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RELAZIONE QUADRO CONOSCITIVO

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INDICE Cap. I Orientamenti ed indirizzi pg 3

1.1 Avvio di procedimento 1.2 Il gruppo di lavoro

Cap. II La pianificazione comunale pg 12 3.1 Stato di attuazione del PRGC vigente Cap. III Lo scenario fisico pg 17 4.1 I caratteri geologici, morfologici e idraulici 4.2 Metodologia e dati di base 4.3 Inquadramento geografico e morfologico 4.4 Geologia 4.5 Geomorfologia

4.6 Idrogeologia 4.7 Le carte della pericolosità 4.8 Conclusioni

Cap. IV Formazione e trasformazione del territorio pg 45 2.1 Studio archeologico del territorio

2.2 Evoluzione del paesaggio naturale ed antropico

Cap. V L’anilisi del Paesaggio agrario, naturale ed antropico pg 57 5.1 Studio e metodologia

5.2 Segni naturali ed antropici sul territorio 5.3 Studio della visualità 5.4 L’uso del suolo 5.5 Gli ambiti territoriali omogenei 5.6 Relazione Agro-forestale

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Cap. VI Il sistema insediativo pg 72 7.1 Evoluzione stratigrafica degli insediamenti 7.2 Il tessuto insediativo residenziale 7.3 Tipologie insediative produttive Cap. VII Il sistema infrastutturale pg 75 9.1 Inquadramento 9.2 Classificazione funzionale 9.3 La situazione viaria attuale 9.4 Itinerari ciclabili Cap. VIII Lo stato di salute dell’ambiente pg 91

8.1 Risorsa acqua 8.2 Risorsa aria 8.3 Risorsa energia 8.4 Risorsa rifiuti 8.5 Inquinamento acustico 8.6 Radiazioni non ionizzanti 8.7 Risorsa suolo 8.8 Sistema socio-insediativo

Cap.IX Le caratteristiche socio-economiche e le tendenze evolutive pg 102 6.1 Le tendenze demografiche di lungo periodo (1951-2001) 6.2 La dinamica demografica 6.3 I cambiamenti di residenza 6.4 La struttura per età della popolazione 6.5 La mobilità pendolare 6.6 Situazione attuale, popolazione e trasferimenti di residenza 6.7 La proiezione della popolazione 6.8 La stima del fabbisogno abitativo 6.9 Aspetti economici: l’evoluzione di lungo periodo (1961-1996)

6.9.1 I settori di attività economica nel periodo 1961-1996. Le unità locali 6.9.2 I settori di attività economica nel periodo 1961-1996. Gli addetti alle unità locali 6.9.3 La situazione al 2001 secondo i dati della Camera di Commercio di Lucca 6.9.4 Il Commercio 6.9.5 I Pubblici esercizi

6.10 Il turismo e le Strutture ricettive

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Capitolo I Orientamenti ed indirizzi

1. 1 L’Avvio di procedimento La relazione programmatica rappresenta l’elemento sostanziale nella fase di avvio dell’elaborazione del nuovo strumento generale di governo del territorio denominato Piano Strutturale e raffigura altresì il primo elemento di formazione del nuovo Piano Regolatore Comunale. Il nuovo strumento urbanistico diventa per la comunità un’azione di straordinaria importanza: un episodio di riflessione formativa sul modo oggi più valido di “pensare” il territorio degli anni futuri, di valutarne lo sviluppo, con l’intenzione di soddisfare i reali bisogni di tutti, nella ricerca di scelte e di una programmazione di azioni il più possibile partecipate e condivise. La legge regionale n°5/95 individua la necessità di adeguare i criteri metodologici assunti nel programma di formazione del piano strutturale, sia alle disposizioni normative, sia all’efficacia dell’azione amministrativa, che si attua compiutamente attraverso uno stretto rapporto di collaborazione e sinergia con tutti gli enti istituzionali che, ciascuno per le proprie competenze e con le proprie conoscenze disponibili, interagiscono e concorrono a formare il patrimonio delle conoscenze comuni di partenza, di grande utilità per la definizione degli obiettivi strategici che si intendono perseguire col piano in formazione. E’ opportuno di conseguenza attivare un processo di pianificazione che, attraverso una scala progressiva, favorisca il legame e la sinergia di tre indirizzi strategici: - gli obiettivi da perseguire; - il quadro delle conoscenze disponibili, arricchito dai contributi delle amministrazioni interessate, implementato dalle ulteriori ricerche da svolgere; - la valutazione e l’analisi della sostenibilità delle trasformazioni territoriali previste. La relazione programmatica marca quindi gli intenti e diviene l’inizio di un processo urbanistico che si regge sul confronto di idee riguardanti il contesto ambientale e paesaggistico del territorio comunale, sul riconoscimento delle risorse essenziali presenti, sul loro grado di vulnerabilità e di riproducibilità e, più in generale, sulla capacità di sostenere contemporaneamente sia la difesa del suolo, inteso nel senso più ampio possibile, che le trasformazioni di queste risorse, con la chiara intenzione di poterne compiutamente fruire; sulla possibilità di valorizzare e promuovere la cultura e l’identità dei luoghi per favorire la coesione sociale, rendere saldo il sentimento comune d’appartenenza, con lo scopo di assicurare la crescita del benessere e la qualità delle condizioni di vita dell’intera comunità. DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI INIZIALI DA PERSEGUIRE COL PIANO STRUTTURALE IN RELAZIONE ALLE MUTATE SITUAZIONI SOCIALI ED ECONOMICHE DELLA COLLETTIVITA’ E DEL TERRITORIO:

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- la salvaguardia del patrimonio dell’ambiente naturale e la riqualificazione del paesaggio; - la prevenzione dell’integrità fisica del territorio e la difesa delle risorse dalle situazioni di rischio ambientale; - la salvaguardia e la valorizzazione dell’identità culturale del territorio e della comunità. - la disciplina del mantenimento e dell’arricchimento dei valori del sistema insediativo esistente e degli spazi pubblici attraverso processi di riuso e rivalutazione delle aree costruite, di riqualificazione delle aree dismesse e limitando l’espansione degli attuali limiti urbani; con l’intenzione di accrescere la valorizzazione urbanistica del sistema di differenze tra luogo e luogo. - la salvaguardia delle risorse agro-ambientali, la difesa del territorio rurale e la sua valorizzazione economica. - la razionale riqualificazione delle strutture produttive. - l’incentivazione dello sviluppo economico-produttivo delle strutture turistico-ricettive, commerciali e del terziario avanzato anche attraverso il corretto riutilizzo del patrimonio edilizio ed ambientale esistente; - indirizzi e criteri per il dimensionamento residenziale e le politiche per lo sviluppo sostenibile. - la verifica della corretta distribuzione delle funzioni fra gli insediamenti e tutte le attrezzature e gli spazi di uso pubblico anche tenendo conto della riorganizzazione dei tempi di vita, di lavoro e di mobilità dei cittadini. - la razionalizzazione delle infrastrutture, delle reti tecnologiche, della mobilità delle persone e delle merci. - la valorizzazione del ruolo culturale, produttivo e promozionale del territorio comunale nel contesto più vasto del sistema territoriale versiliese. PROCESSO DI FORMAZIONE DELLE CONOSCENZE COSTITUITO DAGLI ELEMENTI DI CONOSCENZA GIA’ DISPONIBILI E DA QUELLI DA ACQUISIRE ALLO SCOPO DI DEFINIRE IL QUADRO CONOSCITIVO DI RIFERIMENTO. Il processo di formazione delle conoscenze già in possesso del Comune di Pietrasanta raccoglie gli elementi immediatamente disponibili costituiti dagli elaborati tecnici che compongono gli strumenti urbanistici comunali quali: - piano regolatore generale comunale; - variante generale al p.r.g.c.; - piano particolareggiato degli arenili; - piano particolareggiato del centro storico; - piano particolareggiato delle strutture ricettive esistenti; Tali strumenti, attraverso lo studio dei loro obiettivi e delle finalità previste, raccolgono in questa fase iniziale di formazione del piano strutturale, i primi elementi tesi a definire un “progetto” di quadro conoscitivo con l’individuazione delle problematiche salienti ad esso connesse. La restituzione dei dati relativa a questa prima fase e la susseguente rappresentazione di tali contenuti in carte tematiche che sintetizzano la distribuzione sul territorio secondo gli usi delle diverse attività, costituiranno nei successivi studi, un documento di sintesi e di valutazione delle tendenze in atto. In questa fase di avvio degli studi per l’elaborazione del piano strutturale sono individuate alcune questioni urbanistiche di riferimento che rappresentano, all’attualità, alcuni dei

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vincoli o dei nodi problematici per territorio comunale per i quali il piano strutturale dovrà assumere decisioni e criteri strategici di dettaglio. Tali nodi possono essere sintetizzati nelle: - zone bianche già stralciate dalla Regione in sede di approvazione con prescrizioni ad utilizzo come aree agricole soprattutto per il rischio di alluvionabilità delle stesse; - il corridoio infrastrutturale; - comparti urbanistici di Strettoia e Africa-Macelli. PROCESSO DI DEFINIZIONE E VERIFICA DEGLI OBIETTIVI, DEI CRITERI ED INDIRIZZI PROGETTUALI E DELLE RICERCHE CHE IL COMUNE INTENDE SVOLGERE Il complesso di interventi e di ricerche da attivare per la salvaguardia del patrimonio dell’ambiente naturale e la riqualificazione del paesaggio, comprenderà: - la definizione delle linee guida per programmi integrati di recupero ambientale e di tutela delle preesistenze di valore storico-ambientale; - la definizione dei criteri di salvaguardia e riqualificazione delle fasce collinari boscate e della fascia urbanizzata pedecollinare; - la valorizzazione dell’area pianeggiante individuata nel territorio di pianura della campagna urbanizzata; - la definizione dei criteri di salvaguardia del territorio della fascia costiera; - la tutela e valorizzazione dell’area retrodunale costituita dal Parco territoriale della Versiliana; - la tutela e la valorizzazione del sistema ambientale e paesistico della pineta della Casina dei Turchi e del parco privato di Villa Rebua; - la rete dei sistemi fluviali, dei corsi d’acqua, della bonifica idraulica e delle zone umide; - la valorizzazione dei residui valori di carattere naturalistico dell’ex bacino del Lago di Porta e della zona umida della Versiliana; - la piena qualificazione, la tutela e la conservazione dei parchi territoriali di collina: l’area boscata di Palatina a Strettoia, l’oliveto di Capezzano e quella lungo il fondovalle a Valdicastello; - il recupero ambientale della Cava di Ceràgiola e della rimanente parte della Cava Viti di Porta. Il complesso di interventi e di ricerche da attivare per la difesa e la tutela dell’integrità fisica del territorio dovrà garantire l’approvvigionamento idrico, la disponibilità di energia, lo stoccaggio dei rifiuti urbani e la loro depurazione; comprenderà: - il rafforzamento della difesa del suolo per evitare i rischi di frane ed alluvioni con l’aggiornamento ed il completamento delle analisi delle caratteristiche idrogeologiche e della carta dei rischi; - lo studio della dinamica torrentizia in modo da salvaguardare gli insediamenti sul litorale, la spiaggia, le aree retrodunali, le aree pinetate e boscate ; - la salvaguardia degli acquiferi dall’inquinamento; - la salvaguardia degli acquiferi costieri dall’ingressione salina; - la difesa dal fenomeno della subsidenza; - la protezione delle risorse idriche superficiali e sotterranee da fattori di inquinamento ; - il monitoraggio delle aree colpite da incendi e programmi di ripiantumazione;

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- la valutazione delle esigenze di adeguamento e/o integrazione della rete fognaria; - il programma integrato smaltimento RSU della Versilia; - programmi per la definizione dei valori guida della qualità dell’aria e per l’abbattimento dei fattori di inquinamento da rumore. La salvaguardia e la valorizzazione dell’identità culturale del territorio e della comunità, che si riconosce in tutti gli elementi fisici puntuali, lineari, diffusi, percepiti come permanenze, oltrechè spaziali, anche nell’immaginario delle popolazioni e la cui trasformazione rappresenta la perdita potenziale di tale identità. Si attua attraverso la rilettura della struttura e dell’evoluzione storica del territorio con i seguenti indirizzi: - la linea di costa con la spiaggia, le aree retrodunali e boscate residue, la zona umida della Versiliana; - la lettura del patrimonio delle risorse acquifere del territorio comunale e dei loro segni naturali; - le aree agricole di valore storico-ambientale della pianura, le sistemazioni agrarie della collina; - il centro storico di Pietrasanta; - la lettura dei tipi insediativi sparsi e dei nuclei storici minori pedecollinari e collinari; - l’enclave di Strettoia; - il tessuto residenziale dell’area urbana costiera e il sistema del verde e dei “vuoti” costituiti dalle discontinuità urbane; - i parchi e le aree protette; - la lettura dei tipi edilizi, del loro stato di conservazione e delle loro esigenze di restauro e consolidamento; - le testimonianze dell’edilizia rurale tradizionale; - l’architettura religiosa isolata e le strutture minori; - l’architettura connessa alla trasformazione dei prodotti agricoli e le relative sistemazioni idrauliche; - l’architettura preindustriale ed artigianale; - i luoghi di interesse storico-monumentale come l’architettura difensiva e fortificata; la viabilità di interesse storico. La disciplina del mantenimento e dell’arricchimento dei valori del sistema insediativo comprenderà: - l’individuazione e la perimetrazione dei centri e i nuclei storici di antica formazione, anche quelli caratteristici del territorio rurale inglobati nelle recenti espansioni evitando la loro dispersione specialmente lungo le linee di traffico; - il miglioramento delle condizioni di vivibilità e di funzionalità dei centri antichi, garantendo la coesione sociale; - la garanzia dell’accessibilità dei luoghi; - la misurata distribuzione delle attività diverse dal residenziale; - la riqualificazione e la ricomposizione degli insediamenti esistenti, di quelli consolidati, di quelli di recente formazione, delle loro destinazioni d’uso, privilegiando quanto più possibile il recupero delle destinazioni originarie, evitando l’accumulo di funzioni o unicamente di attività terziarie, garantendo il superamento della monofunzionalità e favorendo l’individuazione e la valorizzazione del sistema di differenze fra luogo e luogo;

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- la previsione di un contenuto sviluppo morfologico in orizzontale dei sistemi insediativi nel territorio, piuttosto che in verticale, privilegiando la commistione con valide aree di verde; - gli indirizzi e lo studio di criteri per la disciplina del recupero del sistema insediativo esistente con particolare attenzione al criterio del contenimento della superficie da impegnare nelle trasformazioni territoriali, privilengiando la riorganizzazione del tessuto urbano esistente, evitando ove ciò non fosse possibile, lo sviluppo per sommatoria di “lottizzazioni” monofunzionali; attivando la riqualificazione o la realizzazione di consistenti porzioni di verde pubblico, parcheggi, servizi di carattere generale; - l’individuazione dei parcheggi pertinenziali; - il recupero morfologico e tipologico delle aree dismesse o destrutturalizzate, l’eliminazione del degrado, il riordino morfologico degli insediamenti di recente formazione e dei tessuti radi e informi delle aree di frangia; - l’individuazione delle aree in cui sono o dovranno essere collocate le attività e le funzioni marginali. Il tema delle aree agricole, la salvaguardia e la conseguente conferma e valorizzazione economica, l’attività agricola con funzione di difesa del territorio per contrastarne l’abbandono e la trasformazione del territorio rurale, la tutela e la valorizzazione dei parchi territoriali e delle aree di recupero ambientale; tutto ciò con lo scopo di: - assicurare l’integrità del paesaggio agrario dall’espansione urbana; - articolare il territorio in sottozone in relazione alla funzione agricola di carattere esclusivo o prevalente o a economia debole in funzione della contiguità con gli aggregati urbani; - garantire la tutela e la salvaguardia delle colture arboree specializzate nelle aree pedecollinari e collinari; - confermare e valorizzare il ruolo produttivo agricolo del territorio della pianura; - garantire la tutela e la salvaguardia delle zone agricole di elevato pregio ai fini della produzione agricola e/o di rilevante valore ambientale; - favorire lo sviluppo e la valorizzazione delle colture specializzate e biologiche; - ricollocare le attività specialistiche in ambiti del territorio dotati di infrastrutture e servizi; - criteri per incentivare l’uso di attività umane comunque compatibili con l’uso agricolo anche come presidio per aree degradate o soggette all’abbandono; - riuso e recupero del patrimonio edilizio esistente e negli ambiti misti influenzati col residenziale attuare la separazione delle funzioni ritenute improprie; - lo studio di criteri metodologici per l’attribuzione all’attività agricola di funzioni ambientali e paesaggistiche e di definizione di indirizzi normativi nel settore del turismo rurale e agrituristico. La razionale riqualificazione delle strutture produttive terrà conto dall’esigenza prioritaria di definire le linee guida di una pianificazione di dettaglio sulla base di indirizzi così articolati: - incentivazione e valorizzazione dei comparti di lavorazione artistica, architettonica e artigianale tesi ad una specializzazione peculiare nel contesto versiliese, specialmente riferita al “polo” del marmo favorendo i processi innovativi nel settore industriale con utilizzo di strumentazione a tecnologia avanzata;

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valorizzazione e piena attuazione del progetto strategico del polo artigianale-industriale in località “Portone”, coerentemente con gli obiettivi originari, con la finalità di evitare l’eccessivo frazionamento degli insediamenti produttivi sul territorio. - localizzare nelle aree produttive esistenti spazi ecologicamente attrezzati; - riorganizzazione degli insediamenti industriali esistenti lungo la via per Vallecchia e lungo la statale Aurelia e di quelle aree ubicate in fasce marginali o di compromissione con altre funzioni. Lo sviluppo delle strutture turistiche e commerciali sulla base di indirizzi che: - compiutamente possano valorizzare la vocazione turistica e promozionale del territorio riscoprendone i valori culturali, storici, ambientali, tali da definire migliori e più adatte azioni per lo sviluppo di tale vocazione; - fornire un’alta qualità dell’offerta turistica incentivando la dotazione di servizi e attrezzature specializzate; - ridefiniscano un equilibrio fra tutte le componenti ambientali e insediative che contribuiscono alla lettura del “paesaggio”, inteso come indicatore di sviluppo dell’offerta turistica; - ridurre la tensione sulle aree sovrautilizzate orientando la crescita verso la qualità dell’offerta; - verifichino la sostenibilità delle indicazioni strategiche contenute nei piani particolareggiati delle strutture esistenti ricettive e balneari; - favoriscano, in alternativa alle dismissioni delle strutture più piccole, lo sviluppo di nuove strutture turistico-ricettive anche attraverso la riqualificazione di aree già costruite o attraverso il reperimento di nuove aree anche appositamente riqualificate; - attraverso il progetto del piano delle attività commerciali riescano a riorganizzare la localizzazione, le qualità dimensionali, la compatibilità delle funzioni di tali attività, verifichino inoltre la valutazione degli effetti indotti e la capacità potenziale che tali strutture hanno nel trasformare i tessuti urbani; - verifichino la previsione di strutture per la grande distribuzione commerciale. Gli indirizzi e criteri per il dimensionamento residenziale e le politiche per lo sviluppo sostenibile conterranno: - le previsioni di recupero del patrimonio edilizio esistente privilegiando il completamento e la riqualificazione della struttura insediativa invece della sua espansione; - i criteri per i centri e i nuclei storici e il recupero della funzione abitativa all’interno di essi; - i criteri per le zone edificate di recente formazione; - la valutazione della domanda e dell’offerta abitativa relativa alla prima casa ed alla edilizia convenzionata; - la previsione d’interventi di riqualificazione urbana in tessuti insediativi particolarmente destrutturati o in aree dismesse; - l’individuazione dei tessuti insediativi di frangia o marginali contigui alle aree agricole periurbane; - le verifiche e/o parziali ritocchi sull’attuazione degli interventi di edilizia pubblica sulle porzioni di territorio già individuate; la previsione di eventuali interventi leggeri

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all’interno di frange esistenti o ai margini del tessuto insediativo di recente formazione da riordinare con la previsione di aree per servizi, attrezzature e spazi verdi. La verifica della corretta distribuzione delle funzioni fra gli insediamenti, le attrezzature e gli spazi di uso pubblico anche tenendo conto della riorganizzazione dei tempi di vita, di lavoro e di mobilità dei cittadini, nonché la verifica qualitativa e quantitativa degli spazi di uso pubblico e delle attrezzature di servizio: - con la finalità di garantire l’equilibrio e l’integrazione fra la distribuzione delle funzioni, il sistema degli spazi pubblici e privati e la vita umana di relazione; - tenendo conto del ruolo del capoluogo rispetto ai centri frazionali, accentuando il carattere di sistema costituito da un polo con servizi ed attrezzature di tipo specialistico e un contorno di insediamenti diffusi sul territorio ciascuno dotati di uno standard minimo di servizi decentrati; - verifica qualitativa e dimensionale delle attrezzature di uso pubblico per migliorare l’aspetto del tessuto insediativo; - definizione dei criteri progettuali per qualificare il tessuto edificato, il restyling degli spazi e degli arredi pubblici, garantendo una corretta utilizzazione degli spazi e la definizione delle linee-guida per un piano e/o regolamento del decoro pubblico e degli arredi urbani; - la promozione e valorizzazione dell’idea di città necessariamente più bella, più comoda, più sicura, in una parola “a misura” di tutti i cittadini. Le infrastrutture e il sistema della mobilità. - sulla base delle verifiche compiute sull’attuabilità delle strategie relative al piano urbano del traffico in merito alle componenti primarie del sistema mobilità: la viabilità principale; la ristrutturazione viaria della Sarzanese nel tratto in prossimità e del centro storico; l’asse monti-mare verso la Marina; l’alleggerimento dei volumi di traffico; la pedonalizzazione del centro storico e la riorganizzazione del sistema dei parcheggi e delle z.t.l; la ristrutturazione viaria del viale a mare; l’ampliamento degli itinerari cicloturistici; - la riqualificazione dell’asse longitudinale pedecollinare; - la cura ambientale con aumento delle alberature e la riduzione dei rilevati stradali di forte impatto visivo; - le opere infrastrutturali legate alla viabilità dell’Ospedale unico della Versilia e quelle, da un punto di vista più ampio, della partecipazione al completamento dell’asse intermedio di scorrimento della Versilia; - le opere infrastrutturali connesse alla “storica” previsione di soppressione del passaggio a livello di Montiscendi a Strettoia; - l’analisi delle componenti primarie della mobilità che hanno la potenzialità di condizionare le trasformazioni del paesaggio e dei sistemi urbani, la mobilità di persone e merci su gomma, sia pubblici che privati, il ruolo delle connessioni viarie e dell’assetto strutturale di nodi di interesse sovracomunale. La Valorizzazione del ruolo culturale, produttivo e promozionale del territorio comunale nel contesto del sistema economico-territoriale Versilia: - accentuando il carattere di luogo dove natura, cultura, storia e attività produttive costituiscono un unico sistema organico, qualificando l’immagine stessa della città e spingendola verso i connotati di un grande “atelier”, con risvolti positivi su le stesse

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attività turistiche fortemente incrementatesi negli ultimi anni, tanto da spingere il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali a definire Pietrasanta “l’Atene degli anni 2000”; - attivando il riequilibrio della pressione turistica, favorendo il turismo delle aree collinari al fine di evitare esclusivamente concentrazioni lungo la costa; - individuando itinerari storico-culturali-ambientali; - prevedendo delle strutture turistico-ricettive che favoriscano l’estensione della stagione turistica come attrezzature sportive di qualità, la previsione di un nuovo campo da golf e/o centri turistici integrati con lo scopo di promuovere ed incentivare attività di turismo ecologico e naturalistico. 1. 2 Il Gruppo di lavoro L’elaborazione del Quadro conoscitivo rappresenta una delle parti fondamentali del processo di pianificazione per la costruzione dei nuovi strumenti di governo del territorio previsti dalla L. R. 5/95, rappresenta altresì un patrimonio di conoscenze utili, in generale, per la formazione del Sistema Informarmativo Territoriale (art. 4 L.R. 5/95) ed ha il compito di definire e delineare il progetto di piano. Il Quadro conoscitivo deve risultare completo di tutte le conoscenze necessarie a supportare le scelte strategiche dell’Amministrazione e deve essere integrato da quegli studi e quelle ricerche necessarie al raggiungimento degli obiettivi generali e specifici già dichiarati in sede di avvio del procedimento che possono trovare ulteriore precisazione nella stesura finale del Piano Strutturale. La Giunta Comunale di Pietrasanta, dal gennaio 2002 ha insediato un’apposito Ufficio per la formazione del Piano Strutturale. L’Ufficio è diretto dall’architetto Dante Galli (coordinatore e progettista) ed ad esso collaborano: il geometra Alessandra Genovesi (istruttore tecnico), la signora Giovanna Manzione (funzionario amministrativo), l’architetto Pierpaolo Baldini, l’architetto Maria Antonietta Bardino, l’architetto Eugenia Bonatti, l’architetto Barbara Farina, l’architetto Serena Vezzoni, la dottoressa Francesca Mazzei in qualità di naturalista, la dottoressa in architettura Lorena Ginocchi ed il geometra Andrea Bertolini che hanno curato il progetto grafico di tutto il Piano. Consulente alla progettazione è l’architetto Silvia Viviani. Hanno collaborato con l’Ufficio di Piano per la redazione del Quadro conoscitivo i seguenti professionisti: Quadro demografico e socio-economico Per la Simurg Ricerche il dott. Claudio Salvucci ed il dottor Daniele Mirani Quadro geologico tecnico ed idraulico: dott. geologo Francesco Ceccarelli Quadro infrastrutturale: prof. ing. Antonio Pratelli

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Relazione sullo stato di salute dell’ambiente/verifica effetti ambientali: dott. ing. Walter Bresciani Gatti ed Arpat Dipartimento provinciale di Lucca Studio sulla sostenibilità ambientale: prof. Sergio Signanini Indagini archeologiche: dott.ssa Elisabetta Abela, dott.ssa Susanna Bianchini, con la supervisione della Dott.ssa Manuela Paribeni Soprintendente ai Beni Archeologici della Toscana. Capitolo II

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La pianificazione comunale 2. 1 Lo stato di attuazione del PRGC vigente In riferimento alle Istruz. Tecniche LR 5/95, punto B/6: “ricognizione nel periodo intercorso tra l’avvio di procedimento e l’elaborazione definitiva” Il 13 ottobre 1998 la Variante generale al Piano regolatore del comune di Pietrasanta (conosciuta come Variante Di Pietro) viene definitivamente approvata a seguito degli stralci e prescrizioni effettuate dall’Ufficio competente della Regione Toscana. Da quella data ad oggi la potenzialità di attuazione del piano è stata espressa solo in parte. Riguardo la possibilità edificatoria e quindi l’attuazione del Piano per insediamenti residenziali, l’impasse è stato spesso causato dalla natura propria dello strumento attuativo: in luogo dell’intervento diretto, l’edificazione di gran parte del territorio è subordinata all’approvazione di un Piano Operativo di Comparto (presentato in accordo da i singoli proprietari o un consorzio di essi) , prassi che ha certamente contribuito ad una lentezza o arresto dell’attuazione. Oltre a ciò, di primaria importanza per il territorio di Pietrasanta, va considerato il fatto che gran parte del territorio comunale è risultato potenzialmente a rischio idraulico e alluvionale: proprio in questi anni hanno preso avvio tutta quella serie di interventi finalizzati alla messa in sicurezza del territorio vincolato, interventi che solo con il tempo possono essere portati a termine e permettono il successivo utilizzo del suolo a fini edificatori. La verifica dello stato di attuazione del Piano, cominciata nel gennaio 2003, è stata condotta analizzando quanto previsto nelle Norme Tecniche di Attuazione allegato “A” che corrisponde sostanzialmente a quelle parti del territorio identificate dallo strumento urbanistico vigente come parzialmente edificate e/o ad edificazione discontinua, ad aree che includono una percentuale minima di zone miste a carattere residenziale della Marina ed aree residenziali sature in zona agricola; allegato “B” che comprende i comparti urbanistici nelle zone di destinazione C e R (rispettivamente zone del territorio comunale di nuova espansione e parti del territorio funzionalmente e morfologicamente destrutturate finalizzate all’intervento di ristrutturazione urbanistica); allegato “C” che comprende le zone a destinazione produttiva di completamento e riassetto. Alle previsioni di piano è stato raffrontato quanto effettivamente realizzato attraverso il controllo sulle concessioni edilizie emesse dal 1998 ad oggi. La fase di computo

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Per procedere alla fase di computo è stato necessario aggiornare il vigente PRGC con le Varianti approvate dal 1998 fino al marzo 2003, nelle quali è previsto un cambiamento o una trasformazione del suolo a fini insediativi; al momento rimangono in itinere alcune Varianti, in fase di approvazione, che possono essere ancora inserite nel calcolo definitivo. Sono stati delineati tre criteri di computo: Sup./n° alloggi prevista dal PRG Sup./n° alloggi realizzati Sup./n° alloggi ancora da realizzare I dati risultanti emergono dalle seguenti tabelle riassuntive: Lotti edificabili zone “B”* Previsione di PRGC N° all.: 341 SUL: 57435 Vol.: 346233

Realizzati N° all.:154 Sul.: 25614 Vol.: 152874

Da realizzare N° all.: 187 SUL: 31821 Vol.: 193359

Superfici edificabili zone “C” ed “R”** Previsione di PRGC N° all.: 1008 SUL: 164129 Vol.: 1626923

Realizzati N° all.:248 Sul.: 31760 Vol.: 189346

Da realizzare N° all.: 760 SUL: 132369 Vol.: 1437577

Introd. Con Var. N°all.: 111 SUL: 13460 Vol.: 102051

*Per i lotti di nuovo impianto, con tipologia unifamiliare posti a monte della linea ideale corrispondente alla via Aurelia, via Tremaiola, ex alveo del Tonfano, possono essere realizzate bifamiliari per una SUN superiore a 160 mq, ne consegue che il valore espresso potrebbe risultare puramente indicativo. **Sono considerate anche le zone di recupero e le superf. adibite a Comm/Dir Comparti Urbanistici zone “D2” e “ D3” Previsione di PRGC ST: 262197 SF: 152875 SUL.: 76437

Realizzati ST: 68698 SF: 40050 SUL:28855

Introd. Con Varian.* ST: 398594 SF: 318609 SUL: 186652

*In particolare si fa riferimento alla potenzialità edificatoria espressa dalla Variante Portone-Pontenuovo. Verifica degli standard La verifica della dotazione di standards urbanistici è stata condotta computando il numero di abitanti residenti all’ultimo censimento ISTAT (2001) con l’aggiunta dell’incremento

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turistico desunto dai dati emersi nell’Analisi di Ricettività turistica (Art. 92 PTCP, All.”D” Delib. Reg. 47/90). La dotazione minima di standard per abitante è stata fissata a 18 mq (DM1444/68) Seguendo quanto fissato nelle Norme Tecniche di Attuazione gli standards, ripartiti in Attrezzature di interesse collettivo, Verde attrezzato, Istruzione e Parcheggi, sono stati individuati come “esistenti” e “di progetto”. Per ognuna di queste voci è stata effettuata una ricognizione sul luogo onde verificare lo stato di fatto, per quanto realizzato come previsione dal Piano vigente o come Opera Pubblica introdotta ex novo (lg.1/78). Una cospicua quota delle attrezzature di progetto risultano realizzabili laddove si procede all’attuazione di comparti edificatori, ne consegue che non realizzandosi parte di questi anche i rispettivi servizi risultano al momento non realizzati. Secondo quanto previsto dal DM 1444/68 gli standard sono stati suddivisi in 2 distinte tipologie: Standard di quartiere (zone “A”, “B”, “C” e “D”) Standard territoriali (zone “G” ed “F”) La tabella riassuntiva definisce perciò: Servizi esistenti (prima della Variante generale, attuaz. PRG ed introdotti ex novo) Servizi di progetto non realizzati Calcolo della dotazione per abitante residente e dotazione con incremento turistico Per quanto concerne le attrezzature sanitarie, lo standard riferito alle strutture ospedaliere si intende soddisfatto con la realizzazione dell’Ospedale unico della Versilia. Il calcolo riguardante le strutture sanitarie con carattere di residenza protetta è stato effettuato considerando le uniche tre strutture che attualmente godono di regime di tipo convenzionativo (Villa Ciocchetti, Residence Panorama, Villa Laguidara) Il numero degli abitanti residenti riferito all’ultimo censimento Istat (20.10.01) risulta pari 24.387, l’incremento turistico stagionale (dati desunti dall’analisi Ricettività) risulta pari a 32.675 presenze Standard di quartiere (zone “B” e”C”) Servizi esistenti Di progetto non

realizzati Dotazione per abit. resid

Dotazione con increm. turistico

Istruzione

79148 mq 40590 mq 3.2 mq (4.5 mq/ab)

Attrezzature di interesse collettivo*

61302 mq 42680 mq 2.5 mq (2 mq/ab)

1.0 mq

Verde attrezzato

224531 mq 457569 mq 9.2 mq (9 mq/ab)

3.9 mq

Parcheggi 80971 mq 83429 mq 3.3 mq (2.5 mq/ab)

1.4 mq

*Per attrezzature di interesse collettivo, secondo il citato DM si intende: attrezzature religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi uffici PT, protezione civile ecc.

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Per quanto riguarda la dotazione dei parcheggi, in fase di elaborazione dei dati è risultato maggiormente significativo riportare una tabella specifica nella quale si precisano gli spazi destinati a parcheggi esistenti non previsti dal Piano vigente, ma introdotti come OOPP ex legge 1/78: Esistenti Di progetto non realizzati Di progetto realizzati Introdotti ex novo

20.407 mq

83.414 mq

38.130 mq

22.433,5 mq

Standard correlati ad insediamenti industriali zone “D”* Previsti: 82.000 mq a verde attr. 48751 mq. a parch. pubblico

*comprese variante Portone-Pontenuovo, Variante Coop, Var. comp. 1D5 Standard Territoriali zone “G”ed “F”

Esistenti

Di progetto Dotaz. Per ab. residente

Dotaz. Con increm. turistico

Parco della Versiliana

780.000 mq 31 mq 13.6 mq

Parco Casina dei Turchi

159.600 mq

PARCHI Di pianura

Lago di Porta anpil 749.400 mq

Palatina 81.600 mq

Oliveto di Capezzano

58.000 mq

Fondovalle di Capezzano

74.400 mq

Ceragiola e Papina

227.400 mq

Parco Valdicastello

38.000 mq

Di collina

Cava Viti 86.350 mq

ATTREZ. SANIT. Osped. Lucchesi* ASL

Dismesso 8980 mq

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ISTITUTI SCOLAST. SUP.

Istit. d’Arte Stagio Stagi Ist. Tecnico Lazzeri Centro Formaz. Prof. Osterietta Tot.

6726 mq 7898 mq 3570 mq 18194 mq

2430 mq

0.7 mq

*Standard soddisfatto con la realizzazione del nuovo Ospedale unico della Versilia Capitolo III Lo scenario fisico a cura del Dott. Geol. Francesco Ceccarelli

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3. 1 I caratteri geologici, morfologici ed idraulici Le indagini sono state eseguite in ottemperanza alla: Deliberazione n. 94/85 del Consiglio Regionale della Toscana ("Direttiva sulle indagini geologico-tecniche di supporto alla pianificazione urbanistica"); Deliberazione Regionale n° 230 del 21 giugno 1994 ("Provvedimenti sul rischio idraulico ai sensi degli artt. 3 e 4 della L.R. 74/84 “Adozione di prescrizioni e vincoli. Approvazione di direttive”"); Norme del PTC della Provincia di Lucca delibera di C.P. n.189 del 13/01/2000 - pubblicato sul B.U.R.T. n° 4 del 24/01/2001; Norme del P.I.T. Deliberazione 25 gennaio 2000, n° 12 Approvazione del Piano di Indirizzo Territoriale - Art. 7 L.R. 16 gennaio 1995, n° 5 (Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n° 10 del 08/03/2000). Lo studio interessa tutto il territorio comunale di Pietrasanta, la cartografia riprodotta è in scala 1:10000 su base cartografica scala 1:10000 CTR. Per alcuni centri abitati collinari è stata riprodotta una cartografia di dettaglio scala 1:4000. Per il rilevamento di campagna e le varie indagini è stata utilizzata la cartografia digitale scala 1:2000 (AGES) di proprietà del Comune di Pietrasanta, la quale per accuratezza e scala rappresentativa, è ritenuta più idonea rispetto alla Carta Tecnica Regionale scala 1:10000. Gli elaborati cartografici (tranne la carta delle pendenze) sono stati riprodotti su base cartografica CTR scala 1:10000 per uniformare i dati delle indagini geologiche con le altre elaborazioni cartografiche del Piano Strutturale. Si rileva infine che il Comune di Pietrasanta non rientra nelle aree classificate sismiche dalla Legge 2 febbraio 1974, n. 64 ("Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche"). 3. 2 Metodologia e dati di base Lo studio è suddiviso in due parti per la stesura delle quali si è utilizzato sia la documentazione già presente in bibliografia relativa al territorio versiliese e del Comune di Pietrasanta, sia rilievi ed indagini eseguite per la stesura del Piano Strutturale. Sono state redatti sia elaborati di testo che elaborati cartografici, possiamo distinguere: elaborazione delle carte di base elaborazione delle carte della pericolosità Le conoscenze di base sono rappresentate nelle tavole: Tav. 14a carta dei dati di base, scala 1:10000;

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Tav. 14b carta geologica e sezioni geologiche, scala 1:10000; Tav. 14c carta geomorfologica, scala 1:10000; Tav. 14d carta idrogeologica (isofreatiche mese di aprile), scala 1:10000; Tav. 14e carta idrogeologica (isofreatiche mese di settembre), scala 1:10000; Tav. 14f carta litotecnica e sezioni litotecniche, scala 1:10000; Tav. 14g carta delle pendenze, scala 1:10000; Tav. 14h carta delle aree alluvionabili, scala 1:10000; Tav. 14l carta delle opere idrauliche per la messa in sicurezza del Torrente Baccatoio, scala 1:10000; Tav. 14m carta delle deperimetrazioni delle aree alluvionabili a seguito degli interventi di messa in sicurezza idraulica del T. Baccatoio, scala 1:10000; Sono stati inoltre riportati i diversi vincoli sovracomunali nella: Tav. 14i carta dei vincoli sovracomunali, scala 1:10000; Dall’analisi e sintesi delle carte suddette sono state realizzate le carte della pericolosità. In questi elaborati è fornita una zonizzazione del territorio dove sono rappresentate, in un quadro unitario, tutte le maggiori problematiche relative alle differenti pericolosità geologiche-idrogeologiche che caratterizzano il territorio del Comune di Pietrasanta. Sono state riprodotte: Carte della Pericolosità Geologica Tav. 14n carta della pericolosità geomorfologica, scala 1:10000; Tav. 14o carta della pericolosità delle colate detritiche torrentizie, scala 1:10000; Tav. 14p carta delle aree potenzialmente vulnerabili alla subsidenza, scala 1:10000; Tav. 14q carta della pericolosità geolitotecnica, scala 1:10000; Carta della Pericolosità Idraulica Tav. 14r carta della pericolosità idraulica, scala 1:10000; Tav. 14s.a Carta della Pericolosità Idraulica a seguito della deperimetrazione del T. Baccatoio per la realizzazione della Ia Cassa di espansione in località Falascaia, scala 1:10000; Tav. 13s.b Carta della Pericolosità Idraulica a seguito della deperimetrazione del T. Baccatoio per la realizzazione dei rifacimenti arginali a valle della SS1 Aurelia e del ponte sul viale Roma, scala 1:10000 Tav. 13s.c Carta della Pericolosità Idraulica a seguito della deperimetrazione del T. Baccatoio – messa in sicurezza per TR 200 anni, scala 1:10000; Carta della Vulenerabilità degli Acquiferi all’Inquinamento Tav. 14t carta della vulnerabilità dell’acquifero all’inquinamento, scala 1:10000. La carta dei dati di base raccoglie le informazioni che in fase di stesura del quadro geologico sono risultate utili per investigare il territorio Comunale. I dati raccolti sono cartografati e distinti nella Tavola 1 carta dei dati di base scala 1:10000, l’allegato A restituisce il dettaglio dei dati. Sono stati riportati in cartografia: prove penetrometriche dinamiche, prove penetrometriche statiche, sondaggi a stratigrafia nota, sondaggi a stratigrafia non nota, stese sismiche, pozzi comunali, pozzi utilizzati per lo studio dell’acquifero della Versilia, pozzi utilizzati in altri studi, piezometri, rilievi geomeccanici-strutturali, misure stratigrafiche. Sono stati, inoltre,

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aggiunti dati relativi all’idrografia e alle opere idrauliche competenti al Consorzio di Bonifica Versilia-Massaciuccoli. I dati reperiti provengono dagli archivi del geologo Francesco Ceccarelli, della società SALT, della VEA, del Consorzio Bonifica Versilia-Massaciuccoli, nonché del Comune di Pietrasanta. 3. 3 Inquadramento geografico e morfologico Il Comune di Pietrasanta è suddiviso in due isole separate dai comuni di Seravezza e Forte dei Marmi; l’isola di “Pietrasanta”, dove sorge la città, che si affaccia sul mare Tirreno settentrionale per un tratto di costa di circa 4.25 km e confina con il Comune di Camaiore a sud est, il comune di Stazzema a nord est ed i comuni di Seravezza e Forte dei Marmi a Nord, e l’isola di “Strettoia” delimitata dai comuni di Seravezza e Forte dei Marmi a sud e dai comuni di Montignoso e Seravezza a Nord. Il Territorio del Comune di Pietrasanta è morfologicamente caratterizzato da terreni di pianura costituiti dalla piana alluvionale costiera e dalla piana sabbiosa di retroduna e da un’area collinare montana che raggiunge la quota massima sul livello del mare di circa 630 metri con il monte Castellaccio. Le principali aste idriche sono quelle del Fiume Versilia, che scorre a confine con i comuni di Seravezza e Forte dei Marmi e del Torrente Baccatoio con i suoi affluenti (Gora degli Opifici e Torrente Traversagna) che interessa la parte di territorio posta a confine con il comune di Camaiore. A questi si associano corsi d’acqua minori quali il Fosso Fiumetto/Tonfano e il torrente Bonazzera nell’area di Strettoia oltre a tutti quei canali di bonifica di acque basse che interessano principalmente la piana costiera. Il quadro conoscitivo geologico per il Piano Strutturale è lo strumento che deve definire in maniera più oggettiva possibile le caratteristiche intrinseche del territorio espresse attraverso le carte della pericolosità. Queste carte sono il risultato di una sintesi ragionata delle carte di base: carta dei dati di base, carta geologica e sezioni geologiche, carta geomorfologica, carta idrogeologica, carta litotecnica e sezioni litotecniche, carta delle pendenze, carta delle aree alluvionabili, carta dei vincoli sovracomunali. 3. 4 Geologia Pietrasanta sorge al margine meridionale della finestra tettonica delle Alpi Apuane. Gran parte del territorio collinare e montano è caratterizzato da formazioni della Unità di Massa e della Falda Toscana, una piccola porzione del territorio comunale interessa le formazioni dell’Autoctono (Auctt.) Apuano. La parte di pianura è interessata da depositi alluvionali o marini olocenici, quaternari ed attuali. Per comprendere meglio il complesso quadro geologico dell’area oggetto di studio, è opportuno descrivere brevemente la geologia e la tettonica dell’intero complesso Apuano. Cenni sull’evoluzione dell’Appennino Settentrionale

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L’Appennino settentrionale è una catena a falde derivata dalla deformazione terziaria di un settore del paleomargine continentale della microplacca adriatica prospiciente al Dominio Oceanico Ligure (Boccaletti et al., 1971 ; Alvarez et al., 1974 ; Kligfield, 1979). La deformazione compressiva a partire dal Miocene si è propagata da occidente ad oriente fino all’Adriatico (Merla, 1952). Contemporaneamente nella parte interna della catena si è avuta una importante fase distensiva che ha interessato le precedenti strutture compressive. L’intensità della fase distensiva aumenta da nord verso sud. Attualmente, strutture distensive interessano la parte occidentale dell’Appennino settentrionale e quelle compressive il margine esterno della catena lungo la Pianura Padana e l’Adriatico (Carmignani et al., 1993). Modelli geodinamici diversi e contrastanti sono stati formulati per spiegare la coesistenza tra tettonica compressiva e distensiva che interessa l’Appennino settentrionale, e che sta tuttora migrando da ovest verso est attraverso la penisola italiana. Domini paleogeografici Tradizionalmente vengono distinti dall’interno verso l’esterno i seguenti domini (Carmignani et al., 1993): Dominio Ligure comprensivo di relitti di basamento oceanico e relative coperture sedimentarie pelagiche del tardo Giurassico-Cretaceo inferiore (per esempio Unità del Bracco) e flysch cretacei-paleogenici scollati dal loro substrato (per esempio Flysch ad Elmintoidi) Dominio Subligure documentato solo da una successione sedimentaria paleogenica (Unità di Canetolo), profondamente tettonizzata, e di cui non si conosce né l’originaria ampiezza, né la natura del suo substrato. Dominio Toscano, attualmente documentato da successioni deformate a livelli strutturali differenti: Dominio Toscano Interno (Falda Toscana) che comprende termini da anchimetamorfici a non metamorfici di età Trias superiore al Miocene inferiore. Dominio Toscano Interno (Autoctono Auctt.) che presenta un metamorfismo in facies di scisti verdi, che oltre ad una copertura mesozoica e terziaria comprende anche formazioni paleozoiche del basamento ercinico. L’Unità di Massa, tettonicamente interposta tra la Falda Toscana e l’Autoctono Auctt., è costituita esclusivamente da termini paleozoici e del Trias inferiore e medio, e potrebbe rappresentare il substrato della Falda Toscana scollata e avanscorsa, oppure derivare da un dominio intermedio tra i domini toscani interno ed esterno, di cui non si conosce la copertura mesozoica e terziaria. Unità del Monte Cervarola costituita esclusivamente da un flysch del Miocene medio, deposto in un bacino al fronte dell’alloctono e attualmente in parte accavallato sul Dominio Umbro-Marchigiano. Il suo substrato, intermedio tra il Dominio Toscano e il Dominio Umbro-Marchigiano, non affiora nell’Appennino settentrionale. Dominio Umbro-Marchigiano che costituisce un "fold belt" scollato a livello delle evaporiti triassiche affiorante in Umbria e Marche, ed è sepolto dalle coltri liguri sulla trasversale dell’Appennino tosco-emiliano. Rappresenta la zona più esterna della catena con una successione sedimentaria che arriva sino al Miocene superiore. Evoluzione Paleogeografica e Tettonica

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Nell’unità di Massa affiorano rocce di età medio triassica che costituiscono una successione vulcano-sedimentaria interpretata come testimonianza di un tentativo di rifting precursore di quello del Trias superiore - Giurassico inferiore che comporterà l’apertura della Tetide mediterranea. Questa successione è ricoperta da depositi clastici da fluviali a costieri (Verrucano), che mostrano marcate e brusche variazioni di spessore: gli spessori più elevati caratterizzano l’Unità di Massa, mentre nell’Autoctono Auctt. La formazione è ridotta o assente (Carmignani et al., 1993). Dalla successione stratigrafica che va dal Trias superiore al Paleogene, si riflette l’evoluzione di un margine continentale passivo, in cui si possono distinguere due fasi principali: una fase sin-rift ed una post-rift. La fase sin-rift di subsidenza iniziale, va dal Trias superiore al Lias superiore - Dogger inferiore (?), vede successivamente lo sviluppo di una piattaforma carbonatica (Carnico terminale Norico/Lias inferiore), la sua frammentazione e il progressivo annegamento (Hettangiano superiore - ? Pliensbechiano inferiore), infine si ha l’instaurarsi di una sedimentazione (emi)pelagica, con facies controllate da "block faulting" e subsidenza differenziale. Durante la fase post-rift (subsidenza termica) si assiste ad un graduale aumento delle profondità di deposizione e ad una graduale omogeneizzazione di facies che dal Malm interessa anche i domini oceanici (Diaspri, Maiolica/calcari a Calpionelle). A partire dalla fine del Cretaceo inferiore l’evoluzione del dominio oceanico comincia a differenziarsi da quella dei domini del margine continentale; nel primo si ha deposizione di flysch, mentre nei secondi si passa da una deposizione calcarea ad una prevalentemente argillitica. Lo studio paleogeografico è effettuato solamente in base agli strati affioranti, lo stile strutturale della catena implica che i domini documentati fossero separati da spazi difficilmente valutabili, ma sicuramente vasti. Questo fa ritenere che di domini debbano essercene degli altri, che purtroppo non affiorano in superficie. Infine l’evoluzione sedimentaria dell’Oligocene superiore - Neogene è dominata dalla deformazione dei domini toscano e umbro marchigiano. L’evoluzione tettonica delle Alpi Apuane ha registrato durante il terziario una inversione tettonica da compressione a distensione (Carmignani et al., 1993). Questa transizione può essere attribuita al cambiamento della dinamica interna dovuta ad un cuneo orogenico (Platt, 1986). Secondo questo modello, il cuneo di accrezione altro non è che il complesso di accrezione-subduzione, che si deforma internamente sino ad assumere forme in equilibrio con le forze di subduzione e gravitative cui è interessato. L’accrezione di nuovo materiale ispessirà il cuneo, che reagirà al nuovo equilibrio distendendosi internamente. Questa distensione è evidenziata da faglie listriche dirette che si radicano in una zona a maggior duttilità, producendo strutture simili a quelle note nei "core complex" nordamericani. Adottando il modello del "core complex", Carmignani e Kligfield, (1990), articolano l’evoluzione dell’Appennino settentrionale in 4 stadi principali: Fase di stabilità del cuneo orogenico (Cretaceo-Eocene). Il cuneo orogenico si è formato in conseguenza della collisione del blocco sardo-corso e la microplacca adriatica. Collisione tra le microplacche e rapido ispessimento del cuneo orogenico (Oligocene superiore). È in questa fase che si sono formate le strutture compressive dei complessi metamorfici della Toscana con età radiometriche di 27 Ma nelle Alpi Apuane (Kligfield et al., 1986). Fra il tardo Oligocene e il Miocene inferiore continua la sovrapposizione di elementi di crosta continentale portando alla formazione di antiformi di elementi imbricati.

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Collasso gravitativo distensivo della parte superiore del cuneo sovraispessito (Miocene inferire), in conseguenza della fine del movimento convergente tra le due placche (placca sardo-corsa e microplacca adriatica). Rifting dell’Appennino settentrionale ed apertura del Mar Tirreno. Una fase distensiva si verifica a partire dal Tortoniano sino al Pleistocene, interessante tutto il margine interno dell’Appennino settentrionale, e caratterizzata da faglie dirette ad alto angolo. Questa fase porta allo sviluppo dei graben del Serchio, della Versilia e dei bacini neogenici della Toscana meridionale. Questo processo è contemporaneo alla apertura del Tirreno meridionale (Kastens & Mascle, 1990). A nord la tettonica distensiva a basso angolo è riferibile ad almeno 14Ma, in base alle datazioni K/Ar nel complesso metamorfico (Kligfield et al., 1986), mentre quella a alto angolo è databile solo in base a dati stratigrafici al Villafranchiano per la presenza dei depositi continentali dei graben della Garfagnana e del Magra. Breve discussione sulla tettonica del complesso metamorfico Tradizionalmente il complesso metamorfico Apuano è diviso in: Unità di Massa, metamorfica, comprendente terreni paleozoici e triassici affioranti al margine sud-occidentale del massiccio ; Autoctono Auctt., metamorfico, affiorante nella parte centrale e nord orientale del massiccio e comprendente la parte più profonda del complesso metamorfico ; Unità delle scaglie di Stazzema e Unità delle Panie, che affiorano all’estremità sud orientale della catena Apuana, e rappresenterebbero la copertura mesozoica e terziaria dell’Unità di Massa. Carmignani et al., (1993), preferiscono dividere semplicemente in Unità di Massa e Autoctono Auctt., considerando le scaglie delle sottounità dell’autoctono. In tutto il complesso metamorfico Apuano si riconoscono due eventi deformativi principali (Carmignani et al., 1980 ; Carmignani & Kligfield, 1990): - una deformazione compressiva duttile (D1) legata alla collisione continentale del basamento sardo-corso con il basamento africano (microplacca adriatica) ; - una deformazione distensiva duttile (D2) che porta al riequilibrio isostatico della crosta ispessita. La paragenesi sincinematica della fase D1 è costituita da miche chiare (muscovite, paragonite e pirofillite), biotite, clorite, quarzo e feldspati. Durante i primi stadi dello sviluppo della fase D2 cristallizzano cloritoide ed epidoti nell’Autoctono e cianite, cloritoide ed epidoto nell’Unità di Massa. Il complesso metamorfico Apuano è formato dal basamento e dalla copertura della microplacca adriatica, deformati e metamorfosati (facies degli scisti verdi). Questo complesso e sormontato da unità di copertura (Falda Toscana) con metamorfismo prevalentemente anchizonale (Cerrina Ferroni et al., 1983) scollate dal loro basamento e unità derivate dal dominio Oceanico Ligure-Piemontese, costituite da ofioliti e dalla loro copertura sedimentaria (Liguridi). La distensione si realizza nell’Autoctono Auctt. prevalentemente mediante zone di taglio duttili, la cui giacitura è controllata dalle precedenti strutture compressive, mentre nella Falda Toscana e nelle Liguridi mediante faglie dirette e rotazione di blocchi. I due complessi sono separati da un orizzonte continuo di cataclastiti costituite da elementi metamorfici e non (Calcare Cavernoso) che ha funzionato come thrust NE-vergente nell’Oligocene superiore e come superficie di scollamento durante la tettonica distensiva miocenica e più recente (Carmignani & Klingfield, 1990).

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Riassumendo possiamo considerare l’intera struttura del complesso metamorfico Apuano come un core complex (Coli, 1989), in cui rifacendoci alla terminologia classica di questi complessi, il Complesso metamorfico rappresenterebbe la lower plate, la Falda Toscana e le Liguridi la upper plate, separate dall’extensional detachement fault marcata dal Calcare Cavernoso. Dagli elementi di carattere geologico e strutturale, Carmignani et al., (1993), suggeriscono che il complesso metamorfico Apuano sia stato deformato in una zona di taglio il cui limite superiore è rappresentato dal contatto con la Falda Toscana, e quello inferiore, non affiorante, da zone più esterne al Dominio Toscano sulle quali presumibilmente le Apuane si accavallano. Da una analisi delle vergenze delle diverse strutture, dai contatti tettonici tra la Falda Toscana e il basamento metamorfico e dalla scistosità della fase D1, si ricava che la Falda Toscana debba avere una provenienza da SW durante la fase compressiva, a conferma dell’interpretazione classica della struttura appenninica, che prevede infatti un impilamento di unità alloctone verso NE. La tettonica distensiva duttile Apuana è stata riconosciuta su una trasversale di una ventina di chilometri e ragionevolmente riflette un assottigliamento a scala dell’intera crosta. La piana Versiliese La piana Versiliese è una pianura di coni di deiezione olocenici verosimilmente poggianti a loro volta su una successione di coni di deiezione pleistocenici dei quali non si conosce il fondo ma una sommaria divisione in più cicli, come suggerito dalle perforazioni eseguite nella bassa versilia. I cicli evidenziati sono relativi alle sei fasi Wurmiane alternate in fasi continentali e marine, a queste fa seguito la fase olocenica con lo sviluppo della trasgressione versiliana che si è spinta sino a modellare una falesia sui coni di deiezione al limite occidentale dell’alta versilia e in corrispondenza dell’area di Massaciuccoli. Questo episodio di massima trasgressione marina ha corrisposto con la fase atlantica dell’Olocene culminata circa 5000 anni fa. Tali conoidi di deiezione molto piatti, in contrasto con la ripidità delle catene montuose retrostanti, possono sfuggire ad un visitatore non esperto, tanto più che l’intensa urbanizzazione dell’intera Versilia non agevola di certo la loro visione. Le prospezioni geofisiche, eseguite in una serie di campagne oceanografiche per conto del CNR nel mare prospiciente la Versilia e quelle eseguite dall’AGIP nella pianura di Pisa, hanno messo in evidenza che la pianura versiliese corrisponde solo al fianco più orientale di un esteso bacino di sprofondamento che si estende tra le Alpi Apuane e i Monti Pisani verso est, i Monti Livornesi verso sud e le dorsali sommerse di Meloria e di Maestra verso ovest. Questo bacino raggiunge profondità di 2000 metri. Essendo continuamente rifornito di grandi quantità di sedimenti detritici (sabbie, argille) è verosimile ipotizzare che la profondità delle sue acque non sia mai stata notevole. Al rifornimento di questi sedimenti hanno contribuito essenzialmente le Alpi Apuane, in forte erosione, e almeno dal Pleistocene medio in poi i fiumi Magra, Serchio ed Arno, caratterizzati da ampi bacini imbriferi. L’andamento della linea di riva ha spesso subito delle variazioni notevoli, conseguenza delle ingressioni e regressioni marine che si sono da sempre succedute, causate essenzialmente dalle diverse condizioni paleoclimatiche. L’ultima grande ingressione risale a circa il 5000 a.C. a seguito di una glaciazione, visibile mediante una falesia, che conserva ancora i suoi tratti peculiari, nella area a nord della pianura versiliese. Nel periodo postglaciale successivo si sono sempre verificati fenomeni di ingressione e regressione marina ma di entità più limitata.

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In seguito, in area marina, è emerso un cordone litoraneo che ha separato il mare aperto da una successione di aree umide interne, verosimilmente in un primo tempo lagunari e in seguito lacustri e/o palustri. Il massimo sviluppo areale della bassa Versilia si è avuto tuttavia dopo la formazione di questo lido, in gran parte in epoca post-romana, e deve, come detto, la sua progressione all’incremento dell’apporto solido dei corsi d’acqua in specie ovviamente a quello dei fiumi maggiori: Magra, Serchio ed Arno. Geologicamente la fascia costiera risulta costituita da alluvioni formati da ghiaie e ciottoli derivanti dai rilievi retrostanti e formanti i conoidi di deiezione suddetti, che per la bassa pendenza e la forte antropizzazione risultano di difficile individuazione, spostandoci verso mare si passa a sabbie costiere con locali livelli di limo. Tali sabbie risultano rimaneggiate per azione essenzialmente eolica. Riassumendo, la successione stratigrafica nella piana versiliese può essere schematizzata come segue: torbe attuali; sabbie superiori; argille e argille torbose; sabbie marine inferiori; argille continentali; conglomerato e cemento carbonatico; ciottoli e ghiaie intercalati a livelli di argille. Quadro geologico del comune di Pietrasanta La carta geologica riprodotta è frutto dei numerosi dati esistenti sull’area; parte dagli studi del geol. Renzo Zia per il P.R.G.C. del 1985, dai successivi studi di altri professionisti effettuati per conto del Comune di Pietrasanta su vari ambiti, dalla carta geologica del Parco delle Apuane, nonché dal rilievo geologico effettuato dallo scrivente e dai collaboratori in occasione del presente lavoro. Le formazioni utilizzate per descrivere la piana costiera ed i depositi recenti – attuali del comune di Pietrasanta sono:

rv Accumuli di detrito anche a grossi blocchi, prevalentemente a valle di cave di pietra ornamentale, costituiti dal materiale di sfrido di coltivazione. Ravaneti. Attuale

dt Depositi di detrito in genere

s Depositi di sabbie di costa attuali

ds Depositi eolici e di spiaggia. Sabbie di dune costiere. Olocene

al Depositi alluvionali attuali e recenti. Ghiaie eterometriche, sabbie e limi soggette ad evoluzione con ordinari processi fluviali. Olocene

at Depositi alluvionali terrazzati. Conglomerati e ghiaie eterometriche, sabbie e limi, in più ordini di terrazzi. Quaternario

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t Torbe e depositi di lago.

La parte montana e collinare è costituita sia da formazioni non metamorfiche della Falda Toscana, che da formazioni metamorfiche sia dell’Unità di Massa che dell’Autoctono Auctt. in contatto tettonico tra di loro. Formazioni della Falda Toscana

cv Calcare Cavernoso e Brecce Poligeniche, costituito da calcari dolomitici, dolomie grigie con struttura “a cellette” e dolomie “cariate”. Età Norico – Retico;

cm Calcare Massiccio, si tratta di un calcare a varie tonalità di grigio, anche molto scuro, che assume toni più chiari verso l'alto. In prevalenza massiccio, la stratificazione si presenta solo verso la parte alta. Brecciatura e fessurazione vi sono diffuse con fenomeni di soluzione e di "cariatura" comminuta per circolazione idrica. Età Hettangiano;

Formazioni dell’Unità di Massa

fs Filladi sericitiche costituite da filladi quarzitico-muscovitiche grigie, grigio verdi, violacee alternate a filladi scure. Carnico.

mc Marmi a crinoidi del ?Anisico superiore – Ladinico nella zona di Strettoia

fn Filladi nere, Porfiroidi e scisti porfirici e Filladi inferiori del basamento paleozoico nella zona di Strettoia;

Basamento paleozoico pfm Metarenarie quarzose quarziti e quarziti filladiche Ordoviciano superiore ?

flm Filladi inferiori, filladi quarzitico muscovitiche clorotiche con alternanza di quarziti chiare, Cambrano ? - Ordoviciano?

Formazioni dell’Autoctono Auct.

Cs Calcari selciferi, matacalcilutiti grigio scure, con liste e noduli di selce, e rari livelli di metacalcareniti, in strati di potenza variabile, spesso alternati con strati più sottili di calcescisti e filladi carbonatiche grigio scure con pirite e ammoniti piritizzate. Lias Medio-Superiore.

m Marmi, marmi con locali livelli dolomitici. Lias inferiore (?medio)

Basamento paleozoico fl Filladi inferiori, ovvero filladi quarzitico-muscovitiche, spesso cloritiche, con

alternanze di quarziti e più raramente filladi grafitiche. Cambriano (?) – Ordiviciano (?).

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Una visione d’insieme dei rapporti tettonici e stratigrafici tra le diverse formazioni affioranti nel comune di Pietrasanta è rappresentata nella carta geologica scala 1:10000 allegata alla presente relazione (Tav. 14b). In tale carta sono riportati anche lo schema tettonico, lo schema stratigrafico e le sezioni rappresentative. Lo schema tettonico illustra i limiti tra le diverse unità tettoniche precedentemente descritte, lo schema stratigrafico riporta le relazioni stratigrafiche tra le diverse formazioni rilevate, infine le sezioni geologiche illustrano una interpretazione delle relazioni verticali della crosta terrestre superficiale. 3. 5 Geomorfologia La carta geomorfologia descrive le forme del rilievo e la loro dinamica considerando l’effetto della struttura, degli agenti endogeni ed esogeni, l’evoluzione e l’età del rilievo, la distribuzione spaziale delle differenti forme ed associazioni di forme. La rappresentazione della carta geomorfologia è alla scala 1:10000 più stralci di dettaglio alla scala 1:4000 di alcune porzioni di territorio collinare. La stesura della carta è stata effettuata applicando la seguente metodologia: raccolta dei dati bibliografici relativi a studi e rilievi precedenti; analisi di foto aeree (volo di dettaglio del 17/11/2001 costituito da sette strisciate e 94 foto) mediante stereovisore; verifica e rilievo di dettaglio in campagna delle evidenze rilevate ai punti precedenti. Fonte importante di dati per la stesura degli elaborati cartografici e delle relative relazioni, deriva dalle informazioni da “interviste” con gli abitanti delle varie frazioni, i quali spesso, ci hanno informato di fenomeni d’instabilità, ruscellamento diffuso ed altro, informazioni poi valutate mediante rilievo di dettaglio. La legenda della carta geomorfologia è distinta in forme, processi e depositi dovuti alle acque superficiali, forme, processi e depositi dovuti alla gravità, forme, processi e depositi dovuti all’azione del mare e del vento, forme, processi e depositi di origine antropica. Dal punto di vista geomorfologico possiamo distinguere il territorio del comune di Pietrasanta in due sistemi: il sistema costiero e di pianura alluvionale ed il sistema collinare e montano. Sistema costiero e di pianura alluvionale La carta geomorfologica mette in evidenza la presenza di una spiaggia attuale in espansione caratterizzata da sabbia a granulometria media, con alle spalle tracce di un cordone litoraneo (tombolo) che corrisponde circa al tracciato del viale a mare, parallelo alla linea di costa e con quote massime di quasi 3 m s.l.m. Dietro si sviluppa la parte retrodunale depressa, con quote talora vicine al livello del mare. Questo sistema spiaggia - cordone litoraneo - pianura retrodunale è tagliato trasversalmente dal torrente Baccatoio e dal fosso Fiumetto/Tonfano che costituiscono gli unici due sbocchi a mare nel Comune di Pietrasanta. Il tratto di costa del Comune di Pietrasanta risulta in avanzamento secondo i dati pubblicati nell’Atlante diacronico delle coste toscane pubblicato dalla Regione Toscana in scala 1:10000 e secondo studi recenti sull’erosione delle coste toscane. Lasciando l’area di spiaggia ed il sistema retrodunale, spostandoci verso monti si comincia ad entrare nella pianura alluvionale dopo aver passato il tracciato autostradale; in tali zone le quote, seppur molto lentamente, crescono sino a 5/6 m s.l.m. Arrivati a circa 500 metri dall’abitato di Pietrasanta si incontrano i lembi estremi dei conoidi di deiezione oramai

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completamente occultati dalla intensa urbanizzazione. Tali conoidi raccordano la dolce pendenza della piana alluvionale con i più ripidi pendii delle colline retrostanti. Di questi coni i più importanti sono quelli dei piccoli torrenti quali Sobardino, Orsucci, Colombetta, dei Frati, del Giardinaccio e del Rio S. Maria per non parlare del Baccatoio. Tutti estremamente urbanizzati e riconoscibili oramai solamente all’analisi di foto aeree mediante stereovisore o dalla osservazione della cartografia di dettaglio. Sul versante di Strettoia si riconoscono i coni di deiezione dei piccoli torrenti che scendono a valle, anche in questo caso difficili da riconoscere per l’intensa antropizzazione. L’urbanizzazione dei coni di deiezione è molto sviluppata, tali aree offrono, infatti, delle condizioni ambientali ottimali: leggermente rialzate sulla pianura, non soggette a ristagno d’acqua, asciutte per le caratteristiche del substrato, ottimo terreno fertile ed edificabile e non ultimo, per l’area versiliese, esposizione al sole. Di particolare interesse nell’area di Strettoia è la presenza delle aree palustri del Lago di Porta, situato a confine con il Comune di Montignoso nei quadranti a nord ovest, considerata area di interesse naturalistico locale (area ANPIL). Idrografia Il Comune di Pietrasanta è interessato da pochi corsi d’acqua, di questi se si esclude il Versilia, che come detto scorre a margine dei confini comunali, il più importante è il Torrente Baccatoio. Il Torrente Baccatoio ha un bacino relativamente esteso, di poco superiore ai 30 Km2, nasce a circa 1000 m s.l.m. sul monte Lieto. Dopo un breve tratto collinare scorre lungo la valle di Valdicastello, passa sopra la linea ferroviaria e scorre pensile sino a mare. La lunghezza del corso principale è di circa 10,5 Km. Affluenti del Torrente Baccatoio sono il torrente Traversagna (o Rio S. Maria) che vi si unisce all’altezza dell’inceneritore in località Pollino in destra idrografica, la Gora degli Opifici che costituisce il principale reticolo idrografico di Pietrasanta città e si innesta in destra idrografica nel Baccatoio all’altezza della Aurelia in località Motrone, ed il Fosso del Teso che proviene dal Comune di Camaiore e si getta nel Baccatoio specularmente alla Gora degli Opifici. Il bacino del Rio S. Maria o Traversagna ha origine a monte dell’abitato di Capezzano Pianore, confina a sinistra con il bacino del Torrente Baccatoio e sul versante destro con il bacino della Gora degli Opifici, ed ha una estensione di circa 1,67 Km2. Il canale scorre in gran parte a cielo aperto tranne un piccolo tratto a monte della strada Provinciale Sarzanese n° 439 dove risulta tombato. Dopo l’attraversamento ferroviario, il canale prende il nome di Fosso Traversagna il quale confluisce, come detto, in destra del Torrente Baccatoio, circa all’altezza dell’inceneritore in località Pollino. Il bacino della Gora degli Opifici copre un’area di circa 2.88 Km2, interessa tutta l’area dove sorge la città di Pietrasanta e delle colline soprastanti. Il canale della Gora degli Opifici taglia trasversalmente l’area dei conoidi di deiezione e oltrepassata la SS1 Aurelia in Località Pontenuovo scende verso mare raccordandosi al Torrente Baccatoio in località Motrone. La Gora degli Opifici è alimentata da numerosi canali minori, di cui i principali sono il rio Colombetta, il canale Sobardino, il canale degli Orsucci, il canale dei Frati ed il canale Giardinaccio. La gora degli Opifici scorre in parte a cielo aperto ed in gran parte (soprattutto nelle aree intensamente abitate) tombinata, è un canale di acque alte, pensile sulla piana alluvionale circostante. L’ungo il reticolo idrografico del Baccatoio è facile individuare opere idrauliche quali muretti in c.a., rialzi arginali, casse di espansione in costruzione.

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Altre opere idrauliche sono inoltre visibili lungo il fiume Versilia e lungo il torrente Bonazzera nell’area di Strettoia. Sistema collinare e montano Si possono distinguere due “domini” geomofologici distinti: il dominio delle formazioni filladiche e scistose e quello delle formazioni calcaree. Il primo è caratterizzato da valli più incise, presenza di fenomeni di ruscellamento concentrato più accentuati e presenza di frane, soprattutto nell’area di Strettoia. Il “dominio” delle rocce calcaree è caratterizzato da minori fenomeni di ruscellamento superficiale, limitati fenomeni di dissesto e sostanzialmente aree a pendenza minore. Le coperture detritiche si sviluppano a macchia di leopardo su tutta l’area collinare e montana. Le frane attive nel territorio di Pietrasanta non sono molte, la stragrande maggioranza delle aree a dissesto sono state oggetto di interventi per la messa in sicurezza più o meno approfonditi; nella classe delle frane inattive sono state inserite anche quelle aree a potenziale instabilità o che non evidenziano attualmente segni di movimento in atto. Nel Comune di Pietrasanta vi sono cave e miniere inattive. Le cave di Marmo si concentrano nell’area del Vitoio – Castello e a confine con il comune di Seravezza. All’intorno di queste cave si estendono i ravaneti (discariche di materiale di sfrido delle coltivazioni delle cave di Marmo, in genere caratterizzati da clasti marmorei di dimensioni ciclopiche), in parte asportati come quelli della cava del Vitoio e negli altri casi oramai rinaturalizzati. La senilità dei ravaneti è evidenziata dalla rivegetazione ed ossidazione dei clasti che li compongono. I ravaneti rinaturalizzati non mostrano fenomeni di instabilità, segno del raggiungimento delle condizioni di equilibrio. Al contrario, parte del ravaneto della cava del Vitoio, oggetto di parziale asportazione, mostra segni di dissesto locale dovuti alle scarpate troppo ripide lasciate al termine della bonifica. Altre cave di materiale calcareo utilizzato per granulati, sono presenti nell’area di Strettoia lungo la SS1 Aurelia e nella zona di Monte Petri sul lato mare, lungo la Strada Provinciale Sarzanese. Nell’area di Strettoia sono presenti resti di vecchie miniere di ferro mentre nell’area di Valdicastello è presente una miniera abbandonata dove si estraeva barite. Le miniere Le mineralizzazioni delle Apuane meridionali hanno avuto nel tempo grande importanza economica. L’attività mineraria è stata molto importante soprattutto a partire dalla fine dell’800 fino ad arrivare agli ultimi decenni del XX secolo. Ad oggi però nessuna miniera è attiva. Di queste rimangono solo molte infrastrutture (cantieri e gallerie) a testimonianza dell’intervento e della trasformazione operata dall’uomo sul territorio. Tutte le mineralizzazioni presenti nella zona sono concentrate nelle formazioni appartenenti al complesso metamorfico e sono da ritenersi sin-tettoniche, essendosi formate durante l’ultima fase distensiva che ha accompagnato l’esumazione del complesso metamorfico apuano. Esse si ritrovano in corrispondenza di contatti tettonici di tipo duttile e di faglie a basso e alto angolo. Nella zona di Pietrasanta tali tracce si ritrovano soprattutto a Valdicastello (impianti di trattamento della soc. EDEM), nella soprastante Vallata del Ferraio e nella zona di Strettoia. I giacimenti di Valdicastello (Solfuri misti, Pirite, Barite) sono stati importanti fino alla fine degli anni ‘80 e sono tutti concentrati all’interno della Finestra tettonica di S. Anna,

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dove grazie all’erosione del torrente e per eventi tettonici, affiorano i termini dell’Autoctono apuano. Vista la ricchezza e quantità delle sue vene, Valdicastello nel Medioevo era detto "Valle Buona". Si ritiene che tali filoni siano stati sfruttati già dagli etruschi; sicuramente però tali miniere sono state utilizzate già nel medioevo soprattutto per quanto riguarda i filoni più superficiali della miniera del Pollone in cui si coltivavano piccoli filoni a piombo e zinco con piccole quantità di argento. Lo sfruttamento proseguì poi in epoca medicea per arrivare poi ai giorni nostri. La zona, assieme a quella della miniera del Bottino sul versante opposto, è famosa in campo internazionale anche per esemplari di minerali lì rinvenuti e ora conservati in musei ed università come il British Museum di Londra o l’Ecole des mines a Parigi. I cantieri di Cava Cugnasca e Cavetta costituiscono altre zone di estrazione di Pirite e Barite nella parte Pietrasantina della vallata del Ferraio. Da segnalare, infine, la presenza di un’area mineraria nella zona di Strettoia (si ringrazia il Geol. Sergio Mancini per i dati forniti) consistente in diversi scavi e gallerie abbandonate dalla seconda guerra mondiale e già operante dalla prima metà del 1400. Tale zona mineraria è ubicata nei pressi del contatto geologico tra Calcare Cavernoso e scisti sericitici appartenenti all’Unità di Massa. Qui ritroviamo mineralizzazioni soprattutto di ossidi di Ferro e Cromo. Gli ingressi delle gallerie e degli scavi sono purtroppo tutti franati o ingombri di vegetazione e detriti (molto abbondanti nella zona). I principali ingressi sono conosciuti con il nome di Galleria dei Murli (sul versante idrografico destro del Fosso Murli), Galleria del Ferraccio (situata sulla strada per la loc. Palatina) e Galleria dell’Acquedotto (loc. Pruniccia poco distante dalla zona delle cave di pietrisco). Quest’ultima, lunga circa 600 metri, si ricollega alla zona di escavazione delle altre miniere. Fenomeni carsici nel comune di Pietrasanta Fenomeni carsici importanti interessano ampiamente la zona delle Alpi Apuane: nell’intero massiccio montano si contano più di mille cavità ipogee che si sviluppano prevalentemente nei termini carbonatici dell’Autoctono auct.. Secondariamente si ritrovano manifestazioni di carsismo in rocce o poco carsificabili (come ad esempio il Calcare Cavernoso o il Calcare a Rhaetavicula contorta) o addirittura considerate impermeabili come gli scisti dell’Unità di Massa o del Basamento paleozoico dell’Autoctono Apuano (es. zona di Stazzema, Buca delle Fate e Grotta dei Fornili). Nella zona di Strettoia, in località Palatina, vi sono fenomeni carsici di limitata estensione concentrati al contatto tra i termini metamorfici dell’Unità di Massa e l’affioramento di Brecce Poligeniche presenti alla base del Calcare Cavernoso. In questa area è presente un allineamento di doline di piccole dimensioni che appaiono in parte riattivate di recente. La maggior parte delle doline presentano una morfologia a piatto. L’origine di tali macroforme carsiche è da imputarsi ad un processo di soluzione normale delle rocce. Elemento caratteristico di queste depressioni è la presenza di terra rossa residuale derivata da un processo di dissoluzione dei calcari. Una di queste doline, apparentemente di recente approfondimento, presenta una cavità profonda circa 4 metri ed una caratteristica forma ad imbuto. Prospiciente a tale dolina si segnala la presenza di una piccola cavità carsica ad andamento subverticale. La presenza di tali macroforme carsiche ha determinato lo sconvolgimento dell’idrografia superficiale della zona: l’acqua del modesto rio che scorre nella zona, scompare nelle fessure delle rocce, in un tratto si registra un’inversione del flusso normale del corso d’acqua che risulta opposto a quello indicato in topografia. Poco più avanti si sviluppa una

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dolina molto profonda, la quale presenta sul fondo argille rosse residuali e piccole cavità assorbenti. La cavità termina con una tecchia. Poco al di fuori del confine comunale troviamo la Spelucola di Palatina, una cavità profonda una ventina di metri che si sviluppa in orizzontale per poche decine di metri. Altri fenomeni carsici si ritrovano nella zona di Pietrasanta: si tratta di cavità sviluppate al massimo per qualche decina di metri nel calcare cavernoso; uniche eccezioni le due Buche delle Fate e la Buca del Lencio che si aprono nelle Filladi sericitiche dell’Unità di Massa. Da segnalare il ritrovamento di reperti archeologici nella Tana della Volpe e nella Buca della Gigia: nella prima grotta si sono ritrovati resti di sepolture con ceramiche ed industrie dell’eneolitico, nella seconda solo resti di una sepoltura di epoca eneolitica. L’elenco completo delle cavità è pubblicato nel Catasto delle Grotte e delle aree carsiche della Toscana, curato dalla federazione Speleologica Toscana. 3. 6 Idrogeologia Per la stesura della carta idrogeologica si è fatto riferimento alla cartografia geologica e alla carta dei dati di base, inoltre si sono utilizzati i dati del lavoro del Prof. G. Pranzini: “Studio idrogeologico del Bacino Regionale della Versilia” (rapporto intermedio febbraio 2000) commissionato dalla Regione Toscana ed al quale si rimanda per maggiori dettagli. Nella carta idrogeologica sono evidenziati le sorgenti ricadenti nel territorio del Comune di Pietrasanta, i principali corsi d’acqua, i bacini idrografici dei corsi d’acqua principali, le aree di ricarica degli acquiferi, la posizione dei principali pozzi ad uso potabile di proprietà comunale, le isofreatiche estive e primaverili dell’area di pianura con indicazioni delle principali linee di deflusso, nonché una suddivisione del territorio per classi di permeabilità delle diverse formazioni cartografate. La determinazione delle classi di permeabilità delle diverse formazioni e litotipi rinvenuti è stata effettuata adottando uno schema che tiene conto sia del grado di permeabilità di ogni unità esaminata, sia del tipo di permeabilità: crescente o decrescente. Lo schema base adottato per definire le classi di permeabilità è il seguente; nell’asse delle x è riportato il tipo di permeabilità, mentre nell’asse delle y il grado di permeabilità:

Porosità Fratturazione decrescente

Fratturazione crescente Mista

Permeabilità alta PPa PFad PFac Ma

Permeabilità media PPm PFmd PFmc Mm

Permeabilità bassa PPb PFbd PFbc Mb

Impermeabile I

In ciascuna tavola sono state redatte, in base ai dati forniti dallo Studio del prof. Pranzini sull’acquifero della Pianura Versiliese, le carte delle isofreatiche di Aprile e di Settembre. I due periodi sono stati scelti per rappresentare le due situazioni estreme della superficie freatica: la prima alla fine delle maggiori precipitazioni e della stagione di minore

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sfruttamento delle acque sotterranee, la seconda alla fine della stagione secca e dopo il periodo di massimo sfruttamento. Le misurazioni sono state eseguite tra l’Aprile del 1999 e il Settembre dello stesso anno. Le isofreatiche sono state disegnate con equidistanza di 0,2 m fino alla curva dei 3 metri, ogni metro fino ai 5 metri e ogni 5 metri per le quote superiori. Tale scelta è stata fatta per meglio evidenziare l’andamento della superficie piezometrica nelle zone dove questa ha un gradiente poco elevato: di fatti il gradiente è risultato molto basso nella parte mediana e costiera sella pianura e nettamente più alto nella fascia pedemontana L’analisi dell’andamento delle isofreatiche nei due periodi consente di distinguere le caratteristiche di fondo comuni e le principali differenze tra i due periodi di morbida e di magra. Pietrasanta Nella zona di Pietrasanta si osserva una stretta correlazione tra la morfologia e l’andamento della superficie piezometrica. Il gradiente idraulico è in media intorno all’1 per mille mentre si sale fino ad un massimo di circa il 5% nella parte alta. Nella zona si riscontra la presenza di un’unica falda libera, nonostante la presenza talvolta di numerose intercalazioni di natura limo argillosa: tali intercalazioni, infatti, non hanno continuità stratigrafica orizzontale tale da far presupporre la presenza di falde in pressione. Tale falda è ospitata nei depositi ciottolosi delle ghiaie continentali nella fascia interna e mediana e nelle sabbie marine nella zona prossima al mare. Dall’osservazione delle due carte piezometriche, primaverile ed estiva, risulta evidente come possano essere distinte tre fasce principali, parallele alla linea di costa. La prima è la fascia dei conoidi alluvionali formati dai corsi d’acqua che scendono dai rilievi. La forma assunta dalle isoipse è quella tipica a ventaglio, ed è in questa zona che i gradienti idraulici della falda assumono i valori più alti in ragione della maggiore trasmissività di tali depositi che si traduce in una elevata portata unitaria della falda. La seconda fascia è la zona delle alluvioni limo sabbiose: in quest’area la falda presenta gradienti nettamente inferiori a quelli pedecollinari. Nella zona si riscontrano numerose anomalie piezometriche, con aree depresse e alti freatimetrici. Questi ultimi si notano soprattutto nelle zone di passaggio tra formazioni caratterizzate da permeabilità diverse, come al contatto tra alluvioni limo sabbiose e depositi sabbiosi. I primi sono invece imputabili soprattutto a forti emungimenti di pozzi industriali. La terza fascia, quella più vicina alla linea di costa, è formata da sabbie, leggermente rialzate in resti di cordoni dunari nella fascia prossima alla costa e parallela al viale a mare; il livello dell’acqua di falda, in tutta la zona, si eleva di pochi centimetri al di sopra della superficie del mare. Sempre presente, in entrambi i periodi, un’area al di sotto del livello del mare nella zona di bonifica che fa capo al fosso Motrone, la presenza della quale è quasi fisiologica: il basso già presente in aprile è dovuto alla morfologia del terreno che presenta quote prossime allo 0. Nel periodo estivo l’area depressa si allarga fino ad abbracciare tutta la zona antropizzata della fascia costiera pietrasantina, abbassandosi al di sotto del livello del mare sia per cause ambientali che antropiche. Tale situazione va ad aumentare il rischio di intrusione salina anche se i valori di conducibilità riscontrati non delineano una situazione di estremo rischio. Gli abbassamenti complessivi della superficie piezometrica sono tuttavia limitati, di fatto, vanno dai 50 centimetri a circa 1.5 metri. Analizzando le connessioni idrauliche tra fiumi e falda troviamo che solo nel caso del F. Versilia, il fiume sembra alimentare la falda, soprattutto nella parte mediana. Vicino alla

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costa la parte terminale del fosso Fiumetto drena la falda. Nelle zone di bonifica i canali di acque alte hanno lo scopo di drenare la falda tenendo asciutti i terreni talvolta con quote al di sotto del livello del mare. Strettoia Analizzando l’andamento della superficie piezometrica nella zona di Strettoia si possono riscontrare due direzioni principali di flusso: uno prevalentemente NE-SW in direzione della zona palustre del “Lago di Porta” e l’altro contrario NW-SE attestato lungo le direttrici del grande conoide di strettoia. La circolazione idrica si sviluppa prevalentemente all'interno degli orizzonti a granulometria grossolana dei conoidi (ciottoli, ghiaie e sabbie) che risultano caratterizzati, soprattutto nell'area centrale da frequenti intercalazioni argilloso-limoso-torbose. Non avendo però tali intercalazioni continuità stratigrafica orizzontale, la falda acquifera può essere considerata unica. Nel resto della pianura troviamo zone di basso relativo dovute sia allo sfruttamento della falda che dalla sua alimentazione. Nella carta di aprile si riscontrano due bassi idrogeologici in corrispondenza di un pozzo ubicato nella zona del Pergolone e di un secondo in via Romana da imputarsi al forte pompaggio di pozzi industriali ubicati nelle medesime località. Solo l’emungimento del pozzo del Pergolone si ritrova molto più pronunciato nella carta di settembre La falda presenta andamenti molto simili per i due periodi, differenze marcate sono dovute soprattutto agli emungimenti dovuti all’attività industriale della zona (attività artigianali legate soprattutto alla lavorazione del marmo o delle pietre). Sempre presente la zona di basso morfologico nell’area dell’ ex lago di porta che si attesta a livello del mare: in tale area il livello freatico è in equilibrio con la superficie libera dell’acqua che si trova al livello del mare. Per quanto riguarda le connessioni fiume-falda, non sembrano esserci evidenti connessioni tra falda e reticolo idrografico nella zona di Strettoia. 3. 7 Le carte della pericolosità In questi elaborati è fornita una zonizzazione del territorio, dove sono rappresentate, in un quadro unitario, tutte le maggiori problematiche relative alle differenti pericolosità geologiche-idrogeologiche che caratterizzano il territorio del Comune di Pietrasanta. Sono state realizzate: - Carte della Pericolosità Geologica - Carta della Pericolosità Geomorfologica - Carta della Pericolosità per Colate Detritiche torrentizie - Carta delle aree potenzialmente vulnerabili alla subsidenza - Carta della Pericolosità Geolitotecnica - Carta della Pericolosità Idraulica - Carta della Vulenerabilità degli Acquiferi all’Inquinamento La Carta della Pericolosità Geologica

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Per "pericolosità geologica" s’intende l'identificazione qualitativa di aree omogenee, in cui si possono sviluppare o riattivarsi, in termini di possibilità, fenomeni d’instabilità. Quanto sopra vale per le aree collinari e montuose in cui la pericolosità di un sito consiste prevalentemente nella possibilità che vi si verifichino dissesti di tipo gravitativo ed erosivo, anche se non va comunque tralasciato l'aspetto prettamente geotecnico (possibilità di cedimenti o rotture del terreno sotto carico) soprattutto in corrispondenza di vaste e consistenti aree di affioramento di terreni detritici e/o di alterazione. Nelle aree di fondovalle e nelle aree con affioramenti di depositi detritici, la pericolosità è piuttosto determinata, dalla presenza di livelli scarsamente portanti e compressibili nei depositi quaternari, i quali possono provocare fenomeni di rottura e consolidazione per interventi antropici inadeguati. Per gli aspetti puramente geotecnici delle aree di pianura, si è preferito eseguire una ulteriore carta, carta della pericolosità litotecnica, nella quale illustrare in maniera dettagliata le classi di pericolosità litotecniche. Le raccomandazioni del P.T.C. della Provincia di Lucca dispongono lo studio di diversi aspetti di fragilità geomorfologia: - fenomeni franosi; - colate detritiche torrentizie; - fenomeni di subsidenza; - fenomeni sismici. Il comune di Pietrasanta non rientra nelle aree classificate sismiche dalla Legge 2 febbraio 1974, n. 64 ("Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche"), motivo per cui l’ultimo punto (fenomeni sismici) non verrà trattato nel presente studio. La carta della pericolosità geomorfologia Il grado di pericolosità per fenomeni franosi è stato determinato in conformità alla seguente tabella: Classe Pericolosità Caratteri

1g irrilevante Aree con assenza sia di forme e processi geomorfologici attivi o quiescenti, sia di fattori geolitologici e/o morfologici predisponenti l'attivazione di processi morfo-evolutivi.

2g bassa

Aree con assenza di forme e processi geomorfologici attivi o quiescenti per i quali sono al massimo prevedibili, sulla base di valutazioni geologiche, litotecniche e clivometriche, limitati processi di degrado superficiale riconoscibili e neutralizzabili a livello di intervento diretto. Frane inattive, per cause naturali o artificiali, di modeste dimensioni. Aree a substrato roccioso con pendenza < 25%

3ag medio-bassa

Aree interessate da frane quiescenti e/o da indicatori geomorfologici precursori di fenomeni di instabilità (contropendenze, ondulazioni, lacerazioni) nelle quali non si possono escludere riattivazioni o attivazioni di movimenti di massa di complessiva bassa intensità (per velocità, dimensioni ed energia). Frane inattive, per cause naturali o artificiali, di medie o grandi dimensioni. Aree con evidenze di ruscellamento diffuso e concentrato ma assenza di fenomeni di dissesto, aree a pendenza maggiore di 25%.

3bg medio-alta Aree interessate da frane quiescenti e/o da indicatori geomorfologici precursori di fenomeni di instabilità (contropendenze, ondulazioni,

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lacerazioni) nelle quali sono prevedibili attivazioni o riattivazioni di movimenti di massa di media intensità. Aree prive delle forme e degli indicatori di cui sopra ma nelle quali la presenza di particolari caratteri litologici, giaciturali e clivometrici non escludono la possibilità di attivazione di movimenti di massa di media-elevata intensità. Aree in frana non attive con pendii a pendenza maggiore del 40%. Aree a pendenza maggiore di 60% con substrato detritico o eluvio colluviale.

4g elevata

Aree interessate da frane attive. Aree interessate da diffusi fenomeni di degrado attivo (movimenti di massa o erosioni) di qualsiasi intensità. Aree interessate da frane quiescenti e/o da indicatori geomorfologici precursori di fenomeni di instabilità (contropendenze, ondulazioni, lacerazioni) nelle quali sono prevedibili attivazioni o riattivazioni di movimenti di massa di elevata intensità. Sono inserite in tale classe anche le frane quiescenti ma con fenomeni di ruscellamento all’intero e tutte le aree a pendenza maggiore del 60% con substrato roccioso filladico a franapoggio.

La valutazione delle classi di pericolosità sopra descritte, discendono dalla sovrapposizione ragionata delle carte di base descritte nei paragrafi precedenti, dalla valutazione delle esperienze locali in termini di fragilità geomorfologica, nonché da quanto suggerito dal PTC della Provincia di Lucca. I maggiori fattori che indicano potenziale franosità (individuati in base alla tipologia delle frane avvenute), sono individuati nell’acclività, nelle caratteristiche del substrato roccioso (frane maggiori dove il substrato roccioso è costituito da formazioni filladiche), nella presenza di coltre detritica o eluvio colluviale e soprattutto nella presenza di fenomeni di ruscellamento concentrato e diffuso. La carta della pericolosità per colate detritiche torrentizie Per stimare la pericolosità alle colate detritiche e torrentizie si adotta il procedimento suggerito dal PTC della Provincia di Lucca. Tale metodo parte dalla stima del potenziale di franosità, che unito ad altri parametri quali pendenza alveo, larghezza alveo, variazione morfologica, variazione pendenza, dislivello su alveo, eventi storici e danni gravi arriva a definire il grado di pericolosità. Riassumendo la pericolosità da colate detritiche torrentizie per il fondovalle del torrente Baccatoio corrisponde ad una pericolosità 1d irrilevante; Per il T. Traversagna si è determinata una pericolosità 2d bassa; Per la Gora degli Opifici si è determinata una pericolosità 1d irrilevante; Per il Rio Bonazzera si è calcolata una pericolosità 1d irrilevante; Infine per il Fosso Murli una pericolosità 2d bassa. La carta delle aree potenzialmente vulnerabili alla subsidenza Si considerano i caratteri definiti dal P.T.C. della Provincia di Lucca che classifica parte dell’area oggetto di variante come area potenzialmente subsidente per caratteri stratigrafici, litotecnici ed idrogeologici. Per tale motivo si inseriscono tali aree in pericolosità media 3s. Le aree non interessate da fenomeni di subsidenza non sono inserite in classi di pericolosità per fenomeni di subsidenza.

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La carta della Pericolosità Geolitotecnica Nelle aree di fondovalle, di pianura costiera e nelle aree dove si ha copertura detritica ed eluvio-colluviale, la pericolosità geomorfologica è determinata dalla presenza di livelli scarsamente portanti e compressibili nei depositi quaternari e attuali che possono provocare fenomeni di rottura e consolidazione per interventi antropici inadeguati. Per gli aspetti puramente geotecnici si è preferito eseguire una ulteriore carta, carta della pericolosità litotecnica, nella quale illustrare in maniera dettagliata le classi di pericolosità geo-litotecniche. La carta è stata redatta sulla base delle indicazioni della Deliberazione n. 94 del 12/2/1985 del Consiglio Regionale della Toscana ("Direttiva sulle indagini geologico-tecniche di supporto alla pianificazione urbanistica"), emanata in applicazione della L.R. 17/4/84 n. 21. Il territorio comunale di Pietrasanta è stato suddiviso in 4 classi di pericolosità geolitotecnica, la classe 3 di pericolosità geolitotecnica, è stata suddivisa in una classe medio bassa ed una medio alta, per mantenere una omogeneità con gli altri parametri di fragilità che distinguono 5 classi di pericolosità. Classi di pericolosità geolitotecnica: 1lt irrilevante In questa classe sono state inserite le aree in cui non si hanno

problematiche di cedimenti e scarsa portanza derivanti da caratteristiche geologico-tecniche e morfologiche.

2lt bassa Corrisponde a situazioni geologico-tecniche apparentemente stabili, sulle quali permangono dubbi sulle capacità portanti e valutazioni dei cedimenti che potranno essere chiariti a livello d’indagine geognostica di supporto alla progettazione edilizia. In tale classe sono state inserite tutte le aree pianeggianti del territorio comunale nelle quali affiorano alluvioni ghiaiose e ciottolose e sabbie dunari.

3alt medio bassa

In tale classe sono state inserite tutte le aree pianeggianti del territorio comunale nelle quali affiorano limi sabbiosi, i quali potrebbero essere suscettibili di cedimenti sotto carichi concentrati od anche a seguito di forti emungimenti e conseguenti depressioni della falda freatica, tutte le aree collinari e montane caratterizzate da detrito e copertura eluvio colluviale con pendenza < 25%.

3blt medio alta Sono state inserite in questa classe tutte quelle aree le cui condizioni geologico-tecniche e morfologiche sono tali da far ritenere che esse si trovano al limite dell'equilibrio, sono inserite inoltre le aree di pianura dove affiorano terreni limo-torbosi, tutte le aree collinari e montane caratterizzate da detrito e copertura eluvio colluviale con pendenza > 25%.

4lt elevata In questa classe ricadono aree interessate da fenomeni di dissesto attivi, aree con dati storici di cedimenti o scarsa portanza o aree a particolari problemi geotecnici riconosciuti, le aree palustri con terreni torbosi.

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La carta della Pericolosità Idraulica L’art. 74 del P.I.T. (D.C.R. 12/2000) permette alle Amministrazioni Comunali di poter confermare o superare le perimetrazioni proposte ai sensi del D.L. 180/98 sulla base di studi idrologici e idraulici più approfonditi. Anche lo stesso P.T.C. (del. C.P. 189/2000) nell’Appendice 1, Parte 2, paragrafo 2.1.3. suggerisce una riperimetrazione delle aree a pericolosità idraulica individuate su basi storiche mediante l’utilizzo di studi idrologici idraulici adeguati. Per quanto riguarda le aree di salvaguardia (ambiti A1, A2 e B) si prende in considerazione quanto espresso nel P.T.C. della Provincia di Lucca e alle relative norme di salvaguardia del P.I.T. (art. 75, 76 e 77), ed ai quali si rimanda per maggiori dettagli. Il grado di pericolosità idraulica è stato determinato: sulla base delle definizioni storiche come riportato nel P.T.C. per le 5 classi di pericolosità idraulica per le aree non coperte da studi idrologici idraulici, per le aree coperte da valutazioni idrologiche si sono classificate le aree a diversa pericolosità sulla base della possibilità di eventi alluvionali con tempi di ritorno di 30 e 200 anni. Classi di pericolosità idraulica La valutazione delle classi di pericolosità idraulica, così come proposta dal P.T.C. della Provincia di Lucca, tiene conto di: ricerche sulla distribuzione e sulla caratterizzazione degli eventi alluvionali passati, in particolare di quelli verificatesi negli ultimi 50 – 100 anni; studi idrologici – idraulici tesi a determinare il “rischio” di inondazione con metodi statistico – probabilistici. I criteri ed i metodi utilizzati per determinare le classi di pericolosità idraulica nel presente lavoro, sono stati definiti sulla base dei numerosi e dettagliati studi idrologici e idraulici redatti per le valutazioni di pericolosità idraulica per il Torrente Baccatoio, Torrente Traversagna, Fosso Fiumetto e Gora degli Opifici, nonché del fiume Versilia. A fronte degli studi idrologici e idraulici suddetti (trattati nel paragrafo relativo alle aree alluvionabili), si è preferito adottare un criterio di valutazione delle aree a diversa pericolosità basato essenzialmente sull’individuazione delle aree alluvionabili. E’ da notare che l’area soggetta a possibili alluvioni, è un area quasi interamente di pianura alluvionale e costiera su depositi ad alta permeabilità; i depositi sabbiosi hanno una capacità di smaltimento attraverso infiltrazione molto elevata, basti pensare che un battente d’acqua di 50 cm viene assorbito in circa 1 ora, motivo per cui le perimetrazioni proposte sono da considerarsi cautelative. La zonizzazione delle altezze d’acqua come proposto dal P.T.C. della Provincia di Lucca, risulta poco applicabile nell’area in esame vista la morfologia del territorio, caratterizzato da aree a differente quota distribuite a macchie di leopardo, che unito ai bassi dislivelli e ai modesti volumi d’acqua esondabili, fornirebbe una carta della pericolosità idraulica non realistica, con aree a pericolosità minore in prossimità dei corsi d’acqua (che nella maggior parte dei casi corrono pensili rispetto alla pianura circostante), e pericolosità maggiori in aree di basso morfologico poste su depositi sabbiosi magari distanti centinaia di metri dal percorso del fiume. Inoltre problemi nell’applicare quanto previsto dal P.T.C. della Provincia di Lucca si hanno nelle zone di conoide, dove è molto difficile poter valutare le altezze d’acqua.

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E’ sulla base di tali considerazioni che si è preferito adottare un criterio idrologico – idraulico più vicino alla simulazione di una possibile alluvione per determinare la classi di pericolosità idraulica. Nel presente lavoro sono dunque proposte le seguenti classi di pericolosità idraulica: 1i irrilevante

Aree collinari o montane sopraelevate di almeno 1 m rispetto al limite esterno dell'alveo di naturale esondazione, o 2 m rispetto al ciglio di sponda, e prive di notizie storiche di precedenti inondazioni o allagamenti da ristagno.

2i bassa Aree di pianura: prive di notizie storiche di precedenti inondazioni; con notizie storiche di eventi alluvionali occasionali o eccezionali di classe I; con notizie storiche di ristagni con frequenza ricorrente o inferiore, di classe I; con notizie storiche di ristagni eccezionali di classe II. non interessate da possibili eventi alluvionali con tempo di ritorno minore o uguale a 200 anni; aree in sicurezza idraulica da alluvioni con TR 200 anni a seguito di interventi.

3ai medio-bassa

Aree di pianura con notizie storiche di: eventi alluvionali ricorrenti o frequenti di classe I; eventi alluvionali occasionali o eccezionali di classe II; eventi alluvionali eccezionali di classe III; ristagni stagionali di classe I; ristagni ricorrenti, frequenti od occasionali di classe II; ristagni eccezionali di classe III; aree alluvionabili da eventi con tempo di ritorno duecentennale poste al di fuori dell’ambito “B”; aree in basso morfologico (quota < 1 m s.l.m.) non inserite in aree alluvionabili.

3bi medio-alta

Aree di pianura con notizie storiche di: eventi alluvionali stagionali di classe I; eventi alluvionali frequenti o ricorrenti di classe II; eventi alluvionali occasionali di classe III; ristagni stagionali di classe II; ristagni occasionali di classe III; aree alluvionabili da eventi con tempo di ritorno duecentennale poste all’interno dell’ambito “B”; aree alluvionabili da eventi con tempo di ritorno trentennale all’esterno dell’ambito “B”.

4i elevata

Aree di pianura con notizie storiche di: eventi alluvionali stagionali di classe II o superiore; eventi alluvionali frequenti o ricorrenti di classe III o superiore; eventi alluvionali occasionali di classe IV o superiore; eventi alluvionali eccezionali di classe V; ristagni stagionali, ricorrenti o frequenti di classe III o superiore; ristagni occasionali od eccezionali di classe IV o superiore; aree alluvionabili da eventi con tempo di ritorno trentennale all’interno dell’ambito “B”.

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Si potrà notare che, dove possibile, si è adottato il metodo suggerito dal PTC della Provincia di Lucca, ovvero valutazione delle altezze d’acqua nelle aree allagabili. L’introduzione di limiti geometrici quali l’ambito “B” è conseguenza delle difficoltà che talora si riscontrano a definire i battenti d’acqua, vuoi per mancanza di dati circa i battenti delle aree allagabili, vuoi per la natura morfologica del territorio che non permette di individuare aree a ristagno ma di solo scorrimento di acque (basti pensare alle aree nei conoidi alluvionali). I limiti definiti per la valutazione degli ambiti “B” sono stati scelti come valori oggettivi per valutare la pericolosità idraulica, in considerazione della morfologia e delle caratteristiche del reticolo idraulico del Comune di Pietrasanta. Si è infatti ritenuto corretto stimare aree poste a circa 300 metri dal corso d’acqua, come aree a minore pericolosità idraulica, in quanto per le pendenze modeste della piana alluvionale e costiera di Pietrasanta, le acque vi giungono con basse energie. Per la zonizzazione delle altezze d'acqua si è fatto riferimento alle seguenti classi (in accordo con il PTC della Provincia di Lucca):

CLASSE ALTEZZA D'ACQUA (m) I < 0,2 II 0,2÷0,5 III 0,5÷1,0 IV 1,0÷2,0 V > 2,0

Per quanto concerne la frequenza si sono adottate le seguenti distinzioni (in accordo con il PTC della Provincia di Lucca): aree interessate da eventi alluvionali stagionali (tempo di ritorno - Tr: inferiore a 1 anno); aree interessate da eventi alluvionali ricorrenti (tempo di ritorno - Tr: da 1 a 10 anni); aree interessate da eventi alluvionali frequenti (tempo di ritorno - Tr: da 10 a 50 anni); aree interessate da eventi alluvionali occasionali (tempo di ritorno - Tr: da 50 a 100 anni); aree interessate da eventi alluvionali eccezionali (tempo di ritorno - Tr da 100 a 200 anni). Si precisa che la valutazione delle classi di pericolosità idraulica effettuata, per le caratteristiche morfologiche della piana di Pietrasanta, per le frequenze alluvionali utilizzate, nonché per il tipo di metodologia di individuazione delle aree a pericolosità idraulica adottata, risultano soddisfatti i suggerimenti dettati dal PTC della Provincia di Lucca, di cui all’Appendice 1 del PTC, relativi alle altezze d’acqua e alle frequenze alluvionali. Aree di pertinenza fluviale Ferma restando la delimitazione delle aree di pertinenza fluviale direttamente operata dal piano territoriale di coordinamento provinciale, relativamente ai corsi d’acqua, e ai loro tratti, la delimitazione delle aree di pertinenza fluviale, e la distinta delimitazione, è stata fatta sulla base di studi geomorfologici, finalizzati al riconoscimento di forme e depositi che esprimono più direttamente le variabili che partecipano alla modellazione dell'alveo fluviale, ed in conformità alle seguenti definizioni: alveo fluviale ordinario in modellamento attivo: la porzione dell'alveo raggiungibile dalle piene stagionali, che quindi non necessariamente corrisponde al letto di magra, ma che

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risulta comunque attualmente in modellamento attivo, caratterizzato da ciottolame mobile, depositi sabbiosi e limosi sciolti, mentre la vegetazione eventualmente presente è per lo più arbustiva; il limite esterno, coincidente con il ciglio di sponda, è di norma facilmente determinabile; nei casi di sponde variabili o incerte il limite rimane comunque per lo più sempre identificabile, in quanto coincidente o con variazioni vegetazionali o con le colture agricole; nel caso di corsi d’acqua arginati all’alveo fluviale ordinario in modellamento attivo sono ricondotte le strutture arginali in froldo; aree golenali: fasce a lato dell'alveo, comprese tra le sponde del corso d'acqua e gli argini maestri, nelle quali le acque si espandono con andamento stagnante o comunque diverso da quello della corrente principale del fiume; aree di naturale esondazione e di tutela dei caratteri ambientali dei corsi d’acqua: aree essenzialmente di fondovalle caratterizzate da indicatori idrogeomorfologici (in genere depositi alluvionali recenti) e talora biologici (vegetazione) naturali, riconoscibili in loco o da fotointerpretazione, nelle quali il legame con il corso d'acqua è ancora evidente, a prescindere dalla presenza di interventi antropici e dalle condizioni di pericolosità idraulica scaturenti tanto dai dati storici quanto da verifiche idrauliche. Come espresso anche nelle carte del P.T.C. della Provincia di Lucca, nel territorio del Comune di Pietrasanta non vi sono aree di pertinenza fluviale distinte come sopra. La carta della Vulenerabilità degli Acquiferi all’Inquinamento La stima del grado di vulnerabilità degli acquiferi è stata effettuata attraverso valutazioni qualitative delle caratteristiche della falda (libera, confinata o semiconfinata), dell'acquifero e talora della copertura, riportate nella tabella che segue:

Grado di vulnerabilità Tipo di acquifero

EE Falda acquifera libera in materiali alluvionali, da grossolani a medi, con scarsa o nulla copertura

E - A Falda acquifera libera in depositi sabbiosi di origine marina, lacustre ed eolica con scarsa o nulla copertura e alluvioni terrazzate e cementate

M Falda acquifera libera in depositi continentali a granulometria mista, sciolti o parzialmente cementati

M Falda acquifera confinata, semi-confinata o libera protetta in superficie da una copertura di bassa permeabilità di spessore compreso tra 5 e di 10 m

B - BB Falda acquifera confinata protetta in superficie da una copertura a bassissima permeabilità con spessore > 10 m

BB-B Depositi prevalentemente argillosi o argilloso-limoso-sabbiosi praticamente privi di circolazione idrica sotterranea

EE Rete acquifera in complessi carbonatici fratturati e a carsismo molto sviluppato

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E - A Rete acquifera in complessi carbonatici stratificati, interessati da un moderato carsismo e da interstrati argillitici e/o marnosi, Calcare Cavernoso

M Reti acquifere in arenarie molto fratturate

B Reti acquifere in arenarie poco fratturate

M - B Complessi flyschioidi costituiti da alternanze di litotipi calcareo - arenacei ed argillitico - marnosi con circolazione idrica sotterrranea modesta e compartimentata

B - BB Complessi caotici argillitico-calcarei arenacei con circolazione idrica sotterranea molto compartimentata e limitata

BB Complessi marnosi ed argillitici con circolazione idrica sotterranea da assente a molto modesta

M - B Reti acquifere in quarziti sedimentarie e metamorfiche molto fratturate

B - BB Rocce metamorfiche di epi-meso-catazona poco fratturate

M - B Reti acquifere in vulcaniti normalmente fratturate

B Rocce ignee intrusive normalmente fratturate

Le limitazioni alle trasformazioni, fisiche e funzionali, del territorio e degli immobili che lo compongono, sono determinate, in relazione al diverso grado di vulnerabilità, in conformità alla seguente tabella

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Il territorio pianeggiante del Comune di Pietrasanta è suddiviso in aree ad elevata vulnerabilità (fascia della duna costiera, della fascia compresa nella parte retrodunale e i piedi del conoide alluvionale e parte alta del conoide alluvionale) e media vulnerabilità (depositi alluvionali). Per quanto concerne le aree collinari e montane, si è inserito le aree con affioramenti di rocce calcare in alta vulnerabilità che sale ad elevata per le formazioni del cavernoso, mentre si sono inserite in aree a vulnerabilità bassa le zone con substrato roccioso costituito da rocce scistose metamorfiche a bassa permeabilità. Il cuneo salino Nella carta della vulnerabilità degli acquiferi sono state inoltre riportate le isoconduttive relative a due periodi dell’anno. Queste mostrano che esiste una ingressione del cuneo salino che non comporta rischi allo stato attuale, ma che conferma la necessità di un uso quanto mai ragionevole della risorsa acqua nelle aree di costa. Il cuneo salino è in equilibrio con la falda di acque dolci, e si spinge sin al di sotto dell’area retrodunale, e da studi del 1986 da parte del Comune di Pietrasanta, risulta che le aree comprese tra Vittoria Apuana e Marina di Pietrasanta, e l’area all’intorno del fosso di Motrone, presentano di già delle situazioni critiche. Ricordiamo che le cause dell’ingressione del cuneo salino sono da ricercarsi: nelle bonifiche di fine ottocento (avvenute per colmata e per pompaggio); “L’imbrigliamento” di molti corsi d’acqua che ha impedito l’alluvionamento naturale;

Grado di vulnerabilità

Vulnerabilità Limitazioni e prescrizioni

BB bassissima

B bassa

Nessuna limitazione.

M media

A alta

Alcune limitazioni. Piani attuativi ed interventi diretti concernenti impianti e/o attività inquinanti rispettivamente approvabili ed abilitabili soltanto se corredati della valutazione della vulnerabilità reale locale e dal progetto delle opere volte alla mitigazione del rischio potenziale specifico, eventualmente necessarie

E elevata Fortissime limitazioni. Non ammissibili, di norma, le trasformazioni comportanti impianti e/o attività potenzialmente molto inquinanti, quali impianti per zootecnia di carattere industriale; impianti di itticoltura intensiva; manifatture potenzialmente a forte capacità di inquinamento; centrali termoelettriche; depositi a cielo aperto ed altri stoccaggi di materiali inquinanti idroveicolabili.

EE elevatissima Limitazioni e prescrizioni da osservare per cave, collettori fognari, strade di grande o media comunicazione, pascolo e stazzo di bestiame, colture utilizzanti pesticidi, diserbanti e fertilizzanti.

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L’intensa antropizzazione che ha come conseguenza una diminuzione delle superfici permeabili; Il maggior emungimento dei pozzi sia per necessità irrigue che civili. Uno studio approfondito sul bacino idrogeologico della Versilia è stato commissionato dalla Regione Toscana al Prof. Geol. G. Pranzini. La ricerca è stata estesa a tutta la Pianura Apuo-Versiliese e ha permesso di ricostruire la superficie freatica, la dinamica e le variazioni del livello della falda. Tra i diversi risultati raggiunti nel lavoro suddetto vi sono anche le possibili cause della salinizzazione delle acque freatiche. Si rimanda allo “Studio Idrogeologico del bacino regionale della Versilia, rapporto intermedio” del Prof. Pranzini per una più approfondita e completa valutazione degli studi e delle conclusioni raggiunte. Per quanto riguarda la presente relazione ci limiteremo a riportare le conclusioni più significative relativamente al territorio costiero del Comune di Pietrasanta: la variazione dell’isofreatica subisce delle oscillazioni stagionali dell’ordine di 1,5 metri, strettamente correlate alla piovosità. Per quanto concerne la salinizzazione dell’acquifero, soprattutto per le aree costiere, lo studio del Prof. Pranzini evidenzia un aumento della conducibilità elettrica, che per esempio nell’area delle Focette raggiunge, in un intervallo di 16 anni, un valore di +1500 µS/cm. E’ dunque in corso una salinizzazione delle acque di falda, le cause sono individuate: nella intrusione di acqua dal mare nella falda libera contenuta nelle sabbie della fascia costiera, nell’ingresso dell’acqua di mare nei canali di bonifica e nelle foci dei corsi d’acqua, nel drenaggio di acqua salmastra connata nei depositi marini della pianura e infine nell’inquinamento di origine antropica. Nella fascia costiera incide soprattutto il primo processo descritto, la situazione risulta aggravata sia dallo sfruttamento della falda nelle sabbie che nella minore alimentazione di queste ultime. Gli emungimenti sono concentrati nel periodo estivo da parte dei pozzi ad uso domestico-turistico: la conseguenza è l’abbassamento del livello freatico e la conseguente risalita dell’interfaccia acqua dolce-acqua salata, con aumento della salinità anche al di sopra dell’interfaccia stessa. La scarsa ricarica è dovuta invece all’aumento delle superfici impermeabilizzate (parcheggi, strade etc…) ed al fatto che una maggiore percentuale di acqua viene convogliata nella rete fognaria. In sintesi, la falda freatica ha subito negli ultimi 10-15 anni un modesto peggioramento riferibile più alla salinità dell’acqua che all’abbassamento della superficie freatica. Pertanto (come evidenziato dal Prof. Pranzini) la situazione generale non presenta casi di gravità tale da richiedere interventi immediati. Per migliorare la falda freatica nelle sabbie della fascia costiera si consiglia l’aumento delle aree di infiltrazione dell’acqua piovana che rappresenta la sola fonte di ricarica della falda, la gestione delle acque superficiali nelle aree di bonifica, nelle quali l’acqua di falda risulta nettamente più salata che nelle altre zone. Lo studio del Prof. Pranzini, individua un’area a conducibilità maggiore di 1000 µS/cm nella zona pedemontana nell’area del conoide del torrente Baccatoio. Tale evidenza si ritiene essere legata più alla natura della falda che non ad una salinizzazione per intrusione del cuneo salino, che a quelle distanze dalla linea di costa (maggiore di 4/5 Km) e alle quote (circa 10 m s.l.m.), appare improbabile.

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3. 8 Conclusioni Il territorio del Comune di Pietrasanta presenta alcuni contesti di dissesto idrogeologico, conseguenza sia di fattori geoambientali che di fattori d’origine antropica quali l’abbandono e l’incuria del territorio, l’assenza di opere di regimazione delle acque superficiali, il cattivo intervento. Il comune di Pietrasanta prospetta tuttavia situazioni di pericolosità molto più limitate rispetto ad altri comuni della Versilia, grazie soprattutto alla sensibilità alla prevenzione del dissesto idrogeologico che questo territorio ha comunque sempre posseduto. Prova ne sono i vari lavori di messa in sicurezza idraulica di svariati corsi d’acqua ed i molteplici studi di dettaglio sulle problematiche geologiche affrontate negli anni passati da diversi professionisti (lavori del geologo Ferrari sull’acquifero della pianura, studi del geologo Duchi sulla franosità del territorio di Strettoia, studi del geologo Zia per precedenti Piani Regolatori, per non parlare dei numerosi studi sui diversi corsi d’acqua che attraversano il territorio del comune di Pietrasanta). Le principali problematiche emerse dallo studio condotto riguardano essenzialmente i fenomeni di dissesto idrogeologico. Distinguiamo le principali problematiche delle aree collinari e montane e delle aree di pianura. Area collinare montana La naturale propensione del sistema terra è quella di evolvere il suo stato e di adattarsi alle diverse condizioni geoambientali. Il normale sviluppo di un pendio è quello di erodersi, di essere modellato dagli agenti esogeni (acqua, vento, temperatura, ...) e dalla gravità, con conseguenti fenomeni di dissesto idrogeologico, quali frane, fenomeni torrentizi, fenomeni di ruscellamento diffuso e/o concentrato, erosioni. L’uomo “colonizza” varie aree del territorio cercando di stabilizzarle morfologicamente; talvolta l’equilibrio che si viene a creare è debole, e per rimanere tale ha bisogno di continui interventi. Esempio ne siano le aree collinari coltivate: dove è ancora presente l’azione dell’uomo, viene garantita una certa stabilità grazie ai muri a secco, ai terrazzi ben regimati, alla cura del sottobosco ecc. Dove invece l’uomo ha abbandonato la terra torna prepotente la natura che rimodella le forme cancellando le opere di regimazione idraulica, i muretti a secco ecc. I principali fenomeni di dissesto sono manifestati dalle frane, le quali fortunatamente hanno uno sviluppo limitato ed interessano volumi di materiali non ragguardevoli; in genere le frane riguardano solamente le coltri superficiali di copertura e solo raramente il substrato roccioso, e sono inoltre più numerose dove si ha un substrato roccioso costituito dalle rocce scistose filladiche. I fattori della franosità sui quali è da porre particolare attenzione, riguardano essenzialmente la natura geologica del substrato roccioso e della sua copertura, le opere di regimazione idraulica, l’acclività dei pendii. È la somma dei tre fattori suddetti che solitamente genera l’instaurarsi di movimenti franosi. Altri fattori che generano una maggiore propensione del territorio al dissesto idrogeologico, sono il decadimento e degrado della copertura vegetale nelle aree montane, l’assenza di manutenzione del territorio montano, l’assenza di idonee opere di regimazione del reticolo idraulico di superficie soprattutto lungo le strade di montagna ed in alcuni centri abitati.

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Altro fattore da non sottovalutare nel dissesto idrogeologico montano è l’impermeabilizzazione dei centri abitati, associata ad una insufficiente rete idrica per l’allontanamento delle acque ruscellanti negli impluvi naturali o nelle fognature bianche. Area di pianura Per quanto concerne le aree di pianura, i problemi che si riscontrano in tali zone sono legati essenzialmente all’acqua, vuoi perché questa può inondare le aree più depresse in occasione di alluvioni con tempi di ritorno trentennali e/o duecentennali, vuoi perché alcune aree risentono della risalita della falda freatica superficiale e tendono dunque ad avere falde molto superficiali, infine, ma non ultimo per importanza, sussistono problemi legati alla salinizzazione del cuneo salino. Per quanto riguarda il pericolo alluvioni, queste sono ampiamente studiate e hanno permesso di valutare possibili rischi di inondazioni in alcune parti del territorio. È da sottolineare che la situazione idrologica – idraulica è notevolmente migliorata rispetto a pochi anni fa grazie ai numerosi interventi di messa in sicurezza idraulica realizzati; solo per citare i principali si ricorda le opere realizzate sulla Gora degli Opifici, la sistemazione idraulica del Fiume Versilia e non ultimo la realizzazione (in corso) della cassa di espansione in località Falascaia per il torrente Baccatoio. Sono da sottolineare inoltre, i numerosi progetti sia per il torrente Baccatoio (seconda cassa di espansione e rifacimento di alcuni tratti arginali e di alcuni ponti) che per la Gora degli Opifici (realizzazione del secondo lotto del Canale di Gronda), nonché la valutazione della realizzazione di una cassa di espansione per il fosso Fiumetto/Tonfano. Il problema della salinizzazione del cuneo salino non è drammatico allo stato attuale, e proprio in considerazione di tale fatto, è opportuno rivolgere una particolare attenzione alla salvaguardia della risorsa acqua nella pianura.

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Capitolo IV Formazione e trasformazione del territorio 4. 1 Studio archeologico del territorio a cura delle Dott.sse Elisabetta Abela e

Susanna Bianchini

Nell’ambito dell’elaborazione del piano strutturale del Comune di Pietrasanta, si è reso necessario l’inserimento della carta archeologica nel quadro conoscitivo del territorio, quale strumento per acquisire tutte le informazioni relative ai siti archeologici già noti, e giungere così ad una valutazione complessiva del patrimonio territoriale. Il lavoro è stato svolto con il coordinamento scientifico della dott. E. Paribeni, funzionario della Soprintendenza ai Beni archeologici della Toscana. La necessità da parte dell’Amministrazione di disporre in tempi brevi degli elaborati, ha imposto la scelta di concentrare l’indagine sui dati deducibili dall’analisi della bibliografia scientifica, dal recupero di tutte le notizie concernenti ricerche e ritrovamenti occasionali nell’Archivio della Soprintendenza, e dalla revisione dei reperti conservati presso il Deposito archeologico comunale. Questo primo lavoro fornisce già un quadro articolato della ricchezza del territorio, che presenta complessivamente una continuità d’insediamento umano dalla Preistoria sino all’età moderna; attraverso la carta dei siti è possibile cogliere lo sviluppo del popolamento antico in rapporto alla geomorfologia e allo sfruttamento delle risorse, evidenziando quindi le aree a maggiore potenziale archeologico. Lo studio potrebbe essere completato e approfondito mediante la programmazione di sistematiche ricognizioni sul territorio, accompagnate dall’analisi della toponomastica e della cartografia storica, dall’indagine aereofotogrammetrica e dal monitoraggio dei siti già noti, alcuni dei quali richiederebbero opportune verifiche stratigrafiche. E’ da rilevare infatti che la maggior parte dei dati raccolti proviene da recuperi occasionali effettuati da un attento volontariato locale, coordinato dal compianto prof. Bruno Antonucci, ma ben pochi sono i siti e le aree oggetto di indagini sistematiche. La carta e la schedatura dei siti (Tav.n° 2 di Quadro conoscitivo) Sono stati rilevati 29 siti archeologici, di cui alcuni pluristratificati, numerati progressivamente in ordine alfabetico, e posizionati sulla Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000, utilizzando elementi circolari puntiformi o areali, campiti da un retino monocromo, elaborati in formato digitale con Autocad 2000. Una didascalia specifica per ogni sito ne sintetizza gli elementi significativi, rendendo immediatamente fruibile lo strumento cartografico comprensivo così dei principali contenuti della scheda allegata. La didascalia è stata elaborata sull’esempio di quella proposta per la carta archeologica del Comune di Massarosa, redatta sotto il coordinamento scientifico della dott. E. Paribeni1,

1Vedi E. PARIBENI, La carta archeologica per il piano strutturale dei Comuni di Camaiore e Massarosa,in La Carta archeologica tra ricerca e pianificazione territoriale, a cura di R. FRANCOVICH, A. PELLICANO’, M. PASQUINUCCI, pp.135-140, Firenze 2001

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adattandola alle peculiarità del contesto in esame. In particolare si è ritenuto opportuno indicare sulla prima riga i dati identificativi del sito: numero e nome del sito, la fonte principale dell’informazione (Archivio della Soprintendenza Archeologica della Toscana, Bibliografia, Comunicazione orale, Deposito del museo archeologico di Pietrasanta), il tipo d’intervento (scavo archeologico, ricognizione di superficie, recupero occasionale, ritrovamento fortuito); sulla seconda riga sono riportati il tipo di sito (abitato, necropoli, castello, ecc.), la cronologia e lo stato di conservazione articolato in 4 livelli (buono, discreto,mediocre, distrutto), resi con opportuni simboli grafici. Nella simbologia che identifica il tipo di sito, la presenza o assenza di campitura indica il grado di affidabilità dell’informazione, in relazione alla precisa localizzazione o alle circostanze del ritrovamento. Ad ogni sito individuato corrisponde una scheda descrittiva con il numero identificativo (es.: 1, 2, …), accompagnata, nel caso di siti pluristratificati, da sottoschede con numerazione secondaria, progressiva, preceduta da punto (es.: 1.1, 1.2 …), per un totale di 40 contesti catalogati. Il modulo è stato elaborato tenendo conto delle Linee guida per la redazione della Carta Archeologica della Toscana2, in modo da facilitare l’eventuale successivo inserimento nella banca dati regionale (vedi il modello di scheda allegato con le corrispondenze dei campi); si articola in quattro sezioni principali riguardanti rispettivamente l’identificazione del sito, la localizzazione, il tipo e la cronologia e lo stato attuale; in quest’ultima sezione le voci riguardanti la conservazione e il rischio sono da considerarsi spesso valutazioni indicative, poiché nel caso più frequente dei recuperi occasionali è mancata la verifica diretta sul terreno, effettuabile solo con un intervento di scavo stratigrafico. Nel campo dedicato alle prospettive di valorizzazione sono stati indicati i contesti di reperti già restaurati ed esposti nel Museo archeologico versiliese e che speriamo possano al più presto confluire nella nuova sede museale; per alcuni siti di particolare rilievo, si è inoltre segnalato la possibilità di inserirli in un progetto più ampio di valorizzazione storico – naturalistica del territorio, con percorsi attrezzati. Le aree a potenziale rischio archeologico La distribuzione dei siti individuati sulla carta evidenzia alcune aree di maggiore concentrazione, la cui particolare conformazione geomorfologica ha certamente influenzato le modalità insediative nel tempo. Le attestazioni più antiche nel territorio, dall’età del Rame sino agli inizi dell’età del Ferro, sono distribuite lungo le maggiori valli fluviali, quella del Versilia a nord, in buona parte compresa nel territorio comunale di Seravezza, e quella del Baccatoio (Valdicastello) a sud, la cui intensa frequentazione è probabilmente connessa allo sfruttamento delle risorse minerarie della zona. In particolare si segnalano le due grotte sepolcrali utilizzate nell’Eneolitico (Buca della Gigia 5, Tana della Volpe 25), l’abitato dell’età del Bronzo sopra Valdicastello (La Costa, 27.1) e la necropoli ligure del Baccatoio (1), allo sbocco in pianura, cui si aggiunge, fuori del territorio comunale, l’importante ripostiglio di Colle alle Banche. La parte alta della valle fu nuovamente interessata da insediamenti con l’occupazione ligure del III sec. a.C. (La Costa, 27.2) che, in generale, si attestò sui rilievi più interni del massiccio delle Alpi Apuane. Un caso analogo potrebbe essere quello 2 La Carta archeologica tra ricerca e pianificazione territoriale, a cura di R. FRANCOVICH, A. PELLICANO’, M. PASQUINUCCI, Firenze 2001

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segnalato dai ritrovamenti sul Colle della Guardia (Solaio 23), nella valle del Versilia, per il quale mancano però dati certi. L’area pedecollinare risulta interessata da insediamenti etruschi databili a partire dal VII sec. a.C., con una particolare concentrazione nella zona di Strettoia dove i numerosi cippi funerari ritrovati (Cafaggio 6, Centoquindici 9, Strettoia - Via Romana 24, e molti altri ricadenti nel territorio comunale di Seravezza) documentano l’intensa frequentazione, motivata anche dallo sfruttamento dei ricchi bacini marmiferi. La conferma di tale modello insediativo, che predilige i terrazzi fluviali e le sommità della prima fascia collinare, è data dall’abitato di Bora dei Frati (2), come da quelli di Casa Baldi (Seravezza), dell’Acquarella (Camaiore) e di Capanne (Montignoso), cui potrebbe aggiungersi, nel territorio in esame, quello localizzabile sopra la Pieve dei SS. Giovanni e Felicita (15.2). La fascia collinare medio-alta è interessata, infine, a partire dall’altomedioevo, da abitati naturalmente protetti (Buca dei Pipistrelli 4, S.Maria 21) e dal sistema di insediamenti fortificati signorili (Castellaccio di Strettoia 7, Castiglione di Capezzano 8), posti a controllo del territorio e in relazione allo sfruttamento delle risorse minerarie dell’entroterra, attivi fino all’inizio del XIII secolo. Dal punto di vista delle aree a potenziale rischio archeologico, si segnalano quindi le colline e i terrazzi fluviali che dominano le due vallate maggiori, del Versilia e del Baccatoio, e quella minore di Strettoia, fino almeno a 200 m di altitudine s.l.m., cui possono aggiungersi, a quote superiori, siti localizzati su alture in posizione strategica. Nell’ampia pianura costiera si concentra l’insediamento d’età romana con rilevanti sopravvivenze della divisione agraria (centuriazione) a grandi maglie rettangolari e della viabilità a lunga distanza (via Aurelia). Entro il reticolo centuriale si collocano gli insediamenti rurali (Baccatoio 1.2, Montiscendi 12.1, Pievecchia 16.1, Pisanica 17.1, Ponterosso 20, Traversagna 26.1) le cui necropoli si dispongono prevalentemente lungo la viabilità principale e secondaria (Brancagliano 3.1, Crocialetto 11, Pievecchia 16.1, Pisanica 18, Ponte di Tavole 19). Tutta l’area pianeggiante, sino all’antica linea di costa, arretrata di circa 1,5 km rispetto all’attuale, è quindi da considerarsi a potenziale rischio archeologico. Dai dati disponibili è ragionevole supporre che il rischio maggiore per le testimonianze di età romana si attesti tra gli 80 e i 250 cm di profondità. Un caso particolare è infine quello del centro storico di Pietrasanta (14.1,14.2)), che mantiene ancora intatto l’impianto urbanistico della “terra nuova” medievale e che conserva nel sottosuolo strutture e reperti del castello duecentesco ed eventuali preesistenze (14.3), connesse con la particolare posizione lungo la viabilità antica. I numerosi recuperi nel centro storico, ne evidenziano l’alto rischio di ritrovamenti già a modeste profondità (40-50 cm). In generale, nelle zone a potenziale rischio, per quanto non esistano vincoli su siti o aree archeologiche (ex L. 1089/1939; ex L. 431/1985), sarebbe opportuno, in occasione di lavori che comportano escavazioni, considerare preventivamente la possibilità di ritrovamenti e far eseguire una valutazione mirata del rischio archeologico, che può variare a seconda delle opere da eseguire. In tal modo si potrà stabilire, fin dalla fase progettuale, le strategie e le modalità d’intervento più opportune, da concordare con la competente

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soprintendenza archeologica, evitando così la dispersione di dati storici importanti, l’eventuale danno al patrimonio archeologico e tutti quei disagi connessi con interventi d’emergenza effettuati in corso d’opera. 4. 2 Evoluzione del paesaggio naturale ed antropico Il territorio di Pietrasanta fa parte dell’area denominata Versilia storica insieme ai Comuni di Forte dei Marmi, Seravezza e Stazzema e nell’accezione più ampia ai Comuni di Massarosa, Viareggio e Camaiore, i cui confini giurisdizionali sono: a Nord la provincia di Massa Carrara e la Valle del Serchio, ad Est la Piana Lucchese e a Sud la Pianura Pisana. Il perimetro naturale è dato a Settentrione dalla catena delle Alpi Apuane, a Meridione dalla zona umida di Massaciuccoli e a Ponente dal Mar Ligure. La morfologia del territorio è piuttosto varia in quanto si passa dalla fascia costiera con ampio arenile dove sorgono i centri di più recente formazione, Forte dei Marmi, Marina di Pietrasanta, Lido di Camaiore e Viareggio, alla pianura alluvionale caratterizzata dalla presenza delle colture agricole. Nella fascia pedecollinare sono ubicati i centri di Seravezza, Pietrasanta, Camaiore e Massarosa mentre la fascia collinare è costellata da numerosi e suggestivi borghi medievali; infine nella fascia montana prevalgono i boschi misti di castagno nelle valli più interne, mentre nelle zone a solatio si trovano i boschi misti di cerro e roverella e nella parte più alta le faggete, per poi passare ai pascoli di alta quota e alle aspre e scoscese rupi

Figura 1 Carta della Repubblica di Lucca 1855 C. Mirandoli IGM Firenze calcaree delle Alpi Apuane. Numerosi sono i centri che si sviluppano all’interno di questo territorio tra cui molte frazioni e borghi appartenenti ai Comuni di Stazzema e Camaiore. Il territorio di Pietrasanta, nelle sue linee generali, ricalca quelle sopra citate. Ha un’estensione di 41,84 Kmq, pari all’11,76% dell’intero comprensorio versiliese. E’ caratterizzato da una fitta rete idrografica che fa capo al fiume Versilia, ma molti sono i

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torrenti che scendono dalle colline e che sono stati irregimentati per sottrarre le aree coltivabili alla palude. Sono presenti inoltre zone umide residuali tra cui ricordiamo il Lago di Porta, dove si è recentemente costituita un’area naturale di interesse locale (A.N.P.I.L. ai sensi L.R.47/85) e le Lame del Parco della Versiliana, uniche testimonianze per quanto riguarda la Versilia Settentrionale.

Figura 2 da "La pianura di Pietrasanta e il soffio dei venti" Sec. XVIII . ASF, piante dei capitani di parte guelfa, Cartone XX, n°21 Il fiume Versilia ha disegnato, nel corso dei secoli, la struttura del paesaggio pietrasantino in quanto la deviazione del medesimo ha portato a cambiamenti strutturali della piana che hanno permesso all’uomo di insediarvisi permanentemente, poiché l’area era inospitale a causa della malaria. Ogni fascia territoriale è contraddistinta da un paesaggio con caratteristiche peculiari e con una propria identità storico-culturale, architettonica e naturalistica, che si identificano in quella litoranea, della pianura alluvionale e collinare.

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Figura 3 Pianura di Pietrasanta, corsi del Fiume Vecchio e Fiumetto, Macchia di lecci, XVII sec. ASCP L’origine di Pietrasanta I più antichi insediamenti umani nel territorio di Pietrasanta risalgono all’Età del Rame, lo testimoniano due grotte sepolcrali ritrovate nell’area di Valdicastello, una posta alle falde di Monte Preti e l’altra situata nei pressi della Pieve di San Giovanni e Santa Felicita. Appartengono all’Età del Bronzo i resti di un villaggio in località La Costa, un colle che sovrasta la chiesina di Santa Maria, a nord della frazione di Valdicastello, mentre in località Baccatoio sono state rinvenute numerose tombe liguri. La storia più recente di Pietrasanta è legata al borgo di Vallecchia che ha origini Medievali, a cominciare dalla metà del 1100, quando furono Signori del luogo gli appartenenti ad un ramo dei Fraolmi (Simone, Guglielmo, Gherardo e Bonifacio) che si distinsero dai vicini Visconti di Corvaia, ed ebbero la loro fortezza nella rocca Flaminga sull’altura che oggi e denominata Castello. Il Castello sorgeva su di una rupe scoscesa e inaccessibile da cui si dominava anche Corvaia. Si ha notizia di questi castelli già dal 1164. Delle due Rocche rimangono soltanto pochi ruderi. In quegli anni le popolazioni che risiedevano alle falde delle colline del territorio pietrasantino, poiché la pianura era resa inospitale a causa della malaria, erano oppressi dalle continue angherie e dalle guerre perpetrate dai Cattani, così venivano anche chiamati i signori di Corvaia e Vallecchia. Lo stato di Lucca che aveva potere giurisdizionale su queste terre chiamò in aiuto un valoroso condottiero di origine milanese che nel 1255 fondò la Città, fu Guiscardo da Pietrasanta, che combatté e sconfisse i Cattani, definiti contadini molto ricchi e potenti, ribelli e banditi, che aspiravano a titoli di conti e marchesi.

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Guiscardo aveva riunito le popolazioni disperse sotto la fortezza di Sala, costruita ai piedi del colle che portava lo stesso nome. Il nome del borgo di Pietrasanta compare per la prima volta in un documento lucchese del 1258. Tale borgo a forma triangolare con la punta rivolta verso la collina,all’inizio non aveva fortificazioni, ma fu provvisto di mura nel 1308; se ne ha notizia anche nel 1311, quando discese in Italia l’imperatore Arrigo VII. Un documento del 1552 narra che la piccola città “girava dintorno canne 740 (quindi aveva un perimetro di circa 2.160 metri) et le mura alte da terra fino alli merli di braccia 14” (circa 8 metri). Nel 1291 fu eletto priore del borgo di Pietrasanta Ardingo dei Medici, in quell’epoca la cittadina aveva esteso il suo controllo su Motrone Castello, Montignoso, Monte Castello, Terrinca, Cappella di San Martino, Pruno e Pomezzana, Liviliano, Volegno, Stazzema, Farnocchia, Seravezza, Retignano, Strettoia, Vegghiatoia. Nel 1324 Castruccio Castacani degli Antelminelli fece fortificare la città, edificandovi la Rocca chiamata Arrighina, in onore del figlio Arrigo, e ristrutturò la Rocca di Sala, che chiamò Ghibellina, Pietrasanta divenne così un’importante fortezza di confine. La città per la sua posizione strategica e per la vicinanza con il mare, fu sempre oggetto di conquista da parte dei signori di Lucca, Pisa, Genova e Firenze. Nel settembre del 1329 fu ceduta insieme a Lucca al ghibellino genovese Gherardo Spinola. In seguito fu venduta prima ai Pisani, poi ai Fiorentini. Nel 1344 Pietrasanta fu ceduta nuovamente ai Pisani che la tennero fino al 1369, quando l’imperatore Carlo IV di Lussemburgo la restituì ai Lucchesi insieme al Forte di Motrone.

Figura 4 La pianura di Pietrasanta e il soffio dei venti. Sec. XVIII . ASF, piante dei capitani di parte guelfa, Cartone XX, n°21 Dopo un periodo di relativa calma cadde sotto il controllo dei Genovesi. Finalmente nel 1513 (Lodo papale) Papa Leone X De’ Medici, al secolo Giovanni, figlio di Lorenzo il Magnifico, attribuì definitivamente il Castello e la terra di Pietrasanta, nonché il Forte e l’approdo marittimo di Motrone, ai Fiorentini. Nel 1588 fu fatto edificare da Cosimo I De’

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Medici il Forte del Salto della Cervia che fu ultimato sotto il governo di Ferdinando I De’ Medici, in prossimità del Lago di Porta Beltrame, al confine tra il Gran Ducato di Toscana e lo Stato di Lucca per presidiarne la via di comunicazione tra i due Regni e per controllare il confine settentrionale del capitanato di Pietrasanta. La Città rimase sotto il dominio fiorentino per circa cinque secoli, fino all’Unità d’Italia, 1861. La Pianura Costiera La pianura costiera si estende per una lunghezza di circa 4,5 Km ed una profondità, dall’arenile al tracciato dell’autostrada A-12 , di circa 2 Km. Quest’area ha subito nel corso dell’ultimo secolo profondi cambiamenti dovuti ad una diffusa urbanizzazione. La costruzione del viale litoraneo e degli stabilimenti balneari ha portato allo spianamento dei cordoni dunali, alla trasformazione dell’antico bosco di Marina, che si estendeva per circa 9 Km da Cinquale a Motrone, di cui sopravvive a testimonianza, solo il parco della Versiliana e il parco privato della Casina dei Turchi. Intorno all’anno Mille ampie fasce boscose costituite soprattutto da querce, ontani e lecci si estendevano lungo il litorale pietrasantino, tra zone palustri fino alle dune e alla spiaggia. Molta importanza è stata data alla conservazione e salvaguardia del bosco costiero, come si desume dai documenti del XXIV-XXV-XXVI secolo, dove veniva vietato il taglio degli alberi e vi erano pene per chi introduceva bestiame e accendeva fuochi. Nei secoli successivi il bosco si è ridotto sensibilmente sia per l’azione degli agenti atmosferici ma soprattutto per l’intervento antropico. La Comunità di Pietrasanta aveva a disposizione il bosco dove vi tagliava legna sia per uso personale sia per ricavarne utili dalla vendita, concedeva licenze per la raccolta di rami morti, e per il pascolo. Anche la Magona di Ruosina, su disposizioni governative aveva l’accesso al taglio degli alberi, che gli servivano per la fusione e per la lavorazione dei metalli, soprattutto ferro e argento. Inoltre molte erano le incursioni di alcuni abitanti dei paesi vicini che tagliavano il bosco abusivamente. Era necessario, per le credenze del tempo, conservare la Macchia per mantenere la salubrità dell’aria e preservare le zone interne dai malsani venti marini. Nella seconda metà del XVIII secolo il Bosco di Marina si era sensibilmente ridotto e si trovava in forte stato di degrado, in quanto lecci di grosse dimensioni ed il relativo sottobosco erano tenuti bassi da un intenso pascolamento. Verso la fine del 1700 fu decisa dal governo fiorentino l’allivellazione della Macchia di Marina e questa fu la causa che maggiormente cambiò le sorti del bosco costiero. La Macchia fu divisa in ventidue poderi di circa 20 ettari ciascuno da concedere a livello: procedendo dal mare verso l’interno si incontrava una porzione di terreno destinata al pascolo, un’altra per il foraggio, una stretta fascia di bosco lasciata integra per il riparo dai venti, una striscia a prativo un’ulteriore porzione lasciata ancora a bosco per la difesa dell’area più interna definita come “lavorativa, vitata e pioppata”. In ogni podere si doveva costruire un edificio a due piani, con le stalle a piano terra e l’abitazione a quello superiore. Questa operazione non dette i risultati attesi e il Granduca Pietro Leopoldo, dopo un sopralluogo compiuto nel 1787, constatava che le prescrizioni non erano state rispettate e gli allivellari avevano soprattutto devastato la Macchia. All’inizio del XIX secolo venne introdotto il pino domestico o pino da pinoli nella fascia litoranea. Infatti fu deciso di concedere gratuitamente ai livellari una striscia di arenile, avente la profondità di circa 60 m., purché vi seminassero i pini per creare una barriera ininterrotta lungo tutto il litorale per difendere le colture interne dai venti marini.

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Ciò documenta l’introduzione antropica del pino domestico nel bosco costiero di Marina di Pietrasanta.

Figura 5 da "Pianura di Pietrasanta, corsi del Fiume Vecchio e Fiumetto, Macchia di lecci, XVII sec. ASCP La Pianura Alluvionale e la Fascia Pedecollinare La pianura che si estende all’incirca tra il viale Unità d’Italia e le pendici collinari subì le prime trasformazioni già in epoca romana. L’area compresa tra Querceta e Pietrasanta mantiene ancora l’aspetto di una divisione in regolari centurie dove la campagna assunse un assetto preciso ed ordinato secondo canoni ben stabiliti: infatti la selva costiera fu sostituita dalla campagna coltivata, anche se, in alcuni casi doveva essere salvaguardata e protetta secondo i culti pagani legati alle divinità silvane.

Figura 6 da "Pianura di Pietrasanta, corsi del Fiume Vecchio e Fiumetto, Macchia di lecci, XVII sec. ASCP"

Figura 7 da "La pianura di Pietrasanta e il soffio dei venti" Sec. XVIII . ASF, piante dei capitani di parte guelfa, Cartone XX, n°21

Nel periodo medioevale il bosco riacquistava terreno a scapito delle terre in precedenza bonificate e coltivate sia per un cambiamento climatico che aveva favorito il reintegro di esso, sia per l’abbandono della campagna. La stretta fascia a ridosso della collina era intensamente coltivata ed i campi si estendevano fino al limite con la palude e il bosco costiero. Tra il XVI e il XVII secolo il paesaggio agrario era caratterizzato dalla presenza di terreni delimitati da canali e filari di alberi spesso costituiti da pioppi con “viti maritate”, ma anche con olivi e piante di gelso. I terreni erano divisi in strisce separate da fossati più o meno grandi che servivano per lo scolo delle acque e filari di alberi venivano piantati ai

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margini di tali fossati. Le coltivazioni erbacee erano costituite in massima parte da cereali: grano, miglio, segale, orzo e leguminose come fagioli, lupini e vecce, vi erano inoltre coltivazioni di lino e canapa. Il sistema di rotazione delle colture era biennale, veniva utilizzata la tecnica del maggese-grano, ed in autunno i campi venivano concimati con stallatico. Nella pianura erano presenti alberi da frutto come susini, peri, meli, ciliegi e fichi nonché nespoli, noci, nocciole e melograni. Molti erano gli agrumi (arance, cedri, limoni) coltivati a ridosso della collina in quanto più riparati dai venti freddi del Nord. Aranceti erano diffusi nella zona di Porta e i Frati Agostiniani di Pietrasanta ricavavano dai fiori di arancio un profumo, conosciuto come “acqua lanfa”, che veniva esportato in tutta la penisola e offerto a personalità illustri che giungevano in visita nell’Agro pietrasantino.

Figura 8 da "Circondario di Pietrasanta Seravezza e Stazzema, poderi della Macchia allivellati e coltivati", 1810 Prop. Guidagli In questo contesto storico-agricolo-ambientale aveva un ruolo determinante il fiume Versilia, infatti fino alla metà del’500 le sue acque scorrevano per un buon tratto perpendicolari alla pianura circostante andando a spagliare nella zona di Motrone. Il corso lento favoriva l’impaludamento delle campagne e frequenti erano le esondazioni, inoltre la foce era soggetta ad interramenti con conseguente impedimento del deflusso delle acque in mare. Dal ‘500 erano stati fatti tentativi per disciplinare il corso del fiume Versilia e per bonificare le paludi della zona, alzando e riparando gli argini, allargando e dragando i canali di scolo, ma con scarsi risultati. Tra il 1559 e il 1597, sotto il Governo dei Medici, veniva costruito un canale scolmatore del fiume Versilia, perpendicolare alla linea di riva, che da Ponte di Tavole arrivava fino al centro dell’odierna Forte dei Marmi, per favorire il deflusso delle acque. Questa nuova asta prendeva il nome di Fiume Nuovo o Fiumetto e a trarne beneficio era l’area intorno a Motrone, ma le continue esondazioni nella zona della Vaiana costringevano il Governo Mediceo a predisporre la costruzione di un altro canale, denominato Fosso dell’Oncino ed a convogliare le acque del fiume dentro il Lago di Porta, situato al confine tra lo Stato di Lucca (Montignoso) e il Capitanato. Il lago, originatosi probabilmente intorno all’anno Mille dalla trasformazione di un’antica lama costiera e per le esondazioni del Pannosa o fiume di Montignoso e del Versilia, subiva nei secoli notevoli trasformazioni dovute alle continue bonifiche delle zone interessate dalle acque, per

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rendere le aree coltivabili e risanare l’aria. Per poter debellare la malaria e impedire le tracimazioni del Versilia bisognava aspettare il 1830 quando venivano introdotte le cateratte, prima alla foce del Cinquale poi a Tonfano e Motrone. Finalmente si fecero sentire benefici di tale intervento, le condizioni della pianura cominciarono decisamente a cambiare con il conseguente miglioramento dell’aria. La Collina Così come la fascia litoranea e la pianura alluvionale anche la collina ha subito notevoli cambiamenti nel corso dei secoli. La dove un tempo si stendevano macchie di sclerofille sempreverdi costituite soprattutto da lecci, allori e mirti ora troviamo terrazzamenti a gradoni o con muretti a secco dove sono ampiamente diffuse la colture dell’olivo e della vite. Gli impianti a vigneto si trovano soprattutto su terreni scistosi come ad esempio i colli di Strettoia; in collina i filari alberati con viti maritate sono sostituiti da viti sorrette da canne e non più da alberi vivi. Gli oliveti abbondano su terreni rivolti a solatio e ben drenati come quelli calcarei. L’introduzione dell’olivo e della vite si devono probabilmente ai romani che li importarono e li diffusero nel I sec. a. C., queste colture subirono poi una battuta di arresto nel periodo medioevale per poi riaffermarsi nelle epoche successive. In collina, nelle valli più fresche e rivolte a Nord, intorno all’anno Mille si diffuse il castagno, sostituendosi alla vegetazione originaria costituita da rovere, roverella e carpino nero. Per secoli il castagno è stato “l’albero del pane” della gente della montagna. Le selve, così erano chiamati i castagneti da frutto, venivano coltivate in tutta l’area versiliese dove il terreno di natura acidofila lo permetteva. Il castagno oltre a fornire l’alimento principale delle popolazioni locali produceva legna da ardere, da costruzione ed inoltre il suo fogliame veniva impiegato per la lettiera degli animali. Anche i querceti e le leccete erano tenuti in grande considerazione poiché i loro frutti, le ghiande, servivano a sfamare i suini. Per contrastare il dilavamento dei pendii e rendere meno difficoltosa la raccolta delle castagne i castagneti da frutto venivano terrazzati, anche con muretti a secco, mentre i terreni coltivati a cereali erano sostenuti da ciglioni erbosi. La coltura principale era e rimane quella dell’olivo in quanto risultava solitamente abbondante e di ottima qualità, permettendo una fonte di reddito particolarmente remunerativa. In periodi di carestia sotto il dominio mediceo, veniva vietata l’esportazione dell’olio fuori dai confini del Capitanato, fatto che sottolinea l’importanza di questo prodotto e della sua commercializzazione per la sussistenza delle persone che abitavano questi luoghi. Attualmente il paesaggio agrario-forestale del territorio di Pietrasanta conserva le caratteristiche dell’azienda mezzadrile, sorta sui resti degli antichi impianti romani, in cui i campi coltivati erano circondati da un filare esterno di olivi, esempi ben conservati sono visibili nella zona di Crociale e Vaiana. Nell’area della piana di Strettoia permane l’impianto a doppio filare a vite ed olivo, al cui interno vi sono orti di tipo tradizionale. Nelle zone agricole delle pianura, dove si trovano ampi appezzamenti di terreno, sono coltivati in prevalenza mais e grano, inoltre vi sono campi destinati alla pioppicoltura industriale e alla produzione di foraggio. L’area della piana costiera posta tra il Viale Litoraneo e le Vie Barcaio e del Sale, si distingue per un’unitarietà paesaggistica costituita da una fitta rete di strade e villette con giardino, all’interno delle quali è costante la presenza del pino domestico. Come già detto

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in precedenza in questa fascia si trovano i Parchi della Casina dei Turchi che comprende un’area di circa 20 ettari e de La Versiliana in cui prevale la fitocenosi della lecceta pinetata. Lungo i corsi d’acqua è presente la vegetazione ripariale, tipica delle zone palustri in cui nello strato erbaceo prevale la cannuccia di palude, mentre nello strato arbustivo e arboreo si ricordano i salici, gli ontani, i pioppi neri e bianchi. Sulle colline poste alle spalle della Città viene coltivato in prevalenza l’olivo la cui sistemazione agraria è o su muretti a secco o su ciglioni, negli ultimi anni si assiste ad un aumento del recupero degli oliveti abbandonati. La coltura del castagno non è più praticata da diversi anni e ciò ha contribuito al disseto idrogeologico di alcune aree. Sui colli di Strettoia viene prodotto un ottimo vino e il vitigno più diffuso è il Vermentino che in questa zona ha il suo areale più meridionale.

Figura 9 da "Carta dell'uso del suolo" 2003 Piano Strutturale Comune di Pietrasanta In conclusione anche se il paesaggio ha subito una notevole evoluzione ed urbanizzazione soprattutto nella fascia costiera in seguito alle bonifiche del ‘800 e allo sviluppo turistico, nelle sue linee generali ha mantenuto la tipicità del paesaggio toscano, in cui nella zona collinare è possibile ammirare ville circondate da oliveti e filari di cipressi ed in pianura sopravvivono numerosi casolari di origine leopoldina ai cui margini si trovano ampi campi coltivati.

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Capitolo V L’analisi del paesaggio agrario, naturale ed antropico 5. 1 Studio e metodologia Nessun tipo di pianificazione è imprescindibile dallo studio profondo e capillare dell’analisi del territorio, inteso non come mera accezione estetica, ma come coscienza di un luogo interpretato nella sua complessa fenomenicità e determinato dalle interrelazioni di fattori naturali ed antropici, lo studio cioè, del paesaggio. Obiettivo del nostro studio è quindi analizzare e restituire graficamente, nel modo più corretto possibile e più vicino possibile alla realtà, il paesaggio del Comune di Pietrasanta, inteso come essenza profonda del territorio generato da elementi naturali ed antropici, da segni evidenti e nascosti, da tracce storiche ed effimere che restituiscono il luogo così come viene percepito da chi lo vive. Per ottenere tale risultato lo studio è partito, in primo luogo, da un confronto con le carte tecniche tematiche redatte da gruppi di professionisti incaricati di aggiornare le carte già esistenti e di incrementarle con uno studio più puntuale sullo stato dell’ambiente e sulle risorse storico archeologiche; ed in secondo luogo, attraverso un rilievo puntuale delle risorse e delle caratteristiche del territorio effettuato mediante uno studio capillare sul campo ed un riscontro/aggiornamento sulle fotografie aeree. Le carte tematiche prese in esame sono state la carta geologica, la carta litologica, la carta geomorfologica, la carta idrografica, quella della stratificazione storica, dell’edificato attuale, dell’ubicazione degli impianti rice-trasmittenti. Il risultato finale è stato l’elaborazione delle seguenti carte paesaggistiche: Carta della Semiologia Naturale Carta della Semiologia Antropica Carta della Visualità (sistemi antropici) Carta dell’Uso del Suolo Carta degli Ambiti Territoriali Omogenei. Il territorio indagato è stato fotografato e riportato su base informatica ed è stata creata una banca dati riguardante la simbologia adottata nella stesura delle carte. 5. 2 I segni naturali ed antropici sul territorio l’analisi del paesaggio è partita dall’individuazione dei segni di origine naturale ed antropica che definiscono la forma e la genesi del territorio e vengono percepiti con il significato di limite, continuità o dominanza. I segni naturali sono quegli elementi propri del paesaggio che appartengono alla morfologia, all’orogenesi, all’idrografia e alla vegetazione spontanea di un territorio. Comprendono poi le forme rimaste immutate nel tempo o che una volta utilizzate e poi abbandonate, stanno riacquistando l’aspetto originario, ad esempio le pendici collinari, dove si trovano i castagneti, che ormai incolti da tempo danno origine a boschi misti di caducifoglie o il Parco costiero della Versiliana in cui il pino (Pinus pinea) anche se introdotto all’inizio del 1800, fa parte della memoria storica del paesaggio.

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Sono graficizzate e messe in evidenza: - la morfologia dei luoghi, mettendo in risalto le cime, i sistemi di cresta, i cucuzzoli, i promontori, le depressioni, i pianori, le valli larghe e strette e l’andamento del terreno. - l’idrografia, che comprende i corsi d’acqua naturali, le zone umide e le coste. I corsi d’acqua rettificati, essendo stati modificati dall’uomo e non appartenendo per questo a tale categoria, sono stati evidenziati con un segno tratteggiato. - la vegetazione naturale e naturalizzata che riguarda i boschi residuali di latifoglie decidue, la vegetazione riparia, la macchia mediterranea la lecceta pinetata e i castagneti rinaturalizzati. La spiccata naturalità che si ritrova sulle sommità collinari, quella che si osserva in alcuni boschetti e lungo i corsi d’acqua di pianura, le elevate qualità ecologico ambientali ed estetico percettive delle aree verdi, portano a protendere per una riqualificazione del paesaggio naturale. Lo studio della semiologia antropica evidenzia tutti i segni determinati dall’uomo sull’ambiente e con essi la mutazione del paesaggio dovuta al cambiamento di usi e costumi che si sono susseguiti nelle diverse generazioni e che hanno portato allo stato attuale del territorio indagato. La carta che ne scaturisce mette in luce questi elementi che derivano dall’attività dell’uomo e che determinano il paesaggio: le reti di comunicazione come strade e ferrovie; gli impianti elettrici e di telecomunicazione; gli edifici e le aree urbanizzate; le sistemazioni paesaggistiche e agricole come ad esempio i terrazzamenti; le divisioni dei campi, i filari, i muretti e le siepi di confine; le modifiche alla morfologia del terreno (regimazione e canalizzazione dei corsi d’acqua, terrazzamenti e ciglionamenti, cave e miniere). Sono evidenziati inoltre, in maniera distinta quegli elementi costruiti e distribuiti sul territorio, legati a funzioni specifiche a formare dei sistemi “antropici” definiti “sistemi museali” che caratterizzano territori anche vasti, segnando spesso dei percorsi, come le marginette, le fontane, i lavatoi e i metati. Gli edifici di alto valore storico paesaggistico sono stati distinti dagli edifici in genere, mentre il tessuto urbano è stato differenziato a seconda della tipologia, in quanto percettivamente genera sul territorio segni differenti. Quindi dall’analisi approfondita del paesaggio emerge la storia dei luoghi, legata alle esigenze di vita dei sui abitanti e si evidenzia come l’attività dell’uomo abbia modificato il paesaggio naturale, in modo tale da rispondere alle proprie esigenze. Si può cogliere l’evoluzione del territorio ad esempio nella Marina dove è percettibile la forte vocazione turistica che ha generato un assetto urbano compatto mantenendo però un equilibrio dato dalla presenza delle pinete, che anche se di origine antropica suscitano una viva sensazione di naturalità. 5. 3 Studio della Visualità Dallo studio dei segni della carta della Semiologia Naturale e di quella Antropica deriva la carta della Visualità che è la somma delle matrici percettive delle analisi precedenti. Questa carta, che è basata sulla riproduzione dal vero e costituisce il principale strumento di lavoro e di lettura nello studio del paesaggio, restituisce rappresentativamente la conoscenza complessiva e sintetica del territorio così come lo si vede. La grafica utilizzata è di tipo sperimentale e i segni che ne derivano sono la sintesi di una serie di appunti e disegni dal vero eseguiti durante la campagna di rilevamento. L’intenzione è proprio quella di graficizzare l’esperienza visiva di un qualsiasi utente del territorio sia esso un abitante o un turista di passaggio, il quale percorrendo il territorio comunale, si crea dello stesso un’immagine scaturita da ciò che vede.

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In cartografia sono messi in evidenza tutti gli elementi naturali e antropici che visivamente, caratterizzano il paesaggio, sia positivamente che negativamente. Quindi in tale carta si rilevano gli edifici di pregio ad alta, buona e scarsa visuale, gli edifici a forte impatto visivo, quelli deturpanti, i centri urbani e i centri storici. Sono evidenziati i sistemi infrastrutturali ed i sistemi produttivi commerciali e artigianali, ad esempio quelli legati alla lavorazione del marmo, come depositi e segherie. Viene individuato il sistema viario principale e secondario, la linea ferroviaria e il viadotto dell’autostrada. Per i sistemi naturali sono riportati i versanti montuosi, le cime, i promontori e le rocce affioranti; sono inoltre disegnate le sistemazioni agricole, come i terrazzamenti e i ciglionamenti, i sistemi dei filari, le serre, le pioppete artificiali, i sistemi museali antropici per esempio le marginette, le fontane, i lavatoi etc. Per tutta la viabilità principale sono stati inoltre redatti dei gradi di visibilità che individuano per i tratti prescelti punti panoramici, buona, media o scarsa visualità, occlusioni date da strettoie, muri o vegetazione. 5. 4 L’uso del suolo Come per gli studi precedenti studio della vegetazione è stato compiuto partendo dalla base cartografica (C.T.R. 2000) e per i rilievi è stato usato il metodo Braun-Blanquet, considerando solo le coperture arboree ed arbustive, tralasciando invece quelle erbacee. Successivamente i rilievi sono stati verificati attraverso le fotografie aeree e quindi riportati in cartografia, cercando di restituire una fotografia del territorio comunale il più fedele possibile al paesaggio naturale ed antropico del luogo. Data la complessità del territorio, dovuto alla diversa morfologia dei luoghi sono stati definiti nell’ambito della Collina i confini delle colture e identificate le seguenti associazioni vegetali: Il bosco misto governato a ceduo con prevalenza di ontani (Alnus glutinosa) e castagni (Castanea sativa); il castagneto da frutto abbandonato; il bosco misto a pino (Pinus sp.pl.) e castagno; il bosco misto ad ontano e castagno con intrusione di latifoglie decidue, vi sono inoltre pinete a pino marittimo (Pinus pinaster) e rimboschimenti con prevalenza di pino nero (Pinus nigra). Dove il substrato geologico lo permette, cioè su terreni calcarei e ben drenati, è diffusa l’olivicoltura con disposizione agraria posta su terrazzamenti a ciglioni, su muretti a secco, oppure su lunette. Vi sono alcuni oliveti abbandonati che sorgono su ciglioni e muretti a secco, il cui numero è in notevole diminuzione a causa della sempre più crescente sensibilità al recupero delle aree olivate. Anche la viticoltura, individuabile su terreni più argillosi, segue la disposizione a filare sia su ciglioni, sia su muretti a secco. Si individuano anche terreni incolti; prati-pascoli, in genere posti sulla sommità delle colline; leccete, residuo dell’antica fitocenosi a sclerofille sempreverdi che culminano con la Macchia mediterranea. In ultima analisi, in prossimità delle aree urbanizzate, si ritrovano orti, giardini e parchi privati e filari di alberi di alto fusto, in genere cipressi (Cupressus sempervirens). Nell’ambito della Pianura sono stati definiti i confini delle aree coltivate a seminativo (cereali); anche qui ritroviamo gli orti, i giardini, i parchi privati; gli impianti floro-vivaistici; la vegetazione riparia; i boschi misti residuali di latifoglie decidue; i boschi costieri (con prevalenza di Quercus ilex e Pinus pinea) e le villette con presenza di pino

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domestico (Pinus pinea), della Marina. Si individuano poi pioppete per lo sfruttamento industriale. Anche in pianura sono presenti sistemi di filari a cipresso (Cupressus sempervirens), pioppo (Popolus alba e Popolus nigra), vite (Vitis vinifera), olivo (Olea oleaster), ontano (Alnus glutinosa), pino (Pinus pinea), tiglio (Tilia cordata) e leccio (Quercus ilex). Spesso le colture tradizionali miste sono delimitate da filari. Inoltre sono messe in evidenza piante di interesse botanico paesaggistico. La riproduzione dei sistemi naturali e antropici, sia collinari che di pianura, offrono un valido supporto di lavoro per lo studio del territorio. 5. 5 Gli Ambiti Territoriali Omogenei Tutti gli aspetti cartografati nelle precedenti tavole contribuiscono a disegnare la Carta degli ambiti territoriali omogenei, che sono porzioni di paesaggio che per caratteristiche diverse o per conformazione particolare, compongono un ambiente al suo interno omogeneo e ben differenziato dal resto del territorio. L’importanza e la rivalutazione di questi complessi deriva da due considerazioni: in primo luogo essi esprimono il carattere di sintesi della condizione paesaggistica; in secondo luogo tale rivalutazione soddisfa la più elementare esigenza dell’approssimazione visiva al paesaggio che pur basandosi sui contenuti scientifici della semiologia resta vagamente estetizzante e collima con la generale interpretazione del paesaggio stesso, da parte dell’opinione pubblica. Il paesaggio è studiato non solo nei suoi aspetti estetico-percettivi, ma viene definito ed interpretato con le stesse modalità analitiche, come se fossero differenti tessere appartenenti allo stesso mosaico. Di seguito sono riportati gli ambiti territoriali omogenei con le descrizioni di ciascuno. Questa suddivisione del territorio ha fornito la base per l’individuazione delle U.T.O.E. in sede di quadro progettuale Esistono quattro paesaggi fondamentali: la collina, le aree urbanizzate, le aree agricole e la marina. La lettera maiuscola indica il paesaggio di appartenenza, il primo numero l’ambito omogeneo mentre il secondo numero indica il sotto ambito. Le zone collinari sono state visualizzate attraverso la lettera “A” A1 - CONCA DI VITOIO-SOLAIO E CASTELLO Conca dolce, chiusa su tre lati da colline dove vi sono boschi residui in cui era praticata la coltura del castagno. I terrazzamenti sono coltivati principalmente ad olivo e vi si trovano cave ormai dismesse. E’ aperta verso la piana costiera sul lato occidentale ed è caratterizzata da insediamenti storici di crinale, di sponda e di fondovalle, gli edifici più recenti sono ubicati principalmente nel fondovalle.

a1/1 L’AREA COLLINARE A CASTAGNO DI VITOIO Zona collinare su base filladica-sericitica s.l., solcata da corsi d’acqua a carattere torrentizio, caratterizzata da forti pendenze e ricoperta da boschi un tempo governati a ceduo in cui permangono castagneti da frutto abbandonati e dove si trovano scarsi insediamenti antropici, legati spesso alla coltura del castagno tra i quali i “Metati”, numerosissimi in questi boschi, alcuni dei quali sono stati recuperati, mentre di altri ne rimangono i ruderi.

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a1/2 IL VERSANTE DELLE CAVE Versante collinare esposto ad ovest che per la presenza di marmi pregiati è solcato da cave. La fascia superiore è ricoperta da boschi, mentre la parte più bassa, antropizzata, è stata terrazzata e coltivata ad olivo. a1/3 IL VERSANTE COLTIVATO E IL FONDOVALLE Si contraddistingue per il fondovalle dolce ricco di borghi ed un versante collinare mosso, esposto a nord, con pendenze medio basse. E’ un’area fortemente antropizzata, caratterizzata principalmente dalla coltura dell’olivo e in misura minore da quella della vite mentre la coltura del castagno è ormai abbandonata.

A2 - VALLATA DI SANTA MARIA Appare come una vallata stretta collinare, visivamente chiusa, non aperta al mare, molto naturale, completamente boscata con governo del bosco a ceduo è caratterizzata da forti pendenze ed incisa dal torrente omonimo e dai suoi affluenti.. Il substrato geologico è costituito da calcare cavernoso. A3 - IL VERSANTE COLLINARE DI CAPRIGLIA E CAPEZZANO Versante collinare esposto a mare il cui substrato litologico è dato da calcare cavernoso. L’area è quasi completamente antropizzata con insediamenti urbani storici concentrati lungo il tratto più alto della linea viaria e insediamenti sparsi diffusi su tutto il resto del territorio. E’ caratterizzata da sistemazioni agrarie a terrazzi e ciglioni dove viene coltivato l’olivo. Sono presenti lungo i corsi d’acqua boschi residui di latifoglie decidue.

a3/1 IL VERSANTE PIATTO E APERTO DI CAPRIGLIA E’ la parte del versante collinare di Capriglia e Capezzano caratterizzata da una orografia piatta e completamente aperta al mare, segnata da una viabilità recente molto visibile. Nelle aree boscate, inoltre, vi è una massiccia presenza di pino, data soprattutto da rimboschimenti a pino nero (Pinus nigra). a3/2 IL VERSANTE MOSSO E SEMIAPERTO DI CAPEZZANO Quest’area si differenzia per un andamento dell’orografia molto mosso e dalla presenza di dossi e piccole conche chiuse, ne risulta una visualità molto variabile, a volte completamente aperta sulla piana costiera, a volte chiusa in un raggio molto piccolo. La viabilità antica corre nascosta tra gli olivi. Le zone più alte sono coperte da castagneti abbandonati.

A4 - MONTE PRETI Collina isolata, su un substrato di calcare massiccio, completamente dominata da terrazzamenti coltivati ad olivo molti dei quali su impianto antico; ricca è la presenza di olivi secolari. Caratterizzata inoltre da ampie visuali sulle colline circostanti e sulla pianura costiera. A5 - LE COLLINE DI VALDICASTELLO Versanti collinari, perpendicolari alla linea di costa ma visivamente chiusi verso mare, caratterizzati da una pendenza medio-alta e da affioramenti rocciosi. A media e bassa quota

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le colline sono quasi interamente coltivate ad olivo e presentano sia sistemazioni su muretti a secco, che su ciglioni, che su lunette; le zone più alte sono coperte da bosco ceduo. Con la lettera B sono contraddistinte le aree urbanizzate B1 -PIETRASANTA Ambito a cavallo tra la zona pedecollinare e quella di pianura. L’area che investe è completamente urbanizzata e si sviluppa a valle e ai lati di un impianto storico compatto, quello della città di Pietrasanta, seguendo in parte le linee della viabilità storica (asse della Via Aurelia e di Viale Apua). Il tessuto urbanizzato si presenta eterogeneo sia come trama che come tipologia, accogliendo insediamenti residenziali e produttivi.

b1/1 LA SRETTA FASCIA URBANIZZATA PEDECOLLINARE Costituisce parte della città di Pietrasanta posta sulle prime pendici collinari, compenetrata da aree coltivate della collina. E’ caratterizzata da tessuto e tipologia omogenei contraddistinti da villette con giardino. b1/2 IL VUOTO URBANO PROMISCUO Zona urbanizzata pedecollinare, interna all’ambito della città di Pietrasanta, il cui tessuto si presenta diradato e caratterizzato da medi e grossi insediamenti produttivi e commerciali sorti lungo una via di grande percorrenza o nelle immediate vicinanze all’interno di un tessuto urbanizzato compatto.

B2 - FASCE PEDECOLLINARI A FORTE IMPATTO Sono le fasce urbanizzate ai piedi della collina strette tra il rilievo e il fiume Versilia da un lato (b2/1) e la ferrovia dall’altro (b2/2). In entrambi i casi il territorio è percorso da una strada a grande transito, la Provinciale e la Sarzanese, ed è caratterizzato da insediamenti a forte impatto visivo paesaggistico.

b2/1 Prevale la promiscuità tra insediamenti residenziali, anche storici e con importante fondale visivo paesaggistico e insediamenti produttivi fortemente impattanti, legati alla lavorazione del marmo. b2/2 Caratterizzato da presenza di cave e impianti ad esse legate.

B3 – IL PRIMO FONDOVALLE DI VALDICASTELLO E’ costituito da un ampio e piatto fondovalle aperto verso il mare e percorso centralmente da un corso d’acqua, il Baccatoio, caratterizzato da insediamenti edilizi sparsi sul territorio e circondati da orti e campi a coltura tradizionali. Lungo il fiume vi è una ricca presenza di tipologie insediative legate alla castagnicoltura (metati) e all’olivicoltura e (frantoi). B4 – VALDICASTELLO Stretto fondovalle percorso da un torrente, il Baccatoio, ai lati del quale si attesta l’insediamento storico di Valdicastello che mantiene le caratteristiche originarie. Con la lettera “C” sono contraddistinti gli insediamenti produttivi commerciali medi e grandi, la maggior parte dei quali legati alla lavorazione del marmo.

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C1 – IL CROCIALE E LA ZONA A COLTIVAZIONE TRADIZIONALE AD OLIVO Zona di pianura su conoide alluvionale, in leggera pendenza, caratterizzata da un reticolo viario antico bordato da olivi, alcuni dei quali secolari, dove prevalgono colture di tipo di tradizionale: si hanno terreni frazionati e perimetrati da filari di olivi al cui interno vi sono orti, coltivazioni cerealicole o foraggiere ed oliveti. Il centro urbano è posto centralmente, ed è cresciuto attorno agli assi viari storici, in maniera semi spontanea, su insediamenti agricoli preesistenti. C2 – PIANA ALLUVIONALE Area della pianura alluvionale quasi completamente antropizzata dove si rinvengono scarsi residui di bosco ripario lungo i canali o i fossi di scolo. Le coltivazioni sono principalmente di tipo cerealicolo e foraggiero (grano e granturco) a carattere non intensivo.

c2/1 PIANA AGRICOLA CON STRUTTURE EDILIZIE DI IMPIANTO TRADIZIONALE Area della piana alluvionale caratterizzata dalla presenza, sporadica, di aziende agricole tradizionali e da un’edilizia di tipo rurale legata principalmente alla coltivazione dei cereali. Nella parte orientale è presente un insediamento urbano compatto e distinto dal circostante territorio agricolo. c2/2 PIANA AGRICOLA CARATTERIZZATA DA FORTE PRESSIONE URBANA L’area è caratterizzata da un forte insediamento residenziale diffuso su tutto il territorio dove villette con giardino, anche di recente lottizzazione, sorgono a fianco di rustici agricoli. Sorge lungo le vie di collegamento al mare ed ha la funzione di nodo connettivo tra la marina e la città. c2/3 AREA AGRICOLA ABBANDONATA Cuneo di pianura alluvionale delimitato da grosse infrastrutture (Autostrada e via Aurelia) caratterizzato da un impianto agricolo in abbandono, sostituito in ampie zone da aree boscate spontanee.

C3 – LA VIA AURELIA E L’AREA INDUSTRIALE Striscia di pianura caratterizzata da forte antropizzazione, anche di tipo impattante, sorta intorno ad un grosso asse viario (Via Aurelia), e affiancata da aree a coltivazione di tipo intensivo. Vi sorgono inoltre insediamenti produttivi e commerciali di medie e grandi dimensioni, la maggior parte dei quali legati alla lavorazione del marmo.

c3/1 L’AREA INDUSTRIALE DI INGRESSO ALLA CITTÀ Fascia d’ingresso alla città caratterizzata da insediamenti di grosse dimensioni sia produttivi che commerciali che coprono tutto il territorio, non lasciando alcuno spazio ad insediamenti di tipo agricolo.

C4 – LA PIANA PROMISCUA Zona agricola di pianura su substrato alluvionale caratterizzata da appezzamenti medio piccoli e insediamenti promiscui di tipo residenziale, agricolo, produttivo e infrastrutturale. Vi è la presenza di impianti di vario genere. Le visuali risultano frammentarie o chiuse da siepi o da recinzioni.

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c4/1 L’AREA AGRICOLA DI TIPO INTENSIVO CANALIZZATA Area della piana agricola posta su un substrato di sabbie e limi solcato da una rete di canalizzazioni. E’ caratterizzata dalla presenza promiscua di insediamenti agricoli e non, le coltivazioni sono spesso di tipo intensivo. La visuale è chiusa verso sud e verso mare.

C5 – ASSE DEL BACCATOIO E’ un’area di pianura situata su un basso morfologico (un metro sotto il livello del mare), a carattere prettamente agricolo, attraversata dal fiume Baccatoio e interessata da un fitto reticolo di scoline, legate alle colture cerealicole, vi sono inoltre impianti orticoli e floro-vivaistici. Presenta visuali aperte su tutto il territorio.

C5/1 L’AREA APERTA A FORTE IDENTITÀ RURALE Area caratterizzata da una forte identità rurale e visuali aperte su un fondale collinare di pregio paesaggistico. Vi è abbondante presenza di vegetazione riparia lungo i corsi d’acqua.

C5/2 AREA APERTA AD AGRICOLTURA INTENSIVA Presenta visuali non completamente aperte e una sensibile presenza insediativa residenziale. Il substrato è costituito soprattutto da sabbie.

Con la lettera “D” viene indicata la fascia costiera e la zona di contatto tra costa e pianura alluvionale D1 – LA CITTA’ DI MARE

Zona completamente urbanizzata a vocazione residenziale, con funzione di centro cittadino e presenza di infrastrutture e commerci. Caratterizzata da una fascia edilizia compatta su tessuto ortogonale a isolati nell’area più vicina al mare, dove prevale la funzione turistico ricettiva, e sistemi di villette con giardino nella zona retrostante.

d1/1 AREA RESIDENZIALE A BASSA INTENSITÀ ALL’INTERNO DI AREE BOSCATE Zona residenziale interna alla città contraddistinta da insediamenti sparsi all’interno di macchie boscate a pino (Pinus pinea) e leccio (Quercus ilex), ai due lati di un corso d’acqua (Fosso Motrone).

D2 – LA VERSILIANA E’ un’ampia zona a bosco vicina al mare, che si trova intorno al vecchio impianto della villa, dove prevale l’associazione vegetale della lecceta pinetata e nell’area più settentrionale è presente un bosco misto a latifoglie decidue. All’interno del Parco vi sono sporadici interventi di lottizzazione ed edificazione recente. D3 – LA FASCIA COSTIERA E’ un lembo di costa sabbiosa antropizzata e caratterizzata da un sistema a tre fasce parallele: la spiaggia, le strutture ricettive (a basso impatto e semi permanenti) e l’asse viario contiguo ad una fascia di edilizia residenziale ed alberghiera.

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D4 – LA FASCIA UMIDA DI CONTATTO L’area sorge su un substrato prevalentemente sabbioso, un tempo interessato da paludi. E’ una zona caratterizzata da forti persistenze naturali di vegetazione riparia lungo i corsi d’acqua e dalla presenza di insediamenti antropici promiscui. Lungo la fascia occidentale si avverte una pressione urbana che scaturisce dalla costa, che va ad incidere su un residuale impianto agricolo e che si esprime attraverso insediamenti misti: commerciali, produttivi e ricreativo- sportivi attestati per lo più lungo l’asse viario centrale. D5 – ZONA DI CONFLUENZA Zona di pianura su substrato sabbioso caratterizzata dalla confluenza, sull’asse principale del fiume del Baccatoio, di numerosi canali e interessata da insediamenti residenziali a tipologia edilizia mista, fabbricati rurali e villette con giardino. La parte orientale presenta, per un astretta fascia una struttura territoriale agricola intensiva. Con il pedice “s” vengono indicati gli ambiti appartenenti al territorio di Strettoia As/ 1– LA COLLINA INTERNA DI STRETTOIA Zona del fondovalle e dei versanti collinari del Rio Strettoia, su substrato filladico, caratterizzata prevalentemente da bosco ceduo e castagneto, quasi tutto abbandonato, misto a pino nero (Pinus nigra) nella zona più elevata dei versanti collinari e, nella fascia più bassa, interessata da un’antropizzazione rilevante sia a livello edificatorio sia a livello dell’uso del suolo dove si assiste alla sistemazione agraria su terrazzi e ciglioni, per la coltivazione della vite e dell’olivo.

as1/1 LA COLIINA ALTA DI STRETTOIA Versante collinare alto, su substrato filladico, prevalentemente boscato a pino nero (Pinus nigra) e castagno (Castanea sativa) con presenza di radure e prati pascoli. E’ caratterizzato da una scarsa antropizzazione e da una edificazione legata principalmente ad attività agricole e forestali con rilevante presenza di metati, retaggio della passata coltura del castagno.

As/2 – IL VERSANTE MARITTIMO DELLA COLLINA DI STRETTOIA

Area collinare con substrato calcareo cavernoso, caratterizzata, a livello orografico, da numerosi e consistenti movimenti del terreno: dolci colli ed ampi pianori sulle cime e nelle conce; e a livello vegetazionale, dalla macchia mediterranea, uno degli ultimi residui costieri della Toscana Settentrionale, sostituita su ampie zone da coltivazioni ad olivo, poste su terrazzi e ciglioni. L’edilizia si presenta scarsa legata principalmente alle colture agricole. Cs/1 – LA PIANA ANTROPIZZATA DI STRETTOIA Ampia area pedecollinare della piana di formazione alluvionale, completamente antropizzata e caratterizzata da una architettura rurale e residenziale diffusa su tutto il territorio ed da un uso del suolo agricolo di tipo tradizionale con particelle orticole miste a filari, dove permangono le colture principali della vite e dell’olivo.

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Cs/2 – MONTISCENDI Area di pianura bonificata a prevalente uso agricolo del suolo, sorge su terreni posteriori a quelli che costituiscono la pianura alluvionale ed è caratterizzata da una struttura agraria di impianto più recente .Gli insediamenti edilizi sono diffusi sul territorio e alcuni, di tipo produttivo, ricadono in aree non idonee, in particolare all’interno dell’area boscata lungo il Rio Strettoia. Cs/3 – LA FASCIA INDUSTRIALIZZATA Stretta fascia di pianura pedecollinare chiusa tra la collina e la ferrovia e attraversata da una viabilità ad alto scorrimento (la via Aurelia), fortemente antropizzata e caratterizzata da impianti estrattivi di grandi dimensioni e loro aree di pertinenza, strutture produttive e insediamenti industriali, tutti a forte impatto visivo. Cs/4 – IL LAGO DI PORTA

Area umida residuale dulci-acquicola di lago retrodunale, quasi completamente naturale e caratterizzata da canneto e bosco mesoigrofilo e mesofilo. Cs/5 – IL GOLF Area bonificata costituita da un paesaggio completamente artificiale, su terreno ondulato, ricoperto da prato all’inglese e intervallato da laghetti e piccole zone a bosco. 5. 6 Relazione agro-forestale Il paesaggio agricolo del territorio di Pietrasanta conserva le caratteristiche determinate dall’azienda mezzadrile. In alcune aree le coltivazioni ricalcano l’antico impianto romano in cui i campi coltivati sono circondati da una fila esterna di olivi, per esempio la zona di Crociale e Vaiana che dovrebbe essere assolutamente tutelata. Il resto della piana agricola un tempo era coltivata soprattutto a foraggio, i casolari erano sparsi ed anche qui gli appezzamenti di terreno erano separati da essenze arboree, veniva prevalentemente impiegato il pioppo, principalmente nelle aree umide o depresse quali: Montiscendi, Macelli, Portone e Pollino. Nell’area della pianura di Strettoia veniva impiantato il doppio filare a vite ed olivo, con le colture tradizionali interne, ed ancora oggi è possibile osservare tale tipo di sistemazione agraria. Nella frazione di Montiscendi si assiste ad un notevole sviluppo di ontanete su terreni abbandonati.

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Aziende agricole professionali. Le aziende agricole professionali non sono molte, e vertono soprattutto sulla floricoltura, orticoltura e sul vivaismo. Tante sono quelle condotte part-time per la produzione di olio di oliva e di ortaggi, e sono particolarmente importanti perché permettono la conservazione della passata realtà fondiaria, tipica dell’azienda mezzadrile. Gli appezzamenti di terreno più ampi, sono coltivati soprattutto a mais e grano. In questo caso vengono presi accordi tra contoterzisti e proprietari in modo tale che il ricavato del raccolto viene suddiviso fra proprietario e contoterzista in base a canoni prestabiliti. Un’altra forma di utilizzazione dei campi è quella destinata alla pioppicoltura industriale e della produzione di foraggio.

Figura 10 da "Carta dell'uso del suolo - Piano Strutturale 2003" Aree boscate di pianura

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Per lo stato di salute delle aree boscate bisogna fare una distinzione tra quelle residuali costituite in prevalenza da vegetazione riparia, in cui prevalgono ontani e pioppi, che si trovano soprattutto lungo i corsi d’acqua minori, o lungo i canali di scolo: in genere questi boschetti sono incolti a causa del totale abbandono di questo tipo di coltura, poiché non esiste domanda di mercato riguardante tali essenze. Altre zone boschive si ritrovano in parchi privati soprattutto nella fascia costiera dove è situato anche il Parco pubblico de “La Versiliana”, quest’ultimo, dopo alcuni anni di degrado dovuti alla scadenza del piano di gestione forestale sta riprendendo le sembianze di antico bosco costiero, dove domina la associazione della lecceta pinetata, per l’impianto di nuove essenze, dettato dal nuovo piano di riforestazione.

Figura 11 da "Carta dell'uso del suolo - Piano Strutturale 2003" Altra area degna di nota è rappresentata dalla zona umida del Lago di Porta in cui vegeta un bosco mesoigrofilo, che per le sue caratteristiche geobotaniche e zoologiche deve essere assolutamente tutelato, per questo motivo nell’area è stata creata un ANPIL.

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La collina Un discorso a parte va fatto per le aree collinari. Quelle che si trovano alle spalle della città, il cui substrato geologico è prevalentemente calcareo, sono coltivate in massima parte ad olivo. Molti oliveti che risultavano abbandonati, negli ultimi anni sono stati di nuovo messi a coltura. Le principali cultivar sono date dall’olivo quercetano, diffuso anche in pianura e che risulta essere il più antico, dal minutino, dal leccino e dal frantoiano.

Figura 12 da "Carta dell'uso del suolo - Piano Strutturale 2003"

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Sulle colline di Strettoia dove il substrato geologico è costituito soprattutto da filladi prevale la viticoltutra. I vitigni coltivati danno in prevalenza vini bianchi. Il più diffuso è il vermentino, che prosegue la tipologia dei vini delle Cinque Terre, inoltre questo vitigno, che si adatta a climi tipici delle coste mediterranee, ha sulle colline di Strettoia il suo areale più meridionale. Altri cultivar di vite sono dati dal trebbiano e in misura minore dal malvasia bianco. I castagneti che si trovano nella fascia collinare alta, sono tutti abbandonati e con loro anche le costruzioni tipiche legate alla coltura del castagno e cioè i metati. In questa fascia si trovano boschetti originari a pino marittimo (Pinus pinaster), nonché rimboschimenti a pino nero (Pinus nigra), pino silvestre (Pinus sylvestris) ed in qualche caso ad abete di Douglas (Pseudotsuga menziesii). Particolare menzione va fatta per i boschi a cerro (Quercus cerris)e roverella (Quercus pubescens), che si trovano sulle colline di Strettoia e che andrebbero salvaguardati e in qualche modo incentivata la loro diffusione, in quanto negli ultimi anni si assiste ad un loro declino dovuto sia agli incendi ma anche ad alcune specie infestanti quali l’acacia (Robinia pseudacacia) e l’ailanto (Ailanto altissima), che crescono a scapito delle piante autoctone. Fitofarmaci Sia i fertilizzanti, ma soprattutto i fitosanitari sono prodotti molto diffusi in Italia. Il loro utilizzo è poco controllabile dagli organi preposti e quindi tali sostanze risultano molto dannosi sia per l’inquinamento delle acque, in particolar modo quelle di falda, ma anche per gli effetti diretti sulla salute umana.

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Figura 13 da "Carta dell'uso del suolo - Piano Strutturale 2003" Lo stato dell’ambiente nel Comune di Pietrasanta, legato all’impiego di tali prodotti è minore rispetto alla situazione nazionale, perché in Toscana le colture prevalenti sono quelle della vite e dell’olivo, per le quali l’impiego dei fitofarmaci è minore dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo. Nella Provincia di Lucca vengono mediamente usati 8 Kg. di fitofarmaci per ha, mentre la media nazionale è di 12,5 kg. (Segnali ambientali in Toscana,2002). Bisogna però sottolineare che l’uso di tali sostanze in floricoltura e nel vivaismo è molto più intenso, in questo caso l’impiego di antiparassitari si attesta su 25/30 kg. per ha, comunque per il Comune di Pietrasanta il problema è relativo, visto l’esiguo numero di aziende sul territorio.

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Capitolo VI Il sistema insediativo 6. 1 Evoluzione stratigrafica degli insediamenti (Tav. n°8 di Quadro Conoscitivo) L’analisi diacronica dello sviluppo insediativo è stata condotta per raffronto in successione dei documenti cartografici relativi ai Catasti del territorio comunale di Pietrasanta. La prima fonte d’indagine cartografica è stata il Catasto Leopoldino (1825): da qui sono risultati esistenti alla data di rilevazione gli edifici insistenti sul centro storico, inteso come nucleo fondativo della città, con aggiunta dell’edificazione immediatamente a ridosso sviluppatasi appena fuori l’antica cinta muraria (asse via Oberdan). Episodi piuttosto puntiformi di insediamenti preottocenteschi nella zona aperta della campagna si riscontrano nelle parti di territorio interessate dai più importanti assi viari “storici” (Aurelia, via Vecchia del Tonfano, via Pisanica ecc.) riconducibili ad una edificazione di tipo agricola (casolari e poderi) con scarsi episodi di ville poderali. Diversa appare l’edificazione preottocentesca dei nuclei di collina, dove si assiste ad un tipo insediativo lineare o circolare sviluppatosi intorno al nucleo storico antico (definito spesso a un edificio religioso o di importanza pubblica). Per quanto riguarda la fascia costiera, con l’assestamento della linea di costa all’inizio del XX secolo ai margini dell’attuale viale Roma, l’impianto catastale Leopoldino effettua una ricognizione d’aggiornamento al 1913: a tale data risultano esistenti insediamenti lungo il litorale e nella fascia immediatamente retrostante caratterizzati da episodi edilizi di particolare pregio (Villa della Versiliana, Villa Rebua ecc). Dai primi anni del secolo fino al 1957 (data della rilevazione del Catasto d’Impianto) si assiste ad un sostanziale consolidamento dell’edificato intorno a tutto il centro antico della città (compresi i primi insediamenti di edilizia economico-popolare) ed allo sviluppo del tessuto edilizio nella zona della Marina. In particolare in questa zona l’edificato si compone nello schema classico degli isolati determinati dalla viabilità ortogonale con particolari linee di sviluppo mare-monti lungo la viabilità esistente. Le più cospique trasformazioni del territorio si hanno a partire dagli anni ’50 fino alla fine degli anni ‘80 (rilevamenti effettuati durante la fase conoscitiva della Variante generale al PRGC, 1986): prendono forma veri e propri quartieri periurbani generati dall’ampliarsi di insediamenti minori (per es. Crociale – Crocialetto), su impianto lotizzativo nuovo (Traversagna, Città Giardino, Africa-Macelli), quartieri PEEP. La città di mare continua il suo sviluppo interno consolidandosi al di sotto dell’ideale asse costituito dalla via del Sale. Gli insediamenti collinari si caratterizzano sempre più come edificazione compatta intorno al borgo con casi di sviluppo lungo la viabilità principale. Dagli anni ottanta al 2000 (data di riferimento con la stesura della Carta Tecnica Regionale) gli insediamenti appaiono legati ad una logica di intervento puntiforme: si concludono ancora minime lottizzazioni e si realizzano alcuni interventi di edilizia convenzionata. Gli insediamenti di tipo artigianale-produttivo, legati sostanzialmente al materiale lapideo, nel corso del tempo si consolidano lungo l’asse storicamente determinato della via Aurealia includendo il tratto di Provinciale che collega il comune di Pietrasanta con Seravezza e, per conseguenza, le cave di marmo. In particolare per la frazione di

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Vallecchia si assiste al progressivo insediamento di attività artigianali-produttive miste a residenziale fino a tutti gli anni ottanta. 6. 2 Il Tessuto insediativo Residenziale (Tav. n° 9 di Quadro conoscitivo) Ad una lettura sostanzialmente cronologica di sviluppo degli insediamenti fa seguito una lettura tipologica, in cui il dato temporale non costituisce elemento di valutazione ma si tiene conto dei caratteri propri del tipo di insediamento, delle sue funzioni e dello sviluppo che potrebbe avere all’interno di un sistema insediativo. Sono di fatti emerse sostanziali differenze negli insediamenti con carattere di tessuto, non necessariamente legate al tipo edilizio in se stesso, ma a come l’edificio si è caratterizzato nelle diverse parti del territorio comunale. A queste peculiarità deve necessariamente riferirsi la definizione dello sviluppo futuro del sistema insediativo con le relative norme che lo determinano. Sono state perciò evidenziate le seguenti tipologie insediative: - la città storica di Pietrasanta e i centri storici minori, caratterizzati da tipologie edilizie piuttosto uniformi, da un tessuto compatto e da una viabilità di attraversamento storica; - le aree residenziali con carattere di tessuto della Marina, caratterizzate da impianto lotizzativo “per quartieri”, tipologie edilizie piuttosto uniformi (villette con giardino a 1-2 piani), tessuto compatto; - le aree residenziali con carattere di tessuto edilizio compatto, per lo più sviluppatesi intorno agli insediamenti principali, caratterizzate generalmente da nuove lottizzazioni, con un’edificazione piuttosto mista con prevalenza di edifici mono-bifamiliari ad altezze variabili; - il sistema misto residenziale-commerciale-ricettivo della Marina, consolidatasi nel tessuto “storico” della città di mare, caratterizzato da tipologie edilizie piuttosto varie: villa con parco, villetta con giardino, palazzo con giardino, tessuto scarsamente compatto; - quartieri Peep, inseriti in aree periurbane sono costituiti da edifici in linea o a schiera ad altezze variabili, il tessuto non sempre compatto, viabilità interna di progetto; - le residenze a bassa intensità interne alla pineta, edificazione rada con tipologie edilizie spesso di pregio inserita in zone di latifoglie decidue del bosco mesofilo costiero; il tessuto è caratterizzato da ampie zone destinate a giardino o parco, viabilità di accesso al lotto. 6. 3 Le Tipologie insediative Produttive (Tav. n° 10 di Quadro conoscitivo) L’analisi effettuata sul tessuto residenziale è stata poi condotta sul tessuto caratterizzato da insediamenti a destinazione produttiva. Lo studio di questo settore implementerà successivamente anche il cosiddetto “Piano guida” (in fase di elaborazione) che consentirà di conoscere in modo più approfondito le attività produttive localizzate in sede impropria.

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In questa prima fase di analisi è stata elaborata una mappa conoscitiva nella quale al riconoscimento di un tessuto con caratteristiche insediative prevalentemente industriali/artigianali si associa la tipologia funzionale. Si evidenziano allora quattro tessuti funzionali prevalenti: - l’asse produttivo consolidato lungo la via Aurelia e Provinciale di Vallecchia a tipologia produttiva prevalentemente monofunzionale. La funzione prevalente qui rilevata si riferisce al settore lapideo, a cui si associa il tessuto individuato come l’industrial-park Portone-Pontenuovo; - gli insediamenti produttivi interni alla città storica a produzione prevalentemente diversificata; - gli insediamenti produttivi dispersi nel territorio a produzione diversificata; - gli insediamenti produttivi agricoli (vivaio) con carattere di tessuto L’indagine di Quadro Conoscitivo svolta anche in questo settore permette di completare lo studio dei riferimenti necessari alla definizione del Sistema Funzionale Insediativo, nel quale troveranno definizione anche normativa sia gli insediamenti produttivi esistenti che quelli introdotti dal dimensionamento globale del Piano Strutturale, considerando altresì come sostanzialmente soddisfatta la domanda con l’imminente realizzazione dell’insediamento del Portone-Pontenuovo.

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Capitolo VII Il sistema infrastrutturale a cura del prof. Ing. Antonio Pratelli 7. 1 Inquadramento In queste pagine si descrivono i tratti essenziali del processo di analisi che ha portato ad una prima verifica della rete viaria principale a servizio del territorio del Comune di Pietrasanta rispetto ai flussi di traffico che la interessano. La base dati è piuttosto consistente ed è in pratica costituita dalle indagini e dalle misure di traffico che l’Amministrazione Comunale di Pietrasanta ha effettuato a più riprese negli ultimi tredici anni. Tali dati vanno da quelli raccolti nelle indagini O/D per interviste con censimento degli addetti del Centro Storico condotte nel 1990 dall'Istituto di Costruzioni Stradali e Trasporti dell’Università di Pisa, alle recenti campagne di rilievi di traffico del 2000-2001 con sensori ad immagine magnetica tipo Nu-Metrics NC-30X posizionati sugli assi principali. I risultati delle indagini ed i valori delle misure ora citate sono riportati in dettagli negli specifici Allegati che formano parte integrante del Piano in oggetto. Nell’ottica specifica del presente lavoro, l’esame dei dati di traffico ha avuto per obiettivo la composizione di uno schema sinottico dell’assetto della rete viaria principale che sia rappresentativo dei maggiori problemi che essa attualmente presenta. La metodologia impiegata si è quindi articolata nei seguenti due successivi punti: esame dello stato attuale con inquadramento funzionale dello schema viario; riferimento quantitativo dello schema viario rispetto alla base dati e studi precedenti (leggasi Piano Urbano del Traffico). 7. 2 Classificazione funzionale Il principio secondo il quale è stata esaminata prima la situazione attuale e poi sarà successivamente impostata, in fase di progetto, la redazione dello schema di riorganizzazione della rete viaria principale è quello della classificazione gerarchica delle strade, principio universalmente accettato e fissato nella Normativa Tecnica (C.N.R., B.U. n. 60, 1978, "Norme sulle caratteristiche geometriche delle strade urbane") e nella Circolare M.L.P. n. 2575 dell' 8/8/86 "Disciplina della circolazione stradale nelle zone urbane ad elevata congestione veicolare. Piani urbani del traffico", oltre che nel "Nuovo Codice della Strada" D.L. 285/93. Il “Nuovo Codice della Strada” classifica (art.3/1) le strade in: strada extraurbana: strada esterna a un centro abitato; strada urbana: strada interna a un centro abitato; strada vicinale (o poderale, o di bonifica): strada privata fuori dai centri abitati ad uso pubblico; sentiero (o mulattiera o tratturo): strada a fondo naturale formatasi per effetto del passaggio di pedoni o animali; In base poi alle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali delle infrastrutture stradali, il “Nuovo Codice della Strada” compie una ulteriore classificazione nelle seguenti sei tipologie: - A: autostrade; - B: strade extraurbane principali;

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- C: strade extraurbane secondarie; - D: strade urbane di scorrimento; - E: strade urbane di quartiere; - F: strade locali (urbane ed extraurbane) Con riferimento alla suddetta Normativa Tecnica del C.N.R., se si raggruppano i primi tre tipi (A, B e C) identificati dal Codice, questa classificazione individua fondamentalmente quattro categorie di strade, ciascuna di esse avente un preciso compito funzionale nell'ambito del sistema di trasporto urbano: 1) strade primarie: sono i tronchi terminali e passanti delle autostrade e delle strade extraurbane, i quali prevalentemente raccolgono e distribuiscono il traffico di interscambio fra il territorio urbano e quello extraurbano, e sono eventualmente percorsi dal traffico di attraversamento rispetto all'area urbana; 2) strade di scorrimento: sono totalmente comprese nell'ambito urbano ed hanno la funzione di canalizzare gli spostamenti di maggiore lunghezza e sono caratterizzate dai flussi più elevati. Per questa categoria di strade il “Nuovo Codice della Strada” prevede la possibilità di elevare il limite generalizzato di velocità per le strade urbane, pari a 50 km/h, fino a 70 km/h; 3) strade di quartiere: sono a servizio di ambiti urbani molto più limitati rispetto a quelli lungo i quali si sviluppano le strade di scorrimento, hanno quindi lunghezze e volumi di traffico decisamente inferiori; 4) strade locali: sono a servizio di quelle zone (o comparti) delimitate dagli assi della viabilità di scorrimento e di quartiere, consentono l'accesso agli edifici della zona per la parte iniziale o finale degli spostamenti veicolari ma non dovrebbero permettere l'attraversamento della zona stessa. Negli Allegati grafici al Piano è quindi rappresentata graficamente quest’ultima classificazione, con esplicito riferimento a quella adottata dal Codice. 7. 3 La situazione viaria attuale Nel rispetto di un approccio sistemico, la rete viaria del territorio pietrasantino va dapprima inquadrata all’interno di un sistema con spiccate caratteristiche di “area vasta”, quale quello Versiliese, di cui è parte integrante, dopodiché la si può analizzare nel dettaglio specifico, ora ristretto entro i confini comunali. Il contesto generale La cosiddetta Versilia, al di fuori di dispute di campanile, può dirsi composta da sette unità comuali – Camaiore, Forte dei Marmi, Massarosa, Pietrasanta, Seravezza, Stazzema – per una superficie complessiva di 356 kmq e abitata da circa 160 mila residenti. Sempre per il Censimento 1991, l’indice di motorizzazione in Versilia risulta di un’automobile ogni 1,8 abitanti, valore che si pone un poco al di sotto del valore medio regionale.

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Comune Residenti al 31/12/98

Superficie (km2)

Densità (ab/km2) al 31/12/98

Camaiore 30.535 84,6 361 Forte dei Marmi 8.748 9,0 972 Massarosa 20.101 68,6 293 Pietrasanta 24.566 41,8 587 Seravezza 12.753 39,4 324 Stazzema 3.464 80,7 43 Viareggio 58.332 31,9 1830 VERSILIA 158.499 356,0 445 Fonte: dati tratti dalle anagrafi comunali elaborati dalla CCIAA di Lucca (Censimento 1991).

Un autorevole urbanista, Antonio Cederna, una volta ha definito la Versilia come “una amorfa agglomerazione urbana lunga venticinque chilometri”. Eppure, dal punto di vista della mobilità, non c’è molto di amorfo in questi “venticinque chilometri”, ma al contrario molto di dinamico e di variamente diverso, quasi da un chilometro all’altro. A livello complessivo provinciale, i principali flussi pendolari verso l’esterno sono diretti verso la provincia di Pisa ed il comune capoluogo stesso, che infatti costituisce la destinazione di 7.300 spostamenti pendolari giornalieri di cui circa la metà formati dai flussi Lucca-Pisa e Viareggio-Pisa, che appunto rappresentano le relazioni di traffico principali. Anche gli spostamenti in senso opposto, cioè da Pisa e provincia verso la provincia di Lucca, sono consistenti (2600 pendolari/giorno) e con tendenza all’aumento. Altri flussi significativi di interscambio pendolare sussistono con le provincie limitrofe di Massa-Carrara e di Pistoia, in particolare col comune di Massa da un lato e con quello di Pescia dall’altro, la cui consistenza è attorno ai 2.000 pendolari/giorno e piuttosto equilibrata sia in entrata che in uscita. All’interno della provincia di Lucca i flussi pendolari intercomunali più consistenti si ritrovano tra Lucca e Capannori. Dopo questa relazione, i maggiori flussi di spostamenti pendolari si ritrovano nella zona della Versilia e in particolare con gli scambi fra il comune di Viareggio ed i contigui comuni di Camaiore (3.557 pendolari/giorno) e di Massarosa (2.581 pendolari/giorno) Fra i restanti comuni della Versilia esiste una rete di relazioni che, per quanto di entità minore di quelle or ora citate, finisce per individuare una zona ad elevata intensità di scambi. Come di discreta rilevanza sono poi i flussi in origine e destinazione che la Versilia scambia col capoluogo provinciale. Nel Piano di Indirizzo Territoriale (PIT) elaborato dalla Regione Toscana viene delineato un sistema di infrastrutture viarie nel quale le strade di interesse sono raggruppate sulla base di un criterio di carattere funzionale in più tipologie, che qui di seguito sono riportate limitatamente al territorio della Versilia in interesse: Grandi direttrici nazionali e regionali (tipologia non inferiore a strada extraurbana principale in base alla classifica del Nuovo Codice della Strada): Autostrada A11 “Firenze-Mare” Autostrada A12 “Sestri Levante-Rosignano” Raccordo autostradale A11/A12 “bretella Lucca-Viareggio” Direttrici primarie di interesse regionale (tipologia riconducibile alla strada extraurbana secondaria in base al Nuovo Codice della Strada): SS n.1 “Aurelia”

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Strade di supporto ai sistemi locali SS n.439 “Sarzanese-Valdera” (tratto da Lucca all’innesto con SS n.1 a Pietrasanta) SP “del Cipollaio” (da Forte dei Marmi a Castelnuovo Garfagnana) Nell’ambito della redazione del Piano Territoriale di Coordinamento (PTC) la Provincia di Lucca ha compiuto tra il 1999 ed il 2000 una serie di rilevamenti di traffico in sezioni significative della rete viaria di interesse provinciale. Nella Relazione al PTC si legge che sulle postazioni disposte al “cordone” esterno della Versilia Costiera, ovvero in 12 postazioni, è stato misurato un volume di traffico complessivo giornaliero di 140.000 veic./giorno, con una componente del 5% di veicoli pesanti. Questo flusso è leggermente superiore nel periodo estivo (+4%) rispetto al periodo invernale. Risulta inoltre che nel periodo invernale ben l’80% degli spostamenti avviene su relazioni a corto raggio, cioè non superiori a 25 km. Questa caratteristica è in pratica mantenuta anche nel periodo estivo, in cui invece è il 70% degli spostamenti che avviene a corto raggio. I valori più alti dei volumi di traffico sono stati registrati, in inverno come in estate, sulle postazioni ubicate attorno all’area urbana di Viareggio, con valori massimi di 25.000 veic./giorno nel complesso delle due direzioni. Nella parte sud della Versilia della Costa – individuata dalle aree urbane di Viareggio, Lido di Camaiore e Capezzano Pianore – il flusso in ingresso/uscita è di circa 130.000 veic./giorno ed è dello stesso ordine di quello relativo all’intera area Versiliese costiera. Ciò evidenzia la capacità di polo generatore ed attrattore di quest’area capace di polarizzare un livello di mobilità maggiore di più del 50% di quello determinato dalla parte nord della Versilia della Costa – individuata da Pietrasanta, Marina di Pietrasanta e Forte dei Marmi – che assomma a circa 83.000 veic./giorno. Il traffico della Versilia Meridionale si presenta con: bassa percentuale di veicoli pesanti (3,5% ca.); attrazione nella fascia oraria del mattino (7.30-9.30) di quasi l’80% di veicoli con origine nell’ambito territoriale dei comuni della Versilia. Il traffico della Versilia Settentrionale si presenta invece con: maggiore incidenza dei veicoli pesanti (6% ca., con punte dell’11% intorno a Seravezza); attrazione nella fascia oraria del mattino (7.30-9.30) di oltre l’80% di veicoli con origine nell’area Versiliese e nella provincia di Massa.

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Volumi di traffico giornalieri complessivi misurati nel periodo invernale ed estivo in sezioni della rete viaria principale della Versilia (fonte PTC della Provincia di Lucca,

1999-2000). Il contesto specifico Il territorio del Comune di Pietrasanta è essenzialmente diviso in senso longitudinale in due parti, praticamente distinte dal tracciato dell'autostrada A12 "Sestri Levante-Livorno" che corre parallela alla linea del litorale. La fascia di territorio compresa fra l'autostrada A12 ed il mare presenta problemi di mobilità e viabilità a carattere stagionale, legati all’afflusso di presenze turistiche nei mesi estivi. L'altra parte del territorio, compresa fra la A12 ed i monti, è quella che, anche per numerosità e concentrazione di attività produttive e popolazione, è interessata dalla maggior parte di spostamenti sia di attraversamento sia interni all'area stessa. I principali assi viari che attualmente servono questa porzione di territorio sono (cfr. Allegati grafici): - la SS n.1 "Aurelia"; - la SS n.439 "SarzaneseValdera";

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- la Via Provinciale per Vallecchia; - il Viale Apua. I flussi di traffico che si servono di queste direttrici sono costituiti sia di traffico di attraversamento, sia di traffico attratto o generato dalla città stessa. La sovrapposizione di queste due componenti e la loro entità finiscono per congestionare i pochi punti di accesso alla città (ad esempio, il cavalcaferrovia di Via Santini) e sottopongono diversi tratti della viabilità urbana ad un carico di traffico improprio, spesso praticamente incompatibile perfino con le caratteristiche geometriche della sezione stradale e delle intersezioni (as esempio, all’incrocio fra Via Nazario Sauro e Via Santini). Mutuando la diagnosi contenuta nel PUT del 1995, molta parte dei problemi di traffico che oggi affliggono la città di Pietrasanta sono essenzialmente riconducibili alle seguenti tre cause: a) netta frattura del tessuto cittadino dovuta alla compresenza della linea ferroviaria Genova Pisa e della SS n. 1 “Aurelia”: si hanno due soli varchi diretti tra "monti" e "mare": il cavalcaferrovia di Via Santini, che peraltro si trova spesso in condizioni di congestione; il sottopasso ferroviario tra Via Marconi e l'Aurelia, la cui recente realizzazione ha un pò migliorato la ancora più critica circolazione precedente. Altra alternativa per i movimenti di accesso/egresso è il piccolo sottopasso ferroviaro di Via S.Bartolomeo, peraltro agibile alle sole autovetture. b) sovrapposizione di traffico di penetrazione e traffico di attraversamento: Pietrasanta genera ed attrae rilevanti quote di traffico che attualmente si mescolano assieme a quello di attraversamento. Questa commistione di flussi di traffico interessa gran parte del tessuto urbano, specialmente il tratto che si articola tra Via Santini - Via Oberdan - Via N. Sauro - Via Garibaldi; c) confluenza nel tessuto urbano degli assi principali della struttura viaria di scorrimento: questo fatto determina un decadimento della specializzazione funzionale dello schema viario attuale, in particolare nelle zone più urbanizzate e maggiormente caratterizzate dai carichi di traffico di attraversamento e di penetrazione di cui si è detto al punto precedente. Al Comune di Pietrasanta appartiene anche una frazione, detta Strettoia, non distante da Pietrasanta ma fisicamente separata rispetto al territorio comunale ed interclusa tra i Comuni di Montignoso e Seravezza: nel periodo anteguerra, quando Forte dei Marmi fu fatto Comune, la frazione di Strettoia restò al Comune di Pietrasanta. Da poco tempo con la realizzazione quasi completata di un sottopasso ferroviario è in via di risoluzione definitiva il principale problema viario che interessa Strettoia: il territorio urbanizzato si trova tra i monti e la SS n. 1 Aurelia, da quest'ultima è tuttavia in gran parte separato dalla linea ferroviaria Genova-Pisa; fino a poco tempo fa, la connessione tra "monti" e Aurelia, avveniva mediante passaggi a livello, in località “Montiscendi” ed in località “Centoquindici” un passaggio a livello regolava l'intersezione fra la ferrovia e l'Aurelia stessa. La rete viaria di Strettoia, essenzialmente composta da strade locali con caratteristiche geometriche modeste, è poi interessata da un elevato traffico di veicoli industriali dovuto alle attività connesse al settore marmifero e tipiche delle zone apuane: la presenza di un andirivieni continuo di veicoli industriali all'interno degli abitati è fonte di forti impatti negativi sia sulla popolazione e sul territorio sia sull'economia del trasporto del marmo. Per il dettaglio completo dei valori di traffico misurati nel corso dei rilevamenti e nelle indagini O/D condotte in anni diversi del periodo 1990 – 2001 si rimanda alla specifica documentazione riportata negli Allegati.

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Qui di seguito si effettua invece un confronto, in sezioni di rilevamento identiche o comunque analoghe, fra le prime misure di traffico del 1991 e quelle fatte dopo un decennio nell’ambito della campagna 2000-2201. Il confronto è condotto sia per la rete afferente a Pietrasanta, sia per il Viale a Mare che contraddistingue la Marina. Il traffico attorno a Pietrasanta Nel 1991 è stata effettuata una indagine di traffico al “cordone” di Pietrasanta. L’indagine, eseguita dall’Istituto di Costruzioni Stradali e Trasporti dell’Università di Pisa in collaborazione col locale Comando della Polizia Municipale, si è articolata in due fasi successive. Nella prima fase è stata rilevata l'intensità della circolazione stradale, in ambedue le direzioni di marcia, in cinque postazioni ubicate sulle principali vie d'accesso all'abitato di Pietrasanta e poste ai margini dello stesso. Le cinque postazioni individuano un "cordone" esterno alla città che di fatto intercetta la quasi totalità dei veicoli in entrata ed uscita da Pietrasanta. Il rilevamento è stato effettuato a più riprese in giorni feriali (12/3/91, martedì; 15/3/91, venerdì; 19/3/91, martedì) per un periodo di rilevazione con inizio alle ore 7.00 e termine alle ore 19.00 di ciascun giorno. Le cinque postazioni erano state così localizzate: Postazione 1) SS n. 439 "SarzaneseValdera", loc. Baccatoio; Postazione 2) SS n. 1 "Aurelia", loc. Ambrosiana; Postazione 3) Viale Apua, loc. Macelli; Postazione 4) SS n. 1 "Aurelia", loc. Ponte Rosso; Postazione 5) Via Provinciale Vallecchia, loc. Ponte Aranci. Il Comune di Pietrasanta ha poi recentemente condotto - tra l’estate 2000 ed i primi mesi del 2001 - una estesa campagna di rilevamenti di traffico sulle strade di maggior rilevanza della rete viaria. In particolare, in giorni feriali del periodo invernale e per 24 ore, sono stati raccolti i dati di traffico sulle seguenti sette stazioni di misura: Ponte di Foggi, (28-29 novembre 2000, 2 sezioni, 24 ore) SP “Vallecchia”, loc. Ponte Aranci (19-20 dicembre 2000, 1 sezione, 24 ore) SP “Sarzanese Valdera”, loc. Cimitero (19-20 dicembre 2000, 1 sezione, 24 ore) SS n.1 “Aurelia”, loc. Ponte Nuovo (9-10 gennaio 2001, 1 sezione, 24 ore) SS n.1 “Aurelia”, loc. Ponte Rosso (9-10 gennaio 2001, 1 sezione, 24 ore) SP “Vallecchia”, loc. Ponte di Foggi (13-14 febbraio 2001, 1 sezione, 24 ore) Si osserva quindi che le postazioni 1), 2), 4), 5) monitorate nel 1991 sono, rispettivamente, analoghe alle sezioni di misura c), d), e), b) del 2000-2001; inoltre, si sottolinea che in pratica le quattro sezioni corrispondono ad altrettante strade di primario interesse afferenti all’abitato di Pietrasanta: SS 439 Sarzanese-Valdera; SS n.1 Aurelia; SP per Vallecchia. Pertanto, nelle quattro sezioni ora dette, è possibile porre a confronto i valori di traffico misurati a distanza di circa dieci anni. Tale confronto è riportato nelle tabelle e nei grafici che seguono (i valori sono in unità veicoli passeggeri per ora, o uvp/h); per “dir. IN” e “dir. OUT” si indica, rispettivamente, la direzione di marcia entrante in Pietrasanta e quella in uscita da Pietrasanta).

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SS 439 Sarzanese-Valdera: volumi di traffico (uvp/h) misurati nel giorno feriale, 1991 (postazione 1).

SS 439 Sarzanese-Valdera: volumi di traffico (uvp/h) misurati nel giorno feriale, 2000 (loc. Cimitero). SS 439 Sarzanese-Valdera: confronto tra volumi di traffico (uvp/h) complessivi misurati in

12 ore di un giorno feriale nel 1991 e nel 2000.

ore tot. 1991 tot. 2000 diff.%07:00 - 08:00 815 1169 43.408:00 - 09:00 796 1220 53.309:00 - 10:00 601 1136 89.010:00 - 11:00 625 1044 67.111:00 - 12:00 578 1167 101.912:00 - 13:00 754 1049 39.113:00 - 14:00 808 1079 33.614:00 - 15:00 721 1114 54.615:00 - 16:00 643 1261 96.116:00 - 17:00 746 1131 51.617:00 - 18.00 1019 1131 11.018:00 - 19:00 1087 1155 6.3

TOT. 9193 13657 48.6

ore dir. IN dir. OUT totale7:00-8:00 503 312 8158:00-9:00 423 373 7969:00-10:00 312 289 60110:00-11:00 306 319 62511:00-12:00 295 283 57812:00-13:00 313 441 75413:00-14:00 388 420 80814:00-15:00 365 356 72115:00-16:00 333 310 64316:00-17:00 354 392 74617:00-18:00 479 540 101918:00-19:00 487 600 1087Tot. 4558 4635 9193

ore dir. IN dir. OUT Totale07:00 - 08:00 679 490 116908:00 - 09:00 677 544 122009:00 - 10:00 570 566 113610:00 - 11:00 538 506 104411:00 - 12:00 599 568 116712:00 - 13:00 485 563 104913:00 - 14:00 509 571 107914:00 - 15:00 597 517 111415:00 - 16:00 685 576 126116:00 - 17:00 596 535 113117:00 - 18.00 582 549 113118:00 - 19:00 566 590 1155

7083 6575 13657

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Via P.le Vallecchia: volumi di traffico misurati (uvp/h) nel giorno feriale, 1991 (postazione 5).

Via P.le Vallecchia: volumi di traffico misurati (uvp/h) nel giorno feriale, 2000 (loc. Ponte Aranci). Via P.le Vallecchia: confronto tra volumi di traffico (uvp/h) complessivi misurati in 12 ore

di un giorno feriale nel 1991 e nel 2000.

ore dir. IN dir. OUT07:00 - 08:00 485 305 79008:00 - 09:00 447 358 80509:00 - 10:00 338 281 61910:00 - 11:00 351 305 65611:00 - 12:00 299 362 66112:00 - 13:00 375 497 87213:00 - 14:00 328 375 70314:00 - 15:00 360 306 66615:00 - 16:00 345 280 62516:00 - 17:00 402 326 72817:00 - 18.00 474 527 100118:00 - 19:00 382 591 973

4586 4513 9099

ore dir. IN dir. OUT Totale07:00 - 08:00 267 337 60408:00 - 09:00 239 383 62209:00 - 10:00 218 400 61810:00 - 11:00 192 370 56311:00 - 12:00 158 435 59412:00 - 13:00 257 522 77913:00 - 14:00 221 438 65914:00 - 15:00 247 367 61415:00 - 16:00 275 377 65116:00 - 17:00 276 444 72117:00 - 18.00 308 532 84018:00 - 19:00 255 550 805

2913 5155 8069

ore tot. 1991 tot. 2000 diff.%07:00 - 08:00 790 604 -23.608:00 - 09:00 805 622 -22.809:00 - 10:00 619 618 -0.110:00 - 11:00 656 563 -14.311:00 - 12:00 661 594 -10.212:00 - 13:00 872 779 -10.713:00 - 14:00 703 659 -6.314:00 - 15:00 666 614 -7.815:00 - 16:00 625 651 4.216:00 - 17:00 728 721 -1.017:00 - 18.00 1001 840 -16.118:00 - 19:00 973 805 -17.3

TOT. 9099 8069 -11.3

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L.R. 5/95 PIANO STRUTTURALE – QUADRO CONOSCITIVO/RELAZIONE GENERALE – VERSIONE DEL 15.GEN.2004 85

SS n. Aurelia – loc. Ponte Nuovo: volumi di traffico (uvp/h) complessivi misurati nel giorno feriale, 1991.

SS n. Aurelia – loc. Ponte Nuovo: volumi di traffico (uvp/h) complessivi misurati nel giorno feriale, 2001.

SS n. Aurelia – loc. Ponte Nuovo: confronto tra volumi di traffico (uvp/h) complessivi misurati in 12 ore di un giorno feriale nel 1991 e nel 2001.

ore dir. IN dir. OUT Totale07:00 - 08:00 355 408 76308:00 - 09:00 560 484 104409:00 - 10:00 492 445 93610:00 - 11:00 551 413 96411:00 - 12:00 494 407 90112:00 - 13:00 445 478 92313:00 - 14:00 446 431 87714:00 - 15:00 446 329 77415:00 - 16:00 438 429 86616:00 - 17:00 468 461 92917:00 - 18.00 575 518 109318:00 - 19:00 476 432 908

5745 5233 10979

ore dir. IN dir. OUT Totale07:00 - 08:00 456 422 87808:00 - 09:00 527 433 96009:00 - 10:00 496 374 87010:00 - 11:00 481 428 90911:00 - 12:00 510 416 92612:00 - 13:00 466 512 97813:00 - 14:00 383 403 78614:00 - 15:00 414 417 83115:00 - 16:00 437 405 84216:00 - 17:00 449 399 84817:00 - 18.00 657 494 115118:00 - 19:00 622 473 1095

5898 5176 11074

ore tot. 1991 tot. 2001 diff.%07:00 - 08:00 878 763 -13.108:00 - 09:00 960 1044 8.709:00 - 10:00 870 936 7.610:00 - 11:00 909 964 6.011:00 - 12:00 926 901 -2.712:00 - 13:00 978 923 -5.613:00 - 14:00 786 877 11.514:00 - 15:00 831 774 -6.815:00 - 16:00 842 866 2.916:00 - 17:00 848 929 9.517:00 - 18.00 1151 1093 -5.018:00 - 19:00 1095 908 -17.1

TOT. 11074 10979 -0.9

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SS n.1 Aurelia – loc. Ponte Rosso: volumi di traffico (uvp/h) complessivi misurati nel giorno feriale, 1991. SS n.1 Aurelia – loc. Ponte Rosso: volumi di traffico (uvp/h) complessivi misurati nel

giorno feriale, 2001. SS n.1 Aurelia – loc. Ponte Rosso: confronto tra volumi di traffico (uvp/h) complessivi misurati in 12 ore di un giorno feriale nel 1991 e nel 2001.

ore dir. IN dir. OUT Totale07:00 - 08:00 481 464 94508:00 - 09:00 537 486 102309:00 - 10:00 465 485 95010:00 - 11:00 452 501 95311:00 - 12:00 518 514 103212:00 - 13:00 547 650 119713:00 - 14:00 453 463 91614:00 - 15:00 499 484 98315:00 - 16:00 512 540 105216:00 - 17:00 572 543 111517:00 - 18.00 660 647 130718:00 - 19:00 705 651 1356

6401 6428 12829

ore dir. IN dir. OUT Totale07:00 - 08:00 454 384 83808:00 - 09:00 581 618 119909:00 - 10:00 487 576 106310:00 - 11:00 553 562 111511:00 - 12:00 544 581 112512:00 - 13:00 607 585 119213:00 - 14:00 578 525 110414:00 - 15:00 513 563 107515:00 - 16:00 597 538 113416:00 - 17:00 549 569 111817:00 - 18.00 761 718 147918:00 - 19:00 644 677 1321

6866 6897 13763

ore tot. 1991 tot. 2001 diff.%07:00 - 08:00 945 838 -11.308:00 - 09:00 1023 1199 17.209:00 - 10:00 950 1063 11.910:00 - 11:00 953 1115 17.011:00 - 12:00 1032 1125 9.012:00 - 13:00 1197 1192 -0.413:00 - 14:00 916 1104 20.514:00 - 15:00 983 1075 9.415:00 - 16:00 1052 1134 7.816:00 - 17:00 1115 1118 0.317:00 - 18.00 1307 1479 13.218:00 - 19:00 1356 1321 -2.6

TOT. 12829 13763 7.3

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L.R. 5/95 PIANO STRUTTURALE – QUADRO CONOSCITIVO/RELAZIONE GENERALE – VERSIONE DEL 15.GEN.2004 87

Via P.le Vallecchia

0

200

400

600

800

1000

1200

07:0

0 - 0

8:00

08:0

0 - 0

9:00

09:0

0 - 1

0:00

10:0

0 - 1

1:00

11:0

0 - 1

2:00

12:0

0 - 1

3:00

13:0

0 - 1

4:00

14:0

0 - 1

5:00

15:0

0 - 1

6:00

16:0

0 - 1

7:00

17:0

0 - 1

8.00

18:0

0 - 1

9:00

ore

veic

.

misure 1991misure 2000

SS 439 Sarzanese

0

200400

600

800

10001200

1400

07:0

0 - 0

8:00

08:0

0 - 0

9:00

09:0

0 - 1

0:00

10:0

0 - 1

1:00

11:0

0 - 1

2:00

12:0

0 - 1

3:00

13:0

0 - 1

4:00

14:0

0 - 1

5:00

15:0

0 - 1

6:00

16:0

0 - 1

7:00

17:0

0 - 1

8.00

18:0

0 - 1

9:00

ore

veic

. misure 1991

misure 2000

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L.R. 5/95 PIANO STRUTTURALE – QUADRO CONOSCITIVO/RELAZIONE GENERALE – VERSIONE DEL 15.GEN.2004 88

SS n.1 Aurelia - loc. Ponte Rosso

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

1600

07:0

0 - 0

8:00

08:0

0 - 0

9:00

09:0

0 - 1

0:00

10:0

0 - 1

1:00

11:0

0 - 1

2:00

12:0

0 - 1

3:00

13:0

0 - 1

4:00

14:0

0 - 1

5:00

15:0

0 - 1

6:00

16:0

0 - 1

7:00

17:0

0 - 1

8.00

18:0

0 - 1

9:00

ore

veic

. misure 1991misure 2001

Il traffico sul Viale a Mare In un fine settimana di agosto del 1990, per complessive 24 ore dalle 6:00 del mattino di sabato 11/08/1990 alle 6:00 del mattino di domenica 12/08/1990, furono effettuati dei rilievi mediante conteggio per successivi intervalli di 15 minuti in due sezioni del Viale a Mare: una sezione ubicata in loc. Focette e l’altra in loc. Fiumetto. Nell’estate 2000, nei giorni a cavallo di Ferragosto, sono state effettuate delle misure sul Viale a Mare in loc. Tonfano in corrispondenza della Piazza XXIV maggio (11-14 agosto 2000, 72 ore; 19-20 agosto, 24 ore). A distanza di circa dieci anni è quindi possibile fare un confronto sui valori di traffico rilevati. In particolare, le tabelle ed i grafici che seguono mettono a confronto il traffico misurato in loc. Focette nell’agosto 1990 con quello misurato in loc. Tonfano nell’agosto 2000.

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L.R. 5/95 PIANO STRUTTURALE – QUADRO CONOSCITIVO/RELAZIONE GENERALE – VERSIONE DEL 15.GEN.2004 89

Viale a Mare – loc. Focette: volumi orari di traffico misurati in 24 ore nell’agosto 1990.

Viale a Mare – loc. Tonfano: volumi orari di traffico misurati in 24 ore nell’agosto 2000.

ore corsia monte corsia mare tot.06:00 - 07:00 144 114 25807:00 - 08:00 233 142 37508:00 - 09:00 315 260 57509:00 - 10:00 605 353 95810:00 - 11:00 813 443 125611:00 - 12:00 686 558 124412:00 - 13:00 431 468 89913:00 - 14:00 253 361 61414:00 - 15:00 350 283 63315:00 - 16:00 465 430 89516:00 - 17:00 475 510 98517:00 - 18.00 426 620 104618:00 - 19:00 674 788 146219:00 - 20:00 629 835 146420:00 - 21:00 653 614 126721:00 - 22:00 836 668 150422:00 - 23:00 990 768 175823:00 - 24:00 1204 786 199000:00 - 01:00 1199 690 188901:00- 02:00 1143 781 192402:00 - 03:00 779 929 170803:00 - 04:00 587 815 140204:00 - 05:00 311 954 126505:00 - 06:00 106 156 262

ore corsia monte corsia mare tot.6,00 - 7,00 57 148 2057,00 - 8,00 77 216 2938,00 - 9,00 162 272 434

9,00 - 10,00 292 430 72210,00 - 11,00 431 569 100011,00 - 12,00 515 589 110412,00 - 13,00 435 499 93413,00 - 14,00 362 399 76114,00 - 15,00 355 335 69015,00 - 16,00 370 442 81216,00 - 17,00 441 487 92817,00 - 18,00 480 509 98918,00 - 19,00 554 566 112019,00 - 20,00 527 700 122720,00 - 21,00 488 708 119621,00 - 22,00 536 554 109022,00 - 23,00 517 662 117923,00 - 24,00 537 692 12290,00 - 1,00 551 723 12741,00 - 2,00 541 756 12972,00 - 3,00 483 716 11993,00 - 4,00 409 569 9784,00 - 5,00 313 570 8835,00 - 6,00 151 395 546

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Viale a Mare: confronto tra volumi orari di traffico (uvp/h) complessivi misurati in 24 ore di un giorno di agosto nel 1990 (loc. Focette) e nel 2000 (loc. Tonfano).

ore tot. 1990 tot. 2000 diff. %6,00 - 7,00 258 205 -20.57,00 - 8,00 375 293 -21.98,00 - 9,00 575 434 -24.5

9,00 - 10,00 958 722 -24.610,00 - 11,00 1256 1000 -20.411,00 - 12,00 1244 1104 -11.312,00 - 13,00 899 934 3.913,00 - 14,00 614 761 23.914,00 - 15,00 633 690 9.015,00 - 16,00 895 812 -9.316,00 - 17,00 985 928 -5.817,00 - 18,00 1046 989 -5.418,00 - 19,00 1462 1120 -23.419,00 - 20,00 1464 1227 -16.220,00 - 21,00 1267 1196 -5.621,00 - 22,00 1504 1090 -27.522,00 - 23,00 1758 1179 -32.923,00 - 24,00 1990 1229 -38.20,00 - 1,00 1889 1274 -32.61,00 - 2,00 1924 1297 -32.62,00 - 3,00 1708 1199 -29.83,00 - 4,00 1402 978 -30.24,00 - 5,00 1265 883 -30.25,00 - 6,00 262 546 108.4

Tot. 27633 22090 -20.1

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Viale a Mare

0

500

1000

1500

2000

2500

6,00

- 7,

00

7,00

- 8,

00

8,00

- 9,

00

9,00

- 10

,00

10,0

0 - 1

1,00

11,0

0 - 1

2,00

12,0

0 - 1

3,00

13,0

0 - 1

4,00

14,0

0 - 1

5,00

15,0

0 - 1

6,00

16,0

0 - 1

7,00

17,0

0 - 1

8,00

18,0

0 - 1

9,00

19,0

0 - 2

0,00

20,0

0 - 2

1,00

21,0

0 - 2

2,00

22,0

0 - 2

3,00

23,0

0 - 2

4,00

0,00

- 1,

00

1,00

- 2,

00

2,00

- 3,

00

3,00

- 4,

00

4,00

- 5,

00

5,00

- 6,

00

ore

veic

.

Misure 1990Misure 2000

7. 4 Itinerari ciclabili L'Amministrazione Comunale si è a suo tempo dotata del "Programma degli itinerari ciclabili e pedonali (Legge 208/91)", approvato con delibera n° 112 del 25 novembre 1991. Il Piano del Traffico, in sede di integrazione nel 1995, ha recepito il suddetto Programma dei percorsi ciclabili, portandone adeguamenti ed implementazioni. Gli itinerari possono riunirsi distintamente per specifica porzione territoriale servita in via prevalente: Centro Storico; Pianura; Marina; Strettoia. Ad oggi, grazie alla progressiva realizzazione di molte di queste previsioni di piano, il territorio comunale si trova dotato di una diffusa rete di itinerari ciclabili, che svolgono sia ruoli di prevalente collegamento tra Pietrasanta e la Marina, sia funzioni prevalentemente a carattere turistico-panoramico, come ad esempio il percorso lungo il Viale a Mare. Lo stato attuale necessita tuttavia di ulteriori sviluppi, finalizzati al completamento della rete ed allo sviluppo in zone a particolare caratteristica panoramico-naturalistica. Questi ultimi si ritengono essenziali anche per una rivalutazione di zone del territorio, così rese fruibili con limitati impatti. La situazione complessiva del sistema degli itinerari ciclabili può essere vista in dettaglio negli elaborati di accompagnamento al quadro progettuale del Piano.

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Capitolo VIII Lo stato di salute dell’ambiente a cura dell’Ing. Walter Bresciani Gatti La Valutazione degli Effetti Ambientali nei piani strategici e nello specifico, nel Piano Strutturale del Comune di Pietrasanta, si sviluppa in quattro fasi di lavoro di cui la prima è la Relazione sullo Stato dell’Ambiente. La Relazione sullo Stato dell’Ambiente del Comune di Pietrasanta, redatta in sede di definizione del Quadro Conoscitivo, consta in un rapporto descrittivo delle pressioni sulle risorse esercitate dalle trasformazioni indotte dalle attività umane, dello stato di conservazione dello stock di risorse e delle attività di mitigazione degli effetti adottate per la conservazione e/o il miglioramento. La messa a punto di una contabilità territoriale dello stock di risorse disponibili, in seguito definito Budget Ambientale Locale, si esplica mediante la selezione, definizione, identificazione, valutazione di indicatori, che sintetizzino e/o misurino le condizioni, la qualità, le interrelazioni, i problemi di sistemi ampi e complessi; nonché l’avvicinamento o l’allontanamento, nel tempo, da un fine desiderato. Tali indicatori servono quindi per misurare la fragilità del sistema, ma anche monitorare i risultati delle politiche; in particolare nella Relazione sullo Stato dell’Ambiente redatta ai sensi del Quadro Conoscitivo del Comune di Pietrasanta, si identificano gli Indicatori di Stato, di Pressione e di Risposta. Gli indicatori di Stato descrivono lo stato quali-quantitativo delle risorse; gli indicatori di Pressione danno conto delle pressioni esercitate dalle attività antropiche sulle risorse; gli indicatori di Risposta individuano e descrivono le politiche di tutela e valorizzazione delle risorse. 8. 1 Risorsa acqua La valutazione sulla “risorsa acqua” non può non valutare le differenti pressioni esercitate sulle acque superficiali, acque di falda e sulle acque costiere. Relativamente alle acque superficiali, dai dati acquisiti dalla “Relazione sullo stato dell’ambiente” relativa al Quadro Conoscitivo si evince una situazione di forte sofferenza in particolare nel reticolo idraulico agrario. Dalle indagini sulla qualità biologica è emerso che il valore della classe di qualità oscilla da una III classe ad una V classe, ossia da ambiente inquinato ad ambiente fortemente inquinato. In particolare i corsi maggiormente interessati sono stati i seguenti : delle Polle, Tonfano, Quadrellara, degli Opifici, della Chiusa Il livello di inquinamento di questi corsi d’acqua è in parte attribuibile al carico di inquinamento diffuso, derivante dal drenaggio dei terreni bonificati, e in parte da inquinamento puntiforme, individuabile negli scarichi che gravitano sul territorio. Un discorso diverso va fatto per le acque dei due maggiori corsi: il fiume Versilia ed il torrente Beccatoio. Per il primo la qualità delle acque è fortemente condizionata dallo scarico del depuratore consortile ma anche dal protrarsi dei lavori di sistemazione effettuati

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in seguito all’alluvione del 1996. Infatti se nel primo caso si assiste ad un sostanziale apporto di carico organico nel corso d’acqua, nel secondo è il trasporto solido, provocato dalla movimentazione di terra degli argini in rifacimento, che determina un abbassamento della qualità. Relativamente al Baccatoio si riscontra sostanzialmente una carenza di acqua. Nel corso degli anni questo corpo idrico ha assunto sempre più caratteristiche di un regime torrentizio. Il corso d’acqua rimane in secca per gran parte dell’anno, seguendo il regime delle piogge. Ciò determina un aggravio dello stato di qualità delle acque, che si accentua nel tratto che attraversa la pianura. A monte di questo tratto il torrente è gravato da scarichi di origine domestica ma, soprattutto, dagli effetti del dilavamento di antiche miniere che, già alle scaturigini, determina una condizione inospitale per la fauna acquatica. Relativamente allo stato di salute delle acque di falda, riferito all’acquifero libero, più sottoposto agli effetti delle attività antropiche, la valutazione che emerge dalle indagini ambientali denota un impatto antropico rilevante con caratteristiche di qualità scadenti . Lo stato di salute delle acque costiere, così come si evince dalle indagini ambientali, è stato indagato con tre differenti indici: - Indice di qualità batteriologica (IBQ) - Indice di balneabilità - Stato trofico Per maggior chiarezza occorre sottolineare il fatto che l’IQB ha un significato diverso dall’indice di balneabilità, calcolato ad esempio come percentuale di punti idonei alla balneazione: il primo rende conto di un fenomeno di contaminazione da scarichi domestici, che ne altera le caratteristiche naturali, il secondo rappresenta un giudizio emesso per salvaguardare una particolare finalità d’uso della risorsa marina. Lo stato trofico prende in considerazione valori relativi a parametri di riferimento come azoto e fosforo, clorofilla, ossigeno disciolto. Anche se l’indice di balneabilità presenta risultati favorevoli, l’IBQ fornisce una situazione complessivamente appena sufficiente portando nuovamente all’attenzione lo stato delle acque dei fossi interni che poi fanno sentire i loro effetti sul “Fiumetto” ed il “Motrone”. Infatti dai campionamenti effettuati sulle foci è emerso un giudizio sulla qualità delle acque costiere: mediocre. Lo stato trofico è stato ricavato come media dei due transetti effettuati a Viareggio ed al Cinquale. Il primo presenta uno stato mediocre, il secondo buono. Un ulteriore aspetto da tenere sempre in considerazione e che ci introduce nel ciclo delle acque, è relativo al fabbisogno di acqua potabile: infatti i cinque pozzi di emungimento e le 11 sorgenti non sono in grado di soddisfare il fabbisogno del Comune ed è necessario pertanto approvvigionarsi dai Comuni limitrofi. A questo dato di fatto si deve aggiungere lo stato di distribuzione dell’acqua potabile che presenta una percentuale di dissipazione di circa l’11% superiore a quella (15%) che fisiologicamente viene dissipata dalla rete. Complessivamente più di un litro dei quattro che sono emunti viene dissipato. Se lo stato di pressione sulla risorsa acqua è da considerarsi preoccupante, non meno lo è la situazione che emerge dalla lettura del deficit depurativo. Esso non è legato ad un deficit di potenzialità depurativa, in quanto il dimensionamento del depuratore del Pollino non va rivisto, ma può derivare da una mancanza della rete fognaria ed alla mancata realizzazione degli allacciamenti alla rete. In realtà più che l’impianto di depurazione è la strategia depurativa che viene messa in discussione; infatti se dal punto di vista gestionale un impianto centralizzato fornisce delle garanzie maggiori relativamente alla qualità dello scarico, avendo delle inerzie maggiori da contrapporre ai fenomeni di punta, dall’altro lo stesso contribuisce all’impoverimento

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idrico del territorio. Infatti ad un emungimento distribuito omogeneamente sul territorio si contrappone una restituzione dell’acqua depurata in un solo punto che poi viene quasi subito convogliata verso il mare. Vi sono inoltre problemi di difficile soluzione dovuti allo scarico che, per i valori di portata ed il relativo carico di inquinanti, risulta insostenibile per il corpo recettore. (Nell’ottica di una strategia depurativa sostenibile (sustainable sanitation) si dovrebbero favorire soluzioni che, quando vi sono le condizioni, prevedano una depurazione diffusa sul territorio basata su sistemi di trattamento appropriati, come la fitodepurazione, con lo scopo di minimizzare il ciclo artificiale delle acque e favorire così il ripristino delle portate naturali). L’impiego di acqua potabile per usi non propri, come l’innaffiamento di orti e giardini, che pure esiste, è poca cosa rispetto all’emungimento indiscriminato che viene fatto dai pozzi ad uso civile, industriale ed agricolo che, in particolare nella piana, contribuiscono all’impoverimento della falda e all’avanzamento del cuneo salino. L’urgenza è quella di censire tutti i pozzi sia quelli ad uso civile, industriale, agricolo che quello domestico, e verificare l’effettiva quantità di acqua emunta. Solo con la verifica del quantitativo di acqua prelevata e con il relativo pagamento di una congrua tariffa sarà possibile porre un freno ad un uso sconsiderato di questa risorsa; che porta oltre ad un impoverimento delle falde anche a problematiche più critiche per la conservazione dell’ambiente come l’intrusione del cuneo salino. 8. 2 Risorsa aria Dal catasto delle emissioni è emerso che le fonti principali maggiormente rilevanti per il territorio comunale di Pietrasanta sono le seguenti tipologie di attività: - Traffico veicolare - Processi di combustione per usi civili - Processi di combustione nell’industria - Emissioni dovute all’evaporazione di solventi (sia per usi civili che industriali ed artigianali) - Emissioni del sistema distributivo di carburanti Gli inquinanti relativamente ai quali sono state effettuate le elaborazioni sono in particolare quelli quantitativamente di maggior rilievo: ossidi di azoto, monossido di carbonio, PM10, anidride solforosa, sostanze organiche volatili. Per le emissioni con origine derivante da processi di combustione sono state inoltre valutate le emissioni di anidride carbonica, gas che, come noto, è il maggior responsabile del cosiddetto “effetto serra”. Le emissioni derivanti dalle principali fonti emissive presenti sul territorio comunale, espresse in tonnellate/anno e con riferimento all’anno 1998 e con esclusione delle emissioni di COV di origine industriale e delle emissioni di metano (di ridotto impatto igienico – ambientale), sono riassunte nelle tabelle seguenti . Fonte emissiva Inquinante

Traffico veicolare

Emissioni civili da combustione

Distributori carburante

Solventi ad usi civili

Combustione industriale

CO 3.747 131 10

NOx 959 24 35

COV 470 16 36 48 4

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PM10 51 4 3

SOx 123 2 8

Anche se le stime effettuate hanno come riferimento l’anno 1998, esse possono essere ritenute come significative, con le opportune considerazioni precedentemente riportate, anche per l’anno 2002. Dal quadro emerge chiaramente la particolare rilevanza assunta dalle emissioni di origine veicolare nel quadro complessivo. Anche se sicuramente ridotte in misura significativa queste emissioni al 2002 restano di gran lunga le prevalenti. Le emissioni in atmosfera si concentrano nelle aree urbanizzate della pianura e sono dovute principalmente, come detto sopra, al traffico veicolare. Il contributo degli usi energetici civili (riscaldamento e sanitari) è estremamente ridotto in relazione alla estrema diffusione della metanizzazione. Il metano è infatti un combustibile pulito caratterizzato da fattori di emissione minimi. Molto maggiore è invece la rilevanza del suo contributo per quanto concerne le emissioni di anidride carbonica, che non sono però significative a livello locale, ma solo per il loro carattere climalterante. In carenza di sufficienti dati di traffico non è possibile estrarre dal totale delle emissioni da traffico veicolare il contributo di sorgenti lineari, tranne che per quanto concerne l’autostrada A12. La residua viabilità è considerata quindi come sorgente diffusa. Questa approssimazione non comporta errori significativi, ma si deve tenere conto che possono aversi effetti locali ai bordi dei principali assi viari per quanto concerne la concentrazione degli inquinanti primari (CO, NO, PM10, COV), specie in presenza di semafori o di punti comunque critici per la circolazione. Le stime riferite alle emissioni di origine industriali sono da ritenere solo come indicative, si è adottato però un criterio cautelativo ed i valori riportati sono da ritenere come sovrastimati. In mancanza di uno specifico studio di settore non si sono fatte valutazioni quantitative sulle emissioni di polvere che si originano dalla lavorazione lapidea. Tali emissioni sono però da ritenere comunque trascurabili per quanto concerne l’influenza sulla qualità dell’aria per il parametro PM10 (polveri con granulometria inferiore a 10 micron), che concerne le frazione delle polveri, che essendo respirabile è ritenuta di interesse sanitario. La distribuzione granulometrica delle polveri che si originano dalla lavorazione lapidea è infatti caratterizzata da elevate granulometrie, con ridotta presenza di polveri fini. Esclusi possibili limitati transitori e poco rilevanti fenomeni che possono concernere come già detto l’immediata vicinanza dei maggiori assi stradali e con riserva di specifiche valutazioni che verranno di seguito fatte circa le concentrazioni di ozono nei mesi estivi, la qualità dell’aria nel Comune di Pietrasanta può essere stimata come buona e non è prevedibile, anche per le favorevoli condizioni meteorologiche che limitano le situazioni di accumulo degli inquinanti nell’atmosfera, il superamento dei limiti di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa o il verificarsi di episodi acuti che possano comportare il raggiungimento dei valori di attenzione. Queste valutazioni trovano conferma dai risultati dell’indagine svolta nel 2002 sulla distribuzione nel territorio comunale di licheni epifiti, che vede l’assenza, anche nelle aree urbanizzate, di situazioni di deserto lichenico ed una prevalenza delle classi da I a III. Sono quindi ridotte le aree del territorio comunale dove dalla risposta biologica dei licheni epifiti risultano marcate o forti alterazioni della qualità dell’aria.

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Stante il preponderante contributo al quadro emissivo del traffico veicolare è prevedibile che si abbia una punta emissiva nei mesi estivi per gli elevati livelli di traffico legati alle presenze turistiche. Questa situazione, risultando la punta emissiva concomitante con il periodo di maggiore insolazione, potrebbe comportare il raggiungimento, su parte del territorio comunale e specialmente sulle colline, di elevati livelli di concentrazione di punta di ozono. I dati rilevati con il monitoraggio tramite bioindicazione dell’ozono nell’anno 2002 e nell’anno 2003 appaiono rassicuranti, come pure i risultati di un mese di monitoraggio nell’anno 2001 nel Comune di Forte dei Marmi, in situazione quindi equivalente a quella del Comune di Pietrasanta. Interessante in questo senso risulta il confronto fra i dati 2002 e quelli 2003, che mostra solo un limitato incremento dei danni fogliari causati dall’ozono (e quindi anche dell’ozono, stante la relazione esistente fra danno fogliare e livelli di ozono) nell’anno 2003, nonostante la situazione meteorologica che nel 2003 ha compensato la peculiarità meteorologica dell’estate 2002. Valutando i dati relativi ai due anni e la loro media il quadro rilevato si conferma essere moderatamente rassicurante, gli incrementi fra il 2002 ed il 2003 sono infatti risultati pari al 6,5% per le concentrazioni massime di ozono ed al 3,7% per le concentrazioni medie settimanali. La ripetizione nell’anno 2004 della campagna di monitoraggio tramite bioindicazione dell’ozono dovrebbe permettere di giungere a conclusioni più precise. 8. 3 Risorsa energia In questo paragrafo sono state riportate in modo sintetico le considerazioni svolte nella “Relazione sullo Stato dell’Ambiente, sulla diversificazione delle fonti per la produzione di energia elettrica. In particolare sono state analizzate tutte le possibili fonti alternative alla produzione di energia elettrica convenzionale. Non è stata trattata la geotermia in quanto sul nostro territorio non sono presenti fenomeni tipici di questo tipo di risorsa. Produzione di Energia Elettrica da Fonte Idrica I corsi d’acqua presenti nel comune di Pietrasanta, a parte il fiume Versilia da cui è solo lambito, hanno un carattere torrentizio, che combinato con una assenza di bacini di raccolta e stoccaggio, fanno si che il territorio, per questi vincoli intrinseci, non presenti quelle caratteristiche necessarie per sviluppare produzioni di energia elettrica da fonte idrica. Produzione di Energia Elettrica da Fonte Rinnovabile Un tipico esempio di impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile (CDR) è l’impianto di termovalorizzazione di Falascaia. Il termovalorizzatore di Falascaia, ubicato nella omonima località, è in grado di produrre energia elettrica che cede alla rete nazionale pari a 5 MWe a cui fa sottratto circa 0,5 MWe per gli autoconsumi. Per circa 18 mesi l’impianto è stato gestito in fase sperimentale con alimentazione a biomassa; alternativa alla sua specifica destinazione di termovalorizzare il CDR. Purtroppo l’impianto di Falascaia rimane l’unico esempio di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile. Fonte Eolica Sul territorio del Comune di Pietrasanta non sono presenti impianti eolici, malgrado il territorio si presti molto bene allo sfruttamento di questa fonte energetica alla quale si è ricominciato a guardare con crescente interesse in vista del loro possibile utilizzo, sia pure integrativo, per la produzione di elettricità. Fonte solare fotovoltaica

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Benché ci sia un crescente interesse intorno a questa forma di fonte rinnovabile, le installazioni di impianti fotovoltaici sul nostro territorio sono scarsissimi. Ciò è imputabile ancora all’elevato costo del kWh e/o alla difficoltà di reperire gli incentivi. La necessità di dover spingere su questo tipo di produzione di E.E. deriva dall’impatto ambientale praticamente nullo e dalla possibilità di poter realizzare piccoli impianti destinati a soddisfare le esigenze di un privato o di una piccola attività. È necessario ricordare che rispetto alla produzione di E.E. con fonti tradizionali per ogni kWh prodotto si risparmiano circa 250 grammi di olio combustibile e si è evitata la produzione di 0,7 kg di CO2. Fonte solare termica Il solare termico benché sia arrivato molto prima del fotovoltaico, non è riuscito a soppiantare la cultura di produrre acqua calda, prima tramite E.E. con gli scaldabagno, poi con l’ausilio del metano. Esistono alcuni esempi di istallazione ed impiego dei pannelli solari, ma complessivamente il contributo energetico resta minimale. Produzione di Biomassa Benché il territorio del Comune di Pietrasanta sia coperto per ben il 56% da foreste e boschi, la superficie interessata è prevalentemente collinare montana nella quale, a causa delle caratteristiche tipiche della fascia costiera: terrazzamenti, fronti scoscesi, rocce affioranti, non è mai stata avviata una operazione di manutenzione del patrimonio boschivo, né tanto meno sono presenti iniziative economico ambientali di recupero – manutenzione con produzione di biomassa. Con alcune delle medesime problematiche la cosa si ripete anche in pianura ove la superficie del terreno faciliterebbe questo tipo di operazioni, ma la scarsità di zone boschive, a parte il Parco della Versiliana sul quale è in corso un’operazione di recupero e salvaguardia, non permettono l’instaurarsi di una economia di scala. Pertanto la produzione di biomassa vergine sul territorio è praticamente inesistente e con essa, ad eccezione dell’impianto di Falascaia, non sono presenti impianti che impieghino questa fonte rinnovabile. Cogenerazione Sul nostro territorio non sono ancora presenti esempi di cogenerazione di energia, ma è senza alcun dubbio la strada sulla quale è necessario spingere affinché si possano diminuire i fabbisogni di energia primaria a favore di energie di recupero di secondo impiego. La tecnologia è ormai matura e ormai sono numerosi gli esempi di cogenerazione di energia elettrica e termica e talvolta produzione di frigorie spingendo i processi sino alla trigenerazione. In questi ultimi mesi il Comune di Pietrasanta sta predisponendo un progetto che prevede una collaborazione tecnologica con la ERSU spa al fine di produrre energia elettrica e termica in cogenerazione mediante l’installazione di un motore endotermico. Concludendo si può affermare, che dal punto di vista energetico, la situazione rimane molto involuta, con le principali problematiche legate allo scarso ricorso al solare termico, specie per gli usi sanitari e nelle attività turistiche, dalla pressochè assenza di installazioni di solare fotovoltaico, dal mancato sfruttamento delle potenzialità relative all’utilizzo delle biomasse e dall’assenza di cogenerazione o trigenerazione. 8. 4 Risorsa rifiuti Nel settore del ciclo dei rifiuti il Comune di Pietrasanta vanta una situazione consolidata che si è sviluppata anche sotto l’impulso positivo della società ERSU, affidataria della

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raccolta degli RSU nonché di altri servizi correlati, che in questi anni si è fatta promotrice di iniziative volte al conseguimento degli obiettivi legislativi legati alla R.D. ed al riciclaggio dei rifiuti. Il Comune di Pietrasanta fa parte dei sei Comuni Versiliesi che costituiscono il “Sistema Integrato della Versilia”. A livello comprensoriale ove tali tematiche hanno la loro dimensione più logica e naturale, è presente un impianto di selezione e compostaggio con produzione di CDR ubicato il località Pioppogatto ed un impianto di termovalorizzazione alimentato a CDR con produzione di energia elettrica. Nel caso in cui l’impianto posto in località Falascaia fosse destinato alla sola produzione di E.E. utilizzando le biomasse come combustibile, si ripresenterebbe il problema dello smaltimento del CDR fuori Provincia, o meglio fuori ATO (ambito territoriale ottimale), con una ripercussione negativa sull’intero ciclo, a meno di accordi tra le varie ATO al fine di individuare un impianto di termovalorizzazione centralizzato che però al momento non esiste, il che comporta transitori ancora molto lunghi. Relativamente alla raccolta dei rifiuti ingombranti è presente c/o la cosiddetta “Stazione di trasferimento ERSU” di un centro di stoccaggio e selezione di questi rifiuti, provenienti da conferimenti spontanei e da un sistema di raccolta su appuntamento, gestito dalla società ERSU, estremamente efficiente ove vengono separati ed avviati al riciclaggio. Ugualmente, sulla rimanente parte dei suddetti ingombranti, vengono attuate operazioni di selezione meccanica e riduzione volumetrica che permettono di recuperare un 30% di materiale metallico e legnoso, avviato al recupero. Ove è necessario procedere a nuovi investimenti ed alla realizzazione di un nuovo impianto è nel settore della raccolta dei rifiuti organici e del verde e nella relativa potenzialità di recupero degli stessi per la produzione di compost di qualità. Il Comune di Pietrasanta ha l’onore di presentare un risultato lusinghiero in merito, infatti la raccolta differenziata del “vegetale” è particolarmente spinta sul nostro territorio e ben gestita con delle piazzole di raccolta e stoccaggio dedicate a questa frazione. Al fine di minimizzare la frazione non ancora intercettata, la società ERSU ha incentivato, mediante la distribuzione gratuita dei reattori, il compostaggio domestico, ossia quella forma di recupero del vegetale e dell’”umido da cucina” che mira a trasformare all’interno dell’unità familiare, le due frazioni differenziate al fine di riutilizzarle nei propri giardini ed orti. Il tutto dovrebbe essere facilitato dall’urbanizzazione del territorio, costituita in gran parte da case con giardini, parchi, orticelli a conduzione familiare. Rimane però ancora aperto il problema della trasformazione del “verde” e dell’umido non autocompostato; perciò l’ubicazione e la realizzazione di un impianto di compostaggio per queste due frazioni, non presente nemmeno a livello provinciale se non per una piccola parte che è possibile trattare c/o l’impianto di Pioppogatto, è una necessità inderogabile alla quale è indispensabile far fronte. In sintesi il quadro delineato denota relativamente ai rifiuti urbani un rispetto delle indicazioni previste dalla normativa europea e nazionale in materia di rifiuti, che prevedono che per la gestione dei rifiuti si debba con crescente priorità ricorrere a: - reimpiego e riciclaggio; - altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti l’utilizzazione principale dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia. Infatti:

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- l’obiettivo del 25% di raccolta differenziata dei rifiuti è stato raggiunto e l’obiettivo del 35% appare alla portata del Comune di Pietrasanta; - i rifiuti urbani vengono sottoposti a trattamento con finalità di recupero di materia e di utilizzo della frazione combustibile per produrre energia; - il ciclo di smaltimento punta a rendere residuale il ricorso alle discariche. Per quanto concerne i rifiuti industriali la maggiore attenzione deve essere posta nell’incentivare il riutilizzo dei rifiuti derivanti dalla lavorazione lapidea. 8. 5 Inquinamento acustico Il problema dell’inquinamento acustico sul territorio del comunale è ancora un’istanza molto forte alla quale poco è stato dedicato e per la quale è necessario predisporre una pianificazione di indagini e di interventi estremamente urgenti ed efficaci. A livello infrastrutturale i punti di maggiore criticità sono: - la strada Statale Aurelia nel tratto che attraversa il centro abitato di Pontestrada – Ponterosso, - la linea ferroviaria nel tratto dalla Stazione Ferroviaria sino a Ponterosso, l’Autostrada A12 per tutto il tratto che attraversa il territorio comunale - le altre strade di grande comunicazione (Viale Roma, Viale Unità d’Italia). Relativamente agli insediamenti turistico – ricreativi, così importanti per un territorio come quello di Pietrasanta, l’inquinamento acustico prodotto direttamente dalle attività che ivi si svolgono, nonché l’inquinamento dal traffico veicolare che gli stessi inducono, è fonte di preoccupazione e presenta una criticità ambientale estremamente grave se raffrontata anche all’assenza di piani di mitigazione e risanamento. Un aspetto ulteriore è rappresentato dalle attività produttive legate alla lavorazione del marmo che hanno sede nel centro storico o in centri abitati minori, esse se pur rappresentano una parte importante dei tratti caratteristici e tipici di questa città, dall’altra inducono problemi di inquinamento acustico che non possono essere risolti, come è successo con altre attività industriali, con una delocalizzazione degli impianti in zone più idonee, ma necessitano di azioni di bonifica in loco, indirizzati con piani di risanamento acustico redatti dall’amministrazione. Non più prorogabile la predisposizione ai sensi della Legge Quadro sull’inquinamento acustico (L. 26 ottobre 1995 n°447 art. 6) del Piano Comunale di azzonamento, inerente la classificazione del territorio secondo i criteri dell’art.4 comma 1 lettera a), al fine di coordinare gli interventi di indagine, pianificazione e bonifica acustica. 8. 6 Radiazioni non ionizzanti Le criticità ambientali legati agli effetti dell’inquinamento indotto dalle radiazioni elettromagnetiche di alta frequenza sono state affrontate e parzialmente risolte mediante una pianificazione delle installazione delle stazioni radio base alla luce di una classificazione del territorio effettuata prima, secondo le linee guida della L.R. n° 54 del 6 Aprile 2000 “Disciplina in materia di impianti di radiocomunicazioni” e della Deliberazione n° 12 del 16 Gennaio 2002 “Criteri generali per la localizzazione degli

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impianti e criteri inerenti l’identificazione delle aree sensibili ai sensi dell’art. 4 comma 1 della legge regionale n°54 del 6 aprile 2000” (successivamente annullata dal Tribunale Amministrativo della Toscana), poi ai sensi dell’art. 8 comma 6 della Legge n° 36 del 22 febbraio 2001 “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”. Tale pianificazione risolve i problemi legati alla valutazione preventiva dei campi elettromagnetici e da ampie garanzie su quali siano i valori risultanti una volta realizzate le stazioni radio base. Uno studio redatto nel marzo del 2003 “Studio dei campi elettromagnetici ad alta frequenza” nel quale sono state effettuate le misurazioni a tutte le sorgenti, ha messo in evidenza almeno due siti sulle colline di Capriglia e Capezzano Monte sui quali sarebbero opportune azioni di monitoraggio. Un aspetto della pianificazione, ma non solo, che necessita di maggiore attenzione è l’inserimento paesaggistico di queste istallazioni, o meglio la ricerca di forme di mitigazione ambientale al fine di ridurne l’impatto. All’uopo è necessario procedere in tempi brevi alla sostituzioni delle installazioni provvisorie che sono ancora presenti sul territorio con delle realizzazioni definitive. Relativamente agli effetti indotti dalla distribuzione dell’energia elettrica, la situazione del territorio appare, anche alla vista di un occhio non esperto, disastrosa. Sul nostro territorio sono presenti le seguenti linee elettriche di trasporto: Linea ENEL n° 314 Acciaiolo – La Spezia: tensione nominale 380 kV Linea ENEL n° 286 Avenza – Livorno Marzocco: tensione nominale 220 kV Linea ENEL n° 565 Viareggio – Strettoia: tensione nominale 132 kV Linea ENEL n° 500 Strettoia – Isola Santa: tensione nominale 132 kV Linea FFSS Massa – Cascina Dispari: tensione nominale 132 kV Linea FFSS Massa – Cascina Pari: tensione nominale 132 kV oltre numerose linee da 15 kV. Oltre alle linee sono presenti due grosse centrali di trasformazione dalla alta tensione alla media ubicate in loc. strettoia ed in via arginevecchio, oltre ad un gran numero di cabine di trasformazione dalla media tensione alla bassa. Anche le stazioni come le cabine sono fonti di inquinamento alla stessa stregua delle linee di trasporto. In senso assoluto l’inquinamento indotto da una così massiccia presenza di linee non può che essere rilevante se poi è aggravato da una situazione nella quale tale presenta è anche concentrata sopra una piccola porzione del territorio: è il caso della collina Castiglione. La nuova normativa emessa ai sensi della Legge n° 36 del 22/02/01 art. 4 comma 2 lettera a): “DPCM 8 luglio 2003 Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti” pur prevedendo dei limiti di esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità più restrittivi, demanda all’APAT definire la metodologia di calcolo per la determinazione delle fasce di rispetto (art. 6 comma 2). Poiché tali nuove metodologie non sono ancora state emanate di fatto rimangono ancora in vigore quelle fissate con la vecchia normativa. Oltre ad un problema “sanitario” calmierato dai grossi vincoli inedificatori che tali linee comportano, un secondo aspetto estremamente grave è la deturpazione del territorio dal punto di vista ambientale – paesaggistico. Le enormi responsabilità che sono alla base della situazione attuale, vanno ricercate nel passato, dove certe sensibilità erano molto meno presenti, ma è inderogabile ed imprescindibile a chiunque voglia svolgere una nuova attività pianificatoria prevedere

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azioni di risanamento e mitigazione di questi tracciati, oltre a porre dei vincoli di assoluta inedificabilità per chi pensasse di doverne realizzare dei nuovi in aria. 8.7 Risorsa suolo Le criticità legate a questo settore sono state esaurientemente illustrate negli elaborati specificamente redatti a cura del Geologo Ceccarelli. L’apporto che qui vogliamo dare a quanto già illustrato è legato alle criticità relative ai possibili veicoli di contaminazione del suolo. L’aspetto più rilevante è legato agli insediamenti civili, commerciali ed artigianali che non sono ancora allacciati alla rete fognaria. Ciò comporta nelle migliore delle ipotesi uno sversamento dei liquami sul suolo dopo essere transitato in pozzi neri, fosse Himoff, ect. o addirittura uno sversamento diretto magari anche in corsi d’acqua o con condotte e rigagnoli ad essi riconducibili. Queste situazioni sono spesso presenti nei casi di abitazioni isolate ove la realizzazione della fognatura necessita di investimenti insostenibili oppure è il caso dei piccoli centri ove sarebbe più conveniente un impianto di depurazione dedicato che non l’allaccio con una lunga condotta per riportarlo alla rete già servita dal depurazione del Pollino. Specialmente nelle frazioni collinari, ma non solo, sono presenti casi di frazioni ed abitazioni isolate. Un’altra fonte di inquinamento è relativa alla presenza dei serbatoi interrati. Tali serbatoi impiegati nelle numerose stazioni di rifornimento del carburante, molto più numerose in passato che adesso, sono una potenziale fonte di pericolosità a causa dello sversamento per vetustà del carburane contenuto nel suolo. Non solo le stazioni di servizio presentano questo rischio; in passato era in uso nelle zone non raggiunte dalla rete di metanizzazione, posizionare nel sottosuolo il serbatoio per lo stoccaggio del gasolio per l’alimentazione degli impianti di riscaldamento. Con l’estendersi od il completarsi della rete di distribuzione del metano la necessità di installare i depositi è venuta meno, ma ancor più pericolosi sono quei serbatoi installati nel passato e non rimossi, in quanto non vengono più effettuate le semplici operazioni di manutenzione e si tende a dimenticare la presenza nel sottosuolo di questa fonte di pericolo. Relativamente agli insediamenti produttivi, per lo più legati alla lavorazione del marmo, molto è stato fatto in passato, tanto che quasi tutte le aziende prevedono lavorazioni a ciclo chiuso, riducendo in modo considerevole l’apporto di fonti di inquinamento sul suolo. Estremamente significativo e pregevole da questo punto di vista è la realizzazione della zona artigianale e produttiva del portone in quanto essendo dotata delle infrastrutture necessarie ai processi produttivi permette con investimenti sopportabili di ridurre numerose fonti di inquinamento. Sul nostro territorio sono presenti quindici cave, di cui sei di pietra ornamentale, e quattro siti minerari, tutti non più attivi. Purtroppo tutti i siti hanno bisogno di opere di ripristino ambientale in quanto alla cessazione delle attività non sono seguiti interventi di ripristino o meglio di rinaturalizzazione. Attualmente sono due i siti sui quali sono indispensabili gli interventi di bonifica ambientale: uno in un’area limitrofa alla ex discarica messa in sicurezza del Pollino, l’altro c/o l’ex stabilimento Mejer. Sul primo sono state individuate scorie e ceneri residuali della combustione del vecchio inceneritore che sorgeva nell’area limitrofa; sul secondo sono in corso di accertamento l’entità delle contaminazioni delle matrici ambientali dal processo produttivo.

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Per il primo sito, la società ERSU, proprietaria dell’area, ha già redatto il progetto di bonifica e l’Amministrazione comunale sta predisponendo le procedure di approvazione del progetto medesimo. 8. 8 Sistema socio-insediativo Da un esame complessivo delle aziende, dettagliato nella Relazione sullo Stato dell’Ambiente relativa al Quadro Conoscitivo, si rileva che la quasi totalità di insediamenti insalubri è riferita alla lavorazione lapidea, ad altre attività produttive quali tipografie, fonderie d’arte e carpenterie (in buona parte lavorazioni meccaniche dell’alluminio), ad attività di servizio quali le lavanderie e le carrozzerie. Gli elementi di insalubrità derivanti da tali tipologie produttive sono in genere ridotti. Per la lavorazione lapidea sono costituiti dal rumore e da emissioni di polveri, oltre che dalla presenza di solidi nelle acque di lavorazione. Per le fonderie si tratta di fonderie di seconda fusione e quindi con effetti ambientali pressoché nulli. Sul territorio del Comune di Pietrasanta non sono presenti industrie a rischio di incidente rilevante. Un aspetto non meno significativo riguarda l’aspetto architettonico – paesaggistico; se è vero che un gran numero delle aziende dedite alla lavorazione del marmo sono ubicate nei centri urbani ed in particolare nel centro storico di Pietrasanta, da qui l’esigenza di delocalizzare queste industrie al fine di minimizzare la commistione tra centro residenziale ed artigianale – industriale. Esigenza a cui la l’Amministrazione ha già dato risposta procedendo alla redazione di un Piano Guida ai sensi dell’art. 26 ter della normativa tecnica, per la delocalizzazione delle attività che presentano fattori di pressione sui centri residenziali.

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Capitolo IX Le caratteristiche socio-economiche e le tendenze evolutive

A cura di Simurg Ricerche 9.1 Le tendenze demografiche di lungo periodo (1951 – 2001) Negli ultimi cinquant’anni (1951-2001) la popolazione del comune di Pietrasanta è cresciuta in maniera piuttosto significativa (+10,6%) passando dalle 21812 unità del 1951 alle 24127 del 2001. Nello stesso periodo la popolazione della provincia di Lucca è rimasta sostanzialmente invariata (-0,8%) mentre quella della Toscana ha registrato un incremento del 9,6%. Ben diverso è stato invece l’andamento della Versilia, il sistema economico locale di cui fa parte Pietrasanta che ha registrato un incremento consistente (+21,1%) dovuto soprattutto ai comuni di Viareggio (+39,3%) e Massarosa (+38,2%) che hanno raggiunto, rispettivamente, 58180 e 20036 unità. L’aumento in termini assoluti e relativi dei comuni dell’area costiera della Versilia si è accompagnato al regime di forte spopolamento sperimentato dai comuni dalla parte più interna, in particolare Stazzema. Negli anni cinquanta e sessanta il baricentro demografico della provincia di Lucca si è spostato verso la costa dando luogo ad una netta dicotomia fra le aree collinari e montane, in forte impoverimento demografico, e l’area costiera rappresentata dalla Versilia, in notevole espansione. Il ritmo di crescita della popolazione è stato però molto variabile durante il periodo considerato. L’incremento di Pietrasanta si è realizzato quasi esclusivamente nel primo decennio (1951-1961) quando la popolazione ha raggiunto le 24179 unità (+10,9%). Nell’ultimo decennio (1991-2001) a Pietrasanta la popolazione è diminuita (-2,8%), meno della provincia (-3,4%) ma di più della Toscana (-2,0%) e della Versilia (-0,8%). In leggero progresso Viareggio (+1,2%) che ha invertito la tendenza rispetto al decennio precedente e Massarosa, ancora in progresso (+6,0%). Nel cinquantennio considerato la popolazione di Pietrasanta ha registrato dunque variazioni della popolazione nella stessa direzione di quelle del sistema economico locale di cui è parte, la Versilia, ma di entità differente. Nel primo decennio, quando la Versilia cresceva dell’8,4% Pietrasanta raggiungeva il 10,9%, contribuendo in maniera significativa allo sviluppo demografico dell’area. Nei decenni successivi invece, quando la crescita di Pietrasanta diminuiva l’aumento della Versilia si realizzava grazie al contributo di Viareggio e Massarosa. Nell’ultimo decennio poi, la dinamica di Pietrasanta si è allineata a quella provinciale in un regime di quasi stazionarietà demografica. Questa tendenza demografica è stata dovuta, al di là degli aspetti legati all'andamento dell'economia locale e ad aspetti legati alla qualità sociale offerta ai futuri residenti, anche da problematiche di tipo urbano presenti nel territorio come ad esempio il costo elevato delle abitazioni, la scarsa disponibilità di nuove case e, in generale, a quella qualità urbana che è diventata un aspetto sempre più importante nella scelta della futura residenza.

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9. 2 La dinamica demografica Per comprendere meglio l’evoluzione di lungo periodo della popolazione, abbiamo considerato i fattori della crescita demografica, quello naturale e quello migratorio. Durante gli anni sessanta (1961-1971) la componente naturale era quella più dinamica nel comune di Pietrasanta. Le nascite superavano abbondantemente le morti e la popolazione cresceva soprattutto per questo (+3,6‰ in termini relativi). L’attrazione nei confronti dei residenti fuori dal comune, misurata dal tasso d’incremento migratorio, era invece piuttosto contenuta (+1,0‰), a differenza di Viareggio (+10,4‰), Forte dei Marmi (+8,3‰) e Camaiore (+7,6‰). La crescita della popolazione era però inferiore rispetto a quella delle popolazioni vicine anche a causa di un incremento naturale più modesto. In Versilia la componente di crescita naturale era più o meno della stessa entità (+5,3‰) di quella migratoria (+5,7‰) mentre a livello provinciale la componente naturale superava nettamente quella migratoria (3,2‰ contro 0,8‰). Negli anni ottanta, come abbiamo già avuto modo di mettere in evidenza, la popolazione comincia a diminuire in tutti i comuni della Versilia ad eccezione di Massarosa. Il declino demografico che si registra è comunque la risultante di un andamento opposto delle componenti di crescita, quella naturale, in deficit, e quella migratoria, in surplus. L’ultimo decennio (1991-2001) conferma le tendenze di declino demografico già in atto. A Pietrasanta il tasso d’incremento complessivo rimane invariato rispetto a quello del decennio precedente (-2,2‰) ma questo è il risultato di un allargamento della forbice fra le due componenti della crescita demografica, quella naturale sempre più negativa (-6,0‰) e quella migratoria in leggero progresso (+3,8). La capacità attrattiva dei comuni della Versilia rimane un elemento costante nel tempo, +5,7‰ nel decennio 1961-1971, +2,2‰ nel decennio 1981-1991 e +5,1‰ nel corso dell’ultimo decennio. Nel primo decennio questa capacità si sommava all’incremento dovuto alla componente naturale cosicché i tassi di crescita della popolazione raggiungevano livelli molto elevati, oltre il 10‰, con alcuni comuni (Viareggio, Forte dei Marmi e Camaiore) con tassi d’incremento intorno al 15‰. Nei decenni successivi il saldo migratorio positivo è servito invece a controbilanciare le costanti perdite naturali della popolazione, risultando, in alcuni casi (Viareggio, Massarosa e la Versilia) in lievi incrementi demografici. Unica eccezione a questo modello è Forte dei Marmi dove entrambe le componenti della crescita demografica hanno registrato, nell’ultimo decennio, un segno negativo. 9. 3 I cambiamenti di residenza Per comprendere adeguatamente il modello di redistribuzione della popolazione è necessario analizzare i flussi migratori secondo l’origine e la destinazione. Per questo abbiamo preso in considerazione tutti i cambiamenti di residenza avvenuti nella provincia di Lucca nell’anno 1995 distinguendo tra le immigrazioni (iscrizioni) e le emigrazioni

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(cancellazioni) di ciascun comune della provincia secondo il comune di provenienza e di destinazione. Le iscrizioni nel comune di Pietrasanta sono state pari a 437 unità, vale a dire il 12,8% di tutte le immigrazioni avvenute nello stesso periodo in Versilia mentre le cancellazioni sono risultate pari a 351 determinando così un saldo positivo fra iscrizioni e cancellazioni anagrafiche di 86 unità. Se consideriamo il raggio della migrazione vediamo che il 60,2% delle iscrizioni riguarda movimenti su breve distanza (intraprovinciali), la maggior parte dei quali relativi a trasferimenti di residenza fra le varie località della Versilia. Le iscrizioni dal resto della Toscana rappresentano il 15,8%, quelle dal resto d’Italia il 19% mentre quelle dall’estero il 5%. Il raggio piuttosto limitato della migrazione caratterizza oltre a Pietrasanta, anche Massarosa, Seravezza e Stazzema nei confronti degli altri comuni della Versilia. Se facciamo riferimento alla differenza fra le iscrizioni e le cancellazioni anagrafiche vediamo che Pietrasanta guadagna popolazione nei confronti di tutte le aree considerate. Questo elemento la caratterizza insieme a Massarosa rispetto agli altri comuni della Versilia. Viareggio, Seravezza e Camaiore pur avendo infatti tutti saldi complessivamente positivi, sono caratterizzati da eccedenze positive nei confronti dei movimenti su lunga distanza (extraprovinciali) e da eccedenze negative nei confronti dei movimenti su breve distanza (intraprovinciali). Con particolare riferimento a Pietrasanta vediamo che nonostante un saldo complessivamente positivo (+10) fra iscrizioni e cancellazioni anagrafiche interne alla Versilia, i rapporti con le singole realtà locali sono piuttosto variegati. Pietrasanta guadagna popolazione soprattutto nei confronti di Forte dei Marmi (+38) e, in misura minore, di Viareggio (+13) ma ne perde nei confronti di Massarosa (-25) che guadagna da tutta la Versilia e di Camaiore (-18). Dall’analisi dei modelli redistributivi della popolazione possiamo provare a trarre qualche conclusione. La mobilità residenziale su maggiori distanze (extraprovinciale) dovuta prevalentemente al fattore lavoro, è un fenomeno che interessa maggiormente i centri urbani più grandi (Viareggio e Lucca) che a loro volta decentrano, prevalentemente a fini residenziali, popolazione sul resto del territorio. Il sistema urbano della Versilia, il cui polo di attrazione è Viareggio, costituisce allora il punto di arrivo per i cambiamenti di residenza sulle lunghe distanze ma il punto di partenza per i trasferimenti successivi all’interno del sistema, in modo particolare verso Massarosa e, in misura minore, verso Pietrasanta. 9. 4 La struttura per età della popolazione Nel corso degli ultimi cinquant’anni a Pietrasanta la popolazione con più di sessantacinque anni è più che raddoppiata passando, in rapporto alla popolazione residente, dal 9,9% del 1951 al 22% del 2001. Di contro, quella con meno di quindici anni si è quasi dimezzata passando dal 20,1% del 1951 all’11,3% del 2001. A causa della diversa dinamica illustrata, la popolazione anziana, che nel 1951 era inferiore a quella giovane, nel 2001 è diventata doppia rispetto a quest’ultima. Per di più il divario, già piuttosto evidente, è destinato a crescere sensibilmente negli anni a venire.

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La quota di popolazione giovane (0 – 14 anni) a Pietrasanta è inferiore a quella della Versilia (12,1%) e a quella registrata a livello provinciale (11,8%). Più alta rispetto sia alla media provinciale che alla Versilia è invece la quota di popolazione giovane a Massarosa (13%), probabilmente proprio grazie ai continui apporti dovuti agli alti tassi di migratorietà. Questi fanno anche sì che la popolazione degli ultrasessantacinquenni sia la più bassa fra tutte le realtà considerate (17,5%), rispetto al 20,6% della Versilia e al 21,6% della provincia. Il sorpasso della popolazione anziana su quella giovane avviene nei primi anni ottanta in tutte le realtà considerate ad eccezione di Massarosa dove il sorpasso avviene circa dieci anni più tardi. Concludendo possiamo dire che, analizzando la struttura per età della popolazione dei vari comuni della Versilia, Pietrasanta presenta, dopo Forte dei Marmi e Stazzema una situazione demografica critici 9. 5 La mobilità pendolare In ogni sistema territoriale, il fenomeno della mobilità pendolare rappresenta una forma di adeguamento spaziale fra posti di lavori (domanda di lavoro) e forza lavoro residente (offerta di lavoro). L’eccedenza che si verifica in una delle due componenti viene infatti riequilibrata dai movimenti giornalieri fra il luogo di residenza e quello di lavoro. Purtroppo, poiché il fenomeno pendolare non costituisce oggetto di rilevazioni dirette ma solo di elaborazioni dei dati censuari, le informazioni più recenti che possiamo utilizzare sono quelle relative al censimento 1991. Tuttavia, il confronto con la situazione relativa al censimento 1981 ci permetterà di comprendere le linee evolutive del fenomeno e di formulare alcune ipotesi sugli sviluppi del movimento pendolare più recente. Nel 1981 il flusso pendolare fra il comune di Pietrasanta e il resto della Toscana presentava un saldo negativo di 208 unità. Questo squilibrio era comunque il risultato di eccedenze di segno contrario, positive con la Versilia (+17 unità), negative con la provincia di Lucca (-50 unità) e con le altre province toscane (-158 unità) fra le quali spicca lo squilibrio con la provincia di Pisa (-107 unità). A fronte di un’eccedenza complessivamente negativa, la situazione con le singole aree considerate era quindi piuttosto variegata, in particolare quella con i comuni della Versilia; decisamente negativo lo squilibrio con Viareggio (-224 unità), appena negativo con Seravezza (-23 unità) e Forte dei Marmi (-12 unità), abbondantemente positivo con Camaiore (+168 unità) e Stazzema (+88 unità). Nel 1991 la situazione cambia profondamente; a livello complessivo lo squilibrio da negativo diventa positivo (+281 unità) mentre in Versilia il saldo positivo passa da +17 unità del 1981 a +312 unità del 1991. Si riduce notevolmente lo squilibrio con Viareggio che rimane negativo (-139 unità) mentre aumenta quello con Forte dei Marmi (-84 unità).

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Aumenta invece il saldo positivo con Camaiore (+268 unità), con Stazzema (+118 unità) e con Massarosa (+83 unità) mentre cambia di segno quello con Seravezza (+131). Fra il 1981 e il 1991 Pietrasanta vede quindi aumentare la sua capacità di attrarre forza lavoro residente nei comuni limitrofi. Nel giro di dieci anni le persone che giornalmente si recano a Pietrasanta per motivi di lavoro sono aumentate di circa 500 unità. Questo si vede anche dall’intensità del movimento pendolare, calcolata sulla base degli spostamenti che hanno per origine o destinazione Pietrasanta, che è passata da 4148 unità del 1981 a 5547 del 1991. Una spiegazione di questo cambiamento può essere legata al fatto che molte persone, pur lavorando nel comune di Pietrasanta, hanno probabilmente scelto di risiedere nei comuni limitrofi trovando condizioni abitative più vantaggiose. 9. 6 Situazione attuale, popolazione e trasferimenti di residenza L’ammontare della popolazione residente alla data del 31/12/2002 era di 24.262 unità, il 26,9% delle famiglie è composto da un solo componente e rappresenta il 10,6% della popolazione, il 26,4% delle famiglie è composto da due componenti e rappresenta il 20,8% dei residenti mentre il 23,9% sono famiglie di tre componenti che rappresentano il 28,3 della popolazione. In rapporto alla popolazione residente, i “single” maschi rappresentano l’8,2% della popolazione complessiva di sesso maschile mentre le femmine il 12,8% della popolazione di sesso femminile. Se consideriamo la classe d’età, vediamo però che i “single” maschi prevalgono sulle femmine nelle classi d’età più giovani, soprattutto nella classe 26-45 anni (9,1% contro 7,4%) mentre le femmine prevalgono nella classe d’età oltre 65 anni dove rappresentano il 26,9% della popolazione femminile contro il 13,8% dei maschi rispetto alla popolazione maschile. I dati anagrafici a disposizione consentono di avere traccia solo dei movimenti migratori in ingresso, iscrizioni anagrafiche. I trasferimenti di residenza in uscita dal comune, cancellazioni anagrafiche, sono invece escluse per cui, in questa fase, non siamo in grado di conoscere l’entità della differenza fra iscrizioni e cancellazioni, saldo migratorio. L’analisi degli ingressi, in confronto con lo stesso dato relativo al 1995, ci consentirà comunque di tirare qualche sommaria ma pur significativa conclusione circa l’evoluzione del fenomeno del trasferimento delle residenze. Nel corso del 2002 le nuove residenze a Pietrasanta sono state 396 rispetto a 437 del 1995, 41 in meno, pari al 9,4%. Nonostante che il bilancio rispetto a sette anni prima sia negativo, le aree di provenienza si comportano in maniera molto differenziata. Alla diminuzione consistente, pari a più del 25%, dei trasferimenti sulle brevi distanze, Versilia e provincia di Lucca, fanno seguito gli incrementi degli ingressi sulle medie distanze, con il +17,4% del resto della regione Toscana e, soprattutto, sulle lunghe

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distanze, con il +127,3% dell’estero. I trasferimenti dall’estero costituiscono, nel 2002, quasi il 13% degli ingressi rispetto al 5% appena di sette anni prima 9. 7 La proiezione della popolazione In linea di massima, allorché si parla di proiezioni demografiche ci si riferisce, in prima istanza, a quantificazioni circa la consistenza ed, eventualmente, la struttura futura di una popolazione. Per questo abbiamo cercato di quantificare le conseguenze sulla popolazione attuale del comune di Pietrasanta di specifiche assunzioni relative all’andamento futuro della fecondità, della mortalità e della migratorietà. Attraverso lo studio dell’evoluzione nel tempo della popolazione saremo in grado di stimare la consistenza numerica delle famiglie e, di conseguenza, il fabbisogno abitativo primario per gli anni a venire. Le proiezioni sono relative al periodo 2002-2037 e sono state sviluppate considerando tre ipotesi: ipotesi bassa che prevede tassi generici costanti, secondo la quale fecondità e migratorietà rimangono invariate durante il periodo considerato; ipotesi media, è quella che prevede tassi di fecondità crescenti (+35% nei primi venti anni) con una mortalità decrescente (-30% nei primi venti anni) e un livello di migratorietà che cresce del 50%; ipotesi alta che prevede l’incremento dei tassi di fecondità (+50% nei primi venti anni) con una mortalità decrescente (-50% nei primi venti anni) e l'incremento del tasso di migratorietà (+100% nei primi venti anni). Nella tabella abbiamo indicato l’ammontare della popolazione residente alle date indicate stimata sulla base delle proiezioni effettuate considerando le tre ipotesi appena illustrate. L’ipotesi alta, grazie ai tassi di fecondità e di migratorietà crescenti è quella che assicura un aumento di popolazione (fino a più di 27mila unità alla fine del periodo) dopo il calo verificatosi negli ultimi dieci anni (1991-2001) insieme ad un ringiovanimento. L’ipotesi media prevede un lentissimo decremento della popolazione che arriva a circa 22.500 abitanti nel 2037, mentre l'ipotesi a tassi costanti (ipotesi bassa) è quella che prevede un declino demografico piuttosto deciso. Secondo questa ipotesi infatti, la popolazione residente a Pietrasanta alla fine del periodo di previsione sarebbe inferiore alle 20mila unità. Le tre ipotesi formulate ci permettono anche di comprendere l’evoluzione della popolazione distinta in classi d’età. Solamente l’ipotesi alta è in grado di assicurare l’incremento della popolazione delle classi d’età più giovani appena menzionate; per questa ragione questa ipotesi è anche quella che riesce a contenere maggiormente l’invecchiamento della popolazione.

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Tabella 1 Movimento demografico della popolazione residente (proiezioni al 2037 secondo le tre ipotesi)

Ipotesi Bassa 2007 2012 2017 2022 2027 2032 2037Popolazione 1/1 24.115 23.695 23.051 22.275 21.445 20.555 19.581 Nascite 150 130 117 113 106 102 92 Decessi 335 359 375 380 381 383 390 Saldo naturale -185 -229 -258 -267 -275 -281 -298Saldo migratorio 123 116 110 106 100 95 89 Saldo totale -63 -112 -148 -161 -174 -186 -209Popolazione 31/12 24.052 23.583 22.903 22.114 21.271 20.368 19.373 Famiglie 9.847 9.956 9.901 9.752 9.571 9.335 9.055 Dimensione media familiare 2,4 2,4 2,3 2,3 2,2 2,2 2,1

Ipotesi Media 2007 2012 2017 2022 2027 2032 2037Popolazione 1/1 24.171 24.013 23.818 23.644 23.433 23.106 22.658 Nascite 151 132 120 118 119 114 106 Decessi 315 321 328 347 366 380 395 Saldo naturale -164 -189 -208 -229 -247 -266 -289Saldo migratorio 138 153 170 194 195 191 183 Saldo totale -26 -36 -38 -35 -52 -75 -106Popolazione 31/12 24.145 23.977 23.781 23.609 23.381 23.031 22.552 Famiglie 9.877 10.122 10.297 10.444 10.546 10.561 10.526 Dimensione media familiare 2,4 2,4 2,3 2,3 2,2 2,2 2,1

Ipotesi Alta 2007 2012 2017 2022 2027 2032 2037Popolazione 1/1 24.216 24.285 24.548 25.119 25.909 26.635 27.261 Nascite 151 132 125 126 137 144 136 Decessi 302 298 299 327 361 388 414 Saldo naturale -151 166- 174- 201- 224- 244- 278- Saldo migratorio 155 199 261 353 383 392 395 Saldo totale 3 33 86 153 158 148 117 Popolazione 31/12 24.219 24.319 24.634 25.271 26.068 26.783 27.378 Famiglie 9.898 10.252 10.633 11.100 11.609 12.047 12.464 Dimensione media familiare 2,4 2,4 2,3 2,3 2,2 2,2 2,2

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9. 8 La stima del fabbisogno abitativo Per quantificare il fabbisogno abitativo dei prossimi anni è necessario valutare come si evolveranno nel tempo le due componenti, l’offerta e la domanda abitativa primaria. Il confronto, per ogni anno di previsione, fra il flusso di servizi abitativi domandato in via effettiva o potenziale e quello contrapposto costituito dai servizi abitativi offerti attraverso il parco edilizio esistente, ci darà la consistenza del deficit, fabbisogno insoddisfatto, o eventualmente, del surplus di servizi abitativi primari. Per quanto riguarda la valutazione sia della domanda che dell'offerta, un primo indicatore di riferimento è costituito dai nuclei familiari che ipotizzeremo numericamente coincidenti con le abitazioni disponibili. Questa ipotesi, alla base della stima del fabbisogno abitativo primario, è supportata dai dati censuari che mostrano una tendenza all’unità del rapporto fra numero di famiglie e numero di abitazioni occupate nel periodo 1961-2001. Il fabbisogno abitativo primario tiene conto, oltre al numero di famiglie esistenti all’inizio del periodo di proiezione, della domanda derivante dalla necessità di far fronte al movimento naturale e migratorio della popolazione per l'arco di tempo considerato (fabbisogno aggiuntivo), della domanda corrispondente alla necessità di provvedere al rinnovo dello stock abitativo che è soggetto, nel tempo, ad una più o meno intensa usura o obsolescenza (fabbisogno sostitutivo) ed infine, di una quota relativa alla parte dello stock da lasciare libero per la vendita o per l'affitto necessari per assicurare al mercato immobiliare la fluidità necessaria a scongiurare tensioni nei prezzi e a garantire la mobilità abitativa delle famiglie (fabbisogno frizionale). Il PTC della Provincia di Lucca (cfr. 3.4.1. "Il fabbisogno abitativo" pg. 204) indica la modalità per la stima del fabbisogno abitativo, anche se tale modalità è indicata come orientativa ci sembra opportuno, in prima istanza, partire da questi calcoli. Sempre nel PTC della Provincia di Lucca nella Tabella 16 (Pagina 211) è presente la stima del fabbisogno abitativo primario disaggregato per comune che, per quanto riguarda Pietrasanta, è stato indicato in 1.390 abitazioni al 2011 che scendono a 980 con il recupero A livello formale possiamo ricavare rispettivamente l’offerta (OP), la domanda (DP) e per differenza il fabbisogno abitativo primario (FP) nel modo seguente:

DFSDFSPNURSEFP

DFSDDP

FSPNURSEOP

−−−×+=

+=

−×+=

32

32

Dove: SE: Stock esistente

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PNUR: Patrimonio non utilizzato recuperabile FS: Fabbisogno sostitutivo (abitato) SD: Stock domandato DF: Domanda frizionale Per la stima dell’offerta abbiamo considerato che: le abitazioni occupate all’inizio del periodo corrispondano al numero di nuclei familiari rilevati a quella data; il patrimonio recuperabile sia pari al 90% di quello non utilizzato; il fabbisogno sostitutivo, relativo all’intero periodo di previsione, sia pari al 3% dello stock abitativo esistente. Per la stima della domanda primaria di abitazioni si è ipotizzato che: le abitazioni occupate ad una certa data siano uguali al numero di nuclei familiari previsti a quella data; la domanda frizionale sia pari al 3% dello stock abitativo. In estrema sintesi, nel prospetto riportato sotto, abbiamo ricavato i dati relativi alla domanda, all’offerta e al fabbisogno abitativo primario relativamente al periodo di previsione in base all'ipotesi di evoluzione della popolazione residente. A questo proposito bisogna precisare che facendo riferimento anche alla pressione abitativa presente nel territorio comunale, evidenziata per esempio dall'aumento dei pendolari che pur lavorando nel comune di Pietrasanta hanno scelto di risiedere fuori dal territorio comunale (cfr. Cap. 5 La mobilità pendolare) e dalla notevole espansione demografica del comune di Massarosa che rappresenta una sorta di "valvola di sfogo", l'Amministrazione Comunale di Pietrasanta ha scelto di impegnarsi in una politica socio-economica che supporti l'ipotesi più alta delle nostre proiezioni demografiche. I calcoli da noi svolti, basati su un modello puramente teorico, portano ad una stima che è attualmente plausibile ma che andrà poi monitorata e verificata nel corso del periodo di validità del Piano Strutturale. Da parte nostra abbiamo cercato di evitare la sopravvalutazione del fabbisogno abitativo che, comunque, sarà sottoposto ad una attenta verifica sulla base dell'effettiva sostenibilità del territorio.

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Tabella 2 Stima del fabbisogno abitativo primario * Anno di riferimento orientativo del nuovo Piano Strutturale

L’ipotesi prospettata comporta un fabbisogno abitativo primario crescente che al 2022, anno di riferimento per le proiezioni di questo Piano Strutturale, sarà di 1.762 abitazioni. Per quanto riguarda il fabbisogno secondario, quello cioè dovuto alla quota di abitazioni destinate ad usi diversi o ad abitazioni turistiche, deriva generalmente dalle scelte di strategia economica e sociale che l’amministrazione comunale intende porsi. Attualmente oltre il 34% del patrimonio esistente risulta non occupato permanentemente, perché destinato ad altri usi o per seconde case; si tratta di una percentuale molto alta che nei prossimi anni può essere ridotta pur tenendo presente che il mancato soddisfacimento del fabbisogno secondario implicherebbe una carenza nella risposta al fabbisogno abitativo primario. Tenendo presenti le considerazioni precedenti possiamo ipotizzare un fabbisogno secondario al 2020 di 278 alloggi pari al 16% del Fabbisogno primario calcolato precedentemente; complessivamente si arriva, quindi, ad un fabbisogno complessivo di 2.040 alloggi. Concludendo possiamo dire che le previsioni relative al fabbisogno abitativo del comune di Pietrasanta da noi calcolate, pur avendo un orizzonte temporale più ampio, sembrano essere perfettamente in linea rispetto a quelle presenti nel PTC della Provincia di Lucca. Le intenzioni generali dell'Amministrazione sono quelle di basarsi su previsioni sostenibili dal territorio (vedi Relazione sulla sostenibilità) e che consentano, al tempo stesso, di abbassare la pressione abitativa con un dimensionamento adeguato. Da notare che la precedente stima del fabbisogno abitativo comprende anche quella parte di patrimonio non utilizzato recuperabile (PNUR) e quindi è previsto che una quota del fabbisogno derivi dal recupero di abitazioni non utilizzate. Secondo le previsioni dell'Amministrazione comunale le abitazioni da recuperare mediante apposite politiche saranno almeno 380.

Componenti 2007 2012 2017 2022* 2027 2032 2037

Stock domandato 9.898 10.252 10.633 11.100 11.609 12.047 12.464Domanda frizionale 296 304 309 313 316 317 316Domanda primaria complessiva 10.195 10.556 10.942 11.414 11.925 12.364 12.780

Stock esistente 9.520 9.520 9.520 9.520 9.520 9.520 9.5202/3 patrimonio non utilizz. recuperabile 417 417 417 417 417 417 417Fabbisogno sostitutivo 286 286 286 286 286 286 286Offerta primaria complessiva 9.651 9.651 9.651 9.651 9.651 9.651 9.651

Fabbisogno abitativo primario 543 904 1.290 1.762 2.274 2.713 3.128

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9. 9 Aspetti economici: l’evoluzione di lungo periodo (1961 – 1996)3 Nel corso dei trentacinque anni considerati (1961-1996) a Pietrasanta le unità locali sono passate da 1.632 del 1961 a 2.255 del 1996 aumentando, in termini percentuali, del 38,2%. L’aumento verificatosi in questo periodo a Pietrasanta è stato superiore a quello medio registrato a livello di sistema locale di lavoro (+20,2%), a quello di Seravezza (+8,2%), di Forte dei Marmi (+10,8%) e di Stazzema che ha fatto registrare addirittura una diminuzione (-21,0%). La crescita delle unità locali a Pietrasanta è stata positiva anche nei vari sottoperiodi considerati. Nei primi due (1961-1971 e 1971-1981) le unità locali sono cresciute del 14,8% nel terzo (1981-1991) dello 0,3% mentre nell’ultimo (1991-1996), più breve, del 4,5%, lasciando intravedere una ripresa dopo il rallentamento del decennio precedente. Il recupero dell’ultimo quinquennio a Pietrasanta è ancora più significativo se si considera che la crescita delle realtà limitrofe, Forte dei Marmi e Stazzema in modo particolare, si è arrestata facendo registrare notevoli passi indietro dopo lo sviluppo manifestato nei decenni precedenti. Da notare che la Toscana è l’unica realtà, insieme a Pietrasanta, che ha avuto un incremento delle unità locali nell’ultimo periodo considerato (1991-1996), anche se di entità più modesta (+0,4%). Gli addetti alle unità locali sono passati, invece, da 6603 del 1961 a 6860 del 1996 registrando un aumento del 3,9%. Anche in questo caso l’incremento di Pietrasanta è stato superiore a quello medio del sistema locale di lavoro che nel periodo considerato ha fatto registrare una diminuzione (-7,2%), di Seravezza (-24,4%), di Stazzema (-61,8%) ma inferiore a Forte dei Marmi (+19,4%) che mostra un andamento di segno opposto rispetto alle unità locali. La crescita degli addetti non è però stata costante lungo tutto il periodo considerato. Fra il 1961 e il 1971, quando le unità locali aumentavano gli addetti diminuivano (-7,3%). Nel decennio successivo (1971-1981) gli addetti aumentavano invece in maniera considerevole (+11,6%) mentre nel periodo successivo (1981-1991) la crescita rallentava (+5,1%) fino a invertire la tendenza negli ultimi cinque anni (1991-1996) quando gli addetti diminuivano, sia pure solo del 4,4%. Da notare proprio l’andamento di segno opposto fra unità locali e addetti alle unità locali fatto registrare a Pietrasanta nell’ultimo quinquennio analizzato. E' evidente che la crisi economica dei primi anni novanta ha provocato, indirettamente, un altro effetto; l’incremento delle unità locali registrato fra il 1991 e il 1996 e la contemporanea riduzione degli addetti indicherebbero una certa frammentazione delle attività economiche.

3 La fonte della seguente analisi storica è costituita dal Censimento dell’Industria e dei Servizi per il periodo 1961-1991 e dal Censimento Intermedio dell’Industria e dei Servizi del 1996.

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9. 9. 1 I settori di attività economica nel periodo 1961 – 1996. Le unità locali Di seguito abbiamo distinto le unità locali per sezione di attività economica nel periodo di riferimento analizzato (1961 - 1991) considerando i valori assoluti e le relative quote percentuali. Nel 1961 il settore di attività più diffuso era quello del commercio che comprendeva 637 unità locali pari al 39,0% del totale. Nel 1996 il settore di attività prevalente era ancora quello del commercio con 712 unità locali, pari al 31,6%. Nonostante l’apparente stabilità, nel corso degli anni le cose si sono leggermente modificate. Fra il 1981 e il 1991 le attività manifatturiere hanno guadagnato terreno rispetto a quelle commerciali fino a giungere, proprio nel 1991, al sorpasso (632 unità manifatturiere locali contro 537 commerciali) in termini assoluti e (29,3% del settore manifatturiero contro 24,9% di quello del commercio) in termini relativi. L’inizio degli anni novanta segna invece di nuovo l’inversione di tendenza. La crisi provoca la riduzione delle unità locali nel settore manifatturiero e l’incremento del commercio. In questo senso si spiega anche l’ipotesi della frammentazione delle attività economiche, accennata in precedenza. L’incremento delle unità locali accompagnato dalla riduzione degli addetti nel periodo 1991-1996 si è potuto verificare proprio a causa dello spostamento fra il settore manifatturiero, caratterizzato da unità di dimensioni piuttosto consistenti, e il commercio, dove la dimensione delle unità è notevolmente più contenuta. Sempre nel 1961 le unità locali relative agli alberghi e ristoranti erano 337 e pesavano, nel complesso, per il 20,6% delle unità locali totali mostrandosi il terzo settore, in ordine di importanza. Nel corso dei trentacinque anni considerati questo settore ha comunque perso, rispetto agli altri settori, sia in termini di unità locali assolute (-92 unità) che in termini relativi (10,9%). In progresso il settore delle costruzioni che dopo il periodo di stabilità evidenziato negli anni ottanta, sembra aver trovato, agli inizi degli anni novanta, un periodo piuttosto favorevole, anch’esso probabilmente favorito dalla crisi economica. Nel 1996 le unità locali in questo settore erano 304, pari al 13,5% del totale. Il settore di attività che ha manifestato i progressi più evidenti è stato invece quello delle attività immobiliari, noleggio, informatica ecc… che è passato dal 6,4% del 1961 al 18,3% del 1991 fino al 15,7% del 1996. Si tratta in questo caso di attività terziarie di tipo avanzato, alcune di queste nate recentemente.

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9. 9. 2 I settori di attività economica nel periodo 1961 – 1996. Gli addetti alle unità locali La distribuzione degli addetti alle unità locali segue in maniera piuttosto coerente quella delle unità locali. Nonostante lo stretto legame fra le due variabili, possiamo comunque trarre alcune considerazioni. A fronte dell’aumento di unità locali manifatturiere, gli addetti sono diminuiti, nel trentennio 1961-1991, di 338 unità, pari al 10% circa. Nonostante la diminuzione, il settore manifatturiero impiegava ancora, nel 1991, il 46,3% degli addetti contro il 55,4% del 1961, rimanendo quello nettamente prevalente. Nel corso dei cinque anni successivi (1991-1996) gli addetti nel settore manifatturiero sono diminuiti ulteriormente fino a giungere a 2405 unità. Questa diminuzione si è però accompagnata a quella delle unità locali, come abbiamo visto nel paragrafo precedente. Tuttavia, a fronte di una riduzione del 20% circa di unità locali, abbiamo avuto una riduzione del 30% quasi degli addetti, a dimostrazione del fatto che nei momenti di crisi gli occupati reagiscono più intensamente rispetto alle unità locali. Il settore manifatturiero risultava quindi piuttosto concentrato dal momento che il 22% circa di unità locali impiegava il 35% degli addetti, molto di più fino al 1991 quando il 29,3% delle unità locali raccoglieva il 46,3% degli addetti. In ogni caso, a livello generale, questo significa che la dimensione delle attività in esame, in termini di addetti impiegati, è decisamente superiore rispetto a quelle degli altri settori di attività. Gli addetti nel commercio erano meno rispetto alle altre realtà a confronto. Questo settore impiegava nel 1991 il 17,7% degli addetti passati al 22,7% nel 1996. A Forte dei Marmi nel 1996 il commercio impiegava il 34,4% degli addetti, a Viareggio il 29,9%, a Seravezza il 23,8%, in Versilia il 28,2%, in provincia il 23,9% mentre in Toscana il 23,1%. Infine, da notare che il settore degli alberghi e ristoranti, nonostante la riduzione delle unità locali avvenuta nell’ultimo quinquennio, ha manifestato l’incremento degli addetti. Al 1996 questi rappresentavano ancora il 14,0% del totale. 9. 9. 3 La situazione al 2001 secondo i dati della Camera di Commercio di Lucca4 Poiché la fonte della presente analisi è diversa rispetto all’analisi storica, abbiamo evitato il confronto fra i valori assoluti. Per questa ragione il prospetto si limita ai valori percentuali. Nel 2001 l’attività più diffusa è ancora il commercio che raccoglie il 34,0% delle unità locali ma solo il 25,7% degli addetti. La percentuale di unità locali a Pietrasanta è più bassa 4 La seguente analisi strutturale si basa sui dati ricavati dagli archivi della Camera di Commercio di Lucca in cui sono riportate le ditte iscritte presso il registro delle imprese

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rispetto a Forte dei Marmi (38,0%), a Seravezza (35,1%), alla Versilia (37,8%) ma più alta rispetto alla provincia di Lucca (30,3%) e alla Toscana (28,6%). Il 10,6% delle unità locali nel commercio è costituito da imprese artigiane, meno rispetto alla media comunale che raggiunge il 37,2%. Le unità locali manifatturiere sono invece il 23,7% ma impiegano il 40,2% degli addetti. Rispetto al Censimento Intermedio del 1996 la percentuale di unità locali è aumentata di un punto. Fra le imprese manifatturiere le attività artigiane sono notevolmente di più della media (68,5%). La presenza di attività manifatturiere a Pietrasanta supera quella degli aggregati territoriali anche nel 2001, in particolare la Versilia (17,4%), la provincia (15,7%) e la regione (17,4%). Le unità locali artigiane sono concentrate soprattutto nel settore delle costruzioni dove rappresentano l’83,7% del totale e nei trasporti, magazzinaggio e comunicazioni (65,6%). Gli alberghi e ristoranti costituiscono invece appena l’11,3% di cui solo l’1,5% a carattere artigiano. La specificità dell’economia di Pietrasanta risulta essere caratterizzata dalla presenza di attività manifatturiere. Fra queste prevale decisamente l’attività di costruzione di materiali da costruzione con il 9,0% delle unità locali complessive e il 22,5% degli addetti. Si tratta in prevalenza (66,7%) di attività artigiane. Per il resto, fra le attività manifatturiere possiamo ricordare l’industria del legno e dei prodotti in legno (1,7%) e la fabbricazione dei prodotti in metallo (1,7%). Il commercio al dettaglio raccoglie il 16,7% delle unità locali e l’11,4% degli addetti, il commercio all’ingrosso il 4,5% delle unità locali e il 5,9% degli addetti. Da notare l’attività di intermediazione del commercio che raccoglie il 4,4% delle unità locali ma solo l’1,9% degli addetti. Si tratta in questo caso di piccole attività di consulenza. Per quanto riguarda il settore dei servizi prevalgono le attività immobiliari (3,6% di unità locali e 1,8% di addetti) e le altre attività professionali ed imprenditoriali (2,2% di unità locali e 2,4% di addetti). 9. 9. 4 Il Commercio Se analizziamo la distribuzione degli esercizi commerciali e delle relative superfici di vendita per zona troviamo che Pietrasanta capoluogo è senza dubbio il centro della struttura distributiva dell’intero comune. Sono qui localizzate, infatti, 239 attività che corrispondono al 44% del totale e al 40% delle superfici complessive. Le attività prevalenti sono quelle di generi non alimentari. Nell’area a mare, Marina di Pietrasanta, vi sono 169 attività commerciali, 46 di generi alimentari e 123 di generi non alimentari. Complessivamente rappresentano poco più del 31% degli esercizi dell'intero comune. La superficie di vendita è di 7254 mq., che corrisponde il 24% della superficie complessiva. Per quanto riguarda la dotazione commerciale il territorio che non rientra nei centri urbani appena menzionati (frazioni e il resto del territorio) ospita 138 esercizi, 59 di generi non alimentari e 79 alimentari. In termini percentuali questa porzione di territorio accoglie il 25% delle attività del comune che corrispondono al 36% della superficie di vendita totale.

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Come si può notare, emerge con chiarezza l'esistenza, all'interno del territorio comunale, di una struttura della rete distributiva articolata su tre livelli: un primo livello costituito da un polo principale di concentrazione commerciale (la zona del capoluogo); un secondo livello costituito dalla zona litoranea; un terzo livello, composto dalle reti commerciali minori delle altre zone del comune e cioè tutte le frazioni. Nelle zona del capoluogo e di Marina di Pietrasanta prevalgono gli esercizi di vicinato mentre nel resto del territorio è presente una struttura distributiva più moderna, formata da esercizi con maggiori superfici di vendita. La struttura della rete distributiva appare, comunque, ancora orientata in prevalenza verso gli esercizi di piccole dimensioni. La superficie media degli esercizi risulta, infatti, di circa 50 mq per il settore alimentare e 57 per quello non alimentare Alla luce di quanto abbiamo appena detto possiamo affermare che il comune di Pietrasanta è ancora fortemente caratterizzato dalla presenza delle strutture di vicinato, sia in termini di esercizi, sia in termini di superfici di vendita. Infatti, su 546 attività commerciali, ben 536 rientrano nella categoria dei negozi di vicinato. Per quanto riguarda il settore merceologico possiamo dire che nel 71% dei casi si tratta di negozi di generi non alimentari. La maggior parte degli esercizi di vicinato si trova nel capoluogo (44%), il 31% nella zona litoranea e il rimanente 25% nel resto del territorio. Per quanto riguarda la superficie di vendita complessiva dei negozi vediamo che rappresenta circa il 83% della superficie dell’intera catena distributiva del commercio al minuto in sede fissa. Si tratta in prevalenza di negozi con una superficie media relativamente piccola che non supera i 42 mq. Le medie strutture di vendita sono attualmente 10, per una superficie complessiva che corrisponde a circa il 20% della superficie totale della struttura commerciale. Nel capoluogo sono ubicate 2 attività mentre nella zona di Marina di Pietrasanta solamente una. Le restanti strutture sono sparse sul resto del territorio. Come è già stato evidenziato in precedenza, Pietrasanta, all’interno del bacino di utenza della Versilia, dispone di una rete commerciale ancora fortemente caratterizzata dalle forme di vendita tradizionali, con una scarsa presenza di medie strutture e l’assenza pressoché totale di grandi strutture di vendita. Questa situazione testimonia una articolazione della rete non equilibrata, eccessivamente basata su tipologie commerciali tendenzialmente fragili e che non sfruttano le economie di scala che forme più moderne di distribuzione possono garantire all’intero sistema distributivo locale. Inoltre, la totale assenza di grandi strutture di vendita contribuisce fortemente ad aumentare il fenomeno delle evasioni commerciali dell’utenza locale e turistica a favore dei comuni limitrofi (Camaiore, Viareggio). Per queste ragioni in futuro lo sviluppo della rete commerciale dovrebbe tendere a consolidare e razionalizzare l’attuale rete distributiva di vicinato in particolare nei poli commerciali del centro storico e della zona a mare e contestualmente cercare di inserire all’interno del territorio strutture di vendita più moderne e di grandi dimensioni.

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9. 9. 5 I Pubblici Esercizi il settore economico, che caratterizza maggiormente il comune di Pietrasanta, è senza dubbio il turismo, che, per numero di occupati e reddito generato, costituisce uno dei fondamenti dell'economia comunale. Anche il numero dei Pubblici Esercizi presenti nel territorio comunale, generalmente molto sensibile all'influenza del turismo, risente positivamente di questo aspetto, infatti, nel 2003 secondo la rilevazione censuaria effettuata dalla Simurg per conto della Regione Toscana e Unioncamere Toscana, ogni mille abitanti esistevano 8,3 unità locali di Pubblici Esercizi Bisogna inoltre dire che nel 1996 l'Amministrazione Comunale, seguendo le indicazioni normative ed un lavoro di pianificazione del settore5, emise un provvedimento per la modifica dei parametri numerici dei Pubblici Esercizi che prevedeva un rafforzamento della propria rete di P.E.. Un segnale evidente di questo rafforzamento si ottiene analizzando i dati relativi all'evoluzione del numero di autorizzazioni rilasciate ai Pubblici Esercizi; infatti dal 1996 al 2000 si è avuto un aumento numerico di tutte le tipologie di autorizzazione. Nel 2002 il nuovo Piano per la riparametrazione dei Pubblici Esercizi comunali6 ha introdotto notevoli modifiche in questo settore di attività; infatti oltre ad un aumento delle autorizzazioni disponibili, al fine di promuovere il turismo in modo integrato sull'intero territorio comunale, ha svincolato le autorizzazioni dalle 4 Zone commerciali (in pratica la pianificazione vigente considera il territorio comunale come un'unica realtà in cui poter autorizzare l'apertura di nuovi esercizi). La novità più importante però è, sicuramente, l'istituzione di una zona franca nell'area collinare del comune dove è possibile l'apertura di un Pubblico Esercizio indipendentemente dal parametro disponibile. Attualmente, nel comune di Pietrasanta, sono attivi 202 Pubblici Esercizi, di cui 104 Ristoranti, 91 Bar e 5 Bar-Ristoranti. Nessuno svolge attività stagionale.

5 Comune di Pietrasanta, U.O. Commercio,- Atto n° 417 del 09/08/1996 - "Modifica dei parametri numerici dei Pubblici Esercizi di cui al Provvedimento del Commissario Prefettizio del 07/04/1993. 6 6 Simurg Ricerche - "Piano per la riparametrazione dei Pubblici Esercizi del Comune di Pietrasanta" del 07/04/1993.

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9. 10 Il turismo e le Strutture ricettive L’analisi del movimento turistico è stata fatta utilizzando i dati diffusi dalla provincia di Lucca relativamente agli arrivi7 e alle presenze8 nel corso del periodo 1991-2001. In questo periodo, l’analisi del movimento turistico di Pietrasanta mostra l’alternarsi di una fase di contrazione, avvenuta nei primi anni novanta fino al 1995, seguita da una fase di rilancio, particolarmente accentuata a partire dal 1998. Rispetto al 1991, al 2001 gli arrivi sono aumentati del 9,5%, giungendo in termini assoluti a 108.079, mentre le presenze sono incrementate del 22,0%, giungendo, sempre in termini assoluti, a 529.402. Gli anni di maggiore affluenza di turisti a Pietrasanta sono stati il 1999 e il 2000 dove gli arrivi sono stati rispettivamente 113.451 e 112.329. La crescita del movimento turistico a Pietrasanta nel periodo di tempo considerato è stata comunque più contenuta rispetto alle realtà limitrofe a confronto. A Forte dei Marmi, nel decennio considerato, gli arrivi sono aumentati del 29,8%, a Viareggio del 36,9%, a Camaiore del 54,6%, in Versilia complessivamente del 35,1% mentre in provincia di Lucca del 57,1%. L’incremento delle presenze, superiore in termini percentuali rispetto a quello degli arrivi, ha determinato a Pietrasanta l’incremento della permanenza media9 presso le strutture ricettive che è passata da 4,39 giorni del 1991 a quasi cinque (4,90) del 2001. L’incremento della permanenza media dei turisti a Pietrasanta è degna di nota in quanto rappresenta, insieme a Massarosa, un’eccezione. Infatti, nello stesso periodo la permanenza media è diminuita in tutte le realtà territoriali a confronto. A Viareggio questa è passata da 5,87 giorni a 5,21, a Forte dei Marmi da 4,19 a 3,90, a Camaiore da 5,08 a 4,38, in Versilia da 4,99 a 4,66 mentre in provincia di Lucca da 4,50 a 3,90. Il movimento turistico a Pietrasanta è anche caratterizzato per un maggior numero di arrivi di turisti stranieri rispetto a quelli italiani. Il rapporto è di 72,4 turisti italiani contro 100 turisti stranieri all’inizio del periodo analizzato (1991) e di 81 turisti italiani contro 100 turisti stranieri alla fine (2001).

7 Il numero di clienti, italiani e stranieri, ospitati negli esercizi ricettivi (alberghieri o complementari) nel periodo considerato; il numero di tali richieste può essere maggiore del numero di persone recatesi in un dato territorio poiché la stessa persona può soggiornare, durante il periodo di permanenza, in strutture ricettive diverse dello stesso comune. E’ comunque ragionevole ipotizzare che gli arrivi siano un ottimo indicatore del numero di persone effettivamente giunte in un dato comune. 8 Il numero delle notti trascorse dai clienti negli esercizi ricettivi. 9 Il rapporto fra le presenze e gli arrivi.

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Le strutture turistiche presenti nel territorio comunale di Pietrasanta sono essenzialmente costituite da alberghi e residence mentre è del tutto marginale l'attività degli esercizi complementari; da notare che non esistono nel comune attività ricettive di campeggio e di villaggi turistici. Queste caratteristiche della rete ricettiva sono, del resto, in linea con la tipologia di turismo medio alta che visita generalmente la Versilia. Attualmente svolgono la loro attività 111 esercizi alberghieri che hanno una potenzialità complessiva di 2339 camere e di oltre 5.100 posti letto. Se confrontiamo la dotazione di Pietrasanta rispetto a quella degli altri comuni della Versilia vediamo che Viareggio è il comune che ha il maggior numero di strutture ricettive (120 alberghi e 22 esercizi complementari) seguito da Pietrasanta e Camaiore mentre Forte dei Marmi pur avendo un numero di alberghi inferiore (78) ha un numero di posti letto relativamente superiore con una media di oltre 54 posti letto per struttura alberghiera. L'evoluzione numerica delle strutture ricettive in Versilia, nel periodo di tempo che va dal 1998 al 2001 presenta una leggera riduzione del numero di alberghi e un incremento consistente degli esercizi complementari. In generale però i posti letto disponibili negli alberghi della Versilia sono aumentati di oltre il 3% segno che queste strutture sono andate incontro ad una selezione dalla quale si è ripartiti per aumentare l'offerta complessiva grazie ad un allargamento medio del numero di posti letto. Questo ragionamento può essere confermato anche dall'analisi delle presenze turistiche in Versilia sempre nel periodo 1998 - 2001; infatti complessivamente si è avuto un incremento dell'11,3% di presenze che sarebbe in contraddizione con il calo numerico degli alberghi a meno che non si consideri una certa razionalizzazione del settore che ha comportato, oltre all'aumento dei posti letto, un maggiore utilizzo delle strutture presenti. Per quanto riguarda Pietrasanta possiamo dire che l'incremento fa parte di un generale rilancio del settore turistico che aveva vissuto nei primi anni novanta un periodo di contrazione terminato nel 1995; da allora, anche grazie a politiche di marketing adeguate, la situazione è migliorata fino ad arrivare al notevole afflusso turistico attuale. Proprio per continuare nell'opera di consolidamento di questo fondamentale settore economico, l'Amministrazione comunale ritiene opportuno far sviluppare ulteriormente il numero dei posti letto nelle strutture alberghiere; del resto questa linea di azione è già presente nel Piano di settore delle strutture ricettive esistenti (Delibera di Consiglio Comunale n°23 del 19/04/03) che prevede la possibilità di aumentare i posti letto nelle strutture esistenti. Sulla base di queste premesse è possibile stimare un dimensionamento turistico ricettivo di 500 camere pari a circa il 18% dell'attuale disponibilità degli alberghi presenti nel territorio comunale.

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