Compendio di Istituzioni di diritto romano · -il diritto medievale e moderno. Il momento di cesura...

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PRIMA EDIZIONE 2013 COMPENDIO DI ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO EBOOK UNIVERSITY

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PRIMA EDIZIONE 2013

COMPENDIO DI ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO

EBOOK UNIVERSITY

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Le istituzioni di Diritto Romano

CAPITOLO 1

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Il Concetto di Romano

Il diritto romano è l’esperienza giuridica del-l’antica Roma. L’impero romano d’Occidente cadde nel 476 d.C. per mano di Odoacre; l’im-pero romano d’Oriente cadde invece nel 1452.

STORIA ROMANA E STORIA DEL DIRITTO RO-MANO

La storia del diritto romano, nell’età medieva-le, moderna e contemporanea ha avuto una propria autonomia e una straordinaria vitalità. È fondamento del diritto vigente, infatti stu-diando il diritto positivo di qualsiasi paese di tradizione romanistica studia indirettamente il diritto romano.

DIRITTO ROMANO E DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO

Si studiano due fasce temporali:

- Il diritto romano;

- il diritto medievale e moderno.

Il momento di cesura è il 565 d.C., data conven-zionale per la morte di Giustiniano, produtto-re del Corpus iuris civilis. La storia di Roma ha una vastissima estensione spazio-temporale e necessita di una periodizzazione:

- età arcaica (754-241 a.C.);

- l’età mercantile (241-27 a.C.);

- il principato (27 a.C.-285 d.C.);

- il dominato assolutistico (285-565 d.C.).

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Età arcaica

Poco si sa della fase pre-civica; poco si sa delle cd. gentes, organismi parentali; poco si sa del sistema del diritto e della giustizia.

Le Familiae, sono nuclei parentali in cui un pa-ter familias detiene il potere; è un istituto eter-no nella storia di Roma, le nostre conoscenze sulla familia possono valere anche per la fase pre-romulea. Nell’VIII sec. a.C. si assiste ad un intenso svilup-po urbanistico, che porta alla nascita della cit-tà stato. Le familiae si alleano e si organizzano in una civitas di cd. Quiriti, i quali cedono par-te della loro sovranità al rex, il quale è il rappre-sentante della comunità dei patres ed è l’inter-mediario fra gli dei e la comunità, viene affian-cato da organi collegiali: il senatus e le curi-ae. Probabilmente quella del rex era una sem-plice funzione sacerdotale e declamatoria, at-ta a consacrare, sul piano civile e religioso, una regola di condotta già riconosciuta dalla co-munità cittadina, per la quale si richiedeva op-portuno un atto di pubblica e solenne consa-crazione. A una prima fase di regnum, segnato da un’egemonia latino-sabina, ne seguì una successiva, nel sesto secolo a.C., nella quale i sovrani risultano di origine etrusca. In questa seconda fase fa il suo ingresso il concetto di imperium, un forte potere monocratico, tanto

civile quanto militare, esercitato dal rex, con-tro la cui rafforzata autorità insorge la comuni-tà dei patres, spezzando, nel 509 a.C., l’espe-rienza del regnum e ponendo le basi della libe-ra res publica, nella quale non sarebbe mai più stato permesso a nessuno, in eterno, di Ro-mae regnare.

LA RESPUBLICA

L’imperium, nell’ordinamento repubblicano, non scompare, ma viene esercitato non più da un solo soggetto, e non più a vita, ma da più ‘magistrati’ (detti praetores, e poi anche consu-les) appositamente preposti a tale funzione dalla comunità, e sempre per un periodo di tempo limitato (generalmente, un anno). Men-tre i consules assunsero la responsabilità del supremo comando politico e militare, al prae-tor andò affidata l’importante funzione della iuris dictio, ossia della risoluzione delle contro-versie tra privati nell’ambito di un pubblico processo. I componenti dell’esercito (detto centuriatus), riuniti in funzione non più milita-re, ma civile, vengono riconosciuti come po-pulus, le cui adunanze (dette comitia centuria-ta) vengono progressivamente ad acquistare sempre maggiori competenze, sul piano elet-torale (i comitiva eleggeranno i magistratus),

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legislativo (nuove leges populi sostituiranno le vecchie leges regiae), processuale (i cittadi-ni perseguiti dai magistrati potranno chiedere di essere giudicati da un apposito iudicium po-puli). Il senato, senza la supremazia del rex, ac-quisterà sempre maggiore prestigio e influen-za, emanando una serie di autorevoli direttive (senatus consulta), in grado di orientare la vita pubblica della res publica.

Senato, comizi, magistrature costituiranno, per secoli, i tre fondamenti della costituzione della libera res publica.

La prima fase della storia della res publica è se-gnata da una contrapposizione della civitas in due distinte comunità - dei cd. ‘patrizi’ e ‘ple-bei’ - interagenti sul piano economico e acco-munate su quello militare, ma non integrate sul piano giuridico e politico, giacché la plebe (probabilmente di origine etnica diversa rispet-to al patriziato) sarebbe stata esclusa dalle ma-gistrature e dalle altre istituzioni pubbliche, e non avrebbe potuto godere della garanzia di un diritto comune e scritto, in quanto la inter-pretatio del diritto sarebbe stata appannaggio esclusivo di un collegio di cd. Pontìfices, di ori-gine patrizia. Per sostenere le proprie rivendi-cazioni, la plebe istituisce una propria

assemblea (cd. concilia plebis), e impone al pa-triziato di riconoscere e rispettare la figura di suoi rappresentanti, detti tribuni, muniti di uno specifico potere (tribunicia potestas) che ne rende la persona inviolabile (sacrosancti-

tas) e che permette loro di impedire qualsiasi misura pubblica considerata ostile agli interes-si plebei (cd. ius intercessionis).

Le rivendicazioni della plebe sarebbero state progressivamente soddisfatte, prima attraver-so l’emanazione della cd. lex duòdecim Tabula-rum, una “legge delle XII Tavole”, che, nel 451-450 a.C., avrebbe dato a tutta la cittadinanza la garanzia e il vincolo di un sistema di leggi scritte.e comune, e poi con l’emanazione delle cd. leges Liciniae Sextiae, del 367, che, fra l’al-tro, avrebbero concesso alla plebe anche l’ac-cesso alla suprema magistratura del consola-to. Dopo questa data, la contrapposizione tra patriziato e plebe perse significato sul piano sostanziale, anche se avrebbe continuato an-cora a lungo a essere avvertita sul piano sim-bolico e del costume.

Nella fase arcaica, la società romana è essen-zialmente contadina, e l’economia è basata fondamentalmente sullo sfruttamento della terra. Il diritto, nei suoi formalismi, riflette per-tanto le esigenze di una comunità di agricolto-ri e di pastori, la cui ricchezza principale è data dalla terra, dal bestiame e dalla forza lavoro umana. I tempi del diritto sono quindi i tempi lenti di un’economia rurale, in cui il cd. ‘valore di uso’ dei beni prevale sul ‘valore di scambio’. La società non conosce lusso ed edonismo, e appare permeata da valori di austerità, sacrifi-cio e amor di patria, ben sintetizzati dalla figu-ra di Lucio Quinzio Cincinnato, che – assunto

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un comando militare straordinario (detto dic-tatura) per sventare la minaccia degli Equi, nel 458 a.C., dopo avere assolto con successo il suo compito, torna all’umile vita di contadino, rifiutando ogni compenso e onore.

Dall’inizio del III secolo a.C., però, Roma cono-sce un’accelerazione nella sua espansione mili-tare nell’Italia meridionale, che la porta, fatal-mente, a scontrarsi con la potenza di maritti-ma di Cartagine , con la quale la repubblica en-tra in guerra, nel 264 a.C., per il controllo della ricca e fertile Sicilia. Da tale conflitto (la cd. pri-ma guerra punica) Roma uscì, nel 241 a.C., non solo, com’è noto, vittoriosa, ma anche pro-fondamente trasformata.

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Le fonti di cognizione e di produzione

CAPITOLO 2

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Le fonti

Le fonti del diritto si dividono in:

- fonti di cognizione

- fonti di produzione

Per fonti di cognizione s’intende tutti que-gli strumenti tramite cui si viene a cono-scenza del diritto. Le fonti di cognizione possono essere di qualsiasi natura. Si defi-niscono fonti di produzione quelle fonti at-traverso cui il diritto viene creato. La distin-zione tra fonti di cognizione e di produzio-ne non è sempre netta. In alcuni casi una fonte può essere tanto di produzione quan-to di cognizione.

Esempio. Un testamento rappresenta:

- fonte di cognizione dal momento che ci permette di apprenderne i contenuti.

- una fonte di produzione in quanto atto a produrre i suoi effetti giuridici.

Noi studiamo le fonti del diritto romano co-me fonti di produzione.

Mores Maiorum

Nell’ambito del diritto romano è possibile indi-viduare svariate tipologie di fonti. L’espressio-ne mores maiorum indica i costumi degli an-tenati trasmessi di generazione in generazio-

ne. L’autorevolezza e l’imperatività dei mores maiorum deriva dalla loro vetustà.

Leges Regiae

Nella metà dellVIII secolo a.C inizia la storia di Roma con la forma costituzionale del regnum, Rex non era un monarca assoluto , era affianca-to dal senato. La seconda categoria di fonti è rappresentata dalle Leges regiae che sono i co-mandi promulgati dal Rex. Gli studiosi sono discordi circa il ruolo svolto dal Rex nell’emana-zione delle Leges regiae. Coloro che sostengo-no che il Rex fosse titolare di un potere pro-prio, ritengono che egli creasse le leggi con la forza della propria autorità. Si ritiene piu pro-babile che il Rex non fosse giuridicamente al di sopra della comunità dei patres. È probabile che il Rex(funzione sacerdotale, intermediario tra uomini e gli dei) si limitasse a promulgare le Leges(frutto delle decisioni Dell insieme), il cui contenuto era già spontaneamente ricono-sciuto e rispettato dalla comunità dei patres . Le fonti attestano una permanenza anche do-po il 509 a.C. di una figura regia detta Rex sa-crorum o Rex sacrificulus. Il Rex sacrorum ave-va un ruolo sacerdotale, tale figura da confer-ma del fatto che già nelle età precedenti il Rex aveva una funzione religiosa. Le Leges regiae avevano un contenuto sacrale. Tra le varie Le-ges regiae, è opportuno ricordare la lex Nu-mae (attribuite a numa pompilio) sul parrici-dium. La lex Numae è la più antica testimo-

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Le forme di appartenenza

CAPITOLO 3

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La familia

Funzione fondamentale del diritto è quella di tutelare il potere, riconosciuto a determinati soggetti,di godere e disporre di determinati beni. Questo potere può essere esercitato su delle persone, oppure su cose o animali. Nel primo caso parliamo di forme di appartenen-za familiari. Nel secondo caso di forme di ap-partenenza reali. Un caso intermedio nel dirit-to romano è dato dal potere sui servi, che rap-presentavano una categoria ambigua, essen-do considerati in parte personae e in parte res. Già nell’età arcaica è attestata l’esistenza di antiche cellule sociali dette familiae. Molto più incerta è l’esistenza delle c.d. Gentes. Fin dall’età antica la familia è segnata dalla supre-mazia di un soggetto detto pater familias. L’espressione pater familias non va confusa con quella contemporanea di padre di fami-glia. Il pater familias non è necessariamente un padre ma un soggetto non sottoposto al potere di un altro pater familias. Se un sogget-to ha dei figli ma ha il padre ancora in vita egli è a sua volta padre ma non è di regola pater familias in quanto sottoposto all’autorità di suo padre. Viceversa chi non abbia generato prole, se non sottoposto al potere di un pater familias è considerato pater familias. Anche un neonato può essere pater familias se non è in vita suo padre né nessuno dei suoi progeni-

tori in linea maschile. Al pater familias compe-tevano una serie di poteri. Questi poteri erano considerati protetti erga omnes, nel senso che non solo le persone sottoposte, ma tutti i membri della comunità dovevano riconoscerli e rispettarli. Sui propri filii il pater familias eser-citava la c.d. Patria potestas. Gaio nelle sue in-stitutiones, scrisse con orgoglio che la patria potestas era un istituto esclusivamente roma-no, sconosciuto a tutti gli altri popoli antichi. La patria potestas si estendeva non solo ai figli ma anche a tutti i loro discendenti. Si estende-va anche alle mogli dei figli e dei loro discen-denti (se sposate con matrimonio cum manu).

Lo ius vitae ac necis

La patria potestas aveva un doppio contenu-to, coercitivo e patrimoniale. In base al conte-nuto coercitivo della patria potestas, il pater familias avrebbe potuto disporre a suo piaci-mento della persona e della stessa vita dei suoi sottoposti. Le fonti attribuiscono al pater familias uno ius vitae ac necis, un diritto di vita e di morte sui suoi sottoposti. Il diritto di vita e di morte era un usanza arcaica, risalente all’an-tico potere del pater di riconoscere i nuovi na-ti o di abbandonarli, quando non fosse stato possibile provvedere al loro sostentamento.

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Negozi e obligationesCAPITOLO 4

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