Commissione del Comitato Scientifico della · 2018. 10. 31. · capitale intellettuale o al...

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  • Commissione del Comitato Scientifico della Fondazione dei Dottori Commercialisti ed Esperti

    Contabili di Firenze

    AREA SOCIETARIA

    Guida operativa I METODI DI VALUTAZIONE DELL’AVVIAMENTO E DEI BENI

    IMMATERIALI NELL’AMBITO DELLE AZIENDE IN CRISI

    COORDINATOREGIOVANNI LIBERATORE

    MEMBRI DELLA COMMISSIONE DI STUDIO

    SIMONA BAGNOLI, ANDREA FONDATORI, RICCARDO GALARDI, STEFANO GUIDANTONI,MATTEO MANCARUSO, FRANCESCO MAZZI, TOMMASO RIDI, MATTEO RONDINI, LAPO

    SASSOROSSI, MARCO VENTISETTE

    IN COLLABORAZIONE CON

  • INDICE

    PREFAZIONE (di Giovanni Liberatore). ...................................... pag. I

    CAPITOLO PRIMOLA VALUTAZIONE DELL’AZIENDA IN CRISI

    (di Matteo Rondini e Lapo Sassorossi)

    1.1. La crisi d’azienda ............................................................ pag. 11.2. Il giudizio di continuità aziendale e le conseguenti problematiche evolutive .................................................. » 25

    CAPITOLO SECONDOL’AVVIAMENTO

    (di Matteo Mancaruso e Simona Bagnoli)

    2.1. Definizione di avviamento .............................................. pag. 43 2.2. La determinazione dell’avviamento nelle aziende in crisi: profili contabili e valutativi ................................ » 452.3. L’impairment test nelle crisi temporanee d’azienda ....... » 64

    CAPITOLO TERZOIL CAPITALE INTELLETTUALE

    (di Stefano Guidantoni, Francesco Mazzi e Marco Ventisette)

    3.1. Premessa .......................................................................... pag. 77 3.2. Tipologie di asset immateriali e definizione di brevetto . » 78 3.3. I controlli preliminari ...................................................... » 83 3.4. La perimetrazione delle invenzioni nell’ottica valutativa ......................................................................... » 90 3.5. Criteri di valutazione e loro scelta ................................... » 91 3.6. La raccolta della documentazione ................................... » 104

    CAPITOLO QUARTOIL CAPITALE RELAZIONALE

    (di Andrea Fondatori, Riccardo Galardi e Tommaso Ridi) 4.1. Premessa .......................................................................... pag. 1154.2. Definizione e inquadramento giuridico contabile del marchio ...................................................................... » 116 4.3. Valutazione del marchio - metodo del premium pricing . » 118 4.4. Valutazione del marchio - metodo delle royalties ........... » 127 4.5. Valutazione del marchio - metodo interbrand ................ » 133 4.6. Valutazione del marchio - metodo del costo di riproduzione ....................................................... » 1434.7. La valutazione della clientela .......................................... » 151 4.8. La valutazione del portafoglio lavori .............................. » 156

  • PREFAZIONELa commissione di studio su “I metodi di valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali

    nell’ambito delle aziende in crisi” si è dedicata ad un tema che rappresenta una sfida rilevante per il professionista che si trova ad operare a sostegno dell’impresa in crisi, sia esso impegnato ad assistere l’imprenditore nel risanamento ovvero che venga chiamato a valorizzare le attività patrimoniali a salvaguardia degli interessi dei creditori. In ogni caso l’esperto deve dimostrare una comprensione delle determinanti alla base del valore delle risorse immateriali, essere in grado di comporre le informazioni necessarie allo svolgimento di una procedura valutativa, infine stendere una relazione che sia comprensibile e interpretabile da tutti gli interessati.

    Alla luce di queste esigenze il gruppo di lavoro ha inteso elaborare una guida che possa fungere da ausilio allo svolgimento razionale della valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali identificabili in via autonoma, questi ultimi classificati in ragione della loro appartenenza al capitale intellettuale o al capitale relazionale.

    Nella valutazione aziendale la scelta del metodo e gli assunti alla base della sua estrinsecazione dovrebbero poter fare riferimento a principi di generale accettazione, in proporzione al rapporto esistente tra principi contabili e redazione del bilancio d’esercizio. Tuttavia, allo stato attuale i principi di valutazione sono in fase di composizione sia a livello internazionale (a cura dello International Valuation Standards Council) che a livello nazionale (da parte dell’Organismo Italiano di Valutazione) e ne consegue che il presente documento sia stato sviluppato a partire dalle non molto numerose fonti bibliografiche che riflettono la teoria e la prassi.

    Il primo capitolo intende individuare gli aspetti che contraddistinguono la situazione di crisi aziendale con una attenzione ai fattori che qualificano la crisi in funzione delle diverse fasi temporali in cui si articola. Vengono indicati i criteri di verifica dello stato di crisi aziendale, con particolare riferimento all’analisi dei dati contabili e dei principali indicatori diagnostici. Segue una elencazione e disamina dei documenti essenziali per l’indagine volta all’accertamento dell’esistenza della crisi, così come del suo stato di avanzamento e delle prospettive future.

    Sempre nel primo capitolo sono introdotti i principali metodi valutativi riconosciuti dalla dottrina, individuando la “continuità” come discrimine fondamentale. A questo proposito si affrontano le principali criticità con cui l’esperto deve confrontarsi per giungere al cosiddetto “giudizio di continuità”, ossia al parere autonomo e indipendente attraverso il quale si esprime l’opportunità o meno del risanamento presentato o intrapreso. Viene altresì ribadito come l’esito del giudizio di continuità sia l’elemento basilare per la successiva scelta dei metodi valutativi.

    Il secondo capitolo è dedicato alla definizione e alla misurazione dell’avviamento nelle aziende in crisi. Anzitutto viene tracciato il percorso che permette la distinzione tra beni immateriali autonomamente identificabili e risorse immateriali latenti, queste ultime alla base dell’avviamento originario. Successivamente, dopo aver distinto tra avviamento complessivo e controllato, la stima viene affrontata seguendo i criteri basati sui flussi, che generano un valore unico, e sui criteri misti e patrimoniali che rilasciano un valore stratificato. Nell’impiego dei metodi misti una particolare attenzione viene dedicata alle modalità con cui determinare l’extra-reddito di particolari rami d’azienda tramite il confronto con aziende comparabili o con il settore.

    Attraverso un focus sul badwill si intende poi approfondire alcune prassi valutative che rischiano di essere applicate acriticamente, come la riduzione dell’orizzonte temporale o l’applicazione del solo tasso risk free. Segue una disamina teorica e pratica dello impairment test finalizzato alla verifica concomitante di tenuta del valore attribuito all’avviamento, durante le fasi del risanamento aziendale. Il capitolo si chiude con la presentazione di una lista di controllo dei dati necessari allo svolgimento delle varie fasi del processo valutativo dell’avviamento in funzione della metodologia prescelta.

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  • Il terzo capitolo è dedicato alla identificazione e stima delle componenti del capitale intellettuale, a partire dai brevetti e a seguire con la tecnologia non brevettata ma secretata e con i progetti in corso. Si parte con il riferimento ai principi contabili nazionali e internazionali che affrontano il medesimo problema in ottica di bilancio e si articolano tali caratteri all’ambito della crisi aziendale. Viene poi affrontata la fase delle iniziali verifiche del patrimonio tecnologico immateriale dell’impresa (stato legale, estensione territoriale, efficacia della conoscenza, etc.), tesa a comprenderne l’effettiva esistenza e robustezza.

    Il momento valutativo viene impostato, sia in linea teorica che tramite esempi pratici, in funzione dei tre approcci principali: i metodi basati sul mercato, i metodi basati sul costo e i metodi basati su flussi. Nei primi occorre porre attenzione alla scelta dei multipli o dei tassi di royalty, in quanto si rende necessario che il valutatore tenga conto della situazione particolare in cui si trova ad operare ed isoli le componenti che non sono direttamente connesse alla tecnologia valutativa. I secondi, quali il costo residuale o il costo di riproduzione, sono particolarmente indicati in un’ottica conservativa, in quanto non richiedono assunti sugli sviluppi futuri dell’attività aziendale, piuttosto una precisa ricostruzione del processo economico formativo dell’invenzione e la scelta di un adeguato tasso di capitalizzazione. I terzi richiedono la capacità di discernere i benefici apportati dalle risorse intellettuali all’azienda in termini di maggiori ricavi o minori costi rispetto ad aziende non in possesso di tale tecnologia.

    Il capitolo si conclude con una serie di indicazioni relative alla raccolta della documentazione suddivisa in due categorie - i dati quantitativi necessari a sostenere il processo di appraisal e le informazioni qualitative complementari – affinché possano essere approfondire le caratteristiche dell’ambiente legale e brevettuale, della tecnologia di processo o di prodotto e del tipo di mercato.

    Il quarto capitolo riguarda il capitale relazionale dato dall’insieme delle interazioni che l’azienda ha costruito con l’ambiente esterno, come per esempio i marchi, l’immagine, la rete di vendita, la customer relationship. Il capitolo parte dall’inquadramento legislativo e contabile del principale asset immateriale che è il marchio e prosegue con la stima del suo valore di mercato attraverso l’applicazione di vari metodi: il metodo del premium pricing che consiste nell’attualizzazione dei maggiori flussi reddituali scaturenti per effetto dell’utilizzo del marchio rispetto a concorrenti unbranded; il metodo dei tassi di royalty; il metodo Interbrand che si appoggia su di una procedura di scoring; il metodo del costo di riproduzione. Tutti questi metodi sono accompagnati da considerazioni sulla loro applicabilità nel contesto di crisi aziendale e da apposite cheklist idonee a stringere i collegamenti tra le fonti informative e gli assunti valutativi.

    Un secondo asset facente parte del capitale relazionale che può esplicare valore in ottica di continuità, e talvolta anche nella stessa prospettiva di liquidazione, è la customer relationship, soprattutto quando questa è legata a capacità che risultano separabili dal complesso aziendale. Gli aspetti valutativi sono in questa sede analizzati con riferimento alle liste clienti, alle relazioni con i clienti e al vero e proprio portafoglio ordini.

    Nel ringraziare gli autori per il prezioso lavoro svolto, non mi resta che auspicare che i professionisti possano trovare utili stimoli da questa lettura con la preghiera che rivolgono loro di comunicarci ogni osservazione critica che ritengono opportuna e che ci sarà preziosa per l’attività di perfezionamento del testo.

    Il coordinatoreGiovanni Liberatore

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  • La valutazione dell’azienda in crisi 1.

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 1

    Capitolo Primo LA VALUTAZIONE DELL’AZIENDA IN CRISI

    1.1. LA CRISI D’AZIENDA di Lapo Sassorossi

    L’obiettivo di questo lavoro è quello di fornire degli strumenti validi e tecnicamen-te applicabili al Professionista che si accinge ad approcciare la valutazione di un’azienda in crisi o potenzialmente in crisi e di condividere opportune riflessioni su specifiche poste contabili oggetto di complessa valutazione. La crisi d’impresa è sempre stata un argomento molto dibattuto sia dal punto di vista aziendale che giuridico. Al fine di poterlo valutare al meglio occorre tenere presenti le molteplici sfaccettature di questa patologia e che tale mutevole fenome-no viene condizionato da elementi di natura soggettiva ed intrinseca relativi alla singola impresa analizzata. La natura straordinaria della crisi della propria impresa ha fatto si che, ancora oggi, non esista una definizione univoca accettata di crisi aziendale da parte dell’universo letterale, ma attraverso lo studio di tale fenomeno è comunque possibile determi-narne le cause mediante l’utilizzo di molteplici strumenti. Secondo un’autorevole dottrina, la crisi si concreta di solito, a seguito delle perdite economi-che (di redditività e di valore), in ripercussioni gravi e crescenti sul piano dei flussi finanziari. Le ripercussioni dirette sono: carenze di cassa, perdite di credito e di fiduciai1. Quindi, è fondamentale non confondere la crisi d’impresa con lo stato d’insolvenza della stessa, in quanto e già in tale distinzione il legislatore prevede che gli strumenti finalizzati al risanamento siano utilizzabili dall’impresa in crisi, mentre l’applicazione degli strumenti previsti nell’ambito delle procedure concorsuali sia-no riservati alle imprese che versano in stato di insolvenza. In sostanza, la diffe-renza tra crisi e insolvenza assume una notevole importanza a livello di una corret-ta applicazione del metodo di valutazione o della scelta di un criterio valutativo ri-spetto ad altri. L’esperto può individuare quale sia il metodo più corretto da adot-tare, in funzione della possibilità di avviare un percorso di risanamento oppure se è necessario intervenire con una procedura liquidatoria di tipo concorsuale o meno. L’individuazione del limite oltre il quale non è possibile attuare il risanamento ed applicare la procedura liquidatoria non è individuabile il punto di diritto, in quanto risulterebbero assiomi giuridici che difficilmente si possono adattare a singoli casi specifici, soggettivi ed unici come è ogni singola impresa. A livello giudico gli strumenti che il legislatore ci fornisce non sono altro che re-quisiti minimi per poter accedere ad eventuali istituti per gestire le fasi liquidatorie

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  • La valutazione dell’azienda in crisi 1.

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 3

    d’impresa come sopra riportato, a livello aziendale tale discriminante è individuata nel-la logica imprenditoriale della continuità d’impresa. L’esperto deve valutare caso per caso se sia più conveniente – a livello imprenditoriale – dismettere ogni singolo valore d’impresa oppure mantenere aggregati i valori azien-dali in un’ottica di continuità. Nella pratica l’esperto, individuata l’origine della crisi o insolvenza attraverso l’analisi d’azienda (es. analisi per indici, flussi, utilizzo della funzione di Altman, etc… sia nel tempo – per più esercizi – che nello spazio – in riferimento ad impre-se concorrenti), dovrebbe valutare la capacità che ha l’azienda, oltre che generare reddito, di trasformarlo in liquidità e incrementarlo nel corso del tempo (es. una appostazione creditoria anche se esageratamente elevata, ma la cui manifestazione finanziaria è di dubbia attendibilità e di lunga trasformazione in moneta non può essere considerata certa e determinare il buono stato aziendale). Detto ciò diventa fondamentale, valutare l’azienda in crisi o insolvente in funzione degli elementi esterni (es. tipologia di attività, luogo di svolgimento della stessa, etc…) ed interni (es. status dell’impresa, asset d’attività, etc…) dell’impresa. Avuto cognizione di questi sarà prioritario attribuire:

    - un orizzonte temporale adeguato, in quanto è del tutto evidente che le previsioni pianificatorie in stato d’insolvenza sono tanto meno attendibili quanto più il periodo indagato è distante nel tempo, mentre possono esse-re verosimilmente attendibili delle previsioni pianificatorie riferite a periodi medio lunghi in stati di crisi risanabile; è certo che oltre un dato numero di anni, nessun business plan è in grado di fornire una stima attendibile delle condizioni di funzionamento future di un’impresa, e quindi oltre un de-terminato orizzonte temporale è fuorviante definire la razionalità o meno delle previsioni, che sta alla base della distinzione tra la situazione di crisi e quella di insolvenza;

    - dei tassi di settore dell’attività e di rischio d’impresa a seconda del contesto d’impresa analizzato e del momento storico in cui viene effettuata la valu-tazione.

    Secondo la dottrina aziendale maggioritaria, la crisi d’impresa può avere varie ori-gini e portare ad una situazione di patologica insolvenza se tali origini non vengo-no individuate e sanate. Sinteticamente vengono di seguito rappresentate le forme della crisi d’impresa (Tavola 1.1).

    1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi2

    in uno stato d’insolvenza patologica irreversibile e forse governabile dell’impresa (es. concordato preventivo, accordi di ristrutturazione, etc…). Non è possibile definire la crisi come un processo reversibile e l’insolvenza come stato d’illiquidità irreversibile, perché il problema non è tanto quello dell’esistenza di una soluzione della crisi stessa, ma quanto quello della convenienza economica e della disponibilità degli attori del risanamento a fornire i mezzi necessari per la riuscita dell’operazione di recupero delle condizioni di equilibrio. Pertanto, ciò che realmente distingue la crisi dall’insolvenza risiede nel fatto che:

    - la prima è una forma di default, avente carattere temporaneo parametrabi-le alla predisposizione, attuazione e riuscita di un piano razionale relativo al suo superamento/risoluzione;

    - l’insolvenza è uno stato cronico di decozione dell’impresa, dove pur at-traverso un piano finanziario attendibile e razionale (proiettato quindi in un futuro sufficientemente vicino), non sia possibile individuare percorsi che riportino l’impresa in equilibrio. In tal caso l’impresa si trova di fronte ad una situazione di insolvenza, che apre la strada all’adozione di stru-menti liquidatori ed eventualmente giudiziali per la gestione della crisi.

    Quindi, la crisi d’azienda si distingue dall’insolvenza quando la ripresa economi-co/reddituale dell’impresa sottopone gli attori del risanamento ad un troppo gra-voso sacrificio rispetto ad una liquidazione o ad operazioni concorsuali. Nell’ipotesi di crisi d’azienda sarà possibile, oltre che ottimizzare la gestione eco-nomico/finanziaria dell’impresa, adottare gli strumenti giuridici previsti nell’ambito delle procedure concorsuali, quali: concordato preventivo, esdebita-zione, etc… Mentre se l’azienda è ormai decotta sarà opportuno valutare quale sia l’operazione migliore da adottare tra la liquidazione volontaria, in alternativa giudiziale, falli-mento, etc… Questa distinzione a livello operativo tra crisi e insolvenza si fonda su un’attività pianificata e programmata, che si esplicita nella redazione più o meno formale di piani finanziari, nei quali ha sede la programmazione delle entrate e delle uscite monetarie. Orbene, sembra di intuire che i profili giuridici ed aziendali non abbiamo aspetti in comune e che quanto dettato dal legislatore non sia adattabile all’esperto che valu-ta un’azienda che si trova in uno stato di default ancora non identificabile se in cri-si o in insolvenza. In realtà tale netta distinzione non è così evidente, poiché questa viene giuridicamente individuata negli artt. 1, 5, 160, 182 - bis della legge fallimentare, mentre è molto meno marcata a livello aziendale per effetto del polso dell’esperto nella valutazione che deve considerare la logica continuità d’impresa. Infatti, se a livello giuridico esiste un’evidente differenza tra crisi (artt. 160, 182 bis l.f.) ed insolvenza (artt. 1, 5 l.f.)

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  • La valutazione dell’azienda in crisi 1.

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 3

    d’impresa come sopra riportato, a livello aziendale tale discriminante è individuata nel-la logica imprenditoriale della continuità d’impresa. L’esperto deve valutare caso per caso se sia più conveniente – a livello imprenditoriale – dismettere ogni singolo valore d’impresa oppure mantenere aggregati i valori azien-dali in un’ottica di continuità. Nella pratica l’esperto, individuata l’origine della crisi o insolvenza attraverso l’analisi d’azienda (es. analisi per indici, flussi, utilizzo della funzione di Altman, etc… sia nel tempo – per più esercizi – che nello spazio – in riferimento ad impre-se concorrenti), dovrebbe valutare la capacità che ha l’azienda, oltre che generare reddito, di trasformarlo in liquidità e incrementarlo nel corso del tempo (es. una appostazione creditoria anche se esageratamente elevata, ma la cui manifestazione finanziaria è di dubbia attendibilità e di lunga trasformazione in moneta non può essere considerata certa e determinare il buono stato aziendale). Detto ciò diventa fondamentale, valutare l’azienda in crisi o insolvente in funzione degli elementi esterni (es. tipologia di attività, luogo di svolgimento della stessa, etc…) ed interni (es. status dell’impresa, asset d’attività, etc…) dell’impresa. Avuto cognizione di questi sarà prioritario attribuire:

    - un orizzonte temporale adeguato, in quanto è del tutto evidente che le previsioni pianificatorie in stato d’insolvenza sono tanto meno attendibili quanto più il periodo indagato è distante nel tempo, mentre possono esse-re verosimilmente attendibili delle previsioni pianificatorie riferite a periodi medio lunghi in stati di crisi risanabile; è certo che oltre un dato numero di anni, nessun business plan è in grado di fornire una stima attendibile delle condizioni di funzionamento future di un’impresa, e quindi oltre un de-terminato orizzonte temporale è fuorviante definire la razionalità o meno delle previsioni, che sta alla base della distinzione tra la situazione di crisi e quella di insolvenza;

    - dei tassi di settore dell’attività e di rischio d’impresa a seconda del contesto d’impresa analizzato e del momento storico in cui viene effettuata la valu-tazione.

    Secondo la dottrina aziendale maggioritaria, la crisi d’impresa può avere varie ori-gini e portare ad una situazione di patologica insolvenza se tali origini non vengo-no individuate e sanate. Sinteticamente vengono di seguito rappresentate le forme della crisi d’impresa (Tavola 1.1).

    1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi2

    in uno stato d’insolvenza patologica irreversibile e forse governabile dell’impresa (es. concordato preventivo, accordi di ristrutturazione, etc…). Non è possibile definire la crisi come un processo reversibile e l’insolvenza come stato d’illiquidità irreversibile, perché il problema non è tanto quello dell’esistenza di una soluzione della crisi stessa, ma quanto quello della convenienza economica e della disponibilità degli attori del risanamento a fornire i mezzi necessari per la riuscita dell’operazione di recupero delle condizioni di equilibrio. Pertanto, ciò che realmente distingue la crisi dall’insolvenza risiede nel fatto che:

    - la prima è una forma di default, avente carattere temporaneo parametrabi-le alla predisposizione, attuazione e riuscita di un piano razionale relativo al suo superamento/risoluzione;

    - l’insolvenza è uno stato cronico di decozione dell’impresa, dove pur at-traverso un piano finanziario attendibile e razionale (proiettato quindi in un futuro sufficientemente vicino), non sia possibile individuare percorsi che riportino l’impresa in equilibrio. In tal caso l’impresa si trova di fronte ad una situazione di insolvenza, che apre la strada all’adozione di stru-menti liquidatori ed eventualmente giudiziali per la gestione della crisi.

    Quindi, la crisi d’azienda si distingue dall’insolvenza quando la ripresa economi-co/reddituale dell’impresa sottopone gli attori del risanamento ad un troppo gra-voso sacrificio rispetto ad una liquidazione o ad operazioni concorsuali. Nell’ipotesi di crisi d’azienda sarà possibile, oltre che ottimizzare la gestione eco-nomico/finanziaria dell’impresa, adottare gli strumenti giuridici previsti nell’ambito delle procedure concorsuali, quali: concordato preventivo, esdebita-zione, etc… Mentre se l’azienda è ormai decotta sarà opportuno valutare quale sia l’operazione migliore da adottare tra la liquidazione volontaria, in alternativa giudiziale, falli-mento, etc… Questa distinzione a livello operativo tra crisi e insolvenza si fonda su un’attività pianificata e programmata, che si esplicita nella redazione più o meno formale di piani finanziari, nei quali ha sede la programmazione delle entrate e delle uscite monetarie. Orbene, sembra di intuire che i profili giuridici ed aziendali non abbiamo aspetti in comune e che quanto dettato dal legislatore non sia adattabile all’esperto che valu-ta un’azienda che si trova in uno stato di default ancora non identificabile se in cri-si o in insolvenza. In realtà tale netta distinzione non è così evidente, poiché questa viene giuridicamente individuata negli artt. 1, 5, 160, 182 - bis della legge fallimentare, mentre è molto meno marcata a livello aziendale per effetto del polso dell’esperto nella valutazione che deve considerare la logica continuità d’impresa. Infatti, se a livello giuridico esiste un’evidente differenza tra crisi (artt. 160, 182 bis l.f.) ed insolvenza (artt. 1, 5 l.f.)

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  • 1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi4

    Tavola 1.1 - Le forme della crisi d’impresa

    La natura e origine della crisi aziendale

    A seguito dei risultati dell’analisi d’azienda e delle collocazioni dell’impresa nella tabella precedente, cioè a seconda della natura della crisi è possibile da parte dell’analista valutare ed individuare quale sia il metodo di valutazione che si confà al caso in questione. Quindi, supponendo che la crisi sia economica e globale/di settore, questo sottin-tende che l’azienda è in perdita e che tali fattori derivano da condizioni generali o di settore legate al mercato ed esclusivamente riconducibili all’ambiente esterno e non alle scelte imprenditoriali interne all’azienda. Pertanto, la scelta del metodo di valutazione verte sull’individuazione di particolari e specifici fattori caratteristici della crisi di mercato a cui tutte le imprese del setto-re sono coinvolte e ciò dipende dal settore di appartenenza. Nel caso di crisi economica e manageriale, l’azienda è in perdita e tali fattori di-pendono da condizioni interne all’impresa, riconducibili ad errate scelte di pianifi-cazione degli investimenti adottate dall’imprenditore. Da ciò è rilevabile che deve essere individuata quale sia la non corretta scelta dell’imprenditore per poter capire se questa ricomprende tutto o parte del processo produttivo dell’attività d’impresa e quindi se l’azienda ha azzerato completamente la propria marginalità ed eroso il suo avviamento. Nell’ambito della crisi finanziaria se questa ha origine da fattori ambientali (genera-li o di settore), l’azienda è economicamente in utile ma l’esperto deve valutare l’entità della parte finanziaria dell’impresa e confrontarla con quella delle altre im-prese del settore per poter individuare il metodo di valutazione più aderente all’azienda in esame. Nell’ipotesi di crisi finanziaria manageriale, l’azienda riesce a soddisfare la propria marginalità in funzione dei costi sostenuti per l’attività d’impresa, ma le scelte d’investimento dell’imprenditore non sono correlate all’incremento dell’avviamento generato dall’impresa. In questo contesto la leva finanziaria comprime la redditività d’impresa determi-nando perdite d’esercizio e quindi crisi economica.

    DESCRIZIONE FATTORI

    CRISI ECONOMICA

    Esterni Interni

    Globali Di settore Manageriali

    CRISI FINANZIARIA

    Esterni Interni

    Globali Di settore Manageriali

    La valutazione dell’azienda in crisi 1.

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 5

    In tal caso l’esperto deve valutare l’entità del capitale di terzi richiesto in funzione dell’investimento adottato ed individuare quanto la componente finanziaria pesa nell’ambito economico dell’impresa in esame per poter indentificare l’effettiva marginalità dell’attività svolta e quanto avviamento l’azienda può generare. Le possibili crisi d’impresa precedentemente individuate sono il risultato dalla mancata gestione degli equilibri aziendali, quali:

    - equilibrio economico – capacità dell’azienda di ottenere dalla vendita di beni e servizi un volume di ricavi sufficienti alla copertura di tutti i costi e di tutti i fattori produttivi. Tale equilibrio deve realizzarsi nel medio/lungo periodo, in quanto nel breve risulta difficile, dal momento che gli investi-menti tecnologici richiedono tempi medio – lunghi e risorse ingenti, con-siderando inoltre che ogni prodotto ha un proprio ciclo di vita con caratte-ristiche definite su cui è difficile intervenire;

    - equilibrio finanziario – capacità dell’impresa di garantire in ogni istante un’adeguata copertura dei fabbisogni finanziari che si manifestano, ovvero l’impresa deve mantenere in equilibrio le sue entrate e le sue uscite mone-tarie e finanziarie senza compromettere il suo equilibrio economico;

    - equilibrio patrimoniale – si verifica quando si raggiunge una corretta pro-porzione tra i diversi raggruppamenti dei valori di stato patrimoniale. L’equilibrio patrimoniale pertanto, si ha quando i diversi capitali sono in-vestiti in modo tale che si possa svolgere correttamente l’attività aziendale con i fattori produttivi a disposizione. Detto equilibrio è dato da una corretta relazione tra fonti ed impieghi, ge-neralmente individuata da una diretta correlazione tra impeghi e fonti cor-renti e non correnti, ovviamente tale bilanciamento cambia da settore a settore di attività. Di seguito riportiamo un breve schema che rappresenta la corretta rela-zione tra impieghi e fonti (Tavola 1.2).

    Tavola 1.2 - La correlazione tra fonti e impieghi

    IMPIEGHI FONTI

    Attività non correnti Patrimonio netto

    Passività non correnti

    Attività correnti Passività correnti

    Inoltre, all’interno delle fonti, la dottrina aziendale tende a stereotipare alcuni pa-rametri di apprezzamento dell’autonomia finanziaria (Patrimonio netto/Totale fonti). E’ evidente che più elevato è tale indice e più l’azienda analizzata è autono-ma e indipendente nei confronti delle ricorso al capitale di terzi, quali soggetti

    1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi4

    Tavola 1.1 - Le forme della crisi d’impresa

    La natura e origine della crisi aziendale

    A seguito dei risultati dell’analisi d’azienda e delle collocazioni dell’impresa nella tabella precedente, cioè a seconda della natura della crisi è possibile da parte dell’analista valutare ed individuare quale sia il metodo di valutazione che si confà al caso in questione. Quindi, supponendo che la crisi sia economica e globale/di settore, questo sottin-tende che l’azienda è in perdita e che tali fattori derivano da condizioni generali o di settore legate al mercato ed esclusivamente riconducibili all’ambiente esterno e non alle scelte imprenditoriali interne all’azienda. Pertanto, la scelta del metodo di valutazione verte sull’individuazione di particolari e specifici fattori caratteristici della crisi di mercato a cui tutte le imprese del setto-re sono coinvolte e ciò dipende dal settore di appartenenza. Nel caso di crisi economica e manageriale, l’azienda è in perdita e tali fattori di-pendono da condizioni interne all’impresa, riconducibili ad errate scelte di pianifi-cazione degli investimenti adottate dall’imprenditore. Da ciò è rilevabile che deve essere individuata quale sia la non corretta scelta dell’imprenditore per poter capire se questa ricomprende tutto o parte del processo produttivo dell’attività d’impresa e quindi se l’azienda ha azzerato completamente la propria marginalità ed eroso il suo avviamento. Nell’ambito della crisi finanziaria se questa ha origine da fattori ambientali (genera-li o di settore), l’azienda è economicamente in utile ma l’esperto deve valutare l’entità della parte finanziaria dell’impresa e confrontarla con quella delle altre im-prese del settore per poter individuare il metodo di valutazione più aderente all’azienda in esame. Nell’ipotesi di crisi finanziaria manageriale, l’azienda riesce a soddisfare la propria marginalità in funzione dei costi sostenuti per l’attività d’impresa, ma le scelte d’investimento dell’imprenditore non sono correlate all’incremento dell’avviamento generato dall’impresa. In questo contesto la leva finanziaria comprime la redditività d’impresa determi-nando perdite d’esercizio e quindi crisi economica.

    DESCRIZIONE FATTORI

    CRISI ECONOMICA

    Esterni Interni

    Globali Di settore Manageriali

    CRISI FINANZIARIA

    Esterni Interni

    Globali Di settore Manageriali

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  • 1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi4

    Tavola 1.1 - Le forme della crisi d’impresa

    La natura e origine della crisi aziendale

    A seguito dei risultati dell’analisi d’azienda e delle collocazioni dell’impresa nella tabella precedente, cioè a seconda della natura della crisi è possibile da parte dell’analista valutare ed individuare quale sia il metodo di valutazione che si confà al caso in questione. Quindi, supponendo che la crisi sia economica e globale/di settore, questo sottin-tende che l’azienda è in perdita e che tali fattori derivano da condizioni generali o di settore legate al mercato ed esclusivamente riconducibili all’ambiente esterno e non alle scelte imprenditoriali interne all’azienda. Pertanto, la scelta del metodo di valutazione verte sull’individuazione di particolari e specifici fattori caratteristici della crisi di mercato a cui tutte le imprese del setto-re sono coinvolte e ciò dipende dal settore di appartenenza. Nel caso di crisi economica e manageriale, l’azienda è in perdita e tali fattori di-pendono da condizioni interne all’impresa, riconducibili ad errate scelte di pianifi-cazione degli investimenti adottate dall’imprenditore. Da ciò è rilevabile che deve essere individuata quale sia la non corretta scelta dell’imprenditore per poter capire se questa ricomprende tutto o parte del processo produttivo dell’attività d’impresa e quindi se l’azienda ha azzerato completamente la propria marginalità ed eroso il suo avviamento. Nell’ambito della crisi finanziaria se questa ha origine da fattori ambientali (genera-li o di settore), l’azienda è economicamente in utile ma l’esperto deve valutare l’entità della parte finanziaria dell’impresa e confrontarla con quella delle altre im-prese del settore per poter individuare il metodo di valutazione più aderente all’azienda in esame. Nell’ipotesi di crisi finanziaria manageriale, l’azienda riesce a soddisfare la propria marginalità in funzione dei costi sostenuti per l’attività d’impresa, ma le scelte d’investimento dell’imprenditore non sono correlate all’incremento dell’avviamento generato dall’impresa. In questo contesto la leva finanziaria comprime la redditività d’impresa determi-nando perdite d’esercizio e quindi crisi economica.

    DESCRIZIONE FATTORI

    CRISI ECONOMICA

    Esterni Interni

    Globali Di settore Manageriali

    CRISI FINANZIARIA

    Esterni Interni

    Globali Di settore Manageriali

    La valutazione dell’azienda in crisi 1.

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 5

    In tal caso l’esperto deve valutare l’entità del capitale di terzi richiesto in funzione dell’investimento adottato ed individuare quanto la componente finanziaria pesa nell’ambito economico dell’impresa in esame per poter indentificare l’effettiva marginalità dell’attività svolta e quanto avviamento l’azienda può generare. Le possibili crisi d’impresa precedentemente individuate sono il risultato dalla mancata gestione degli equilibri aziendali, quali:

    - equilibrio economico – capacità dell’azienda di ottenere dalla vendita di beni e servizi un volume di ricavi sufficienti alla copertura di tutti i costi e di tutti i fattori produttivi. Tale equilibrio deve realizzarsi nel medio/lungo periodo, in quanto nel breve risulta difficile, dal momento che gli investi-menti tecnologici richiedono tempi medio – lunghi e risorse ingenti, con-siderando inoltre che ogni prodotto ha un proprio ciclo di vita con caratte-ristiche definite su cui è difficile intervenire;

    - equilibrio finanziario – capacità dell’impresa di garantire in ogni istante un’adeguata copertura dei fabbisogni finanziari che si manifestano, ovvero l’impresa deve mantenere in equilibrio le sue entrate e le sue uscite mone-tarie e finanziarie senza compromettere il suo equilibrio economico;

    - equilibrio patrimoniale – si verifica quando si raggiunge una corretta pro-porzione tra i diversi raggruppamenti dei valori di stato patrimoniale. L’equilibrio patrimoniale pertanto, si ha quando i diversi capitali sono in-vestiti in modo tale che si possa svolgere correttamente l’attività aziendale con i fattori produttivi a disposizione. Detto equilibrio è dato da una corretta relazione tra fonti ed impieghi, ge-neralmente individuata da una diretta correlazione tra impeghi e fonti cor-renti e non correnti, ovviamente tale bilanciamento cambia da settore a settore di attività. Di seguito riportiamo un breve schema che rappresenta la corretta rela-zione tra impieghi e fonti (Tavola 1.2).

    Tavola 1.2 - La correlazione tra fonti e impieghi

    IMPIEGHI FONTI

    Attività non correnti Patrimonio netto

    Passività non correnti

    Attività correnti Passività correnti

    Inoltre, all’interno delle fonti, la dottrina aziendale tende a stereotipare alcuni pa-rametri di apprezzamento dell’autonomia finanziaria (Patrimonio netto/Totale fonti). E’ evidente che più elevato è tale indice e più l’azienda analizzata è autono-ma e indipendente nei confronti delle ricorso al capitale di terzi, quali soggetti

    5

  • La valutazione dell’azienda in crisi 1.

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 7

    - ristrutturazione: miglioramento dell’efficienza dei fattori produttivi essen-ziali, dell’incidenza dei costi fissi di struttura e dell’assetto finanziario e pa-trimoniale;

    - riconversione: innovazione tecnologica e di marketing; - ridimensionamento: modifica delle dimensioni; - riorganizzazione: modifica degli assetti organizzativi.

    Nel caso in cui l’azienda fosse caratterizzata da perdite di elevate dimensioni, è possibile contrastare le stesse oppure avviare il processo di cessione/liquidazione. Qualora gli interventi di risanamento producessero risultati negativi si vengono ad instaurare le fasi finali della crisi, ovvero l’insolvenza e il dissesto. La gestione dell’insolvenza e del dissesto risultano difficili nonché incerte date le conseguenze che i due stati portano con sé. Sia che l’insolvenza sia temporanea, ovvero reversibile, sia che sia definitiva, le possibili alternative sono: continuare l’attività aziendale in tutto o in parte, oppure cessare e liquidare l’azienda. L’eventuale continuazione dell’attività prevede la predisposizione di un piano di ri-sanamento, i cui obiettivi sono sostanzialmente i seguenti:

    - obiettivi di equilibrio economico; - obiettivi di equilibrio patrimoniale e finanziario; - obiettivi di limitazione di taluni rischi.

    Quindi, comprese da parte dell’esperto le origini uniche del default d’impresa è possibile affermare l’esistenza di elementi comuni tra i profili giuridici ed aziendali.

    - Assunto che a livello giuridico esiste crisi ed insolvenza e che a livello aziendale esiste la continuazione dell’azienda oppure la dismissione della stessa è possibile stabilire quanto segue:

    - in caso di crisi economica e non finanziaria – l’azienda dovrebbe investire al fine di migliorare l’asset economico, cercando così di fronteggiare l’evoluzione di tale spirale che potrebbe portare a conseguenze anche a li-vello finanziario e patrimoniale;

    - in caso di crisi finanziaria e non economica – l’azienda dovrebbe ottenere, attraverso i propri soci o attraverso nuova finanza, moneta liquida allo scopo di superare il momento di shock finanziario e non far si che questo intacchi l’assest economico;

    - in caso di crisi economica e finanziaria – l’azienda dovrebbe operare op-portune analisi sia economiche che finanziarie (nonché eventualmente pa-trimoniali) per evitare il collasso/dissesto. Valutando opportuni investi-menti e/o piani di ristrutturazione se si decida di continuare l’attività op-pure dismettendo rami d’azienda o singoli beni in quanto il sacrificio im-prenditoriale per la sopravvivenza dell’impresa è ormai troppo elevato.

    Detto ciò, la crisi economica o la crisi finanziaria sono due stati d’impresa in cui la decozione della stessa non è ancora avvenuta e pertanto se vengono adottati ido-

    1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi6

    esterni all’impresa (es. istituti di credito). Infatti, la dottrina aziendale ritiene che se tale rapporto è compreso tra:

    - 0% e 33% l’azienda è in un’area di potenziale rischio; - 33% e 50% l’azienda è in un’area di controllo; - 50% e 66% l’azienda è in un’area di normalità; - 66% e 100% l’azienda è in un’area di totale tranquillità patrimoniale.

    Assunto che, per perdurare nel tempo, l’impresa deve necessariamente raggiungere e mantenere tali condizioni, la manifestazione di perdite economiche che comin-ciano ad intaccare le risorse aziendali, riducendo la capacità di investimento con ri-percussioni sulla struttura e sull’equilibrio patrimoniale e finanziario dell’impresa porta la stessa da uno stato di crisi ad uno stato d’insolvenza e di dissesto. Far fronte alla crisi in questo stadio risulta arduo anche perché le perdite che si realizzano rendono noto ai creditori, nonché ai finanziatori ed agli investitori, l’esistenza della crisi aziendale. Le soluzioni più opportune vanno intraprese sulla base di un’analisi delle perdite al fine di rendere più agevole e meno difficoltoso il superamento della crisi. L’insolvenza rappresenta la fase in cui la crisi cessa di essere un solo fatto interno ed è resa palese all’esterno dell’azienda. Si verificano eventi come la difficoltà di far fronte in modo regolare ai pagamenti alla scadenza e la perdita progressiva di clientela. In tale stadio di crisi è necessario porre in essere interventi mirati e pro-fondi che riguardino in particolar modo la struttura del capitale, nonché il mana-gement. La differenza che sussiste tra l’insolvenza ed il dissesto è che la prima evidenzia una situazione di marcata tensione finanziaria, mentre il dissesto evidenzia al con-trario una situazione patologica aziendale. Inoltre, quest’ultimo rappresenta una condizione permanente di squilibrio patrimoniale, irrisolvibile senza opportuni in-terventi dei creditori. Pertanto, il generarsi delle perdite economiche (crisi economica), dell’insolvenza (crisi finanziaria), del dissesto (crisi patrimoniale) può essere una forma di crisi as-sestante, originaria, connessa alle altre oppure la risultante delle precedenti non prevenute ne curate adeguatamente. Partendo dal presupposto che ogni fase in cui si sviluppa la crisi aziendale ha pro-prie caratteristiche le esigenze e le modalità di intervento differiscono a seconda dei diversi stadi dove l’azienda è collocata. Nelle fasi iniziali, ovvero quelle nelle quali non si sono ancora prodotte perdite, gli interventi che si pongono in essere sono a costi ed a rischi dei portatori di capitale. Le fasi finali, invece, sono caratterizzate da interventi i cui costi e rischi sono im-putabili anche a soggetti diversi, quali ad esempio i creditori, in modo parziale o totale. In particolare il risanamento può essere attuato mediante:

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  • La valutazione dell’azienda in crisi 1.

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    - ristrutturazione: miglioramento dell’efficienza dei fattori produttivi essen-ziali, dell’incidenza dei costi fissi di struttura e dell’assetto finanziario e pa-trimoniale;

    - riconversione: innovazione tecnologica e di marketing; - ridimensionamento: modifica delle dimensioni; - riorganizzazione: modifica degli assetti organizzativi.

    Nel caso in cui l’azienda fosse caratterizzata da perdite di elevate dimensioni, è possibile contrastare le stesse oppure avviare il processo di cessione/liquidazione. Qualora gli interventi di risanamento producessero risultati negativi si vengono ad instaurare le fasi finali della crisi, ovvero l’insolvenza e il dissesto. La gestione dell’insolvenza e del dissesto risultano difficili nonché incerte date le conseguenze che i due stati portano con sé. Sia che l’insolvenza sia temporanea, ovvero reversibile, sia che sia definitiva, le possibili alternative sono: continuare l’attività aziendale in tutto o in parte, oppure cessare e liquidare l’azienda. L’eventuale continuazione dell’attività prevede la predisposizione di un piano di ri-sanamento, i cui obiettivi sono sostanzialmente i seguenti:

    - obiettivi di equilibrio economico; - obiettivi di equilibrio patrimoniale e finanziario; - obiettivi di limitazione di taluni rischi.

    Quindi, comprese da parte dell’esperto le origini uniche del default d’impresa è possibile affermare l’esistenza di elementi comuni tra i profili giuridici ed aziendali.

    - Assunto che a livello giuridico esiste crisi ed insolvenza e che a livello aziendale esiste la continuazione dell’azienda oppure la dismissione della stessa è possibile stabilire quanto segue:

    - in caso di crisi economica e non finanziaria – l’azienda dovrebbe investire al fine di migliorare l’asset economico, cercando così di fronteggiare l’evoluzione di tale spirale che potrebbe portare a conseguenze anche a li-vello finanziario e patrimoniale;

    - in caso di crisi finanziaria e non economica – l’azienda dovrebbe ottenere, attraverso i propri soci o attraverso nuova finanza, moneta liquida allo scopo di superare il momento di shock finanziario e non far si che questo intacchi l’assest economico;

    - in caso di crisi economica e finanziaria – l’azienda dovrebbe operare op-portune analisi sia economiche che finanziarie (nonché eventualmente pa-trimoniali) per evitare il collasso/dissesto. Valutando opportuni investi-menti e/o piani di ristrutturazione se si decida di continuare l’attività op-pure dismettendo rami d’azienda o singoli beni in quanto il sacrificio im-prenditoriale per la sopravvivenza dell’impresa è ormai troppo elevato.

    Detto ciò, la crisi economica o la crisi finanziaria sono due stati d’impresa in cui la decozione della stessa non è ancora avvenuta e pertanto se vengono adottati ido-

    1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi6

    esterni all’impresa (es. istituti di credito). Infatti, la dottrina aziendale ritiene che se tale rapporto è compreso tra:

    - 0% e 33% l’azienda è in un’area di potenziale rischio; - 33% e 50% l’azienda è in un’area di controllo; - 50% e 66% l’azienda è in un’area di normalità; - 66% e 100% l’azienda è in un’area di totale tranquillità patrimoniale.

    Assunto che, per perdurare nel tempo, l’impresa deve necessariamente raggiungere e mantenere tali condizioni, la manifestazione di perdite economiche che comin-ciano ad intaccare le risorse aziendali, riducendo la capacità di investimento con ri-percussioni sulla struttura e sull’equilibrio patrimoniale e finanziario dell’impresa porta la stessa da uno stato di crisi ad uno stato d’insolvenza e di dissesto. Far fronte alla crisi in questo stadio risulta arduo anche perché le perdite che si realizzano rendono noto ai creditori, nonché ai finanziatori ed agli investitori, l’esistenza della crisi aziendale. Le soluzioni più opportune vanno intraprese sulla base di un’analisi delle perdite al fine di rendere più agevole e meno difficoltoso il superamento della crisi. L’insolvenza rappresenta la fase in cui la crisi cessa di essere un solo fatto interno ed è resa palese all’esterno dell’azienda. Si verificano eventi come la difficoltà di far fronte in modo regolare ai pagamenti alla scadenza e la perdita progressiva di clientela. In tale stadio di crisi è necessario porre in essere interventi mirati e pro-fondi che riguardino in particolar modo la struttura del capitale, nonché il mana-gement. La differenza che sussiste tra l’insolvenza ed il dissesto è che la prima evidenzia una situazione di marcata tensione finanziaria, mentre il dissesto evidenzia al con-trario una situazione patologica aziendale. Inoltre, quest’ultimo rappresenta una condizione permanente di squilibrio patrimoniale, irrisolvibile senza opportuni in-terventi dei creditori. Pertanto, il generarsi delle perdite economiche (crisi economica), dell’insolvenza (crisi finanziaria), del dissesto (crisi patrimoniale) può essere una forma di crisi as-sestante, originaria, connessa alle altre oppure la risultante delle precedenti non prevenute ne curate adeguatamente. Partendo dal presupposto che ogni fase in cui si sviluppa la crisi aziendale ha pro-prie caratteristiche le esigenze e le modalità di intervento differiscono a seconda dei diversi stadi dove l’azienda è collocata. Nelle fasi iniziali, ovvero quelle nelle quali non si sono ancora prodotte perdite, gli interventi che si pongono in essere sono a costi ed a rischi dei portatori di capitale. Le fasi finali, invece, sono caratterizzate da interventi i cui costi e rischi sono im-putabili anche a soggetti diversi, quali ad esempio i creditori, in modo parziale o totale. In particolare il risanamento può essere attuato mediante:

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  • La valutazione dell’azienda in crisi 1.

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 9

    Tavola 1.3 – Gli strumenti possibili della crisi e dell’insolvenza

    DESCRIZIONE CONTINUAZIONE D’AZIENDA LIQUIDAZIONE D’AZIENDA

    CONDIZIONE se il valore d’azienda > valore dei beni se il valore d’azienda > valore dei beni

    CRISI Finanziaria e non economica Finanziaria e non economica

    STRUMENTI/ AZIONI POSSIBILI

    Investimenti con capitale proprio/di terzi sufficienti ad evitare lo shock fi-

    nanziario

    Investimenti con capitale proprio/di terzi sufficienti ad evitare lo shock fi-

    nanziario

    CONDIZIONE se il valore dei beni > valore d’azienda se il valore dei beni > valore d’azienda

    INSOLVENZA Economica e finanziaria Economica, finanziaria e patrimoniale

    STRUMENTI/ AZIONI POSSIBILI

    Investimenti con capitale proprio/di terzi con intervento sull’asset economi-

    co per migliorare le performance del processo produttivo (aumento fattura-

    to, riduzione di costi, ect…)

    Investimenti con capitale proprio/di terzi valutando il sacrifico degli inve-

    stitori, liquidazione cespiti, rami d’azienda, etc…, analisi e ricontrattua-

    lizzazione delle posizione debitorie.

    Dall’analisi delle svariate condizioni di crisi d’impresa e dei fattori che l’hanno ge-nerate è possibile, quindi, sostenere che non esiste una regola generale per la scelta del metodo di valutazione dell’impresa in fallimento, come non esiste nel caso d’impresa in esercizio (in crisi o meno) poiché tale decisione dipende da molteplici variabili (forme e fattori della crisi) che caso per caso devono essere valutate e ponderate attentamente. E’ sicuramente opportuno basarsi su una corretta analisi d’azienda capace di far emergere l’origine della crisi ed i suoi fattori al fine di poter adottare il più congruo metodo di valutazione per l’azienda in esame. Generalmente per poter ottenere tali informazioni nella fase di pre – valutazione, viene predisposta un’analisi d’azienda nel tempo (dove vengono presi in considerazione tre/cinque esercizi per azienda in esame) e nello spazio (dove vengono prese a riferimento un numero min/max di aziende operanti nello stesso settore) al fine di poter far emergere i caratteri sa-lienti che hanno generato la crisi d’impresa. In funzione dei risultati che emergono l’esperto adotta il metodo che ritiene più opportuno al caso in questione.

    Le metodologie e gli strumenti per la verifica della crisi aziendale

    L’operatore per poter scegliere correttamente quale sia il metodo di valutazione d’azienda da adottare nell’ambito della crisi d’impresa/fallimento ed a seconda del-la attività svolta dall’azienda in crisi dovrà adottare degli strumenti di analisi azien-dale volti ad individuare quali siano state le cause del dissesto ed in particolare qua-li siano le ragioni che hanno condotto alla crisi aziendale. L’analisi di azienda si basa su informazioni contabili ed extracontabili che l’operatore riesce ad ottenere attraverso i canali aziendali (bilancio d’esercizio e no-

    1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi8

    nei correttivi sarà possibile la continuazione aziendale. Mentre la congiuntura di ambo gli stati di crisi (economico – finanziari) portano l’azienda al dissesto e quin-di ad uno stato d’insolvenza patologica e cronica dove per poter continuare l’attività aziendale saranno obbligatori interventi imprenditoriali importanti con probabili piani di ristrutturazione. In conclusione, dal punto di vista aziendale seguendo il principio di continuità d’impresa qualora il valore dell’azienda sia maggiore del valore dei singoli beni fa-centi parte di essa, è possibile stabile che, nel caso di:

    - crisi economica – l’esperto valuta l’ipotesi di continuazione aziendale at-traverso eventuali correttivi all’analisi effettuata (es. analisi con metodi empirici su aziende concorrenti, funzione di Altman). E tale possibilità di continuazione può essere ottenuta con agevoli sacrifici da parte dell’imprenditore;

    - crisi finanziaria – l’esperto è certo della continuazione aziendale, in quanto l’asset economico è in equilibrio ed è solo opportuno adottare dei correttivi per evitare che l’asset finanziario non soffochi l’attività caratteristica d’impresa, essendo il valore d’azienda sicuramente superiore a quello dei singoli beni valutabili individualmente2;

    - crisi patrimoniale (maturazione dell’ulteriori stadi di crisi economica e fi-nanziaria) – l’esperto valuta la possibilità di una continuazione aziendale a 360° gradi, in quanto appurato con esattezza l’esistenza di produrre reddi-to nell’asset economico d’azienda e che quindi questo possa tradursi in ric-chezza, deve analizzare gli eventuali interventi e sacrifici imprenditoriali e di terzi che potranno permettere di evitare il dissesto d’impresa.

    Quindi, è crisi (a livello giuridico) e continuità (a livello aziendale), quando all’interno di un’azienda in default sussiste reddito d’impresa (opportunamente do-cumentato attraverso analisi aziendali definite e certe), poiché vi sarà sempre e comunque avviamento da vendere che assegna all’azienda stessa, considerata nel suo insieme, un maggior valore rispetto alla disgregazione dei singoli beni in fase liquidatoria. Mentre, se la componente reddituale non è presente, l’esperto deve valutare quale sia il miglior metodo di valutazione d’impresa in fase di non conti-nuità aziendale. Di seguito viene riportato uno schema che permette di riepilogare quanto detto (Tavola 1.3).

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    Tavola 1.3 – Gli strumenti possibili della crisi e dell’insolvenza

    DESCRIZIONE CONTINUAZIONE D’AZIENDA LIQUIDAZIONE D’AZIENDA

    CONDIZIONE se il valore d’azienda > valore dei beni se il valore d’azienda > valore dei beni

    CRISI Finanziaria e non economica Finanziaria e non economica

    STRUMENTI/ AZIONI POSSIBILI

    Investimenti con capitale proprio/di terzi sufficienti ad evitare lo shock fi-

    nanziario

    Investimenti con capitale proprio/di terzi sufficienti ad evitare lo shock fi-

    nanziario

    CONDIZIONE se il valore dei beni > valore d’azienda se il valore dei beni > valore d’azienda

    INSOLVENZA Economica e finanziaria Economica, finanziaria e patrimoniale

    STRUMENTI/ AZIONI POSSIBILI

    Investimenti con capitale proprio/di terzi con intervento sull’asset economi-

    co per migliorare le performance del processo produttivo (aumento fattura-

    to, riduzione di costi, ect…)

    Investimenti con capitale proprio/di terzi valutando il sacrifico degli inve-

    stitori, liquidazione cespiti, rami d’azienda, etc…, analisi e ricontrattua-

    lizzazione delle posizione debitorie.

    Dall’analisi delle svariate condizioni di crisi d’impresa e dei fattori che l’hanno ge-nerate è possibile, quindi, sostenere che non esiste una regola generale per la scelta del metodo di valutazione dell’impresa in fallimento, come non esiste nel caso d’impresa in esercizio (in crisi o meno) poiché tale decisione dipende da molteplici variabili (forme e fattori della crisi) che caso per caso devono essere valutate e ponderate attentamente. E’ sicuramente opportuno basarsi su una corretta analisi d’azienda capace di far emergere l’origine della crisi ed i suoi fattori al fine di poter adottare il più congruo metodo di valutazione per l’azienda in esame. Generalmente per poter ottenere tali informazioni nella fase di pre – valutazione, viene predisposta un’analisi d’azienda nel tempo (dove vengono presi in considerazione tre/cinque esercizi per azienda in esame) e nello spazio (dove vengono prese a riferimento un numero min/max di aziende operanti nello stesso settore) al fine di poter far emergere i caratteri sa-lienti che hanno generato la crisi d’impresa. In funzione dei risultati che emergono l’esperto adotta il metodo che ritiene più opportuno al caso in questione.

    Le metodologie e gli strumenti per la verifica della crisi aziendale

    L’operatore per poter scegliere correttamente quale sia il metodo di valutazione d’azienda da adottare nell’ambito della crisi d’impresa/fallimento ed a seconda del-la attività svolta dall’azienda in crisi dovrà adottare degli strumenti di analisi azien-dale volti ad individuare quali siano state le cause del dissesto ed in particolare qua-li siano le ragioni che hanno condotto alla crisi aziendale. L’analisi di azienda si basa su informazioni contabili ed extracontabili che l’operatore riesce ad ottenere attraverso i canali aziendali (bilancio d’esercizio e no-

    1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi8

    nei correttivi sarà possibile la continuazione aziendale. Mentre la congiuntura di ambo gli stati di crisi (economico – finanziari) portano l’azienda al dissesto e quin-di ad uno stato d’insolvenza patologica e cronica dove per poter continuare l’attività aziendale saranno obbligatori interventi imprenditoriali importanti con probabili piani di ristrutturazione. In conclusione, dal punto di vista aziendale seguendo il principio di continuità d’impresa qualora il valore dell’azienda sia maggiore del valore dei singoli beni fa-centi parte di essa, è possibile stabile che, nel caso di:

    - crisi economica – l’esperto valuta l’ipotesi di continuazione aziendale at-traverso eventuali correttivi all’analisi effettuata (es. analisi con metodi empirici su aziende concorrenti, funzione di Altman). E tale possibilità di continuazione può essere ottenuta con agevoli sacrifici da parte dell’imprenditore;

    - crisi finanziaria – l’esperto è certo della continuazione aziendale, in quanto l’asset economico è in equilibrio ed è solo opportuno adottare dei correttivi per evitare che l’asset finanziario non soffochi l’attività caratteristica d’impresa, essendo il valore d’azienda sicuramente superiore a quello dei singoli beni valutabili individualmente2;

    - crisi patrimoniale (maturazione dell’ulteriori stadi di crisi economica e fi-nanziaria) – l’esperto valuta la possibilità di una continuazione aziendale a 360° gradi, in quanto appurato con esattezza l’esistenza di produrre reddi-to nell’asset economico d’azienda e che quindi questo possa tradursi in ric-chezza, deve analizzare gli eventuali interventi e sacrifici imprenditoriali e di terzi che potranno permettere di evitare il dissesto d’impresa.

    Quindi, è crisi (a livello giuridico) e continuità (a livello aziendale), quando all’interno di un’azienda in default sussiste reddito d’impresa (opportunamente do-cumentato attraverso analisi aziendali definite e certe), poiché vi sarà sempre e comunque avviamento da vendere che assegna all’azienda stessa, considerata nel suo insieme, un maggior valore rispetto alla disgregazione dei singoli beni in fase liquidatoria. Mentre, se la componente reddituale non è presente, l’esperto deve valutare quale sia il miglior metodo di valutazione d’impresa in fase di non conti-nuità aziendale. Di seguito viene riportato uno schema che permette di riepilogare quanto detto (Tavola 1.3).

    La valutazione dell’azienda in crisi 1.

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 9

    Tavola 1.3 – Gli strumenti possibili della crisi e dell’insolvenza

    DESCRIZIONE CONTINUAZIONE D’AZIENDA LIQUIDAZIONE D’AZIENDA

    CONDIZIONE se il valore d’azienda > valore dei beni se il valore d’azienda > valore dei beni

    CRISI Finanziaria e non economica Finanziaria e non economica

    STRUMENTI/ AZIONI POSSIBILI

    Investimenti con capitale proprio/di terzi sufficienti ad evitare lo shock fi-

    nanziario

    Investimenti con capitale proprio/di terzi sufficienti ad evitare lo shock fi-

    nanziario

    CONDIZIONE se il valore dei beni > valore d’azienda se il valore dei beni > valore d’azienda

    INSOLVENZA Economica e finanziaria Economica, finanziaria e patrimoniale

    STRUMENTI/ AZIONI POSSIBILI

    Investimenti con capitale proprio/di terzi con intervento sull’asset economi-

    co per migliorare le performance del processo produttivo (aumento fattura-

    to, riduzione di costi, ect…)

    Investimenti con capitale proprio/di terzi valutando il sacrifico degli inve-

    stitori, liquidazione cespiti, rami d’azienda, etc…, analisi e ricontrattua-

    lizzazione delle posizione debitorie.

    Dall’analisi delle svariate condizioni di crisi d’impresa e dei fattori che l’hanno ge-nerate è possibile, quindi, sostenere che non esiste una regola generale per la scelta del metodo di valutazione dell’impresa in fallimento, come non esiste nel caso d’impresa in esercizio (in crisi o meno) poiché tale decisione dipende da molteplici variabili (forme e fattori della crisi) che caso per caso devono essere valutate e ponderate attentamente. E’ sicuramente opportuno basarsi su una corretta analisi d’azienda capace di far emergere l’origine della crisi ed i suoi fattori al fine di poter adottare il più congruo metodo di valutazione per l’azienda in esame. Generalmente per poter ottenere tali informazioni nella fase di pre – valutazione, viene predisposta un’analisi d’azienda nel tempo (dove vengono presi in considerazione tre/cinque esercizi per azienda in esame) e nello spazio (dove vengono prese a riferimento un numero min/max di aziende operanti nello stesso settore) al fine di poter far emergere i caratteri sa-lienti che hanno generato la crisi d’impresa. In funzione dei risultati che emergono l’esperto adotta il metodo che ritiene più opportuno al caso in questione.

    Le metodologie e gli strumenti per la verifica della crisi aziendale

    L’operatore per poter scegliere correttamente quale sia il metodo di valutazione d’azienda da adottare nell’ambito della crisi d’impresa/fallimento ed a seconda del-la attività svolta dall’azienda in crisi dovrà adottare degli strumenti di analisi azien-dale volti ad individuare quali siano state le cause del dissesto ed in particolare qua-li siano le ragioni che hanno condotto alla crisi aziendale. L’analisi di azienda si basa su informazioni contabili ed extracontabili che l’operatore riesce ad ottenere attraverso i canali aziendali (bilancio d’esercizio e no-

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  • La valutazione dell’azienda in crisi 1.

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 11

    core business dell’impresa). Tali due metodologie di rielaborazione dello Stato pa-trimoniale non sono alternative, ma bensì complementari. Di seguito riportiamo, in forma estremamente sintetica gli schemi a blocchi relativi allo Stato patrimoniale (Tavola 1.4).

    Tavola 1.4 - Gli schemi a blocchi dello Stato patrimoniale STATO PATRIMONIALE EX

    ART. 2424 C.C.

    STATO PATRIMONIALE

    FINANZIARIO

    STATO PATRIMONIALE

    FUNZIONALE

    ATTIVITA’ PASSIVITA’ ATTIVITA’ PASSIVITA’ ATTIVITA’ PASSIVITA’

    Immobilizzazioni

    Patrimonio netto Attività non

    correnti

    Patrimonio nettoAttività operative

    non correnti

    Patrimonio netto

    Fondi rischi

    e oneri Passività

    non correnti

    Passività operative

    non correnti

    Attivo circolante

    Fondo T.F.R.

    Attività

    correnti

    Attività operative

    correnti

    Passività operative

    correnti

    Debiti

    Passività correnti

    Attività finanziarie

    non correnti

    Passività finanziarie

    non correnti

    Ratei e risconti

    attivi

    Ratei e risconti

    passivi

    Attività finanziarie

    correnti

    Passività finanziarie

    correnti

    Più nello specifico analizzando la riclassificazione funzionale dello Stato patrimo-niale possiamo ottenere anche (Tavola 1.5).

    1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi10

    ta integrativa, contabilità interna, contabilità di magazzino, visure presso la CCIAA competente, informazioni fornite da parte dell’imprenditore, dagli amministratori, dal collegio sindacale, dall’organo di revisione contabile, dai dirigenti, etc…). In particolare, l’analisi d’azienda si basa fondamentalmente sulle informazioni conta-bili rinvenute nei documenti ufficiali (bilanci d’esercizio e note integrative), inte-grate con le altre informazioni ottenute attraverso la contabilità interna, di magaz-zino e le ulteriori, molte volte necessarie, informazioni extracontabili che possono aver condotto a determinate scelte aziendali. Al fine di ottenere una corretta interpretazione dei vari dati ed informazioni per-venute è importante poter analizzare la situazione patrimoniale, economica e fi-nanziaria dell’azienda prendendo in considerazione un arco temporale più ampio di un singolo anno e, normalmente, non superiore ad un quinquennio. General-mente, le analisi che vengono svolte si basano su un lasso di tempo pari ad un triennio o un quinquennio a seconda del settore di attività dell’azienda e delle in-formazioni contabili ed extracontabili fornite all’operatore al fine di poter riscon-trare su dati certi ed ufficiali le operazioni aziendali poste in essere dagli organi ge-stori. L’analisi di bilancio si pone l’obiettivo di valutare l’andamento dei singoli elementi che appaiono in una serie di bilanci riclassificati e di esaminare le relazioni tra detti elementi economici, finanziari e patrimoniali al fine di interpretare la realtà azien-dale. L’analisi di bilancio comprende:

    ‐ tecniche logico deduttive, tra le quali: la rielaborazione dello Stato patrimoniale; la rielaborazione del Conto economico; gli indici; i flussi.

    ‐ tecniche empiriche – teoriche, quale la funzione di Altman. Non essendo questa la sede per approfondire nel dettaglio le singole forme d’analisi d’azienda vengono di seguito riportate brevi indicazioni utili ai fini della valutazione d’azienda sulle metodologie d’analisi previste. In particolare vengono evidenziate quelle analisi o i relativi aspetti che possono avere una maggiore sensi-bilità nell’aziende in crisi.

    Tecniche logico deduttive

    La riclassificazione dello Stato patrimoniale avviene generalmente secondo il crite-rio finanziario (distinzione delle poste patrimoniali in merito alla loro capacità, espressa in unità temporale, di trasformarsi in liquidità) e criterio funzionale (di-stinzione delle poste patrimoniali in funzione della loro attitudine ed aderenza al

    10

  • La valutazione dell’azienda in crisi 1.

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 11

    core business dell’impresa). Tali due metodologie di rielaborazione dello Stato pa-trimoniale non sono alternative, ma bensì complementari. Di seguito riportiamo, in forma estremamente sintetica gli schemi a blocchi relativi allo Stato patrimoniale (Tavola 1.4).

    Tavola 1.4 - Gli schemi a blocchi dello Stato patrimoniale STATO PATRIMONIALE EX

    ART. 2424 C.C.

    STATO PATRIMONIALE

    FINANZIARIO

    STATO PATRIMONIALE

    FUNZIONALE

    ATTIVITA’ PASSIVITA’ ATTIVITA’ PASSIVITA’ ATTIVITA’ PASSIVITA’

    Immobilizzazioni

    Patrimonio netto Attività non

    correnti

    Patrimonio nettoAttività operative

    non correnti

    Patrimonio netto

    Fondi rischi

    e oneri Passività

    non correnti

    Passività operative

    non correnti

    Attivo circolante

    Fondo T.F.R.

    Attività

    correnti

    Attività operative

    correnti

    Passività operative

    correnti

    Debiti

    Passività correnti

    Attività finanziarie

    non correnti

    Passività finanziarie

    non correnti

    Ratei e risconti

    attivi

    Ratei e risconti

    passivi

    Attività finanziarie

    correnti

    Passività finanziarie

    correnti

    Più nello specifico analizzando la riclassificazione funzionale dello Stato patrimo-niale possiamo ottenere anche (Tavola 1.5).

    1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi10

    ta integrativa, contabilità interna, contabilità di magazzino, visure presso la CCIAA competente, informazioni fornite da parte dell’imprenditore, dagli amministratori, dal collegio sindacale, dall’organo di revisione contabile, dai dirigenti, etc…). In particolare, l’analisi d’azienda si basa fondamentalmente sulle informazioni conta-bili rinvenute nei documenti ufficiali (bilanci d’esercizio e note integrative), inte-grate con le altre informazioni ottenute attraverso la contabilità interna, di magaz-zino e le ulteriori, molte volte necessarie, informazioni extracontabili che possono aver condotto a determinate scelte aziendali. Al fine di ottenere una corretta interpretazione dei vari dati ed informazioni per-venute è importante poter analizzare la situazione patrimoniale, economica e fi-nanziaria dell’azienda prendendo in considerazione un arco temporale più ampio di un singolo anno e, normalmente, non superiore ad un quinquennio. General-mente, le analisi che vengono svolte si basano su un lasso di tempo pari ad un triennio o un quinquennio a seconda del settore di attività dell’azienda e delle in-formazioni contabili ed extracontabili fornite all’operatore al fine di poter riscon-trare su dati certi ed ufficiali le operazioni aziendali poste in essere dagli organi ge-stori. L’analisi di bilancio si pone l’obiettivo di valutare l’andamento dei singoli elementi che appaiono in una serie di bilanci riclassificati e di esaminare le relazioni tra detti elementi economici, finanziari e patrimoniali al fine di interpretare la realtà azien-dale. L’analisi di bilancio comprende:

    ‐ tecniche logico deduttive, tra le quali: la rielaborazione dello Stato patrimoniale; la rielaborazione del Conto economico; gli indici; i flussi.

    ‐ tecniche empiriche – teoriche, quale la funzione di Altman. Non essendo questa la sede per approfondire nel dettaglio le singole forme d’analisi d’azienda vengono di seguito riportate brevi indicazioni utili ai fini della valutazione d’azienda sulle metodologie d’analisi previste. In particolare vengono evidenziate quelle analisi o i relativi aspetti che possono avere una maggiore sensi-bilità nell’aziende in crisi.

    Tecniche logico deduttive

    La riclassificazione dello Stato patrimoniale avviene generalmente secondo il crite-rio finanziario (distinzione delle poste patrimoniali in merito alla loro capacità, espressa in unità temporale, di trasformarsi in liquidità) e criterio funzionale (di-stinzione delle poste patrimoniali in funzione della loro attitudine ed aderenza al

    La valutazione dell’azienda in crisi 1.

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 11

    core business dell’impresa). Tali due metodologie di rielaborazione dello Stato pa-trimoniale non sono alternative, ma bensì complementari. Di seguito riportiamo, in forma estremamente sintetica gli schemi a blocchi relativi allo Stato patrimoniale (Tavola 1.4).

    Tavola 1.4 - Gli schemi a blocchi dello Stato patrimoniale STATO PATRIMONIALE EX

    ART. 2424 C.C.

    STATO PATRIMONIALE

    FINANZIARIO

    STATO PATRIMONIALE

    FUNZIONALE

    ATTIVITA’ PASSIVITA’ ATTIVITA’ PASSIVITA’ ATTIVITA’ PASSIVITA’

    Immobilizzazioni

    Patrimonio netto Attività non

    correnti

    Patrimonio nettoAttività operative

    non correnti

    Patrimonio netto

    Fondi rischi

    e oneri Passività

    non correnti

    Passività operative

    non correnti

    Attivo circolante

    Fondo T.F.R.

    Attività

    correnti

    Attività operative

    correnti

    Passività operative

    correnti

    Debiti

    Passività correnti

    Attività finanziarie

    non correnti

    Passività finanziarie

    non correnti

    Ratei e risconti

    attivi

    Ratei e risconti

    passivi

    Attività finanziarie

    correnti

    Passività finanziarie

    correnti

    Più nello specifico analizzando la riclassificazione funzionale dello Stato patrimo-niale possiamo ottenere anche (Tavola 1.5).

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  • 1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 12

    Tavola 1.5 - La riclassificazione dello Stato patrimoniale funzionale

    STATO PATRIMONIALE FUNZIONALEATTIVITA’ PASSIVITA’

    Attività operative non correnti

    COIN

    (IN + CCN)

    Patrimonio netto CN

    Passività operative non correnti

    Attività operative correnti Passività operative correnti

    Attività finanziarie non correnti

    CEIN

    Passività finanziarie non correnti

    PFN Attività finanziarie correnti Passività finanziarie correnti

    Attraverso tale rielaborazione si ottengono i seguenti indicatori:

    - COIN (Capitale operativo investito netto) = Immobilizzo operativo netto (IN) + Capitale Circolante Netto operativo (CCN);

    - CEIN (Capitale extraoperativo investito netto) = Capitale Extraoperativo investito netto (cioè i surplus asset, le poste finanziarie attive, quelle derivan-ti da partecipazioni e titoli);

    - CN = Capitale Netto (Patrimonio netto); - PFN = Posizione finanziaria netta (passività finanziarie correnti e non cor-

    renti). Merita evidenziare che è fondamentale analizzare le singole poste contabili che compongono lo schema patrimoniale di bilancio, in quanto, la stessa posta conta-bile può essere collocata in diverse allocazioni della riclassificazione funzionale a seconda del tipo di attività svolta dall’impresa ed anche in relazione alla dimensio-ne della posta analizzata. Infatti, ad esempio il Fondo TFR generalmente viene in-serito all’interno del COIN, in quanto ha natura non corrente, perché è determina-to dal cumularsi esercizio dopo esercizio delle varie quote di accantonamento della retribuzione a liquidazione differita. In realtà quando tale posta è particolarmente rilevante è opportuno valutare la consistenza della componente di rivalutazione di detto importo che sarà collocata nel PFN separandola dalla sua entità principale. Il Conto economico è rielaborato secondo il criterio del valore aggiunto o del co-sto del venduto. Il primo, è il modello di riclassificazione maggiormente in uso, in quanto si pre-sta facilmente ad essere utilizzato dall’operatore esterno all’azienda poiché non ri-chiede informazioni integrative ulteriori rispetto a quelle contenute nel bilancio d’esercizio. Tale metodo rielabora il Conto economico in funzione del ciclo opera-

    La valutazione dell’azienda in crisi 1.

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 13

    tivo dell’azienda, infatti dovranno essere presi inconsiderazione i fattori principali che l’impresa utilizza per poter svolgere la propria attività gestionale. Il valore ag-giunto non è altro che l’incremento che un’azienda aggrega al valore dei beni e servizi che acquista da altre aziende. Questa ricchezza viene ripartita tra i fattori della produzione (lavoratori, finanziatori, Stato) sotto forma di retribuzioni, inte-ressi, imposte e l’azienda, sotto forma di autofinanziamento proprio (accantona-menti a riserva) e improprio (ammortamenti). Come bene si può comprendere tale rielaborazione permette di creare collegamen-ti profittevoli, da un punto di vista dell’analisi aziendale per l’operatore, con la ri-classificazione dello Stato patrimoniale secondo i criteri funzionali. Di seguito riportiamo un breve schema riepilogativo (Tavola 1.6).

    1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 12

    Tavola 1.5 - La riclassificazione dello Stato patrimoniale funzionale

    STATO PATRIMONIALE FUNZIONALEATTIVITA’ PASSIVITA’

    Attività operative non correnti

    COIN

    (IN + CCN)

    Patrimonio netto CN

    Passività operative non correnti

    Attività operative correnti Passività operative correnti

    Attività finanziarie non correnti

    CEIN

    Passività finanziarie non correnti

    PFN Attività finanziarie correnti Passività finanziarie correnti

    Attraverso tale rielaborazione si ottengono i seguenti indicatori:

    - COIN (Capitale operativo investito netto) = Immobilizzo operativo netto (IN) + Capitale Circolante Netto operativo (CCN);

    - CEIN (Capitale extraoperativo investito netto) = Capitale Extraoperativo investito netto (cioè i surplus asset, le poste finanziarie attive, quelle derivan-ti da partecipazioni e titoli);

    - CN = Capitale Netto (Patrimonio netto); - PFN = Posizione finanziaria netta (passività finanziarie correnti e non cor-

    renti). Merita evidenziare che è fondamentale analizzare le singole poste contabili che compongono lo schema patrimoniale di bilancio, in quanto, la stessa posta conta-bile può essere collocata in diverse allocazioni della riclassificazione funzionale a seconda del tipo di attività svolta dall’impresa ed anche in relazione alla dimensio-ne della posta analizzata. Infatti, ad esempio il Fondo TFR generalmente viene in-serito all’interno del COIN, in quanto ha natura non corrente, perché è determina-to dal cumularsi esercizio dopo esercizio delle varie quote di accantonamento della retribuzione a liquidazione differita. In realtà quando tale posta è particolarmente rilevante è opportuno valutare la consistenza della componente di rivalutazione di detto importo che sarà collocata nel PFN separandola dalla sua entità principale. Il Conto economico è rielaborato secondo il criterio del valore aggiunto o del co-sto del venduto. Il primo, è il modello di riclassificazione maggiormente in uso, in quanto si pre-sta facilmente ad essere utilizzato dall’operatore esterno all’azienda poiché non ri-chiede informazioni integrative ulteriori rispetto a quelle contenute nel bilancio d’esercizio. Tale metodo rielabora il Conto economico in funzione del ciclo opera-

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  • 1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 12

    Tavola 1.5 - La riclassificazione dello Stato patrimoniale funzionale

    STATO PATRIMONIALE FUNZIONALEATTIVITA’ PASSIVITA’

    Attività operative non correnti

    COIN

    (IN + CCN)

    Patrimonio netto CN

    Passività operative non correnti

    Attività operative correnti Passività operative correnti

    Attività finanziarie non correnti

    CEIN

    Passività finanziarie non correnti

    PFN Attività finanziarie correnti Passività finanziarie correnti

    Attraverso tale rielaborazione si ottengono i seguenti indicatori:

    - COIN (Capitale operativo investito netto) = Immobilizzo operativo netto (IN) + Capitale Circolante Netto operativo (CCN);

    - CEIN (Capitale extraoperativo investito netto) = Capitale Extraoperativo investito netto (cioè i surplus asset, le poste finanziarie attive, quelle derivan-ti da partecipazioni e titoli);

    - CN = Capitale Netto (Patrimonio netto); - PFN = Posizione finanziaria netta (passività finanziarie correnti e non cor-

    renti). Merita evidenziare che è fondamentale analizzare le singole poste contabili che compongono lo schema patrimoniale di bilancio, in quanto, la stessa posta conta-bile può essere collocata in diverse allocazioni della riclassificazione funzionale a seconda del tipo di attività svolta dall’impresa ed anche in relazione alla dimensio-ne della posta analizzata. Infatti, ad esempio il Fondo TFR generalmente viene in-serito all’interno del COIN, in quanto ha natura non corrente, perché è determina-to dal cumularsi esercizio dopo esercizio delle varie quote di accantonamento della retribuzione a liquidazione differita. In realtà quando tale posta è particolarmente rilevante è opportuno valutare la consistenza della componente di rivalutazione di detto importo che sarà collocata nel PFN separandola dalla sua entità principale. Il Conto economico è rielaborato secondo il criterio del valore aggiunto o del co-sto del venduto. Il primo, è il modello di riclassificazione maggiormente in uso, in quanto si pre-sta facilmente ad essere utilizzato dall’operatore esterno all’azienda poiché non ri-chiede informazioni integrative ulteriori rispetto a quelle contenute nel bilancio d’esercizio. Tale metodo rielabora il Conto economico in funzione del ciclo opera-

    La valutazione dell’azienda in crisi 1.

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 13

    tivo dell’azienda, infatti dovranno essere presi inconsiderazione i fattori principali che l’impresa utilizza per poter svolgere la propria attività gestionale. Il valore ag-giunto non è altro che l’incremento che un’azienda aggrega al valore dei beni e servizi che acquista da altre aziende. Questa ricchezza viene ripartita tra i fattori della produzione (lavoratori, finanziatori, Stato) sotto forma di retribuzioni, inte-ressi, imposte e l’azienda, sotto forma di autofinanziamento proprio (accantona-menti a riserva) e improprio (ammortamenti). Come bene si può comprendere tale rielaborazione permette di creare collegamen-ti profittevoli, da un punto di vista dell’analisi aziendale per l’operatore, con la ri-classificazione dello Stato patrimoniale secondo i criteri funzionali. Di seguito riportiamo un breve schema riepilogativo (Tavola 1.6).

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  • La valutazione dell’azienda in crisi 1.

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi 15

    del venduto viene calcolato attraverso la somma algebrica delle esistenze iniziali, acquisti e rimanenze finali. Di seguito riportiamo un breve schema riepilogativo (Tavola 1.7).

    Tavola 1.7 - La riclassificazione del Conto economico al costo del venduto

    Ricavi di vendita Costo del venduto (Rimanenze iniziali + Acquisti – Rimanenze finali) Margine lordo industriale (Utile lordo) Altri ricavi e proventi Totale altri ricavi e proventi Costi ordinari Per servizi Per godimento beni di terzi Personale Oneri diversi di gestione Totale costi ordinari Margine operativo lordo Accantonamenti Accantonamenti per lavoro dipendente Ammortamento immobilizzazioni immateriali Ammortamento immobilizzazioni materiali Svalutazioni Accantonamenti per rischi e altri Totale accantonamenti Margine operativo netto Gestione finanziaria Proventi finanziari Oneri finanziari Totale gestione finanziaria Risultato economico gestione ordinaria Gestione straordinaria Proventi straordinari Oneri straordinari Totale gestione straordinaria Risultato d'esercizio ante imposte Imposte d'esercizio Risultato d'esercizio al netto delle imposte

    L’analisi per indici calcola quozienti o rapporti (talvolta espressi in forma percen-tuale oppure in forma unitaria) tra valori e grandezze di natura diversa.

    1. La valutazione dell’azienda in crisi

    La valutazione dell’avviamento e dei beni immateriali nelle aziende in crisi14

    Tavola 1.6 - La riclassificazione del Conto economico a valore aggiunto Ricavi delle vendite e delle prestazioniVariazione rimanenze prodotti Variazione lavori in corso Incrementi di immobilizzazioni Altri ricavi VALORE DELLA PRODUZIONE Costi per materie prime e consumoCosti per servizi Costi per godimento beni di terzi Variazione materie Oneri diversi di gestione VALORE AGGIUNTO Costi per il personale MARGINE OPERATIVO LORDO (MOL) Accantonamenti per lavoro dipendente Ammortamento immobilizzazioni immateriali Ammortamento immobilizzazioni materiali Svalutazioni Accantonamenti per rischi e altri MARGINE OPERATIVO NETTO (MON) Proventi finanziari Oneri finanziari diversi da quelli v/banche Rettifiche di attività finanziarie EARNING BEFORE INTEREST AND TAXES (EBIT) Oneri finanziari RISULTATO ORDINARIO Saldo proventi e oneri straordinari RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE Imposte dell'esercizio UTILE (PERDITA) DI ESERCIZIO

    Il criterio del costo del venduto rielabora il Conto economico in funzione dei costi e ricavi per destinazione, in modo da distinguere i costi sostenuti per l’attività prin-cipale e quelli riguardanti i settori commerciale ed amministrativo. Tale metodo necessita di ulteriori informazioni che devono pervenire dall’azienda ed infatti ta