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CAPITOLO VII SPIRITUALITÀ SACERDOTALE NEL PRESBITERIO DIOCESANO Sommario: 1. Presentazione.- 2. Vescovo, sacerdoti, diaconi al servizio della comunità ecclesiale.- 3. Nella comunità sacerdotale del Presbiterio.- 4. Spiritualità del clero diocesano.- 5. La costruzione della «vita apostolica» nel Presbiterio.- 6. Guida pastorale.- 7. Orientamento bibliografico. 1. PRESENTAZIONE La peculiarità della spiritualità dei ministri ordinati ha la sua radice in un insieme di carismi che consistono nel: partecipare in modo speciale al sacerdozio di Cristo attraverso il sacramento dell'ordine, essere al servizio di una Chiesa particolare con un'ottica di Chiesa universale, far parte di un Presbiterio il cui capo è il vescovo. Queste realtà di grazia caratterizzano il modo di essere segni e strumenti del Buon Pastore e agenti di unità nella comunità ecclesiale. La spiritualità sacerdotale consiste in un atteggiamento di fedeltà e generosità nel vivere i carismi ricevuti, che trasforma in trasparenza del Buon Pastore, per prolungare la sua presenza, la sua parola e la sua azione sacrificale, salvifica e pastorale nella Chiesa particolare e universale. Però il sacerdote ministro àncora questa spiritualità a una realtà voluta e stabilita dallo stesso Gesù: il gruppo apostolico (Mc 3,14; Lc 17,11-23). Questa realtà di «vita apostolica» coinvolge in qualche modo anche le persone consacrate. In ogni Chiesa particolare o locale il gruppo apostolico è una fraternità attorno a un successore degli Apostoli. I sacerdoti ministri fanno parte di questo gruppo che è il Presbiterio (1Tm 4,14). Le persona consacrate, nella fedeltà al proprio carisma, appartengono anche a questa realtà apostolica.

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CAPITOLO VII

SPIRITUALITÀ SACERDOTALENEL PRESBITERIO DIOCESANO

Sommario: 1. Presentazione.- 2. Vescovo, sacerdoti, diaconi al servizio della comunità ecclesiale.- 3. Nella comunità sacerdotale del Presbiterio.- 4. Spiritualità del clero diocesano.- 5. La costruzione della «vita apostolica» nel Presbiterio.- 6. Guida pastorale.- 7. Orientamento bibliografico.

1. PRESENTAZIONE

La peculiarità della spiritualità dei ministri ordinati ha la sua radice in un insieme di carismi che consistono nel: partecipare in modo speciale al sacerdozio di Cristo attraverso il sacramento dell'ordine, essere al servizio di una Chiesa particolare con un'ottica di Chiesa universale, far parte di un Presbiterio il cui capo è il vescovo. Queste realtà di grazia caratterizzano il modo di essere segni e strumenti del Buon Pastore e agenti di unità nella comunità ecclesiale.

La spiritualità sacerdotale consiste in un atteggiamento di fedeltà e generosità nel vivere i carismi ricevuti, che trasforma in trasparenza del Buon Pastore, per prolungare la sua presenza, la sua parola e la sua azione sacrificale, salvifica e pastorale nella Chiesa particolare e universale.

Però il sacerdote ministro àncora questa spiritualità a una realtà voluta e stabilita dallo stesso Gesù: il gruppo apostolico (Mc 3,14; Lc 17,11-23). Questa realtà di «vita apostolica» coinvolge in qualche modo anche le persone consacrate.

In ogni Chiesa particolare o locale il gruppo apostolico è una fraternità attorno a un successore degli Apostoli. I sacerdoti ministri fanno parte di questo gruppo che è il Presbiterio (1Tm 4,14). Le persona consacrate, nella fedeltà al proprio carisma, appartengono anche a questa realtà apostolica.

Vescovi, presbiteri e diaconi sono portatori di alcuni carismi ricevuti nel sacramento dell'ordine, per servire tutta la comunità ecclesiale, essendo loro stessi un segno di comunione come principio di unità, in quanto collegialità ministeriale (analogica) e garanzia di essere radicati nella tradizione apostolica.

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Il clero diocesano, che è al servizio permanente della Chiesa particolare o diocesi, ha una spiritualità specifica, che deriva dalle realtà di grazia che rappresentano la sua ragion d'essere. Nella Chiesa particolare e unito in una fraternità, è chiamato a costruire la vita apostolica con la specificità della sua appartenenza alla diocesi e al Presbiterio. Se il modo di mettere in pratica la vita apostolica è diverso per il clero secolare, ciò non vuol dire che siano minori le esigenze di vita evangelica.

Dal rinnovamento evangelico nella vita sacerdotale del Presbiterio diocesano, dipenderà la risposta generosa da parte delle altri vocazioni alle esigenze di una nuova evangelizzazione. I principi delineati dal Vaticano II (LG 28; CD 28; PO 8) e dai documenti postconciliari (PDV 17, 74; Dir. 25-27; CIC can. 245, 275-280) sono abbastanza chiari da stabilire una pratica concreta di fraternità sacerdotale, che renda possibile la sequela evangelica e la disponibilità missionaria.

Le nuove generazioni sacerdotali devono poter incontrare un Presbiterio con un orientamento adeguato per una risposta generosa alla vocazione: un Presbiterio fraterno dove sia possibile vivere la sequela evangelica e la disponibilità mis-sionaria (cfr. CIC can.245).

2. VESCOVO, SACERDOTI, DIACONI AL SERVIZIODELLA COMUNITÀ ECCLESIALE

Ogni comunità ecclesiale dipende da un vescovo, come successore degli Apostoli, con il quale collaborano i sacerdoti e i diaconi.

Tutti insieme costituiscono un segno collettivo del Buon Pastore, il Presbiterio, a servizio della Chiesa particolare o locale, anche nelle sue derivazioni universali (cfr. capitolo VI).

I sacerdoti della Chiesa particolare costituiscono una collegialità ministeriale che ha come punto di convergenza il vescovo, e il papa per il collegio episcopale.

«Così il ministero ecclesiastico, d'istituzione divina, è esercitato in diversi gradi da coloro che fin dall'antichità si chiamarono vescovi, presbiteri e diaconi» (LG 28; cfr. PO 7).

Il servizio ministeriale nella Chiesa particolare è svolto da:

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-- il vescovo, come padre e capo del suo Presbiterio e della Chiesa diocesana,

-- i presbiteri, come necessari collaboratori e consiglieri del vescovo,

-- i diaconi, come servitori qualificati nel campo della parola, dell'eucaristia e della carità.

I vescovi, «scelti dallo Spirito Santo, occupano il posto degli Apostoli come pastori d'anime» (CD 2). Cioè «sono succeduti per istituzione divina, agli Apostoli come pastori della Chiesa» (L& 20; cfr. LG 21). Da loro, dunque, «dipende, in un certo modo, la vita in Cristo dei fedeli» (SC 41). Il vescovo è membro del collegio apostolico (o collegio episcopale) (LG 22), pastore proprio e ordinario della Chiesa particolare, sotto l'autorità del Sommo pontefice (cfr. CIC can.375-411). Il suo potere è totale salvo le possibili riserve della santa sede, immediato (che può essere esercitato senza intermediari) e ordinario (non vicario o delegato.1

L'esercizio del carisma episcopale è indispensabile sia per la vita della Chiesa particolare come per la spiritualità del sacerdote. Il vescovo ha ricevuto la pienezza del sacramento dell'ordine» (LG 21) nel campo profetico, sacrificale, santificatore e pastorale (cfr. can. 381-402). Perciò è padre e capo visibile della Chiesa diocesana e del suo Presbiterio (cfr. SC 41; CD 28).

«Ogni vescovo è il principio e la base visibile di unità della propria Chiesa, formata a immagine della Chiesa universale» (LG 23). In tal senso si capisce che «rappresenta la sua Chiesa» (ibidem) e che la «sollecitudine per tutte le

1    ? La spiritualità sacerdotale del presbitero ha bisogno dell'opera del carisma del vescovo. Vedere i commenti al decreto conciliare Christus Dominus: AA.VV., La charge pastoral des Évêques, Cerf, Paris 1969, AA.VV. La función pastoral de los obispos, Salamanca, 1967 (XI settimana di diritto canonico). Altri studi: R.E. BROWN, Priest and Bishop, Biblical Reflexions, Paulist Press, New York 1970; B. JIMÉNEZ DUQUE, El oficio de santificar de los obispos, in: Concilio Vaticano II, Comentarios a la constitución sobre la Iglesia, BAC, Madrid 1966, 531-539; J. LEAL, Los Obispos, sucesores de los Apóstoles, exposición bíblica, in: Comentarios sobre la Iglesia, BAC, Madrid 1966, 368-379; J. LÉCUYER, L'episcopato come Sacramento, in: La Chiesa del Vaticano II, 713-732; Idem, Il triplice ufficio del Vescovo, Ibidem, 851-871; E. PIRONIO, Figura teológica-pastoral del obispo, in: Escritos pastorales, BAC, Madrid 1973; A. SIMONET, The Priest and His Bishop, Herder, St. Louis 1969.

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Chiese» (2Cor 11,28) è propria dei vescovi in quanto «legittimi successori degli Apostoli e membri del collegio episcopale» (CD 6; cfr. CD 3; LG 23).

Il ministero e la vita dei presbiteri (e diaconi) richiede l'operato del carisma episcopale. Il vescovo è capo della comunità sacerdotale, padre, amico, e fratello dei suoi sacerdoti (LG 28; CD 28). È lui che ha garantito l'esistenza della vocazione sacerdotale, che ha trasmesso il sacerdozio di Cristo con l'imposizione delle mani e che si è impegnato, quindi, a garantire nel proprio Presbiterio i mezzi per la vita sacerdotale e la vita apostolica.

Ed è ancora lui che ha fatto da garante, dinanzi alla Chiesa, del fatto che i suoi sacerdoti e diaconi potranno vivere una vita evangelica e come famiglia sacerdotale nel Presbiterio e nella Chiesa particolare. Quindi l'attenzione alla vita spirituale dei presbiteri e dei diaconi è uno dei principali obblighi del vescovo (cfr. CD 16; PO 7; Direttorio pastorale dei vescovi, p. 3ª, cap.3).

I presbiteri partecipano dello stesso sacerdozio di Cristo, anche se in grado minore del vescovo (cfr. cap. III). «Costituiscono, insieme al vescovo, un Presbiterio» (LG 28). La consacrazione e la missione del sacramento dell'ordine viene ricevuta dai sacerdoti in grado subordinato, in quanto «collaboratori dell'ordine episcopale per realizzare la missione apostolica affidata da Cristo» (PO 2). Di per sé, sono «necessari collaboratori e consiglieri dei vescovi nel ministero di insegnare, di santificare e di pascere il popolo di Dio» (PO 7). Il presbitero esercita i carismi ricevuti in comunione con il proprio vescovo e con gli altri membri del presbitério, sempre «sotto la direzione di coloro che sono preposti alla Chiesa» (PO 7).

L'azione ministeriale dei presbiteri è uguale a quella del vescovo, come servitori e ministri di «Cristo maestro, Sacerdote e re» (PO 2). «Essi, sotto l'autorità del vescovo, santificano e dirigono la parte di gregge del Signore che è stata loro affidata, rendono visibile in ogni luogo la Chiesa universale e danno un efficace aiuto per l'edificazione di tutto il corpo di Cristo» (LG 28).2

Con il proprio vescovo e con i diaconi, i sacerdoti fanno parte del Presbiterio come collegio ministeriale o segno collettivo di Cristo, che è fraternità sacramentale (PO 8). «Una sola famiglia il cui padre è il vescovo» (CD 28). Questa comunità sacerdotale formata dal Presbiterio (vedere il n.3)

2    ? Vedere i commenti a Presbyterorum Ordinis nella nota 2 del capitolo 5.

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manifesta un carisma a servizio della Chiesa particolare o locale.

I carismi sacerdotali non sono solo per il bene di coloro che li amministrano, ma soprattutto per il bene di tutta la Chiesa. La comunità ecclesiale ha diritto di vedere un Presbiterio unito e vivo che lasci trasparire sia la vita che l'azione del Buon Pastore.

I diaconi hanno ricevuto i carismi del sacramento dell'ordine nel loro primo livello (carattere e grazia sacramentale), per esercitare dei servizi in rapporto alla parola di Dio, all'eucaristia e alla carità. Sono a servizio del vescovo e, in dipendenza da lui, sono collaboratori dei sacerdoti. Le grazie sacramentali ricevute li rendono portatori di grazia e di azione dello Spirito Santo, più di altri mini-stri che non hanno ricevuto il sacramento dell'ordine. Questa è la ragion d'essere del diaconato permanente, sposato o celibe (cfr. LG 29).

L'azione pastorale del diacono si colloca nella prospettiva del servizio e in stretto rapporto di collaborazione con il sacerdote ministro, partecipando del sacerdozio di Cristo che si prolunga nella gerarchia della Chiesa. «Sostenuti dalla grazia sacramentale, in comunione con il vescovo e il suo Presbiterio, i diaconi servono il popolo di Dio nel ministero della liturgia, della parola e della carità» (LG 29). La prassi concreta del ministero diaconale deve essere vista alla luce della grazia dello Spirito Santo ricevuta nel sacramento: «È compito proprio del diacono, nella misura in cui gli viene assegnato dall'autorità competente, amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l'eucaristia, assistere al matrimonio e benedirlo a nome della Chiesa, portare il viatico ai moribondi, leggere la sacra Scrittura- ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere il culto e l'orazione dei fedeli, amministrare i sacramenti, presiedere il rito dei funerali e sepoltura» (LG 29). Il diacono è al servizio permanente della comunità eccle-siale come membro del Presbiterio.3

3    ? Canoni del CIC sui diaconi: 236 (formazione) 281 (diaconi sposati), 757 (ministri della parola) 835 (attuazione nel culto), 910 e 943 (ministero eucaristico). AA.VV., Episcopato, presbiterato, diaconato. Teologia e diritto canonico, Paoline, Cinisello Balsamo 1988; AA.VV, Los diáconos en el mundo actual, Paulinas, Madrid 1968; J.A. RENKEN, The Deacon in Vatican Council II, Diss. Pont. Univ. «Angelicum», Roma 1981; J. COLSON, La fonction diaconale aux origines de l'Eglise, Desclée, Paris 1960; Y.M. CONGAR, Le diacre dans l'Église et dans le monde d'aujourd'hui, Cerf, Paris 1966; H. DENIS, E. SCHAKKER, Diacres dans le monde d'aujourd'hui, textes

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La spiritualità diaconale si orienta nella stessa direzione della sua azione pastorale. «Dediti ai compiti della carità e dell'amministrazione, ricordino i diaconi il consiglio del beato Policarpo: misericordiosi, diligenti, camminando nella verità del Signore, che si è fatto servo di tutti» (LG 29). È la stessa spiritualità o stile di vita di Cristo, che è venuto per servire. «Risplendano nella loro vita tutte le virtù, l'amore sincero, la sollecitudine per gli ammalati e i poveri, l'autorità umile, una purezza innocente e un'esecuzione da diaconi» (ibidem). Le sfumature di questa spiritualità diaconale cambieranno a seconda che si tratti di diaconi celibi o sposati.

3. NELLA COMUNITÀ SACERDOTALE DEL PRESBITERIO

L'istituzione del Presbiterio, come collegialità fraterna dei ministri della Chiesa particolare, si trova chiaramente nelle lettere di sant'Ignazio d'Antiochia (s. II) e riflette la tradizione apostolica. Nelle comunità ecclesiali del tempo apostolico, i presbiteri costituiscono un senato che si riunisce con l'apostolo responsabile e attua le sue indicazioni (At 6,6; 11,30; 13,3; 14,23; 15,23; 16,4; 21,18-23; 20,17-38; 1Tm 4,14; 1 Pt 5,1-5).4

L'unità comunitaria del Presbiterio è un'esigenza dei carismi (carattere e grazia sacramentali) ricevuti nell'ordinazione sacerdotale. Al tempo stesso è una con-cretizzazione della sacramentalità della Chiesa. E, dunque, una fraternità sacramentale (PO 8), come segno efficace ecclesiale e sacramentale. «In virtù della fraternità sacramentale, la piena unità tra i ministri della comunità è già un fatto evangelizzatore... Di qui proviene la stessa unità pastorale» (Puebla 663). «I sacerdoti, attraverso il sacramento dell'ordine, sono stabiliti come collaboratori principali dei vescovi per svolgere il loro triplo ministero; rendono presente Cristo capo tra la comunità. Costituiscono, insieme con il loro vescovo e uniti in intima fraternità sacramentale, un solo Presbiterio impegnato in diversi compiti a servizio della Chiesa e del mondo» (Puebla 690).

conciliaires, Ap. des Editions, Paris 1967; A. KERKVOORDE, Elementi per una teologia del diaconato, in: La Chiesa del Vaticano II, o.c., 896-940; E. ZARDONI, I diaconi nella Chiesa, Dehoniane, Bologna 1983.

4    ? Cfr. Uno studio su questi testi del Nuovo Testamento: M. GUERRA, Epíscopos y presbíteros, Facultad de Teología, Burgos 1962. Altri studi nella nota seguente.

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Il Presbiterio è segno efficace di unità nella Chiesa particolare nella misura in cui lui stesso sia unità vitale, «un solo Presbiterio insieme con il suo vescovo» (LG 28). Questa unità si manifesta nell'ordinazione (con l'imposizione delle mani del vescovo consacrante e dei presbiteri assistenti), nella concelebrazione eucaristica e liturgica in generale, nel ministero e nella vita sacerdotale (SC 57; PO 8). «Il Presbiterio nella sua verità piena è un mysterium: infatti è una realtà soprannaturale perché si radica nel sacramento dell'Ordine» (PDV 74).

L'unità vitale del Presbiterio si dimostra nella mutua responsabilità di tutti i suoi componenti riguardo alla vita spirituale, pastorale, culturale, economica e personale (LG 28).

Si tratta di un'unità come esigenza e «in virtù della comune ordinazione sacra e della comune missione» (LG 28), riflesso della vita trinitaria di Dio amore, voluta dal Signore per il gruppo dei suoi Apostoli: «che siano uno, come tu, Pa-dre, sei in me e io in te... affinché il mondo creda che mi hai inviato» (Gv 17,21).

Alla luce di questa unità si scopre la necessità di una vita fraterna e di un aiuto mutuo familiare, affinché si dia una vera pastorale d'insieme. «La fisonomia del Presbiterio è, dunque, quella di una famiglia, di una fraternità, i cui legami non sono dalla carne e dal sangue, ma sono dalla grazia dell'Ordine» (PDV 74).5

Le basi teologiche e pastorali del Presbiterio, che abbiamo appena riassunto, indicano le linee della sua spiritualità ecclesiale. Ogni momento di rinnovamento ecclesiale ha avuto il suo punto d'appoggio nel rinnovamento sacerdotale sulla base della vita apostolica o vita ad

5    ? Cfr. i testi conciliari che parlano del Presbiterio: LG 28-29; CD 11, 15, 28, PO 7-8. Nel nuovo Codice: can. 245. Vedere: PDV 17, 74; Dir 25-29. C. BERTOLA, La fraternità sacramentale dei presbiteri, Diss. Univ. Gregoriana, Roma 1994; A. CATTANEO, Il Presbiterio della Chiesa particolare, Edit. Giuffré, Milano 1993; J. ESQUERDA BIFET, Ideario, objetivos y medios para un proyecto de vida sacerdotal en el Presbiterio, «Sacrum Ministerium» 1 (1995) 175-186; Idem, Teología de la espiritualidad sacerdotal, BAC, Madrid 1991, cap. 5; V. FUSCO, Il presbiterio: Fondazione biblico-teologica, «Asprenas» 33 (1986) 5-36; J. LÉCUYER, Le presbyterium, in: Les Pretres, Cerf, Paris 1966, 275-288; A. NICHOLS, Holy Order: Apostolic Priesthood from the New Testament to the Second Vatican Council, Veritas, Dublin 1990; A. VILELA, La condition collégial des prêtres au III siècle, Beauchesne, Paris 1971.

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imitazione degli Apostoli: fraternità, generosità evangelica, disponibilità missionaria (cfr. n.5). La Chiesa locale e universale sarà sacramento o segno trasparente e portatore di Cristo nella misura in cui in essa si viva la sacramentalità del Presbiterio (cfr. PO 8; LG 28; CD 28). La spiritualità sacerdotale specifica del sacerdote diocesano (cfr. n.4) affonda le sue radici in questa realtà sacramentale del Presbiterio della Chiesa particolare.

Per rendere reale questa comunità sacerdotale in ogni Presbiterio, bisogna prendere coscienza della mutua responsabilità in tutti i campi della vita e del ministero sacerdotale.

Non si tratta di un semplice consiglio per una maggiore spiritualità o perfezione, ma un'esigenza dello stesso sacerdozio: «In virtù della comune ordinazione sacra e della comune missione, tutti i presbiteri si uniscono tra di loro in intima fraternità, che si deve manifestare in uno spontaneo e gioioso aiuto reciproco, sia spirituale che materiale, sia pastorale che personale, nelle riunioni, nella comunione di vita, di lavoro e di carità» (LG 28).

Non sarebbe possibile la comunità del Presbiterio senza il riferimento al vescovo, come principio di unità, e senza la presenza attiva e responsabile del suo stesso carisma episcopale. Il vescovo è il fondamento visibile di unità nella Chiesa particolare e nel suo Presbiterio (LG 23; cfr. PO 7-8).

La preoccupazione del vescovo per i sacerdoti, che si esprime condividendo con loro tutta la sua esistenza, è indispensabile per la costruzione della comunità e famiglia sacerdotale del Presbiterio (cfr. CD 15-16,28). Da parte dei sacerdoti si richiede l'accettazione affettiva ed effettiva di tale impegno del carisma episcopale (cfr. PO 7).

Il rinnovamento interno della Chiesa nei suoi progetti pastorali e nella diffusione del vangelo in tutto il mondo (PO 12), dipenderà, in gran parte, dal rinnovamento spirituale e pastorale dei presbiteri diocesani. «Fraternità sacerdotale e appartenenza al Presbiterio sono elementi caratterizzanti il sacerdote» (Dir. 25). «Il Presbiterio é il luogo privilegiato nel quale il sacerdote dovrebbe trovare i mezzi specifici di santificazione e di evangelizzazione» (Dir. 27).

Questo rinnovamento dipende dall'attuazione di un aiuto mutuo secondo il dettato di Presbyterorum Ordinis n.8:

-- preghiera comune, propria di coloro che lavorano e vivono nella stessa famiglia,

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-- rapporto interpersonale e collaborazione al di là dello specifico stato di vita (religioso o secolare) e della diversità dei ministeri,

-- aiuto reciproco in tutti i campi (spirituale, pastorale, culturale, materiale), specialmente nei momenti di necessità e di difficoltà,

-- esperienze di vita comunitaria e di associazione o di gruppo.

L'aiuto reciproco nella vita spirituale deve realizzarsi principalmente a partire dalla comune vocazione alla sequela di Cristo: rapporto con Dio (orazione), sequela evangelica (virtù del Buon Pastore), disponibilità missionaria, mezzi di per-severanza e di formazione permanente (cfr. cap. VIII).

La vita comunitaria è una concretizzazione della fraternità sacerdotale nel Presbiterio, in vista dell'aiuto reciproco in tutti i campi della vita sacerdotale. Si tratta di una convivenza, almeno sotto forma d'incontro periodico, per condividere la vita sacerdotale ed aiutarsi reciprocamente. L'appartenenza a un gruppo, «équipe o associazione e la vita comune (cioè, sotto lo stesso tetto) sono indirizzi e forme possibili di vita comunitaria.6

La vita comunitaria è un segno portatore di grazia per la spiritualità e per la pastorale sacerdotale (cfr. Gv 17,21-23). Bisogna tener conto del fondamento della vita comunitaria con i suoi scopi, così come i condizionamenti e le possibilità:

6    ? Sulla vita comunitaria (o di gruppo) per il sacerdote: AA.VV., De dos en dos, apuntes sobre la fraternitad apostólica, Sígueme, Salamanca 1980; C. BERTOLA, Fraternità sacerdotale, aspetti sacramental, teologici ed esistenziali, Città Nuova, Roma 1987); Idem, I have called you friends. Sacramental, theological and existencial aspects of priestly fratenity, Alba House, New York 1989; C.S. BOBER, The vita communis of the Priester. The constributions of the second Vatican Council's Presbyterorum Ordinis, Diss. The Catholic University of America 1981; P. CODA, La forma comunitaria del ministero presbiterale, «Lateranum» 56 (1990) 569-588; J. DELICADO, La fraternidad apostólica, PPC, Madrid 1987; J. ESQUERDA BIFET, Espiritualidad y vida comunitaria en el Presbiterio, «Burgense» 14/1 (1973) 137-160; 15/1 (1974) 179-205; N. LA SANDRA, Vescovi e presbiteri in comunità per la missione, Ediz. Centro Eucaristico, Ponteracina 1990; J. RAMBALDI, Fraternitas sacramentalis et Presbyterium in Decr. «Presbyterorum Ordinis» n.8, «Periodica» 57 (1968) 331-350; J.M. SÁNCHEZ MARQUETA, La vida común del clero diocesano, Madrid 1966.

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-- Fondamento: la carità pastorale che spinge a vivere l'unità e la perfezione del Presbiterio (o comunità sacerdotale) per essere testimonianza e principio di unità nella Chiesa particolare.

-- Scopo: aiuto nella vita spirituale, pastorale, culturale, economica, personale, ecc. come processo di maturazione in Cristo da parte dei sacerdoti, allo scopo di servire la comunità ecclesiale.

-- Condizionamenti psicologici e spirituali: differenza di temperamento (e carattere), base sociologica e storica, cultura, grazie ricevute... (anche dentro l'unità dello stesso ideale e dello stesso carisma sacerdotale).

-- Possibilità: incontri periodici per condividere, appartenenza a un gruppo spirituale o associazione, vita comune, gruppo di lavoro apostolico (gruppo geografico o funzionale), ecc. (cfr. n.5).

La vita comunitaria sacerdotale implica un certo uso in comune delle cose (PO 17) e costituisce un aiuto per la pastorale d'insieme (PO 7) e per la disponibilità missionaria in ambienti e chiese più bisognosi (PO 10). «Per rendere più efficace la cura delle anime, si raccomanda vivamente la vita comune dei sacerdoti, in particolare di coloro che operano nella stessa parrocchia; infatti tale convivenza, mentre favorisce l'azione apostolica, dà ai fedeli un esempio di carità e unità» (CD 30).

Tra gli impegni che il documento di Puebla indica ai vescovi, si dice: «Cercare forme di aggregazione dei presbiteri situati in regioni lontane, per evitare il loro isolamento e favorire una maggiore efficacia pastorale» (Puebla 705; cfr. Medellín XI, 25).7

Nella vita del Presbiterio e nel servizio sacerdotale della Chiesa parrocchiale svolge un ruolo molto importante il consiglio presbiterale. È un servizio consultivo e una via di dialogo, tra il vescovo e i suoi sacerdoti, in modo comunitario: «un gruppo di sacerdoti, come senato del vescovo, in rappresentanza del Presbiterio, la cui funzione è quella di

7    ? Il nuovo codice consiglia spesso la fraternità e la vita comunitaria del clero: can. 275, 280, 533, 545, 548, 550. Così pure l'esortazione postsinodale Pastores dabo vobis e il Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri; «Il ministero ordinato ha una radicale forma comunitaria e può essere assolto solo com un'opera colletiva» (PDV 17; cfr. 17,29,44,50; Dir. 28-29). Vedere la nota precedente e l'orientamento bibliografico di fine capitolo.

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aiutare il vescovo nel governo della diocesi, secondo le norme del diritto, per provvedere il meglio possibile al bene pastorale della parte del popolo di Dio che gli è stato affidato» (CIC, can.495). Nello stabilire la rappresentatività (per settori, incarichi, età, ecc.), la dinamica e la pe-riodicità delle riunioni di lavoro, così come le mete, bisogna prendere in considerazione la vita spirituale dei sacerdoti.8

Per rendere effettiva questa comunità sacerdotale nel Presbiterio, è necessaria una formazione adeguata alla virtù del dialogo: ascoltare il fratello ed esporre la propria opinione, dire la verità nella carità, per analizzare gli eventi alla luce della parola di Dio. Il dialogo tra apostoli si basa sulla sintonia di ideali evangelici e nell'amore reciproco che conduce a un aiuto fraterno reale. La meta del dialogo sacerdotale è l'evangelizzazione e, quindi, tutti gli aspetti della vita del sacerdote che si dedica ad essa. Gli interessi particolaristici devono essere eliminati dal dialogo.

Una scuola di dialogo è la revisione di vita nel proprio gruppo sacerdotale (cfr. n.4). Questo dialogo responsabile è la migliore preparazione a un atteggiamento di obbedienza ministeriale (cfr. PO 15).

4. SPIRITUALITÀ DEL CLERO DIOCESANO

La spiritualità, come vita nello Spirito (Rm 8,9), è fedeltà generosa alle grazie e ai carismi ricevuti (cfr. cap. I, n.6). La spiritualità specifica del clero diocesano è la stessa spiritualità sacerdotale caratterizzata da grazie e carismi speciali. Essere segno ministeriale del Buon Pastore in una Chiesa particolare o diocesi, si concretizza nella carità pastorale caratterizzata da:

-- l'appartenenza alla Chiesa diocesana attraverso l'incardinazione o l'impegno di servizio (che comprende corresponsabilità nella missione universale),

8    ? Sul Consiglio presbiterale: can. 495-502. Vedere: AA.VV., I consigli pastorali e presbiterali in Italia, Dehoniane, Napoli 1979; J. BEYER, De consilio Presbyterii adnotationes, «Periodica» 60 (1971) 29-101; F. BOULARD, La curie et les conseils diocésains, in: La charge pastorale des Évêques, Cerf, Paris 1969, 241-274; V. FAGIOLO, Il «Consilium Presbyterale», en: AA.VV., I sacerdoti nello spirito del Vaticano II, ELLE DI CI, Leumann-Torino, 1969, 602-640; M. MARTÍNEZ, Consejo Presbiteral, senado del obispo, PPC, Madrid 1973. Cfr. Ia lettera circolare della congregazione del clero sui consigli presbiterali: AAS 62 (1970) 459-465.

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-- il far parte del Presbiterio in modo stabile,

-- la dipendenza dal carisma episcopale per ciò che riguarda la pastorale e la spiritualità,

-- l'essere principio di unità (in unione con il vescovo) in rapporto ai carismi, vocazioni e ministeri presenti nella comunità ecclesiale,

-- l'aiutare la comunità a trovare le sue radici apostoliche e storiche e il rapporto con il vescovo che la presiede come successore degli Apostoli (cfr. LG 28; CD 28; PO 7-8).

«In questa prospettiva occorre considerare come valore spirituale del presbitero la sua appartenenza e la sua dedicazione alla Chiesa particolare... È necessario che il sacerdote abbia la coscienza che il suo essere in una Chiesa particolare costituisce, di sua natura, un elemento qualificante per vivere la spiritualità cristiana» (PDV 31).

Ogni sacerdote che serve in modo più o meno permanente in una diocesi ha in qualche modo queste caratteristiche di spiritualità sacerdotale. Il sacerdote religioso (o appartenente a istituti simili) vive di diocesaneità con le caratteristiche di alcuni carismi fondamentali e di alcuni impegni che lo fanno dipendere sotto molti aspetti dal proprio superiore (spiritualità specifica e trasferimenti); nell'azione pastorale dipende dal vescovo; il suo modo di vita apostolica lo rafforza attraverso questi impegni (voti, regole), che lo aiuteranno a perseverare nella perfezione evangelica, nella disponibilità per la Chiesa universale.

Il sacerdote diocesano secolare vive la stessa vita apostolica (fraternità, sequela e disponibilità missionaria) in dipendenza diretta dal carisma episcopale e appartenendo in modo permanente alla Chiesa particolare; dovrà trovare nel suo proprio Presbiterio alcuni mezzi e alcune strutture che lo aiutino a perseverare nella sequela evangelica radicale e nel dono generoso alla missione.

Dovrà vivere il modo di vita apostolica nel proprio Presbiterio. Non è sufficiente, quindi, definire la propria spiritualità specifica, ma è fondamentale realizzare questa vita apostolica che impegni la persona del vescovo e l'istituzione del Presbiterio, rispettando sempre l'iniziativa privata personale e comunitaria quando si tratti di vita intima e di alcune espressioni di generosità evangelica (cfr. n.5).

Il concilio Vaticano II offre alcune caratteristiche che ricollegano e differenziano, al tempo stesso, i sacerdoti

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religiosi e diocesani: «Indubbiamente, tutti L i presbìteri, diocesani e religiosi, partecipano ed esercitano, insieme con il vescovo, il sacerdozio unico di Cristo e, pertanto, rimangono costituiti come solerti collaboratori dell'ordine episcopale. Però, nell'esercizio della cura delle anime occupano il primo posto i sacerdoti diocesani, poiché, incardinati in una Chiesa particolare o a essa assegnati, si consacrano completamente al suo servizio per pascere una parte del gregge del Signore; ne consegue, quindi, che costituiscono un solo Presbiterio e una sola famiglia, il cui padre è il vescovo» (CD 28; cfr. PO 8). L'incardinazione, dunque, dà al sacerdote diocesano, chiamato anche secolare nel nuovo codice, un connotato di appartenenza permanente alla diocesi e di dipendenza spirituale più stretta nei confronti del vescovo» (cfr. CD 15-16 PO 7).9

L'unione dei sacerdoti diocesani con un vescovo non è solo di dipendenza giuridica, ma soprattutto di carità pastorale, poiché essi formano con lui un solo segno ministeriale collettivo del Buon Pastore nella Chiesa particolare: «I rapporti tra il vescovo e i sacerdoti diocesani devono basarsi, soprattutto, sui legami della carità soprannaturale; cosicché l'unione di volontà dei sacerdoti con la volontà del vescovo renda più feconda l'azione pastorale degli stessi» (CD 28) Perciò, non potranno ottenere la perfezione sacerdotale senza questo rapporto affettivo ed effettivo con i vescovi (cfr. LG 41), visto che «su di loro (i vescovi) ricade il grave onere della santità dei sacerdoti» (PO 7).

Sia nel campo pastorale, come in quello della vita di sequela evangelica, il sacerdote incardinato nella diocesi ha bisogno dell'azione del carisma episcopale. «Così, dunque, nessun sacerdote può compiere appieno la propria missione isolato e come per conto suo; ma solamente unendo le sue forze con altri presbiteri, sotto la direzione di coloro che sono preposti nella Chiesa» (PO 7).

Il sacerdote diocesano realizza la sua spiritualità, come ascesi specifica del pastore di anime (PO 13), appartenendo a una Chiesa diocesana concreta, come membro del Presbiterio il cui capo è il vescovo. La sua spiritualità specifica di carità pastorale si compie in alcuni ministeri esercitati con tali coordinate di luogo e di tempo, nella Chiesa locale di qui e d'adesso, che ha un'eredità storica di grazia e che non può dimenticare la sua responsabilità universale. In quest'ottica è

9    ? Cfr. i canoni 265-272 del CIC sull'incardinazione; rimandiamo agli studi della nota 4 del capitolo VI. Il concilio (e PDV) chiama diocesani i sacerdoti incardinati nella diocesi (CD 28; PO 8; PDV 31-32, 68), il nuovo codice li chiama secolari (can. 278, 498, ecc.).

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più facile capire l'affermazione conciliare: «I presbiteri otterranno in modo proprio la santità compiendo con sincerità e costanza i loro ministeri nello Spirito di Cristo» (PO 13). Essi seguono radicalmente il Buon Pastore imitando la sua carità pastorale, in queste circostanze ecclesiali di appartenenza alla Chiesa diocesana, alle dipendenze del proprio vescovo e come membri del Presbiterio. Rimane, dunque, valida la responsabilità di creare condizioni adeguate per la realizzazione di queste esigenze evangeliche e pastorali.

Questa appartenenza alla Chiesa diocesana (attraverso l'incardinazione o un impegno equivalente) è un'esperienza di vita della comunione ecclesiale come principio di unità e servizio di comunione tra i carismi, vocazioni e ministeri esistenti nella Chiesa diocesana.

La storia di questa Chiesa concreta è una storia di grazia che deve essere difesa con la fedeltà alla tradizione apostolica garantita dal vescovo. Questa comunione ecclesiale è la migliore preparazione per essere disponibili alle nuove grazie dello Spirito Santo in situazioni di nuova evangelizzazione.

L'appartenenza e il servizio alla Chiesa diocesana (sempre in comunione co la Chiesa universale) dà al ministero sacerdotale una sfumatura particolare: quella di essere custode, come segno di Cristo sposo, di una Chiesa che diventa madre per la sua fedeltà all'azione dello Spirito Santo. Il sacerdozio ministeriale è un servizio speciale della maternità della Chiesa: «La verità sulla maternità della Chiesa... è una caratteristica della nostra personalità sacerdotale, che esprime proprio la sua maturità apostolica e la sua fecondità spirituale» (Giovanni Paolo II, lettera del giovedì santo, 1988, n.4; cfr. PO 6). Il sacerdote diocesano vive questo aspetto della sua spiritualità attraverso la sua appartenenza a una Chiesa particolare concreta.10

10    ? Il rapporto del sacerdote con la maternità della Chiesa è già stato sottolineato da: M.J. SCHEEBEN, I misteri del cristianesimo, Morcelliana, Brescia 1960. Cfr. Ia spiritualità ecclesiale del sacerdote nel capitolo VI, n.5 (note e orientamento bibliografico). Il Concilio Vaticano II mette in rapporto il ministero sacerdotale con la maternità della comunità: «La comunità ecclesiale esercita, con la carità, l'orazione, l'esempio e le opere di penitenza, una vera maternità per condurre le anime a Cristo» (PO 6). La fraternità sacerdotale nel Presbiterio sarà garanzia di comunione tra tutte le vocacioni, ministeri, istituzioni e carismi. È parte del ministero sacerdotale curare la nascita e crescita delle diverse vocazioni cristiane: «Perciò spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella fede, di curare, per proprio

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5. LA COSTRUZIONE DELLA «VITA APOSTOLICA»NEL PRESBITERIO

Se la vita apostolica corrisponde alla sequela di Cristo nello stile degli Apostoli, è il vescovo di ogni Chiesa particolare, come successore degli Apostoli, con il suo Presbiterio, colui che deve presentare alla Chiesa questa forma di vita evangelica («apostolica vivendi forma»). Il modello apostolico, vissuto in ogni Chiesa locale, deve servire da traccia per altre concretizzazioni della vita apostolica. Le esigenze evangeliche della sequela (povertà, castità, obbedienza), della fraternità e della disponibilità missionaria sono le stesse; solamente potranno cambiare i modi e i mezzi (voti, regole, carismi di fondazione, canoni, direttive diocesane, ecc.).

Il Presbiterio deve organizzarsi in modo tale da poter offrire a tutti i suoi membri, vescovo, presbìteri e, almeno anche i diaconi chiamati al celibato, possibilità e mezzi per vivere la sequela evangelica e la vita comunitaria per una maggiore disponibilità missionaria: la fraternità sacramentale del Presbiterio (PO 8) è una vita di famiglia con il proprio vescovo (CD 28), dove tutti si aiutano vicendevolmente per la generosità evangelica e per la missione (cfr. LG 28; PO 7).

Quando nei diversi periodi storici c'è stato un rinnovamento sacerdotale, ciò è avvenuto perché si è messa in pratica la vita apostolica nel Presbiterio e altre forme concrete per vivere la stessa sequela evangelica (cfr. cap. X). I concili, i papi e i santi sacerdoti hanno messo l'accento su questa forma di vita per rinnovare il Presbiterio.

Il concilio Vaticano II fa propria questa tradizione e indica alcune linee chiare che devono essere realizzate in ogni Presbiterio: sequela evangelica del Buon Pastore (PO 15-17; cfr. cap. V), disponibilità missionaria (PO 10; cfr. cap. IV e VI), vita di fraternità (PO 8; cfr. cap. VII, n.3).

conto o per mezzo di altri, che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione personale secondo il Vangelo» (PO ibidem). Nella loro realtà di imitatori qualificati della «vita apostolica», cioè della «sequela evangelica» radicale secondo il modello degli Apostoli («Apostolica vivendi forma»), «ricordino inoltre i presbiteri che i religiosi tutti - sia uomini che donne - costituiscono una parte insignita di speciale dignità nella casa del Signore e meritano quindi particolare attenzione, affinché progrediscano sempre nella perfezione spirituale per il bene di tutta la Chiesa» (PO 6).

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Il problema principale non è quello di chiarire i principi e le esigenze (che già abbiamo analizzato nei capitoli precedenti), ma di indicare le piste concrete di attuazione. La vita fraterna o comunitaria del Presbiterio come può realizzarsi in funzione della sequela evangelica e della disponibilità per la missione?

Abbiamo già indicato (cfr. n.3) alcune possibilità di vita comunitaria che adesso tentiamo di chiarire meglio.

Per ciò che riguarda la vita apostolica di tipo religioso (o simile), bisogna rifarsi al carisma della propria fondazione e agli statuti della propria istituzione: questa modalità è assai utile per tutto il Presbiterio, poiché apporta sempre gli elementi fondamentali e comuni di ogni vita apostolica. Ma anche lo stesso Presbiterio e il clero diocesano (secolare) deve trovare la propria strada di vita apostolica in un rapporto di sottomissione diretta al carisma episcopale e nel servizio permanente alla Chiesa particolare o diocesi.

Bisogna partire dalla realtà nella quale lavora e vive il clero diocesano. La vita comunitaria e di gruppo dei sacerdoti è sempre possibile se si tratta di:

-- incontri periodici,

-- per condividere la vita e il ministero,

-- e per aiutarsi reciprocamente sotto tutti gli aspetti: vita spirituale, pastorale, culturale, economica, personale...11

Le possibilità di questo incontro comunitario si basano sulla stessa realtà del sacerdote diocesano:

-- possibilità geografica per arcipreture (decanati), vicariati, parrocchie, settori, ecc.,

-- possibilità funzionale in funzione dell'esercizio di un ministero comune (insegnamento, movimenti apostolici, cappellanie, ecc.)

-- possibilità di affinità per amicizia, età, ordinazione, appartenenza a una istituzione, ecc.12

11    ? Vedere la bibliografia citata nella nota 6 sulla vita comunitaria o di gruppo per il sacerdote.

12    ? «È contrario al profondo senso di unità del presbiterio l'isolamento nel quale vivono tanti sacerdoti» (Medellín, XI, 25; cfr. Puebla 705). «Fondamentale è la responsabilità del

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La vera difficoltà del clero diocesano non si trova, quindi, nella realtà pastorale, ma nella mancanza di formazione per la vita apostolica nel Presbiterio (cfr. CIC, can. 245; cap. VIII) e nella mancanza di disponibilità per la sequela evangelica del Buon Pastore (cfr. cap. V).

La vita interna del gruppo al quale si appartiene (geografico, funzionale, di affinità, ecc.) deve concretarsi nel campo della spiritualità, come si attua nella pastorale, nella cultura, nell'economia e nei problemi personali. Si tratta, dunque, di aiutarsi nelle esigenze della vocazione sacerdotale, e specialmente:

-- nella vita di preghiera come incontro con Cristo e come ministero,

-- nella sequela evangelica di Cristo applicata alle virtù del Buon Pastore,

-- nella disponibilità missionaria a svolgere qualsiasi incarico nella Chiesa particolare e a rispondere a qualsiasi necessità della Chiesa universale.

Un modo concreto per realizzare questo aiuto spirituale è la revisione di vita, che può compiersi nel gruppo sacerdotale secondo diverse modalità:

-- condividere la propria esperienza di meditazione evangelica o della parola di Dio,

-- partire da un evento illuminandolo con la parola di Dio, per giungere a un impegno concreto di rinnovamento e di aiuto vicendevole,

-- partire dalle virtù e dai doveri ministeriali per rivedere la propria condotta sacerdotale in fraternità,

-- partire da una lettura (parola di Dio, documenti, scritti spirituali, ecc.) per poi riflettere sugli avvenimenti della propria vita sacerdotale e assumere degli impegni concreti,13

Vescovo e con lui del Presbiterio... Questa responsabilità conduce il Vescovo, in comunione con il Presbiterio, a delineare un progetto e a stabilire una programmazione capaci di configurare la formazione permanente non come qualcosa di episodico, ma come una proposta sistematica di contenuti, che si snoda per tappe e si riveste di modalità precise» (PDV 79).

13    ? Vedere gli studi citati nella nota 6. J. BONDUELLE, La revisione di vita, AVE, Roma 1967; J.M. CONTRERAS, Cómo

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Anche se queste esperienze devono sorgere dalla base o dalla sua iniziativa (per il fatto che non sempre possono essere imposte con leggi o canoni), in realtà non sarà possibile costruire la fraternità sacerdotale nel Presbiterio senza l'aiuto affettivo ed effettivo del carisma episcopale: convivenza, condivisione della vita, orientamenti chiari e decisi, accettazione gioiosa dell'operato del vescovo da parte dei presbiteri, ecc.

L'azione del consiglio presbiterale deve essere discreta, però anche chiara e decisa, rispettando e favorendo le iniziative private e di gruppo.

A parte i gruppi religiosi e gli istituti di perfezione (istituti secolari, ecc.), esistono associazioni sacerdotali per il clero diocesano propriamente detto (secolare). Secondo la dottrina conciliare e postconciliare (PO 8; CIC can. 278), queste associazioni hanno le seguenti caratteristiche:

-- approvazione da parte dell'autorità competente,

-- ricerca della perfezione sacerdotale nell'esercizio del ministero,

-- una certa organizzazione e piano di vita,

-- un servizio aperto a tutti i sacerdoti.14

trabajar en grupo. Introuducción a la dinámica de grupo, San Pablo, Madrid 1997; G. LUCE, Dinamica di gruppo, ELMS, Roma 1967; A. MARECHAL, La revisione di vita, Nuova Famiglia, Milano l963; A. GODIN, La vita di gruppo nella Chiesa, Trento 1971; F. MARTÍNEZ GARCÍA, La revisión de vida, Herder, Barcelona 1975; C. ROGERS, Encounter Groups, Harper and Row, New York 1970 J.A. VELA, Dinámica psicológica y eclesial de los grupos apostólicos, Guadalupe, Buenos Aires 1968.

14    ? Vedere i canoni 278, 298, 302, 312 e 313; PDV 31, 81. AA.VV., Movimenti ecclesiali contemporanei, LAS, Roma 1980; AA.VV., Preti nel mondo per il mondo. Appunti di spiritualità presbiterale, OR, Milano 1983; M.T. CUESTA, Institutos seculares, in: Diccionario Teológico de la Vida Consagrada, Publicaciones Claretianas, Madrid 1989, 891-907; J. ESQUERDA BIFET Asociaciones y espiritualidad sacerdotal, in: Espi-ritualidad del presbítero diocesano secular, EDICE, Madrid 1987, 597-607; A. OBERTI, Gli istituti secolari, una presenza viva nella Chiesa e nel mondo, OR, Milano 1986; A. DEL PORTILLO, Ius associationis et associationes fidelium iuxta Concilii Vaticani II doctrinam, «Ius Canonicum» 8 (1968) 5-28; P. POUPLIN, Les associations sacerdotales et la vie spirituelle

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La diversità di associazioni e istituzioni, di tipo religioso o secolare, deve rispettare e favorire il percorso proprio e l'identità del Presbiterio e della Chiesa locale; questa diversità dipende da una serie di fattori:

-- linee e sottolineature nella spiritualità e nell'azione apostolica,

-- esperienze e modo di vita comunitaria e associativa,

-- impegni giuridici,

-- modo di dipendenza, non solo per quanto riguarda l'approvazione, rispetto all'autorità del vescovo.

La spiritualità propria di un gruppo sacerdotale, religioso o secolare, non deve sottovalutare la spiritualità specifica del sacerdote diocesano (secolare) in quanto tale. I diversi modi di vivere la vita apostolica arricchiscono il Presbiterio, purché si rispetti la possibilità che questo e lo stesso clero diocesano (secolare) possa compiere la sua propria strada di sequela evangelica e missionaria.

Nonostante la dottrina conciliare e i grandi sforzi compiuti negli ultimi anni, bisogna riconoscere che manca ancora molto perché nei presbiteri diocesani la vita apostolica diventi una realtà. Bisogna incominciare a creare una mentalità e abitudini fin dalla prima formazione nei seminari (cfr. CIC can.245) e organizzare la formazione permanente anche per quanto riguarda la spiritualità specifica del sacerdote diocesano.

In questa costruzione della vita apostolica nel Presbiterio esiste un servizio associativo il cui nome indica la finalità; l'Unione Apostolica (fraternità sacerdotale per l'aiuto reciproco nella vita apostolica). Si tratta di uno scambio di esperienze e aiuti nell'ambito del Presbiterio (tra diversi gruppi) e tra presbiteri, a livello nazionale e internazionale, con lo scopo di costruire la vita e il ministero sacerdotale secondo il modello degli Apostoli («apostolica vivendi forma»). L'Unione Apostolica, senza avere una spiritualità propria, è un servizio affinché il clero diocesano trovi la propria spiritualità specifica e il proprio modo di vita apostolica, fraternità, sequela evangelica, disponibilità missionaria, nel Presbiterio diocesano e alle

des prêtres, «Vocation» n. 285 (1979) 1118-128; J.M. SETIEN, Organización de las asociaciones sacerdotales, «Rev. Española de Derecho Canónico» 1 (1962) 677-706; Idem, Institutos seculares para el clero diocesano, Madrid 1966.

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dipendenze del proprio vescovo.

Anche se un Presbiterio sarà bene organizzato per quanto riguarda la spiritualità del clero diocesano, per mezzo del servizio del consiglio presbiterale e l'opera del carisma episcopale, rimarrà sempre uno spazio operativo per le iniziative private e di gruppo (associazioni), e in special modo per il servizio dell'Unione Apostolica.15

6. GUIDA PASTORALE

Riflessione biblica:

-- Chiamati e mandati, come gruppo apostolico, per seguire e annunciare Cristo: Mc 3,13-14; Lc 10,1.

-- L'unità sacerdotale voluta e richiesta da Gesù, come segno efficace di santificazione ed evangelizzazione: Gv 17,21-23.

-- La grazia sacerdotale in rapporto al Presbiterio: 1Tm 4,14.

-- Radicarsi sul fondamento degli Apostoli per mezzo dei vescovi: Ef 2,20.

-- La vita apostolica nel Presbiterio: fraternità (Lc 10,1; At 1,14) per la sequela evangelica (Mt 4,19; 19,27) e la disponibilità missionaria (At 1,1-8; Mt 28,19-20).

-- Revisione di vita come esame sulla carità pastorale: Gv 21,15ss.

15    ? «L'Unione Apostolica potrà trovare, precisamente in seno allo stesso presbiterio, il suo campo operativo e la possibLlità di offrire un servizio gradevole e fruttuoso per il clero» (PAOLO VI, Disc. 22/11/1972). «La Chiesa conta moltissimo sull'Unione Apostolica, così come sulle altre associazioni sacerdotali, per fare progredire la testimonianza concreta della comunione tra i sacerdoti e i vescovi, tra i membri del presbiterio con i loro diversi ministeri, dei laici in rapporto ai loro vescovi e ai loro sacerdoti, e dei laici tra di loro stessi» (GIOVANNI PAOLO I, Disc. 9/10/85); J. ESQUERDA BIFET, Asociaciones sacerlotales de pe fección en el concilio Vaticano II, «Teología espiritual» 10 (1966) 413-431; Idem, El servicio de la "Unión Apostólica", in: Teología de la espiritualidad sacerdotal, BAC, Madrid 1991, 291-293; G. LO GIUDICE, Animiamo il Presbiterio!, Unione Apostolica, Roma 1978; L. PIOVESANA, L'Unione Apostolica del clero dopo il Concilio, Unione Apostolica, Roma 1967. Documenti: L'Unione Apostolica del Clero nei Documenti Pontifici, Unione Apostolica, Roma 1973. Vedere nuovi Statui dell'anno 1995.

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Studio personale e revisione di vita in gruppo:

-- Vescovi, presbiteri e diaconi, un segno collettivo del Buon Pastore (LG 28-29).

-- La vita spirituale del sacerdote in rapporto al carisma episcopale (CD 15-16; PO 7).

-- I passi verso la fraternità sacramentale del Presbiterio (PO 8; LG 28; CD 28; Puebla 603, 690).

-- Possibilità ed esperienze di vita in gruppo (PO 7, 8, 10, 17; CD 30; OT 17; PDV 17, 73-81; Dir. 25-31; Puebla 705; Medellín XI, 25).

-- Valutare gli elementi essenziali della spiritualità specifica del clero diocesano: carità pastorale in rapporto con il vescovo, con il Presbiterio e con la Chiesa particolare (PO 13; LG 28; CD 28,30; PO 7-9).

-- Revisione di vita sui ministeri (PO 4-6) e le virtù del Buon Pastore (PO 15-17).

7. ORIENTAMENTO BIBLIOGRAFICO

AA.VV., De dos en dos, apuntes sobre la fraternitad apostólica, Sígueme, Salamanca 1980.

AA.VV., La charge pastoral des Eveques, Cerf, Paris 1969.

AA.VV. La función pastoral de los obispos, Salamanca, 1967 (XI settimana di diritto canonico).

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BOBER C.S., The vita communis of the Priester. The constributions of the second Vatican Council's Presb. Ordinis, Diss. The Catholic University of America 1981.

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CATTANEO A., Il Presbiterio della Chiesa particolare, Edit. Giuffré, Milano 1993.

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Cfr. le note di questo capitolo per alcuni temi concreti: vescovi (nota 1), presbiteri e commenti a Presbyterorum Ordinis (n.2 del cap. V), diaconi (n.3), Presbiterio (nota 5), vita comunitaria e di gruppo (nota 6), consiglio presbiterale (nota 8), incardinazione (nota 9), revisione di vita (nota 13), associazioni e istituti secolari (nota 14), Unione Apostolica (nota 15). Vedere i temi relativi alla Chiesa particolare (diocesi) nel capitolo VI; sul sacerdozio ministeriale, il capitolo III; sulla spiritualità sacerdotale, capitolo V.