Conati

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Il linguaggio musicale di Giacomo Puccini

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  • sione drammatica, concentrata sullattesa della prota-gonista e accentuata dallintermezzo strumentale chesegue il coro a bocca chiusa, senza interromperla conun calar di sipario: Niente entracte e arrivare allafine tenendo inchiodato per unora e mezzo il pub-blico! enorme, ma la vita dellopera aveva scrittoil composi tore a Il lica durante la gestazionedellopera (e assai opportuno risulta pertanto il ripri-stino, oggi sempre pi frequente da parte di maestrie di registi, del taglio drammaturgico originariamenteconcepito dallautore, onde mantenere la continuitdella scena dopo il coro a bocca chiusa; si avesseanche il coraggio di omettere il citato arioso diPinkerton!...).Dopo il riscatto di Brescia Madama Butterfly dive-nuta in breve una delle opere pi frequentementerappresentate, fra le pi amate e popolari, al pari dicapolavori che in passato pure avevano incontratoalla prima sera la disapprovazione del pubblico.Amata dal pubblico. Rinnegata dalla critica. Nessunoperista in passato, tranne forse Donizetti, ha subtoal pari di Puccini una cos tenace avversione da partedegli addetti ai lavori. In Butterfly le giapponesere,il sentimentalismo svenevole, la leziosaggine di alcu-ni episodi incidentali, il tono operettistico di alcunesituazioni, certa fanciullaggine di atteggiamenti nellaprotagonista (una quindicenne, peraltro), lapparentefacilit delle idee musicali, hanno incontrato e ancoraincontrano lostilit di critici e studiosi, fuorviando lacomprensione dellopera e allontanando indagini nonsuperficiali. E allorch in tempi recenti stata final-mente affrontata qualche seria riflessione attraversolesame delle strutture profonde (vedi ad esempio lostudio di Antonino Titone, felicissimo per intuizionee procedimento danalisi, anche se meno convincentenelle conclusioni) immediata da parte dei melomanilaccusa di comportamento improprio, da freddo eimpassibile anatomista, insensibile al fascino dellamelodia...Non c maggiore difficolt che capire ci che sem-bra facile. Perch facile sembra infatti la M a d a m aButterfly, almeno al primo ascolto, a onta di tutta lacomplessit che vi si cela nel profondo. Proprio per ilfatto che questa musica ammantata di splendore stru-mentale esercita nella sua apparente facilit un fasci-

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    Grugniti, boati, muggiti, risa, barriti, sghignazzate, isoliti gridi solitari di bis fatti apposta per eccitareancora pi gli spettatori, ecco, sinteticamente, qual laccoglienza che il pubblico della Scala fa al nuovolavoro del maestro Giacomo Puccini. Dopo questopandemonio, durante il quale presso che nulla fupotuto udire, il pubblico lascia il teatro contentocome una pasqua! e mai si videro tanti visi allegri, egioiosamente soddisfatti come di un trionfo collettivo.Questa la cronaca della tempestosa prima rappresen-tazione di Madama Butterfly, avvenuta alla Scala diMilano il 17 febbraio 1904, quale si pu leggere inMusica e Musicisti, periodico di Casa Ricordi, editri-ce delle opere di Puccini. I clamori avevano raggiun-to il culmine nella seconda parte dellintermezzosinfonico del 2 atto (che nella primitiva versione riu-niva gli attuali 2 e 3), provocati da una trovata vera-mente infelice, anzi propriamente insensata, del regi-sta Tito Ricordi; narra in proposito Rosina Storchio,linterprete protagonista: Per colorire il quadro conmaggior suggestione, Tito aveva pensato che al cin-guetto della scena rispondessero altri stormi dal log-gione. E per ottenere un pi sicuro effetto aveva dis-seminato, con appositi fischietti intonati musicalmen-te, alcuni impiegati della Ditta e delle Officine, dispo-sti in due gruppi a sinistra e a destra per risponderea tempo. [...] Ma quella sera agli schiamazzatori nonparve vero dapprofittarne. [...] Al cinguetto seguiro-no latrati di cani, chicchirich di galli, ragli dasino,boati di mucche, come se in quellalba giapponese sirisvegliasse larca di No.Madama Butterfly, noto, doveva risorgere qualchemese pi tardi al Teatro Grande di Brescia a prezzodi alcune modifiche non irrilevanti, tese pi che altroa conciliare le ragioni del dramma con le abitudinidel pubblico: alcuni tagli e opportuni aggiustamentinella prima parte del 1 atto, il sacrificio di unaffasci-nante cantilena di Butterfly prima del coro a boccachiusa, la molesta inserzione dellarioso Addio, fioritoa s i l (una concessione al protagonismo tenorile chenulla aggiunge e molto toglie alla cruda rappresenta-zione dellavventuriero), la divisione del 2 atto indue parti distinte, separate da un intervallo. Aquestultimo proposito aveva avuto indubbiamenteragione Puccini nel voler mantenere costante la ten-

    Il linguaggio musicale di Giacomo Puccini (A proposito di Madama Butterfly)

    Marcello Conati

  • no denso di molteplici significati, sorge spontaneolimpulso di comprenderne la vera natura, studiarne ilsegreto dispositivo che ce la rende ancora oggi cosseducente. atto doveroso verso ogni opera darteche richiami costantemente a s folle di spettatori, lo tanto pi nei confronti di Puccini che ebbe a subirein vita e oltre, a onta di unimmensa fortuna popola-re, la prevalente incomprensione e disistima della cri-tica. Nulla vieta allascoltatore di abbandonarsi allesensazioni che la musica di Puccini produce. Forseproprio questo egli voleva. Ma nulla vieta anche dicercar di capire oltre quelle sensazioni tentando dipenetrare nei procedimenti compositivi che ne stan-no a fondamento.Forse lerrore pi comune ascoltando opere Puccini,la Butterfly in particolare, di considerarne laspettomelodico, in uno con la veste strumentale, come ilfattore pi eminente e decisivo delledificio dramma-turgico, come sua unica struttura portante, una strut-tura che alla fin fine si rivelerebbe anzi come unasorta di rivestimento esteriore atto a nascondere ilvuoto di reali contenuti poetici. Viene in mente a talproposito una frase di Verdi che suona pressa pococos: Buoni motivi musicali se ne trovano sempre, ildifficile trovare buoni soggetti. Puccini, di cui ben nota la proverbiale incontentabilit nei confrontidegli argomenti da musicare, avrebbe certamente sot-toscritto tale affermazione.Lapparente banalit della B u t t e r f l y sembra derivareda quel tono operettistico, specie nel primo atto,tante volte biasimato dai commentatori. Attraversouna rilettura pi attenta e consapevole dello spartitoci si rende conto che lo scarto stilistico che si stabili-sce fra lingresso della protagonista e tutto quanto loprecede si rivela operazione non casuale bens pre-determinata. Quel tono operettistico non vuole affat-to svolgere una funzione narrativa, bens esprimereuna funzione per cos dire alienante: musica di sfon-do, una sorta di tappezzeria sonora, si direbbe,insomma un espediente volutamente calcolato per ilsuo stile basso al fine di lasciar emergere, isolando-la in primo piano ed elevandola a un livello stilisticosuperiore, la figura della protagonista. Per suomezzo, attraverso i ritmi iterativi che lo contraddistin-guono, viene inoltre conferita alla vicenda drammati-ca una sorta di meccanizzazione dellambiente c h edetermina negli avvenimenti quella burattinesca fis-sit di cui parla Titone nel suo saggio, una sorta difissit che il discorso musicale pur mobilissimo neiritmi e nelle transizioni armoniche riesce a mantenereattraverso ogni sorta dazione incidentale: il carattereyankee da un lato, dallaltro i marionettismi di Goro,il cicaleccio dei parenti, il matrimonio burletta, le gia-culatorie di Suzuki, Yamadori, il t, tutte le giappone-sere insomma (anche quelle stesse di Cio-Cio-Sanalle prese con il suo ambiente). Tutto questo alla

    lunga si traduce nella fissit del dramma della prota-gonista, freddamente osservata dallambiente circo-stante come farfalla da uno spillo trafitta ed in tavolainfitta, e ne sottolinea la disperata solitudine, lisola-mento psicologico, lei tutta sola e rinnegata, rin-chiusa nel suo grande amore, e fuori il mondo. Lafissit che lelemento musicale, pur mobilissimo,come s detto, riesce a determinare sulla vicenda, risultato drammaturgico gi perseguito da Puccini inaltre sue precedenti opere (il 3 atto di M a n o nLescaut, il finale del 1 atto di Bohme, tanto per fareun paio di esempi significativi), e ripreso in operesuccessive fino alla T u r a n d o t (in cui il ruolo dellemaschere realizza una compiuta compenetrazione frameccanizzazione dellambiente e dramma). InB u t t e r f l y esso assume una funzione drammaturgicaancor pi incisiva e determinante, direi quasi totaliz-zante, tale da trasformare lintera vicenda, a partiredallentrata della protagonista, nella rappresentazionedi un trance. Come ha gi osservato Titone il risulta-to ultimo quel ruotare su se stesso di un unicoevento: la disperazione della donna, la sua ostinazio-ne folle, la sua solitudine.Per spiegare questo risultato occorre tenere presenteche la tecnica compositiva di Puccini nel rapporto fracanto e orchestra si fonda sul procedimento sintatticodella musica di conversazione, che a sua voltadiscende per via diretta dal parlante dellopera otto-centesca. Attraverso tale procedimento egli fa ampia-mente tesoro di una delle conquiste pi rilevantidella tradizione melodrammatica perseguita e realiz-zata da Verdi: la fusione degli stili espressivi. InPuccini tale fusione, espressa con grandissima abilitper transizione (vedi il primo atto di T o s c a) o persovrapposizione (vedi il quartetto di Bohme) di ele-menti musicali dal comico al patetico, dal brillanteal tragico, dallumoristico al descrittivo, dal lirico algrottesco viene ulteriormente consentita dallariduzione della melodia in termini di durata. statotalvolta affermato che la melodia di Puccini purdotata di unincisivit, di una densit e di unimme-diatezza comunicativa di cui ben pochi musicistisono stati capaci ha il respiro breve. In realt Rossini docet la brevit diventa una inderogabilenecessit ai fini costruttivi: calcolata e dosata per lacontinuit delleloquio musicale essa consente dicontrarre ed espandere il periodo musicale al serviziodellazione scenica e di conseguenza di ampliare ilrespiro della scena alle dimensioni dellatto. InPuccini il procedimento a mosaico che ne risulta solo apparente, poich limpiego di brevi cellulemelodiche rivela a unattenta analisi un comporta-mento mai casuale ma sempre meditato che nonlascia traccia di suture.Tale procedimento si basa principalmente (ma nonesclusivamente) sulluso di temi ricorrenti. A tal pro-

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  • posito le analogie con il Leitmotiv wagneriano sonostate pi volte sottolineate dagli studiosi. TuttaviaPuccini traduce il significato dei temi-guida ovveroL e i t m o t i v e n attraverso propri raffinati procedimentibasati sullarte delle durate e del tempo, che si affida-no a quella tela di ragno che la memoria auditivasommersa. Nel teatro di Puccini la nuova valutazionedella consistenza del tempo nella genesi e nello svi-luppo di caratteri e situazioni, e il senso della duratapsicologica si ricollegano per certi aspetti alla celebredistinzione della memoria volontaria e della memoriainvolontaria enunciata da un suo contemporaneo, ilfilosofo Henri Bergson: ogni percezione occupandouna certa durata, partecipa della memoria; la perce-zione concreta risulta dunque da una sintesi delricordo puro e della percezione pura che si esplicanel ricordo immagine; il passato agisce inserendosinel presente, ove il ricordo, attualizzandosi, ridiventapercezione. I Leitmotiven pucciniani non tengono alguinzaglio la memoria dellascoltatore, ma al contra-rio vi si insinuano lentamente, come per via incon-scia. Non invocano, come in Wagner, un ascoltocosciente, riflessivo, ma implicano piuttosto un ascol-to subcosciente, emozionale. Una colpa? un merito?La risposta implicherebbe comunque un giudizio ditipo moralistico. E la p r u d e r i e in arte, nel teatrosoprattutto, si sa, dei deboli di spirito.Nel presentarsi quasi accidentalmente, come tesseredi un mosaico, o meglio come cellule connettive deltessuto narrativo del discorso musicale, i temi ricor-renti in Puccini non sembrano denunciare a tuttaprima una valenza drammaturgica immediatamentepercepibile. Appaiono e scompaiono per riaffiorarefugacemente nel corso della vicenda drammaticaacquistando via via referenze sempre pi esplicite,fino a caricarsi, verso la catastrofe, di una densit disensazioni e di significati che ce ne rivela alla fine laloro vera funzione espressiva. Letichetta di verismoapplicata al teatro di Puccini risulta dunque del tuttoimpropria. Esso teatro meno teatro dellosservazio-ne (conforme i canoni dellestetica naturalista, chepure Puccini sembra apparentemente applicare) eassai pi teatro dellemozione (in direzione di tantaestetica simbolista di quegli anni).La dimensione del testo scritto del tutto insufficien-te allanalisi estetica di unopera musicale, tanto piquando si tratta di musica per teatro. Lascolto, inparticolare lascolto globale, vale a dire effettuatodirettamente dal vivo, in teatro, in grado di rivelareelementi strutturali che lo spartito a tutta prima nonsembra denunciare. Si accennato alla mobilit deiritmi e delle transizioni armoniche. Allinterno di que-sta mobilit agiscono altre componenti che rivelanonella melodrammaturgia pucciniana unimportanzasostanziale e decisiva. Un aspetto dellarte di Pucciniche finora non stato preso in debita considerazione

    riguarda lespansione in senso verticale della strutturacompositiva e al suo interno luso del timbro in rap-porto ai parametri di altezza, di intensit e di durata.Da unarmonia espansa ottenuta attraverso altezzesonore non vicine e percorse da brevi durate ritmichederivano maggiore coscienza e rilevanza tutte lediversit timbriche che la compongono. A differenzadi unarmonia compatta e del colore strumentale glo-bale che ne consegue, la struttura compositiva diPuccini si basa prevalentemente su unarmonia insta-bile a disposizione larga che si apre in ampiezza inmodo da valorizzare i singoli colori timbrici. A livellodi struttura compositiva i valori armonici e quelli stru-mentali si compenetrano pertanto fra loro in modotale che non possibile scinderli come entit autono-me. Luno argomenta laltro. Lo strumentale non dunque veste esteriore o abbellimento del pensieromelodico-armonico, n mero esercizio virtuosisticofine a se stesso, ma risponde alle esigenze della strut-tura compositiva stessa, sostanza del discorso musi-cale, una sostanza peraltro dagli effetti cos squisita-mente armoniosi, dai risultati cos seducenti da trarrein inganno sulla sua vera natura e funzione.La disposizione larga delle armonie in senso verticalee lalternanza di contrazioni e distensioni foniche chePuccini opera per scelte armonico-timbriche sembra-no smentire la tanto conclamata consanguineit delsuo teatro con lo p r a - l y r i q u e francese (Bizet,Massenet, ecc.), ma ne rivelano semmai i debiti versoWagner, successivamente verso Debussy, e nedenunciano una certa consonanza con larte diMahler. Certamente tale tecnica compositiva esprimeun carattere affatto originale nel modo di fare teatroin musica, lontanissimo (per non dire antitetico) daquello non solo dei colleghi della cosiddetta giovinescuola cui il compositore lucchese viene general-mente associato, ma anche della successiva genera-zione italiana dellOttanta; una tecnica e una ten-denza estetica, quelle di Puccini, che gi partecipanodella nuova sensibilit musicale dei grandi composi-tori del Novecento, da Strawinsky a Bartk, daSchnberg a Webern. E ci con buona pace di tuttiquegli addetti ai lavori che non hanno saputo tollera-re il cantore di Mim se non come espressione di unacultura piccolo-borghese dedita al canto delle piccoleanime... Se mai un addebito possibile imputare aPuccini forse quello di troppa modestia, di avercio talvolta sottovalutato le potenzialit che la suastessa sensibilit musicale era in grado di esercitare inrapporto allespressione drammatica, non arrischian-do (lo dico sottovoce e senza troppa convinzione)soggetti meglio adeguati per ricchezza e complessitdi contenuti alla magistrale tecnica compositiva di cuiera fornito e allo straordinario intuito teatrale, tuttoorientato verso orizzonti davanguardia.

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