Conferenze dott. Giuseppe Cocca

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Cocca Trascritti: “vegan info utili”, “Guarigione attraverso alimentazione e digiuno”, “il miracolo degli alimenti vivi”, “la mente guida il corpo”, “Alimentazione sana e curativa”, “Crudismo e PNL”, “Crudismo e succhi per…”, “Vegan OK, Rome Fruit Fest 2013, intervento di Cocca”. Salute: da cosa dipende Metabolismo: come il mio corpo interagisce con quello che mangio. Il cibo non determina la nostra salute di per sé, è il corpo che prende. Non basta che in un alimento vi sia un nutriente perché il corpo lo possa utilizzare. È il sistema che utilizza il cibo. Shelton: “il digiuno non ha mai guarito nessuno e non guarirà mai nessuno”. Il digiuno, come il cibo, è uno strumento che possiamo utilizzare. Noi passiamo la vita a digiunare, perché è l’intervallo tra un pasto ed un altro. Viene usato dagli igienisti per favorire l’eliminazione delle scorie all’interno dell’organismo. Se il digiuno breve vuole diventare importante, deve diventare un “rito”, ovvero “sempre lo stesso giorno”. Se abituiamo a farlo diventare una frequenza, il nostro organismo sa che in quella sera non mangi e si attiva da prima per il processo di disintossicazione. Il digiuno, in realtà, non è un’attività volontaria. Noi digiuniamo sempre: tutta la notte, in genere, e tutto il giorno, interrompendo il digiuno quotidiano da 1 a 5 volte al giorno. Siamo sempre a digiunare, ogni tanto mangiamo. Il corpo può rimanere mesi senza mangiare. Abbiamo delle capacità di economizzare il cibo molto alte, che però arriva fino ad un certo punto. Solitamente chi mangia solo frutta deve mangiare abbastanza, in più quella che abbiamo in Italia non è considerata frutta. Per esempio, il contenuto di proteine nelle mele negli anni ’30 è completamente diverso da quello attuale: 0,80-1g ogni 100g, contro i 0,25-0,30g attuali. La frutta tropicale? Si dovrebbe mangiare il cibo del posto: io ad uno scimpanzé in uno zoo in Trentino gli darò le fragole, o gli devo continuare a dare le banane? Le banane, perché è il suo cibo! Nei posti caldi esistono frutti che neanche conosciamo. Molti fruttariani vanno in Africa o in Malaysia per mangiare frutta originaria, così da soddisfare meglio i fabbisogni. Vivere di frutta solo italiana, per Cocca, può portare problemi, perché per lui è frutta povera. Non ci sono più neanche le verdure di una volta: le coltivazioni intensive non sono più “cibo naturale”, ma è un po’ come fosse industriale prodotto dalla terra. Dobbiamo trovare il meno peggio,

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Cocca

Trascritti: “vegan info utili”, “Guarigione attraverso alimentazione e digiuno”, “il miracolo degli alimenti vivi”, “la mente guida il corpo”, “Alimentazione sana e curativa”, “Crudismo e PNL”, “Crudismo e succhi per…”, “Vegan OK, Rome Fruit Fest 2013, intervento di Cocca”.

Salute: da cosa dipende

Metabolismo: come il mio corpo interagisce con quello che mangio. Il cibo non determina la nostra salute di per sé, è il corpo che prende. Non basta che in un alimento vi sia un nutriente perché il corpo lo possa utilizzare. È il sistema che utilizza il cibo.

Shelton: “il digiuno non ha mai guarito nessuno e non guarirà mai nessuno”.

Il digiuno, come il cibo, è uno strumento che possiamo utilizzare. Noi passiamo la vita a digiunare, perché è l’intervallo tra un pasto ed un altro. Viene usato dagli igienisti per favorire l’eliminazione delle scorie all’interno dell’organismo. Se il digiuno breve vuole diventare importante, deve diventare un “rito”, ovvero “sempre lo stesso giorno”. Se abituiamo a farlo diventare una frequenza, il nostro organismo sa che in quella sera non mangi e si attiva da prima per il processo di disintossicazione. Il digiuno, in realtà, non è un’attività volontaria. Noi digiuniamo sempre: tutta la notte, in genere, e tutto il giorno, interrompendo il digiuno quotidiano da 1 a 5 volte al giorno. Siamo sempre a digiunare, ogni tanto mangiamo. Il corpo può rimanere mesi senza mangiare. Abbiamo delle capacità di economizzare il cibo molto alte, che però arriva fino ad un certo punto. Solitamente chi mangia solo frutta deve mangiare abbastanza, in più quella che abbiamo in Italia non è considerata frutta. Per esempio, il contenuto di proteine nelle mele negli anni ’30 è completamente diverso da quello attuale: 0,80-1g ogni 100g, contro i 0,25-0,30g attuali. La frutta tropicale? Si dovrebbe mangiare il cibo del posto: io ad uno scimpanzé in uno zoo in Trentino gli darò le fragole, o gli devo continuare a dare le banane? Le banane, perché è il suo cibo! Nei posti caldi esistono frutti che neanche conosciamo. Molti fruttariani vanno in Africa o in Malaysia per mangiare frutta originaria, così da soddisfare meglio i fabbisogni. Vivere di frutta solo italiana, per Cocca, può portare problemi, perché per lui è frutta povera. Non ci sono più neanche le verdure di una volta: le coltivazioni intensive non sono più “cibo naturale”, ma è un po’ come fosse industriale prodotto dalla terra. Dobbiamo trovare il meno peggio, cioè il giusto equilibrio all’interno del mondo e del sistema in cui viviamo. Certo, molta cosiddetta “frutta tropicale” si può trovare anche da noi in certe stagioni (es. l’avocado, il mango, la papaya si potrebbero trovare anche da noi, non sopportano le gelate, per il resto possono venire, sono piante che andrebbero coperte come i limoni).

Le scorie sono scarti metabolici. Il tubo dalla bocca all’ano separa me stesso dall’esterno, se una cosa la ingoio, ma non la assimilo, è sempre fuori di me. Quello che fa parte della mia struttura è solo ciò che abbiamo assimilato. Le cellule usano ciò ed eliminano quello che non gli serve, che passa attraverso fegato, reni, polmoni, pelle per l’eliminazione. Le tossine per Tilden non venivano dal cibo, ma le produceva l’organismo. Oggi il mondo è più inquinato della fine dell’800 quindi la tossiemia proviene anche da sostanze dal cibo, farmaci, cosmetici, inquinamento ecc. Il sangue deve eliminare le scorie metaboliche e dobbiamo mantenerle pulito il sistema per far si che le cellule prendano quello che gli serve e rilasciare le scorie. Se aumentano i rifiuti nel sangue, abbiamo tossiemia, avvelenamento del corpo. In tossiemia le cellule soffrono allora l’organismo trova meccanismi di difesa affinché il sangue rimanga pulito. Le strategie per pulire il corpo sono: l’inappetenza (non carico più il sistema, spesso se la curo forzando a mangiare, il corpo crea…), le malattie acute (tentativo veloce di mandare via la tossiemia: catarro, febbre, irritazioni, eruzioni cutanee, vomito, diarrea, ma noi curiamo anche queste…), si può passare anche alle malattie

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cronico degenerative. Tutto dipende dalla capacità dell’organismo di allontanare la tossiemia e da quello che mangiamo e da che vita conduciamo.

Energia: capacità di produrre lavoro, la capacità di fare qualcosa. Noi per vivere abbiamo bisogno di energie per:

- Mantenere la vita, “stand by” (circolazione, temperatura, respirazione, ecc.)

- Digestione

- Vita di relazione: attività fisica, movimento e tutto quello che è quello che faccio dalla mattina alla sera. Anche i pensieri e le preoccupazioni sono vita di relazione. All’interno dell’energia che utilizzo per la vita di relazione, ne utilizzo una parte per alimentare i miei pensieri, e possiamo chiamarla “energia mentale”. Quando si manifesta di più? “Non so se fare il dottore o fare l’ingegnere”, energia mentale bassa su entrambi i fronti, non sono ben direzionato. “Io faccio l’ingegnere”, l’energia mentale è superiore. Nel momento in cui il pensiero è congruo con me è come se ci mettessi più energia mentale. Ho più energia mentale se sono congruo col pensiero che sto facendo, se non sono congruo vado in conflitto di pensieri.

- Pulire il sistema (fegato, reni, polmoni, pelle, ecc.)

Gerarchia/priorità nell’utilizzo dell’energia: anche se ho digerito, se c’è un pericolo, le energie ritornano alla cosa più importante, salvarsi la vita ► vita di relazione. Se sono tranquillo quando mangio, le energie vanno nell’apparato digerente. Se mangio molto e spendo troppe energie in relazione, quanta energia mi avanza per fegato, reni e polmoni? (perché 1° posto c’è vita di relazione, 2° posto per digestione e 3° per pulire il sistema. Fegato, reni, polmoni, insomma, usano quella che avanza dopo la vita di relazione ed abbiamo digerito. Se voglio portare più energia a fegato, reni e polmoni mi devo riposare di più, o mettere a riposo l’apparato digerente o mettere a riposo la mente. Attualmente non abbiamo più il leone in circolazione, però abbiamo le preoccupazioni ed agiscono come se ci fosse la tigre fuori dalla porta e l’energia va su nella testa e non puliamo bene il sistema. Per il nostro sistema, anche una preoccupazione è legata alla sopravvivenza. Più siamo preoccupati, meno energia portiamo nell’apparato digerente. Spesso quindi la cattiva digestione non dipende neanche da quello che uno mangia, ma dal fatto che la testa succhia una parte (talvolta enorme) dell’energia perché è preoccupata. Preoccuparsi vuol dire occuparsi prima di cose che non sono successe e potrebbero anche non succedere mai. Sprecare energia non vuol dire correre e sudare, anzi, questo spesso fa recuperare energia. Quello che toglie energia al sistema è una cosa che si chiama pre-occupazione. È quella che può succhiare più energia al sistema. Digeriamo bene solo se siamo tranquilli, nella misura in cui siamo tranquilli portiamo energia nell’apparato digerente e viceversa. Certo, a parità di nervosismo, un’alimentazione più tranquilla la digerisco molto meglio, ma il concetto è che la cosa forse più importante è il nostro atteggiamento mentale. Anche il luogo in cui mangio è soggettivo: se ho tanta energia, posso “trasformare” il posto in cui vivo, anche se è un po’ negativo per me, anche se devo spendere un po’ di energia per fare questo. Se non ho energie, mi faccio sommergere dalla energie “negative” del posto. C’è un film, “War Games” che hanno rifatto, in cui vi era un computer che aveva tutte le energie per fare questa guerra nucleare. Come facciamo a togliere energia al computer? Dandogli un gioco senza soluzione. Cosa è successo? È entrato a giocare, non è riuscito a risolvere e ci ha messo più energia, non è riuscito a risolvere, ci ha messo più energia fin quando non è scoppiato. Quando parliamo di preoccupazione, parliamo di qualcosa di

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irrisolvibile, perché non è successo! Se siamo preoccupati, siamo con la tesa che gira, ma se succede qualcosa, noi siamo OCCUPATI, e quando siamo occupati agiamo e non stiamo più male. Sembra strano, ma quando “ci occupiamo”, non siamo più preoccupati.

Perché una persona ha bisogno di mangiare cibi pesanti, se non ha fame? Perché mangiamo? Se io ho una pre-occupazione, le energia si trovano nella testa. Mi faccio il panino, porto le energie nella pancia, e per qualche ora sono con la mente libera. Dopo la digestione devo mangiare altro. Perché non mi accontento della mela ed ho bisogno della torta di mele? Perché non affatica la digestione, che mi succhia poca energia. Ecco perché vengono voglie di cibo di un certo tipo. Anche l’attività fisica porta giù le energie, ma è meglio questa che mangiarsi un panino o similari.

La digestione non dipende solo da ciò che mangiamo, perché se siamo in vacanza digeriamo anche le pietre. Ci deve essere la confluenza di 2 aspetti:

- Movimento/attività fisica (Steiner: “Il sistema delle membra fortifica l’apparato digerente”)

Atteggiamento mentale mentre si mangia. Se uno dice: “da quando mangio meglio sto meglio”, può essere vero all’inizio, ma sulla lunga distanza non funziona, perché poi magari le energie vanno al cervello e magari là è dove devo risolvere delle problematiche, sennò siamo costretti a sgarrare ogni tanto, il che vuol dire riavvelenare il sistema, perché non riusciamo a gestirlo. È un lavoro da fare sul cervello. L’alimentazione è importante, ma quando parlo di salute dipende dai 3 fattori di cui si parla nell’igienismo: metabolismo, mente, attività fisica → vedere IGIENISMO:

Se mangio mentre guardo la televisione (passabile se divertente), se arriva qualcosa che mi preoccupa, l’energia va nella mente e giù rimangono poche energie. Se ho preoccupazione sulle proteine, sulla B12 e mi preoccupo ad essere vegetariano ecc. la preoccupazione c’è tanto ed allora mi saboto. Mamma mi ha detto, il dottore mi ha detto, in TV hanno detto mi condizionano, creano preoccupazione che a prescindere da quello che mangio, digerisco meglio. Certo, se poi mangio malissimo starò male comunque. Non è mai una sola cosa che determina il risultato. Se una persona è convinta che senza l’integratore B12 sta male, starà male. Nel momento in cui sei contagiato da un pensiero, quello inizia a funzionare. Se uno è preoccupato mentre mangia, è meglio che cambi alimentazione. Usare il modello che lo fa sentire tranquillo. Non è buon atteggiamento: “Io devo fare questo”, meglio “Sperimento questo e poi valuto i risultati”, passi che riusciamo a gestire e sostenere con la testa. Dovremmo essere rilassati, felici e contenti mentre godiamo il cibo, convinti che sarà la cosa che ci fa benissimo. È il giusto atteggiamento che me lo fa digerire. Vedi anche → Non è il cibo che dà energia o nutrienti, è il corpo che prende dal cibo energia e nutrienti.

Cibo più adatto per l’uomo:

Struttura fisica esterna: ogni animale è obbligato in natura dalla propria struttura fisica esterna a procurarsi certi tipi di alimenti e non altri. Sylvester Graham + correzioni di Cocca: 1. “Ogni animale allo stato brado è obbligato nella scelta del cibo dalla sua costituzione fisica esterna” leone non può mangiare erba a sufficienza, ne potrebbe mangiare troppo poca. Una mucca potrebbe mangiare i topi, ma non li riesce a prendere, non ne ha la struttura. Formichiere non potrebbe mangiare la mela acerba. Un leone con i suoi denti non riuscirebbe a strappare erba sufficiente per cibarsi solo di quella. 2. “A seconda di questa, l’apparato digerente di ogni animale sarà la conseguenza di questa

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costituzione fisica esterna” es. costituzione fisica esterna da predatore → apparato digerente da predatore.

Gusti alimentari: “Non tutto quello che possiamo procurarci è cibo per noi” → dipende da quello che vedo, se mi attrae mi avvicino, se tocco e sento l’odore (olfatto mi serve per decidere in primis se mangiarlo o non mangiarlo, è una discriminante si/no, come la vista, però queste discriminanti cambiano a seconda di quanto tempo non mangiamo: il mio olfatto non ha sempre la stessa valenza. Se io non mangio da 2 giorni, il mio olfatto accetta anche cibi che tre giorni prima non accettava. Non siamo fissi nella scelta alimentare, è un discorso dinamico a seconda di come cambia la nostra situazione), incido coi denti, se il sapore in bocca è discreto inizio a masticare. Gli animali, se è la prima volta che mangiano un cibo, mangiano un pezzetto, aspettano 24h e poi se non hanno reazioni lo mangiano tutto. Ho il GUSTO per capire se è cibo o no. SOLO in natura ciò che piace fa bene. Ciò che piace appaga il fabbisogno cellulare. Gli animali mangiano in natura, rispetto a quello che si possono procurare, solo quello che gli piace, cioè quello che supera il vaglio dei sensi. Questo dovrebbe succedere anche per noi umani, ma non siamo più in stretto contatto con la natura e la nostra società non è più naturale le nostre scelte sono mediate anche da altri punti: emotivi e convinzioni (logici). Burger (francese): come fanno le nostre cellule a dirci di che cosa hanno bisogno? Attraverso i sensi. Siccome in natura chi dobbiamo nutrire sono le cellule, chi comanda sono loro e ci danno indicazioni su come nutrirle. Le cellule hanno voce in capitolo, sono i mandatari, ma soltanto nel momento in cui il cibo che abbiamo a disposizione non è manipolato. Se stessimo in un posto dove non c’è una manipolazione né legata alla cottura né legata anche al mischiare i cibi fra loro.Es. ho un cesto di pomodori cuori di bue biodinamici, addento, il pomodoro è buono, mangio la prima metà, mi piace, la seconda un po’ meno, se mangio ancora pomodoro, comincia ad allappare, non si scioglie più in bocca. Questo è come le cellule, istintivamente, dicono “non ho più bisogno di pomodoro”, non facendomi più salivare né dandomi più piacere (non è detto che ora non mi possa mangiare una mela, vuol dire che il mio corpo per quel pasto non ha più bisogno nello specifico di pomodoro. Se dopo il pomodoro addento una mela e mi piace, della mela ho bisogno, dopo un po’ ci sarà lo stop anche sulla mela). Ora, ho un po’ di sale Himalaya, un po’ di origano, un po’ d’olio…ridiventa appetibile, ma non sto più ascoltando il fabbisogno cellulare, ma i bisogni del mio condizionamento alimentare. Ho salivato non per istinto, ma per sciogliere sale e spezie, che sono sostanze irritanti, e il corpo non si accorge che stai salivando per diluire, per difesa: “se salivo vuol dire che è buono” e mi porta a soddisfare un piacere che ora non è più legato al fabbisogno cellulare, ma che potrebbe essere ora classificato come di tipo emotivo-mentale. Ogni volta che non mangio un cibo crudo come lo offre la natura, non ho lo stop istintivo rispetto alla salivazione. Se metto sale, se lo elaboro, tipo lo faccio arrostito, sto interferendo col sistema, lo sto ingannando e facendogli mangiare cose che normalmente non mangerebbe. Il sale funziona così: poco sale non lo sento, un po’ più: “buono”, un altro po’: “buono, ma troppo salato”, aggiungo ancora: “si blocca la salivazione”. Anche sale e condimenti quindi devono essere nella quantità giusta affinché avvenga la salivazione. Il sale si mette anche nel dolce, perché così il dolce di per sé più il sale che induce salivazione lo rende più appetibile. Patata bollita→patata arrostita→patata fritta→Pringles. Quelle che inducono più salivazione, e quindi meno stop istintivo, sono le Pringles, oltre che per il fatto che sono salate, perché c’è questa legge: “Più un alimento si allontana dalla struttura originale, ovvero dai criteri del cibo adatto a noi, ovvero più è manipolato, e più induce salivazione”. “Nel caso di cibi manipolati e/o cotti, la salivazione è qualcosa di difensivo. Diventa cioè l’opposto“. È come se fosse che più il cibo diventa non-cibo, più

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difesa il corpo deve mettere, quindi più salivazione, e quindi non mi fermo mai. Più il cibo si allontana da parametri di sobrietà, di “cibo per la salute”, di “cibo fatto bene”, più induce la salivazione e più la persona gode nel mangiarla. È una sorta di doping. Es. figlia di Cocca quand’era piccola, gli dice: “Debbo fare una festa.” “Ma mica compri la roba biologica?”. Perché disse così? Per i suoi amici principalmente, perché ne mangiano di meno, perché la roba biologica, siccome è fatta meglio, induce prima il senso di sazietà. Mentre più è di scarto, più è di infima qualità, e più induce salivazione, che è un meccanismo di difesa.

Per gli alimenti così come li offre la natura, abbiamo uno stop istintivo, funziona solo coi cibi crudi così come li offre la natura. Con cibi elaborati, non esiste più questo stop istintivo, rimane quello della pancia o quello culturale (va mangiato un piatto, ti devi alzare da tavola che ai ancora un po’ di appetito ecc. Questa è la cultura che ci dice in che modo sopravvivere al fatto che non abbiamo lo stop istintivo rispetto al cibo).

Per alcune persone che mangiano molto crudo e naturale, che si sono riappropriati dell’istinto originale, le Pringles sono immangiabili perché sono troppo salate, ma per chi ha una base più inquinata, la Pringles può diventare allettante. Se una persona fa un mese di alimentazione senza sale, il giorno che va a mangiare insalata, salata normalmente, la trova troppo salata, perché il nostro organismo si abitua al livello di sale, al livello di inquinanti che mangiamo (in un senso e nell’altro: più sale metto, più ne metterei).

Sul “non mi piace”: se una persona è crudista, ed il cibo è crudo così come lo offre la natura, potrebbe essere segnale che non ho bisogno di quelle sostanze. Se una persona fa un’alimentazione convenzionale, il fatto che non piaccia il cibo crudo ha un altro significato. Es. una persona che mangia tanta carne, o cibi molto speziati, cibo pesante, è come se “bruciasse” le papille gustative, che si sono adattate a percepire solo i sapori forti. Magari se mangia una mela, non sente il sapore. Per poter rigustare il cibo crudo è come se dovessimo fare un training, cioè riabituare l’organismo. Es. se una persona mangia salato e il dottore gli dice: “Devi togliere il sale che hai la pressione alta.”, toglie il sale e per un po’ le varie pietanze verranno commentate con: “Non sa di niente, non sa di niente…” poi pian piano inizia a piacere. Passano 3 settimane, si riabitua a mangiare senza sale, cioè riacquista il gusto rispetto al non-irritante, cioè il corpo è come se non si difendesse più dal sale.

Es. se sono nella foresta, come faccio a scegliere quello che mi piace? Anche se ho a che fare con un frutto, ma “brutto”, sento l’odore che non mi piace, lo addento ed è amaro, non lo mangio. Rispetto a frutta e verdura mangio cioè solo quello che è gradito al mio palato, alla mia vista. Deve superare il vaglio (in classifica) della vista, dell’odore, e poi del sapore. Cosa fanno le tribù primitive o gli animali in natura? Sapete come funziona il veleno per topi? Si mette il grano per esempio e poi delle piccole bustine, il topo si avvicina e vede cibo nuovo, di solito non lo mangia o lo mangia uno soltanto del gruppo. Dopo che l’ha mangiato dice: “È buono” “Come ti senti” “Mi sento bene. Se entro 24h il topo sta ancora bene, tutto il gruppo mangia. Il veleno del topo è stato programmato per uccidere dopo le 24h. In natura il cibo nuovo che ha superato il vaglio della vista, dell’olfatto e del gusto, ne assaggio una piccola quantità e aspetto 24h. Se dopo 24h sto bene e il cibo è ancora buono dovremmo poter mangiare quel cibo tranquillamente. Però ricordiamoci che in natura l’unico vaglio che abbiamo rispetto alle scelte alimentari sono gli istinti (vedo, odoro, assaporo…anche il tatto può essere importante). Non ci ha dato gli strumenti della ragione (80% carboidrati ecc.), né di quantità, ma un fatto di sensi: quello che piace ai sensi in genere piace al nostro corpo. Non vivendo più nella natura, dobbiamo fare per forza un

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discorso di adattamento. Non si dovrebbe neanche oggi andare a tabelle da crudisti, tipo 80-10-10 o 70-20-10 ecc. Uno dovrebbe sentire. Però nella società di oggi il concetto è un altro, cioè “Come faccio a sentire se sono condizionato?”, come se fosse un cane che si morde la coda. È un lavoro che si fa. Poi c’è il discorso che rispetto al cibo naturale c’è uno stop istintivo, ma oggi non esiste più il cibo naturale. È tutto “prodotto”, non è più qualcosa che la natura ci offre, siamo noi che l’abbiamo condizionata. Non vuol dire che non ci sono soluzioni, ma sapere che bisogna trovare soluzioni sapendo che la situazione è questa. Altro es. rispetto ai crudisti: “Oggi ho voglia di uva”. Se mangio uva da vino, dopo 3-5 etti non ne avrò più voglia. Se mangio uva Italia o uva Moscato, ne mangio 2kg. L’uva moscato è stata appositamente prodotta per essere più zuccherina, è un cibo a cui non sono abituato. L’uva da vino è stata prodotta per avere più aromi, contiene più micronutrienti. Quindi anche nella scelta alimentare i discorsi sono un pochino più complessi. Questo per dire che dobbiamo trovare i giusti equilibri rispetto alla frutta, agli ortaggi o cose del genere, ma la cosa più importante è essere tranquilli! Vivere tutto come un’avventura, con gioia e con sperimentazione.

Popoli come gli Hunza, i Giorgiani che vivono oltre i 100 anni vivono in contesti che sono diversi dai nostri, a contatto con la natura e poi non mangiano molto. Rispetto al cibo c’è quindi un discorso di qualità ed un discorso di quantità.

Come faccio a sapere quando smettere di mangiare? Quando sono sazio? Posso dire: “quando mi sento pieno”, che è una sensazione nella pancia, ma anche nel “sentirsi pieno” ci sono delle differenze. Es. chi è venuto su senza troppi condizionamenti, es la figlia di Cocca, ad un certo punto dice: “Non mi va più”. Chiedendole: “Ad un certo punto perché smetti di mangiare?” “Perché mi sento piena”, però lei smette di mangiare 1 ora prima di Cocca, allora il suo sentirsi piena era differente dal sentirsi pieno di Cocca. “Quand’è che ti senti piena?” “Quando sento un tac nello stomaco”. Cocca si sente pieno all’ottavo tac a volte! Stile: “Non c’entra più niente”. Il fatto dello stomaco quindi è legato anche ad altri aspetti. La maggior parte di noi smette di mangiare quando si sente pieno. Ma in natura non funziona così, specialmente per gli animali che possono essere predati. Tutti gli erbivori di non troppo grandi dimensioni non mangiano mai così tanto da sentirsi pieni, perché sennò non possono scappare. Non esistono animali grassi in natura, solo animali grossi.

Per riappropriarci del senso istintivo della sazietà e del gusto, dovremmo mangiare un solo alimento per volta, scondito e crudo, fino a non averne più voglia, poi passare al limite ad un altro cibo crudo scondito, ma non tornare più sul primo. Mettersi davanti es. dalle 4 alle 8 ciotole di frutta e verdura differenti, crude e non elaborate in alcun modo, poi chiedersi: “Cosa desidero?”, poi si sceglie un qualcosa, in cui non pensiamo se dolce, amaro ecc. :scegliamo quello che vogliamo, mettiamo in bocca, iniziamo a masticare. Nel momento in cui mastichiamo, sentiamo il sapore, che arriva al cervello, e le cellule comprendono se quello gli serve o meno o cosa serve, cioè incominciamo a recuperare la relazione del contenuto di micronutrienti del cibo con quello che serve alle cellule. Dopo che abbiamo mangiato un alimento, se ne abbiamo bisogno ancora lo mangiamo, ma quando smettiamo, quello non si tocca più, e si passa a quello successivo. L’obiettivo è quello di sentire il sapore di ogni singolo frutto, verdura, ortaggio, sentirlo molto per dare l’informazione al cervello, in modo che nel futuro, quando le cellule hanno bisogno di una sostanza, informano il cervello che sa che in quell’alimento vi è la sostanza che serve. E fatelo almeno per 4-5 cibi. Una volta che l’avete fatto, possiamo ricominciare con la nostra alimentazione normale. Quando Cocca lo fa alcune volte in alcuni soggiorni, si scopre

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questo: che quando si mangia in questo modo, ci si mette molto tempo e l’alimentazione è di tipo quasi meditativo. Come poi mangiamo crudo mischiato, finisce la meditazione, come se fosse quasi cucinato. Si entra in un’altra dimensione. Allora fare questo esercizio serve proprio per recuperare il nostro rapporto antico con il cibo.

Su questo abbiamo fatto degli errori anche nell’educazione dei ragazzi: ”si deve finire il piatto” sarà pure educazione, ma vuol dire “tu non devi più ascoltare il tuo senso di fame, tu sbagli quando pensi di non avere più appetito, il tuo appetito lo comando io” ed i ragazzi perdono il senso della sazietà. È nato con una buona intenzione perché le famiglie del dopoguerra avevano i figli piccoli, c’è un pranzo ed il bambino dopo aver mangiato un po’ dice basta non ne voglio più (in natura nessun piccolo viene forzato), però la madre dice “finisci”, ma il motivo antico era “…perché non so se c’è da mangiare stasera”, però il bambino capisce “io non devo ascoltare il mio senso di sazietà, il mio blocco istintivo” ed il nostro rapporto col cibo diventa condizionato. Chi invece ha un buon rapporto con il cibo, se ha mangiato abbastanza, lascia qualcosa nel piatto. Tutto quello che mangio in più diventa zavorra per il mio organismo, non nutrimento (salvo in un periodo di carestia, perché domani non mangio, ma non in una situazione in cui c’è abbondanza, con frighi e dispense piene). Non è sempre semplice educare così i propri figli, specialmente se il figlio è magro, inappetente (che sono categorie inventate da noi però!). Però se non fai così, non hanno la libertà e mangiano più del necessario. Si dovrebbe ricominciare a sentire la sazietà. Per rieducarsi al crudo, si potrebbe sforzarsi inizialmente ad introdurre un’insalata all’inizio del pasto, anche se non ho piacere….poi dopo tipo 3 mesi, si dice “se vuoi la puoi togliere”, e spesso ci si sente rispondere “no, adesso non ne posso fare a meno”. È diventato cibo emotivo. Più ci abituiamo a mangiare crudo, più questo può diventare cibo emotivo. Possiamo fare passi più lenti se non abbiamo grosse motivazioni, più veloci se le abbiamo. Che motivazione ho per cambiare qualcosa sul mio stile di vita? Parte tutto da questo punto fondamentale. Spesso un passaggio lento può essere più duraturo nel tempo. L’inganno per il quale abbiamo perso la capacità di ascoltare i messaggi cellulari che ci indicherebbero cosa è giusto mangiare è che le papille gustative si adeguano a quello che noi mangiamo. Se ad una persona che fa una alimentazione convenzionale gli facciamo mangiare un pasto più naturista igienista o con meno sale, meno spezie, la frase tipica sarà: “Non sa di niente”, perché è come se il nostro apparato boccale, si stimolasse soltanto con un certo livello diciamo “di sale” o di “saporinità”. Per chi beve vino, si beve prima il vino più leggero, poi quello a gradazione superiore. Se faccio l’opposto, abituo le papille e poi non lo sento più quello leggero. Chi beve tanto a gradazione alta, per potergli piacere quello a gradazione bassa deve smettere di bere quello a gradazione alta. Per chi mangia molto saporito, anche per la frutta a volte si hanno reazioni così del “non sa di niente”, perché le papille gustative non riescono a percepirne il sapore. Come faccio a ripercepirne il sapore? Devo fare un passo indietro. Per far ricambiare il sapore alle papille gustative, minimo serve qualche settimana.

NON SIAMO LIBERI: siamo soggetti a condizionamenti:

1) Istintivi: legati al codice genetico, ci dice cosa mangiare ed è legato ai fabbisogni cellulari. Es. i rettili mangiano determinate cose perché hanno un istinto. Istinto significa principalmente che non è soggetto ad educazione. Le cellule attraverso l’istinto ci chiedono cosa serve a loro. Istintivo, legato al bisogno cellulare: neonato che se gli diamo del succo di mela o purea di mela, gli piace, tira fuori la lingua perché è zuccherino, gustoso, assomiglia al latte materno, gli piace. Prima volta che sputa è quando gli diamo qualcosa di salato, tipo omogeneizzato. Sputa, cosa vuol dire? Non fa

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parte della loro alimentazione. Noi umani perdiamo questo istinto con lo svezzamento. Le capre vengono svezzate da 100% latte a 90% latte e qualche fogliolina (cibo adulto più tenero), via via 50% latte 50% cibo adulto, 10% latte 90% cibo adulto, poi tutto cibo adulto. È graduale. Se un nostro piccolo da 100% latte iniziasse a mangiare subito tutto cibo adulto cosa succederebbe? Noi mangiamo pasta e fagioli con le cotiche e vino, potremmo darlo al piccolo frullato? Non glielo diamo perché noi adattiamo il bambino a poter mangiare un’altra cosa, lo rendiamo più tollerante. La stessa cosa che si fa col fumo di sigaretta. Se una persona il primo giorno fumasse 30 sigarette, starebbe malissimo e non le toccherebbe più. Si deve abituare l’organismo a tollerare le sensazioni negative che ci dà all’inizio, piano piano si diventa tollerante a fumare. Lo svezzamento del bambino serve per renderlo tollerante al cibo dell’adulto, sennò non lo mangerebbe. C’è lo svezzamento, in cui lo si porta a mangiare il cibo dell’adulto con lenta transizione sennò non lo tollererebbe. In natura, soprattutto per gli animali rettiliani (che non vengono svezzati e quindi non hanno neanche l’imprinting iniziale, nascono da uova e non conoscono neanche i genitori, i quali peraltro non sono stati istruiti di andare in quella determinata spiaggia, scavare, ecc., non gli è stato detto da un altro o dal mondo esterno, ma è istinto, programma genetico. I tartarughini sanno che devono scavare verso l’alto per istinto ecc. probabilmente il programma genetico gli dice “vai verso la sabbia più asciutta o che cede più facilmente, poi vanno al mare, che non sanno che esiste, un altro programma. Le luci disturbano il loro programma: proibiscono di fare villaggi di pescatori nei luoghi dove le testuggini depongono le uova. Probabilmente per la tartarughe il mare è più luminoso della pineta e vanno verso la zona più luminosa. L’istinto gli dice a seconda degli input esterni come comportarsi, come mangiare, difendersi dai predatori naturali, fare sesso con l’animale della propria specie e tornare nel posto dove è nata e deporre le uova. Non c’è evoluzione, se non genetica), il “mi piace” – “non mi piace” è legato al condizionamento istintivo. La salivazione, nel mondo naturale, è legato al fabbisogno cellulare.

Passiamo all’uomo: chi gli insegna ad alzarsi in piedi? Il codice genetico o la mamma? Se i genitori camminassero a 4 zampe, si alzerebbero? Qui parliamo di condizionamento, non solo di istinto. Es. se prendo un leone appena nato nella savana e lo porto nel mio giardino a giocare col mio criceto, coniglio e la mia figlia piccolina e gli do da mangiare scatolette. Diventa grande, poi lo rimetto nella savana. Nessuno gli ha insegnato a cacciare, nessuno gliel’ha insegnato. La caccia è un comportamento appreso. La differenza coi rettili è che non educano i figli, riescono a sopravvivere praticamente da subito andando già allo stato brado. Anche se libero un serpente nato in rettilario, quello sa cacciare, perché ce l’ha scritto nel codice genetico. Es. bambini abbandonati nella foresta o che si sono persi, cresciuti da altri animali. Storicamente è stato trovato anche un bambino lupo, perso appena nato e trovato a 10 anni. Camminava a 4 zampe, formazione diversa della colonna vertebrale che gli agevolava la corsa a 4 zampe e affondava la bocca nelle viscere degli animali morti. Il suo senso del gusto, ci domandiamo? Abbiamo delle scelte alimentari quindi anche di tipo EDUCATIVO. Il primo cibo con cui siamo entrati in contatto durante lo svezzamento.

2) Emotivi: legati alla nostra infanzia ed esperienze passate, legati al piacere. Quando diciamo “questo mi piace”, “questo non mi piace” è legato ad un condizionamento emotivo. Più buona la pizza o più buona la piadina? Dipende: se lo domando ad un napoletano, 99% sarà “pizza”, in Romagna posso avere un 50 e 50, non è legato alla bontà del cibo, ma è legato all’educazione ed al condizionamento emotivo. Emotivo,

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legato al nostro svezzamento, cioè i primi cibi son cui siamo entrati in contatto e sono quelli che ci piacciono di più normalmente (anche da un passato come ricordi dell’infanzia e ritrovi con gente che ci faceva sentire bene). Noi umani abbiamo staccato il “mi piace” dai nostri fabbisogni di tipo istintivo, cioè il “mi piace” è slegato al fabbisogno cellulare. Il piacere emotivo ce l’hanno anche i mammiferi, tutti i mammiferi sono condizionabili rispetto alle scelte alimentari. Non abbiamo scelto noi: siamo stati educati a farcelo piacere, o per lo meno, questo aspetto è prevalente. Anche i cibi che la mamma assumeva durante la gravidanza condiziona perché il latte ed il suo sapore dipende anche dall’alimentazione della mamma e dal suo stato d’animo. Se è nervosa, nel suo corpo di generano gli ormoni della paura, dell’attacco, della difesa e questi possono passare nel latte. Affinché il latte sia buono occorre che la madre sia tranquilla, ancor più importante che se mangia bene o male. Es. se si fa “famiglia naturista”, bisogna mangiare questo per il bene del bambino e la mamma pensa: “Però non è che sia poco quello che sto mangiando?”, allora ecco che il latte diventa scarso, perché quelli che sono i commenti della madre rispetto alla sua alimentazione si ripercuotono sul suo fisico e su quello che dà al bambino e sono anche più importanti di cosa mangiamo. Diamo istruzioni al nostro sistema su come si deve sentire prima di mangiare quella cosa.

Un cane di amici che durante alcune cene veniva portato fuori. Perché? Perché stasera a tavola vi sono le alici salate. E che centra? A volte c’è la carne, il prosciutto, le polpette (che per un cane possono essere più stimolanti) e quello se ne sta buono! Con le alici salate salta sul tavolo. L’avevano preso da una famiglia di pescatori di Mergellina ed era stato svezzato con le alici salate. Questo ha generato un rapporto emotivo molto forte con i primi cibi con cui entriamo in contatto con lo svezzamento. Mentre però in natura i piccoli entrano in contatto coi cibi della specie, noi possiamo entrare in contatto con un cibo che non è della nostra specie e creiamo una valenza emotiva per dei cibi che non sono quelli dell’’istinto. Un canelupo in natura non avrebbe dato le alici salate al piccolo, ma i cibi cacciati o la frutta. Noi abbiamo imprinting della vita convenzionale, se pensiamo ad una tavolata in festa, è difficile pensare: “mi mangio delle mele e delle banane”, non abbiamo l’aggancio: ”frutta=festa”, quindi se mangio la frutta durante la festa è come se fossi triste, perché emotivamente non sto entrando nella festa. Il cibo emotivo d’elezione ha una sua valenza, una sua forza. Abbiamo anche un condizionamento emotivo anche per i cibi che NON ci piacciono però! Magari i cibi che ci hanno obbligato a mangiare da piccoli.

3) Logici-culturali: convinzioni su cosa è buono e non è buono, su cosa fa bene e non fa bene, è quello che abbiamo imparato (gli altri animali non ce l’hanno). Es: “questo mi ingrassa”, “questo mi fa male”, “questo alimento contiene una determinata sostanza e mi fa bene, questo fa male” ecc. Attenzione: “mangio le mele perché mi fanno bene” è LOGICO, cioè vengo portato fortunatamente a mangiare un cibo istintivo, ma la motivazione è logica. “Mangio l’insalata perché ho bisogno di Sali minerali” è logico, non istintivo. È istintivo solo se è legato al piacere. Nelle “cose che ci fanno bene”, che è logico, è incluso anche il cibo che dovrebbe essere istintivo: frutta e verdura (o gli alimenti che ci piacciono così come sono in natura crudi). Es. “Mamma per una volta non mangiare il primo piatto”, “E poi come mi reggo in piedi?”. Questo perché è nella cultura che “il primo piatto è il piatto di sostanza”. Ma dove le abbiamo prese le informazioni? La maggior parte delle cose che sappiamo, le sappiamo perché non abbiamo messo in discussione niente di quello che ci è stato dato. Dobbiamo quando mangiamo capire: ”La mia scelta da dove parte?”, “Perché mangiamo in questo

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modo?”, sennò facciamo come i protagonisti di questa storia: la moglie di un mio amico ogni volta che faceva l’arrosto, dopo aver comprato il pezzo, lo tagliava in due e lo cucinava in due pentole. Il marito chiede: ”Perché lo tagli in due?”. “Perché mamma faceva così”. Allora lui va dalla suocera e dice: “Perché tagli in due l’arrosto?”. “Perché mamma faceva così.”. Per fortuna la nonna era ancora vivente. Lui le chiede: “Scusa, ma perché gli hai insegnato a tagliare in due?”. “Perché ai miei tempi non avevo una pentola abbastanza grande.”. Noi prendiamo dei modelli, ed una volta che li abbiamo presi non li mettiamo in discussione.

Gli scorpioni fritti, nella nostra cultura, non esistono, ma in altre sono prelibatezze. Mangiare i cani ecc. in Cina non hanno il razzismo rispetto agli animali, “tutto quello che si muove, si può mangiare”, anche se veniva da un retaggio di povertà. Se sono povero, cosa posso mangiare? Nel napoletano, fino alla Sicilia, nel 1300-1400 mangiavano quasi esclusivamente cicorie, verdure con un po’ di frutta e verdure “maritate”, ma non come adesso, “maritate” una volta vuol dire una piccola porzione animale, con una quantità enorme di verdura. Non c’era neanche la pasta, mangiavano un po’ di una specie di piadina. Nei periodi di carestia erano proibite le zeppole o le paste cresciute perché la farina doveva servire soltanto per fare il pane e non per cose che poi sarebbero servite per soddisfare il piacere della gola. Es. torno a casa, vedo la macedonia di frutta e della cioccolata, oggi ho voglia di cioccolata. Salto il condizionamento istintivo che mi porterebbe alla frutta e do retta al condizionamento emotivo che mi fa prediligere la cioccolata. Ora però arriva il pensiero: “divento tutto ciccia e brufoli”: questo è il condizionamento logico. Se il condizionamento logico è forte, allontano la cioccolata. Se non è forte, appare un’altra voce: ”si, ma solo questa volta”, c’è una comunicazione tra il condizionamento emotivo e il logico, poi chi vince determinerà il mio comportamento.

Tutti questi 3 aspetti agiscono nel nostro modello alimentare e dovrebbero essere soddisfatti nel cibarsi tutti i giorni. Se una persona soggiace quasi solo ai condizionamenti di tipo emotivo, può rischiare di diventare “ciccia e brufoli”, perché mangia solo quello che gli piace, se segui solo la logica, potrebbe diventare triste. Es. se tolgo tutti i cibi emotivi ad una persona che fa la dieta, mi diventa triste, e se lo diventa, la dieta non può avere successo. Continua a fare la dieta di sempre: diventa ciccia e brufoli o si ammala. Se soddisfo trotto i bisogni emotivi, mi posso ammalare, se non li soddisfo, posso diventare triste, così come se soddisfo solo i bisogni logici (“mangio per dovere”). Non soddisfo i bisogni logici: mi sento in pericolo. Dobbiamo trovare la quadratura del cerchio per cui io mangio, soddisfo le mie cellule, soddisfo la mia parte emotiva, e soddisfo la mia parte logica. Se questi aspetti non sono tutti e tre soddisfatti, quello che chiamiamo il modello alimentare non funziona.

“Ho fame”→ istintivo, “vado sul dolce”→ emotivo, “divento ciccia e brufoli, è meglio evitare”→ logico-culturale. Se però lo mangio, e mi dico “ora mi farà ingrassare”, come agirà quel dolce? Lo utilizzerò per ingrassare. “Adesso ho rovinato tutto e starò sicuramente male”, cosa succederà? Rovinerò tutto e starò male. Quel dolcetto è solo un dolcetto, non rovina, non potenzia, è magari solo un intervallo nella mia vita ad esempio, una pausa o quello che voglio io.

Soddisfare bisogno istintivo: mangiare frutta e verdura principalmente, al limite, ma di serie B, semi, germogli

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Soddisfare bisogno emotivo: tutto quello che è cotto

Soddisfare bisogno logico/culturale: principalmente anche qui tutto quello che è cotto. Logico è anche un ragionamento del tipo: “divento vegetariano/vegan perché fa bene”. Se lo faccio per dovere e divento triste, pian piano può non piacermi più.

Un compromesso tu lo devi trovare sempre. Tu devi sempre trovare il giusto compromesso per cui sei contento di quello che stai facendo. Se quello che stai facendo una parte di te lo vive come prigione, come privazione, non funziona. Nel lungo periodo, quello che si dice è “Cedo”, e non ha senso.

4) C’è anche un criterio economico, apparentemente. Quando si seleziona un cibo in base al costo, si seleziona contemporaneamente anche rispetto al nostro criterio alimentare. Una volta c’era una grande differenza tra il prezzo di quello che poteva essere 1kg di pane e 1kg di carne. Non si è capito come, ma adesso i prezzi sono simili. Un prodotto animale dovrebbe costare minimo 7-8 volte di più. È un problema politico. Per il discorso economico e di tempo dovremmo capire quali sono le mie convinzioni rispetto a quello che è importante per me, ovvero “cosa devo mettere alla base della mia alimentazione, dandoci un modello alimentare in cui riusciamo a salvare capra e cavoli, ovvero soddisfare i miei fabbisogni istintivi, emotivi e logici. Se non sono soddisfatti, il modello alimentare non può funzionare.

Proibizioni:

la nostra società è piuttosto strana rispetto alle regole alimentari, in quanto in queste regole vigono le “proibizioni”, questo è proibito, questo non si può fare, questo non si può mangiare, senza sapere che spesso le proibizioni alimentano il desiderio. Uno dei presupposti base per avere un buon rapporto con il cibo è questo: “Io posso mangiare tutto quello che voglio!”. Molti direbbero: “Come? Io non posso mangiare tutto quello che voglio, perché se potessi mangiare tutto quello che voglio mangerei di tutto, mangerei troppo e male ecc.”. In realtà il mangiare male o lo sgarrare dipende da altri presupposti, cioè la proibizione. Nel momento in cui “Io posso mangiare tutto quello che voglio!”, posso anche scegliere, se non posso mangiare tutto quello che voglio, non posso scegliere, perché la scelta dipende dal potere (posso=ho il potere). Le persone che hanno un buon rapporto con il cibo sono quelle che hanno la convinzione: “Io posso mangiare tutto quello che voglio”. Se dico: “Siccome sono “X” non posso mangiare questo”, che cos’è che avrò in testa? Proprio quello che non posso mangiare. “Io sono vegetariano. Posso mangiare il prosciutto? CERTO!” Io SCELGO di non mangiarlo, ma non è che non abbia il potere. Se una persona ci dà delle regole, ci toglie il potere. E se ci toglie il potere, l’unica cosa che possiamo fare è combattere le regole. Se ho invece il potere, posso allora scegliere, ed allora scegliere di mangiare quello che mi fa bene, che fa bene all’ambiente (aspetto ecologico) ed agli animali (etico). Se io dico: “Nella prossima settimana potete mangiare tutto quello che volete tranne le pere”, qual è il frutto che avete in testa durante tutta la prossima settimana? La proibizione funge da desiderio. Ogni volta che vi proibiscono qualcosa, in realtà la cosa proibita può diventare desiderio. Nel momento in cui dico che posso mangiare tutto quello che voglio è come se dicessi: “Siccome posso mangiare tutto quello che voglio io posso scegliere, ho questo potere.” Ma se non ho il potere di scegliere, io sono schiavo dei miei condizionamenti. C’è chi pensa “Siccome non posso mangiare la torta domani, me la finisco oggi”, e magari oggi così faccio una porzione abnorme, mentre se fossi veramente libero, magari taglierei una fettina di torta piccola per oggi ed un’altra piccola per domani e mi farei meno male. Siccome non ho il potere, ma mi hanno detto che domani la torta non posso mangiarla, mi comporto peggio di come sarebbe stato se avessi avuto il potere.

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Corretta alimentazione:

COSA MANGIAMO:

o proporzione tra alimenti crudi e cotti. Quest’ultimi li mangiamo per motivi emotivi e logici,

prima della scoperta del fuoco mangiavamo solo alimenti crudi ed il nostro apparato digerente fisiologicamente è ancora specializzato principalmente a digerire e metabolizzare cibi crudi. Almeno 70% cibi crudi e max 30% cibi cucinati ad ogni pasto, poi più crudo c’è, meglio è. Perché aumentare il crudo? Anzi: perché abbiamo aumentato il cibo cotto nella nostra alimentazione (prima del fuoco era tutto crudo). In realtà è più facile mangiare il cibo crudo come praticità (più veloce la mela così che la mela cotta dove devo preparare ecc, più facile mangiare l’insalata che gli spinaci al burro, però…a volte abbiamo un condizionamento (a pulire l’estrattore ci metto tempo…ed a pulire la macchinetta del caffè? A tagliare un’insalata e pomodori ci metto tempo, ed a fare un sugo? Ed a lavare i piatti?) Vedere paragrafo “Cibo cotto”

o Potenzialmente, nel veganismo, possiamo mangiare tutti gli alimenti di origine vegetale.

L’approccio però dovrebbe essere graduale, non solo legato all’incapacità dell’organismo di diventare subito vegano e prendere dal cibo vegano tutto quello che serve, perché abbiamo ancora dei condizionamenti mentali legati all’alimentazione carnea onnivora che molte volte sono difficili da gestire. Occorrono passi giusti verso il veganismo e si deve essere convinti che in ogni passo che si sta facendo si stia facendo il passo giusto.

o Alimenti toucourt di origine vegetale (frutta e verdura), ricchi di acqua. Andrebbero nella

proporzione maggiore

o Alimenti meno ricci di acqua e meno concentrati (semi: cereali, legumi, noci ecc.), in più

piccola proporzione.

o Perché “meglio crudo”? Cosa prendiamo dai cibi? I nutrienti, ma anche una soddisfazione

mentale (come sono stato bravo), una soddisfazione emotiva, poi qualcosa di impercettibile che non è scientifico che noi chiamiamo “vita”. Come faccio a dire “una insalata cruda ha più vita di una cucinata” quando i componenti sono gli stessi? Se colgo un limone bio e lo metto sul davanzale a nord, quanto tempo passa prima che marcisca? Mesi. Se prendo un limone al supermarket e lo metto a nord marcisce subito. Perché un limone fresco bio dura di più. La sua capacità di durare è la sua capacità di rimanere in vita, come questa via cala, viene aggredito da muffe e batteri per farlo ritornare terra. C’è una bella differenza a mangiarsi un limone del primo tipo anziché un altro in cui la vita è come se si fosse azzerata. Non basta quindi che sia crudo, all’interno del crudo è anche “quanto è fresco”, perché la maggior parte dei prodotti che compriamo sono prodotti da frigo, frutta tenuta in frigo per molto tempo prima di arrivare al consumatore. Nostradamus diceva che se stacchiamo l’insalata dall’orto e la mettiamo a tavola si è dimezzata quella che lui chiamava “energia vitale”. Gli altri animali mangiano direttamente, la vita passa direttamente dal cibo a loro. Noi abbiamo una frattura tra il cibo diretto e il consumo. Certo, meglio comunque il crudo, seppur conservato, rispetto al cotto. C’è anche questo aspetto: quando noi manipoliamo il cibo con la cottura, il cibo perde qualcosa. Teniamo presente che il mondo vegetale si nutre del mondo minerale: i vegetali tramite le radici assorbono i minerali e tramite i batteri fissatori di azoto, assorbono l’azoto (tramite l’humus ecc.) e svolgono la fotosintesi clorofilliana, nutrendosi di minerali e di luce. Gli animali possono vivere di animali e di luce come le piante? No. In genere si nutrono di vegetali o di altri animali. Il ciclo è

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questo: il vegetale trasforma energia solare in cibo solido e noi mangiamo energia solare solidificata mangiando le piante. Questo è come funziona in Natura. Le nostre cellule possono vivere soltanto di vegetali o altri animali, quando sono crudi. Cosa vuol dire “cucinare un cibo”? Immaginiamo delle patate, le metto al forno. Inizialmente sono crude, non ci entra neanche la forchetta, iniziano a cuocere, si spacca un po’ la buccia e per noi è il punto giusto di cottura. Se continua la cottura, ad un certo punto si asciugano e se continuiamo alla fine diventa carbone, si bruciano, Con la cottura è come se portassimo il cibo vegetale a farlo ritornare minerale. Non è più vivente, ha perso la vita. Le nostre cellule hanno bisogno di alimenti vivi per integrare la loro vita. Il corpo ha bisogno di una quota minima di cibo crudo per poter nutrire le cellule (nutrendo poi anche la nostra parte emotiva e logica).

Non è mangiare cibo più crudo che mi dà più energia, intesa come capacità di compiere un lavoro, la capacità di fare qualcosa. La mia energia dipende da quello che mangio o principalmente da quello che penso? → vedi effetti che il cibo può avere nell’organismo umano.

o Svantaggi (solo in alcuni casi) del crudo: mangiare crudo è più impegnativo. Se una

persona mangia quasi esclusivamente crudo, ha un apparato digerente più libero, digerisce meglio, disintossica meglio (meno energia assorbita da fegato-reni-polmoni), quindi più energia disponibile. Per cosa la utilizza? Se ha dei pensieri propositivi, per raggiungere gli obiettivi, ma se ho le paranoie, alimenta le problematiche. Quindi mangiare cucinato la sera soprattutto per quelle persone che hanno delle problematiche, pensieri ricorrenti, sono tristi ecc. abbassa il livello energetico. “Sono stanca, stressata ecc.”, mangio un dolce “Ah, mi sento meglio”, non sono gli zuccheri, ma ho portato energia nell’apparato digerente. Una persona, quindi, potrebbe non riuscire a tollerare i pensieri che con questa dieta più energetica si sono alimentati. “Non ce la faccio. Ho bisogno di qualcosa”. In realtà non abbiamo bisogno di qualcosa, abbiamo bisogno di riabbassare il livello energetico perché non riusciamo a gestire quell’energia che sennò realizzerebbe dei pensieri che non vorremmo che realizzassimo. Molte persone non hanno energia perché hanno dei pensieri che sono brutti. Allora per il sistema è più comodo togliere energia a quei pensieri, piuttosto che realizzarli. Es. una persona ha paura di morire: quante energie può portare alla testa? Poca! Perché se porta energia alla testa, alimenta la paura di morire. Allora il sistema dice: “Paura di morire? Io ti tolgo energia: datemi qualcosa in modo che questa paura non venga alimentata.” Quindi se vengono pensieri, questi vanno gestiti, sennò il sistema cerca di portarli giù. Spesso col mangiare portiamo energia nell’apparato digerente e liberiamo la mente se essa è fossilizzata su pensieri di un certo tipo. Se sono convinto che con la minestrina la sera sto meglio (culturalmente è il cibo che disintossica ecc.), allora può essere opportuno. È un po’ come se normalmente avessi una macchina un po’ difettosa, un po’ scarburata e che non riesce ad andare veloce: anche se non sto perfetto di testa, tanti danni non li posso fare. Se invece mi danno una macchina perfetta e potente, se non sono pronto a guidarla, magari c’è il rischio che vada a sbattere. Non mi possono dare una Formula1 se non sono pronto a guidarla.

COME MANGIAMO: spesso è più importante del cosa mangiamo

o Numero pasti al giorno:

se abbondanti, pochi, max 2 pasti al giorno. Dott. Dever: un pranzo alle 12 ed un pasto alle 18 (abbastanza impegnativo, anche se alle 12 ed alle 18 (inteso come “l’imbrunire”… le

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nostre capacità digestive diminuiscono man mano che si va avanti lungo la sera: al top dalle 12 alle 18, poi diminuiscono. Così come il sonno: le ore prima di mezzanotte in termine di riposo valgono il doppio, le ore dopo le 6-7 del mattino tolgono energia al sistema, a meno che non dobbiamo recuperare.) si può mangiare qualsiasi cosa per Dever, però poi dalle 18 alle 12 ci sono 18 ore di digiuno che disintossicano l’organismo, anche se ovviamente più mangi bene, meglio è). Esiste anche un piano “no-cena”. Se nei posti freddi faccio per esempio “colazione e pranzo” e salto la cena, si disintossica lo stesso. Anche se faccio un modello “colazione e cena” mi disintossico. L’importante è lasciare spazio e tempo all’organismo di disintossicarsi. Se si seguono i cicli circadiani, mangiare non prima delle 12 e finire non dopo le 20: o non-colazione o colazione leggera (succhi, frutta), per non interrompere la detox mattutina (non togliere energia a fegato, reni, polmoni).

Pasti più piccoli: anche più pasti al giorno, perché il numero dei pasti è in stretta correlazione con la nostra capacità di digerire quel pasto (ogni pasto ha bisogno di essere digerito e smaltito)

L’importante è fare o un pasto grande e gli altri piccoli, oppure tanti piccoli.

o Sequenza nel pasto (dieta sequenziale): il nostro apparato digerente, il nostro stomaco,

non è un’impastatrice come pensano la maggio parte delle persone. Il nostro stomaco invece è tipo un sacco e quello che mangiamo si deposita in fondo allo stomaco a strati. Digeriamo a strati nella sequenza con cui introduciamo gli alimenti. Lo stesso pasto con la sequenza sbagliata lo posso digerire in 10 ore, con quella giusta, posso digerire in un tempo che può essere meno della metà.

Esempio: se fossimo davanti ad un traforo in cui potessero passare un mezzo per volta ogni 5 min, abbiamo una 500, un 1100 ed un ferrarino. Quale facciamo passare per prima per poter far passare l’altra subito dopo 5 min? Se faccio passare prima la 500 mi ingolfa il 1100 e il ferrarino e tutta la galleria si riempie di fumo. Se mangio prima la pastasciutta e poi la frutta, questa deve aspettare il tempo digestivo della pastasciutta. Poi anche essendo la frutta liquida, scende nella pastasciutta e mi inibisce la digestione della stessa, perché gli zuccheri semplici e anche le sostanze acide inibiscono la digestione dei carboidrati. Se sono attento alle sequenze alimentari, faccio 2 cose in una: mangio più crudo e miglioro la digestione. Se uno fa bene la sequenza, può arrivare da subito, mantenendo la stessa alimentazione di prima, al 50% di crudo, che è il minimo per sopravvivere abbastanza bene.

1. Prima i cibi che abbandonano più velocemente lo stomaco: la frutta. Per le persone non abituate, mangiarla 10-15 min prima di passare all’alimento successivo. Se comincio ogni giorno a mangiare uno o più frutti prima di quello che considero un pasto, il gusto comincia ad assaggiare questo frutto ed il cervello lo mette in relazione ai costituenti. Come iniziamo con questa abitudine, cioè, cominciamo a soddisfare i bisogni istintivi. Lo mangiamo a livello logico, ma cominciamo col soddisfare i bisogni istintivi delle cellule

2. Dopo la frutta è bene mangiare un’insalata abbondante. Serve da base per poter digerire l’alimento cucinato che consumeremo dopo e diamo al corpo i Sali minerali che il corpo potrà utilizzare, andando a soddisfare ancora il bisogno istintivo.

Ora dobbiamo soddisfare il bisogno emotivo e logico. I più consigliano a questo punto una verdura cotta (sia a pranzo che a cena). Questa è una regola generale, a seconda della persona e della sua risposta si tarerà di conseguenza.

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3. Verdura cotta: mi serve da “cuscinetto”: non è un cibo crudo, ma non è neanche un cibo impegnativo di quello cucinato. È un cibo emotivo, ma che contiene ancora diverse sostanze e mi fa volume

4. Piatto cucinato o quello che ci piace. Sul piatto cucinato Cocca non entra nel merito, perché così ognuno si soddisfa il fabbisogno emotivo e logico-culturale nello stesso tempo

Riempirsi con frutta e verdura prima del piatto cucinato, serve, nel momento in cui si passa al piatto cucinato, a non avere la fame che ci avrebbe fatto mangiare molto più cibo cucinato. Mi ci butto con meno voracità, ma nello stesso tempo sono libero, ho solo cambiato la sequenza per mangiare prima quello che serve al mio organismo (nutro le mie cellule), poi nutro i miei condizionamenti emotivi e culturali. In più, se mi riempio di cucinato, il resto diventerebbe più difficile da mangiare perché le papille gustative si sono impregnate di un cibo “forte” per cui alimenti più “semplici”, più “tranquilli” non riusciremmo ad assaporarli per quello che valgono. Pensiamo: la frutta, delicata, l’insalata, meno delicata, verdura cotta sempre meno e piatto cucinato molto “saporito”. Sembra semplice, ma anche per fare questo passaggio alla dieta sequenziale bisogna abituarsi. Un volta che ci siamo abituati diventa un automatismo ed allora diventa semplice: più aumento la quota iniziale, e meno ho bisogno della quota finale.

Occorre aspettare del tempo dopo la frutta e prima della verdura? Cocca iniziò con questo modello: mezz’ora prima, poi però era un po’ impegnativo, si stava in pensiero, stile: “Che faccio? Mangio la frutta mentre torno a casa?”, poi 15 min prima, poi 10 min, poi si è accorto che anche mangiandola subito prima non succedeva assolutamente niente. Però per chi è più addentro al modello igienista: se mangiamo la frutta con le cattive combinazioni, allora è più probabile avere problemi…ma a volte è solo perché si è condizionati dalla lettura dei libri! Es. solo il 25% della popolazione se mangia anguria o melone insieme ad altri frutti sta male! Dipende dalla forza digestiva che uno ha. Shelton trattava persone co già problemi di salute. Se uno digerisce pasta e fagioli con le cotiche, come fa a non digerire la macedonia con l’arancia e banana? Non significa abusare della forza digestiva, le combinazioni SONO importanti perché si impegna meno l’apparato digerente. Non devo comunque andare oltre al mio limite di impegno (es. se si fanno combinazioni sbagliate, limitare la quantità). Se mangio poco, la combinazione è meno importante. Se mangio l’insalata prima, la combinazione diventa leggermente meno importante. Se faccio attività fisica, la combinazione diventa meno importante. Questo anche per non essere troppo vincolati alla regoletta che può diventare limitante per noi.

Se mangiamo piatto cucinato, la frutta è meglio scordarsela, anche la sera! Perché anche se ha abbandonato lo stomaco, il piatto cucinato si trova ancora negli intestini. Ricordiamoci che la frutta, se trova un ostacolo, esplode. Meglio poi come regola generale di fare max un piatto cucinato al giorno, e fare gli altri pasti più “satellite”, come mangiavano tutte le culture, in cui o vi era un pasto importante, con altri piccoli pasti, o, nelle culture orientali/cinesi fare 5-6 piccolissimi pasti.

Molte persone non riescono a capire quanto è importante questa sequenza, ma nel momento in cui l’adotta, riesce già a scoprire nel giro di pochi giorni come può migliorare velocemente la capacità digestiva.

o Convinzioni nel momento in cui stiamo introducendo questo alimento in questo corpo.

Nella maggior parte dei casi, quando mangiamo, pensiamo, e pensiamo al cibo che stiamo

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mangiando, come “mamma mia cosa sto facendo, mi farà sicuramente male, ho sbagliato”, predisponendo il nostro organismo a non assimilare quel cibo e a sbagliare. Dobbiamo avere la convinzione che quello che stiamo mangiando è la cosa migliore e più giusta per noi. Devo dirmi: “questo cibo è il cibo migliore per me”. Esempio dell’amica che mangiava più di 2 etti di pasta ogni pasto ed era magra come un chiodo, digerendo benissimo. Lei risponde “la mangio perché mi piace e mi fa bene e mentre mangio penso tutto quello che mangio mi fa bene e diventa tutta energia all’interno del mio corpo”. NON SI STANNO CONSIGLIANO 2 ETTI DI PASTA, però di non dire “adesso ingrasso”, “cosa ho fatto”, “mamma mia cosa succede”, “troppi grassi”, “ho mangiato frittura e mi sentirò sicuramente male”. Tutte queste convinzioni o cose che diciamo possono avere effetto all’interno del nostro organismo. Per questo è importante sempre pensare che quello che noi mangiamo è la cosa migliore per noi. Molte persone che si avvicinano al veganismo, iniziano a mangiare e dicono “e se mi mancano le proteine”, “e se mi manca questo o quello”. Con questo atteggiamento noi non riusciamo a ricavare dal cibo tutto quello che ci può essere utile. Meglio non dire: “questo cibo mi fa male” sennò do il potere al cibo, ma “con questo cibo il mio corpo non reagisce bene”, così il potere è mio potrebbe quindi anche nel futuro reagire bene. Questo non vuol dire che la qualità del cibo non è importante. Da un “cibo vivo” un corpo può prendere di più, è dal cibo vivo che prendo la vita. Il punto è anche se una persona per emergenza mangia delle cose che non fanno parte delle proprie convinzioni, si dice: ”Questo è un momento di emergenza e sarà la cosa migliore per me”; nel momento che commento, io do ordine al mio corpo di come utilizzare quello che sto mangiando. Il commento non è neutro, noi pensiamo che il commento sia una constatazione, invece è un progetto su come utilizzare. Se sono preoccupato, in mio corpo funziona da preoccupato e mi dà i sintomi che mi sono progettato. Questo non vuol dire che l’azione del cibo non sia importante, ma c’è una relazione tra il cibo e il mio modo di interagire e le due cosa diventano un tutt’uno. Se per un tot non posso agire sul cibo, agisco sulla mente. In modo da fare una pace interiore. Anche vuol dire aver fiducia nel proprio organismo.

ERRORI da vegani e crudisti:

proprietà del cibo: i cibi non hanno nessuna proprietà

effetti che il cibo può avere nell’organismo umano: nessun cibo ha effetto nel nostro organismo

Non è il cibo che dà energia o nutrienti, è il corpo che prende dal cibo energia e nutrienti. (Non è il cibo che guarisce, siamo noi che utilizziamo il cibo per guarire. Se mangio in un certo modo che mi è stato consigliato ed ho fiducia nel dottore, quello che mangio mi serve per risolvere le problematiche, a meno che quello che mangio non sia veramente al di fuori delle capacità digestive del mio organismo). “Mangio questo cibo perché mi dà i carboidrati, quest’altro perché mi da le proteine, questo per le vitamine”. Vero o falso? FALSO! Il cibo non dà niente, il cibo non ha “proprietà”. Sono io che prendo dal cibo quello che mi serve. Il cibo “contiene”, ma il processo attivo lo fa il nostro organismo. Lo trasforma SE ha la forza di farlo, la volontà di farlo e tutto quello che c’è dietro, se sto bene, ma non è che esista il cibo ingrassante o dimagrante, è l’organismo che utilizza quel cibo per dimagrire o per ingrassare. Per molti potrebbe suonare quasi uguale dire “il cibo dà energia” o “il corpo prende energia dal cibo”, ma la differenza è sostanziale: se il nostro organismo non ha la capacità di prendere energia dal cibo, questo cibo può “togliere” energia. È la benzina che fa andare la macchina o è la macchina che utilizza la benzina per andare. Se l’auto non è in grado di utilizzarla, non può andare da nessuna parte. Non basta mettere la benzina

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nell’automobile, deve avere la capacità di utilizzare il carburante. Noi per poter utilizzare il cibo dobbiamo avere delle convinzioni, rispetto al risultato che vogliamo ottenere con quel cibo e che quel cibo sia veramente utile e funzionale per noi. La mia energia dipende da quello che mangio o principalmente da quello che penso? Noi abbiamo sempre energia, anche quando non la percepiamo. Noi percepiamo le energie solo quando si trovano nel muscolo scheletrico. Dopo il pranzo di Natale le energie dovrebbero essere aumentate, ma non le percepiamo perché sono state convogliate nell’apparato digerente, poi se abbiamo mangiato male, fegato-reni-polmoni devono lavorare di più per eliminare le tossine, meno energie per la vita di relazione. Inoltre c’è un discorso: non ho energie perché non ho obiettivi oppure non ho obiettivi perché non ho energie? "Non riesco a fare questa cosa perché non ho energie”, molti dicono, ma le energie sono legati agli obiettivi, che se ci sono e sono motivanti, fanno tornare le energie. Se uno è indeciso, il sistema dice: ”Io mi metto al minimo, quando hai deciso, ripartiamo”, quando ho una direzione, allora riparte. Lo scopo è diverso per ognuno, basta che piaccia, che motivi. “Dobbiamo rimanere svegli fino alle 3 del mattino perché dobbiamo fare una gara di parole crociate”….diverso da: “Alle 3 appuntamento con Belen alla stazione che mi aspetta”. “Vai alla stazione che c’è una busta con 1 milione di euro”. Non vuol dire che con la motivazione faccio tutto, però son più pronto. Se ho una macchina anche perfetta, che guido io, e l’altra così così, ma la guida Schumacher, arriva prima Schumacher! Il corpo è questo , ma chi lo gestisce fa la differenza. Schumacher se la macchina sbanda, sa come correggerla. Se abbiamo una mente che trova soluzioni, andiamo in una direzione, se troviamo problemi, torniamo indietro. È poi ovvio che una alimentazione migliore è più utile, ma non basta se non guido bene la mia macchina.

Cosa prendiamo dal cibo? ENERGIA e STRUTTURA

Mentre per le automobili la struttura è a parte e quindi la benzina serve soltanto come energia, per noi è anche struttura. Parte del cibo diventa la nostra struttura, altra energia per vivere. C’è un libro sul naturismo degli anni ’30 che parla delle proteine. La cosa divertente di questo libro è che parla delle proteine in maniera diversa da come se ne parla ora. Se io domandassi alla maggior parte delle persone: ”ma sono più importanti le proteine di origine animale o quelle di origine vegetale?”, essa risponderebbe “animale”. In genere si dice che le proteine animali sono a “più alto valore biologico” ecc. Il libro diceva: le proteine servono come struttura del nostro organismo e si chiede: da dove vengono le proteine animali? Il leone da dove prende le sue proteine? Dai vegetali! Però da una “seconda scelta”, passando da quelle animali. Allora le proteine vegetali sono di prima scelta, le animali di seconda scelta. È come se dicessi: io costruisco una casa con dei mattoni nuovi di fabbrica. Poi arriva qualcuno che mi distrugge casa, prende i mattoni e costruisce un’altra casa. A qualità dei mattoni è migliore nella prima casa. Quando si consumano le proteine animali, bisognerebbe prendere spunto dagli animali: l’animale fa questo: prende la proteina vegetale Immaginiamo che gli aminoacidi siano come le lettere dell’alfabeto, le proteine come dei racconti o dei libri, delle storie. Con le 21 lettere dell’alfabeto, gli aminoacidi, noi costruiamo tutte le proteine che vogliamo. Ogni volta che noi mangiamo delle proteine, mangiamo delle strutture ricche di aminoacidi, che sono delle “storie”, delle “case”. È come se prendessimo la proteina, staccassimo di nuovo tutte le lettere e costruissimo il nostro racconto. Il vegetale ha costruito lui le proteine, le ha proprio create, vengono poi concentrate dal mondo animale, chi mangia l’animale prende delle proteine di seconda battuta, già divise e poi ricostruite, tipo una casa riciclata). A livello energetico le proteine vegetali hanno una vibrazione più alta e già si diceva negli anni ’30-’40. Questo per dire che le cose si possono vedere da altri punti di vista rispetto al luogo comune.

Spesso sentiamo da altri che gli errori nel crudismo, per cui poi non si sta bene, possano essere: “Hai mangiato troppa frutta”, “Hai mangiato le noci”, “Hai mangiato poche noci”, “Ser andato troppo di fretta”, “Perché avevi tossine arretrate”, ecc. Secondo Cocca non è vera nessuna. Cocca segue

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prevalentemente persone che si disintossicano o con crudismo o con digiuno. Quando una persona digiuna, ad un certo punto le tossine vanno dall’interno verso l’esterno e vengono eliminate. Il grado in cui una persona “sta male” mentre si disintossica, non dipende mica dal grado di tossine che uno ha! Dipende dalle preoccupazioni che ha. (Vedere “Crisi di disintossicazione”)

Non aumentare pane e pasta nel veganismo: troppi carboidrati non hanno mai fatto bene, poi si tratta di alimenti con glutine e una parte delle persone manifesta una forte intolleranza al glutine, ma anche l’altra parte della popolazione, senza saperlo, può non gestirlo bene. Consumare pane e pasta non più della quantità che si consumava prima di essere vegani.

Non avere paura di andare in carenza: si mette l’organismo sotto stress. Se l’organismo ha paura di entrare in carenza, sicuramente entrerà in carenza. Le principali: carenza proteica, carenza di vitamina B12. La prima è anche fuori dalla logica della medicina ufficiale, cioè ormai anche essa ammette che non vi è pericolo di questa carenza in una dieta vegana varia, sulla possibile carenza legata alla B12 vi sono delle cose che bisogna sapere più nello specifico…………….. inizialmente, all’interno del movimento igienista, erano già 40 anni fa vegani almeno per la metà. Non hanno mai avuto problema di B12. È nato il problema della B12 dopo, quando qualcuno ha pensato, per i nuovi vegani, che ci fosse questo problema. Alcuni che fanno alimentazione vegana gli viene davvero la carenza di B12, ad altre no. Non si sa quindi veramente quanto dipenda dall’alimentazione o quanto da altri fattori.

Termine “Tendenzialmente Vegano” per aiutare le persone ad avvicinarsi al veganismo, che ci dice che dobbiamo avvicinarsi all’alimentazione vegana ognuno coi suoi tempi. Parliamo di persone che iniziano a cambiare la loro alimentazione, privilegiando frutta e verdura riducendo coi loro tempi il consumo di prodotti animali. Questa facilitazione della libertà che il termine dà crea molti più persone che parzialmente sono vegane, risultato molto più elevato avere 50 semivegani (ho creato 25 vegani completi) che 2 vegani completi.

Inoltre possiamo anche proporre una rottura di schema: ama di più gli animali ed è più ecologista un vegan puro o un eschimese? Il discorso che noi facciamo di tipo vegetariano-vegan è legato al nostro modello di società. Noi abbiamo un modello di società in cui questa è una della poche ultime soluzioni che abbiamo, ma vi sono popolazioni che non erano vegetariane che hanno un buon rapporto con gli animali e con l’ambiente ugualmente. Cioè il discorso vegetarismo è nato principalmente quando sono nati gli allevamenti intensivi, perché prima il vegetarismo era un fatto legato ad una crescita di tipo spirituale, emotivo, cognitivo, per elevare il pensiero, era legato a questa struttura, ma la sofferenza animale è nata principalmente con l’allevamento intensivo. Nel passato, non è che se ne voglia parlare bene, i contadini avevano nessun interesse a far soffrire l’animale, perché l’animale era ricchezza, gli venivano dati i nomi, ecc. Che poi li macellavano può essere brutto, ma era un continuo. Questa invece è una società in cui il rapporto con le specie animali si è completamente perso.

Classificazione animali:

In genere però queste categorie è come se fossero false, nel senso che ci inducono in tentazione, in errore: è vero che esistono degli animali che hanno delle strutture fisiche esterne diverse e predilezioni alimentari di un certo tipo, però dividere gli animali in categorie può fuorviare.

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- Esistono animali carnivori? No, unico è il verme della carne, gli altri sono mangiatori di interiora, solo di scarto mangiano solo a volte se carestia tessuti e ossa. Sono predatori. Se dicessi che il leone è carnivoro, la mamma direbbe: “Guarda come è forte il leone! Do la carne a mio figlio e mi diventa forte come un leone.”. Invece dice: “Guarda, il leone mangia intestini ripieni, insieme al fegato, alla milza ecc., tutti crudi.” ho un’idea un pochettino diversa del perché diventa forte il carnivoro. Non mangiano solo carne! Un carnivoro che mangiasse solo carne morirebbe, si denutrirebbe, perché gli mancherebbero i sali minerali. Dagli organi interni i predatori ricavano quello che noi ricaviamo da frutta e verdura. Se dovessero mangiare anche la carcassa, mangerebbero anche la pelle e le ossa. Sono obbligati a mangiare anche le ossa, perché sennò non saprebbero come mineralizzarsi. Non è “carne=forza”, al limite potrebbe essere “animale=forza”

- Erbivori: non sono vegetariani (che è una scelta etico-morale, non una scelta della natura), la cavalletta non la scartano.

- Onnivori: è falso che “mangiano tutto”, come ci hanno insegnato. Anche l’onnivoro fa delle scelte alimentari. L’onnivoro è quell’animale che ha il gusto del dolce (mangia il miele) e nello stesso tempo ha il gusto anche per la carne (predatore). Si badi bene che è diverso da quello che ci hanno raccontato.

- Frugivori: scimmie antropomorfe. Alimentazione prevalente di (in classifica a seconda della disponibilità) frutta, ortaggi, insetti e cacciano occasionalmente. Alcune sono più fruttariane rispetto ad altre, alcune come i babbuini che sono più predatori.

- Altre categorie: Insettivori, scoiattoli, ……

Gli apparati digerenti dei mammiferi sono simili o sono differenti? Cosa vuol dire in realtà “simile o differente”? Dipende dall’ottica con cui vediamo le cose. In realtà sono simili! Cosa vuol dire? Che tutti gli apparati digerenti di tutti i mammiferi hanno tutti una bocca, tutti più o meno dei denti, più o meno tutti hanno ghiandole salivari, un esofago, uno o più stomaci (qualcuno con acidità maggiore, altri minore, qualcuno ha una muscolatura più complessa), tutti hanno un pancreas, un fegato, un intestino, un ano. La struttura più o meno è simile.

Le differenze però sono notevoli! Sono differenti i denti, il fegato (il fegato di un predatore in proporzione è molto più grande del fegato di un erbivoro), il pancreas (quello di un erbivoro, in proporzione, è maggiore del pancreas di un predatore). Lo stomaco di un predatore, produce più acidità in media di uno stomaco di un erbivoro. La lunghezza dell’intestino di un predatore è più breve di quello di un erbivoro. Gli onnivori sono una via di mezzo. A seconda della specializzazione, l’apparato digerente si è adattato. Questo che cosa vuol dire? Che tutti i mammiferi possono mangiare quello che vogliono! Abbiamo il potere di farlo. Però, più ci allontaniamo dal nostro cibo di elezione ovvero quello a cui siamo stati predisposti dal punto di vista morfologico – genetico e più paghiamo un prezzo in termini di malattie (o di mancanza di efficienza o di mancanza di salute).

Crisi di disintossicazione:

nel momento in cui il corpo elimina le tossine, ci possono essere eruzione cutanea, abbassamento di voce, ma di testa, tosse, diarrea, dolori ecc. e noi associamo spesso la crisi di detox con la guarigione. In realtà la crisi di disintossicazione come la malattia non ha nulla a che vedere con la tossiemia. È come se volessi dire: “attenzione, non tutte le persone intossicate manifestano la malattia, es ci sono molte persone intossicate e vivono un equilibrio precario, anche con attività

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fisica, vivono la loro vita piuttosto tranquillamente. Vi sono altre persone poco intossicate che stanno male dalla mattina alla sera. Allora c’è qualcosa che non comprendiamo. Es. una casa più è sporca e meno è abitabile? In realtà no, perché il padrone di casa su una casa sporca può organizzarla affinché sia abbastanza abitabile, ma una casa con un solo sacchetto dell’immondizia può diventare inabitabile. Se ho 20 sacchetti ma ben gestiti, posso anche far venire ospiti e confortevoli finché non se ne accorgono, ma se ho un solo sacchetto dell’immondizia e lo gestisco male e puzza, posso creare una casa inabitabile. Quindi, quando manifestiamo sintomi di detox, è vero che siamo intossicati, è anche vero che c’è una altro aspetto che è altrettanto importante nell’igienismo, ovvero che abbiamo anche un conflitto emotivo, anche il conflitto emotivo e le preoccupazioni si esplicano attraverso quello che noi chiamiamo sintomi. Quindi Il grado in cui una persona “sta male” mentre si disintossica, non dipende mica dal grado di tossine che uno ha! Dipende dalle preoccupazioni che ha. Persone molto intossicate, ma tranquille e convinte mettevano il corpo in condizione di eliminare solo la quantità di tossine volta per volta che riuscivano a gestire: disintossicazione tranquilla. Ma se una persona ha dei conflitti le cose sono diverse. Non è quindi l’enorme quantità di tossine che mi dà il sintomo, è il mio atteggiamento mentale, le mie paure, che determinano il grado di disintossicazione.

Ad una ragazza del Trentino chiese: “Dott., com’è un digiuno di 10 giorni”, Cocca disse “è una passeggiata di salute”. La ragazza si fece i suoi 10 giorni. Verso il 7-8 giorno, Cocca chiese: “Come stai?” “Sto bene”, rispose, “Poi, dott. Lei mi ha detto che 10gg sono una passeggiata di salute”. A volte è peggio aver letto i libri sul digiuno, perché c’è scritto che si sta male, e siccome c’è scritto che più stai male e più ti disintossichi, pensano pure che se non stanno male non si disintossicano. Una ragazza olandese, da Michele Manca, che stava sempre male durante tutto il digiuno, disse a Cocca: “Perché tu lo sai: più uno sta male, più si disintossica”. Il suo sistema di convinzioni era questo: che se non si sta male non ci si disintossica. Capiamo quanto è importante quello che pensiamo? Se una persona ha paura e gli manca qualcosa, progetta il fatto che gli manca qualcosa. Quindi verso crudismo e digiuno, “andarci lentamente”, gradualmente. Un insegnante che incontrò Cocca, gli disse: “Ho organizzato un digiuno in sud Italia, sotto Salerno, dove c’erano un sacco di scogliere. Ogni volta andavamo al mare, poi c’era una scogliera, una roccia che non finiva più. L’insegnante dice: “Perché non saliamo sopra?”. Guardando la roccia era tipo 15m…L’insegnante dice che è facilissimo. Chiede: “Qual è la vostra paura?”. “Quella di cadere, ovviamente.”. L’insegnante prese una ragazza e disse: “Mettiti qui davanti a questa roccia, con i piedi ben piantati per terra. Ti senti al sicuro?” “Si” “Prendi una mano e attaccala a questo pezzo di roccia, ti senti al sicuro?” “Si” “Prendi l’altra mano e mettila più sopra, ti senti al sicuro?” “Si, perché ho i due piedi per terra” “Ora alza un piede, ti senti al sicuro?” “Si perché ho 3 punti di appoggio” “Prendi questo piede e metilo un po’ più alto. Adesso come ti senti?” “Sicuro perché ho 4 punti di appoggio” “Adesso quale piede o mano puoi liberare con tranquillità?” “Questo” “Dove lo vuoi mettere?” “Scelgo e…tac!”. Morale: se noi facciamo un qualcosa, ma percepiamo di non avere un punto d’appoggio, rischiamo di cadere. Qualsiasi cosa noi facciamo dev’essere fatta sempre col paracadute, debbo essere sicuro di quello che sto facendo, perché se sono sicuro solo di testa, ma il sistema (il nostro inconscio) non è sicuro, l’inconscio si ribella facendomi venire sintomi e desideri. Questo è il motivo per cui Cocca consiglia di fare le cose gradatamente. Shelton diceva invece: “Fate le cose di colpo, così non ci pensate più”, ma può non essere molto semplice, perché abbiamo i nostri vecchi condizionamenti. Poi il nostro obiettivo non è essere crudisti, ma stare bene. E sapere che il nostro stare bene non dipende solo ed esclusivamente da quello che mangiamo, ma anche dalle nostre rappresentazioni mentali (modo con cui pensiamo, nostre emozioni) e la nostra attività fisica e postura. L’insieme di queste tre cose crea quella che noi chiamiamo la nostra salute, il nostro stare bene.

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In una disintossicazione non sempre si va di corpo, cioè per esempio se una persona fa un digiuno, potrebbe anche andare di corpo dopo 7 giorni di digiuno, però la disintossicazione a livello intestinale è la stessa. Mentre, bevendo la clorofilla o il succo, stimola le pareti intestinali ecc. a muoversi e mentre si muovono buttano fuori quello che c’è. Dobbiamo tener presente che il nostro apparato digerente si difende dalla nostra cattiva alimentazione creando uno strato protettivo che non faccia entrare in contatto con le pareti intestinali le schifezze che mangiamo (le parti sono molto delicate). Questo che cosa vuol dire? Che se una persona per esempio fa un lavaggio del colon di quelli buoni, dopo, se non mangia bene, si avvelena, perché quello strato era protettivo. Quindi è consigliabile che se facciamo il lavaggio del colon come cosa veloce, dopo siamo obbligati a mangiare bene per un bel periodo. Mentre questa pulizia la posso fare anche con una dieta di succhi, perché piano piano pulisce, però dopo ci obbliga a mangiare meglio e assorbiamo meglio i micronutrienti. Con il digiuno è difficile che abbiamo problemi intestinali, con i succhi, si, però va bene: è uno strumento diverso che il corpo utilizza per la disintossicazione. Col digiuno però è più fisiologico: c’è meno stress per l’apparato digerente, perché coi succhi deve fare tutto un lavoro di movimento indotto dai succhi stessi, deve utilizzare più energia per buttare via, mentre durante il digiuno l’apparato digerente è come se stesse a riposo e le pareti piano piano cominciano a produrre qualcosa per staccare quello che non serve e piano piano se ne va tutto. Succede questo: ad esempio dopo 7 giorni di digiuno, quando si ricomincia a mangiare, si stimola la cistifellea, che preme, esce fuori della bile tossica, la quale fa da pulizia, può venire la diarrea e si pulisce tutto (quello che succede giornalmente facendo i succhi, normalmente col digiuno succede quando si ricomincia a mangiare: se una persona sta abbastanza bene, questa bile tossica pulisce l’apparato digerente). Ma il punto centrale non è la pulizia dell’apparato digerente, non facciamo questo lavoro per pulire l’apparato digerente, ma per le nostre cellule. Noi abbiamo l’idea che le nostre cellule non abbiano età, invece esiste un’età cellulare: noi possiamo vedere al microscopio se una cellula è giovane o vecchia: la cellula è formata da citoplasma e un nucleo. Immaginiamo un uovo: il nucleo è la parte rossa, il citoplasma è la parte bianca. Nella cellula giovane, è come se avessimo un bel rosso e poco bianco. Nelle cellule vecchie, abbiamo tanto bianco in periferia e un rosso piccolo. Man mano che noi facciamo la disintossicazione, questo bianco, la periferia, si ricompatta, butta fuori tutte le scorie metaboliche e ridiventa giovane. Per questo si dice in genere che un digiuno di 10-20 giorni ringiovanisce almeno di 5-10 anni.

Salute: Nel momento in cui noi vogliamo stare bene:

- Buona alimentazione

- Buono stile di vita (attività fisica)

…ma principalmente…

- Gestione delle nostre emozioni/pre-occupazioni. Abbiamo preoccupazioni? Dipendono da quello che mi succede attorno o sono nato preoccupato? È lei che mi fa arrabbiare o sono io che utilizzo il suo comportamento per far uscire la mia rabbia. È un po’ tutte e due le cose, ma la mia rabbia già pre-esiste a prescindere, perché posso avere delle persone che sul mio comportamento si incazzano e altre persone che sul mio comportamento ridono. “Per stare bene la cosa importante è ragionare da persone che stanno bene”. Se ragiono con preoccupazione porto le energie nella testa. Primo passo: accettare quello che la vita mi offre, anche i sintomi, perché “io posso cambiare nella vita solo quello che io accetto”, se prendo atto mi metto nella disposizione di fare delle cose. Se non lo accetto, la allontano e rimango bloccato e non parto per migliorarla.

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Nel momento in cui applico un metodo unilaterale, per quanto buono, per mascherare altri aspetti della vita, non funziona. Non è solo alimentazione.

“Se io amo, mi devono amare pure a me. Se io li respingo, non mi possono accettare”

Cosa debbo migliorare nella mia vita? Non è sempre l’alimentazione la chiave per tutti. Se uno sta sempre in casa al pc e mangia più o meno bene, non gli cambio l’alimentazione, gli dico: vai a fare attività fisica, il che è molto meglio che migliorare l’alimentazione, perché se non faccio attività, anche se mangio in modo ottimo, non ha risultati significativi. Se una persona mangia bene, si muove, ma è sempre preoccupato, non gli dico mangia meglio e muoviti di più. Dobbiamo capire l’aspetto del triangolo della salute il punto deficitario (tra rappresentazioni mentali/pensieri/preoccupazioni – metabolismo/digestione/stile alimentare – postura/movimento/rilassamento) e lì andiamo a lavorare. In genere le persone non lavorano laddove sì è deficitari, ma dove già stanno bene. Un ubriaco di Londra stava cercando di notte le chiavi di casa sotto un lampione. Arriva un poliziotto e gli dice: “Che stai facendo?” “Sto cercando le chiavi di casa.”. Allora il poliziotto si avvicina e cerca anche lui. “Ma sei sicuro di averle perse?” “Si si che le ho perse!” “Ma sei sicuro di averle perse qui?” “No, le ho perse da un’altra parte, però qui è l’unico posto illuminato”. È come se noi cercassimo soluzioni sulla parte dove pensiamo che ci sia la luce, ma molte volte la soluzione può essere da qualche altra parte.

“Occuparsi dell’aspetto in cui vado già bene al 90% e trascurare quello in cui sono carente è un po’ come volersi occupare prima di un graffietto sulla carrozzeria dell’auto quando ho una gomma a terra.” - Davide

Guarire:

c’è bisogno di vari aspetti:

- Giusta strategia

- Atteggiamento mentale (più importante ancora).

Vi è un libro della Mondadori di due giornalisti americani che hanno intervistato delle persone con diagnosi infauste, che però erano guarite nonostante tutto. Cos’è che li ha fatti guarire? Hanno visto che in questo gruppo c’erano persone che hanno fatto terapie le più diverse. Tutte le persone guarite avevano 2 cose in comune, che sono comunque 2 condizioni necessarie, ma non sufficienti: fiducia nella guarigione e fiducia nella terapia. Quando ci sono questi 2 atteggiamenti, allora migliore è lo strumento e meglio si va avanti. Se tiro un rigore ed ho fiducia che lo segno e nelle mie capacità, ho più probabilità di chi pensa che lo sbaglia sicuramente, anche se non ne ho la sicurezza matematica. Se una persona ha un problema importante, io cosa gli consiglio? La domanda dovrebbe essere un’altra: lui cosa pensa che sia utile e giusto per lui? Ogni persona rispetto alla sua problematica ha in testa qual è la terapia che potrebbe funzionare o meno, non gli posso dare una terapia che il suo inconscio non accetti. Prima di prospettare consigli, occorre capire: “Ma tu lo vuoi fare? E se lo fai, cosa pensi?”. Noi utilizziamo il cibo per disintossicarci, non è il cibo che mi disintossica, quindi se lo utilizzo, devo avere “la testa in quella direzione”. Es. prendo 2 persone e le metto in due celle. Do ad entrambe frutta e verdura in abbondanza. Dopo il 2° giorno al primo dico: “La frutta e verdura che hai mangiato era avvelenata, proveniente anche da posti altamente inquinati ecc.”. Come si sente? All’altro, a cui magari avevo dato frutta veramente inquinata, dico: “Questa è la frutta più biologica che esiste.”. Come si sente? Nel lungo periodo potrebbe non funzionare,

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ma nel breve, se non è acutamente tossica o velenosa il sistema di convinzioni ci fa andare in una certa direzione. Se uno deve fare una terapia, quindi, deve essere “congruo”, ci deve credere! Anche se con riserva, però l’importante è che voglia andare in quella direzione.

Medicina ufficiale: in genere il farmaco serve per nascondere il sintomo. Abbiamo a disposizione:

medicina istituzionalizzata

medicina alternativa

igienisti/naturisti

Ognuno sceglie secondo le proprie convinzioni e predisposizioni a chi si vuole affidare. Se viene da me una persona che crede nella medicina ufficiale ed ha un raffreddore, se gli do l’aspirina questa persona sta bene. Se fosse convinta nell’omeopatia e gli do l’aspirina per forza, questa persona mi sta male. Ogni persona dovrebbe fare le cose in cui crede e la cosa importante però sarebbe anche credere le cose che ci fanno più bene, quindi informarsi. Meglio fare le cose in cui credono che fare delle cose che forse sono migliori, ma in cui non credono, perché la componente della convinzione è molto molto importante.

Acqua alcalina: da 7,5 a 8,5 di PH, non fondamentale, ma utile come coadiuvante a digiuno e detox.

Sequenza alimentare: dieta a strati, elaborata da un igienista americano allievo di Shelton. A prescindere da quello che mangiamo, se utilizziamo una sequenza giusta, digeriamo meglio. Mangiare prima cibi che vengono digeriti più facilmente e che devono abbandonare lo stomaco più velocemente. Il cibo che non può rimanere troppo nello stomaco è la frutta. Andrebbe mangiata da sola e mai associata a qualche altra cosa, non comunque dopo altre cose. Prima abbondante insalata, poi verdura cotta, poi piatto cucinato. Già così facendo si migliora la qualità della digestione. La frutta prima dell’insalata è molto gestibile, se all’inizio non si riesce, mangiarla 10-15min prima, poi quando il corpo si è abituato si può anche mangiare subito prima dell’insalata. Combinazioni alimentari: si tratta dell’aspetto “impegno digestivo”. Alcune “cattive” combinazioni di cibo danno più impegno digestivo, come se l’apparato digerente avesse bisogno di più energia per poterlo digerire. Però c’è anche un aspetto: una persona può digerire 100g di pasta senza problemi, a un’altra persona 50g gli rimangono sullo stomaco. Dipende sempre dalla persona, dalle sue convinzioni e dalla sua attività fisica. Se una persona zappa, per esempio, 100-150g di pasta riesce a gestirli più o meno, se una persona fa una vita più sedentaria è più difficile, ma addirittura le cose sono ancora più complesse, intervengono altri fattori.

Candida: anche per quella intestinale, aumentare le verdure ed in centrifugati, ma per Cocca sono principalmente conflitti emotivi. Vedere che conflitto c’è è di grandissimo aiuto. Non tutte le persone che hanno fatto cure farmaceutiche hanno la candida.

Enteroclisma: non fondamentale, l’igienismo non lo prevede, però se una persona è convinta che è sporca e se non se lo fa non si disintossica, meglio che se lo faccia.

Idrocolon: stessa cosa, ma più che l’Idrocolon, è importante chiedersi: cosa la persona mangia dopo l’Idrocolon? Se un persona mangia male si avvelena. Se fa un lavoro di questo genere, poi, è meglio che mangi bene.

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Ripresa alimentare (dopo digiuno): si deve scegliere insieme cosa e quanto mangiare per riprendere l’alimentazione dopo un digiuno. In genere si consiglia, fisiologicamente, un frutto si stagione, meglio la mela, e mangiare un frutto alla volta ogni 2-3 ore massimo quando si ha fame. Cocca fa interrompere il digiuno preferibilmente la sera, pomeriggio/sera così non si vivono la giornata di fame. Dopo mangiato vanno a letto, la mattina ricomincia la disintossicazione e ridiminuisce l’appetito. L’igienismo non consiglia il clistere, nessun genere. Shelton li utilizzava all’inizio, poi ha visto che non utilizzarli dava gli stessi risultati. Diceva che utilizzando il clistere impedisco al colon ed all’apparato digerente di riprendere le sue funzioni. Però questo era ai tempi di Shelton. Attualmente vi sono persone che forse hanno un colon così danneggiato che forse di clistere ce n’è bisogno, bisogna vedere caso per caso. Le regole sono importanti, ma l’importante delle regole è che possono essere eluse quando è il momento.

Peso ideale: non c’è!

Quando parliamo di peso ideale dobbiamo anche parlare di ambiente ideale. Se vivessimo in un villaggio in una foresta, il peso ideale sarebbe quello che ti fa scappare dal leone, dai serpenti ecc. Se non ce la fai a scappare, il tuo peso non è buono, e neanche l’energia.In questa società il discorso è leggermente diverso: il nostro peso ideale è il peso dove ci sentiamo bene. Ma possiamo andare oltre: il peso ideale è quello che si ha in questo momento, perché è l’equilibrio che abbiamo trovato tra tutti i nostri conflitti interiori, tra i nostri desideri, le nostre preoccupazioni, quello che vogliamo, le nostre paure ecc. Se vogliamo cambiare il peso deve cambiare qualcosa all’interno di noi rispetto alle nostre valutazioni interne rispetto a quello che dovrebbe essere il nostro peso ideale.

Cibo cotto

L’uomo è l’unico animale che mangia cibo cotto: nel momento in cui si mangia crudo ad un certo momento c’è il blocco dell’appetenza. Esempio: torno a casa, c’è solo del riso in bianco nel frigo, ho fame, inizio a mangiarlo, dopo un po’ sa di poco, ho un po’ di olio, sale, come diventa? Gustoso. Più manipolo il cibo, più il mio stop istintivo naturale rispetto ad esso salta. Salta anche rispetto al crudo→cotto, quindi sia col condimento, sia con la cottura, basta sperimentarlo. Nel momento in cui molto probabilmente degli uomini chiamiamoli primitivi avevano del cibo a disposizione e non c’era il fuoco e se non c’erano altri alimenti forse avevano anche la carne da mangiare oppure come mangiare i cereali, perché probabilmente non avevano più cibo di frutta e verdura a disposizione ed hanno dovuto ripiegare su altri cibi. Non è venuta questa abitudine per sterilizzare il cibo o contenuto delle proteine (non lo sapevano!). è stato legato a qualcosa di puramente voluttuario. Hanno visto che (per ipotesi), prima dell’utilizzo del fuoco quanta ne potevano mangiare di carne? Sia fresca che secca, dopo un po’ c’è lo stop istintivo e non la mangio più. Quando videro degli animali cotto per fulmini, incendi ecc. hanno notato che mangiandolo non avevano più lo stop istintivo ed in più il gusto era più appetibile (teniamo però presente che in passato mangiavano cotto, ma non nelle proporzioni che noi mangiamo attualmente). E non è solo per noi, anche per gli animali domestici una volta adattati. Gli animali in natura provano piacere come noi mentre mangiano, ma nel momento in cui non hanno più bisogno, il piacere si blocca. Noi col cibo cucinato mangiamo più di quello che ci serve ed abbiamo dovuto trovare delle regole per mangiare cucinato, tipo “ti devi alzare da tavola che hai ancora un po’ di fame”, “non pensare di poterti saziare con i cibi cotti”, perché sapevamo che non potevamo saziarci di cibo cotto. Molte persone che invece non hanno le regole, ma “devo mangiare la mia porzione” e seguono quello che è il loro desiderio, in genere, mangiano più del necessario (ci sono poi altri aspetti

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per mangiare di più, ma manipolando, salta lo stop istintivo che abbiamo col cibo crudo – Burger: “La guerra del crudo”, inventore dell’istinto terapia: possiamo mangiare crudo tutto quello che sento di voler mangiare. Se piace alla bocca, serve alle cellule. Es. Burger aveva tre figli. Trovano un fungo velenoso nel bosco, Il primo assaggia un pezzetto e dice “buono”, un secondo e dice “che schifo” e lo sputa (il sistema del gusto cambia). Il secondo fa uguale. Il terzo, il più piccolo, assaggia il pezzettino e gli fa schifo subito, però vuole imitare i grandi che l’hanno mangiato e lo butta un po’ giù, poi lo sputa. Si sente male solo il piccolo, perché è andato contro il suo istinto di sputarlo già da subito. Il suo istinto aveva già sentito la sostanza tossica, voleva dire che il corpo non ce la faceva più a gestirla. Se inizialmente non la sento, è come se il corpo dicesse: “fino a questa quantità, quell’altro che c’è mi è utile”. Oltre, il tossico supera il beneficio). Alcune molecole si liberano e stimolano di più tutti i sensi. Il cucinato ci fa mangiare più del necessario e quindi godere di più dei piaceri della tavola. È uno strumento per mangiare di più dei nostri bisogni, il prezzo che paghiamo poi è alto. Se impegno di più l’apparato digerente ho meno energia per pensare e per la vita di relazione. Abbiamo anche un condizionamento culturale legato al cibo cotto. E per la maggior parte delle persone che all’inizio si avvicinano al crudismo è come se mancasse qualcosa. Il fatto che il cibo crudo porti freddo è un fatto culturale. Io ho vissuto per un periodo a Oriago vicino a Venezia, mia figlia molto piccola prendeva il succo d’arancia. Una mattina non trovavamo la cassetta di arance in casa. Prendo le arance nel giardino, faccio la spremuta per me e per lei, lei beve il suo senza dirmi una parola, quando bevo il mio mi accorgo che era veramente gelato. Lei non se n’era accorta, perché lei non aveva e non l’ha ancora adesso il concetto del caldo come qualcosa che la ristora la mattina, non l’ha mai preso il caldo. “Devo prendere qualcosa di caldo la mattina” è culturale, anche se a noi sembra che sia un fatto fisiologico, così come la minestrina la sera ecc. È buono ciò che è buono o è buono ciò che piace? La bontà è una caratteristica del cibo o è una nostra valutazione del cibo, la nostra interazione con il cibo? Lo stop istintivo vale solo ed esclusivamente per i cibi crudi, solo per il crudo ciò che è buono è buono anche per le cellule. Per tutto il cibo che è manipolato, la legge “ciò che è buono per il palato è buono per le cellule” non vale. Noi mangiamo cotto principalmente perché ci hanno abituati così! “Io sono nato in una famiglia in cui mamma preparava la pastasciutta a pranzo”. Così come sono stato abituato da piccolo, così mangio da grande. Meglio non condire nulla, comunque, meglio condire il crudo per mangiarne di più rispetto a condire il cucinato per mangiarne di più, anche perché non siamo abituati. Mangiando cucinato alla lunga le papille gustative diventano meno sensibili, ovvero le papille gustative riducono il livello di piacere che danno, un po’ come capita ai fumatori che è come se distruggessero una parte delle papille gustative, allora nella maggior parte dei casi, mangiano cibi più forti, più conditi, che hanno un sapore più deciso, perché non riescono a sentire i sapori delicati, così come chi mangia tanto cucinato. Meglio quindi mangiare sequenziale, prima i cibi più delicati (frutta), poi insalata, poi verdura cotta e poi il piatto cucinato, perché se mangiamo prima il piatto cucinato (come di solito si fa), tutto quello che è crudo non ha più sapore o bisogna condirlo di più. (vedere anche “dieta sequenziale”)

“Se una persona ci dice qualcosa è perché gli abbiamo dato lo spazio per dirlo”

Come mangia Cocca: estate quasi solo frutta e crudo, inverno anche verdura cotta e patate.

“Io sarei in genere non per decidere con la testa quello che mangiare, ma mangiare quello che uno sente, anche all’interno della frutta, cioè sentire di cosa uno ha bisogno.”

Legumi e cereali vanno bene se piacciono e se fanno bene. Batate meglio delle patate, perché sono delle radici anziché dei tuberi

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L’anoressia non è un problema alimentare, è un problema di una persona che scarica sul cibo, ma non nasce come problema alimentare. È una persona che ha dei problemi su altri aspetti della vita e preferisce non mangiare, ma non ha un problema sul cibo. Ad un anoressico, non è che se lo faccio mangiare di più gli faccio del bene, deve cambiare atteggiamento rispetto alla vita e rispetto alle cose per poter ricominciare a mangiare e desiderare di mangiare normalmente.

IGIENISMO:

origini: l’igiene naturale nasce con un reverendo che ha scritto anche le proposizioni sulle scelte alimentari, 1830 circa.

Igienismo nasce con Tilden (non confondiamo l’igienismo con naturismo, non è neanche Costacurta). “La Tossiemia” di Tilden, circa 70-100 pagg. in cui in nessuna parla di cibo. Di cosa parla? Tossiemia = aumento scorie metaboliche, non inquinamento esterno, e le cellule che si degradano ecc. Dice perché avviene la tossiemia? ENERVAZIONE = mancanza di energia nervosa, specialmente a fegato-reni-polmoni. Perché una persona ha mancanza di energia nervosa? Tilden dice: ”7 vizi capitali”, stile di vita, dove pongo l’attenzione e pecco nella mia vita. C’è anche il mangiare. Qual è la cosa originali dell’igienismo che non c’era prima di Tilden? La cura con l’alimentazione non l’hanno inventata gli igienisti. Qual è stata la rivoluzione igienista? Non è il mangiare, né lo stile di vita. Non sono stati i primi a parlare di stili di vita ed alimentazione. È il fatto di considerare la malattia come un modo che ha il corpo di sopravvivere, la malattia come strategia di sopravvivenza. La malattia viene chiamata ortopatia o eupatia, “malattia dritta, fisiologica” che è un comportamento dell’organismo che serve per la sopravvivenza, o almeno nell’intenzione del sistema. La cosa che bisogna aggiungere è che questo tentativo di sopravvivenza può portare anche alla morte. Il vero nucleo dell’igienismo è questo e nient’altro.

Le malattie, quindi, “si costruiscono” o “vengono”, o “si prendono”? Nel nostro modello di mondo le malattie “si prendono”. Questo significa che nel nostro modello del mondo (stiamo parlando della società occidentale) si ha un atteggiamento passivo. “La prendo”, vuol dire: “Non dipende da te”. L’unica cosa che non ci viene detta, è che se una cosa non dipende da me, non dipende da me neanche la soluzione. Cioè se io non ho la responsabilità su qualcosa, come faccio ad avere l’abilità per rispondere a quella cosa? Allora è molto meglio dire: “Me la sono costruita”, perché se “mi è venuta”, poi come se ne va? Se ne va se vuole lei, perché se è lei che è venuta, vuol dire che è lei che ha il potere. In questo mondo la malattia è vissuta in modo passivo, ovvero: “Dottore, cosa c’ho?”. Dobbiamo sapere la pericolosità di questa affermazione. Vediamo linguisticamente, Noi abbiamo una mente molto suggestionabile, lo sanno in tanti, sennò non investirebbero miliardi in pubblicità.

Come fare per evitare che il corpo utilizzi questa strategia di sopravvivenza? Qui entriamo nello stile di vita: alimentazione, postura (movimento/rilassamento), rappresentazioni mentali.

Es. la gazzella agguantata dal leone si paralizza: se viene mangiata non sente dolore, e la paralisi mette il predatore in uno stato di tranquillità, se si distrae la gazzella può scaricare adrenalina e scappare un’altra volta. Se una gazzella facendo così riesce a scappare, e dopo due settimane rincontra un leone, continua a scappare. Un bambino viene preso da un cane, si paralizza, nel futuro vede un cane e…si paralizza e non scappa anche se si salva la vita!!! Una delle spiegazioni è che per noi umani, la paralisi arriva fino alla parte prefrontale, che ha un ricordo più lungo, mentre per la gazzella questo ricordo è evanescente, se lo dimentica. È come se la gazzella quando è paralizzata dicesse fra sé e sé: “sono morta”, però poi se lo

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dimentica. Il bambino, quando dice “sono morto”, non se lo dimentica, e rimane ancorato a quell’emozione.

Noi NON possiamo essere carenti di energia. Se dopo mangiato mi sento debole, non è che non ho energie, ma le energie vanno nell’apparato digerente.

Shelton, chiropratico, parla del triangolo della salute:

Rappresentazioni mentali

Metabolismo / Cibo Postura (& movimento & rilassamento)

Nella maggior parte dei libri non dice mai quale fattore più importante, perché il più importante è quello in cui sono più carente (vedi Cosa debbo migliorare nella mia vita?) Per Shelton, personalmente, è più importante il cibo, però il suo periodo storico (anni ’20) in cui il problema principale delle persone non era lo stress.

Di solito le crisi di disintossicazione, che può essere sia fisica che emotiva, in genere non è legata al digiuno ed alla tossiemia. Vi sono persone altamente intossicate che fanno digiuni praticamente senza sintomi e persone quasi fruttariane che durante il digiuno hanno crisi a non finire. Non è legato al grado di tossiemia, anche se anche quello è importante. Ogni volta che noi non mangiamo abbiamo un enorme quantità di energia libera. Che cosa va ad alimentare? Per questo che servono le passeggiate, le chiacchierate ecc. Sono un modo per incanalare questa energia. Se il conflitto è grande, è come se ci fossero dei sintomi fisici molto molto complessi da gestire. Desiree Berien igienista francese che faceva anche biorespirazione con digiuno e si è accorto che una signora che aveva mal di testa dolori e le ha detto vai in camera e respira, questa ha cominciato a iperventilare ed è saltata e poi però è stata meglio. Perché ha buttato fuori, però quando viene fuori va gestito.

Malattia:

Non mi sento bene, vado dal medico, dico già sbagliando “ho questa malattia”. Al massimo dovrei dire “manifesto questa malattia”, perché “ho” è come se me la fossi comprata, però “io ho” fa diventare parte di noi la malattia. Io non “ho” mal di pancia, io sto esprimendo un mal di pancia. Io non “ho” male al ginocchio, sto percependo questo dolore al ginocchio ed avrà un significato. Ogni volta che una persona va dal medico, si sente malato o dice di avere una malattia, cosa succede nella sua testa? Quando parliamo di malattia, parliamo prima di un qualcosa che noi chiamiamo “io ho dei sintomi”, una sintomatologia, ovvero avverto qualcosa. Quando una persona ha dei sintomi, che possono essere oggettivi o soggettivi, va dal medico, che fa delle indagini di tipo strumentale o non, poi fa una diagnosi. Una volta fatta la diagnosi, una persona è libera o già imprigionata? È imprigionata, perché nella diagnosi vi è la terapia e la prognosi, sono automatiche. Fin quando una persona crede a quella diagnosi, è costretta a seguire il percorso della malattia. Ci creiamo una convinzione che può sabotare la possibile guarigione. Es. Cirrosi Epatica, sui libri di medicina istituzionalizzata è riassunta in 1 frase: malattia cronica, degenerativa, irreversibile del fegato, che in un periodo più o meno breve ti porta ad insufficienza. Se questa è la cirrosi, cosa può raccontare un medico al paziente? Gli racconta che non c’è più niente da fare? Però: chi ci ha detto che non c’è niente da fare? C’è scritto sui libri. No! Perché ora impariamo ad estrapolare le vere informazioni che sono scritte nei libri. Sul libro c’è scritto questo: alcuni pazienti, anche numerosi, sono stati curati in un certo modo da alcuni medici, anche bravi, e sono finiti in quel modo. Non c’è la storia di tutti i pazienti né la storia di tutte le terapie. C’è scritto che è stata fatta un’esperienza su

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alcune persone, con un certo tipo di terapia e questo è stato l’esito. Ma c’è al storia della cirrosi? C’è la storia dei pazienti che hanno applicato l’igienismo? C’è la storia di chi non fa nulla o altre terapie? Non c’è scritto nulla su questo. Possiamo accogliere le cosiddette “malattie” come se volta per volta non sapessimo nulla, perché a volte non sapere niente è molto meglio di sapere che devi morire., questo concetto dobbiamo togliercelo.

Una persona ha un certo tipo di sintomatologia. Dobbiamo tener presente che esiste:

una procedura, ovvero quello che uno fa: terapia farmacologica, una con le erbe, una dieta, un digiuno, terapia a succhi, meditazione, preghiera ecc.;

le convinzioni rispetto alla procedura

Se procedura e convinzioni non camminano di pari passo, anche la procedura migliore non funziona.

Perché ti do il succo, ti do il centrifugato? Perché parto dal presupposto che tu abbia piacere di prenderlo, perché pensi che ti faccia bene e che stai in un progetto e sei sereno. Se penso: “Me l’ha dato mio figlio, ma cosa crede? Questa è schifezza, il farmaco sarebbe meglio. Questo succo di erba, neanche le galline se lo bevono.” Una persona beve il centrifugato e cosa gli succede? È poco probabile che abbia effetto, perché la mente va in un’altra direzione. Quando facciamo una cosa, vi è bisogno della nostra collaborazione, almeno il minimo. Quel minimo di collaborazione fa in modo che quello che mangiamo e quello che beviamo, vada in una certa direzione. Il problema non è tanto: “Il Crudismo fa bene” ecc. Se sono convinto che mangiando crudo mi sto avvelenando, può darsi pure che mi ammalo. Dobbiamo quindi tener presente: “Qual è il pensiero? Qual è la struttura mentale di una persona?” ed in che relazione lo mettiamo con quello che mangia.

Shelton dice che il digiuno, per esempio, non è terapeutico. È uno strumento che noi utilizziamo. Nella misura in cui utilizziamo bene lo strumento diventa terapeutico, ma non lo è di per sé. Si arriva prima a Venezia col ferrarino o in bicicletta? Dipende se ci voglio arrivare a Venezia, se ho paura di andarci. Cioè, io ci arrivo pure a piedi se c’ho la fidanzata di cui sono innamorato. Non è tanto lo strumento: se ci voglio andare, ci arrivo pure con degli strumenti non adatti, pure se ci sono i briganti durante il viaggio. È fondamentale quello che io desidero. Devo avere piena fiducia nella terapia e nel risultato.

Nielsen, quando parla di convinzioni sulla malattia: una persona può dire:

- “la terapia per me è inefficace”, che non sia buona, che “tanto è inutile”. Se pensi così è inutile farla, ma molti la fanno nonostante pensino che sia inutile;

- “si, questa terapia può far guarire, glia altri, ma non me”, che è un po’ come dire che la terapia è buona, ma io non ce la faccio. Anche qui non si aumentano le probabilità di riuscita;

La cosa fondamentale e la prima da verificare in un paziente è: “qual è il tuo atteggiamento, la tua fiducia rispetto a quello che stiamo facendo? Perché se non ci incamminiamo insieme a me che mi interessa dello strumento? Lo strumento è utile, ma poi? Ci dev’essere un qualcosa che lo deve seguire.

Cocca: “comprendere che il futuro di ogni malattia non è stato scritto, ma lo scriviamo noi con le nostre convinzioni ed azioni forse ci può dare più libertà.”

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Groddeg, il padre della psicosomatica, naturopata, medico, dice una cosa dura: “Cosa fare quando si è malati? Dipende. Dire che ogni forma di trattamento è quella giusta per il malato sembra assurda. Eppure è vero: egli viene sempre curato bene, in ogni circostanza, sia che si seguano le regole della scienza, sia che ci si affidi alle arti di un guaritore di campagna. Il successo non dipende dal fatto che le prescrizioni si conformino a determinati principi terapeutici, ma dal modo con cui l’ “es”, l’inconscio del paziente, si serve di tali prescrizioni.”

Quanto siamo liberi? Cosa vuol dire imparare?

Noi siamo condizionati in tutto, come tutti gli animali. Siamo liberi nell’accorgersi che abbiamo questi condizionamenti. Poi su come lavorarli, Cocca ha fatto questa struttura che si chiama Riprogrammazione Psicoenergetica che è un po’ questo: quando noi parliamo di emozioni, parliamo di “provare emozioni”, in realtà non è così che funziona. Le emozioni sono strumenti di relazione con l’ambiente. Immaginiamo dei bisonti al pascolo, stanno mangiando. Qual è l’emozioni predominante? Pace e tranquillità. Le energie si trovano nell’apparato digerente, muscoli rilassati, testa libera-meditativa. Sentono un rumore da lontano, dei rami che si spezzano. Si alzano ed entrano in una fase che chiamiamo “di stacco”: “Cosa sta succedendo?”. Le energie si spostano dall’interno all’esterno. Se il rumore diventa più forte e sentono anche un odore cosa succede? La tensione diventa così grande, le energie riempiono i muscoli e loro o attaccano o scappano. La paura è un’emozione positiva o negativa? Dipende. Ogni emozione è utile o non utile per noi a seconda del contesto in cui la usiamo. L’unica cosa che noi non sappiamo è che noi nella storia della nostra vita abbiamo associato l’emozione ad ogni evento della nostra vita, e l’abbiamo associata inconsciamente. Quando io dico: “A me non piace avere questa paura, ho paura delle farfalle e voglio andare dal medico”, è perché sto utilizzando la risorsa “paura” per interagire con le farfalle, mentre la risorsa paura andrebbe utilizzate rispetto al leone, non rispetto alle farfalle. Nella Riprogrammazione Psicoenergetica è come se dicessi: “Tu prendi questa emozione che stai utilizzando in quel contesto e utilizzala in un altro contesto.

Il termine “imparare è molto complesso: imparare vuol dire perdere il controllo cosciente sul comportamento. Cioè io ho imparato qualcosa quando ho perso il controllo cosciente su quel comportamento, quando qualcosa è diventato un automatismo per me, perché se non è un automatismo è come se non l’avessi imparato. Pensate al guidare la macchina: lo faccio in automatico. Anche il nostro modello alimentare non dipende dalla nostra volontà, ma è diventato un comportamento inconscio, una “competenza” inconscia.

Es. un ragazzo della foresta amazzonica, rispetto al guidare la macchina: incompetente, inconscio (non sa neppure di essere incompetente. Il primo livello di apprendimento di chiama “incompetenza inconscia” (propedeutica a PNL). Lo vado a trovare e dico al papà: “Fammelo portare a Buenos Aires. Qui lui vede le macchine. Sale di livello: diventa un incompetente conscio, consapevole: ora sa di non saper guidare la macchina. Lo porto a scuola guida: diventa competente conscio, che però è uno del tipo: “Stai zitto che ora debbo guidare, ora premo la frizione, metto la marcia, stai zitto, controllo gli specchietti,….” Ci ricordiamo com’eravamo quando abbiamo preso la patente? È passato un anno: autoradio, panino, guardo dietro, chiacchiero. La competenza è diventata inconscia, ovvero il guidare è diventato un automatismo, mentre io posso fare altre cose. Schumaker è un livello ancora superiore: non è soltanto competente inconscio, ma ha una super-visione rispetto al guidare. Mentre noi guidiamo in automatico, lui ha la consapevolezza della sua guida, una supervisione dall’alto. Es. noi spesso, al bruciapelo, non

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sapremmo rispondere con quale piede acceleriamo e con quale freniamo. Tutti guidiamo, ma in automatico solitamente. Ma se invertissi i pedali di freno e acceleratore, pur sapendolo, avrei molte difficoltà a guidare e nell’emergenza (es. devo frenare di colpo), andrebbe il vecchio programma. Sapere una cosa non cambia i nostri automatismi. Questo per dire che abbiamo avuto un condizionamento inconscio per il nostro modello alimentare, quindi cambiarlo non è semplice, perché va contro il nostro condizionamento. È come se dovessi fare una cosa a cui non sono abituato. Ad uno zio di Cocca gli spiegò la dieta sequenziale (frutta, verdura, piatto cucinato), rispose: “Non si può mangiare al contrario.”. Anche sullo schema le persone sono condizionate. A volte pensano: “Se non mangi in questo modo è come se non avessi mangiato.”. Anche questo è un condizionamento. La scelta alimentare non è semplice perché abbiamo un condizionamento, poi nuove acquisizioni, che però hanno solo avvertito un sistema che continua a rispondere col vecchio modello. Come fare affinché il nuovo sistema si adegui al nuovo modello, alle nuove conoscenze?

Se uno mangia senza pensare e senza regole, sta facendo una scelta inconsapevole o cosa? Rispetto all’alimentazione, una cosa fondamentale è se c’è un conflitto o meno. Se una persona fa un’alimentazione chiamiamola “convenzionale” ed è tranquillo, non ha un conflitto sull’alimentazione, va bene. Se una parte dice: “E se mi fa male? E se ci sono troppi grassi?”, questo mi fa più male che mangiarlo. Questo NON vuol dire che è l’alimentazione ottimale, uno può migliorare anche questo. Vi sono molte persone per cui il cibo non è un problema. Mangiano poco, non pensano pure a quello che mangiano e son tranquille. Se non c’è un conflitto, non c’è un problema. L’acidosi non dipende solo dal cibo. Dipende da qualche altra cosa. (Vedere esempio di io e Schumaker che abbiamo 2 macchine lui un po’ più scassata io quella buona ma arriva prima lui, perché struttura/alimentazione è una componente importante, ma la componente mentale altrettanto! E queste due componenti debbono fondersi). Sull’acidosi, il punto non è controverso, ma le cose sono un po’ più ampie: noi mangiamo e poi abbiamo un atteggiamento rispetto a quello che mangiamo. La maggior parte della persone che fa alimentazione convenzionale, ha le urine acide, che è un meccanismo di difesa dell’organismo che cerca di eliminare scorie metaboliche; ma queste persone possono essere ancora in buona salute. Il fatto di avere urine acide, non vuol dire non essere in buona salute. La salute, dipende da qualche altro aspetto. Immaginiamo uno che mangia male, però che è centrato emotivamente. Se è centrato, il suo organismo è come se potesse gestire l’acidità che viene dal metabolismo di quello che mangia. Quando Cocca aveva 17-18 anni, aveva un amico che chiamavano “l’orco”, perché quando si usciva, mangiava il triplo di quello che mangiavano gli altri amici: pane, prosciutto, birre, si faceva la gara a chi beveva più birre e lui beveva tutto, non si ubriacava, sempre forte ecc.; le olive le prendeva e schiacciava coi denti anche il nocciolo. A 40 anni non digeriva neanche una minestrina, però i primi 20 anni della sua vita stava pieno di forze e di energia. Che cosa vuol dire: se noi mangiamo male, potremo utilizzare le energie di riserva per poter vivere. Quando si esauriscono queste energie di riserva, ad un certo punto l’organismo può crollare. Spesso non c’è quindi un discorso di causa-effetto veloce. Il tutto è anche legato al nostro atteggiamento mentale, cioè alla nostra calma, alla nostra tranquillità, al modo con cui gestiamo la nostra vita. Se una persona mangia bene, poi ci sono pensieri del tipo: “Cazzo sta facendo mia moglie” ecc, sto già acidificando il sangue. Cioè, non è soltanto “se ho mangiato proteine”: anche quello che penso mi acidifica il sangue. Se uno mangia della carne, però fa meditazione, è tranquillo ecc., ad un certo punto l’attività acidosica è inferiore. Questo non vuol dire: “Mangiate quel che cazzo vi pare e state bene”, ma c’è l’importanza di sapere che esistono tante componenti che si legano l’una all’altra. Più mangiamo meglio, più abbiamo energia a disposizione, allora possiamo utilizzare di più le nostre facoltà mentali: sappiamo che la maggior parte dei maestri spirituali, chi fa un certo percorso, fa un certo tipo di alimentazione. Perché? Per non sprecare energie, ovviamente, con l’alimentazione; perché se io

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poi debbo sprecare energie per digerire, disintossicarmi ecc. ne ho meno per la vita di relazione e per alimentare il pensiero.

Ci sono tanti livelli di questo automatismo, però il discorso è che noi la maggior parte della nostra vita la viviamo in automatico. E la cosa (triste o bella) è che i pensieri rispetto a noi stessi, rispetto alla malattia, rispetto alle situazioni, ce le abbiamo in automatico, ovvero non decidiamo noi di averle. La domanda a volte è: “ma allora se io penso che vada tutto bene, va tutto bene?”. No: se tu SENTI che va bene hai una possibilità, non se tu lo pensi mentalmente, se lo senti, perché sei allineato rispetto ad un traguardo.

Non possiamo assolutamente forzare una persona a fare una terapia anche se pensiamo che la nostra sia la migliore in assoluto. Se una persona vuole ed è convinta a fare la chemioterapia, meglio che la faccia. È ben diverso che dire: ”sono favorevole alla chemioterapia”. Posso spiegare i vantaggi, spiegare cosa secondo me è meglio, ma mai dire che uno lo deve fare per forza! Non si può obbligare una persona a fare una terapia, perché l’inconscio deve seguire la terapia, dev’essere convinto! L’unico caso è il caso di una madre che abbia una certa struttura mentale e con cui si abbia una grande sintonia, un grande rapporto, oppure di una persona con cui siamo sicuri di avere la percezione che ci segua al 100%, sennò non va bene, neanche se c’è una piccola resistenza.

Bisogna lavorare sodo su tutte le convinzioni negative, limitanti, su noi stessi e sulla malattia, abbinando una sana alimentazione. Dobbiamo sconvincerci delle credenze negative e pulirci. Abbiamo degli automatismi rispetto alla malattia molto ma molto particolari, percui è importante ristrutturare tutte le convinzioni che le persone hanno rispetto a quello che stanno vivendo. Se non si riesce a farlo, spesso i pazienti vanno in un’altra direzione. È il lavoro principale da fare. Va cambiata la convinzione. Già solo il fatto di conoscere l’igienismo, cambia la convinzione. Già avere fiducia che se faccio qualcosa per me, può andar bene, è già una convinzione che può andare avanti. Però dipende sempre questa persona come si allinea con quello che stai facendo.

Intervento di uno spettatore: “L’igienista non fa nulla, però quel nulla lo deve saper fare bene. Ed avere fiducia nel proprio organismo. E non esistono malattie inguaribili”

Cocca: quando una persona è malata, l’importante è non fare niente, ma questo niente bisogna saperlo fare molto ma molto bene. In realtà non posso non fare niente, perché se la persona ha delle convinzioni, se esse non cambiano, andiamo comunque nella direzione della convinzione che avevamo.

Calorie

Le Panda consumano tutte allo stesso modo? Dipende come le porto. Anche se in realtà per noi il cibo è anche struttura, non solo energia. Se sono in buona salute, tranquillo e non mi rompono le scatole, non ti vogliono aggredire col loro modello alimentare, vuol dire che stanno bene.

Integratori:

Cloruro di magnesio: può essere utile nel caso in cui compriamo frutta e verdura cresciuti su terreni poveri di tale sostanza. Il fatto è che nell’igienismo si dice che il nostro corpo può prelevare soltanto sostanze organiche, i sali minerali inorganici sono inutilizzabili. In realtà le cose sono più complesse, perché noi abbiamo un apparato digerente che è una struttura complessa piena di batteri, i quali possono organificare i sali inorganici che buttiamo dentro. Quello che fanno i batteri

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nel terreno, lo possono fare nel nostro apparato digerente. Molto probabilmente funziona così. Sulla flora batterica intestinale, in un libro di Armando D’Elia c’è una cosa molto interessante: in una popolazione africana hanno controllato la quantità di proteine che mangiavano giornalmente. La quantità che defecavano era superiore. Alcuni suppongono che avessero dei batteri fissatori di azoto, sennò la situazione sarebbe difficile da comprendere.

Un buon escamotage per sopperire alle carenze di frutta e verdura odierne sono gli estratti, coi quali si concentrano i micronutrienti.

Nei terreni, ci deve essere questa ricchezza di batteri, e la chimica uccide questi batteri, soprattutto se protratta nel tempo.

Yogurt: può servire come integrazione? La flora batterica intestinale non è legata ai batteri che buttiamo dentro, ma è legata a quello che mangiamo. La flora batterica intestinale è obbligata dal nostro modello alimentare: se mangiamo in un certo modo, creiamo un certo tipo di flora, se mangiamo in un altro, cambia la flora batterica. È come se ci fossero batteri specifici per ogni cibo che noi mangiamo. È inutile ripristinare una cosa che non ha senso. Dobbiamo creare il terreno adatto, sennò questa flora batterica che anche buttassimo giù non crescerebbe. C’è anche il fatto che i nostri batteri si selezionano, secondo quello che noi mangiamo. In un libro francese c’è scritto che i batteri si nutrono delle scorie di quello che noi mangiamo. Quando noi iniziamo a mangiare della cioccolata, noi selezioniamo dei batteri che metabolizzano gli scarti della cioccolata che abbiamo mangiato. Cioccolata-batteri, cioccolata-batteri e si forma un bel numero di batteri. Se tu non mangi la cioccolata un giorno, quelli vanno in carenza di cioccolata. Mandano al sistema nervoso dei neuropeptidi per indurti a mangiare la cioccolata. Allora quando tu cerchi di resistere, in realtà è un bisogno dei batteri. Se tu non la mangi per qualche giorno, questi batteri si assottigliano e ti è passata la voglia. Non si sa quanto questa cosa sia vera alla lettera, ma è una possibile interpretazione.

Aceto: non è che faccia bene o male, come tutte le cose. Però nell’igienismo non lo si consiglia.

Cipolla: molti igienisti non la consigliano, ma finché non mi d fastidio, secondo Cocca la riusciamo a tollerare. Bisogna contare che il movimento igienista è nato con Shelton negli anni 30-40 e allora bisognava essere combattivi e forse questo può essere utile anche ora per gli errori che si fanno ora. 30-40 anni fa, anche il gruppo di Cocca erano 4 gatti e per farsi sentire raccontavano anche storiacce stile: “Questo è dannoso, ti fa morire” ecc. In realtà non è vero. Ora che si è diventati numerosi, le storiacce non vanno più raccontate. È meglio dire: “Si mangia così perché si sta meglio”, non più sul penalizzare, ma mangiare in un certo modo perché è meglio per la natura, meglio per noi stessi, per l’ecologia, ma senza la discriminante della proibizione.

Funghi: dobbiamo pensare che gli igienisti sono gente degli anni ’40, con Shelton. Dopo questi anni è finito il vecchio igienismo. Quello che è nato dopo con Fre (??) negli anni ’70 è stato un igienismo di tipo alimentare. Nacque come modello complesso, triangolo della salute con Tilden. Poi negli anni ’80 prende forza l’igienismo crudista, fruttariano, che è come se cancellasse il resto dell’igienismo. Allora la maggior parte delle persone identifica l’igienismo con un modo di mangiare, mentre non è un modo di mangiare, ma un modo di pensare. Anche più di pensare che di vivere. Cocca conosce delle persone quasi crudiste fruttariane che nel momento del pericolo sono andate in ospedale. Altre persone che si facevano la birra alla sera, nel momento della diagnosi hanno detto: “adesso mi metto a regime”. Il discorso è: “qual è la mia convinzione?”. Le persone possono anche deragliare su alcune cose, però sull’emergenza si gioca la partita. L’igienismo è prima un modo di pensare, poi un modo di comportarsi. Nel momento in cui l’igienismo è stato identificato solo come un modo di mangiare, s’è persa la spinta dirompente di

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quello che era l’igienismo, perché si instaura un pensiero del tipo: “se non mangio così, non posso essere igienista.” O “Io sono igienista perché mangio in questo modo”, ma l’igienismo è un’altra cosa.

Shelton è il caposcuola, cioè ha preso tutti gli scritti del passato e li ha riassemblati, dando un corpus unico, e dice: “Cosa pensano questi igienisti? Che l’igienismo sia un modo di mangiare? Che l’igienismo sia digiunare? L’igienismo è tutto questo, ma molto di più.”. Shelton non vuole “bloccare” l’igienismo solo all’interno di un comportamento. L’igienismo è un sistema, un sistema anche di convinzioni. Il sistema di convinzioni è qualcosa di molto delicato. Es.: “Ho il raffreddore, perché ce l’ho? Ho preso un virus.”. Se io dico: “Ho preso un virus” o “Ho preso un batterio”, qual’è la conseguenza? Devo prendere qualcosa per combattere il virus o il batterio. Non c’è scelta. Se invece dico: “Ho preso il raffreddore, mi so disintossicando, mi metto a riposo.” è un altro modello. “Ho preso un raffreddore, ho avuto un conflitto emotivo, devo prendere allium cepa di omeopatia.” è un altro modello. A seconda di quello che penso, così mi comporto. C’è la storia dei 100 raffreddori di Mosserie: una persona ha il raffreddore, l’influenza. Si prende l’aspirina e dopo 7 giorni sta bene. Un altro un po’ più alternativo va dall’omeopata, prende allium cepa e un po’ di aconium, 7 giorni e sta bene. Un altro è più naturista, si fa bagni caldi e bagni freddi, 7 giorni e sta bene. Un altro si fa del vino caldo la sera e pure lui guarisce. Un altro si fa il latte caldo e guarisce. Un altro si fa il clistere e guarisce. Un altro si fa i semicupi (bagni derivativi) e guarisce. Guariscono tutti, anche quello che non fa niente. Nel modello igienista, quello che chiamiamo “guarigione” è una capacità dell’organismo. Il punto delicato è come attivarla. Per attivarla debbo credere che io abbia questa capacità.

Boicottaggio:

se già usiamo il modello igienista, già abbiamo fatto un enorme boicottaggio! Anche solo se mangio cucinato una volta al giorno e più crudo, già ho rivoluzionato il mercato. Su Armando D’Elia si raccontano troppe storie, perché lui era una persona eccezionale, ma anche molto libera. Facevamo i giovedì culturali negli anni ’80. Cocca l’ha conosciuto ad una sua conferenza (di solito le sue erano chilometriche, ci prendeva per sfiancamento, Cocca tolse i formaggi dopo una sua conferenza di 2 ore). A questa conferenza parlò della dannosità del riso o dei cereali e dei chicchi e dei funghi. Poi andammo a cena: ordinò risotto con i funghi, ma senza nessun problema! Disse: “Io v’ho dato l’informazione, poi mangio quello che mi piace. Io v’ho dato delle informazioni, poi gestitevele voi.”

Se io mi voglio avvicinare al crudismo, ma non voglio neanche accorgermene, come posso fare? ► vedi dieta “Sequenza nel pasto (dieta sequenziale)”

Nota: molti crudisti vanno in conflitto. “Io voglio fare il crudista, però non ce la faccio a non mangiare la pasta o non ce la faccio ogni tanto a non mangiare le patate.”. Questo vuol dire che ogni volta che mangio le patate o la pasta si penalizza, come dire: “Non sono in grado”. Abbassa l’autostima. Se invece io dicessi: “Io faccio il crudista, però so che in questo percorso ho questo condizionamento e decido di mangiarmi una volta a settimana questo e quello e me lo do come decisione”, la cosa è completamente diversa. Mi dico: “Mi mangio 70/80% di crudo ed il resto per quello che è il mio condizionamento. Una volta che mi sono assestato, decido se casomai andare un po’ più avanti o rimanere così.”. In questo modo diventa una mia scelta. Ma se scelgo di fare il crudista 100% e poi mi viene una attacco di fame la notte e svuoto il frigorifero, quanti sensi di colpa ci sono? “Io adesso non sgarro più”….già usare il termine “sgarro” vuol dire rendere piacevole quella cosa, perché per me lo sgarro è piacevole, non conviene quindi chiamarlo “sgarro”, e non posso chiamarlo nemmeno “una cosa che mi concedo”, perché sennò quello vuol

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dire: “Io mi punisco mangiando crudo e poi mi concedo ogni tanto qualcosa di cotto”. Dal punto di vista linguistico ci stiamo dando le mazzate. Invece: “Io mangio il mio crudo. So che sono ancora condizionato ed ho un condizionamento con il cotto e me lo mangio fino a soddisfare questo condizionamento, che so che piano piano se ne va” è un ragionamento molto più pulito, etico rispetto alla comunicazione con sé stessi. Bisogna sapere che se c’è un conflitto, è un qualcosa che si autoalimenta. Se invece prendo atto del mio condizionamento, lo accetto e vado avanti. Facendo così mi sento molto meglio.

Riprogrammare il condizionamento:

Per cambiare il nostro condizionamento, ci sono vari strumenti, come: PNL, psicologia energetica tipo EFT e EFT evolutivo (mi metto da qualche parte, mi ripeto qualcosa e può cambiare qualcosa), ipnosi (che è ancora meglio), tecniche di rilassamento, riprogrammazione psicoenergetica, ovvero tutto in generale per ricondizionare l’inconscio. Quello che noi chiamiamo desiderio è un fatto dell’inconscio ovviamente. Es. “Io non ce la faccio a mangiare le patatine”, ad esempio, è come dire: “io non riesco a smettere di fumare”, è lo stesso atteggiamento. Il punto è che bisogna riparlare con l’inconscio per dirgli che quella cosa non è molto salutare per noi. Es. quando una persona dice: “Io non ce la faccio a smettere di mangiare le patatine”, io so che: “Se tu non ce la fai, il tuo inconscio ha ragione sicuramente”. O ti stai punendo e mangiare le patatine potrebbe essere un desiderio di libertà del tuo sistema, perché lo stai costringendo a fare una cosa che non si sente di fare. Dobbiamo tener presente che molte volte, specialmente se queste cose vengono dopo la scelta, possono essere una ribellione interna. Se sono una ribellione interna, bisogna riparlare all’inconscio e dirgli: “Io capisco che ti ribelli, ma in realtà questa è una scelta”, ovvero ricondizionarlo e fargli vivere quello che noi facciamo come una scelta. Però nello stesso tempo, nel nostro dialogo interno, non ci possiamo imporre le cose. Me le posso imporre per un periodo, però poi dopo devo sentire le varie componenti del mio organismo. Bisogna decondizionare e poi ricondizionare, perché noi siamo stati condizionati a mangiare in un certo modo. Quello che Cocca consiglia è: se vi forzate, pagate un prezzo, a qualsiasi livello. Qualsiasi scelta che noi facciamo, la dobbiamo fare con piacere. Piange il cuore quando anche nei gruppi crudisti su facebook si sente: “Io sto facendo questo con tanto sacrificio”…come fa ad andare bene se lo vivo “con sacrificio”? Dovrebbe essere una cosa piacevole, come faccio ad associarvi “sacrificio”? Dev’essere un piacere enorme. Questo Cocca l’ha imparato molto con la figlia, che aveva la madre fruttariana all’epoca, nata in casa, non vaccinata, però lei è una ragazza molto libera anche, ha mangiato pure al Mc Donald ecc. però ha un suo atteggiamento rispetto al cibo, però non le puoi dire quello che deve fare ecc., lei dice: “Io lo sento: questo mi va, questo non mi va ecc.”, però ha delle sue attenzioni. Ora che sta facendo delle scelte sull’alimentazione, sta provando ecc. però dev’essere qualcosa che nasce dall’interno con tranquillità. Perché molte volte ha detto: “Io papà vorrei diventare così, vorrei fare così” e Cocca risponde: “Se te la senti lo fai, sennò puoi aspettare, fallo con una tranquillità, sennò si cade nel ‘non ci sono riuscito’ ecc. ecc.. Fallo con tranquillità, cerca di mangiare meglio, non di mangiare perfetto”. Il nostro obiettivo è di mangiare meglio, non di mangiare perfetto, perché mangiare perfetto è impossibile.

Perché cambiare modello alimentare?

Io cambierei soltanto se non mi sento molto bene o non sono soddisfatto della mia salute, ad esempio, però tenendo ben in conto che la salute non dipende esclusivamente dall’alimentazione, ma solo una componente (con mente e postura/movimento/rilassamento). Se migliora uno, migliorano anche gli altri due, ma se uno rimane indietro, fa da freno agli altri.

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VERA FAME

Contiamo che anche l’acquolina in bocca spesso non è fame perché viene anche per il ricordo del piacere, per tanti motivi. Cocca ha sentito vera fame in una sola volta nella sua vita, dopo che ha fatto i suoi 30gg di digiuno. Il primo cibo che ha mangiato è stato un mandarino. L’ha messo in bocca ed il sapore non l’ha sentito solo in bocca, ma gli è arrivato sino alla punta dei piedi. Noi molte volte mangiamo più per abitudine, per riempirci. La fame è qualcosa che il corpo poi lo assapora non solo con la bocca, ma con tutto il nostro organismo. Il cibo, specialmente in questa società è diventato qualcosa che possiamo chiamare “marca di attenzione”, cioè una gratificazione. Nel momento in cui, anche non nel crudismo, ad un certo punto dico: “Io voglio mangiare meglio”, diminuiscono le marche di attenzione. Come tolgo qualcosa, dal punto di vista logico dico: “Io tolgo qualcosa che mi fa male”, ma dal punto di vista emotivo tolgo qualcosa che mi gratifica. Se non la sostituisco con un’altra cosa che mi gratifica, il mio sistema si ribella. L’unico modo per fare in modo che il sistema non si ribelli è ESSERE FELICI! Se sono felice di quello che sto facendo, il sistema è contento. Se fai un “sacrificio”, non funziona. Fare un sacrificio mangiando una cosa significa associare il sacrificio a quello che sto mangiando.

Gurdjeff:

c’è una storia che è una metafora anche di quello che è il lavoro di Cocca. Prima vediamo la versione di Gurdjeff, che è molto provocatoria, poi vediamo la versione di Cocca e poi cerchiamo di unire il tutto.

Gurdjeff diceva che l’uomo si può considerare una carrozza, come corpo fisico, trainata da cavalli imbizzarriti, che sono le sue emozioni, guidato da un cocchiere ubriaco che è la sua mente, e noi siamo dentro la carrozza a goderci il viaggio. È come dire: “Non siamo padroni della nostra vita.”. Cioè, noi che siamo i passeggeri del nostro corpo, siamo assoggettati dalla nostra mente completamente ubriaca, le nostre emozioni che sono imbizzarrite, figuriamoci dove possiamo andare.

Versione di Cocca: noi abbiamo un corpo fisico, che è la nostra carrozza, trainata da due cavalli che sono la vita 8la carrozza ha la vita tramite i cavalli, ha l’istinto, ed ha le emozioni. I cavalli ci danno questo: la nostra parte “vegetale” che è la vita e la nostra parte animale che sono l’istinto e le emozioni. Poi abbiamo il nostro cocchiere, che sono i nostri condizionamenti, cioè le nostre rappresentazioni della realtà, i condizionamenti che abbiamo avuto, quello che pensiamo sia giusto e sbagliato. Poi noi siamo dentro la carrozza a goderci il viaggio. Se ad un certo punto io dentro la carrozza dico: “Non mi piace dove sto andando”, io personalmente non guido la carrozza. È come se volessimo dire che la nostra parte razionale, la nostra consapevolezza non guidano la carrozza. Chi la guida è il cocchiere. Debbo ricondizionare il cocchiere. Noi in genere facciamo così, e la buttiamo come battuta: “Brutto stronzo dove stai andando?! Perché faccio così? Perché sto sempre male? Perché mi porto a questo? Perché faccio così?”. Mi può mai ubbidire il cocchiere? Non stiamo neanche parlando con lui. Il punto è: se voglio cambiare, devo trovare una via, una linea di comunicazione col mio cocchiere, e gli debbo dare altre istruzioni su cosa fare e dove andare. Le istruzioni del cocchiere passeranno al cavallo, che passeranno poi alla carrozza. Allora il senso è: se non cambio le mie convinzioni, i miei condizionamenti, non può cambiare la mia vita.

Micronutrienti e macronutrienti

Il fatto che le proteine siano diventate “un problema” non si sa bene se è legato ai nostri genitori. Il punto è che vi è stato un periodo storico in Italia, ma anche forse in Europa in cui vi è stata carenza di cibo. I nonni di Cocca non erano vegetariani, vivevano in campagna. Mangiavano, sì, la

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carne, ogni volta che potevano: una volta ogni 2-3 settimane. Con quella media non c’era nessun problema. Qual è il punto? Che all’epoca, chi era leggermente più ricco e mangiava cibi un po’ migliori, esclusi i ricchissimi che avevano la gotta, avevano una salute migliore rispetto ai poveri. Ora, cosa è entrato nell’immaginario collettivo? “Più si mangiano cibi ricchi e più si sta bene”. Mentre il benessere è legato alla proporzione tra quelli che noi chiamiamo i “cibi poveri” (anche se non sono poveri!) ed i “cibi ricchi”. Esistono i cibi che sono ricchi di micronutrienti e dei cibi che sono ricchi di macronutrienti. Nel passato, la popolazione umana ha sempre mangiato cibi ricchi di micronutrienti e non tantissimi cibi con macronutrienti. Cibi con tantissimi micronutrienti sono frutta e verdura, i quali generalmente hanno poche proteine, amidi e grassi. I micronutrienti sono: vitamine, sali minerali e oligoelementi. Quando leggiamo l’alimentazione dei contadini siciliani dell’800, si vede che mangiavano cicorie, cicorie e cicorie. Ogni tanto un po’ di pane e qualche altra cosetta, ma di base erano le cicorie. Erano pieni di forze e di energie. Per valutare la vita media dobbiamo tener presente una cosa: la vita media si calcola tenendo conto anche della mortalità infantile, che era alta e quindi fa crollare il valore calcolato della vita media delle persone.