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PromotoriUnione Terre di Castelli | Fondazione di Vignola | Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

Co-promotoriComune di Castelfranco Emilia | Comune di Maranello

Con il contributo diRegione Emilia-Romagna

Comitato scientificoRoberto Alperoli | Alberto Bertoni | Roberto Galaverni | Emilio Rentocchini

DirettriceAlessandra Anderlini

GiuriaEmilio Rentocchini (presidente) | Paolo Donini | Donata Ghermandi

Segreteria organizzativaMarco Bini

FotoMarina Giannobi - Stardust Memories (2009-2010), Gicklée Inkjet PrintingCourtesy Roberta Lietti Arte Contemporanea, Como

E-book realizzato nell’agosto 2013

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GIOVINEZZA DELLA PAROLAIl patto siglato tra poesia e giovinezza non impegna, come si tende a credere comu-nemente, la scrittura all’anagrafe, bensì la parola a una sua età immemorabile. La poesia è infatti la giovinezza della parola, non del poeta, e poco importa se per caso l’età del verso coincida con quella dell’autore. In poesia le cronologie non funzio-nano necessariamente, né i criteri dell’apprendimento, del merito, del progresso.Grandi poesie sono state scritte senza alcun merito, né apprendistati particolari o fatiche scolastiche, quasi inopinatamente, da creature giovanissime, fervide e in-grate. Ma poesie altrettanto importanti si ritrovano tra le carte di insondabili anzia-ni, dimenticati o semiciechi, prossimi al nulla. Per questi due casi bastino rispetti-vamente la Saison di Arthur Rimbaud e l’Elogio de la sombra di Jorge Luis Borges.Ma anche questa indicazione resta tale, non istituisce alcuna regola. Le carte dei poeti possono essere grevi e “sudate” o incredibilmente lievi e donate. Capolavori nati di getto o sortiti da inconcludibili officine di cultura, correzione, rifacimento, in decenni di ritorni e ripensamenti, da flash mentali fulminei, prensili oppure da epoche interiori vaste, ruminate, inesauribili.Ciò che tuttavia sembra condiviso tra dissimili esiti e esperienze, è l’energia del vocabolo, la mera forza (evocativa, acustica, intellettuale) del dettato. Il vigore, la sicurezza naturale, la piacevolezza tattile, lo slancio e la novità del costrutto. La solidità funzionante del meccanismo. L’agilità e la grazia del metro. L’agilità e la grazia della rottura del metro. La felice ortodossia della forma. La felice eresia della forma. L’esattezza balistica dell’immagine. Il coraggio, la robustezza, la finezza, l’azzardo del pensiero.Aspetti, questi tra gli altri, di una giovinezza del verbo che schiva il tempo (della vita), sia se lo anticipa in una precocità persino imbarazzante, sia se lo doppia e protrae in longevità insperate e irridenti.Quando dunque si raccolgono le poesie scritte da giovani, come nel caso di un concorso Under 29, è soltanto per un bizzarro abbaglio che si potrebbe prevedere di avere a che fare con dei principianti, rimuovendo che Meriggiare pallido e assorto, la poesia più antica degli Ossi di seppia, Montale la scrisse a vent’anni o che una rac-colta straordinariamente innovativa e compiuta come Ora serrata retinae di Valerio

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Magrelli viene scritta, se non erro, entro i ventitre anni dell’autore.È quindi lecito prendere la questione del tutto seriamente.

Questa edizione del concorso ha avuto un’adesione vasta e forse inattesa anche da parte degli organizzatori, oltre 1100 i testi presentati, per gli appassionati di cifre; oltre 400 i partecipanti provenienti da ogni parte d’Italia, per il gusto dei critici ge-ografi e toponomasti.Il tutto scrupolosamente numerato, reso anonimo, fotocopiato e suddiviso dall’im-peccabile segretario del premio (e poeta anch’egli) Marco Bini, in tre impressionanti faldoni consegnati, come un dono greco, ai tre giurati di turno, tra cui il sottoscritto.L’impressionante, riferito ai faldoni, vorrebbe rendere tanto la mole del contenitore, la sua preoccupante corpulenza, quanto la progressiva scoperta del suo contenuto.Ma prima di entrare nel merito, è meglio riandare a braccio ai versi di Vittorio Se-reni, in Stella Variabile, Poeti in via Brera dove si trova depositato un ritrattino stra-dale di Giuseppe Ungaretti che tuona agli amici: per fare un poeta occorre tutto il sangue buono e tutto il sangue marcio di un intero secolo, mentre dall’altra parte della strada, annota Sereni (non senza apprezzabile autoironia), di poeti ne stavano passando sei. E ribadisce, per chiudere senza fraintendimenti: sei.Ciò per dire che la poesia nel mondo è sempre stata poca, e i poeti o sedicenti tali, molti. Innumerevoli.(Squilibrio che parrebbe grave, gettando nel terrore chiunque si metta a valutare tra sé la qualità della propria appartenenza a quegli innumerevoli, se non fosse che i poeti, anche e forse soprattutto quelli veri non sanno, difficilmente accettano e raramente sopportano di essere tali).Non deve sorprendere dunque che aprendo il faldone e inoltrandosi a leggerne il contenuto sia stato necessario un notevole e impegnativo lavoro di selezione.Ma concediamoci un’altra premessa, seppure in coda a tutte quelle precedenti.

Sappiamo che Kafka aveva chiesto che alla sua morte i suoi manoscritti venisse-ro distrutti e sappiamo del baule con gli oltre ventisettemila fogli a firma per lo più di eteronomi rinvenuto e aperto solo dopo la scomparsa di Fernando Pessoa; rammentiamo che nessuno nella casa di Amherst sapeva cosa contenessero esat-tamente i quaderni di Emily Dickinson. Pare poi che Federico García Lorca abbia

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lasciato nella redazione di un giornale l’unico manoscritto (l’unico) dei Sonetos del amor oscuro destinandolo a un amico giornalista (che non trovò in ufficio) pochi giorni prima di venire catturato dai franchisti, trucidato, disperso in una fossa co-mune (1936), manoscritto che solo qualche mese or sono (2013) è riemerso dal buio con la lezione originale di quel testo miracoloso. Sappiamo quindi che un cas-setto o un baule, chiuso e dimenticato, un luogo casuale, anonimo, fortuito e del tutto aleatorio, possono ospitare un capolavoro.Ciò per dire che si può tenere una poesia in un cassetto e che, molto probabil-mente, se è tale, pur con una certa fortuna, da quel cassetto uscirà da sola. Si può, talvolta persino si deve, buttare il proprio quaderno tra i rovi, infischiandosene.Ma, per la stessa formidabile refrattarietà alle regole che caratterizza la poesia, si può anche ripiegare in quattro quella stessa poesia, infilarla bellamente in una bu-sta, affrancare e inviare il plico prezioso a un concorso letterario, persino augurarsi di vincerlo. Così avranno pensato, suppergiù, i nostri (oltre) 400 autori, con ovvia soddisfazione degli organizzatori.Ma torniamo al faldone. Dato che i poeti selezionati per questo e-book alla fine sono una ventina su 434 partecipanti, numeri alla mano sono oltre 400 gli autori ac-cantonati. Che dire di loro? A loro? Come giustificarsi, avendoli invitati, di relegarli al silenzio, all’esclusione, al nulla di fatto? Un dato a sua volta così impressionante potrebbe essere indifendibile, appellandosi meschinamente al plumbeo arbitrio della giuria, se non fosse che questa esclusione di massa è stata tanto necessaria quanto plausibile. E direi, senza tremore, onesta.

In una recente intervista il romanziere americano Richard Ford, alla domanda: per-ché scrive? ha dato una risposta a mio avviso perfetta: perché leggo.In effetti si scrive proprio per questo. Almeno in due accezioni:si scrive perché si legge e ammirando la scrittura di altri si vorrebbe in qualche modo fare qualcosa di possibilmente simile seppure diverso e semmai migliore;si scrive perché si legge e non trovando in alcun modo quello che in effetti e nel pro-fondo si vorrebbe leggere, si è infine costretti a scriverlo di proprio pugno, per poi poterselo leggere e rileggere di grazia e in santa pace. Ma le accezioni declinabili della risposta perfetta di Richard Ford potrebbero essere molte altre ancora.Una per tutte: la lettura che nutre la poesia, oltre che letteraria, è esperienziale,

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riguarda il mondo, i fatti, la vita, gli esseri, le cose. La poesia nasce infatti da questo atto di lettura generale. È un atto di lettura generale.

Così, al termine dei lavori di selezione sono infine emersi quei testi che più rispon-devano a questo criterio di poesia intesa dapprima come atto di lettura e quindi come opera di invenzione originale. E sono, a parere mio e direi concorde dei col-leghi giurati, Emilio Rentocchini e Donata Ghermandi, i testi presentati in questo e-book. Tra essi, i tre vincitori: del primo, secondo e terzo premio. A loro sento di poter suggerire da subito che entrare nella triade primo/secondo/terzo significa per ciascuno vincere il concorso, dato che piazzarsi al primo, secondo o terzo posto riguarda più il rompicapo obbligato della giuria, costretta a emettere una gradua-toria, che la concreta quanto ineffabile qualità dei testi.Mi spingo poi ad aggiungere che classificarsi primo è più prestigioso ma anche un pizzico più fortunoso e quindi vagamente immorale che secondo o terzo; che piazzarsi secondo è assolutamente eroico, in quanto a un soffio dal primo. E che piazzarsi terzo (quindi, in un certo senso, ultimo) è forse il risultato più affasci-nante, eccentrico quanto augurale di restituzioni future. E che, pertanto, tutti e tre i vincitori devono essere egualmente, seppur per differenti motivi, lietissimi del rispettivo piazzamento.Le loro poesie infatti, su oltre 1000, ci hanno colpito. Ciascuna diversamente, pecu-liarmente, eppure tutte per la qualità letteraria, la risonanza di modulazioni e ac-centi, l’ampiezza e originalità dei temi, nella continuità di relazioni con vari adden-tellati rintracciabili ma non pedissequi alla poesia contemporanea. Tre autori di cuiabbiamo insomma riconosciuto la voce, la necessità, il tormento, sia nei testi pre-miati che negli altri presentati, a riprova di una certa saldezza raggiunta nel timbro, nello stile. Agli altri autori qui pubblicati va il riconoscimento corale a testi poeti-ci che hanno saputo eludere le sabbie mobili di un intimismo troppo corrucciato, esplicito e confessionale, per tentare e a tratti cogliere una parola poetica capace di consistere sul foglio, affrancata dalle faccende private dell’artefice, per avviarsi da sé al proprio destino, verso gli occhi fraterni ma lucidi e spietati di un lettore.

Paolo Donini

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Computa gli avanzi e poi disperdili. Se ti silenziauna luce di abat-bajour sul lettino d’ospedale(una palpebra si dimena e poi si chiude appena dietrogli occhiali) allora alzati, va’ via. Io ho già detto,per noi, ogni cosa. Non rimandare ancora questotroppo atteso congedo, non parlare, sii dissimilein tutto e per tutto da un uomo.

La voce che chiama – crediminon proviene da nessun abisso, semmai è una beneo male dizione declinata dagli antichi, questo spezzarsidi gambe sull’asfalto, o lo schermo che deflette nella stanzascorzature di piccole figure umane.

Palinopsia si dice quell’attardarsi di immagininella pellicola degli occhi – la vita si compie in ritardo,è un sopravvivere alla dilatazione dei millennimalchiusi. Anche le costellazioni, dicono.

DAMIANO SCARAMELLAPrimo classificato

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NICOLA NUCCISecondo classificato

Le giovani coppie nei tempi della crisi economica

Un letto biancoI nostri corpi incastrati tra le età che non ci corrispondonoNei nostri sguardi che penetrano il nienteI giorni grigiIl volo dei sogni scappati dalle lenzuolaAspettando la fine della guerraSanguinanti, abbattuti, agonizzantiI nostri occhi spentiL’amore fatto per non pensareNon pensare alla disoccupazione, al conto correnteDimenticarsi il figlio sognato nelle nostre americhe mentaliAbbandonati a marcireTra le montagne di curriculum scritti con i fogli grandiPer disboscare meglio le foreste alberate

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Ti dico solo che il mio cuore è tuoPuoi abitarci dentro a tempo pienoAlla faccia della cassa integrazione, dei futuri instabili, della tua [fronte gelidaIo per te ci sarò sempreAnche in questa estate immobileSarò nei tuoi capelli pieni di brina, nella tristezza del tuo corpo giovaneDall’alto del mio profilo esile ti stringo forteMentre sento gli strilli silenziosi dei tuoi sosTi proteggo dai lavori a singhiozzo e dai futuri a intermittenzaTi terrò stretta durante le turbolenze di governoE nelle repentine impennate dello spreadStringerò le tue mani che elemosinano affettoDisegnerò cieli stellati per coprire le nostre pareti spogliateTi abbraccerò per non farti sentire solaMentre ubriachi di sogni le ore ci scivoleranno addosso

Anche a Luglio, il mese più freddo dell’anno

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EUGENIA NARDONETerza classificata

Amatoriali vertigini

Ti amo senza mani.È l’equilibrio impossibile,inaffondabile,di chi tende una corda tra gli occhie non chiede di sapere se,la notte,i topi.È cortoil respiro che squilibrasul tuo trapezio– il mio circo dilettante.Il tuo torace è per megabbia aperta.Si tiene, la mia fronte,alla tua tempia.

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Abbiamo smesso di parlaredello stomaco che brontola,del cambio semiautomatico,del peso dell’anima,del mio traffico telefonicoa singhiozzi.È un silenzio di piume,di bilance al milligrammo,ma niente a che fare con quelle storie cheti peseranno gli organi – poi per capire chissà cosa.È un silenzio da brividi in platea:lo sanno tutti che nonc’è appiglio. Lo sai, tu,che ho staccato le mani?

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ANIL ALESSANDRO BISWAS

Amo i rami più alti dell’albero secolarecosì sottili che diventan cielodove nulla si può posaresolo il pensiero.

Selezionato

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Lamento

Aumenta l’odore forte,di gente che stagna, in un pensiero.L’abitudine che logora, e logora le vesti,di indumenti di uomini e carneche coprono, ma soffocano l’anima.E allora urla, che feste ricordano la gioia,ma è solo piacere, di palato, lo stare attaccati,nel forte odore di branco, nelle piazze, come bestie.Sette volte ci perdoniamoe settanta volte un uomo, beviamo preghiere contortedi salmi neri, come gambe nude di donna,sulla strada, la notte alta.E più nessuno che abbandona,non più piedi sulla terra, ma nel fango di città,di tavole colme come pance di uomini che erano,e aumenta il fetore, di profumo sulla pelle.

SelezionatoANDREA BORIONI

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Tagliava la lama un tempo il pane,ora sono lingue di gomma che si sciolgonocome miele di zucchero, e cariano la ragione;poveri e povero è l’uomo e la sua livida battagliaper la sua misera esistenza.Non c’è silenzio, né rumore,è il suono, il suo senso a scomparire;le parole sono solo bocche che si muovono,come nell’atto del mangiare,e tutto muove lento,come un sogno, la mattina, dimenticato.E muore l’ uomo nel trattenersi in questa vita.

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LUCIA BRANDOLISelezionata

Apparizioni

La madonna è sempre una bella cosaquando ci si presenta, di solitoaccade, ai viaggiatori dei treni,agli abitanti delle Stazioni.

Allevo una piccola anomalia,con tutta la cura della delusione,con l’attenzione dei vintial dettaglio,degli irraggiunti, degli inarrivati.Delle strade parallele al centro,dei circuiti e dei fiumi.Dei letti vuoti passata la tempesta,dei pavimenti dopo lo sforzo della vita,che hanno visto i piedi e la voglia e le caviglie,di tutti gli oggetti che ci hanno osservati nel buioin case improvvisamente nostre.

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Domenica, ore 16

La tua porta è blindata contro il cielo di cenere.Tu russi, e quel russare è la tua speciale risposta al silenzio.Tu resti sdraiato senza idee per la rivoluzione.Ci pensi spesso, stancamente.Non servirà che a logorare la noia di una domenica insapore.Tu mediti se lasciare quel letto per il mondoe ti chiedi perché.Il covo dei tuoi sogni è stato smantellato.

SelezionataALEXIA CAIZZI

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È la spirale di mortedi quiete ogni giornoche incauta segmenta i miei in cauda.

SelezionatoSTEFANO CRISTELLI

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Spiagge abbandonate

E non bastava il sole cocente delle trea farci desistere dalla vita,da quell’inesauribile voglia di giocareche ci ricordavache la spensieratezza era lì,alla nostra portata.Quando i giorni erano troppo belliper poterli distinguere.Quando la notte arrivava troppo prestoper avere sonno.Il non avere un’alternativaalloranon spaventava.Il domani era troppo lontanoper averne pauraL’inverno, in quei giorni, non c’eraOgni giorno eraestatee io non avrei voluto rinunciarea quelle spiagge.

SelezionataJESSICA CROSARA

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Io ometto non mento

Io ometto non mentopreferisco stare lìnell’angolo buioin silenzio vivo- i’m NOT about to boogie! -io ometto non mentopreferisco guardareda ogni luce(stanza-strada-campo)io ometto non mentopreferisco sentirein che metro parlio le vocali che perdi

ma se mento non ometto nullaper l’empatia che va a scatti

SelezionatoNICOLÒ FAUSTIN

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Primavera

Pietà.Questo davvero rimane di tanto.Un corteo funebrenel silenzio d’una giornata di sole.L’affannarsi vanoper un tiepido domani;e l’assurdo toccarsi, in primavera,della foglia che nasce e del nostrocadere,con un tremito impercettibile.

SelezionataDEBORA GAETANO

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Incarto

E quand’anche dell’ultimo sangue prosciugherete il mio corpo,quand’anche poltiglia farete delle mie carni,quand’anche dei miei occhi sarà secca di fiumenon piegherete, non spezzerete che ossa di corponon vi rimarrà che carne sbranata privatemi il fiato, soffocate l’urlovibrate fendente all’ardore che m’animaservitevi pure, vi lascio l’incarto

SelezionatoALBERTO GONZATO

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Quanto è profonda la terra

[...]‘This is the turnip-cycle,’

as it dropped its raw sliced mess,bucketful by glistering bucketful.1

(Seamus Heaney)

Escludo che si debba conoscere il vuotoper amare e riempire.C’è chi sa riempire anche con gli ontanie il crespo della torba, perché nella sua casaormai è sicuro.Ma io non conosco abbastanza bene la naturae le sfumature del verdenon conosco i nomi degli uccelli e gli attrezziper la terra rorida

1“Questo è il ciclo della rapa”, | e giù la cruda farragine affettata | secchiata dopo scintillante secchiata.

SelezionataMATILDE VITTORIA LARICCHIA

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Io tocco l’asfalto, il cemento e a volteil mareguardo i passanti dalla strada che friggedi lavori in corso.Puzza d’umido urla pneumaticobasta ignorare i caschi gialli e le tute lurideÈ un passo, un tubo.Avvolge profondo buio verticalecome la risonanza magneticaDà il tempo di pentirsi e grattare le unghiesulla terra, il vuoto:a dire il vero, è pieno d’ariala stessa che sveglia l’incubo e riporta su,quando l’autoconservazione placa il battito.Per me, non escludo di saper ricreare solo dopoaver conosciuto quanto è profondala terra.

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E anche il merlo che muovesui binari brinatinon sa d’esser soloe moderno.

SelezionatoFEDERICO OTTAVIS

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a F.V.

Avremmo potuto suonarele ottantotto voci del pianoforteavremmo sconfitto le nostre paurenella danza di un quattro mani in re maggiore.Ma ci hanno dato un pianoforte scordatosu cui solo il tempomartella un mi bemolle distorto.In questa stanza rimane soltanto il silenziodel tuo sgabello vuoto.

SelezionataANNA PARADISI

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Il cuore è nera terraun tamburo spento senza foglie.Avido e malatoil mio cuore è una cosa di nessuno.Una patata dissotterrata.È un antro cavo senza sangueuna piazza secca senza passanti.Una casa d’ombre.Il cuore è la sedia senza gambedell’anima senza posa.Un pane rosamangiato per metà.Eppure è sempre lìancora pieno di api impazziteronza nel silenziospaventosamente.Ama senza umiltà.È un cuoreche vive nonostante.La mia stella freddada assecondare e servirecon la speranza che mi chiedadi andargli sul bordo e saltare.

SelezionataANNA PIOTTO

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La donna del lanciatore di coltelli

Composta e ricomposta in un baule d’argentoti nascondi, Donna del Lanciatore di coltelli. Riemergi, brillante alla [platea esaltante:nel tuo vestito d’oro e d’avorio,magre le gambe e d’aria il petto,maschera di fard, cipria e matita.Complice: fedeledella tremante mano di chi t’amasferzandoti contro lame fatali.Perché lo ami? Perché è così che ami?

SelezionataCHIARA PORRETTA

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Guardami così, mondo poeta che non comprendo:come la Donna di un Lanciatore di coltelli.Perché c’è un Uomo che cammina su questa terra,che sa a memoria ogni centimetro della mia vita,è l’uomo che è costretto a non uccidermi per poter vivere,e mi permette di non morire, per viverecome solo sanno fare gli acrobati del Circo,le rondini in primavera, gli alianti e i soffionicon il vento del primo mattino.

È un Uomoche è poesia,che è quello che sono dapprima che io nascessi,che non conosce ragionieri e puri di cuore,che sono i sogni che non mi fanno dormire,che sei tu che scrivi ed io che ascolto,che è il colore che evaporache è il colore che si increspa, si prende gioco di me,che è fard, cipria, matitaoro, avorio e argento, che è Donna,Donna di un Lanciatore di Coltelli.

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Laxolo

Castagno marcio si stacca comeun cerotto dal mio ginocchio,polvere di catrame sotto la pelleinfetta la mia infanzia.Aspetto sotto il nocciòloun nodo da risolvere nel pomeriggio,ogni agosto mi scopre soloin ogni angolo di Laxolo.

Precipitano da Urano cerchi ceruleiche ritaglia il falco pellegrino,pendoli ruvidi le code dei puledri,mosche gigantesche e nelle vaschetrote come ventresche.Uova minuscole di americanine,leghe di rame cingono musi di razze mischiate,verde cinabro il muschio a ovest dei muri.

Retine irritate dal colliriocercano INRI nel corollario rococòdi incisioni della navata romanica,salgo via San Gottardo,Berbenno è sempre d’inverno.Scelgo lo spigolo da cui spunterà l’Alfa nera,rinnovo l’attesa di quarti d’oraimmobile alla ringhiera.

SelezionatoMARCO ROVARIS

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Io amo le tue sponde sottilii nastri tiepidi e bianchiche hai tra le anchel’intimo indietreggiaredelle tue braccia

SelezionataAGNESE SORMANI

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Desideri da dietro un finestrino su una macchina in corsa

Se solo il mio spirito fosse liberoe potessecantare fuori da queste leggi carnali,o se potesse essere assorbito,(completamente)tutto dentro alle leggi biologiche.Qualsiasi cosa.Dico, Qualsiasi cosa.Ma almeno evitare questa condanna al contrasto,questo aver gambe che vannoe mani che pregano,occhi che vannoe pupille che stanno.

Lo lancerei, in ariacome una pallina da baseball,il cuore mio.Lo offrirei al battitore del vento,alla frustata in quinta base delle piogge del nordo alla presa guantatadell’arancio spirito dell’ovest.

Poi sarei tranquillo. Sereno.Niente più battiti di settima.

Avrei fatto il mio.

SelezionatoDANIELE VAGNOZZI

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Primo classificatoDAMIANO SCARAMELLAPalestrina (RM) - 1990

Secondo classificatoNICOLA NUCCITorrita di Siena (SI) - 1987

Terzo classificataEUGENIA NARDONEBadia Polesine (RO) - 1989

Segnalati

ANIL ALESSANDRO BISWASRoma - 1989

ANDREA BORIONIRoma - 1988

LUCIA BRANDOLIRavarino (MO) - 1989

ALEXIA CAIZZICassano delle Murge (BA) - 1989

STEFANO CRISTELLIPergine Valsugana (TN), 1993

JESSICA CROSARAGazoldo degli Ippoliti (MN) - 1994

NICOLÒ FAUSTINPadova - 1991

DEBORA GAETANOFelegara (PR) - 1992

ALBERTO GONZATOSant’Agata Bolognese (BO) - 1987

MATILDE VITTORIA LARICCHIALivorno - 1985

FEDERICO OTTAVISTrino (VC) - 1993

ANNA PARADISIRimini - 1996

ANNA PIOTTOAlagna Valsesia (VC) - 1986

CHIARA PORRETTAFerrara - 1985

MARCO ROVARISBergamo - 1983

AGNESE SORMANITreviso - 1987

DANIELE VAGNOZZIFalconara Marittima (AN), 1991