Compendio Di Diritto Tributario Tesauro

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CAPITOLO PRIMO GLI ISTITUTI 1 – La nozione di tributo Nel nostro ordinamento non esistono definizioni legislative né del tributo né delle sue specie (imposta, tassa, ecc. ). E' comunque un punto fermo che il tributo comporta il sorgere di una obbligazione; per questo aspetto esso si distingue da altri istituti, che pure incidono sul patrimonio del privato, ma comportano limitazioni o ablazioni di altro tipo (espropriazioni, imposizione di limiti o vincoli...). Occorre aggiungere che l'obbligazione tributaria è un'obbligazione con effetti definitivi. In secondo luogo, il tributo è un'entrata coattiva; è infatti sempre imposto con un atto dell'autorità. Ciò importa che l'ente pubblico impositore sia anche provvisto di poteri autoritativi, allo scopo di costituire il rapporto tributario o anche soltanto di imporre il pagamento del tributo. Il fatto generatore del tributo è un fatto economico. Infine, dal punto di vista funzionale, il tributo realizzo il concorso alla spesa pubblica ed il suo gettito è destinato a finanziare lo stato e gli altri enti pubblici. 2 – La classificazione tradizionale: imposte, tasse, contributi Tributo è termine che indica un genus, comprendente imposte, tasse e contributi. La distinzione tra imposte e tasse corrisponde alla distinzione della scienza delle finanze che collega le entrate al tipo di spese pubbliche che servono a finanziare. Le entrate destinate a finanziare le spese indivisibili sono imposte, quelle destinate a finanziare spese divisibili sono tasse. All'interno del genus delle entrare tributarie, la caratterizzazione di specie diverse è possibile in ragione del tipo di presupposto, cui si collega il tributo. Il presupposto dell'imposta è un fatto economico posto in essere dal soggetto passivo, senza alcune relazione specifica con una determinata attività dell'ente pubblico. Le imposte sono dovute a titolo di solidarietà e sono commisurate alla dimensione economica del presupposto. La tassa si distingue dall'imposta perché il suo presupposto è un atto un un'attività pubblica, ossia l'emanazione di un provvedimento, o la fruizione di un bene o servizio pubblico, specificamente riguardanti un determinato soggetto. Nel diritto tributario è denominato contributo quel particolare tipo di tributo che ha come presupposto l'arricchimento che determinate categorie di soggetti ritraggono dall'esecuzione di un'opera pubblica destinata alla collettività in modo indistinto. 3 – Le nozioni in uso nella giurisprudenza Con riguardo all'articolo 75 della Costituzione, che vieta il referendum abrogativo delle leggi tributarie, la Corte costituzionale afferma che la nozione di tributo è caratterizzata dalla ricorrenza di due elementi essenziali: da un lato, l'imposizione di un sacrificio economico individuale realizzata attraverso un atto autoritativo di carattere ablatorio; dall'altro, la destinazione del gettito allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno finanziario necessario a coprire le spese pubbliche. CAPITOLO SECONDO LE FONTI 1 – La riserva di legge L'articolo 23 della Costituzione dispone che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Il termine “Legge” è assunto nell'art.23 per indicare non soltanto la legge statale ordinaria, ma anche gli atti aventi forza di legge, e cioè i decreti legge e i decreti legislativi. La riserva di legge non riguarda tutti i tipi di norme che si definiscono correntemente tributarie, ma soltanto quelle di diritto sostanziale, le norme cioè che definiscono i soggetti passivi, l'an e il quantum del tributo. L'art.23 non riguarda perciò le norme sull'accertamento e la riscossione. La riserva dell'art.23 è una riserva relativa. È richiesta infatti

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CAPITOLO PRIMOGLI ISTITUTI

1 – La nozione di tributoNel nostro ordinamento non esistono definizioni legislative né del tributo né delle sue specie (imposta, tassa, ecc. ). E' comunque un punto fermo che il tributo comporta il sorgere di una obbligazione; per questo aspetto esso si distingue da altri istituti, che pure incidono sul patrimonio del privato, ma comportano limitazioni o ablazioni di altro tipo (espropriazioni, imposizione di limiti o vincoli...). Occorre aggiungere che l'obbligazione tributaria è un'obbligazione con effetti definitivi. In secondo luogo, il tributo è un'entrata coattiva; è infatti sempre imposto con un atto dell'autorità. Ciò importa che l'ente pubblico impositore sia anche provvisto di poteri autoritativi, allo scopo di costituire il rapporto tributario o anche soltanto di imporre il pagamento del tributo. Il fatto generatore del tributo è un fatto economico. Infine, dal punto di vista funzionale, il tributo realizzo il concorso alla spesa pubblica ed il suo gettito è destinato a finanziare lo stato e gli altri enti pubblici.

2 – La classificazione tradizionale: imposte, tasse, contributiTributo è termine che indica un genus, comprendente imposte, tasse e contributi.La distinzione tra imposte e tasse corrisponde alla distinzione della scienza delle finanze che collega le entrate al tipo di spese pubbliche che servono a finanziare. Le entrate destinate a finanziare le spese indivisibili sono imposte, quelle destinate a finanziare spese divisibili sono tasse.All'interno del genus delle entrare tributarie, la caratterizzazione di specie diverse è possibile in ragione del tipo di presupposto, cui si collega il tributo. Il presupposto dell'imposta è un fatto economico posto in essere dal soggetto passivo, senza alcune relazione specifica con una determinata attività dell'ente pubblico. Le imposte sono dovute a titolo di solidarietà e sono commisurate alla dimensione economica del presupposto. La tassa si distingue dall'imposta perché il suo presupposto è un atto un un'attività pubblica, ossia l'emanazione di un provvedimento, o la fruizione di un bene o servizio pubblico, specificamente riguardanti un determinato soggetto.Nel diritto tributario è denominato contributo quel particolare tipo di tributo che ha come presupposto l'arricchimento che determinate categorie di soggetti ritraggono dall'esecuzione di un'opera pubblica destinata alla collettività in modo indistinto.

3 – Le nozioni in uso nella giurisprudenzaCon riguardo all'articolo 75 della Costituzione, che vieta il referendum abrogativo delle leggi tributarie, la Corte costituzionale afferma che la nozione di tributo è caratterizzata dalla ricorrenza di due elementi essenziali: da un lato, l'imposizione di un sacrificio economico individuale realizzata attraverso un atto autoritativo di carattere ablatorio; dall'altro, la destinazione del gettito allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno finanziario necessario a coprire le spese pubbliche.

CAPITOLO SECONDOLE FONTI

1 – La riserva di leggeL'articolo 23 della Costituzione dispone che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Il termine “Legge” è assunto nell'art.23 per indicare non soltanto la legge statale ordinaria, ma anche gli atti aventi forza di legge, e cioè i decreti legge e i decreti legislativi. La riserva di legge non riguarda tutti i tipi di norme che si definiscono correntemente tributarie, ma soltanto quelle di diritto sostanziale, le norme cioè che definiscono i soggetti passivi, l'an e il quantum del tributo. L'art.23 non riguarda perciò le norme sull'accertamento e la riscossione. La riserva dell'art.23 è una riserva relativa. È richiesta infatti

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soltanto la base legislativa: la legge deve avere un contenuto minimo. Secondo la giurisprudenza costituzionale, la legge deve stabilire i soggetti passivi, il presupposto e la misura del tributo.L'art.23 concerne le prestazioni personali e patrimoniali imposte, che è categoria più ampia del concetto di tributo. Vi sono prestazioni imposte in senso formale, vale a dire imposte con un atto autoritativo, i cui effetti sono indipendenti dalla volontà del soggetto passivo. L'art.23 si applica anche alle imposizioni in senso sostanziale, ossia a prestazioni di natura non tributaria e aventi funzione di corrispettivo, quando una obbligazione, pur nascendo da un contratto, costituisca corrispettivo di un servizio pubblico, che soddisfi un bisogno essenziale e sia reso in regime di monopolio.

2 – Le leggi tributarie dello statoL'approvazione delle leggi ordinarie dello stato, che contengono norme tributarie, non presenta peculiarità, ma le norme tributarie non possono essere abrogate con referendum popolare.

3 – Lo statuto dei diritti del contribuenteImportanti disposizione in materia di leggi tributarie sono contenute nello Statuto dei diritti del contribuente; si tratta di disposizioni qualificate come principi generali dell'ordinamento tributario, che possono essere derogate o modificate solo espressamente. Lo Statuto è una legge tributaria generale, assimilabile alle disposizioni preliminari del codice civile. È una legge ordinaria e quindi le sue norme non invalidano le leggi che non le rispettano.

4 – I decreti legge e i decreti legislativi. Testi uniciNorme tributarie possono essere contenute nei decreti legge, che il governo può emanare in casi straordinari di necessità ed urgenza. Il parlamento può delegare al governo l'esercizio della funzione legislativa con determinazione dei principi e criteri direttivi e soltanto per un tempo limitato e per oggetti specifici. Il ricordo frequente in materia tributaria al meccanismo della delega trova la sua ragione nel tecnicismo delle norme tributarie, che spesso mal si prestano ad essere elaborate e discusse in sede parlamentare.

5 – I regolamentiAnche il governo e le altre autorità amministrative hanno potestà normativa, esercitata con i regolamenti che, nella gerarchia delle fonti, sono subordinati alle leggi: quindi non possono essere in contrasto con le norme di legge e, se sono contrari alla legge, possono essere annullati dal giudice amministrativo e disapplicati dagli altri giudici.In materia tributaria, essendovi la riserva di legge, possono aversi:

– regolamenti esecutivi, che possono essere emessi anche in assenza di apposita norma autorizzativa;

– regolamenti delegati (e delegificanti), che possono essere emessi solo in base ad una norma espressa.

I regolamenti ministeriali sono adottati nelle materie di competenza di un singolo ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Se la materia è di competenza di più ministri, sono adottati regolamenti interministeriali, con decreto del presidente del consiglio dei ministri.

6 – Il riparto della potestà legislativa tra stato e regioniAllo stato è attribuita in via esclusiva la potestà di disciplinare il sistema tributario dello stato e di stabilire i principi fondamentali del sistema tributario complessivo. La potestà legislativa regionale è potestà concorrente e residuale. Nelle materie di legislazione concorrente, la potestà legislativa delle regioni trova un limite nei principi fondamentali fissati da leggi dello stato.Le nuove norme del titolo V divengono operanti solo dopo che sia data attuazione al nuovo art.119, con le norme di coordinamento e con norme transitorie che regolamentino il passaggio dal vecchio al nuovo sistema.

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7 – La competenza legislativa in materia di tributi regionaliA norma dell'art.119, le regioni stabiliscono ed applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Anche le regioni, quindi, dispongono di potestà legislativa in materia tributaria, ma entro i principi del coordinamento statale.Esistono tre tipi di tributi regionali:

– tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle regioni; le regioni possono modificare le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e secondo criteri fissati dalla legislazione statale;

– addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali;– tributi propri istituiti dalle regioni.

8 – La competenza legislativa in materia di tributi localiAnche gli enti locali stabiliscono ed applicano tributi propri. Ma gli enti locali, non avendo potestà legislativa, possono disciplinare con regolamento i tributi propri, ma in via secondaria, con norme attuative o integrative delle norme primarie, contenute in leggi statali o regionali.Oggetto del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario è la definizione dei tributi, o tipi di tributo, che possono far parte del sistema tributario come tributi propri delle regioni o degli enti sub-regionali.Lo stato ha quindi il compito di indicare quali oggetti imponibili e quali tipi di tributi sono riservati allo stato; a quali compartecipano gli enti sub-centrali; quali invece sono i tributi che possono essere oggetto di legislazione regionale.

9 – I regolamenti degli enti localiGli enti locali non possono disporre in materia di fattispecie imponibili, soggetti passivi ed aliquota massima.

10 – Le convenzioni internazionaliLe norme delle convenzioni, in quanto norme speciali, prevalgono sulle norme interne: ad esempio, se una convenzione tra l'Italia ed un altro stato prevede che determinati redditi prodotti in Italia da un soggetto residente nell'altro stato non sono tassabili in Italia, quei redditi non possono essere tassati in Italia.

11 – Le fonti dell'unione europeaL'art.117 prevede che la potestà legislativa è esercitata dallo stato e dalle regioni nel rispetto della costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. Il trattato sul funzionamento dell'UE è alla base del diritto europeo derivato. Il rapporto tra ordinamento dell'unione e ordinamento nazionale è concepito, dalla corte costituzionale, come un rapporto tra ordinamenti distinti ma coordinati. I regolamenti dell'unione sono l'equivalente delle leggi negli ordinamenti statali e sono direttamente applicabili. I regolamenti hanno portata generale, nel senso che si rivolgono a categorie di destinatari determinate in modo astratto; sono obbligatori in tutti i loro elementi e sono direttamente applicabili negli ordinamenti degli stati membri.Le direttive vincolano gli stati membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere, mentre è rimessa alla discrezionalità dei singoli stati l'adozione delle forme e dei mezzi per raggiungerlo. Le direttive, inoltre, a differenza dei regolamenti, non hanno portata generale, ma si rivolgono solo agli stati membri. Esse sono dunque uno strumento di legislazione indiretta, essendo necessario che gli stati adottino norme di recepimento. Le decisioni sono atti che riguardano casi specifici, hanno effetto diretto e sono obbligatori per i destinatari in esse indicati.

12 – Efficacia delle norme tributarie nel tempoDi regola, la data di entrata in vigore è anche la data a partire dalla quale inizia l'efficacia delle norme legislative e regolamentari. Vi possono però essere casi nei quali entrata in vigore ed

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efficacia non coincidono; si tratta dei casi in cui il momento dell'entrata in vigore indica soltanto che la legge è perfetta e vale come tale ma i suoi effetti sono differiti o retroagiscono.Una volta individuato il momento in cui inizia l'efficacia di una legge, può essere dubbio quali sia il trattamento giuridico di fatti o situazioni che avvengono in parte sotto l'impero di una legge, in parte sotto l'impero della legge successiva. Ciascuna legge regola i fatti che si verificano dopo la sua entrata in vigore: di solito, il legislatore risolve i problemi che si pongono in caso di successione di leggi con norme apposite, dette norme di diritto transitorio.Le leggi cessano di essere efficaci quando sono abrogate, quando sono dichiarate incostituzionali, e in caso di leggi temporanee, quando scade il termine previsto. L'abrogazione della legge può avvenire in tre modi: per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore. Una legge tributaria abrogata continua ad essere applicabile ai fatti avvenuti prima dell'abrogazione, e continuano ad essere dovuti i tributi sorti in relazione a presupposti d'imposta avvenuti sotto il suo vigore.

13 – Efficacia delle norme tributarie nello spazioLa legge tributaria esplica i suoi effetti in tutto il territorio politico nazionale. Essa si applica, quindi, a tutti i presupposti che si verificano entro tale ambito. Le leggi tributarie si applicano ai fatti che si verificano nel territorio dello stato (principio di territorialità), ma certe imposte prescindono dalla territorialità e tassano anche fatti accaduti all'estero.

CAPITOLO TERZOINTERPRETAZIONE E INTEGRAZIONE

1 – Peculiarità delle leggi tributarieL'interpretazione e, prima ancora, la stessa conoscenza delle leggi tributarie presentano difficoltà non lievi, legate alle peculiarità della legislazione tributaria.

• In primo luogo, la legislazione tributaria non è sistematicamente raccolta in un codice, testo unitario, né vi è una legge generale di tutta la materia.

• In secondo luogo, il diritto tributario è caratterizzato da iperlegificazione e instabilità. Il legislatore produce con continuità norme per motivi di gettito e per adeguare la legislazione alle nuove realtà economiche e ai nuovi istituti giuridici.

• Un terzo aspetto è rappresentato dal fatto che le norme tributarie nascono, sovente, per far fronte a situazioni di emergenza e, quindi, mediante decreti legge, sovente convertiti con moltissime modifiche ed aggiunte.

• Un altro elemento di instabilità della legislazione tributaria è dato dall'emanazione frequente di leggi a termine, di leggi cioè con cui viene stabilito un certo trattamento fiscale per determinati fatti, se posti in essere entro una certa data. Le nuove disposizioni sono norme su norme. Le disposizioni delle leggi tributarie sono perciò spesso ricche di rinvii ed altre disposizioni, e l'interprete deve aver sott'occhio anche la disposizione richiamata. Ecco perché l'art. 2 dello statuto dei diritti del contribuente dispone che “I richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione alla quali si intende fare rinvio.

2 – L'interpretazione delle leggi tributarieNon esistono criteri interpretativi peculiari al diritto privato.

3 – L'interpretazione letterale. Lingua corrente e termini tecniciSecondo la dottrina dell'interpretazione elaborata dai giuristi tedeschi del XIX secolo, l'interprete si avvale di quattro mezzi, o strumenti:a – l'elemento letterale;

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b – l'elemento logico – sistematico;c – l'elemento storico;d – l'elemento teleologico.L'interprete opera con discrezionalità: può servirsi liberamente di tutti gli strumenti che gli sono messi a disposizione dall'ermeneutica; deve però sottostare a dei vincoli, a cominciare dal rispetto delle norme in tema di interpretazione. Il linguaggio delle leggi tributarie è intriso di tecnicismi, per cui risulta spesso ostico per i giuristi. Quando un termine, oltre che essere di uso comune, ha un significato tecnico, si ritiene generalmente che il legislatore lo usi nel suo significato tecnico. Nell'interpretazione della legge, dunque, il significato tecnico prevale su quello corrente.Nel descrivere la fattispecie, il legislatore tributario può riferirsi a fatti della vita o ad istituti di altri settori dell'ordinamento. Si ritiene comunemente che, quando la norma tributaria descrive la propria fattispecie usando termini propri di altri settori dell'ordinamento (in particolare del diritto privato), quel termine o istituto è assunto nel diritto tributario con lo stesso significato che gli è attribuito dal settore di provenienza.

4 – Le convenzioni internazionali, i testi multilingue e le traduzioniNel modello Ocse di convenzione internazionale contro le doppie imposizioni, l'art. 3 prevede che i termini della convenzione, la cui nozione non è definita dalla convenzione stessa, devono essere intesi secondo la legge interna dello stato alle cui imposte la convenzione deve essere applicata. Se in un testo normativo comunitario redatto in più lingue vi sono termini con significati non coincidenti, l'interprete deve tener conto delle diverse versioni, perché tutte fanno ugualmente fede, ma le diverse versioni linguistiche devono essere interpretate in modo uniforme. In caso di divergenza, la disposizione deve essere interpretata in funzione del sistema generale e della finalità della normativa di cui essa fa parte.

5 – L'interpretazione adeguatriceDall'ordinamento gerarchico delle fonti deriva il principio per cui, nell'interpretare un testo normativo, si deve privilegiare l'interpretazione conforme al testo gerarchicamente sovraordinato (cosiddetta interpretazione adeguatrice). Secondo questo criterio, le leggi devono essere interpretate in modo da risultare conformi alle norme costituzionali. Oltre che la conformità alle norme costituzionali, è da privilegiare la conformità alle norme dell'Unione Europea e alle convenzioni internazionali (cosiddetto principio di doppia conformità).

6 – Gerarchia tra i mezzi ermeneutici. Preminenza del dato letteraleDove la lettera della legge è vaga, l'interprete deve servirsi di altri elementi o strumenti interpretativi; dove non intervengono i vincoli normativi dell'interpretazione, rientra nella discrezionalità dell'interprete avvalersi di un argomento a preferenza di un altro. Dove non operano regole legislative o altri vincoli, si affermano le dottrine dell'interpretazione: ossia dottrine e ideologie che indicano canoni e criteri da seguire nell'interpretazione della legge. Esse oscillano tra due poli: da un lato quello del formalismo e della fedeltà alla lettera della legge, dall'altro quello di una interpretazione sostanzialistica. In diritto tributario, si constata tradizionalmente una prevalenza dell'indirizzo formalistico, giustificato con il richiamo alla certezza del diritto.

7 – Le leggi interpretative. Limiti costituzionali delle leggi interpretativeAnche il legislatore si fa interprete, quando, data una disposizione di dubbio significato, ne impone una determinata interpretazione. Le leggi interpretative riguardano di solito una disposizione di incerto significato; dato tale presupposto, il legislatore, dettando una norma interpretativa, impone una determinata interpretazione.Le leggi interpretative non sostituiscono la disposizione interpretata; si hanno cosi due disposizioni coesistenti, quella interpretata e quella interpretativa. Non si ha invece una legge interpretativa quando una norma viene sostituita da un'altra norma, formulata in modo da eliminare le ambiguità di significato presenti in quella abrogata.

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Le disposizioni interpretative sono, per loro natura, retroattive. Il loro scopo è di stabilire il significato di una precedente disposizione, e sarebbe illogico che la disposizione interpretata assumesse un dato significato solo a partire dall'entrata in vigore della legge interpretativa. Tutte le volte che la disposizione preesistente è sostituita da una nuova disposizione non siamo in presenza di una disposizione interpretativa, perché la disposizione interpretativa si giustappone a quella interpretata. Accade però nella pratica che nuove disposizioni, che sostituiscono disposizioni previgenti, ma con formulazione più chiara, vengano considerate interpretative. In realtà, in tali casi, non si è in presenza di disposizioni propriamente interpretative, ma di nuove disposizioni che talora possono essere assunte come argomento di interpretazione della disposizione sostituita. Una disposizione, che si autoqualifica come interpretativa, ma detta una interpretazione non riconducibile ad una delle alternative potenzialmente desumibili dal testo della disposizione interpretata, non è propriamente interpretativa, ma innovativa. Lo scopo della nuova norma non è tanto quello di rendere chiaro un testo oscuro, ma di modificare retroattivamente una data disciplina, dissimulando il suo carattere innovativo. L'art. 53 è un limite alla retroattività delle leggi tributarie in quando richiede che la capacità contributiva sia attuale.

8 – Le circolari interpretative (e l'affidamento del contribuente) Di solito, all'emanazione di una nuova legge, l'amministrazione finanziaria fa seguire una circolare, con la quale ne illustra agli uffici periferici il significato, con eventuali altre indicazioni e direttive. Ciò che può dar pregio alle interpretazioni ministeriali è il fatto che i funzionari conoscono la storia della disposizione da interpretare, le ragioni per cui è stata formulata in un certo modo, ecc. Tutto ciò può rendere preziose le interpretazioni ministeriali soprattutto quando si riferiscono a disposizioni impregnate di tecnicismo, la cui lettura richiede una speciale competenza economico – aziendale. Le circolari sono atti interni all'amministrazione. Non sono fonti di diritto, e quindi, non sono vincolanti nell'ordinamento giuridico generale, ma solo all'interno dell'ordinamento amministrativo. Essendo atti interni, non ha rilievo neppure la loro violazione da parte dell'amministrazione finanziaria, che del resto è libera di conservare, correggere o modificare il proprio orientamento.

9 – Le norme di rinvioVi sono da distinguere, nel diritto tributario, insiemi di norme autonome e insiemi non autonomi. I settori non autonomi sono settori speciali rispetto ad altre parti dell'ordinamento: ciò che non è previsto dalle norme tributarie è regolato dalle norme del settore generale, di cui il settore speciale fa parte.

10 – L'integrazione analogicaL'art. 12, comma 2, delle preleggi, prevede due forme di analogia: l'applicazione di norme dettate per casi simili o materie analoghe (analogia legis) e il ricorso ai principi generali dell'ordinamento (analogia iuris). All'analogia si ricorre per porre rimedio ad una lacuna. Deve trattarsi, però, di una lacuna tecnica. Dove non sono prospettabili lacune in senso tecnico, non sono necessarie, né possibili, integrazioni mediante l'analogia. L'analogia è certamente da escludere per le norme tributarie sanzionatorie. Le norme tributarie impositrici non possono essere integrate analogicamente perché non possono presentare lacune in senso tecnico. Se una legge tributaria omette di tassare una fattispecie simile a quelle previste come tassabili, la lacuna è ideologica, non tecnica; mancano, perciò, i presupposti dell'analogia. Le leggi tributarie impositrici sono leggi complete, onde l'interprete non ha nulla da completare. In ciò. Le norme tributarie impositrici si atteggiano come le norme penali. D'altro canto, quando è violata una norma tributaria impositrice, risulta violata, al tempo stesso, anche la norma che punisce l'evasione. Il divieto di analogia delle norme tributarie impositrici combacia con il divieto di analogia delle corrispondenti norme sanzionatorie. È dunque vietata l'analogia per le norme che indicano che cosa è tassabile e chi è debitore d'imposta; non è invece da escludere, a priori e in generale, l'integrazione analogica quando si riscontra una lacuna in altre discipline tributarie (norme sui procedimenti, norme processuali...).

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CAPITOLO QUARTOI PRINCIPI

1 – Doveri di solidarietà e fini extrafiscali dei contributiLe leggi che istituiscono e regolano i tributi devono rispettare il principio di capacità contributiva, sancito dall'art. 53 Cost., ed ogni altro pertinente precetto costituzionale. Il dovere di concorrere alle spese pubbliche, previsto dall'art. 53 è uno dei doveri inderogabili di solidarietà sanciti dall'art. 2 della Costituzione. L'art. 53 specifica che a tale dovere sono tenuti tutti, in ragione della propria capacità contributiva. Il singolo deve dunque contribuire alle pubbliche spese, non in ragione di quanto riceve, ma in quanto membro della collettività, ed in ragione della sua capacità contributiva. Ecco perché l'art. 53 esige che il sistema tributario sia improntato a criteri di progressività. I tributi, in conclusione, sono lo strumento giuridico attraverso cui lo stato si procura le risorse necessarie al suo funzionamento, ma hanno anche funzioni extrafiscali (funzioni redistributive e di solidarietà verso categorie e zone svantaggiate...).

2 – Il principio di capacità contributivaL'art. 53 della Costituzione dispone che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Questa disposizione ha un duplice valore normativo.Da un lato essa, correlata ai doveri inderogabili di solidarietà, specifica il dovere di contribuire alle spese pubbliche, quale dovere di tutti, in ragione della capacità contributiva. Dall'altro, in quando norma che pone il principio di capacità contributiva, limita sia il dovere di contribuire, sia il potere legislativo in materia fiscale. Secondo la scienza delle finanze, i tributi possono fondarsi o sul principio del beneficio, o sul principio di capacità contributiva. Il primo implica che le spese pubbliche siano finanziate da chi ne fruisce. Il secondo principio, invece, implica che le imposte siano a carico di chi ha attitudine a contribuire.

3 - Nozione soggettiva e nozione oggettiva di capacità contributiva Nella giurisprudenza costituzionale si può riscontrare una evoluzione dal concetto di capacità contributiva più rigoroso a quello meno rigoroso, ossia da quello soggettivo a quello oggettivo. Secondo questo diverso orientamento, la capacità contributiva viene ravvisata in qualsiasi fatto economico, anche non espressivo dell'idoneità soggettiva del contribuente obbligato; la scelta dei presupposti d'imposta rientra nella discrezionalità del legislatore, con il solo limite della non arbitrarietà. In base alla definizione di natura oggettiva, trova giustificazione anche un'imposta sulle imprese che assume come presupposto il valore lordo della produzione, a prescindere dal reddito, e colpisce, quindi anche imprese che chiudono l'esercizio in perdita.

4 – Indici diretti e indiretti di capacità contributivaFatto direttamente espressivo di capacità contributiva è, per eccellenza, il reddito. Il reddito complessivo delle persone fisiche si presta, più di ogni altra forma di ricchezza, a rispecchiare la capacità contributiva complessiva delle persone fisiche. Insieme con il reddito, sono considerati indici diretti di capacità contributiva il patrimonio e gli incrementi di valore del patrimonio.Sono invece indici indiretti di capacità contributiva il consumo e gli affari. Altro indice indiretto è il trasferimento di un bene, colpito da tributi come l'imposta di registro, la cui giustificazione costituzionale discende dall'assunto che ogni trasferimento implichi un lucro per almeno uno dei contraenti.

5 – La capacità contributiva come limite quantitativoDal punto di vista quantitativo, il sacrificio patrimoniale che viene imposto ai contribuenti deve essere rapportato alla idoneità che il singolo mostra di potersi privare di una parte dei propri beni per metterla a disposizione della collettività, dopo aver soddisfatto i suoi bisogni essenziali. Non è perciò indice di capacità contributiva un reddito minimo, e lede l'art. 53 ogni tributo, la cui misura minima sia tale da incidere sul minimo vitale. Nell'art. 53 è dunque insito un limite massimo della

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misura del tributo.

6 – Il requisito di effettività. Forfetizzazioni e principio nominalisticoNella giurisprudenza della Corte Costituzionale è dato risalto all'esigenza che il collegamento tra fatto rivelatore di capacità contributiva e tributo sia effettivo, e non apparente o fittizio.Talora il legislatore tributario si avvale di norme che forfetizzano la quantificazione di un qualche elemento dell'imponibile o dell'imposta. Il postulato della effettività, inteso in senso rigido, dovrebbe comportare l'incostituzionalità di tali norme.

7 – Il requisito di attualità. Limiti di ammissibilità dei tributi retroattiviOltre che effettiva, la capacità contributiva deve essere attuale. Il requisito di attualità non è che un aspetto della effettività: il tributo, nel momento in cui trova applicazione, deve essere correlato ad una capacità contributiva in atto, non ad una capacità contributiva passata o futura.I tributi retroattivi colpiscono fatti pregressi e quindi una capacità contributiva del passato. Essi sono in contrasto con il principio di capacità contributiva se colpiscono fatti del passato che non esprimono una capacità contributiva attuale. Inoltre, i tributi retroattivi ledono il principio di certezza del diritto. Si ammette però che il legislatore possa emanare norme retroattive, se non ledono interessi costituzionalmente protetti. In particolare, secondo la giurisprudenza, i tributi retroattivi sono costituzionalmente legittimi se colpiscono fatti del passato che, in base ad una verifica da compiersi volta per volta, esprimono una capacità contributiva ancora attuale.

8 – Obblighi del terzo e norme formali L'art. 53, in quanto esige che ciascuno sia tenuto a contribuire in ragione della propria capacità contributiva, esige che il tributo sia posto a carico del soggetto che realizza il presupposto. Sarebbe violato l'art. 53 se il tributo ricadesse su di un soggetto diverso. Vi sono però anche norme che pongono obblighi a carico di soggetti diversi da coloro cui è imputabile il presupposto. Ciò è ammesso se il terzo sia posto in grado di far ricadere l'onere economico del tributo su chi ne realizza il presupposto.

9 – Capacità contributiva e tributi commutativiL'art. 53 non è criterio di riparto di tutte le spese pubbliche, ma soltanto di quelli indivisibili; opera rispetto alle imposte, non opera rispetto ai tributi cosiddetti commutativi. Questo orientamento restrittivo contrasta però sia con la lettera dell'art. 53, sia con una visione d'insieme del testo costituzionale. Le entrate collegate a servizi divisibili possono essere addossate a chi ne fruisce, solo se il fruirne è segno di capacità contributiva. Vi sono servizi pubblici che, pur essendo divisibili, soddisfano bisogni essenziali, costituzionalmente tutelati. Anche il finanziamento di tali servizi è finanziamento di una spesa pubblica, da realizzare con un concorso legato alla capacità contributiva. Spesa pubblica, nell'art. 53, è dunque sia quella relativa a servizi indivisibili, sia quella relativa a servizi essenziali, anche se divisibili.

10 – Capacità contributiva, uguaglianza e ragionevolezzaIl principio di capacità contributiva, combinato con il principio di uguaglianza, implica che “a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse un trattamento tributario disuguale”. In tal modo, il principio di capacità contributiva integra il principio di uguaglianza, in quanto esprime il criterio con cui valutare se due situazioni meritano o no parità di trattamento. Con riguardo al principio della eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, enunciato nell'art. 3 della Costituzione, nella giurisprudenza della Corte Costituzionale si afferma che:

– il principio di uguaglianza postula trattamenti uguali di situazioni uguali, trattamenti diversi di situazioni diverse;

– spetta al legislatore, nella sua discrezionalità, stabilire se due situazioni sono uguali o diverse, ma la Corte può sindacare le scelte discrezionali del legislatore se queste sono

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irragionevoli;– non possono esservi discipline discriminatorie per ragioni di sesso, razza, lingua, religione,

opinioni politiche, condizioni personali e sociali. Il principio di uguaglianza, imponendo al legislatore di trattare in modo uguale le situazioni che esso mostra di considerare uguali, esige che la legge non detti discipline contraddittorie; esige, cioè, coerenza interna alla legge tributaria. Il canone di coerenza, riferito alla disciplina di un tributo, implica che ogni fattispecie imponibile sia espressione di quella particolare ipotesi di capacità contributiva.

11 – Principio di uguaglianza e agevolazioni fiscaliIl rispetto del principio di uguaglianza concerne sia le norme impositive, sia le norme di favore. Il legislatore può concedere agevolazioni se ciò risponde a scopi costituzionalmente riconosciuti, e cioè se il trattamento differenziato trova giustificazione in una norma costituzionale. Le norme agevolative derivano da scelte legislative discrezionali, che possono essere censurate dalla Corte solo se irragionevoli.

12 – Principio di progressivitàL'art. 53, comma 2, della Costituzione, recita “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Il principio di progressività non riguarda i singoli tributi ma il sistema tributario nel suo complesso; singoli tributi possono essere ispirati a criteri diversi.

13 – Tutela dell'interesse fiscale e diritti inviolabiliL'interesse fiscale è il valore costituzionale che legittima le norme che tutelano il fisco. Secondo la Corte Costituzionale, la materia tributaria giustifica discipline differenziate. La tutela costituzionale dell'interesse fiscale non deve mai ledere i diritti inviolabili. L'interesse del cittadino alla tutela giurisdizionale e quello generale della comunità alla riscossione dei tributi devono essere armonicamente coordinati.

CAPITOLO QUINTONORME IMPOSITIVE E NORME DI FAVORE

1 – L'obbligazione tributariaLo stato è titolare di poteri autoritativi ed è titolare di un diritto di credito: correlativamente, occorre distinguere, da un lato, i vari obblighi e poteri formali che danno vita alle attività o procedure dirette all'applicazione del tributo, e dall'altro, l'obbligazione tributaria e gli effetti sostanziali connessi.Effetto principale della fattispecie dell'imposta è l'obbligazione tributaria, che non è un effetto giuridico isolato.L'obbligazione tributaria non si differenzia dalle obbligazioni del diritto privato, disciplinate nel codice civile. Dell'obbligazione tributaria, però, vi è una disciplina propria nel diritto tributario: essa è dunque un'obbligazione di diritto pubblico e, quando la disciplina tributaria presenta delle lacune, l'interprete può colmarla ricorrendo alle norme del codice civile, ma solo se ricorrono i presupposti per l'analogia.L'obbligazione tributaria è una obbligazione legale. Tale definizione indica, in primo luogo, che la disciplina dell'obbligazione è tutta stabilita dalla legge. A differenza di quel che accade per le obbligazioni del diritto privato, nulla della disciplina dell'obbligazione tributaria può essere determinato dalla volontà delle parti. La stessa amministrazione finanziaria, pur dotata di poteri autoritativi, non dispone di discrezionalità: i suoi poteri sono vincolati.

2 – Il presuppostoLa fattispecie che dà vita all'imposta è variamente denominata: presupposto, fatto imponibile, fatto generatore, situazione base.

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Il presupposto è quell'evento che determina direttamente o indirettamente il sorgere dell'obbligazione tributaria.

3 – Imposte dirette e indirette; reali e personaliLe classificazioni più ricorrenti dell'imposta hanno come riferimento il presupposto. Assai nota ed usata è la distinzione tra imposte dirette e indirette; le prime sono quelle che colpiscono il reddito o il patrimonio, le seconde sono tutte le altre. La denominazione trae origine dal fatto che le imposte dirette colpiscono una manifestazione diretta di capacità contributiva, le altre una manifestazione indiretta. Le imposte sul reddito sono ulteriormente distinte in personali e reali, a seconda che, nella loro disciplina, abbia o no rilievo qualche elemento che attiene alla persona del soggetto passivo.

4 – Imposte istantanee e periodicheIl presupposto può essere un fatto istantaneo o un fatto continuativo; di qui la distinzione tra imposte istantanee e periodiche. Sono imposte periodiche le imposte sul reddito e l'imposta sul valore aggiunto, che hanno come presupposto un insieme di fatti che si collocano in un dato arco temporale (periodo d'imposta). Ciascuna imposta periodica è determinata da fatti che si sono verificati nel singolo periodo d'imposta, ma ciò non significa netta cesura tra i fatti di ciascun periodo. Lo statuto dei diritti del contribuente prevede che le modifiche delle imposte periodiche si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.

5 – Fattispecie equiparate (o assimilate) e supplementariVi sono norme che allargano l'ordinario campo di applicazione di un'imposta, aggiungendo altre fattispecie imponibili a quelle tipiche. Ciò avviene talvolta perché il legislatore vuole che certi fatti economici non sfuggano alla tassazione; essi sono perciò equiparati al presupposto tipico di un'imposta, pur se presentano tratti di eterogeneità. In altri casi, l'ampliamento della sfera di applicazione del tributo risponde a fini antielusivi. Per distinguere terminologicamente le due ipotesi, si parla, nel primo caso di fattispecie equiparate, e nel secondo , di fattispecie surrogatorie (o supplementari). Le fattispecie supplementari sono aggiunte a quelle tipiche al fine di impedire ai contribuenti di utilizzare lo strumento previsto dalla fattispecie supplementare per fini di elusione.

6 – Calcolo dell'imposta. Base imponibile e aliquotaLa quantificazione del debito d'imposta dipende, innanzitutto, dalla base imponibile, che è concetto diverso da quello di presupposto. Presupposto è ciò che provo l'applicabilità del tributo; base imponibile ciò che ne determina la misura. Può aversi identificazione o sovrapposizione di concetti: il reddito, ad esempio, è al tempo stesso presupposto e base imponibile; quando un'imposta non si applica se la base imponibile non supera un certo ammontare (minimo imponibile), la misura dell'imponibile diviene elemento del presupposto. La base imponibile è costituita, nella maggior parte delle imposte, da una grandezza monetaria.La base imponibile è in molti casi una somma algebrica di elementi positivi e negativi (è dunque un importo netto); in altri casi, è un importo unitario, senza deduzioni. Se gli elementi della base imponibile non sono entità monetarie, ma beni o servizi, sarà necessario quantificarne il valore in moneta. Le norme sulla base imponibile sono sovente particolarmente complesse. Il legislatore non si limita a stabilire quale sia la base imponibile di un tributo, ma detta anche norme che fissano la composizione della base imponibile ed i criteri di valutazione. Se la base imponibile è un valore netto, si hanno due serie di norme: da un lato, norme sui componenti positivi (ricavi, compensi...); dall'altro, norme sui componenti negativi (costi, debiti...).L'imposta può essere stabilita in misura fissa o variabile.Si pensi, ad esempio, all'imposta fissa di registro, dovuta in una certa misura per ogni atto di cui si chiede la registrazione. La misura variabile dipende dall'aliquota (cioè da una percentuale dell'imponibile), che può essere fissa o progressiva. Nel caso di imposta proporzionale, l'aliquota è fissa.

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Vi sono diverse modalità tecniche con cui un'imposta può essere resa progressiva: vi è una progressività per classi, una progressività per scaglioni, una progressività continua e una progressività per detrazione. Le imposte sono regressive quando l'aliquota diminuisce con l'aumentare della base imponibile, mentre, nelle imposte graduali, la base imponibile è divisa in più gradi, a ciascuno dei quali corrisponde una determinata aliquota.

7 – Sovrimposte e addizionaliVi è sovrapposizione di fattispecie quando la fattispecie imponibile di un tributo (imposta madre) viene usata come fattispecie di un'altra imposta, detta imposta figlia. È denominato addizionale (o imposta addizionale) anche il tributo la cui misura è ragguagliata ad una frazione o multiplo di quanto dovuto per l'imposta di base. Il legislatore disciplina di volta in volta l'accertamento e la riscossione della sovrimposta e dell'addizionale, potendo prevedere un regime autonomo o dipendente dall'applicazione dell'imposta base.

8 – Le norme di favore. Agevolazioni, esenzioni ed esclusioniLe norme fiscali non sono solo norme impositive. Vi sono anche norma fiscali di favore. Può essere definita agevolazione, o aiuto fiscale, ogni tipo di norma che, in deroga a quanto previsto in via ordinaria, riduce il peso dell'imposta. Le esenzioni sono enunciati normativi che sottraggono all'applicazione del tributo fattispecie che invece sono imponibili in base alla definizione generale del presupposto. Le esenzioni possono essere temporanee o permanenti. Vi sono esenzioni di carattere soggettivo, di carattere oggettivo ed esenzioni che richiedono sia un requisito soggettivo, sia un requisito oggettivo.La distinzione tra esenzioni soggettive e oggettive ha rilievo pratico perché le esenzioni oggettive non vengono meno se muta la proprietà del cespite. Invece, una esenzione soggettiva non opera più quando muta la proprietà del cespite.Vi sono casi nei quali l'esenzione designa fattispecie da cui non scaturisce nessun effetto giuridico: in tali casi, la conseguenza di una esenzione è la non applicazione di una imposta; l'esenzione non è il portato di una norma autonoma, e la disposizione che la prevede concorre a delimitare in negativo il presupposto del tributo. Le esenzioni dunque possono comportare tanto l'esonero da qualsiasi imposta, quando l'applicazione di un'altra imposta; e solo se l'applicazione dell'altra imposta comporta un minore onere economico per il contribuente, si può affermare che un simile trattamento ha natura agevolativa. Perciò le esenzioni sono solitamente, ma non necessariamente, un trattamento di favore.Per individuare le fattispecie esenti, si possono seguire due criteri, uno di tipo logico, uno di tipo nominalistico. In base a quello logico, sono esenzioni tutti i casi che sono in rapporto di deroga rispetto alla norma che definisce il presupposto. Oltre a tale criterio, non possono non essere considerate esenzioni quelle che il legislatore qualifica espressamente come tali, quale che sia il rapporto logico tra caso esentato e disciplina generale.Le esenzioni si differenziano dalle esclusioni perché le prime costituiscono una deroga alla disciplina generale del tributo, mentre le esclusioni risultano da enunciati con cui il legislatore chiarisce i limiti di applicabilità del tributo, senza derogare a quanto risulta dagli enunciati generali. L'esclusione è, insomma, una disposizione a cui non corrisponde una norma.

9 – Fattispecie sostitutive (e regimi fiscali sostitutivi)Il legislatore può stabilire, con una norma derogatoria, che talune categorie di fatti siano sottratte all'applicazione di una imposta, ad essa applicabile, e siano assoggettate ad altro, speciale regime. Si ha, in tal caso, una fattispecie sostitutiva, o regime fiscale sostitutivo. Ciò può avvenire sia per scopi di agevolazione, sia per motivi di tecnica impositiva (ossia di semplificazione del meccanismo impositivo). Rispetto al regime normale, in tali ipotesi si hanno le seguenti differenze:

– soggetto passivo del tributo sostitutivo non è colui che percepisce il reddito ma il sostituto;– il reddito è tassato in via autonoma, con aliquota fissa; non è quindi componente del reddito

complessivo del percettore, ed è sottratto alla progressività;

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– la tassazione alla fonte in via definitiva sostituisce ogni imposta diretta.

10 – Crediti d'imposta in senso tecnicoL'espressione “credito d'imposta” è ambivalente, perché indica tanto il credito del fisco verso il contribuente, quanto il credito del contribuente verso il fisco. Vi sono crediti d'imposta accordati per motivi di tecnica tributaria, ossia per porre rimedio a fenomeni di doppia imposizione. È il caso del credito d'imposta attribuito a coloro che percepiscono redditi di fonte estera; il credito d'imposta serve ad evitare che all'imposta pagata all'estero si sommi l'imposta dovuta al fisco italiano. Vi sono poi crediti d'imposta accodati per ragioni extrafiscali, ossia per ragioni agevolative. Ad esempio, sono stati concessi crediti d'imposta a coloro che effettuano investimenti nelle aree svantaggiate, e alle piccole e medie imprese che assumono nuovi dipendenti. Nell'ambito dei crediti d'imposta, dobbiamo distinguere quelli rimborsabili da quelli non rimborsabili. I crediti non rimborsabili sono utilizzati dal contribuente solo a compensazione del debito d'imposta e, se vi è un'eccedenza, il contribuente non ha diritto al rimborso. In sostanza, tali crediti equivalgono a delle detrazioni.

CAPITOLO SESTOI SOGGETTI

1 – Soggetti passivi e domicilio fiscaleOltre alle persone fisiche e agli enti collettivi dotati di personalità giuridica, possono essere titolari di situazioni giuridiche anche dei soggetti privi di personalità giuridica. Il soggetto passivo è denominato contribuente. Il termine p usato talvolta nelle leggi tributarie per l'obbligato principale (ossia di soggetto che ha realizzato il presupposto del tributo), in contrapposizione ad altri obbligati (che non hanno realizzato il presupposto del tributo). Ogni contribuente ha il domicilio fiscale in un comune dello stato. Il domicilio fiscale è concetto distinto da quello di residenza fiscale: quest'ultima, nell'ambito delle imposte sui redditi, è una nozione di diritto tributario sostanziale, che determina la tassazione in Italia della totalità dei redditi del residente, anche se prodotti all'estero. Il domicilio fiscale invece è una nozione di diritto formale, che risolve problemi di competenza territoriale; perciò hanno un domicilio fiscale sia i residenti, sia i non residenti. Il comune di domicilio fiscale di un contribuente determina la competenza dell'ufficio che deve controllare la posizione discale di quel contribuente.

2 – La solidarietà tributariaLe diverse situazioni passive, che scaturiscono dalle fattispecie tributarie, possono far capo ad una pluralità di soggetti passivi. Può trattarsi di obblighi formali o dell'obbligazione tributaria. Ricorre la figura dell'obbligazione solidale in senso tecnico solo quando più soggetti sono tenuti in solido ad adempiere l'obbligazione tributaria. Il soggetto passivo del tributo non è soltanto obbligato all'adempimento di una prestazione pecuniaria, ma è anche tenuto all'adempimento di obblighi formali, come la presentazione della dichiarazione. Se la dichiarazione è presentata e sottoscritta da uno solo, anche gli altri sono liberati.

3 – La solidarietà paritariaVi sono due tipi di solidarietà tributaria: quella paritaria e quella dipendente. Si ha solidarietà paritaria quando il presupposto del tributo è riferibile ad una pluralità di soggetti; nel caso di solidarietà dipendente, vi è un obbligato principale, che ha posto in essere il presupposto del tributo, ed un obbligato dipendente (il cosiddetto responsabile d'imposta), che non ha partecipato alla realizzazione del presupposto, ma è tuttavia obbligato in solido, perché ha posto in essere una fattispecie collaterale. La solidarietà paritaria è presente soprattutto nel campo delle imposte indirette. Il reddito, quale arricchimento di un soggetto, è per sua natura riferibile a un soggetto soltanto, e quindi le previsioni di solidarietà hanno natura eccezionale.

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4 – La solidarietà dipendente e il responsabile d'impostaViene denominato responsabile d'imposta quel particolare debitore d'imposta che non realizza il presupposto, ma una fattispecie collaterale, ed è fiscalmente obbligato, in via dipendente, in solido col il soggetto che realizza il presupposto (obbligato principale). Ciò che distingue il responsabile d'imposta dall'ordinaria figura di coobbligato della solidarietà paritaria è il fatto che la sua responsabilità non deriva dall'aver concorso a realizzare il presupposto dell'imposta, ma dall'aver posto in essere una fattispecie ulteriore e diversa. Tra fattispecie principale e fattispecie secondaria, da cui deriva l'obbligazione del responsabile, vi è un rapporto di pregiudizialità-dipendenza: l'obbligazione del responsabile, in tanto esiste, in quando esiste quella principale; il responsabile è un coobbligato in via dipendente. Nei rapporti interni, solidarietà paritaria e dipendente differiscono perché il responsabile d'imposta, che paga il tributo, ha diritto di regresso per l'intero nei confronti dell'obbligato principale.

5 – I rapporti interni tra condebitoriI rapporti tra condebitori d'imposta non sono disciplinati dal diritto tributario, ma dal codice civile. L'art. 1298 prevede che l'obbligazione solidale, nei rapporti interni, si divide per quote, e le quote si presumono uguali, se non risulta diversamente; inoltre, secondo l'art. 1299, chi ha pagato l'intero ha diritto di regresso e può ripetere dai condebitori la quota che compete a ciascuno di essi. Secondo l'art. 1298 la divisione del debito nei rapporti interni avviene in base al criterio dell'interesse per il quale l'obbligazione è stata contratta, ma nella solidarietà tributaria occorre riferirsi al rapporto di ciascun condebitore con il presupposto d'imposta.

6 – La sostituzione tributariaVi è sostituzione tributaria nei casi in cui l'obbligazione tributaria, o altri debiti tributari, sono posti a carico di un soggetto diverso da colui che realizza il presupposto del tributo. La sostituzione soggettiva si presenta in due forme, come sostituzione a titolo d'imposta (detta anche a titolo definitivo) e come sostituzione a titolo d'acconto. Secondo la definizione legislativa, sostituto è chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto. Il rapporto interno, o rapporto di rivalsa, che intercorre tra sostituto e sostituito, è un rapporto di diritto civile.

7 – La sostituzione a titolo d'impostaLa sostituzione a titolo d'imposta comporta l'applicazione di una aliquota fissa su di un determinato provento, che è cosi sottratto alla sua inclusione nel reddito complessivo del percipiente. Essa realizza, al tempo stesso, una sostituzione in senso oggettivo (la ritenuta a titolo d'imposta, ossia un regime fiscale sostitutivo) e in senso soggettivo (in quando l'obbligazione è posta a carico di un soggetto diverso da colui che percepisce il reddito). Anche nella sostituzione a titolo d'imposta il soggetto passivo è un soggetto diverso da colui che realizza il presupposto, ma mentre nella solidarietà dipendente vi sono più soggetti passivi (l'obbligato principale e il responsabile), nella sostituzione d'imposta, invece, il soggetto passivo è uno soltanto (il sostituto). Non esiste un fenomeno giuridico di vera sostituzione, perché vi è dall'origine l'istituzione del tributo a carico del sostituto, il quale si differenzia dall'ordinario soggetto passivo perché non realizza il presupposto. Il sostituto è, di solito, una società che corrisponde redditi di capitale o di lavoro. Il sostituto a titolo d'imposta è unico debitore dell'imposta dovuta sul presupposto altri realizza. Il rapporto tra fisco e sostituto è dunque un rapporto d'imposta. Tra fisco e sostituito non v'è alcun rapporto; quest'ultimo non deve neppure dichiarare i redditi. Tra sostituto e sostituito intercorre un rapporto privatistico.

8 – La sostituzione a titolo d'accontoNella sostituzione a titolo d'acconto (o sostituzione impropria) il sostituto è soggetto passivo di un autonomo obbligo di versamento, al quale non è riferibile alcuna idea di sostituzione. Il sostituto a titolo d'acconto nei confronti del fisco non è soggetto passivo dell'obbligazione, ma è tenuto per obblighi di natura diversa, che hanno come fattispecie l'erogazione di somme al sostituito, e che

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consistono nell'operare una ritenuta e nel versare al fisco una somma pari alla ritenuta. La sostituzione a titolo d'acconto realizza una forma di riscossione anticipata. La misura delle ritenute e del versamento deriva da un'aliquota fissa; nel caso dei redditi di lavoro indipendente è invece variabile.

9 – Traslazione e rivalsaGli economisti distinguono tra contribuente di diritto e contribuente di fatto; il primo è il debitore, che è tenuto a pagare il tributo, il secondo colui che sopporta l'onere del tributo, senza poterlo riversare su altri. Vi sono tributi, posti a carico di un soggetto, che però sono destinati a gravare economicamente su altri soggetti. È il caso delle imposte sui consumi, delle quali sono debitori gli operatore economici, ma che sono destinate a gravare sui consumatori. Vi sono anche dei casi in cui il soggetto passivo dell'imposta è un soggetto diverso da colui che realizza il presupposto; ci riferiamo alle figure del sostituto d'imposta e del responsabile d'imposta. Essi hanno diritto di rivalsa nei confronti di colui che ha posto in essere il presupposto. In generale, ha diritto di rivalsa ogni terzo che sia tenuto a corrispondere il tributo (ossia ogni soggetto che sia obbligato a pagare il tributo per un presupposto realizzato da altri). Quando si ha traslazione economica dell'imposta, attuata in forza di un patto contrattuale, o di una norma civilistica, non si ha una figura fiscale: l'onere economico dell'imposta, trasferito da un soggetto ad un altro insieme con il corrispettivo delle prestazioni eseguite, non ha natura tributaria, ma di integrazione del corrispettivo. Invece quando la rivalsa è prevista da norme tributarie, occorre considerare il rapporto di rivalsa come parte del tributo. Accanto al diritto di rivalsa è da ricordare il diritto di surrogazione. A colui che ha pagato un'imposta dovuta per un presupposto riferibile ad altri è applicabile l'art. 1203 del codice civile. Si ha quindi surrogazione legale a vantaggio di chi, essendo tenuto al pagamento di un tributo, ha assolto il debito d'imposta: tale soggetto può surrogarsi, nei confronti del debitore d'imposta che ha posto in essere il presupposto, negli stessi diritti del fisco.

10 – I patti di accollo dell'impostaLa rivalsa dell'imposta può essere facoltativa, obbligatoria o vietata. È obbligatoria quando il legislatore vuole che l'onere del tributo sia trasferito dal soggetto passivo ad altri. Possono anche esservi norme che vietano la rivalsa. Al di fuori di tali casi, i privati sono liberi di stipulare patti di accollo dell'imposta. Sono dunque leciti i patti con i quali un soggetto (accollante) si impegna, verso un altro soggetto (accollato), a far fronte ad un determinato debito d'imposta. L'accollo può essere interno al rapporto tra contribuente accollato ed accollante, senza produrre effetti per il creditore; in tal caso, il fisco non acquisisce nessun diritto nei confronti dell'accollante. Oppure può trattarsi di accollo con rilievo esterno, che attribuisce al creditore il diritto di agire verso l'accollante. L'accollo delle imposte è sempre cumulativo, mai liberatorio.

11 – La successione nel debito d'impostaLa successione ereditaria, comportando il subentro degli eredi in tutte le situazioni giuridiche che facevano capo al defunto, implica anche il subentro degli eredi nelle situazioni giuridiche di natura tributaria. Ciò vale, in linea di principio, non sono per l'obbligazione tributaria, ma anche per gli obblighi formali (ad esempio, obbligo di dichiarazione) e per le situazioni procedimentali.

CAPITOLO SETTIMOL'AZIONE AMMINISTRATIVA

1 – Le agenzie fiscaliAl Ministero dell'economia e delle finanze spettano le competenze riguardanti la politica economica e finanziaria, il bilancio e il fisco. La gestione pratica dei tributi è affidata alle agenzie fiscali, che sono enti pubblici economici, soggetto ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministro. La titolarità dell'obbligazione tributaria appartiene allo stato.

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2 – Lo schema standard di attuazione dei tributiL'attuazione dei tributi è affidata, in primis, agli stessi contribuenti, ai quali sono imposti obblighi molteplici di autoliquidazione dei tributi, di versamento, di dichiarazione. All'agenzia delle entrate spetta il compito di controllare e di emanare un atto amministrativo, denominato avviso di accertamento. L'agenzia deve controllare anche l'adempimento degli obblighi di versamento. Distinto dal potere di determinare il tributo, vi è quello di riscuoterlo, con la formazione di un atto (il ruolo), con cui vengono riscosse sia le somme dovute in base alle dichiarazioni dei contribuenti, sia le somme dovute in base agli atti di accertamento. Il ruolo è titolo esecutivo, e la riscossione è realizzata in forma coattiva. Vi sono infine casi nei quali la nascita dell'imposta ne comporta direttamente l'adempimento, senza la necessità di atti del contribuente o dell'amministrazione. Al verificarsi del presupposto, l'obbligato deve senz'altro versare l'imposta. Questo schema si riscontra per esempio nelle accise.

3 – La disciplina generale dei procedimenti tributariIl contribuente deve adempiere a degli obblighi (dichiarare e versare); il fisco deve controllare e, se del caso, esercitare i suoi poteri autoritativi. I apporto fisco – cittadini sono anche di natura collaborativa. In questa seconda prospettiva si collocano istituti come l'interpello, l'accertamento con adesione, la conciliazione e l'autotutela.Nel capo II della L. n. 241 del 1990 viene delineata la figura del responsabile del procedimento. Esso svolge il ruolo di guida del procedimento, di coordinatore dell'istruttoria e di organo d'impulso, ed è il soggetto attraverso il quale la pubblica amministrazione dialoga con il cittadino. Il procedimento d'imposizione inizia sempre d'ufficio, sia quando la dichiarazione è stata omessa, sia quando sia stata presentata. Nel procedimento tributario d'imposizione non vi è una sequenza predeterminata di atti da porre in essere prima dell'emanazione dell'atto finale; non esiste neppure un ordine necessario di atti istruttori.

4 – Funzione vincolate e indisponibilità dell'obbligazione tributariaI poteri dell'amministrazione finanziaria non sono discrezionali ma vincolati. Le leggi tributarie disciplinano compiutamente i presupposto, la misura, i soggetti passivi dell'obbligazione tributaria; l'amministrazione finanziaria, in presenza di ciò che la legge richiede, deve emanare l'avviso di accertamento con contenuti aderenti ai criteri prestabiliti dalla legge. All'ufficio non è data alcuna possibilità di scelte discrezionali, perché è tutto predeterminato dalla legge. Il diritto tributario è dominato dal principio di legalità, per cui l'amministrazione finanziaria non può disporre dei suoi crediti.

5 – Lo Statuto dei diritti del contribuente. Collaborazione e buona fedeNello statuto dei diritti del contribuente vi sono diverse norme che disciplinano i rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuenti. L'art. 10 dispone che i rapporti tra contribuente e amministrazione sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede. La buona fede in senso oggettivo è una regola di comportamento conforme a principi di correttezza. La buona fede in senso soggettivo è la convinzione di agire secondo le regole.L'amministrazione deve:

– garantire al contribuente l'effettiva conoscenza degli atti a lui destinati, senza violare il diritto alla riservatezza;

– informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l'irrogazione di una sanzione;

– informare adeguatamente i contribuenti non residenti in Italia;– garantire che i modelli di dichiarazione, le istruzioni e ogni comunicazione siano

comprensibili anche ai contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria.

6 – Il legittimo affidamentoCon queste norme il legislatore ha inteso tutelare il contribuente, che si comporta in buona fede,

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facendo affidamento sulle indicazioni fornite dall'amministrazione, o che viola una norma per ragioni imputabili all'amministrazione. Se il contribuente si è comportato in un certo modo, facendo affidamento su una data interpretazione ministeriale ed, in seguito, l'interpretazione è mutata in peius, il nuovo orientamento non può valere per il passato. In altri termini, le circolari peggiorative non possono essere retroattive, perché merita tutela l'affidamento del contribuente. Di questo principio vi è un parziale riconoscimento nell'art. 10, ove è stabilito che non sono irrogate sanzioni e non sono richiesti interessi al contribuente che si sia conformato a indicazioni fornite dall'amministrazione.

7 – Il contraddittorioAi procedimenti tributari non si applicano le norme generali in tema di partecipazione del cittadino; né vi sono norme che sanciscano che nel procedimento tributario trovi obbligatoriamente attuazione il principio del contraddittorio, e che quindi vi sia dialogo tra autorità e contribuente. L'ufficio non è obbligato ad avvertire il contribuente dell'indagine avviata nei suoi confronti, né vi è un generale riconoscimento legislativo del diritto del privato di partecipare al procedimento e di difendersi, prima che sia emesso a suo carico un atto impositivo.

8 – Il divieto di doppia imposizioneIl divieto di doppia imposizione implica:

– che non può essere applicata la stessa imposta sullo stesso presupposto, sia nei confronti dello stesso soggetto, sia nei confronti di soggetti diversi;

– il divieto opera anche quando sono coinvolte imposte diverse: un reddito non può essere tassato prima come reddito di una società di capitali, poi di persona fisica.

9 – L'interpello ordinarioL'art. 11 dello statuto dei diritto del contribuente prevede il diritto di presentare all'agenzia delle entrate circostanziate e specifiche istanze con cui viene richiesto un parere circa l'interpretazione di una disposizione tributaria, con riguardo ad un caso concreto e personale. La richiesta di parere (o interpello) può essere presentata per qualsiasi quesito riguardante l'applicazione delle leggi tributarie. L'istanza può essere presentata solo se concerne una disposizione la cui interpretazione si presenti obiettivamente incerta. L'istanza di parere dev'essere inoltrata alla Direzione regionale dell'agenzia, che deve rispondere per iscritto entro 120 giorni; la risposta dev'essere motivata. L'amministrazione non può ignorare l'istanza. È tenuta a rispondere perché il silenzio vale assenso. L'istanza deve essere preventiva: deve cioè riguardare l'applicazione di una disposizione di significato incerto, da applicare in una dichiarazione dei redditi non ancora presentata. Nell'istanza è onere del contribuente indicare quale sia la sua interpretazione, altrimenti, in caso di silenzio dell'amministrazione, non può aversi l'assenso tacito.Qualora l'istanza venga formulata da un numero elevato di contribuenti e concerna la stessa questione o questioni analoghe tra loro, l'amministrazione finanziaria può fornire risposta collettiva mediante circolare o risoluzione. Il parere reso dall'agenzia vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza di interpello: la norma mira a circoscrivere l'efficacia del parere sul piano soggettivo. Se il contribuente si attiene alla risposta dell'agenzia non possono essere emessi atti d'imposizione o atti sanzionatori che contraddicano la risposta data dal quesito.10 – L'interpello in materia di elusione e interposizionePoiché può essere dubbio se un comportamento sia elusivo, il legislatore ha previsto una apposita forma di interpello, concernente i comportamenti elusivi ed altre fattispecie di difficile interpretazione. Vi è infatti un cosiddetto interpello speciale, esperibile per l'applicazione di talune specifiche disposizioni, aventi quasi tutte finalità antielusiva.La procedura di interpello è cosi articolata:

– il contribuente, anche prima di porre in essere un'operazione che rientra nelle fattispecie per le quali può essere esperito l'interpello speciale, deve chiedere il preventivo parere della direzione generale dell'agenzia delle entrate, fornendole tutti gli elementi conoscitivi utili ai

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fine della corretta qualificazione tributaria della fattispecie prospettata;– la direzione deve rispondere entro 120 giorni; trascorso questo termine, il contribuente può

inviare una diffida ad adempiere;– la mancata risposta entro 60 giorni dalla diffida ha valore di silenzio – assenso.

11 – Gli interpelli disapplicativiLe norme con ratio antielusiva sono norme che negano un determinato beneficio, ma il legislatore prevede un correttivo. L'art. 37-bis del D.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, stabilisce infatti che possono essere disapplicate le norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario, nel caso in cui non possono verificarsi effetti elusivi.L'interpello disapplicativo può essere presentato in relazione ad ogni norma che limita o esclude misure di vantaggio. Il contribuente deve presentare istanza al direttore regionale dell'agenzia delle entrare, nella quale deve descrivere compiutamente l'operazione, dimostrare che non possono verificarsi effetti elusivi, indicare le disposizioni normative di cui chiede la disapplicazione. L'istanza è accolta o respinta con provvedimento definitivo.

12 – L'autotutelaNel potere di emettere un atto è insito anche quello di ritirarlo o di emendarlo, quando appaia in tutto o in parte viziato; ciò è espressione del potere di autotutela della pubblica amministrazione, la quale, in ossequio al principio di legalità e di buona fede, ha il dovere di eliminare i vizi che rendono illegittimo un atto e di ritirare gli atti illegittimi.L'autotutela concerne l'ipotesi in cui l'amministrazione può annullare l'atto che riconosce viziato. In diritto tributario, non essendovi discrezionalità, l'esercizio dei poteri di autotutela non presuppone valutazioni di convenienza: il ritiro o la correzione dell'atto viziato vanno compiuti in applicazione della regola di buona fede, cui deve attenersi l'amministrazione; la correzione presuppone quindi il vizio e null'altro.Nella disciplina dell'autotutela si parla di annullamento e di revoca degli atti illegittimi e infondati. L'annullamento è da riferire agli atti che presentano vizi di legittimità, ossia vizi di forma o procedimentali; la revoca è da riferire agli atti infondati, ossia viziati di contenuto.

13 – Il Garante del contribuentePresso ogni direzione regionale dell'agenzia delle entrate è istituito il garante del contribuente, che è un organo collegiale, formato da tre membri, scelti e nominati dal presidente della commissione tributaria regionale. Il garante è autonomo rispetto all'amministrazione ed ha il compito di tutelare il contribuente che lamenti disfunzioni, irregolarità e scorrettezze. Non si tratta di un organo con poteri autoritativi: la sua è una funzione di persuasione morale.

CAPITOLO OTTAVOLA DICHIARAZIONE

1 – Obblighi contabili e centri di assistenza fiscaleGli imprenditori sono obbligati a tenere la contabilità dal codice civile: le norme fiscali, però, impongono degli obblighi ulteriori. Vi è un regime di contabilità ordinaria e uno di contabilità semplificata. Sono sottoposti al regime di contabilità ordinaria:

– le società e gli enti commerciali soggetti all'Ires;– gli imprenditori individuali e le società di persone con ricavi superiori a un dato ammontare.

Ai fini Iva devono essere tenuti due registri: quello delle fatture e quello degli acquisti. Ogni operazione fiscalmente rilevante deve essere fatturata: le fatture devono essere registrate entro 15 giorni dalla loro emissione. Per le imprese minori è previsto un regime semplificato di contabilità. Sono imprese minori le

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imprese individuali e le società di persone il cui fatturato annuale non supera una determinata soglia. La contabilità fiscale semplificata è composta dai due registri Iva, in cui vanno annotate anche le operazioni rilevanti solo ai fini reddituali. I contribuenti possono essere assistiti da Centri autorizzati di assistenza fiscale, che si distinguono in Caaf delle imprese e Caaf dei lavoratori dipendenti. I primi assistono le imprese nella tenuta della contabilità e nella preparazione e presentazione della dichiarazione dei redditi. I lavoratori dipendenti sono assistiti dal proprio datore di lavoro o dai Caaf dipendenti (organizzazioni sindacali di lavoratori dipendenti).

2 – La dichiarazione d'imposta in generaleAi contribuenti è imposto, di regola, l'obbligo di presentare una dichiarazione all'agenzia fiscale, nella quale devono essere indicati il presupposto e l'ammontare dell'imposta. La dichiarazione dei redditi e la dichiarazione Iva devono essere presentate ogni anni, in quanto concernono tributi periodici, la cui base di commisurazione varia di anno in anno. Vi sono poi tributi la cui base imponibile può permanere invariata nel tempo; di conseguenza, la dichiarazione ha efficacia fino a quando non si verifichino variazioni.

3 – La dichiarazione dei redditi. I soggetti obbligatiLa dichiarazione dei redditi dev'essere presentata da ogni soggetto che, nel periodo d'imposta, abbia posseduto redditi. A tale regola generale si aggiungono due regole particolari:

– la prima è che, se sono stati prodotti dei redditi, la dichiarazione deve essere presentata anche se dai redditi che si dichiarano non consegue alcun debito d'imposta (cioè alcun obbligo di versamento);

– la seconda è che i soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili devono presentare annualmente la dichiarazione, anche se non hanno prodotto redditi.

4 – I contenuti della dichiarazione dei redditiIl contenuto caratteristico della dichiarazione è dato dalla indicazione degli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili. Sia la dichiarazione Irpef, sia la dichiarazione Ires, devono indicare i dati ed elementi necessari per l'effettuazione dei controlli, con altri elementi, richiesti nel modello di dichiarazione; inoltre, devono essere indicati i trasferimenti da e verso l'estero e la disponibilità di investimenti all'estero. Da ciò emerge con chiarezza che la dichiarazione dei redditi è una dichiarazione di scienza. Va però aggiunto che il contribuente non deve soltanto esporre fatti e dati, ma deve anche qualificarli giuridicamente. La dichiarazione contiene dunque la esposizione di fatti ed, inoltre, la qualificazione giuridico – tributaria di tali fatti. Nella dichiarazione dei redditi vi sono delle opzioni, ossia delle dichiarazioni di volontà, la cui disciplina è quella dei negozi giuridici. Per effetto di tali opzioni, la base imponibile e l'imposta non dipendono solo dalla legge, ma anche da scelte del contribuente.

5 – La dichiarazione semplificata dei lavoratori dipendentiI lavoratori dipendenti possono presentare una dichiarazione dei redditi semplificata (modulo 730), avvalendosi dell'assistenza del proprio datore di lavoro, o di un Caaf, o di un professionista abilitato. Se il datore di lavoro di rende disponibile, i dipendenti possono presentargli entro il 30 aprile la dichiarazione redatta sul modello semplificato. Il datore di lavoro deve liquidare i saldi e gli acconti dovuti dal lavoratore. Se il lavoratore risulta debitore, il datore di lavoro trattiene la somma dovuta sulla retribuzione dovuta per il mese di luglio. Se invece il lavoratore risulta creditore, il rimborso viene attuato mediante riduzione delle ritenute.

6 – Requisiti formali e sottoscrizioneLa dichiarazione deve essere redatta, a pena di nullità, su stampati conformi ai modelli approvati annualmente dall'agenzia delle entrate. La dichiarazione non sottoscritta è nulla, ma l'ufficio deve invitare il contribuente a sanare la nullità, solo se il contribuente non ottempera si producono gli effetti della nullità.

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7 – Modi e tempi di presentazioneLa dichiarazione dei redditi e Iva, redatta sul modello cartaceo, deve essere presentata in via telematica entro il 30 settembre dell'anno successivo al periodo d'imposta cui si riferisce.La dichiarazione cartacea è conservata dal contribuente per essere esibita in caso di controllo.Sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza, ma si applica una sanzione amministrativa per il ritardo. Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse.

8 – Gli effetti della dichiarazione dei redditiLa dichiarazione è, innanzitutto, un atto che assume un particolare rilievo nel procedimento amministrativo di determinazione dell'imposta. La dichiarazione ha, insomma, rilevanza procedimentale. Essa è infatti sottoposta al controllo dell'amministrazione. L'ufficio è legittimato a rettificare in modo analitico o sintetico il reddito, in relazione alla completezza della dichiarazione; in caso di omissione o nullità della dichiarazione, l'amministrazione procederà nelle forme dell'avviso di accertamento d'ufficio.Rispetto all'obbligazione tributaria, la dichiarazione è da considerare diversamente a seconda che si segua la teoria costitutiva o quella dichiarativa. Secondo la teoria costitutiva, la dichiarazione è elemento della fattispecie costitutiva dell'obbligazione, mentre, secondo la teoria dichiarativa, il presupposto, da solo, determina per legge il sorgere dell'obbligazione tributaria, per cui la dichiarazione è estranea al congegno che genera l'obbligazione. La dichiarazione è titolo per la riscossione delle somme in essa indicate come somme da versare. Il dichiarante deve, infatti, non solo calcolare la somma da versare, ma anche versarla.Infine, ove dal saldo finale della dichiarazione risulti un credito del dichiarante, la dichiarazione è titolo che obbliga l'amministrazione a provvedere al rimborso; la dichiarazione è, alternativamente, titolo per la riscossione e titolo per il rimborso.

9 – La dichiarazione integrativa (cosiddetto ravvedimento operoso)Scaduto il termine per presentare la dichiarazione, l'atto presentato non è sostituibile, ma il contribuente può porre rimedio alle violazioni commesse presentando una nuova dichiarazione (detta dichiarazione integrativa), che sani le violazioni formali, o rechi un aumento dell'imponibile o dell'imposta, o la riduzione della perdita dichiarata. Tale facoltà può essere esercitata nello stesso termine entro cui l'ufficio può rettificare la dichiarazione e, quindi, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la prima dichiarazione.

10 – Rimedi agli errori commessi dal contribuente e suo dannoLa dichiarazione può essere rettificata in diminuzione. Vi è una norma espressa, secondo la quale le dichiarazioni dei redditi e dei sostituti d'imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito o di un maggior debito d'imposta o di un minor credito. A prescindere dalla facoltà di rettificare in diminuzione la dichiarazione, nel termine indicato, con una dichiarazione correttiva, va ritenuto che il contribuente possa sempre far valere gli errori commessi a suo danno. Inoltre, gli errori della dichiarazione possono essere fatti valere mediante ricorso contro il ruolo. La dichiarazione è un titolo sulla base del quale l'amministrazione può procedere ad iscrizione a ruolo: in sede di ricorso contro il ruolo, possono essere fatti valere gli errori commessi dal contribuente a suo danno.

11 – Le dichiarazioni dei sostitutiAnche i sostituti d'imposta sono gravati da obblighi di dichiarazione. Vanno distinti due tipi di obblighi:

– i sostituti d'imposta sono tenuti a presentare una dichiarazione dalla quale risultino le somme ed i valori corrisposti e le ritenute effettuate;

– un secondo ordine di obblighi concerne i sostituti che corrispondo redditi da lavoro dipendente. Coloro che percepiscono redditi di lavoro dipendente possono non presentare la

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dichiarazione dei redditi ma presentare, al sostituito, una speciale dichiarazione nella quale devono indicare gli altri redditi posseduti, gli oneri deducibili e gli altri elementi necessari per la determinazione dell'imponibile e la liquidazione dell'imposta.

12 – La dichiarazione nulla, incompleta e infedeleGli obblighi relativi alla dichiarazione sono presidiati da sanzioni amministrative e penali. Si parla di omissione non solo quando la dichiarazione non è stata presentata affatto, ma anche quando è stata presentata oltre 90 giorni dalla scadenza. La legge qualifica come nulla la dichiarazione non redatta su stampati conformi a quelli ministeriali e quella non sottoscritta. La dichiarazione è infedele quando un reddito netto non è indicato nel suo esatto ammontare; è incompleta quando è omessa l'indicazione di una fonte reddituale.

13 – La dichiarazione nell'Iva e nell'imposta di registroLa dichiarazione annuale Iva deve essere presentata da tutti i soggetti passivi Iva, anche se non hanno effettuato operazioni imponibili. È redatta in base alle registrazioni effettuate nel periodo d'imposta. Nel procedimento applicativo dell'imposta di registro, la dichiarazione occupa un'importanza ridotta, poiché gli elementi da portare a conoscenza del fisco sono generalmente racchiusi nello stesso atto da registrare; la dichiarazione, quindi, non è un atto autonomo. Nella presentazione di un atto per la registrazione è infatti implicita che il presupposto d'imposta è quello emergente dall'atto da registrare.

CAPITOLO NONOL'ISTRUTTORIA

1 – L'istruttoria ed il sistema informativoMentre l'emanazione dell'avviso di accertamento è una prerogativa esclusiva degli uffici dell'agenzia delle entrate, l'attività investigativa è svolta anche dalla guardia di finanza, che dispone degli stessi poteri di indagine degli uffici finanziari. Il ministro dell'economia e finanze programma annualmente l'attività dell'agenzia, fissando con decreto i criteri selettivi in base ai quali individuare i contribuenti da controllare; i singoli uffici procedono poi ai controlli, secondo scelte che sono lasciate alla loro discrezionalità.

2 – La liquidazione in via informaticaLe dichiarazioni dei redditi sono sottoposte ad un primo controllo, che ha per oggetto la liquidazione delle imposte dovute e dei rimborsi spettanti in base alle stesse dichiarazioni. Il controllo viene eseguito mediante procedure automatizzate. La liquidazione è un controllo limitato sia nell'oggetto, sia negli effetti, in quanto non è finalizzato alla rettifica del reddito, ma solo alla verifica dell'esattezza numerica dei dati dichiarati. Se risulta che l'importo versato dal contribuente è inferiore a quello da versare in base alla stessa dichiarazione, non viene emesso un avviso di accertamento, ma si procede direttamente alla riscossione della somma non versata. Il risultato del controllo, se diverso dal dichiarato, è comunicato al contribuente che è invitato a versare la maggiore somma cosi liquidata; se il contribuente versa, è evitata l'iscrizione a ruolo e la sanzione è ridotta ad un terzo.

3 – Il controllo formale delle dichiarazioniAlla liquidazione ora descritta può seguire il cosiddetto controllo formale delle dichiarazioni. Il controllo formale non è automatico, ma è svolto in base ai criteri selettivi fissati dal ministero e riguarda alcune voci della dichiarazione, che devono essere giustificate documentalmente. In sede di controllo formale, il contribuente è invitato a fornire chiarimenti in ordine ad alcuni elementi della dichiarazione, a trasmettere i documenti che li giustificano, o a esibire le ricevute dei versamenti. Il controllo formale si differenzia quindi dalla liquidazione perché non riguarda solo la

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dichiarazione ma anche i documenti che devono corredarla. L'esito del controllo formale è comunicato al contribuente.

4 – Accessi, ispezioni, verificheIl controllo sostanziale delle dichiarazioni è svolto dagli uffici della agenzia delle entrate e dalla guardia di finanza. La verifica è la forma principale di controllo dei contribuenti, e consiste in una serie di operazioni che iniziano con l'accesso, seguito da ispezioni documentali e da altri controlli e si conclude con la redazione di un processo verbale di constatazione. L'art. 14 della Costituzione dispone che il domicilio è inviolabile, ma ammette che vi si possono eseguire ispezioni, perquisizioni e sequestri nei casi e modi stabiliti dalla legge con la garanzia dell'autorizzazione, data con atto motivato, dell'autorità giudiziaria. Il legislatore ha ritenuto che la tutela costituzionale del domicilio non riguardi l'accesso nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali; per accedere in tali locali, non si richiede l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria, ma l'autorizzazione del capo dell'ufficio o del comandante di zona, con provvedimento che ne indica lo scopo. Per l'accesso nelle abitazioni è necessaria, oltre all'autorizzazione del capo dell'ufficio o del comandante di zona, anche l'autorizzazione del procuratore della repubblica, che può essere concessa, con atto motivato, soltanto in presenza di gravi indizi di violazione delle norme fiscali, ed allo scopo di reperire libri, registri e altri documenti. L'autorizzazione del procuratore della repubblica è necessaria anche per procedere a perquisizioni personali ed all'apertura coattiva di borse, casseforti, mobili. Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che l'abbiano giustificata e dell'oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche. La verifica contabile è una forma specifica di controllo, rivolta ad esaminare la completezza, esattezza e veridicità della contabilità, sulla scorta delle fatture ed altri documenti, anche mediante confronto con documenti e scritture contabili di terzi (cosiddetto controllo incrociato). La permanenza degli operatori dell'amministrazione finanziaria non può superare i 30 giorni lavorativi, prorogabili per altri 30 giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine.Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente, che ha diritto di averne copia. La descrizione dettagliata delle operazioni compiute viene effettuata nel processo verbale di verifica; viene redatto, da ultimo, un processo verbale di constatazione, che sintetizza i dati rilevati.

5 – Indagini bancarieIl segreto bancario non opera di fronte ad indagini fiscali; non sono infatti qui applicabili le garanzie proprie dei diritti di libertà personale, non essendovi, alla base del segreto bancario, valori della persona umana da tutelare. Per svolgere le indagini bancarie, gli uffici dell'agenzia delle entrate e la guardia di finanza devono essere autorizzati, rispettivamente, dalla direzione regionale e dal comandante di zona. Uffici e guardia di finanza possono chiedere alle banche dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto e a qualsiasi operazione. Acquisiti i dati bancari, l'ufficio può chiedere dati e notizie al contribuente, invitandolo a comparire di persona o inviandogli questionari, per consentirgli di fornire elementi contrari alle presunzioni derivanti dai movimenti bancari che non trovano riscontro nella contabilità.

6 – Inviti e richiesteL'ufficio può invitare i contribuenti a comparire di persona per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti, anche in relazione ai dati e alle notizie acquisiti in sede bancaria e postale. In secondo luogo, l'ufficio può invitare il contribuente ad esibire o trasmettere atti e documenti; ai soggetti obbligati alla tenuta della contabilità, può essere richiesta l'esibizione dei bilanci o delle scritture contabili. In terzo luogo, l'ufficio può inviare ai contribuenti dei questionari.

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7 – Gli obblighi di collaborazione del contribuenteNel corso dell'attività istruttoria, il contribuente è tenuto ad ottemperare agli inviti e alle richieste dell'amministrazione. La mancata collaborazione, oltre ad essere punita con sanzioni amministrativa, pregiudica le successive facoltà di difesa del contribuente.

8 – Collaborazione dei comuniPer l'Irpef, la collaborazione dei comuni si esplica in due modi e momenti diversi:

– la prima forma di collaborazione si concretizza nella segnalazione all'agenzia delle entrate di dati, fatti ed elementi idonei e integrare la dichiarazione dei redditi;

– altra forma di collaborazione si ha quando l'ufficio stia per emettere un accertamento. L'ufficio deve trasmettere ai comuni le sue proposte di accertamento, mentre il comune può formulare proposte di aumento.

9 – Rapporti tra istruttoria amministrativa e processo penaleLa verifica fiscale eseguita dalla guardia di finanza è un'attività amministrativa, ma la guardia di finanza è anche organo di polizia giudiziaria, per cui se, nel corso di una verifica, emergono notizie di reato, deve darne notizia alla procura della repubblica. La guardia di finanza può trasmettere agli uffici fiscali documenti, dati e notizie reperiti in sede di indagini preliminari, ma occorre un'autorizzazione dell'autorità giudiziaria, che può essere concessa anche in deroga all'art. 329 del codice penale. Ciò significa, in pratica, immediata trasferibilità ed utilizzabilità degli elementi probatori raccolti in ambito penale, anche in deroga alle disposizioni in materia di segreto sugli atti dell'indagine penale.

10 – Definizioni agevolate mediante adesioneA conclusione della verifica, il processo verbale è trasmesso all'ufficio dell'agenzia delle entrate; se ritengono di aver rilevato fatti penalmente rilevanti, i verificatori inoltrano il verbale alla procura della repubblica. Se nel processo verbale sono rilevate violazioni di norme fiscali, al contribuente sono date le seguenti facoltà:

– può presentare entro 60 giorni osservazioni e richieste agli uffici impositori, esponendo le ragioni per cui ritiene che le conclusioni del verbale debbano essere disattese;

– può prestare adesione ai verbali di constatazione da cui può scaturire un accertamento parziale;

– l'ufficio può formulare e notificare al contribuente un invito al contraddittorio, o invito a comparire;

– il contribuente può presentare istanza di accertamento con adesione, chiedendo all'ufficio di formulare una proposta, al fine di pervenire ad un accertamento concordato.

CAPITOLO DECIMOL'AVVISO DI ACCERTAMENTO

1 – Natura giuridica e contenutoIl procedimento amministrativo di applicazione delle imposte si conclude con un atto d'imposizione, che le leggi denominano avviso di accertamento. L'avviso di accertamento è un provvedimento amministrativo. È un provvedimento vincolato, perché l'amministrazione finanziaria non ha alcuna discrezionalità. Nel contenuto dell'avviso di accertamento possiamo distinguere due parti: motivazione e dispositivo. L'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, prevede che ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria. Molto spesso gli avvisi di accertamento sono emessi in base ad altri atti, tra cui i processi verbali di verifica, richiamati nell'avviso (motivazione per relationem). Lo statuto prevede

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che l'atto richiamato venga allegato all'atto che lo richiama, ma, nelle singole leggi d'imposta, si ammette che l'atto possa non essere allegato, se ne è riprodotto il contenuto essenziale.Solitamente l'avviso statuisce l'imposta dovuta. Ma vi sono anche avvisi senza imposta.Una prima ipotesi di avviso senza imposta è data dall'accertamento dei redditi delle società di persone: con esso, si ha la determinazione dell'imponibile della società, da imputare poi, pro quota, a ciascun socio, agli effetti dell'imposta sui redditi dovuta dal socio. Un'altra ipotesi è quella degli accertamenti di redditi per i quali hanno rilievo anche le perdite. Se, ad esempio, una società commerciale ha dichiarato una perdita, e l'avviso di accertamento determina una perdita minore di quella dichiarata, un simile avviso non comporta statuizioni circa l'imposta. L'avviso che determina la perdita fiscale di un dato periodo d'imposta ha importanza per il riporto a nuovo delle perdite nei periodi d'imposta successivi.

2 – La notificazione. Modalità e terminiLa notificazione dell'avviso di accertamento non è soltanto una particolare procedura con cui tale atto viene portato a conoscenza del destinatario, ma è molto di più, perchè l'avviso di accertamento viene ad esistenza attraverso la notificazione: l'atto d'imposizione, in tanto esiste in quanto sia notificato al destinatario. La notificazione è eseguita mediante consegna di copia al destinatario, in luoghi prefissati dalla legge; nel caso di consegna a mani proprie, l'atto può essere notificato in qualunque luogo; il messo notificatore ricerca la persona nel comune di domicilio fiscale, e può consegnare copia dell'atto a persona di famiglia dandone avviso al destinatario con raccomandata; se non è possibile consegnare ad alcuno la copia, l'atto è depositato in comune.Vi sono norme particolari per la notifica degli atti tributari:

– la notificazione è eseguita dai messi comunali o da messi speciali autorizzati dall'agenzia delle entrate;

– il messo deve far sottoscrivere l'atto al consegnatario;– salvo il caso di consegna dell'atto in mani proprie, la notificazione è eseguita mediante

spedizione a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento.Per il contribuente il perfezionamento della notificazione degli atti d'imposizione avviene con la ricezione dell'atto, attestata con avviso di ricevimento; da tale data decorre il termine per impugnare. Se nel comune di domicilio fiscale non vi è un luogo presso cui la notifica può essere fatta validamente, la notifica è fatta con la procedura prevista per gli irreperibili: l'atto da notificare è depositato presso la casa del comune, il messo affigge un avviso del deposito presso l'albo del comune e ne dà notizia al destinatario con raccomandata. Poiché l'atto di imposizione viene ad esistenza attraverso la notificazione, i vizi di notificazione sono vizi formali dell'atto; essi non sono sanati dalla proposizione del ricorso. La giurisprudenza, però, considerando che la notificazione avviene con le norme del codice di procedura civile, ritiene applicabili le norme sulla sanatoria delle notifiche invalide, previste dal codice di procedura civile e ritiene, perciò, che la proposizione del ricorso avverso l'avviso di accertamento sana, con effetto processuale ex tunc, la nullità della notifica di avviso. L'atto d'imposizione deve essere notificato entro un termine previsto a pena di decadenza; l'atto notificato in ritardo è illegittimo. Per le imposte sui redditi e per l'Iva, l'amministrazione deve notificare l'avviso entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione; nei casi di omessa presentazione della dichiarazione, o di dichiarazione nulla, il termine scade il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

3 – Gli effettiL'avviso di accertamento è un provvedimento amministrativo, con cui l'obbligazione tributaria è stabilita autoritativamente. È però questione discussa se l'avviso di accertamento abbia efficacia costitutiva o dichiarativa dell'obbligazione tributaria. Secondo la teoria dichiarativa, l'obbligazione sorge non appena si verifica il presupposto di fatto del tributo. L'atto impositivo ha per effetto il mero accertamento dell'obbligazione tributaria. La teoria costitutiva muove dalla premessa che l'obbligazione non deriva direttamente dalle norme tributarie materiali; perchè sorga l'obbligazione,

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è necessaria la presentazione della dichiarazione o l'emanazione di un avviso di accertamento. Per la teoria dichiarativa, il contribuente è titolare, di fronte al potere di accertamento, di un diritto soggettivo (definito diritto alla giusta imposizione). La teoria dichiarativa postula che, già per effetto del verificarsi del presupposto, venga ad esistenza il rapporto d'imposta. Ma di un rapporto obbligatorio vivo ed operante non esiste alcun segno: se il contribuente non presenta la dichiarazione, il fisco nulla può fare per realizzare il suo credito, se non emettere l'avviso di accertamento; senza avviso di accertamento, non può riscuotere. Vi è comunque, sia per la teoria dichiarativa, sia per quella costitutiva, una statuizione autoritativa di esistenza dell'obbligazione tributaria. La differenza sta in ciò che, nel caso di effetto dichiarativo, l'effetto viene presentato non come creato, ma come già esistente e meramente accertato.

4 – L'accertamento delle obbligazioni solidaliQuando vi è solidarietà, vi sono più soggetti nei confronti dei quali può essere esercitato il potere impositivo; solidarietà equivale quindi a co-soggezione. Assodato che l'avviso di accertamento dell'obbligazione solidale vale soltanto nei confronti dei soggetti ai quali è notificato, va escluso che l'amministrazione finanziaria sia tenuta a notificare l'avviso di accertamento a tutti i coobbligati. L'obbligo di rivolgersi a tutti non ha alcuna ragion d'essere se, in definitiva, uno soltanto dei debitori può essere costretto ad adempiere, con efficacia liberatoria per tutti. Da ciò, la facoltà di notificare l'accertamento ad uno, o ad alcuni debitori. L'obbligato dipendente non è vincolato dall'avviso di accertamento emesso nei confronti dell'obbligato principale. Nei rapporti tra coobbligati e fisco non vi è dunque differenza tra solidarietà paritaria e solidarietà dipendente; la differenza tra le due figure ha riguardo alle fattispecie da cui sorgono, riguarda i rapporti interni, ma non si riflette sul piano della disciplina formale. L'amministrazione finanziaria, dunque, che voglia ottenere il pagamento del tributo dall'obbligato dipendente, deve notificare l'avviso a tale soggetto: tale avviso deve avere una doppia motivazione, perchè deve riguardare sia il presupposto dell'imposta, sia la fattispecie ulteriore da cui scaturisce l'obbligazione del coobbligato dipendente. Dato che l'avviso di accertamento esplica effetti solo nei confronti del condebitore al quale è notificato, è solo quel condebitore che può essere iscritto a ruolo.

5 – Nullità e annullabilitàLa nullità non è la conseguenza della violazione di qualsiasi norma imperativa, ma solo delle norme che disciplinano:

– gli elementi essenziali del provvedimento;– l'attribuzione delle competenze;– il giudicato.

Inoltre, il provvedimento è nullo negli altri casi espressamente previsti dalla legge.Il provvedimento impositivo è nullo quando è viziato da difetto assoluto di attribuzione, ossia quando è emesso in situazione di carenza di potere. Vi sono norme da osservare a pena di annullabilità e norme la cui violazione determina una semplice irregolarità del provvedimento impositivo. Al di fuori dei casi in cui un atto presenta un vizio riconducibile all'art. 21 della legge n. 241, e al di fuori dei casi in cui l'invalidità è espressamente prevista, non vi sono né criteri generali, né compiute indicazioni da cui desumere se un vizio rende l'atto annullabile o soltanto irregolare. È compito dell'interprete stabilire la gravità del vizio ed il suo valore invalidante. Un criterio sta nel ritenere invalidante la violazione di norme procedimentali dettate a garanzia del contribuente. I vizi non invalidanti sono mere irregolarità.

6 – Accertamento analiticoL'accertamento analitico del reddito delle persone fisiche ricostruisce l'imponibile considerandone le singole componenti; più precisamente, l'accertamento analitico è effettuato quando sono note le fonti dei redditi e si perviene al reddito complessivo sommando i redditi delle singole fonti. Per i redditi d'impresa, l'accertamento analitico è quello effettuato determinando o rettificando singole componenti del reddito: esso presuppone che la contabilità sia attendibile.

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7 – Accertamento sinteticoMentre l'accertamento analitico ha per oggetto redditi appartenenti a singole categorie, con l'accertamento sintetico si ottiene direttamente la misura del reddito complessivo. Con il metodo analitico, l'iter conoscitivo ha come punto di partenza specifiche fonti reddituali e come esito la quantificazione del reddito attribuibile a tali fonti. Il metodo sintetico, invece, ha come punto di partenza elementi e fatti economici diversi dalle fonti di reddito (spese per consumi, investimenti). Perciò l'accertamento sintetico è un accertamento presuntivo basato sulle uscite.È previsto che l'ufficio deve indicare nell'avviso di accertamento la sussistenza dei fatti-indice utilizzati per il calcolo sintetico del reddito. L'ufficio può anche applicare il cosiddetto redditometro, che individua gli elementi indicativi di capacità contributiva in base ai quali calcolare il reddito complessivo.

8 – L'accertamento dei redditi d'impresaL'accertamento analitico-contabile dei redditi d'impresa è quello che consta di rettifiche di singole componenti del reddito dichiarato. Possono esservi diversi livelli di indagine, a seconda che la dichiarazione venga confrontata con gli allegati, con le scritture contabili, con la documentazione che sta a base della contabilità o con circostanze extracontabili. Accertamento analitico tout court è quello che deduce la incompletezza, la falsità o la inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione in modo certo e diretto. Accertamento analitico-induttivo è invece quello che rettifica la dichiarazione sulla base di presunzioni. La legge consente infatti di affermare l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività dichiarate anche sulla base di presunzioni semplici.

9 – L'accertamento analitico-induttivo mediante studi di settoreIl reddito degli imprenditori può essere determinato su base contabile quando l'impresa ha una certa dimensione e tiene in modo sistematico la contabilità, secondo il regime della contabilità ordinaria. Non è invece possibile fare affidamento sulla contabilità per l'accertamento del reddito delle imprese minori, il cui impianto contabile è piuttosto rudimentale. Ecco perchè il legislatore, preso atto dell'inefficacia dei metodi analitici, ha via via introdotto normative dirette a tassare gli imprenditori minori sulla base del loro reddito ordinario. Nei confronti dei soggetti in contabilità semplificata, quindi, l'accertamento può essere fatto, oltre che in base alle norme ordinarie, anche ricorrendo a criteri predeterminati normativamente.Oggetto degli studi di settore è la determinazione presuntiva dei ricavi o compensi attribuibili al contribuente sulla base della sua capacità potenziale di produrli, definita in base ad una varietà di fattori, interni ed esterni all'azienda e in base ad indici di normalità economica.Le imprese sono divise ingruppi omogenei (cluster). Sulla base di tali elaborazioni, è individuata la relazione matematica tra le caratteristiche dell'attività e l'ammontare dei ricavi o compensi.Così può essere calcolato l'importo presunto dei ricavi. È quindi determinata, per ciascun cluster, una funzione matematica, mediante la quale sono calcolati i ricavi muovendo dai dati contabili.Ogni contribuente che appartenga ad una categoria alla quale si applicano gli studi di settore deve presentare, insieme con la dichiarazione dei redditi, un modello con cui comunica i dati rilevanti ai fini degli studi. I moduli si compilano e trasmettono attraverso un software, che applica automaticamente lo studio di settore e indica: cluster di appartenenza, congruità e coerenza, volume di ricavi o compensi previsti dallo studio. Con l'uso del software, ogni contribuente può controllare la propria posizione reddituale alle luce dello studio di settore che lo riguarda.Gli studi sono atti amministrativi generali di organizzazione. Essi non possono essere applicati in via automatica ,ma è necessario che l'ufficio svolga un'attività istruttoria.

10 – L'accertamento induttivo-extracontabile dei redditi d'impresaL'ufficio può procedere ad accertamento induttivo-extracontabile solo nei quattro casi tassativamente indicati dall'art. 39 del D.p.r. n.600, e cioè:

– quando il reddito d'impresa non è stato indicato nella dichiarazione;

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– quando, nel verbale di ispezione, risulta che il contribuente non ha tenuto o sottratto dall'ispezione una o più delle scritture contabili prescritte;

– quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni sono cosi gravi, numerose e ripetute da rendere nel complesso inattendibili le scritture stesse;

– quando il contribuente non ha dato seguito all'invito a trasmettere o esibire atti.

11 – L'accertamento parzialeL'ufficio, dopo aver svolto le sue indagini sui redditi di un soggetto, ne utilizza i risultati emettendo, se ne ricorrono i presupposti, un avviso di accertamento. Di regola, tale atto riflette tutti i dati ed elementi probatori acquisiti; l'accertamento è insomma unico e globale.L'accertamento parziale è quello che si fonda su segnalazioni provenienti dal centro informativo delle imposte dirette, dalla guardia di finanza, da pubbliche amministrazioni o dall'anagrafe tributaria. In base a tali segnalazioni, l'ufficio può rettificare la dichiarazione. Di regola quindi, l'accertamento parziale è un accertamento analitico.

12 – L'accertamento integrativoL'ufficio, nell'emettere un accertamento, deve utilizzare tutti i dati in suo possesso, perchè può emettere un nuovo accertamento solo in base alla sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi.È dunque limitato il potere degli uffici di emettere accertamenti integrativi (comportanti un aumento dell'imponibile o dell'imposta) o modificativi (comportanti una diversa qualificazione di reddito).

13 – L'accertamento con adesioneL'accertamento con adesione (detto anche concordato) è un atto di accertamento formato al termine di un contraddittorio tra ufficio e contribuente, che consta di un provvedimento di accertamento dell'ufficio sottoscritto, per adesione, anche dal contribuente. La procedura dell'accertamento con adesione può essere avviata sia dal contribuente, sia d'ufficio.L'avvio del procedimento apre una fase di confronto tra contribuente ed ufficio; se dal contraddittorio scaturisce un accordo, ad esso segue l'accertamento, sottoscritto dal titolare dell'ufficio e dal contribuente.L'accertamento con adesione ha contenuto analogo all'accertamento normale; dev'essere infatti motivato e deve contenere la liquidazione delle imposte e degli altri importi dovuti; a differenza dell'accertamento ordinario, l'accertamento con adesione non è notificato al contribuente. La procedura si perfezione con il versamento delle somme dovute, entro 20 giorni dalla sottoscrizione dell'accertamento.

14 – L'accertamento catastaleI redditi fondiari sono determinati con il sistema catastale. Il catasto dei terreni è un inventario che descrive la proprietà terriera, suddivisa in particelle, con l'indicazione dell'appartenenza, della qualità, della classe, e del relativo reddito medio ordinario.Analogo il contenuto ed il procedimento di formazione del catasto urbano. Le singole unità immobiliari sono contraddistinte per zona censuaria, categoria e classe. L'iniziativa di accatastamento spetta al possessore dell'immobile, che deve dichiarare le nuove costruzioni.15 – L'avviso di liquidazioneNell'accertamento dell'imposta di registro, la legge distingue tra determinazione del valore imponibile e determinazione (o liquidazione) dell'imposta. Quando l'ufficio rettifica il valore imponibile, deve altresì liquidare l'imposta; si ha, quindi, un unico atto contenente la rettifica dell'imponibile e la liquidazione dell'imposta. La liquidazione non è operazione puramente matematica: essa implica la qualificazione giuridica dell'atto registrato, la scelta dell'aliquota, ed altre scelte. Perciò l'avviso di liquidazione, in quanto atto determinativo dell'imposta, è un atto impositivo, le cui determinazioni hanno valore autoritativo e divengono definitive se non impugnate. In quanto atto con cui viene richiesto il pagamento dell'imposta, l'avviso di liquidazione

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è atto della procedura di riscossione; se ad esso non segue il pagamento del tributo, l'amministrazione può iscrivere a ruolo il debito.

16 – Facoltà difensive del contribuenteIl contribuente al quale è notificato un avviso di accertamento ha dinanzi a se le seguenti alternative: può presentare istanza di accertamento con adesione. L'istanza sospende il termine per impugnare per 90 giorni; può, nel termine di 60 giorni dalla notifica, impugnare l'avviso di accertamento. Le sanzioni irrogate sono ridotte a un quarto se il contribuente non impugna l'avviso di accertamento o di liquidazione e non presenta istanza di accertamento con adesione.

CAPITOLO UNDICESIMOL'ELUSIONE

1 – Nozione di elusioneSecondo l'opinione comune, l'elusione fiscale occupa uno spazio intermedio tra risparmio legittimo d'imposta ed evasione. L'elusione non è violazione ma aggiramento di un precetto fiscale; e può essete definita come un comportamento che realizza un risparmio fiscale che è conforme alla lettera, ma non alla ratio delle norme tributarie. Il contribuente che elude non applica il regime fiscale appropriato ma applica abusivamente una normativa fiscale più favorevole.Secondo la definizione dettata dal nostro legislatore, vi è elusione quando sono posti in essere comportamenti privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento e a ottenere riduzioni d'imposta o rimborsi.

2 – Interpretazione antielusiva e riqualificazione dei negozil'elusione comincia là dove finisce l'interpretazione. Infatti, in base all'interpretazione larga di una fattispecie imponibile, il comportamento elusivo viene tassato nei modi ordinari, e non come comportamento elusivo. L'interpretazione antielusiva va adottata quando il contribuente si avvale di strumenti che appaiono estranei alla fattispecie di una norma impositiva, ma che, in realtà, vi possono rientrare. La nozione di elusione rimanda, infatti, ad una duplice possibile interpretazione della disposizione fiscale. Vi è un metodo letterale e formalistico di interpretazione, in base al quale il comportamento elusivo non è tassabile. Un simile metodo non consente interpretazioni antielusive. Viceversa, la possibilità di interpretazioni antielusive è favorita da metodi non formalistici, che fanno prevalere la ratio della legge sull'interpretazione strettamente letterale. Un'altra tecnica antielusiva consiste nel riqualificare i negozi giuridici elusivi in modo da far emergere il vero affare e il vero negozio posto in essere dalle parti.

3 – Le norme antielusive specialiL'elusione può essere contrastata o con norme a contenuto espressamente antielusivo, che conferiscono all'amministrazione finanziaria il potere di qualificare una operazione come elusiva e di imporre il pagamento del tributo eluso; o con norme specifiche di diritto sostanziale, dettate per neutralizzare determinate pratiche elusive. In questo secondo caso la antielusività non è esplicita, ma risiede nella ratio delle norme, che sono dunque implicitamente antielusive. 4 – L'art. 37-bis del D.p.r. 29 settembre 1973, n. 600L'elusione assume rilievo quando:

– sia stato conseguito un vantaggio fiscale, altrimenti indebito, conseguito cioè per effetto dell'aggiramento di un obbligo o divieto fiscale;

– l'operazione sia priva di valide ragioni economiche.In via prioritaria, occorre esaminare se sia stato conseguito un vantaggio fiscale. La sussistenza di un vantaggio fiscale non è tanto un requisito, quando l'essenza stessa dell'elusione. Per accertare il vantaggio indebito, occorre porre a confronto lo schema realizzato e un modello-standard; ed occorre confrontare il regime fiscale cui è soggetto il comportamento posto in essere ed il regime

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fiscale connesso al trattamento evitato. Ponendo a confronto le due alternative che il contribuente aveva di fronte, non vi è aggiramento se i due schemi sono fiscalmente equivalenti.La forma più netta di elusione si verifica quando l'operazione è del tutto prova di ragioni economiche e lo scopo di risparmio fiscale è l'unica ragione dell'operazione, dalla quale non deriva alcun risultato economico apprezzabile. Vi è elusione anche quando l'operazione non è priva di ragioni economiche, ma le ragioni economiche sono deboli, non essenziali, e il fine essenziale è quello fiscale. Non è dunque necessario che lo scopo fiscale sia l'unico scopo dell'operazione, ma che sia essenziale. In sintesi, un'operazione è elusiva se comporta un vantaggio fiscale indebito, ottenuto aggirando una specifica disposizione fiscale ed in assenza di valide ragioni economiche.

5 – L'accertamento di imposte eluseL'art. 37-bis stabilisce che gli atti, i fatti e i negozi elusivi sono inopponibili all'amministrazione finanziaria, la quale disconosce i vantaggi tributari conseguiti, applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all'amministrazione. Gli accertamenti dei comportamenti elusivi non sono normali atti impositivi, ma speciali avvisi di accertamento che applicano la norma elusa. Gli avvisi emessi in applicazione della norma antielusiva sono dunque speciali atti d'imposizione, che impongono il pagamento di un tributo supplementare, pari alla differenza tra imposte dovute in base alla norma elusa ed imposte dovute in base al comportamento realizzato. Il provvedimento impositivo antielusivo è emesso in esito ad uno speciale provvedimento con contraddittorio obbligatorio.

6 – Esclusione delle sanzioniLe sanzioni amministrative puniscono la violazione di norme tributarie: non posso perciò essere applicate in caso di aggiramento delle norme. Né sono previste sanzioni specifiche per l'elusione.

7 – Interposizione fittizia ed interposizione realeUn'apposita disposizione prevede che l'amministrazione finanziaria possa colpire chi si sottrae alla tassazione utilizzando forme di interposizione fittizia. Perciò, in sede di rettifica o di accertamento d'ufficio, sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato che egli ne è l'effettivo possessore per interposta persona. La norma disciplina i fenomeni di interposizione fittizia, e pone la regola secondo cui, nelle situazioni in cui vi sia divario tra titolarità apparente e possesso effettivo di un reddito, l'imposta dev'essere posta a carico del possessore effettivo, non della persona interposta. L'interposizione fittizia appartiene al campo dell'evasione. Nell'interposizione vi è un soggetto interponente ed un soggetto interposto. Quando il soggetto interposto dichiara il reddito e paga la relativa imposta e, in seguito, l'amministrazione accerta il reddito imputandolo all'interponente, si ha un fenomeno di doppia imposizione dello stesso reddito. Perciò il legislatore ha espressamente previsto che le persone interposte possono richiedere il rimborso di quanto versato, ma solo dopo che è diventato definitivo l'accertamento emesso nei confronti dell'interponente.

CAPITOLO TREDICESIMOIL RIMBORSO

1 – Le cause dell'indebitoIl contribuente può essere creditore del fisco perché ha versato una somma non dovuta, oppure perché ha versato degli acconti che superano i dovuto, oppure perché si sono verificate delle situazioni a cui il legislatore collega il sorgere, in capo al contribuente, di credito d'imposta. Abbiamo dunque tre tipi di crediti: crediti per rimborso da indebito; crediti per rimborsi da non indebito; crediti d'imposta in senso stretto. La prima figura, è riportabile al principio generale sancito dall'art. 2033 del Codice civile, secondo il quale chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto alla restituzione.

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2 – Crediti non da indebitoIl saldo creditorio che risulta dalla dichiarazione dei redditi: può essere riportato all'anno successivo; può essere chiesto a rimborso; può essere ceduto.

3 – Il rimborso delle ritenute dirette e dei versamenti direttiPer ottenere il rimborso, l'avente diritto ha l'onere di presentare un'istanza all'agenzia delle entrare, entro termini e con modalità prefissate. Per il rimborso delle ritenute dirette e dei versamenti diretti l'istanza deve essere presentata entro il termine di decadenza di 48 mesi dal versamento. Se il versamento riguarda ritenute indebitamente operate e versate, l'istanza di rimborso può essere presentata sia da sostituto che dal sostituito. Il termine decorre, per il sostituito, da quando ha subito la ritenuta, e per il sostituto, da quando ha versato.

4 – Il rimborso di somme riscosse mediante ruoloPer le somme riscosse mediante ruolo, la legge non disciplina espressamente la domanda di rimborso. Quando vi è iscrizione a ruolo di una somma non dovuta, il contribuente può tutelarsi impugnando il ruolo e chiedendo, cumulativamente, l'annullamento del ruolo e la condanna dell'amministrazione a rimborsare le somme indebitamente riscosse. Secondo la giurisprudenza, quando una somma è stata riscossa mediante ruolo, non se ne può ottenere la restituzione se non è stato impugnato e annullato il ruolo. In realtà, il ruolo è un atto della riscossione, che nulla dispone in ordine all'esistenza dell'obbligazione tributaria, per cui la mancata impugnazione non preclude la domanda di rimborso delle somme indebitamente riscosse.

5 – Il rimborso di imposte indiretteLa disciplina del rimborso è uniforme, in quanto deve essere sempre chiesta allo stesso ufficio che gestisce il tributo indebitamente pagato, ed il termine per richiedere il rimborso è un termine decadenziale di 3 anni, decorrente da quando è avvenuto il pagamento indebito.

6 – Il termine residualeNell'art. 21 del D.lgs. n. 546 è previsto un termine per il rimborso, che si applica in mancanza di disposizione specifiche. Il termine è di 2 anni dal pagamento oppure, se posteriore, dal giorni in cui è sorto il diritto di restituzione. Se la domanda è esplicitamente respinta, il rifiuto espresso è atto impugnabile dinanzi alla Commissione tributaria provinciale; se l'amministrazione rimane inerte per 90 giorni dalla presentazione della domanda di rimborso, il silenzio si interpreta come rifiuto e l'interessato può proporre ricorso alla Commissione.

7 – Il rimborso d'ufficioDi regola, il rimborso deve essere richiesto dall'interessato, ma vi sono dei casi in cui il rimborso deve essere disposto d'ufficio. L'iter da seguire è quello consueto: istanza di rimborso e successivo ricorso alle commissioni. Un primo ordine di ipotesi nelle quali il rimborso deve avvenire d'ufficio riguarda i crediti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi. Se, in sede di liquidazione o di controllo formale della dichiarazione, risulta un credito del contribuente, l'amministrazione lo deve rimborsare di sua iniziativa. Infine, deve essere fatto d'ufficio il rimborso di somme indebitamente riscosse a causa di errori materiali o duplicazioni imputabili all'ufficio dell'agenzia delle entrate.

8 – Interessi per ritardato rimborsoIn caso di ritardo nel rimborso di imposte sui redditi, il contribuente ha diritto all'interesse, nella misura prevista dalla legge, per ognuno dei semestri interi, escluso il primo, compresi tra la data del versamento e la data dell'ordinativo di rimborso.