OBSESSIVE COMPULSIVE DISORDER AND TOURETTE’S SYNDROME

A. Mantovani

Università degli Studi di Siena Policlinico Le Scotte Dipartimento di Neuroscienze Sez. Neurologia, Siena

Transcranial magnetic stimulation (TMS)Transcranial magnetic stimulation (TMS) is a non-invasive means of stimulating focal regions of the brain using rapidly alternating magnetic fields. Since its introduction in 1985, TMS has been used to study localization of brain functions, functional connectivity, and pathophysiology of neuropsychiatric disorders. TMS was recently approved by the US Food and Drug Administration (FDA) for the treatment of depression, and its potential for treatment of other psychiatric disorders is under active study. After a short description of the mechanism of TMS, I will then review the state of knowledge about the therapeutic potential of TMS in Obsessive Compulsive Disorder (OCD) and Tourette’s Syndrome (TS).

TMS and rTMS backgroundTMS is performed by placing an electromagnetic coil on the scalp. High-intensity current is rapidly turned on and off in the coil through the discharge of a capacitor. This produces a time-varying magnetic field that lasts for about 100–200 microseconds. The magnetic field strength is about 1.5–2 tesla (about the same intensity as the static magnetic field used in clinical magnetic resonance imaging, MRI) at the surface of the coil, but the strength of the magnetic field drops off exponentially with distance from the coil. The proximity of the brain to the time-varying magnetic field results in current flow in neural tissue and membrane depolarization. The ability of TMS to activate functional circuits is easily demonstrated when one places the coil on the scalp over the primary motor cortex. A single TMS pulse of sufficient intensity causes involuntary movement in the muscle represented by that region of cortex through activation of the corticospinal tract. Thus, a TMS pulse produces a powerful but brief magnetic field that passes through the skin, soft tissue, and skull, which induces electrical current in neurons, causing depolarization that then has behavioral effects. The minimum magnetic field intensity needed to produce motor movement is known as the individual motor threshold. The motor threshold is used to individualize the intensity of TMS for each subject. Repeated application of TMS pulses at regular intervals is called repetitive TMS (rTMS). The physiological effects of rTMS depend upon the site and frequency of stimulation. If the stimulation occurs faster than once per second (> 1 Hz) it is referred to as high-frequency rTMS, and can result in excitatory physiologic changes. If on the contrary the frequency is low (≤ 1 Hz), it is referred to as low-frequency rTMS and can have an inhibitory effect on brain excitability. rTMS carries a risk of seizure, and that risk is higher with high-frequency rTMS. Guidelines to reduce this risk include appropriate screening of subjects for seizure risk factors, titrating the individual motor threshold, and limiting rTMS dosage (Wassermann 1998, Belmaker et al. 2003). rTMS was recently approved by the FDA for the treatment of unipolar major depressive disorder in adults who have failed to respond to one antidepressant medication of adequate dosage and duration in the current episode. The use of rTMS in other conditions is still considered investigational.

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Congresso nazionale

Obsessive–compulsive disorder (OCD) and Tourette Syndrome (TS)Convergent neurophysiological data suggest that cognitive impairment and “intrusive” and repetitive behaviours in OCD may be a consequence of a reduction of cortico-subcortical inhibitory phenomena and a higher than normal level of cortical excitability (Rossi et al. 2005). Using TMS, Greenberg and colleagues (1998, 2000) tested whether deficient intracortical inhibition exists in OCD. They found that OCD patients, like those with Tourette’s syndrome (TS) (Ziemann et al. 1999), had markedly decreased intracortical inhibition. Those with “tic-related” OCD showed the most profound deficit in intracortical inhibition. Additionally, OCD subjects had lower resting and active motor thresholds than normal volunteers. Imaging studies of OCD implicate hyperactivity in a circuit involving prefrontal cortex and basal ganglia. To test whether modulating activity in this network could influence OCD symptoms, Greenberg and colleagues (1997) administered rTMS (80% motor threshold, 20 Hz for 2 seconds per minute for 20 minutes) to the right lateral prefrontal, left lateral prefrontal, and a midoccipital (control) site on separate days in a blinded trial. Compulsive urges decreased significantly for eight hours after right lateral prefrontal rTMS. A short-lasting, modest, and non-significant reduction in compulsive urges occurred after left lateral prefrontal rTMS. Other studies have examined the possible therapeutic effects of rTMS in OCD. A double-blind study using right prefrontal 1 Hz rTMS and a less focal coil (a circular one instead of the figure-eight coil) failed to find statistically significant effects greater than sham (Alonso et al. 2001). In contrast, an open study in a group of OCD patients refractory to standard treatments who were randomly assigned to right or left prefrontal high-frequency rTMS found that clinically significant and sustained improvement was observed in a third of their patients (Sachdev et al. 2001). More recently Prasko and colleagues (2006) and Sachdev and colleagues (2007) found that either low- or high-frequency rTMS administered over the left dorso-lateral prefrontal cortex (DLPFC) did not differ from sham (placebo). Given the evidence for deficient intracortical inhibition in OCD, the use of low-frequency rTMS, which has been reported to be inhibitory on motor cortex excitability (Chen et al. 1997), may be a fruitful avenue to explore as a putative treatment. Furthermore, given the evidence of supplementary motor area (SMA) hyperactivation in OCD (Yücel et al. 2007), low-frequency rTMS to SMA may be worth examining. To test the potential value of low-frequency rTMS to SMA, we performed an open-label study on 10 patients with treatment-resistant OCD and TS (Mantovani et al. 2006). OCD symptoms improved by an average of 29%, and improvements were significantly correlated with increases in right-hemisphere motor threshold and normalization of baseline hemispheric asymmetry of cortical excitability. Sustained benefit was seen at three-month follow-up. Subsequently, we reported clinical benefit in two more cases of comorbid OCD and TS (Mantovani et al. 2007). While these open-label data were encouraging, whether improvements would be evident in a sham-controlled design was still unknown. Therefore, we performed a randomized sham-controlled trial of SMA stimulation in the treatment of resistant OCD and found that response rate (defined as a ≥ 25% decrease on the Yale–Brown Obsessive Compulsive Scale, YBOCS) was 67% with active and 22% with sham rTMS after four weeks of daily treatment. At four weeks, patients receiving active rTMS showed on average a 25% reduction in the YBOCS, while those who received sham had on average a 12% decrease on the same scale. In patients who received eight weeks of active rTMS, OCD symptoms improved from 28.2 (SD = 5.8) to 14.5 (SD = 3.6). In those randomized to active rTMS, motor threshold measures on the right hemisphere increased significantly over time. At the end of four weeks of rTMS, the abnormal hemispheric laterality found in the group randomized to active rTMS normalized (Mantovani et al. 2010).

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Future directions for rTMSFuture work with rTMS in OCD and TS could examine the potential utility of other stimulation paradigms with (1) a better localization of the brain region in individual patients using MRI; (2) more robust neuromodulatory action, such as theta burst stimulation (TBS); and (3) the use of coils able to reach deeper brain structures (Levkovitz et al. 2007, Di Lazzaro et al. 2008). The combination of rTMS with behavioral interventions (as illustrated by Osuch et al. 2009) could also be explored.

REFERENCES

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Congresso nazionale

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neUroFisiologia CliniCa Della CoMPUlsiViTÀ/iMPUlsiViTÀ

I DISTURBI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI NEI DISTURBI DEL MOVIMENTO

R. Cilia

Centro Parkinson, Istituti Clinici di Perfezionamento, Milano

I disturbi del controllo degli impulsi sono una complicanza non motoria che si sviluppa in circa il 14% dei pazienti affetti da malattia di Parkinson (MP) in trattamento con farmaci dopaminergici. Dopo l’inizio del trattamento farmacologico con DA agonisti, i pazienti con MP riferiscono frequen-temente un lieve incremento della ricerca di fonti di gratificazione naturale (quali ad esempio il cibo, il sesso o lo shopping) benché solo una minoranza sviluppa veri e propri disturbi del controllo degli impulsi. Tali disturbi sono caratterizzati dalla continua ricerca del piacere derivante da una certa at-tività e dall’incapacità di frenare questo impulso, caratteristiche che rendono i disturbi del controllo degli impulsi simili alla dipendenza da sostanze d’abuso. È probabile che questi due disturbi siano accumunati anche da simili fattori di rischio che favoriscono il passaggio da occasionali anomalie comportamentali allo sviluppo di incontrollabili comportamenti ripetitivi (quali ad esempio un per-sonalità impulsiva e sempre alla ricerca di novità, ed una storia o familiarità positiva per alcolismo). È interessante notare come, nei pazienti con MP e con sindrome delle gambe senza riposo, il tratta-mento con farmaci dopaminergici vada ad aumentare l’impulsività e la ricerca di novità, e contem-poraneamente a ridurre la capacità di imparare dai propri errori, tutte caratteristiche che si associano ad una alterata percezione dei rischi e che favoriscono pertanto lo sviluppo di disturbi del controllo degli impulsi e dipendenza da sostanze d’abuso. Ancora non è chiaro il ruolo nella patogenesi dei disturbi del controllo degli impulsi del processo degenerativo delle vie dopaminergiche mesolimbiche, coinvolte nel circuito della ricompensa e gra-tificazione (‘reward’). Nei soggetti con MP non esposti a terapia dopaminergica è stata dimostrata un’alterata attivazione cerebrale in risposta ad una vincita economica rispetto a controlli sani, com-patibile con una alterazione della trasmissione nelle vie mesocorticali e mesolimbiche. Gli effetti dei farmaci dopaminergici sulle funzioni cognitive sono strettamente associati ai livelli basali di dopamina (DA) in distinte aree cerebrali, cosicchè la dose di farmaco (es. levodopa) necessaria per compensare il deficit di DA nelle porzioni dorsali dello striato (area motoria) possono sovrastimola-re le porzioni più ventrali (area limbica), che vanno incontro più tardivamente al processo di impo-verimento delle terminazioni a partenza dall’area del segmento ventrale. Il pattern di rilascio di DA nelle vie mesolimbiche è fondamentale nei processi di apprendimento basato sul rinforzo positive e negativo che sono alla base, non solo della normale struttura comportamentale, ma anche -quando abnormi- dello sviluppo dei fenomeni di dipendenza. Il trattamento cronico con farmaci dopaminer-gici aboliscono la fisiologica pulsatilità del rilascio di DA a causa della loro azione tonica andando così a ridurre la capacità di imparare dagli errori (fisiologicamente associata a pause nel release di DA nel nucleus accumbens) e contemporaneamente a favorire l’acquisizione di comportamenti per-severativi legati ad attività che procurano piacere (associati ad un picco fasico nel release di DA). Si ipotizza che dei particolari fattori di predisposizione presenti a livello del circuito dopaminergico mesocorticale e mesolimbico possano favorire, in una minoranza di pazienti con MP, lo sviluppo di comportamenti patologici quando esposti alla terapia dopaminergica.Studi di neuroimmagini hanno dimostrato una alterata trasmissione a livello del sistema dopami-nergico mesolimbico nei pazienti con MP e gioco d’azzardo patologico, utilizzando sia traccianti recettoriali post-sinaptici e pre-sinaptici che traccianti di perfusione cerebrale. Questi studi han-no evidenziato una aumentata trasmissione dopaminergica a livello delle porzioni limbiche dello

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striato, suggerendone come meccanismo patogenetico un incremento del release oppure un ridotto re-uptake sinaptico. Più recentemente, sono state indagate le basi neurali della severità del gioco d’azzardo in un gruppo di pazienti con MP ed è stata dimostrata una correlazione negativa con aree corticali normalmente coinvolte nella valutazione dei rischi e nell’inibizione di comportamenti ri-tenuti inopportuni. In conclusione, i disturbi del controllo degli impulsi nella malattia di Parkinson si associano ad alterazioni della trasmissione dopaminergica a livello dello striato ventrale e ad una disfunzione di aree corticali coinvolte nella stima delle possibili conseguenze negative dei propri comportamenti, portando ad uno sbilanciamento dell’equilibrio tra i segnali di ‘Go’ e di ‘No-Go’ nel processo deci-sionale ed una predisposizione verso il rischio.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

AGGIORNAMENTI IN TEMADI TOSSINA BOTULINICA

Moderatori:P. Girlanda (Messina),

L. Santoro (Napoli)

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aggiornaMenTi in TeMa Di Tossina BoTUliniCa

NEUROTOSSINA BOTULINICA: ASPETTI TOSSICOLOGICI, FARMACOLOGICI ED IMMUNOLOGICI

C. Montecucco

Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Padova e Istituto CNR di Neuroscienze, Padova, Italy

Batteri del genus Clostridium producono sette neurotossine botuliniche (abbr. BoNT/A - /G). Queste neurotossine agiscono preferenzialmente sui terminali colinergici periferici, dove entrano e tagliano le proteine SNARE che sono componenti essenziali della nano-macchina molecolare che media il rilascio della acetilcolina contenuta nelle vescicole sinaptiche. Gli effetti si evidenziano entro pochi giorni dall’iniezione, e consistono in un blocco del terminale nervoso colinergico di durata variabile a seconda del tipo di BoNT, della dose e del tipo di terminale: scheletrico o autonomico. Si va dai 3-4 mesi di BoNT/A (> un anno a livello autonomico) alle poche settimane della BoNT/E, nell’uomo.Una proprietà essenziale per l’uso clinico di BoNT è che essa diffonde molto poco, e questa proprie-tà verrà illustrata in dettaglio confrontando i tipi di BoNT/A commercialmente disponibili in Europa (BOTOX, Dysport and Xeomin). Un altro aspetto che verrà discusso è quello della immunogenicità della BoNT/A e dei fattori che la possono influenzare.

BIBLIOGRAFIA

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ANALISI DELLA EFFICACIA DELLA STIMOLAZIONE ELETTRICA PRIMA E DOPO TRATTAMENTO CON TOSSINA BOTULINICA

D. De Grandis, G. Santus

Ospedale Sant’Orsola Brescia

La tossina botulinica è utilizzata in neuro - riabilitazione per il trattamento della spasticità. È stato dimostrato in letteratura che la stimolazione elettrica incrementa l’efficacia terapeutica. In conside-razione delle diverse modalità di endocitosi della tossina, non è ben definito il ruolo delle condizioni basali e della durata minima di stimolazione sufficiente a potenziare l’effetto paralizzante.In questo studio sono stati studiati 10 soggetti volontari sani nei quali è stata comparata l’efficacia di una stimolazione pre-inoculazione, con analoga stimolazione post-trattamento sui muscoli pedidi. Tempi di stimolazione brevi di 20 minuti sono stati messi a confronto con stimolazioni protratte nel tempo.La caduta di ampiezza della risposta M nei soggetti sani è risultata omogeneamente maggiore nei muscoli stimolati dopo inoculazione. Brevi periodi di stimolazione (20 minuti dopo trattamento) danno risultati analoghi a stimolazioni elettriche protratte nel tempo. Questo dato è in sintonia con i tempi di endocitosi della tossina, osservati con metodi immunologiciSul muscolo paretico questa effetto non si evidenzia o risulta meno pronunciato.

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TERAPIA DELLE DISTONIE DELLA MALATTIA DI PARKINSON E DEI PARKINSONISMI

F. Morgante

Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Psichiatriche ed Anestesiologiche, Università di Messina

Il trattamento dei sintomi non responsivi alla terapia dopaminergica nella malattia di Parkinson (MP) si può avvalere della tossina botulinica (BoNT) per le seguenti condizioni: distonia, rigidità (spalla dolorosa), tremore mandibolare e della mano, freezing della marcia, scialorrea, disfagia, vescica iperattiva, stipsi. Specificatamente, le distonie che caratterizzano la MP e i parkinsonismi atipici possono trarre beneficio dall’infiltrazione con BoNT con riduzione significativa del dolore ad esse associate, miglioramento della postura e della disabilità motoria.

DISTONIA DEGLI ARTILa manifestazione distonica più tipica della MP è la distonia del piede che può essere la manifesta-zione iniziale della malattia, nei parkinsonismi genetici da mutazione del gene Parkina o Pink1. La forma più comune di distonia degli arti è la distonia dolorosa del piede che è correlata al trattamento con levodopa, presentandosi come distonia della fase off oppure come distonia di picco dose. Il trat-tamento farmacologico tramite ottimizzazione della terapia dopaminergica non è spesso sufficiente a ridurre la disabilità associata a tali complicanze motorie. Il dolore e l’impaccio motorio durante la deambulazione (quando la distonia si presenta in fase on) sono gli obiettivi del trattamento con BoNT. Nello studio in aperto condotto da Pacchetti e coll. su 30 pazienti parkinsoniani con distonia dolorosa della fase off, si è ottenuta dopo una riduzione del dolore in tutti i pazienti con scomparsa per 4 mesi in 21 pazienti dopo trattamento con BoNT1. Sono stati infiltrati con una dose media di 40 U (Botox) il tibiale posteriore, il tibiale anteriore, il gastrocnemio, il flessore lungo delle dita e l’estensore lungo dell’alluce. Nello stesso studio 7 pazienti con associata distonia della fase On han-no riportato un miglioramento della postura del piede durante la deambulazione. I pazienti con MP, paralisi sopranucleare progressiva (PSP), degenerazione corticobasale (CBD) possono sviluppare una distonia fissa dell’arto superiore con chiusura della mano a pugno (clenched fist) che può gio-varsi del trattamento con BoNT col fine di migliorare il dolore e favorire l’igiene2. Il pattern tipico distonico in queste patologie è caratterizzato da lieve flessione del polso, adduzione del pollice e flessione delle dita a livello dell’articolazione metacarpofalangea e in minor misura dell’articolazio-ne interfalangea distale. In tal caso, i muscoli più frequentemente infiltrati sono il flessore superfi-ciale delle dita, il flessore ulnare del carpo, il flessore radiale del carpo, il flessore breve del pollice. Nei casi più gravi, la mano è chiusa a pugno (clenched fist) e viene altresì trattato il muscolo flessore profondo delle dita.Posture anomale come il “piede striatale” con la postura distonica in equino-varismo e l’estensione dell’alluce, oppure la mano striatale con flessione delle articolazioni metacarpofalangee ed estensio-ne delle interfalangee, si possono anche vedere nel 10% dei pazienti parkinsoniani non trattati con malattia avanzata3. Tali deformità, che sono considerate una forma di distonia focale, non vengono spesso corrette dall’uso della levodopa, e la BoNT può essere usata per il loro trattamento qualora non si siano sviluppate retrazioni tendinee4.

BLEFAROSPASMO E APRASSIA DELLE PALPEBREIl Blefarospasmo (BS) si presenta solitamente nelle fasi più avanzate della MP oppure può essere

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una caratteristica clinica di parkinsonismo atipico come la PSP, in cui è spesso associato all’aprassia delle palpebre. L’aprassia delle palpebre è altresì un effetto collaterale della stimolazione cerebrale profonda del nucleo subtalamico che viene effettuata nei pazienti con MP avanzata. Sia l’aprassia delle palpebre che il blefarospasmo possono essere trattate in maniera ottimale con la BoNT, specie con l’infiltrazione della porzione pretarsale dell’orbicolare dell’occhio5.

DISTONIA CERVICALEL’anterocollo (caratterizzato da flessione anteriore del capo) è il pattern distonico che più spesso si associa ai parkinsonismi, in particolar modo alla MP e alla MSA. I muscoli coinvolti sono lo sterno-cleidomastoideo e lo scaleno, la cui infiltrazione può determinare come effetto collaterale disfagia, sebbene nella maggior parte dei casi di modesta entità con risoluzione spontanea dopo 2 settimane6. In alcuni casi il muscolo longus capitis può essere coinvolto e la sua infiltrazione TC-guidata può determinare miglioramento7. Jankovic ha altresì riportato l’utilità dell’infiltrazione dei muscoli del complesso muscolare submentale nel trattamento dell’anterocollo, con o senza concomitante infil-trazione dello sternocleidomastoideo e dello scaleno, sebbene tale approccio possa causare disfagia6. Il retrocollo, che si ritrova tipicamente nella PSPS, viene trattato con l’inflitrazione bilaterale dello splenius capitis e del trapezio con minima incidenza di effetti collaterali8.

DISTONIA ASSIALELa distonia assiale complica la MP e i parkinsonismi atipici, causando scoliosi, cifosi, camptocormia,flessione laterale (Pisa syndrome), isolate o in combinazione. La distonia assiale de-termina spesso dolore e marcata impotenza funzionale nelle sindromi parkinsoniane, con conse-guente disabilità fisica e sociale. La camptocormia è un’anomalia dinamica della colonna vertebrale che comporta marcata flessione della colonna toraco-lombare in posizione eretta, con risoluzione nella posizione seduta ed associata ad eziologie multiple come la MP, la MSA, le distonie primarie e le miopatie dei muscoli estensori delle colonna9. La BoNT (Botox: 300-600 U) è stata iniettata nel muscolo retto dell’addome in 9 pazienti camptocormici con attivazione EMG del muscolo retto dell’addome con miglioramento significativo in 4 pazienti9. In contrasto nessuno beneficio signi-ficativo è stato osservato quando la BoNT è stata iniettata sotto guida eocografica (500-1500 U, Dysport; 100-300 U, Xeomin)10 o CT-guidata (300 U Botox) nel muscolo ileopsoas11.

CONCLUSIONIIn conclusione, la BoNT rappresenta un trattamento efficace e sicuro per le distonie craniali, degli arti ed assiali nei pazienti con sindromi parkinsoniane. L’accesso di tali pazienti alla terapia botuli-nica permette di migliorare il dolore e la disabilità funzionale che si associano a tali complicanze, migliorandone la qualità di vita.

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DISTONIE REGIONALI E COMPITO SPECIFICHE: STATO DELL’ARTE ED ALCUNE PECULIARITÀ

M. Esposito

Università degli Studi di Napoli Federico II, Napoli

Le distonie vengono classificate clinicamente sulla base della specifica distribuzione topografica. Le distonie cervicali e quelle focali della mano compito-specifiche costituiscono delle forme focali di no-tevole interesse per le possibilità di trattamento con tossina botulinica. La distonia cervicale (CD), nota anche come torcicollo spasmodico, è una distonia focale caratterizzata dall’attivazione involontaria dei muscoli cervicali e della spalla responsabili di movimenti anomali di estensione , torsione e inclinazio-ne del capo, a volte associati a movimenti di elevazione o di spostamento anteriore della spalla; inoltre in circa il 60% dei casi può associarsi una sindrome dolorosa cervicale. La CD non è una patologia rara e presenta una prevalenza di circa 20-200 per milione (Defazio 2004);il decorso è generalmente croni-co anche se possono verificarsi degli episodi di remissione transitoria. Le possibilità di trattamento per la CD variano dalla terapia medica (triesilfenidile, benzodiazepine, baclofen ecc) a quella chirurgica (stimolazione cerebrale profonda, denervazione selettiva) ma la somministrazione di tossina botulinica per via iniettiva intramuscolare rappresenta al momento la terapia più efficace. Per valutare l’efficacia della BTX nel trattamento della CD sono stati condotti oltre 80 studi clinici, di cui 8 rispondono ai re-quisiti di classificazione in classe I. Complessivamente questi studi hanno stabilito ,secondo un livello di evidenza di tipo A, che la BTX rappresenta un trattamento efficace della CD e che probabilmente tale strategia terapeutica risulta preferibile alla terapia medica con triesilfenidile. Sono stati condotti diversi studi per valutare l’equivalenza del le dosi dei diversi sierotipi, A e B (Commella 2005, Pappert 2008), e tra le diverse marche (Botox, Dysport, Xeomin, Myobolc) presenti in commercio (Odergarm 1998,Ranoux 2002, Benecke 2005). Questi trials comparativi analizzati complessivamente, eviden-ziano come non sia facile stimare un rapporto di equivalenza tra i dosaggi relativi alle diverse prepa-razioni in modo rigido poiché la diversità tra i sierotipi e le composizioni rendono ciascuna marca di BTX un farmaco differente. Inoltre la complessità di presentazione delle CD e le limitazioni cliniche delle scale di valutazioni più diffuse rendono ulteriormente difficile la definizione di un rapporto di equivalenza tra le formulazioni di BTX presenti in commercio (Hallett 2009).La selezione dei muscoli da infiltrare con BTX generalmente viene effettuata clinicamente in base alla funzione dei muscoli cer-vicali. Studi neurofisiologici basati sulla registrazione EMG multicanale dei muscoli cervicali hanno confermato che, a seconda della presentazione clinica della CD (rotatocollo, laterocollo ecc),uno sche-ma di attivazione di gruppi muscolari diversi è ritenuto responsabile delle differenti posture distoniche (Munchau 2001). La valutazione neurofisiologica può pertanto rappresentare un utile mezzo per defi-nire la distribuzione dei muscoli coinvolti nella CD .Tuttavia per quanto riguarda il trattamento delle CD non esistono ancora chiare evidenze che la somministrazione di BTX con guida elettromiografica sia più efficace rispetto al trattamento senza guida elettrofisiologica (Simpson 2008). La scelta della dose da somministrare in un muscolo è in funzione di criteri generali (proporzione diretta tra la dose di BTX e le dimensioni del muscolo) e criteri specifici (rischio di comparsa di effetti collaterali a seconda della funzione del muscolo e del punto di infiltrazione) e non esistono quindi delle rigide linee guida in merito a tale argomento. Tuttavia ci sono diversi studi che suggericono una dose totale massima da somministrare con la quale si ha certezza di efficacia del trattamento e si minimizza la comparsa di ef-fetti collaterali (Truong 2005).Inoltre le valutazioni in termini di sicurezza del farmaco si sono sempre focalizzate nella ricerca di effetti collaterali connessi al singolo trattamento come la comparsa di disfa-

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gia, disfonia e debolezza mentre al momento non ci sono delle chiare evidenze di effetti non desiderati relativi al trattamento cronico della CD con BTX. Tuttavia è esperienza comune che nell’ambito del trattamento cronico con BTX delle CD più complesse ,caratterizzate da intensi fenomeni di torsione e minore soddisfazione relativa al trattamento da parte del paziente, si possa verificare il passaggio da una postura anomala ad un’altra diversa. Tale passaggio rappresenta in molti casi la fisiopatologica evoluzione del decorso delle CD, ma in alcuni casi può essere secondario ad uno “sbilanciamento” dell’azione dei muscoli cervicali dovuto ad un eccessivo indebolimento di alcuni gruppi muscolari indotto dal trattamento stesso con BTX. Per limitare la comparsa di tale evenienza è pertanto racco-mandabile non superare i dosaggi medi considerati ben tollerati (Truong 2005, Poewe 1998) e limitare il trattamento ai muscoli ritenuti primariamente coinvolti nella genesi della postura anomala.Le distonie focali compito specifiche interessano la mano e si manifestano nel corso di particolari at-tività ,con la comparsa di movimenti involontari delle dita e del polso , e coinvolgendo a volte anche muscoli più prossimali. Questi disordini del movimento si verificano generalmente durante la scrittura o nel suonare uno strumento ma quando il decorso è progressivo si può osservare la perdita della carat-teristica compito-specificità e la distonia può evidenziarsi nel contesto di movimenti diversi o persino comparire spontaneamente. Il trattamento con BTX nei muscoli considerati responsabili della postura anomala può essere molto efficace e spesso è considerato il trattamento di prima scelta. Esiste un solo studio di classe I (Kruisdijk 2007) che dimostra l’efficacia della BTX nel trattamento delle distonie focali della mano e che conferma le evidenze già riscontrate in trial precedenti riguardanti il crampo dello scrittore e il crampo del musicista (Cole 1995, Marion 2003) .Il principale elemento che consente di ottenere una buona risposta dal trattamento con BTX nelle distonie focali della mano compito spe-cifiche con BTX è l’accurata identificazione dei muscoli attivati patologicamente. A tale scopo l’osservazione clinica rappresenta la fase più importante nell’elaborazione della strategia terapeutica, che può essere facilitata dalla ricerca di movimenti mirror controlaterali durante l’esecu-zione del “compito” da parte dell’arto distonico, o di movimenti mirror nell’arto distonico nel corso dell’esecuzione del movimento specifico da parte dell’arto controlaterale (Marion 2003). A volte può essere utile effettuare una registrazione EMG multicanale dell’arto affetto durante l’esecuzione del “compito” attraverso l’utilizzo di elettrodi di superficie e ad ago o preferibilmente con elettrodi wire. Da tali osservazioni si riscontra spesso che i “muscoli distonici” sono rappresentati solo da alcuni gruppi di fibre appartenenti ad un muscolo e responsabili di un movimento specifico (ad es. la flessione della falange intermedia sulla prossimale del II dito) e pertanto il trattamento con BTX deve esse-re estremamente preciso e focalizzato. L’uso della guida elettromiografica nell’infiltrazione di BTX localmente nel muscolo consente di poter effettuare il trattamento correttamente e si è dimostrata una tecnica più efficace rispetto all’inoculazione senza supporto elettrofisiologico (Molloy 2002). Per quanto riguarda le dosi , anche in questo caso non esistono linee guida rigorose ma bisogna ricordare che nell’ambito dei disordini compito specifici il rischio di comparsa di eccessiva debolezza è partico-larmente alto poiché il bersaglio della BTX è rappresentato da muscoli che presentano un ‘attivazione patologica soltanto nel corso dei movimenti compito specifici. Inoltre poiché spesso solo alcuni fasci di fibre si attivano patologicamente è possibile che si verifichi una diffusione del farmaco con inte-ressamento di fibre muscolari non coinvolte dal processo patologico. In base a tali considerazioni si raccomanda la somministrazione delle dosi minime efficaci.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

NEUROFISIOLOGIA DELL’APPRENDIMENTO

E DELLA MEMORIA

Moderatori:M. Cincotta (Firenze),

A. Quartarone (Messina)

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Congresso nazionale

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neUroFisiologia Dell’aPPrenDiMenTo e Della MeMoria

NEUROPHYSIOLOGY OF LANGUAGE

L. Fadiga

University of Ferrara and The Italian Institute of Technology, Italy

Classical models of language localization in the brain support a clear distinction between perception and production. This dichotomy has been recently weakened by empirical evidence assigned more and more relevance to frontal areas, classically considered as the motor areas for speech production, also for speech/language comprehension. Among frontal areas a relevant distinction is emerging between central/precentral areas and inferior frontal gyrus: While the former seem functionally in-volved in representing the phonologic characteristics of the vocal stream (by combining speech units into words), the latter deals more with meaningful words and is probably involved in their combina-tion into syntactically organized sentences.

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Congresso nazionale

TMS E MEMORIA

S. Rossi

Dipartimento di Neuroscienze, Neurologia2 - Neuroscienze Cliniche e Funzionali

La stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) nei processi di memoria episodica è di-venuta un solido complemento di studio agli studi lesionali ed a quelli di neuroimaging funzionale (fMR ed EEG). Infatti, gli studi lesionali non sono in grado di stabilire se l’eventuale riduzione della performance mnesica sia da attribuire ad un deficit di encoding o di richiamo dell’informazione, né, tanto meno, quale sia il timing di reclutamento delle strutture lese nelle varie fasi di memoria.Gli studi di neuroimaging con fMR possiedono elevata risoluzione spaziale, mentre quelli elet-trofisiologici basati sulla valutazione dell’attività oscillatoria hanno elevata risoluzione temporale. Tuttavia, queste metodiche non forniscono relazioni causali certe con gli eventi studiati.L’utilizzo della rTMS nello studio della memoria episodica è più recente, e risale agli inizi del 2000 (Rossi et al. 2001). Il concetto di base è l’applicazione di un breve treno di rTMS durante la memo-rizzazione (encoding) o il richiamo (retrieval) dell’informazione, sulle regioni ritenute fondamentali (sulla base degli studi di neuroimaging funzionale) per il corretto funzionamento dei meccanismi di memoria episodica. L’effetto della rTMS, misurato come riduzione dell’accuratezza e/o aumento dei tempi di reazione, sarà tanto maggiore quanto più la regione stimolata è coinvolta attivamente nel compito. La manipolazione del protocollo consente inoltre di studiare vari aspetti della memoria episodica: memoria visuo-spaziale, verbale, contenuto semantico dell’informazione, timing di re-clutamento delle strutture coinvolte. Risultati convergenti indicano che la corteccia dorsolaterale prefrontale (DLPFC) sinistra è particolar-mente attiva nelle fasi di encoding visuospaziale e verbale. La DLPFC di destra svolge invece un ruolo cruciale nelle fasi di retrieval, soprattutto quando il materiale memorizzato è di tipo visuospaziale.Inoltre, recenti evidenze suggeriscono che le parole a contenuto semantico elevato sembrano reclu-tare la DLPFC sinistra nell’encoding in modo maggiore, ma non esclusivo, rispetto a parole valutate da un punto di vista esclusivamente fonologico (Innocenti et al., in press).Infine, la capacità di interferenza della rTMS in encoding è massima durante la fase di consolida-mento dell’informazione, piuttosto che durante la fase percettiva iniziale (Rossi et al., in press), in accordo con il modello dell”episodic buffer” descritto da Baddeley (2000).

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neUroFisiologia Dell’aPPrenDiMenTo e Della MeMoria

CERVELLO E MUSICA. COMPONENTI INNATE E APPRENDIMENTO

D. Spada

HSR – Milano

Nell’ultimo decennio si è evidenziato un crescente interesse per lo studio dei risvolti funzionali della Musica. In particolare, nell’ambito delle Neuroscienze si va progressivamente diffondendo l’idea che lo studio delle correlazioni tra la pratica musicale attiva o passiva, che coinvolge aspetti sensoriali, percettivi, cognitivi e motori, possa rivelarsi particolarmente utile per accrescere la com-prensione delle funzioni del sistema nervoso centrale.Le varie tecniche strumentali oggi disponibili, come EEG, TMS, fMRI, PET, MEG, sono divenute, con i punti di forza e di debolezza che le caratterizzano, strumenti necessari nell’indagine in questo campo. Tuttavia, non è ancora stato affrontato in modo adeguato – né tanto meno risolto – il pro-blema della definizione dell’oggetto stesso della ricerca: la Musica, che, a causa della sua estrema complessità, resta ancor oggi fondamentalmente sfuggente. Ad esempio, cosa definisce un insieme di suoni come “musica” e un altro insieme come “rumore”? La risposta non è affatto ovvia. Oggi molte ricerche hanno raggiunto importanti risultati attraverso lo studio di quello che è senza dubbio uno degli aspetti salienti di qualsiasi “Musica”: il ritmo. Proprio in questo ambito si sono anche ottenuti significativi successi nel merito riabilitativo; ma il ritmo costituisce comunque solo uno dei tanti fattori in gioco.Le Neuroscienze tendono a privilegiare tre diversi ambiti di indagine: quello relativo alla specificità, cioè all’identificazione di strutture e reti cerebrali specificatamente reclutate nell’elaborazione di stimoli musicali, e quelli relativi, rispettivamente, alla performance e alla percezione. Per quanto concerne la Percezione, vengono generalmente esaminate tre differenti tipologie di soggetti speri-mentali: i musicisti, i “naive” e i bambini. In questo modo ci si propone di valutare gli effetti delle competenze specializzate – frutto di apprendimento specifico teorico e strumentale – rispetto alle modalità funzionali di base. In quest’ottica si stanno dimostrando particolarmente preziosi gli studi rivolti a popolazioni sperimentali di infanti e ancor più di neonati, che consentono di approfondire longitudinalmente lo sviluppo delle “competenze musicali” e gli effetti di acculturazione. La pre-sente relazione si propone di sintetizzare, con brevi esempi, lo stato dell’arte nell’ambito percettivo e di stimolare la riflessione su quelli che potranno essere gli sviluppi sia nell’ambito della ricerca di base che in quello delle possibili prospettive riabilitative. Verranno presentati studi che analizzano la sincronizzazione nella banda gamma – che sembra avere un ruolo determinante nelle funzioni cognitive di alto livello – al fine di evidenziare probabili differenze specifiche tra musicisti e non-musicisti. Successivamente si valuteranno alcune specificità dell’apprendimento musicale in sogget-ti naive, con particolare attenzione all’acquisizione di abilità melodiche e motorie. Infine, verranno presentati i risultati di uno studio relativo agli specifici sistemi neurali necessari alla elaborazione di altezze e armonia manifesti nelle strutture cerebrali nelle prime ore post-natali.

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Congresso nazionale

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

STUDIO DEI MOVIMENTI NEL SONNO:

ASPETTI CLINICI E TECNICI

Moderatori:A. Mastrillo (Bologna),

E. Ubiali (Bergamo)

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sTUDio Dei MoViMenTi nel sonno: asPeTTi CliniCi e TeCniCi

PARASONNIE E MOVIMENTI ANOMALI IN SONNO

R. Manni

IRCCS Neurologico “C. Mondino” Servizio di Epilettologia e Disturbi del Sonno, Pavia

Verranno illustrati I pattern motori delle parasonnie dell’arousal (in particolare del sonnambulismo) e discussi i criteri clinici vigenti per la definizione di tali pattern rispetto a quelli di alcune manifestazioni motorie similari nella NFLE (Nocturnal frontal lobe epilepsy; episodi di nocturnal wandering).I pattern motori del REM Behavior DisorderI pattern motori del disturbo di Movimenti Ritmici in sonno, del bruxismo, della Restless Legs Sin-drome, del disturbo di Movimenti Periodici degli arti in sonno (PLMs)Verranno discussi gli steps diagnostici ai tre livelli di approccio: anamnestico, video, video- poli-sonnografico.Non esistono tuttora strumenti clinici (questionari ad hoc, scale) universalmente riconosciuti e con provata validità per la diagnosi differenziale solo su base clinica. Si da’ molto valore attualmente all’utilizzo di video, anche amatoriali, per l’individuazione dei pat-tern semiologici, in supporto ai dati anamnestici.Tuttavia tuttora il sistema di alta definizione diagnostica rimane la Video-EEG-Polisonnografia.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

NUOVE METODICHE PER LO STUDIO DEL MUSCOLO

Moderatori:D. De Grandis (Verona),U. Del Carro (Milano)

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nUoVe MeToDiCHe Per lo sTUDio Del MUsColo

IMAGING E SPETTROSCOPIA A RISONANZA MAGNETICA DEL MUSCOLO

M. Mascalchi

Radiodiagnostica, Dipartimento di Fisiopatologia Clinica, Università di Firenze

Premesse tecnico-meotodologicheLa risonanza magnetica (RM) permette una valutazione in vivo non invasiva della muscolatura stria-ta che in linea con la crescente diffusione delle apparecchiature sta diventando una utile integrazione alla valutazione delle diverse miopatie.In particolare, con RM è possibile esplorare la struttura dei ventri muscolari, con una fine analisi dei volumi e del segnale dei muscoli che presentano in molte malattie una distribuzione caratteristica. A tal fine sono sufficienti apparecchiature anche a basso campo e sequenze di impulsi convenzionali (T1 e T2 con soppressione del segnale del grasso). Con apparecchi ad alto campo (1,5T o più) è pos-sibile completare l’indagine strutturale con la valutazione biochimica utilizzando la spettroscopia protonica o del fosforo (Boesch 2007). La spettroscopia del protone sfrutta la maggior abbondanza dei metaboliti d’interesse (lipidi, acido lattico, creatina) e permette un’analisi con maggiore risolu-zione spaziale. La spettroscopia del fosforo pur avendo una intrinseca capacità di rivelare lo stato del metabolismo energetico nel muscolo normale e patologico, richiede campi elevati e bobine dedicate ed è pertanto molto meno diffusa.Un approccio metodologico peculiare della RM del muscolo è rappresentato dagli studi dinamici in cui si confronta la struttura o la composizione biochimica basale con le modificazioni indotte dall’esercizio (Lodi et al. 1999; Boesch 2007; Gielen et al. 2009 ).

Indicazioni e semeioticaLa distribuzione dell’atrofia, dell’involuzione adiposa, dell’ipertrofia e della pseudo-ipertrofia dei ventri muscolari quali sono rivelate dall’imaging con RM rappresenta oggi un marker fenotipico di miopatie congenite (Kim and Wang 2009; Gilhuis et al. 2009) o geneticamente determinate (Gal-lardo et al. 2009) e può essere di ausilio per la stadiazione ed il monitoraggio delle diverse miopatie. Inoltre i reperti possono essere utili nella programmazione della biopsia muscolare.Nell’ambito delle miopatie acquisite, l’imaging con RM sta trovando applicazione nella diagnosi differenziale delle miopatie infiammatorie (Melzer et al. 2009) in cui ad una variabile modificazione del volume muscolare corrisponde un aumento del segnale nelle immagini dipendenti dal T1 che riflette la sostituzione adiposa e nelle immagini dipendenti dal T2 che riflette in varia misura l’edema e l’infiammazione. L’integrazione dell’esame convenzionale con la somministrazione del contrasto paramagnetico per vena può contribuire a distinguere le due componenti responsabili dell’iperinten-sità nelle immagini T2 dipendenti.Un settore dell’imaging particolare ed in rapida espansione è quello relativo alla diagnosi differen-ziale delle sindromi compartimentali - da intrappolamento in cui la RM è in grado di dimostrare la alterazione morfologica e del segnale dei muscoli coinvolti (Naidu et al. 2009; Torriani et al. 2009).Recentemente lo studio di alcuni parametri quantitativi dell’imaging con RM del muscolo quali il calcolo del tempo di rilassamento T2 ha trovato applicazione per la valutazione dell’attività e la predizione della risposta alla terapia in quadri oftalmopatia di Graves (Kirsch et al. 2010).La spettroscopia protonica ha attualmente prevalentemente un ruolo di approfondimento per lo stu-dio della fisiopatologia in diverse miopatie o malattie neurologiche con disfunzione mitocondriale quale l’atassia di Friedreich (Lodi et al. 1999).

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Congresso nazionale

BIBLIOGRAFIA

1. Boesch C. Musculoskeletal spectroscopy. J Magn Reson Imag 2007; 25: 321-338.2. Kim JH and Wang JM. Magnetic resonance imaging in three patients with congenital oculomo-

tor nerve palsy Br J Ophtalmol 2009; 93: 1266-1267.3. Kirsch EC, Kaim AH, de Oliveira MG et al. Correlation of signal intensity ratio on orbital

MRI-TIRM and clinical activity score as a possible predictor of therapy response in Graves’ orbitopathy – a pilot study at 1.5T. Neuroradiology 2010; 52: 91-97.

4. Gallardo E, Garcia A, Ramon C et al. Charcot-Marie-Tooth disease type 2j with MPZ Th124Met mutation: clinico-electrophysiological and MRI study of a family. J Neurol 2009 Jul 22. [Epub ahead of print]

5. Gielen JL, Peersman B, Peersman G et al. Chronic extertional compartment syndrome of the forearm in motocross racers: findings on MRI. Skeletal Radiol 2009; 38:1153-1161.

6. Gilhuis HJ, Zophel OT, Lammens M et al. Congenital monomelic muscular hypertrophy of the upper extremity. Neuromuscul Disord 2009; 19: 714-717.

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8. Melzer N, Wessig C, Ulzheimer J et al. Distal-symmetric focal inflammatory miopathy distinct from focal myositis and polymiositis. Muscle Nerve 2009; 40: 309-312.

9. Naidu KS, Chin T, Harris C et al Bilateral peroneal compartment syndrome after horse riding. Am J Emerg Med 2009; 27:901.e3-5.

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nUoVe MeToDiCHe Per lo sTUDio Del MUsColo

NIRS (NEAR INFRARED SPECTROSCOPY): METODI ED APPLICAZIONI

G. Squintani¹, C. Orizio², M. Gobbo², D. De Grandis³

1UO Neurologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Verona² Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie, Università degli Studi di Brescia3 UO Neurologia, Ospedale di Rovigo

La NIRS (NEAR INFRARED SPECTROSCOPY) è stata per la prima volta utilizzata a fine anni ’70 da Jobsis (Jobsis 1977), per studiare il flusso cerebrale e miocardico in casi di insufficienza circo-latoria. In seguito la metodica si è diffusa ed il suo impiego ha interessato diversi settori di ricerca, in particolar modo la Medicina dello Sport. La NIRS permette di studiare in modo non invasivo il consumo di ossigeno e il flusso sanguigno nel tessuto sottostante la sonda applicata sia a riposo che dopo esercizio muscolare. Il suo funzionamento sfrutta il fenomeno dell’attenuazione (chiamata anche densità ottica) della luce da parte dei tessuti, regolato dalla cosiddetta legge di Lambert Beer modificata densità ottica: aLC +Y, dove ‘a’ è il coefficiente di estinzione della sostanza;‘C’ e la concentrazione del composto; ‘L ‘e’ il percorso che compie la luce quando attraversa il tessuto e ‘Y’ e’ l’attenuazione della luce nella sostanza attraversata per il fenomeno dello ‘scattering’, o dispersio-ne della luce. Ogni sostanza assorbe la luce ad una determinata lunghezza d’onda λ, e La NIRS sfrut-ta l’assorbimento della luce di due sostanze, l’emoglobina e la mioglobina contenute nei tessuti,con spettro luminoso di assorbimento simile, compreso tra 750 e 850 nm (banda ‘near infrared’). Sfruttando l’attenuazione della luce lo spettrometro e’quindi composto da due sonde, un emettitore di luce a raggi ‘quasi-infrarossi’ed un rilevatore che misura la luce assorbita nella zona sottostante, con possibilità di misura fino a 6 cm di profondità (Fig. 1)

NIRS (NEAR INFRARED SPECTROSCOPY): METODI ED

APPLICAZIONI G. Squintani¹, C. Orizio², M. Gobbo², D. De Grandis³ 1UO Neurologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Verona

² Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie, Università degli Studi di

Brescia 3 UO Neurologia, Ospedale di Rovigo

La NIRS (NEAR INFRARED SPECTROSCOPY) è stata per la prima volta utilizzata a fine anni ’70 da Jobsis (Jobsis 1977), per studiare il flusso cerebrale e miocardico in casi di insufficienza circolatoria. In seguito la metodica si è diffusa ed il suo impiego ha interessato diversi settori di ricerca, in particolar modo la Medicina dello Sport. La NIRS permette di studiare in modo non invasivo il consumo di ossigeno e il flusso sanguigno nel tessuto sottostante la sonda applicata sia a riposo che dopo esercizio muscolare. Il suo funzionamento sfrutta il fenomeno dell’attenuazione (chiamata anche densità ottica) della luce da parte dei tessuti, regolato dalla cosiddetta legge di Lambert Beer modificata densità ottica: aLC +Y,

dove ‘a’ è il coefficiente di estinzione della sostanza;‘C’ e la concentrazione del composto; ‘L ‘e’ il percorso che compie la luce quando attraversa il tessuto e ‘Y’ e’ l’attenuazione della luce nella sostanza attraversata per il fenomeno dello ‘scattering’, o dispersione della luce. Ogni sostanza assorbe la luce ad una determinata lunghezza d’onda λ, e La NIRS sfrutta l’assorbimento della luce di due sostanze, l’emoglobina e la mioglobina contenute nei tessuti,con spettro luminoso di assorbimento simile, compreso tra 750 e 850 nm (banda ‘near infrared’). Sfruttando l’attenuazione della luce lo spettrometro e’quindi composto da due sonde, un emettitore di luce a raggi ‘quasi-infrarossi’ed un rilevatore che misura la luce assorbita nella zona sottostante, con possibilità di misura fino a 6 cm di

Figura 1

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Congresso nazionale

I parametri misurati dall’apparecchiatura sono valori relativi o ‘variazioni’rispetto ad un valore ini-ziale se il percorso della luce nel tessuto (che è il cosiddetto ‘pathlenght’) non è noto, oppure valori assoluti se il pathlenght e’ noto (ogni tessuto ha un suo specifico pathlenght). In sostanza questi parametri sono:-emoglobina ossigenata (O2Hb), -emoglobina deossigenata (HHb),-emoglobina totale (cHb), -rapporto O2Hb/cHb (TOI) -variazione dell’HB (nTHI)Qui di seguito riportiamo l’esempio di un soggetto sano durante uno sforzo muscolare isometrico (Fig. 2)

profondità (Fig. 1) Figura 1 I parametri misurati dall’apparecchiatura sono valori relativi o ‘variazioni’rispetto ad un valore iniziale se il percorso della luce nel tessuto (che è il cosiddetto ‘pathlenght’) non è noto, oppure valori assoluti se il pathlenght e’ noto (ogni tessuto ha un suo specifico pathlenght). In sostanza questi parametri sono: -emoglobina ossigenata (O2Hb), -emoglobina deossigenata (HHb), -emoglobina totale (cHb), -rapporto O2Hb/cHb (TOI) -variazione dell’HB (nTHI) Qui di seguito riportiamo l’esempio di un soggetto sano durante uno sforzo muscolare isometrico (Fig. 2)

Figura 2 In rosso:O2Hb In blu :HHB In bianco:cHB In verde:TOI In giallo:THI Con questi indici si possono misurare due parametri fondamentali: l’estrazione di ossigeno dai tessuti e il flusso sanguigno del tessuto studiato. Studi di fisiologia che utilizzano metodi invasivi (cateteri venosi) per la misurazione dell’estrazione di O2, e la pletismografia, hanno dimostrato la validità della NIRS quale strumento di misura sia per il consumo dell’O2 che per il flusso locale (Homma et al, 1996; Van Beekvelt et al, 2001 ). È stato dimostrato che il consumo di ossigeno tissutale può essere calcolato in diversi modi (O2Hb-HHb, ΔO2Hb), ma il parametro più semplice da studiare, che non si modifica con la variazione di flusso e che quindi meglio esprime il bilancio di rifornimento e consumo di O2 è la ΔHHB (DeLorey et al, 2003 ). La NIRS e’stata utilizzata per studiare il flusso sanguigno in diverse patologie (insufficienza cardiovascolare, sindrome compartimentale, dolori muscolari (van den Brand et al, 2005; McCully et al, 1997) e in particolar modo per studiare il metabolismo muscolare in alcune forme di miopatia mitocondriale e da deficit

Figura 2 In rosso:O2Hb; In blu :HHB; In bianco:cHB; In verde:TOI; In giallo:THI

Con questi indici si possono misurare due parametri fondamentali: l’estrazione di ossigeno dai tessuti e il flusso sanguigno del tessuto studiato. Studi di fisiologia che utilizzano metodi invasivi (cateteri venosi) per la misurazione dell’estrazione di O2, e la pletismografia, hanno dimostrato la validità della NIRS quale strumento di misura sia per il consumo dell’O2 che per il flusso locale (Homma et al, 1996; Van Beekvelt et al, 2001 ).È stato dimostrato che il consumo di ossigeno tissutale può essere calcolato in diversi modi (O2Hb-HHb, DO2Hb), ma il parametro più semplice da studiare, che non si modifica con la variazione di flusso e che quindi meglio esprime il bilancio di rifornimento e consumo di O2 è la DHHB (DeLorey et al, 2003 ).La NIRS e’stata utilizzata per studiare il flusso sanguigno in diverse patologie (insufficienza car-diovascolare, sindrome compartimentale, dolori muscolari (van den Brand et al, 2005; McCully et al, 1997) e in particolar modo per studiare il metabolismo muscolare in alcune forme di miopatia

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mitocondriale e da deficit enzimatici (Bank and Chance 1994; van Beekvelt et al,1999; Grassi et al, 2007), o l’efficacia della terapia nelle miopatie infiammatorie (van Beekvelt et al, 2002, Okuma et al, 2007). Grassi e ricercatori (2007) hanno dimostrato, durante test incrementale al cicloergome-tro, una ridotta estrazione di ossigeno in pazienti con miopatie mitocondriali e metaboliche rispetto ai normali, associata ad una aumentata risposta cardiovascolare, interpretata come meccanismo di compenso sistemico. Van Beekvelt (1999) ha studiato pazienti con cPEO ed ha evidenziato rispetto ai controllo sani, durante un esercizio isometrico statico (handgrip al 10%), sia una riduzione del consumo di O2, che un aumentato flusso a riposo e durante l’esercizio muscolare, verosimile rispo-sta circolatoria compensatoria al deficit muscolare. Delcanho ed il suo gruppo (1996) hanno invece studiato le variazioni emodinamiche a livello del muscolo massetere in un gruppo di soggetti con mialgia cronica ed hanno dimostrato una ridotta riperfusione muscolare dopo sforzo (misurata con la variazione dell’Hb totale), probabilmente legata ad una ridotta capacità riperfusoria nel muscolo ‘doloroso’.

Obiettivi. L’obiettivo principale è stato quello di studiare il consumo locale di ossigeno durante uno sforzo muscolare ed il recupero del flusso durante il ristoro post-sforzo in diverse forme di miopatia ed in soggetti neuropatici e confrontare i dati con un gruppo di normali. Inoltre si è voluto studiare se esiste una correlazione tra il consumo di ossigeno, l’ affaticamento muscolare e il grado di com-promissione clinica.

Soggetti e metodi. Noi abbiamo studiato un gruppo di 9 soggetti di controllo (C) (età media 38), 9 pazienti con neuropatia (N) (di cui 5 con CMT, 4 con neuropatia acquisita, età media 60), 6 soggetti con distrofia (D) (età media 47), 6 con miopatia non distrofica (MND) (età media 34) e 9 soggetti con distrofia miotonica (DM) (età media 30). A tutti i soggetti è stato applicato il seguente protocollo di esercizio: 30’’ di contrazione massimale del muscolo bicipite brachiale dell’arto dominante (fles-sione isometrica del braccio), 30’’ di contrazione massimale dei flessori della caviglia in condizioni isometriche. Per entrambi i gruppi muscolari esaminati (flessori del gomito e caviglia) sono stati inoltre valutati l’affacitabilità muscolare (intesa come inverso del tempo di sostenibilità della mas-sima contrazione volontaria isometrica) ed il grado di ipostenia (mediante scala MRC). L’ampiezza della risposta simpatico-cutanea e la variazione della frequenza cardiaca durante sforzo massimale sono stati misurati nei soggetti con distrofia miotonica e neuropatia. Per l’analisi statistica è stato utilizzato un test t a due code con significatività per p<0.05.

Risultati. Rispetto ai soggetti di controllo, il ∆ HHb, è risultato ridotto in tutti i pazienti studiati, in misura significativa nei soggetti con distrofia miotonica e nei pazienti con neuropatia (p<0.005, Fig. 3), con una chiara correlazione con il tempo di fatica (0,89 per i soggetti neuropatici e >0,9 per i soggetti miopatici) e con il grado di ipostenia (espresso con la scala MRC) (> 0,75 nei neuropatici, e > 0,85 nei soggetti miopatici). Inoltre nei soggetti neuropatici si è evidenziato un minore recupero del flusso (espresso sia come D cHb che come D THI) dopo sforzo rispetto ai valori iniziali, mentre i soggetti distrofici si comportano come i normali (Fig. 4). L’ampiezza della risposta simpatico-cutanea è risultata normale nei distrofici e ridotta nei pazienti neuropatici, senza correlazione con il D THI dopo sforzo. Nei nostri pazienti, sia distrofici che neuropatici, si è dimostrata inoltre una significativa variazione della frequenza cardiaca (+22,5 bpm nei neuropatici, +24,5 nei distrofici versus i +12 nei normali) dopo sforzo muscolare.

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Congresso nazionale

ridotta nei pazienti neuropatici, senza correlazione con il Δ THI dopo sforzo. Nei nostri pazienti, sia distrofici che neuropatici, si è dimostrata inoltre una significativa variazione della frequenza cardiaca (+22,5 bpm nei neuropatici, +24,5 nei distrofici versus i +12 nei normali) dopo sforzo muscolare.

Figura 3

Figura 4 Discussione.

Il consumo muscolare locale di ossigeno, espresso come variazione (∆) di HHb durante lo sforzo, è risultato ridotto nei pazienti miopatici con maggiore evidenza

*

Figura 3

ridotta nei pazienti neuropatici, senza correlazione con il Δ THI dopo sforzo. Nei nostri pazienti, sia distrofici che neuropatici, si è dimostrata inoltre una significativa variazione della frequenza cardiaca (+22,5 bpm nei neuropatici, +24,5 nei distrofici versus i +12 nei normali) dopo sforzo muscolare.

Figura 3

Figura 4 Discussione.

Il consumo muscolare locale di ossigeno, espresso come variazione (∆) di HHb durante lo sforzo, è risultato ridotto nei pazienti miopatici con maggiore evidenza

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Figura 4

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DiscussioneIl consumo muscolare locale di ossigeno, espresso come variazione (∆) di HHb durante lo sforzo, è risultato ridotto nei pazienti miopatici con maggiore evidenza nei pazienti con distrofia miotonica. Già altri studi (Grassi et al, 2007) avevano dimostrato una riduzione del metabolismo ossidativo in miopatie metaboliche e mitocondriali, ma dati sulla distrofia miotonica non sono stati ancora riporta-ti. Il deficit inoltre correla con il tempo di fatica muscolare ed il grado di ipostenia, e può quindi esse-re considerato un buon indicatore del grado di compromissione funzionale del muscolo. In accordo con altri lavori (Van Beekvelt et al, 1999, Grassi et al, 2007), nei pazienti studiati si è dimostrato un incremento significativo della frequenza cardiaca in condizioni di sforzo rispetto ai controlli, che gli autori sopraccitati hanno interpretato come un meccanismo di compenso cardiocircolatorio al deficit del consumo di O2. I nostri dati, ottenuti in condizioni di blocco circolatorio dovuto all’elevata pres-sione intramuscolare causata dalla contrazione massimale, ci premettono di ipotizzare un possibile ruolo del microambiente chimico-fisico muscolare nella regolazione della frequenza cardiaca dopo sforzo sostenuto. Tale circuito, verosimilmente legato all’azione delle fibre amieliniche di piccolo calibro (III e IV) sui sistemi di controllo della FC, potrebbe avere un ruolo chiave qualora la ridu-zione dell’estrazione di O2 nel muscolo patologico prediligesse la via glicolitica anaerobia nella produzione dell’ATP necessario alla contrazione massimale. Inoltre nei soggetti neuropatici il minore recupero del flusso dopo sforzo, che non correla con l’al-terazione del sistema simpatico cutaneo registrato in condizioni di riposo, può essere interpretato come deficit della riperfusione muscolare legato ad una compromissione del sistema nervoso sim-patico muscolare.

Conclusioni: la NIRS è una metodica semplice, non invasiva, che permette di studiare il metaboli-smo ed il flusso di vari tessuti. Il suo utilizzo si è esteso negli ultimi anni a vari ambiti di ricerca e di modelli di patologia tissutale. Il nostro studio, ha evidenziato un deficit del metabolismo ossidativo a livello muscolare nei soggetti con miopatia distrofica, non distrofica e miotonica, che, correlando con la fatica ed il grado di ipo-stenia, può essere un buon indicatore del grado di compromissione funzionale del muscolo. La NIRS può inoltre fornire informazioni sul flusso muscolare: nei soggetti neuropatici che abbiamo valutato si e’evidenziata una ridotta riperfusione dopo sforzo che può essere interpretata come una alterata funzione del sistema nervoso simpatico muscolare, indipendente dalla compromissione del sistema simpatico cutaneo e dall’eventuale compenso della funzione cardiaca.

BIBLIOGRAFIA

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Congresso nazionale

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nUoVe MeToDiCHe Per lo sTUDio Del MUsColo

ECOGRAFIA NEUROMUSCOLARE: QUALI NOVITÀ?

G. Balconi

Ospedale San Raffaele Turro Dipartimento/Divisione di Radiologia, Milano

Premesso che non vi sono novità nella ecografia neuromuscolare bisogna aggiungere che vi sono però delle evoluzioni importanti in più settori di modalità di utilizzo di questa metodica che cerche-remo di analizzare nelle loro proprietà e nei loro verosimili sviluppi applicativi. I campi di maggiore interesse sono rappresentati dalla definizione strutturale della ecografia, dalla elastosonografia, dallo studio funzionale neuromuscolare.

Nuove prospettive di definizione strutturale. Rispetto a pochi anni orsono quando già si pensava che l’ecografia neuromuscolare fosse ormai in grado di offrire tutto il suo potenziale (Walker 2004) si sono indubbiamente precisate alcune peculiarità. Alcuni autori (Pillen 2006) hanno ulteriormente approfondito lo studio sulla ecogenicità dei muscoli in relazione alle patologie neurodistrofiche ricercandone la “quantificazione” sulla scia evolutiva di quanto già proposto da Hekmatt agli inizi degli anni 80. Il sistema non è riproducibile in modo costante non essendo la “ecogenicità “dei mu-scoli una misura fisica ma l’effetto visibile della interazione delle onde ultrasonore con le strutture in esame condizionata da innumerevoli variabili. La metodica può solo avere una validità semiquan-titativa. Interessante invece lo sviluppo tecnologico delle sonde ecografiche che hanno permesso immagini sempre più “nitide” tali da consentire valutazioni strutturali da “sono - istologia” dei nervi (Koenig 2009) e “misure” significative anche su piccole strutture, quali appunto i nervi. La variazio-ne di dimensione dei nervi, rilevata in sezione, si è progressivamente dimostrata significativa nelle sindromi da intrappolamento. Ancora invece da verificare il significato clinico - diagnostico delle acquisizioni 3D.

Elastosonografia. La valutazione della elasticità delle strutture anatomiche è sempre stato un dato fortemente ricercato in medicina. Qualunque formazione in esame clinico veniva e viene valutata anche per la sua “durezza-elasticità” talvolta affidando a questa caratteristica significati eccessivi. E così anche le metodiche di imaging non solo non sono sfuggite a questa logica ma hanno cercato una riproducibilità e quindi una quantificazione della elasticità dei tessuti in esame. Dall’inizio degli anni ’90 (Ophir 1991) si è quindi cercato di individuare un metodo ecografico di misurazione della elasticità dei muscoli. Si sono effettuati tentativi utilizzando l’effetto doppler (Gurbb 1995) fino alla attuale elastosonografia basata sulla variazione della immagine ecografica B-mode in seguito alla pressione semiquantitativa della sonda ecografica (Garra 2007). Lo studio “quantitativo” (riproduci-bile) sui muscoli e sui tendini è del tutto in evoluzione.

Variazioni morfologiche nella attività muscolare. Un altro settore ove l’applicazione della eco-grafia ha avuto negli ultimi anni una evoluzione importante, almeno concettuale e speculativa, è lo studio dei muscoli in movimento, Questo è stato possibile per la progressiva miniaturizzazione delle sonde ma soprattutto per la possibilità di poter ottenere immagini dettagliate in tempi moto brevi. Si sono quindi sviluppate metodi di applicazione delle sonde ecografiche ai muscoli – tendini e per un lo studio delle loro variazioni volumetriche e strutturali nella varie fasi di contrazione, allunga-mento e in situazioni diverse di potenziamento e allenamento. Si sono così conosciute variazioni non solo di aree di sezione ma anche dell’angolo di pennazione in relazione al tipo di attività e di

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Congresso nazionale

allenamento. Fino ad arrivare ad un progressivo controllo e monitoraggio di questi parametri anche in monitoraggio EMG (Cochcrane 2009) e di riproducibilità di lunghezza della fibra e del concomi-tante angolo di pennazione in vivo (Aggeloussis 2010). Finora poche risultano comunque le ricadute operative di tali valutazioni.

Velocità di trasmissione della contrazione. Le conoscenze tecnologiche maturate e raggiunte han-no poi permesso attuali spinte “speculative” sul riconoscimento delle fibre in contrazione fino a pensare di misurare la rapidità di eccitazione, contrazione e reclutamento progressivo di fibre in controllo ecografico (Diffieux 2008) e cercare di sviluppare tale metodica in diversi distretti corporei (Westad 2010) intravvedendo possibili applicazioni cliniche (Peolsson 2010). La disponibilità di apparecchiature ecografiche ad elevatissimi frames e la dimostrazione di una riproducibilità mor-fo - funzionale sono due necessità imprescindibili per una evoluzione nella pratica clinica di tali potenzialità.

BIBLIOGRAFIA

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nUoVe MeToDiCHe Per lo sTUDio Del MUsColo

PET E MUSCOLO

R. Ravenni

Dipartimento di Neuroscienze, Azienda ULSS 18, Rovigo

Esistono molte metodiche per lo studio dell’attività muscolare, alcune ben conosciute, utilizzate, standardizzate, altre di più recente introduzione, applicate in modo significativo anche in ambito di ricerca e non correntemente usate nella diagnostica clinica quotidiana. La PET (tomografia ad emissione di positroni) è una tecnica di indagine diagnostica basata sull’acquisizione di immagini fisiologiche basate sulla misurazione di radiazioni derivanti dalla emissione di positroni. I positroni sono costituiti da particelle di piccolissime dimensioni emesse da sostanze radioattive le quali ven-gono somministrate per via endovenosa ai pazienti. Le immagini dell’intero corpo umano ottenute con tale metodica sono utilizzate per la valutazione di molte patologie, in particolare della tiroide, del fegato, del polmone e del rene. Per ciascuna patologia sono disponibili radionuclidi differenti, ad esempio 1502 per lo studio del flusso cerebrale, il 18 FDG per lo studio “in vivo” del metabolismo del glucosio ecc. I campi clinici di maggiore applicazione della metodica riguardano l’oncologia medica sia in termini diagnostici che di follw-up. Sfruttando tuttavia il dato che il glucosio è la prima fonte di energia a livello del sistema muscolare recentemente si è sviluppata un’area di Fisiologia Muscolare che si occupa dello studio degli adatta-menti funzionali, morfologici, biochimici e molecolari a carico dei muscoli scheletrici e del musco-lo cardiaco, in condizioni fisiologiche (allenamento, etnicità, sesso, età evolutiva, invecchiamento, ecc.), parafisiologiche (decondizionamento, ipossia acuta e cronica, microgravità, ecc.), e fisiopa-tologiche (arteriopatie periferiche, diabete, miopatie, malattie metaboliche e respiratorie, trapianto cardiaco, obesità, ecc.). mediante tecniche classiche e metodologie innovative quali NIRS, NMR, PET e analisi proteomica. La PET può essere infatti utilizzata per valutare l’entità della forza mu-scolare esercitata, per creare immagini anatomiche dell’attività muscolare ed evidenziare la distri-buzione dell’attività metabolica durante esercizi muscolari specifici (J. Pappas et al. J. Appl. Phys. 90: 329–337, 2001). Ed è emergente il ruolo che tale metodica riveste nel management di patologie neurologiche e/o neuromuscolari oltre che nelle scienze biomeccaniche. Ad esempio tale metodica è utilizzata per il monitoraggio del recupero funzionale in pazienti affetti da stroke o danni del midollo spinale ed affianca il consolidato e tradizionale esame EMG negli studi di biomeccanica muscolare (Ballantyne BT et al. Exp Brain Res 93: 492–498, 1993; Buchanan TS et al. J Neurophysiol 62: 1201–1212, 1989). Nell’ambito delle Sindromi da Iperattività Muscolare, in particolare nelle con-tratture muscolari elettricamente silenti (Rippling Muscle Syndrome, Brody Syndrome, Myoedema) la cui patogenesi può essere più spesso ricondotta a deplezione di riserve energetiche muscolari ed a ripetute contrazioni con conseguente ischemia, associate a “glycogen methabolic disorders”, la PET è di ausilio dimostrando un chiaro deficit del rilassamento muscolare a distribuzione disomogenea in settori elettricamente silenti, indirizzando pertanto nella diagnostica differenziale (dati personali).

M.A. 37 years old, Brody’s Disease, mean SUV 3,7 on left biceps brachii

In un recente lavoro (Duk Hyun Sung et al. J. Nucl. Med, 2007) è stata dimostrata l’utilità della metodica PET FDG nella corretta visualizzazione dei muscoli coinvolti in pazienti affetti da disto-nia cervicale allo scopo di individuare quelli suscettibili di trattamento con tossina botulinica. I dati ottenuti in un nostro studio successivo hanno evidenziato che, nelle distonie cervicali idiopatiche, il

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Congresso nazionale

trattamento con tossina botulinica eseguito nei muscoli che presentano un SUV elevato all’indagine PET, correla con un significativo miglioramento del pattern distonico e con la riduzione del dolore, quando presente, ma dimostra anche come i pazienti meno responsivi al trattamento con tossina botulinica spesso presentino una distribuzione di attivazione muscolare che coinvolge preferenzial-mente i muscoli profondi del collo, non suscettibili di inoculazione mediante sola guida EMG. In tali pazienti il trattamento sotto guida fluoroscopia ha determinato una risposta soggettiva ottimale in assenza di effetti collaterali immediati od a distanza.

M.P. male 60 y.o., Cervical Dystonia, before and after BoNT treatment

Sempre nell’ambito della patologia muscolare, molte indagini PET hanno puntato l’attenzione sull’alterazione del metabolismo regionale cerebrale del glucosio, in particolare in pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne (Lee JS et al. Muscle & Nerve 2002) o sul coinvolgimento dell’attività cardiaca. In un gruppo di pazienti affetti da Distrofia Muscolare (un paziente con DM1, un paziente con DM2, quattro pazienti con FSHD geneticamente dimostrate) è stato valutato il pattern del metabolismo e dell’uptake del FDG in condizioni sperimentali standardizzate. I dati acquisiti evidenziano una attività muscolare disomogenea ed un metabolismo glucidico non proporzionale all’entità del danno evidenziabili clinicamente, mediante EMG e con metodiche di imaging (RMN). Le possibili corre-lazioni fisiopatologiche e funzionali vengono analizzate.

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nUoVe MeToDiCHe Per lo sTUDio Del MUsColo

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Congresso nazionale

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di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

LE BASI NEUROFISIOLOGICHE DELLA COSCIENZA

Moderatori:F. Fattapposta (Roma),

R. Zappoli Thyrion (Firenze)

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le Basi neUroFisiologiCHe Della CosCienza

WHICH FUNCTIONS OF CONSCIOUSNESS CAN BE ASSESSED IN NON- AND LOW-RESPONSIVE PATIENTS?

B. Kotchoubey1, S. Lang2, F. Müller3

University of Tübingen, GermanyUniversity of Heidelberg, GermanySchoen Clinics for Neurorehabilitation, Bad Aibling, Germany

According to Wittgenstein, the so-called other minds problem is solved using habitual, culture-and language-determined manifestations of consciousness. In non- and low-responsive neurological pa-tients, however, the connection can be disrupted between those manifestations and the first-person awareness. To overcome this difficulty, we propose to analyze a system of mental (cognitive and emotional) functions according to the two criteria, i.e., (i) their relationship to conscious awareness (versus ability to perform these functions automatically and unconsciously); and (ii) the reliability of neurophysiological indicators of the function in healthy subjects and conscious patients. This analysis allows us to develop three parallel sets of concepts: (a) a set of mental functions (psycholo-gical constructs) in their relation to conscious awareness; (b) a parallel hierarchy of corresponding stimulation procedures addressing those mental functions; and (c) a battery of electrophysiological and brain metabolic measures to be recorded in response to this stimulation.

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Congresso nazionale

EVALUATING THE BRAIN’S CAPACITY FOR CONSCIOUSNESS: FROM A THEORY TO THE BEDSIDE

M. Massimini

Dipartimento di Scienze Cliniche, Università degli Studi di Milano

How do we evaluate a brain’s capacity to sustain conscious experience if the subject does not ma-nifest purposeful behaviour and does not respond to questions and to commands? What should we measure in this case? An emerging idea in theoretical neuroscience is that what really matters for consciousness in the brain are not so much activity levels, access to sensory inputs or neural syn-chronization per se, but rather the ability of different areas of the thalamocortical system to interact causally with each other to form an integrated whole. In particular, the Information Integration The-ory of Consciousness (IITC) argues that consciousness is integrated information and that the brain should be able to generate consciousness to the extent that it has a large repertoire of available states (information), yet it cannot be decomposed into a collection of causally independent subsystems (integration). To evaluate the ability to integrate information among distributed cortical regions, it may not be sufficient to observe the brain in action. Instead, it is useful to employ a perturbational approach and examine to what extent different regions of the thalamocortical system can interact causally (integration) and produce specific responses (information). Thanks to a recently developed technique, transcranial magnetic stimulation and high-density electroencephalography (TMS/EEG), one can record the immediate reaction of the entire thalamocortical system to controlled perturba-tions of different cortical areas. In this talk, using sleep and anaesthesia as models of unconsciou-sness, we will see that TMS/EEG can detect clear-cut changes in the ability of the thalamocortical system to integrate information when the level of consciousness fluctuates. Finally, we will discuss the potential applications of this novel technique to evaluate objectively the brain’s capacity for consciousness at the bedside of brain injured patients.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

COMUNICAZIONI ORALII SESSIONE

Moderatori:L. Murri (Pisa), G. Muscas (Firenze)

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Congresso nazionale

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CoMUniCazioni orali - i sessione

STATO DI MALE EPILETTICO NEL PAZIENTE ANZIANO. ANALISI DI UNA POPOLAZIONE OSPEDALIERA

L. Vivalda, S. Amarù, N. Deluca, E. Defourville*, C. Serpella*, E. Luda di Cortemiglia

*TNFP UOC Neurologia, Ospedale di Rivoli, Torino

RAZIONALENonostante sia nota l’elevata incidenza di epilessia nella popolazione anziana, è ampiamente sotto diagnosticato lo stato di male in questa età della vita, soprattutto se non convulsivo, e pertanto gra-vato da importante mortalità.La prognosi infausta si ritiene legata ad una serie di fattori non ultimo dei quali il ritardo di diagnosi e trattamento, legato alla scarsa conoscenza del problema da parte dei medici dell’emergenza, ed al polimorfismo semiologico delle crisi.Sussistono controversie anche nella letteratura neurologica riguardo alla classificazione ed al trat-tamento del NCSE, per il quale mancano protocolli condivisi e scarsi sono i dati epidemiologici. METODIStudio retrospettivo di 35 pazienti di età 60-92 anni osservati negli ultimi 5 anni, che hanno manife-stato stato di male. Sono stati esclusi gli stari mioclonici esito di encefalopatia anossica.Vengono discusse le cause scatenanti, le presentazioni cliniche, il trattamento e l’esito con riguardo ad alcuni casi problematici per durata e difficoltà di gestione.RISULTATINetta prevalenza del sesso femminile, prevalenza di status non convulsivo, ritardo di diagnosi nella maggior parte dei casi,polimorfismo semiologico anche nello stesso paziente, necessità fino a 4 AED in alcuni casi, exitus in 11 pazienti.Fondamentale il ruolo dell’EEGCONCLUSIONILa nostra casistica, pur limitata, è in linea con i dati di letteratura e conferma la complessità di gestione di questa popolazione. Nessuno dei pazienti ha presentato stato convulsivo, ma alcuni pa-zienti hanno presentato crisi TCG all’esordio o durante il decorso. Se non efficace il trattamento di prima linea solo una piccola percentuale ha risposto ad altri farmaci. Sono stati impiegati lorazepam in prima battuta, in seguito VPA, DPH, PB e in casi più limitati LEV

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Congresso nazionale

CRISI E STATO EPILETTICO IN TERAPIA INTENSIVA CARDIOCHIRURGICA: PROPOSTA DI UN PROTOCOLLO DIAGNOSTICO E TERAPEUTO

S. Fossi #, A. Grippo#, R. Carrai# , M. Spalletti#, S. Gabbanini#, E. Mazzeschi#, D. Dini*, G. Oli-vo*, C. Lazzeri*, F. Pinto #, A. Amantini #

# DAI Neuroscienze e *DAI Cardiologico e dei Vasi, Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi – Firenze, Italy

Rationale: Le crisi e lo stato epilettico (SE) non sono di infrequente riscontro nei pazienti delle terapie intensive e sono associati ad una maggior morbidità e mortalità. Nonostante i numerosi studi la loro esatta incidenza non è stata sufficientemente definita. Alcuni AA riportano la più elevata per-centuale di crisi (CNC) e stati epilettici non convulsivi (SENC) nelle terapie intensive cardiologiche e cardiochirurgiche.Scopo: in terapia intensiva cardiologica-cardiochirurgica (TICC) possiamo riscontrare differenti scenari clinici che richiedono un diverso approccio diagnostico e terapeutico. Lo scopo di questo lavoro è di proporre un protocollo di diagnosi e trattamento delle crisi epilettiche in TICC.Protocollo proposto: nei pz. con stato mioclonico, sia successivo ad arresto cardio respiratorio, sia post-chirurgic0, eseguiamo una registrazione EEG e PES: in caso di PES bilateralmente assenti, dato il significato prognostico infausto certo, il trattamento antiepilettico (AED) non è madatorio in quan-to non assume significato protettivo. In caso di PES bilateralmente presenti ed anomalie parossisti-che EEG suggeriamo il trattamento con sedazione ed AED in attesa che una successiva attendibile valutazione clinica fornisca ulteriori elementi prognostici. Nei pz. post-chirurgici con singole crisi cliniche precoci alla riduzione della sedazione e con EEG privo di anomalie epilettiformi e di CNC /SENC proponiamo di mantenere la sedazione in atto per ulteriori 12-24 h e di non associare un AED in attesa di successiva rivalutazione elettroclinica. In caso di crisi cliniche tali da configurare uno SE o di quadro EEG di CNC/SENC la proposta terapeutica è quella di associare trattamento AED alla sedazione (acido valproico: bolo 25-45mg/kg + infusione 1-2mg/Kg/h). Dopo 12-24 h di controllo clinico ed evidente attenuazione EEG dell’attività critica si propone la riduzione dell’infusione della sedazione, sempre sotto controllo EEG. In caso di ricomparsa di crisi cliniche e/o persistenza delle anomalie EEG da status si propone un secondo AED (Levetiracetam ev: bolo 2gr + mantenimento 1grx2) ripristinando la sedazione per 12-24 h fino a ulteriore controllo EEG. Conclusioni: Considerando la fisiopatologia del danno cerebrale in questo tipo di pazienti è neces-sario ricercare un approccio diagnostico-terapeutico che permetta da un lato di non trattare aggressi-vamente pz. con prognosi precoce infausta certa a causa del danno primario, dall’altra di ottimizzare la terapia in quei pz. che potrebbero giovarsi maggiormente di un trattamento antiepilettico più aggressivo al fine di prevenire un possibile danno secondario.

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CoMUniCazioni orali - i sessione

ENCEFALOPATIA EPILETTICA CORRELATA AD ALTERAZIONI DEL GENE CDKL5: CARATTERISTICHE ELETTROCLINICHE RELATIVE AL PRIMO ANNO DI VITA

F. Melani°, C. Marini°, C. Barba°, A.R. Ferrari*, S. Savasta§, R. Guerrini°

°Pediatric Neurology Unit, Children’s Hospital A. Meyer-University of Florence, Florence, Italy; §Pediatric Unit, IRCCS Foudation Policlinico San Matteo, Pavia, Italy; *IRCCS Stella Maris Foundation, Pisa, Italy

Scopo dello studio: Mutazioni o delezioni del gene X-linked CDKL5 (cyclin-dependent kinase-like 5) causano una encefalopatia epilettica ad insorgenza precoce, spesso accompagnata da spasmi infantili e grave ritardo (Evans et al., 2005; Mari et al., 2005). Alcune caratteristiche ricorrenti nei pazienti hanno permesso di definire quadri relativamente tipici, tra cui una forma di encefalopatia mioclonica. Partendo dai dati clinici ed elettrografici ottenuti nel primo anno di vita abbiamo ricer-cato se un pattern comune caratteristico fosse precocemente identificabile. Metodi: Abbiamo valutato 6 pazienti con encefalopatia epilettica e mutazioni/delezioni di CDKL5: 5 femmine 1 maschio. Per ciascun paziente abbiamo raccolto i dati clinici (età all’esordio delle crisi, semiologia, RM encefalo, tipo di alterazione genetica) ed analizzato i tracciati (EEG sonno/veglia di routine e Long-Term Video-EEG) sia intercritici sia critici ottenuti durante il primo anno di vita (range: 45 giorni-12 mesi).Risultati: Tutti i pazienti hanno mostrato un esordio precoce delle crisi, tra 38 giorni e 3 mesi. Gli EEG hanno evidenziato: in 2 casi suppression-burst ed anomalie multifocali; in 3 casi rallentamen-to dell’attività di fondo con sporadiche anomalie diffuse; in 1 caso attività di fondo nei limiti. La semiologia delle crisi: in 2 casi spasmi in serie, in 4 casi era riconoscibile una sequenza stereotipata caratterizzata da: esordio in contrazione tonica generalizzata sostenuta, successiva fase clonica/vi-bratoria con progressiva riduzione in ampiezza e frequenza sino ad isolate mioclonie distali asincro-ne a formare una sorta di crisi generalizzata tonico clonica distribuita su vari minuti. L’EEG critico mostrava un esordio generalizzato con ampia onda puntuta bilaterale con attenuazione del voltaggio (fase tonica), successiva scarica di sharp-waves ritmiche (fase clonico/mioclonica), ad esordio e fine improvvisa.Conclusioni: Pazienti con mutazioni o delezioni di CDKL5 presentano crisi epilettiche ad esordio precoce caratterizzate da semiologia elettroclinica molto particolare e più complessa rispetto agli spasmi in serie. La presenza di crisi ad esordio generalizzato con componente tonica seguita da fase clonico/vibratoria prolungata e successive mioclonie distali risulta essere una caratteristica comune. Il riscontro di tale pattern ictale durante il primo anno di vita in pazienti con encefalopatia epilettica risulta a nostra opinione altamente suggestivo, potendo rappresentare un ulteriore elemento per in-dirizzare gli studi di genetica molecolare.

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Congresso nazionale

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

COMUNICAZIONI ORALIII SESSIONE

Moderatori:P. Balestri (Siena),

V. Di Lazzaro (Roma)

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CoMUniCazioni orali - ii sessione

NEUROFISIOLOGIA INTRAOPERATORIA NEL PAZIENTE PEDIATRICO

P. Costa, M. Giacobbi, A. Borio, S. Marmolino, G. Isoardo, C. Jüenemann, P. Ciaramitaro, P.P. Gaglini*, P. Ragazzi*, P. Peretta*

Neurofisiologia Clinica, Clinica, Ospedale CTO e (*) Neurochirurgia Pediatrica Ospedale Infantile Regina Margherita, Torino

Introduzione. Le metodiche di testing e monitoring intraoperatorio sono sempre più diffusamente applicate con la finalità di massimizzare la resezione minimizzando i danni, obiettivo ancora più importante nel paziente pediatrico.Scopo dello studio è riferire i dati relativi all’utilizzo, applicabilità ed affidabilità in una casistica di soggetti con età inferiore a 18 anni. Metodi. I dati relativi a 50 interventi su 43 soggetti di età inferiore ai 18 anni (21 maschi, 22 femmi-ne, età 10,1 ± 5,04, range 0,4-17) sono stati confrontati con quelli di 1188 interventi in adulti.Risultati. Nella popolazione pediatrica la percentuale più rilevanti di monitoraggi è costituita dalla patologia sottotentoriale (50% dei casi, contro il 10.6% della popolazione adulta); a seguire la pato-logia spinale (28%, contro il 39.4% dei soggetti di età superiore ai 18 anni) e quella sovratentoriale (22%, mentre nella popolazione adulta essa rappresenta la categoria maggioritaria con il 50%). Gli interventi in cui si sono utilizzate tecniche sia di testing che di monitoring erano significativamente maggioritari nella popolazione pediatrica (50%) rispetto a quella adulta (17.5%). La monitorizza-bilità totale era del 98%; la percentuale di modificazioni intraoperatorie persistenti o transitorie dei parametri studiati era del 26 %. In due soggetti (4 %) si sono osservati deficit postoperatori persi-stenti. In nessuno dei soggetti si sono osservati eventi avversi ascrivibili alle metodiche di testing e/o di monitoring.Conclusioni. Rispetto alla popolazione adulta nella popolazione pediatrica le metodiche di testing sono più rappresentate intraoperatoriamente. Le metodiche di neurofisiologia intraoperatoria posso-no essere applicate in maniera sicura anche nella popolazione pediatrica

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Congresso nazionale

METODOLOGIA DI ANALISI DEI POTENZIALI EVOCATI EVENTO CORRE-LATI: APPLICAZIONE IN ETÀ NEONATALE

M. Ermani°, A. Capellari*, A. Suppiej*

° Unità di Biostatistica Dipartimentio di Neuroscienze * Unità di Neurologia e Neurofisiologia Clinica Dipartimento di Pediatria Università di Padova

Obiettivo: studiare l’elaborazione degli stimoli uditivi mediante la metodica dei potenziali evocati evento correlati, nel neonato.Metodo: i potenziali evento correlati sono stati registrati in 28 neonati in corso di sonno attivo e quieto. È stato utilizzato il paradigma oddball udivito: lo stimolo frequente (standard) era costituito da toni a 1000 Hz, mentre lo stimolo raro (deviante, 10% di probabilità) da toni a 2000 Hz. Le sedi di registrazione erano Fz, Cz , Pz, T3 e T4. Le risposte agli stimoli devianti, standard e la differen-ziale fra le due sono state valutate nelle due condizioni di sonno. L’analisi della varianza per misure ripetute è stata utilizzata per valutare l’effetto legato alla condizione di sonno, al tipo di stimolo ed all’interazione fra tipo di sonno e tipo di stimolo, confrontando le ampiezze medie di 20 intervalli consecutivi di 50 msec, nell’intervallo 100 msec pre-stimolo, 900 msec post-stimolo.Risultati: una differenza significativa fra le risposte agli stimoli standard e quelle agli stimoli de-vianti è stata riscontrata solo nella condizione di sonno attivo e nell’intervallo temporale 200-300 msec post-stimolo. Conclusioni: le analisi effettuate hanno mostrato una capacità di elaborazione dello stimolo uditivo in sonno attivo, già in epoca neonatale.

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CoMUniCazioni orali - ii sessione

NEUROPATIA DA VINCRISTINA VERSUS SINDROME DI GUILLAIN-BARRE’ IN BAMBINI AFFETTI DA LEUCEMIA LINFATICA ACUTA

M. Ferlisi, F. Brigo, R. Balter, P. Marradi, A. Zaccaron, *E. Frasson, A. Fiaschi, L. Bertolasi

Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione, Università di VeronaDipartimento di Pediatria, Università di Verona*Dipartimento di Neurologia, Ospedale di Cittadella, Padova

Background: L’ipostenia agli arti secondaria alla neuropatia da vincristina (VCR) in bambini affetti da leucemia linfatica acuta (LLA) in trattamento con tale farmaco, porta spesso alla sospensione della VCR in questi pazienti. La neuropatia da VCR è clinicamente indistinguibile dalla sindrome di Guillain-Barré (GBS). La prevalenza della GBS in bambini trattati con VCR potrebbe essere maggiore di quanto finora descritto in Letteratura. Scopo dello studio: Definire la frequenza di GBS in un campione di bambini ospedalizzati per essere sottoposti a trattamento chemioterapico per LLA, valutando se e in quale misura le indagini neurofisologiche potessero aiutare nella complessa diagnosi differenziale tra neuropatia da VCR e GBS. Soggetti e Metodi: Abbiamo sottoposto a studio neurofisiologico (elettroneurografia, ENG) sette bambini ricoverati presso il reparto di Pe-diatria del nostro Ospedale dal settembre 2006 al marzo 2009 per essere sottoposti a trattamento chemioterapico per ALL e in cui si è sviluppata acutamente una grave ipostenia agli arti, suggestiva di neuropatia da VCR. Risultati: 3 su 7 bambini studiati con ENG presentavano anomalie neurofi-siologiche suggestive di GBS. Questi bambini sonno stati sottoposti ad un ciclo di trattamento con immunoglobuline endovena senza sospendere il trattamento chemioterapico che includeva anche la VCR; in una settimana circa si è assistito ad un miglioramento del quadro clinico e neurofisio-logico. Sebbene l’ENG mostrasse unicamente l’assenza delle onde F, non permettendoci quindi di formulare una diagnosi neurofisiologica di GBS definita, il quadro clinico presentato dai pazienti, il decorso della malattia e il rapido e completo recupero dopo trattamento con immunoglobuline endovena sono estremamente suggestive di GBS. Conclusioni: Una rapida e corretta diagnosi dif-ferenziale tra neuropatia da VCR e GBS in bambini con ALL in trattamento con VCR è essenziale per migliorare l’outcome della malattia ematologica e per prolungare l’aspettativa di vita. Nei bam-bini in trattamento chemioterapico per ALL, l’insorgenza acuta di ipostenia agli arti con correlato neurofisiologico di assenza delle onde F all’ENG dovrebbe far sorgere il sospetto di una GBS. In tal caso sarebbe necessario prendere in considerazione altre procedure diagnostiche per formulare una diagnosi definitiva e per instaurare una terapia con immunoglobuline endovena, senza tuttavia sospendere il trattamento chemioterapico con VCR.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

COMUNICAZIONI ORALIIII SESSIONE

Moderatori:G. Cruccu (Roma), F. Pinto (Firenze)

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CoMUniCazioni orali - iii sessione

ALTERATA FACILITAZIONE DELLA CORTECCIA MOTORIA NELL’EMICRANIA CON AURA: EFFETTI MODULATORI DELLA STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA (TMS) PRIMA E DOPO TRATTAMENTO CON LEVETIRACETAM

G. Cosentino, F. Brighina, S. Vigneri, A. Palermo, G. Giglia, S. Talamanca, B. Fierro

Università degli Studi di Palermo AUOP “Paolo Giaccone”, Palermo

Diverse evidenze sperimentali suggeriscono un’alterazione dei circuiti intracorticali inibitori nell’emi-crania, mentre minore è la disponibilità di dati inerenti l’attività dei circuiti intracorticali eccitatori. Nella sessione sperimentale principale di questo lavoro abbiamo valutato gli effetti della stimo-lazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) ad alta frequenza (5-Hz) sull’attività dei circuiti inibitori e soprattutto facilitatori in 16 pazienti affetti da emicrania con aura e in 16 soggetti sani. Nei soggetti sani la rTMS a 5-Hz determina una progressiva facilitazione nell’ampiezza del MEP, utilizzando una intensità di stimolazione uguale o maggiore al 120% della soglia motoria a riposo, e nella durata del periodo silente corticale (CSP), un indice di attività dei circuiti intracorticali inibito-ri. Diverse evidenze suggeriscono che l’effetto facilitatorio sull’ampiezza del MEP potrebbe essere riconducibile a meccanismi di plasticità sinaptica di breve termine di tipo facilitatorio.Abbiamo applicato sulla corteccia motoria treni di 10 stimoli a frequenza di 5-Hz sia su soggetti a riposo che durante contrazione muscolare volontaria registrando le tracce EMG dal muscolo abdut-tore breve del pollice controlaterale (ABP).In una seconda sessione abbiamo utilizzato la stimolazione magnetica transcranica con la tecnica del singolo stimolo (curve intensità-risposta) per ottenere ulteriori informazioni circa l’eccitabilità della corteccia emicranica. 10 pazienti sono stati sottoposti ad entrambe le sessioni sia prima che dopo trattamento di profilassi con levetiracetam (LEV). I nostri risultati hanno mostrato che l’rTMS applicata ad intensità del 110% della soglia motoria, in soggetti a riposo ha determinato una progressiva facilitazione nell’ampiezza del MEP nei pazienti non trattati, mentre non ha avuto effetto sull’ampiezza del MEP sia nei soggetti di controllo che nei pazienti durante il trattamento. Invece, quando l’rTMS veniva applicata a intensità del 130% abbia-mo osservato una facilitazione dell’ampiezza del MEP nei pazienti non in trattamento, e una risposta inibitoria paradossa nei pazienti emicranici sia prima che durante il trattamento. L’rTMS ad alta frequenza applicata sia al 110% che al 130% della soglia motoria durante contrazio-ne volontaria ha determinato un incremento della durata del periodo silente corticale (CSP) sia nei pazienti prima e durante il trattamento che nei soggetti sani.Le curve intensità-risposta hanno mostrato un maggiore effetto facilitatorio nei confronti dell’am-piezza del MEP nei pazienti rispetto ai controlli. Questo incrementato effetto facilitatorio veniva abolito dal trattamento con levetiracetam.I nostri dati suggeriscono l’ipotesi di una iper-responsività della corteccia emicranica dovuta a po-tenziamento di meccanismi facilitatori di plasticità pre-sinaptica di breve termine, che a loro volta potrebbero essere influenzati dal levetiracetam. D’altra parte, abbiamo evidenziato una risposta ini-bitoria della corteccia emicranica con stimolazione magnetica di una maggiore entità in termini sia di frequenza che di intensità di stimolazione (rTMS-5Hz al 130%). Abbiamo ipotizzato che questo effetto potrebbe essere la conseguenza di meccanismi auto-limitanti l’iper-eccitabilità, in linea con studi che sembrano supportare il concetto per cui in condizioni di ipereccitabilità corticale possono venire attivati meccanismi di plasticità omeostatica di tipo inibitorio.

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Congresso nazionale

EFFETTI DELL’IPERVENTILAZIONE SULLA CURVA DI ABITUAZIONE DEI POTENZIALI EVOCATI VISIVI IN SOGGETTI SANI E PAZIENTI EMICRANICI IN FASE INTERICTALE

A. Currà1, G. Coppola2, A. Alibardi1, M. Gorini1, E. Porretta3, V. Parisi2, F. Pierelli3, J. Schoenen4

1Sapienza University of Rome, Ospedale A. Fiorini-Polo Pontino, Latina, Italy2G.B. Bietti Eye Foundation-IRCCS, Dept of Neurophysiology of Vision and Neurophtalmology, Rome, Italy3Sapienza University of Rome, Polo Pontino – I.C.O.T., Latina, Italy4Headache Research Unit. University Dept. of Neurology & Res Ctr for Cell & Mol Neurobiology, Liège University, Liège, Belgium

Background. L’ ipocapnia indotta da iperventilazione (HV) produce vari effetti nel sistema nervoso centrale, ad esempio rallenta l’attività EEG e riduce il contrasto funzionale nella corteccia occipitale durante la stimolazione visiva. Una metodica neurofisiologica che valuta l’attività della corteccia occipitale è lo studio dei potenziali evocati visivi (PEV), vale a dire la risposta elettrica corticale a stimoli visivi monoculari. In soggetti normali la stimolazione visiva ripetuta induce l’abituazione (decremento in ampiezza) dei PEV, mentre in pazienti affetti da emicrania senz’aura studiati durante le fasi interictali l’abituazione dei PEV risulta abolita. In questo caso abbiamo indagato se un perio-do di iperventilazione della durata di 3 minuti fosse in grado di produrre variazioni nell’abituazione dei PEV in soggetti emicranici in fase interictale, e in un gruppo di soggetti sani di controllo.Materiali e metodi. Abbiamo registrato i PEV in 18 soggetti sani e 18 emicranici prima e dopo 3 minuti di HV. È stata misurata l’ampiezza della componente P100 in 6 blocchi di 100 registrazioni ciascuno, e quindi calcolata l’abituazione come la variazione di ampiezza tra i 6 blocchi consecutivi.Risultati. Nei soggetti sani HV riduce l’ampiezza dei PEV del primo blocco (p = 0.005) e abolisce la normale abituazione dei PEV (p = 0.005). Nei pazienti emicranici in fase interictale, l’iperventila-zione riduce ulteriormente la già bassa ampiezza dei PEV del primo blocco, (t(1,17) = 3.12, p = 0.006) e rafforza l’alterata abituazione interictale dei PEV (F(1,34)=5.50, p=0.025).Discussione. Un periodo di HV della durata di 3 minuti induce variazioni della responsività della corteccia occipitale in soggetti normali e pazienti emicranici in fase interictale. Verosimilmente questi effetti sono mediati da una anomalia funzionale transitoria del talamo, probabilmente risul-tante da meccanismi tronco encefalici attivati dall’ipocapnia HV-indotta. I nostri risultati rinforzano l’ipotesi dell’emicrania come sindrome da disritmia talamo-corticale.

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CoMUniCazioni orali - iii sessione

APPROCCIO PSICOFISIOLOGICO MULTITASKING AL SOGGETTO EMI-CRANICO: RUOLO DELLA FREQUENZA

V.C. d’Agostino, D. Mannarelli, C. Pauletti, N. Locuratolo, M.C. De Lucia, R. Cerbo, F. Fattapposta

L’emicrania è ormai riconosciuta come una “primarily neural condition”. Gli studi neuro-elettrofi-siologici hanno evidenziato una ridotta “abituazione” dei potenziali cerebrali, indicativa di un’al-terazione nel processo attentivo, che si modifica in relazione alla fase emicranica, raggiungendo la massima espressione subito prima dell’attacco, per poi normalizzarsi nella fase acuta. Pochi studi hanno preso in considerazione la frequenza degli attacchi emicranici in relazione all’eventuale in-fluenza sulle funzioni cognitive. Lo scopo di questo studio è, pertanto, quello di valutare, attraverso un approccio psicofisiologico multitasking, se la frequenza emicranica influenzi selettive funzioni cognitive, quali l’attenzione involontaria, volontaria e sostenuta, il processo di decodifica dello sti-molo e la pianificazione motoria. Metodi: 15 pazienti emicranici (secondo i criteri ICHD-2004) con normale RM encefalo, prove-nienti dal Centro di Medicina del Dolore “Enzo Borzomati”, “Sapienza” Università di Roma, sono stati divisi in due gruppi, uno a bassa frequenza (BF, <3 crisi/mese) e l’altro a media-alta frequenza (M-AF, 3-6 crisi/mese). I due gruppi sono stati confrontati tra di loro e con un gruppo di controllo composto da 13 soggetti sani, a parità di parametri socio-demografici. Tutti i soggetti sono stati sottoposti a test per ansia (State and Trait Anxiety Inventory Y1/2), depressione (Beck Depression Inventory) e disabilità emicranica (Migraine Disability Assessment Scale). Tutti i soggetti sono sta-ti sottoposti ai seguenti paradigmi psicofisiologici mediante l’impiego di stimolo acustico: P300 (odd-ball e novelty), Contingent Negative Variation (CNV) e Mismatch Negativity (MMN). Tutti i pazienti emicranici sono stati registrati in periodo intercritico, a distanza di almeno tre giorni dall’at-tacco emicranico precedente e successivo. Per l’analisi dei dati sono stati impiegati il χ-quadro e il t di Student per campioni indipendenti. Risultati: non è stata osservata nessuna differenza tra i tre gruppi relativamente alle scale psichiatri-che ed alle latenze ed ampiezze delle componenti P300 e P3 Novel, tranne una maggiore ampiezza della componente P2 nel gruppo dei soggetti emicranici BF (p<0.05). In quest’ultimo gruppo una latenza più precoce sia della MMN che della Reorienting Negativity (RON) è stata osservata rispetto agli altri gruppi (p<0.05). Non si riscontrano differenze nell’analisi della CNV tra il gruppo di con-trollo e il gruppo BF, mentre nel gruppo M-AF, si osserva una riduzione dell’ampiezza della CNV nella componente tardiva, significativa sia nel confronto con il gruppo di controllo che con quello dei pazienti emicranici BF (p<0.05). Conclusione: la frequenza emicranica sembrerebbe delineare quadri psicofisiologici diversi nei tre gruppi studiati. I soggetti emicranici a BF dimostrano un’esagerata attività di attenzione ed orien-tamento involontari verso lo stimolo esterno come da “ipervigilanza” (precoce MMN e RON, au-mentata ampiezza della P2 per deficit di abituazione). L’attività di orientamento nel gruppo M-AF appare, invece, sicuramente diversa, sebbene non si possa al momento caratterizzare meglio. Nel gruppo a M-AF, la CNV ci permette di ipotizzare che il processo di attenzione volontaria e so-stenuta nonchè la pianificazione motoria appaiono essere già alterate. In sintesi, l’approccio psicofi-siologico multitasking conferma il coinvolgimento delle strutture associative frontali nell’emicrania e suggerisce che già una frequenza emicranica superiore ai tre attacchi al mese potrebbe comportare un’alterazione dei processi attentivi ed esecutivi.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

COMUNICAZIONI ORALIIV SESSIONE

Moderatori:R. Cantello (Novara),B. Fierro (Palermo)

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CoMUniCazioni orali - iV sessione

ARE MOTOR IMAGERY AND ACTION OBSERVATIONS INNATE OR LEARNED MECHANISMS? A SINGLE-PULSE TMS STUDY

G. Bianco1, M. Feurra1, L. Fadiga2, A. Rossi1, S. Rossi1

1Dipartimento di Neuroscienze, Sezione Neurologia & Neurofisiologia Clinica, Università di Siena2Fisiologia Umana, Università di Ferrara

Background. Motor imagery and movements observation shares partly common neurophysiologi-cal substrates, whose final common pathway is the primary motor cortex (M1). We investigated, by single-pulse TMS of right or left M1, whether repeated sessions of motor imagery and movement observation (i.e., learning effect) modify corticospinal output as tested by the amplitude of motor evoked potentials (MEPs). Methods. Single-pulse TMS was applied in 10 right-handed subjects over the right and left pri-mary motor cortex (M1) in a randomized order, while subjects performed imagined movements or observed pinch grip actions, both involving the left or right First Dorsal interosseous (FDI) muscle. To address the impact of learning, three recording sessions spaced 5-7 days were carried out in all subjects. MEPs were recorded bilaterally from the FDI muscles (i.e., prime movers of the two tasks). Results. We observed a progressive enhancement of the MEPs along the first/third session, exclu-sively for motor imagery task, but only when TMS was delivered over the right M1 (i.e., non-dom-inant hemisphere). No effects emerged for the left M1 stimulation during imagery. Action observa-tion tasks did not change corticospinal output in both hemispheres. Conclusions. These findings suggest that motor imagery is sustained by a cortical network suscep-tible to learning only for the non-dominant hemisphere. On the other hand, the absence of any effects of observation tasks may depend of the more innate nature of these processes.

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Congresso nazionale

LA NATURA SEMANTICA DELLO STIMOLO NELL’APPRENDIMENTO PERCETTIVO VISIVO (EFFETTO “EUREKA”): DATI PRELIMINARI DI UNO STUDIO DI INTERFERENZA MEDIANTE rTMS

A. Borgheresi1, F. Giovannelli1,2, E. Moncini2, G. Zaccara1, M.P. Viggiano2, T. Pizzorusso2,3, N. Berardi2,3, M. Cincotta1

1Unità Operativa di Neurologia, Azienda Sanitaria di Firenze2Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Firenze3Istituto di Neuroscienze, CNR di Pisa

Scopo dello studio. L’effetto “Eureka” è una forma di apprendimento percettivo rapido e duraturo in cui il riconoscimento di una immagine degradata, assente quando l’immagine viene vista per la pri-ma volta, diventa possibile dopo una singola esposizione ad una versione non degradata della stessa immagine. Dati recenti di rTMS indicano che la corteccia parietale (PC) laterale destra e sinistra ha un ruolo cruciale nel processo di consolidamento dell’effetto Eureka (Giovannelli et al, Neu-ropsychologia 2010, in corso di stampa). In questo studio abbiamo utilizzato la rTMS focale come tecnica di interferenza on-line con le funzioni corticali per valutare se il coinvolgimento della PC è influenzato dalla natura semantica dello stimolo. Metodi. Sei volontari sani sono stati sottoposti a un compito di identificazione di immagini degradate raffiguranti facce e animali. Ogni stimolo degrada-to veniva presentato prima dell’esposizione alla sua versione non degradata (fase di apprendimento) e 2 secondi dopo (risposta immediata). Tre blocchi di 16 immagini erano presentati con sequenza random in 3 diverse condizioni sperimentali: 1) baseline (senza rTMS); 2) rTMS focale a 10 Hz di intensità pari al 90% della soglia motoria a riposo, erogata in corrispondenza di P4 (Sistema Inter-nazionale EEG 10-20) simultaneamente alla presentazione dell’immagine non degradata (500 ms); 3) rTMS a livello di Cz (area corticale di controllo). Dopo 30 minuti (risposta ritardata) venivano ripresentate le immagini della fase di apprendimento assieme a 8 immagini nuove, solamente nella versione degradata. Risultati. La rTMS di P4 non interferiva con il riconoscimento delle immagini degradate presentate 2 secondi dopo la presentazione della loro versione non degradata. Al contra-rio, quando le immagini degradate venivano presentate 30 minuti dopo la fase di apprendimento la percentuale di riconoscimento delle immagini apprese era inferiore nella condizione con rTMS di P4 (50.0 ± 15.8% e 54.2 ± 21.6% rispettivamente per facce e animali) rispetto alla baseline (66.7 ± 9.1% e 70.8 ± 18.8%) ed alla rTMS di Cz (65.3 ± 33.9 e 63.9 ± 24.0%). L’effetto della rTMS era simile per entrambe le categorie di stimoli. Conclusioni. Questi dati preliminari suggeriscono che il ruolo della PC laterale destra nel processo di consolidamento dell’effetto Eureka è sovra-categoriale, essendo presente per stimoli raffiguranti sia facce che animali.

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CoMUniCazioni orali - iV sessione

MECCANISMI NEUROFISIOLOGICI DEL CONFLITTO MORALE:MODULAZIONE DELL’ATTIVITÀ OSCILLATORIA DEL NUCLEO SUBTALAMICO DURANTE SCELTE CONFLITTUALI IN PAZIENTI CON MALATTIA DI PARKINSON

M. Rosa1, M. Fumagalli1, G. Giannicola1, S. Marceglia1, S. Mrakic-Sposta1, M. Sassi2, D. Servello2, M. Porta2, L. Romito3, A. Franzini3, A. Albanese3, S. Barbieri1,4, G. Pravettoni5, A. Priori1

1Centro Clinico per le Neuronanotecnologie e la Neurostimolazione, Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano. 2Divisione Neurochirurgia, Centro per le malattie extrapiramidali e la sindrome di Tourette, IRCCS Galeazzi, Milano.

3U.O. Neurologia I – Disturbi del Movimento, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico “Carlo Be-sta”, Milano. 4Unità Operativa di Neurofisiopatologia Clinica, Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggio-re Policlinico, Milano. 5Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università degli Studi di Milano. Centro interdiparti-mentale di Ricerca e Intervento sui Processi Decisionali (IRIDe), Milano

Scopo dello studio. È noto che il nucleo subtalamico (NS) è implicato non solo nel controllo mo-torio ma anche nella regolazione degli impulsi e nei processi decisionali. Frank et al. (2007) hanno ipotizzato, basandosi su dati comportamentali, un coinvolgimento del NS nelle decisioni di tipo conflittuale. L’impianto di macroelettrodi per la stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Sti-mulation - DBS) offre la possibilità di registrare l’attività elettrica subtalamica (Local Field Poten-tials - LFPs) in pazienti affetti da malattia di Parkinson (MP). Il nostro obiettivo è quindi valutare il coinvolgimento dell’NS nelle decisioni conflittuali studiando la modulazione dei LFP durante processi decisionali in ambito morale. Metodi. 16 pazienti affetti da MP sottoposti ad intervento di DBS (8 uomini, età media 59 anni, UPDRS III medio ON/OFF 12/35) hanno svolto un task computerizzato di decisione morale. I sog-getti sono stati istruiti ad esprimere il proprio accordo o disaccordo a ciascuna frase presentata sullo schermo del computer premendo il tasto corrispondente; le frasi sono state classificate come: morali conflittuali, morali non conflittuali e neutre. Il compito è stato somministrato 4 giorni dopo l’intervento e, durante la sua esecuzione, è stata registrata bilateralmente l’attività elettrica del NS dai macroelettrodi impiantati per la DBS. I LFPs sono stati filtrati (2–512 Hz), amplificati (100 000x), digitalizzati con frequenza di campionamento 1024 Hz e quantizzati a 12 bit. È stata inda-gata l’attività oscillatoria tramite un approccio tempo-frequenza (trasformata di Hilbert) in grado di evidenziare modulazioni istantanee nelle bande di frequenza di interesse (in particolare nelle basse frequenze 5-13 Hz e nella banda beta 14-30 Hz).Risultati. L’analisi spettrale dei LFPs mostra un aumento della potenza dell’attività oscillatoria in bassa frequenza durante l’intero processo decisionale (decisione vs baseline p<0.005, decisione vs movimento p<0.0005) mentre la banda beta risulta coinvolta solo nella funzione motoria. La potenza delle basse frequenze risulta significativamente maggiore durante la somministrazione di frasi morali conflittuali rispetto a frasi morali non conflittuali (media ± i.c., %: 37.37 ± 13.13 vs 26.61 ± 6.07, p=0.047) e neutre (37.37 ± 13.13 vs 23.36 ± 7.60, p= 0.008).Conclusioni. Tali risultati dimostrano il coinvolgimento dell’NS nei processi decisionali di tipo morale attraverso la modulazione di attività oscillatorie specifiche che correlano con il livello di conflittualità.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

POSTER

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Congresso nazionale

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

DOLOREI SESSIONE

Moderatori:A. Truini (Roma), M. Valeriani (Roma)

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Congresso nazionale

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PosTer - Dolore i sessione

LA SENSAZIONE DI FREDDO DOLOROSO QUALE PECULIARE FENOTIPO DI DOLORE NEUROPATICO NELLE NEUROPATIE PERIFERICHE DELLE PICCOLE FIBRE NERVOSE

G. Devigili1,3, V. Tugnoli2, J. Capone2, P. Lanteri1, A. Critelli1, S. Rinaldo4, C. Lettieri4, R. Eleopra4

1) Ospedale dell’Angelo, Mestre Venezia;2) Serv. Neurofisiologia Clinica Arcispedale S’Anna Ferrara3) Clinica Neurologica Università di Ferrara4) S.O.C. di Neurologia, D.A.I. di Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria della Misericordia, Udine

Scopo dello studio:Il dolore spontaneo freddo e segni positivi quali iperalgesia ed allodinia al freddo sono sintomi comuni nei pazienti con neuropatie dolorosa. Meno frequentemente si presentano come unica sintomatologia con caratteristiche cliniche peculiari. Lo scopo di questo studio è di verificare se sia presente un pattern clinico neurofisiologico distinto in questo fenotipo di dolore neuropatico e di caratterizzarne gli aspetti fisiopatologici per meglio indagare gli eventuali meccanismi sottostanti. Metodi: sono stati selezionati 7 pazienti con neuropatia delle piccole fibre (NPF) caratterizzata da esclusivo dolore freddo, e sottoposti a completa valutazione neuroalgologica e neurofisiologica (Studio di conduzione nervosa ed EMG), valutazione delle soglie termoalgesiche (QST) e della sensibilità tattile con filamenti di vonFrey, studio dei riflessi assonali basale e da stimolo termico al caldo e dopo somministrazione locale di mentolo e cinnamaldeide in due giorni differenti a livello della gamba distale, con registrazione della curva del dolore e del flare cutaneo. Inoltre sono state effettuate due biopsie cutanee per lo studio dell’innervazione con marcatore panassonale (PGP9.5) e per la mielina (MBP).Inoltre come popolazione di controllo sono stati studiati 10 soggetti sani e 10 pazienti con NPF con dolore bruciante, entrambi i gruppi erano di pari età e sesso. Results: L’applicazione di Mentolo ha etermiato significativa sensazione di freddo ma non dolore nei soggetti sani, mentre ha causato dolore in 7 di 10 pazienti con dolore bruciante e in 6 su 7 con dolore freddo. Inoltre in 8 su 10 pazienti con dolore bruciante ha causato allodinia tattile puntata, iperalgesia al freddo e presenza di flare cutaneo. Il flare cutaneo era assente nei pazienti con dolore freddo, sia mentolo che cinnamaldeide non hanno prodotto alcuna sensazione. Gli altri test erano invariati rispetto alla valutazione basale (sensibilità tattile, termica, fenomeni positivi di sommazione spaziale e temporale). La biopsia cutanea ha dimostrato che pazienti con dolore freddo presentavano una maggior compromissione dell’innervazione del derma con una riduzione delle fibre MBP-positive, rispetto ai pazienti con dolore bruciante.Conclusioni: questi pazienti presentano un fenotipo di dolore neuropatico peculiare, che può essere derivare da una selettiva disfunzione dei delle fibre termocettive che esprimono I recettori TRPM8 and TRPA1 correlati alla sensibilità al freddo. Sono necessary ulteriori studi a conferma.

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NEUROPATIA DIABETICA SIMMETRICA DISTALE. DIFFERENZE TRA SOGGETTI CON E SENZA DOLORE NEUROPATICO

M. Mondelli 1, A. Aretini 1, A. Baldasseroni 2

1 Servizio territoriale di EMG ASL 7 Siena2 U.O. di Epidemiologia, ASL 10 Firenze

Introduzione Si stima che circa il 33% dei pazienti con diabete mellito sia affetto da neuropatia pe-riferica e che 1/4 lamenti dolore neuropatico cronico. La forma più comune di neuropatia diabetica è quella simmetrica distale (ND). Scopo del lavoro è dimostrare prospetticamente in un campione non selezionato e consecutivo di pazienti con ND se esistano differenze tra pazienti con e senza dolore neuropatico e se il dolore possa essere associato a variabili demografiche, cliniche ed elettrofisiolo-giche.Pazienti e Metodi Sono stati reclutati, nel corso di 4 anni, in un ambulatorio di EMG di I livello, 154 pazienti consecutivi affetti da ND (età media 67 anni, 64.3% uomini). La diagnosi di ND veniva posta in base ai sintomi, all’obiettività clinica (punteggio del DNI>2) e alla presenza di alterazioni neurografiche in almeno due nervi di due diversi arti inferiori, in assenza di altre cause di neuropa-tia. Il dolore neuropatico veniva considerato presente se lo score del DN4>4. Sono state calcolate le differenze tra il gruppo di pazienti con ND dolorosa (n.78) e quelli senza dolore neuropatico (n.76) relativamente a età, sesso, BMI, tipo e durata del diabete, tipo di terapia antidiabetica, Hb glicata, tipo e durata dei sintomi della ND, score del DNI, VAS per il dolore, presenza di altre complicanze diabetiche, valori neurografici dei nervi peroneo profondo, tibiale, surale e peroneo superficiale, pre-senza di un tracciato neurogeno all’EMG. Venivano adoperati il test di Student e di Mann-Whitney per le variabili continue ed ordinali e il chi quadrato per le variabili dicotomiche. Infine sono state eseguite regressioni logistiche per il calcolo degli Odds Ratio (OR) volti a valutare la forza di asso-ciazione fra variabile dipendente “presenza/assenza di dolore neuropatico” e variabili indipendenti, scelte fra quelle che all’analisi univariata mostravano differenze significative tra i due gruppi. Nella regressione logistica i valori delle variabili continue sono state dicotomizzate o trasformate in 3 o 4 categorie.Risultati Le differenze, tra il gruppo di pazienti con ND dolorosa e non, riguardavano la presenza di alcuni sintomi (bruciore e astenia) che erano più frequenti nel gruppo con ND dolorosa e dello score del DNI, che era superiore nel gruppo con ND. Le alterazioni di tutti i parametri di conduzione di tutti i nervi e quelle EMG erano più gravi nei soggetti con ND dolorosa. Inoltre la ND con interessa-mento solo sensitivo era più frequente nel gruppo con ND non dolorosa. Non c’erano differenze nel gruppo con ND dolorosa tra chi assumeva terapia antidolorifica e chi no eccetto che per la VAS, che era maggiore e la presenza dei sintomi “bruciore” e “crampi” che erano più frequenti nel gruppo che non assumeva terapia. Nei modelli di regressione logistica risultavano significativi: tra i dati elettro-fisiologici solo lo score dell’EMG (OR 2.3, 95%CI 1.1-4.9), tra i sintomi soggettivi: il bruciore (OR 6.7, 95%CI 2.8-16.4), le parestesie (OR 4.9, 95%CI 1.7-14.4) e l’astenia (OR 3.5, 95%CI 1.4-8.6), e tra il reperti oggettivi lo score del DNI (OR 2, 95%CI 1.4-2.8). Conclusioni La presenza di dolore neuropatico nella ND interessa circa la metà dei soggetti ed è più frequente nella forma classica sensitivo-motoria rispetto a quella solo sensitiva. La presenza del dolore è associata alla severità clinica della ND valutata con il DNI e alla presenza di alcuni sintomi. Mentre nessun parametro demografico o legato al diabete o alla gravità neurografica si associa a dolore, solo la presenza di un tracciato EMG neurogeno si associa alla ND dolorosa. Pertanto il dolore neuropatico è indipendente

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dal grado di severità di interessamento delle fibre sensitive di maggiore diametro (Ab). Del resto, alcuni dati della letteratura testimoniano la presenza di dolore neuropatico nei pazienti diabetici in assenza di reperti clinici o strumentali di neuropatia periferica classica.

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IL FENOMENO DEL HABITUATION NEL RIFLESSO NOCICETTIVO DI FLESSIONE

A. Perrottaa, M. Serraob, G. Coppolab, A. Ambrosinia, M. Bartoloa, G. Sandrinic,F. Pierellia

a IRCCS “Neuromed”, University of Rome “Sapienza”, Headache Clinic, Pozzilli, Isernia, ItalybUniversity Centre for Adaptive Disorders and Headache, University of Rome “Sapienza” Polo Pontino-ICOT, Latina, Italy

cUniversity Centre for Adaptive Disorders and Headache, IRCCS ‘‘C. Mondino Institute of Neurology” Foundation, University of Pavia, Pavia, Italy

BackgroundIl fenomeno dell’ “habituation” (riduzione progressiva dell’entità di una risposta ad uno stimolo in seguito alla somministrazione ripetuta dello stesso) rappresenta una ben documentata e fondamen-tale forma di plasticità del sistema nervoso. Anomalie di tale fenomeno a seguito di stimoli tattili e nocicettivi in sede trigeminale sono note in patologie dolorose del sistema nervoso centrale come l’emicrania e la cefalea a grappolo (Perrotta et al., 2008). Al contrario il fenomeno dell’ habituation delle risposte nocicettive di evitamento è stato scarsamente studiato nell’uomo. Nell’animale le risposte nocicettive di evitamento come l’hindlimb withdrawal reflex ed il tail flick hanno mostrato un comportamento decrementale in conseguenza di stimoli ripetuti, compatibile con il fenomeno dell’habituation e correlato con l’intensità e la frequenza della stimolazione. In questo studio ab-biamo analizzato il fenomeno dell’habituation del riflesso nocicettivo di evitamento (nociceptive withdrawal reflex, NWR) dell’arto inferiore.

Materiali e metodiAbbiamo reclutato 10 soggetti sani (età media 27,4 anni). Ogni soggetto è stato sottoposto ad una valutazione neurofisiologica per la determinazione del NWR e dei relativi correlati psicofisici di percezione del dolore (numerical rating scale-NRS). Per ottenere la risposta riflessa è stato stimolato il nervo surale con registrazione dal muscolo bicipite femorale omolateralmente al sito di stimola-zione. La stimolazione consiste in un treno di stimoli elettrici (cinque stimoli della durata di 1 msec ripetuti a 200Hz). Per la valutazione del fenomeno dell’habituation è stata analizzata l’area sotto la curva delle risposte derivate dal rilascio di 16 stimoli consecutivi a diverse frequenze (0.05, 0.1, 0.2, 0.5, 1Hz). Per ogni frequenza le risposte sono state suddivise in 3 blocchi da 5 risposte a partire dalla seconda. Il rapporto percentuale tra il secondo ed il terzo blocco rispetto al primo è stato considerato come indice del fenomeno dell’habituation.

RisultatiI dati ottenuti mostrano comportamenti differenti del NWR in relazione alla frequenza di stimolazio-ne. Per le frequenze di stimolazione più basse (0.05 ed 0.1Hz) abbiamo registrato una significativa differenza nell’area delle risposte tra il secondo ed il terzo blocco rispetto al primo. Per la frequenza di stimolazione intermedia (0.2Hz) abbiamo osservato la comparsa di una significativa riduzione dell’AUC nel terzo blocco rispetto al primo (habituation). Infine per le frequenze più elevate (0.5 ed 1Hz) abbiamo osservato un incremento dell’AUC nel terzo blocco risposte rispetto al primo (facilitazione).

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RisultatiI dati ottenuti documentano la possibilità di modulare il NWR inducendo habituation o facilitazione attraverso un paradigma di facile esecuzione. Tale metodica apre la possibilità di un’ applicazio-ne a condizioni patologiche dolorose del sistema nervoso nelle quali potrebbe rivelarsi sensibile nell’identificare anomalie nel processamento degli stimoli nocicettivi.

BIBLIOGRAFIA

1. Perrotta A, Serrao M, Sandrini G, Bogdanova D, Tassorelli C, Bartolo M, Coppola G, Pierelli F, Nappi G. Reduced habituation of trigeminal reflexes in patients with episodic cluster headache during cluster period. Cephalalgia. 2008 Sep;28(9):950-9.

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L’ELABORAZIONE NOCICETTIVA SPINALE NEI SOGGETTI AFFETTI DA COREA DI HUNTINGTON. IL RUOLO DEL CONTROLLO SOVRA SPINALE DEL DOLORE

C. Serpino a A. Perrottab, G. Sandrini c M. de Tommaso a

a Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”b IRCCS “Neuromed”, Università di Rome “Sapienza”, Headache Clinic, Pozzilli, Isernia, Italyc University Centre for Adaptive Disorders and Headache, Neurorehabilitation Unit, IRCCS ‘‘C. Mondino Institute of Neurology” Foundation, University of Pavia, Pavia, Italy

SCOPO DELLO STUDIOLa Corea di Huntington (HD) è caratterizzata da una progressiva perdita neuronale a carico del corpo dello striato che si traduce in una caratteristica comparsa di disturbi motori, sensitivi, cognitivi e comportamentali.Da un punto di vista clinico, la rarità di espressione di sintomi dolorosi nei pazienti affetti da Corea di Huntington potrebbe essere posta in relazione con la peculiare alterazione degenerativa striatale alla base della HD Studi precedenti condotti medianti potenziali evocati laser suggeriscono che nei pazienti affetti da HD la facilitazione della corteccia motoria possa ridurre la attivazione di aree corticali predisposte alla elaborazione di stimoli nocicettivi (de Tommaso et al unpublished data)Abbiamo ipotizzato che nella HD, la deafferentazione striatale potrebbe contribuire allo sviluppo di un’ alterazione del processamento nocicettivo spinale legato o meno alla presenza di una alterazione dello stato funzionale del controllo sovra spinale del dolore. MATERIALI E METODIAbbiamo testato 15 soggetti affetti da HD e 15 soggetti di controllo e abbiamo misurato la soglia, l’area e la soglia di sommazione temporale (TST) del riflesso nocicettivo di flessione (NWR) prima, durante e dopo la attivazione del sistema di controllo diffuso discendente del dolore (DNIC), per mezzo del cold pressure test (CPT).I parametri che abbiamo analizzato sono il NWR dopo singolo treno di stimoli e dopo stimolazione ripetuta (sommazione temporale) e la percezione psicofisica dell’intensità degli stimoli mediante scala numerica (NRS). Abbiamo stimolato il nervo surale (coppia di elettrodi monopolari Ag/Cl) in sede retro malleolare con registrazione (coppia di elettrodi monopolari Ag/Cl) dal muscolo bicipite femorale capo breve, omolateralmente al sito di stimolazione. La stimolazione del nervo è stata effettuata rilasciando un treno di stimoli elettrici (cinque stimoli della durata di 1 msec ripetuti a 200Hz) singolarmente (riflesso nocicettivo di flessione) o in serie da cinque a 2Hz di frequenza (sommazione temporale). Abbiamo poi applicato il cold pressure test per l’attivazione del sistema di controllo diffuso discendente del dolore (DNIC) e la valutazione dell’effetto sulla TST del NWR e sulla sommazione temporale del dolore.Il test consiste nella registrazione della soglia di comparsa del NWR e della TST dopo immersione della mano fino al polso in acqua a temperatura ambiente (control-session), a 4°C per 3-5 min (pain-session) e dopo 5 minuti dalla pain-session (after-effect), controlateralmente al lato stimolato. Tale metodo (Serrao et al., 2004; Perrotta et al., 2009) consente, attraverso la stimolazione eterotopica nocicettiva, di attivare il sistema DNIC per controllo discendente sovra spinale del dolore. L’attivazione di tale sistema è in grado di deprimere la risposta nocicettiva NWR e TST e quindi

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l’analisi di tali risposte durante l’attivazione del sistema in grado di fornire informazioni utili sullo stato funzionale dello stesso.RISULTATI Nei pazienti affetti da Corea di Huntington abbiamo rilevato un aumento della soglia di evocazione del riflesso di flessione, nonché un aumento della soglia di sommazione temporale, rispetto ai controlli. Inoltre, la pain session del cold pressure test (CPT) ha indotto nei soggetti affetti da HD un effetto inibitorio sulla soglia di sommazione temporale significativamente più elevato rispetto ai soggetti di controllo. CONCLUSIONINella HD, la deafferentazione striatale potrebbe contribuire allo sviluppo di un’incrementata attività funzionale dei sistemi di controllo inibitorio discendenti del dolore (DNIC) che regolano l’attività dei neuroni nocicettivi midollari, con conseguente inibizione delle risposte nocicettive riflesse. Questo potrebbe spiegare la rarità di espressione di sintomi dolorosi nei pazienti affetti da Corea di Huntington.

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CENTRAL SENSITIZATION IS ASSOCIATED WITH EXTRATERRITORIAL SPREAD OF SENSORY SYMPTOMS IN PATIENTS WITH CARPAL TUNNEL SYNDROME

S. Tamburin, M.L. Praitano, C. Cacciatori, C. Foscato, C. Cazzarolli, A. Fiaschi, G. Zanette

University of Verona, Department of Neurological Sciences and Vision, Verona; Pederzoli Hospital, Peschiera–Verona, Italy

Extraterritorial spread of sensory symptoms is common in carpal tunnel syndrome (CTS). Animal models indicate that this phenomenon may depend on central sensitization. We sought to obtain psychophysical evidence of sensitization in CTS with extraterritorial symptoms spread.We recruited 100 unilateral CTS patients. After selection to rule out concomitant upper-limb causes of pain, 48 patients were included. The hand symptoms distribution was graded with a diagram into median and extramedian pattern. Patients were asked on proximal pain. Quantitative sensory testing (QST) was performed in the territory of injured median nerve and in extramedian territories to document signs of sensitization (hyperalgesia, allodynia, wind-up).Extramedian pattern and proximal pain were found in 33.3% and 37.5% of patients, respectively. The QST profile associated with extramedian pattern includes thermal and mechanic hyperalgesia in the territory of the injured median nerve and in those of the uninjured ulnar and radial nerves and enhanced wind-up. No signs of sensitization were found in patients with the median distribution and those with proximal symptoms.Different mechanisms may underlie hand extramedian and proximal spread of symptoms, respectively. Extramedian spread of symptoms in the hand may be secondary to spinal sensitization but peripheral and supraspinal mechanisms may contribute. Proximal spread may represent referred pain. Central sensitization may be secondary to abnormal activity in the median nerve afferents or the consequence of a predisposing trait. Our data may explain the presence of non-anatomical sensory patterns in neuropathic pain.

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DAMAGE TO SMALL AND LARGE MEDIAN NERVE FIBERS IN CARPAL TUNNEL SYNDROME. A QUANTITATIVE SENSORY THRESHOLD STUDY

S. Tamburin, M.L. Praitano, C. Cacciatori, C. Foscato, C. Cazzarolli, G. Zanette

University of Verona, Department of Neurological Sciences and Vision, Verona; Pederzoli Hospital, Peschiera–Verona, Italy

We explored the contribution of median nerve small (A-delta, C) and large (A-beta) fiber damage to the severity and topographic distribution of sensory symptoms in carpal tunnel syndrome (CTS) and the timing of fiber damage across CTS stages. We recruited 100 CTS patients. After selection, 44 patients were included. They underwent electrodiagnostic and quantitative sensory testing (QST) study and were asked on the severity of sensory symptoms (daytime and night pain and paresthesia), on the distribution of hand symptoms and the presence of proximal symptoms. Daytime pain severity was significantly correlated with A-delta-fiber damage. Small fiber QST measures did not change across CTS stages. QST measure of large fiber function was significantly worse in advanced vs. earlier CTS. QST findings were not correlated to the topographical distribution of symptoms. A-delta-fiber damage contributes to CTS daytime pain. Night pain and paresthesia might be ascribed to ectopic fiber discharges secondary to median nerve enhanced mechanosensitivity. Small fiber damage takes place earlier, while A-beta-fibers are involved in more severe CTS. Median nerve fiber involvement does not directly contribute to extraterritorial symptoms spread. Our data may help understanding CTS pathophysiology and explain the well-known discrepancy between CTS symptoms and electrodiagnostic findings.

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STUDIO COMPARATIVO TRA POTENZIALI EVOCATI NOCICETTIVI DA STIMOLO ELETTRICO E DA STIMOLO LASER

E. Vecchio, M. de Tommaso, R. Santostasi, V. Devitofrancesco, P. Lamberti, P. Livrea

Dipartimento di Scienze Neurologiche e PsichiatricheUniversità degli Studi “Aldo Moro” Bari SCOPO DELLO STUDIOGli studi elettrofisiologici sono essenziali per una migliore comprensione della fisiopatologia delle sindromi dolorose, in quanto valutano l’integrità morfologica e funzionale delle vie nocicettive. Le stimolazioni laser consentono una attivazione selettiva dei termo-nocicettori A-Delta e C della cute irsuta, senza la concomitante attivazione di meccanocettori e fibre A-beta. Le corrispondenti risposte corticali sono dette “potenziali evocati laser” (PEL). Le componenti dei PEL consistono in un complesso negativo-positivo maggiormente espresso al vertice, detto N2-P2, ed una più piccola onda negativa, rilevata da derivazioni temporali, definita N1. Il laser CO2, che è il laser più convalidato e facilmente disponibile, ha una una penetrazione profonda nella cute superficiale, e provoca ustioni superficiali.Un nuovo metodo non invasivo per la stimolazione elettrica nocicettiva della cute è stato recente-mente introdotto con l’uso di un elettrodo concentrico piano (CE). Grazie alla sua forma ed alla ridotta distanza tra anodo e catodo, questo tipo di stimolatore elettrico produce un’alta densità di corrente a bassa intensità. Pertanto, la depolarizzazione è limitata allo strato superficiale del derma contenente le fibre nocicettive A-delta, e non raggiunge gli strati più profondi che contengono in maniera predominante fibre A-beta. Tuttavia, la stimolazione elettrica raggiunge direttamente gli assoni delle fibre A-beta, provocando la loro depolarizzazione. La selettività di qualsiasi tipo di stimolo elettrico per le fibre A-delta, qualunque siano le sue carat-teristiche, è ampiamente incerta.Solo pochi studi sono disponibili sulle risposte corticali indotte da stimolazione nocicettiva elettrica. In questo studio confrontiamo i potenziali nocicettivi da stimolo elettrico (PREP) con i PEL in soggetti sani usando una registrazione multicanale e una valutazione della fonte dipolare dell’onda tardiva di vertice.

MATERIALI E METODIAbbiamo studiato 11 soggetti sani, di età compresa tra i 23-50 anni.La registrazione è stata effettuata mediante 19 elettrodi nelle posizioni standard del sistema interna-zionale 10/20 più 35 elettrodi addizionali applicati nelle coordinate x-y-z del software ASA (ASA version 4.7; by ANT Software, Enschede, Netherlands), con elettrodo di riferimento applicato al nasion, l’ elettrodo di terra in Fpz, ed un elettrodo posizionato sul sopracciglio destro per l’elettro-oculogramma (EOG). Per la stimolazione nocicettiva elettrica è stato utilizzato uno stimolatore elettrico singolo con elet-trodo concentrico bipolare costituito da un catodo centrale di metallo (D: 0.5 mm) inserito in un anello isolante del diametro di 5 mm e un anodo esterno (D: 6mm) che fornisce un’area di stimola-zione di 19.6 mm2. La stimolazione laser consisteva in un impulso del diametro di 2.5 mm e durata di 45 msec generato da laser CO2 (lunghezza d’onda 10.6 um).La stimolazione è stata applicata ad intensità superiore alla soglia dolorifica, determinata con l’uti-

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lizzo di una scala analogico-verbale 0-10. Abbiamo applicato in entrambi i casi delle serie di 20 stimoli con intervallo interstimolo di 15-20 sec.Abbiamo stimolato il dorso della mano destra e la zona sopra-orbitaria destra con due serie per en-trambi i siti di stimolazione. È stata poi utilizzata una scala analogica visiva (VAS) per la valutazione dell’intensità del dolore indotto dagli stimoli.

RISULTATIAbbiamo rilevato che tra PREP e PEL l’ampiezza delle onde e la loro distribuzione topografica sono sovrapponibili, ma non le loro latenze a parità di sito di stimolazione, risultando queste ultime ridotte nei PREP.

CONCLUSIONIL’ampiezza, la morfologia, e la rappresentazione topografica dei potenziali evocati da stimolo elet-trico, indicano una prevalente attivazione delle fibre A-delta, come nei PEL.La differenza di latenza sembra indicare una possibile minima co-attivazione delle fibre A-beta da parte dello stimolatore elettrico.

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ANOMALIE SUBCLINICHE DELLA FUNZIONE SUDOMOTORIA IN PAZIENTI AFFETTI DA NEUROPATIA DOLOROSA DELLE PICCOLO FIBRE

V. Provitera1, M. Nolano1, G. Caporaso1, A. Stancanelli1, A.M. Saltalamacchia1, B. Lanzillo1, L. Santoro2

1Fondazione “Salvatore Maugeri” IRCCS – Centro Medico di Telese Terme (BN)2Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università degli Studi “Federico II” di Napoli

Il dolore è il sintomo clinico più importante nelle neuropatie delle piccole fibre. Pertanto tali condi-zioni sono in genere definite come neuropatie dolorose delle piccole fibre o painful small fiber neu-ropathies (PSFN). Disturbi autonomici ed in particolare anomalie della funzione sudomotoria sono state descritte nelle PSFN, ma le caratteristiche del coinvolgimento sudomotorio e la relazione tra la perdita di fibre epidermiche e la disautonomia non sono ancora completamente chiarite.Per valutare la funzione sudomotoria nelle PSFN, abbiamo reclutato 16 pazienti (9 maschi, 7 fem-mine, età 48.1±12.1 anni), che riferivano dolori urenti alle estremità ma con obiettività clinica e nurofisiologica negative. In nessun caso era stato possibile identificare una causa per il danno ner-voso per cui era stata ipotizzata una diagnosi di PSFN idiopatica. Tutti i soggetti hanno praticato studio quantitativo della sudorazione in due siti (avambraccio e gamba) mediante dynamic sweat test (DST). È stata valutata la densità di ghiandole sudoripare attivate per cm2, il volume medio di sudore prodotto per ghiandola e per cm2 di cute dopo stimolazione con pilocarpina per ionoforesi. I pazienti sono stati sottoposti inoltre a biopsia di cute a livello della gamba. I campioni cutanei sono stati processati con tecniche di immunofluorescenza indiretta e analizzati mediante l’analisi di immagine ottenute in microscopia confocale per la determinazione della densità lineare di fibre ner-vose epidermiche (ENF). I risultati sono stati confrontati con i dati normativi del nostro laboratorio. Tutti i pazienti hanno mostrato anomalie della funzione sudomotoria (ridotta densità di ghiandole attivate e/o ridotta produzione di sudore all’avambraccio o alla gamba). Una significativa riduzione della densità di ghiandole sudoripare per cm2 è stata osservata sia all’avambraccio che alla gamba mentre una significativa riduzione del volume di sudore prodotto per cm2 è stata osservata solo alla gamba nei pazienti neuropatici. La densità di ENFs era ridotta in 11 pazienti su 16 sebbene anomalie morfologiche (anomalie di distribuzione, slargamenti focali) delle fibre somatiche ed autonomiche fossero presenti in tutti i campioni esaminati. Nessuna correlazione è stata osservata tra densità di ENFs e funzione sudomotoria.Abbiamo osservato anomalie della sudorazione in tutti i pazienti esaminati. Tuttavia, mentre all’avambraccio la ridotta densità di ghiandole sudoripare non ha prodotto un quadro di ipoidrosi, per un incremento relativo dell’output sudomotorio delle ghiandole superstiti probabilmente di natu-ra compensatoria, ipoidrosi si è osservata alla gamba dove la riduzione della densità ghiandolare era associata ad una ridotta produzione di sudore per cm2. Il DST appare uno strumento adatto a studiare le modifiche fisiopatologiche che sottendono le anomalie sudomotorie nelle PSFN.

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EFFICACIA DELLA PALMITOYLETHANOLAMIDE NEI PAZIENTI CON NEUROPATIA DOLOROSA. STUDIO CLINICO E NEUROFISIOLOGICO

A. Biasiotta, G. Di Stefano, C. Leone, S. La Cesa, A. Truini, G. Cruccu

Dipartimento di Scienze Neurologiche. Università Sapienza, Roma

Studi recenti hanno suggerito che il processo infiammatorio ed in particolare i mastociti giochino un ruolo cruciale nella fisiopatologia del dolore neuropatico. La palmitoylethanolamide è in grado di inibire l’attività dei mastociti. L’obiettivo del nostro studio è stato valutare l’efficacia di tale farmaco nei pazienti con dolore neuropatico in corso di polineuropatia distale simmetrica. Quindi, abbiamo esaminato gli effetti della palmitoylethanolamide su disturbi sensitivi, dolore, conduzione nervosa e potenziali evocati laser (LEPs) in 25 pazienti con neuropatia dolorosa che non avevano mai assunto terapia per il dolore neuropatico.Dopo due mesi dall’inizio del trattamento con palmitoylethanolamide la percezione del dolore era inferiore (P = 0.0005), e le ampiezze dei SAP dei nervi surale ed ulnare erano maggiori (P = 0.04). Le variazioni dell’ampiezza dei LEPs si avvicinavano alla significatività (P = 0.06). I nostri risultati preliminari suggeriscono che la palmitoylethanolamide può migliorare la funzionalità della fibra nervosa e ridurre il dolore neuropatico.

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EFFECT OF SPINAL TRANSCUTANEOUS DIRECT CURRENT STIMULATION ON LASER EVOKED POTENTIALS IN HEALTHY HUMANS

S. La Cesa, M. Vergari, A. Biasiotta, E. Iacovelli, G. Di Stefano, M. Gabriele, V. Frasca, F. Pichiorri, G. Cruccu, M. Inghilleri, A. Truini, A. Priori

1. Department of Neurological Sciences, University La Sapienza, Rome2. Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università di Milano, Fondazione IRCCS, Ospedale Maggiore Policlinico, Milano

Laser-evoked potentials (LEPs) are brain responses to laser radiant heat pulses and reflect the activa-tion of A-delta nociceptors. LEPs are to date the reference standard technique for studying nocicep-tive pathway function in patients with neuropathic pain. Transcutaneous direct current stimulation is widely used to induce changes in neuronal excitability. To find out whether transcutaneous direct current (DC) stimulation modulates spinal nociceptive pathway function, we measured changes in-duced by anodal and cathodal DC stimulation over the thoracic spinal cord on foot-LEPs in 10 healthy subjects. We found that anodal stimulation reduced the amplitude of N1 and N2 compo-nents (P = 0.008, one sample t-test). Cathodal stimulation left LEP amplitude unchanged. Our data indicate that transcutaneous DC modulates spinal nociceptive pathway function. Further studies are needed to verify whether spinal DC may be an effective treatment for pain.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

ELETTROMIOGRAFIAI SESSIONE

Moderatori:D. Cocito (Torino),

R. Liguori (Bologna)

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Congresso nazionale

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eleTTroMiograFia - i sessione

RUOLO DELLA DIFFERENZA DI LATENZA TRA SECONDO LOMBRICALE - I – INTEROSSEO NELLA DIAGNOSI DI SINDROME DEL TUNNEL CARPALE IN PAZIENTI CON POLINEUROPATIA DIABETICA

M.G. Anastasio, F. Pujia, L. Parisi, M. Brienza, G.A. Amabile, G.O. Valente

Dipartimento di Neurologia e ORL – Università di Roma “Sapienza”

Scopo: la Sindrome del Tunnel carpale (STC) e la polineuropatia diabetica sono condizioni mor-bose comuni nei pazienti con diabete e spesso sono concomitanti. In alcuni casi di polineuropatia diabetica il potenziale d’azione sensitivo (SAP) del nervo mediano e il potenziale d’azione motorio (cMAP) derivato dal muscolo abduttore breve del pollice possono essere assenti, mentre i cMAPs delle fibre motorie derivate dal muscolo II lombricale e dal muscolo I interosseo sono spesso ancora registrabili. Lo scopo di questo studio è mettere in evidenza la maggiore sensibilità del confronto tra latenze del cMAP derivato dal muscolo secondo lombricale e del cMAP derivato dal muscolo I interosseo (2L-INT), rispetto alle tecniche standard, nella diagnosi di sindrome del tunnel carpale, in pazienti polineuropatia diabetica.Metodi: 30 pazienti diabetici sono stati sottoposti ad esame elettroneurografico standard ai 4 arti (SAPs, cMAP, VCS, VCM e onda F del nervo mediano e ulnare bilateralmente, cMAP, VCM e onda F del nervo peroneo comune e del nervo tibiale bilateralmente, SAPs e VCS del nervo surale e del nervo peroneo superficiale bilateralmente). La differenza di latenza tra 2L-INT è stata misurata in tutti i pazienti. Un gruppo di controllo di 25 soggetti sani è stato sottoposto alle stesse misurazioni. Le medie delle latenze distali del nervo mediano e ulnare, ottenute con le tecniche standard e con il confronto tra latenze secondo la tecnica 2L-INT, sono state confrontate mediante il test T di Student, le percentuali dei casi di sindrome del tunnel carpale diagnosticate con le due diverse tecniche sono state confrontate con il test del X2 .Risultati: Mediante tecniche standard sono stati individuate 20 mani con STC e tutte avevano una differenza di latenza mediante tecnica 2L-INT significativa. Una polineuropatia assonale severa è stata individuata in 20 pazienti (40 mani). L’incidenza di STC nei pazienti con polineuropatia dia-betica, usando tecniche standard era 11/40 (27,5%) mani, usando la differenza di latenza mediante tecnica 2L-INT era di 17/45 (42,5%) mani. La significatività del confronto tra medie, delle latenze del nervo mediano e ulnare, tra il gruppo di controllo e i pazienti con polineuropatia diabetica me-diante tecniche standard era pari a p = 0.05; la significatività del confronto tra medie, delle latenze del nervo mediano e ulnare, tra il gruppo di controllo e i pazienti con polineuropatia diabetica me-diante tecnica 2L-INT era pari a p = 0.01 e X2 con p = 0,01.Conclusioni: i dati ottenuti dal nostro studio hanno evidenziato come il confronto tra latenze me-diante tecnica 2L-INT possa essere più utile, rispetto alle tecniche standard, nella diagnosi di STC in pazienti con polineuropatia diabetica.

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UN CASO DI COMPRESSIONE DEL NERVO SOVRASCAPOLARE CAUSATA DA UNA CISTI DELL’ARTICOLAZIONE GLENO-OMERALE. DIAGNOSI ATTRAVERSO TECNICA ECOGRAFICA

D. Coraci1, G. Granata1,2, G. Liotta2,3, M. Lucchetta4, M.A. Albertì5, L. Padua1,2

1 Istituto di Neurologia, Università Cattolica del Sacro Cuore-Italia2 Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus, Roma, Italia3 Dipartimento di Neuroscienze, Università di Messina - Italia4 Istituto di Neurologia, Università di Padova - Italia5 Servizio di Neurologia, Ospedale Universitario di Bellvitge, Barcellona - Spagna

Riportiamo il seguente case report per dimostrare l’efficacia della tecnica ecografica nello studio delle compressioni nervose periferiche e la sua utilità in quelle condizioni in cui un semplice esa-me elettrofisiologico non permette la formulazione di una diagnosi certa. Un paziente di 35 anni è giunto presso il nostro ambulatorio lamentando un dolore persistente localizzato alla spalla destra che perdurava già da circa dieci mesi. All’esame obiettivo il paziente mostrava una marcata ipotrofia del muscolo infraspinato ed una notevole debolezza nella rotazione esterna del braccio, contempo-raneamente era anche presente una lieve ipotrofia del muscolo sovraspinato. È stato condotto un esame elettromiografico che ha rivelato marcati segni di sofferenza neurogena periferica assonale al muscolo infraspinato, dove appariva un reclutamento ridotto, mentre sono stati evidenziati segni minimi di sofferenza neurogena assonale al muscolo sovraspinato. A questo punto è stato eseguito un esame ecografico con sonda lineare con frequenza 12MHz nella zona interessata. L’ecografia ha mostrato una struttura ovoidale ipoecogena con asse maggiore di 23 mm e diametro massimo di 15mm, localizzata nella porzione sovrastante la spina della scapola, in prossimità della incisura spino-glenoidea. La formazione rilevata è stata diagnosticata come una cisti di origine articolare che comprimeva il nervo sovrascapolare in un punto a monte dell’insorgenza del ramo sensitivo diretto alla capsula e del ramo muscolare diretto al muscolo infraspinato, ma che coinvolgeva anche parzialmente il ramo muscolare diretto al sovraspinato. La successiva esplorazione chirurgica fina-lizzata alla esportazione della struttura ha confermato la diagnosi. Solitamente una compressione del nervo sovrascapolare in questo punto produce una sintomatologia connessa al solo interessamento del ramo sensitivo e del ramo per il muscolo infraspinato, poiché queste due branche originano per lo più al di sotto della incisura spino-glenoidea. In questo caso invece il paziente presentava anche una ipotrofia del muscolo sovraspinato, evento che spesso si verifica, sebbene in misura solitamente maggiore, quando la compressione è localizzata a livello della incisura soprascapolare. Appare quin-di chiaro che in alcuni casi il solo esame elettrofisiologico non è sufficiente a formulare una diagnosi sicura, ma occorre completare lo studio del caso con un esame che analizzi la morfologia del nervo e delle strutture circostanti. In particolar modo l’ecografia, qualora sia possibile utilizzarla, si rivela molto utile in tal senso poiché permette una visualizzazione immediata del nervo da studiare oltre ad essere un tipo di indagine poco costoso ed utilizzabile anche in quei casi in cui altre tecniche, come la risonanza magnetica, non possono essere applicate.

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UN NUOVO DISPOSITIVO A SUPPORTO DELLA RIGENERAZIONE DEL NERVO: STUDIO NEUROFISIOLOGICO IN MODELLO ANIMALE

L. De Toni Franceschini, F. Cerri, I.D. Lopez, I. Urban, D. Ungaro, S. Amadio, M. Cursi, G. Comi, A. Quattrini, U. Del Carro

Department of Neurology, Neurophysiology and Neurorehabilitation – INSPE Università Vita-Salu-te Istituto San Raffaele - Milan

Scopo dello studio: valutare l’efficacia di un nuovo dispositivo in tessuto collagene (Medical De-vice, MD) nel promuovere la rigenerazione del nervo in un modello animale di crush del nervo ti-biale. Metodi: per valutare l’efficacia della rigenerazione nervosa abbiamo sottoposto a valutazione neurofisologica 5 ratti impiantati con MD confrontandoli con 2 ratti impiantati con Neurogen (tubi in collagene già disponibili nella pratica clinica) e due con tubi di sostegno in silicone a 40, 90 e 120 giorni dopo l’impianto. Risultati: un CMAP è risultato registrabile dal muscolo della pianta del piede ad iniziare dal 90 giorno postoperatorio nei primi due gruppi di animali. Nei ratti NeuragenÒ l’ampiezza del cMAP era 1.3 mV e la velocità di conduzione motoria (MCV) of 20.8 m/sec. Nel gruppo MD l’ampiezza media del cMAP era di 2 mV e la MCV di 21 m/sec. Nel gruppo impiantato con i tubi in silicone non era possibile evocare il MAP a nessuno dei controlli. I dati neurofisiologici che mostrano una più efficace rigenerazione nel gruppo MD pur senza conferma statistica per la limitatezza del campione, trovano conferma nei dati morfologici che evidenziano un incremento del numero delle fibre nervose rigenerate con un progressiva normalizzazione dei parametri mielinici nel gruppo MD rispetto ai gruppi di controllo, dove la rigenerazione è ritardata e gli assoni mie li-nizzati sono più sottili. CONCLUSIONI: con questo lavoro si conferma la più alta efficacia di MD nel sostenere la ricostituzione del nervo sia da un punto di vista funzionale sia morfologico dopo lesione da crush.

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UN CASO DI POLINEUROPATIA CRONICA INFIAMMATORIA DEMIELINIZZANTE ESORDITA CON SINDROME DI ISAACS

M. Ferlisi, F. Brigo, L. Bertolasi

Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione, Policlinico GB Rossi, Università di Verona

Scopo dello studio: Caratterizzare dal punto di vista clinico, laboratoristico e strumentale il caso di un uomo di 40 anni che ha sviluppato in modo graduale attività muscolare involontaria tipo con-trazioni muscolari fascicolari non dolorose. Tali attività, esordite inizialmente a livello degli arti inferiori, si erano diffuse progressivamente agli arti superiori ed al volto, con una marcia ascendente, nell’arco di 5 mesi. Si associavano crampi e iperidrosi diffusa.Metodi utilizzati: Il paziente è stato sottoposto a studio neurofisiologico, esami di laboratorio e radiologici. Risultati: L’obiettività neurologica rilevava contrazioni muscolari fascicolari, ondulanti, continue, nei distretti prossimali e distali degli arti, più evidenti a livello dei polpacci. Non si evidenziavano deficit motori o sensitivi. Lo studio elettromiografico (EMG) rilevava scariche involontarie di po-tenziali di unità motoria raggruppati in doppiette, triplette e multiplette ad elevata frequenza (200-400 Hz). Non si registrava attività spontanea di denervazione ed il reclutamento volontario era di tipo interferenziale. L’elettroneurografia (ENG) mostrava una marcata riduzione delle velocità di conduzione motorie e sensitive con aumento delle latenze distali e prossimali.I reperti ENG erano compatibili con una polineuropatia demielinizzante, nonostante l’assenza clini-ca di deficit motori o sensitivi. Gli esami ematochimici e l’esame del liquido cerebrospinale erano sostanzialmente nella norma (lieve iperproteinorrachia 0,51 g/L). La risonanza magnetica nucleare della colonna lombare era negativa. Il test genetico per la malattia di Charcot Marie Tooth tipo 1B era negativo. Venivano inoltre escluse altre cause di neuropatia demielinizzante, ereditarie o acqui-site. Gli anticorpi sierici contro i canali del potassio voltaggio-dipendenti (VGKCs) erano 577 pM (valori normali 0-100). Per escludere la possibile orgine paraneoplastica della neuromiotonia, sottopone-vamo il paziente a TAC stadiazione, dosaggio dei markers neoplastici sierici, ecografia testicolare e della tiroide, con risultati negativi. Conclusioni: Il paziente veniva trattato con carbamazepina (600 mg/die) e immunoglobuline endo-vena (0,4 gr/Kg per 5 giorni), con scarso miglioramento clinico e neurofisiologico. Sei mesi dopo la prima osservazione, il paziente riferiva l’esordio di parestesie e disestesie a livello delle dita dei piedi. Lo studio neurofisiologico mostrava un peggioramento del quadro ENG. Veniva posta diagnosi di CIDP atipica, puramente sensitiva, associata a neuromiotonia.

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NEUROPATIA SENSITIVA MIGRANTE DI WARTENBERG IN CORSO DI SARCOIDOSI

G. Greco1, N. Volpi2, M. Biagioli3, G. Filippou4, E. Bargagli5, L. Franci1, M. Curcio1, F. Giannini1

1Dip. Neuroscienze – Sez. Neurologia, 2Dip. Scienze Biomediche – Sez. Anatomia e Istologia, 3Di-partimento di Medicina Clinica e Scienze Immunologiche - Sezione di Dermatologia, 4Sezione di Reumatologia, 5Sezione di Malattie Respiratorie, Siena

Introduzione. La Neuropatia Sensitiva Migrante (NSM), inizialmente descritta da Wartenberg tra gli anni ‘40 e ‘50, è stata successivamente riportata in 6 pazienti da Matthews ed Esiri nel 1983 e, sulla base dei dati clinici, elettrofisiologici e bioptici (1 caso con biopsia di nervo surale), attribuita all’occlusione di vasi perineurali, verosimilmente su base meccanica da stiramento. Si tratta di una patologia rara, a decorso benigno, caratterizzata da dolore neuropatico all’esordio, ipoestesia nel territorio di uno o più nervi sensitivi e successiva remissione spontanea in settimane/mesi. L’agget-tivo migrante è dovuto alla tendenza della neuropatia a recidivare in altri territori sensitivi, con le medesime modalità.Caso clinico. Donna di 42 anni, aveva ricevuto diagnosi di Sarcoidosi definita 8 anni prima, com-plicata sei mesi più tardi da mononeuropatia assonale dell’antero-brachiale laterale dx. La remis-sione clinica completa con recupero del SAP era avvenuta in 12 mesi. La paziente torna alla nostra osservazione per la comparsa, da circa un mese, di dolore e parestesie analoghe, questa volta a carico dell’avambraccio sn. L’esame elettrofisiologico evidenzia una marcata riduzione di ampiezza del SAP del n. antero-brachiale laterale (-83% vs. controlaterale) e del n. antero-brachiale mediale (-40%) di sn, con VCS conservate. La malattia sarcoidea è in fase di remissione clinica e sierologica (markers bioumorali negativi), così come risultano nella norma l’emocromo, gli indici di flogosi e i markers infettivologici e di autoimmunità. La biopsia del n. antero-brachiale laterale sn, esegui-ta dopo localizzazione ecografica, evidenzia: perdita pressoché completa ed omogenea delle fibre mieliniche, con degenerazione assonale in atto delle fibre residue, confermata dai numerosi ovoidi mielinici al teasing; assenza di cluster di rigenerazione; marcato edema subperineuriale ed elementi linfoistiocitari sparsi in sede endoneuriale; piccoli depositi perivasali epineurali di linfociti CD8+ e Cd4+, macrofagi CD11b+. Conclusioni. La NSM è stata descritta prevalentemente come condizione primitiva. La scarsa let-teratura successiva ai lavori già citati tende a ridimensionare l’eziopatogenesi meccanica, pur senza offrire un’ univoca ipotesi alternativa: segni di vasculite delle arterie di piccolo e medio calibro in 2/5 casi (Saube, 1989) ed in un caso associato ad HIV (Pavesi, 1994); perdita assonale senza chiara evidenza di impegno vasculitico (Zifko, 1997); patogenesi immuno-mediata caratterizzata da peri-neurite con depositi epi-, peri- ed endo-neuriali di IgG (Nicolle, 2001).Il nostro caso, pur presentando suggestive analogie di distribuzione topografica e di decorso di ma-lattia con quello descritto da Nicolle, è caratterizzato da un diverso pattern istopatologico di chiari segni infiammatori compatibili con vasculite probabile (Collins, 2003). Sebbene l’insorgenza di mono- o multineuriti craniche o spinali in corso di Sarcoidosi non sia infrequente, un quadro clinico tipico di NSM di Wartenberg non è mai stato fino ad oggi riportato. Tuttavia, l’istopatologia e l’in-sorgenza del secondo episodio di NSM in fase di prolungata remissione della malattia sarcoidea, non consentono di stabilire con certezza una relazione diretta tra le due condizioni.

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POLINEUROPATIA ACUTA COME SINTOMO INIZIALE DI MORBO CELIACO E CRIOGLOBULINEMIA ASINTOMATICI

C. Marotti1, F. Ginannneschi1, C. Barreca2, C. Scarselli1, A. Biasella1, A. Rossi1

1 UOC Neurologia- Neurofisiologia clinica, Università degli studi di Siena2Dipartimento di Medicina clinica e Scienze immunologiche; Sez. Reumatologia, Università degli studi di Siena

Scopo: descrivere un caso clinico in cui una polineuropatia acuta è stata il sintomo di esordio di morbo celiaco e crioglobulinemia, fino ad allora asintomaticiMetodi e Risultati: donna di 36 anni ricoverata per parestesie distali agli arti superiori estesesi dopo tre giorni anche agli arti inferiori. Unico dato anamnestico da segnalare artrite post-infettiva, l’ anno precedente, secondaria ad un episodio febbrile con tonsillite. I dati elettromiografici e liquorali erano compatibili con una polineuropatia sensitivo-motoria “tipo Guillain Barrè”. Durante la degenza gli accertamenti diagnostici hanno messo in luce un quadro di crioglobulinemia mista e morbo celiaco (diagnosi accertata dalla biopsia duodenale) fino ad allora asintomatici e quindi non diagnosticati. La paziente è stata sottoposta a trattamento immunosoppressivo con prednisone con buon recupero del quadro elettromiografico, sierologico e clinico.Conclusioni: la malattia celiaca è un’affezione primitivamente intestinale dovuta ad un’inappropria-ta risposta immunitaria da parte dei linfociti T contro il glutine ingerito con la dieta. Circa il 10% dei pazienti mostra associazione con disturbi neurologici che comprendono per la maggior parte polineuropatie, atassia, demenza o disturbi psichiatrici. Nelle forme adulte più della metà dei casi è subclinica e quindi non diagnosticata. La crioglobulinemia mista è una vasculite caratterizzata dalla presenza nel plasma di proteine anomale che precipitano al di sotto dei 37°C di temperatura ed insor-ge nel 95% dei casi in soggetti positivi per infezione da HCV. Clinicamente si manifesta con segni sistemici quali astenia, artro-mialgie e porpora. Nel 7-15% dei casi si associa ad un coinvolgimento del sistema nervoso periferico (polineuropatia acuta o subacuta, mononeurite multipla)In letteratura sono descritti solo cinque casi di associazione tra morbo celiaco e crioglobulinemia; la manifestazione di esordio, in quattro di essi, è con sintomi classici di una o dell’altra affezione solo in uno il sintomo di esordio è un epatite autoimmune.Sebbene siano stati riportati casi in cui la polineuropatia sia associata a crioglobulinemia mista oppure a malattia celiaca, non sono descritti casi in cui la polineuropatia acuta sia l’unica manifesta-zione presente all’esordio in una condizione di comorbidità di entrambe le patologie, in assenza di altre manifestazioni cliniche delle stesse.

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eleTTroMiograFia - i sessione

IL PERIODO SILENTE CUTANEO NELLA POLINEUROPATIA DA HIV

F. Pujia, M.G. Anastasio, M. Brienza, G.O. Valente, G.A. Amabile, L. Parisi

Dipartimento di Neurologia e ORL Università degli studi di Roma “Sapienza”

Scopo della ricerca: La polineuropatia sensitiva distale è una complicanza molto comune nei pa-zienti con infezione da HIV ed è spesso associata ad interessamento delle piccole fibre.Il Periodo Silente Cutaneo (CSP), un riflesso inibitorio spinale principalmente mediato da fibre A delta, potrebbe essere un utile metodo per valutare la disfunzione delle piccole fibre amieliniche. Lo scopo di questo studio è quello di determinare se la valutazione del CSP possa essere utile nella diagnosi di polineuropatia da HIV e se sia una tecnica utile nel differenziare l’interessamento delle piccole fibre.Materiali e metodi: 15 pazienti sono stati sottoposti ad un esame obiettivo neurologico, al questio-nario DN4 e ad una valutazione elettrofisiologica che consisteva in un esame di routine misurante le latenze sensitive e motorie, la velocità di conduzione sensitiva e motoria, le ampiezze dei potenziali sensitivi e motori dei tronchi nervosi più importanti (n. mediano, n. ulnare, n. surale, n. peroneo comune, n. tibiale, bilateralmente).Il CSP è stato registrato dal I interosseo dorsale del lato dominante, durante contrazione isometrica pari al 50% della forza massimale, con stimolo doloroso al V dito pari a 20 volte la soglia di perce-zione e di durata pari a 0,2 msec.Per ogni paziente sono state registrate e mediate 10 risposte, assumendo come latenza iniziale del CSP, il punto in cui si aveva un decremento del tracciato EMG pari all’80% rispetto a quello iniziale, e come fine del periodo silente, il punto in cui si aveva un ritorno pari all’80% del valore iniziale del segnale EMG. La durata veniva calcolata tra questi due punti.Un gruppo di controllo di 10 persone è stato sottoposto agli stessi test elettrofisiologici. Tutti i valori medi dei parametri esaminati sono stati confrontati con il test T di Student con p < 0,05 tra soggetti sani e malati; successivamente sono stati eseguiti test di correlazione tra I parametri del CSP e gli altri parametri risultati alterati.Risultati: I dati ottenuti hanno evidenziato: una differenza significativa tra i valori di ampiezza e di latenza distale sensitiva dei pazienti rispetto i controlli (p < 0,05);nessuna variazione significativa tra latenza distale e ampiezza motoria tra pazienti e controlli (p > 0,05); una differenza significativa dei valori di latenza del CSP tra i pazienti e i controlli (p < 0,05); la presenza di una correlazione positiva ma debole tra i parametri del CSP dei pazienti rispetto ai valori di latenza e ampiezza sensitiva;un aumento significativo della durata nei pazienti con interessamento delle piccole fibre rispetto ai pazienti senza tale coinvolgimento (p < 0,05).Conclusioni: Il CSP è una tecnica non efficacie quanto alle tecniche standard per lo studio della neu-ropatia da HIV, ma risulta essere una tecnica molto semplice e specifica per la diagnosi di neuropatia delle piccole fibre, che spesso può essere presente in concomitanza di diversi tipi di polineuropatia.

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LA NEUROPATIA ACUTA ASSONALE MOTORIA NON è ESCLUSIVAMENTE MOTORIA

A. Uncini, F. Notturno, C. Manzoli, M. Capasso

Dipartimento di Scienze del Movimento Umano, Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara

La neuropatia acuta assonale motoria (AMAN) è ritenuta espressione dell’attacco complemento- mediato di anticorpi antigangliosidi ristretto all’ assolemma del nodo di Ranvier delle fibre motorie. Tredici pazienti con sudi seriati delle conduzioni motorie e sensitive sono stati diagnosticati come AMAN secondo i seguenti criteri: 1) deficit di forza ad insorgenza acuta di più un arto, 2) assenza di segni sensitivi, 3) assenza di segni elettrofisiologici di demielinizzazione, riduzione del CMAP di-stale o evidenza di blocco di conduzione funzionale reversibile, 4) ampiezza dei potenziali sensitivi (SNAP) nella norma o lievemente ridotta in due pazienti. Diarrea era presente nell’ 84% dei pazienti, un infezione da C. Jejuni nell’81% ed almeno 1 anticorpo contro i gangliosidi GM1, GD1a e GD1b nell’ 85 % dei pazienti. Al fine di valutare la variabilità del SNAP 4 esaminatori hanno eseguito in 10 controlli 2 registrazioni a distanza di 1 settimana. Abbiamo calcolato il coefficiente di variazione nel singolo soggetto, quello medio (mCV), e calcolato il minimo cambiamento significativo (MCS) secondo la formula: MCS= mCV%x2x1.41. Il MCS in due registrazioni consecutive per l’ampiezza del SNAP è ≥ 45% per il nervo mediano, ≥ 49% per l’ulnare e ≥ 60% per il surale. Nove su 13 pazienti (69%) mostravano nelle registrazioni seriate cambiamenti significativi dell’am-piezza del SNAP in 15 su 34 (44%) nervi. In 12 nervi di 7 pazienti si verificava un aumento (media 161 %, range: 57-518) ed in tre un peggioramento (media 60%, range: 50-69). L’ampiezza del SNAP aumentava in 4 settimane in 5 nervi di 3 pazienti suggerendo un blocco di conduzione funzionale reversibile o lentamente (in mesi) in accordo con un processo di rigenerazione assonale.Questo studio indica che nell’AMAN non sono interessate esclusivamente le fibre motorie e che un blocco di conduzione funzionale reversibile si verifica anche nelle fibre sensitive. La fine specificità degli anticorpi, l’orientamento/esposizione dei gangliosidi o differenze nelle caratteristiche biofisi-che tra assoni motori e sensitivi possono spiegare il coinvolgimento preferenziale e clinicamente più grave delle fibre motorie nell’AMAN.

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HNPP: VARIABILITÀ FENOTIPICA LEGATA AL SESSO

C. Pisciotta, F. Manganelli, R. Dubbioso, L. Ruggiero, R. Iodice, L. Santoro

Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università degli Studi di Napoli, Federico II

IntroduzioneLa neuropatia ereditaria con suscettibilità alle paralisi da compressione (HNPP) è una malattia a tra-smissione autosomica dominante tipicamente associata a delezione del gene PMP22. Clinicamente si caratterizza per episodi ricorrenti di paralisi nervose ed elettrofisiologicamente per un rallenta-mento della conduzione nervosa nei siti di entrapment. Riportiamo i dati relativi a 30 pazienti affetti da HNPP e descriviamo le differenze legate al sesso. Pazienti e metodiAbbiamo valutato i dati clinici ed elettrofisiologici di 30 pazienti con diagnosi molecolare di HNPP, afferiti presso il nostro istituto nel corso degli ultimi 10 anni. Di tutti i pazienti sono state raccolte le seguenti informazioni cliniche: età al momento dell’esame, età e sintomo di esordio, familiarità, presenza di paralisi e nervi coinvolti. Tutti i pazienti sono stati esaminati mediante valutazione neu-rologica ed elettrofisiologica, la quale prevedeva lo studio della conduzione motoria nei nervi me-diano, ulnare e peroneale e della conduzione sensitiva nei nervi mediano, ulnare, surale e peroneale superficiale. Sono state calcolate le percentuali di alterazione di ogni singolo parametro elettrofisio-logico nella popolazione generale ed è stato poi effettuato un confronto tra i sessi di tutti i parametri clinici ed elettrofisiologici e la correlazione di quest’ultimi con l’età. RisultatiCirca la metà dei pazienti riferiva almeno un episodio di paralisi periferica che coinvolgeva nella maggioranza dei casi il nervo peroneale. La totalità dei pazienti presentava un rallentamento focale della conduzione motoria nel nervo ulnare alla doccia olecranica mentre i rallentamenti negli altri siti di entrapment non erano costantemente presenti. Per quanto riguarda la conduzione sensitiva, i nervi ulnare e peroneale superficiale risultavano i più frequentemente alterati. Il confronto tra sessi evidenziava nei maschi una più alta prevalenza di malattia e una maggiore frequenza di paralisi e di alterazioni elettrofisiologiche. Non si osservava alcuna correlazione tra i parametri elettrofisiologici e l’età dei pazienti. ConclusioniLa valutazione di un paziente con sospetta HNPP deve prevedere un protocollo elettrofisiologico che includa lo studio della conduzione motoria nel nervo ulnare alla doccia olecranica e lo studio della conduzione sensitiva nei nervi ulnare e peroneale superficiale.Una maggiore espressione elettrofisiologica della malattia nei maschi non è mai stata descritta. Invece, una più alta prevalenza di malattia negli uomini, è stata già riportata da alcuni autori che hanno ipotizzato un danno cumulativo sui nervi periferici secondario all’attività lavorativa. Tuttavia, l’assenza di correlazione tra i dati elettrofisiologici e l’età dei pazienti suggerisce che altri fattori, ad esempio ormonali, possano entrare in gioco per spiegare i nostri dati.

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Congresso nazionale

IL RIFLESSO FLESSORE: METODICHE A CONFRONTO

E. Della Coletta, E. Gastaldo, R. Quatrale, M.R. Tola, V. Tugnoli

Dipartimento di Neuroscienze-Riabilitazione, Azienda Ospedale – Università S. Anna, Ferrara

Introduzione. Il Riflesso Flessore (FR) agli arti inferiori viene usualmente ottenuto mediante due metodiche: stimolando il nervo surale o la pianta del piede e registrando rispettivamente dal muscolo bicipite femorale (BF) e tibiale anteriore (TA). È costituito da due componenti, una precoce tattile e incostantemente presente (RII) e una tardiva nocicettiva, più stabile (RIII).

Scopo del lavoro. Verificare la riproducibilità delle due metodiche, la soglia di evocazione di RIII e la sua simmetria nei due arti inferiori, la presenza di una correlazione tra VAS percepita e intensità di stimolazione.

Materiali e metodi. In 20 soggetti sani (età compresa tra i 26 e i 60 anni) è stata valutata la soglia di RIII minima e massima tollerata stimolando la pianta del piede e il nervo surale bilateralmente e registrando contemporaneamente dal BF a dal TA. Gli stimoli sono stati erogati con un’intensità progressivamente crescente fino ad ottenere il punteggio massimo della VAS percepita e successiva-mente in maniera decrescente fino alla scomparsa di RIII.

Risultati. RF è stato ottenuto nel 100% dei casi solo stimolando la pianta del piede e registrando dal TA. Esiste una variabilità individuale della soglia di RIII tra i due arti con entrambe le metodiche (range 0,5-8,5 mA e 0,1-15 mA). Non è emersa una correlazione lineare tra VAS percepita e intensità di stimolazione. A parità di stimolazione la VAS percepita dal paziente è inferiore dopo il raggiun-gimento della VAS massima. Nella stimolazione ad intensità decrescente è stato in genere osservato un comportamento più omogeneo di RIII.

Conclusioni. Da questa casistica, nonostante le variabili legate alla tecnica in esame, la metodica che appare più idonea nella pratica clinica per studiare il RF agli arti inferiori è quella che prevede la stimolazione della pianta del piede e la registrazione dal TA.

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eleTTroMiograFia - i sessione

DESIGN AND IMPLEMENTATION OF WEARABLE WIRELESS SYSTEM FOR THE ANALYSIS AND CLASSIFICATION OF MOTOR ACTIVITIES

*G. Ricci, °G. Tartarisco, *E. Caldarazzo Jenco, *L. Volpi, °G. Pioggia, ̂ D. De Rossi, * G. Siciliano

*Department of Neuroscience, Faculty of Medicine and Surgery, University of Pisa, Italy°Institute of Clinical Physiology – CNR, Pisa, Italy^Interdepartmental Research Center, Faculty of Engineering, Pisa, Italy

Our aim is to realize an unobtrusive monitoring of the lower limbs movements, as well as the mus-cular activations through a smart multisensorial platform integrating inertial and sEMG wireless sensors.We use unobtrusive integrated sensors to transduce posture and kinematic variables and to acquire surface Electromiography (sEMG). The platform is able to analyze and merge the sEMG signals and kinematics variables to provide a single coherent dynamic information of the acquired move-ments. The stream of information is elaborated by means of intelligent and adaptive data processing techniques and artificial neural networks in order to process and code in real-time the distributed information. A parallel object-oriented framework for behavioural and sEMG features extraction, selection and discrimination was realized. To analyse the human activities we extracted the Energy from the acquired signals, selecting a suitable number of levels of the wavelet decomposition. The signals were analyzed in Matlab and decomposed in six details and one accuracy, using the third or-der Daubechies wavelet. The signal was segmented with partially overlapping windows of different size. The Principal Component Analysis shows a discrimination among different human activities: sitting, standing, walking, running, go up, go down. Fatigue-related decreases in voluntary muscle activation to maintain given muscle power output (i.e. dynamic task failure) can be assessed by the measurement of the sEMG signal during isometric contractions. A wireless wearable system was developed for the acquisition of biosignals. We analysed 50 subjects ranging from 35 to 65 years old. Starting from the orthostatic posture, the experimental protocol consisted in seven transitions from the sitting to the orthostatic posture for each subject. Data were segmented extracting only the orthostatic posture intervals in order to assess the sEMG signal during isometric contractions. We We observe an exponential decrease of the mean frequencies in function of the transitions from the sitting to the orthostatic posture, especially for the elderly. In conclusions our system allows human activities and muscular fatigue to be inferred.

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CONFRONTO DI VARIABILITÀ INTERLATO E RIPETIBILITÀ DEL TEMPO DI CONDUZIONE PERIFERICO OTTENUTO MEDIANTE LA STIMOLAZIONE ELETTRICA RADICOLARE AD ALTO VOLTAGGIO E LA RISPOSTA F

A. Di Sapio, F. Sperli, M. Malentacchi, E. Berra*, A. Pulizzi, A. Bertolotto, W. Troni*

Neurologia 2 - Centro Regionale Sclerosi Multipla (CRESM) - AOU San Luigi Gonzaga, Orbassa-no, Torino*Neurologia 2 – Centro Sclerosi Multipla (CReSM) & Laboratorio di Neurofisiologia Clinica Spe-rimentale, AOU S. Luigi Gonzaga – Orbassan, Torino

Obiettivo: Confrontare la variabilità interlato ed in 2 determinazioni seriate del Tempo di Condu-zione Periferica ottenuto rispettivamente con la stimolazione elettrica radicolare ad alto voltaggio (PCT-r) della radici lombosacrali e mediante il metodo della risposta F a minima latenza (PCT-f). Metodi: La stimolazione radicolare elettrica ad alto voltaggio è stata effettuata in 15 volontari sani utilizzando un montaggio dorso-ventrale (Troni et al. ’96) e registrando bilateralmente dai muscoli tibiale anteriore (TA) e flessore breve dell’alluce (FBA). L’onda F a minima latenza è stata indivi-duata, per ciascuno dei 4 distretti considerati, fra le risposte ottenute somministrando 20 stimoli; è stata inoltre calcolata la percentuale di comparsa di tali risposte nei vari distretti di derivazione. Tale procedura è stata ripetuta a distanza di 3 giorni.Risultati I valori di PCT-r hanno presentato una minore variabilità interlato e una maggiore ripetibi-lità nel tempo. Infatti, il range di variabilità interlato del PCT-r è risultato compreso fra 0 e 1,7 msec e fra 0 e 1,2 msec rispettivamente per il TA e FBA, mente il range di variabililità interlato del PCT-f è risultato compreso tra 0 e 3,5 msec e tra 0-2,1 msec rispettivamente per il TA e FBA. Per quanto riguarda la variabilità tra prima e seconda determinazione, il range del PCT-r è risultato compreso tra 0,2 e 1 msec e tra 0,3 e 1,8 msec rispettivamente per il TA e FBA, mentre i corrispettivi valori per il PCT-f sono risultati compresi tra 0 e 1,5 msec e tra 0,4 e 4,4 msec rispettivamente per il TA e FBA. In 3 soggetti dal TA non è stato possibile elicitare alcuna risposta F. In tale soggetto la percentuale media di comparsa delle risposte F è risultata significativamente ridotta (30 %) rispetto a quella osservata nel m. FBA (95 %).Conclusioni: La maggior stabilità e riproducibilità del PCT-r rende a nostro parere tale parametro nettamente preferibile rispetto al PCT-f, sia negli studi di monitoraggio clinico delle patologie peri-feriche che nelle determinazioni seriate del Tempo di Conduzione Centrale

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

SISTEMA NERVOSO VEGETATIVO

Moderatori:L. Bongiovanni (Verona),

M. Nolano (Telese Terme - BN)

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sisTeMa nerVoso VegeTaTiVo

ANALISI ED EVOLUZIONE DEL COINVOLGIMENTO VEGETATIVO CUTANEO NELLA ATROFIE MULTISISTEMICHE

L.G. Bongiovanni, F. Paluani, G. Amen, F. Rossini, L. Pasquetto, D. Cavaggioni, A. Fiaschi

Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione. Università di Verona

Sebbene l’ esordio di una Atrofia Multisistemica (MSA) sia caratterizzato da una sintomatologia prevalentemente extrapiramidale o cerebellare, alcuni pazienti sviluppano inizialmente una sin-tomatologia disautonomica. Accanto alla tipica degenerazione pre - gangliare, sono stati descritti quadri di coinvolgimento gangliare. Questo rende non omogenei i risultati di indagini sul versante vegetativo e tale disomogeneità potrebbe non essere solo espressione dell’ evoluzione temporale del processo degenerativo. Per questo motivo abbiamo indagato le funzioni vegetative residue in soggetti affetti da MSA nel momento in cui è stato possibile formulare per la prima volta la diagnosi ed a distanza di tre anni, valutando in particolare la funzione colinergica ed adrenergica cutanea .Sono stati indagati 10 soggetti con MSA con età media di 63 anni, con un esordio clinico caratteriz-zato da sintomatologia extrapiramidale in 5, cerebellare in 1, autonomica in 4.L’ analisi della fun-zione motoria è stata effettuata secondo la scala UMSARS. La funzione vegetativa è stata indagata mediante test di Ewing, tilt test, dosaggi della NA e scintigrafia miocardica con MIBG. Il versante cutaneo è stato valutato mediante RSC per la parte colinergica e VAR per la parte adrenergica. I risultati sono stati comparati con un gruppo di pazienti di età analoga. Il t test per dati appaiati ed il Wilcoxon sono stati impiegati per valutare latenza ed ampiezza della RSC. Le modificazioni del VAR fra i due gruppi e nello stesso gruppo è stata effettuata mediante Mann – Whitney test, mentre i risultati ottenuti dallo studio del simpatico cutaneo sono stati sottoposti a test di correlazione lineare con la funzione simpatica e parasimpatica cardiovascolare.Un deficit di vasocostrizione cutanea risultava evidente solo nei soggetti con importante disturbo vegetativo all’ esordio. La RSC mostrava invece una costante, comune e progressiva riduzione di ampiezza del potenziale, risultando assente inizialmente a livello plantare solo nei casi marcati da disautonomia, caratterizzati anche da positività della scintigrafiamiocardica con MIBG, e scompa-rendo successivamente a tale livello in un altro caso con sintomatologia extrapiramidale all’ esordio. Nessuna asimmetria di ampiezza o di latenza della RSC ha mai raggiunto la significatività statistica nel corso del periodo di osservazione. È probabile quindi che si verifichi in tale patologia un relativo risparmio dei Nuclei del Rafe, respon-sabili della vasocostrizione cutanea, accanto ad un progressivo impegno del Midollo Rostrale Ventro Mediale che proietta sulla colonna intermedio laterale del midollo spinale con risposte progressi-vamente decrescenti del simpatico colinergico di quello adrenergico sistemico. Solo di fronte ad un contemporaneo o successivo impegno del settore simpatico post gangliare anche la vasocostrizione cutanea può alterarsi.

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Congresso nazionale

ANALISI DELL’ ATTIVITÀ SIMPATICA NELLE LESIONI SPINALI

L.G. Bongiovanni, F. Paluani, G. Amen, F. Rossini, L. Pasquetto, D. Cavaggioni, A. Fiaschi

Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione. Università di Verona

FinalitàIn condizioni di disconnessione fra centri spinali e sovrasegmentari, indipendentemente dalla causa, la regolazione pressoria è dominata dal controllo riflesso spinale. L’ elemento critico per realizzare tale disfunzione riflessa è costituito da lesioni, a livello di T6 o a livelli superiori, che portano alla completa disconnessione del simpatico adrenergico diretto ai vasi a resistenza e capacitanza del distretto splancnico e degli arti inferiori. In generale, più alto è il livello lesionale, più marcata è la disfunzione vegetativa. Per verificare la relazione fra controllo simpatico e risposte cardiovascolari durante i cambiamenti posturali, abbiamo indagato 6 soggetti con lesione spinale sopra T6 e con differenti gradi di compromissione motoria e sensitiva.Materiale e MetodoLa valutazione della funzione cardio-vascolare è stata eseguita mediante analisi spettrale della va-riabilità pressoria e dell’ intervallo R- R durante un periodo minimo di 530 battiti consecutivi, corri-spondenti ad almeno 10 minuti di mantenimento di una posizione stabile. I soggetti sono stati valu-tati in condizioni basali in posizione supina e dopo cambiamento posturale indotto dall’ortostatismo passivo a 70°. I risultati sono stati comparati con 10 soggetti di controllo.RisultatiDurante lo stimolo ortostatico la pressione arteriosa media presentava una netta riduzione solo nel soggetto con tetraplegia, mentre le componenti LF della pressione sistolica e dell’intervallo RR risultavano aumentate in maniera significativa nei controlli e nei soggetti con paraplegia e lesione midollare incompleta. Infine le resistenze periferiche totali (TPR) risultavano aumentate in tutti i soggetti salvo che nel paziente con tetraplegia.

ConclusioniSe l’omeostasi cardiovascolare risulta completamente compromessa solo nel paziente con tetraple-gia, diverse risultano le risposte nei pazienti paraplegici. Quelli con lesione completa dimostrano durante lo stimolo condizionante, una marcata perdita delle componenti LF sia della componente pressoria sia della frequenza cardiaca, per molti aspetti sovrapponibile a quella rilevata nella tetra-plegia. Negli altri, con lesione incompleta, si rileva un incremento delle stesse componenti LF, anche se in misura minore rispetto ai controllo, a testimonianza che anche una ridotta funzione simpatica residua può sopperire nel tempo al mantenimento dell’ omeostasi cardiocircolatoria in condizioni di ridotto apporto della pompa muscolare degli arti inferiori.

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LA CORTECCIA PREFRONTALE INTERVIENE NEI MECCANISMI DI CONTROLLO DELL’EQUILIBRIO DURANTE DEAMBULAZIONE “OVERGROUND”IN PAZIENTI ATASSICI

P. Caliandro1,2, G. Silvestri2, I. Minciotti1, G. Russo1, P.A. Tonali1,2, L. Padua1,2

1 Department of Neuroscience, Institute of Neurology, Catholic University, Roma - Italy 2 Fondazione Pro - Iuventute Don C. Gnocchi, Centro Santa Maria della Pace, Roma – Italy

Background ed obiettivi: La locomozione umana è controllata da più sistemi neurali gerarchica-mente distribuiti su tutto il sistema nervoso centrale (CNS), compreso il midollo spinale, tronco encefalico, cervelletto, gangli della base, e corteccia motoria (Rizzolatti e Luppino, 2001). Alcuni studi hanno rivelato uno stretto collegamento tra il cervelletto e la corteccia cerebrale, in particolare il lobo frontale (Rizzolatti e Luppino, 2001). Analogamente, il sistema cortico-cerebellare svolge un ruolo importante nell’apprendimento motorio e nel riapprendimento (Doyon et al., 2003). Le cono-scenze attualmente disponibili evidenziano che durante deambulazione su tapis roulant i lobi frontali intervengono nel controllo motorio solo durante le variazioni di velocità del cammino indotte dal nastro, mentre non è evidente attivazione durante locomozione a velocità costante (Mihara et al, 2007). La deambulazione su tapis roulant rappresenta però uno stimolo propriocettivo che potrebbe condizionare i rilievi di attivazione corticale. In letteratura non esistono evidenze sulle modalità di funzionamento dei lobi frontali durante cammino “naturale” su terreno né in soggetti sani né in pazienti. L’obiettivo del presente studio è quello di verificare l’eventuale attivazione dei lobi frontali durante deambulazione su terreno in soggetti sani ed in pazienti affetti da atassia.Materiali and Metodi: Il livello di attivazione corticale è stato misurato mediante Near Infrared Spectroscopy (NIRS) in tre diversi momenti: 1) mantenimento della stazione eretta per 2 minuti, 2) deambulazione lungo un tragitto rettilineo di 10 metri, 3) fase di recupero di 2 minuti successiva alla deambulazione. Durante le tre fasi e per ogni soggetto (pazienti e soggetti sani) saranno misu-rati i seguenti parametri NIRS: 1) tissue oxygenation index (TOI), espresso in %; 2) variazioni di concentrazione (rispetto ad un valore arbitrario iniziale uguale a zero) di ossiemoglobina (O2Hb) e desossiemoglobina (HHb); 3) variazioni di volume emoglobinico totale tHb come somma delle variazioni di concentrazione di O2Hb e HHb. Sono stati studiati 10 pazienti atassici (4 pz affetti da SCA, 6 da polineuropatia sensitiva assonale) e 10 controlli sani. I pazienti atassici sono stati inoltre valutati clinicamente e l’entità dell’atassia misurata mediante la scala Tinetti (Tinetti, 1986). Il qua-dro clinico è stato quindi correlato con i pattern di attivazione corticale.Resultati: La deambulazione atassica è associata a variazioni dei livelli dell’emoglobina ossigena-ta nelle regioni corticali frontali. Maggiore è la gravità clinica dell’atassia maggiore è il livello di attivazione corticale (p: 0.01). I livelli di oxyHb e totalHb aumentano dopo 3-5 sec dall’inizio della deambulazione, raggiungono un plateau in 5-10 sec e ritornano al baseline con un cinetica varibile (da 3 a 30 sec dopo la fine della deambulazione). La variazione media dell’oxyHb, deoxyHb, and totalHb è rispettivamente 2.4 mM/cm, -0.2 mM/cm, 2.2 mM/cm nel lobo prefrontale dx e 2.3 mM/cm, -0.6 mM/cm, 2.1 mM/cm in quello sinistro. Non si è rilevata nessuna attivazione prefrontale durante la deambulazione dei soggetti sani.Conclusione: I lobi prefrontali intervengono nel controllo dell’equilibrio durante deambulazione “overground” in pazienti atassici. I livello di attivazione è maggiore in pazienti con quadro clinico peggiore. L’attivazione dei lobi preforntali rappresenta verosimilmente un meccanismo di compenso del deficit.

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Congresso nazionale

BIBLIOGRAFIA

1. Doyon J, Penhune V, Ungerleider LG. Distinct contribution of the cortico-striatal and cortico-cerebellar systems to motor skill learning. europsychologia. 2003;41(3):252-62.

2. Grillner S, Wallén P. Innate versus learned movements-a false dichotomy? Prog Brain Res. 2004;143:3-12.

3. Mihara M, Miyai I, Hatakenaka M, Kubota K, Sakoda S. Sustained prefrontal activation during ataxic gait: A compensatory mechanism for ataxic stroke? NeuroImage 37 (2007) 1338–1345.

4. Rizzolatti G, Luppino G. The cortical motor system. Neuron. 2001 Sep 27;31(6):889-901.5. Tinetti ME. Performance-oriented assessment of mobility problems in elderly patients. J Am

Geriatr Soc. 1986 Feb;34(2):119-26.

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INNERVAZIONE SIMPATICA NELLA NEUROPATIA AUTONOMICA PERIFERICA: STUDIO ATTRAVERSO MICRONEUROGRAFIA E BIOPSIA DI CUTE

V. Donadio, M.P. Giannoccaro, P. Cortelli, V. Di Stasi, R. Liguori

Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università di Bologna

Oggetto: per lo studio della disautonomia in corso di neuropatia autonomica sono disponibili nume-rosi tests clinici che però forniscono delle indicazioni indirette in quanto valutano le variazioni degli organi effettori invece di monitorare l’attività simpatica in modo diretto. In questo studio riportiamo per la prima volta la valutazione diretta dell’attività simpatica muscolare e cutanea nella neuropatia autonomica.Metodi: abbiamo studiato 30 pazienti (21 maschi e 9 donne; età media±SD: 58±14 anni) che presen-tavano segni e/o sintomi di neuropatia periferica autonomica. La causa di tale disturbo era riconduci-bile al diabete mellito (3 pazienti), neuropatia immunomediata (8) o paraneoplastica (1), amiloidosi primaria (1), neuropatia autonomica ereditaria (3), insufficienza autonomica pura (9) oppure ad eziologia indefinita (5). I pazienti sono stati sottoposti allo studio delle conduzioni motorie e sensiti-ve per valutare le fibre mieliniche di grosso calibro ed alla registrazione microneurografica dell’atti-vità simpatica muscolare (MSNA) e cutanea (SSNA) dal nervo Peroneo. Inoltre è stata eseguita dal dito, coscia e gamba una biopsia di cute tramite punch per lo studio dell’innervazione autonomica colinergica ed adrenergica degli annessi dermici valutata per mezzo di una scala semiquantitativa, che ha dimostrato una elevata affidabilità in termini di variabilità intra ed intersoggettiva. Venti soggetti di pari sesso ed età e senza segni e/o sintomi neurologici sono stati utilizzati come controlli.Risultati: sintomi da disfunzione simpatica erano prevalenti in 25 pazienti mentre 5 pazienti presen-tavano disturbi riconducibili ad una disfunzione prevalentemente di tipo parasimpatico. Lo studio delle velocità di conduzione è risultato normale in tutti i pazienti indagati. La valutazione dell’inner-vazione autonomica cutanea era anormale in tutti i pazienti e la registrazione microneurografica non ha evidenziato bursts di attività simpatica nel 63% dei pazienti studiati.Conclusion: lo studio dell’innervazione simpatica degli annessi cutanei è un metodo affidabile e sensibile nella diagnosi della neuropatia periferica autonomica. La microneurografia rappresenta un utile strumento neurofisiologico che contribuisce a tale diagnosi.

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ATTIVITÀ SIMPATICA NELLE NEUROPATIE DELLE FIBRE DI PICCOLO CALIBRO SOMATICHE ED AUTONOMICHE: UNO STUDIO MICRONEUROGRAFICO

R. Liguori, M.P. Giannoccaro, V. Di Stasi, V. Donadio

Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università di Bologna

Oggetto: la neuropatia delle fibre di piccolo calibro può coinvolgere fibre nervose di tipo somatico e/o autonomico. La microneurografia permette di valutare direttamente il traffico periferico simpa-tico postgangliare. In questo studio ci proponiamo di analizzare l’attività simpatica periferica attra-verso la registrazione microneurografica nelle neuropatie delle fibre di piccolo calibro con e senza sintomi autonomici.Metodi: abbiamo studiato 48 pazienti (32 maschi e 16 donne; età media±SD: 58±15 anni) con neuropatia delle fibre di piccolo calibro diagnostica attraverso biopsia di cute. Tutti i pazienti lamen-tavano dolore urente distale e sintomi autonomici associati erano presenti in 18 pazienti. Sono stati sottoposti alla studio delle conduzioni motorie e sensitive per la valutazione delle fibre mieliniche di grosso calibro ed alla registrazione microneurografica dell’attività simpatica muscolare (MSNA) e cutanea (SSNA) dal nervo Peroneo. Trenta soggetti di pari età (18 maschi e 12 donne con età media di 53±15 anni) senza segni e/o sintomi neurologici sono stati utilizzati come controlli.Risultati: i sintomi autonomici consistevano in disturbi di sudorazione (67%), stipsi cronica (28%), incontinenza urinaria e/o disfunzioni sessuali (11%) ed ipotensione ortostatica (11%). La valutazio-ne microneurografica non ha evidenziato attività simpatica nel 48% dei pazienti con sintomi auto-nomici mentre era sempre possibile registrare bursts di MSNA e/o SSNA nei pazienti senza sintomi autonomici e nei controlli (p < 0.001). Conclusioni: l’assenza di attività simpatica durante la registrazione microneurografica era significa-tivamente più elevata nei pazienti con neuropatia delle fibre di piccolo calibro e sintomi autonomici. La valutazione microneurografica può contribuire quindi ad evidenziare il coinvolgimento delle fibre nervose autonomiche nelle neuropatie delle fibre di piccolo calibro.

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sisTeMa nerVoso VegeTaTiVo

L’INNERVAZIONE CUTANEA IN DIVERSI DISTRETTI CORPOREI: DOVE PRATICARE UNA BIOPSIA DI CUTE?

M. Nolano1, V. Provitera1, A. Stancanelli1, G. Caporaso1, A. Truini2, G. Cruccu2, L. Santoro3

1 Fondazione “Salvatore Maugeri” IRCCS – Centro di Telese Terme (BN)2 Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università “La Sapienza” Roma3 Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università di Napoli “Federico II”

La biopsia di cute è diventata negli ultimi anni uno strumento essenziale nella diagnostica delle neu-ropatie delle piccole fibre. Abitualmente è sufficiente un singolo prelievo dalla gamba. Un secondo prelievo dalla coscia può essere d’ausilio per definire se un processo neuropatico sia o meno lun-ghezza dipendente. L’utilizzo di un punch di 2-3 mm rende la biopsia uno strumento minimamente invasivo e pertanto utilizzabile in qualsiasi parte del corpo. La biopsia di cute permette di studiare sia le popolazioni di fibre somatiche mieliniche ed amieliniche che autonomiche, nonché le caratte-ristiche dell’innervazione cutanea che può variare a seconda del sito esaminato. Abbiamo studiato l’innervazione cutanea in 148 soggetti normali di età compresa tra 18 e 82 anni. Di questi, 90 sono stati sottoposti a biopsia di cute da coscia, gamba e polpastrello, 18 dall’alluce, 20 dal territorio trigeminale, 10 dall’avambraccio, 10 dalla spalla e dal tronco.I campioni sono stati processati con metodiche di immunofluorescenza indiretta utilizzando anticor-pi specifici per le strutture nervose e vascolari. Immagini digitali sono state acquisite in microscopia confocale ed analizzate utilizzando software di analisi d’immagine dedicati. È stata valutata la densità di fibre nervose epidermiche (ENF) in tutti i siti, la densità dei corpuscoli di Meissner (MC) e delle fibre mieliniche intrapapillari (IME) nella cute glabra, e la densità di fibre mieliniche dermiche nella cute trigeminale. Differenze nella morfologia e nella distribuzione dei recettori cutanei nella cute glabra fra polpastrel-lo ed alluce e nella cute pelosa fra gamba, coscia, avambraccio, tronco e volto sono state osservate. La densità di ENF, MC e IME si riduceva marcatamente dal polpastrello all’alluce. Nella cute pelosa la densità di ENFs si riduceva passando dai siti prossimali a quelli più distali sia all’arto superiore che inferiore e passando da V1 a V2-V3 nel territorio trigeminale.La densità delle terminazioni nervose correlava con l’età. Nel territorio trigeminale veniva eviden-ziata una peculiare distribuzione di fibre VIP immunoreattive. Inoltre nella cute periorale veniva osservata, oltre alle terminazioni sensitive mieliniche ed amieliniche trigeminali, una ricca popola-zione di fibre motorie del nervo faciale dirette al muscolo orbicolare della bocca con le corrispon-denti placche motorie. La conoscenza del normale pattern di innervazione nei diversi siti corporei consente di orientare la scelta del sito del prelievo in rapporto a quesiti clinici specifici.

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AUTONOMIC CARDIOVASCULAR AND SKIN INVOLVEMENT IN PARKINSON’S DISEASE

J.G. Capone, N. Casula1 , M. Sensi, E. Sette, E. Gastaldo, M.R. Tola, R. Quatrale, V. Tugnoli

Azienda Ospedaliero - Universitaria S. Anna. Dip. Neuroscienze – Riabilitazione, Ferrara1 Azienda Ospedaliera “Carlo Poma” U.O. di Neurologia, Mantova

Introduction: autonomic nervous system dysfunction is a common non-motor feature in idiopathic Parkinson disease (PD). Autonomic failure (AF) in PD is characterized mainly by the presence of orthostatic hypotension (OH), with a prevalence of 20-58%. Loss of sympathetic nerves and sub-sequent failure of baroreflex can explain OH in PD, but others autonomic system are frequently impaired in PD. Skin sympathetic function involves both sudomotor (cholinergic) and vasomotor (adrenergic) systems.

Objective: to evaluate the involvement of cardiovascular and sympathetic skin autonomic systems in idiopathic PD.

Materials and Methods: we investigated 50 PD patients (63±11 years, 28 M, mean duration of the disease 10±6 years; H&Y ranges from 1 to 3,5). All subjects underwent cardiovascular tests (deep-breathing-DB, Valsalva manoeuvre-VM, head –up tilt-testing-HUT) with continuous blood pressu-re and heart rate monitoring; sympathetic skin vasomotor (inspiratory gasp, IG, and venoarterioal reflex-VAR) by Laser Doppler flowmetry and sympathetic skin sudomotor by SSR evaluation. A questionnaire to assess autonomic symptoms were performed.Results: at cardiovascular tests 30% of pts have OH, of which only 33% were symptomatic. In 30% HRV was abnormal during DB. VM was abnormal in 36%. Abnormalities in SSR were observed in 39% of patients. There were no differences in SkVR among the groups considering IG, while VAR were no differences in 60% of PD. There were not clear correlation between cardiovascular and sympathetic skin abnormalities in patients with dysautonomia. Clinical symptoms of dysautonomia were frequently found but were relatively mild: constipation and urinary disorder occurred in 30%, orthostatic intolerance in 18%, hyperhidrosis in 15%.Conclusion: autonomic involvement in PD is frequent and heterogeneous, and can involve different autonomic systems at different degrees also in the early stages of the disease. Both sympathetic skin system are frequently involved. The cutaneous adrenergic system seems to be involved mainly at post – ganglionic level. The SkVR is a simple, reliable and useful test for the evaluation of periphe-ral post-ganglionic sympathetic function in patients with PD.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

STIMOLAZIONEMAGNETICA TRANSCRANICA

I SESSIONE

Moderatori:R. Cantello (Novara),

A. Quartarone (Messina)

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Congresso nazionale

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RUOLO DELLE PROIEZIONI TRANSCALLOSALI NEL CONTRAST GAIN CONTROL

T. Bocci*§, M. Caleo°, E. Giorli*, L. Restani°, D. Barloscio*, Te. Bocci*,L. Murri*, S. Rossi§, F. Sartucci†*°

*Dipartimento di Neuroscienze, Clinica Neurologica, Università degli Studi di Pisa, Pisa, Italia; §Dipartimento di Neuroscienze, Policlinico “Le Scotte”, Università degli Studi di Siena, Siena, Ita-lia; °Istituto di Neuroscienze, CNR, Pisa; †S.O.D. Attività Neurologica Ambulatoriale, AOUP, Pisa

Scopo dello studio: La plasticità sinaptica nel contesto delle aree visive è comunemente attribu-ita agli effetti combinati dell’inibizione GABAergica, dell’attivazione dei recettori NMDA e del potenziamento della trasmissione colinergica; tali fenomeni sono probabilmente espressione della disinibizione di circuiti interemisferici latenti a carattere eccitatorio. Al fine di comprendere il ruolo del corpo calloso nel processamento dell’informazione visiva e nel guadagno di contrasto, abbiamo provocato lesioni “virtuali” e transitorie a carico dell’area visiva primaria di un lato e registrato le risposte elettrofisiologiche evocate bilateralmente.Materiali e metodi: Un coil a otto è stato posizionato sullo scalpo di 16 volontari sani (età media 25.5±4.3 anni), al confine tra le aree 17 e 18 di Broadman, laddove le afferenze transcallosali sono più numerose. Ciascun volontario è stato sottoposto a 20’ di stimolazione magnetica transcranica ri-petitiva (rTMS) a singolo impulso e a bassa frequenza (0.5Hz), registrando i potenziali evocati visivi (PEV) basalmente (T0), immediatamente dopo (T1) e dopo 45’ (T2) dal termine della stimolazione. Come stimolo visivo è stato utilizzato un pattern sinusoidale ad emicampo costituito da barre bian-che e nere (0.3 c/deg, invertito a 2.0 Hz), a diversi contrasti (K); 90%, 50%, 20%. L’analisi statistica è stata condotta mediante ANOVA per misure ripetute, per confrontare più variabili sperimentali ed a tempi diversi, ed il test post-hoc di Student-Neumann-Keuls per valutare la riproducibilità interin-dividuale dei risultati.Risultati: Tutti i soggetti esaminati hanno mostrato agli alti contrasti (K 90%) un aumento di am-piezza delle componenti N70 (p<0.01)e P100 (p<0.05) a livello dell’emisfero controlaterale alla sede di stimolazione subito dopo il periodo di deprivazione; dopo 45’ l’effetto invariabilmente sva-niva. A livello ipsilaterale, invece, si è registrata una riduzione in ampiezza (p<0.05), sempre per gli alti contrasti. Per i contrasti inferiori (K50%, 20%) non è stata evidenziata alcuna variazione né controlateralmente, né omolateralmente all’applicazione del coil (p>0.05). Similmente, non sono state individuate significative modificazioni in termini di latenza media tra T0, T1 e T2 né ai bassi né agli alti contrasti.Conclusioni: I dati ottenuti sembrano suggerire un ruolo preminentemente disinibente delle vie interemisferiche nel sistema visivo; inoltre, si può ragionevolmente supporre che il corpo calloso si comporti come filtro per le basse frequenze temporali e gli alti contrasti. Per quanto concerne la riduzione in ampiezza della N70 e della P100 a livello dell’emisfero omolaterale si può sospettare che il paradigma di stimolazione impiegato possa coinvolgere i medesimi circuiti neuronali coinvol-ti nella long-term depression (LTD).

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VIRTUAL NEGLECT IN HEALTHY SUBJECTS INDUCED BY DUAL TDCS OVER POSTERIOR PARIETAL CORTICES

F. Brighina, G. Giglia, P. Mattaliano, A. Puma, M. Panetta, S. Rizzo*, B. Fierro

Dipartimento di Biomedicina Sperimentale e Neuroscienze Cliniche (BioNec). Università degli Stu-di di Palermo*Dipartimento di Psicologia. Università di Milano-Bicocca

In a previous work we showed that repetitive transcranial magnetic stimulation (rTMS) over right posterior parietal cortex was able to induce interference on visuo-spatial perception in healthy sub-jects. Transcranial direct current stimulation (tDCS) is a non-invasive brain stimulation tecnique that works modulating cortical activity through direct currents. tDCS is applied through easy to use, non costly and portable devices. The aim of the present study was to investigate whether tDCS can induce a transitory dysfunction of the right parietal cortex leading to temporary contralateral neglect in normal subjects performing a visuo-spatial task. Eleven healthy subjects underwent to a comput-erized visuo-spatial task requiring judgments about the symmetry of prebisected lines in baseline condition, during and after tDCS or sham condition. Only when task was performed during tDCS, a significant rightward bias in symmetry judgments as compared with baseline and sham conditions was noticed. No differences emerged between the other conditions. To our knowledge this is the first evidence of a “virtual neglect” induced in normal subjects by tDCS. The present results may provide a rationale to use tDCS as a useful complementary tool for rehabilitation of patients affected by visuo-spatial neglect.

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MODIFICAZIONI DELL’ECCITABILITÀ CORTICALE INDOTTE DA CAMPI ELETTROMAGNETICI A BASSA FREQUENZA (ELF-MF)

F. Capone, M. Dileone, P. Profice, F. Pilato, G. Musumeci, G. Minicuci, F. Ranieri, L. Florio, R. Di Iorio, R. Cadossi, S. Setti, V. Di Lazzaro

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

Numerosi studi sperimentali condotti sia sull’animale che sull’uomo hanno dimostrato che l’esposi-zione agli ELF-MF è in grado di indurre modificazioni comportamentali e neurofisiologiche. Anche se i meccanismi di questi effetti sono attualmente poco conosciuti, studi in vitro su cellule neuronali, sembrano suggerire che gli ELF-MF erogati in maniera pulsata (PEMF), potrebbero agire determi-nando un aumento della neurotrasmissione eccitatoria. Lo scopo del nostro lavoro è stato analizzare in vivo gli effetti dei PEMF (generati da un sistema di esposizione altamente standardizzato) sulla funzionalità della corteccia motoria umana attraverso l’utilizzo di protocolli di stimolazione magnetica transcranica (TMS) volti ad esplorare l’eccitabilità corticale. Lo studio di TMS è stato eseguito in 22 soggetti sani, prima e dopo 45 minuti di esposizio-ne ai PEMF o alla stimolazione placebo.La stimolazione mediante PEMF ha determinato un incremento dell’ICF (Intra-Cortical Facilita-tion) pari al 20% senza modificazioni statisticamente significative degli altri parametri misurati. La stimolazione placebo non ha determinato modificazioni dell’eccitabilità corticale.I risultati ottenuti suggeriscono che i PEMF potrebbero determinare modificazioni funzionali a livel-lo cerebrale ed, in particolare, potenziare la neurotrasmissione eccitatoria dal momento che l’ICF è un parametro correlato all’attività corticale di tipo glutammatergico.

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EFFETTI DELL’INTEGRAZIONE CORTICALE DELLE MAPPE MOTORIE DEI MUSCOLI DELL’ARTO SUPERIORE SULLA SELETTIVITÀ DELL’ATTIVAZIONE MUSCOLARE VOLONTARIA

E. Coppi, R. Chieffo, L. Straffi, F. Spagnolo, J. Gonzalez-Rosa, A. Inuggi, G. Comi, L. Leocani

Neurology Dep.t - INSPE; University IRCCS San Raffaele, Milan

Obiettivi: studiare la correlazione tra il grado di sovrapposizione corticale delle mappe motorie di alcuni muscoli dell’arto superiore (ottenute mediante la stimolazione magnetica transcranica-TMS) e la selettiva attivazione muscolare durante l’esecuzione di un movimento volontario.Metodi: abbiamo studiato un gruppo di 30 volontari sani destrimani (14 giovani, età media 25.5+/-1.8; 16 anziani, età media 61.3+/-5). Attraverso la TMS abbiamo delineato la mappa di rappresen-tazione corticale di tre muscoli dell’arto superiore: abduttore breve del pollice (APB), abduttore del dito mignolo (ADM) ed estensore radiale del carpo (ECR). Abbiamo misurato il grado di sovrap-posizione corticale di tali muscoli e la coattivazione del muscolo ADM durante l’esecuzione di un compito motorio semplice eseguito con il muscolo APB ipsilaterale. Le performance motorie dei soggetti sono state valutate mediante il Nine Hole Peg Test (NHPT).Risultati: abbiamo trovato una correlazione tra il grado di sovrapposizione (DO=degree of overlap) e il NHPT in entrambe le mani: soggetti con un maggiore DO erano più veloci nel portare a termine il NHPT sia con il lato dominante che con quello non dominante (Spearman r=0.4, p=0.03 nell’emi-sfero dominante; r=0.5, p=0.004 nel non -dominante). Nel lato non-dominante un più alto DO cor-relava anche con una minore coattivazione dell’ADM ipsilaterale (r=0.5, p=0.005). Utilizzando una correlazione parziale corretta per età non si otteneva più alcuna significatività.Conclusioni: i nostri risultati indicano che la dominanza manuale e migliori performance motorie sono associate ad un maggiore grado di sovrapposizione delle mappe di rappresentazione corticale dei muscoli considerati, probabilmente per una migliore capacità di simultanea integrazione di tali muscoli durante l’esecuzione di un compito motorio. La correlazione tra DO e coattivazione musco-lare, trovata solo nel lato non-dominante, è probabilmente dovuta ad una più ridotta efficienza dei circuiti inibitori intracorticali; tali effetti sono in relazione all’età.

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EFFETTI DELL’ESERCIZIO MOTORIO PROLUNGATO SULL’ECCITABILITA’CORTICALE E LA PERFORMANCE MOTORIA

D. Crupi 1,2, G. Cruciata1, P.A. Green1, C. Moisello1, A. Naro2, L.Avanzino3, M.Bove3, MF Ghilardi1, A. Quartarone2

1. Dept. of Physiology & Pharmacology, CUNY Medical School, New York, NY, USA2. Dip di Neuroscienze, Scienze Psichiatriche e Anestesiologiche, Università di Messina3. Dip. di Medicina Sperimentale, sezione di Fisiologia Umana, Università di Genova

Scopo dello studio. “La pratica migliora la performance”, tuttavia essa può deteriorarsi nel corso di un esercizio protratto nel tempo. In letteratura vi sono pochi lavori sui meccanismi corticali alla base del passaggio dall’effettivo apprendimento al deterioramento di una performance motoria. Ab-biamo disegnato uno studio combinato neurofisiologico e comportamentale per valutare gli effetti dell’esercizio massivo e protratto sull’eccitabilità corticale e la performance.Soggetti e metodi. Quaranta soggetti sani hanno eseguito una serie di movimenti di opposizione delle dita (pollice-indice, medio,anulare, mignolo) ad una frequenza di 2Hz, scandita da un metro-nomo. Elettrodi posizionati sulla punta delle dita di un guanto indossato dai soggetti registravano la durata del tocco e l’intervallo fra un tocco e l’altro. I parametri estrapolati dall’analisi erano: numero di errori, la frequenza media e la sua variabilità. Al termine dell’esercizio, i soggetti definivano la sensazione di disconfort con un punteggio da 1 a 10. Il gruppo 1 ha eseguito il compito motorio per 5 minuti consecutivi e il gruppo 2 per 10 minuti consecutivi.In entrambi i gruppi, abbiamo registra-to mediante stimolazione magnetica transcranica (TMS) 20 potenziali evocati motori (MEP) dal muscolo FDI prima (PRE) e immediatamente dopo (T0) l’esercizio. Inoltre, nel gruppo 2 abbiamo registrato lo stesso numero di MEP 30 minuti dopo (T30). Utilizzando un paradigma TMS di sem-plice tempo di reazione abbiamo valutato gli effetti dell’esercizio prolungato sulla preparazione al movimento valutando l’entità della facilitazione pre-movimento.Risultati. Dal punto di vista comportamentale in tutti i soggetti abbiamo registrato un progressivo peggioramento della performance, con un aumentato numero di errori commessi e uno shift del ritmo dai 2 Hz a quello più naturale, “self-paced”. L’ampiezza del MEP si riduceva in relazione alla durata del task e all’intensità dello stimolo magnetico erogato: dopo 5 minuti solo ad alte intensi-tà di stimolo, dopo 10 minuti anche a quelle più basse. Dopo 30 minuti di riposo, l’ampiezza del MEP ritornava ai valori basali. Inoltre, 5 minuti di esercizio continuo inducevano un compensatorio aumento della facilitazione premovimento, mentre dopo 10 minuti di esercizio vi era un ulteriore incremento di tale facilitazione, ma con una perdita della modulazione temporale della stessa. Le modifiche di ampiezza del MEP correlavano significativamente con le modifiche della performance motoria e con l’ indice soggettivo di “faticabilità”, espresso numericamente da ogni soggetto alla fine del task. Conclusioni. I nostri risultati suggeriscono che l’esercizio protratto induce una significativa riduzio-ne dell’eccitabilità corticale, con un iniziale coinvolgimento dei motoneuroni fasici, reclutati solo ad alte intensità di stimolo. Le alterazioni della facilitazione premovimento, invece, verosimilmente rappresentano un meccanismo di compenso delle aree premotorie alla diminuita efficienza della corteccia motoria primaria indotta dall’esercizio prolungato.

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STUDIO DELLA CONNETTIVITÀ CORTICO-CORTICALE EFFETTIVA DURANTE TMS A SINGOLO E DOPPIO STIMOLO

F. Ferreri1,2,3, P. Pasqualetti4,5, S. Määttä2, D. Ponzo1,3,4, F. Ferrarelli3, G. Tononi3, E. Mervaala2, C. Miniussi6 , P.M. Rossini1,5

1Dipartimento di Neurologia, Università Campus Biomedico di Roma, Italia2Dipartimento di Neurofisiologia Clinica, Policlinico Universitario ed Università di Kuopio, Finlandia3Dipartimento di Psichiatria, Università del Wisconsin, Madison WI, USA4AFaR, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina, Roma, Italia5IRCCS San Raffaele Pisana e Casa di Cura San Raffaele Cassino, Italia6IRCCS San Giovanni di Dio, Ospedale Fatebenefratelli, Brescia, Italia

Obiettivi: i meccanismi di inibizione e facilitazione intracorticale (SICI ed ICF) della corteccia motoria umana possono essere attendibilmente misurati utilizzando la tecnica della stimolazione magnetica transcranica (TMS) declinata nel paradigma del doppio stimolo secondo Kujirai (ppTMS, Kujirai et al., 1993). Negli ultimi anni è stata realizzata e sviluppata una strumentazione in grado di permettere la registrazione delle risposte elettroencefalografiche evocate allo scalpo dalla TMS. Le latenze, l’ampiezza e la topografia di queste risposte sono considerate parametri in grado di for-nire indicazioni attendibili circa la connettività cortico-corticale effettiva e lo stato funzionale della corteccia cerebrale. Lo scopo di questo studio è tentare di caratterizzare i circuiti intracorticali che sottendono la connettività della corteccia motoria primaria (M1) e ne definiscono l’equilibrio tra facilitazione ed inibizione utilizzando la tecnica della coregistrazione EEGppTMS.Metodi: la TMS a singolo stimolo sotto e sopra-soglia ed a doppio stimolo è stata erogata sulla cor-teccia motoria primaria sinistra di 8 volontari sani; gli intervalli interstimolo scelti sono stati 3 ms. per la valutazione della SICI ed 11 ms. per la valutazione della ICF. I potenziali evocati motori sono stati collezionati simultaneamente dai muscoli della mano controlaterale Risultati: la TMS a singolo e doppio stimolo ha indotto risposte evocate allo scalpo caratterizzate da una sequenza ripetibile di deflessioni negative a 7, 18, 44, 100, 280 ms. alternate a deflessioni posi-tive a 13, 30, 60 e 190 ms. Inoltre la TMS a doppio stimolo è stata in grado di modulare significati-vamente sia l’attività evocata allo scalpo sia l’attività muscolare evocata. La variabilità in ampiezza delle risposte corticali e muscolari è risultata significativamente correlata.Conclusioni: la coregistrazione EEG-TMS può essere considerate uno strumento estremamente promettente per meglio caratterizzare i circuiti neuronali che sottendono la funzionalità di M1.

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CORTICO-CORTICAL CONNECTIVITY BETWEEN PARIETAL AND PRIMARY MOTOR CORTICES DURING IMAGINED AND OBSERVED ACTIONS: A TMS/TDCS STUDY

M. Feurra, G. Bianco, N.R. Polizzotto, A. Rossi,S. Rossi

Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Neurologia & Neurofisiologia Clinica, Università di Siena

Background: We combined Transcranial Magnetic Stimulation (TMS) with transcranial direct cur-rent stimulation (tDCS) to investigate the functional connectivity between the right or left primary motor cortex (M1) and the right parietal cortex (PC) during motor imagery or action observation tasks. Previous neuroimaging and TMS studies showed a functional connectivity between PC sub-regions and M1 during tasks of different reaching-to-grasp movements. Moreover, interhemispheric interac-tions between the right PC and the contralateral M1 have been postulated. The aim of this study is to verify whether these neural circuits are also involved in imagined or observed actions.Methods: Twelve healthy subjects underwent single pulse TMS over the right and left M1 during three randomized conditions: baseline, motor imagery of index finger abduction and observation of a pinch grip. Then, in different days, we applied 10 minutes of anodal (facilitatory), cathodal (in-hibitory) and sham tDCS over the right PC as an off-line conditioning protocol and we repeated the same corticospinal investigations by TMS, by recording bilaterally motor evoked potentials (MEPs) from FDI muscles.Results: Data showed highly selective effects between the right PC and the right M1, exclusive for motor imagery processes: anodal tDCS enhanced MEPs compared to the pre-tDCS session, whereas cathodal tDCS induced an inhibitory effect. Effects of Sham stimulation did not differ between pre- and post-tDCS. None of the PC conditioning impacted corticospinal facilitation during action observation. Conclusions: Results suggests that: 1) motor imagery is sustained by a strictly ipsilateral parieto-motor circuit; 2) motor imagery circuits are more vulnerable than those underlying action observa-tion to PC conditioning with tDCS.

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RUOLO DELLA CORTECCIA DORSALE PREMOTORIA DESTRA NELLA SINCRONIZZAZIONE RITMICO-MOTORIA. STUDIO DI INTERFERENZA MEDIANTE RTMS

F. Giovannelli,1,2 I. Innocenti,3 S. Rossi,3 A. Borgheresi,1 A. Ragazzoni,1 G. Zaccara,1 M.P. Viggiano,2 M. Cincotta1

1Unità Operativa di Neurologia, Azienda Sanitaria di Firenze2Dipartimento di Psicologia, Università di Firenze3Dipartimento di Neuroscienze, Sezione Neurologia, Università di Siena

Scopo dello studio. La capacità di sincronizzare il movimento con un cue ritmico dipende da una vasta rete neuronale, solo parzialmente caratterizzata. Dati neuropsicologici e di neuroimaging funzionale suggeriscono un coinvolgimento della corteccia premotoria dorsale (dPMC) e dell’area supplementare motoria (SMA). Abbiamo valutato questa ipotesi utilizzando la rTMS focale come tecnica di interferenza off-line con le funzioni corticali. Metodi. Otto volontari sani destrimani hanno partecipato allo studio che prevedeva 4 sessioni sperimentali condotte in giorni distinti. In ciascuna sessione veniva richiesto di effettuare un tapping con l’indice della mano destra sincro-nizzando il movimento con stimoli uditivi suddivisi in 13 sequenze ritmiche di diversa comples-sità: una isocrona (intervallo interstimolo costante di 250 ms), 4 metriche semplici e 4 metriche complesse e 4 non-metriche. Al termine di ciascuna sequenza il soggetto continuava a riprodurre il ritmo senza cue. Il compito era effettuato prima ed immediatamente dopo la rTMS, utilizzando gli stessi stimoli uditivi. Le 4 sessioni differivano per la sede di applicazione della rTMS: dPMC destra, dPMC sinistra, SMA ed Oz (area corticale di controllo). La rTMS focale ad 1 Hz era erogata per 15 minuti, ad un’intensità pari al 115% della soglia motoria a riposo. Risultati. La rTMS della dPMC destra determinava un peggioramento della sincronizzazione rispetto alle condizioni basali (indicato dall’aumento dell’asincronia media fra ciascun cue uditivo ed il rispettivo movimento) nelle sequenze metriche complesse e semplici ma non nelle sequenze non metriche ed isocrone. Al contrario, per stimolazione della dPMC sinistra, della SMA e di Oz non si avevano variazioni dell’asincronia. Per le sequenze metriche complesse, la variazione dell’asincronia riscontrata dopo la rTMS della dPMC destra era significativamente diversa (P < 0.05) rispetto a quella che si aveva nelle altre 3 condizioni. Conclusioni. I risultati supportano l’ipotesi che la dPMC destra abbia un ruolo rilevante nei meccanismi neuronali che sottendono la sincronizzazione del movimento con un cue ritmico esterno. Il coinvolgimento della dPMC destra appare evidente per le sequenze metriche mentre i substrati neuronali dell’integrazione uditivo-motoria con sequenze isocrone o non-metriche potrebbero essere in parte distinti. Il dato contribuisce alla caratterizzazione neurofisiologica di per-formance cognitivo-motorie quali l’esecuzione e l’ascolto musicale e la danza ed appare potenzial-mente utile nell’elaborazione di strategie riabilitative basate su cue uditivi, come quelle impiegate nella malattia di Parkinson.

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STUDIO DELL’ECCITABILITÀ CORTICALE TRAMITE RIPETUTI CONDIZIONAMENTI CON THETA BURST STIMULATION

C. Mastroeni1,2, C. Ritter2, I. Pohlmann2, F. Morgante1, A. Quartarone1, T.O. Bergmann2, H. R. Siebner1,3

1Department of Neurosciences, Psychiatry and Anaesthesiology, University of Messina, Sicily, Italy2Department of Neurology, Christian-Albrechts University of Kiel, Germany3Danish Research Center for Magnetic Resonance, Department of MR, Copenhagen University Ho-spital Hvidovre, Hvidovre, Denmark

La stimolazione magnetica transcranica (TMS) è una tecnica ormai consolidata nello studio della plasticità neuronale e nelle possibilità di modularla. In particolare la stimolazione ad altissima fre-quenza definita Theta burst stimulation (TBS) è un protocollo di condizionamento per indurre mo-dificazioni dell’eccitabilità cortico-spinale a lungo termine (Huang and Rothwell 2004). Con questa particolare tecnica vengono erogati 3 stimoli alla frequenza di 50 Hz ogni 200 ms. Il protocollo de-finito intermittent TBS (iTBS) usualmente induce un aumento dell’eccitabilità, mentre il continuos TBS (cTBS) produce una duratura inibizione. Comunque, la manipolazione dell’attività corticale con un pre-condizionamento con TBS sembra avere un ruolo fondamentale nelle modificazioni della plasticità (Genter et al 2008, Huang et al 2007). Scopo dello studioTestare come l’applicazione continuativa della TBS crei fenomeni di metaplasti-cità a livello corticale in particolare nell’area motoria primaria ( M1). Metodi Sono stati studiati 25 volontari sani di sesso maschile (età media 28,6 ± 3.1 DS). È stato utilizzato un sistema di neuro-navigazione con immagini di RMN in T1 per una più stabile stimolazione dell’hot-spot. Il muscolo target è stato il I interosseo dorsale della mano destra (FDI). È stato utilizzato un coil standard a forma di otto posizionato sull’hot spot del muscolo in esame dell’emisfero sinistro. Il protocollo di studio era costituito da tre sessioni. Due condizionamenti erano applicati a distanza di circa 30 minuti uno dall’altro: (i) cTBS seguito da cTBS; (ii) iTBS seguito da iTBS; (iii) cTBS seguito da iTBS. I potenziali evocati motori (MEP) sono stati registrati dal muscolo FDI in baseline dopo 2 e 25 minuti dalla fine di ogni condizionamento. L’esecuzione delle tre sessioni per ogni soggetto era random e tra ogni sessione vi era una pausa di 4 giorni circa. Risultati La risposta al condizio-namento con TBS dipende strettamente dal pre-condizionamento sempre con TBS. L’intermittens produceva un facilitazione di circa il 65% quando non era preceduto da nessun condizionamento, invece diveniva molto più forte quando veniva preceduta dal condizionamento con cTBS (110%). Se invece il TBS intermittens veniva preceduto dallo stesso condizionamento la facilitazione era solo del 21%. Per quanto riguarda invece il cTBS da solo produceva un’ inibizione dell’eccitabilità cortico-spinale pari a -17%. Non vi era invece riduzione dell’ampiezza del MEP se il cTBS era preceduto da un pre-condizionamento con cTBS. CONCLUSIONI Il pre-condizionamneto di una popolazione neuronale con cTBS o iTBS seguito da un protocollo di condizionamento con iTBS sembra modificare gli effetti del condizionamento stesso. Non è stato riscontrato invece l’inversione dell’effetto dall’utilizzo di due condizionamenti come precedentemente dimostrato con la stimola-zione associativa accoppiata (PAS) (Muller et al 2007). La forte facilitazione del iTBS dopo cTBS mostra effetti di metaplasticità omeostatica, l’inibizione infatti di M1 tramite cTBS potenzia note-volmente gli effetti del iTBS.

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BIBLIOGRAFIA

1. Huang and Rothwell Clin Neurophisiology 20042. Gentner R et al. Depression of human corticospinal excitability induced by magnetic theta-burst

stimulation: evidence of rapid polarity-reversing metaplasticity. Cereb Cortex 2008; 18:2046-53.

3. Huang YZ et al. Effect of physiological activity on an NMDA-dependent form of cortical pla-sticity in human. Cereb Cortex 2008;18:563-70.

4. Müller JF et al. Homeostatic plasticity in human motor cortex demonstrated by two consecutive sessions of paired associative stimulation. Eur J Neurosci 2007; 25: 3461-68.

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LA STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA RIPETITIVA (RTMS) INDUCE UNA SINCRONIZZAZIONE NELLE BANDE ALFA E BETA: IMPLICAZIONI PER UNA TEORIA GENERALE SUGLI EFFETTI DELLA STIMOLAZIONE

C. Miniussi, D. Brignani, D. Veniero

IRCCS San Giovanni di Dio Fatebenefratelli, BresciaDipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie, Università di Brescia

Scopo: indizioLa Stimolazione Magnetica Transcranica ripetitiva (rTMS) erogata a bassa (≤ 1Hz) o alta frequenza (≥ 5Hz) è generalmente associata, rispettivamente, ad una riduzione o un aumento dell’eccitabilità corticale. Tuttavia, gli effetti dei parametri di stimolazione vengono comunemente inferiti da indici indiretti, come le risposte elettromiografiche. Negli ultimi anni, la possibilità di registrare l’attività EEG durante la stimolazione magnetica ha reso disponibile un nuovo metodo per esaminare gli effetti della TMS direttamente a livello corticale. Lo scopo del presente lavoro è di valutare le mo-dulazioni indotte da rTMS ad alta frequenza (20Hz) sull’attività oscillatoria corticale. Metodi: La rTMS è stata applicata in corrispondenza dell’area motoria primaria in sedici soggetti sani con-temporaneamente all’acquisizione EEG. Ciascun soggetto è stato sottoposto a due sessioni sham intervallate da una sessione reale. Per ogni sessioni, 400 impulsi divisi in 40 treni da 10 stimoli sono stati erogati ad un’intensità pari alla soglia motoria a riposo. I valori di sincronizzazione/de-sincronizzazione (event-related desynchronization/synchronization) sono stati calcolati per la banda α (8-12 Hz) e β (13-30 Hz). A tal fine, i valori di potenza per ciascuna banda registrati durante la stimolazione reale sono stati espressi come percentuale della potenza registrata durante la prima sessione sham (baseline). Inoltre, per verificare se le modulazioni dell’attività oscillatoria indotte fossero ancora presenti dopo la fine della stimolazione reale, anche la seconda sessione sham è stata riferita alla baseline.Risultati:La rTMS ad alta frequenza ha prodotto un aumento di sincronizzazione in entrambe le bande (p < 0.05), sebbene un effetto maggiore sia stato registrato per la banda α. Inoltre, l’incremento di po-tenza dell’α persisteva anche dopo la fine della stimolazione reale, con valori paragonabili, sebbene con topografia caratterizzata da una diffusione di attivazione sui siti parietali, ipsi- e contro-laterati alla stimolazione (p < 0.001).Conclusioni: Poiché studi precedenti condotti sulla rTMS a bassa frequenza riportano risultati simili per le bande α e β, i presenti risultati contraddicono la classica opposizione tra bassa ed alta frequenza di stimola-zione. Quindi, ipotizziamo che l’induzione dell’α possa rappresentare un meccanismo di base indot-to dallo stimolo magnetico. Il perdurare degli effetti sull’α e la sua maggiore reattività allo stimolo magnetico suggeriscono che sia un ritmo strettamente connesso alla TMS. I risultati ottenuti sia con la rTMS a bassa sia ad alta frequenza potrebbero essere dovuti a un meccanismo più generale, come il reset di fase indotto dallo stimolo magnetico.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

DOLOREII SESSIONE

Moderatori:F. Brighina (Palermo),V. Tugnoli (Ferrara)

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Congresso nazionale

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Dolore - ii sessione

REPETITIVE TRANSCRANIAL MAGNETIC STIMULATION (RTMS) OF THE DORSOLATERAL PREFRONTAL CORTEX (DLPFC) DURING CAPSAICIN-INDUCED PAIN: MODULATORY EFFECTS ON PAIN PERCEPTION

F. Brighina, M. De Tommaso*, F. Giglia, S. Scalia, G. Cosentino, A. Puma, M. Panetta, G. Giglia, B. Fierro

Dept of Clinical Neuroscience, University of Palermo, Palermo, Italy*Dept of Neurological and Psychiatric Sciences, University of Bari, Italy

Evidence by functional imaging studies suggests the role of left dorsolateral prefrontal cortex (DL-PFC) in the inhibitory control of nociceptiv transmission system. Repetitive transcranial magnetic stimulation (rTMS) is able to modulate pain response to capsaicine.In the present study we evaluated the effect of DLPFC activation (through rTMS) on nociceptive control in a model of capsaicine-induced pain.The study was performed on healthy subjects that underwent capsaicin application on right or left hand. In each subject pain response to capsaicin was evaluated through the the measures of spon-taneous pain, (0-100 VAS scale) in the following experiments. In Experiment 1 16 subjects were evaluated in in baseline (capsaicin alone) and after 5 Hz rTMS over left and right DLPFC, at 10 (8 subjects: exp 1A) or 20 minutes(8subjects: exp. 1B) after capsaicin application over right or left hand in separate sessions. In Experiment 2 sham rTMS was given over left DLPFC in 5 of the 8 subjects that underwent exp. 1 A with capsaicin applied on the right hand Left-DLPFC-rTMS deli-vered either at 10 and 20 min after capsaicin significantly decreased spontaneous pain in both hands. Right DLPFC rTMS and sham rTMS showed no significant effect on pain measures .Left DLPFC seems to exert a bilateral control on pain system and therefore it could represent an alternative target for pain treatment protocols.

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Congresso nazionale

CICLO DI RECUPERO DEI POTENZIALI EVOCATI SOMATOSENSORIALI IN PAZIENTI AFFETTI DA EMICRANIA SENZ’AURA

G. Coppola1, S.L. Sava2, E. Porretta2, A. Alibardi3, M. Gorini3,V. Parisi1, A. Currà3, F. Pierelli2

Fondazione per l’Oftalmologia “G.B. Bietti” - IRCCS, Dipartimento di Neurofisiologia della Visione e Neuroftalmologia, Roma, Italia“Sapienza” Università di Roma, Polo Pontino – I.C.O.T., Latina, Italia“Sapienza” Università di Roma, Ospedale A. Fiorini-Polo Pontino, Latina, Italia

Background – Caratteristica comune del cervello degli emicranici è la mancata abituazione a qua-lunque tipo di stimolo sensitivo, compreso quello somatosensoriale. Questo fenomeno interittale è stato attribuito ad una aumentata eccitabilità corticale, probabilmente dovuta ad una ridotta ini-bizione GABAergica, o ad una ridotta preattivazione corticale da parte delle strutture modulatorie sottocorticali. Quest’ultima dovrebbe interessare l’intero network di neuroni corticali eccitatori ed inibitori. Quale tra la prima o la seconda ipotesi contribuisca maggiormente al deficit di abituazione non può essere determinato analizzando semplicemente le risposte somatosensoriali in un paradig-ma di stimolazione convenzionale. Una misura dell’eccitabilità dell’area corticale somatosensoriale, direttamente dipendente dalla funzione degli interneuroni inibitori, è la soppressione della risposta corticale da uno stimolo identico che lo precede e la sua curva di recupero dopo stimoli appaiati a diversi intervalli interstimolo (IIS). Abbiamo così studiato l’abituazione e la curva di recupero dei potenziali evocati somatosensoriali (PES) dopo condizionamento da stimoli elettrici al nervo media-no in pazienti affetti da emicrania senz’aura non trattati sia in fase ictale (MOi) che in fase interictale (MOii) e li abbiamo comparati con un gruppo di volontari sani (VS).Metodi - Abbiamo registrato la curva di recupero dell’ampiezza delle componenti PES N9, N13, N20 ed N33 in 46 pazienti affetti da MO (25 registrati in fase interictale, 21 in fase ictale) e in un gruppo di 21 volontari sani comparabili per sesso ed età, mediante stimoli identici appaiati al nervo mediano del polso destro. Abbiamo tracciato la curva di recupero a differenti IIS (5, 20, e 40 ms; 500 acquisizioni ciascuno) come variazioni percentuali dal singolo stimolo base non condizionato. Inoltre, allo scopo di stabilire il grado di abituazione negli stessi pazienti, e durante la stessa sessione di registrazione, abbiamo suddiviso le 500 acquisizioni non condizionate di base in 5 blocchi.Risultati – Le variazioni di ampiezza nella componente corticale N20 dei PES nei 5 blocchi (cioè l’abituazione) nella condizione di base erano differenti tra i due gruppi (F[8,256]=3.645, p<0.001). L’analisi post-hoc ha dimostrato che sia nei volontari sani che nei pazienti MOi le ampiezze dell’N20 diminuivano progressivamente (cioè abituavano). Non accadeva lo stesso nei MOii poiché l’am-piezza dell’N20 aumentava già nel secondo blocco, cioè non abituava.L’ANOVA per misure ripetute delle curve di recupero dei PES non è stata in grado di mostrare un effetto principale per fattore “gruppo” o una significativa interazione tra gruppo ed IIS per le componenti N9 (F[4,128]=0.307, p=0.873), N13 (F[4,128]=0.477, p=0.753), N20 (F[4,124]=0.622, p=0.647), ed N33 (F[4,126]=0.753, p=0.557).Conclusioni – Questi risultati suggeriscono che nell’emicrania gli interneuroni eccitatori/inibito-ri della corteccia somatosensoriale hanno una eccitabilità normale durante il periodo intercritico. Questi risultati non sono a favore di un più veloce ciclo di recupero, cioè di una ridotta inibizione GABAergica, nel sistema somatosensoriale periferico e corticale come possibile spiegazione della mancanza di abituazione nell’emicrania. Altri meccanismi devono quindi essere alla base dell’ano-mala elaborazione dell’informazione rilevata durante il periodo intercritico negli emicranici.

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Dolore - ii sessione

ALTERAZIONE DELLO SVILUPPO TEMPORALE DELL’INIBIZIONE LATERALE NEL SISTEMA VISIVO IN PAZIENTI AFFETTI DA EMICRANIA SENZ’AURA

G. Coppola (1), E. Porretta (2), S.L. Sava (2), M. Gorini (3), A. Alibardi (3), V. Parisi (1), A. Currà (3), F. Pierelli (2)

Fondazione per l’Oftalmologia “G.B. Bietti”-IRCCS, Dipartimento di Neurofisiologia della Visione e Neuroftalmologia, Roma, Italia.“Sapienza” Università di Roma, Polo Pontino – I.C.O.T., Latina, Italy “Sapienza” Università di Roma, Ospedale A. Fiorini-Polo Pontino, Latina, Italy

BackgroundUna ridotta abituazione dei potenziali evocati visivi di tipo transiente (TR-PEV) in seguito a sti-molazione con pattern a scacchiera è stata ripetutamente osservata in pazienti emicranici durante il periodo libero dal dolore. La causa esatta di questo fenomeno nell’emicrania non è nota. Alcune ipotesi attribuiscono questa anomalia neurofisiologica ad una ipereccitabilità corticale, probabilmente secondaria ad un ridotto livello di inibizione intracorticale, oppure ad un basso livello di preattivazione della corteccia sensi-tiva riconducibile in ultima analisi ad un anomalo funzionamento delle proiezioni monoaminergiche dal tronco encefalico. Quest’ultimo influirebbe sull’attività di neuroni corticali sia di tipo eccitatorio che inibitorio. Con i metodi attualmente utilizzati per evocare risposte visive non è ancora possibile determinare quale dei due meccanismi contribuisca maggiormente al deficit di abituazione. Tecniche PEV più elaborate hanno reso possibile evidenziare il contributo relativo proveniente dall’inibizione laterale a breve- e lungo- range attraverso modulazioni temporali differenziali di regioni adiacenti dei pattern visivi radiale a tipo windmill-dartboard (W-D) o partial-windmill (P-W). In questo studio abbiamo scelto di applicare queste tecniche PEV per studiare lo sviluppo temporale delle interazioni laterali nella corteccia visiva, sia in volontari sani (HV) che in pazienti affetti da emicrania senz’aura (MO) studiati nella fase ictale o interictale. Materiali e Metodi I potenziali evocati visivi steady-state sono stati registrati in 42 pazienti affetti da MO (22 in fase interictale [MOii] e 20 in fase ictale [MOi]) ed in 21 volontari sani, con uguale distribuzione per età e sesso. Sono stati utilizzati due tipi di stimoli visivi: windmill-dartboard e partial-windmill, a reversal in contrasto (~4 Hz). Per ogni sessione di stimolazione sono state acquisite 600 registrazioni, successivamente suddivise off-line in 6 blocchi da 100. Un’analisi di Fourier è stata effettuata sui singoli blocchi, per ricavare l’ampiezza della componente armonica fondamentale (F1) e della seconda componente armonica, che esprimono rispettivamente l’inibizione laterale a breve- (W-D) e lungo-range (P-W) nell’ambito della corteccia visiva. Risultati L’ANOVA per misure ripetute dell’ampiezza della componente F1 nella condizione W-D ha rivelato un’interazione significativa bidirezionale di gruppo per blocco (F[10,300]=2.33, p=0.01). L’analisi post-hoc ha mostrato come nei pazienti MOii l’ampiezza F1 del primo blocco inizia con valori più alti rispetto ai soggetti normali (p=0.01) e decresce col tempo, al contrario dei sani dove aumenta col tempo. L’ampiezza F1 del primo blocco nel gruppo di pazienti MOi inizia con valori più bassi rispetto ai pazienti MOii (p<0.001) e si comporta nello stesso modo dei volontari sani, vale a dire aumenta col tempo. Non sono state rilevate differenze significative tra i gruppi nello sviluppo temporale dell’ampiezza della seconda risposta armonica evocata da sti-molazione visiva P-W (F[10,300]=1.19, p=0.29). Discussione Da studi precedenti si evince che la componente fondamentale dei PEV evocata da una stimolazione windmill-dartboard potrebbe espri-mere il grado di inibizione laterale a breve-range, possibilmente mediata da sinapsi GABAergiche.

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Congresso nazionale

Pertanto, considerata la precoce maggiore ampiezza di F1 W-D nei pazienti MO in fase interictale, la corteccia visiva sembra essere essenzialmente sovrainibita nell’emicrania. Di conseguenza, il progressivo decremento in ampiezza riscontrato in questi pazienti potrebbe essere correlato ad una riduzione tempo-dipendente dell’inibizione laterale. Noi ipotizziamo che un sistema serotoninergico ipofunzionante nell’emicrania possa essere alla base di una disconnessione funzionale del talamo, con conseguente ridotta inibizione laterale intracorticale a breve-range ma non a lungo-range, la quale a sua volta potrebbe contribuire ad indurre il deficit di abituazione durante una stimolazione ripetitiva.

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Dolore - ii sessione

LA DURATA DEL PERIODO SILENTE CORTICALE NELLA CEFALEA DA ABUSO VARIA IN RELAZIONE AL FARMACO D’ABUSO

A. Currà 1, G. Coppola 2, M. Gorini 1, A. Alibardi 1, F. Pierelli 3

1. Sapienza Università di Roma-Polo Pontino, Ospedale A. Fiorini, Terracina, LT2. G.B. Bietti Eye Foundation-IRCCS, Di. Neurofisiologia della vision e neuropftalmologia, Roma3. Sapienza Università di Roma-Polo Pontino , I.C.O.T., Latina

Background – Gli emicranici episodici registrati in fase interictale hanno un accorciamento del periodo silente (Silent Period, SP) nella muscolatura periorale, a causa della ridotta attivazione dei circuiti GABAergici nella corteccia motoria. Nell’emicrania episodica l’attivazione corticale fluttua con il ciclo emicranico (interictale – preictale – ictale), mentre nella cefalea cronica quotidiana con abuso farmacologico (Medication Overuse Headache, MOH) sembra bloccata in una fase pre-ictale. Poiché l’attivazione corticale varia dalla fase interictale a quella pre-ictale costituisce motivo di interesse lo studio del periodo silente corticale in pazienti con MOH ed emicrania episodica in fase interictale. Materiali e metodi – Abbiamo registrato il SP indotto da stimolazione magnetica tra-scranica (Transcranial Magnetic Stimulation, TMS) nei muscoli periorali in 36 pazienti con MOH, 12 pazienti con emicrania senz’aura studiati in fase interictale, e 13 controlli (Healthy Volunteers, HV). I pazienti con MOH sono stati ulteriormente suddivisi in sottogruppi con abuso di triptani (n=9), di farmaci antinfiammatori non steroidei (NSAIDs) (n=12), e di combinazione di entrambi i tipi di farmaco (n=15). Abbiamo erogato stimoli magnetici ad alta intensità attraverso una bobina “a otto” sul punto dello scalpo di miglior rappresentazione dei muscoli periorali, mentre i soggetti attivavano in maniera massimale i muscoli in questione, e abbiamo registrato le risposte elettromio-grafiche con elettrodi di superficie posizionati sulla cute sovrastante i muscoli periorali dei soggetti bilateralmente.Risultati - Gli emicranici episodici studiati in fase interictale hanno mostrato un SP più breve dei controlli (p=0.021, correzione di Bonferroni). Nonostante l’intero gruppo dei pazienti con MOH avesse una durata normale del SP(p=0.314), il sottogruppo di pazienti facenti abuso di triptani mostrava un SP significativamente più breve dei controlli (p=0.005) che dei pazienti abusatori di NSAIDs (p=0.119) o di entrambi i farmaci in combinazione (p=847). La durata del SP, ma non la storia di malattia, correlava positivamente con l’assunzione mensile di compresse (r=0.476, p=0.003) nell’intero gruppo MOH. Discussione – Nei pazienti MOH l’attivazione degli interneuroni inibitori corticali nella corteccia motoria è maggiore che negli emicranici episodici studiati in fase interictale ed è simile a quella osservata nei controlli. La normalizzazione del SP avviene in tutti i sottogruppi MOH con abuso di NSAIDs, mentre la durata del SP resta accorciata nei pazienti che abusano solo di triptani. Il risultato di questo studio conferma che negli emicranici cronici l’abuso di NSAIDs o di triptani modifica la fisiologia corticale in modo distinto, e dimostra inoltre che l’effetto distintivo si esercita altresì sui circuiti inibitori corticali.

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REPETITIVE TRANSCRANIAL MAGNETIC STIMULATION (RTMS) OF THE DORSOLATERAL PREFRONTAL CORTEX (DLPFC) DURING CAPSAICIN-INDUCED PAIN: MODULATORY EFFECTS ON MOTOR CORTEX EXCITABILITY

B. Fierro, M. De Tommaso*, F. Giglia, G. Giglia, A. Palermo, F. Brighina

Department of Clinical Neurosciences,. University of Palermo, Italy*Neurological and Psychiatric Sciences Department, University of Bari, Italy

Evidence by functional imaging studies suggests the role of left DLPFC in the inhibitory control of nociceptive transmission system. Pain exerts an inhibitory modulation on motor cortex, reducing MEP amplitude, while the effect of pain on motor intracortical excitability have not been studied so far. In the present study we explored in healthy subjects the effect of capsaicin induced pain and the modulatory influences of left DLPFC stimulation on motor corticospinal and intracortical excit-ability. Capsaicin was applied on the dorsal surface of the right hand and measures of motor corticospinal excitability (test-MEP) and short intracortical inhibition (SICI) and facilitation (ICF) were obtained by paired-pulse TMS on left motor cortex. Evaluations were made before and at different times after capsaicin application in two separate sessions: without and with high frequency rTMS of left DLPF cortex, delivered 10 min. after capsaicin application.We performed also two control experiments to explore: 1: the effects of Left DLPFC rTMS on capsaicin induced pain; 2: the modulatory influence of left DLPFC rTMS on motor cortex without capsaicin application.Capsaicin-induced pain significantly reduced test MEP amplitude and decreased SICI leaving ICF unchanged. Left-DLPFC rTMS, together with the analgesic effect, was able to revert the effects of capsaicin-induced pain on motor cortex restoring normal MEP and SICI levels.These data support the notion that that tonic pain exerts modulatory influence on motor intracortical excitability; the activation of left DLPFC by hf rTMS could have analgesic effects, reverting also the motor cortex excitability changes induced by pain stimulation.

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Dolore - ii sessione

TRATTAMENTO DEL DOLORE MEDIANTE LA STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA RIPETITIVA PROFONDA APPLICATA CON H-COIL

F. Gilio, E. Iacovelli, M. Gabriele, E. Giacomelli, C. Marini Bettolo, V. Frasca,F. Pichiorri, A. Truini, A. Biasiotta, G. Cruccu, M. Inghilleri

Dipartimento di Scienze Neurologiche – Università di Roma “Sapienza”, Unità di Neurologia e Neurofisiopatologia- Ospedale Sandro Pertini, Roma

Obiettivi. H-coil è una bobina particolare che permette la stimolazione dell’area motoria dell’arto inferiore o di aree cerebrali profonde con intensità inferiori rispetto alle bobine circolari e a forma di otto comunemente utilizzate. Lo scopo del presente studio, cross-over doppio cieco placebo-control-lato, è stato di applicare la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) in corrispondenza dell’area motoria dell’arto inferiore utilizzando un H-coil per il trattamento del dolore neuropatico diabete-correlato farmaco-resistente. Metodi. 8 pazienti sono stati arruolati nello studio e randomicamente sottoposti alla stimolazione placebo (mediante coil sham) e reale (30 treni di 50 stimoli, intervalli intertreno di 30 s, frequenza di 20 Hz, intensità 100% della soglia motoria a riposo) in due sessione separate con un intervallo di almeno un mese. Gli effetti soggettivi della rTMS (reale vs placebo) sulla sintomatologia dolorosa sono stati valutati dai pazienti mediante VAS, DN IV, NPSI, MMPI, questionario sul dolore di Mc-Gill, Beck Depression Inventory.Risultati. Risultati: In entrambe le sessioni di stimolazione i pazienti riferivano una percezione soggettiva del dolore simile (VAS pre real e sham range 3-8; media±SD pre real 5.4±1.9, pre sham 5.5±2.1). Immediatamente dopo la sessione di stimolazione e alla rivalutazione a 3 settimane vi era un significativo effetto sulla percezione del dolore dopo la stimolazione reale (4.8±2.2 e 3.7±2.6) ma non dopo la sham (5.2±2.4 e 5.4±2.2).Conclusioni. I nostri risultati in 8 pazienti mostrano che la rTMS erogata sull’area motoria dell’arto inferiore mediante l’H-coil migliora significativamente la percezione soggettiva di dolore. Questi dati suggeriscono il possibile impiego della rTMS con H-coil nel trattamento del dolore farmaco resistente.

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ANOMALIE DISFUNZIONALI DEL CONTROLLO SOVRA SPINALE DEL DOLORE NELLA CEFALEA GRAPPOLO

A. Perrottaa, M. Serraob, G. Coppolab, A. Ambrosinia, M. Bartoloa, G. Sandrinic, F. Pierellia

a IRCCS “Neuromed”, University of Rome “Sapienza”, Headache Clinic, Pozzilli, Isernia, ItalybUniversity Centre for Adaptive Disorders and Headache, University of Rome “Sapienza” Polo Pontino-ICOT, Latina, Italy

cUniversity Centre for Adaptive Disorders and Headache, IRCCS ‘‘C. Mondino Institute of Neurol-ogy” Foundation, University of Pavia, Pavia, Italy

Background La patogenesi della cefalea a grappolo (CH) non è ancora completamente nota. Sul-la base delle caratteristiche cliniche relative alla peculiare ricorrenza degli attacchi in periodi ben definiti e di crescenti evidenze scientifiche, l’ipotalamo sembra svolgere un ruolo chiave nella fi-siopatologia di tale cefalea primaria. In un recente studio abbiamo dimostrato come, in altre cefalee primarie, sia identificabile un deficitario controllo sovra spinale del dolore in relazione allo sviluppo di una condizione dolorosa cronica, e come questi sia reversibile dopo un ritorno ad un pattern episodico (Perrotta et al., 2009). Numerose sono le evidenze anatomiche e funzionali che legano l’ipotalamo a strutture coinvolte nel controllo sovra spinale del dolore, come il periaqueductal grey e la rostral ventro-medial medulla. È ipotizzabile che nella cefalea a grappolo possano verificarsi anomalie funzionali di tali strutture. Per verificare tale ipotesi abbiamo studiato l’attività funzionale del sistema diffuso discendente di controllo inibitorio del dolore (DNIC) sulla soglia di sommazione temporale del riflesso nocicettivo di flessione (NWR TST) in soggetti affetti da cefalea a grappolo in fase attiva ed in remissione. Materiali e metodi Abbiamo reclutato 10 soggetti affetti da cefalea a grappolo (9M, 1F; età media 38,1 anni; durata media degli attacchi, 116 min; media attacchi/die, 2,3; durata media del grappolo, 6,8 settimane; numero medio di grappoli per anno, 2,2; durata media di malattia, 12,8 anni) e 10 soggetti sani di controllo (età media 37,5 anni). Ogni soggetto è stato sottoposto a valutazione neurofisiologica per la determinazione della NWR TST e dei relativi correlati psicofisici di percezione del dolore, 1) dopo immersione della mano fino al polso in acqua a temperatura ambiente (control-session), 2) a 4°C per 3-5 min (pain-session) e dopo 5 minuti dalla pain-session (after-effect), controlateralmente al lato stimolato per l’evocazione del NWR. Tale me-todo (Perrotta et al., 2009) consente, attraverso la stimolazione eterotopica nocicettiva, di attivare il sistema DNIC per controllo discendente sovra spinale del dolore. L’attivazione di tale sistema è in grado di deprimere la risposta nocicettiva NWR e TST e quindi l’analisi di tali risposte durante l’attivazione del sistema in grado di fornire informazioni utili sullo stato funzionale dello stesso. Tutti i soggetti hanno eseguito tale esperimento durante la fase attiva (in grappolo) ma senza cefa-lea in atto e durante la fase di remissione (fuori grappolo). RisultatiI dati ottenuti mostrano valori neurofisiologici di base sostanzialmente sovrapponibili tra soggetti affetti da CH fuori grappolo e soggetti di controllo, mentre una facilitazione non significativa della NWT TST con incremento del-la percezione psicofisica del dolore è stata registrata nei pazienti CH durante la fase attiva. Durante il cold pressor test, è stata registrata una inibizione della NWR TST significativamente più elevata nei soggetti con CH fuori dal grappolo se confrontati con i soggetti di controllo e con i soggetti con CH durante la fase attiva.Risultati I dati ottenuti supportano la presenza, durante la fase di remissione, di un’incrementata attività funzionale dei sistemi di controllo inibitorio discendenti del dolore (DNIC) che regolano l’attività dei neuroni nocicettivi midollari e di una loro depressione funzionale durante la fase at-

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Dolore - ii sessione

tiva della malattia che coincide con una facilitazione nel processamento nocicettivo spinale ed il ricorrente sviluppo di attacchi di dolore. I nostri dati sembrano confermare l’ipotesi che l’ipotalamo possa essere coinvolto nella patogenesi della CH anche attraverso la dismodulazione del controllo sovra spinale del dolore.

BIBLIOGRAFIA

1. Perrotta A, Serrao M, Sandrini G, Burstein R, Sances G, Rossi P, Bartolo M, Pierelli F, Nappi G. Sensitisation of spinal cord pain processing in medication overuse headache involves supra-spinal pain control. Cephalalgia 2009;Jul.10.

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LA STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA RIPETITIVA SULLA CORTECCIA VISIVA MODULA IL SISTEMA NOCICETTIVO TRIGEMINALE

S.L. Sava1,2, G. Coppola3, V. De Pasqua1, F. Pierelli2, J. Schoenen1

1. Headache Research Unit. University Dept. of Neurology & GIGA-Neurosciences, Liège Univer-sity, Liège, Belgium. 2 “Sapienza” Università di Roma, Polo Pontino – I.C.O.T., Latina, Italia 3 Fondazione per l’Oftalmologia “G.B. Bietti”- IRCCS, Dipartimento di Neurofisiologia della Visio-ne e Neuroftalmologia, Roma, Italia

Background: Una luce intensa può provocare un notevole fastidio, fenomeno noto come fotofobia. I meccanismi che mettono in relazione la luminanza con il sistema nocicettivo trigeminale, probabile mediatore di questo disturbo, sono ancora sconosciuti. Esperimenti sugli animali hanno messo in evidenza la presenza di una connessione nervosa tra il sistema visivo ed il nucleo trigeminale spinale (1-3). Per fare fronte a questa questione nell’uomo, abbiamo studiato l’effetto di una modulazione dell’attività della corteccia visiva tramite una stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) sul blink reflex nocicettivo-specifico (nBR), un riflesso troncoencefalico mediato dal nucleo trige-minale spinale.Soggetti e metodi: Sono state registrate quindici risposte bilaterali e consecutive di nBR, stimolan-do il nervo sovraorbitario di destra ad un’intensità 1.5 volte la soglia dolorifica in 16 soggetti sani (SS) prima ed immediatamente dopo la rTMS sulla corteccia visiva. L’intensità della rTMS è stata fissata al valore della soglia dei fosfeni oppure al 110% della soglia motoria. Ottocento impulsi sono stati emessi con un coil a figura-otto a bassa (1 Hz, treno di 15 min) o ad alta frequenza (10 Hz, 20 treni da 4 secondi, con intervallo tra un treno e l’altro di 15 secondi), in ordine casuale ed in 2 giorni separati. È stata inoltre misurata la soglia di sensibilità, quella dolorifica e l’area sotto la cur-va (AUC) della componente R2 sulle 15 tracce rettificate e raggruppate in 3 blocchi, ciascuno di 5 risposte. È stato utilizzato il rapporto AUC/i2 per poter paragonare le aree ottenute a diverse intensità (i) di stimolazione. L’abituazione è stata definita come la pendenza della retta di regressione lineare dei 3 blocchi consecutivi. Risultati: La rTMS a bassa frequenza, che ha un effetto inibitorio sulla corteccia visiva, ha signi-ficativamente aumentato il valore della soglia sensitiva (p=0.03), ma ha abbassato quella dolorifica (p=0.02). La rTMS ad alta frequenza, che si suppone abbia un effetto facilitatorio sulla corteccia, non ha avuto nessun effetto sulle soglie. La rTMS a bassa frequenza ha aumentato l’area R2 nBR e potenziato l’abituazione, mentre la rTMS ad alta frequenza ha diminuito d’area dell’R2, lasciando inalterata l’abituazione (two-way ANOVA F[1,30]=5.039, p=0.03 per l’area dell’R2; F[1,30]=4.059, p=0.05 per l’abituazione). Questi effetti sono risultati significativi solo contro lateralmente al lato stimolato, mentre questi sono risultati solo trascurabili ipsilateralmente. Conclusioni: I nostri dati mostrano per la prima volta negli esseri umani che esiste una connessione funzionale tra le aree visive corticali ed i nocicettori di secondo ordine nel nucleo trigeminale spinale. È interessante notare come la rTMS inibitoria induca modificazioni della soglia dolorifica (decremento), dell’area dell’R2 e dell’abituazione (incremento) nella stessa direzione di ciò che fa un attacco di emicrania, che è noto per essere associato con un anomalo fastidio o dolore all’esposizione alla luce ambientale.

BIBLIOGRAFIA

1. Okamoto K, Tashiro A, Chang Z, Bereiter DA. Bright light activates a trigeminal nociceptive

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Dolore - ii sessione

pathway. Pain [Internet]. 2010 Mar 3 [citato 2010 Mar 18];Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/202064442. Okamoto K, Thompson R, Tashiro A, Chang Z, Bereiter DA. Bright light produces Fos-positive neurons in caudal trigeminal brainstem. Neuroscience. 2009 Giu 2;160(4):858-864. 3. Lambert GA, Hoskin KL, Zagami AS. Cortico-NRM influences on trigeminal neuronal sensa-tion. Cephalalgia. 2008 Giu;28(6):640-652.

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Congresso nazionale

RIDUZIONE DELLA PERCEZIONE DEL CALDO E DELL’AMPIEZZA DEI POTENZIALI EVOCATI LASER DA STIMOLAZIONE DELLE FIBRE C DURANTE STIMOLAZIONE DOLOROSA ETEROTOPICA

1D. Virdis, 2D. Le Pera, 3C. Vollono, 3R. Miliucci, 1P.A. Tonali, 3M. Valeriani

1Istituto di Neurologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; 2Motor Rehabilitation, IRCCS San Raffaele Pisana, Roma; 3Divisione di Neurologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma

Mentre è noto che uno stimolo doloroso eterotopico è in grado di inibire la sensazione di dolore mediante un meccanismo conosciuto come diffuse noxious inhibitory control (DNIC), l’effetto del dolore sulla percezione del calore è stato raramente studiato. Il nostro studio ha avuto come scopo quello di valutare l’effetto di una stimolazione dolorosa eterotopica sui potenziali evocati laser da stimolazione delle fibre C (C-LEPs) e sulla percezione del calore. Una stimolazione dolorosa cuta-nea tonica è stata ottenuta in 9 soggetti sani mediante infusione di una soluzione salina ipertonica (5%) nel tessuto sottocutaneo corrispondente all’eminenza ipotenar (10 ml/ora per 20 minuti). I C-LEPs sono stati registrati stimolando la regione periorale destra con un impulso laser di bassa potenza, tale da determinare una sensazione di calore non dolorosa. La sensazione soggettiva di calore determinata dallo stimolo laser è stata misurata mediante una scala VAS da 0 a 100. I C-LEPs sono stati registrati prima dell’iniezione della soluzione salina, al picco del dolore e dopo 20 minuti dalla scomparsa del dolore. Durante l’iniezione della soluzione salina i C-LEPs registrati al vertice (C-N2 e C-P2) sono risultati ridotti in ampiezza, rispetto a quanto ottenuto prima della stimolazione dolorosa. Anche la percezione soggettiva del calore durante la stimolazione dolorosa era inferiore a quella osservata prima dell’infusione della soluzione salina. Tali dati suggeriscono che una stimo-lazione dolorosa eterotopica è in grado di ridurre la percezione del calore e l’ampiezza dei C-LEPs, che rappresentano il correlato oggettivo di tale percezione.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

ELETTROMIOGRAFIAII SESSIONE

Moderatori:I. Aiello (Sassari),

F. Manganelli (Napoli)

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Congresso nazionale

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eleTTroMiograFia - ii sessione

NEUROPHYSIOLOGICAL AND CLINICAL SPECTRUM OF HUMAN WEST NILE VIRUS INFECTION: A CASE SERIES

E. Sette, E. Fallica°, C. Monetti°, M. Libanore*, J.G. Capone, E. Gastaldo, R. Quatrale, M.R. Tola°, V. Tugnoli

Neurophysiological and Neurological Units, ° Infectious Diseases Unit* S. Anna Hospital, Ferrara

Intoduction and objective: West Nile virus is a mosquito-borne flavivirus originally isolated in human blood in 1937. Most infected individuals are asymptomatic; approximately 20% of infected individuals will develop a mild febrile illness and in less than 1% is possible to observe severe neuroinvasive disease, classified in meningitis, encephalitis, and acute flaccid paralysis. The virus is widely distributed in Africa, Europe, Australia and since 1999 it has spread rapidly in USA. In 2008 there was the first segnalation of an Italian case and between april 2008 and October 2009 a cluster of 16 cases in the north-east of Italy in particular in Ferrara, Rovigo and Mantova area. Aim of this report is to characterize clinical and neurophysiological spectrum of 6 patients with proven West Nile Virus (WNV) admitted in Ferrara hospital.

Materials and methods: We retrospective evaluated the data of 6 consecutive patients (4 male and 2 female) admitted in the period since April 2008 to October 2009, with a WNV infection. All pa-tients performed at least one EEG; five of them received an EMG.

Results: The median age at the diagnosis was 68 y. All the patients complained iperpiressia and altered level of consciousness. 5:6 patients developed acute flaccid paralysis, that required obser-vation in ICU. The muscle weakness was symmetrical, with saving of cranial nerve. 2 patients died, 1 had tetraplegia, 3 had a good recovery. EEG pattern was typically slow down, prominent in fronto-temporal region and slowing correlate with consciousness, 1 patients had status epilepticus. Electrophysiological studies revealed severely polio-like motor neuron impairment (low amplitudes of cMAP in symptomatic limbs, preserved NCV and sensory nerve conduction, excepted in one in which SAPs were mildly reduced). EMG showed denervation in weak muscle, with poor reinnerva-tion in subsequent control.

Conclusions: in endemic areas, rapidly progressive meningo-encephalitis with or without acute flaccid paralysis should prompt a strong consideration of WNV infection. Electrophysiological stu-dies should be helpful to objective neurological involvement and overall to detect motor neuron impairment in comatose patients.

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RELAZIONI TRA SEGNO DI MULDER ECOGRAFICO E SINTOMI SUGGESTIVI DI NEUROMA DI MORTON

G. Granata1,2, P. Caliandro1,2, C. Pazzaglia1,2, G. Liotta2,3, A. Di Pasquale2,4, L. Padua1,2

1 Istituto di Neurologia, Università Cattolica del Sacro Cuore-Italia2 Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus, Roma, Italia3 Dipartimento di Neuroscienze, Università di Messina - Italia4 Istituto di Neurologia, Università La Sapienza Roma - Italia

Il neuroma di Morton é un neuroma benigno che origina dai nervi intermetatarsali plantari, più spesso nel terzo spazio intermetatarsale. I sintomi includono: dolore localizzato sulla faccia plantare dello spazio intermetatarsale esacerbato dalla pressione tra le teste intermetatarsali. Possono inoltre essere presenti bruciore, parestesie ed ipoestesia sul lato interno di due dita contigue (quelle innervate dal nervo intermetatarsale coinvolto). La pressione tra le teste metatarsali causata dalla compressione trasversale del piede può scatenare i sintomi riferiti dal paziente. Questa manovra é chiamata segno di Mulder. La diagnosi neurofisiologica del neuroma di Morton é indaginosa. Il golden standard per la diagnosi può essere considerata la valutazione clinica. La valutazione ecografica é uno strumento utile al fine di confermare il sospetto clinico di neuroma di Morton. Il tipico reperto é la presenza del segno di Mulder ecografico caratterizzato dalla fuoriuscita di una masserella ipoecogena dallo spazio intermetatarsale durante la pressione trasversale delle teste metatarsali del piede.Lo studio é stato effettuato al fine di verificare quali siano i sintomi maggiormrnte correlati con la presenza del segno di Mulder ecografico.Sono stati valutati 43 piedi di pazienti giunti nel nostro ambulatorio con il sospetto clinico di neuro-ma di Morton. Ciascun paziente é stato sottoposto alla valutazione clinica ed ecografica.Il 2 x 2 table chi square test ha evidenziato che la conferma ecografica di neuroma di Morton era significativamente più frequente nei pazienti con disestesie e/o parestesie in due dita adiacenti (43%) rispetto a quelli senza questi sintomi (12%). In particolare non si evidenziava nessuna correlazione tra segno di Mulder e presenza/assenza di dolore intermetatarsale.Riteniamo che siano necessari ulteriori studi al fine di fornire maggiori informazioni sulla sensibilità dell’ecografia nella diagnosi di neuroma di Morton.

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eleTTroMiograFia - ii sessione

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO DI UN PAZIENTE CON DISTONIA OROMANDIBOLARE INSORTA IN SEGUITO AD EMORRAGIA CEREBELLARE

C. Bana, M. Osio, C. Nascimbene, A. Vanotti, C. Mariani

UO Neurologia, Clinica Neurologica Università degli Studi di Milano, AO Luigi Sacco, Milano

Scopo del lavoro: ripercorrere l’iter diagnostico-terapuetico effettuato nella valutazione di un pa-ziente maschio di 59 anni con distonia mandibolare insorta in seguito ad evacuazione di emorragia cerebellare e successivo posizionamento di derivazione spino peritoneale.

Il paziente, HIV positivo noto da circa 6 anni in terapia ART, affetto da sarcoidosi polmonare, psico-si cronica in terapia da anni con fluoxetina ed ipertensione arteriosa è giunto alla nostra osservazione per la comparsa, in seguito ad ematoma cerebellare sinistro, di disturbo all’apertura della bocca, caratterizzato da trisma persistente con impossibilità ad aprire la bocca per più di pochi millimetri. Tale quadro al momento della prima valutazione comportava la necessità di alimentarsi senza protesi odontoiatriche e solamente con cibo morbido, difficoltà a bere dal bicchiere e limita-zione nell’eloquio.Dal punto di vista neurofisiologico, per indagare tale sintomatologia sono stati eseguiti: elettromio-grafia (EMG) dei muscoli masticatori, studio del ciclo di recupero della componente R2 del Blink Reflex, riflesso inibitorio e tempo silente masseterino, oltre ad accertamenti neuro radiologici che hanno evidenziato gli esiti della lesione cerebellare sinistra.La comparsa all’EMG di abbondante attività di unità motorie in co-contrazione con i muscoli an-tagonisti dai muscoli temporale e massetere di sinistra durante il tentativo di apertura della bocca a fronte di un pattern di reclutamento controlaterale normale ed alterazioni del ciclo di recupero della componente R2 del Blink Reflex per stimolazione sovraorbitaria sinistra hanno orientato la diagnosi verso un disturbo del movimento di tipo distonico. I reperti di normalità del riflesso inibitorio e del tempo silente masseterino hanno permesso di escludere la diagnosi di spasmo emimasticatorio.Il ruolo del cervelletto nella patogenesi della distonia non è chiaramente definito: mentre il ruolo dei gangli della base è ampiamente dimostrato, quello cerebellare è oggetto di recenti studi. I reperti neurofisiologici ottenuti nella valutazione del nostro paziente, suggestivi per distonia oromandi-bolare, e la stretta correlazione temporale tra l’insorgenza dei sintomi e l’evento cerebrovascolare avvalorano l’ipotesi che la distonia possa avere una stretta relazione causale con l’evento cerebro-vascolare. Data la diagnosi di distonia oromandibolare il paziente è stato successivamente trattato con BoN-T A nei muscoli che mostravano alterato pattern di attivazione, con netto miglioramento della sinto-matologia e della qualità della vita del paziente.

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Congresso nazionale

ANALISI DELLE PROPRIETÀ DEL RECLUTAMENTO ASSONALE MOTORIO IN PAZIENTI CON MIASTENIA GRAVIS GENERALIZZATA

A. Biasella, F. Ginanneschi, F. Giannini, P. Piu, C. Scarselli, R. Mazzocchio, A. Rossi

U.O. Neurologia-Neurofisiologia Clinica, Università degli Studi di Siena

SCOPO DELLO STUDIO: La stimolazione nervosa ripetitiva (RNS) non è in grado di fornire indicazioni relative alla funzionalità delle NMJ appartenenti alle UM più piccole cioè quelle più suscettibili al danno nella Miastenia Gravis (MG). Scopo del nostro studio è stato quello di analiz-zare le proprietà del reclutamento assonale motorio in un muscolo clinicamente asintomatico e con RNS negativa, in pazienti con MG generalizzata di diversa gravità clinica. I dati sono stati, quindi, confrontati con quelli di una popolazione di controllo.METODI: Abbiamo eseguito una curva intensità-risposta (curva M input-output) stimolando il nervo Ulnare al polso e registrando dal muscolo Abduttore del V dito (ADM) in 27 pazienti con diagnosi di MG generalizzata in terapia, ed in 20 controlli sani. I pazienti sono stati reclutati in virtù della negatività dell’RNS ed assenza di ipostenia/affaticabilità sul muscolo ADM, nel giorno stesso in cui veniva eseguita la curva M input-output. I pazienti sono stati divisi in due gruppi di differente gravità clinica, in base al punteggio riportato al Quantitative MG score (QMGS, Besinger), ovvero Besinger <5 (B<5, meno sintomatici) e Besinger ≥5( B≥5, più sintomatici). I punti medi delle curve di reclutamento dei tre gruppi sono stati fittati con una funzione non lineare di Boltzman ed i pa-rametri delle curve (soglia, slope e plateau) sono stati confrontati tramite un test non parametrico. RISULTATI: La curva M input-output dei pazienti B≥5 è significativamente diversa da quella dei B<5 e dei controlli. Non viene rilevata alcuna differenza significativa tra B<5 e controlli. Lo slope ovvero la pendenza della curva dei pazienti B≥5 è significativamente minore rispetto ai controlli ed al gruppo di pazienti con B<5. Non ci sono differenze statisticamente significative di soglia e di plateau tra i tre gruppi. CONCLUSIONI: L’assenza di differenze di plateau e di soglia fra i tre gruppi con la sola altera-zione dello slope, indica il sostanziale risparmio delle fibre più grandi e più eccitabili del muscolo testato. Le differenze di reclutamento osservate nei pazienti con B≥5 sono, quindi, espressione della maggiore alterazione della conduzione nelle NMJ delle UM più piccole, meno eccitabili cioè le più affette nella MG. Tali alterazioni riscontrate nei pazienti più sintomatici (B≥5) sono verosimilmente in relazione ad una maggiore “semplificazione” della membrana post-sinaptica e conseguente ridu-zione del fattore di sicurezza.A differenza della RNS che esplora le NMJ di UM più grandi e più eccitabili, la curva M di recluta-mento consente di valutare la conduzione dell’intero pool di UM, quindi anche di quelle più lente e meno eccitabili. Questa metodica potrebbe affiancarsi alla RNS ed alla SFEGM come strumento per il monitoraggio clinico-terapeutico dei pazienti con Miastenia Gravis generalizzata.

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UTILITÀ DELLE INDAGINI NEUROFISIOLOGICHE NELL’IDENTIFICAZIONE DELLA CORRETTA FREQUENZA DI NEUROMODULAZIONE SACRALE NELLA RITENZIONE URINARIA IDIOPATICA: DUE CASI CLINICI

F. Del Corsoº, G. de Sciscioloº, R. Caramelliº, V. Schiavoneº, A. Cassardo*, M. Donati*, G. Del Popolo

º SOD Neurofisiopatologia Unità - Spinale Firenze- SOD Neurourologia Unità- Spinal Firenze- * TNfp. SOD Neurofisiopatologia Unità - Spinale Firenze

Oggetto: la neuromodulazione sacrale (NMS) è una tecnica approvata nel trattamento della ritenzio-ne urinaria idiopatica. Presentiamo due casi che mostrano l’utilità della valutazione neurofisiologica durante gli impianti di NMS. Materiali e Metodi: il primo caso riguarda una giovane donna di 47 anni che presenta, da Gennaio 2009, sia una ritenzione idiopatica parziale sia un quadro di stipsi; il secondo paziente è un ragazzo di 19 anni con un quadro di ritenzione urinaria parziale iniziata nel 2005 dopo un intervento di pessi testicolare. Entrambi i pazienti, prima dell’impianto di neuromodulazione, sono stati sottoposti ad una valutazione neurofisiologica del n. pudendo: riflesso sacrale (RS, eseguito su entrambi i lati del m. sfintere anale esterno/bulbo cavernoso), potenziali evocati sensitivi (SEP per stimolazione del n. dorsale del clitoride/pene e del canale anale), risposta simpatico cutanea (SSR) ed elettromiografia (EMG) eseguita sul m. sfintere anale esterno.Risultati: I miglioramenti dei parametri neurofisiologici sono risultati evidenti non solo con lo sti-molatore acceso ma anche a stimolatore spento. Le indagini neurofisiologiche hanno inoltre permes-so di identificare e confermare la corretta frequenza di stimolazione della NMS. Quest’ultima scelta è stata fatta prendendo in considerazione il miglioramento di latenza della risposta corticale del SEP ma in particolare del RS, che si è dimostrato importante per discriminare tra le due frequenze di stimolazione.Conclusioni: l’esame neurofisiologico, in particolare la valutazione delle latenze del SEP e del RS, si è dimostrato utile durante la NMS nella scelta dei corretti parametri di stimolazione.

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Congresso nazionale

EFFICACIA DEL PROGESTERONE IN UN MODELLO DI NEUROPATIA UMANA

*F. Ginanneschi, °G. Filippou, *C. Scarselli, *A. Biasella, *P. Milani, *A. Rossi

*UOC Neurologia- Neurofisiologia Clinica, Dip. di Scienze Neurologiche e del Comportamento. Università di Siena°Sez. Reumatologia, Dip. di Medicina Clinica e Scienze Immunologiche. Università di Siena

OBIETTIVO: Valutare l’effetto neuroprotettivo e antinfiammatorio del Progesterone (PG) in un mo-dello di neuropatia umana caratterizzato da alterazione localizzata della mielina, come la sindrome del tunnel carpale (STC) in stadio iniziale. Gli effetti sono stati confrontati con quelli del Cortisone (CS), neurosteroide con riconosciuta efficacia in questa neuropatia.METODI e RISULTATI: Sono stati arruolati 16 pazienti di sesso femminile, 8 trattati con CS (Triamcinolone acetonide 20 mg/1 ml), e 8 con PG (Hydroxyprogesterone caproate 170 mg/1 ml). Il trattamento consisteva di una singola iniezione eco-guidata nel canale del carpo. Lo studio clinico, elettrofisiologico e ultrasonografico è stato effettuato prima dell’infiltrazione, ad 1 e a 6 mesi. Clini-camente il pazienti sono stati valutati con questionari autosomministrati (BQ) e con scale VAS per parestesie e dolore. L’elettrofisiologia è stata effettuata con metodi convenzionali e con le curve di reclutamento degli assoni sensitivi e motori. Al follow-up di 1 mese i pazienti trattati con PG hanno mostrato un significativo miglioramento clinico, paragonabile al gruppo trattato con CS; la signi-ficatività statistica a 6 mesi è stata invece mantenuta solo dal gruppo trattato con PG, mentre nel gruppo con CS si è assistito ad un peggioramento clinico. I parametri ecografici ed elettrofisiologici sono migliorati significativamente solo ad 1 mese e solo nei pazienti trattati con CS CONCLUSIONI: L’effetto neuroprotettivo del PG e dei suoi metaboliti sulla mielina del sistema nervoso periferico è noto e sperimentalmente dimostrato in diversi modelli lesionali nell’anima-le. Sono altresì documentate le sue proprietà anti-infiammatorie, mediate dall’azione inibitoria su citochine pro-infiammatorie e prostaglandine. Nel nostro studio è stata valutata per la prima volta l’efficacia del PG in un modelli di neuropatia umana. Nei pazienti trattati con PG si è assistito ad un miglioramento sintomatologico superiore come durata a quello del gruppo con CS, a fronte però di un mancato recupero elettrofisiologico ed ultrasonografico del nervo. Il comportamento dicotomico dei rilievi clinici e strumentali è verosimilmente da attribuire ad un differente meccanismo terapeu-tico: antiedemigeno e anti-infiammatorio per il CS e prevalentemente antidolorifico di lunga durata per il PG. E’ stato dimostrato che il PG sintetizzato localmente nel midollo spinale innalza il livello di endorfine e dei recettori oppiodi nel sistema nervoso centrale. Questo studio avvalora l’ipotesi circa le proprietà antidolorifiche del PG nell’uomo, e propone un suo possibile ruolo terapeutico nella modulazione del dolore neuropatico.

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eleTTroMiograFia - ii sessione

VALUTAZIONE NEUROFISIOLOGICA DEL DIAFRAMMA: DIAGNOSI PRECOCE DI SOFFERENZA RESPIRATORIA IN PAZIENTI AFFETTI DA SLA SPINALE

L. Maderna, P. Banfi*, S. Messina, C. Morelli, C. Lombardi, E. Colamartino, F. Gregorini, V. Silani

U.O. Neurologia. Univerisità degli Studi di Milano - IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Milano**Fondazione Serena-Centro Clinico NeMO. Ospedale Niguarda, Milano

Introduzione: in pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) il progressivo deficit di forza muscolare che consegue alla progressione di malattia provoca inevitabilmente complicanze respira-torie che risultano essere spesso l’evento terminale e, comunque, sono determinanti nella qualità di vita quando il deterioramento globale non ha ancora raggiunto gli stadi terminali. Considerata la ra-pidità di insorgenza, le modalità di sviluppo e le possibile sequele mediche, è determinante la neces-sità di monitorare assiduamente le condizioni respiratorie ma, soprattutto, formulare una diagnosi precoce di insufficienza ventilatoria, per non giungere ad una condizione per cui anche le possibilità di intervento risultano ridotte. Attualmente la diagnostica delle complicanze respiratorie in generale, ma soprattutto nella SLA si avvale delle prove di funzionalità respiratoria, dell’emogasanalisi e dell’ Rx-torace. I dati presenti in letteratura sullo studio ad ago del diaframma (EMG), del nervo frenico e dei PEM derivati dagli emidiaframmi nei pazienti affetti da SLA sono scarsi ed incompleti. Sono stati studiati 8 pazienti con SLA definita secondo i criteri di El Escorial; i pazienti reclutati sono stati inizialmente sottoposti ad emogasanalisi (EGA), esame spirometrico, visita pneumologica e polisonnografia risultate nella norma. I pazienti sono stati quindi sottoposti ad EMG con ago mono-polare teflonato degli emidiaframmi, a studio della conduzione nervosa del nervo frenico e studio dei Potenziali Evocati Motori (PEM) con derivazione ad ago dall’ emidiaframma bilateralmente.Risultati: degli 8 pazienti studiati in tre erano presenti potenziali di fibrillazione ed un’ alterazione della morfologia dei PUM di tipo neurogeno cronico nel diaframma. Di questi un solo paziente mo-strava e monolateralmente anche un’ alterazione dei PEM con incremento del Tempo di Conduzione Motorio Centrale (TCMC). Un paziente non ha mostrato alterazioni della conduzione del nervo fre-nico e della funzionalità degli emidiaframmi ma ha evidenziato un’ alterazione, sempre monolatera-le, dei PEM. Dei restanti quattro pazienti in cui tutti i test neurofisiologici relativi al diaframma risul-tavano normali in tre abbiamo osservato la presenza di potenziali di fibrillazione e PUM neurogeni nella muscolatura del VII° spazio intercostale (in due bilateralmente ed in uno monolateralmente).Conclusioni: Dall’analisi di questi preliminari dati sembra confermarsi la validità delle metodiche neurofisiologiche nell’individuare precocemente i pazienti affetti da SLA da inviare a NIV anche se clinicamente asintomatici. Inoltre, il riscontro in tutti i pazienti di segni di denervazione nei muscoli intercostali ancor prima del diaframma potrebbe rappresentare un segno ancor più precoce di possi-bile alterazione delle capacità ventilatorie.

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Congresso nazionale

DISTURBI VENTILATORI NEI PAZIENTI AFFETTI DA DISTROFIA MIOTONICA DI STEINERT: VALUTAZIONE ELETTROMIOGRAFICA DEL DIAFRAMMA

L. Maderna , P. Banfi*, C. Lombardi, S. Messina, C. Morelli, P. Mattaliano, B. Ricciardi, M. Bettegazzi, V. Silani

U.O. Neurologia. Univerisità degli Studi di Milano - IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Milano*Fondazione Serena-Centro Clinico NeMO. Ospedale Niguarda, Milano

La Distrofia miotonica di tipo 1 o malattia di Steinert (MyD), è una malattia muscolare caratterizzata da miotonia ed espressione genetica multi-organo che determina in vari gradi debolezza del musco-lo scheletrico, aritmie e/o disordini di conduzione cardiaca, cataratta, danni del sistema endocrino, calvizie ed infine disordini del sonno. Ad oggi si suppone che l’ipersonnia e le alterazioni del respiro descritte siano di origine centrale ed i dati in letteratura relativi alla valutazione polisonnografica sembrano confermare tale ipotesi. Dal punto di vista delle’elettromiografia (EMG) è stata evidenzia-ta la presenza di scariche miotoniche in tutti i muscoli artuali, del tronco, facciali ed anche a livello del muscolo Sfintere esterno dell’ano. Non vi sono invece rilievi in letteratura relativi all’attività diaframmatica.È stata studiata la muscolatura diaframmatica in tre fratelli affetti da MyD (due maschi: 42 e 38 anni, ed una femmina: 33 anni).Le prove respiratorie hanno dimostrato una patologia restrittiva, lieve per la sorella, moderata per un fratello e grave per il fratello maggiore.È stata eseguita una valutazione polisonnografica con monitoraggio cardio-respiratorio completo (EMBLETTA) che ha evidenziato un pattern respiratorio notturno caratterizzato da apnee centrali e miste nel fratello maggiore, da apnee ostruttive nel secondo fratello e dall’assenza di alterazioni del respiro nel sonno nella sorella.Lo studio di conduzione motoria del nervo Frenico ed i Potenziali Evocati Motori del diagramma non hanno mostrato alcuna alterazione.L’EMG del muscolo Diaframma eseguita con ago monopolare teflonato con inserzione a livello del 7° spazio intercostale non ha, innanzitutto, mostrato nei pazienti la presenza di scariche miotoniche, presenti invece a livello della muscolatura intercostale. Tuttavia, in tutti soggetti abbiamo registrato la presenza di una attività elettrica continua durante sia la fase inspiratoria che espiratoria; tale atti-vità incrementa inoltre durante il mantenimento della manovra di Valsalva.Conclusioni: da questi dati preliminari, che ci proponiamo di incrementare con un numero adeguato di pazienti affetti da MyD, si può concludere che nel muscolo Diaframma è assente l’attività mio-tonica ma è presente una contrazione di tipo crampiforme, che potrebbe essere la causa del deficit ventilatorio nei pazienti. La possibilità di incrociare dati derivanti dallo studio del diaframma/mu-scoli intercostali con i reperti polisonnografici potrà fornire più utili indicazioni sulla meccanica ventilatoria durante il sonno dei pazienti MyD.

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eleTTroMiograFia - ii sessione

CASO CLINICO MALATTIA DI HIRAYAMA

G. Sallemi, *M. Gaeta

Neurologo e Neurofisiopatologo, libero professionista Neuroradiologo*Dirigente Medico della Neuroradiologia A.O.U. Policlinico di Messina

Giovane di 22 anni, di sesso maschile, giunge, inviato dallo specialista ortopedico, per eseguire esame EMG ed ENG, per il sospetto di neuropatia del nervo Ulnare dx al gomito.Da qualche anno accusa progressiva diminuzione della forza ed ipotrofia muscolare ai muscoli della mano destra, a causa di ciò il giovane ha imparato ad usare, discretamente, nel suo lavoro la mano sinistra.All’esame neurologico non segni clinici di patologia a carico del SNC. ROT presenti e simmetrici ai 4 arti. Assenza di riflessi patologici.All’ esame muscolare marcata ipotrofia ed ipostenia a tutti i muscoli della mano destra; lieve iposte-nia ai muscoli della mano sinistra. Non accusati né rilevati disturbi della sensibilità.All’EMG segni di sofferenza muscolare neurogena subacuta pronunciata su tutti i muscoli della mano destra con discreta attività spontanea da denervazione acuta a riposo, registrate fascicolazioni. Sui muscoli dell’avambraccio dx segni di sofferenza muscolare neurogena cronica con lievi segni di denervazione acuta a riposo.Sui muscoli della mano sinistra e sul muscolo Estensore comune delle dita sin segni di sofferenza muscolare neurogena cronica con lievi segni di denervazione acuta a riposo, solo sul abduttore breve pollice;fascicolazioni in tutti i muscoli studiati alla mano sinistra.L’esame elettroneurografico non mostra significative anomalie delle conduzioni motorie e sensitive.Le risposte tardive F, evocate sui muscoli abduttore V dito ed abduttore breve pollice, di dx, sono alterate.La RM cervicale, eseguita in flessione, con tecnica TSE, mediante scansioni assiali e sagittali, di-pendenti da T1 e T2, dopo soppressione del segnale del grasso, documenta: “focale riduzione di spessore della metà destra del midollo a livello dello spazio discale C6-C7; a questo livello, nelle condizioni di esecuzione dell’esame, si apprezza un contatto tra superficie anteriore del midollo e corpi vertebrali. È inoltre presente un aumento dello spazio epidurale posteriore nel cui contesto sono presenti immagini serpiginose riferibili ad ectasia del plesso venoso epidurale”.

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Congresso nazionale

MIRROR MOVEMENTS IN PARKINSON’S DISEASE: ELECTROMYOGRAPHIC OCCURRENCE ACCORDING TO DISEASE SEVERITY AND DOPAMINERGIC THERAPY

F. Spagnolo, E. Coppi, M.A. Volontè, R. Chieffo, L. Straffi, D. Ceppi, G. Comi, L. Leocani

Dep.t of Neurology, Clin.Neurophysiology, Neurorehabilitation, INSPE University-IRCCS S.Raffaele Hospital, Milan

OBJECTIVES: Mirror Movements (MM) represent involuntary movements occurring during vo-luntary activity in contralateral homologous muscles. They have been described in Parkinson’s di-sease (PD), but their evolution during disease progression is uncertain. We evaluated the effect of disease severity and dopaminergic therapy on the electromyographic (EMG) occurrence of MM in PD-patients and controls.METHODS: PD-patients underwent EMG recordings from upper-limb muscles. Patients were subdivided in two groups, the former (n=10), drug-naïve, presenting an early, asymmetric left-PD (early-PD), the latter (n=9) with advanced PD, with clinical onset and worst lateralization on the left-side (advanced-PD). Subjects were studied during a basal condition (OFF), and after levodo-pa administration (ON). Lateralized Unified Parkinson’s Disease Rating Scale (UPDRS) subscores were calculated. Data were compared with a group of 12 controls. RESULTS: No differences were detected in mirroring activity between advanced-PD and controls, in any condition. In early-PD, the less affected side revealed a significant higher mirroring activity compared to the contralateral one (p<0,001; t-test) and also versus both advanced-PD and controls (p=0,04 and p=0,01 respectively), while no significant differences were detected between the most affected side and both controls and advanced-PD. Levodopa intake did not modify these findings. Moreover in early-PD a significant negative correlation appeared between right hand MM and left lateralized UPDRS (r=-0,79 and r=-0,77 in OFF and ON respectively), being MM only confined to the early and asymmetrical PD phase.CONCLUSION: Altered movement lateralization, seems to be typical of early PD stages represen-ting the expression of a different inter-hemispheric inhibition. Compensatory cortical mechanisms are probably involved in the early phase of the disease, disappearing during its progression.

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eleTTroMiograFia - ii sessione

TRIGEMINAL MOTOR SYSTEM EXCITABILITY IN ALS PATIENTS WITH AND WITHOUT RILUZOLE THERAPY

E. Della Coletta, R. Quatrale, V. Tugnoli, M.R. Tola, I. Casetta, E. Granieri, E. Gastaldo

Dipartimento di Neuroscienze-Riabilitazione, Azienda Ospedale – Università S. Anna, Ferrara

Introduction. In early ALS stage san alteration of the cortical inhibitory mechanisms is documen-ted. Concerning the masticatory system some studies highlight also the presence of central motor pathway subclinical alterations and cortical excitability modifications.

Aim of the study. To evaluate the masticatory system excitability, both at cortico - bulbar and brain-stem level, in ALS patients with and without riluzole therapy.

Materials and methods. In 33 patients (15 in therapy with riluzole, 19 with bulbar involvement) have been evaluated: masseter motor evoked potential (MEP), masseter inhibitory reflex (MIR) evoked by electric and magnetic stimulation, MIR recovery evoked by electric stimulus with 100 ms interstimulus interval.

Results. It was found: an alteration of central motor pathway in 92% of patients without clinical bulbar involvement, a reduction of MIR late silent period by magnetic stimulation in patients wi-thout therapy (present in 28% of patients) while it appears in 64% of patients treated with riluzole, independently from the presence of bulbar signs (p<0,05). In bulbar patients the late MIR SP by test stimulus is absent in 83% without and in 27% with riluzole therapy (p<0,001).

Conclusions. This study confirms the presence of a high frequency of subclinical alterations of the masticatory system, demonstrates an alteration of the trigeminal excitability at brainstem level and the riluzole appeared to be able to reduce such alteration too.

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STIMOLAZIONE ELETTRICA AD ALTO VOLTAGGIO DELLE RADICI LOMBOSACRALI: LOCALIZZAZIONE NEUROFISIOLOGICA E DIMOSTRAZIONE MEDIANTE NEURO-IMAGING DEL SITO OTTIMALE DI STIMOLAZIONE

W. Troni, A. Bertolotto, E. Berra, A. Di Sapio, S. Duca, A. Merola, F. Sperli

Neurologia 2 – Centro Sclerosi Multipla (CReSM) & Laboratorio di Neurofisiologia Clinica Speri-mentale, AOU S. Luigi Gonzaga – Orbassano (TO)

Obiettivo: La stimolazione elettrica ad alto voltaggio delle radici lombosacrali con montaggio dor-so-ventrale (Troni et al, 1996) permette l’attivazione sopramassimale delle radici a livello della loro reale emergenza dal midollo. Tuttavia, l’impiego di un punto fisso di stimolazione (di solito corrispondente all’interspazio D12/L1 quale punto medio di proiezione sulla colonna del segmento mielico L4-S1) non tiene conto della variabilità individuale del rapporto topografico fra midollo lombo-sacrale e colonna vertebrale.Metodo: Al fine individuare nel singolo soggetto il punto ottimale di stimolazione, in 15 volontari sani è stata applicata sulla colonna vertebrale una schiera di 5 elettrodi, utilizzati quali catodi, con distanza inter-elettrodica di 1.5 cm. L’elettrodo centrale è stato posto in corrispondenza dell’inter-spazio D12/L1. Attraverso tale elettrodo è stata inizialmente erogato (Digitimer D185) un stimolo di intensità tale di produrre una risposta muscolare di minima ampiezza (0.1-0.3 mV) in uno dei 3 distretti di derivazione bilaterale: vasto mediale (L3-L4), tibiale anteriore (L4-L5) e Flessore Breve Alluce (S1-S2). Mantenendo invariata tale l’intensità stimolante, sono stati saggiati gli altri elettrodi più craniali o caudali al fine di evidenziare, sulla base delle variazioni di ampiezza della risposta M, il punto di stimolazione ottimale (a minima soglia). Tale sito è stato quindi utilizzato per ottenere risposte M sopramassimali. Al termine della seduta tale punto è stato segnato con lapis dermografi-co ed il paziente ha eseguito una RM del tratto dorso-lombase ponendo uno spot paramagnetico in corrispondenza di tale punto. Risultato e Conclusioni: in tutti i soggetti esaminati il punto ottimale è risultato corrispondere con buona approssimazione al tratto medio del segmento lombosacrale del midollo. Tale risultato con-ferma il corretto livello di stimolazione (origine reale delle radici) e l’elevata focalità di stimolazione raggiungibile con il metodo descritto. Inoltre, la possibilità di individualizzare il corretto sito di stimolazione permette di ridurre l’intensità di corrente necessaria per l’attivazione sopramassimale delle radici (< 450 V), migliorando in modo significativo la tollerabilità dell’esame.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

MONITORAGGIO

Moderatori:P. Lanteri (Venezia -ME),

R. Quatrale (Ferrara)

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MoniToraggio

VALUTAZIONE NEUROFISIOLOGICA NELLO STATO VEGETATIVO PROLUNGATO: DATI PRELIMINARI

A. Estraneo*, V. Loreto*, A.M. Saltalamacchia*, P. Moretta*, F. Lullo*, M. Iannotti*, B. Lanzillo*, L. Santoro^, L Trojano°

*Fondazione Salvatore Maugeri, Telese Terme (BN)^ Dipartimento di Neuroscienze, Università Federico II, Napoli° Laboratorio di Neuropsicologia, Seconda Università di Napoli, Caserta

Obiettivi: Alcuni parametri neurofiosologici sembrano avere un valore prognostico per il recupero della coscienza maggiore di quello dei dati clinici e neurofunzionali. In particolare, l’assenza di potenziali evocati somatosensoriali (SEP) nella fase acuta ha un valore prognostico negativo per il recupero della coscienza nei pazienti con eziologia anossica. La gran parte degli studi, tuttavia, è stata condotta nella fase acuta e mancano dati sistematici sul valore prognostico degli indici neuro-fisiologici in fase di stato vegetativo prolungato (superiore ad un mese).Questo studio intende verificare se gli indici neurofisiologici registrati in fase cronica siano correlati al quadro clinico, in termini di grado di responsività (misurato alla Coma Recovery Scale – Revised, CRS-R) e di disabilità (valutato con la Disability Rating Scale, DRS), e siano correlati al tipo di esito alla fine di un periodo di follow-up medio di due anni.Pazienti: sono stati arruolati per lo studio 41 pazienti (con età media di 48 anni, 19 uomini) in stato vegetativo prolungato degenti presso un’ Unità di Neuroriabilitazione per pazienti con disturbi di coscienza. I pazienti avevano eziologia traumatica (26.8.%), emorragica (26.8%) o anossica (46.3%) e sono stati arruolati ad una media di 8 mesi dall’esordio (range 3-20).Metodi: all’ingresso nello studio è stata condotta un’approfondita valutazione clinica mediante sca-le specifiche validate (CRS-R e DRS); la stessa valutazione è stata ripetuta ad intervalli regolari per un periodo di osservazione media di 24 mesi dall’esordio (range 6-50). All’ingresso tutti i pazienti hanno effettuato una valutazione neurofisiologica comprendente la registrazione di EEG (dopo al-meno 6 ore dalla sospensione di ogni sedativo), SEP da stimolazione del nervo mediano al polso, potenziali evocati uditivi (BAEP) e risposta simpatico-cutanea (SSR), eseguiti secondo le linee gui-da internazionali.Risultati: all’ingresso nello studio, i SEP erano normali in 64.1% pazienti, patologici in 7.7% pa-zienti ed assenti nel rimanente 28.2.% del campione. Nessuno degli indici neurofisiologici, trattati come variabili categoriali (normale/patologico, oppure presente/alterato/assente), è risultato correla-to ai punteggi alle scale cliniche (DRS, CRS-R totale, singole scale della CRS-R).Al termine del periodo di follow-up 14 pazienti erano deceduti, 15 pazienti erano in stato vegetativo persistente, 8 pazienti in stato di coscienza minima e 3 pazienti avevano recuperato la coscienza.In relazione all’evoluzione clinica solo la presenza o l’assenza dei SEP è risultata significativamente correlata al tipo di esito (responsivo/non responsivo). Tra le variabili cliniche, solo il riflesso pupil-lare alla luce è risultato significativamente correlato al tipo di esito.Discussione: I presenti dati preliminari evidenziano che gli indici neurofisiologici qui utilizzati non sono correlati alla gravità clinica al momento della prima osservazione di pazienti in stato vegetativo in fase cronica. Al termine del periodo di follow-up, tuttavia, un indice neurofisiologico (SEP) sem-bra correlato al tipo di esito, ed in particolare la assenza della componente N20 è stata riscontrata in tutti i pazienti che non hanno recuperato alcuna responsività, ma anche in un paziente anossico in stato di coscienza minima dopo circa un anno di follow-up. Un’analoga relazione con l’esito è stata

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Congresso nazionale

osservata per l’assenza della reazione pupillare alla luce.Tali dati devono essere confermati da studi ulteriori in casistiche più numerose e per periodi di os-servazioni più lunghi, ma al momento attuale sembrano suggerire che anche in fase cronica lo studio di alcuni indici neurofisiologici possa dare utili informazioni prognostiche in pazienti con disordini della coscienza.

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MoniToraggio

ELETTRODI “IMAGING” COMPATIBILI PER IL MONITORAGGIO IN CONTINUO IN BRAINSUITE

A. Angelini, G. D’Andrea, I. Famà, P. Familiari, A. Bozzao, M. Inghilleri*, L. Ferrante

UOC Neurochirurgia, Ospedale S.Andrea *Dipartimento di Scienze NeurologicheUniversità di Roma “Sapienza”

Lo scopo delle procedure di monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio della chirurgia del siste-ma nervoso, è quello di fornire un’ affidabile valutazione delle modificazioni funzionali dei sistemi neuronali e delle fibre nervose che possono instaurarsi durante l’atto chirurgico. In tal modo si ridu-cono notevolmente i deficit neurologici post-operatori raggiungendo un miglior risultato terapeutico.In una sala operatoria dotata di RMN da 1.5T sorgono tuttavia problematiche legate all’interazione tra campo magnetico ed elettrodi utilizzati nel monitoraggio, con possibili artefatti paramagnetici e distorsione dei risultati clinici.L’obiettivo di questo studio è stato quello di ricercare tipologie di elettrodi che avessero una com-posizione tale da ridurre al minimo l’interazione con il campo magnetico e che aumentassero quindi l’attendibilità del monitoraggio strumentale.Materiale e metodi: La sala operatoria dell’ Ospedale Sant’Andrea di Roma è dotata di una RMN con campo magnetico da 1.5 Tesla. Le prove tecniche sugli elettrodi per il monitoraggio neurofisio-logico intraoperatorio sono state effettuate utilizzando elettrodi in oro, elettrodi in platino-iridio, ed elettrodi in acciaio. Gli elettrodi sono stati testati su materiale organico, fantocci in gel e quindi su pazienti sottoposti ad interventi neurochirurgici.Risultati: Sulla base della distorsione del segnale creato dagli elettrodi, quelli in oro hanno mostrato il risultato più soddisfacente, non dimostrando interazioni col magnetico e soprattutto evidenziando una completa radiotrasparenza. Tuttavia il loro costo elevato ne compromette l’utilizzo clinico-prati-co. Gli elettrodi composti da platino e iridio hanno invece evidenziato una scarsa o nulla interazione con il campo generato dalla RMN, senza significativi effetti termici cutanei.In tal modo è stato possibile ottenere una maggiore attendibilità dei risultati strumentali e una ridu-zione del tempo intraoperaorio legato al posizionamento e alla rimozione degli elettrodi sul paziente durante il monitoraggio.Discussione: Il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio è finalizzato ad ottenere una riduzione dei deficit neurologici post-operatori migliorando la qualità del risultato terapeutico e preservando allo stesso tempo la fattibilità economica. La possibilità di un controllo strumentale con RMN intra-operatoria permette allo stesso tempo l’ottenimento di un più soddisfacente risultato clinico.L’interazione tra elettrodi e campo magnetico può tuttavia creare problematiche legate alla distor-sione dei segnali e alla creazione di artefatti paramagnetici. L’utilizzo di materiali quali elettrodi platino-iridio ha dimostrato una buona compatibilità con le radiofrequenze, evidenziando una scarsa o nulla interazione col campo magnetico generato dalla risonanza.

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IMPATTO DELLA REGISTRAZIONE INTRAOPERATORIA DELLA D WAVE IN CHIRURGIA VERTEBRO-MIDOLLARE

P. Costa, A. Borio, M. Giacobbi, S. Marmolino, G. Isoardo, C Jüenemann, P. Ciaramitaro

Neurofisiologia Clinica, Clinica, Ospedale CTO, Torino

BackgroundLa registrazione combinata dei potenziali evocati motori (m-MEPs) e della D wave è utilizzata nella chirurgia dei tumori intramidollari con la finalità di fornire elementi prognostici sull’outcome moto-rio. Vi sono meno evidenze sulla sua utilità di questo tipo di monitoraggio negli altri tipi di chirurgia vertebro-midollare.Scopo dello studioValutare l’impatto della registrazione intraoperatoria della D wave sulla monitorizzabilità e sulla prognosi motoria postoperatoria in una casistica di interventi di chirurgia vertebro-midollare.Materiali/metodiAnalisi retrospettiva di 147 interventi in 144 pazienti con patologia vertebro-midollare (19 tumori intramidollari, 53 tumori extramidollari, 24 mielopatie, 17 lesioni midollari traumatiche complete, 8 lesioni midollari traumatiche parziali, 16 scoliosi e 10 traumi vertebrali).L’impatto della registrazione della D wave sulla monitorizzabilità è stato definito come contribuen-te nei casi in cui i m-MEPs erano assenti bilateralmente o unilateralmente, indifferente nei casi in cui i m-MEPs sottolesionali erano bilateralmente presenti.L’impatto della registrazione della D wave sulla prognosi è stato definito come contribuente nei casi in cui ha consentito una prognosi positiva o negativa sull’outcome motorio, indifferente negli altri casi.RisultatiMonitorizzabilità: la D wave è risultata contribuente in 21 interventi (14.3%). Le categorie in cui il contributo è stato maggiore sono le mielopatie (29.2%), i tumori extramidollari (15.1%), le lesioni spinali traumatiche parziali (37.5%).Prognosi motoria: la D wave è risultata contribuente in 41 interventi (27.9%). Le categorie in cui il contributo è stato maggiore sono le lesioni traumatiche midollari complete (100%), i tumori intrami-dollari (47.4%), traumi midollari parziali e scoliosi (25%) e mielopatie (16.7%).ConclusioniLa registrazione intraoperatoria della D wave aumenta la monitorizzabilità e fornisce rilevanti in-formazioni sull’outcome motorio nelle lesioni midollari complete e nei tumori intramidollari. Nelle altre categorie studiate può essere un utile complemento al monitoraggio in casi selezionati.

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MoniToraggio

CLINICAL NEUROPHYSIOLOGICAL MONITORING IN SYRINGOMYELIA AND CHIARI SYNDROME: ANALYSIS OF 144 PATIENTS

P. Ciaramitaro, G. Isoardo, °G. Faccani, *D. Cocito, P. Costa

Clinical Neurophysiological Unit, °Neurosurgery Division, CTO Hospital, Torino* Clinical Neurophysiological Unit, Neuroscience Department, University of Torino

Primary end point: evaluation of clinical neurophysiological follow up of syringomyelic patients, associated to Chiari Syndrome or not, submitted to neurosurgery or conservatory treatment.Secondary end point: evaluation of prevalence of neuropathic central pain in syringomyelic patients by neurophysiological study.All patients with syringomyelia (with or without Chiari malformation) at timing T0 (pre-surgery), T1 (six months after surgery) and T2 (12 months after surgery or diagnosis) will be submitted to:neurological clinical evaluation by clinical and disability scales (m-Rankin, MRC/SUM scale, Bar-thel Index), pain scales according with guidelines of European Federation of Neurological Sciences (VAS, DN4, PGIC, BDI, SF-36);neurophysiological tests: upper and lower limbs SEPs, BAEPs, MEPs; intraoperating monitoring (SEPs/MEPs); neuropsycho-physiological pain evaluation by QST and CPS.144 patients were evaluated at Syringomyelia and Chiari Ambulatory, Clinical Neurophysiological Unit, CTO Hospital of Torino. 112/144 patients were submitted to SEPs-BAEP-MEPs (pre, intra, post-surgery); 80/144 were submitted to QST-CSP and clinical scales with an high prevalence of neuropathic central pain in syringomyelia patients.

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PROGNOSI NEUROLOGICA PRECOCE DEL COMA IPOSSI-ISCHEMICO IN IPOTERMIA TERAPEUTICA

R. Carrai*, A. Grippo*, S. Fossi*, E. Bonizzoli#, L. Migliaccio#, S. Scarpelli*, E. Mazzeschi*, S. Valente§, A. Amantini*, F. Pinto*, A. Peris# , GF.Gensini§

*DAI Neuroscienze; # DAI Emergenza Accettazione; § DAI Cardiologico e dei Vasi, AOU Careggi, Firenze

Introduzione: Nel 2006 l’American Academy of Neurology ha pubblicato i criteri clinici e stru-mentali per la prognosi del coma anossi-ischemico (AI). I suddetti criteri prognostici non sono però stati validati in pazienti in ipotermia.Scopo: valutare l’affidabilità prognostica del PES, registrato entro 12-24 h, nel determinare la “pro-gnosi neurologica sfavorevole“ nel coma AI in presenza di ipotermia terapeutica.Metodi: sono stati inclusi soggetti adulti in coma grave (GCS < 9) successivo ad arresto cardio-respiratorio trattati con ipotermia terapeutica (32-34°C) afferenti al nostro ospedale dal settembre 2005 a dicembre 2009. I PES sono stati registrati entro 12-24 hs dall’arresto durante l’ipotermia. L’outcome è stato valutato a 90 giorni mediante Glasgow Outcome Scale.Risultati:. Sono stati reclutati 27 soggetti. Il complesso corticale precoce (N20-P25) del PES regi-strato durante l’ipotermia era assente bilateralmente in 13 soggetti (48,1%), ipovoltato (< 1,2 uV) in 6 (22,2%), normale in 8 (30%). Nessuno dei soggetti con PES assente ha recuperato lo stato di coscienza con un valore del 100% sia per il valore predittivo positivo (IC 95% = 77,0-100%) che per la specificità (IC 95% = 56,6-100%).Conclusioni: I nostri dati, in accordo con gli studi finora disponibili in letteratura (Tiainen et al., 2005; Bouwens et al.,2009), confermano che l’assenza bilaterale del PES corticale conserva il signi-ficato prognostico sfavorevole certo anche in pazienti trattati con ipotermia terapeutica già in fase precoce. La conferma dell’alto valore predittivo del PES registrato entro le 12- 24 hs ha un potenzia-le impatto clinico di particolare rilevanza soprattutto nella guida di strategie terapeutiche altamente invasive quali l’avvio/mantenimento di tecniche di supporto cardio-polmonare.

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MoniToraggio

MONITORAGGIO EEG CONTINUO DURANTE INTERVENTI DI ENDOARTERIECTOMIA: LA NOSTRA ESPERIENZA CONDOTTA SU 842 CASI CONSECUTIVI

D. Audenino, G.P. Bo, M. Cambiaso, G. Migliaro, P. Mortola, E. Ravanello, G. Baldino, P. Cassola, D. Laricchia, C.I. Parodi, A. Gori, S. Ratto

Dipartimento di Neuroscienze e CardioVascolare, E. O. Ospedali Galliera, Genova

Scopo dello studio: È stata ormai validata l’efficacia dell’endoarteriectomia carotidea per la preven-zione dell’ictus per stenosi superiori al 70%. L’intervento, di per sè tuttavia costituisce un rischio e deve essere attuato solo in Centri che ne garantiscano il successo con una percentuale di complican-ze inferiore al 3%.,Al di là degli aspetti di tecnica chirurgica, infatti, uno dei problemi più importanti in corso di chirurgia carotidea è l’ischemia cerebrale da clampaggio, ritenuta responsabile di un tasso di complicanze pari allo 0,25-1%. Essa è dovuta alla riduzione critica del flusso cerebrale nei pazienti che non hanno un adeguato circolo collaterale e nei quali la riserva emodinamica cerebrale (REC) è ridotta. Il riconoscimento immediato dell’ischemia durante il clampaggio carotideo e le metodiche per evitarla (shunt, tecniche anestesiologiche) assicurano quindi un buon risultato neuro-logico perioperatorio e costituiscono quindi il punto chiave della riuscita dell’intervento. A tutt’oggi non esiste una metodica di monitoraggio neurologico ritenuta come “ideale” durante l’endoarterie-ctomia carotidea. Scopo dello studio è quello di supportare la scelta del monitoraggio EEG continuo in corso di endoarteriectomia in anestesia generale per la sua validità e rapidità nell’identificare i segni di sofferenza cerebrale in corso di clampaggio e quindi nell’indicare la reale necessità di posi-zionamento dello shunt che implica un aumento di durata del clampaggio. Materiali e metodi: Nel nostro Ospedale dal 1996 gli interventi di endoarteriectomia carotidea in elezione sono effettuati in corso di monitoraggio EEG continuo al fine di selezionare i casi in cui è necessario porre lo shunt. In questo studio abbiamo considerato soltanto i casi dal 2004 al 2009 poichè dal 2004 è stata cambiata la tecnica anestesiologica. In particolare è stato (ed è tuttora) utilizzato propofol al 2% in infusione TCI ( target controlled infusion) a valori di concentrazione plasmatica corrispondente a dosaggi di 4-6 mg/kg/min che non risultano essere deprimenti sull’attività cerebrale e quindi interferiscono meno con il monitoraggio EEG. Abbiamo analizzato 842 casi consecutivi sottoposti ad endoarte-riectomia carotidea con monitoraggio continuo EEG con analisi qualitativa effettuata da neurofi-siopatologo o neurologo esperto in EEG. Le modificazioni EEG (tipologia e localizzazione, tempo d’insorgenza dal clampaggio) osservate durante il clampaggio considerate predittive di sofferenza cerebrale ischemica, il conseguente utilizzo dello shunt, la presenza o meno di occlusione carotidea controlaterale le complicanze neurologiche al risveglio sono state oggetto della nostra valutazione.Risultati: nella serie esaminata basandosi sulla valutazione qualitativa dell’EEG lo shunt è stato posizionato selettivamente in 31 pazienti (3.4%); in particolare 43 pazienti avevano una occlusione della carotide interna controlaterale all’operata e soltanto in circa un quarto dei casi è stato neces-sario posizionare lo shunt. Le modificazioni EEG comparivano in media entro il primo minuto di clampaggio. Il tasso di complicanze neurologiche al risveglio è stato del 0.5% in particolare si sono verificate due emorragie cerebrali per complicanza ipertensiva e due eventi ischemici transitori. Sugli 842 casi quindi solo in 2 (0.2% dei casi) l’EEG non è stato di aiuto nell’identificare segni di sofferenza ischemica durante il clampaggio. Conclusioni: In base alla nostra esperienza l’’EEG si conferma tutt’oggi come metodica affidabile, di relativo facile impiego, per il monitoraggio conti-nuo in corso di endoarteriectomia carotidea in anestesia generale, avvantaggiata rispetto al passato

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dalle nuove tecniche anestesiologiche. Fornisce a differenza di altre metodiche informazioni im-mediate (di norma entro il primo minuto dal clampaggio) sulla eventuale comparsa di sofferenza ischemica consentendo al chirurgo di posizionare lo shunt soltanto in casi selezionati, a vantaggio di una riduzione del tempo di clampaggio nella maggior parte dei casi.

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EFFETTO DELL’INTERAZIONE TRA L-DOPA E DBS SULL’ATTIVITÀ OSCILLATORIA DEL NUCLEO SUBTALAMICO IN PAZIENTI AFFETTI DA MALATTIA DI PARKINSON

G. Giannicola, S. Marceglia, L. Rossi, S. Mrakic-Sposta, M. Egidi, P. Rampini, M. Locatelli, G. Carrabba, A. Priori

Centro Clinico per la Neuronanotecnologie e la Neurostimolazione, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore di Milano Policlinico e Dipartimento di Scienze Neurologiche Università degli Studi di Milano

Scopo dello studio: Le registrazioni di potenziali di campo locali (Local Field Potentials, LFPs) tramite elettrodi impiantati nel nucleo subtalamico (NS) in pazienti affetti da malattia di Parkinson (MP) hanno documentato che la somministrazione di levodopa (L-DOPA) riduce l’attività oscil-latoria in banda beta (8-20 Hz). Non è, tuttavia, ancora chiaro l’effetto indotto dalla stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation, DBS) e l’interazioni terapeutica della L-DOPA e DBS su tale banda. In questo studio abbiamo esaminato le interazioni reciproche a livello dei gangli della base delle modulazioni del pattern dell’attività oscillatoria del NS indotti da contemporanea stimo-lazione ad alta frequenza e stimolazione farmacologica. Metodi. I LFPs sono stati registrati in 9 pazienti affetti da MP 2 giorni dopo l’intervento di DBS, in quattro condizioni: prima della somministrazione di L-DOPA e con DBS spenta (med off, stim off); prima della somministrazione di L-DOPA e con DBS accesa (med off, stim on); dopo la somministrazione di levodopa e con DBS accesa (med on, stim on); dopo la somministrazione di L-DOPA e con DBS spenta (med on, stim off). I LFPs sono stati amplificati (50000x) e filtrati (0.5-45Hz) tramite il sistema FilterDBS (Newronika, Italy), digitalizzati con frequenza di campionamen-to di 2500 Hz e quantizzati con 12 bit di risoluzione in un range di +/-5V. Risultati. La L-DOPA riduce la potenza dell’oscillazione in banda beta in tutti i pazienti (media ± 95% i.c. unità arbitrarie UA: med off stim off: 1.39 ± 0.13, med off stim on: 1.39 ± 0.24 , med on stim on: 1.24 ± 0.22, med on stim off: 1.11 ± 0.16, p=0.0277), mentre la DBS riduce l’oscillazione beta solo nei pazienti con elevata attività in tale banda (med off stim off: 1.44 ± 0.12 vs med off stim on: 1.21 ± 0.04, p=0.04); in condizione med on stim on la riduzione indotta dalla L-DOPA risulta comunque prevalente e non si osserva un effetto cumulativo con DBS. Conclusioni. I nostri dati documentano la modificazione del pattern dell’attività oscillatoria in ban-da beta nel NS indotti da contemporanea stimolazione elettrica ad alta frequenza e stimolazione far-macologica. La DBS e la L-DOPA inducono effetti diversi, verosimilmente indipendenti, anche se entrambi modulano la stessa banda. Tale modulazione riflette probabilmente differenti meccanismi d’azione delle due terapie e potrebbe risultare rilevante nell’ottimizzazione della terapia con DBS, anche per lo sviluppo di nuovi sistema di DBS adattativa.

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PALLIDAL NEURONAL ACTIVITY IN DYSTONIC PATIENTS: A QUANTITATIVE ANALYSIS

C. Lettieri, S. Rinaldo, L. Verriello, G. Pauletto, R. Budai, S. Biguzzi*,M. Mondani, C. Conti*, L. Fadiga**, A. Oliynyk **, Ml Skrap, R. Eleopra

Dipartimento di Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria “S.Maria della Misericordia”, Udine* Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale dell’Angelo, Venezia-Mestre** Fisiologia Umana, Università di Ferrara

AbstractThe pathophysiology of dystonia is incompletely understood but it is thought to involve the loop circuit from sensorimotor cortices through parts of the basal ganglia and thalamus and back to cor-tex. Microelectrode recordings (MER) during movement disorders surgery affords the opportunity to study pallidal electrophysiology; several Authors have described single-unit MER in dystonic humans during GPi-DBS or pallidotomy with contrastant results.To understand the abnormalities in pallidal discharge in dystonia, we have analyzed the spontaneous activity of pallidal neurons in 13 dystonic patients who underwent GPi-DBS 9 patients in the awake state (local anesthesia) and the other 4 under total anesthesia; all recordings have been analyzed with an off-line spike-sorting software (Automatic FSPS Classifier). Mean GPi and GPe discharge rates in awake patients were hyperactive without any statistical differencies among GPe and GPi, while discharges rates in anesthetized ones were significantly depressed and at lower rate. Moreover, both GPe and GPi showed an abnormal discharge patterns with an increased oscillatory and bursting activity similar to that observed in PD patients. So, our findings are in contrast with a pathophysio-logic model of dystonia in which the two striatal cell populations contributing to the “direct” and “in direct” pathways of the basal ganglia both have increased spontaneous activity. Given the heteroge-neity in the type and severity of dystonia represented in our and previous series, analysis of a larger number of cases is needed to resolve the apparent discrepancies.

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MoniToraggio

LOCALIZZAZIONE DEL NUCLEO PEDUNCOLOPONTINO: UNA NUOVA METODICA NEUROFISIOLOGICA BASATA SUI POTENZIALI EVOCATI SOMATOSENSORIALI

A. Insolaa *, M. Valerianib, P. Mazzonec

aUnità Operativa di Neurofisiopatologia, CTO, RomabDivisione di Neurologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù , IRCCS, RomacUnità Operativa di Neurochirurgia funzionale e stereotassica, CTO, Roma

Obiettivo: localizzazione della posizione dell’elettrodo per la stimolazione cerebrale profonda du-rante l’impianto stereotassico del nucleo Peduncolopontino (PPN). Metodi: Il PPN è stato impiantato, per la neuromodulazione, in 10 pazienti con malattia di Parkin-son, resistenti al trattamento farmacologico e soprattutto affetti da disturbo della deambulazione e instabilità posturale. I potenziali evocati somatosensoriali (SEP) sono stati registrati dopo stimola-zione del nervo mediano dai contatti dell’elettrodo intracerebrale e da 2 elettrodi sulla superficie del cuoio capelluto, rispettivamente sulla regione parietale e frontale controlaterali alla stimolazione. I SEP sono stati registrati in camera operatoria durante anestesia generale prima e immediatamente dopo l’impianto del PPN. Risultati: L’elettrodo intracerebrale quadripolare ha registrato un ampio potenziale positivo ad una latenza media di 16.3 ± 0.9 ms, indicato come P16. Abbiamo osservato uno spostamento della laten-za della P16 di 0.2 ± 0.1 ms dal contatto 0 (il più caudale) al contatto 3 (il più rostrale) dell’elettrodo intracerebrale. Gli elettrodi di superficie hanno registrato il potenziale far-field P14 (latenza: 15.4 ± 0.7 ms) e la risposta corticale N20 (latenza: 21.6 ± 1.4 ms). I potenziali P16 registrati dai contatti dell’elettrodo intracerebrale sono generati dall’input somatosensoriale viaggiante lungo il lemnisco mediale, mentre l’onda P14 è un potenziale far-field verosimilmente generato a livello dell’obex (porzione inferiore del bulbo). Poiché la distanza fra i contatti 0 e 3 dell’elettrodo intracerebrale è fissa (7.5 mm per il modello Medtronic 3389), abbiamo potuto calcolare la distanza del contatto 0 dall’obex (Δobex) usando l’equazione: Δobex=7.5xΔlatencyP14-PPN0/ΔlatencyPPN0-PPN3. Conclusione: la nostra metodica neurofisiologica può rappresentare un utile strumento per localizza-re la posizione dell’elettrodo intracerebrale durante l’impianto stereotassico del PPN.

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EFFECTS OF DISSOCIATIVE ANESTHESIA ON BASAL GANGLIA ACTIVITY IN PATIENTS UNDERWENT TO DEEP BRAIN STIMULATION

C. Lettieri, S. Rinaldo, G. Pauletto, L. Verriello, R. Budai, S. Biguzzi*, M. Mondani, C. Conti*, L. Fadiga**, A. Oliynyk**, M. Skrap, R. Eleopra

Dipartimento di Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria “S.Maria della Misericordia”, Udine* Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale dell’Angelo, Venezia-Mestre**Fisiologia Umana, Università di Ferrara

Hypo- and hyperkinetic movement disorders have been classically modelled as imbalances in the suppressive or facilitatory effects of globus pallidus activity, the major output structure of the basal ganglia “motor” territory.In past and recent years, several groups have described the neurophysiologic characteristics of subthalamic nucleus or globus pallidus activity during lesional or functional surgery in awake or anesthetized patients; results have been compared to those obtained in normal primates given the impossibility to perform such studies in normal humans. Usual anesthetics (such as propofol and remifentanyl) modify neuronal activity lowering spontaneous firing rate and altering firing patterns. To study the effect of anesthesia on basal ganglia spontaneous neuronal activity, regardless of he-terogeneity in the type and severity of movement disorder, we have analyzed microelectrode recor-dings (MER) during STN - or GPi-DBS in 5 patients affected by PD or dystonia who were initially operated in the awake state and then, because of some hardware or surgical complications, they underwent surgery during general anesthesia. In according to few previously published reports, we used a dissociative anesthesia, given the apparent lower effect of ketamine on basal ganglia MER. Each registration has been analyzed by an off-line spike-sorting software (Automatic FSPS Classi-fier). In contrast to data reported in Literature, in our series, basal ganglia firing rate and pattern were notably altered by dissociative anethetics compared to data obtained under local anesthesia. Further studies will be necessary to evaluate other anesthetic regimens suitable to functional movement disorder surgery.

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RIABILITAZIONE COGNITIVA MEDIANTE SISTEMA DI TRACCIAMENTO OCULARE COMPUTERIZZATO IN PAZIENTI CON SINDROME DI LOCKED-IN INCOMPLETA

A. Estraneo*, P. Moretta*, V. Loreto*, L. Santoro^, L. Trojano°

*Fondazione Salvatore Maugeri, Telese Terme (BN)^ Dipartimento di Neuroscienze, Università Federico II, Napoli° Laboratorio di Neuropsicologia, Seconda Università di Napoli, Caserta

Introduzione: La sindrome di Locked-in (SLI), da lesione ventrale pontina, è caratterizzata da anartria e quadriplegia con coscienza, funzioni cognitive e movimenti oculari verticali preservati. In questi pazienti la comunicazione è possibile attraverso risposte bimodali (si/no) codificate da movi-menti oculari. L’utilizzo di sistemi computerizzati a tracciamento oculare (eye-tracker system) può ottimizzare tale modalità di comunicazione, ma la presenza di deficit cognitivi può limitare l’abilità di utilizzo di tali sistemi di comunicazione alternativa in pazienti con lesioni cerebrali addizionali.Nel presente lavoro sono descritti due casi di SLI incompleta, da lesioni vascolari multiple (caso1) o traumatiche (caso 2), complicata da ulteriori deficit cognitivi, nei quali un programma riabilitati-vo personalizzato elaborato mediante un eye-tracker computerizzato, ha consentito un significativo recupero funzionale.

Caso 1: donna, 57 anni, destrimane, con SLI incompleta, con sola conservazione dei movimenti oculari verticali ed orizzontali, da multiple lesioni ischemiche a livello della regione ventrale del ponte e della regione temporo-parietale destra. La valutazione neuropsicologica non formalizza-ta evidenzia una difficoltà nell’esplorazione visiva dell’emispazio sinistro come da eminegligenza spaziale unilaterale.Caso 2: maschio, 27 anni, destrimane, con SLI incompleta, con sola conservazione dei movimenti oculari verticali ed orizzontali, da lesioni multiple della corteccia e del tronco encefalo traumatiche. La valutazione neuropsicologica non formalizzata evidenzia un grave deficit mnesico anterogrado. Materiale e Metodo: prima del trattamento la presenza del deficit di esplorazione visuo-spaziale (caso 1) e dell’amnesia anterograda (caso 2) impedisce l’utilizzo efficiente del sistema computeriz-zato a tracciamento oculare (eye-tracker system, MyTobii). Pertanto viene elaborato un programma riabilitativo specifico per il sistema “eye tracker”, basato su tecniche di scansione visiva (caso 1) o sul metodo di “apprendimento senza errori” (caso 2).Per il trattamento e la valutazione finale sono stati somministrati i seguenti compiti in 4 sedute di 40 minuti per settimana, per 2 mesi:• esercizi di inseguimento di mire visive• selezione visiva di simboli e di lettere• esercizi di risposte si/no tramite fissazione su monitorRisultati: Al termine del trattamento riabilitativoCaso 1: miglioramento significativo delle capacità di esplorazione dell’emispazio controlesionale tale da facilitare l’utilizzo dei programmi ai fini comunicativiCaso 2: il paziente diviene abile nell’utilizzo del sistema “eye-tracker” con minimo aiuto, nonostan-te la grave amnesia. Tuttavia presenta deficit specifici dei processi di scrittura, con produzione di errori grafemici con gli stimoli più lunghi Discussione: La SLI rappresenta una condizione estremamente disabilitante che, in caso di coe-

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sistenza di lesioni encefaliche, può essere aggravata dalla presenza di deficit cognitivi specifici. Tale sfortunata associazione ostacola la possibilità di utilizzare le tecnologie per la comunicazione aumentativa, unico strumento di interazione del paziente con l’ambiente circostante. In tali casi è possibile elaborare specifici programmi riabilitativi, disegnati ad-hoc, per ridurre la disabilità dei pazienti.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

STIMOLAZIONEMAGNETICA TRANSCRANICA

II SESSIONE

Moderatori:S. Rossi (Siena),

F. Valzania (Modena)

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sTiMolazione MagneTiCa TransCraniCa - ii sessione

EFFETTI DELLA INTERMITTENT THETA BURST STIMULATION SU FLUSSO CEREBRALE E RISERVA VASOMOTORIA: STUDIO DI SAFETY

F. Pichiorri, E. Iacovelli, G. Sirimarco, C. Marini Bettolo, M. Gabriele, E. Giacomelli, F. Gilio, V. Frasca, E. Vicenzini, M.Inghilleri

Policlinico Umberto I Dipartimento Scienze Neurologiche, Roma

Scopo dello studio: La theta burst stimulation (TBS) è una tecnica di stimolazione magnetica ripeti-tiva che, applicata al livello della corteccia motoria, induce modifiche nell’eccitabilità corticale assi-milabili ad effetti di potenziamento e depotenziamento sinaptico (LTP/LTD). Due diversi paradigmi di TBS sono stati individuati, una forma inibitoria continua (cTBS) ed una forma eccitatoria inter-mittente (iTBS). Il doppler transcranico (TCD) valuta le velocità di flusso e la riserva vasomotoria (VMR) in risposta a modificazioni della concentrazione di CO2 indotte da ipo- e iper- ventilazione. Lo scopo di questo studio è valutare gli effetti della iTBS sul flusso cerebrale e VMR.

Metodi: Durante tutto l’esperimento è stato effettuato un monitoraggio continuo della velocità di flusso di entrambe le arterie cerebrali medie (MCA). Prima ed immediatamente dopo il condizio-namento mediante iTBS è stata testate la VMR in risposta a variazioni di CO2. La iTBS è stata erogata con un coil a farfalla posizionato in corrispondenza dell’aria motoria primaria sull’hotspot per il muscolo primo interosseo dorsale (FDI) controlaterale; la stimolazione consisteva in 20 treni della durata di 2s con un intervallo intertreno di 8s; ciascun treno era costituito da burst di 3 stimoli alla frequenza di 50Hz ripetuti ogni 5Hz, per un totale di 600 stimoli; l’intensità di stimolazione è stata fissata all’80% della soglia motoria attiva (AMT). L’ampiezza del potenziale evocato motorio (MEP) e la soglia motoria a riposo (RMT) sono stati valutate prima e dopo la stimolazione condizio-nante come indici di eccitabilità corticale.

Risultati: Abbiamo reclutato e testato 7 soggetti sani (M/F: 5/2). Non sono state osservate alterazio-ni statisticamente significative della velocità di flusso della MCA bilateralmente. È stata osservata una tendenza all’aumento della VMR dopo la iTBS, non statisticamente significativa. La iTBS ha indotto un aumento significativo dell’ampiezza dei MEP lasciando invariata la RMT, confermando precedenti dati di letteratura.

Pre TMS During TMS Post TMS pRight MCA MFV (cm/sec) (Stim) 58,4 ± 12,7 58,1 ±12,8 57,1 ± 13,4 NSLeft MCA MFV (cm/sec) 57,8 ± 13,6 58,9 ± 13,1 57,7 ± 12,6 NSRignt VMR 57,1 ± 7,3 69,4 ± 8,4 ,071Left VMR 57,7 ±8,3 70,2 ± 8,6 ,083RMT (%) 58,2 ±7,7% 58,7 ± 9,2 NSMEP amplitude (mV) 1,7 ±1,3 2,5 ± 1,7 ,007

Conclusioni: Questo studio preliminare suggerisce che la iTBS non influenza la velocità di flusso cerebrale e non induce modifiche significative nella VMR. Tali risultati sono incoraggianti in pro-spettiva dell’utilizzo di questa tecnica in pazienti cerebrovascolari a scopo terapeutico.

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INIBIZIONE A LUNGO TERMINE DELL’OUTPUT CEREBELLARE

M. Russoa,b,T. Popaa, A. Quartaroneb, S. Meuniera

a ER6 Università di Pierre e Marie Curie (Università di Parigi 06), Parigi, Franciab Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Psichiatriche e Anestesiologiche, Università di Messina, Italia

ObiettiviIl cervelletto modula l’output della corteccia motoria prevalentemente mediante le connessioni ce-rebello-talamo-corticali (CTC), che possono essere esplorate, in maniera non invasiva, mediante diversi paradigmi di Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS). È stato dimostrato che la TMS ripetitiva (rTMS) erogata a livello della corteccia cerebellare è in grado di indurre una inibizione a lungo termine dell’eccitabilità corticale, anche se il meccanismo di tale effetto é ancora oggetto di discussione.MetodiNel presente studio abbiamo valutato il time course dell’effetto della rTMS sulla CBI mediante cinque differenti paradigmi: 1 Hz rTMS sulla corteccia cerebellare destracontinuous theta burst (cTBS) sulla corteccia cerebellare destra intermittent TBS (iTBS) sulla corteccia cerebellare destra 1 Hz rTMS a livello delle radici cervicali 1 Hz rTMS a livello della corteccia cerebellare sinistra. L’elettromiografia di superficie è stata registrata dai muscoli primo interosseo dorsale (FDI) e addut-tore digiti minimi. L’intensità di stimolo magnetico é stata impostata al 90% della soglia motoria a riposo della corteccia motoria primaria M1 (RMT M1) per1 Hz rTMS, ed all’ 80% della soglia moto-ria attiva (AMT M1) per il TBS, entrambe corrette in base alla profondità della corteccia cerebellare. RisultatiAbbiamo riscontrato una significativa riduzione della CBI a livello della corteccia motoria sinistra per circa trenta minuti dopo 900 stimoli di 1HzrTMS su entrambi gli emisferi cerebellari, e dopo 600 stimoli di cTBS sulla corteccia cerebellare destra, ma non dopo iTBS o 900 stimoli a 1Hz sulle radici cervicali. La stimolazione a 1 Hz della corteccia cerebellare sinistra riduce significativamente laCBI sul muscolo FDI di destra per soli dieci minuti. L’ampiezza del potenziale evocato motorio non subisce significative modificazioni di ampiezza. ConclusioniI dati del presente studio dimostrano l’effetto inibitorio della rTMS sulla via dentato-talamo-corti-cale e suggeriscono l’applicazione di entrambe le tecniche di stimolazione (1 Hz rTMS e cTBS) per ottenere un’inibizione dell’output cerebellare sulla corteccia motoria.

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sTiMolazione MagneTiCa TransCraniCa - ii sessione

L’INCREMENTO PATOLOGICO DELLA FACILITAZIONE INTRACORICALE NEI PAZIENTI CON DISTONIA CERVICALE è RIDOTTO DALL’INIBIZIONE ESTEROCETTIVA

H. Tesfaghebriel, R. Guerriero, P.I. Urban, O. Vimercati, P.A. Elia, C. Butera, S. Amadio, G. Comi, U. Del Carro

Dipartimento di Neurologia, Neurofisiologia e Neuroriabilitazione – INSPE Università Vita-Salute Istituto San Raffaele - Milano

Obiettivi: valutare se: 1) la stimolazione transcranica con stimoli appaiati (ppTMS) possa indivi-duare alterazioni dell’eccitabilità corticale nei pazienti con distonia cervicale 2) alterazioni della stessa eccitabilità corticale possano essere dimostrati come conseguenza dei cosiddetti “trucchi sen-sitivi” (in genere, toccare il mento con la mano allo scopo di ridurre transitoriamente lo spasmo).Metodi: il rapporto d’ampiezza del potenziale evocato motorio corticale, condizionato e non con-dizionato, è stato misurato a diversi intervalli interstimolo (ISI 1, 3, 15 e 20 ms) allo scopo di valu-tare sia l’inibizione, sia la facilitazione intracorticale (ICI e ICF rispettivamente) in 5 pazienti con distonia cervicale (CD), confrontati con 7 soggetti normali. Le stesse variabili sono state misurate comparativamente non appena il paziente metteva in atto il trucco sensitive.Risultati: non sono stati osservati significative modificazioni della ICI tra pazienti e controlli, men-tre è stato riscontrato un incremento statisticamente significativo della ICF sia a 15, sia a 20 di intervallo interstimolo rispetto ai controlli. Mentre il paziente metteva in atto il “trucco sensitivo”, la facilitazione patologica della ICF risultava ridotta in maniera significativa, mentre la ICI non risultava influenzata.Conclusioni: questo studio dimostra che il controllo facilitatorio sull’output motorio corticale è amplificato in maniera anomala nei pazienti con CD, in accordo con il cosiddetto “overflow” del movimento volontario osservabile clinicamente nella distonia. Sulla base di questi risultati, si può concludere che il trucco sensitivo è in grado di inibire la distonia tramite l’inibizione della ICF, at-traverso un controllo afferente esterocettivo sull’eccitabilità corticale.

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ALTERATA INIBIZIONE LATERALE IN PAZIENTI AFFETTI DA DISTONIA FOCALE

C. Terranova, V. Rizzo, L. Ricciardi, G. Liotta, F. Morgante, P. Girlanda, C. Messina, A. Quartarone

Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Psichiatriche ed Anestesiologiche, Università di Messina, Italia

Obiettivo: In pazienti con distonia focale della mano ed in soggetti sani di controllo abbiamo va-lutato se le informazioni sensoriali vengano processate ed integrate durante i fenomeni di plasticità sensori-motoria, attraverso il meccanismo di inibizione laterale (IL). L’IL è un sistema operativo della corteccia motoria necessario per l’esecuzione selettiva dei movimenti desiderati. Metodi: Abbiamo valutato l’aumento di ampiezza del potenziale evocato motorio (MEP), utilizzan-do la Stimolazione Magnetica Transcranica, dopo un protocollo di stimolazione accoppiata ripetitiva a 5 Hz (rPAS). Il protocollo di stimolazione rPAS era costituito da uno stimolo magnetico erogato in corteccia motoria preceduto da uno stimolo elettrico al polso. Otto pazienti con distonia focale ed otto soggetti di controllo partecipavano a tre diverse sessioni di rPAS: una con stimolazione del nervo mediano (rPAS M), una con stimolazione del nervo ulnare (rPAS U) ed una con stimolazione simultanea dei nervi mediano-ulnare (rPAS MU).Risultati: Il protocollo rPAS induce un aumento più marcato dell’ampiezza del MEP nei pazienti con distonia focale della mano rispetto ai soggetti di controllo, associato ad una perdita di input-specificità. Tale facilitazione nei soggetti distonici risulta, inoltre, maggiore dopo la stimolazione rPAS MU.Conclusioni: Il nostro studio suggerisce che nei pazienti distonici l’IL è alterata durante la plasticità sensori-motoria. Tale anomalia potrebbe contribuire alla formazione di una memoria motoria ridon-dante, responsabile delle manifestazioni cliniche della distonia.

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sTiMolazione MagneTiCa TransCraniCa - ii sessione

PLASTICITÀ CORTICALE PRECOCE E TARDIVA IN PAZIENTI RRSM A SEGUITO DI RICADUTA MOTORIA. STUDIO TMS

L. Straffi, R. Chieffo, E. Coppi, F. Spagnolo, J.J. Gonzalez-Rosa, A. Inuggi, G. Comi, L. Leocani

Neurology Dep.t - INSPE; University IRCCS San Raffaele, Milan (Milan, IT)

Scopo: Valutare le modificazioni precoci e tardive della rappresentazione motoria corticale in pa-zienti affetti da Sclerosi Multipla RR a seguito di ricaduta motoria localizzata ad un arto superiore.Metodi: Sono stati inclusi 8 SMRR colpiti per la prima volta da ricaduta motoria di un arto superiore e 12 volontari sani simili per età e sesso. I pazienti sono stati esaminati entro 10 giorni dalla ricaduta e dopo circa 60 giorni. È stata mappata la rappresentazione corticale dei potenziali evocati motori (PEM) di 3 muscoli dell’arto superiore (APB abduttore breve del pollice, ADM abduttore digiti mini e ECR estensore radiale del carpo) mediante TMS. Abbiamo considerato come Area il numero di siti responsivi e Volume come il rapporto tra le Ampiezze PEM nei siti di risposta e Area. La agilità ma-nuale è stata testata con NineHolePegTest (NHPT). Infine è stata registrata la presenza di movimenti mirror (MM) durante contrazione volontaria mediante EMG.Risultati: A seguito della ricaduta motoria il lato leso presentava una soglia maggiore, una Area e un Volume ridotti e una minor velocità nel NHPT rispetto al lato sano nei pazienti (p<0.05) e rispetto ai controlli (p<0.05). Per gli stessi parametri non abbiamo trovato differenze significative tra il lato non affetto e i controlli. MRC del lato deficitario correlava inversamente con la soglia motoria dell’emi-sfero affetto (p<0.05), ma non con quello non affetto. MM erano maggiormente presenti durante il movimento della mano deficitaria rispetto alla mano non affetta sia nei pazienti che nei controlli (p<0.05). Al follow-up MRC e NHPT della mano deficitaria erano migliorati (p<0.05). Il Volume del lato non affetto presentava una riduzione rispetto al basale (p<0.05). Il Volume del lato non affetto durante il primo esame, ma non il lato affetto, correlava direttamente con il NHPT della mano affetta nel follow-up (r=0.83, p<0.05; Pearson Correlation) e inversamente con MRC della stessa mano nel follow-up (r=-0.7, p<0.05; Pearson Correlation).Conclusioni: La modificazione dell’eccitabilità dell’emisfero non affetto in corso di ricaduta potreb-be indicare un fattore prognostico del recupero della funzionalità della mano deficitaria.

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Congresso nazionale

STIMOLAZIONE DELLA CORTECCIA MOTORIA NELLA SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA: STUDIO RANDOMIZZATO IN DOPPIO CIECO VERSO PLACEBO

F. Ranieri, M. Dileone, F. Pilato, P. Profice, G. Musumeci, L. Florio, E. Beghi, G. Frisullo, F. Capone, M. Sabatelli, P.A. Tonali, V. Di Lazzaro

Università Cattolica Sacro Cuore Policlinico A. Gemelli Dipartimento di Neurologia, Roma

SCOPO. Dati preliminari [1,2] suggeriscono che la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) della corteccia motoria potrebbe determinare un rallentamento della velocità di progressione della sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Lo studio attuale è stato condotto per verificare se la rTMS, somministrata secondo il protocollo di stimolazione theta-burst continua (cTBS) e ripetuta ogni mese per un anno, modifichi la progressione della SLA.METODI. È stato condotto uno studio in doppio cieco verso placebo: 20 pazienti affetti da SLA sono stati assegnati in maniera casuale alla stimolazione reale o placebo. La cTBS della corteccia motoria è stata eseguita per 5 giorni consecutivi ogni mese per 12 mesi. La misura primaria di outcome è stata la velocità di progressione della malattia, valutata mediante il punteggio ALSFRS-R (Revised ALS Functional Rating Scale).RISULTATI. Non è stata osservata una differenza significativa nella variazione del punteggio AL-SFRS-R tra pazienti trattati con stimolazione reale o placebo: il punteggio medio ALSFRS-R si è ridotto da 32.0 ± 7.1 all’inizio dello studio a 23.1 ± 6.3 a 12 mesi nei pazienti trattati con cTBS reale e da 31.3 ± 6.9 a 21.2 ± 6.0 nei pazienti trattati con stimolazione placebo. Il trattamento è stato ben tollerato. CONCLUSIONI. Sebbene la cTBS sia risultata una procedura sicura, sulla base dei dati attuali non sembra essere giustificato un trial randomizzato più ampio con tale metodica di stimolazione su pazienti affetti da SLA, almeno in uno stadio relativamente avanzato di malattia.

BIBLIOGRAFIA:

[1] Di Lazzaro e coll. Clinical Neurophysiology 115(2004):1479-1485.[2] Di Lazzaro e coll. Neuroscience Letters 408(2006):135-140.

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sTiMolazione MagneTiCa TransCraniCa - ii sessione

LA PLASTICITÀ DELLA CORTECCIA SENSORI-MOTORIA è NORMALE NELLA CRPS I

A. Naro, F. Morgante, M. Russo, C. Terranova, V. Rizzo, G. Risitano, P. Girlanda, A. Quartarone

AOU Policlinico G. Martino Dipartimento di Neuropatologia, Messina

Background: La Sindrome Dolorosa Regionale Complessa (CRPS) di tipo I è una sindrome algica, secondaria ad un evento traumatico spesso di lieve entità, caratterizzata da intenso dolore o iperal-gesia/allodinia associati a turbe trofiche, vasomotorie o edema con sviluppo di disordini del movi-mento come la distonia fissa. Vari autori hanno proposto che la distonia nella CRPS I ha un’origine psicogena ma non vi sono dati elettrofisiologici a supporto di tale ipotesi.

Obiettivo: Dimostrare che i pazienti con CRPS di tipo I, che hanno sviluppato una postura fissa della mano, non presentano anomalie della plasticità della corteccia motoria, che è la caratteristica neurofisiologica della distonia organica.

Metodi: Abbiamo arruolato 10 pazienti affetti da CRPS di tipo I secondo i criteri IASP (1 uomo, 9 donne, età = 55.59.3 anni, durata di malattia = 1.10.6 anni) comparandoli con 10 soggetti sani di controllo (1 uomo, 9 donne, età = 49.84.5 anni). L’arto affetto dalla CRPS I era la mano destra e tutti i pazienti avevano anche sviluppato una postura fissa. Abbiamo valutato con la Stimolazione Magnetica Transcranica nell’arto affetto e non affetto: inibizione (ICI) e facilitazione (ICF) intra-corticale e integrazione sensori-motoria tramite l’inibizione afferente a breve (SAI) e lunga (LAI) latenza. La plasticità sinaptica è stata testata con il protocollo di stimolazione associativa (PAS) nell’arto affetto, registrando dai muscoli abduttore breve del pollice (APB) e dal I interosseo dorsale della mano (FDI), per lo studio della specificità topografica.

Risultati: Lo studio della plasticità sinaptica non ha mostrato differenze fra pazienti e controlli sani. ICI e LAI erano significativamente ridotte nell’arto affetto dei pazienti con CRPS I in confronto all’arto non affetto e all’arto dominante dei controlli.

Conclusioni: I pazienti con CRPS I e una postura fissa della mano hanno una normale plasticità della corteccia motoria, così come abbiamo riportato recentemente nei pazienti con distonia psi-cogena. Analogamente ai pazienti con distonia psicogena, il ridotto tono inibitorio della corteccia motoria controlaterale all’arto affetto dalla CRPS I è probabilmente correlato al mantenimento di una postura fissa. Infine, la riduzione dell’inibizione afferente a lunga latenza potrebbe essere deter-minata, a livello centrale, da un continuo stimolo nocicettivo in grado di modificare le interazioni sensori-motorie.

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Congresso nazionale

CONFRONTO TRA TMS A SINGOLO E DOPPIO STIMOLO NELLA VALUTAZIONE DI PAZIENTI AFFETTI DA LESIONI MIDOLLARI TRAUMATICHE

G. Isoardo*¶, I. Rosso±, E. Chesi±, A. Palmitessa*, G. Faccani¶, M.V. Actis±

*SSCVD Neurofisiologia,¶SC Neurochirurgia, ±Unità spinale unipolare, AO CTO-Maria Adelaide, Torino

BACKGROUNDLa stimolazione magnetica transcranica (TMS) può esser di ausilio nella definizione del grado di danno della via corticospinale in pazienti affetti da lesione midollare traumatica. In questo studio sono confrontate le frequenze di elicitabilita’ dei potenziale evocati motori (MEP) mediante la tec-nica convenzionale a singolo stimolo e quella a doppio stimolo con ISI 30 ms.MATERIALI E METODISono stati inclusi 9 pazienti (M/F: 5/4, età media 61.3 anni), affetti da esiti di lesioni midollari in-complete (7 traumatiche, 2 ischemiche). Il livello ASIA era C in 6 e D in 3. Il livello neurologico era C5 in 2, C6 in 2, L1 in 2 e C8, D11 e D12 rispettivamente nei restanti.La TMS a singolo stimolo (sTMS) e doppio stimolo (dTMS) è stata eseguita mediante stimolatore MAGPRO, con stimolazione 2 cm anteriormente al vertice e coil circolare (11 cm diametro). I MEP sono stati registrati dai muscoli estensore breve delle dita, tibiale anteriore e vasto mediale bilat.La stimolazione è stata eseguita ad un’intensità pari al 120% della soglia a riposo nell’estensore breve delle dita o nel tibiale anteriore od all’intensità’ massima erogata dallo stimolatore quando necessario. RISULTATICon sTMS sono stati ottenuti MEP in 28/48 muscoli, mentre con la dTMS in 34/48. Tutti i muscoli nei quali era assente MEP dopo dTMS avevano un grading MRC 0-1. Cinque nei quali era elicitabile un MEP don dTMS avevavo grading MRC 0-1 ed in essi sTMS non elicitava MEP.CONCLUSIONIL’uso della dTMS con ISI 30 ms sembra superiore rispetto alla sTMS nel rilevare MEP in pazienti con lesioni midollari incomplete particolarmente in muscoli con grading MRC ridotto.La correlazione con i dati ASIA e con la progressione dei pazienti verrà presentata.

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sTiMolazione MagneTiCa TransCraniCa - ii sessione

CORRELAZIONI TRA VARIABILI CLINICHE E STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA NELLA SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA

C. Civardi, A. Collini, L. Mazzini, L. Testa, G. Oggioni, R. Cantello, F. Monaco

Clinica Neurologica. Azienda Ospedaliera Universitaria “Maggiore della Carità” Novara

Introduzione. La stimolazione magnetica transcranica (TMS) rappresenta uno strumento utile per studiare il precoce coinvolgimento del primo neurone di moto e le variazioni dell’eccitabilità corti-cale. Abbiamo valutato l’impatto diagnostico della TMS nella sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Pazienti e Metodi. 55 pazienti affetti da SLA (33 maschi; età media 56 aa + 13) 41 forme ad esordio spinale di cui: 22 forme clinicamente definite, 28 probabili e 5 possibili. La TMS è stata effettuata usando una sonda circolare al vertice. I potenziali evocati motori (PEM) sono stati registrati bilate-ralmente dai muscoli: Trapezio, primo interosseo dorsale (FDI) e tibiale anteriore (TA). Abbiamo determinato in ogni distretto la soglia a riposo (rT) ed il tempo di conduzione motorio centrale (CMCT). Il gruppo di controllo era costituito da 38 soggetti normali omogenei per sesso ed età.Risultati. Nei pazienti la rT era aumentata (p<0,05) anche nelle fasi precoci della malattia, men-tre era simile ai controlli quando esisteva solo il coinvolgimento clinico del primo motoneurone (UMN). La soglia presentava un incremento annuo del 26% (p<0,0001). Anche il CMCT risultava nell’intero gruppo di malati nettamente allungato (p < 0.0001) con un incremento annuo del 32% (p<0,001); l’allungamento del CMCT era più frequente per il m Trapezio che risultava allungato anche in assenza di segni clinici di coinvolgimento del UMN (70% dei casi) e in modo significati-vamente maggiore per le forme bulbari (p<0.05). Considerando i dati forniti dalla TMS di coinvol-gimento del UMN abbiamo migliorato l’evidenza diagnostica che nel 30% delle forme probabili passava a definite e nel 60% delle possibili passava a probabili.Conclusioni. Nella nostra esperienza la TMS rappresenta uno strumento indispensabile nella valu-tazione del paziente affetto da SLA in grado di evidenziare anche in fase precoce, soprattutto con lo studio del m trapezio, il coinvolgimento del UMN migliorando inoltre l’evidenza diagnostica della malattia.

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MODIFICAZIONI PRECOCI E TARDIVE DELL’ECCITABILITÀ CORTICALE E DELL’INIBIZIONE INTEREMISFERICA DOPO ICTUS CORTICALE E LACUNARE: STUDIO DI STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA

R. Chieffo, L. Straffi, A. Poggi, E. Coppi, F. Spagnolo, A. Inuggi, M. Comola, G. Comi, L. Leocani

Neurology Dep.t - INSPE; University IRCCS San Raffaele, Milan

Obiettivi: il fine del nostro studio è stato quello di valutare, tramite TMS, le modificazioni precoci e tardive dell’eccitabilità corticale e dell’inibizione interemisferica prodotte da una lesione ischemica acuta corticale o sottocorticale.Metodi: sono stati valutati clinicamente e neurofisiologicamente 13 pazienti a 7+/-3 giorni (T1) e 30+/-10 giorni (T2) dopo primo ictus ischemico moderato (NIHSS<5) acuto (6 corticali-CS, 7 lacu-nari-LS) e sono stati confrontati con 11 controlli sani di pari età e sesso. È stata mappata la rappre-sentazione corticale dei potenziali evocati motori (PEM) di 3 muscoli dell’arto superiore utilizzanto la TMS focale (ad intesità superiore 15% rispetto la soglia motoria-MT). È stato inoltre valutato il periodo silente ipsilaterale (iSP) del muscolo abductor pollicis brevis (APB) e la presenza di movi-menti mirror durante contrazione volontaria isometrica per mezzo di registrazione elettromiograficaRisultati: la clinica e la performance motoria del lato paretico non differivano significativamente tra i due gruppi a T1 e T2. Entrambi e gruppi hanno mostrato un recupero clinico dopo un mese (NIHSS p<0.038; Wilcoxon). La MT era ridotta sull’emisfero sano nei pazienti CS rispetto ai LS ed ai con-trolli (p<0.015; Mann-Whitney) sia a T1 che a T2 ed il numero di siti attivi (RS) era incrementato solo al T1 (vs controlli p=0.027; vs LS p=0.062). Non sono state evidenziate differenze nell’am-piezza massima dei PEM (MA) tra i gruppi. Per quanto riguarda l’emisfero leso, si è evidenziato un incremento della MT (p=0.016) e una riduzione della MA (p=0.035) nei LS vs CS e controlli a T1. Un incremento nella tendenza ad eseguire movimenti mirror (MM) durante movimento dell’arto pa-retico è stata osservata per entrambi i gruppi rispetto ai controlli al T1 (p<0.04) ma solo nel gruppo dei LS si sono ridotti significativamente al T2. Un ritardo significativo dell’iSP durante movimento massimale del muscolo APB sano è stato osservato nei pazienti CS rispetto ai LS ed ai controlli sia a T1 che a T2 (p<0.05).Conclusioni: i nostri dati di riduzione della soglia motoria ed aumento del numero di siti attivi, sono indicativi di un aumento dell’eccitabilità corticale dell’emisfero sano dopo ictus ischemico corticale, che persiste dopo un mese dall’evento ischemico acuto. Tale fenomeno potrebbe essere correlato ad un danno delle vie inibitorie trans-callose, come evidenziato dal ritardo dell’iSP durante attivazione volontaria massimale del lato sano. Quest’ultimo dato potrebbe inoltre spiegare la persistenza dei movimenti mirror nei pazienti affetti da ictus ischemico corticale.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

ELETTROENCEFALOGRAFIA

Moderatori:M.G. Marciani (Roma),

G. Zaccara (Firenze)

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Congresso nazionale

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eleTTroenCeFalograFia

PES “GIGANTI” NELLO STATO MIOCLONICO POST-ANOSSICO: UN REPERTO INUSUALE

D. Battista, E. Del Sordo, C. Cardinali, A. Ragazzoni

U.O. Neurologia, Azienda Sanitaria di Firenze

Lo stato mioclonico costituisce una grave sequela dell’arresto cardiaco ed ha connotazione progno-stica infausta: l’evoluzione è inesorabilmente verso il decesso o lo stato vegetativo. L’EEG mostra quadri diversi di attività parossistica ed i potenziali evocati somestesici (PES) risul-tano quasi sempre gravemente alterati: assenza delle risposte d’origine corticale (N20, P25, N30) a fronte di risposte normali a livello del punto di Erb (N9) e del rachide cervicale (N13) (Ragazzoni et al, 2006).Scopo: descrivere gli inusuali rilievi neurofisiologici in una paziente in coma post-anossico con stato mioclonico generalizzato, persistente per alcuni giorni. Caso clinico : paziente di anni 85, in coma a seguito di arresto cardiaco, con vivaci mioclonìe al volto ed ai quattro arti, simmetriche, ad andamento ritmico (0.5 c/sec). L’ EEG presentava attività parossistica su entrambi gli emisferi. I PES mostravano, nelle registrazioni effettuate in giorni suc-cessivi, un abnorme aumento d’ampiezza (voltaggio compreso fra 9 e 15 uV: PES “giganti”) delle componenti a genesi corticale (in particolare P25 ed N30). Normali erano invece le ampiezze delle componenti N9 ed N13. Normali pure i valori di latenza (assoluti ed interpicchi) di tutte le compo-nenti.La Pz giungeva all’exitus 5 giorni dopo l’arresto cardiaco.Conclusioni: questa osservazione, mentre ribadisce l’assenza di valore prognostico positivo per i PES nel coma post-anossico, segnala la possibilità di una sostanziale integrità funzionale della cor-teccia (somatosensitiva) cerebrale in questo tipo di coma. Il reperto è inusuale ed offre lo spunto per una discussione sulla fisiopatologìa dello stato mioclonico post-anossico.

BIBLIOGRAFIA

1. Ragazzoni A, Cincotta M, Chiaramonti R, Toscani L, Borgheresi A, Zaccara G. “Myoclonic status epilepticus in postanoxic coma: a neurophysiological study.

2. Clin Neurophysiol, 2006; 117,: S87

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Congresso nazionale

STIMOLAZIONE ELETTRICA ED ECCITABILITÀ CORTICALE: UN’INDAGINE ELETTROENCEFALOGRAFICA

D. Brignani1, M. C. Pellicciari1, C. Miniussi1,2

1 Sezione di Neuroscienze Cognitive IRCCS San Giovanni di Dio Fatebenefratelli, Brescia2 Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie, Università di Brescia

La stimolazione elettrica transcranica a corrente continua (tDCS) è una metodica in grado di modulare l’eccitabilità corticale in maniera non invasiva mediante l’applicazione di deboli correnti elettriche sullo scalpo. Essa determina una depolarizzazione o un’iperpolarizzazione del potenziale di membrana a riposo del tessuto cerebrale sottostante, a seconda della polarità utilizzata. In generale la stimolazione anodica aumenta l’eccitabilità, mentre la stimolazione catodica induce un decremento della stessa. Re-centemente l’interesse per la tDCS è cresciuto notevolmente, poiché si è dimostrata capace di indurre effetti di lunga durata potenzialmente utili per il trattamento dei disturbi neurologici che implicano un’alterazione dell’eccitabilità neuronale. Tuttavia, nonostante il grande impatto positivo che questa applicazione potrebbe avere nella clinica, ad oggi la maggior parte degli studi ha usato solo misure comportamentali o periferiche per testare gli effetti della tDCS nell’uomo. Rimangono ancora da chia-rire molti quesiti relativi ai suoi meccanismi d’azione, incluso il modo in cui la corrente si diffonde sulla corteccia. Nonostante la tDCS induca direttamente un flusso di corrente intracerebrale, pochi studi hanno indagato l’attività elettroencefalografica (EEG) durante la sua applicazione.Nel presente progetto abbiamo indagato i cambiamenti indotti dalla tDCS sull’attività EEG durante l’applicazione di un protocollo standard già dimostrato essere efficace nella modulazione dell’eccitabi-lità corticale. Poiché l’EEG riflette l’eccitabilità di popolazioni neuronali, le aspettative erano che esso potesse fornire una misura centrale degli effetti indotti dalla tDCS sull’attività corticale.Due sessioni di stimolazione elettrica, rispettivamente anodica e catodica, (intensità: 1 mA; superficie degli elettrodi: 25 cm2; durata: 13 minuti) sono state applicate a 16 soggetti sani sulla corteccia motoria rappresentativa del primo interosseo dorsale della mano destra, identificata mediante l’uso della stimo-lazione magnetica transcranica.I potenziali evocati motori sono stati valutati prima e dopo la tDCS, al fine di confermare nel presente esperimento l’efficacia del protocollo di stimolazione sugli indici periferici. In linea con le aspettative, l’eccitabilità motoria corticale è risultata aumentata dopo la tDCS anodica e diminuita dopo la tDCS catodica.L’attività EEG a riposo è stata registrata prima, durante e dopo l’applicazione della tDCS da 10 elettro-di corticali. Il valore spettrale di tutte le frequenze comprese nel range fra 2 e 45 Hz è stato calcolato e sottoposto ad analisi statistica per valutare i cambiamenti nelle frequenze corticali pre- durante e post- tDCS anodica e catodica. I risultati hanno dimostrato che effettivamente la tDCS induce modulazioni nell’attività EEG. Durante l’applicazione della tDCS, infatti, è emerso un incremento generale della potenza di tutte le frequenze, circoscritto all’area stimolata. Dopo la tDCS, una modulazione spettrale persisteva soprattutto in seguito alla stimolazione anodica, rispetto a quella catodica.Questo studio fornisce per la prima volta evidenze sui cambiamenti indotti dalla tDCS direttamente sull’attività cerebrale dell’intero cervello, segnando una nuova tappa verso la comprensione dei mec-canismi sottostanti i fenomeni di plasticità corticale. Il raggiungimento di tale obiettivo potrebbe aprire la strada a nuove applicazioni cliniche nel campo della neuro-riabilitazione, considerando che spesso gli interventi terapeutici e riabilitativi sono mirati a ribilanciare l’eccitabilità dei circuiti corticali.

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eleTTroenCeFalograFia

CIRCUITI DI CONNESSIONE CORTICALI STUDIATI TRAMITE CO-REGISTRAZIONE TMS/EEG: EVIDENZE DALLA STIMOLAZIONE DELLA CORTECCIA PARIETO-OCCIPITALE

P. Busan1, A. Della Mora2, G. Pizzolato1, P. P. Battaglini2, F. Monti1

1 Dipartimento di Scienze Mediche, Tecnologiche e Traslazionali, Università degli Studi di Trieste2 B.R.A.I.N. Centro per le Neuroscienze, Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Trieste

SCOPO DELLO STUDIO: La comprensione delle connessioni cerebrali è un argomento fonda-mentale nelle moderne neuroscienze. In tal senso, una serie di differenti approcci sperimentali per-mettono di studiare tali reti di connessioni. Per esempio, la co-registrazione dell’attività elettroen-cefalografica (EEG) durante la somministrazione di Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) è una delle più promettenti metodologie di ricerca. Nel presente studio, abbiamo voluto indagare il modello di connessioni che si diffondono dalla corteccia parieto-occipitale di sinistra. Infatti, tale regione della corteccia è una delle più densamente interconnesse con il resto del cervello ed è anche una delle aree più coinvolte in compiti cognitivi quali la trasformazione di coordinate visuo-motorie e l’elaborazione di informazioni visuo-spaziali.MATERIALI E METODI: lo studio è stato condotto su 11 soggetti adulti sani (6 maschi e 5 femmi-ne, di età compresa tra i 20 ed i 29 anni, età media 23.5 anni, deviazione standard 2.8), tutti destrima-ni. Questi soggetti sono stati sottoposti a registrazione EEG (32 canali) durante la somministrazione di singoli impulsi magnetici nella corteccia parieto-occipitale di sinistra (3 blocchi da 65 impulsi), a riposo e con gli occhi chiusi. La stimolazione magnetica causava un artefatto sulle tracce registrate di circa 10 ms. Gli stessi soggetti sono stati sottoposti anche ad una stimolazione placebo (3 bloc-chi da 65 impulsi) in maniera randomizzata e controbilanciata. Le registrazioni ottenute sono state comparate tramite analisi della sorgente per individuare i generatori dell’attività elettrica registrata durante un intervallo di tempo compreso tra 11 e 250 ms dopo la stimolazione. RISULTATI: I risultati indicano un’attivazione precoce delle aree frontali dopo 14 e 22-23 ms dallo stimolo magnetico, seguita da una simultanea attivazione delle aree parietali e premotorie sinistre a 25-26 ms. Successivamente, è stato possibile evidenziare una sorgente nel lobulo parietale inferiore di sinistra attorno a 40 ms dalla TMS. L’attività indotta si è poi spostata nuovamente verso le regioni frontali e premotorie, bilateralmente, in un intervallo di tempo compreso tra i 53 e i 59 ms. Nuova-mente, la diffusione dell’attivazione è poi ritornata verso le aree parietali inferiori di sinistra attorno a 105 ms, e verso le aree premotorie e frontali bilaterali attorno ai 125 ms. Le attivazioni tardive mostrarono un’attivazione occipitale destra attorno a 135 ms dallo stimolo, seguite da un’attivazione frontale destra e dall’attivazione bilaterale dell’insula in una finestra temporale compresa tra 155 e 189 ms. Infine, le attivazioni si esauriscono nel lobo parietale sinistro 200 ms e 228 ms dopo la somministrazione dello stimolo. CONCLUSIONI: I nostri risultati suggeriscono l’esistenza di un articolato e complesso sistema di connessioni elicitate dalla stimolazione parieto-occipitale sinistra, con una serie di attivazioni che diffondono in maniera ripetuta soprattutto verso aree premotorie e parietali sinistre. Il presente stu-dio conferma perciò l’esistenza di forti connessioni tra le aree posteriori e frontali del cervello, con l’ulteriore evidenza che tali connessioni non vanno solamente in direzione postero-anteriore, ma anche in direzione antero-posteriore.

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Congresso nazionale

PATTERN SPAZIO-TEMPORALE DI ATTIVAZIONE CORTICALE DURANTE TEST DI STROOP: INTEGRAZIONE EEG-FMRI

J.J. Gonzalez-Rosa, G. Riccitelli, A. Inuggi, M.A. Rocca, M. Filippi, G. Comi, L. Leocani

Experimental Neurology Institute, IRCCS San Raffaele, Milan, Italy

RazionalePochi studi hanno utilizzato le due principali tecniche di mappaggio cerebrale, l’elettroencefalo-gramma (EEG) e la risonanza magnetica funzionale (fMRI), per esaminare il pattern spazio-tempo-rale di attivazione corticale correlato ai processi che si verificano durante i classici compiti cognitivi.ObiettiviScopo di questo studio è applicare fMRI e potenziali evento-correlati (ERPs) per sviluppare una strategia multimodale che combini i rispettivi vantaggi in modo complementare, ottenendo una de-scrizione con alta risoluzione spazio-temporale dei processi neurali corticali durante test Stroop.MetodiAbbiamo applicato fMRI e ERP in sessioni separate con identici tempi di esecuzione nelle quali 21 soggetti sani hanno svolto il test di Stroop in tre condizioni sperimentali (stimolo congruo, incon-gruo e neutro). I dati fMRI sono stati analizzati mediante software classici di analisi per individuare variazioni di segnale BOLD nelle regioni di interesse specifiche per le diverse condizioni. Successi-vamente, i dati EEG sono stati analizzati identificando prima le classiche componenti ERP e quindi ricostruendo il loro pattern spazio-temporale tramite il metodo Cortical Current Density (CCD) usando le mappe di attivazione derivate dall’analisi della fMRI come base del processo di ricostru-zione delle sorgenti di segnale.RisultatiLe aree anatomiche e le coordinate Talairach delle regioni corticali che mostravano attivazioni si-gnificative in una delle tre condizioni sono state identificate. La ricostruzione CCD ha permesso di stimare l’origine temporale con una risoluzione temporale nell’ordine dei millisecondi. Abbiamo ottenuto con le classiche componenti ERP e le aree fMRI di attivazione comunemente osservate negli studi al test Stroop, con un pattern temporale neuroanatomico coinvolgente specifiche reti neurali frontali.ConclusioniI nostri dati supportano l’idea che: 1) un approccio che combina fMRI e EEG per lo studio di compiti cognitivi è in grado di migliorare le nostre conoscenze sugli aspetti spazio-temporali dell’attivazione di differenti regioni corticali; 2) il metodo proposto fornisce un affidabile sistema per l’integrazione di EEG e fMRI e potrebbe essere di estrema utilità nell’avanzamento degli studi cognitivi nelle malattie neurologiche.

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eleTTroenCeFalograFia

MOVIMENTO SEMPLICE UNILATERALE NELLA SLA, PATTERN DI RIORGANIZZAZIONE CORTICALE CENTRALE DURANTE LA PREPARAZIONE E DI COINVOLGIMENTO PREFRONTALE DURANTE LA TERMINAZIONE

A. Inuggi, R. Nilo, J.J. González-Rosa, R. Fazio, F. Cerri, U. Del Carro, G. Comi, L. Leocani

Dep.t di Neurofisiologia Clinica, Neurologia, Neuro-riabilitazione, Istituto di Neurologia Sperimen-tale, IRCCS San Raffaele, Milano

Background:La SLA é la malattia del motoneurone piú grave e frequente, coinvolge principalmente sia il primo che il secondo motoneurone, ma anche la sostanza grigia e bianca di aree non motorie. Precedenti studi di neuroimaging hanno mostrato un pattern di riorganizzazione corticale caratterizzato da un reclutamento di regioni premotorie e motorie ipsilaterali e di attività alterata nella corteccia primaria motoria contro laterale. Metodi:Nel presente studio, 34 pazienti SLA e 9 controlli di pari età sono stati registrati attraverso l’EEG du-rante l’esecuzione di un movimento semplice auto determinato. Ai soggetti è stato chiesto di esegui-re tale movimento il piu velocemente possibile e la loro performance è stata quantificata calcolando il tempo per raggiungere il picco elettromiografico e quello per silenziarlo. I generatori corticali del segnale EEG sono stati ricostruiti attraverso un modello a sorgenti distribuite (cortical current densi-ty analysis) calcolando l’attività media di diverse aree corticali durante la preparazione, esecuzione e terminazione del movimento. Inoltre, il rapporto MEP/cMAP ed il tempo di conduzione centrale sono stati calcolati tramite stimolazione magnetica transcranica.Risultati:Tutti i pazienti SLA hanno mostrato velocità simili nell’iniziare il movimento mentre un loro sotto-gruppo (che chiameremo SLOW) sono risultati significativamente piu lenti a terminarlo. Nessuna differenza nelle scale cliniche o nei risultati TMS è stata osservata tra i due sottogruppi. Tutti i pa-zienti SLA, durante la preparazione del movimento, hanno reclutato sorgenti nella corteccia motoria primaria ipsilaterale e, bilateralmente, in quelle premotorie dorsolaterali, mentre solo il gruppo dei pazienti SLOW ha mostrato una riduzione dell’indice di lateralità della aree motorie, premotorie e prefrontali dorsolaterali durante la terminazione del movimento. Inoltre, l’indice di lateralità di tali aree prefrontali è risultato negativamente correlato con il tempo di terminazione del movimento. L’indice di reclutamento di sorgenti nella corteccia premotoria ipsilaterale è risultato negativamente correlato, durante l’esecuzione del movimento, con il suo tempo di iniziazione.Conclusioni:Questi pattern di attivazione, gia incontrati in precedenti studi di neuroimaging, e le relative correla-zioni, nelle diverse fasi del movimento, con la performance motoria suggeriscono che tale riorganiz-zazione corticale possa almeno in parte compensare la perdita di motoneuroni che avviene nelle aree motorie primarie. Inoltre supporta la possibilità che alterazioni prefrontali, in pazienti SLA privi di deficit cognitivi, possano influire sull’esecuzione di movimenti semplici.

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PRELIMINARY STUDY ON SPECTRAL EEG ANALYSIS OF REACTIVITY AFTER SENSORY STIMULATION IN VS/MCS PATIENTS

A. Merico, M. Cavinato, D. De Massari, M. Pirini, C. Volpato, F. Piccione

I.R.C.C.S. San Camillo, Lido-Venezia, Italy

OBJECTIVE: Recognition of consciousness is essential to assure accurate prognosis and treatment decisions avoiding inappropriate approaches to patients. This preliminary study was designed to test the changes in the spatiotemporal organization of the EEG in response to afferent stimuli in patients in vegetative state and minimally conscious state in order to find an objective assessment of the pre-servation of the residual functional processing. This might be crucial to define an accurate diagnosis and prognosis and differentiate VS from MCS. METHODS: Eight patients (3 males, 5 females, age range 10-73) and eight healthy volunteers par-ticipated in the experiment. Patients met the criteria for VS (4 pts) and MCS (4 pts), according with the JFK CRS-R score. EEG was recorded for 10 minutes before and after each stimulation session, consisting of 3 minutes of counterbalanced visual, acoustic, and peripheral electrical stimuli. EEG recording data were projected on a cortical model using the LORETA localization technique and the Power Spectral Densities (PSD) estimations before and after stimulation in the bands δ (0-4 Hz), θ (4-8 Hz), α (8-13 Hz), β(13-30 Hz), and γ (30-40 Hz). RESULTS: Functionally different changes in the EEG reactivity were detected between patients and controls. The EEG frequency spectrum at rest of patients, as compared to controls, revealed a significant difference in theta band power, more evident in parieto-occipital areas and more marked in VS patients. After stimulation, a significant increase of fronto-central beta rhythms and posterior alpha bands power were seen in controls. The MCS patients showed an increase of alpha and theta power in bilateral parietal and occipital areas. VS patients showed no significant changes in the EEG spectrum after stimulation.CONCLUSIONS: Our results suggest the importance of fronto-temporal–parietal associative cor-tices within the “awareness-regions” model. Our results also support the relation between excess of slow wave activity and diminished level of awareness in brain injury population. Neurophysio-logical correlates in brain damaged patients who are severely impaired could be used to assess the integrity of brain areas responsible for awareness.

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CONNETTIVITÀ INTRACORTICALE, STATO VEGETATIVO E STATO DI MINIMA COSCIENZA: UNO STUDIO MEDIANTE TMS-EVOKED POTENTIALS (TEPS)

A. Ragazzoni, C. Pirulli*, D. Veniero*, S. Rossi**, C. Miniussi*, M. Feurra**, M. Cincotta, F. Giovannelli, R. Chiaramonti, M. Lino***

U.O. Neurologia, Ospedale S. Giovanni di Dio, Azienda Sanitaria di Firenze*IRCCS San Giovanni di Dio Fatebenefratelli, Brescia e Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie, Università di Brescia**Dipartimento di Neuroscienze, Sez. Neurologia, Università di Siena***Casa di Cura “Villa alle Terme”, Firenze

Introduzione: La diagnosi di Stato Vegetativo (VS) è soggetta ad errore in una percentuale elevata di casi (40% circa) ed un notevole sforzo di ricerca è rivolto ad individuare test diagnostici da af-fiancare alla valutazione clinica. Un rilievo neuropatologico caratteristico dello VS è la presenza di diffuse disconnessioni cortico-corticali (Adams et al., 2000). La co-registrazione TMS-EEG è una metodica in grado di valutare la reattività e la connettività corticale tramite lo studio dell’ampiezza e distribuzione delle componenti evocate dalla TMS (TMS Evoked Potentials -TEPs). L’applicazione di questa metodica in pazienti in SV o Stato di Minima Coscienza (MSC) potrebbe essere uno strumento utile nella diagnosi differenziale.Scopo: Analizzare e confrontare i TEPs ottenuti in una popolazione di pazienti VS, di lunga durata, con i TEPs ottenuti in pazienti MCS.Materiali e Metodi: Sono stati esaminati 13 pazienti (8 VS, punteggio LCF 1-2; 5 MCS, punteggio LCF 3) con Disturbo di Coscienza Cronico (durata 7-65 mesi, media 34) di varia eziologia (anossi-ca, traumatica, emorragica), ricoverati in un Reparto di Riabilitazione. I TEPs sono stati evocati in ciascun paziente, mediante la somministrazione di 200 stimoli TMS a singolo impulso sulla cortec-cia motoria primaria, durante l’acquisizione EEG da 19 elettrodi posizionati sullo scalpo (sistema 10-20). L’EEG è stato diviso in epoche da 500 ms. Per ogni componente evocata dalla TMS sono state individuate, in modo descrittivo, le ampiezze, le latenze e la distribuzione topografica.Risultati: Per quanto riguarda i pazienti VS: sei pz mostravano TEPs non strutturati o assenti; due pz mostravano TEPs strutturati ma d’ampiezza ridotta. Pazienti MCS: uno mostrava TEPs parago-nabili ai soggetti normali; tre mostravano TEPs paragonabili ai normali ma con ampiezze ridotte; in uno le risposte non erano identificabili.Discussione: I TEPs costituiscono un’innovativa metodica neurofisiologica che permette di esplora-re l’eccitabilità e la connettività corticale. I presenti dati indicano (in accordo con i rilievi neuropato-logici) che la reattività e la connettività cortico-corticale sono gravemente compromesse nei pz VS “permanenti”; mentre nei pz MCS sono presenti ma alterate. I TEPs possono fornire un significativo contributo alla valutazione diagnostica (e prognostica) dei pazienti in VS e MCS. Inoltre, permetto-no di chiarire la fisiopatologia corticale sottendente i Disturbi Cronici di Coscienza.

BIBLIOGRAFIA

Adams JH, Graham DI, Jennet B. The neuropathology of the vegetative state after an acute brain insult. Brain, 2000; 123: 1327-1338.

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Congresso nazionale

PLEDS BIFOCALI, CONTINUI ED INTERMITTENTI. STUDIO NEUROFISIOLOGICO DI UN CASO DI EPILESSIA PARZIALE CONTINUA

A. Ragazzoni, F. Di Russo*, A. Borgheresi, M. Cincotta, L. Tramacere, G. Zaccara

U.O. Neurologìa, Azienda Sanitaria di Firenze* I.U.S.M., Roma

L’acronimo PLEDs (Periodic Lateralized Epileptiform Discharges; Chatrian et al, 1964) identifica complessi EEG epilettiformi, ampiamente distribuiti sullo scalpo, polimorfi e ripetitivi, ad andamen-to periodico o quasiperiodico, con frequenza di 0.5-3.0 c/sec, localizzati su un emisfero (Kalaman-galam et al, 2007). Varianti dei PLEDs sono i BiPLEDs (Bilateral independent PLEDs: due focolai di PLEDs presenti sui due emisferi in maniera asincrona ed indipendente) ed i PLEDs multifocali (presenti in almeno tre sedi, indipendenti fra loro, su entrambi gli emisferi). Scopo: illustrare i rilievi neurofisiologici in una paziente con epilessia parziale continua ed EEG con PLEDs cronici con caratteristiche peculiari (inizialmente monoemisferici, bifocali ed asincroni, successivamente a carattere intermittente).Caso clinico: paziente novantenne ammessa al Pronto Soccorso con mioclonìe periodiche (0.5 c/sec) di recente insorgenza, focali, a carico della bocca e della lingua a destra, con stato di coscienza integro, afasia, e rilievo alla TC encefalo di pregressa ampia lesione ischemica emisferica Sn, cor-tico-sottocorticale, fronto-parieto-occipitale. Tale condizione persisteva ininterrotta per otto giorni, nonostante la terapia antiepilettica.L’EEG mostrava PLEDs continui sull’emisfero Sn, con due focolai distinti sia topograficamente (uno occipitale, l’altro frontale) che temporalmente (asincroni ed indipendenti) ed anche morfo-logicamente. La frequenza dei PLEDs era sovrapponibile a quella delle mioclonìe (prolungata re-gistrazione video-EEG poligrafica), ma il back-average delle scosse miocloniche evidenziava una correlazione solo con i PLEDs frontali. Peraltro, le punte frontali Sn evidenziate con il back-average precedevano le mioclonie di oltre 100 msec. I Potenziali Evocati Somestesici da stimolazione del nervo mediano erano nella norma, bilateralmente. In ottava giornata le mioclonìe regredivano, ma all’EEG persistevano i PLEDs, peraltro con anda-mento intermittente.Conclusioni: i PLEDs multifocali sono stati descritti solo in 37 pazienti (Lawn et al, 2000).I rilievi da noi raccolti mostrano che i PLEDs :a) possono essere sia critici che intercritici;b) hanno una correlazione temporale di vario tipo con le mioclonìe, ma comunque spesso questa non è “diretta” (nel nostro caso l’intervallo fra i singoli PLEDs frontali e le mioclonìe era alquanto lungo, tale da implicare una circuiterìa complessa);c) sono sottesi da lesioni sia della corteccia che sottocorticali;d) non sembrano modificare l’eccitabilità corticale (i PES erano bilateralmente normali).Inoltre, tali rilievi si prestano ad interpretazioni fisiopatologiche sull’origine dei PLEDs.

BIBLIOGRAFIA:

Chatrian GE, Shaw CM, Leffman H. “The significance of periodic lateralized epileptiform dischar-ges in EEG: an electrographic, clinical and pathological study”. EEG clin Neurophysiol, 1964; 17: 177-193.

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Kalamangalam G, Diehl B, Burgess RC. “Neuroimaging and neurophysiology of Periodic Laterali-zed Epileptiform Discharges: observations and hypotheses”. Epilepsia, 2007; 48: 1396-1405.Lawn ND, Westmoreland BF, Sharbrough FW. “Multifocal periodical lateralized epileptiform di-scharges (PLEDs): EEG features and clinical correlations”. Clin. Neurophysiol, 2000; 111: 2125-2129.

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UTILITÀ DELL’EEG NELL’IDENTIFICAZIONE DI UN MECCANISMO CENTRALE DELLA FATICA NELLA SCLEROSI MULTIPLA

S. Velikova1, B. Colombo2, P. Rossi2, V. Martinelli2, G. Comi1,2, L. Leocani1

1Istitute di neurologia sperimentale 2Dip. di Neurologia, Neurofisiologia Clinica, Neuroriabilitazione, IRCCS , Università Ospedale San Raffaele, Milano

Scopo dello studioLa fatica nella Sclerosi Multipla (SM) è un sintomo frequente e disabilitante, che determina un senso di spossatezza presente anche a riposo, della quale si ignora l’origine. Inoltre, è un sintomo difficile da misurare oggettivamente e molti studi si basano su scale soggettive. Lo scopo del presente lavoro è quello di trovare dei correlati di attività cerebrale della fatica tramite l’utilizzo di analisi elettroen-cefalografiche (EEG).

MetodiSedici pazienti con SM hanno partecipato allo studio [età 21-46 (media 33); donne=10], la fatica è stata quantificata mediante Fatigue Severity Scale (FSS) test [punteggi 9-57 (media 31)] e 5 minuti di EEG 29 canali a riposo a occhi chiusi. Per l’analisi dei dati EEG è stato utilizzato il metodo Low resolution electromagnetic tomography (e/sLORETA), che permette una rappresentazione tridimen-sionale della Current Source Density (CSD) nelle diverse regioni di interesse. È stata analizzata la potenza assoluta delle bande Delta (1-3Hz), Theta (4-7 Hz), Alpha1 (8-9 Hz), Alpha2 (10-12Hz), Beta1 (13-18 Hz), Beta2 (19-21 Hz) and Beta3(22-30Hz). La CSD di ogni banda delle differenti regioni è stata misurata e utilizzata per le analisi di correlazione (Spearman’s correlation test ) con la FSS.

RisultatiÈ stata trovata una correlazione negativa nella corteccia cingolata (BA 23,30,31) fra CSD e FSS nel-le seguenti bande: BA23-delta, theta, beta3; BA31-delta, theta, alpha, beta3; BA30 in tutte le bande di frequenza analizzate. La correlazione era più evidente in BA 30 per tutte le bande di frequenza (-0.757<rs<-0.521; 0.001<p<0.038).

ConclusioniSulla base dei risultati ottenuti si può ipotizzare un meccanismo centrale per la fatica nella SM. Questi dati preliminari suggeriscono come LORETA possa essere utile come metodologia oggettiva per la misura della fatica nei pazienti con SM.

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STATO DI MALE NON CONVULSIVO IN PAZIENTI EMATO-ONCOLOGICI

A. Primavera1, D. Audenino2

1Dipartimento di Neuroscienze Oftalmologia e Genetica Università di Genova2Dipartimento di Neuroscienze e Cardiovascolare, E.O. Ospedali Galliera Genova

Scopo dello studio: Lo stato di male non convulsivo (SMNC) è ancora sottodiagnosticato in am-bito internistico ed in particolare in campo emato-oncologico. Pazienti con tumori sistemici senza evidenza di metastasi cerebrali, complicanze cerebrovascolari o encefalopatie metaboliche possono presentare un’alterazione dello stato di coscienza correlata ad uno stato di male non convulsivo. Descriviamo 5 nuovi casi di stato di male non convulsivo in pazienti emato-oncologici.Metodi: dall’agosto del 2008 al gennaio 2009 67 pazienti oncologici (tumori sistemici) che pre-sentavano uno stato confusionale persistente (ore-giorni) o comunque un’alterazione dello stato di coscienza venivano sottoposti ad EEG urgente. Tutti i pazienti avevano eseguito valutazione neurologica, esami ematochimici ed indagini neurora-diologiche ed in alcuni casi anche esame liquorale.Quando non controidicato veniva infuso lorazepam 4 mg e.v durante la registrazione EEG.Gli EEG venivano poi rivalutati da due refertatori indipendenti. Abbiamo selezionato i casi in cui è stata posta diagnosi di SMNC valutato i pattern EEG, i fattori scatenanti, l’outcome.Risultati: Dei 67 pazienti sottoposti ad EEG urgente abbiamo identificato 5 casi di NCSE (7.5% dei casi). La maggior parte dei pazienti aveva un tumore ematologico. I fattori scatenanti erano principalmente i chemioterapici. La presenza di I.R.C, cefalosporine ed infiltrazione leptomeningea interagivano come concausa in 3 casi. In un caso il quadro neuroradiologico era compatibile con RPLS. Le benzodiazepine e.v e la sospensione del farmaco determinavano la risoluzione del quadro clinico. La ricorrenza del SMNC si verificava in 1 caso.Dal punto di vista EEG in un caso il pattern poteva essere confuso con un’encefalopatia. In questo caso la risposta clinica ed EEG alle benzodiazepine e.v confermava la diagnosi. Discussione: Sebbene i pazienti oncologici possano avere molteplici cause di stato confusionale acuto anche il SMNC è un’eziologia non infrequente e come tale andrebbe conosciuta (Drislane 1994) anche perché i pazienti spesso sono giovani, ed il SMNC potenzialmente reversibile, potrebbe se non riconosciuto interferire con la gestione clinica del paziente. Inoltre poiché spesso la causa del SMNC è un certo tipo di chemioterapico che viene eseguito a cicli il rischio di ricorrenza di SMNC è elevato. Nella nostra esperienza sono soprattutto in pazienti affetti da tumori ematologici ad avere un rischio di presentare uno SMNC.

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Congresso nazionale

STATO EPILETTICO NON CONVULSIVO REFRATTARIO: CARATTERISTICHE CLINICHE ED ELETTROFISIOLOGICHE IN UN GRUPPO DI 5 PAZIENTI

V. Pelliccia1, C. Pizzanelli1, R. Galli2, E. Bonanni1, D.Perini1, F. Giorgi1, A. Iudice1, G. Siciliano1, L. Murri1

1Clinica Neurologica Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa2U.O. Neurofisiopatologia Presidio Ospedaliero “F. Lotti” Pontedera, Pisa

Razionale ed Obiettivi: Lo stato epilettico (SE) non convulsivo refrattario costituisce un’emergen-za neurologica da trattare tempestivamente, non per l’immediato pericolo di vita del paziente come nello stato epilettico convulsivo, ma per le possibili conseguenze in termini di alterazioni cerebrali e cognitive a lungo termine. Descriviamo cinque casi di SE non convulsivo seguiti presso la Clinica Neurologica dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Pisa e presso l’U.O. Neurofisiopatologia del P.O. di Pontedera negli ultimi due anni.Metodi: Sono stati raccolti retrospettivamente la storia clinica, i reperti neurofisiologici e neurora-diologici di cinque pazienti (3F/2M) di età media di 48.0 + 21.2 anni (range 24-76) ricoverati per SE non convulsivo refrattario.Risultati: Due pazienti, di 56 e 24 anni, hanno presentato uno SE generalizzato tipo assenza trattato inizialmente con benzodiazepine (BDZ) e successivamente con valproato (VPA) e.v. con successo. In un caso lo SE è recidivato dopo un mese e si è ottenuto completo controllo con BDZ e.v., cui sono stati aggiunti etosuccimide e levetiracetam per os. Entrambi i pazienti erano affetti da epilessia generalizzata idiopatica ed avevano presentato in precedenza crisi tonico-cloniche. Una paziente di 76 anni ha presentato SE afasici recidivanti (uno all’anno per tre anni) trattati con BDZ, VPA, fenitoina (PHT) e.v.; un’encefalopatia vascolare ischemica cronica rappresentava in questo caso il fattore eziologico. Infine due pazienti, di 30 e 58 anni, hanno presentato SE parziali complessi. Nel primo caso la paziente era stata operata per angioma cavernoso frontale sinistro ed aveva presentato un’unica crisi prima dell’intervento; le indagini di neuroimmagine eseguite dopo lo SE mostravano gli esiti della pregressa chirurgia. Si è ottenuto controllo dello SE con BDZ e PHT e.v. Nel secondo caso si sono verificati SE recidivanti (quattro in un anno), trattati con BDZ e PHT e.v. e con l’ag-giunta di oxcarbazepina/carbamazepina e levetiracetam per os; in questo caso singolare lo SE ha rappresentato la prima manifestazione di un’epilessia focale sintomatica secondaria ad una displasia corticale frontale destra. In tutti i pazienti lo SE si è risolto nell’arco di 48-72 ore.Conclusioni: Benché lo SE non convulsivo non costituisca un’emergenza pari a quella dello SE convulsivo, tuttavia è importante diagnosticarlo precocemente e riuscire ad ottenere un completo controllo nelle sue fasi iniziali perché non si complichi ulteriormente. Dopo il sospetto clinico, l’esa-me diagnostico è rappresentato dall’EEG, da eseguire in urgenza e con monitoraggio prolungato. Dal punto di vista farmacologico si sono utilizzati farmaci antiepilettici di primo livello (BDZ e.v.) seguiti da farmaci di secondo livello (VPA e PHT e.v. rispettivamente nelle forme generalizzate e parziali), ottenendo un controllo delle manifestazioni cliniche ed elettroencefalografiche.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

MISCELLANEA

Moderatori:F. Fattapposta (Roma),G. Galardi (Cefalù - PA)

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Congresso nazionale

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MisCellanea

VALUTAZIONE DEL RIFLESSO DELLA TOSSE IN PAZIENTI AFFETTI DA SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA (SLA): OSSERVAZIONI PRELIMINARI

I. Schettino, G. Ruoppolo, E. Iacovelli, M. Gabriele, C. Marini Bettolo, F. Gilio, V. Frasca, F. Pichiorri, E. Giacomelli, G. Tartaglia, M. Inghilleri

Dipartimento di Scienze Neurologiche, Dipartimento Audiologia e foniatria “G. Ferreri” – Università di Roma “Sapienza”

Obiettivi. La disfagia oro-faringea nell’ambito della SLA è uno dei sintomi più invalidanti, con importanti ripercussioni sulle condizioni di salute, particolarmente per quanto riguarda gli aspetti nutrizionali e le possibili complicazioni respiratorie. Un valido riflesso della tosse è’ cruciale nella espulsione di alimenti o saliva eventualmente aspirati, ma nei pazienti con SLA la tosse è spesso resa inefficace dal progressivo indebolimento dei muscoli respiratori e laringei. A livello faringeo è spesso evidenziato un deficit di sensibilità di origine non conosciuta che aumenta il rischio di aspirazione.Metodi. Sono stati esaminati 58 soggetti affetti da SLA (40 ad esordio spinale, 18 ad esordio bul-bare) mediante esame fibrolaringoscopico della deglutizione. In 4 pazienti con grave disfagia la sensibilità laringea è stata testata evocando il riflesso della tosse mediante 0,5 ml di acqua iniettata in faringe con siringa monouso opportunamente modificata durante simultanea registrazione elettro-miografica dei muscoli laringei.Risultati. La prevalenza della disfagia nel campione di pazienti esaminato è 80,3%. Il 18,9% dei pazienti presentava penetrazione/aspirazione senza riflesso della tosse (12,5% dei pazienti ad esor-dio spinale rispetto al 33,3 % dei pazienti ad esordio bulbare). I pazienti con SLA presentavano un riflesso della tosse assente o debole rispetto ai soggetti sani.la stimolazione del riflesso della tosse in pazienti con deficit di sensibilità laringea.Conclusioni. Il nostro studio evidenzia che il riflesso della tosse evocato dalla stimolazione laringea è alterato nei pazienti affetti da SLA suggerendo un deficit sensitivo laringeo nei pazienti.

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Congresso nazionale

LA RIABILITAZIONE RIDUCE L’IPERECCITABILITÀ CORTICALI NEI PAZIENTI CON SCLEROSI MULTIPLA E FATICA

E. Judica, H. Tesfaghebriel, S. Amadio, P. Rossi, M. Comola, R. Guerriero, V. Di Stefano, L. De Toni Franceschini, G. Comi, U. Del Carro

Department of Neurology, Neurophysiology and Neurorehabilitation – INSPE Università Vita-Salu-te Istituto San Raffaele - Milan

Obiettivi: è comunemente accettata la rilevanza clinica della fatica nei pazienti affetti da Sclerosi Multipla (SM). Per meglio descrivere il fenomeno è indispensabile distinguere la fatica soggettiva dai suoi correlati oggettivi. Questo studio si propone di verificare se la riabilitazione è in grado di modificare non solo le scale cliniche della fatica nei pazienti SM ma anche i parametri neurofisio-logici ad essa correlati. Metodi: 13 pazienti affetti SM progressiva e disabilità moderata (EDSS 3.5-6) sono stati sottoposti a riabilitazione e valutati all’inizio ed al termine del training motorio attraverso studio dell’eccitabilità corticale mediante Stimolazione Magnetica Transcranica a stimoli appaiati e mediante scale cliniche: EDSS, FIM, Barthel Index, Fatigue Severity Scale (FSS), MSFC ed MSQOL e suddivisi in due gruppi, pazienti con fatica (SMF) se con fatica soggettiva e punteggio FSS > 40 e pazienti senza fatica (SMNF) se liberi dal sintomo e con scala FSS < 30. Tali dati sono stati confrontati con quelli di 12 soggetti sani. Risultati: dei 13 pazienti 11 sono risultati SMF e 2 SMNF. Allo studio basale SMF, ma non SMNF, mostravano una riduzione statisticamente signifi-cativa dell’ ICI rispetto ai controlli. Al termine del percorso riabilitativo le scale cliniche mostra-vano un miglioramento statisticamente significativo in tutti i pazienti e un incremento significativo dell’ICI nei SMF. Conclusioni: La riabilitazione migliora la fatica soggettiva nei pazienti con SM. Nei pazienti dove il sintomo fatica è più rilevante, l’intervento riabilitativo sembra modificare i pa-rametri della fatica attraverso una modulazione dell’eccitabilità corticale.

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MisCellanea

FATTORI DETERMINANTI LA DIFFUSIONE MUSCOLARE DELLA TOSSINA BOTULINICA DI TIPO A IN BAMBINI AFFETTI DA PIEDE EQUINO DINAMICO

E. Frasson, *F. Brigo, *M. Acler, *E. Dall’Ora, G. Didonè, **V. Bertasi, *L. Bertolasi

Divisione di Neurologia, Ospedale Civile, ULSS15, Cittadella, Padova*Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione, Sezione di Neurologia, Verona**Servizio di Neurologia,ASL di Vallecamonica, Brescia

Introduzione Abbiamo studiato la diffusione della tossina botulinica di tipo A (BoNT-A) a diffe-renti dosi nei muscoli adiacenti non iniettati in bambini affetti da piede equino varo e l’abbiamo correlato con l’andamento clinico.Soggetti e metodi Sono stati studiati 16 pazienti affetti da piede equino dinamico unilaterale da esiti di PCI (età media 7.2 anni). È stata iniettata BoNT-A (Dysport, dose 10-15 MU/Kg, gruppo A e 20-30 MU/Kg, gruppo B) nel muscolo gastrocnemio del lato affetto, valutato il CMAP (area) dei muscoli gastrocnemio laterale e tibiale anteriore del lato trattato e del lato non trattato prima del trattamento T0, dopo dieci giorni, T10 e dopo 30 giorni, T30 dal trattamento con BoNT-A. È stata inoltre eseguita un’analisi mediante scale di valutazione clinica e video analisi del cammino prima e dopo il trattamento con tossina botulinica.Risultati In tutti i pazienti il CMAP del muscolo tibiale anteriore del lato trattato era ridotto ai tem-pi T10 e T30 sia nel gruppo A che nel gruppo B. Il CMAP del muscolo gastrocnemio trattato con BoNT-A era ridotto ai tempi T10 e T30 sia nel gruppo A e che nel gruppo B; tale riduzione correlava in modo significativo con la dose di BoNT-A iniettata e con la circonferenza del polpaccio (<20cm). L’analisi clinica a T30 ha evidenziato una significativa riduzione del tono muscolare, un aumento dell’escursione articolare del piede; abbiamo osservato un variabile miglioramento funzionale della marcia.Conclusione I nostri dati evidenziano in tutti i pazienti una diffusione della BoNT-A nei muscoli adiacenti non trattati e suggeriscono che sia possibile ottimizzare la dose di BoNT-A in base alle caratteristiche cliniche dei bambini affetti da piede equino.

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Congresso nazionale

HARMONY IN MELODY AND ACCOMPANIMENT: FUNCTIONAL EVALUATIONS AND PERSPECTIVES

L. Verga1, D. Spada1, A. Iadanza2, M. Tettamanti3, D. Perani1,3,4

1Vita-Salute San Raffaele University, Milano2Scientific Institute and University Ospedale San Raffaele, Neuroradiology, CERMAC, Milano3Scientific Institute San Raffaele, Milano4Department of Nuclear Medicine and Division of Neuroscience Scientific Institute San Raffaele, Milano

In the most recent literature intriguing results have begun to be available in the field of rehabilitation with music, especially for rhythm. However, up to now a lack of knowledge is evident when con-sidering harmony. This fMRI study, conducted on expert pianists with Sparse Temporal Sampling Technique, was designed to test whether there are differences in the harmonic domain between me-lody and accompaniment, by introducing unrelated musical targets occurring in simple musical ex-cerpts. Our results show that activations are significantly different when the unexpected event occurs in melody (generally confirming the literature) or in accompaniment. Besides helping in clarifying the neural correlates of harmonic contexts, our experimental experience suggests plausible different impacts also on rehabilitation projects built upon distinct kind of musical materials.

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MisCellanea

IL TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI EMATOPOIETICHE GENETICAMENTE MODIFICATE IN UN MODELLO ANIMALE DI MALATTIA DI KRABBE MIGLIORA IL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE E PERIFERICO

D. Ungaro, I. Visigalli1, S.Ungari1, L. De Toni Franceschini, S. Amadio, C. Butera, G. Taliano, A. Biffi1, G. Comi, U. Del Carro

Department of Neurology, Neurophysiology and Neurorehabilitation – INSPE Università Vita-Salu-te Istituto San Raffaele – Milan and 1Telethon institute for Gene Therapy

INTRODUZIONE: La malattia di Krabbe è una patologia lisosomiale da accumulo causata da una mutazione genetica nell’enzima galattocerebrosidasi. Il deficit enzimatico determina l’accumulo di metaboliti non degradati nel SNC e SNP con progressiva dismielinizzazione e morte precoce dei pazienti. E’ stato dimostrato che il trapianto di cellule staminali ematopoietiche geneticamente mo-dificate tramite l’uso di vettori lentivirali può modificare le manifestazione della malattia in modelli murini. SCOPO DELLO STUDIO: Studio neurofisiologico eseguito su topi GLD trapiantati con cellule staminali ematopoietiche trasdotte con Lentivirus contenenti il gene GALC funzionante, al fine di verificare se la terapia è in grado di modificare lo sviluppo di danni a carico del sistema nervoso. METODI: Misurazione con elettrodi ad ago della velocità di conduzione del nervo sciatico (MCV) e del potenziale evocato motorio corticale (MEP) tramite stimolazione elettrica transcranica al fine di registrare parametri funzionali rispettivamente del sistema nervoso periferico e centrale. RISULTATI: La latenza dell’onda F, l’MCV e la latenza del MEP mostrano un significativo miglio-ramento nei topi GLD trattati rispetto ai controlli non trattati.(Rispettivamente onda F: 18,1 msec vs 15,65 msec p= 0,02; MCV: 3,5 m/sec vs 10,8 m/sec p= 0,001 MEP 8,4msec vs 5,10 msec p=0,01).Inoltre il MEP e il tempo di conduzione motorio centrale risultava registrabile a 35 giorni d’età in tutti gli animali trattati mentre era registrabile solo in 2 su 6 dei non trattati.(Rispettivamente latenza MEP:17,35 vs13,55 msec p=0,001;CCT10,25 vs 8,45msecp=0,02).CONCLUSIONI: Il trapianto di cellule staminali geneticamente modificate ristabilisce l’attività dell’enzima nel sistema ematopoietico dei topi GLD ed è in grado di ridurre lo sviluppo di danni a carico del sistema nervoso centrale e periferico.

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Congresso nazionale

ANALISI QUANTITATIVA DI SACCADI ORIZZONTALI IN DISORDINI ATASSICI DEGENERATIVI

P. Federighi°, E. Pretegiani°, F. Rosini°, G. Cevenini*, M.T. Dotti°, A. Federico°, A. Rufa°

°Eye-tracking & Vision Application Lab EVALab – Dipartimento di Scienze Neurologiche Neurochi-rurgiche e del Comportamento, Università di Siena, Italia*Dipartimento di Chirurgia e Bioingegneria, Università di Siena, Italia

Scopo dello studioLe saccadi sono movimenti oculari veloci e balistici con la funzione di riposizionare la fovea su una specifica regione di interesse dell’ambiente visuale. Per supportare una visione chiara le saccadi devono essere molto veloci e accurate allo stesso tempo. Recenti studi ipotizzano che le relazioni di main sequence della velocità di picco verso l’ampiezza e della durata verso l’ampiezza potrebbero essere scelte per minimizzare la varianza della posizione finale degli occhi. Le stesse relazioni sono utilizzate per ottimizzare il compromesso velocità-accuratezza relativo al rumore che perturba il segnale di controllo neurale. L’atassia spinocerebellare ereditaria di tipo 2 (SCA2) è un disordine neurodegenerativo progressivo che coinvolge il cervelletto e il tronco encefalico. In altri pazienti, con atrofia cerebellare ad esordio tardivo (LOCA), è affetto solo il cervelletto. Entrambi i disordini conducono a progressive modifiche nel controllo della dinamica saccadica. Pertanto, lo studio dei movimenti saccadici in questi pazienti potrebbe fornire indicazioni sui meccanismi che regolano il controllo motore. Lo scopo del nostro studio era di effettuare un analisi quantitativa della dinamica delle saccadi in un gruppo di pazienti affetti da SCA2 e in un gruppo di pazienti affetti da LOCA.Metodi utilizzatiSei pazienti con SCA2, otto pazienti con LOCA e 25 controlli sani sono stati valutati utilizzando test pro-saccadici. I movimenti oculari sono stati registrati utilizzando la tecnica di eye tracking bidimensionale basata su video. Abbiamo misurato i parametri descrittivi tradizionali della dina-mica delle saccadi quali la durata, l’ampiezza, la velocità di picco, la latenza, il guadagno. Inoltre abbiamo testato la velocità media della saccade, l’accuratezza e il numero di saccadi ipometriche e ipermetriche.RisultatiI maggiori risultati del nostro studio quantitativo indicavano una significativa diminuzione della ve-locità di picco e un debole fitting del modello della main sequence negli SCA2 rispetto al gruppo dei controlli e dei pazienti LOCA. Inoltre, abbiamo trovato una significativa riduzione dell’accuratezza saccadica e un incremento dell’ipometria saccadica nei pazienti LOCA rispetto ai pazienti SCA2. ConclusioniLa nostra analisi suggerisce che possono essere adottate varie strategie dal nostro cervello per ren-dere il sottosistema saccadico efficiente per la visione. Inoltre l’analisi delle saccadi potrebbe essere un utile test per la distinzione tra pazienti SCA2 e pazienti LOCA.

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MisCellanea

FREQUENZA E CARATTERISTICHE DELLE INTRUSIONI SACCADICHE IN UN GRUPPO ETEROGENEO DI PAZIENTI CEREBELLARI

F. Rosini, P. Federighi, E. Pretegiani, A. Federico, A. Rufa

Eye-Tracking & Vision Application Lab EVALab – Dipartimento di Scienza Neurologiche, Neuro-chirurgiche e del Comportamento, Università degli Studi di Siena, Siena

Obiettivo: le intrusioni saccadiche (SI) sono movimenti oculari orizzontali e coniugati che inter-rompono la fissazione, costituiti da un movimento veloce lontano dalla posizione desiderata, seguito da una saccade o un drift di ritorno. In base alla loro forma d’onda, le intrusioni possono essere classificate in quattro tipi: square wave jerks monofasiche (MSWI) o bifasiche (BSWI) e single step pulse (SSP) o double step pulse (DSP). Le intrusioni saccadiche sono presenti fisiologicamente in soggetti sani, ma la loro frequenza durante la fissazione aumenta in patologie riguardanti il tronco encefalo o il cervelletto. La patogenesi delle SI sembra legata ad anomalie dei neuroni omnipausa situati nel tegmento pontino. Scopo dello studio era identificare e caratterizzare frequenza e caratte-ristiche di segnale delle SI in due differenti tipi di patologie cerebellari. Metodi: abbiamo esaminato 2 sorelle con fenotipo SCASI-like e 2 pazienti con atassia di Friedreich; i movimenti oculari sono stati indotti da uno stimolatore LCD controllato da un microcomputer e la posizione di sguardo è stata registrata da tecnica eye-tracking (ASL 540). Il target visivo era costi-tuito da un punto rosso (0,4° di diametro dell’angolo visivo) presentato su sfondo nero. Sono stati effettuati un task prosaccadico ed un task di fissazione.Risultati: nei pazienti SCASI-like sono state riscontrate square wave jerks monofasiche ampie, che interrompevano la fissazione, con frequenza più alta rispetto ai soggetti normali e range di ampiezza tra 3 e 4 gradi. I pazienti FA presentavano invece square wave jerks sia monofasiche che bifasiche, con ampiezza > 4°, con maggior frequenza rispetto ai normali; inoltre, in uno dei soggetti FA erano presenti anche ampie intrusioni saccadiche verticali, SSP-like.Conclusioni: i pazienti FA mostravano una più vario pattern di SI rispetto agli SCASI-like. Un di-verso substrato neuroanatomico potrebbe rendere ragione di questa variabilità, incluso un differente grado di atrofia del tronco encefalo nelle due malattie. L’analisi delle intrusioni saccadiche potrebbe essere pertanto utile per migliorare le capacità diagnostiche nei confronti di pazienti con disturbi cerebellari.

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Congresso nazionale

MIOCLONO CORTICALE IN PAZIENTE CON DEGENERAZIONE CORTICO BASALE ATIPICA

F. Notturno1,2, F. Zappasodi2, V. Maruotti1, A. Saracino1, M. Caulo2, A. Uncini1

1Dipartimento di Scienze del movimento Umano e Centro Studi Invecchiamento(CeSI)2Dipartimento di Scienze Cliniche e Bioimmagini, Istituto di tecnologie biomediche avanzate (ITAB). Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara

Nella degenerazione cortico basale (CBD) la sintomatologia all’esordio interessa l’arto superiore e solo nel 6-13% l’arto inferiore. Una donna di 74 anni da un anno presentava rigidità muscolare ingravescente e dolore alla gamba destra con difficoltà nella deambulazione. L’esame neurologico documentava distonia del piede e mioclono, circoscritto alla gamba, evocato dalla stimolazione cutanea e dallo stiramento muscolare. La RMN cerebrale documentava una riduzione dello spessore del giro post centrale ed un aumento del solco centrale nell’emisfero sinistro rispetto al controlate-rale. Il DATSCAN multi SPECT mostrava una lieve riduzione della captazione del tracciante nel nucleo striato di sinistra. Sulla base del quadro clinico e delle neuroimmagini abbiamo posto la diagnosi di degenerazione cortico basale (CBD) probabile con esordio atipico per la sintomatologia all’arto inferiore. L’origine del mioclono nella CBD è dibattuta. Nel paziente che presentiamo i SEP da stimolazione del nervo tibiale erano di ampiezza aumentata bilateralmente, in maggior misura per stimolazione del tibiale destro. Era presente una risposta C nei muscoli tibiale anteriore e gastrocnemio mediale di destra a seguito di stimolazione sia del nervo peroneo che surale di destra. L’EEG con back-avera-ging dimostrava un potenziale positivo-negativo in corrispondenza di Cz che precedeva il mioclono con una latenza di 41 ms. La coerenza tra il segnale corticale registrato con Magnetoencefalografia ed EMG rettificato era significativamente aumentata intorno a 20 Hz durante la contrazione del mu-scolo tibiale anteriore destro rispetto al tibiale anteriore sinistro. I dati elettrofisiologici indicano un’origine corticale del mioclono. L’inconsistenza dei risultati negli studi precedenti può essere imputata allo studio dei pazienti in diversi stadi di malattia. Nei pazienti all’esordio, come il caso che presentiamo, la corteccia sensori motoria e le connessioni cortico-sottocorticali sono ancora risparmiate dal processo di degenerazione, è e possibile un ipersincroniz-zazione patologica dei neuroni piramidali. Al contrario, nei casi più avanzati, la compromissione del network di fibre tra la corteccia sensori motoria e le strutture sottocorticali potrebbe smascherare una seconda componente, di tipo sottocorticale, del mioclono.

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Congresso Nazionale della Società Italiana

di Neurofisiologia clinicaSiena, 13-15 maggio 2010

POTENZIALI EVOCATI

Moderatori:A. Polo (Monselice - PD),

M. Tinazzi (Verona)

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Congresso nazionale

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PoTenziali eVoCaTi

UTILITÀ DEI POTENZIALI EVOCATI NEL MONITORARE E PREDIRE IL DECORSO DELLA SCLEROSI MULTIPLA

M. Bianco, S. Medaglini, J.J. Gonzalez-Rosa, M. Rodegher, U. Del Carro, S. Amadio, L. Moiola, M. Radaelli, V. Martinelli, G. Comi, L. Leocani

Ospedale San Raffaele, Milano

Background: L’utilità dei Potenziali Evocati (PE) nel monitorare e predire il decorso della Sclerosi Multipla, nelle fasi iniziali di malattia, è ancora largamente dibattuta. Obiettivo: Valutare il ruolo dei PE multimodali nel controllare e prevedere la progressione di disabilità clinica in pazienti con fase iniziale di Sclerosi Multipla Remittente Recidivante (RRSM). Metodi: Quaranta pazienti RRSM sono stati valutati clinicamente con Expanded Disability Status Scale (EDSS) e Functional System (FS) score al momento dell’arruolamento (T1) e a distanza di due anni (T2). Tutti i pazienti hanno iniziato un trattamento immunomodulante specifico per la Sclerosi Multipla entro tre mesi dalla va-lutazione basale. I PE multimodali (visivi-PEV, somatosensoriali-PESS, uditivi-PEU, motori-PEM) sono stati effettuati in tutti i pazienti al T1 e in 21 di questi al T2, poi quantificati secondo uno score convenzionale. Risultati: EDSS e FS non cambiavano in modo statisticamente significativo sia nei 40 che nei 21 pazienti. I differenti trattamenti immunomodulanti non determinavano significative variazioni cliniche e neurofisiologiche nei gruppi di pazienti diversamente trattati. Lo score dei PESS e la somma degli score PEM+PESS e PEM+PESS+PEV peggioravano significativamente al T2. Una stretta correlazione esisteva tra valore di EDSS al T2 e score globale basale/singolo score basale e tra score basale di PEM e PESS e variazione del rispettivo FS. Conclusioni: I PE multimo-dali sembrano più sensibili, rispetto alla clinica, nel monitorare il decorso della Sclerosi Multipla e possono predire la progressioni di disabilità clinica nelle fasi iniziali di malattia.

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Congresso nazionale

STIMOLAZIONE TRANSCRANICA CON CORRENTE DIRETTA (TDCS) NEL TOPO: EFFETTO SUI POTENZIALI EVOCATI VISIVI (PEV)

M. Cambiaghi1,2, L. Teneud1, S. Velikova1,2, J.J. Gonzalez-Rosa1, M. Cursi1, G. Comi1,2, L. Leocani1

1 Experimental Neurophysiology Unit - San Raffaele Scientific Institute, Milan2 Vita-Salute University - San Raffaele Hospital

La stimolazione transcranica con corrente diretta (tDCS) induce alterazioni dell’eccitabilità cortica-le che perdura oltre il tempo di stimolazione sia nell’uomo che negli animali sperimentali. Nell’uo-mo, la tDCS è in grado di modulare i potenziali evocati visivi (PEV) e, inoltre, è stata utilizzata in studi preliminari per migliorare i sintomi di condizioni patologiche quali la depressione o altri disturbi neurologici.Nel nostro laboratorio abbiamo sviluppato un metodo minimante invasivo per stimolare il cervello e registrare i potenziali visivi tramite l’uso di elettrodi epidurali. Abbiamo misurato l’ampiezza del principale picco positivo (P1) dei PEV evocati da flash in 12 C57 adulti di 2-3 mesi di età appena prima (tb) e dopo (immediatamente t0, 5 t5 e 10 minuti t10) tDCS anodica e catodica, applicando un’intensità di corrente pari a 250 µA per 10 minuti. Nella condizione di controllo non abbiamo utilizzato corrente.Rispetto ai controlli, l’ampiezza dei PEV (P1) viene aumentata dopo stimolazione anodica di circa il 25% a t0, mentre la catodica la diminuisce di circa il 30%. Nei successivi 10 minuti di analisi, l’ampiezza dei PEV tende a tornare ai livelli basali. Le latenze dei principali picchi non vengono influenzate.Nell’insieme, queste osservazioni suggeriscono che il protocollo di stimolazione utilizzato è in gra-do di indurre rapidi cambiamenti nell’eccitabilità corticale del sistema visivo murino. Dati di questo genere sono di notevole importanza nello studio e nelle applicazioni della tDCS, in quanto esistono un gran numero di modelli genetici di malattie neurologiche nel topo.

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PoTenziali eVoCaTi

IMPORTANZA DELLA VALUTAZIONE NEUROFISIOLOGICA DELL’AREA SACRALE IN PAZIENTI CON LESIONE MIDOLLARE TRAUMATICA

G. de Scisciolo*°, F. Del Corso°, R. Caramelli°, V. Schiavone*°, A. Cassardo*, A. Ammannati, E. Provvedi, S. Aito°, F. Pinto

SOD Neurofisiopatologia Dip. Unità Spinale °, AOU Careggi, Firenze- SOD di Neurofisiopatolo-gia* Dip. Sc. Neurol. e Psich., AOU Careggi, Firenze

INTRODUZIONE. Presso il nostro laboratorio di neurofisiopatologia dell’Unità Spinale di Firenze la valutazione neurofisiologica dei pazienti con lesione midollare traumatica (SCI) comprende di routine anche quella del n. pudendo. Nei pazienti con SCI in fase acuta, la valutazione clinica è inficiata dalla condizione di shock spinale, di durata variabile (3-4 settimane), che si accompagna all’abolizione di tutte le funzioni midollari, compresa quella sfinterica. Poiché gli esami neurofi-siologici non risentono dello shock spinale, possono essere eseguiti fin dalle primissime fasi del trauma, fornendo utili informazioni sulla funzione midollare residua. Peraltro, bisogna ricordare che lo shock midollare, avendo una maggiore durata per la funzionalità sfinterica, limita l’affidabilità delle indagini strumentali urologiche (esame urodinamico). Inoltre, come è noto, secondo la scala di valutazione ASIA-Frankel, la prognosi per il recupero neurologico è migliore se i distretti sacrali sono parzialmente conservati. L’esame neurofisiologico, esteso anche al n. pudendo, è utile per la valutazione diagnostico/prognostica, non solo nelle lesioni midollari cervicali e dorsali, ma anche nelle lesioni caudali a D12, nelle quali consente di valutare l’estensione del danno a livello della cauda ed il grado di compromissione delle radici sacrali. MATERIALE E METODI. Abbiamo riva-lutato i reperti neurofisiologici relativi ai territori sacrali ottenuti in pazienti con lesione midollare, traumatica (oltre 300 pazienti). I pazienti sono stati studiati con i potenziali evocati sensitivi (PES) da stimolazione del n. dorsale del pene/clitoride (in alcuni anche del canale anale o del canale ure-trale/vaginale); i potenziali evocati motori (PEM), con derivazione dal m. sfintere anale esterno e/o m. bulbocavernoso; la Risposta Simpatico Cutanea (SSR) del piano perineale; l’EMG/ENG del m. sfintere anale esterno e/o m. bulbocavernoso; RISULTATI E CONCLUSIONI. Dalla nostra osserva-zione emerge che nelle patologie del SNC, la valutazione dei PES, PEM ed SSR risulta essere l’inda-gine più significativa. Nei pazienti con SCI abbiamo rilevato che le alterazioni dei potenziali evocati (PES-PEM) e della SSR di pertinenza dei distretti sacrali, concordano, nella quasi totalità, con le alterazioni riscontrate per gli arti inferiori; spesso però registriamo un parziale risparmio delle vie afferenti dai distretti sacrali a fronte dell’assenza di risposte evocate per stimolo degli arti inferiori: tale reperto però non sempre ha un significato prognostico positivo come previsto dalla Scala ASIA ma rappresenta solo un quadro a tipo “sacral sparing”. Nelle lesioni distali, localizzate a livello di cono-epicono-cauda, lo studio del n. pudendo, eseguito già nelle primissime fasi, può offrire utili informazioni sulla funzionalità sacrale con possibilità di emettere un giudizio prognostico. Peraltro, nei pazienti con lesioni periferiche (radici/ tronchi nervosi) l’esame senz’altro più utile, in quanto molto spesso alterato, è risultato essere l’esame EMG dei muscoli perineali (alterato nel 100% dei pazienti con SCI, a fronte di un poco più del 75% dei pazienti con lesione non traumatica), eseguito sempre bilateralmente, con reperti variabili da caso a caso, a seconda della patologia, della sede e dell’intervallo temporale rispetto all’esordio del quadro.

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Congresso nazionale

L’ONDA P14 NELLA STUDIO DEL TRONCO DELL’ENCEFALO(TE) IN PAZIENTI AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA RECIDIVANTE-REMITTENTE (SMRR)

I. Magnano, M.P. Cabboi, P. Cossu, M. Conti*, A. Achene*, A. Salis*, G.F. Sau, F. Deriu**, I. Aiello

Dip. Neuroscienze e Scienze Materno-Infantili - Istituto di Clinica Neurologica, Lab. di Neurofisio-patologia Azienda Ospedaliera-Universitaria di Sassari; * Istituto di Radiologia, Azienda Ospeda-liera-Universitaria di Sassari - ** Dip.Scienze Biomediche Università degli Studi di Sassari

Introduzione: L’onda P14 è una risposta dei potenziali evocati somatosensoriali da stimolazione del nervo mediano (mSEP) registrabile dallo scalpo come potenziale “far field” con elettrodo di riferimento extracefalico (1). Diverse evidenze scientifiche dimostrano che essa origini a livello del TE, in particolare nel bulbo (2-4). Esigui sono i dati di letteratura relativi allo studio della P14 nella SM (5, 6).Obiettivi: studiare la latenza e l’ampiezza della P14 in pazienti affetti da SMRR e correlare tali dati neurofisiologici con i dati clinici (EDSS) e neuroradiologici (RMN) al fine di valutarne la sensibilità nel rilevare lesioni clinicamente silenti nella SM.Metodi: previo esame clinico, 17 pazienti con RRSM (13 F, 4 M, età media 32.4±8.3, EDSS totale 1.7±1.2, EDSS TE 0.8±1) hanno eseguito: a) registrazione dei mSEP con valutazione delle latenze, ampiezze ed intertempi delle componenti N9, N13, P14 ed N20; b) RMN encefalo convenzionale con particolare valutazione del TE (sequenze T2 3D di 2,5 mm e FLAIR 3D 1,5 mm).Risultati: Alterazioni della P14 si sono registrate in 11/17 pz, la N13 era alterata in 5/17 e la N20 in 13/17. I dati di RMN hanno evidenziato lesioni del TE in 10 pz, in particolare 7/10 presentavano lesioni in sede bulbare. Il punteggio dell’EDSS relativo alle funzioni del TE era maggiore o uguale ad 1 in 9/17. Non sono emerse correlazioni statisticamente significative tra alterazioni della P14 con presenza di lesioni demielinizzanti nel TE e con il punteggio dell’EDSS totale e del TE.Conclusioni: La registrazione della P14 può rappresentare uno strumento di esplorazione funzio-nale di una “stazione intermedia” lungo la via lemniscale, dal tratto cervicale all’area somestesica primaria, con significato localizzatorio di lesioni demielinizzanti nel TE, in particolare del bulbo, non rilevabili clinicamente e all’indagine di RMN. Dall’analisi dei dati preliminari dello studio, emerge una buona sensibilità della metodica ma una maggiore numerosità del campione in esame è necessaria per consolidare tale dato.

BIBLIOGRAFIA

1. Cruccu G et al. Clin Neurophysiol (2008) 119:1705-1719 2. Restuccia D. J Clin Neurophysiol (2000) 17:246-2573. Sonoo M et al. EEG Clin Neurophysiol (1996) 100:319-3314. Lee EK and Seyal M. J Clin Neurophysiol (1998) 15:227-2345. Turano G et al. Brain (1991) 114:663-6816. Koehler J et al. Neurol Sci (2000) 21:217-21

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PoTenziali eVoCaTi

FUNZIONI COGNITIVE NELLA SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA: QUALI INFORMAZIONI DAGLI ERPS?

D. Mannarelli, C. Pauletti, N. Locuratolo, V.C. D’Agostino, M.C. De Lucia, E. Giacomelli1, E. Iacovelli, M. Inghilleri1, F. Fattapposta

Dipartimento di Neurologia e ORL, “Sapienza” Università di Roma1Dipartimento di Scienze Neurologiche, “Sapienza” Università di Roma

Scopo: Recenti studi segnalano la presenza di una sindrome disesecutiva di grado lieve nella mag-gior parte dei pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Lo scopo di questo studio è valutare selettive funzioni cognitive in pazienti non dementi affetti da SLA sporadica mediante un approccio psicofisiologico multitasking, attraverso i potenziali evento-correlati (ERPs), che venga-no elicitati indipendentemente dal grado di abilità motoria del soggetto. Metodi: 23 pazienti non dementi affetti da SLA sporadica e 23 controlli appaiati per sesso, età e sco-larità, sono stati sottoposti a registrazione elettrofisiologica delle componenti Mismatch Negativity (MMN), P3a, P3b e Contingent Negative Variation (CNV) degli ERPs. Sono state valutate le latenze di MMN, P3a e P3b e l’ampiezza della CNV. Risultati: un valore di latenza della componente P300 superiore od inferiore ai 400 ms ha suddiviso il campione dei pazienti in due gruppi: rispettivamente SLA 1 (33%) e SLA2 (76%). La latenza della p3b nel gruppo SLA1 è risultata significativamente aumentata sia rispetto ai controlli (p<0,01) che rispetto al gruppo SLA 2 (p<0,01). Nel paradigma novel il gruppo SLA1 ha presentato una P3a con latenza significativamente aumentata rispetto al gruppo di controlli (p<0,05) e al gruppo SLA 2 (p<0,05). In sede centro-parietale, la CNV espressa come Grand Average, presenta un’ampiezza si-gnificativamente ridotta in tutti i pazienti rispetto ai controlli (p<0,05). La latenza della MMN in uno dei due task effettuati è risultata significativamente più precoce nel gruppo SLA1 rispetto ai controlli (p<0,05) mentre non è stata trovata alcuna differenza fra gruppo SLA2 e controlli.Conclusioni: L’approccio psicofisiologico ha confermato la presenza di deficit cognitivi in pazienti affetti da SLA sporadica non dementi, dimostrando la compromissione prevalente di attenzione, sia volontaria che involontaria, di orientamento e discriminazione dello stimolo, e dell’attività ideomo-toria anticipatoria, ben inquadrabili nell’ambito di una disfunzione frontale esecutiva.

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STUDIO DEI PEV A LUNGA LATENZA NEI NEONATI A TERMINE E PRETERMINE

C.M. Ministeri*, A. Modica*

*U.O. Neurofisiopatologia, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Civico ARNAS, Palermo

I PEV da flash sono costituiti da una serie di onde con componente positiva principale intorno a 100 msec (P100); seguono una serie di altre onde (P200, N300, P400) e infine un’ after discharge.Tutte le componenti possono essere presenti nel neonato a termine anche se con latenze aumentate; i valori si avvicinano a quelli dell’adulto dopo il terzo mese di vita.Le principali componenti (P100, P200, N300, P400) sembrano derivare dalla corteccia, l’after di-scharge avrebbe origine sottocorticale.L’ipossia-ischemia neonatale nel pretermine produce lesioni nelle zone di maggiore attività meta-bolica e funzionale tra queste la zona periventricolare, il piatto sottocorticale e la zona marginale, successivamente responsabili di disturbi neurocomportamentali.Nel periodo compreso fra la 28 e la 32 W di gestazione è molto alta l’attività nel piatto sottocorticale e nella zona marginale della regione occipitale.I circuiti sottocorticali, a cui partecipa il piatto sottocorticale, sono essenziali non solo per la segre-gazione anatomica degli input talamici ma anche per il rimodellamento e maturazione delle sinapsi, necessari per stabilire l’architettura funzionale della corteccia visiva.La funzione della zona marginale è importante per la formazione dei circuiti sinaptici della cortec-cia, tra vie afferenti ed efferenti di connessione con strutture sottocorticali.Il rischio di patologia visiva è molto alto nel neonato pretermine; la severità è inversamente propor-zionale alla durata della gestazione.Abbiamo esaminato 75 neonati (36 maschi e 39 femmine); 38 a termine (17 con patologia neurolo-gica) e 37 pre-termine presentatisi consecutivamente presso la nostra la nostra Unità Operativa di Neurofisiopatologia dall’ ottobre 2009 al febbraio 2010 e provenienti, subito dopo la dimissione, dalla U.O. di Terapia Intensiva Neonatale della nostra e di altre Aziende Ospedaliere.L’esame obiettivo neurologico, alla dimissione, mostrava un ritardo psicomotorio moderato- medio nella totalità dei nati pretermine; nei nati a termine si osservava un ritardo lieve moderato solo nei pazienti con patologia neurologica e precisamente distress respiratorio alla nascita (n=7), S. Down (n=4), microcefalia (n=3) e nei piccoli con basso peso alla nascita (n=3).A tutti abbiamo somministrato PEV da flash a luce bianca; gli esami sono stati effettuati durante veglia con stimolazione binoculare; per evitare fenomeni di adattamento la stimolazione veniva in-terrotta non appena si otteneva la stabilizzazione della morfologia del PEV. Sono stati considerati i seguenti parametri: latenza della P100 (principale componente positiva precoce), latenza della P200, della N300, P400 ed after discharge; la morfologia e l’ampiezza e la riproducibilità delle risposte.Nei nati a termine i PEV mostrano significative alterazioni dell’after discharge ( 91%); tali anomalie incidono soprattutto nei neonati con patologia neurologica.Nei nati pretermine (37) le alterazioni dei PEV statisticamente significative riguardano la N300 (56,7%) la P400 (72,9%), l’after discharge (91,8%).I nostri risultati permettono di ipotizzare che, nei nati pretermine, responsabili delle anomalie neu-rofisiologiche possano essere le alterazioni dei neuroni della subplate causate dall’ipossia che deter-minano una modificazioni delle normali connessioni talamo e corpo genicolato laterale e corteccia visiva.Le alterazioni delle componenti più tardive (after discharge) generate da strutture sottocorticali, ri-

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scontrate sia nei nati pretermine che a termine, potrebbero essere imputate a una sofferenza ipossica della sostanza bianca.I nostri risultati mostrano che le componenti più tardive del PEV, sia nel neonato a termine che nel pretermine, sono quelle che mostrano maggiori alterazioni (N300, P400 e after dischrage). Nel neo-nato a termine le latenze delle componenti tardive dei PEV e le alterazioni dei BAEP incidono nella stessa percentuale e indicano una sofferenza della sostanza sottocorticale Le alterazioni delle componenti tardive sono soprattutto le alterazioni dell’after discharge e incidono soprattutto nei nati a termine con patologia neurologica (S. Down, distress respiratorio, microcefa-lia)Ciò ci permette di supporre con ragionevole certezza che responsabili di queste alterazioni neurofi-siologiche siano le alterazioni dei neuroni della subplate causate dall’ ipossia che alterano le normali connessioni talamo e corpo genicolato laterale e corteccia visiva.Le alterazioni delle componenti più tardive after dischrage verosimilmente generati da strutture sot-tocorticali potrebbero essere imputati ad una sofferenza ipossica della sostanza bianca.

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POTENZIALI EVOCATI UDITIVI TRONCOENCEFALICI NEI PAZIENTI AFFETTI DA DISTURBO COMPORTAMENTALE IN SONNO REM

C.M. Ministeri*, A. Modica*, A. Mattaliano**, D. Lo Coco**

* U.O. Di Neurofisiopatologia ARNAS, Osp, Civico, G. Di Cristina, M. Ascoli, Palermo** U.O. Neurologia, Ospedale Civico ARNAS, Palermo

Il Disturbo Comportamentale in sonno REM (RBD) è una parasonnia caratterizzata dalla scomparsa intermittente dell’atonia muscolare tipica del sonno REM e dalla comparsa di un’attività motoria patologica, spesso connessa con l’attività onirica, verosimilmente a causa di alterazioni dei centri nervosi pontini regolatori del tono muscolare in sonno REM. I potenziali evocati uditivi (BAEP) sono considerati una metodica efficace per lo studio dell’integrità delle strutture neuronali e delle vie troncoencefaliche. Per questo motivo, in questo studio, abbiamo valutato l’integrità di queste strutture e delle loro interconnessioni tramite i BAEP (con frequenza di stimolazione a 10 e 90 Hz) in 14 pazienti affetti da RBD rispetto ad un gruppo di 9 soggetti sani appaiati per età e sesso. I risultati preliminari hanno mostrato che, utilizzando una frequenza di stimolazione di 90 Hz, nei pazienti con RBD sono presenti anomalie dei BAEP con una frequenza tendenzialmente più elevata (85.7%) rispetto a quella riscontrata nei soggetti controllo (66.7%; p = 0.2). Non abbiamo invece riscontrato differenze significative utilizzando una frequenza di stimolazione di 10 Hz. Inoltre, i pazienti con RBD hanno mostrato un significativo incremento della latenza della IIIa onda rispetto ai soggetti di controllo, stimolando sia a 10 Hz che 90 Hz (p < 0.01), ed una tendenza ad un incremento della la-tenza interpicco I-III (p = 0.051) e III-V (p = 0.062), stimolando a 90 Hz. I risultati di questo studio, che hanno mostrato, per la prima volta, la presenza di anomalie elettrofisiologiche a livello tronco-encefalico e soprattutto nella porzione caudale del ponte (latenza della IIIa onda) nei pazienti affetti da RBD, suggeriscono che i BAEP potrebbero essere un utile strumento per la valutazione di questi pazienti e potrebbero essere d’aiuto nello studio dei meccanismi fisiopatologici di questa malattia.

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STUDIO DELLA FUNZIONE UDITIVA TRONCOENCEFALICA TRAMITE POTENZIALI EVOCATI UDITIVI NEI PAZIENTI CON SINDROME DELLE APNEE OSTRUTTIVE NEL SONNO

C.M. Ministeri*, A. Modica, D. Lo Coco**

*U.O. Neurofisiopatologia, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Civico ARNAS, Palermo**U.O. Neurologia, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Civico ARNAS, Palermo

Precedenti studi hanno indagato la presenza di alterazioni dei pattern dei potenziali evocati uditivi troncoencefalici (BAEP) nei pazienti con Sindrome delle Apnee Ostruttive nel Sonno (OSAS) ri-portando risultati contrastanti. In questo studio, abbiamo quindi deciso di valutare l’integrità delle strutture troncoencefaliche mediante BAEP (con frequenza di stimolazione a 10 e 90 Hz, e 70 dB al di sopra della soglia) in 20 pazienti con OSAS di grado moderato/severo. Abbiamo riscontrato anomalie dei BAEP nel 70% dei pazienti con OSAS stimolando a 10 Hz. Tale percentuale si è accre-sciuta ulteriormente fino ad arrivare all’80% di essi stimolando a 90 Hz. Stratificando i pazienti in funzione della presenza o meno di altre patologie (diabete mellito, ipertensione arteriosa, cardiopa-tia) abbiamo osservato un netto incremento della frequenza di anomalie dei BAEP nei pazienti con OSAS e comorbilità (85% vs 14,3%). Inoltre, stimolando a 10 Hz, nei pazienti con OSAS abbiamo evidenziato un incremento della latenza delle onde I, III e V, e della latenza interpicco I-III e I-V rispetto ai valori di riferimento del nostro Laboratorio. Tali incrementi di latenza divenivano ancora più evidenti utilizzando una frequenza di stimolazione di 90 Hz. Possiamo quindi affermare che i BAEP sono una metodica utile per svelare anomalie elettrofisiologiche sia di tipo neurosensoriale (latenza della Ia onda), che di tipo troncoencefalico (latenza della IIIa e Va onda) nei pazienti con OSAS di grado moderato/severo, e che la sensibilizzazione della metodica (stimolazione a 90 Hz) permette di evidenziare in maniera più chiara le anomalie nella conduzione del tronco encefalico. In conclusione, i risultati di questo studio forniscono ulteriore supporto all’ipotesi che in questi pazienti siano presenti significative alterazioni neurofisiologiche della funzione uditiva a livello tronco ence-falico. Tali anomalie inoltre appaiono essere più frequenti nei pazienti in cui è presente comorbilità.

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IL COINVOLGIMENTO DEL SOTTOSISTEMA VISIVO MAGNO-CELLULARE NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER: MARKER SPECIFICO DI MALATTIA O SEGNO ASPECIFICO DELL’ INVECCHIAMENTO?

T. Bocci1,3, D. Borghetti1, E. Giorli1, Te. Bocci1, L. Murri1, P. Orsini2, V. Porciatti4, N. Origlia7, L. Domenici5,7, F. Sartucci1,7,6

1Dipartimento di Neuroscienze, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Pisa, Pisa, Italia;2Dipartimento di Fisiologia e Biochimica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Pisa, Pisa, Italia;3Dipartimento di Neuroscienze, Neurologia e Sezione di Neurofisiologia Clinica, Facoltà di Medici-na e Chirurgia, Università di Siena, Siena, Italia;4Bascom Palmer Eye Institute, Miami, FL, USA;5Dipartimento di Scienze Biomediche e Tecnologiche, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università dell’Aquila, L’Aquila, Italia;6 Dipartimento di Neuroscienze, S.O.D. Attività Neurologica Ambulatoriale, DAI di Neuroscienze Pisa, AOU Pisana7Istituto di Neuroscienze, CNR, Pisa, Italia;

Obbiettivi e razionale: Caratteristica patognomonica della Malattia d’Alzheimer (MA) sono i di-sturbi visuo-spaziali. Il sottosistema visivo magno-cellulare (M) presenta caratteristiche anatomo-fisiologiche che lo rendono idoneo a percepire forme, movimento e profondità rispetto a quello parvo-cellulare (P).Scopi dello studio: Lo scopo del nostro studio è stato di valutare dal punto di vista elettrofisiologico il coinvolgimento dei sottosistemi visivi M e P in un gruppo di pazienti affetti da MA mediante la registrazione degli Elettroretinogrammi e dei Potenziali Evocati Visivi da stimoli cromatici equilu-minanti (ChPERGs e ChVEPs) e di luminanza giallo-neri (LumPERGs e LumVEPs) per indagare se il deficit del sistema magnocellulare potesse essere uno specifico marker diagnostico di MA o un semplice segno aspecifico dell’età.Materiali e Metodi: sono stati indagati 15 pazienti affetti da MA (9 femmine e 6 maschi, età media + 1SD: 78.7 ± 4.83 anni), non ancora sottoposti ad alcun tipo trattamento, e 10 volontari sani, omo-genei per sesso e per età (5 femmine and 5 maschi, età media + 1SD: 71.3 ± 7.2 anni).I PERGs sono stati registrati monolateralmente in risposta a stimoli equiluminanti rosso-verdi e giallo-blu, che selettivamente attivano i sottosistemi parvo- e konio-cellulare rispettivamente (ChPERGs) e in risposta a stimoli acromatici di luminanza giallo-neri (LumPERGs, sistema magno cellulare), entrambi costituiti da grating orizzontali di 0.3 c/deg, 90% di contrasto, frequenza di in-versione 1Hz, presentati su un monitor TV ad una distanza di 24 cm (59.2*59 deg field). I ChVEPs sono stati ottenuti per stimoli on-off (300 ms e 700ms rispettivamente) costituti da u grating equi-luminanti sinusoidali, 90% di contrasto, sia cromatici che di luminanza. La diagnosi di MA è stata posta clinicamente e neuroradiologicamnete, seguendo i criteri NINCDS e ADRDA.Risultati: tutti i dati sono stati rielaborati in termini di valori picco-ampiezza e latenza (sia per i ChPERGs che per i ChVEPs) e i valori ottenuti valutati usando il t-test di Student per dati appaiati. Come ipotizzato le caratteristiche temporali dei ChPERGs, così come quelle dei ChVEPs, nei pazienti con Alzheimer differivano da quelli delle stesse risposte per stimoli di luminanza Giallo-Neri (p<0.01).Conclusioni: Il deficit evidenziato nelle risposte derivanti dalla stimolazione del sistema magnocel-lulare provano un difetto selettivo della via Magno-cellulare nella malattia di Alzheimer.

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NMO SPECTRUM DISORDER E NEURITI OTTICHE: PEV SONO UTILI?

L. Straffi, M. Radaelli, M. Bianco, JJ. Gonzalez-Rosa, L. Moiola, D. Dalla Libera, M. Rodegher, V. Martinelli, G. Comi, L. Leocani

Neurology Dep.t - INSPE; University IRCCS San Raffaele, Milan

Scopo: valutare se la presenza di IgG-NMO sia associata a differenti pattern di risposta ai potenziali evocati visivi (PEV) in pazienti affetti da neuromyelites optica spectrum of disorders (NMOsd) con neurite ottica (NO). Metodi: abbiamo raccolto retrospetticamente i dati clinici, immunologici e neurofisiologici di 28 pazienti affetti da NMOsd, che abbiano presentato almeno una NO (16 pazienti bilaterale e 12 unilaterale). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a PEVs check-size 15’ e ricerca positività su siero IgG-NMO.NO bilaterale era presente in 6/11 pazienti (55%) Ig-NMO positivi e 10/17 pazienti (59%) IgG-NMO negativi. È stata valutata la presenza e la latenza della risposta ai PEV sia nell’occhio affetto che nel sano.Risultati: La risposta PEV è registrata in tutti gli occhi non affetti. Non abbiamo trovato differenza significative sulla latenza della P100 nell’occhio sano tra pazienti positivi o negativi per IgG-NMO. Nell’occhio colpito da NO, la presenza di IgG-NMO era significativamente associate ad una mag-giore frequenza di assenza della risposta PEV (70% vs 36%; p=0.02 Fischer). Quando nell’occhio affetto registravamo una risposta PEV (5 IgG-NMO positivi and 17 IgG-NMO negativi), non abbia-mo rilevato associazioni tra un aumento della latenza della risposta e la positività o negatività degli IgG-NMO.Conclusioni: Il principale risultato emerso dal nostro studio depone per una maggior frequenza di assenza di risposta PEV dopo NO in pazienti positivi per IgG-NMO con NMOsd. Questo dato potrebbe essere dovuto al processo patologico caratterizzato da un precoce e severo danno assonale associato alla presenza di IgG-NMO. Se confermato da studi futuri, questo risultato potrebbe au-mentare l’importanza dei PEV nella diagnosi differenziale tra NMOsd.

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ECCITABILITÀ DEL SISTEMA SOMATOSENSORIALE NELL’EMIPLEGIA ALTERNANTE DELL’INFANZIA

C. Vollono, S. Rinalduzzi, R. Miliucci, F. Vigevano, M. Valeriani

Headache Center, Neurology Division, Pediatric Hospital ‘Bambino Gesù’ IRCCS, Rome

Scopo dello studio: L’Emiplegia Alternante dell’Infanzia (AHC) è una rara malattia neurologica ad eziologia sconosciuta, caratterizzata da attacchi parossistici di emiplegia. I test diagnostici effettuati sui pazienti e sulle loro famiglie sono generalmente normali. Lo scopo dello studio è stato quello di valutare il ciclo di recupero dei potenziali evocati somatosensoriali (PES), un marker di eccitabilità del sistema somatosensoriale, in un gruppo di bambini affetti da AHC sia durante la fase critica che durante la fase intercritica. Metodi: Sono stati reclutati 7 pazienti (età media 14,9 anni, range 4-34 anni; 4 femmine, 3 maschi) con AHC. Sono stati registrati i PES da stimolazione del nervo mediano al polso sia destro che sinistro. I PES sono stati registrati mediante quattro elettrodi posizionati: al punto di Erb omolate-rale alla stimolazione (Erbi), alla 6a vertebra cervicale (C6), nella zona parietale controlaterale alla stimolazione (P3/P4), e nella regione mediana frontale (Fz). L’eccitabilità del sistema somatosenso-riale è stata valutata mediante il calcolo delle modificazioni dei potenziali dopo un doppio stimolo elettrico con 5 ms, 20 ms e 40 ms di intervallo interstimolo (ISI), rispetto al singolo stimolo assunto come baseline. Tutti i pazienti sono stati studiati durante la fase intercritica, mentre i PES sono stati registrati anche durante la fase critica in 4 pazienti. Sono stati studiati, con la stessa metodica neuro-fisiologica, anche 10 soggetti di controllo (CS).Risultati: Nei pazienti affetti da AHC in fase intercritica, è stato evidenziato un ciclo di recupero ridotto del potenziale N13 cervicale e dei potenziali corticali N20, P24 e N30, ad ISI di 20 e 40 ms, rispetto ai controlli (two-way ANOVA, P <0.05). Inoltre, nei pazienti AHC in fase critica, il ciclo di recupero del potenziale cervicale N13 e del potenziale N20 corticale sono risultati allungati (two-way ANOVA, P <0.05) rispetto alla fase intercritica.Conclusioni: Il principale risultato del nostro studio è rappresentato da un ciclo di recupero dei PES ridotto nei pazienti affetti da AHC durante la fase intercritica, e ciò suggerisce un’ipereccitabilità della corteccia somatosensoriale, a diversi livelli, nei pazienti affetti da AHC. Il reset di questo feno-meno, durante la fase critica, riflette probabilmente un tentativo di ripristino funzionale del sistema somatosensoriale.Questo è il primo studio che mostra una disinibizione del sistema somatosensoriale nell’AHC. Que-sta anomalia e la sua inversione durante l’attacco nell’AHC possono essere correlate con i meccani-smi fisiopatologici della malattia.

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Indice AutoriAchene A. ....................................................294Acler M. ......................................................283Actis M.V. ...................................................262Aiello I. ...............................................223, 294Aito S. .........................................................293Albanese A. .................................................151Albertì M.A. ................................................174Alibardi A. ...........................144, 212, 213, 215Aloise F. ........................................................24Amabile G.A. ......................................173, 179Amadio S. .............48, 175, 257, 282, 285, 291Amantini A. ...................................11, 132, 244Amarù S. .....................................................131Ambrosini A. .................................69, 160, 218Amen G. ..............................................187, 188Ammannati A. .............................................293Anastasio M.G. ...................................173, 179Angelini A. ..................................................241Aretini A. .....................................................158Astolfi L. .......................................................24Audenino D. ........................................245, 277Avanzino L. .................................................201Babiloni F. .....................................................24Balconi G. ...................................................119Baldasseroni A. ...........................................158Baldino G. ...................................................245Balestri P. ..............................................57, 135Balter R. ......................................................139Bana C. ........................................................227Banfi P. ................................................231, 232Barba C. ......................................................133Barbieri S. ...................................................151Bargagli E. ..................................................177Barloscio D. ................................................197Barreca C. ...................................................178Bartolo M. ...........................................160, 218Battaglini P.P. ..............................................269Battista D. ...................................................267Beghi E. .......................................................260Berardi N. ....................................................150Bergmann T.O. ............................................205Berra E. ...............................................184, 236Bertasi V. .....................................................283Bertolasi L. ............................39, 139, 176, 283

Bertolotto A. ........................................184, 236Bettegazzi M. ..............................................232Biagioli M. ..................................................177Bianco G. ............................................149, 203Bianco M. ............................................291, 301Biasella A. ...................................178, 228, 230Biasiotta A. ..................................169, 170, 217Biffi A. .........................................................285Biguzzi S. ............................................248, 250Bo G.P. ........................................................245Bocci T. .........................................17, 197, 300Bocci Te. .............................................197, 300Bolla M. ........................................................76Bonanni E. ...................................................278Bongiovanni L.G. .........................185 187, 188Bonizzoli E. .................................................244Borgheresi A. ..............................150, 204, 274Borghetti D. .................................................300Borio A. ...............................................137, 242Bove M. .......................................................201Bozzao A. ....................................................241Brienza M. ...........................................173, 179Brighina F. ...................143, 198, 209, 211, 216Brignani D. ..........................................207, 268Brigo F. ........................................139, 176, 283Budai R. ..............................................248, 250Busan P. .......................................................269Butera C. .............................................257, 285Cabboi M.P. .................................................294Cacciatori C. .......................................164, 165Cadossi R. ...................................................199Caldarazzo Jenco E. ....................................183Caleo M. ................................................17, 197Caliandro P. .........................................189, 226Cambiaghi M. .............................................292Cambiaso M. ...............................................245Cantello R. ............................79, 147, 195, 263Capasso M. ..................................................180Capellari A. .................................................138Capone F. ............................................199, 260Capone J.G. .................................157, 194, 225Caporaso G. .........................................168, 193Caramelli R. ........................................229, 293Cardinali C. .................................................267

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Congresso nazionale

Carrabba G. .................................................247Carrai R. ..............................................132, 244Casetta I. .....................................................235Cassardo A. .........................................229, 293Cassola P. ....................................................245Casula N. .....................................................194Caulo M. .....................................................288Cavaggioni D. .....................................187, 188Cavinato M. .................................................272Cazzarolli C. .......................................164, 165Centonze D. ...................................................31Ceppi D. ......................................................234Cerbo R. ......................................................145Cerri F. ................................................175, 271Cevenini G. .................................................286Chesi E. .......................................................262Chiaramonti R. ............................................273Chieffo R. ............................200, 234, 259, 264Ciaramitaro P. ..............................137, 242, 243Cilia R. ..........................................................87Cincotta M. ...................99, 150, 204, 273, 274Cincotti F. ......................................................24Cioni G. .........................................................60Civardi C. ....................................................263Cocito D. .............................................171, 243Colamartino E. ............................................231Collini A. .....................................................263Colombo B. .................................................276Comi G. 29, 175, 200, 234, 257, 259, 264, 270, 271, 276, 282, 285, 291, 292, 301Comola M. ..........................................264, 282Conti C. ...............................................248, 250Conti M. ......................................................294Coppi E. ..............................200, 234, 259, 264Coppola G. ..144, 160, 212, 213, 215, 218, 220Coraci D. .....................................................174Cortelli P. .....................................................191Cosentino G. .......................................143, 211Cossu P. .......................................................294Costa P. ........................................137, 242, 243Critelli A. .....................................................157Cruccu G. ..............67, 141, 169, 170, 193, 217Cruciata G. ..................................................201Crupi D. .......................................................201Curcio M. ....................................................177Currà A. ...............................144, 212, 213, 215

Cursi M. ..............................................175, 292d’Agostino V.C. ...................................145, 295D’Andrea G. ................................................241Dall’Ora E. ..................................................283Dalla Libera D. ............................................301de Scisciolo G. ....................................229, 293De Grandis D. ...............................92, 109, 113De Lucia M.C. .....................................145, 295De Massari D. .............................................272De Paoli I. .....................................................76De Pasqua V. ...............................................220De Rossi D. .................................................183De Tommaso M. ............53, 162, 166, 211, 216De Toni Franceschini L. ..............175, 282, 285De Vico Fallani F. .........................................24Defourville E. ..............................................131Del Carro U. 109, 175, 257, 271, 282, 285, 291Del Corso F. ........................................229, 293Del Popolo G. ..............................................229Del Sordo E. ................................................267Della Coletta E. ...................................182, 235Della Mora A. ..............................................269Deluca N. ....................................................131Deriu F. ........................................................294Devigili G. ...................................................157Devitofrancesco V. ......................................166Di Chiara G. ..................................................81Di Iorio R. ...................................................199Di Lazzaro V. ........................57, 135, 199, 260Di Pasquale A. .............................................226Di Russo F. ..................................................274Di Sapio A. ..........................................184, 236Di Stasi V. ...........................................191, 192Di Stefano G. ......................................169, 170Di Stefano V. ...............................................282Didonè G. ....................................................283Dileone M. ..........................................199, 260Dini D. .........................................................132Domenici L. ................................................300Donadio V. ..........................................191, 192Donati M. ....................................................229Dotti M.T. ....................................................286Dubbioso R. ................................................181Duca S. ........................................................236Egidi M. ......................................................247Eleopra R. ...................................157, 248, 250

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PoTenziali eVoCaTi

Elia P.A. ......................................................257Ermani M. ...................................................138Esposito M. ...................................................96Estraneo A. ..........................................239, 251Faccani G. ...........................................243, 262Fadiga L. .............................101, 149, 248, 250Fallica E. .....................................................225Famà I. ........................................................241Familiari P. ..................................................241Fattapposta F. ......................125, 145, 279, 295Fazio R. .......................................................271Federico A. ..........................................286, 287Federighi P. .........................................286, 287Ferlisi M. .............................................139, 176Ferrante L. ...................................................241Ferrarelli F. ..................................................202Ferrari A.R. .................................................133Ferreri F. ......................................................202Feurra M. .....................................149, 203, 273Fiaschi A. ............................139, 164, 187, 188Fierro B. ................79, 143, 147, 198, 211, 216Filippi M. ....................................................270Filippou G. ..........................................177, 230Florio L. ..............................................199, 260Foscato C. ...........................................164, 165Fossi S. ................................................132, 244Franci L. ......................................................177Franzini A. ...................................................151Frasca V. ........................22, 170, 217, 255, 281Frasson E. ............................................139, 283Frisullo G. ...................................................260Fumagalli M. ...............................................151Gabbanini S. ................................................132Gabriele M. .........................170, 217, 255, 281Gaeta M. ......................................................233Gaglini P.P. ..................................................137Galardi G. ....................................................279Galli R. ........................................................278Galluzzo S. ....................................................76Gastaldo E. ..........................182, 194, 225, 235Gensini G.F. ................................................244Ghilardi M.F. ...............................................201Giacobbi M. ........................................137, 242Giacomelli E. ......................217, 255, 281, 295Giannicola G. ......................................151, 247Giannini F. ...............................15, 17, 177, 228

Giannoccaro M.P. ................................191, 192Giglia F. ...............................................211, 216Giglia G. ..............................143, 198, 211, 216Gilio F. ........................................217, 255, 281Ginanneschi F. .............................178, 228, 230Giorgi F. ......................................................278Giorli E. .........................................17, 197, 300Giovannelli F. ..............................150, 204, 273Girlanda P. .....................................89, 258, 261Gobbo M. ....................................................113Gonzalez-Rosa J.J. .....200, 259, 270, 271, 291, 292, 301Gori A. .........................................................245Gorini M. .............................144, 212, 213, 215Granata G. ...........................................174, 226Granieri E. ...................................................235Greco G. ......................................................177Green P.A. ...................................................201Gregorini F. .................................................231Grippo A. .............................................132, 244Guerriero R. ........................................257, 282Guerrini R. ..................................................133Iacovelli E. ..................170, 217, 255, 281, 295Iadanza A. ...................................................284Iannotti M. ...................................................239Inghilleri M. ...22, 37, 170, 217, 241, 255, 281, 295Innocenti I. ..................................................204Insola A. ......................................................249Inuggi A. .....................200, 259, 264, 270, 271Iodice R. ......................................................181Isoardo G. ............................137, 242, 243, 262Iudice A. ......................................................278Judica E. ......................................................282Jüenemann C. .......................................137,242Kotchoubey B. ............................................127La Cesa S. ...........................................169, 170Lamberti P. ..................................................166Lang S. ........................................................127Lanteri P. .............................................157, 237Lanzillo B. ...........................................168, 239Laricchia D. .................................................245Lazzeri C. ....................................................132Le Pera D. ...................................................222Leocani L. ..200, 234, 259, 264, 270, 271, 276, 291, 292, 301

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Congresso nazionale

Leone C. ......................................................169Lettieri C. ....................................157, 248, 250Libanore M. .................................................225Liguori R. ....................................171, 191, 192Lino M. .......................................................273Liotta G. ......................................174, 226, 258Livrea P. ......................................................166Lo Coco D. ..........................................298, 299Locatelli M. .................................................247Locuratolo N. ......................................145, 295Lombardi C. ........................................231, 232Lopez I.D. ...................................................175Loreto V. ..............................................239, 251Lori S. ...........................................................62Lucchetta M. ...............................................174Luda di Cortemiglia E. ................................131Lullo F. ........................................................239Määttä S. .....................................................202Maderna L. ..........................................231, 232Magnano I. ..................................................294Malentacchi M. ...........................................184Manfredi M. ..................................................45Manganelli F. ......................................181, 223Mannarelli D. ......................................145, 295Manni R. .....................................................107Mantovani A. .................................................83Manzoli C. ...................................................180Marceglia S. ........................................151, 247Marciani M.G. .......................................24, 265Mariani C. ...................................................227Marini C. .............................133, 217, 255, 281Marini Bettolo C. ........................217, 255, 281Marmolino S. ......................................137, 242Marotti C. ....................................................178Marradi P. ....................................................139Martinelli V. ................................276, 291, 301Maruotti V. ..................................................288Mascalchi M. ...............................................111Massimini M. ..............................................128Mastrillo A. .................................................105Mastroeni C. ................................................205Mattaliano A. ...............................................298Mattaliano P. .......................................198, 232Mattia D. .......................................................24Mazzeschi E. .......................................132, 244Mazzini L. ...................................................263

Mazzocchio R. ............................................228Mazzone P. ..................................................249Mecarelli O. ....................................................9Medaglini S. ................................................291Melani F. .....................................................133Merico A. ....................................................272Merola A. ....................................................236Mervaala E. .................................................202Messina C. ...................................................258Messina S. ...........................................231, 232Meuniera S. .................................................256Migliaccio L. ...............................................244Migliaro G. ..................................................245Milani P. ......................................................230Miliucci R. ..........................................222, 302Minciotti I. ..................................................189Minicuci G. .................................................199Ministeri C.M. .............................296, 298, 299Miniussi C. ..........................202, 207, 268, 273Modica A. ....................................296, 298, 299Moiola L. .............................................291, 301Moisello C. ..................................................201Monaco F. ....................................................263Moncini E. ...................................................150Mondani M. .........................................248, 250Mondelli M. ................................................158Monetti C. ...................................................225Mongini T. .....................................................47Montecucco C. ..............................................91Monti F. .......................................................269Mora G. .........................................................20Morelli C. ............................................231, 232Moretta P. ............................................239, 251Morgante F. ...........................93, 205, 258, 261Mortola P. ....................................................245Mrakic-Sposta S. .................................151, 247Müller F. ......................................................127Murri L. ...........................7, 130, 197, 278, 300Muscas G. ...............................................7, 130Musumeci G. .......................................199, 260Naro A. ................................................201, 261Nascimbene C. ............................................227Nilo R. .........................................................271Nolano M. ...................................168, 185, 193Notturno F. ..........................................180, 288Oggioni G. ...................................................263

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PoTenziali eVoCaTi

Olivo G. .......................................................132Oliynyk A. ...........................................248, 250Origlia N. ....................................................300Orizio C. ......................................................113Orsini P. .......................................................300Osio M. .......................................................227Padua L. ......................................174, 189, 226Palermo A. ...........................................143, 216Pallanti S. ......................................................82Palmitessa A. ...............................................262Paluani F. .............................................187, 188Panetta M. ...........................................198, 211Parisi L. ...............................................173, 179Parisi V. ...............................................212, 213Parodi C.I. ...................................................245Pasqualetti P. ...............................................202Pasquetto L. .........................................187, 188Pauletti C. ............................................145, 295Pauletto G. ...........................................248, 250Pazzaglia C. .................................................226Pelliccia V. ..................................................278Pellicciari M.C. ...........................................268Pelliccioni G. .................................................40Perani D. .....................................................284Peretta P. ......................................................137Perini D. ......................................................278Peris A. ........................................................244Perrotta A. ...................................160, 162, 218Piccione F. ...................................................272Pichiorri F. ...........................170, 217, 255, 281Pierelli F. .....144, 160, 212, 213, 215, 218, 220Pilato F. ...............................................199, 260Pinto F. ..........................67, 132, 141, 244, 293Pioggia G. ...................................................183Pirini M. ......................................................272Pirulli C. ......................................................273Pisciotta C. ..................................................181Piu P. ...........................................................228Pizzanelli C. ................................................278Pizzolato G. .................................................269Pizzorusso T. ...............................................150Poggi A. .......................................................264Pohlmann I. .................................................205Polizzotto N.R. ............................................203Polo A. .........................................................289Ponzo D. ......................................................202

Popa T. ........................................................256Porciatti V. ...................................................300Porretta E. ...........................................212, 213Porta M. .......................................................151Praitano M.L. ......................................164, 165Pravettoni G. ...............................................151Pretegiani E. ........................................286, 287Primavera A. ...............................................277Priori A. .......................................151, 170, 247Profice P. .............................................199, 260Provitera V. ..........................................168, 193Provvedi E. ..................................................293Pujia F. ................................................173, 179Pulizzi A. .....................................................184Puma A. ...............................................198, 211Quartarone A. 99, 195, 201, 205, 256, 258, 261Quatrale R. ..................182, 194, 225, 235, 237Quattrini A. .................................................175Radaelli M. ..........................................291, 301Ragazzi P. ....................................................137Ragazzoni A. .......................204, 267, 273, 274Rampini P. ...................................................247Ranieri F. .............................................199, 260Ratto S. ........................................................245Ravanello E. ................................................245Ravenni R. ...................................................121Restani L. ....................................................197Ricci G. .......................................................183Ricciardi B. .................................................232Ricciardi L. .................................................258Riccitelli G. .................................................270Rinaldo S. ....................................157, 248, 250Rinalduzzi S. ...............................................302Risitano G. ..................................................261Ritter C. .......................................................205Rizzo S. .......................................................198Rizzo V. ...............................................258, 261Rocca M.A. .................................................270Rodegher M. .......................................291, 301Romano M. ...................................................37Romito L. ....................................................151Rosa M. .......................................................151Rosini F. ..............................................286, 287Rossi A. .................17, 149, 178, 203, 228, 230Rossi C. .........................................................17Rossi L. .......................................................247

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Congresso nazionale

Rossi P. ................................................276, 282Rossi S. .......102, 149, 197, 203, 204, 253, 273Rossini F. .............................................187, 188Rossini P.M. ..........................................33, 202Rosso I. .......................................................262Rubboli G. .....................................................51Rufa A. ................................................286, 287Ruggiero L. .................................................181Ruoppolo G. ..........................................22, 281Russo G. ......................................................189Russo M. .............................................256, 261Sabatelli M. .................................................260Salinari S. ......................................................24Salis A. ........................................................294Sallemi G. ...................................................233Saltalamacchia A.M. ...........................168, 239Sandrini G. ............................76, 160, 162, 218Santoro L. ..............89, 168, 181, 193, 239, 251Santostasi R. ................................................166Santus G. .......................................................92Saracino A. ..................................................288Sartucci F. ......................................17, 197, 300Sassi M. .......................................................151Sau G.F. .......................................................294Sava S.L. .....................................212, 213, 220Savasta S. ....................................................133Scalia S. .......................................................211Scarpelli S. ..................................................244Scarselli C. ..................................178, 228, 230Schettino I. ............................................22, 281Schiavone V. ........................................229, 293Schoenen J. .................................................220Sensi M. ......................................................194Serpella C. ...................................................131Serpino C. ...................................................162Serrao M. .............................................160, 218Servello D. ..................................................151Sette E. ................................................194, 225Setti S. .........................................................199Siciliano G. .........................................183, 278Siebner H.R. ................................................205Silani V. ...............................................231, 232Silvestri G. ..................................................189Sirimarco G. ................................................255Skrap M. ......................................................250Skrap Ml. .....................................................248

Spada D. ..............................................103, 284Spagnolo F. ..........................200, 234, 259, 264Spalletti M. ..................................................132Sperli F. ...............................................184, 236Squintani G. ................................................113Stancanelli A. ......................................168, 193Straffi L. ......................200, 234, 259, 264, 301Suppiej A. ..............................................59, 138Talamanca S. ...............................................143Taliano G. ....................................................285Tamburin S. .........................................164, 165Tartaglia G. .................................................281Tartarisco G. ................................................183Teneud L. ....................................................292Terranova C. ........................................258, 261Tesfaghebriel H. ..................................257, 282Testa L. ........................................................263Tettamanti M. ..............................................284Tinazzi M. ...................................................289Tola M.R. ............................182, 194, 225, 235Tonali P.A. .............................15, 189, 222, 260Tononi G. ....................................................202Tramacere L. ...............................................274Trojano L. ............................................239, 251Troni W. ..............................................184, 236Truini A. ......................155, 169, 170, 193, 217Tugnoli V. ............157, 182, 194, 209, 225, 235Ubiali E. ......................................................105Ulivelli M. .....................................................29Uncini A. .......................................45, 180, 288Ungari S. .....................................................285Ungaro D. ............................................175, 285Urban I. ...............................................175, 257Urban P.I. ....................................................257Valente G.O. ........................................173, 179Valente S. ....................................................244Valeriani M. ...................43, 155, 222, 249, 302Valzania F. ...................................................253Vanotti A. ....................................................227Vecchio E. ...................................................166Velikova S. ..........................................276, 292Veniero D. ...........................................207, 273Verga L. .......................................................284Vergari M. ...................................................170Verriello L. ..........................................248, 250Vicenzini E. .................................................255

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PoTenziali eVoCaTi

Vigevano F. .................................................302Viggiano M.P. ......................................150, 204Vigneri S. ....................................................143Vimercati O. ................................................257Virdis D. ......................................................222Visigalli I. ....................................................285Vivalda L. ....................................................131Vollono C. .....................................72, 222, 302Volontè M.A. ...............................................234

Volpato C. ....................................................272Volpi L. ........................................................183Volpi N. .......................................................177Zaccara G. ...........................150, 204, 265, 274Zaccaron A. .................................................139Zanette G. ............................................164, 165Zappasodi F. ................................................288Zappoli Thyrion R. ......................................125

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