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Notiziario a cura degli Ambasciatori di Pace della Interreligious and International Federation for World Peace Italia Autorizzazione n. 3193 - 2005 - Segreteria di Stato per gli Affari Interni - San Marino II TRIMESTRE 2007 La paura in Europa e negli Stati Uniti, l'umiliazione nei paesi arabi e musulmani, la speranza in Cindia (Cina ed India) s’intrecciano sempre di più in una futura convivenza mondiale Conflitto di Emozioni

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Notiziario a cura degli Ambasciatori di Pace della Interreligious and International Federation for World Peace ItaliaAutorizzazione n. 3193 - 2005 - Segreteria di Stato per gli Affari Interni - San Marino

II TRIMESTRE 2007

La paura in Europa e

negli Stati Uniti,

l'umiliazione nei paesi

arabi e musulmani, la

speranza in Cindia

(Cina ed India)

s’intrecciano sempre

di più in una futura

convivenza mondiale

Conflitto di Emozioni

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RELIGIONI E CULTURE PER LA PACE

Una Teologia di Pace

IN-FORMAZIONE

Progresso e responsabilità

Verso un progresso globale

Progetto “On the Road”

ETICA E SOCIETÀ

Le libertà fondamentali

Conflitto di emozioni?

Creare una cultura dell’inclusione

IL PERSONAGGIO

Quali le ragioni?

INIZIATIVE

Delegazione Israeliana in Italia e a San Marino

Delegazione Israeliana risponde alle domande dei giornalisti

Sì alla Pace

NEWS

La UPF nepalese lanciail giornale “Universal Times”

Il Presidente indiano Kalam invita i giovania lavorare per la Pace

Universal peace federation di Monza

Prima edizione del Premio Severo Ghioldi

VVooiicceess ooff PPeeaacceeRedazione:Via F. della Balda 10/547893 Borgo Maggiore - RSMTel. 0549 907513 - Fax 0549 876063Email: [email protected]

Editore:Giuseppe Calì

Direttore Responsabile:Giorgio Gasperoni

Autorizzazione n. 3193 - 2005Segreteria di Stato pergli Affari Interni - San Marino

Hanno collaborato:Giuseppe CalìClinton BennetGiorgio GasperoniChung Hwan KwakM. C. ForcellaAntonio SaccàFilippo LongoCarlo Alberto TabacchiEva Adela LathamDon Antonio MazziCarlo ChiericoMauro Sarasso

Grafica, impaginazione e stampa:IKONOS Treviolo, BergamoLuglio 2007

Questo notiziario contiene materiale tutelato dai diritti d'autore il cui uso deveessere autorizzato sempre specificamentedal proprietario. Se si desidera usarequesto materiale si deve ottenere l'auto-rizzazione scritta dalla nostra Redazione.

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3EDITORIALE

Civiltà che fino a pochi decen-ni fa si sviluppavano quasiindipendentemente con i pro-

pri valori, usanze e tradizioni, oggi,nella cosiddetta era della globalizza-zione, vengono a coesistere suglistessi territori geografici, economicie culturali. La storia ci insegna chenel confronto tra civiltà diverse,spesso è la paura (con tutto ciò che neconsegue) a prevalere sullo spirito diintegrazione, di collaborazione civi-le, di dialogo vero e costruttivo. Itemi sono tanti: l’economia emer-gente dell’oriente, le spinte fonda-mentalistiche e nazionalistiche, lacrisi culturale e valoriale del bloccooccidentale, fino ad arrivareall’Africa con tutta la sua drammati-cità e nello stesso tempo il suo desi-derio di emergere sulla scena mon-diale con una nuova dignità.In Italia lo scontro, dai temi ideolo-gici, economici e politici si sta spo-stando oramai sul terreno dei valoripiù fondamentali dell’esistenza,prima tra tutti la tematica dellafamiglia. Da una parte, a farci quasiripudiare e addirittura odiare l’isti-tuzione familiare classica, la spintaverso modelli diversi, alternativi per-sino ai valori antropologici piùessenziali e la cronaca che ci inorridi-sce quotidianamente con episodi diviolenza che fino a poco tempo faavevano riguardato le guerre peggio-ri e le faide tribali più arretrate, mache ora coinvolge famiglie cosiddette

normali. Dall’altra il desideriopotente di essere famiglia, non solocon i propri cari, ma anche con i vici-ni di casa, i colleghi, di estendere ilraggio dei propri legami affettivi acomunità intere. Questo per me èstato il senso della manifestazione diRoma a favore della famiglia. Mihanno fatto riflettere le parole deigiocatori del Milan che, dopo la vit-toria nella Coppa dei Campioni,quasi in coro affermavano che ilsegreto di questa squadra era stato“l’essere una famiglia”. Vero o no,perlomeno questo è il desiderio irre-movibile che alberga da sempre nel-l’animo umano e, in un certo senso,il segreto che sta dietro lo sviluppodelle civiltà. E la famiglia non è l’unica sfida:sicurezza, convivenza di civiltà efedi, futuro dei giovani, eutanasia,pena di morte, per citarne solo alcu-ne. Tutte queste tematiche entranonelle nostre case con una forzamediatica dirompente, che ci coin-volge e ci lascia spesso senza fiato.C’è bisogno di una riflessione pro-fonda che ci aiuti a trovare il bando-lo della matassa ed una nuova spe-ranza. Non basta “resistere”, non sipuò solo proporre vecchi metodi: ènecessario trovare nuove vie, seppu-re all’interno dei valori fondamenta-li che restituiscono all’uomo e alladonna la giusta dignità.Emerge con forza la problematicalegata all’identità ed al senso di

appartenenza. Quale è la nostraidentità oggi? A chi apparteniamo?È sempre più difficile rispondere edin questa difficoltà intravedo lecause dello squilibrio in cui vivia-mo. Dovremmo chiederci se ultima-mente non abbiamo messo troppaenfasi sull’individuo, le sue libertà, isuoi diritti, i suoi desideri a prescin-dere dalla direzione in cui lo portanoa lungo termine. Se ciò è vero, alloracapisco perché ci siamo dimenticatidel significato vero di parole comefamiglia, comunità, umanità, solida-rietà, carità. Ne abbiamo fatto que-stioni politiche, economiche, con-flittuali, privandole della loro magiae direi anche dissacrandole, postoche fanno parte del progetto divinoper l’uomo. L’individualismo hasommerso tutto il resto. Il miotimore è che, quando la società avràconcluso questo processo di “moder-nizzazione” o “laicizzazione” comevengono, secondo me erroneamentedefiniti i processi sociali attuali, ciòche rimarrà sarà un insieme di perso-ne che non sapranno come conviveree non avranno più motivazioniautentiche per farlo. Le leggi primao poi non basteranno più e si arrive-rà alla guerra. Io, che credo fortemente in Dio enell’Uomo - Suo Figlio, sono sicuroche ci fermeremo prima, che prestoarriveremo a riflettere più profonda-mente sul senso della nostra esisten-za e sapremo costruire nuove basi. È

LA FAMIGLIAvecchio soggettonuovo problemaIl timore è che, quando la societàavrà concluso il processo di “modernizzazione”o “laicizzazione”, ciò che rimarràsarà un insieme di personeche non sapranno come conviveree non avranno più motivazioni autenticheper farloddii GGiiuusseeppppee CCaallìì

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4 EDITORIALE

questa speranza che alimenta il mioideale di pace e che mi da la forza dilottare per ciò in cui credo. Quali soluzioni dunque? Cosa pos-siamo fare? Si possono ipotizzareinterventi in tutti i campi, ma iocredo che la chiave più efficace sia daindividuare nell’educazione dei gio-vani. È lì la vera linea del fronte, per-ché è lì dove tutto ha cominciato arovinarsi ed è lì che la nostra civiltàpotrà rinascere. Certo, essendo testi-moni della morte per droga di giova-ni con ancora tante potenzialità daesprimere, professori che scambianospinelli con i loro studenti e coseanche ben peggiori, come ci è succes-so ultimamente non è facile sperarein un cambiamento positivo radicalecome quello che ci vorrebbe. Oggi ladroga, la sessualità senza controllo, ilconsumismo esasperato hanno fattosi che i genitori perdessero quasicompletamente l’autorità sui figli.Oggi i ragazzi sono influenzatimolto di più dalla televisione, dagliamici, dai fenomeni di massa quali lamoda, che dalla propria famiglia.La definizione di Maritain degliscopi dell’educazione, include cono-scenza, virtù morali e la trasmissionedi valori essenziali per la civiltà. Sitratta quindi di guidare l’uomo nellasua dinamica evolutiva attraverso cuiegli forma se stesso come “persona”,mentre allo stesso tempo viene tra-smessa l’eredità spirituale dellanazione e della civiltà, preservandocosì le realizzazioni millenarie dellegenerazioni. Considerare le mete del-l’educazione ci porta a definire il tipodi persona e la natura della societàche vogliamo costruire. Un idealesignificativo è necessario per estrarreil meglio della profonda naturamorale ed un potenziale mondo digrandi valori. Man mano che la cul-tura si discosta dalle radici classichee religiose, tutte le istituzioni, nonsolo la scuola, si dimenticano delloscopo profondo del creare personesane ed una società virtuosa. I DieciComandamenti diventano così “diecisuggerimenti”.Il professore Huston Smith, autoritàreligiosa negli Stati Uniti scrive(“World Religions” 1991): “Dopomigliaia di anni di storia, cosa abbiamoimparato come esseri umani? Le grandi

tradizioni ci offrono una quantità disaggezza che abbiamo bisogno di impara-re se vogliamo vivere bene. Quali sono lecaratteristiche di questa saggezza? Nelladimensione etica, il Decalogo riassume lastoria di tutte le culture. Dobbiamo evi-tare l’omicidio, il furto, la menzogna el’adulterio. Queste sono minime lineeguida, ma non sono trascurabili, se cirendiamo conto di quanto il mondo sareb-be migliore se fossero universalmenterispettate”.Se la cultura quindi mostra caratteri-stiche di decadenza morale, la scuolapuò essere concepita allo scopo dipromuovere salute morale. Questocomporta che ogni entità connessacon gli studenti debba contribuireallo sviluppo di un carattere sano:genitori, insegnanti, studenti stessi,programmi, libri di testo, e tutti glielementi che possono avere unimpatto sulla crescita morale. Lameta è che ogni studente, lasciandola scuola, abbia sviluppato un acutosenso delle responsabilità personali ecivili. La nostra cultura invece ha fal-lito nello sfidare gli studenti conideali di eccellenza accademica emorale. Abbiamo lasciato i nostrifigli a rotolarsi nelle sabbie mobilidell’egocentrismo e li abbiamo così“demoralizzati”. La moderna enfasisui diritti e la libertà, sull’utilitàdella felicità ed il suo perseguimen-to, hanno generato un grande pro-gresso. La modernità fornisce il ter-reno intellettuale attraverso cui pos-siamo criticare le società tradiziona-li che erano repressive, aristocrati-che, ostili ai diritti umani condivisi,e troppo indifferente alla sofferenzaumana. Ma questa modernità portacon sé un costo molto alto, perchésminuisce i valori tradizionali e reli-giosi, quali il senso del dovere, ilsacrificio, l’amore e la vita in comu-nità che sono senza dubbio essenzia-li al nostro benessere interiore emorale.Anthony Bryk, Valerie Lee e PeterHolland spiegano che: “La visioneconvogliata nelle scuole pubbliche è quel-la di uomo economico: un uomo ed unadonna razionali che perseguono i propriinteressi, cercando il piacere materiale,guidati verso il successo individuale. Incontrasto dovremmo promuovere unavisione basata sulla dignità di ogni esse-

re umano e nella responsabilità di ognu-no nel costruire la pace, la giustizia ed ilbenessere comune. Educare deve essere for-mare la coscienza degli studenti al benecomune e condiviso”. (Catholic schoolsand the common good 1993)I fondatori della democrazia com-prendevano bene che i popoli devonogovernarsi da sé, ma anche che pote-vano farlo soltanto essendo virtuosi.Se la democrazia economica, la liberaimpresa, deve essere così centralenella nostra vita, è necessario che unacornice morale fatta di onestà, fidu-cia, integrità e tutte le virtù conse-guenti, siano la vera guida verso ilsuccesso. Cosa richiede la democra-zia? Un comportamento responsabi-le, compassionevole, giusto, onore-vole, così che possiamo godere dellalibertà per tutti. Soltanto così possia-mo realizzare una società equilibratatra diritti dell’individuo e benecomune. Se consideriamo per esem-pio anche soltanto uno di questivalori, il rispetto, quale principio piùdi questo rafforza il sistema politico,economico e sociale e quindi lademocrazia in sé? Eppure è un valoreche deriva dalla comprensione cheogni uomo è creato ad immagine diDio ed ha un unico ed infinito valo-re. Non esiste nessun altro sistemaideologico che possa rafforzare lademocrazia più di quello religioso. Sturzo disse: “La democrazia o è cri-stiana o non lo è” e Paul Tillich spiegache “ La religione coinvolge le nostre con-vinzioni più elevate circa la natura dellarealtà ed è la base sulle quale una cultu-ra si costruisce. La cultura è un’espressio-ne della nostra fede”.Penso, concludendo, che sia arrivatoil momento di guardare più seria-mente a ciò in cui crediamo e pro-muoviamo e come questo possanutrire o debilitare i nostri giovani ecosì il futuro della nostra culturademocratica. Nelle nostre vite perso-nali, così come nelle pubbliche isti-tuzioni, abbiamo la possibilità direalizzare qualcosa di degno se abbia-mo una visione degna a cui dedicar-ci. Ogni società deve essere basatasull’ideale che gli esseri umani sonolegati da un modello interiore, stabi-lito nel loro animo e dalla legge delbene supremo che lega l’uomo all’in-tero universo.

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5RELIGIONI E CULTURE PER LA PACE

UNA TEOLOGIA DI PACE

Innanzi tutto, cosa intendiamodire quando parliamo di teologiadi pace? La teologia può essere

definita come “fede alla ricerca dellacomprensione”. Essa ha origine dallafede in Dio o da una realtà prima,sovraumana, che creò l’universo e checontinua a sostenere la vita. Dio può anche essere descritto comeun “essere non contingente”, vale adire che mentre ogni cosa nell’uni-verso dipende da Dio per la sua esi-stenza, l’esistenza di Dio è totalmen-te auto-sostenuta. Gli indù guardanoall’universo come un’emanazionedell’Assoluto piuttosto che una real-

tà distinta creata nel tempo, e chel’universo dipenda quindi ancoradall’Assoluto per la sua esistenza.Letteralmente la teologia è conoscen-za (logos) su Dio (theos). Perciò unadomanda fondamentale è da dovearriva questa conoscenza e come puòessere valutata la sua veridicità. La teologia ha tradizionalmente rico-nosciuto due sorgenti di conoscenza.Per prima cosa riconosce le Scrittureche Dio rivela o comunica all’umani-tà. Secondo riconosce la presenza diDio all’interno della creazione, che siesprime attraverso la natura cosìcome attraverso gli uomini e le

Il problema delle scritture è così serio che unateologia di Pace che fallisse nel confrontarsi alriguardo sarebbe fondamentalmenteinadeguata.

Una teologia di Pace potrebbe essere astratta,idealistica ed accademica o potrebbe esserepratica, applicata e realistica.Una teologia di Pace ha bisogno di esserepratica se deve rivolgersi alle sfide e alleproblematiche reali cui vanno incontro iportatori di Pace.

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Ripreso, con autorizzazione, dal World & I: Innovative Approches to Peace, Spring, 2007

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6RELIGIONI E

CULTURE PER LA PACE

donne di grande interiorità e realiz-zazione spirituale. Se la prima sor-gente è identificata con la rivelazio-ne, la seconda è spesso identificatacon la ragione. La rivelazione puòessere compresa come l’aprire il sipa-rio su Dio. Tuttavia è Dio, non l’uo-mo, che apre il sipario permettendo-ci di vedere abbastanza della suarealtà per comprenderne la naturama non per vederlo nella sua pienez-za. La mente umana non è in gradodi afferrare la totale realtà di chi èDio. Il dibattito sulla relazione frarivelazione e ragione, e chi ha lapriorità, ha impegnato pensatori dimolte tradizioni religiose. Quasitutti i pensieri teologici fra le reli-gioni mondiali danno la priorità allarivelazione. La teologia è consideratageneralmente come una disciplinaconfessionale, vale a dire che essaritiene che qualcosa chiamata “fede”esiste, che c’è un Dio, e che il ruolodella teologia è portare più lucesullo scopo di Dio per l’umanità. Inquesto senso essa non proclama unaneutralità nei confronti della reli-gione, a differenza dei sociologi edegli psicologi della religione chenon sostengono nessun particolarepunto di vista riguardo a se ci sia ono una realtà divina dietro la religio-ne o se la religione contenga o menodelle verità. Essi studiano semplice-mente come la religione funzionanella società o all’interno della psi-che umana. I teologi possono offrire argomenta-zioni a sostegno della razionalitàdella fede in Dio, ma sono soprattut-to interessati ad aiutare coloro chegià hanno una fede religiosa nellosviluppo della loro comprensione di

quella fede e nel discernere gli scopidi Dio per la loro vita e per l’interaumanità.

TTeeoollooggiiaa pprraattiiccaa

Può sembrare che la teologia abbiapoco a che fare con la realtà, con lesfide, le gioie, le delusioni, il dolore,le speranze e le paure della vita reale,può sembrare che si ponga domandeper le quali nessuno sta cercandorisposte. Tuttavia, ciò che noi chia-miamo teologia pratica o alle volteteologia applicata, cerca di trattarequestioni e domande con cui si con-frontano le persone di fede nelmondo reale. Il primo tipo di teolo-gia coinvolge studiosi che parlano adaltri studiosi; il secondo tipo riguar-da il superamento della divisione frail pensiero accademico e i credentiche si inginocchiano nei banchi diuna chiesa o pregano nelle moschee enei templi.Una teologia di pace potrebbe essereastratta, idealistica ed accademica opotrebbe essere pratica, applicata erealistica. Dal mio punto di vistauna teologia di pace ha bisogno diessere pratica se deve rivolgersi allesfide e alle problematiche reali a cuivanno incontro i portatori di pace.Una teologia di pace, se deve esseredi una qualche utilità, non può per-mettersi di essere troppo pia, affer-mando senza prove, ad esempio,l’utilità della religione nel processodi pace. Le persone di fede che igno-rano l’accusa secondo cui la religioneè una delle principali cause di guer-ra rischiano che la loro voce sia a suavolta ignorata se non sanno rispon-

dere a questa accusa. Avendo analiz-zato i conflitti in cui la religione haun ovvia presenza - specialmenteIrlanda del Nord, Bosnia e Israele-Palestina, io ritengo che la religionenon ha causato nessuno di questiconflitti, ma è stata chiamata incausa per continuare a fomentare leostilità. Tutti questi tre casi hannoalle loro radici rivalità nazionalisti-che e ingiustizie. Tuttavia, anche sela religione non è una delle causeprincipali o dirette del conflitto,deve comunque rispondere a qualco-sa se è così facilmente chiamata incausa per alimentare odio e violenza.Parlando di religione qui mi riferi-sco non a una singola religione,quale la mia stessa religione cristia-na, ma piuttosto alle aspirazionireligiose della società. C’è una richiesta crescente di esten-dere la teologia oltre gli stretti con-fini di una religione per andare versoun coinvolgimento dell’eredità reli-giosa di tutti gli uomini. Se la pace mondiale comporta ilriconoscimento del valore e delladignità e del diritto alla libertà egiustizia di tutti, una teologia dipace deve indirizzarsi a tutta l’uma-nità. Solo una teologia che includatutte le fedi che alimentano la vitadegli uomini può attendersi un’at-tenzione universale.

IIll pprroobblleemmaa ddeellllee ssttoorriieeddii vviioolleennzzaa

I miei fratelli cristiani sono spessocolpevoli di ipocrisia sull’argomentodella violenza quando puntano il ditocontro altre religioni non riconoscen-

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7RELIGIONI E CULTURE PER LA PACE

do che anche noi abbiamo una storiaviolenta. I cristiani furono un gruppoillegale e perseguitato fino alla con-versione di Costantino I (288-337)che sostenne e rafforzò la chiesa.Prima di Costantino, molti se nontutti i cristiani erano pacifisti, segua-ci di un maestro che aveva chiamatobeati i portatori di pace. (Matt. 5-9).Essi rifiutavano di combattere. DopoCostantino fu avanzata la richiesta diun unico credo per la chiesa di modoche potesse servire come unica reli-gione per l’impero sotto la guida del-l’imperatore. In breve coloro che non erano d’ac-cordo con la dottrina ufficiale, si tro-varono esiliati, privati delle loro cari-che o persino condannati a morte. Lachiesa sviluppò presto la teoria dellaguerra giusta che rese la guerra accet-tabile come strumento dello statoverso il quale la chiesa era non soloalleata, ma servile. La teoria dellagiusta guerra emerge negli scritti diAmbrogio (340-397) e Agostino(354-430). Ambrogio era stato unufficiale romano. In seguito, durantele crociate, la chiesa si spinse oltre ebenedì la guerra come un fatto posi-tivo, gli infedeli vennero trucidati e iloro beni requisiti dalla chiesa stessa.Fu stabilito l’ordine militare.L’evangelizzazione cristiana è statageneralmente pacifica in tutta la sto-ria. Tuttavia i cristiani hanno usatoanche violenza per imporre la fede. Innumerose occasioni gli ebrei si trova-rono di fronte alla scelta fra conver-sione o morte. Molti scelsero lamorte, procurandosela spesso con leproprie mani (per esempio in Spagnanel 1391). Re Olaf di Norvegia usò“ogni arma: adulazione, inganno,persuasione e, quando tutte questefallivano, pura sopraffazione” perconvertire il suo popolo. “In molti casi” dice Neill, quando lepersone “comprendevano che il re erapronto a conficcare la sua religionegiù nelle loro gole con la punta dellasua spada, vedevano la ragione”.Dopo tutto Gesù aveva detto a Pietrodi riporre la spada, non di buttarlavia ed egli disse anche “Non sonvenuto a portare la pace, ma la spada”(Lc. 12:51). Il pacifico Gesù divenneanche violento quando rovesciò itavoli dei mercanti nel tempio.

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Il problema delle scritture è così serioche una teologia di pace che fallissenel confrontarsi al riguardo sarebbefondamentalmente inadeguata. Lostorico delle religioni Ja≠ck NelsonPallmeyer pensa che la soluzione alproblema delle scritture violente èguardare alle scritture come scrittiumani. Perciò uomini violenti,facendo Dio a loro immagine, hannoconvenzionalmente dipinto Diocome un Essere che approva la vio-lenza contro i loro nemici. Il proble-ma è che milioni di hindù, ebrei, cri-stiani e musulmani non credono chele loro scritture sono frutto dell’uo-mo, ma sono rivelazioni divine. Unaltro problema a questo riguardo èche esso lascia aperta la possibilitàche tutto ciò che diciamo riguardo aDio è concepito umanamente, chetutta la teologia è un discorsoumano. La rivelazione, da una pro-spettiva teologica, ci fornisce unaverità divina riguardo a Dio che cipuò guidare nel determinare se quel-lo che deduciamo riguardo a Dio,fondandoci sulla ragione e sulla natu-ra, è vero o falso. Spesso i cristianiproclamano che il Cristianesimo èuna religione di pace, e lo confronta-no con l’Islam, visto come una reli-gione della spada. Tuttavia i cristianihanno una storia di guerre religiosele cui radici possono già rintracciarsial tempo dell’imperatore Costantino(288-337). Durante le crociate lachiesa andò oltre e benedì la guerracontro gli infedeli come un fattopositivo e in numerose occasionicostrinse alla conversione sotto laminaccia di morte. Da parte loro imusulmani non negano che la guerrafu usata per espandere il territorioislamico. Giusto o sbagliato, si cre-dette che la guerra era necessaria a farprogredire la volontà di Dio.I musulmani negano comunque chele persone siano state convertite conla forza, facendo una distinzione fral’espansione territoriale e lo sviluppodell’Islam come fede.Naturalmente i re e i dominatori cri-stiani hanno anch’essi acquisito degliimperi a volte con la benedizionepapale. Recentemente, tuttavia,l’Islam è stato associato così tanto

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con la guerra e con il terrorismo cheper molti osservatori il terrorismo haassunto una faccia islamica. Tuttavia,atti di terrorismo sono portati avantianche dai cristiani nell’Irlanda delNord e in Spagna e dagli hindu nelloSri Lanka. Perciò i musulmani nonsono le sole persone religiose ad esse-re coinvolte nel terrorismo.Guardando a questi attacchi forseuna differenza significativa è chealcuni terroristi musulmani giustifi-cano i loro atti citando le scritture.Almeno due versi coranici, (9:5 e9:29) sono ampiamente citati pergiustificare la violenza intenzionale eindiscriminata. Sfortunatamentemolti altri versi, quali (2:217; 22:39-40), che non si possono interpretarein questo modo, sono menzionatiraramente. La violenza, che sia stataperpetrata dai cristiani, dai musul-mani, dagli ebrei, dagli hindu, daibuddisti o comunque anche da chinon professi nessuna fede, ha rappre-sentato una piaga sull’esistenzaumana. Che le persone religiosesiano state colpevoli di violenza einumanità sottolinea semplicementel’universale fallibilità umana e nondiscredita gli ideali religiosi di pace,porta solo testimonianza dei limitiumani nel confrontarsi con questiideali.

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La mia percezione è che la Bibbia, ilCorano e in effetti tutte le Scritturecontengono un principio più elevato,il principio della pace. E questa è lapreoccupazione finale di questeScritture. Nessun passaggio descrivelo scopo finale di Dio come unmondo di guerra, di conflitto e diingiustizia. Quando parlano delfuturo che Dio desidera per ilmondo, le Scritture esaltano la pace.La descrizione della fine dei tempinella Bibbia ebraica contiene lefamose parole che affermano che lespade saranno trasformate in aratri ele lance in falci (Is. 11:6-9; Mic. 4:3),mentre il Corano descrive l’Islam

((11)) JJaacckk NNeellssoonn--PPaallllmmeeyyeerr,, IIss RReelliiggiioonnKKiilllliinngg UUss:: VViioolleennccee iinn tthhee BBiibbllee aanndd tthheeQQuurraann ((NNeeww YYoorrkk:: CCoonnttiinnuuuumm,, 22000033))..

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Una teologia8RELIGIONI E

CULTURE PER LA PACE

come il “mattone della pace” e imusulmani come coloro che fannociò che è giusto e si astengono da ciòche è sbagliato (10:25; 3:110).Poiché l’umanità abbraccia la pace ela riconciliazione di tutte le cose diDio, la creazione sarà restaurata allasua originale perfezione.Il più alto principio di pace che èsenza dubbio la meta finale delloscopo di Dio presentato dalleScritture corrisponde a ciò che moltepersone credono sia la condizioneideale per la vita dell’uomo. Anche lareligione cinese vede la stabilità el’unità come l’ideale più elevato. NelConfucianesimo: “alla fine la vittoriasenza spargimento di sangue è l’abi-lità più grande” (Thompson, 124).Le nostre coscienze, che hanno collet-tivamente ispirato documenti qualila Carta delle Nazioni Unite, attesta-no che la pace è il principio più alto.Tuttavia ci sono voluti molti secoliper arrivare alla nostra comprensionecontemporanea della pace. Anchenei tempi antichi esistevano nozionidi pace, tuttavia la pace era acquisi-ta da un gruppo che dominava glialtri. La Pax Romana e persino la piùrecente Pax Britannica fu impostacon la forza. A differenza della pacecome intesa nella Carta delleNazioni Unite, la loro “pace” nonincludeva il sostegno ai fondamenta-li diritti umani, la dignità e il valo-re di ogni persona, la parità deidiritti fra uomini e donne o la pro-mozione del progresso sociale, emigliori standard di “vita in unalibertà più grande.” Tali libertà nonesistevano e molte persone si senti-vano oppresse.Recenti affermazioni sul significatodella pace globale come il“Commitment to Global Peace” firmatoda leaders spirituali e religiosi ditutto il mondo al Summit del mil-lennio patrocinato dalle NazioniUnite nell’Agosto del 2000, ha este-so il concetto di pace per abbraccia-re l’ambiente naturale, chiamando igoverni e tutte le persone di buonavolontà a collaborare nel prendersicura “del sistema ecologico dellaterra e di tutte le forme di vita.” Lapace nel suo senso più pieno coinvol-ge la riscoperta della dimensionespirituale della vita umana e plane-

taria. Pace significa che l’umanitàlavora insieme - e non contro - laTerra e il Creatore della Terra persostenere e nutrire e non per dan-neggiare e distruggere. La pace com-porta la scoperta dell’unità essenzia-le dell’umanità. La verità più gran-de, che non siamo separati, masiamo parte della Terra è stata perlungo tempo l’insegnamento dellereligioni tradizionali, ma è statamolto ignorata a causa dell’aviditàdegli uomini e delle donne. Troppospesso i cristiani hanno consideratola Terra come una risorsa limitataperché alla fine sarà distrutta. Ilprincipio più elevato afferma che laterra, una volta restaurata, continue-rà a fiorire.La Dichiarazione del Millennio delleNazioni Unite afferma che lo sradi-camento della povertà è una condi-zione della vera pace. La compren-sione olistica di pace è in sintoniacon l’obiettivo delle Scritture manon si può dire che sia stata messamolto in atto nel corso della storiaumana, che ha piuttosto visto lapace come un’assenza di guerra con-quistata da un dominio militare o daun potere politico. Questa visionepiù grande di pace è contenuta nelleScritture, ma ci sono voluti secoliprima che l’umanità comprendessela visione biblica e coranica. La Carta delle Nazioni Unite e laDichiarazione Universale dei DirittiUmani sono, a mio parere, fra i piùnobili documenti finora scritti dallamano dell’uomo. L’idea che qualco-sa, che possiamo definire coscienzaumana collettiva, si sia evoluta, èderivata, naturalmente, da G.W. F.Hegel (1770-1831) così com’è nelconcetto di Francis Fukuyama della“fine della storia”. Fukuyama fa rile-vare che sfortunatamente il pregiu-dizio contro Hegel causato dallastretta associazione fra Hegel e ilMarxismo (altri aggiungono il tota-litarismo del XX secolo) non favedere alle persone l’importanza delsuo pensiero. Fukuyama sostiene chela democrazia liberale rappresenta ilvertice della conquista umana nellasfera politica e alla fine trionferà.Questo trionfo, egli crede, può darsiche non porti la fine di tutti i con-flitti; tuttavia è verosimile la loro

diminuzione e le relazioni interna-zionali si occuperanno di: “risolvereproblemi tecnici, preoccupazioniambientali e soddisfare specialisti-che richieste dei consumatori”.Il principio più elevato testimoniatodalle Scritture corrisponde pertantoad aspetti del pensiero contempora-neo. Gli sviluppi nel mondo mate-riale, in questa visione, sono portatida un precedente sviluppo nel regnodella consapevolezza e delle idee. In questo contesto la democrazialiberale non dovrebbe essere confusacon il lassismo morale o la permissi-vità prevalente nella società occiden-tale; piuttosto essa si riferisce a quel-le società che permettono il governodel popolo da parte del popolo e peril popolo; che permettono il liberoscambio e la collaborazione con altredemocrazie per un comune beneficio.

IIll rriissppeettttoo ddii DDiiooppeerr llaa ssuuaa ccrreeaazziioonnee

Lavorando con materiale umano erispettando la libertà umana, Diosceglie di lavorare con l’umanità perquello che l’umanità è realmente.Dio entra nella storia intervenendonella vita di coloro che sceglie. In unmondo di violenza, Dio deve tratta-re con la violenza. Fino a che l’uma-nità non era pronta ad accettare laverità di un principio più elevato,un principio inferiore, quello diguerra come un bene condizionato,era necessario. Anche se accettiamodi non poter comprendere piena-mente gli scopi imperscrutabili diDio, potremmo accettare che se Dioha approvato le guerre, queste eranonecessarie come parte del piano diDio, che crediamo sia il bene defini-tivo. La guerra non potrà mai essereil bene più grande. I cristiani e imusulmani e gli ebrei, gli hindu egli altri che hanno cercato di giusti-ficare la violenza in termini religiosisi sono, molto semplicemente, sba-gliati. Come dice Thompson, persi-no dei capi buddisti sono stati san-guinari quanto i loro vicini hindu ediversi gruppi buddisti “si sono con-quistati e trucidati fra loro.”Un’umanità matura bandirà la guer-ra mettendola nel museo degli erro-

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a di Pace 9RELIGIONI ECULTURE PER LA PACE

ri umani e abbraccerà la non violenzacome l’unico mezzo per riconciliarele differenze. La guerra porta vincito-ri e vinti e i vinti inevitabilmentevivono con risentimento la loro scon-fitta e attendono l’opportunità divendicarla. La violenza richiama sem-pre maggior violenza. Quando lanon-violenza diventerà la normadella strategia per la risoluzione deiconflitti, l’umanità comincerà adassumersi la responsabilità di restau-rare il mondo alla sua perfezione ori-ginale che è la meta della storia.

CCoommee ppoottrreebbbbee eesssseerreeiill ffuuttuurroo

Questa teologia è pratica perché ilmondo che immagina può essere rag-giunto e potrebbe essere prefiguratopoliticamente dalle democrazie libe-rali di Fukuyama. Le democrazieliberali praticano il libero commerciocon le altre democrazie liberali;quando fornitori e consumatori sifideranno gli uni degli altri, proteg-geranno gli interessi reciproci. Ciòche desidero per me diventerà ciò chedesidero per il mio fornitore o il miocompratore: una casa dignitosa, unlavoro significativo, del cibo da man-giare, la possibilità di accedereall’istruzione e alle cure mediche.Anche una devoluzione del governoverso il basso fino alle comunità loca-li, per confrontarsi con le questionidello standard di vita e verso l’altofino ad una Federazione mondiale chetratti questioni globali come l’am-biente e il mantenimento della pace,cambierebbe il modo in cui il mondolavora. Le comunità locali autonomeavrebbero molti vantaggi: consiste-rebbero di persone che si conosconofra di loro e potrebbero stabilire alle-anze con comunità simili andandooltre le tradizionali barriere naziona-li. Inoltre, con la devoluzione delpotere, gli interessi egoistici gioche-rebbero un ruolo meno significativodi quanto non avvenga nelle politi-che nazionali.Società più localizzate diventerannopiù coscienti della realtà dell’interdi-pendenza umana, della verità che seviviamo più semplicemente, consu-mando meno, altri potrebbero esserein grado semplicemente di vivere.

Come disse Ghandi: “In questomondo c’è a sufficienza per i bisognidi tutti, ma non per l’avidità ditutti.” Le persone comprenderannoche non hanno bisogno di tutti glioggetti materiali che la propagandacommerciale offre loro, che mangiaremeno è più salutare, che la vitaumana non è solo esistenza fisica, maha anche una dimensione spirituale.È qui che le percezioni religiose pos-sono guadagnare un nuovo ascolto.La cultura materiale che attualmentedomina e divide il mondo è ancheuna cultura individualistica. Essamette “me” e “i miei desideri” al cen-tro a spese degli altri. Il potere digrandi corporazioni che pongono ilprofitto al di sopra della moralitàverrà dissipato quando le comunitàlocali sceglieranno di assumere unaposizione morale contro il materiali-smo rampante e i valori permissiviche denigrano l’impegno e il rispettoper se stessi. La centralità delle unitàfamiliari, onorate dalla grande mag-gioranza, se non da tutte le religioni,potrebbe essere riaffermata quando lepersone comprenderanno il vantag-gio di vivere in comunità dove esisto-no condivisione e cura reciproca piut-tosto che in realtà isolate che accu-mulano sempre più oggetti per unuso egoistico personale. La consape-volezza spirituale può incoraggiare lepersone a rivolgersi alle religionicome posti in cui c’è tradizionalmen-te la saggezza spirituale. Salendo suun più alto livello di esistenza possia-mo anche diventare ricettivi allenuove verità riguardanti l’umanità ealla relazione dell’uomo con Dio.Specialmente la religione cinese vedeil bene comune come una preoccupa-zione centrale e considera la famigliacome un microcosmo della società.Il libero flusso di capitali metterebbein grado chiunque di comprare i ser-vizi di cui ha bisogno e le grandi dif-ferenze economiche fra le nazioni siauto-regolerebbero verso una piùequa distribuzione del capitale. Un tale ordine mondiale potrebberidurre il ruolo dominante dellanazione-stato; anche la religione,avendo portato unità fra l’uomo eDio, vedrebbe ridotta la sua influen-za. Questo è ciò che intendono alcu-ne religioni quando affermano che

2

Dio, in futuro, dimorerà con noi. SeDio dimora con noi, il ruolo dellareligione come mediatore fra noi eDio diventa superfluo. Coloro chepensano che dovremo passare attra-verso terribili battaglie prima chequesto tipo di mondo diventi realtàtendono a credere che “il nuovo cieloe la nuova terra” saranno una creazio-ne diversa, spirituale e probabilmen-te non materiale. Solo l’interventodivino può creare questa realtà.La descrizione del mondo come unaconfederazione di molte comunitàlocali in cui persone di razze e fedidifferenti collaborano in unità auto-nome assicurando così l’appagamen-to di tutti i bisogni basilari e dove visia anche una reale opportunità per lepersone di fiorire intellettualmente,spiritualmente e culturalmente, iocredo che possa essere costruita dallemani dell’uomo. La Bibbia raramen-te, se non mai, predice eventi reali. Ilnostro futuro non segue un pianoinevitabile, ma dipende dall’anda-mento della collaborazione Dio-uomo; perciò vi sono diverse possibi-lità, non una sola. Il futuro potrebbeessere violento, se questo è ciò chescegliamo, ma può essere pacifico seaccettiamo la nostra collaborazionecon Dio che si aspetta che noi ci assu-miamo le nostre responsabilità.La perfezione di Dio, come quelladell’universo, dipende da quanto noipermettiamo a Dio di realizzare ilsuo pieno potenziale. Nel crearci Dioprese il rischio che noi potessimoribellarci a Lui. La perfezione di Dioche svuota se stesso è il potere divino,non la realtà divina; la completa rea-lizzazione della realtà divina dipendedalla nostra collaborazione. Fino adoggi la creazione geme in travaglio(Rom. 8:22).

((22)) MMii aavvvviicciinnoo qquuii aa qquuaannttoo ssccrriittttoo ddaaBBeennjjaammiinn BBaarrbbeerr oorriiggiinnaarriiaammeenntteenneellll’’aarrttiiccoolloo ““JJiiddaahh vvss MMccWWoorrlldd””ppuubbbblliiccaattoo ssuullll’’ AAttllaannttiicc MMoonntthhllyy((mmaarrzzoo 11999922)) ee ssuucccceessssiivvaammeennttee iinn uunnlliibbrroo.. BBaarrbbeerr ppaarrllaa ddii ““uunn’’uunniioonneeccoonnffeeddeerraallee ddii ccoommuunniittàà ppaarrzziiaallmmeenntteeaauuttoonnoommee ppiiùù ppiiccccoollee ddeeggllii ssttaattii--nnaazziioonnee,, lleeggaattee iinnssiieemmee ddaaaassssoocciiaazziioonnii ee mmeerrccaattii ppiiùù ggrraannddii ddeegglliissttaattii--nnaazziioonnee,, ppaarrtteecciippaattiivvee ee aauuttoonnoommeeaallllaa bbaassee iinn qquueessttiioonnii llooccaallii eerraapppprreesseennttaattiivvee ee aaffffiiddaabbiillii aa lliivveelllloo ppiiùùeelleevvaattoo..””

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10 IN-FORMAZIONE

Progresso eResponsabilitàUmanaddii GGiioorrggiioo GGaassppeerroonnii

Progresso è un termine che è stato ed è usato molto spessoda tutti. Ma la domanda che viene da porci altrettantospesso, è: Quale progresso? Chung Hwan Kwak,

presidente internazionale dell’UPF (Federazione Universale perla Pace) ci ricorda nel suo articolo che l’idea di ProgressoResponsabile coinvolge molti fattori cruciali e che devenecessariamente passare per la più completa realizzazione dellalibertà e del potenziale umano. Per poter essere liberi di agireè necessario che ci sia una libera volontà la quale èun’espressione della mente. Poiché la mente di una persona in armonia con le leggi dellanatura non può agire al di fuori di esse, ci potrà essere altresìuna vera libertà d’azione solo in presenza di una realeconsapevolezza della persona.Un altro aspetto importante da considerare è la responsabilitàche deve sempre accompagnare una persona veramente libera.Gli esseri umani possono perfezionarsi soltanto, quandopotranno realizzare la propria responsabilità basata sulla liberavolontà. Inoltre, non potrà esistere responsabilità senza il rag-giungimento di qualche risultato concreto.Quando gli esseri umani esercitano la loro libertà e applicanola propria capacità di agire, cercheranno sempre di perseguiredei risultati concreti quali obiettivi di vita. La responsabilità ci permette di perfezionare il carattere. Cos’è la perfezione del carattere? Quando si realizza la propriamaturità in armonia con le leggi dell’universo, l’individuoacquisisce la saggezza necessaria a diventare il vero proprietariodi se stesso, capace di dare in modo altruistico, diventare unvero genitore e un vero insegnante. In questo mondo così com-plesso e variegato, il principio di diventare un vero proprieta-rio si applica alla relazione fra le persone così come alle relazio-ni fra gli esseri umani e il mondo circostante. La domanda daporci e quale tipo di persona può essere considerata “VeroProprietario”. In altre parole, una persona che vive in modoaltruistico e pratica il vero amore, è un vero proprietario. Coluiche tratta ogni cosa nella creazione con amore, proteggendola enutrendola, può diventare un vero genitore di tutte le cose.Questo, permette di entrare in risonanza con la saggezza dellanatura e in un rapporto empatico con il resto del genere umano:si arriverà, così, a conoscere più profondamente se stessi. Inquest’ottica, acquista molta importanza l’articolo dellaProfessoressa Forcella sulla prevenzione degli incidenti stradalicorrelati all’uso di sostanze Psicoattive denominato “Progettoon the Road”. Quando le persone realizzano consapevolmentele proprie responsabilità, tutte le libertà vengono a realizzarsi.

...È triste che molterisorse dell’umanità

che potrebberoconcorrere a sostenere

una visione globale diprogresso incontrinol’ostacolo di barriere

religiose, razziali,culturali e

nazionalistiche...

dall’articolo del rev. Kwak

Rev. Dr. Chung Hwan Kwak,Presidente Universal Peace

Federation e Sir JamesMancham, Presidente fondatore

delle Seychellles, Presidente del

Consiglio Globale di pace

dell’UPF

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Verso unprogressoglobale

IN-FORMAZIONE 11

VERSO UNPROGRESSO GLOBALEddii CChhuunngg HHwwaann KKwwaakk

L’idea di ‘progresso responsa-bile’ di cui voglio parlareimplica molti fattori decisivi

che costituiscono il presuppostoessenziale per una pace duratura.Generalmente, parlando di pro-gresso, si pensa al miglioramentodelle condizioni di vita; in realtà ilprogresso deve implicare anche lacrescita verso la più completa rea-lizzazione della libertà e del poten-ziale spirituale dell’uomo. Il pro-gresso degli esseri umani avviene inprimo luogo attraverso l’evoluzionedella coscienza morale, lungo ilcammino di crescita verso l’etàadulta; in secondo luogo, attraversola formazione di famiglie che per-mettano lo sviluppo dell’amore e lamaturazione del carattere; infine,attraverso un impegno socialeresponsabile. Storicamente il progresso dell’uma-nità è stato frenato dalla lotta peraccaparrarsi le risorse e dallo sfrut-tamento perpetrato da alcuni, perbeneficio personale, nei confrontidei loro simili. In America, adesempio, il progresso dei colonizza-tori europei nei secoli 18° e 19° furealizzato a spese dei nativi ameri-cani, che vennero cacciati dalle loroterre e furono decimati dalle malat-tie importate dal vecchio mondo.Anche il progresso indotto dallenuove tecnologie nel corso del 20°secolo è avvenuto a spese dell’am-biente e ha comportato l’emargina-zione di milioni e milioni di perso-ne in tutto il mondo. Oggi è mag-giormente evidente che il progresso

a solo beneficio di una ristretta cer-chia di persone non può essere unobiettivo soddisfacente. La nostra coscienza ci rammentache non possiamo chiamare ‘pro-gresso’ una maggiore abbondanza eun ulteriore miglioramento deicomfort e dei vantaggi di cui giàgodiamo, se la vita di milioni dipersone è affetta da povertà, fame,discriminazioni, gravi carenze edu-cative, mancanza di condizioniigieniche accettabili e di assistenzasanitaria. Allo stesso modo l’am-biente naturale non può più esseresacrificato in nome di un presuntoprogresso. I consumi sproporziona-ti da parte delle società ricche,assieme all’inefficiente program-mazione e alle strutture inadeguatedi molti paesi in via di sviluppo,stanno causando uno sfruttamentosenza precedenti di terre, corsid’acqua, ecosistemi e persino deglioceani. Recentemente negli StatiUniti i rettori di 39 università evan-geliche, leader cristiani, comeRichard Cizak e Rick Warren,assieme a leader di gruppi cristianiquali l’Esercito della Salvezza,hanno proclamato che la cura del-l’ambiente è una priorità spirituale.Contrariamente all’opinione dimolti, non si tratta di una presa diposizione recente da parte dellepersone di fede, pur riconoscendoche le religioni hanno mancato nelloro compito di tutori della terra. Dalla prospettiva della FederazioneUniversale per la Pace, soddisfare ibisogni umani primari è un presup-

posto fondamentale per la pace.Tuttavia i bisogni umani primarinon sono solo fisici, sono anchemorali e spirituali. I miglioramenti materiali che con-trastano con la dignità dell’uomo,che limitano la libertà, che destabi-lizzano la famiglia o mancano nelrispettare l’ambiente, sono moltolontani dallo scopo finale. Le fedi del mondo sono depositariedella coscienza collettiva dell’uma-nità e nel 21° secolo devono avereun ruolo vitale nel guidare la nostravisione di progresso. Gli strumentigovernativi, così come le innova-zioni sviluppate dalla società civilesono motori importanti per l’au-mento del benessere dell’umanità. Il vero progresso può essere rag-giunto solo quando gli sviluppipolitici, economici e tecnologicivengono guidati da una visione ingrado di abbracciare l’umanitàintera e di garantire cura e prote-zione delle risorse naturali che sonoun dono di Dio. È triste che molte risorse dell’uma-nità che potrebbero concorrere asostenere una visione globale diprogresso incontrino l’ostacolo dibarriere religiose, razziali, culturalie nazionalistiche. La UPF e un crescente numero diAmbasciatori di Pace, con la lorovisione di costruzione della paceattraverso il vivere per il bene deglialtri andando oltre qualsiasi barrie-ra, offrono oggi una speranza con-creta di realizzare un progressoguidato dalla coscienza.

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IN-FORMAZIONE12

Dagli studi di epidemiologiarisulta che una quota impor-tante di incidenti stradali

gravi e mortali, sia correlata ad uso edabuso di alcol ed è evidente comenella Regione Veneto il fenomeno siaparticolarmente rilevante tra i giova-ni. Grazie al piano attuativo dellepolitiche sociali in ambito delledipendenze la Regione Veneto hadelineato i fini operativi e le prioritàdi intervento ponendo particolareattenzione sulla prevenzione prima-ria. Quest’ultima viene sviluppata datutte quelle parti sociali che miranoad un’azione comune e che abbianocome oggetto del loro agire la tutelae la promozione della salute nel suocomplesso. Si punta, quindi, ad inter-venti a medio-lungo termine checoinvolgano diverse realtà sociali efigure educative (genitori, inse-gnanti, educatori, psicologi, ope-ratori socio-sanitari) e che, fin dallaloro pianificazione, investano diretta-mente i giovani del ruolo di protago-nisti attivi.

PROGETTO “ON THE ROAD”

Il progetto “ On the Road” si è arti-colato in tre anni e, facendo proprioil concetto di rete, ha individuato edutilizzato le risorse dell’ambientesociale già presenti sul territorio perportare a termine gli obiettivi pre-fissati; esso si è posto in continuitàcon altri progetti attuati negli anniprecedenti quali il progetto Seneca,il progetto H due O, il progettoFriends ed il progetto ragazzi 2000,allineandosi infine ai progetti di“peer education” già implementatidal C.S.A (ex Provveditorato) diPadova in alcune scuole superioriquali l’Istituto commerciale Calvi,il Liceo Cornaro e l’I.T. Scalcerle. La creazione e il rafforzamento diuna rete necessita di un fattorefondamentale quale è la continui-tà nell’azione di promozione dieducazione alla salute: la preven-zione non può essere efficace selasciata ad azioni sporadiche. A questo proposito il progetto “Onthe Road” è stato sottoscritto danumerosi enti ed altrettanto nume-

rose associazioni vi stanno collabo-rando: la Prefettura di Padova, leACLI, il CSA, il CONI, L’Agenziaper le Tossicodipendenze, laPolizia Municipale, la Provinciadi Padova, le ASL 17, 14 ,15 edalle associazioni di genitori pre-senti nel territorio.Le scuole Superiori che hanno aderi-to al progetto sono: l’I.P.S.S.C.T.Leonardo da Vinci, l’I.P.S.I.A. T.Pendola-E.U.Ruzza, il liceo C.Marchesi-Fusinato, Maria Ausilia-trice, Euroscuola, Il Severi, il liceoCorsaro, il Valle e le Scarcerle per lacittà di Padova, il Pertini diCamposampiero, e il Cardano diPiove di Sacco, il Ferrari di Este.Spostando ora l’attenzione sulle ori-gini dei comportamenti a rischio neigiovani, va sottolineato come spessosi tenda a commettere l’errore diassociare il consumo di sostanze psi-coattive dei giovani con il piùampio concetto di “disagio giovani-le” nel tentativo di attribuire a que-st’ultimo una responsabilità causale

OBIETTIVIGENERALI

DEL PROGETTOON THE ROAD

Modificare leabitudini e gliatteggiamenti

nei confrontidelle droghe

Favorire losviluppo di una

gestionepositiva

dell’emotività edincrementare il

benessere

Incrementare unatteggiamentoprudente verso

l’uso di sostanze

Incrementare ilsenso di

responsabilitàverso l’uso dei

mezzi ditrasporto in

particolare secorrelato all’uso

di sostanze

PEER EDUCATION: prevenzione degliincidenti stradali correlati all’uso di sostanzepsicoattive

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13IN-FORMAZIONE

Il progetto on the Roadsi avvale dalla conside-razione che i gruppi di

pari si sviluppano sponta-neamente, senza strutturefisse, senza impegni precisie con un numero di compo-nenti fluttuante. Dalla pubertà in poi ilgruppo di pari ricopriràun’importanza sempre increscendo diventando,sopratutto nei casi di mar-ginalità sociale a volte, ilsolo e unico punto di riferi-mento per la crescita psico-sociale degli adolescenti.L’opportunità educativainserita all’interno di que-sto naturale fenomeno diaggregazione sociale giova-nile offre diversi vantaggi,primo fra tutti la possibili-tà di operare all’interno diambienti fisici e psicologicipotenzialmente ricchi efruttuosi, il secondo van-taggio è costituito dallapossibilità di incoraggiaree rivalutare abilità di vitafondamentali per affrontare

le difficoltà della vita.Trasversalmente ai puntisopra delineati si inserisceil concetto di sviluppo diabilità sociali e personali,consigliato dall’OMS (lifeskills) che risultano fonda-mentali per difendere leproprie posizioni di frontea forti pressioni socialinegative. Queste sono abilità o com-petenze psico-sociali che,nella maggior parte deglistudi, vengono individuatecome centrali per la promo-zione della salute e delbenessere dei giovani. Tra queste rientrano anche:la capacità di prenderedecisioni e di risolvere iproblemi, sviluppare unpensiero critico e creativo,comunicare efficacemente,sviluppare autoconsapevo-lezza, avere capacità empa-tica e di gestione delleemozioni e dello stress e lacapacità di rafforzare l’au-tostima.

ORGANIGRAMMA DEL PROGETTO

Psicologi ed educatori delle ulss,specialisti in materia di dipendenzaSpecialisti in materia di incidenti stradali: Polizia Stradale,Croce Rossa

Agiscono come facilitatori di processo creando lepremesse e le condizioni ottimali per l’interventodei peer educator

Promuovono gli aspetti informativi

Informazione sulle conoscenze in materiadi dipendenze

Sostegno allo sviluppo delle abilità personalie sociali dei figli

Promuovono le riflessioniAgiscono sulla socializzazione

Formazione e supervisione scientifica di progetto

I docenti

I genitori

I ragazzi(Peer Educator)

Docenti universitari

unica così da dirigere gli interventinella logica solo della riduzione deldanno. È invece un dato di fatto come,basandosi sui risultati delle piùrecenti indagini scientifiche, vengariportato un quadro interpretativoassai diverso e più complesso. Infatti, l’instaurazione di uno statodi dipendenza da sostanze psicoatti-ve dipende da due fattori principa-li: dall’accessibilità/disponibilitàalle sostanze e quindi un mercato,molto attento e preparato rispettoal marketing, ed alla vulnerabilitàdella persona, determinata da fatto-ri personali, caratteriali familiari eda fattori ambientali. In quest’otti-ca il progetto “On The Road” perse-gue strategie di intervento non“sui giovani” ma “con i giovani”e fa riferimento ai programmidelle Life Skill e di PeerEducation secondo le linee detta-te dall’OMS (Organizzazionemondiale della sanità che dipen-de dall’ONU.)

EEmmppoowweerrmmeenntt ee lliiffee sskkiillllss

I formatori

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14 IN-FORMAZIONE

IInntteerrvviissttaa aa ccuurraaddii FFiilliippppoo LLoonnggoo

Èappena uscito per la BiettiMedia Edizioni, reperibi-le anche nel sito

www.Bietti.it il romanzo diAntonio Saccà : “Il professore, lamorte e la ragazza”. è il secondoromanzo di Antonio Saccà, ilquale aveva pubblicato preceden-temente con le Edizioni Spirali iltesto: “L’uomo provvisorio”.L’odierno romanzo è vastissimoquantitativamente e complessonei suoi “materiali” narrativi. Lastoria a prima vista è semplice:un professore anziano abbandonal’insegnamento liceale per con-trasti con gli studenti e per delu-sione ma invece di godersi la vitaormai libero dall’insegnamentosi trova asservito ai bisogni quo-tidiani, dall’idraulico all’elettri-cista, le incombenze della giorna-ta, oltre a ciò si accorge di averedifficoltà a sopravvivere con quelche gli viene dato mensilmente. È quindi obbligato ad insegnareancora, in istituti privati. Neproviene una sua animosa pole-mica interna ed esterna contro la

Il progetto “On The Road” foca-lizza quindi l’attenzione su fatto-ri psico-sociali volti a favorire

l’acquisizione di abilità sociali e per-sonali orientate ad incrementarerisorse quali: l’autostima, la capacitàdi reggere alle pressioni del gruppo,la capacità di comunicare, l’assertivi-tà, tutte caratteristiche che, almomento di scegliere se assumere omeno una sostanza psicoattiva posso-no portare l’individuo ad una mag-giore responsabilità e consapevolezzadel proprio agire. Ma tramite la Peer education ciponiamo anche questi altri obiet-tivi: a) modificazione delle abitudini e

degli atteggiamenti nei confrontidelle sostanze psicoattive;

b) incrementare un atteggiamentoprudente verso l’uso delle sostanze;

c) incrementare la responsabilitàverso l’uso dei mezzi di trasporto,sopratutto se correlati all’uso disostanze;

d) favorire lo sviluppo di una gestio-ne positiva dell’emotività edincrementare la gestione delbenessere.

A questo proposito la “PeerEducation” costituisce un sistemaeducativo grazie al quale individuidella stessa età, status e con esperien-ze simili, qualora adeguatamente for-mati, possono organizzare attivitàcon i propri coetanei. In sostanza laPeer education significa che personecon un interesse comune vengonoistruite a sviluppare conoscenze especializzazioni appropriate e a con-dividere queste conoscenze in mododa informare e preparare i propri coe-tanei e diffondere competenze a abili-tà simili all’interno dello stesso grup-po di interesse. Uno dei punti diforza del progetto è stato il FORMA-RE I FORMATORI quindi sono statiorganizzati corsi di aggiornamentoper gli insegnati e numerosi incon-tri di formazione e informazione per igenitori coinvolgendo direttamentele associazioni dei genitori. Nello specifico l’associazione NuovaRealtà, l’associazione amici del pro-getto Don Bosco, e La Federazione

delle Famiglie per l’Unità e la Pacenel Mondo. Infatti per coinvolgeremaggiormente i giovani è fondamen-tale la collaborazione dei docenti edelle famiglie creando una vera retetra i tre poli fondamentali della scuo-la, giovani, docenti e famiglie. Questamodalità di intervento ha contribuitoa rafforzare il dialogo tra gli adultiresponsabili ed i giovani, ricco nonsolo di informazioni tecniche sulledroghe e il loro pericolo rispetto allaguida, ma anche ricco di spunti eticirispetto ai mercanti della morte. Con i giovani è stato infatti discussomolto il problema del narcotraffico equindi la responsabilità individualeche tocca ogni consumatore disostanze il quale si fa complice delmercato della morte. Infatti ricordia-mo che i proventi delle droghe servo-no a finanziare molte delle guerreoggi presenti nel mondo, alimentan-do il commercio di armi. I giovani sisono dimostrati particolarmente sen-sibili a queste tematiche e si sonofatti portatori di una nuova etica inquesto campo con i loro compagni,sia nelle classi che in numerose mani-festazioni pubbliche organizzate tra-mite il progetto ON THE ROADnella città di Padova.

PPeeeerr eedduuccaattiioonn

PEER EDUCATIONPPrreevveennzziioonnee ddeellll’’uussoo ddii ssoossttaannzzeeppssiiccooaattttiivvee ccoorrrreellaattee aallllaa gguuiiddaa ddiimmoottoo,, mmoottoorriinnii eedd aauuttoo

A cura di M.C. Forcella, A. Bergamo, P. Zuccaro - Edizioni Internazionali 2007

IL PROFESSORE,LA MORTE E LARAGAZZADi Antonio Saccà Edizione Bietti Media

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15IN-FORMAZIONE

società a cui il docente crede di averdato molto e da cui ritiene di rice-vere poco o nulla, pure negli inse-gnamenti privati ancora una voltasi accorge di essere sfruttato dacoloro che amministrano l’Istitutoin cui insegna ulteriormente. Ma il vero incubo dell’anzianodocente è il tempo che passa, lamorte che si presenta come terminedell’esistenza senza uno scopo, gliinsorge la voglia disperatissima disalvare qualcosa nella vita, cerca difarlo attraverso l’amore, attraversol’arte cerca di farlo, attraverso ilraggiungimento di una fede reli-giosa ma in tutte queste situazionisi scontra con radicali difficoltà, iltimore di giungere alla fine deisuoi anni malato e privo di soluzio-ne gli diventa incombente. La malattia, il tempo che passa, lavanità delle parole, della stessascrittura, il risultato annientatoreche vi sarà di tutta la realtà e nonsolo della sua persona lo spingonoaddirittura a commettere un delit-to per vendicarsi di un anzianoPreside di Facoltà che lo ha tratta-to non convenientemente. Ma neppure il delitto gli offreappagamento. Nel concepire la suaciviltà, la civiltà che ama, l’arte cheama come future prede di gentestraniera ha la visione di andareverso la sua desolazione ma ancheverso la desolazione della sua civil-tà. Questa, molto in breve, la tramadi questo romanzo. Per evidenziarealcuni punti problematici abbiamorivolto le seguente domande adAntonio Saccà.

Il suo romanzo finisce con unavisione di distruzione, tutto fini-sce in polvere, non solo ilmondo ma anche la civiltà. Aquanto pare lei ritiene che lafine della civiltà è più gravedella fine del mondo. È così?È così. La fine del mondo se ci saràè inevitabile ma la fine della civiltàpotrebbe essere evitabile e quindi èpiù grave, ne abbiamo la responsa-bilità.Perchè parla di fine della civiltà,di fine della nostra civiltà?

Parlo di fine della nostra civiltàperchè noi siamo indifferenti adalcuni temi cruciali, che, se nonvengono risolti, provocheranno lafine della nostra civiltà, intendodire la nostra denatalità e l’afflussocasuale, improvvido, generalizzatodi stranieri di tutte le risme.

Ritiene che dovremmo misurarel’afflusso di stranieri, isolarci,metterli alle porte?Niente affatto. Ritengo che non c’èun impegno di socializzazione, diacculturazione, di trasmissione divalori e poi, ripeto, se non si risol-ve la nostra denatalità il problemaimmigratorio diventa clamoroso.Altro è un paese che fa figli e rice-ve gente straniera altro è un paeseche riceve gente straniera senza farfigli. Io credo che si dia troppapoca importanza a questo doppioaspetto dell’immigrazione. L’immigrazione è un fenomenonaturale di tutte le società, anche lemescolanze, purché vi siano alcunivalori stabili nella società d’acco-glienza. Se poniamo troppi gruppiislamici o induisti chiusi in lorostessi si collocano all’interno dellasocietà, la società diventa ingover-nabile. Altro è che se questi gruppicomunicano, scambiano e accettanola reciproca convivenza.

Ad un certo punto nel suoromanzo il protagonista che èun agnostico mette alle paretifigure religiose di santi, dimadonne, di Gesù Cristo e cosìvia e il personaggio giustificaquesto fatto col dire che unasocietà ha i suoi simboli e non sipuò fare a meno di questi sim-boli, se la società vuol mantene-re alcune sue caratteristiche.Come spiega il fatto che unagnostico accetta dei simbolireligiosi?Ecco un punto essenziale del mioromanzo. Abbiamo attualmenteuna polemica dei non credenti neiriguardi dei credenti e mi sembrapriva di senso, la nostra società èuna società caratterizzata dalla coe-sistenza di non credenti e di creden-

ti e sarebbe perniciosissimo se i noncredenti polemizzassero coi creden-ti e viceversa. Bisogna che ciascunoaffermi le sue caratteristiche ma chene sia tollerantissimo con le caratte-ristiche altrui, lo stesso vale per lereligioni. È giustissimo che ciascu-no affermi la propria religione ma èessenzialissimo che vi sia la convi-venza delle religioni.Allora lei ritiene che se ci fosseconvivenza tra agnostici e cre-denti e tra le religioni la civiltàpotrebbe “salvarsi”, per usarequesto termine?Le società hanno bisogno anche delsenso della qualità. Non basta laconvivenza occorre che sia mante-nuta elevata la qualità culturale, laqualità artistica, senza qualità lavita si spegne per sfiducia in ciòche viene fatto. Se, poniamo, hanno successo libridi scarso valore, musiche di scarsaimportanza, filosofie da quattrosoldi, ovviamente la civiltà sideprime, non ha rispetto di se stes-sa, le grandi civiltà hanno rispetta-to se stesse perchè i loro prodotti,per usare questo termine, eranomeravigliosi. Come facciamo adapprezzare noi stessi se non vi èqualità? È questo l’incubo del mioprotagonista.

Mi scusi l’insistenza, se dunqueritrovassimo la qualità e la con-vivenza della diversità avremmoqualche speranza?Assolutamente si. Il nichilismo del mio protagonista,se devo usare questo termine abu-sato, è assoluto ma soprattutto sto-rico. È assoluto nel senso che l’universoin sé gli sembra destinato a dissolu-zione ma all’interno di questo uni-verso di cui egli non decifra il sensogli appare fondamentale quel cheho detto: la qualità e la convivenzadella diversità. Se queste due cose si coniugano lavita assumerebbe aspetti apprezza-bili, afferrabili, da amare e in que-sto senso il mio romanzo e il mioprotagonista sono tutt’altro chenichilisti.

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Le libertàfondamentali

ETICA E SOCIETÀ16

Le libertà fondamentaliddii GGiioorrggiioo GGaassppeerroonnii

La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e laCarta delle Nazioni Unite hanno lo stesso fine: la rea-lizzazione della Pace e della formazione di cittadini del

mondo. Tuttavia, come afferma la Dott.ssa Eva AdelaLatham, Presidente di Human Rights Teaching Internationalin Olanda, troppe persone hanno elaborato delle false giusti-ficazioni per escludere gli altri dalla dignità umana.I problemi del mondo hanno una radice spirituale ed eticacome afferma il preambolo della Carta di Fondazionedell’Unesco “poiché le guerre hanno inizio nelle menti degliuomini, è nelle menti degli uomini che devono esserecostruite le difese della pace”. I Diritti Umani riconoscono che tutte le persone sono createuguali ed hanno pari opportunità e dignità: DagHammarskjöld, il secondo Segretario Generale delle NazioniUnite, il 22 Dicembre 1953 dichiarava “…Il nostro lavoroper la Pace deve iniziare all’interno della sfera privata diognuno di noi. Per costruire un mondo senza paura, dobbia-mo essere senza paura. Per costruire un mondo di giustizia,dobbiamo essere giusti. E come possiamo lottare per la liber-tà se non siamo liberi nella nostra propria mente? Come pos-siamo chiedere agli altri di sacrificarsi se non siamo dispostia fare lo stesso?” Guardando indietro nella storia, la societàfeudale del Medio Evo ha dato vita a pensatori che hannoispirato gli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità per que-sto mondo, incentrati sull’Umanesimo. Se il Cristianesimomedioevale avesse capito il concetto completo di liberavolontà, le parole Rivoluzione e Riforma non sarebbero statenecessarie. Non avendo fatto questo, il movimento del cam-biamento è venuto dal mondo esterno alla religione. Quelnuovo movimento lo conosciamo con il nome diRinascimento.Insistendo, però, solo sulla libertà secolare invece di conqui-stare l’ideale della completa libertà, si è venuti a perdere gra-dualmente le libertà autentiche. I popoli hanno ripetutamen-te perso la completa libertà, anche se gli individui, le fami-glie, la società e le nazioni hanno asserito il loro diritto allalibertà. Ciò che le persone insistono nel sostenere, oggi, nonè quella libertà stabile e duratura. Ad esempio, tutti coloroche sono andati verso un individualismo esasperato si sonosempre più isolati. Questo è un dato di fatto innegabile.Se non si entra in armonia con le leggi della natura, anche sele persone cercano la libertà, andranno sempre più verso ilculmine della mancanza di libertà. Più si insiste in quelladirezione, più si creano delle categorie limitate di libertà. I contenuti delle relazioni in questa sezione ci aiutano ariflettere sulla situazione attuale del nostro mondo. Vorreievidenziare che il messaggio che ne scaturisce è che è neces-saria una grande rivoluzione se vogliamo unire il mondo erenderlo libero, ma deve essere prioritariamente una granderivoluzione del carattere umano. Conoscenza, soldi o poterenon possono portare questa contro-rivoluzione del carattere.La Libertà non viene dall’avere diverse possibilità di sceltama dall’imparare a fare le scelte giuste.

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Conflitto di emozio

17ETICA E SOCIETÀ

Un articolo (che divenne poiun "cult") del famoso polito-logo e storico statunitense

Samuel Huntinghton nell'estate del1993 trattava di un possibile scontrodi civiltà ("The clash of civilitazion");recentemente è apparso a cura diDominique Moisi, consulentedell'Istituto francese di relazioniinternazionali di Parigi, un brillantearticolo su una possibile contesa diemozioni tra gruppi di paesi.Sinteticamente, il mondo occidenta-le vive in una civiltà di paura, ilmondo arabo musulmano è intrappo-lato in una realtà di umiliazionementre alcuni grandi paesi dell'Asiain un contesto di speranza.L'Occidente, Europa e Stati Uniti,risulta più diviso che coeso, la comu-nità musulmana più unita ma spessorigurgitante di rabbia, l'unico bene-ficiario è l'asse Cina India, concentra-to a crearsi un futuro migliore.Ovviamente tali filosofie o compor-tamenti, forse un po' schematici, nonsono universali in ogni regione.Europa e Stati Uniti vivono in unaciviltà comune di timore e con gradidiversi: ansia e preoccupazione inte-ressano la mancanza di identità in unpianeta sempre più complesso evariegato.Esiste in Europa l'inquietudine diessere invasi da torme di immigrati edi poveri, provenienti principalmen-te dal Sud della terra. Inoltre, dopo lestragi di Madrid (2004) e di Londra

(2005), gli europei hanno compresoche i loro paesi non sono solo targetsdei terroristi ma anche possibili basi.Poi, sussiste la paura di essere abban-donati economicamente: per moltieuropei, la globalizzazione si è iden-tificata con la destabilizzazione di uncerto benessere, tagli occupazionali,incertezze future. E sono tormentatidal timore di diventare un grandemuseo all'aria aperta, dove turisti epensionati convergono, viaggiano evivono a scapito di creatività edinnovazione tecnologica. Alla fine sipotrebbe arrivare ad un'Europa"governata" da una potenza, ancheamica, quale gli Stati Uniti o "gover-nata" da un soggetto senza volto,come la Commissione Europea(anche se più difficile).Ciò che unisce tutti questi timori è ilsenso della perdita del controllo delproprio territorio, sicurezza, identità,in poche parole di un unico destino.Forse, gli Stati Uniti vivono più"spensierati", anche se l'invasioneispanica si espande, il deficit econo-mico cresce prepotentemente e il tra-gico ricordo dell’11 settembre restasempre attuale.Occorre ricordare che mentrel'Europa viveva nel Medio Evo (inuna sorta di limbo), l'Islam era nelpieno del suo Rinascimento; quandocominciò il fiorire del Rinascimentooccidentale, il mondo musulmano sispegneva inesorabilmente. Unaprova di tale decadimento si è avuta

con la nascita dello stato d’Israele(1947): il conflitto non risolto traGerusalemme ed i suoi vicini si è tra-sformato da una cultura dell'umilia-zione ad una forma di rabbia, di odio,di violenza aperta. Paradossalmente,il contrasto religioso tra musulmanied ebrei si è acuito tra Islam edOccidente in senso lato.La recente guerra in Libano (2006)ed il perdurare del conflitto in Iraq(2003) hanno esacerbato gli animi ele menti, con l'ascesa degli estremistisciiti e dei loro alleati. II vuoto è in parte dovuto a visionidiverse: mentre le società in Europastanno diventando secolarizzate, lavalenza della religione nella vita quo-tidiana nella comunità araba staaumentando.La crescita di Cina ed India risultaimperiosa anche se non omogenea: inCina specialmente il sud e la costahanno tassi di sviluppo formidabilementre l'India cerca di cooperarediplomaticamente con Washington edi stringere affari con l'Europa. Per superare lo scontro di emozioni,la priorità dell'Occidente è ricono-scere la natura della minaccia che ilmondo musulmano pone all'Europastessa e agli Stati Uniti. Negare l'esistenza dell'intimidazioneo rispondere in maniera sbagliatasono scelte alquanto pericolose. Cosìcome né la pacificazione né la solu-zione militare da sole possono esseresufficienti. Bisogna comprenderecome instillare un senso adeguato disperanza e di progresso nelle societàmusulmane per far sì che lo sconfor-to e rabbia non si trasformino in armiradicali e violente.

La paura in Europa enegli Stati Uniti,

l'umiliazione nei paesiarabi e musulmani, la

speranza in Cindia(Cina ed India)

s’intrecciano sempredi più in una futura

convivenza mondiale

CONFLITTO DI EMOZIONI?ddii CCaarrlloo AAllbbeerrttoo TTaabbaacccchhii

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Creare una culturadell’inclusione

18

La Dichiarazione Universale deiDiritti Umani, e la Carta delleNazioni Unite hanno entram-

be lo stesso fine: la realizzazionedella pace. Il senso fondamentaledella Dichiarazione Universale deiDiritti Umani consiste nella esalta-zione della dignità di ogni essereumano, ed in quanto tale dei suoidiritti morali. Essa incarna il princi-pio dell’uguaglianza, che è ricono-sciuto dalla legge naturale.L’Articolo 1 della Carta delleNazioni Unite afferma che uno degliscopi dell’ONU consiste nel realiz-zare la cooperazione internazionalevolta a “promuovere ed incoraggiareil rispetto per i Diritti Umani e perle libertà fondamentali per tutti,senza distinzione alcuna”. Il pensie-ro fondamentale dietro la Carta è chela pace e la stabilità tra le nazionipossono essere raggiunte nel modomigliore percorrendo questa strada.Quale esperta nel campo dei dirittiumani, riconosciuta dall’UNESCO,cerco con tutte le mie forze, e con imiei metodi, di applicare la nozionedi dignità umana per tutti. So quanto sia stato difficile nel corsodella storia - e quanto ancora lo sia -trasporre l’essenza del messaggio deidiritti umani dalla teoria alla prati-ca, che tutte le persone sono createeguali per quanto riguarda la lorodignità, e che tutti sono membridell’unica famiglia umana, indipen-dentemente dalla loro cultura, reli-gione, nazionalità, genere e lingua,così come affermato nell’Articolo2.1 della Dichiarazione Universale.Tuttavia, troppe persone hanno ela-borato delle false giustificazioni perescludere gli altri dalla dignitàumana. Vedo ogni giorno il modo in cui lagente si autolimita nella propriavisione nazionalista, nei propri cir-coli religiosi, nelle proprie norme enei propri valori culturali, nei con-cetti di superiorità di genere o di

colore, o di origine sociale, con ilvergognoso risultato di escludere glialtri.Questa “filosofia” dell’esclusione è labase di problemi minimi e massimiin luoghi grandi e piccoli in tutto ilmondo. Questo pensiero è ciò che hadato forma al nostro mondo, e cheancora continua a dargli forma.Esempi contemporanei del risultatodi questi comportamento sono ilRuanda, la ex Iugoslavia, laRepubblica Democratica del Congo,l’Afghanistan, l’Irak, il Sudan, e lecontinue atrocità che avvengono nelMedio Oriente. Ma anche nelle“società senza guerra” si può osserva-re l’abuso delle differenze religiose eculturali, e l’astuto sfruttamentodelle stesse, a fini di vantaggio per-sonale o al fine di raggiungere omantenere il potere politico.A fronte di così tanti esempi dellapredominanza della filosofia del-l’esclusione, è straordinario venire aconoscenza del “controesempio” for-nito dalla UPF, fondata dal Rev. Dr.Sun Myung Moon. In pochi anni laUPF è cresciuta fino a diventare unmovimento che opera in tutto ilmondo e che con grande successomobilita la gente perché realizzi unapace duratura sulla base del pensierodell’inclusione.La UPF sta mettendo in pratica unavisione, e la sta applicando ad unpercorso sostanziale, riuscendo a riu-nire leader non solo religiosi maanche politici, e persone comuni cheoperano in mille settori diversi dellasocietà. Attraverso la UPF questepersone hanno trovato l’ispirazioneper superare i propri limiti naziona-li, religiosi, etnici e sociali, e perdichiararsi incondizionatamentemembri dell’unica famiglia umana.Questa è la migliore applicazionepratica del pensiero dell’inclusione.È l’idea di base della DichiarazioneUniversale dei Diritti Umani chediviene realtà.

La missione della UPF è oggi piùnecessaria che mai, perché in questomondo che va verso la globalizzazio-ne sulla base della tecnologia, gliesseri umani sono più consapevolil’uno dell’altro. Ciò ci fornisce gran-di vantaggi rispetto al passato, maallo stesso tempo ci rende più vulne-rabili se non cambiamo la nostramentalità in modo tale da riuscire avedere ciò che ci unisce piuttosto checiò che ci divide. Per far sì che il mondo passi al pros-simo stadio di civiltà, che consistenella liberazione degli uomini daltimore reciproco, c’è bisogno di per-sone impegnate, coraggiose e credibi-li. Il Dr. Moon, e coloro che operanocon la UPF, sono proprio questo tipodi persone. Con i principi della UPF,“Vivere per il bene degli altri”, e“Vivere senza frontiere”, la UPF stamettendo in pratica lo spirito auten-tico del Preambolo e dell’Articolo 2.1della Dichiarazione Universale deiDiritti Umani in modo assolutamen-te originale e, soprattutto, credibile.

CREARE UNA CULTURADELL’INCLUSIONEEva Adela Latham, Ambasciatrice di Pace

ETICA E SOCIETÀ

LLaa DD..ssssaa EEvvaa AAddeellaa LLaatthhaamm èèpprreessiiddeennttee ddii HHuummaann RRiigghhttssTTeeaacchhiinngg IInntteerrnnaattiioonnaall iinn OOllaannddaa.. HHaa rriicceevvuuttoo iill pprreemmiioo UUNNEESSCCOOppeerr ll’’iinnsseeggnnaammeennttoo ddeeii ddiirriittttiiuummaannii nneell 11999900,, aassssiieemmee aaVVááccllaavv HHaavveell,, pprreessiiddeennttee,, iinn qquueell--ll''aannnnoo,, ddeellllaa RReeppuubbbblliiccaa CCeekkaa..

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a 19IL PERSONAGGIO

Ifatti della vita ci obbligano ditanto in tanto a frenare sui nostripensieri.

Troppo facile premere sul pedaledella tragedia, o invocare l’aiutodello psichiatra o, peggio ancora, faredell’umorismo in attesa di giornimigliori. In questi tempi, sembranostravolgersi certezze e speranze, finoa ieri radicate profondamente nellastoria della gente. Istinti selvatici emostruosi piombano sulle nostre casecome cicloni e terremoti apocalittici,seppellendo in pochi secondi tene-rezze, emozioni, ragionamenti, ami-cizie, amori, sicurezze. Mentre stava-mo ricostruendo con grande impe-gno le nostre città devastate dallaguerra e in preda alla povertà, non cisiamo accorti che il vecchio equivo-co, nato attorno alla biblica torre diBabele, si riproponeva con accentoancora più tragico. Allora furono lelingue a non essere comprese, oggisono le politiche, gli egoismi, lesopraffazioni, le aggressività, le soli-tudini, ad alzare mura altissime trauomo e uomo.

Evitiamo atteggiamenti teatrali eletture solo patologiche dei fatti!Recuperiamo il timone perché latempesta si palpa e l’uragano si fiuta.Gli errori più gravi li abbiamo fattitravisando la quotidianità Abbiamo seminato nel vento, e stia-mo raccogliendo nella tempesta.Fino all’altro ieri, la vita, da sola, erapiù che sufficiente per dare gusto allevicende umane, perché era: semplici-tà, affetti famigliari, parsimonia,fatica domestica, lavoro agricolo,sacrificio, fede, patria.Pensavamo d’aver scacciato dai nostricuori le ombre malefiche dei caini,affascinati dalla voglia di pace e giu-stizia. Invece nella baraonda dellanuova Babele l’aggressività e lamorte sono tornate a turbare i nostrisogni, a cavalcare i nostri relitti.Battersi il petto oggi serve a poco.Abbiamo sbagliato ma il tempo c’èper riparare e per rinascere.È nel terminale di noi adulti il virusmortale. La vita è ricerca di liberazio-ni, di risposte nascoste dietro il sudo-re di fatiche subito credute inutili e

sconfitte lancinanti secondo noiingiuste. Non è emissione di banco-note, inseguimento dissennato aipiaceri, bellezza a qualsiasi costo,come abbiamo fatto intendere a noistessi. Dobbiamo tornare a rimetterela solitudine, il dolore, le regole,l’ascetica prima nella nostra vita, peressere credibili quando le proporre-mo dentro la vita dei nostri figli.Scambiare la famiglia come il luogodove si depositano i panni sporchi ele giornate come coloratissimesequenze televisive, è l’altro grandeerrore che ha disorientato i nostrigiovani.Il dramma non è solo l’elaborazioneparanoica delle morti dei padri, mala certosina e macerante autoelimina-zione di ogni brandello di serenitàche i nostri figli vanno progettando,tra il silenzio attonito della societàdistratta.Una paraboletta ebrea, narra:“C’era una volta uno stolto cosìinsensato che era chiamato Golem(stupido). Quando si alzava al matti-no gli riusciva così difficile ritrovaregli abiti che alla sera, al solo pensie-ro, spesso aveva paura di andare adormire.Finalmente una sera si fece coraggio,impugnò una matita e un foglietto, espogliandosi, annotò dove posavaogni capo di vestiario.Il mattino seguente, si alzò tuttocontento e prese la sua lista. Il ber-retto: là, e se lo mise in testa. I pan-taloni: lì, e se li infilò; e così via finoa che ebbe indossato tutto. Finita lafatica, sentì all’improvviso salire den-tro di se una domanda: Si, ma io dovesono rimasto?”. Noi adulti abbiamoinsegnato ai nostri figli tantissimecose, li abbiamo ricoperti di indu-menti bellissimi. Abbiamo insegnatoloro dove si trovano: le scarpe, i tele-fonini, i motorini, i titoli di studio, lepizzerie, i luoghi di villeggiatura, gliamori stagionali, l’informatica, i ban-comat. Purtroppo non abbiamo inse-gnato loro le cose più faticose, impor-tanti, necessarie: dove sta il dolore, lapazienza, la gioia, la fede, la serenità.Abbiamo insegnato loro ad attingerel’acqua ai pozzi artificiali, e non aquei pozzi profondi scavati nella roc-cia, dentro ai quali si trovano le soleacque che dissetano l’anima.

19

DDoonn AAnnttoonniioo MMaazzzzii

QUALI LE RAGIONI?

Mentre stavamoricostruendo con

grande impegno lenostre città

devastate dallaguerra e in preda allapovertà, non ci siamoaccorti che il vecchio

equivoco, natoattorno alla torre di

Babele, siriproponeva con

accento ancora piùtragico

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20 INIZIATIVE

Un primo passo per la creazio-ne di rapporti di cooperazio-ne tra le amministrazioni

locali italiane ed Israele, è stato fattonella settimana che va dal 12 Marzoal 17 Marzo 2007. La delegazione eracomposta da: Onorevole Talab ElSana, Presidente del gruppo parla-mentare Ra’am-Ta’al; Hod BenZvi, Segretario Generale UPF Israele(Universal Peace Federation) e consu-lente WFWP Israele; Shuki YarivBen-Ami, presidente della WorldMedia Association, sezione Israele.Le tappe della visita sono state lavisita al Presidente della Provincia diVarese, al Lions Club, Distretto 108lb1 nella persona del loroGovernatore, ai sindaci di Varese eBusto Arsizio, all’amministrazionedella Città di Monza (Sindaco ePresidente del Consiglio Comunale)al Presidente della Provincia diBergamo alla Presidenza delConsiglio Comunale del Comune diMilano. Sono stati ospiti alla Casadella Pace della Provincia di Milano

ed accolti al Comune di Torino e allaPresidenza della Regione Piemonte,la visita al Sermig di Torino ed infi-ne la delegazione si è trasferita a SanMarino dove nel pomeriggio delvenerdì 16 Marzo, ha incontratoalcuni esponenti del Governo sam-marinese e al sabato mattina haincontrato il Sindaco e la giuntadella città di Pesaro dove si sonodetti disposti ad aiutare a trovare unacittà israeliana da gemellare conPesaro e con una città palestinese.Sabato pomeriggio, 17 Marzo, primadi prendere l’aereo per Tel Aviv, haincontrato l’Ambasciatore Israelianoper l’Italia e la Repubblica di SanMarino a Roma.Obiettivo degli incontri è stato quel-lo di porre le basi per progetti futu-ri, fra cui la possibilità di organizza-re con le varie amministrazioni, degliincontri tra una delegazione israelia-na e una palestinese, di volta in voltacomposta da studenti, parlamentari,educatori o leader femminili. Ladelegazione israeliana ha proposto dipresentare progetti piccoli, medi egrandi, a breve e lungo termine, cosìche le amministrazioni possono sce-gliere i progetti più attinenti alleloro realtà locali, per cercare la pace,che nasca ancora prima che daigoverni, dalla società, dagli incontridi cultura, da quella conoscenza cherende più difficile il degenerare dellesituazioni. Con la consapevolezza chec’è poco tempo da perdere: Noi pen-siamo di essere ad un punto di svol-

DelegazioneIsraeliana inItalia e SanMarinoL’Italia è un’importantepunto di riferimentoper la Pace inMedio Oriente

Visita a Pesaro

"La risoluzione di unarealtà difficile come

quella che oggiviviamo non può

avvenire usando laforza. E' necessariocreare la pace con inemici e non con gli

amici. E questa stessapace può nascere

solo dal popolo e nonpuò essere calata

dall'alto, dai leaderpolitici. Un nostro

proverbio dice che lacosa migliore da fare

è accendere unacandela piuttosto che

accanirsi control'oscurità. Il poter

avvicinare la gente alsenso della pace,attraverso questi

progetti, rappresentauna prima piccola

luce. I progetti chevorremmo tessere

con l’Italia e con SanMarino riguardano

ad esempio ilcoinvolgimento di

educatori italiani coneducatori palestinesi

e israeliani o lapossibilità di

organizzare unincontro tradelegazioni

palestinesi eisraeliani perché

stando lontano dacasa si riesce adialogare senza

pregiudizi”.

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ta. Spiega Shuki Yariv Ben-Ami,giornalista e studioso, presidentedella sezione Israeliana di WorldMedia Association “Abbiamo appenaterminato una guerra, e sentiamo di esse-re, più che in pace, tra una guerra e l’al-tra. Noi preferiamo la pace”.E per cercare di conservarla, si rivol-gono direttamente all’Italia, alle isti-tuzioni e alla cultura italiana.Pensiamo che l’Italia ci sia vicina, con-tinua Ben Ami, perché è geograficamen-te vicina al Medio Oriente e ci può aiuta-re a iniziare progetti comuni. Noi abbia-mo sulle spalle sette o otto trattati di pace,più di duecento negoziati, ma nessunrisultato: pensiamo così che bisogna tenta-re altre strade. Il dialogo non deve esseresolo politico ma anche culturale, religiosoe accademico.Noi abbiamo attuato nel passato progettimeravigliosi di pacificazione aiutatidalle regioni italiane: per questo possodire che l’Italia è il nostro alleato piùvicino e può fare da leader e da guidanella crisi tra Israele e Palestina”.Senza il timore dell’idea che l’Italiasia troppo filo palestinese, come avolte dicono: “Lo dicono, certo. Manonostante ciò gli israeliani hanno per gliitaliani sentimenti positivi e nutrono sim-patia per loro. Diciamo che siamo sospet-tosi verso alcuni paesi, ma non proprioverso il vostro”.Il tempo è poco, dalla loro ottica laguerra è molto più vicina di quel cheappare dall’altra parte del mediterra-neo: “Siamo qui perchè abbiamo sentoredi guerre che stanno per arrivare -

aggiunge Hod Ben Zvi, ricercatoreall’università ebraica diGerusalemme e segretario generaledell’Universal Peace Federation israe-liana - Percepiamo nettamente che il dia-logo di pace sta morendo: per questo siamoconvinti debbano entrare in gioco altreparti. E l’Italia può aiutarci: se la real-tà politica non dialoga con le società, lopossono fare gli insegnanti, i professori, iricercatori, gli studenti: e il dialogo per-mette di capirsi meglio. Abbiamo più di100 organizzazioni di volontari al lavo-ro a Gaza e Gerusalemme, siamo certi chegli italiani possono fare qualcosa peraiutarci”.La delegazione israeliana viene inpace cercando pace, e per questo evitainnanzitutto una cosa: “L’unica cosache non vogliamo fare è giudicare: il con-flitto qui è tra il diritto palestinese e quel-lo israelieano, e dentro questi confinidovrebbe stare, invece che invadere tutti isettori della società”. Il parlamentare l’Onorevole Talab ElSana, ha sottolineato gli obiettividella visita: “La risoluzione di una real-tà difficile come quella che oggi viviamonon può avvenire usando la forza. È neces-sario creare la pace con i nemici e non congli amici. E questa stessa pace può nasce-re solo dal popolo e non può essere calatadall’alto, dai leader politici. Un nostroproverbio dice che la cosa migliore da fareè accendere una candela piuttosto che acca-nirsi contro l’oscurità. Il poter avvicinarela gente al senso della pace, attraversoquesti progetti, rappresenta una primapiccola luce. I progetti che vorremmo tesse-

re con l’Italia e con San Marino riguar-dano ad esempio il coinvolgimento di edu-catori italiani con educatori palestinesi eisraeliani o la possibilità di organizzareun incontro tra delegazioni palestinesi eisraeliani perché stando lontano da casa siriesce a dialogare senza pregiudizi”.“Il dialogo non si crea ad alti livelli - hadetto Hod Ben Zvi - la politica non hapiù la forza perché forse manca la culturadella pace. Siamo qui oggi perchè grazieall’esperienza italiana e delle diverserealtà locali, è possibile portare unanuova cultura in Israele”. Il poter avvicinare la gente al senso dellapace, attraverso questi progetti, rappre-senta una prima piccola luce, quella pic-cola candela che ci permetterà di smetter-la di continuare di accanirci stupidamen-te contro l’oscurità.

Delegazione Israeliana incontra alcuni membri del Parlamento di San Marino in una sala del Palazzo pubblico

Due momenti della visita a Milano

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22 INIZIATIVE

Bergamo (gam) Tre importantipersonaggi del mondo politi-co e culturale hanno fatto

tappa, durante questo “tour”, anche aBergamo, accolti da alcuni rappresen-tanti della sezione orobica dell’UPF.Così abbiamo potuto intervistareShuki Y. Ben Ami, ebreo, insegnanteuniversitario di comunicazione dimassa ed educazione civica presso ilMitchell College e di ebreo modernopresso la facoltà di teologiadell’Università di Treviri inGermania. Inoltre insegna teologiacristiana e cristianesimo primitivopresso l’Emil Frank Istitute diGerusalemme. Nella delegazione poic’era l’onorevole Talab El Sana, direligione islamica, presidente delgruppo parlamentare di centrosinistraRam’am-Ta’, al suo quinto mandato èstato anche presidente di varie com-missioni parlamentari. Infine HodBen Zvi, anche lui ebreo, ricercatorepresso l’Istituto per l’innovazione nel-l’educazione all’Università ebraica diGerusalemme e segretario generaledell’UPF Israele. Tre personaggi chevivono da vicino la drammatica situa-zione di Israele e Palestina. Abbiamoiniziato la nostra intervista con ElSana, del gruppo di centrosinistra Ra’am-Ta’, attualmente all’opposizionenel parlamento israeliano. “Il nostropartito - ci ha spiegato - è una forma-zione che si batte per la pace e perl’uguaglianza. La nostra linea nei con-fronti del governo non è dura. Suitemi dei trattati di pace quandoSharon ritirò i coloni di Gaza, pur

essendo all’opposizione abbiamosostenuto la sua politica. Per quantoriguarda la pace oggi in Israele ePalestina la situazione è molto diffici-le, Olmert si trova in grande difficol-tà. Comunque i negoziati di pacedipendono solo dal Governo. Pursostenendo la pace noi come partitodi opposizione non possiamo influiresull’agenda di Governo. Siamo ancheandati in Siria per dialogare con leautorità siriane, per avanzare delleproposte di trattativa con quelleisraeliane. In pratica cercare di porta-re avanti un processo di pace tra Siriae Israele”. Una dimostrazione di comela volontà sia comunque importante edi come non si debba smettere dilavorare per superare i contrasti tra ipopoli. Quindi abbiamo domandato aHod Ben Zvi come è possibilecostruire una cultura di pace. “Ildramma che percepiamo – ci harisposto – è che sia i giovani israelia-ni che quelli palestinesi stanno per-dendo la speranza di una soluzionepacifica. L’unica soluzione possibileche appare a loro è quella dello scon-tro armato. I giovani non credono piùnella soluzione pacifica. A meno cheil lavoro che noi stiamo facendo aiutia portare delle testimonianze di pace.Proporrei degli incontri tra studentiisraeliani, palestinesi e anche italianiqui in Italia e, viceversa, in Israele ePalestina” Un interscambio che per-metta a giovani di diversa nazionalitàdi parlare, di confrontarsi. Solo con ilcivile confronto e la forza della parolasi può cominciare a costruire la pace.

Su come costruire appunto la pace neabbiamo discusso infine con Shuki Y.Ben Ami. “Per cambiare rotta – haevidenziato – occorre o una rivoluzio-ne oppure puntare sull’educazione.Noi preferiamo educare i giovani allapace. L’educazione deve iniziare fin dasubito, addirittura fin dalla scuolamaterna, quando si è più piccoli.Chiediamo anche aiuto e sostegnoalle istituzioni italiane per portareavanti l’educazione alla pace. Serve inpratica un ponte, un interscambio trastudenti israeliani, palestinesi e ita-liani. L’Italia del resto potrebbe esse-re un ottimo interlocutore per lapace, perché la vostra nazione èamata sia dagli israeliani che daipalestinesi”. Ben Ami comunquenon nasconde le difficoltà di tale pro-cesso e sottolinea come l’aspetto reli-gioso sia tra le cause dell’attualescontro. “Lo scontro in atto inmedioriente – ha continuato – haradici religiose. Noi chiediamo chele diverse religioni siano un modoper realizzare la pace. Islam, ebrai-smo e cristianesimo devono svolgereun ruolo fondamentale per la pace”Anche Ben Ami punta sui “gemel-laggi” tra Italia e Israele-Palestina.Nel concreto si tratterebbe di orga-nizzare delle iniziative culturali,sociali ma anche sportive per uniregli studenti dei tre paesi. Magarianche con delle squadre di calcio,composte rispettivamente da ebrei,palestinesi e italiani, che possanogiocare su un campo di calcio e nonscontrarsi su un campo di battaglia.

Delegazione Israeliana incontra i rappresentanti della Provincia di Bergamo

La delegazioneIsraelianarispondealle domandedei giornalisti ddii FFrraannccoo GGaammbbiirraassiioo

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INIZIATIVE 23Sì allaPace

ATorino tutti conosconol’Arsenale della Pace delSermig e il forte impegno

sociale e solidale dei suoi volonta-ri. Il suo fondamento è la volontàdi costruire la Pace, investendoper e attraverso i giovani. Comecoinvolgere i giovani e a qualepace dobbiamo aspirare?I giovani sono al centro del nostroimpegno perché oggi sono i piùpoveri. Sovente incontrandoli affer-mo che li amo perdutamente e nonc’è paternalismo in questo. Contosu di loro perché so che possonodare il loro contributo e la loro crea-tività per migliorare il mondo,magari diventando politici chefanno un servizio a vantaggio ditutti, diventando scienziati al servi-zio della vita, dell’ecologia, dellapace ricercando seriamente il sensodella vita per avvicinare almeno unpo’ questo mondo così arido a Dio.So che un giorno diventerannopadri e madri di famiglia, imprendi-tori, operai, banchieri, intellettuali,

artisti e potranno far vedere chehanno un’anima, che non sonodisponibili a farsi manipolare dalleideologie, che non accettano laguerra e le violenze, che scelgonola vita, che scelgono la pace, chesanno farsi non solo gli affari pro-pri, ma anche “gli affari degli altri”.Amo molto i giovani, ma non sonotenero con loro. Hanno bisogno diincontrare persone autorevoli e coe-renti, disposti a farsi guardare infaccia e nelle tasche, che senzausarli, senza illuderli li aiutino acambiare. C’è una domanda chefaccio sempre ai giovani che incon-tro: quanti di voi devono ancoramorire, di sballi, di droghe, infondo di niente che valga la pena,prima che vi rialziate per cammina-re, per riprendervi il presente e ilfuturo? Ma la stessa domanda lafaccio agli adulti: quanti giovanidevono ancora schiattare prima checi accorgiamo di loro, prima chesappiamo aprire gli occhi sui loroproblemi, sulle loro difficoltà,prima che ci fermiamo per ascoltar-li sul serio? Tanti di questi giovaniche fanno notizia solo quando fannoi bulli o quando spaccano le vetrinesono disposti a lasciarsi coinvolgerein qualcosa di buono, ma ti mettonoalla prova perché non vogliono pre-diche. Solo dopo accettano l’impe-gno per la pace, sanno che in fondoconviene. Per i giovani che amigliaia ogni anno frequentanol’Arsenale della Pace - che è nellostesso tempo monastero metropoli-tano, luogo di silenzio e di preghie-ra, ma anche microcosmo multietni-co, luogo di accoglienza, di dialogonel rispetto pieno di ognuno - non èdifficile capire e prendersi con con-vinzione l’impegno di dire: pace sìe comincio io! Se noi adulti sappia-mo cambiare, se un pugno di giova-

ni cambia, il mondo può cambiare erivoltarsi verso la pace. Conviene atutti rendersi conto che la pace nonsi improvvisa a tavolino, ma puònascere solo da una giustizia pre-ventiva che non ignora i 30.000morti di fame al giorno, che nonignora gli abusi e il turismo sessua-le, le nuove schiavitù, il commerciodi organi, i disastri ambientali etutte le altre violazioni dei dirittiumani fondamentali che avvelena-no la vita e la convivenza. Non è dapazzi voler cambiare il mondo, è dapazzi, incoscienti, egoisti pensaredi non cambiarlo.

Il dialogo: base di partenza fon-damentale. Investite molto per ildialogo tra le religioni abramiti-che. Come procede? Qualeimpatto pensi che abbia il dialogointerreligioso nella vita di tutti igiorni di una società multicultu-rale quale la nostra?Nei nostri Arsenali - della Pace aTorino, della Speranza a San Paoloin Brasile, dell’Incontro a Madabain Giordania - abbiamo accolto per-sone di 125 diverse nazionalità:sono veri e propri laboratori di dia-logo a partire dalla concretezza deiproblemi dei ogni giorno. Il collan-te che rende possibile la convivenza- a partire dalle piccole cose e fac-cende quotidiane fino ad arrivarealle più grandi – è il rispetto reci-proco. Lo abbiamo intuito quandonel 1987 all’Arsenale della Pacecominciammo ad accogliere gliimmigrati che sempre più numerosibussavano alla nostra porta.Aprimmo un centro di riferimento edi accoglienza. Ci siamo resi contoche si poteva instaurare un rapportodi convivenza alla pari solo raffor-zando sempre più il concetto direciprocità tra diritti e doveri.

Sì ALLA PACEEErrnneessttoo OOlliivveerroo,,iinntteerrvviissttaa ddii SSeerrggiioo CCoosscciiaa

Un membro arabodella Knesset, undocente universitarioed un direttore diCentri per la paceebrei hannoincontrato laFraternità del Sermigall’Arsenale dellaPace. Ernesto Oliveroha presentato i sognidei giovani di “MedioOriente Terra Amica”

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24 INIZIATIVE

I progetti di sviluppo, gli aiuti diemergenza e le azioni di pace chepartono dall’Arsenale sono orga-nizzati con partner locali, e non cisono barriere religiose, culturali,politiche che limitano il raggio diazione. All’Arsenale sono statiorganizzati incontri con partecipan-ti di religioni e culture diverse alfine di costruire un mondo più con-corde e pacificato e dall’Arsenalesiamo sempre pronti ad “uscire” perpartecipare a iniziative proposte daaltre persone e comunità di buonavolontà. Gli Arsenali voglionoessere un ponte tra culture e identi-tà diverse.Tutto questo si traduce innanzi tuttonella ricerca di un dialogo costrutti-vo, serio e autentico tra religioni eciviltà, capace di superare le diffi-coltà presenti oggi sulla scena mon-diale. Un dialogo che possa cresce-re in un clima di reciproco ricono-scimento e reciproco rispetto, chepossa riconoscere e promuovere idiritti umani universali, in primoluogo il diritto alla vita, alla libertàdi religione e di pensiero.

Veniamo all’impegno internazio-nale: tre Arsenali nel mondo, ilprogetto “Medio Oriente TerraAmica”, … Parlaci della collabo-razione che vorreste tra i popoliL’idea di “Medio Oriente TerraAmica” nasce nell’estate 2006,durante i giorni dell’ultimo sciagu-rato conflitto tra Israele e Libano.Abbiamo innalzato in piazzaCastello la Tenda della Pace comepunto di riferimento per raccoglie-re e preparare quintali di generi diprima necessità da destinare rapi-damente alle popolazioni colpite.Parlando tra di noi, ci siamo dettistanchi di un mondo che cura igrandi mali - fame, guerre, ingiu-stizie - mettendo dei cerotti, senzarisolvere i problemi di fondo. Datempo abbiamo iniziato a puntaresui giovani perché crediamo possi-bile ridisegnare il mondo partendoda loro. È nato così il sogno diospitare all’Arsenale della Paceragazze e ragazzi provenienti daIsraele, dalla Palestina e dalLibano. Non è stato semplice “mettere legambe” a questo sogno. Il solopensiero di accostare le parole“Medio Oriente” e “Terra Amica”sa di illusione, di assurdo, di uto-pia… oppure sa di intuizione, a cuisi può credere sul serio, consape-voli di incamminarsi su una stradatortuosa, in salita, ma possibile. L’intuizione di fondo era che que-sti ragazzi potessero trovare ilclima giusto per disarmare l’odio e“tirare fuori i loro sogni”, vivendoun’esperienza di condivisione tradi loro e con altri giovani italiani edel mondo, nell’ambito di una casa- l’Arsenale della Pace - testimonedella convivenza possibile tra per-sone di nazionalità, culture, reli-gioni ed età diverse. Nel periodo dicapodanno si è realizzato questoincontro, dove i giovani hannosperimentato che si può costruirela pace partendo da piccoli gesti disolidarietà fatti insieme: hannolavorato a preparare aiuti umanita-ri per situazioni di emergenza e disostegno a progetti di sviluppo.

Hanno contribuito a sistemare epulire i locali che ogni sera accol-gono nella nostra città centinaia di“senza tetto” e a preparare i pastiper loro. Proprio nel lavoro gomito a gomi-to, nello “sporcarsi le mani” insie-me, che è lo stile dell’Arsenale, ènata una comprensione e una ami-cizia che supera le barriere di cul-tura, di religione, di relazione tragli Stati.La nostra speranza è che i giovanipossano contribuire da protagoni-sti alla costruzione della pacedando vita ai loro sogni e ai lorodesideri. Sappiamo che i giovanidi tutto il mondo vogliono la pace.Lo abbiamo toccato con mano nonsolo qui a Torino, ma anche a SanPaolo e a Madaba.Anche l’Arsenale della Speranzain Brasile è diventato non solo unacasa che accoglie ogni giornomigliaia di poveri, ma una casaaperta ai giovani, stanchi di vedercadere tanti loro amici, vittimedella violenza, del crimine, delledroghe e della mancanza di sogni eprospettive, giovani che voglionoessere una foresta che cresce e nonpiù alberi che cadono. A Madaba sono passati sei mesidall’inizio della ristrutturazionedell’Arsenale dell’Incontro e sicomincia a festeggiare la fine deilavori. Un gruppetto di giovani diMadaba, di venerdì (il loro giornodi riposo settimanale) si dannoappuntamento all’Arsenale perripulire il giardino con zappe erastrelli. Il gruppetto di settimana in setti-mana si è infoltito e da un mese,dopo il lavoro, c’è anche il corso diitaliano per poter accogliere gliamici dell’Arsenale della Pace diTorino che durante l’anno si avvi-cendano nell’affiancare la fraterni-tà. Presto sarà operativa una scuo-la per portatori di handicap. Ci auguriamo che l’Arsenale del-l’incontro diventi un punto di rife-rimento per tanti giovani delMedio Oriente, aperto al dialogo,alla pace, alla convivenza.

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25NEWS

contribuire alla creazione di unNepal pacifico”, ha detto il direttoreAdhikari. “Il nostro giornale è indi-pendente; vogliamo ascoltare lagente, e formare una leadership, cheguidi la nostra nazione come deigenitori guidano dei figli”. La Universal Peace Federation asse-gna, a persone che si sono particolar-mente distinte, il diploma diAmbasciatore di Pace; questo nelleoltre 180 nazioni in cui è presente, echiede a tali persone di contribuire

alla realizzazione della pace sullabase delle loro capacità. Attualmentenei 75 distretti del Nepal vi sonooltre 2.100 Ambasciatori di Pace.

La UPF nepaleselancia il giornale “Universal Times”La Universal Peace Federationnepalese ha lanciatoil bisettimanale bilingue(inglese e nepalese) UniversalTimes, in Kathmandu

Il primo numero, a colori, è compar-so il 15 gennaio. Il direttore, BinduRaj Adhikari, ha affermato che ilgiornale sosterrà il processo di pacein corso nel turbolento regno hima-layano. “Lo Universal Times desidera

Gli Ambasciatoridi Pace

dell’Hondurasper i bambini

senza casa

Gli A.d.P. dell’Hondurashanno dedicato una giornata aibambini che vivono nel quar-tiere povero della capitale,conosciuto come la “Cittàdella discarica”.I volontari hanno fornito curemediche, cibo, ed una festa asorpresa per quei bambinisfortunati. L’Honduras ha iltasso più elevato di tutto ilSud America di bambini chelavorano nelle discariche: circa2.000 su una popolazione disoli 7 milioni di abitanti (datiUNICEF). Nella giornata di servizio gliA.d.P. hanno ricevuto la visitadi Jorge Mahomar, una perso-na conosciuta come il “buonsamaritano dei senzatetto”. Il governo honduregno harecentemente assegnato aMahomar il Primo Premio peril Volontariato. Toccato dalledifficili condizioni di quellacomunità, egli sta lavorandoper costruire un centro di assi-stenza per questi bambini chesarà pronto entro il 2007.

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NEWS26

“Nel ventunesimo secolo, do-vremmo conoscere lo scopo dellavita”, ha detto il Presidente.

“L’umanità sta vivendo un conflittoprofondo al proprio interno; nel-l’ultimo secolo abbiamo avuto dueguerre mondiali, terrorismo, con-flitti a bassa intensità. Oggi, la metà della popolazionemondiale è formata da giovani, equesta è una forza che deve lavorareper l’avanzamento della pace”.Egli ha poi stabilito gli obiettiviche la nazione asiatica deve porsi:raggiungere la trasparenza nell’am-ministrazione politica, la pienaalfabetizzazione, la sostenibilitàenergetica. Ha anche riferito che il 54% dellapopolazione indiana vive al di sottodella soglia di povertà, e che queste

persone possono uscirne se il volanodella crescita - le infrastrutture,l’istruzione, l’acqua, l’energia, lacreazione di posti di lavoro - subi-scono una accelerazione.“Ogni indiano deve giungere adavere un titolo di studi universitario comunque una qualifica accetta-bile a livello lavorativo”, ha detto,aggiungendo: “Il sistema del ven-ture capital e la formazione all’im-prenditoria devono mirare a crearepiù imprese, in modo tale che possaessere generata un’occupazionesempre maggiore e che ci siano piùofferte che richieste di lavoro”. Gli studenti hanno letto ad altavoce gli obiettivi del suo piano“Vision 2020”, ed hanno giurato di“stabilire delle mete, di raggiun-gerle e di essere felici del successo

degli altri; di mantenere pulito illoro ambiente, di contribuire allapace nel mondo, di vivere onesta-mente senza mai farsi corrompere;di accendere la lampada della cono-scenza e fare del loro meglio percontribuire alla visione dell’India”.

Parlando al Festival Nazionale della Gioventù, il Presidente Kalam hadetto che l’incredibile forza dei giovani deve essere incanalata verso illavoro per la pace globale, oggi che la comunità internazionale èdilaniata dal terrorismo e dai conflitti armati

Il Presidente indiano Kalaminvita i giovani a lavorare per la Pace

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Universal Peacefederationdi Monza

27NEWS

Il comitato promotore ha presocome spunto di partenza unarisoluzione ufficiale delle

Nazioni Unite, che stabilì il 21 set-tembre di ogni anno come giornatainternazionale per la pace e la risolu-zione dei conflitti, per organizzare il primo incontro pubblico all'Aren-gario nel centro di Monza. Questoevento, una veglia interreligiosa dipreghiera per la pace nel mondo,riscosse un grande successo sia dipartecipazione, con intere famigliein piazza, che di riscontri positivi neimass media locali e negli ambienticulturali e religiosi della città.A quel punto venne naturale costitui-re ufficialmente la sezione di Monza eBrianza con lo scopo, ben evidenziatonello statuto firmato dai 10 soci fon-datori presso la sala riunionidell'Urban Center il 19 dicembre2006, di riunire esperienze che cerca-

no di trovare i punti di contatto dellevarie fedi sul tema specifico dellapace. È stato così votato il primoConsiglio Direttivo, che rimarrà incarica 3 anni, composto da 5 membritra cui il presidente Carlo Chierico e ilvice-presidente Selim Fouad. Da allo-ra moltissime iniziative sono staterealizzate, sempre con la partecipazio-ne di esponenti della comunità cat-tolica, insieme con rappresentantidelle altre religioni presenti sul ter-ritorio, ma anche con persone non difede che però si riconoscono nei per-corsi di pace e negli ideali della fede-razione. Limitandoci alle ultime ini-ziative, possiamo citare la "serata deipopoli" tenuta il 17 aprile presso laSala Convegni dell'Urban Center e il"trofeo della pace", torneo interetnicodi calcio a 7, che si è tenuto presso icampi della società sportiva "LaDominante", dove si è giocato quasi

UNIVERSALPEACE FEDERATIONDI MONZALa sezione di Monza della UPF/IIFWP è statacostituita ufficialmente a dicembre 2005 da unpiccolo gruppo di persone che ha agito comecomitato promotore dal mese di aprile dellostesso anno

Foto di gruppo dei vari giocatori partecipanti al torneo

La "serata dei popoli" èstato un incontro di stimolo

alla conoscenza e allacooperazione con gli altri,per sostenere e diffondere

una cultura di pace chepossa trascendere lereligioni, le etnie e le

nazionalità. E' stata ancheun'occasione per onorareed incoraggiare individui

che si sono distinti nelservizio alla propria

comunità, concedendo loroil riconoscimento di

"ambasciatori di pace", cosìcome previsto nello statutodella federazione. La serata

inoltre è stata allietata daalcuni momenti di poesia

interetnica ed è terminatacon uno speciale brindisi

per la pace di tutti i popoli.

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tutte le domeniche dal 25 marzo finoalle finali del 6 maggio. Per quantoriguarda la "serata dei popoli" èstato un incontro di stimolo allaconoscenza e alla cooperazione congli altri, per sostenere e diffondereuna cultura di pace che possa tra-scendere le religioni, le etnie e lenazionalità. È stata anche un'occa-sione per onorare ed incoraggiareindividui che si sono distinti nelservizio alla propria comunità, con-cedendo loro il riconoscimento di"ambasciatori di pace", così comeprevisto nello statuto della federa-zione. La serata inoltre è stata allie-tata da alcuni momenti di poesiainteretnica ed è terminata con unospeciale brindisi per la pace di tuttii popoli.Il trofeo della pace, giunto quest'an-no alla seconda edizione, ha visto lapartecipazione di circa 120 giocato-ri di varie nazionalità presenti sulterritorio, che praticamente rappre-sentavano quasi tutti i continenti;erano infatti presenti le seguentisquadre : 2 italiane, 2 del Senegal,

una mista Nord Africa, Egitto,Algeria, Marocco, Perù, Bolivia,Bangladesh e Ucraina. Per quasi 2mesi tutte le squadre hanno giocatopresso i campi de "La Dominante"(la società sportiva di viaRamazzotti ha sostenuto il torneo,patrocinato dal Comune di Monza edalla Provincia di Milano) mettendoin luce, tra l'altro, un notevole spi-rito agonistico e spiccate capacitàcalcistiche, nella finalissima l'Egit-to ha battuto il Nord Africa 5 a 1,mentre il Senegal si è aggiudicato ilterzo posto battendo 9 a 4 il Perù.Da segnalare il fatto che sono statiprotagonisti giocatori italiani edegli altri Paesi, presenti sul terri-torio, nello spirito di condivisione,coesione sociale, integrazione erispetto dei popoli, che costituiscel'anima fondante di questo torneointeretnico.Infatti il risultato più significativoci è sembrato proprio la presenzaalle finalissime di molti giocatoridelle altre squadre, questa è stata ladimostrazione di come lo sport sia

davvero portatore di valori signifi-cativi, quali l'amicizia, la solidarie-tà, l'altruismo, ma a questo proposi-to si può leggere a parte una breveintervista all'Assessore allo SportDino Dolci, presente all'ultimadomenica, che si è conclusa con lepremiazioni e la festa finale, che havisto la felicità di tutti i presenti.Presenti anche amici e familiari,mentre i giocatori si davano giàappuntamento per la prossima edi-zione del torneo.Per quanto riguarda i progetti abreve termine, si parla già di unaedizione autunnale del "trofeo dellapace" e di una serie di serate sultema "le religioni per la pace". Si sta anche valutando la possibilitàdi organizzare un mini-corso per igiovani sull'educazione del caratte-re, prendendo spunto dall’iniziativasull’Educazione del Carattere dellaUniversal Peace Federation, mentrenaturalmente è già fissata la data del21 settembre di quest’anno per laterza edizione della veglia interreli-giosa di preghiera.

Serata dei Popoli, Monza 17 aprile 2007

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INTERVISTA CON L’ASSESSOREALLO SPORT DI MONZA

Assessore Dolci, che ne pensa del trofeo della pace? È pro-prio della pace! Poche attività hanno tante possibilità e capaci-tà di favorire la socializzazione, l’integrazione e quindi la pace

quanto lo sport. Questo torneo interetnico è una manifestazione cheritengo veramente importante, credo che sia soltanto una tappa nel per-corso di pace della vostra federazione interreligiosa, però anche lo sportpuò contribuire e questo è un modo giusto. Allora osiamo dire che losport è un veicolo di pace? Secondo me, sicuramente si, anche seabbiamo anche esempi differenti, di sport che alimenta conflitti, ma inquesti casi non si tratta di sport, è qualcosa di diverso, di patologico, sulquale bisogna intervenire. Stando qui, sul campo, a vedere le parti-te finali del trofeo della pace cosa l’ha colpita di più, oggi? È bellis-simo il clima che si è creato, mi piace vedere questi ragazzi che giocanoper il risultato, per qualcosa di importante ma con amicizia e rispettoper l’avversario. È davvero significativo che parta dal campo di calcio unmessaggio, un segnale che deve essere raccolto anche in altre sedi. Cisembra importante la presenza di giocatori delle varie comunitàstraniere del territorio, insieme a giovani italiani. È vero, di solitoogni comunità opera in maniera autonoma, isolata, e non è facile favori-re momenti di integrazione, la federazione interreligiosa ha ottenuto ungrande risultato. Come vede il trofeo della pace nel futuro? Questotorneo crescerà. Lo avete inaugurato l’anno scorso e mi auguro proprioprosegua nel tempo. È un modo straordinario per far sentire tutti un po’più a casa propria, un po’ più integrati nel territorio, un po’ più solida-li l’uno con l’altro. E, poi, mi sembra sia stato un grande divertimentoper tutti.

In alto a sinistra i giocatori dell’Egitto vincitori del Torneo della Pace.

In alto a destra L’Assessore Dolci con un giocatore del Senegal.

Sopra la squadra del Senegal.

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profilo.Il "Premio Severo Ghioldi" promossodalla Iubilantes (Organizzazione diVolontariato Culturale onlus), in col-laborazione con la Insubria MediaPoint, associazione per l'etica nellacomunicazione, vuole incoraggiare laformazione e riconoscere l'attività digiovani che vorrebbero cimentarsinella realtà dei media della cartastampata.Il riconoscimento a carattere cultura-le, è riservato a opere inedite di gio-vani delle Scuole Medie Inferiori eSuperiori del territorio delle provin-ce di Como, Varese e del CantonTicino. Il territorio insubrico - in particolarele province di Como, (dove SeveroGhioldi era nato e ha vissuto), diVarese, (dove ha operato), come pro-fessionista nel Canton Ticino, (cheamava ed apprezzava),- era, per que-sto preside speciale, un preziosoosservatore della realtà culturale,

politica e civile del paese. Un serba-toio ricchissimo di problematiche espunti non banali, un ambito profes-sionale che consente di mantenere uncontatto diretto e "caldo" con la real-tà che il dirigente scolastico, il mae-stro, l'insegnante, cosi come il gior-nalista deve percepire, deve tenerpresente, vuole e deve raccontare. Si legge nel bando: «Il premiovuole, allora, essere uno stimolo peri giovani che, fin dai banchi di scuo-la, vogliono imparare a osservare,amare per poi descrivere il loro terri-torio, con attenzione, semplicità ecoraggio». Il concorso prevedeva il redigere unarticolo relativo all'attualità artisti-ca, culturale o sportiva dell'area insu-brica: articolo che poteva essereincentrato su un personaggio (anchein forma d'intervista), un problemaoppure un evento.

Prima edizionedel Premio Severo Ghioldi

Prima Edizione delPremio per i giovanigiornalisti in memoriadel preside SeveroGhioldi, Ambasciatoredi Pace della UPF

CCoonnccoorrssoo iinnssuubbrriiccoo ppeerr ggiioorrnnaalliissttiiiinn eerrbbaa:: AAlllliieevvii ddeellllee ssccuuoollee mmeeddiieeiinnffeerriioorrii ee ssuuppeerriioorrii ddeellllee pprroovviinncceeddii CCoommoo ee VVaarreessee ee ddeell CCaannttoonnTTiicciinnoo hhaannnnoo eellaabboorraattoo uunn aarrttiiccoolloossuu uunn tteemmaa ddeellll''aarreeaa iinnssuubbrriiccaa..

ddii MMaauurroo SSaarraassssoo

Entusiasmo delle grandi occa-sioni presso la sala consigliarenella Villa Rosnati ad

Appiano Gentile (Co), dove nelpomeriggio del 5 Maggio 2007 sonostati premiati i vincitori della Ia edi-zione del “Premio Severo Ghioldi pergiovani giornalisti”. Presenti le auto-rità, i giornalisti, gli organizzatori ecentinaia tra partecipanti al concor-so, genitori ed insegnanti. Il premioera per ricordare un uomo che hadato tanto alla Scuola e ai giovani,una persona che ha segnato la cultu-ra e come preside ha lasciato unricordo indelebile a generazioni diragazzi. Parliamo di Severo Ghioldial quale è stato intitolato un Premioper giovani giornalisti.L'idea del premio è nata da una feli-ce intuizione di Pietro Berra, giorna-lista e poeta, volta ad offrire allacomunità delle province di Como,Varese e del Canton Ticino lo stimo-lo per un momento culturale di alto

A sinistra il Preside/giornalistaSevero Ghioldi con Mauro Sarasso,Presidente della Insubria MediaPoint.

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IL COMITATOORGANIZZATORE

PPrreessiiddeennttee:: Maria Chiara Sibilia CCoonnssiigglliieerrii::Mauro Sarasso, Presidente dellaassociazione Insubria Media PointAmbra Garancini, Presidentedell’Associazione Iubilantes

LLaa CCoommmmiissssiioonnee ggiiuuddiiccaattrriiccee PPrreessiiddeennttee:: Pietro Berra

COMPONENTIII GGiioorrnnaalliissttii::Mauro Della Porta Raffo, Simone Rasetti,Antonio Franzi, Maurizio Canetta, SilviaBottinelli, Carla Colmegna, DeliaParrinello

SSCCUUOOLLEE MMEEDDIIEE IINNFFEERRIIOORRII II ccllaassssiiffiiccaattoo::Paulo Kostas conLezioni di vita nella storia di un poeta

IIII ccllaassssiiffiiccaattoo::Sonia Baroffio conUn quadro del 700 riprende vita

IIIIII ccllaassssiiffiiccaattoo::Beatrice Croci conLorenzo Vismara alla conquista dell'Australia

SSCCUUOOLLEE MMEEDDIIEE SSUUPPEERRIIOORRII II ccllaassssiiffiiccaattoo::Marocchi Camilla conUn’intervista a Piero Chiara

IIII ccllaassssiiffiiccaattoo::Pozzoli Filippo con ITA23 Insubria

IIIIII ccllaassssiiffiiccaattoo::a pari merito Castoldi Sofia conDue finestre sul cortile

Ioppolo Diego con Al via la restaurazione

La motivazione

La ragion d'essere di Severo Ghioldi è stato l'impegno verso i gio-vani. Preside, educatore e giornalista, ha dedicato a loro gran partedella propria attività, aiutandoli costantemente nell'ambito scola-

stico, incoraggiandoli, sostenendoli e valorizzandoli nello sviluppo dellaloro personalità, oltre che mostrandosi ai loro occhi quale limpido esem-pio d'impegno professionale, di passione civile e di rigore morale. Severo Ghioldi era avido di notizie, voleva sapere tutto, non si acconten-tava delle prime impressioni, ma scavava nel profondo. Nell'ultimoquinquennio, periodo in cui si è rivelata la malattia, si è trasformato inun instancabile organizzatore culturale.Promuoveva eventi spesso dedicati al mondo del giornalismo, tanto chepensò, con alcuni amici, di costituire "Insubria Media Point" - associa-zione culturale per l'Etica nella Comunicazione- per far dialogare i pro-fessionisti dei Media, mettendo anche a confronto chi opera al di qua eal di là della frontiera. Negli anni aveva scoperto una vocazione poetica consegnata a due pla-quette “Con le farfalle negli occhi” e “Tr-Agenda”. I suoi testi rivelano attitudine alla riflessione, attenzione ai valori essen-ziali della vita e una grande passione per l'umanità. I VINCITORI

DELLA Ia EDIZIONE Il Profilo

Severo Ghioldi ha lasciato la sua impronta nel mondo della scuola edella cultura, lungo l'asse Como - Varese. Poco più che ventenne,nella seconda metà degli anni '60, ha collaborato attivamente alla

nascita di un giornale "Ul mangia cuscienza" allo scopo di portare unondata di novità nel tranquillo tran-tran del suo paese, Guanzate (Co)attraverso provocazioni e commentiche sembravano staffilate. Dopo la laurea in lettere si è fatto apprezzarecome uomo di scuola, dai primi anni '70 alla metà degli anni '80, ha inse-gnato nella Scuola Media di Fenegrò, dal 1986 al 1997 ha svolto il ruolodi Preside alla Scuola Media di Cairate e, dal 1998 al 2000, presso laScuola Media di Malnate entrambe in provincia di Varese. Nel 2002 erastato insignito con il titolo di Ambasciatore di Pace, della Universal PeaceFederation (UPF-Italia) -per il suo impegno a favore dei giovani e per ilporsi costantemente come punto di dialogo e cooperazione tra insegnan-ti e genitori - titolo che da allora ha sempre onorato con il suo spirito econ il suo agire.Ci ha lasciato un patrimonio di valori ed esempi, quando il 10 novembre2005, se ne andato, a causa della malattia che lo aveva costretto a lascia-re il suo ruolo di dirigente scolastico.

CON LE FARFALLEAGLI OCCHI (scompensi di vita)

Mi scortico vivomisurando l'impotenzatra impazienzae pigrizia.Un muro di silenziomi impediscedi cogliere il vuotoche cerco

di riempirepensandoe ripensandola vita.L'attimo che fuggeè la rara felicitàche si assaporafissandola poisulla carta.Le tarme dell'anima,il tuffoin un eremo mentale.

Pensieri senza metaghirigori di ventosulla sabbia.Mi abbandonoal buio della notteplacato,aspettando fiduciosoil primo squarciodi luce.Ho sepoltoi miei segreticosì lontano

che non so piùdove sono.È tesorodel mio tempovissuto.Alla fine mi arrendosfinitocon le farfalle agli occhi.

Severo Ghioldi

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00132 RomaVia di Colle Mattia, 131Tel. 06 20608055 – Fax: 06 20608054email: [email protected]

24123 BergamoVia Turani, 4Cell. 348 2720551email: [email protected]

25085 Gavardo BSVia Borzina, 2Cell. 339 6994264email: [email protected]

20159 MilanoVia Cola Montano, 40 Cell: 340 3005675 email: [email protected]

20052 MonzaVia Timavo, 21Tel. 039 833788 email: [email protected]

61010 Padiglione di Tavullia PUVia E. Berlinguer, 21/c Tel. 335 7025872 - 0721 478878email: [email protected]

35122 PadovaVia Acquette, 16Cell. 335 70 44 776 email: [email protected]

80030 Scisciano NAPiazza San Martino, 53Cell. 328 3639787email: [email protected]

10144 TorinoVia San Donato, 59 Tel. 338 9439522 email: [email protected]

47893 Borgo Maggiore RSMVia F. della Balda, 10/5Tel. 0549 907513 - Fax 0549 876063email: [email protected]

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La Federazione Universale per la Paceè un’alleanza di individui e organizzazionidedicati a costruire un mondo di pacein cui tutti gli uominipossono vivere in libertà, armonia, cooperazione e prosperità

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