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Antonio Pappalardo Francesco Patrizi “IL GENERALE RIVOLUZIONARIO CHE FA SOGNARE” 1

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Antonio Pappalardo

Francesco Patrizi

“IL GENERALE RIVOLUZIONARIO CHE FA

SOGNARE”

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Palermo, 25 giugno 2017

“I problemi non possono essere risolti con gli stessi schemi mentali che li hanno generati”(Albert Einstein)

“Alla mia età, ho incontrato tanta gente, ho sofferto e gioito, ma soprattutto ho imparato ad amare l'Amore, e a rifiutare l'odio. L'Amore dona a noi stessi l'eterna gioventù, e ogni domani è importante per incontrare nuova gente e vivere nuove storie importanti”.(Leonardo da Vinci)

“L’aver fatto una onorata carriera nell’esercito costituiva per i Romani, che dovevano eleggere

i candidati alle cariche pubbliche, un titolo di merito e una garanzia. Un cittadino, che avesse

difeso fisicamente la Repubblica, mettendo a rischio la vita e l’incolumità, aveva più diritto di altri

ad amministrarla, e non solo perché presumibilmente avrebbe tenuto presente l’interesse generale, ma perché,

addestrato ad obbedire nei reparti e a comandarli, avrebbe potuto più facilmente trasferire la sua

esperienza di ufficiale nella gestione dello Stato … costituito dall’intero corpus dei cittadini romani”.

(Gaio Mario, Giuseppe Antonelli, Newton & Compton, 1999, pag. 16)

Dostoevskij, dopo un viaggio in Italia, scrisse: “La Nazione italiana è una fantastica realtà a vocazione universale che un piccolo e presuntuoso piemontese, di nome Cavour, aveva compressa in uno Stato che mai avrebbe potuto essere un vero Stato”.

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Prefazione del Generale Rivoluzionario

Mi trovo spesso a discutere con diverse persone dei problemi che affliggono soprattutto la povera gente, quella che nella nostra società non conta nulla.

Un giorno, passando per Torino, ho parlato amabilmente di economia e finanza con il dott. Nunzio Chiolo, Presidente di CONAFI.

Gli ho esposto il progetto, che stava nascendo all’interno delle Forze Armate e di Polizia, e in particolare dell’Arma dei Carabinieri, per salvare il nostro Paese, da una catastrofe che è ormai imminente.

Ho visto che il mio interlocutore, mentre esponevo i vari argomenti, mi guardava quasi estasiato. Ad un certo punto ha così esclamato: “Lei, Generale, è un vero rivoluzionario. Mi fa sognare”.

Gli ho risposto: “In che cosa la sto facendo sognare?”.

Ha replicato: “Lei è la prima persona che, nel grigiore più assoluto che gli Italiani stanno vivendo, ci porta a sperare in una nuova società, che potremmo concretamente realizzare”.

Siccome altre persone mi hanno parlato in tal modo, mi è venuta l’idea di invitare un imprenditore, abituato a dare risposte concrete alle persone con cui opera, a sottopormi ad uno stringente interrogatorio per far comprendere come il Generale rivoluzionario fa sognare la gente.

Va subito detto che oggi il sogno degli Italiani di un’Europa, unita politicamente, è stato tradito. Taluni, che scopriremo, hanno imbrogliato i giovani, così manipolando le menti degli adulti di domani. E’ stato venduto il sogno accattivante dell’Europa unita, che si è rilevato un marchingegno politico, perfidamente costruito, da accettare senza fare troppe domande.

Siamo sprofondati nelle sabbie mobili, un po’ alla volta, senza che ce ne accorgessimo, sottoscrivendo il trattato di Maastricht, introducendo la moneta unica, concependo una Costituzione europea (per fortuna abortita), ratificando il trattato di Lisbona. Non in forza di un ragionamento, di un’analisi, di una logica, ma di un “sogno” inconsistente, fasullo, infondato. E per fare ciò ci hanno costretti a rinunciare alla nostra libertà e al nostro potere sovrano.

Hanno compiuto un golpe evidente, perpetrato non da cattivi uomini in divisa nera, riconoscibili come il nemico, ma da entità sovranazionali, BCE, Mercati, Commissione Europea, Troika, che possono distruggere un governo, democraticamente eletto, e metterne uno al suo posto. Secondo la ricetta del rospo fritto: metti un rospo in acqua fredda in pentola e gli fai credere che sta nel suo elemento naturale. Poi comincia a scaldare lentamente l’acqua, fino a quando il rospo sarà cotto.

A me, Oscar Luigi Scalfaro, quando era Presidente della Repubblica, disse di inghiottire il rospo per allinearmi al volere dell’allora Capo del Governo, Ciampi, responsabile della catastrofe dell’euro. Mi sono decisamente rifiutato.

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Oggi, superata quella terribile prova, posso indicare agli Italiani un nuovo sogno da realizzare!

Ho scelto come immagine della prima pagina del libro due lune, che appaiono prodigiosamente nel cielo, in parte stellato e con nuvole dai colori dell’arcobaleno, in un mare tempestoso.

La prima Luna rappresenta il ciclo della vita umana, che oggi si evolve secondo ritmi consueti, fissati da regole antiche, mai condivise, da entità malvage, che hanno saputo, anche attraverso le ultime scoperte tecnologiche, manipolare le menti degli uomini per condurli a traguardi proibiti.

La seconda Luna evoca, invece, il cambiamento, la trasformazione, il passaggio da un mondo all’altro, da uno stato all’altro, l’accrescimento e la diminuzione, l’eterno divenire delle cose.

La seconda Luna è stata perfidamente nascosta ed è divenuta invisibile agli uomini.

Tanto tempo fa, la Terra aveva due lune. Non è una favola, ma la realtà ipotizzata da alcuni ricercatori della Nasa impegnati nella missione Grail, con lo scopo di studiare i segreti ancora sepolti sotto la polvere lunare e appunto scoprire se mai, un giorno lontano, il nostro satellite possa aver avuto un gemello.

Secondo alcune teorie ancora tutte da dimostrare, infatti, svariati milioni di anni fa, osservando il cielo dal nostro pianeta, si sarebbero potute vedere due lune.

Ciò spiegherebbe l'anomala asimmetria del nostro satellite. Il lato illuminato e quello oscuro sono sostanzialmente diversi. La faccia che noi da sempre vediamo splendere nelle notti sgombre da nubi è infatti caratterizzata da vasti mari di lava solidificata, mentre dall'altra parte la superficie è più mossa e connotata da altopiani. Gli scienziati si sono a lungo sforzati di trovare una giustificazione a queste differenze e la teoria delle lune gemelle è l'ultimo tentativo in ordine di tempo.

Gli astronomi concordano sul fatto che in epoche remote - si parla di 4 miliardi di anni fa - la Terra si sia scontrata con un altro pianeta delle dimensioni di Marte. I detriti risultati dallo schianto cosmico si sarebbero poi agglomerati per formare l'attuale satellite. Ma la quantità di materiale espulso sarebbe stata sufficiente per formarne un altro, di dimensioni minori, che si sarebbe posto in orbita seguendo la traiettoria della Luna maggiore.

La seconda Luna, quella più piccola, grande circa un terzo, potrebbe essere sfuggita all'attrazione della Terra, andando a collidere con la sorella maggiore, ad una velocità però abbastanza bassa da non provocare un cratere da impatto. Al contrario, il satellite minore sarebbe andato a strisciare contro la superficie del lato nascosto, determinandone il suo aspetto attuale: gli altipiani sarebbero ciò che resta della luna scomparsa.

Ora essa potrebbe riemergere dalle sabbie lunari e dare al cielo l’aspetto sognato.

Il mare tempestoso sta a significare che il cambiamento non avverrà se non con forti perturbamenti dell’attuale ordine costituito.

Il mutamento porterà, però, ad un nuovo cielo stellato, in cui dominano le nuvole dai colori dell’arcobaleno, che sono il simbolo della pace, della libertà e della emancipazione degli esseri umani, ormai liberi da ogni condizionamento ideologico perverso.

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Prefazione dell’Ingegnere

Mi vorrei presentare: sono Francesco Patrizi, Cittadino, convivente e padre di due bambini, ingegnere libero professionista e imprenditore nel settore del fotovoltaico e dell’efficienza energetica (IMPIANTI SOLARI Ing. Patrizi&Patrizi srl).

Ho deciso di smettere di lamentarmi della cose che non vanno e di agire in prima persona al fine di dare il mio modesto contributo per risollevare il Paese al ruolo che merita, in quanto sono convinto che noi e i nostri figli meritiamo un paese migliore. Personalmente ritengo che la politica buona è un servizio che viene reso ai cittadini e al Paese da persone che dal mondo del lavoro si prestano a tale nobile attività, per un periodo limitato, e ciò per pura passione e spirito di servizio. Solo in Italia assistiamo al professionismo della politica, gente che non ha mai lavorato in vita sua, mantenuti di partito, hanno l'arroganza di volerci far credere di essere in grado di migliorare e guidare il Paese. IL MALE NON PUÒ ESSERE LA CURA!

Per questo nella mia azione politica, ho voluto mantenere intatta e integra la mia figura di cittadino che si presta alla politica, per questo non ho aderito a nessun “vecchio partito”, in quanto li reputo tutti corresponsabili del depauperamento e dello svilimento della Nazione.

Il mio cammino politico è iniziato dapprima con una vicinanza di pensiero alle idee del M5S, dal quale movimento presto mi sono allontanato, in quanto avevo notato che le buone intenzioni rimanevano tali, non venendo attuate concretamente e con coerenza. Ho potuto scoprire che il M5S è stato creato ad uso e consumo di Grillo. In questo percorso mi sono schierato inizialmente con una lista civica a livello comunale a Ravenna.

Ho conosciuto con piacere il Generale Antonio Pappalardo, Presidente del Movimento Liberazione Italia, del quale ho potuto apprezzare idee e ideali, che ho condiviso. Con Lui ho subito constatato che vi sono tanti cittadini onesti, disinnamorati della vecchia politica che ha affondato l'Italia, in collaborazione con l'Europa dei burocrati, con le banche e le lobby di potere economico-finanziario, che intendono far risorgere il nostro Paese.

E questo mi ha dato nuova linfa, nuovo vigore e slancio!

Noi del MOVIMENTO LIBERAZIONE ITALIA siamo l'astro nascente della politica italiana, perché, siamo scorporati dalle logiche di partito, dalle lobby di potere e dalle banche. Noi rappresentiamo l'essenza della politica, che si mette al servizio dei cittadini e del Paese. Abbiamo l'onestà, il coraggio, le competenze e la coerenza, per cambiare le cose che non vanno e riportare l'Italia al ruolo che merita, insieme a voi!

Rendiamo libera e di nuovo grande l'Italia. Insieme lo possiamo fare! Con un Generale che, per le sue idee e la genialità delle soluzioni politiche, che propone, ci fa sognare.

Gli ho posto alcune domande, alle quali Lui, com’è suo solito, ha risposto con passione ed entusiasmo coinvolgente.

Il Generale ci parla di una meravigliosa Italia, unica al mondo, e per questo invidiata perché possiede risorse che nessun altro Paese ha! Risorse non valorizzate, fatto che rende l’Italia un Paese affamato di lavoro e stanco, a causa di politiche scellerate di un’Europa nelle mani delle lobby di potere e delle banche, che ci fanno tornare indietro nel tempo, a quell’Unione sovietica, oggi impersonata dalla Germania, che ammazzava ogni iniziativa nel mondo del lavoro e dell’impresa.

L’Italia, che il Generale ci fa vedere, è una realtà fantastica a vocazione universale, così come la vedevano illustri scrittori dell’800.

Torneremo, insieme a Lui, a svolgere un ruolo di primaria importanza in ogni settore, da quello politico, a quello economico, da quello sociale a quello culturale.

Il vento, che spira da Sud si fa sempre più forte e impetuoso per rimuovere l’aria stagnante che ci fa soffocare.

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Francesco PatriziPrefazione di Uno che mi conosce

Sì, conosco bene il Generale Antonio Pappalardo, che noi Carabinieri in gran parte continuiamo a chiamare Colonnello, o meglio Presidente, perché è in tale grado e carica che Egli ha dato tutto se stesso per migliorare le condizioni di vita e di servizio dei Carabinieri. E non solo! Anche per restituire dignità ad una Istituzione, che questo regime pseudo democratico ha cercato di avvilire e svilire. Perché la casta ha paura dei Carabinieri, essendo troppo vicini e amati dal Popolo.

Nel lontano 1988, per la prima volta nella mia vita militare, ho visto in televisione in una trasmissione, molto seguita, condotta dal giornalista Michele Santoro, un Ufficiale dei Carabinieri parlare in termini molto chiari e diretti contro le gerarchie, che per secoli non avevano permesso a nessuno di poter esternare, in pubblico, i propri disagi e le tematiche di interesse che affliggevano il mondo Militare, con maggior riferimento ai Carabinieri.

Mi chiesi subito: “Ma questo è pazzo!”Si trattava del Tenente Colonnello Antonio PAPPALARDO, Presidente del COCER Carabinieri del 5°

mandato. Dopo la trasmissione, cercai di avere notizie su di Lui. Ero sicuro che si trattasse di un Colonnello bruciato nella carriera, che sparava a zero sulle gerarchie per motivi personali.

Scoprii presto che dello stesso mandato faceva parte il Maresciallo Algesiro Cariglia, mio vecchio compagno al corso di allievo Carabiniere (Roma 1967).

Lo rintracciai al Comando Generale dell’Arma, dove ha sede l’Organismo centrale di rappresentanza e gli chiesi informazioni su questo singolare Ufficiale. Tutte le informazioni, possibili e inimmaginabili. Avevo voglia di conoscerlo bene.

Cariglia mi rispose prontamente non avendo alcun problema nel farlo. Mi descrisse Pappalardo, facendo risaltare subito che stavamo parlando di un Ufficiale proveniente dall’Accademia militare con ottimi requisiti e con grandi possibilità di andare avanti nella carriera militare fino a raggiungere i gradi di vertice dell’Arma.

Mi disse che Pappalardo era un uomo tutto d’un pezzo e non accettava condizionamenti o regalie da parte di alcuno. Era incorruttibile!

Gli domandai: “Perché un ufficiale rischia la propria carriera per difendere i Carabinieri?”.Mi rispose semplicemente: “E’ fatto così!”.E’ inutile stare a raccontare come le cose nell’Arma cambiarono dopo l’intervento di Pappalardo in

televisione.Noi Carabinieri ricorderemo il 1988 come la nostra primavera.Mi appassionai così tanto vedendolo difendere i Carabinieri che promisi a me stesso che avrei fatto di

tutto per farmi eleggere nella Rappresentanza Militare, per seguire le Sue orme. Cosa che mi riuscì nel 1991 quando per la prima volta divenni delegato a livello centrale (COCER) 6 ° mandato.

Da allora e per altri due mandati mi sono dedicato totalmente agli altri.Avevo trovato la mia strada. E di questo dovevo ringraziare Lui, l’uomo che più di ogni altro ha lasciato

un’orma indelebile nell’anima dei Carabinieri.

Un Luogotenente dei Carabinieri

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Capitolo ILa vita

1) “Cominciamo dall’inizio. Mi dica dove è nato e mi parli della sua famiglia?”

“Sono nato a Palermo circa 9 mesi dopo che mio padre, appuntato dei Carabinieri, era tornato dalla guerra. Non

aveva perso tempo e lo posso capire, perché mia madre era una bella donna (è vissuta sino a quasi 104 anni) ed

anche se molti le dicevano che suo marito, internato in un campo di sterminio nazista, non sarebbe più tornato

e che meglio avrebbe fatto lei a trovarsi, con due figli a carico, un altro uomo, aveva risposto che avrebbe

aspettato suo marito sempre. Comunque non si sarebbe mai risposata. Erano ovviamente altri tempi e si

credeva in altri valori.

La mia famiglia era piuttosto semplice. Quando sono venuto al mondo era composta da mio padre, mia madre, i

nonni materni e due figli, Maria, la più grande, e Franco, nato dopo che papà era partito per la guerra,

mobilitato con il 4° Battaglione Lazio in Albania. Si viveva solo con lo stipendio di mio padre e con qualche

spicciolo che ricavava mio nonno, sordomuto dalla nascita, dalla sua professione di calzolaio. Vivevamo in una

unica grande stanza, dove si faceva di tutto, di una casa in via dell'Albergheria, di proprietà di mio nonno, che

aveva ricevuto alcune case di proprietà, di modesto valore, dal padre che aveva saputo costruirsi una piccola

fortuna, che, prima di morire, aveva diviso equamente fra i suoi tanti figli”.

2) “Mi parli di suo padre e di sua madre”.

“Mio padre era nato in una famiglia, anch'essa numerosa, con un padre (mio nonno) molto autoritario e geloso

della bella moglie, Maria, che aveva gli occhi azzurri profondi. Sottolineo questo suo aspetto fisico, perché tutti

mi hanno detto e mi dicono tuttora che ho preso i miei occhi azzurri da mia nonna Maria.

Mio padre studiò sino alla sesta elementare, ottenendo un diploma che conseguì con voti brillanti, che oggi vale

più di una laurea, conseguita da taluni che non sanno nemmeno scrivere in buon italiano. Mio padre, invece,

sapeva scrivere, ed aiutando mio nonno che, seppur agente del dazio, lavorava di notte in una tipografia, per

arrotondare lo stipendio che non era sufficiente a mantenere la famiglia, acquisì un'ottima calligrafia, dote di

cui in seguito parecchi marescialli dell'Arma si avvalsero per fargli scrivere i fogli matricolari.

Mio padre non visse certamente nell'oro; anzi, ebbe una fanciullezza dura dal punto di vista economico. Il pane,

però, non mancava mai. Ebbe, però, un'adolescenza spensierata e per guadagnarsi qualche spicciolo suonava la

chitarra in un complesso che faceva le stornellate alle donne amate. Erano, però, più i secchi d'acqua che

rimediava. Suonava canzoni napoletane, di cui era innamorato.

A 17 anni non volendo più vivere senza un quattrino in tasca, si arruolò nell'Arma dei Carabinieri. Era il 1925.

Durante la selezione, non avendo l'altezza prescritta di 1 metro e sessanta cinque centimetri, all'atto della

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misurazione, si alzava ripetutamente sulle punte dei piedi; ma il medico gli dava scappellotti sulla testa per farlo

tornare sui talloni.

Ma non insistette molto; capì il dramma di quel giovane e lo fece idoneo.

E così partì per Roma, per la Scuola Allievi. La madre pianse tanto per quel figlio che si allontanava da casa.

Dopo tante vicissitudini, che qui non descrivo essendo altro il tema della nostra discussione, si trovò a fare

servizio di guardia al palazzo reale a Palermo. Fu lì che vide passare mia madre e subito se ne innamorò.

Mia madre era figlia unica di un padre sordomuto, e di una madre, rimasta vedova di un uomo facoltoso. I

genitori, vedendola smarrita, l'avevano fatta sposare a quel sordomuto che era un bel giovane, che aveva ben

imparato il linguaggio dei segni e poi aveva un discreto patrimonio immobiliare lasciatogli dal padre.

Aveva avuto un fratello, che era morto giovane dopo aver sbattuto violentemente un ginocchio, che si era rotto

e che i medici non avevano saputo curare.

Lei sapeva che senza il suo sostegno i suoi genitori, non autonomi, non sarebbero sopravvissuti. Per cui, a quel

giovane carabiniere, che la chiedeva in sposa, impose che nella famiglia, che loro stavano creando, dovevano

convivere i suoi genitori.

Mio padre accettò e fu sempre premuroso e affettuoso verso di loro”.

3) “Mi può narrare della drammatica vita vissuta da suo padre che, carabiniere catturato in Albania nel 1943,

rifiutò di collaborare con i tedeschi e venne condotto nel campo di sterminio di Dora-Buchenwald?”

“Seppi delle sue disavventure belliche una sera d'inverno, mentre ci trovavamo a Bressana Bottarone, piccolo

comune in provincia di Pavia, di cui mio padre era Comandante della stazione. Nel frattempo la famiglia si era

accresciuta ed erano venuti al mondo altri due fratelli maschi, Giuseppe e Pietro, e una sorella, Rita. Era il 1955.

Alla fine della cena, mentre mia madre, aiutata sempre da Maria, la sorella più grande, sparecchiava la tavola,

mio padre raccontò quella drammatica storia, che la mia mente di fanciullo (avevo appena 9 anni) non avrebbe

mai più dimenticata, che poi riportai nel mio libro “Il Re della Timpa del Forno”, descrivendo attentamente ogni

passaggio di quella tragedia. Chi vuole apprendere tutti i particolari di quella storia drammatica, se lo vada a

leggere in quel romanzo.

Qui voglio solo sottolineare che mentre quasi tutti i marescialli e carabinieri, catturati nel 1943 dai nazisti, si

rifiutarono di collaborare, quasi tutti gli ufficiali non fecero altrettanto, per cui tornarono a casa ed ebbero

ulteriori ed importanti incarichi. Si dice spesso: “Chi muore è fesso e chi vive è furbo”.

Centinaia di carabinieri, invece, morirono e i loro corpi rimasero in quel campo di sterminio, perché sono stati

fedeli sino all'ultimo. Quando, però, ho chiesto al Comandante Generale dell'Arma di portare alla luce la storia di

quel battaglione letteralmente scomparso, perché si sottolineasse il valore di quei carabinieri, anche per la

concessione di una medaglia alla Bandiera dell'Arma, mi sono sentito rispondere che era meglio stendere un

velo pietoso.

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Ovviamente non ho accettato e sto pensando di scrivere un libro “Il Battaglione scomparso”, che è una dura

accusa contro il Re, Badoglio, i suoi Ministri e quei generali felloni, che hanno abbandonato i loro uomini ad un

triste destino.

Siano maledetti per sempre!”.

4) Suo padre tornò a casa dalla guerra nel 1945 e subito dopo nacque lei. Che messaggi ha da lui ricevuto dopo quella terribile esperienza?

“Mio padre era un uomo di poche parole. Non si confidava con alcuno, né tantomeno con i figli. Noi lo

vedevamo poco, perché con il lavoro duro nell’Arma, che lo assorbiva per oltre 16 ore al giorno, stava a

malapena a tavola con noi.

Ma quando mangiavamo tutti insieme, dovevamo rispettare tutte le regole del galateo.

Nei suoi 37 anni di servizio non l’ho mai visto con l’abito civile.

Era un uomo tutto d’un pezzo, come pochi se ne trovano oggi. Ma soprattutto parlava poco (virtù, ahimè, che

non ho ereditato) e non si vantava di ciò che faceva di buono a favore degli altri.

Quando, con i suoi compagni, scappò dal campo di sterminio, tagliando con un forbicione il filo spinato, salvò la

vita di uno di loro, che si era impigliato con il sedere. Invece di fuggire lasciandolo attaccato, perché i tedeschi si

erano accorti della loro fuga e stavano accorrendo sparando contro di loro, gli strappò imprecando il pantalone

lacerandosi una mano.

Ritornato in patria non ha mai voluto ricordare l’episodio, né chiedere ricompense. E quando si accorse che colui

che aveva salvato lo ringraziava troppo, non passò più per la strada dove lui al mercato Ballarò aveva una

botteguccia.

Altri tempi!

Oggi i figli e i parenti di padri e congiunti, uccisi dal terrorismo e dalla mafia, fanno fortuna dappertutto, in

politica e in televisione!

Da lui che ho imparato? Che la dignità è il bene più prezioso dell’uomo e che non bisogna mai perderla”.

5) “Mi parli del momento in cui suo padre comandò la stazione di Portella della Paglia e combatté il feroce

bandito Giuliano?”.

“Lui, che era tornato da un campo di sterminio, meritava un momento di riposo. Invece, l’Arma lo scaraventò in

prima linea, lasciando negli uffici legionali i soliti raccomandati, che poi mettevano la pancia e si credevano dei

padreterni e alla fine si beccavano pure il cavalierato.

Mio padre fu promosso brigadiere e mandato a Portella della Paglia, vicino a Portella della Ginestra, dove è

avvenuto il ben noto massacro di lavoratori comunisti. Solo in quel momento il PCI si accorse che in Sicilia

c’erano il banditismo e la mafia e cominciò a fare una campagna politica contro i fenomeni devianti nel

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meridione d’Italia, come poi sarebbe accaduto con le Brigate rosse, all’inizio letteralmente tollerate, se non

sostenute.

Mio padre non usò mai violenza gratuita contro i feroci banditi di Giuliano, che alla fine lo rispettavano per la sua onestà e per la sua dirittura morale”.

6) Chi l’ha convinta ad arruolarsi nell’Arma dei Carabinieri dato che lei già a 14 anni manifestava qualità

artistiche nel campo musicale e nella pittura?”.

“Fu mio padre che, vedendomi suonare la chitarra, ben sapendo che con la musica non si campa, mi chiese di

tentare il concorso in Accademia Militare. Accettai, ma precisai che non sarei rimasto se non fossi entrato nei

Carabinieri.

Entrai nell’Arma e per 40 anni, che sono volati via come il vento, ho cercato di servire prima di tutto la povera

gente, poi il Paese, quindi l’Arma.

Ma non ho mai abbandonato la mia vena artistica. Chiesi ed ottenni di portare con me la chitarra e i colori per

dipingere. Il mio Tenente dapprima si oppose perché in Accademia ciò era vietato. Ma alla fine la spuntai.

E lì ho dipinto con il carboncino la carica dei Carabinieri a Pastrengo, che in seguito ho regalato alla Scuola Ufficiali Carabinieri. Per i più curiosi, essa è ancora lì, davanti all’ufficio del Comandante della Scuola”.

7) “Lei a 19 anni entrò in Accademia militare. Cosa la colpì di quell’istituto?”.

“Il fatto che gli ufficiali tentassero di omogeneizzarci. Mi ricordo il primo giorno: ci raparono a zero e un capitano

dei bersaglieri ci disse che ci avrebbero tolto il cervello per mettercene un altro.

Io feci un gestaccio da sotto il tavolino. Mi volevo ben tenere il mio cervello, con tutti i suoi difetti, ma anche con

qualche pregio.

Quello che, però, mi colpì non furono le parole insensate di quell’ufficiale, ma il commento dei miei colleghi,

che approvarono il suo dire. Questo fatto mi spaventò perché capii che avrei vissuto in mezzo ad un gregge e

che mai da costoro avrei avuto un sostegno in qualsiasi frangente. Erano pecore, tranne rare eccezioni, che

pensavano solo a fare carriera, ben inquadrati ed asserviti ad un potere, che nel tempo avrei scoperto essere

pusillanime.

Comunque in Accademia imparai cosa vuol dire soffrire in silenzio senza lamentarsi. E la sera, quando andavo a letto, dopo una dura giornata, ero tentato di lasciare tutto e tornare a casa. Ma il giorno dopo riprendevo con maggiore lena. Indietro non potevo tornare. I miei amici e i miei familiari avrebbero mal interpretato il mio gesto di abbandono”.

8) “Al termine dell’Accademia militare a Modena e della Scuola Ufficiali a Roma fu destinato alla Scuola sottufficiali di Firenze dove conobbe sua moglie. Mi può dire qualcosa in merito?”.

“Quando al termine dei quattro anni di scuola, acquisii il grado di Tenente, mi presentai in uniforme a casa mia,

a Palermo. Volevo farmi vedere da mia madre. Ero in uniforme estiva, color kaki, confezionata dal miglior sarto

di Napoli. 10

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Mia madre aprì la porta e mi abbracciò. Ma subito mi disse con voce ferma: “Tratta bene i Carabinieri!”.

A Firenze conobbi la mia futura moglie, una tedesca di Rheydt, vicino alla città di Colonia, che insegnava la sua

lingua in un liceo italiano.

La convinsi a venire con me in Calabria e lei accettò, lasciando il lavoro in Germania, seguendomi in un’avventura che sarebbe durata parecchi anni, con alterne vicende”.

9) “Al termine del suo servizio in Toscana fu trasferito alla Tenenza Carabinieri di San Marco Argentano, dove ebbe diverse esperienze operative, ma soprattutto dove scrisse il libro “Il re della Timpa del Forno”. Ce ne vuole parlare?”.

“Scoprii in quel paesino, di poche anime, gente che viveva ai margini della realtà e della vita, ma ben orgogliosa

e fiera della sua identità ed appartenenza. Mi ci immersi totalmente, come solitamente fa un carabiniere. Ma io

ero anche artista e seppi meglio compenetrarmi in quelle loro usanze.

Addirittura, avendo giocato a calcio, il Presidente della locale squadra, saputolo, mi chiese di allenare quei

ragazzi. Li salvai dalla retrocessione, vincendo molte partite.

Ancora oggi si chiedono come sia riuscito a trasformare 11 mediocri calciatori in campioni. Eppure il sistema

esiste e basta applicarlo. Ma gli stessi grandi allenatori spesso lo dimenticano e perdono partite e campionati.

In Calabria mi accadde un episodio che mi fece subito capire come si comportano i cialtroni della politica e del

potere economico-finanziario.

Un centinaio di abitanti di un Comune avevano invaso un cantiere per la costruzione di una diga. Il Questore di

Cosenza mi invitò a portare con me una cinquantina di carabinieri e di sgomberare il cantiere.

Arrivato sul posto, inquadrai da un’altura la scena. Fermai i Carabinieri e scesi da solo. Parlai con i manifestanti,

tutti operai e contadini, che mi spiegarono che da oltre dieci anni i politici locali avevano promesso a loro lavoro

con l’apertura di quel cantiere. Ma l’impresa del Nord aveva portato con sé i propri operai. E loro erano rimasti a

becco asciutto. L’ingegnere mi replicò che per costruire una diga ci volevano operai specializzati e non badilanti.

Il sindaco comunista, che doveva essere rieletto, si limitava a fomentare gli animi.

In quel momento capii come funziona il sistema e bestemmiai per il fatto che il popolo si facesse prendere in

giro da quei cialtroni.

Nonostante gli inviti, talvolta perentori del questore, non usai la forza. Trattai, io che non c’entravo nulla, per gli

operai per 15 giorni, passando notti intere con i manifestanti.

Alla fine la spuntai e alcuni operai del luogo vennero assunti. Mi ricordo che tornai esausto a casa, dove dormii

finalmente in un letto.

Quattro anni dopo venni trasferito. Mi venne a trovare, con mia grande sorpresa, il sindaco di quel comune, con

un mazzo di fiori per mia moglie. Mi disse che aveva saputo che ero stato destinato ad altro comando ed era

venuto a ringraziarmi.

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Gli chiesi il perché. Mi rispose che quel giorno quando mi vide arrivare con 50 carabinieri e così giovane,

temette il peggio. Ed invece dimostrai grande saggezza e moderazione.

Gli replicai che questo è il modo di procedere dell’Arma quando vi sono in gioco gli interessi della povera gente.

Ultimai dicendogli, a brutto muso, che non ero rimasto contento né di lui, né dell’ingegnere; entrambi avevano

pensato ai propri affari, nulla importando di ciò che potesse accadere alla povera gente.

Da quel giorno ho cominciato a disprezzare i veri detentori del potere, capaci di ingannare la gente, istupidita

dalla loro falsa propaganda.

In Calabria ho cominciato a scrivere un libro di un Capitano dei Carabinieri, che dopo dieci anni indaga sulla

scomparsa di una donna, madre di quattro figli, uccisa, a dire del figlio più grande, a colpi di accetta, sepolta a

mai più ritrovata.

Il marito, uomo rude e selvaggio, era considerato uno stregone e parlava con il diavolo nelle gole della Timpa del

Forno. Di recente sono tornato in quei luoghi ed ancora una volta ho ammirato l’asprezza dei luoghi, che parlano

di una Italia dimenticata, abbandonata, pervasa da misteri e da superstizioni.

In terra di Calabria è nata mia figlia, Caterina, che non ho potuto godermi per il troppo impegno nell’Arma. E di ciò ho sempre avuto un forte rimpianto”.

10) “Al termine del comando in Calabria venne trasferito a Pordenone dove ebbe l’esperienza del terremoto del Friuli del 1976. Che cosa ricorda di quei terribili momenti?”

“Ricordo bene quella sera del 6 maggio del 1976. Ero nel mio appartamento, quando d’improvviso la casa

cominciò a ondeggiare come barca in tempesta. Mia moglie prese la bambina e scappò fuori nel giardino. Io

rimasi in casa, indossai l’uniforme e mi presentai dal Colonnello, che era in pigiama, anche lui in giardino,

dicendogli che avevo chiesto notizie alle stazioni. I comuni della pedemontana erano stati gravemente colpiti e

c’erano molti morti e feriti sotto le macerie. Dovevo subito accorrere sul posto. Il Colonnello mi disse che ero un

pazzo. Le scosse di terremoto sarebbero continuate ed io avevo famiglia.

Non gli risposi. Presi un decina di carabinieri. Giunto a Spilimbergo, un generale dell’esercito mi affidò un camion

con una ventina di soldati.

Trovammo, nella notte, un paesaggio spettrale. La gente urlava disperata e chiedeva aiuto.

Rimasi con loro 17 giorni. Rividi finalmente mia moglie e mia figlia, che avevano mie notizie solo via radio.

Dopo di noi giunsero i politici e i loro compari a gozzovigliare.

Andai via comunque soddisfatto: avevo fatto il mio dovere sino in fondo”.

11) “Dal comando della Compagnia carabinieri di Pordenone lei venne trasferito al Comando generale dell’Arma dove rivestì incarichi in diversi uffici. Ci vuole parlare di questa sua ulteriore esperienza?”.

“Fui trasferito al Comando Generale all’Ufficio Ordinamento, uno dei più delicati, nel momento in cui si doveva

cambiare l’assetto delle stazioni. Proposi il consorzio delle stazioni. Non passò. Si preferì trasformare le stazioni

meno impegnate in citofoniche, che rimanevano aperte poche ore e chiudevano di notte.

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Da quel momento è cominciato il declino dell’Arma. Così avevano deciso i politici, perché a loro dire non c’erano

abbastanza soldi per arruolare più Carabinieri e fare un controllo sistematico del territorio. Si preferì istituire la

Polizia di Stato, gonfiandola sino a farle raggiungere gli organici dell’Arma. Ma il territorio rimaneva non

controllato.

Ed oggi la gente si lamenta della mancata sicurezza, giungendo persino a organizzare ronde per il maggior

controllo del territorio. Roba da Far West.

L’ho sempre detto e sempre lo ripeterò. Il male dell’Italia è uno solo: la classe dirigente politica, ladra, parassita,

corrotta, sprovveduta ed incapace. Purtroppo taluni vertici dell’Arma, per fare carriera, l’hanno assecondata.

Con poche eccezioni di cui parlerò in seguito.

Ebbi diversi incarichi: Ufficiale addetto alle Pubbliche relazioni, Vice Comandante della Sala Operativa,

Comandante del Centro Sportivo. E in questa veste accadde un episodio che cambiò totalmente la mia vita”.

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Capitolo II

Il COCER Carabinieri

1) “Mentre lei era Comandante del Centro sportivo dei carabinieri le capitò l’episodio che ha

cambiato totalmente la sua vita. Trovandosi ad Ascoli Pieno per un meeting sportivo militare, un

generale dell’esercito redarguì aspramente un maresciallo dell’Arma che lei difese a viso aperto. Al

termine di questo diverbio il Comando Generale, invece di premiarla per aver difeso l‘Arma, la punì e la

trasferì alla Scuola allievi di Roma. Come subì questa ingiustizia?”.

“Rimasi stupito che il Comando Generale dell’Arma avesse dato ragione ad un generale dell’esercito, un uomo

da tutti conosciuto come un arrogante, che di fronte a tutti aveva umiliato un maresciallo dei Carabinieri. Mi

punirono perché, mentre difendevo il maresciallo, avevo tenuto una mano in tasca.

Ma vaffa … avrebbe detto qualcuno!

Capii in quel momento che l’Arma era nelle mani per lo più di poveri idioti, ben scelti dal potere politico, e alle

cariche di Capo di Stato Maggiore e Vice Comandanti giungevano i meno preparati, boriosi e arroganti solo con i

Carabinieri, che nei momenti più importanti della storia dell’Arma, come nell’approvazione della legge di

istituzione della Polizia di Stato, dimostrarono tutta la loro inadeguatezza e infingardaggine.

Rimasi per parecchi giorni provato nello scoprire questa lato carente dell’Arma. Non riuscivo a spiegarmi come essa fosse sopravvissuta per circa 170 anni con questi mamelucchi”.

2) “Alla Scuola allievi carabinieri lei venne eletto nel 1988 dapprima Presidente del COBAR, poi Presidente dei COIR e poi del COCER carabinieri. Ci può spiegare che cosa è accaduto nei tre anni in cui lei è stato presidente del COCER carabinieri?”.

“Fu una grande sorpresa. Ero da circa un anno in un ufficio della Brigata Scuole, insieme a Tenenti Colonnelli,

molto più anziani di me, destinati a finire ingloriosamente la carriera nel cimitero dove l’Arma colloca coloro che

vengono messi da parte.

C’era un Tenente Colonnello, che se ne fregava di quello che gli era accaduto e veniva in ufficio quando voleva, a

bordo di una rumorosa motocicletta da corsa. Con quel suo comportamento pensava di disprezzarli.

Un giorno mi chiamò il mio Comandante, un generale di brigata, che mi rimproverò perché non gli avevo detto

che mi ero candidato al COBAR della Scuola Allievi, una specie di sindacato interno dell’Arma. Non ne sapevo

nulla. I miei colleghi mi avevano votato per la mia intraprendenza e onestà, rifiutandosi di dare il loro consenso

ad un capitano voluto dal Comandante della Scuola, sciocco e appecoronato.

Quando uscii dall’ufficio del generale, mi feci portare la legge istitutiva della Rappresentanza militare e i relativi

regolamenti. Scoprii che il COCER, COIR e COBAR dell’Arma potevano essere macchine poderose contro i politici

e i vertici ad essi asserviti.

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Mi meravigliai che il Comando Generale avesse ignorato la Rappresentanza inviando al suo interno ufficiali di

minore intelligenza politica, che invece di sostenere quegli organismi pseudo sindacali, ostacolavano la loro

azione. Scellerati e folli!

Lottai con tutte le mie forze per essere eletto e alla fine ci riuscii. Divenni Presidente del COCER contro il

candidato del Comando Generale, e alla mia prima uscita definii il Comandante Generale un padre/padrone, che

adottava provvedimenti contro il personale senza tenere conto delle situazioni personali e delle esigenze

familiari.

Fu una bomba!

Al Comando Generale si accorsero che era cambiata la musica.

Dopo tre mesi dalla nostra attività, scrivemmo il famoso documento, conservato come una Bibbia dai

Carabinieri, “Sullo stato del morale e del benessere del personale”, in cui in 39 punti indicavamo le angherie e i

soprusi degli ufficiali contro marescialli, brigadieri, appuntati e carabinieri, e chiedevamo a viva voce di uscire

dall’esercito.

Il documento fu pubblicato su tutti i giornali per 15 giorni. Il potere politico tremò perché capì che alcuni Carabinieri si erano rotti gli zebedei di servire una classe politica di cialtroni e di ladri”.

3) “Ci può parlare dei suoi rapporti con l’avvocato Fabrizio Fabrizi che ha difeso i sottufficiali dei carabinieri nel famoso ricorso di equiparazione agli Ispettori di polizia?”.

“Me lo presentarono alcuni carabinieri della Legione di Chieti. Ben 572 marescialli e brigadieri avevano fatto

ricorso per ottenere l’equiparazione agli ispettori di polizia, creati con la triste legge 121 del 1981 istitutiva della

Polizia di Stato, che mettendo timbri in questura, prendevano oltre 200.000 lire in più dei marescialli dei

Carabinieri che si facevano un paniere così per garantire la sicurezza sul territorio, nelle Stazioni.

Ancora una volta questa classe politica scellerata aveva colpito: creare momenti di tensione fra gli operatori di

polizia per meglio controllarli.

Lui venne all’incontro. Era piccolo, aveva militato nell’MSI, aveva abbandonato la politica, ma aveva capito,

essendo estremamente furbo, che quel ricorso sarebbe stata la sua carta per emergere dallo squallore della

provincia italiana, in cui viveva operando a Chieti e Pescara.

Subito capii che quel ricorso, dopo la disastrosa, per i Carabinieri, legge 121 del 1981, sarebbe stato il loro

riscatto. Il Comando Generale, come al solito, non capì un tubo o, meglio, non volle capire!

Un brigadiere dei Carabinieri, delegato del COCER, illustrò il contenuto del ricorso in un’Assemblea del COCER,

tenuta in trasferta a Palermo.

I sottufficiali, quasi compatti, tranne uno, votarono perché il ricorso non venisse discusso perché esulava dalle

competenze del COCER. I soliti paurosi già mettevano i bastoni fra le ruote.

Intervennero gli appuntati e i carabinieri che, pur non essendo interessati al ricorso, votarono, lungimiranti, a

favore della sua discussione. Presi la parola alla fine io e dissi chiaramente che con quel ricorso sarebbe

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cambiata la storia dell’Arma. Tutti votarono a favore e da quel momento il COCER sostenne il ricorso, avendo

contro tutti i nemici dell’Arma: il governo, presieduto da Andreotti, i vertici militari e di polizia, il Comando

Generale dell’Arma, tutti gli altri COCER delle Forze armate e della Guardia di Finanza, i sindacati di polizia, la

CGIL, CISL e UIL.

Eravamo soli!

Mi ricordo quando andai dal Comandante Generale per invitarlo a sostenere il ricorso. Mi cacciò via. Gli puntai

contro il mio dito dicendogli che lui in quel momento si stava mettendo contro i 25.000 marescialli dell’Arma per

servire i suoi padroni politici.

Da quel momento vissi spalla a spalla con quel coraggioso avvocato Fabrizi, che non si piegò mai a nulla.

Organizzò convegni e incontri con i ricorrenti, che venivano da tutta Italia. Nell’aula della Domus Mariae di Roma

talvolta vi erano oltre 5.000 marescialli, che se ne fregavano dell’invito del Comando Generale di non

partecipare al ricorso. Quasi tutti aderirono pagando una somma pro capite di 25.000 lire. Al termine avrebbero

incassato dai 15 ai 30 milioni di lire a testa.

Durante quelle assemblee, dapprima entrava in azione Fabrizi, che illustrava il ricorso. Poi tuonavo io contro

questo sistema scellerato che affamava e umiliava i Carabinieri, gli uomini delle forze armate e dell’ordine e

l’intero popolo italiano.

Al termine era un tripudio. I servizi segreti, che filmavano tutto, avvisarono il potere che dai Carabinieri stava partendo un moto rivoluzionario, che avrebbe travolto il sistema. Occorreva fermare Pappalardo e l’avvocato Fabrizi. Insieme erano una coppia vincente”.

4) “Ci può dire chi ha ammazzato l’avvocato Fabrizi?”.“Erano all’incirca le quattro del mattino quando a casa mia, a Civitella di Licenza in provincia di Roma, giunse una

telefonata. Era il brigadiere Di Sotto, delegato del COCER. Mi comunicava che l’avvocato era stato sparato a

Pescara ed era grave. In quel momento urlai d’istinto: “Sono stati loro”.

Telefonai subito al Capo di Stato Maggiore, Generale Pisani, e gli dissi: “Perché lo avete fatto?”.

Lui non osò replicare.

Era il 6 ottobre del 1991! Data infame per qualche uomo dei servizi segreti.

Da circa tre mesi non ero più Presidente del COCER. Comandavo il Gruppo Carabinieri di Roma 3, in Frascati.

Nonostante ciò dissi al brigadiere di venirmi a prendere. Saremmo andati insieme a Pescara.

Durante il viaggio ci scambiammo poche parole.

Giunti a Pescara, parlai con la compagna di Fabrizi che aveva assistito alla sparatoria. Era agitata e sconvolta e

non seppe dirmi nulla che mi facesse capire chi avesse avuto interesse ad ucciderlo.

Andai in ospedale per vedere Fabrizi, ma i medici mi dissero che era entrato in coma.

I marescialli erano istupiditi. Anche loro furono travolti dalla sorpresa.

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D’un tratto mi avvicinò un ragazzotto, che disse di essere un giornalista del Corriere della Sera. Mi chiese notizie

su Fabrizi. Gli dissi quello che sapevo.

Replicò che in Pescara e Chieti si mormorava che Fabrizi giocasse d’azzardo, facesse usura e giù fango a non

finire.

Capii in quel momento tutto.

Di lì a qualche minuto giunse la notizia che l’avvocato era morto. Erano le ore 10,00 circa.

Dissi al Brigadiere Di Sotto che potevamo tornare a Roma.

Durante il viaggio gli riferii che se il giorno dopo un giornale, non del centro Italia, avesse buttato fango contro

Fabrizi, era chiaro che erano stati loro, che così avrebbero firmato l’assassinio.

Così avvenne: quel ragazzotto conosceva vita, morte e miracoli di Fabrizi, di cui non erano al corrente i 572

marescialli che avevano fatto con lui un ricorso che era durato due anni.

Per il suo omicidio fu incolpato uno sprovveduto del posto, che in primo grado ovviamente fu assolto. Il

Procuratore della Repubblica si dimenticò - che smemorato! - di appellare. E tutto finì a tarallucci e vino.

A distanza di oltre 25 anni dalla sua morte non si sa nulla dei suoi uccisori, mandanti e motivi e nulla importa a

chicchessia della sua morte e della tragedia che ha colpito l’intera Arma.

Un fatto mi ha sconcertato. Durante i funerali dell’avvocato nella cattedrale di Chieti (la bara era stata portata

da alcuni carabinieri in uniforme) dissi che Fabrizi era stato punito da un destino crudele, nel senso che era

morto a pochi giorni dalla vittoria del suo ricorso.

Il Comandante provinciale dei Carabinieri di Chieti, su sollecitazione del Comando Generale dell’Arma, mi

denunciò perché avevo paventato che fosse stato lo Stato a ucciderlo, il cosiddetto delitto di Stato.

Semplicemente ridicolo!

Quando il pubblico ministero mi interrogò quasi mi chiese scusa per quella assurda accusa, mossa dall’Arma che

mal tollerava che un Tenente Colonnello dei Carabinieri, insieme ad un avvocato di provincia, stesse

organizzando la prima vera rivoluzione in Italia.

Dovevamo essere bloccati; prima uccisero l’avvocato, poi colpirono me in altro modo.

Ma la storia non si misura né in giorni, né in mesi, né in anni”.

5) “Ci può dire come nacque nel 1992 l’avventura di un pugno di militari e poliziotti che si diedero alla politica per salvare l’Italia?”.

“Ucciso l’avvocato Fabrizi, che stava già organizzando un partito, composto soprattutto da militari e poliziotti, da

presentare alle elezioni dell’anno successivo, il gruppo si scompose.

Io fui mandato a comandare il Gruppo di Frascati, mentre gli altri delegati del COCER tornarono alle loro diverse

sedi di servizio.

Il COCER in carica, saldamente questa volta nelle mani di un Generale, si mise subito contro gli ex delegati.

L’operazione di annientamento di Fabrizi e del COCER del Quinto mandato si era conclusa.

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Così il potere politico riteneva: già nel 1983 era stato ucciso Carlo Alberto dalla Chiesa, che era andato a Palermo

per intraprendere un percorso politico; nel 1991 era stata fermata un’altra fiammata nell’Arma.

Ma il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi.

Un bel giorno si presentarono da me, nel mio ufficio di Frascati, una trentina di uomini in uniforme, dell’Esercito,

della Marina, dell’Aeronautica, dei Carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza, della Polizia

Penitenziaria, della Forestale, dei Vigili del fuoco, dei Vigili urbani, delle Guardie di custodia.

Insomma c’erano tutti.

Volevano costituire un partito degli uomini in divisa e presentarsi alle elezioni politiche dell’anno successivo. Mi

opposi. Dissi che preferivo che si costituisse una lista autonoma da presentare in un partito, in ottemperanza

all’art. 49 della Costituzione.

Alla fine prevalse la mia proposta e ci ospitò solo il PSDI. Gli atri non ci vedevano di buon occhio per varie

ragioni. Venni eletto solo io e per il rotto della cuffia.

Ciò a dimostrare che i militari non erano ancora maturi per votare i propri colleghi”.

6) “Come avvenne la sua elezione? Come fu la sua esperienza in Parlamento? Ci può narrare qualche episodio che fa comprendere come lei si sia tenuto distante da un regime politico arrogante e oppressivo?”.

“Io venni eletto solo con i voti dei Carabinieri, Militari e poliziotti, che mi pagarono tutto perché non avevo il

becco di un quattrino. Nessun deputato o senatore della Repubblica è stato eletto con la campagna elettorale

finanziata dai suoi elettori. E quando dico nessuno, dico nessuno!

La mia esperienza in Parlamento fu davvero singolare. Mi ricordo quando mi assegnarono il posto vicino ad un

deputato, notoriamente ladro. Chiesi ed ottenni che mi fosse assegnato un altro posto.

Alla fine del mese, la mia segretaria parlamentare mi consegnò due buste. In una, vi era il mio stipendio da

deputato, nell’altra quello da colonnello dei Carabinieri. La mia segretaria, al mio sbalordimento, mi fece

presente che vi era una legge dello Stato che permetteva ai deputati di trattenere il secondo stipendio. Dissi a lei

che al di sopra della legge degli uomini, vi era quella morale, per cui la invitai a restituire quello stipendio. Fui

l’unico deputato a farlo. Ero un carabiniere. Non potevo comportarmi diversamente.

Un mese dopo chiesi alla mia segretaria di cercarmi un appartamento in pieno centro a Roma, per le mie

esigenze familiari e per la mia attività di parlamentare. Lei trovò una casa vicino a piazza Fiume. Affitto: 3.500.

000 lire. Era troppo, in quanto da deputato prendevo 8 milioni di lire e metà stipendio veniva assorbito dalla

casa. Fare politica nel territorio era molto costoso per un deputato onesto, eletto con il sistema proporzionale,

per cui dovevo giorno per giorno confrontarmi con il territorio.

Invitai la mia brava segretaria a cercarmi un altro appartamento. Dopo una decina di giorno lei venne tutta

trionfante: aveva trovato un appartamento a 350 mila lire al mese. Chiesi come mai quella enorme differenza,

eppure quella casa era più spaziosa.

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Mi rispose che era un appartamento degli enti, cioè un appartamento che serviva per altri scopi, ma veniva dato

ai deputati sotto banco.

Ordinai alla mia segretaria, che rimase scioccata, di prendere l’appartamento a 3 milioni e 500 mila lire.

L’anno successivo scoppiò lo scandalo di “Affittopoli”: c’erano tutti i nomi dei satrapi della prima repubblica: Di

Pietro, Veltroni, ecc.

Il mio, ovviamente, non c’era. La mia segretaria così commentò: “Ora capisco; per lei conta molto di più la

dignità”.

In quel Parlamento vi erano dei ladri, corrotti e incapaci, ma anche delle grosse personalità che era un piacere

ascoltare. Costoro si sottraevano all’immondizia generale perché con il proporzionale avevano un bagaglio di

voti personali.

Spesso li paragono agli attuali deputati e senatori che sono dei semi analfabeti, messi lì da dentro da

quattro/cinque persone, che fanno il bello e cattivo tempo”.

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Capitolo III

I processi politici

1) “Ci può dire come e perché il regime politico ha cercato di neutralizzarla, forse per togliere ai Carabinieri il

loro vero, unico e naturale difensore?”.

“Mi ricordo che, appena eletto Deputato, un onorevole mi disse di non occuparmi più dei Carabinieri e di

godermi l’insperato successo che avevo ottenuto.

Non accolsi il suo invito e male me ne incolse, perché il potere, che mi temeva in quanto io continuavo ad avere

un legame con i Carabinieri, che dovevano invece obbedire passivamente a questi scellerati, che insozzavano

tutto lottizzando uomini ed istituzioni, cominciò a tramare contro la mia persona”.

2) “E’ vero che un suo collega le ha detto che i vertici dell’Arma non le avrebbero mai perdonato di aver svegliato il popolino dei Carabinieri?”.

“Il fatto mi meravigliò. Fu l’Aiutante di campo del Comandante Generale che mi confidò che diversi generali non

mi avevano perdonato di aver svegliato il popolino dei Carabinieri che per oltre un secolo e mezzo aveva

supinamente obbedito a qualsiasi regime, sulla falsa interpretazione che i Carabinieri erano usi obbedir tacendo

e tacendo morir.

Costui aveva citato la bella poesia di Costantino Nigra sui Carabinieri passati in rassegna, in una notte di luna, dal

Re Carlo Alberto.

Ma non aveva citato tutti i versi, soprattutto quelli in cui il poeta scrive che i Carabinieri erano custodi del Re e

della legge. Orbene, se i Ministri e parlamentari sono ladri e violano la legge, i Carabinieri, essendo custodi della

legge, dovrebbero intervenire arrestando costoro e i magistrati che li proteggono.

Un tempo accadeva questo e la gente aveva fiducia nello Stato. Oggi, i Carabinieri sono stati messi da parte, per

privilegiare proprio questi magistrati, che si sono infiltrati dappertutto, e hanno usurpato le funzioni di coloro

che vengono eletti liberamente dal popolo.

La colpa è di questi partiti, che, candidando i magistrati perché hanno arrestato e processato i loro avversari

politici, alla fine li hanno messi in una situazione di intoccabilità.

I veri politici sono quelli che si fanno arrestare per il bene del popolo e per le loro idee e convinzioni, e non quelli

che, approfittando del loro ministero, mettono in galera ladri e truffatori.

I veri politici sono Pertini, Saragat, Mandela, Ghandi, finiti in galera contro il potere oppressivo, non questi

quattro quaquaraqua di magistrati, che comunque conservano il loro atteggiamento di servi del potere”.

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3) “Ci parli della denuncia alla Procura Militare della Repubblica di Roma del 9 febbraio 1989. Come si sono

sviluppati i fatti?”.

“Della denuncia alla Procura Militare della Repubblica del 1989 ho parlato abbondantemente nel mio libro

“COCER Carabinieri – Cronaca di un’avventura sindacale”, in cui ho denunciato il mondo ottuso dei vertici

dell’Arma, asserviti a questa infame classe politica.

Che fine miserabile hanno fatto i Carabinieri, un tempo custodi del Re e della legge, oggi - almeno per taluni

vertici che pensano solo alla loro carriera e ai lauti stipendi che percepiscono – schiavi del prepotente politico di

turno, che viola la legge impunemente, mentre essi girano la testa dall’altra parte!

Mi ricordo quando Jucci, Comandante Generale dell’Arma, convocò con un pretesto nella sala rapporto del

Comando Generale solo il Comitato di Presidenza del COCER. Aveva paura dell’intera assemblea.

Entrai in quella sala con un Maggiore, un Maresciallo, un Appuntato, un Sottotenente e un Carabiniere

Ausiliario.

Dentro vi era un gruppo di ufficiali dello Stato Maggiore, che sogghignavano. Li guardai con disprezzo.

Di lì a poco entrò Jucci a testa bassa, senza salutarci. Da una tasca estrasse un biglietto che lesse

spocchiosamente: “Ho tramesso alla Procura militare della Repubblica di Roma il documento sullo “Stato del

morale e del benessere del personale” …”.

A queste parole lo bloccai perentoriamente. Lo invitai a ripetere quello che stava leggendo, perché era di una

gravità assoluta, dovendo io riferire tutto per iscritto all’Assemblea.

Presi carta e penna e mi sedetti e invitai il Comandante Generale a proseguire lentamente. Lui, scosso da questa

mia reazione, obbedì come uno scolaretto.

Quando ebbe finito, mi alzai e li lasciai interdetti.

Qualche ora dopo scoppiò la reazione del COCER. Pensavano di averci intimoriti e di averci schiacciato. Invece,

quello fu il giorno dell’orgoglio dei Carabinieri, che si ribellavano a questi politici, ladri e corrotti.

L’intero popolo dei Carabinieri si schierò con noi e contro la gerarchia. Jucci cercò di riprendere il dialogo con

me. Lo ignorai per giorni, mentre sui giornali divampava la polemica.

Alla fine, per il bene dell’Istituzione, cedetti e lo incontrai. Ma per Jucci era la fine del suo periodo di comando

dell’Arma e fu sostituito. Il COCER era riuscito a mandare via un Comandante Generale, non gradito ai

Carabinieri. Un trionfo dell’Arma contro i politici, che ci mandavano i generali che volevano.

Ne venne un altro, sempre dell’Esercito, che tutto aveva tranne che gli attributi.

Così la guerra fra il Comandante Generale e il COCER continuò”.

4) “Ci può parlare dei vari tentativi per metterla in difficoltà e delle allettanti promesse che le hanno fatto per rabbonirla?”

“Quando definii Jucci un padre/padrone, vidi costui spaccare in due la matita che teneva fra le mani e andare via

furibondo. Ovviamente, noi del glorioso Quinto mandato ci facemmo sopra una risata. Eravamo troppo uniti e

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compatti, per temere le reazioni di un vertice, forte con i deboli, ma debole con il potere politico, che lo

manovrava a piacimento.

Qualche delegato mi disse di stare attento, perché sicuramente il Comando Generale si sarebbe vendicato.

Ed, invece, adottarono una tattica diversa.

Il giorno dopo mi convocò nel suo ufficio il Comandante Generale. Da solo.

Mi offrì subito del whiskey e un sigaro. Rifiutai. Non bevevo alcolici, né fumavo.

Quindi, mi disse che aveva visionato il mio libretto personale, che doveva essere “irrobustito” con comandi

adeguati. Questi cialtroni, che mi avevano spedito in Calabria e in Friuli, in comandi poco rilevanti, perché

dovevano fare carriera solo i predestinati, adesso si erano accorti che meritavo di più. Che ipocriti!

Lo bloccai. Gli dissi che non ero venuto da lui per parlare della mia persona, ma della grave situazione di 110.000

carabinieri, che in ogni parte d’Italia subivano angherie, vessazioni e maltrattamenti di ogni genere.

Ma lui continuò imperterrito. Mi disse che mi avrebbe inviato al comando del Gruppo di Milano, uno dei più

prestigiosi. Vedendo che non lo seguivo, mi promise nell’ordine, Firenze, Nuoro e Bolzano, per via di mia moglie,

che era tedesca.

Ad un certo punto non ne potei più.

Gli dissi di fermarsi e gli posi una domanda: “Lei è un credente?”.

Alla sua risposta affermativa, replicai: “Allora conosce i vangeli. C’è un punto in cui c’è scritto che non di solo

pane vive l’uomo”.

Rimase di ghiaccio. Non era abituato ad ufficiali che non accettavano regali di sorta, in una catena di ladri e

corrotti che ti promettono tutto pur di tenerti buono.

Da quel giorno non si permise più di offrirmi comandi e facilitazioni di carriera.

Tornato alla Scuola Ufficiali, dove prestavo servizio, il generale Cesare Vitale, Ispettore delle Scuole, da cui

dipendevo, mi diede una busta. Mi chiese di leggere il suo contenuto.

Dentro vi era una encomio solenne per il servizio che avevo prestato circa sei mesi prima nell’organizzare da

solo il raduno di 30.000 carabinieri ausiliari in Roma, voluto da Jucci per ragioni politiche.

Mi ricordo che mi feci un paniere enorme: scrissi tutta la documentazione dell’accoglienza degli ospiti,

dall’udienza dal Papa sino al pranzo allo stadio Flaminio. E così via.

Finito il tutto, mi gettai a letto e dormii per due giorni, tanto ero stanco.

Non mi dissero nemmeno grazie, perché non ero un predestinato.

Quando lessi la lettera, feci presente al generale Vitale, che se non avesse ritirato quell’encomio, avrei urlato la

mia rabbia a tal punto da farmi udire da tutti.

Lui se la riprese. Vidi nel suo sguardo sorpresa e sgomento.

Costoro non erano abituati ad ufficiali, che si ribellavano ad un sistema di potere che pensa di comprare tutto e

tutti”.

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5) “Ci può parlare del processo che il regime le ha organizzato per aver detto che “il Comandante Generale

non poteva essere scelto dai partiti?”.

“Era il 1991. Ero Comandante del Gruppo di Frascati ed avevo accettato la richiesta dei “Trenta” uomini in

uniforme di organizzare una lista per le successive elezioni politiche del maggio 1992.

La mattina del 22 di dicembre 1991 appresi che la sera prima alle ore 21, a Piazzola sul Brenta, in provincia di

Padova, alcuni poliziotti avevano ucciso il brigadiere dei Carabinieri Germano Craighero, in un appostamento per

catturare dei pericolosi banditi.

Il Questore difese i suoi uomini che spararono all’impazzata non sapendo che quell’uomo crivellato di colpi era

un brigadiere dei Carabinieri. Si giustificarono dicendo che il brigadiere li doveva avvertire della sua presenza.

Giustamente il Comandante del Gruppo Tenente Colonnello Scanu replicò dicendo che dovevano essere loro ad

avvertire dato che quella era la giurisdizione della locale stazione carabinieri.

Intervenne Filippo Saltamartini, segretario nazionale del SAP, un sindacato di polizia, che censurò il

comportamento del Brigadiere.

Fu pronta le risposta del COCER Carabinieri che definì l’intervento di Saltamartini oltraggioso e inqualificabile.

Il Comando Generale si limitò a giudicare inopportuno il giudizio di scarsa professionalità del brigadiere ucciso.

Io intervenni da ex Presidente del COCER e dissi: “Adesso basta. I militari dell’Arma non conoscono soste, né

riposi, ricevono compensi modesti per gli straordinari svolti, sono presenti in ogni angolo della Nazione. I politici

debbono rendersi conto della reale differenza fra il lavoro del carabiniere e quello del poliziotto. Occorre darsi da

fare per eliminare il grave malcontento che esiste fra i Carabinieri e i Finanzieri, entrambi sottoposti a leggi e

regolamenti militari”. Nella circostanza denunciai le gravi lacune del Ministero dell’Interno nel campo del

coordinamento delle forze di polizia.

Il Comando Generale, invece di porsi al mio fianco, diramò un comunicato stampa, a firma del Capo Ufficio

Pubbliche relazioni, Ten. Col. Tullio Del Sette (che poi sarebbe diventato Comandante Generale dell’Arma), che

mi accusò volgarmente che la mia dichiarazione era collegata alla mia decisione di candidarmi alle elezioni

politiche dell’anno successivo.

Una scorrettezza inaudita, che un Comando Generale, davvero autonomo, mai avrebbe compiuto. Era una grave

offesa alla mia dignità di ufficiale dei Carabinieri. Ma i vertici dell’Arma erano nelle mani del potere politico, ma

soprattutto di Vincenzo Parisi, temuto Capo della Polizia, ben protetto da Oscar Luigi Scafaro.

Replicai dicendo a Radio 1 che il Comandante Generale dell’Arma non poteva essere più scelto dalle segreterie

dei partiti.

La pura verità.

Ma questi cialtroni e bastardi innescarono un processo che durò ben sette anni, facendomi condannare in prima

e seconda istanza dai Tribunali militari, che dovrebbero essere cancellati da troppo tempo.

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Nel 1999 finalmente la Cassazione mi assolse del tutto alludendo a condizionamenti politici”.

6) “Ci può parlare del processo che le hanno costruito per aver scritto il documento sullo “Stato del Morale

e del Benessere dei Cittadini?”.

“Ero tornato, con somma sorpresa di tutti alla Presidenza del COCER Carabinieri. Era il 1999.

Nel 1994 avevo terminato il mio mandato quale deputato e avevo fatto rientro nell’Arma.

Dopo cinque anni i Carabinieri mi rielessero al vertice della Rappresentanza militare.

Al Comando Generale molti schiattarono. Soprattutto quelli che stavano preparando un disegno di legge per

riordinare i Carabinieri.

Appena eletto fui chiamato da un generale e due colonnelli. Mi invitarono a cena in un ristorante di Roma, ai

Parioli. Credo che abbiano pagato i contribuenti.

Il generale era Alfonso Venditti, i due Colonnelli Leonardo Gallitelli e Corrado Borruso, rispettivamente Sotto

Capo di Stato Maggiore, e Capi del II e I Reparto del Comando Generale.

Erano molto agitati. La mia elezione al COCER li aveva alquanto disturbati, in quanto avrei potuto intralciare quel

percorso di falso riordino dei Carabinieri, che in effetti mirava a conferire ai Generali dell’Arma il grado di Corpo

d’Armata e, con l’uscita dell’Arma dall’Esercito, la nomina a Comandante Generale.

Cercarono di convincermi della bontà di quel ridicolo articolo unico, che loro avevano preparato, ben diverso

dall’articolato del riordino dell’Arma, che il COCER Carabinieri aveva formulato nel 1989 con il ben noto

documento sullo “Stato del morale e del benessere del personale”.

Io ero fermo sulle mie idee, quando Venditti tirò fuori un documento, stilato e concordato da un precedente

Capo di Stato Maggiore dell’Arma, con cui di fatto l’Arma finiva fra le braccia del Ministero dell’Interno,

perdendo la sua tradizionale autonomia dal potere politico.

Lessi attentamente il documento.

A causa di quel pericolo immanente, presi la decisione di sostenere, sentito il COCER, quell’articolo unico, che

per me comunque non era idoneo a risolvere gli annosi problemi dei Carabinieri.

Mentre la Camera discuteva la legge di riordino dei Carabinieri, approvata dal Senato, io, ben sapendo che i

nemici dell’Arma ci avrebbero teso altre trappole, ho cominciato a scrivere il documento “Sullo stato del morale

e del benessere dei Cittadini“, che era un naturale prosieguo del precedente “Sullo stato del morale e del

benessere del personale dell’Arma”. In esso puntualizzavo che il malessere dei Carabinieri era collegato

strettamente al malessere del Popolo italiano, con cui i militari dell’Arma condividevano ogni giorno gioie e

dolori in tutto il territorio nazionale.

Del contenuto di questo documento informavo costantemente il Generale Venditti, con il quale mi consultavo

ogni giorno.

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Terminata la sua compilazione, ne feci trenta copie per tutti i delegati del COCER, che ne presero visione. Prima

che fosse approvato dal COCER, essendo materia che interessava l’intera Arma, mandai il documento ai COIR e

COBAR per la loro consultazione e approvazione.

Un mascalzone di maresciallo dei Carabinieri, condannato in via definitiva per alcune rapine a tre anni e mezzo

di reclusione, si permise di divulgare il documento, non ancora approvato, inviandolo all’ANSA.

Non parve vero al governo D’Alema, che qualche giorno prima avevo ridicolizzato davanti a tutto il popolo

italiano, di inventarsi un finto colpo di stato, perché avevo scritto che i militari avevano subito una metamorfosi

con le loro missioni di pace e quindi potevano dare il loro contributo per costruire una nuova Italia.

Una giornalista, che dopo quell’articolo scomparve, fece un’opera di taglio e di incollaggio delle mie parole,

facendo apparire che l’Arma doveva costruire il nuovo Stato.

Una vigliaccata degna di quella scellerata classe politica, di stampo comunista!

Quel ch’è peggio il Comandante Generale, che appena un mese prima avevo difeso quando era stato accusato

per il caso Mitrovkin, mi abbandonò e addirittura mi indicò come un ufficiale infedele.

Il Generale Gallitelli mi invitò a dimettermi da Presidente del COCER perché poi lui avrebbe pensato a mia

moglie e mia figlia. Quell’infelice frase mi ricordò il caso del Generale Rommel, quando venne invitato dalla

Gestapo a suicidarsi promettendogli salva la vita dei suoi cari.

Intervenne nella mia vicenda pure il Presidente Cossiga che, spalleggiato dal generale Orlando, che operava nei

servizi segreti, mi invitò a dimettermi, offrendo la sua casa a me e ai miei familiari.

Il Generale Venditti si guardò bene dal dire che il documento era a lui ben noto e che un capitolo era stato

scritto proprio da lui.

Ben 18 delegati del COCER su 21 dissero che non avevano mai letto il documento.

Tutti i delegati dei COIR e COBAR, Ufficiali, Marescialli, Brigadieri, Appuntati e Carabinieri, terrorizzati dai politici,

che minacciarono addirittura lo scioglimento dell’Arma, dissero in coro che non conoscevano il contenuto del

documento.

A che punto si era ridotta l’Arma dei Carabinieri!

E tutto ciò per far passare una legge che alla fine avrebbe solo premiato i massimi vertici dell’Istituzione.

Da vomitare.

Ovviamente cercarono di far iniziare un processo per eversione contro di me, che si concluse in tre mesi con

l’archiviazione.

Il Procuratore Intelisano, quando chiese l’archiviazione, mi confidò che qualcuno dell’Arma lo aveva invitato a

tenermi per qualche mese sui carboni ardenti. Ma lui si oppose. Non avevo fatto nulla. Anzi avevo criticato il

governo nella pienezza dei miei compiti istituzionali di sindacalista dell’Arma.

In tutta questa vicenda mi disgustarono le dichiarazioni di Di Pietro, che si allineò a quel circo di buffoni, che mi

offesero su tutti i giornali e di Berlusconi che non ebbe il coraggio di difendermi da D’Alema e company”.

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7) “Ci può parlare del processo che le hanno costruito per la sua voce vibrante?”.

“Questa è un’altra buffonata costruita dal potere contro chi si permette di criticare certi loro comportamenti

manchevoli verso la popolazione.

Ero assessore a Lampedusa. Era l’anno 2011. Il 14 gennaio Ben Alì, il presidente tunisino, era fuggito. Lo Stato

era a pezzi. Sia Frattini, ministro degli esteri, che Maroni, ministro degli Interni, dissero che ci sarebbe stato un

esodo biblico di almeno 300.000 profughi.

Noi ci saremmo aspettati che la Prefettura di Agrigento, la Questura e il Comando Provinciale dei Carabinieri

organizzassero una riunione per approntare un piano di emergenza.

Nulla di tutto questo.

Per cui, quando il 7 febbraio ci piovvero addosso 6 mila tunisini ed eravamo ad accoglierli solo il sindaco, io e

cinque carabinieri, fu una catastrofe.

Ovviamente il Comitato dei Pescatori chiese la testa del Prefetto, del Questore e del Ministro dell’Interno.

Il potere reagì denunciando me perché al telefono avevo usato la voce vibrante parlando con il sindaco.

Grillo avrebbe detto: “Ma vaffa …!”.

Il pubblico ministero, invece di procedere contro politici e funzionari di polizia per disastro colposo, chiese il

rinvio a giudizio per me e 17 padri di famiglia perché avevamo organizzato una manifestazione non preavvisata.

Il processo durò 5 anni, e si concluse con la piena assoluzione. Ho chiesto i danni, ma mi hanno detto che non è

previsto. Cornuto e mazziato!”.

Questo è uno Stato arrogante che va abbattuto!

Riporto quanto è stato scritto nella denuncia che ho presentato alla Procura della Repubblica di Caltanissetta,

che ha insabbiato tutto:

“Alcuni esponenti provinciali del SUPU (Sindacato Unitario Personale in Uniforme) di Agrigento, di cui Pappalardo è Presidente nazionale, avevano organizzato il 7 giugno 2011 alle ore 16,00 in una sala messa a disposizione dal Comune di Aragona (AG), un incontro con il personale di tutte le forze armate e di polizia, sia in servizio che in congedo, per discutere delle loro problematiche.

Nella mattinata dello stesso giorno, i suddetti esponenti avevano organizzato incontri con le autorità provinciali e locali, per un doveroso saluto, fra cui il Sindaco di Aragona, il Direttore sanitario, il Procuratore della Repubblica, Il Presidente del Tribunale.

Il Presidente del Tribunale riceveva il Generale Pappalardo, che gli esponeva, nel suo ufficio, alla presenza di due testimoni, Pino Giuseppe, segretario nazionale del SUPU, Commissario di P.S., in pensione, e Pietro Pappalardo, Segretario regionale del SUPU, Luogotenente in pensione dell’Esercito, il programma sociale e culturale del SUPU.

Il Presidente del Tribunale lo ringraziava per la tutela del personale in uniforme, che anche in provincia di Agrigento operava egregiamente contro il crimine organizzato meritando il suo plauso. Riteneva altamente meritoria l’iniziativa sindacale.

Notando questa sua particolare cordialità, e vedendolo molto sensibile alle problematiche della generalità dei cittadini, Pappalardo gli esponeva quanto era accaduto in Lampedusa, rimarcando che:

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- l’isola era stata devastata a causa dell’inerzia del Ministro Maroni e del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica di Agrigento;

- nella caserma di Lampedusa, i Carabinieri lo avevano “avvertito” di stare attento a toccare il Questore di Agrigento, in quanto parente del Sostituto Procuratore della Repubblica Di Fonzo;

- nonostante questo avvertimento, il Comitato Spontaneo dei Pescatori aveva comunque denunciato il Questore e Maroni;

- la Questura, nonostante Pappalardo si fosse prodigato per evitare il peggio, aveva inoltrato una informativa contro la sua persona;

- poco prima il Procuratore della Repubblica non lo aveva inspiegabilmente ricevuto.Il Presidente del Tribunale così replicava, alla presenza dei due testimoni, che ricordano tuttora bene le

sue parole:- innanzitutto si complimentava per le ottime iniziative a favore del personale e del Paese;- rimarcava che ci sono momenti in cui bisogna assumere posizione contro carenze e contro inadempienze,

per cui le espressioni e i comportamenti usati da Pappalardo in quelle circostanze erano più che legittimi e che lui si sarebbe comportato, al suo posto, allo stesso modo;

- riteneva Pappalardo un uomo coraggioso e che ci doveva essere pure qualcuno che doveva dire quello che era accaduto realmente a Lampedusa;

- Pappalardo si era comportato da uomo delle istituzioni che, nonostante fosse stato inquisito non aveva denunciato alcuno;

- si era meravigliato che il Procuratore non lo avesse ricevuto, essendo la sua persona ben nota per la sua rettitudine e valore morale;

- se fosse pervenuta qualcosa contro la sua persona al suo ufficio, l’avrebbe valutata lui personalmente, in quanto il giudice ad Agrigento era lui e solo lui e il suo ufficio;

- la mancanza di interventi dell’autorità politica in Lampedusa non era solo dovuta a mancanza di professionalità o di valutazione non adeguata all’esodo biblico che ci sarebbe stato, ma a ben precisi calcoli politici. E bene Pappalardo avevo fatto nel censurare tali comportamenti;

- lo invitava ad essere sereno e a continuare a difendere gli interessi delle categorie più deboli e più esposte”.

Nessun commento!

A margine di questa vicenda giudiziaria, debbo riferire un episodio sgradevole.

Avevo chiesto ed ottenuto di essere interrogato dal pubblico ministero in ordine all’accusa ridicola di

voce vibrante.

Il sostituto procuratore della Repubblica, un uomo di cui non ricordo più il nome, tanto è per me

insignificante, cercava di farmi confessare che ero un capo popolo, che fomentava disordine. Ovviamente gli

risposi come si meritava.

I toni della voce e la discussione erano elevati.

Ad un certo punto i miei avvocati chiesero che l’interrogatorio si concludesse in buona armonia.

Aggiunsi che era il caso di chiudere l’interrogatorio in buona amicizia.

Il sostituto procuratore disse che se ne sbatteva il cazzo della mia amicizia.

Mi feci avanti e se non fosse stato per i miei avvocati e per il sovrintendete di polizia, che assisteva

quello sciagurato, lo avrei preso a calci nel sedere e portato in una caserma dei carabinieri per farlo arrestare.

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Mi sono pentito di non averlo fatto perché né il Consiglio Superiore della Magistratura, né la Procura

della Repubblica di Caltanissetta, da me interessati, hanno proceduto contro quell’essere che con il suo

comportamento aveva calpestato le sacre funzioni di un magistrato della Repubblica”.

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Capitolo IV

I due documenti

1) “Come è nata l’idea di scrivere da parte del COCER Carabinieri del V mandato il documento “Sullo stato del

morale e del benessere del personale?”

“A seguito della strage di Bagnara di Romagna, del 17 novembre 1988, in cui ben cinque carabinieri furono

trovati uccisi da colpi d’arma da fuoco all’interno della locale stazione carabinieri, il Comandante Generale

dell’Arma, Roberto Jucci, mi chiamò e mi invitò a far redigere al COCER Carabinieri una relazione sulla situazione

all’interno dell’Arma, dato che i suoi comandanti di divisione non gli riferivano nulla.

Io ero Presidente del COCER da appena 4 mesi. Chiesi ai delegati, tornando nelle loro sedi di servizio, di farmi un

resoconto sullo stato del morale e del benessere del personale.

Dopo una quindicina di giorni i delegati mi portarono delle relazioni che dipingevano una grave situazione di

malessere nell’Arma, ovviamente scritte in un italiano non troppo corretto e con poche considerazioni sulle

cause e sui provvedimenti correttivi da adottare.

Per cui, per diversi giorni e tante notti, compilai una relazione riassuntiva con 39 punti di denuncia del personale

nei confronti di una scala gerarchica, soprattutto quella degli Ufficiali, ottusa, stupidamente rigorosa e priva di

riferimenti morali, soggiogata in gran parte al potere politico.

Per non far decadere la relazione in una mera denuncia di lamentele, come fanno parecchi movimenti politici,

che non hanno alcun progetto, limitandosi a sputare veleno contro i propri avversari, aggiunsi il capitolo del

riordino dell’Arma, che doveva innanzitutto uscire dall’Esercito e diventare forza armata autonoma.

Questa mia convinzione derivò dal fatto che in ambito COCER Interforze, voluto dai partiti per infiltrarsi fra le

forze armate, molti delegati erano già soggetti operativi per conto dei partiti. Per cui l’esercito era orientato

verso la DC, l’Aeronautica verso il PCI, mentre la Marina e i Carabinieri se ne stavano in disparte, anche se taluni

avevano simpatie a destra.

Era una situazione molto pericolosa. Da qui la mia idea di far uscire l’Arma dall’Esercito.

Il documento, prima di Natale, una volta approvato dall’intera Assemblea, venne consegnato in un’unica copia al

Comando Generale dell’Arma, che subito la diramò a tutti i comandi.

D’improvviso il documento apparve su tutti i giornali, che denunciarono il grave malessere nell’Arma. Per 15

giorni la nostra Istituzione venne letteralmente bombardata.

Chi aveva dato il documento alla stampa?

Dapprima si pensò che fosse stato un delegato del COCER a dare alla stampa il documento. Per cui, apriti cielo e

denuncia del COCER alla Procura Militare della Repubblica, di cui ho già parlato.

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Poi si seppe che la frangia dell’Arma, che si opponeva a Jucci, saputo che lui aveva chiesto la relazione sulla

situazione nell’Arma al COCER per farsi rinnovare il mandato per altri due anni, si era attivata per sconfiggere

questo suo disegno, ritenuto pericoloso per l’Arma, dato che Jucci - secondo taluni - aveva combinato già

abbastanza guai e che doveva andarsene.

Non so dire come siano andate realmente le cose, ma un fatto è certo: i 110.000 Carabinieri si accorsero che nel

COCER c’erano 27 delegati coraggiosi, che non avevano avuto paura di scontrarsi con il potere per difenderli.

Per cui, a causa delle beghe interne nell’Arma, cominciò ad assumere ruolo e credibilità un organismo, che era

destinato a svolgere un ruolo diverso rispetto a quello dei sindacati di polizia, che erano la stampella dei loro

vertici.

Il COCER Carabinieri aveva tracciato un proprio percorso di autonomia e di indipendenza dai partiti politici,

facendo preoccupare costoro che vedevano che una loro creatura, la rappresentanza militare, fortemente

voluta dai partiti di sinistra, non obbediva ai loro disegni egemonici e criminosi”.

2) “Che cosa è accaduto?”.

“Si scaraventarono contro di noi i deputati della DC, del PSI, del MSI (Gastone Parigi chiese la nostra fucilazione),

e tanti servitori del potere politico ed economico, che noi avevamo squassato, che si affidarono ai giornalisti

della RAI e della stampa per farci a pezzi.

La Procura Militare della Repubblica si mosse contro di noi, ma quando vide che il PCI, CGIL, CISL e UIL e i

sindacati di polizia ci difendevano, si calò le braghe e, su sollecitazione del Comando Generale, cercò di chiudere

subito l’inchiesta.

Il Capo di Stato Maggiore, Tavormina, uomo di Ciampi, mi chiamò e mi disse di andare dal Procuratore Militare,

un tale Scandurra, che insegnava alla Scuola Ufficiali Carabinieri, per cui era poco autonomo, perché lui avrebbe

sollecitato l’archiviazione.

MI riunii con il COCER, che mi invitò a non andare all’interrogatorio e di costituire subito il sindacato dei

Carabinieri.

Ben vedendo la fine miserabile che avevano fatto i sindacati di polizia, che si erano subito inquadrati con la

Triplice e con i partiti, non aderii. E bene feci.

E’ vero che il COCER, a causa di una stolta politica di alcuni Comandanti generali che per rimanere al comando

per altri anni hanno ceduto alle richieste dei partiti di stoppare la Rappresentanza militare, si è sin troppo

ammorbidito e alcuni delegati si sono fatti comprare, ma rimane nel complesso autonomo e indipendente

rispetto a questa scellerata classe dirigente politica.

Oggi il Popolo chiede soprattutto ai Carabinieri di muoversi per impedire lo sfacelo del Paese. Questa operazione

non può essere svolta dai vertici dell’Arma, ma di certo dal COCER che può dare quegli schiaffoni, che io diedi a

D’Alema quando promise al personale militare e di polizia un aumento miserabile di 18.000 lire. Una vergogna!

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Noi dell’8° mandato riuscimmo a mandare a casa D’Alema e il suo governo. Non ci sarebbe riuscita la CGIL che, nonostante avesse portato in piazza un milione e mezzo di persone, non smosse di un millimetro il governo Berlusconi”.

3) “Perché il regime politico si è tanto spaventato di quel documento?”“Il regime politico si spaventò di quel documento perché capì che i militari, a differenza del popolo che il più

delle volte è connivente con le sue ruberie, erano ben fermi nelle loro convinzioni e non si facevano facilmente

comprare.

Il regime capì che quello era il primo atto rivoluzionario di un popolo che si esprimeva attraverso i suo i figli

migliori, più autentici.

Doveva correre ai ripari. Ma prima di tutto capire se era l’Arma intera a muoversi contro di esso, oppure una sua

parte, minoritaria”.

4) “E’ vero che Francesco Cossiga, all’epoca Presidente della Repubblica, la chiamò al Quirinale per farsi dire

chi aveva scritto quel documento? Per quale motivo glielo chiese e in che modo?”.

“Ero stato eletto da pochi giorni deputato della Repubblica solo con i voti dei militari e delle persone per bene,

quando mi giunse la telefonata del mio collega d’Accademia, Colonnello Stefano Orlando, uomo di Cossiga, che

mi disse che il Presidente della Repubblica aveva seguito il mio scrutinio e aveva tifato per me. Adesso voleva

parlarmi, per cui mi invitò al Quirinale.

Venni accolto da un nugolo di funzionari e colleghi, che mi festeggiarono.

Dopo un po’ sopraggiunse Cossiga, che entrò nella saletta dove mi trovavo, con l’atteggiamento del Marchese

del Grillo: “Io sono io e voi non contate un cazzo”.

Subito si avvicinò a me e mi diede uno schiaffo sul viso dicendo: “Tanto adesso non sei più un ufficiale dei

Carabinieri e non mi puoi arrestare”.

La corte sorrise. Dopo le rituali amenità, il Presidente licenziò tutti bruscamente come era suo costume,

trattandoli da subordinati: “Adesso ve ne potete andare via, perché Pappalardo non è più come voi”.

Rimasti soli, il Presidente mi chiese d’un tratto chi avesse scritto il documento “Sullo stato del morale e del

benessere del personale”, che tanto aveva scosso il potere politico e non solo.

Mi meravigliai che il Presidente mi ponesse quella domanda, a tre anni dalla pubblicazione del documento. Capii

in quel momento che li avevamo fatti tremare.

Non gli celai la verità: quel documento era stato scritto da noi delegati del COCER.

Lui insistette: “Sì, voi del COCER avete scritto i 39 punti con cui vi siete lamentati del comportamento

arrogante degli Ufficiali. Io voglio sapere chi ha scritto quella parte in cui l’Arma chiede di uscire dall’Esercito”.

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Gli replicai che ero stato io. In quel momento Cossiga tirò un sospiro di sollievo. Allora non erano stati i vertici

dell’Arma a chiedere il distacco dall’Esercito, che per quella classe politica equivaleva ad un atto rivoluzionario,

ma solo un ufficiale e per giunta Pappalardo, che da essi non era ben visto.

Il pover’uomo non aveva capito che Pappalardo non era altro che la voce di Ufficiali che dalla fine del secondo

conflitto mondiale erano stati privati, con un atto di prepotenza, della nomina a Comandante Generale della

propria Istituzione, per essere ritenuti troppo fedeli al Re.

Come al solito Cossiga cercava di fare il furbo, ma alla fine si manifestava per quello che era sempre stato: uno

strumento nelle mani di varie lobby di potere, che lo usavano per i propri fini.

Sta di fatto che sei anni dopo, e precisamente nel 1998, il Comando Generale dell’Arma, scopiazzando il COCER, avviò un disegno di legge di riordino dell’Arma, che l’avrebbe sganciata dall’Esercito. Per cui Cossiga, Procura Militare della Repubblica, il cerbero della situazione, ed altre lobby di potere erano stati adeguatamente serviti”.

5) “Lei nel 1999 scrisse un altro documento “Sullo stato del morale e del benessere dei Cittadini”. Per quale motivo?”.

“Dopo il primo documento sullo stato del personale, e dopo il mio rientro nell’Arma al termine del mio mandato

parlamentare, potei constatare che il malessere dei Carabinieri era strettamente collegato al malessere di tutto i

popolo italiano, con il quale i militari dell’Arma in ogni città e contrada condividevano gioie e dolori.

Scrissi il documento “Sullo stato del morale e del benessere dei Cittadini”, che era una dura accusa contro un

regime politico che stava affamando la gente. Ne riporto un passo:

“Disoccupazione, insicurezza pubblica, criminalità mafiosa e terroristica, corruzione, e faziosità politica, disinteresse per i problemi della collettività, distruzione dell’ambiente, scardinamento di ogni valore morale, dittatura sul popolo, che deve subire scelte di ogni genere, possibilmente sorridendo. Ecco i grandi mali dello Stato e della società, ai quali non si è inteso porre rimedio, in quanto ben altri erano gli scopi della classe politica, uscita da una guerra iniziata e perduta malamente, che ha pensato unicamente di salvare i propri contesti politici senza badare all’interesse generale del Paese, abbandonato all’attenzione e alle scelte strategiche delle due Potenze mondiali che dominavano i nostri maggiori partiti politici.

In questa situazione, davvero aberrante, si è sviluppato un clima di avversione e ostilità nei confronti delle più antiche istituzioni dello Stato e in particolare contro i Carabinieri.

Sulla base di dati inconfutabili, abbiamo potuto teorizzare un teorema che abbiamo definito “Teorema dell’irrazionalità”, in cui sono coinvolti tre soggetti: Popolo, Politici e Carabinieri, che abbiamo idealmente posto ai vertici di un triangolo equilatero.

Dal Popolo parte una freccia in direzione dei Carabinieri, con sopra la scritta “amare”, con il conseguente significato: “Il Popolo ama i Carabinieri”.

Sempre dal Popolo parte un’altra freccia, questa volta in direzione dei Politici, con sopra la scritta “eleggere”, con il seguente significato: “Il Popolo elegge i Politici”.

Verrebbe a questo punto logico concludere: “Allora i Politici, essendo espressione del Popolo, amano i Carabinieri”. Ma ciò non accade, in quanto dai Politici parte un’altra freccia in direzione dei Carabinieri, con sopra il verbo “diffidare”, e cioè “i Politici diffidano dei Carabinieri”.

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E’ evidente l’irrazionalità del teorema, che diviene ancora più illogico se cambiamo il verso della direzione delle frecce, perché in questo caso scopriamo che i Carabinieri “amano e si sacrificano per il Popolo”, “diffidano e si tengono lontani dai Politici” e “i Politici ingannano il Popolo”.

Carabinieri Carabinieri

ama diffidano amano stanno lontani

Popolo Politici Popolo Politici

elegge Ingannano

Perché ciò accade? Qualcuno potrebbe rispondere sbrigativamente che i Politici, egoisti e inefficienti, non possono tollerare che un’Istituzione, come l’Arma, amata dal Popolo ed efficiente, possa inserirsi fra essi e l’oggetto amato, che produce il consenso, tanto importante e vitale per i partiti”.

Questa mia analisi fece tremare i palazzi del potere, interni ed internazionali, nel momento in cui si stavano creando le premesse per svendere l’Italia alle Associazioni segrete e ai pedanti e ottusi burocrati europei”.

6) “Come mai i vertici dell’Arma e del COCER lo abbandonarono e lo lasciarono solo?”“I vertici dell’Arma, come ho più volte detto, tranne rare eccezioni, erano totalmente asserviti al potere politico,

che li ricompensava adeguatamente, lasciando marescialli e Carabinieri nel carro bestiame.

Il COCER Carabinieri subì uno sbandamento e, mentre io venivo accusato di essere un golpista per un

documento che potevo da sindacalista scrivere e pubblicare, preferì stare vicino al Comandante Generale e ai

suoi sgherri, raccontando un sacco di frottole, come il fatto che non aveva mai letto il documento.

Ci furono due personaggi perversi che facilitarono questa operazione: il Tenente Colonnello Roberto Paschetto,

mio vice Presidente, che addirittura firmò la mia estromissione dal COCER su una bozza preparatagli dal Capo

Ufficio dei Rapporti con la Rappresentanza militare; il Maresciallo Spinelli, di Bolzano, che si vantò di aver

concluso lui l’operazione anti Pappalardo.

Il meschinello non sa che la storia si scrive non in giorni, né mesi , né in anni, ma in decenni. E verrà il momento

in cui questi due traditori saranno giudicati e condannati come si meritano.

Il fatto più deplorevole è che il Generale Sergio Siracusa, Comandante Generale dell’Arma, solo sulla base di una

notizia ANSA mi tolse il comando del Reggimento e il giorno dopo mi attaccò sui giornali qualificandomi come un

ufficiale infedele.

Tre giorni dopo il Procuratore Militare avrebbe definito il tutto come una panzana.

D’Alema, Minniti e company avevano gioito per aver annientato Pappalardo, con la complicità dei seguenti

ufficiali del Comando Generale: Generale Venditti, Capo di Stato Maggiore, Colonnelli Leonardo Gallitelli e

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Corrado Borruso, e Colonnello Stefano Orlando, dei Servizi Segreti, che, ritengo all’insaputa dei suoi capi, mi

avvicinò per convincermi a dimettermi dalla carica di Presidente del COCER, su invito del suo capoccia Cossiga.

Ma ripeto la storia si scrive in decenni e questo tradimento dovrà essere tutto svelato in ogni particolare.

Cossiga così disse di me, dopo il trionfo da me ottenuto il 23 ottobre 2003 con l’esecuzione nella Sala Nervi del

Vaticano della mia opera “Vita nova”, dinanzi a 9.000 persone, in occasione della beatificazione di Madre Teresa

di Calcutta: “Pappalardo ha sette vite come i gatti!”.

Ci vedremo alle Forche Caudine, sotto le quali qualcuno dovrà pur passare, per definire ogni questione.

Intanto Scudo dei Carabinieri e il Movimento Liberazione Italia si stanno muovendo per attuare quanto indicato nel documento “Sullo stato del morale e del benessere dei Cittadini”, in cui i Carabinieri marciano insieme al popolo per liberarlo dalla schiavitù”.

7) “Come mai i vertici dell’Arma andarono appresso ad un maresciallo dei carabinieri, pregiudicato?”“Dapprima pensai che questo pregiudicato si fosse inserito per colpirmi essendo legato ad alcuni ambienti

politici, che nonostante lui avesse subito una condanna definitiva a 3 anni e mezzo per rapina, erano riusciti a

farlo rimanere fra le file dell’Arma.

Una vergogna!

Non solo: il Comando Generale gli aveva pure permesso di usare simboli e denominazioni dell’Arma per creare

un’Associazione i cui componenti non sapevano che lui fosse un pregiudicato.

L’ANSA usò questo sciagurato contro la mia persona e il governo D’Alema se ne avvalse per togliermi di mezzo. Il

Comandante Generale, un pavido, si allineò, insieme al suo stato maggiore

Quei giorni furono le pagine più vergognose della storia ultracentenaria dell’Arma, i cui vertici permisero che un

loro ufficiale, peraltro Presidente del COCER, venisse umiliato e offeso perché così aveva ordinato sua maestà,

D’Alema I.

Sta di fatto che qualche anno dopo abbiamo visto questo pregiudicato essere ricevuto nientepopodimeno che

dal Presidente del Parlamento europeo dell’epoca, Martin Schulz: ha fatto una bella carriera!

I politici di sinistra, riconoscenti, lo hanno fatto salire molto in alto”.

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Capitolo V

Il rospo da inghiottire

1) “Lei è stato nominato nel maggio del 1993 Sottosegretario di Stato alle Finanze. Come ciò avvenne?”

“Ero deputato, eletto nella lista degli Uomini in uniforme “Rinnovamento Italia”, che era stata costretta ad

appoggiarsi, sulla base dell’art. 49 della Costituzione, al PSDI, l’unico partito che ci aveva ospitato. Eravamo

troppo onesti per avere accoglienza in tutti i partiti, dove sono annidati ladri, parassiti e mascalzoni.

Noi ci turammo il naso e accettammo l’offerta, e questo per colpa della Costituzione della Repubblica, tanto

osannata che, da una parte non ha disciplinato i partiti, dall’altra ha imposto ai cittadini di fare politica tramite

essi. Un vero e proprio colpo di stato contro la sovranità del popolo!

I voti mi sono stati dati solo dagli uomini in uniforme. Sono entrato in parlamento senza macchia alcuna. I

Carabinieri mi hanno pagato la campagna elettorale. Alle cene con 600/700 persone pagavano pure la mia parte.

Si stava formando il governo Ciampi e all’uscita dalla Camera, incontrai l’on. Formica del PSI, che mi rimproverò,

essendo l’unico nel gruppo socialdemocratico a non essere indagato, a farmi avanti per entrare nel governo.

Gli risposi che i socialdemocratici mi erano contro perché accusavo tutti, compresi loro, di ingannare il popolo.

Mi invitò a rivolgermi al Generale dei Carabinieri Arnaldo Ferrara, ascoltato ufficiale al Quirinale.

Così feci. Quello splendido ufficiale non mi fece finire di parlare. Mi disse che aveva una grande stima nei miei

confronti (non lo avevo mai incontrato in vita mia), perché ero uno dei pochi che difendevo l’Istituzione.

Avrebbe fatto di tutto per farmi diventare Sottosegretario di Stato.

Mentre procedevo in macchina per andare a Bologna dopo la strage del Pilastro, dove erano stati uccisi alcuni

Carabinieri, mi arrivò la telefonata del sempre informato sugli affari romani, Leonardo Gallitelli, comandante del

Gruppo di Roma 1: “Congratulazioni, eccellenza, sei stato nominato Sottosegretario di Stato alle Finanze”.

Non mi avevano nominato Sottosegretario di Stato alla Difesa per opposizione di alcuni vertici, ai quali bruciava

il culo, che un tenente Colonnello dei Carabinieri fosse loro sovraordinato.

Quando i socialdemocratici seppero della mia nomina, andarono su tutte le furie, e cercarono di sapere chi

avesse sottratto loro una poltrona di potere, che essi pretendevano pure essendo quasi tutti indagati.

Ovviamente non dissi loro chi era stato.

Ringraziai il Generale, che mi rispose al telefono con poche parole: “Lode a Te e gloria all’Arma dei Carabinieri”.

Altri avrebbero preteso il pizzo.

Ma noi Carabinieri ragioniamo diversamente, con una visione proiettata al bene del popolo e dell’Arma”.

2) “Cinque giorni dopo il Tribunale militare la condannò a 8 mesi di reclusione per aver diffamato il generale

Viesti, come lei ha già ben spiegato. Ciampi le chiese di dimettersi. Perché tutto ciò?”.35

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“Il potere si era vendicato. Avendo sotto controllo la magistratura militare, mi fece condannare per diffamazione

militare a ben 8 mesi per aver detto che il Comandante Generale non poteva essere nominato dalle segreterie

dei partiti.

Una sentenza assurda e contro ogni norma di diritto.

Ovviamente da perfetto militare, andai a riferire al mio Ministro, tecnico, tale Gallo, di quella condanna.

Gallo ci fece sopra una risata e mi invitò a continuare a lavorare, perché c’era tanto da fare.

La sera cambiò la musica. Mi chiamò al telefono per dirmi che mi voleva parlare Ciampi.

Gli telefonai e costui invece di convocarmi a Palazzo Chigi per comunicarmi la sua decisione, mi disse al telefono

che mi dovevo dimettere. Mi stava scaricando come fossi un sacco di patate.

Lo mandai a farsi benedire.

Si sviluppò una forte polemica fra me e lui. E taluni giornali venduti al potere, mi attaccarono per farmi

dimettere, primeggiando in questa opera infame i giornali di destra, che non avevano gradito che la lista dei

militari fosse stata ospitata dal PSDI. Cialtroni emeriti!

Io andai dritto per la mia strada e nonostante gli attacchi di questi giornalisti miserabili, dissi che non mi sarei

mai dimesso, perché i cittadini avrebbero di certo commentato: “Chissà cosa ha realmente commesso Antonio

Pappalardo? Non ci si può dimettere per un reato d’opinione e per una condanna di un tribunale militare!”.

3) “Come si è sviluppato il colloquio al Quirinale fra lei e l’allora Capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro?”.“Fu in quel momento che intervenne il magistrato spretato, Oscar Luigi Scalfaro, che era Presidente della

Repubblica, che non aveva gradito la polemica fra me e Ciampi, che lui aveva collocato in quella poltrona per

accordi di potere, con le lobby europee.

Mi invitò al Quirinale, insieme a Ferri, segretario socialdemocratico, che avrebbe finito di seppellire il glorioso

partito di Saragat, che si era riempito di ladri e parassiti.

I fatti sono stati ben descritti nel libro “Il Colonnello racconta”, da pag. 134 a pag. 139:

“Andiamo al 20 maggio 1993. Vedo dall’alto il palazzo del Quirinale, sorvolo le bandiere del lucernario,

per entrare, attraverso una finestra lasciata aperta, in uno studio, curato nei minimi particolari, raffinato ed

elegante. Al di là del tavolo ovale, riccamente intarsiato, sedeva comodamente lei, Signor Scalfaro, magistrato

solerte, a quel tempo Presidente della Repubblica. Al di qua, sulla sedia di sinistra, stava accovacciato l’onorevole

Enrico Ferri, anche lui magistrato, segretario politico di ciò che era rimasto del partito socialdemocratico,

devastato da arresti e procedimenti penali per reati di mafia e corruzione, taluni veri, tal altri inventati da

pubblici ministeri, ideologicamente orientati verso una certa sinistra bieca e giustizialista.

Di fronte a lui, stretto nella sedia di destra, l’onorevole Pappalardo, da pochi giorni

Sottosegretario al Ministero delle Finanze.

Va precisato che Pappalardo, subito dopo la sua nomina a Sottosegretario di Stato, aveva

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imprudentemente affermato che a mezzo della Guardia di Finanza avrebbe scoperto dove imprenditori e

parlamentari corrotti avevano nascosto il denaro pubblico rubato, e che per recuperarlo sarebbe andato “anche

in Australia”. Adesso era lì, chiamato dal supremo magistrato dello Stato in quanto qualche giorno prima il Capo

del Governo, Carlo Azeglio Ciampi, lo aveva invitato a dimettersi, perché il Tribunale militare di Roma lo aveva

condannato ad otto mesi di reclusione militare per diffamazione per aver dichiarato per radio che “ il

Comandante Generale non poteva essere più scelto dai partiti”. La condanna, il poverino, in verità, l’aveva

meritata, perché in Italia tutto si può dire, tranne che affermare l’ovvietà.

Ma quel giorno Scafaro lo aveva convocato perché, da buon pastore, voleva convincere la pecorella

smarrita a desistere e a dimettersi volontariamente, per non creare ulteriori problemi ad un governo che doveva

avere solo ministri e sottosegretari che non avevano subito processi per corruzione. Non aveva tenuto conto che

colui che gli stava davanti non era un onorevole, pronto a qualsiasi compromesso, ben sapendo che poi avrebbe

ricevuto lauta ricompensa per la momentanea sottomissione, ma un carabiniere, uno di quelli che posto con la

nuca contro una parete non fa passare il chiodo conficcato dall’altra parte”.

Scalfaro era particolarmente nervoso. Tentò inutilmente di accavallare una gamba sull’altra, imitato da

Ferri, che rimase come un uccello, con una sola zampa sul trespolo e l’altra rannicchiata dentro le piume della

pancia. Disse con fare bonario a Pappalardo: “Innanzitutto diamoci del tu, perché sono stato anch’io

parlamentare e fra onorevoli è buona prassi parlarsi in seconda persona”.

“Mi riesce molto difficile darle del tu”, interruppe diffidente Pappalardo “in quanto lei adesso è il Capo

dello Stato. Non mi sento a mio agio”.

“Va bene” replicò stizzito. E cominciò a divagare su vari argomenti senza però coinvolgere il suo

interlocutore, che si muoveva guardingo, come solitamente fa il carabiniere quando si pone in appiattamento

per catturare un malfattore.

Quando si accorse che Pappalardo non lo seguiva e che Ferri pensava ai guai del suo partito, comprese

che era venuto il momento di entrare nel vivo del gioco:

“Riconosco il tuo impegno per la maggiore democratizzazione delle Forze armate che porterà, ne sono

certo, ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro del personale dei gradi più bassi, che viene ancora

trattato in modo non dignitoso”.

Dette queste parole, cercò di aggiustarsi meglio sulla sedia, non sentendosi a suo agio per quello che

avrebbe detto subito dopo: “In questa controversia con il Capo del Governo, in cui ripeto hai ragioni da vendere,

non puoi, però, metterti contro il Presidente Ciampi, che ha cercato di formare un governo senza ministri e

sottosegretari indagati”.

“Le chiedo scusa, signor Presidente, se lei riconosce che ho ragione, perché ha chiamato me e non il Capo

del Governo? Gli dica che la sua decisione è sbagliata perché questa condanna per un reato, peraltro d’opinione,

non c’entra nulla con la rabbia della gente contro la corruzione politica. Peraltro ritengo che tale reato sia una

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vera e propria montatura essendo una reazione di taluni ambienti militari contro la mia attività a favore del

personale, che deve subire tutto supinamente e non ha diritto ad alcun tipo di cittadinanza. E’ veramente

inconcepibile che un deputato della Repubblica sia stato mandato dinanzi ad un tribunale militare per un reato

d’opinione. Nemmeno Mussolini aveva osato tanto. Inoltre, perché debbo essere io il capro espiatorio di un

sistema politico corrotto, con il quale non ho nulla a che spartire? Fate, invece, serie indagini contro coloro che

hanno rubato i soldi dello Stato e dei cittadini e cacciateli via, in modo che non possano più nuocere al Paese”.

Mentre Ferri cercava di estraniarsi dal confronto, che si stava facendo acceso, Scalfaro intercalò:

“Ma io non posso chiamare il Presidente del Consiglio e dirgli che sta sbagliando. In questa faccenda,

devi essere tu a fare un passo indietro. Devi inghiottire questo rospo”.

Pappalardo, fremendo, replicò:

“Non ho mai inghiottito rospi da ufficiale dei Carabinieri e non intendo farlo adesso che sono

parlamentare della Repubblica. Non posso dimettermi perché qualcuno sta cedendo alle pressioni di taluni vertici

militari che vogliono tenere l’Arma dei Carabinieri schiacciata in un angolo per tutelare interessi di squallide

lobby di potere. La nostra Istituzione deve servire solo gli interessi della collettività”.

“Caro Pappalardo, capisco la tua amarezza e quella dei Carabinieri, ma adesso non devi scontrarti con il

Governo. Ci sono momenti in politica in cui bisogna fare un passo indietro. Sapessi quanti rospi ho dovuto io

inghiottire in quarant’anni di attività politica!”

Pappalardo di getto: “Ci credo, è diventato Presidente della Repubblica!”

Punto sul vivo, Scalfaro reagì male. Si alzò in piedi, ma prima che parlasse Pappalardo lo prevenne:

“Signor Presidente, mi meraviglio di questo suo atteggiamento. Nel suo discorso di fine anno lei ha invitato gli

italiani ad avere il coraggio della verità. Adesso mi esorta ad inghiottire il rospo?”.

Notevolmente infastidito, ma soprattutto sorpreso della reazione fiera di Pappalardo che non intendeva

accettare quel compromesso, freddamente concluse:

“Se queste sono le sue ultime parole, allora le dico che se fra qualche giorno il Capo del Governo mi

porterà il decreto della sua estromissione dall’esecutivo, io lo firmerò come atto dovuto”.

“Non è un atto dovuto. E’ un atto politico ingiusto contro un uomo che in questo momento è solo, perché

il suo partito – quello di Matteotti e di Turati - lo ha abbandonato e i vertici dell’Arma dei Carabinieri lo hanno

buttato a mare. Se qui oggi ci fosse Saragat, lei non si sarebbe permesso di dire queste parole. Verrà il giorno in

cui qualcuno si ricorderà di questo mio gesto contro gli arroganti di tutti i tempi”.

Pappalardo, assolto pienamente nel dicembre del 1997, dopo tanti anni di umiliazioni, da quel delitto di

diffamazione, ha avuto l’ardire di scrivere, il 27 giugno del 1999, la seguente lettera a Scalfaro, alla quale costui

non ha mai avuto il coraggio di rispondere:

“Gentile Senatore,

ricorrendo il sesto anniversario della Sua firma del decreto di revoca della mia carica di Sottosegretario al

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Ministero delle Finanze, non posso fare a meno di rivolgerLe un pensiero.

Ho ancora nelle orecchie le terribili parole che Lei mi disse nel momento in cui si profilava la mia

estromissione dal governo Ciampi: “Riconosco il tuo impegno a favore di una maggiore democratizzazione

nelle Forze armate. Ma devi dimetterti, devi ingoiare questo rospo. Sapessi quanti ne ho ingoiato io nei miei

quarant’anni di vita politica”.

Alla mia fiera opposizione, Lei così mi rispose: “Allora sono costretto a firmare la revoca del tuo

incarico. E’ un atto dovuto”.

Se rammenta bene, Le replicai che non era un atto dovuto ma un atto politico contro un uomo che,

essendo solo legato ai valori che contraddistinguono i Carabinieri e non protetto dalle lobby di potere, era

costretto sul momento a soccombere.

E mi allontanai con amarezza, ma anche con sdegno.

Oggi i Carabinieri mi hanno rieletto quale Presidente del loro COCER, per ottenere quella dignità che in

questi anni è stata ad essi negata da una classe politica disattenta, non certamente dal popolo italiano che

tanto li ama.

Ella, pur sapendo che la Suprema Corte di Cassazione nel 1997 mi aveva del tutto assolto dal reato di

diffamazione militare (non poteva essere altrimenti avendo io solo detto che il Comandante Generale

dell’Arma non poteva più essere scelto dai partiti), non ha inteso riparare al grave atto di ingiustizia

commesso in mio danno, mentre era Presidente della Repubblica, con ciò ignorando un Suo preciso dovere

costituzionale di massimo garante dei diritti, anche quelli politici, dei cittadini.

Ciò mi ha addolorato più della Sua precedente decisione.

Abramo chiese a Dio, che aveva deciso di distruggere Sodoma e Gomorra, di salvare le due città,

seppur peccaminose. Dio gli rispose che le avrebbe risparmiate se avesse trovato almeno dieci giusti.

Non furono trovati e Lei sa bene cosa accadde.

Non c’è stato un solo giusto che si è occupato della mia vicenda, mentre so che governanti e

parlamentari si prodigano in ogni sede, interna ed internazionale, per condonare corrotti, e fare uscire dalle

patrie galere terroristi e malfattori.

Proprio oggi, il nuovo Capo dello Stato ha espresso solidarietà e stima all’ex Sottosegretario al Tesoro

Cusumano in quanto scarcerato su decisione della Corte di Cassazione, anche se ancora indagato per gravi

reati di corruzione.

Ho la vaga sensazione che in questa nostra Repubblica i Carabinieri non abbiano diritto di

cittadinanza, nonostante la grande ammirazione del popolo italiano. Mi sorge il sospetto che siano troppo

onesti per un sistema politico che con troppa disinvoltura amministra il denaro dello Stato.

Lei è un credente.

Spero che questa mia lettera La possa indurre a riflettere sul male che ha causato a me, ai miei

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familiari e a quanti delle forze armate e delle forze dell’ordine hanno creduto e tuttora credono nei miei stessi

ideali.

Dio, alla fine, rende giustizia a tutti”.

4) “Si è mai spiegato come mai Ciampi volesse ad ogni costo estrometterla dal Governo? Perché era

preoccupato della sua presenza al Governo?”.

“Tutti, anche al Comando Generale dell’Arma, non compresero il perché Ciampi volesse a tutti i costi

estromettermi dal governo. La condanna era per una diffamazione, per un reato d’opinione, che non avrebbe

mai gettato discredito sul governo.

Ma il grande ladro di verità insistette, e Scalfaro fu costretto a firmare.

Ci doveva essere sotto qualcosa di grave e di terribile.

E 17 anni dopo, l’ex Ministro della Giustizia, Conso, avrebbe svelato l’arcano: il governo stava trattando in quegli

anni con la mafia e un Pappalardo, Sottosegretario e per giunta delle Finanze, con a disposizione la Guardia di

Finanza, avrebbe scoperto tutto, rilevando ogni cosa al popolo. Ciampi, Scalfaro e Napolitano sarebbero andati

via con disonore.

E ciò non poteva accadere.

Ho denunciato qualche anno fa tutti questi fatti alla magistratura di Palermo. Sino ad oggi nulla è stato indagato,

anche se Napolitano ha ammesso che lui sapeva bene che lo Stato stava trattando con la mafia. A distanza di

anni. Solo un cambiamento di regime potrà scoprire lo squallore di quelle trattative e restituire dignità e verità a

Borsellino e a tutti i morti di mafia”.

Capitolo VI

Il rientro nell’Arma40

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1. “Lei, finita l’esperienza parlamentare, rientrò nell’Arma. Ci può dire cosa è avvenuto

in seguito e quale esperienza ha avuto sul piano socio-politico dal 1994 al 1999?”.

“Rientrato nell’Arma, mi sono sentito dire da un cialtrone di collega ufficiale, che temeva che lo sopravanzassi in

graduatoria essendo un mediocre, che non dovevo ritornare fra i Carabinieri.

Gli ho fatto presente che non avendo rubato facendo il parlamentare, anzi sono uscito dalla Camera con 57

milioni di debiti, unico fra i deputati, dovevo pur mantenere la mia famiglia. Non avendo altri stipendi o incarichi

di sottogoverno, dovevo continuare a fare il Carabiniere. Se mi avesse dato lui uno stipendio, gli avrei fatto pure

il piacere di non rientrare, essendo più importante per me occuparmi dei problemi del mio Paese e di quelli della

povera gente.

Pensi che un giorno, trovandomi al self service della Stazione Termini, la cassiera, una vecchia signora, mi ha

riconosciuto e mi ha detto: “Non ho i soldi per pagarle questo pranzo. Ma mi permetta di offrirle il caffè”.

Ho chiesto il perché lei fosse così grata nei miei confronti. Mi rispose: “Lei è una delle poche persone che si

occupa della gente che non conta nulla”.

Credetemi, queste parole contano più di qualsiasi altra ricompensa.

Tornato nell’Arma, ovviamente il Comando Generale ha cercato di accantonarmi, dapprima spedendomi a fare il

Capo di Stato Maggiore in Abruzzo, poi in Umbria a ricoprire l’incarico di Vice Comandante, quindi, una volta

assolto del tutto da quella ridicola accusa di diffamazione militare, al comando del II Reggimento Carabinieri a

Roma.

Da Comandante di Reggimento, ogni mattino ero all’alzabandiera, insieme ai miei carabinieri.

Vedendo che qualcuno sbadigliava, anche perché, essendo giovani non dormivano la notte, invitai il personale a

svolgere alcune meditazioni sotto la bandiera.

Dapprima vi fu un po’ di smarrimento. Poi gli uomini cominciarono a fare riflessioni di tale livello, che mi decisi a

raccoglierle in un libretto, che intitolai “Meditazioni sotto la bandiera”.

Era un modo originale per far comprendere ai giovani che l’alzabandiera non doveva essere inteso come un rito

ripetitivo e noioso, ma doveva indurci a riflettere sui piccoli e grandi problemi dell’umanità.

Un pover’uomo di generale mi invitò a desistere dal far meditare gli uomini, perché ciò avrebbe creato chissà

quali scompensi alle regole interne o a quali costumanze.

Lo avrei preso a calci nel sedere.

Il grande male dell’Arma dipende dall’ottusità di taluni generali e comandanti generali che in circa 200 anni di

storia di questa gloriosa istituzione hanno cercato di chiudere spazi di pensiero al personale.

Non per nulla un tempo si vietava agli ufficiali di leggere, pena gravi punizioni.

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Avevo fatto il Presidente del COCER per tre anni, avevo pensato che con le mie botte sonore taluni ufficiali si

fossero calmati, ma ahimè le cose ancora non cambiavano.

C’era ancora tanto da lavorare per far sì che questo splendido personale non venisse umiliato con inutili

vessazioni.

Ringrazio il Generale Arnaldo Ferrara perché, da Capo di Stato Maggiore del Comando Generale, tolse i quadri

dei Comandanti Generali e li spedì altrove perché costoro non avevano combinato nulla di buono per l’Arma e

per il personale.

Mentre i sottufficiali, appuntati e carabinieri, si erano addossate le più grandi responsabilità operando in mezzo

alla gente e facendosi apprezzare.

Al Comando Generale dovevano essere tutt’al più appesi i quadri dei Comandanti di stazione, veri costruttori dell’Arma”.

2. “Lei nel 1999 è stato rieletto presidente del COCER e in quella circostanza ha scritto un documento dal titolo “Stato del morale e del benessere dei cittadini” che diffuso in tutta l’Arma ha fatto saltare sulla poltrona il regime politico che l’ha accusata di essere un golpista. Ci vuol fornire qualche particolare in merito?”.

“Nel 1999 i Carabinieri mi elessero nuovamente alla Presidenza del COCER Carabinieri. Il favorito dal Generale

Siracusa, Libero Lo Sardo, fu trombato. Ancora una volta la base dell’Arma, matura e consapevole, aveva

bocciato le richieste della scala gerarchica.

Ripresi il cammino da dove l’avevo interrotto, nel 1991, dato che l’Arma in 8 anni non era per nulla cambiata.

Capii che il documento “Sullo stato del morale e del benessere del personale”, doveva essere completato per cui

cominciai ad elaborare un nuovo documento “Sullo stato del morale e del benessere dei Cittadini”, ritenendo

che il malessere dei carabinieri dipendesse dal malessere del popolo, a fianco del quale i militari dell’Arma

vivevano e operavano.

Il regime politico cominciò a vomitare perché capì che questa volta i Carabinieri non si lamentavano delle

malefatte dei loro ufficiali, ma dei latrocini, incapacità e collusione con il crimine della classe dirigente politica.

Questi farabutti cominciarono a tramare per colpirmi alla schiena, con la complicità di uomini dell’Arma”. 3. “Ci vuol dire chi sono stati i complici di questo regime politico che hanno cercato di

metterla fuori definitivamente perché lei non desse più fastidio?”.“Le debbo raccontare l’episodio delle 18.000 lire di aumento dello stipendio di poliziotti e militari, voluto e

imposto dal governo D’Alema. Eravamo a metà novembre del 1999.

D’Alema aveva detto ai COCER e ai sindacati di polizia che non c’erano soldi e che il personale si doveva

accontentare di 18.000 lire di incremento stipendiale.

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Il giorno prima il generale Siracusa, Comandante Generale dell’Arma, mi aveva preannunciato che il 17 dicembre

successivo, la Commissione di avanzamento mi avrebbe ben posizionato per la promozione a generale di

brigata.

Chiesi ai delegati del COCER se potevamo attendere di accendere le polveri contro il governo dopo il 17

dicembre, per darmi la possibilità di conseguire un grado per il quale mi ero tanto sacrificato.

I delegati mi risposero che non era possibile perché nel frattempo il Parlamento avrebbe approvato il

documento di programmazione finanziaria.

Dovevo decidere se difendere gli stipendi di oltre 300.000 donne e uomini, oppure occuparmi della mia

promozione.

Ovviamente vinse in me la parte del fesso che si immola per gli altri.

Noi Carabinieri, nel piccolo, siamo tanti Salvo D’Acquisto”. 4. “Ci può parlare dell’ulteriore processo che hanno fatto a lei perché hanno tentato di

farla passare per golpista dal quale lei è uscito indenne dopo appena tre mesi di indagine della magistratura?”.

“Tutto è nato il 2 febbraio del 2000. Nelle ore pomeridiane, ero stato chiamato in tutta fretta al primo piano del

Palazzo di viale Romania, sede del Comando Generale dell’Arma. Era successo un fatto gravissimo: i 18 Gruppi

parlamentari della Camera si erano accordati per approvare un emendamento che introduceva un principio di

sotto ordinazione dell'Arma al Questore.

Essendo Presidente del COCER Carabinieri, mi precipitai dal Comandante Generale che mi apparve in evidente

difficoltà. Aveva, invano, cercato di convincere sia il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri,

Marco Minniti, che il Sottosegretario al Ministero degli Interni, Massimo Brutti, per il ritiro dell’emendamento.

Entrambi gli avevano risposto che ormai tutti i Gruppi parlamentari avevano approvato l'emendamento e non

c’era più nulla da fare. A quel punto, tutto sembrava crollarci addosso. Cosa fare? Accettare l'imposizione ed

assistere supinamente alla svendita dell'Arma? Il momento era davvero drammatico.

Davanti ad uno Stato Maggiore ammutolito e messo all'angolo, reagii prontamente: presi il telefono e davanti ai

vertici dell'Arma chiesi ed ottenni un incontro con il Sottosegretario Brutti, che appariva riluttante, per le ore

15,15 del giorno successivo.

Il giorno dopo mi trovai con tre delegati a pranzare nella sala mensa della Divisione Unità Mobili e Speciali.

Intorno alle ore 14,00 ricevetti una telefonata: era il Maggiore Ravera, Aiutante di Campo del Comandante

Generale, che mi disse testualmente: "Siamo nelle sue mani".

Alla mia replica se mi parlasse in quel modo d'iniziativa oppure su esortazione di qualcuno, mi rispose che,

ricoprendo egli quella carica, dovevo ben intuire. Cioè, in altre parole, il Comandante Generale aveva affidato a

me le sorti dell'Arma dei Carabinieri.

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L'incontro con il Sottosegretario Brutti avvenne in questo modo: egli si pose a capo di un tavolo lungo e stretto,

con a fianco i delegati del COCER.

Io preferii sedermi di fronte per guardarlo bene in faccia, mentre si sviluppava il confronto.

Si fece presente all'esponente di governo quali fossero le devastanti conseguenze che sarebbero derivate

dall’approvazione di quell'emendamento, ma inutilmente.

Vi fu un acceso contrasto. Alla fine, il Sottosegretario prese il fascicolo che conteneva gli atti del disegno di legge

e lo scaraventò sul tavolo urlando: "A questo punto, la legge fatevela da voi", riferendosi alla legge di riordino

dei Carabinieri.

Mi alzai repentinamente in piedi e postomi di fianco e, puntandogli il dito, gli dissi: " Ma lei, chi crede di essere?

Pensa di potere distruggere 180 anni di storia dell'Arma dei Carabinieri? Lei come politico è un uomo finito. Il

COCER da domani la ignorerà completamente e si rivolgerà direttamente al Parlamento e al Presidente del

Consiglio".

Quindi, rivoltomi ai delegati, li invitai ad andar via, tanto lì non avevamo più nulla da fare.

Il Sottosegretario, visibilmente scioccato, mi invitò a sedermi. Ma io continuavo a rifiutare . Alla fine disse: "Va

bene, adesso vedo quello che si può fare".

"No", gli risposi "lei mi deve dire subito se ritira l'emendamento o meno ".

"Va bene, ho capito, mi dia almeno un'ora di tempo per sistemare il tutto".

Uscimmo dal Ministero. Quando arrivammo al Comando Generale apprendemmo che l'emendamento era stato

ritirato. Eppure si era detto che ben 18 gruppi parlamentari l’avevano approvato. Era evidente la pretestuosità

della motivazione. Posso ben dire che, se non ci fosse stata la mia azione decisa e determinata, il disegno di

legge di riordino dei Carabinieri non sarebbe divenuto legge dello Stato, ed oggi il Comandante Generale

dell’Arma sarebbe ancora un Generale dell’Esercito.

Ma i cosiddetti “nemici” dell’Arma non desistettero!

Il 9 febbraio 2000, appena sette giorni dopo, intorno alle ore 20,30, venivo raggiunto al telefono dal Generale

Alfonso Venditti, all’epoca Sotto Capo di Stato Maggiore del Comando Generale dell’Arma, che mi invitava a

salire prontamente al piano superiore perché era successo un altro fatto grave in danno dell’Istituzione.

Mi portai in quegli uffici, accompagnato dai delegati Spinelli e Rizzo.

Giunto sul corridoio, che collega i due uffici del Comandante Generale e del Capo di Stato Maggiore, trovai il

Generale Venditti e i due Capi Reparto, Colonnelli Gallitelli e Borruso, disperati.

Costoro mi dissero che nel "pacchetto sicurezza" erano stati inseriti due emendamenti, che sarebbero stati

discussi ed approvati il giorno dopo, che avrebbero di fatto sotto ordinato le Stazioni e le Compagnie Carabinieri

alle Questure.

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Coloro che avevano avversato la legge di riordino dei Carabinieri, all’esame della Camera dei Deputati, avevano

puntato la loro attenzione sul pacchetto di norme riguardanti la sicurezza dei cittadini, al fine di svuotare di ogni

efficacia la legge di riordino.

Venditti mi disse testualmente: "Vai lì dentro (intendendo l'ufficio del Comandante Generale). Provaci tu a farlo

muovere, ad andare almeno dal Ministro della Difesa. Le cose si stanno mettendo proprio male".

Così dicendo, mi spinse letteralmente nell'ufficio del Generale Sergio Siracusa, che trovai prostrato e con l’aria

dell’uomo ormai sconfitto.

Dopo avergli chiesto quale azione avrebbe svolto per bloccare i due provvedimenti, rilevando che non sapeva

cosa fare, gli dissi: "Signor Generale, mi sembra che ci stiano prendendo in giro. Telefoni al Ministro della

Difesa (all’epoca Sergio Mattarella) perché sia lui ad intervenire”.

Mi rispose: “Non si fa trovare”.

Rimasi scioccato da questa risposta. Il Ministro della Difesa non poteva abbandonare l’Arma in un momento così

delicato e difficile. Dopo questo suo atteggiamento, inqualificabile, non ebbi più alcuna considerazione né per la

sua persona, né per la sua attività politica. Eppure sino a quel giorno vedevo in lui un personaggio di spessore

sotto ogni punto di vista, anche per il grande rispetto che avevo nei confronti di suo fratello, Piersanti, ucciso

dalla mafia per avere osato contrastarla.

Mi ero sbagliato e la delusione fu enorme, anche perché Mattarella era siciliano come me!

Qualche giorno prima, però, avevo avuto un campanello d’allarme. Il Generale Siracusa mi aveva fatto presente

che Mattarella si era lamentato con lui perché, come Presidente del COCER, lo ignoravo preferendo parlare

direttamente con il Capo del Governo, D’Alema.

Gli risposi che quelle poche volte che ero andato da lui, non mi aveva mai risolto un caso o indicato quale

percorso intraprendere per trovare soluzioni alle tante esigenze del personale.

Quella sera, nonostante che Mattarella si fosse dileguato, non mi persi d’animo e replicai al Comandante

Generale: “A questo punto ritengo che lei si debba rivolgere direttamente al Presidente del Consiglio dei

Ministri, Massimo D’Alema".

A queste parole, il Generale Siracusa si alzò in piedi, raccattò qualcosa che aveva sul tavolo, lo mise in borsa e

disse che si sarebbe ritirato nel suo alloggio.

Gli ufficiali, che stavano fuori ad aspettare, vedendo uscire il Comandante Generale a testa bassa, mi chiesero

cosa fosse successo.

Risposi ad alta voce: “Il Comandante Generale è andato via, è scappato, è fuggito!”.

Venditti mi disse con voce strozzata: “E adesso che facciamo? Siamo perduti!”

Gli risposi: “Se volete, telefono io al Capo del Governo nella mia veste di Presidente del COCER”.

Venditti replicò: “Tu saresti capace di fare questo per l’Arma?”.

“Certo”.

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Mi rivolsi al Ten. Col. Hofmann, Aiutante di campo del Comandante Generale e gli chiesi di poter usare il

telefono: intendevo parlare con il Capo del Governo.

Mi rispose un funzionario, che mi disse che il Presidente era impegnato in una riunione.

Gli replicai, contrariato, che io oltre che impegnato ero anche indignato, e per questo volevo urgentemente

parlare con il Presidente.

Alla domanda del funzionario di quale argomento intendessi parlare, risposi "Arma Carabinieri".

Dopo appena dieci minuti, nel mio ufficio di Presidente del COCER, mi raggiunse direttamente al telefono il Capo

del Governo, che chiese la ragione della mia richiesta.

Non si può fare a meno di considerare che, mentre il Ministro della Difesa non si faceva trovare dal Comandante

Generale, io venivo, invece, subito contattato dal Capo del Governo.

Ciò fa comprendere il ruolo e la forza contrattuale che ero riuscito a guadagnarmi nell’ambito delle massime

Istituzioni della Repubblica, che usavano il massimo rispetto nei miei confronti e delle mie funzioni di Presidente

del COCER, non avendo, peraltro, mai chiesto nulla per la mia persona!

Il colloquio fu molto teso.

Subito aggredii il Capo del Governo, dicendogli che non gli avrei mai consentito di distruggere oltre 180 anni di

storia dell’Arma.

Lui mi invitò a calmarmi perché lui era il Presidente del Consiglio dei Ministri. Gli replicai che io non ero il

Comandante Generale dell’Arma, nominato dai politici, ma il Presidente del COCER Carabinieri, che

rappresentava gli interessi di 110.000 carabinieri.

Gli esposi quello che sarebbe successo di grave in danno dell’Arma il giorno dopo. Mi rispose che non ne sapeva

nulla.

Lo attaccai duramente dicendogli che era ben grave che il Capo del Governo non sapesse quanto di irreparabile

stava accadendo in danno dell’Arma.

Lui rispose: “Lei non mi può continuare ad offendere. Sono sempre il Presidente del Consiglio dei Ministri”.

Gli replicai che il governo e il parlamento non potevano offendere una gloriosa istituzione come l’Arma.

Mi fece presente che avrebbe valutato il caso e mi avrebbe dato nei giorni successivi una risposta.

Gli risposi bruscamente: “Allora non ci siamo capiti. Lei mi deve dire subito, questa sera, che i provvedimenti

vengono ritirati”.

Mi replicò: “Ma non posso farlo, perché sono il governo, non il parlamento”.

Gli risposi seccamente: “Questi suoi ragionamenti per me sono contorti e pretestuosi. O lei mi dice stasera che

ritira i provvedimenti oppure io porto domani tutto il COCER in uniforme a Palazzo Chigi per legarsi alle

inferriate della colonna Antonina”.

Trasecolò. Capì che il giorno dopo sarebbe stato il crollo del suo governo, perché non si era mai visto che

Carabinieri si mettessero contro l’esecutivo in modo così plateale.

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Rispose a denti stretti: “Va bene, consideri i provvedimenti ritirati”.

Replicai: “La ringrazio, Presidente. E che dico al COCER che è riunito nella sala assembleare in subbuglio?”.

“Dica loro che amo i Carabinieri”.

“Grazie Presidente, riferirò!”.

In sala assembleare non c’era nessuno. Solo io, da solo, avevo piegato D’Alema, il suo governo e il suo

parlamento.

Ciò sta a significare che quando si lotta con determinazione per una giusta causa, alla fine il potere si piega e il

popolo vince.

Chiusa quella comunicazione, chiesi al centralino di passarmi il Comandante Generale per dargli la notizia.

Il centralinista mi rispose che il Comandante Generale non voleva essere disturbato da alcuno.

Gli replicai con tutta la rabbia che avevo in corpo: “Dì al Comandante Generale che se non mi risponde, vengo

su nel suo appartamento e butto giù la porta a pedate!”.

Di lì a poco il Generale Siracusa mi rispose balbettando. Lo misi al corrente di tutto. Il Comandante Generale

replicò che il giorno dopo avremmo brindato alla salvezza dell’Arma.

Venti giorni dopo, a seguito di una denuncia presentata in TV dall’ex maresciallo dei Carabinieri, Antonio Savino,

Presidente dell’UNAC, una fantomatica associazione sindacale dei Carabinieri, condannato in via definitiva a tre

anni e mezzo di reclusione per rapine varie, aizzato contro la mia persona da taluni soggetti politici, che non si è

mai inteso individuare, i vertici dell’Arma dell’epoca, invece di tutelare il Presidente del massimo Organismo di

rappresentanza dell’Arma, prestarono fede a quel pregiudicato, abbandonandomi al linciaggio dei politici e dei

giornalisti, venduti e prezzolati, che mi etichettarono come un volgare golpista.

La gogna ebbe termine dopo tre mesi, con la sentenza del GIP del Tribunale Militare di Roma che giudicò le

accuse del tutto inconsistenti e archiviò il processo.

Querelai i miei detrattori, ma la magistratura non li inquisì nonostante le gravi offese alla mia persona. Me ne

dissero di tutti i colori. Sul Corriere della Sera un giornalista giunse a scrivere che mi avevano qualificato nel

modo più vergognoso possibile. Mancava solo che mi dicessero anche che ero un pedofilo.

Questa è la giustizia nel nostro Paese, che va rinnovato totalmente perché in questo sistema aberrante gli

avversari politici vengono uccisi civilmente come nei gulag siberiani.

Vengono costruiti veri e propri processi politici, con la compiacenza di magistrati che non sono degni di

amministrare la giustizia in nome del popolo italiano.

Quando il popolo italiano si riapproprierà della sovranità che i Padri Costituenti gli hanno sottratto, si dovranno

rivedere taluni processi, che sono una infamia, con la ricerca di responsabilità ad ogni livello”.

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5. “Da quello che apprendo, i rapporti fra lei e Sergio Mattarella non sono mai stati

idilliaci e il fratello del ben più noto e coraggioso Piersanti non ha mai improntato il suo comportamento

al rispetto delle sue funzioni istituzionali di sindacalista dell’Arma”.

“Ritengo che Sergio Mattarella non avesse la forte personalità politica del fratello, essendo più portato agli studi

e insegnamenti universitari, verso i quali lo aveva indirizzato giustamente la sua famiglia.

Si trovò dentro la politica, dopo l’uccisione del fratello da parte della mafia, ritengo a malincuore.

Mi colpì che lui, da Ministro della Difesa nel 2000, dopo non avermi difeso dalle gravi accuse di eversione,

formulate contro il Presidente del massimo Organismo di rappresentanza dell’Arma, che spettava a lui tutelare,

abbia detto molte falsità nella seduta del Senato del 3 aprile 2000, intervento che riporto testualmente:

“Signor Presidente, onorevoli senatori, il 19 gennaio scorso il colonnello dei Carabinieri Antonio Pappalardo,

presidente della sezione Carabinieri dell'organo centrale della rappresentanza militare (Cocer), ha trasmesso ai

presidenti degli organismi intermedi di rappresentanza dei Carabinieri (Coir) il testo di cinque documenti da lui

personalmente elaborati con richiesta di inviarli ai consigli di base della rappresentanza (Cobar).

Uno di questi documenti, intitolato "Sullo stato del morale e del benessere dei cittadini", contiene affermazioni e

tesi, come sottolineato da numerosi esponenti politici e di Governo, gravissime e inaccettabili, anche perché in

aperto contrasto con i compiti di rappresentanza e con lo stesso status di ufficiale dell'autore.

Il documento, nei suoi passaggi più critici, prospetta per l'Arma dei carabinieri l'assunzione di un ruolo

incompatibile con il rispetto del principio, fondamentale per ogni Stato democratico, dell'assoluta estraneità

delle Forze armate alla competizione politica.

Nonostante, infatti, da un lato vengano lamentati e denunciati in più punti presunti condizionamenti di natura

politica, cui sarebbe sottoposta l'Arma dei carabinieri, ad opera essenzialmente dei partiti politici, dall'altro, con

evidente contraddizione, si rivendica per la stessa Arma un ruolo politico autonomo e addirittura di guida nel

promuovere la rifondazione dello Stato e l'avvio di una profonda riforma sociale.

L'Arma, si sostiene in quel documento, per affrancare se stessa e i cittadini dalle attuali forze politiche dovrebbe

valutare se farsi essa stessa movimento politico nel superiore interesse del Paese.

Idee e progetti di questo tipo non meritano ulteriori commenti o valutazioni per la loro totale estraneità alla

natura e alla realtà dell'Arma dei carabinieri. Non è neppure necessario citare brani o affermazioni particolari

del documento, del resto ormai ben noti.

È invece indispensabile una chiara e unanime risposta politica di condanna da parte delle alte cariche

istituzionali, del Governo e del Parlamento.

Questa risposta vi è stata, forte ed inequivocabile, e il dibattito di oggi nell'Aula del Senato ne è autorevole

conferma.

Il documento, oltre alle inammissibili considerazioni cui ho fatto cenno, contiene valutazioni e proposte relative

all'organizzazione ed al funzionamento dell'Arma dei carabinieri ed alla condizione del personale. Espone,

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inoltre, in misura molto ampia e diffusa, opinioni di natura storica, sociologica e giuridica di carattere generale,

talvolta utilizzate per interpretare l'attuale realtà dell'Arma dei carabinieri.

Chi legge il documento nella sua interezza non può non rilevare il carattere irrituale, superficiale, spesso

aprioristico e, non di rado, grottesco di numerose affermazioni. Il fatto che si tratti di un documento ampio e

composito non può tuttavia attenuare il severo giudizio che ho prima formulato.

Al di là del contenuto inaccettabile del documento, la condotta del colonnello Pappalardo ha costituito un'aperta

violazione dei princìpi che regolano la rappresentanza militare, un istituto dell'ordinamento militare chiamato a

contribuire al rafforzamento dei valori democratici nell'ambito delle Forze armate. La rappresentanza, infatti,

consente al personale militare, attraverso il confronto ai diversi livelli con i comandanti militari, di portare

all'attenzione del Governo e del Parlamento le proprie istanze.

Si tratta, con ogni evidenza, di un meccanismo istituzionale basato su delicati equilibri, la cui logica di

funzionamento non può essere stravolta in chiave personalistica senza recare gravi danni alle Forze armate. I

compiti e le procedure cui devono sottostare gli organismi della rappresentanza sono - non a caso - ben

specificati dalla legge, proprio al fine di non consentire abusi pregiudizievoli per gli interessi, innanzitutto, del

personale militare. Proprio di recente la Corte costituzionale ha riconosciuto la correttezza della scelta operata

dal legislatore, che ha escluso l'esercizio dei diritti sindacali da parte degli appartenenti alle Forze armate,

individuando un peculiare sistema di rappresentanza degli interessi del personale militare.

In numerose interrogazioni si chiede di conoscere se il Comando generale dell'Arma dei carabinieri e le autorità

di Governo fossero al corrente dell'iniziativa dell'ufficiale. La risposta è negativa in entrambi i casi.

Il Comando generale ignorava il fatto, in quanto l'ufficiale ha diffuso di sua iniziativa la documentazione, che,

non essendo stata oggetto di apposita deliberazione del Cocer, del quale non era stata nemmeno portata

all'attenzione, non era stata trasmessa al Comando stesso. In realtà, quella documentazione - aggiungo - non

avrebbe potuto essere neppure legittimamente diramata. Eventualmente, avrebbe potuto costituire

corrispondenza diretta, a esclusivo titolo personale, ai soli delegati appartenenti alla categoria degli ufficiali.

Per contro, la trasmissione è avvenuta con lettera intestata del Cocer, con protocollo tratto dal registro della

segreteria permanente dello stesso organismo, di iniziativa e a firma dell'autore nella sua veste di presidente.

Tra l'altro, nella lettera di trasmissione, il titolo originale del documento "Sullo stato del morale e del benessere

dei cittadini" è stato modificato sostituendo alla parola "cittadini" la parola "personale", con l'evidente intento di

non far trasparire l'effettivo contenuto del documento.

Sul punto è da sottolineare come, secondo la normativa vigente, il testo delle deliberazioni approvate da una

singola sezione del Cocer prima di essere trasmesso ai comitati intermedi (Coir) e da questi ai comitati di base

(Cobar), per l'ulteriore diffusione alle unità, venga sottoposto alla corrispondente autorità militare di vertice ed

anche inviato, per conoscenza, allo Stato maggiore della difesa e al Gabinetto del Ministro della difesa. La

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diffusione in questi casi avviene, fra l'altro, a cura e spese dell'amministrazione della Difesa e riveste, quindi,

carattere di ufficialità.

Ripeto, i documenti in questione per essere legittimamente inviati avrebbero dovuto essere approvati dal Cocer,

essere sottoposti al Comando generale ed essere inoltrati per conoscenza allo Stato maggiore della difesa ed al

Gabinetto del Ministro.

E' di tutta evidenza come il Comando generale non avrebbe mai autorizzato l'invio di una documentazione di tal

genere e questo doveva essere ben chiaro al colonnello Pappalardo, se ha omesso di attenersi alla procedura

prevista.

Il Comandante generale dell'Arma ha appreso informale notizia di fonte giornalistica dell'esistenza di un

documento a firma del colonnello Pappalardo dal contenuto particolarmente grave, verso le ore 19,30 del 29

marzo.

Successivamente, il Comandante generale convocava a rapporto l'ufficiale, che gli consegnava copia della

documentazione, un insieme di elaborati complesso e voluminoso di circa 200 pagine.

Nel consegnare la documentazione il colonnello Pappalardo precisava di averla redatta a titolo personale e,

sempre a tale titolo, di averla rimessa con propria lettera ufficiosa ai presidenti di organismi intermedi di

rappresentanza, i Coir, per acquisizione di eventuali pareri al riguardo.

In seguito è stato accertato invece, come si è detto, che i documenti erano stati diramati dall'interessato con

foglio recante intestazione ufficiale del Cocer e indirizzato ai Coir, mentre la missiva ufficiosa rivolta ai presidenti

di questi costituiva soltanto uno degli allegati.

Solo in quest'ultima lettera veniva precisato che i documenti non erano stati sottoposti al Cocer, il quale,

puntualmente, una volta emersa la vicenda, con una delibera approvata all'unanimità - a conferma che lo

ignorava totalmente - ha dichiarato di essere totalmente all'oscuro dell'operato del suo presidente,

prendendone le distanze.

Tale missiva, indirizzata come allegato ai presidenti dei Coir, è quella che inizia con le parole: "Caro presidente",

per cui taluno ha chiesto di quale presidente si trattasse. Si trattava del presidente di ciascuno dei sette Coir cui

la lettera era indirizzata.

Il giorno 30 marzo, alle ore 8,30 circa, il Comandante generale dell'Arma, che nel frattempo aveva avuto modo di

leggere i contenuti della documentazione, dava incarico allo Stato maggiore di avviare le procedure per la

rimozione immediata dall'incarico di comando rivestito, che veniva formalmente sancita dopo aver sentito il

Ministro della difesa. Il Comando ha inoltre attivato le procedure disciplinari e ha inviato il documento alla

procura ordinaria di Roma e alla procura militare.

Il Governo, a sua volta, aveva contemporaneamente appreso da fonti giornalistiche dell'esistenza del documento

nella serata del 29 marzo. Nel corso della mattinata del 30 marzo ne ha conosciuto stralci del contenuto e

successivamente ha avuto a disposizione il testo nella sua integrità.

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Il Governo ha pienamente condiviso i provvedimenti immediati e rigorosi adottati dal comando generale

dell'Arma nei confronti del colonnello Pappalardo.

L'utilizzo arbitrario, da parte di quest'ultimo, per l'inoltro di un documento personale della procedura prevista

per la trasmissione dei documenti ufficiali del Cocer, ha verosimilmente indotto in errore gli organi destinatari, i

quali hanno trattato il materiale documentale come se questo fosse emanazione del Cocer e pertanto, in quanto

preventivamente portato a conoscenza del Comando generale, da diramare ulteriormente.

Tale circostanza emerge dalla ricognizione effettuata in questi ultimi giorni degli esiti procedurali che il

documento ha avuto nelle diverse sedi periferiche di rappresentanza.

Il documento, infatti, è stato trasmesso dal colonnello Pappalardo ai sette Coir istituiti presso la 1a Divisione

Pastrengo di Milano, la 2a Divisione Podgora di Roma, la 3a Divisione Ogaden di Napoli, la 4a Divisione

Culqualber di Messina, la 5a Divisione Vittorio Veneto di Treviso, la Divisione Palidoro di Roma e infine

l'Ispettorato Scuole di Roma.

Dai sette Coir il documento, secondo le procedure previste dalle norme vigenti per le delibere del Cocer

Carabinieri, veniva successivamente inoltrato ai 62 Cobar collegati.

Quanto alla trattazione del documento nell'ambito degli organi di rappresentanza sopra citati, faccio presente

che quattro Coir hanno diramato l'elaborato, adempiendo come ho detto ad un onere burocratico, ai Cobar

confluenti, senza adottare deliberazioni in proposito e senza disporne l'affissione.

Ricordo come l'affissione che avviene nelle bacheche dei reparti a richiesta dei singoli Cobar o dei Coir sia lo

strumento che consente la conoscenza di un documento al di fuori del circuito degli organi di rappresentanza:

quindi, ripeto, al di fuori del circuito degli organi di rappresentanza, la conoscenza avviene se vi è affissione

richiesta appunto dai Cobar.

Dei sette Coir quattro hanno diramato e elaborato, senza disporne affissione e senza adottare al riguardo alcuna

deliberazione; due Coir hanno inviato il documento, chiedendo ai Cobar collegati elementi di valutazione; uno di

essi ha successivamente revocato la richiesta, avendo verificato l'irregolarità della procedura seguita dal

colonnello Pappalardo. Entrambi, comunque, non ne hanno disposto l'affissione.

Un solo Coir, quello della Divisione Pastrengo di Milano, dopo aver inoltrato la documentazione ai Cobar

confluenti, esaminava il documento in questione, giungendo a conclusioni fortemente critiche che esporrò in

seguito. Anche in questo caso non ne veniva disposta l'affissione.

Dei 62 Cobar collegati ai sette Coir di cui ho parlato, 60 non hanno disposto l'affissione nella bacheca delle unità

dipendenti; 57, cioè oltre il 90 per cento, non hanno neppure esaminato il documento.

Dei restanti cinque, un Cobar, quello della regione Lombardia, ha adottato, il 22 marzo scorso, una deliberazione

non ancora formalizzata e aveva in precedenza provveduto alla diramazione del documento.

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Come ho appena detto, si è trattato di uno dei due casi di affissione. Quasi nessuno dei comandi dipendenti ha,

tuttavia, a quel che risulta dall'Arma, provveduto all'affissione in bacheca dei documenti in questione, in

considerazione della loro voluminosità (si tratta, ricordo, di circa 200 pagine).

A quella decisione dei Cobar della Lombardia va collegata la lettera di un colonnello del comando di quella

regione di cui hanno parlato gli organi di stampa, che ha ricevuto la richiesta del Cobar corrispondente e ha

disposto la diramazione ai comandi dipendenti, come atto dovuto.

L'altro caso di affissione riguarda una unità di dimensioni assai minori.

Un secondo Cobar, quello della regione Liguria, ha adottato una deliberazione fortemente critica, analoga a

quella del Coir corrispondente che ho precedentemente ricordato e del cui contenuto parlerò tra breve.

Un terzo Cobar, dei cinque di cui ho parlato e che hanno preso in procedura la documentazione, ha eccepito

formalmente circa la legittimità dell'inoltro della documentazione, deliberando di richiedere chiarimenti al Cocer

per il tramite del proprio Coir. Soltanto tale deliberazione veniva diramata a tutti i reparti della regione.

Un quarto Cobar, con comunicazione a firma del presidente, trasmetteva al proprio Coir una nota di generica

condivisione del complesso dei documenti.

Un quinto Cobar, con comunicazione a firma del presidente, trasmetteva al Coir di riferimento una nota

contenente valutazioni positive, con esclusivo riferimento a due documenti diversi da quello di cui stiamo

discutendo.

Per completezza informo, infine, che il presidente di un altro Cobar ha inviato al presidente di allora del Cocer

Carabinieri una comunicazione personale di adesione ai documenti.

Dal quadro sopra delineato emerge che nessuno dei comandanti corrispondenti dei sette Coir e dei 62 Cobar era

a conoscenza del documento, con la sola eccezione di un comandante regionale, corrispondente di Cobar, che di

sua iniziativa ha voluto procedere ad una sommaria visione della documentazione pervenuta e non ha

autorizzato la discussione del documento in questione, in quanto materia estranea alla competenza della

rappresentanza militare.

Sul merito del documento ritengo significativo riportare le valutazioni espresse dall'unico Coir che ne ha

esaminato le singole parti, quello della Divisione Pastrengo di Milano.

Per quanto riguarda le considerazioni su "I mali dello Stato e della Società italiana", è stato osservato come

"compaiono in tale paragrafo argomentazioni socio-politico discutibili, quando si va alla ricerca dei mali dello

Stato e conclusioni semplicistiche e affrettate".

Il paragrafo sulla "Nuova Società" è stato giudicato esprimere "concetti di ordine socio-politico affatto

condivisibili e che comunque sembrano distanti e non pertinenti rispetto al campo di interesse del COCER". Nella

parte sulle "Peripezie dei Carabinieri" sono state individuate "affermazioni poco condivisibili e troppo

semplicisticamente ricondotte ad una presunta scientifica volontà (non si comprende poi di chi) di limitare

l'Arma nelle sue funzioni". Le "Riforme Costituzionali" proposte, ha aggiunto il Coir, appaiono "assai discutibili" e

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nel paragrafo compaiono inoltre, sempre ad avviso del Coir, "affermazioni giuridiche e socio-politiche quanto

meno azzardate ed emerge una contrapposizione concettuale totale all'irrinunciabile momento politico dello

Stato". In merito al "Sistema di Sicurezza" avanzato nel documento di cui parliamo, è stato rilevato da quel Coir

come si assista "ad una semplicistica apertura di paragrafo con un'accusa apodittica ai politici".

Le considerazioni del Coir, nel loro insieme, attestano una totale avversità ai contenuti del documento.

In maniera analoga si è espresso il Cobar che ha esaminato analiticamente il merito del documento, affermando,

con riferimento al paragrafo su "I mali dello Stato e della Società italiana", che "le argomentazioni contenute in

questo paragrafo non sono condivise da questa base poiché arrivano a conclusioni troppo semplicistiche che

inducono a pensare siano esito di un esame troppo affrettato, dando l'immagine di un'Arma dei carabinieri

immersa in un clima a dir poco ostile nei confronti dello Stato e dei cittadini".

In sostanza, il dato da sottolineare è che, nell'ambito della pressoché totalità dell'Arma dei carabinieri, non si è

registrata alcuna forma di adesione ai contenuti del documento che, al contrario, in oltre il 90 per cento dei casi,

non è stato neppure preso in esame dagli organismi di rappresentanza e quando ciò è avvenuto, tranne che in

un caso di generica adesione, è stato oggetto di censure sotto il profilo del merito e delle procedure seguite per

la sua diffusione.

Ritengo quindi di poter affermare con piena convinzione, ed è questo il punto più importante sotto il profilo

politico ed istituzionale, che il tessuto dell'Arma ha dimostrato di non riconoscersi in alcun modo nelle

affermazioni e nell'humus ideologico che permeano il documento del colonnello Pappalardo, confermando i suoi

tradizionali valori di rispetto, fedeltà e lealtà nei confronti delle istituzioni democratiche del Paese. Per questo,

onorevoli senatori, ho fatto una disamina così analitica delle procedure seguite e dei fatti realizzatisi, degli

atteggiamenti e dei comportamenti dei singoli Coir e dei singoli Cobar; perché questo ne emerge e a me sembra

che sia il dato sotto il profilo politico ed istituzionale più importante, più rilevante e di maggior significato ai fini

dell'esame del Parlamento e del Governo.

Proprio questo consente, quindi, di affermare che il colonnello Pappalardo non è il capro espiatorio di una

vicenda che interessa l'intera Arma dei carabinieri o comunque parte di essa e che, dimettendosi dal Cocer, si è

assunto, doverosamente, la responsabilità di un'iniziativa che era sua.

Molti si chiedono come il Comando generale dell'Arma dei carabinieri, considerata la diramazione del

documento nell'ambito degli organismi della rappresentanza, possa non esserne venuto a conoscenza; non

intendo eludere questo tema.

Sul punto va innanzitutto evidenziato come il circuito della rappresentanza sia nettamente distinto ed autonomo

da quello dei comandi periferici di riferimento. Questo avviene perché la legge e la prassi applicativa hanno

definito una serie di garanzie per le rappresentanze che consentono loro di operare in posizione di indipendenza

dall'organizzazione istituzionale dell'Arma. Le interazioni si limitano, nella sostanza, alla trasmissione delle sole

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delibere ufficiali da parte degli organi di rappresentanza ai rispettivi comandi ed al confronto che da esse

successivamente ne discende.

Non vi è, pertanto, una sistematica e continua informativa in merito all'attività svolta dagli organi di

rappresentanza, proprio per evitare una forma di controllo da parte dei comandi e quindi una sostanziale

limitazione dell'autonomia dei delegati e degli organi di rappresentanza.

Se da un lato, quindi, l'attuale assetto normativo rafforza l'autonomia propositiva e la libertà di determinazione

delle rappresentanze, dall'altro rende possibile che la catena di comando periferica e centrale possa non essere a

conoscenza di determinate iniziative, qualora queste non siano oggetto di delibere collegiali e formali degli

organi di rappresentanza e, soprattutto, se vengono sviluppate individualmente.

Bisogna inoltre ribadire come l'affissione in bacheca del documento sia avvenuta soltanto in pochi casi,

nell'ambito di un Cobar regionale - importante, peraltro - e di un'unità minore. La diffusione, di fatto assai

limitata al di fuori del circuito degli organismi di rappresentanza (per non parlare poi della ponderosità del

documento di cui già ho fatto cenno), ha quindi ristretto la conoscenza del documento nell'ambito dell'Arma

pressochè al solo cerchio dei componenti degli organi rappresentativi.

È, quindi, del tutto improprio pensare che all'interno del tessuto dei reparti operativi dell'Arma possa essersi

sviluppato anche soltanto un qualche confronto su quel documento all'insaputa del Comando generale. Se ciò

fosse avvenuto, la catena di comando ne sarebbe stata consapevole. Una serena analisi degli elementi raccolti

dimostra che ciò, semplicemente, non è accaduto. Ed è un secondo punto importante sotto il profilo istituzionale,

trattandosi del comportamento non già degli organi di rappresentanza, ma dei reparti operativi e dei loro

comandi.

Ciò non toglie che il Governo intenda continuare a verificare se vi siano state sottovalutazioni della portata del

documento, o vi sia stata carente vigilanza. Manifestazioni di superficialità e di insufficiente attenzione che

dovessero emergere a tutti i livelli, a completamento degli accertamenti subito disposti dal comando generale,

formeranno oggetto di valutazione sotto il profilo disciplinare. Inoltre, come è noto, è anche in corso un'indagine

da parte della procura militare di Roma, attivata, peraltro, proprio dal comando generale dell'Arma dei

carabinieri.

Al momento, non è emersa alcuna responsabilità di tal genere, mentre gli episodi cui prima ho fatto cenno

manifestano un atteggiamento di segno opposto.

La vicenda induce, comunque, a considerare l'utilità di definire più stringenti meccanismi dei flussi e degli scambi

informativi interni all'Arma.

Rispondendo ad alcuni quesiti particolari proposti, devo precisare che dal 19 gennaio scorso il Cocer Carabinieri è

stato autorizzato a riunirsi in alcune delle sedi delle rappresentanze periferiche.

L'autorizzazione è stata concessa a seguito di specifica delibera formale del Cocer Carabinieri, approvata

all'unanimità, motivata dall'esigenza di informare il personale sulle principali problematiche di attualità, prima

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fra tutte quella relativa alle linee programmatiche della nuova concertazione, di fatto apertasi il 30 marzo

scorso.

Del resto, questa iniziativa è nata dall'obiettiva opportunità di accelerare l'informazione all'interno

dell'organizzazione rappresentativa, integrando quella burocratico-ufficiale delle delibere, certamente più lenta,

in relazione alla particolare valenza delle tematiche che sono in discussione per la concertazione, oggetto di viva

e grande aspettativa ed interesse per tutto il personale, per la sua condizione.

Rispondendo ad un altro quesito, va detto che il Comando generale ha tenuto con il colonnello Pappalardo

unicamente i rapporti istituzionali correlati alla sua qualifica di presidente del Cocer-sezione Carabinieri e non ha

mai influenzato le libere operazioni di voto per il rinnovo degli organismi rappresentativi.

Per quanto riguarda l'attività delle associazioni Unarma e Unac - oggetto di una specifica domanda - ricordo

come queste non abbiano ricevuto il preventivo assenso del Ministro della difesa alla loro costituzione, poiché

presentano talune caratteristiche statutarie ed organizzative proprie delle organizzazioni sindacali che la Corte

costituzionale ha di recente ritenuto legittimamente escluse dall'ambito delle Forze armate.

Conseguentemente, una circolare del comando generale dell'Arma dei carabinieri ha segnalato ai militari

dipendenti che non era consentito aderire a tali associazioni. Inoltre, le attività e le iniziative di entrambi gli

organismi sono state di volta in volta stigmatizzate dal Comando generale dell'Arma attraverso segnalazioni alle

autorità giudiziarie o con l'irrogazione delle eventuali autonome sanzioni disciplinari.

In merito alla richiesta di scioglimento dell'attuale Cocer - sezione Carabinieri, devo innanzitutto ricordare come

la legge istitutiva non attribuisca al Ministro tale facoltà. In secondo luogo, devo ribadire come il documento sia

stato elaborato e diffuso senza coinvolgere l'crganismo centrale di rappresentanza, e questo ha provocato -

come ho ricordato - la netta presa di distanza del Cocer dall'iniziativa del suo presidente.

Signor Presidente, onorevoli senatori, la diffusione del documento del colonnello Pappalardo in occasione

dell'approvazione della legge che, tra l'altro, eleva l'Arma dei carabinieri al rango di Forza armata, ha visto

evocare preoccupazioni relative a congiunture del passato e prospettare interrogativi sul futuro dei rapporti tra

la funzione della difesa e della tutela dell'ordine pubblico con riferimento alle istituzioni democratiche.

Sono preoccupazioni del tutto ingiustificate che possono essere valutate come del tutto infondate, sia perché la

nuova legge non interviene sul terreno del coordinamento tra le Forze di polizia definito dalla legge n. 121 del

1981, sia perché il quadro politico-istituzionale è fortemente radicato nella coscienza democratica del Paese.

La natura e le caratteristiche dell'episodio oggetto di confronto in quest'Aula fanno sì che esso non intacchi la

storia di impegno e sacrificio espressi dall'Arma dei carabinieri. I Carabinieri, con la loro particolare caratteristica

di forza militare e di forza di polizia, sono, e resteranno, espressione alta di una concezione del servizio ai

cittadini, nella difesa della legalità, a partire da quella costituzionale, avendo l'Arma, come tutte le altre Forze

armate, ben presente il primato delle istituzioni democratico-rappresentative.

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I valori cui i Carabinieri, così come le altre Forze armate, fanno riferimento sono quelli della Repubblica, definiti

nella Carta costituzionale. Ad essi, con lealtà e rigore, dovrà e saprà riferirsi l'Arma nel suo nuovo rango di Forza

armata, nell'ambito della Difesa, e quindi, è appena il caso di ricordarlo, alle dipendenze del Capo di Stato

maggiore della difesa.

La robusta trama democratica del Paese ha condotto, in tutti questi anni, a partire dal dopoguerra, la Repubblica

ad affrontare difficoltà e sfide con successo, senza che mai il tessuto delle libertà venisse minimamente

intaccato. Non è avvenuto negli anni del terrorismo e delle stragi, minacce gravi per la nostra democrazia, con la

presenza di frange estremiste e spazi di complicità in segmenti deviati degli apparati pubblici. L'Italia europea,

l'Italia protagonista delle missioni di pace non vede messa in discussione, in alcun modo, la sua vocazione di

grande Paese attore sulla scena della tutela della legalità internazionale, dei diritti umani, da documenti isolati

che manifestano una deteriore e distorta interpretazione della funzione sicurezza.

La convergenza tra aspirazioni e propositi del popolo italiano e strumenti a presidio della difesa e della sicurezza

ha trovato conferma nella pronta capacità di risposta delle Forze armate alle richieste del Paese, nei Balcani e

nelle altre missioni, con professionalità e profondo senso di umanità. È stato altresì confermato l'importante

cammino percorso sin qui sulla strada di una coscienza civica diffusa e condivisa dalla generalità dei cittadini,

nell'ambito di tutte, e sottolineo tutte, le funzioni dello Stato.

Il Governo ha registrato, in diversi ambienti internazionali, grande apprezzamento per l'azione delle Forze

armate italiane e, in esse, dell'Arma dei carabinieri. Nel recente incontro con il segretario generale delle Nazioni

Unite, Kofi Annan, mi è stato ribadito il giudizio estremamente favorevole circa il ruolo che i nostri uomini hanno

saputo assolvere e stanno assolvendo nelle missioni di pace.

Signor Presidente, onorevoli senatori, il dibattito sulle importanti riforme che sono all'esame del Parlamento

consentirà di affrontare compiutamente il tema del raccordo tra Forze armate e di sicurezza, nell'ambito delle

responsabilità loro affidate dalle istituzioni democratiche della Repubblica, e i valori della comunità, nella logica

di una realizzata piena integrazione, sempre più evidente e sempre più intensa.

Il Governo ribadisce la più grande attenzione al dibattito che si svolgerà in quest'Aula e a sviluppare, com'è

doveroso, un rapporto costante su questi temi con il Parlamento.

Oggi, so di poter aggiungere, occorre impegnarsi, a tutti i livelli istituzionali, per favorire la piena collaborazione

tra le Forze del comparto sicurezza e dare concreta attuazione all'obiettivo del riordino delle forze di polizia,

quello di fornire risposte più adeguate alla domanda di sicurezza che viene dai cittadini. (Applausi dai Gruppi DS,

PPI e UDEUR e del senatore Vertone Grimaldi)”.

Andiamo ad esaminare le dichiarazioni di Sergio Mattarella:

1) Il documento ”Sullo stato del morale e del benessere dei Cittadini” “contiene affermazioni e tesi,

come sottolineato da numerosi esponenti politici e di Governo, gravissime e inaccettabili, anche perché in

aperto contrasto con i compiti di rappresentanza e con lo stesso status di ufficiale dell'autore”.

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Commento: ero Presidente del COCER e come tale, essendo previsto dalla legge istitutiva della

Rappresentanza militare, potevo muovere critiche al governo. La Procura Militare della Repubblica, che ha

archiviato il tutto appena tre mesi dopo questa assurda accusa, ha sentenziato la piena legittimità del mio

scritto. Le dichiarazioni di Mattarella sono, esse, gravissime e inaccettabili, perché ledono la libertà

sindacale, costituzionalmente garantita.

2) “Il documento, nei suoi passaggi più critici, prospetta per l'Arma dei carabinieri l'assunzione di un

ruolo incompatibile con il rispetto del principio, fondamentale per ogni Stato democratico, dell'assoluta

estraneità delle Forze armate alla competizione politica”.

Commento: la dichiarazione di Mattarella è totalmente falsa. Nel documento non vi è alcun riferimento

all’Arma dei Carabinieri. Vi è scritto solo che i Militari avevano subito una metamorfosi con le loro

missioni di pace all’estero, per cui, essendo divenuti portatori di democrazia e di libertà, come soggetti di

intermediazione politica potevano fornire il loro contributo per far crescere un’Italia, più democratica. Le

Forze Armate, nella loro interezza, non sono citate.

3) “ … si rivendica per la stessa Arma un ruolo politico autonomo e addirittura di guida nel

promuovere la rifondazione dello Stato e l'avvio di una profonda riforma sociale”.

Commento: l’affermazione, per quanto sopra detto, è totalmente falsa. Forse Mattarella si riferiva al

comunicato stampa dell’ANSA, scritto a più mani da alcuni vertici dell’Arma e dal governo D’Alema con

tagli e cuciture a piacimento del testo originale, per far fuori il Presidente del COCER Carabinieri, che stava

iniziando un processo civile e democratico per mandare a casa ladri, parassiti e malfattori.

4) “L'Arma, si sostiene in quel documento, per affrancare se stessa e i cittadini dalle attuali forze

politiche dovrebbe valutare se farsi essa stessa movimento politico nel superiore interesse del Paese”.

Commento: Mattarella, quando dichiara questo dinanzi al Parlamento, ben conscio di dire il falso, non

può non essere censurato, perché nel documento non vi è scritto nulla di tutto questo.

Riporto integralmente ciò che vi è scritto che ha fatto sobbalzare questi sciagurati, che hanno compreso

che dal documento poteva nascere una nuova coscienza collettiva, anelante alla libertà e alla democrazia:

“Dopo questa trasformazione, in cui il cittadino, cosiddetto plebeo, preferisce dare il consenso a coloro che possiedono ingenti ricchezze, scegliendo così di farsi difendere da costoro piuttosto che da soggetti della propria classe sociale, taluni ritengono che si sia fatto ormai un grande salto di qualità verso il benessere e la felicità sociali e che, con tali menti manageriali, raggiungeremo la pienezza della produttività. Gli Stati saranno dominati, pertanto, nel prossimo futuro non da saggi, come auspicava circa 2.500 anni fa Platone, ma da uomini d’affari, proiettati solo al conseguimento dell’utile immediato.In questa concezione, viene inesorabilmente abbandonato ciò che non serve alla realizzazione di una progettualità esclusivamente utilitaristica.

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Ma i cittadini italiani ed europei stanno veramente raggiungendo quella felicità e quel benessere, cui faceva riferimento Saint-Simon, che in effetti accanto agli obiettivi materiali poneva anche quelli morali e della solidarietà umana?I preti e i militari sono stati davvero del tutto emarginati?I primi, in verità, come era solito intercalare Gesù Cristo, si sono ricavati, in un momento di grande ritorno ai sentimenti e valori religiosi, uno spazio considerevole, per cui la loro voce si fa ancora sentire e rispettare. I secondi, dopo le guerre perdute e vinte, ma comunque non più gradite dall’opinione pubblica mondiale tesa per lo più a conseguire successi nel mercato globalizzato, si stanno facendo apprezzare per le loro missioni di pace a difesa della salvaguardia della vita e della salute di intere popolazioni, a tutt’oggi sottoposte a violenze inaudite e stermini, così trasformandosi in operatori positivi del benessere generale. Tale metamorfosi da guerrieri, comunque apportatori di violenza e di morte, in uomini di pace, sta di fatto inserendo i militari in un contesto originale di grande forza propulsiva sociale, a livello interno ed internazionale.Ora ci si chiede: questa forza deve rimanere nell’ambito istituzionale, oppure fornire il suo contributo sul piano più generale, affinché siano le spinte positive della nuova società a prevalere per la fondazione di un nuovo tipo di Stato e di una nuova Europa, che i partiti politici, così come sono strutturati, e comunque lontani dai problemi dei cittadini, non riescono più a garantire?Dove sta il golpe? Dove è scritto che “l’Arma dovrebbe valutare se farsi essa stessa movimento politico nel

superiore interesse del Paese”?.

Mattarella mente, sapendo di mentire. L’ho denunciato al Tribunale dei Ministri, che non ha inteso

ravvisare nel suo comportamento alcuna fattispecie criminosa.

W la giustizia; w la magistratura autonoma e indipendente!

5) “Idee e progetti di questo tipo non meritano ulteriori commenti o valutazioni per la loro totale

estraneità alla natura e alla realtà dell'Arma dei carabinieri. Non è neppure necessario citare brani o

affermazioni particolari del documento, del resto ormai ben noti”.

Commento: Mattarella non poteva perché non ve ne sono.

6) “È invece indispensabile una chiara e unanime risposta politica di condanna da parte delle alte

cariche istituzionali, del Governo e del Parlamento. Questa risposta vi è stata, forte ed inequivocabile, e il

dibattito di oggi nell'Aula del Senato ne è autorevole conferma”.

Commento: che bravi! Tutti contro il Presidente di un sindacato, che aveva legittimamente criticato il

governo D’Alema. In una vera democrazia, avrebbe ricevuto quanto meno la difesa dell’opposizione, che

invece si è allineata. Il nostro regime è malato e marcio da troppo tempo!

7) “Il documento, oltre alle inammissibili considerazioni cui ho fatto cenno, contiene valutazioni e

proposte relative all'organizzazione ed al funzionamento dell'Arma dei carabinieri ed alla condizione del

personale. Espone, inoltre, in misura molto ampia e diffusa, opinioni di natura storica, sociologica e

giuridica di carattere generale, talvolta utilizzate per interpretare l'attuale realtà dell'Arma dei

carabinieri”.

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Commento: Mattarella si rivela un emerito incompetente, in quanto, da Presidente del COCER, potevo

fare ogni valutazione sull’Arma! Come poi ha sentenziato il Giudice, che ha archiviato l’assurda accusa,

sentenziando che il COCER tutela gli interessi del personale e dell’Arma intera!

8) “Al di là del contenuto inaccettabile del documento, la condotta del colonnello Pappalardo ha

costituito un'aperta violazione dei princìpi che regolano la rappresentanza militare, un istituto

dell'ordinamento militare chiamato a contribuire al rafforzamento dei valori democratici nell'ambito delle

Forze armate. La rappresentanza, infatti, consente al personale militare, attraverso il confronto ai diversi

livelli con i comandanti militari, di portare all'attenzione del Governo e del Parlamento le proprie istanze”.

Commento: ancora una volta Mattarella rivela la sua incompetenza in materia! Ho fatto il tutto nel pieno

rispetto delle mie funzioni e dei miei compiti sindacali. Dovevo forse scrivere le cose che piacevano a lui e

ai suoi amici politici?

9) “Si tratta, con ogni evidenza, di un meccanismo istituzionale basato su delicati equilibri, la cui

logica di funzionamento non può essere stravolta in chiave personalistica senza recare gravi danni alle

Forze armate”.

Commento: caro Mattarella, non offendere un Ufficiale dei carabinieri, che in oltre 40 anni di servizio non

ha mai messo nulla in tasca e nulla ha fatto per interessi personali. Ci sono testimonianze e fatti che mi

pongono al di sopra di ogni sospetto. Tu, invece, come ebbe a dirmi il Generale Siracusa, gli hai

domandato di chiedermi se potevo accettare qualche regalia. L’ho mandato a farsi e benedire. Io non

sono fatto della tua pasta. Sono figlio di un brigadiere dei Carabinieri e non di uno, indicato da un pentito,

giudicato pienamente attendibile da un Tribunale della Repubblica, come uomo d’onore della famiglia di

Castellammare del Golfo.

10) “In numerose interrogazioni si chiede di conoscere se il Comando generale dell'Arma dei

carabinieri e le autorità di Governo fossero al corrente dell'iniziativa dell'ufficiale. La risposta è negativa in

entrambi i casi. Il Comando generale ignorava il fatto, in quanto l'ufficiale ha diffuso di sua iniziativa la

documentazione, che, non essendo stata oggetto di apposita deliberazione del Cocer, del quale non era

stata nemmeno portata all'attenzione, non era stata trasmessa al Comando stesso. In realtà, quella

documentazione - aggiungo - non avrebbe potuto essere neppure legittimamente diramata.

Eventualmente, avrebbe potuto costituire corrispondenza diretta, a esclusivo titolo personale, ai soli

delegati appartenenti alla categoria degli ufficiali”.

Commento: i documenti del COCER vengono trasmessi e diramati solo dal Comando Generale, dopo una

attenta valutazione dell’Ufficio della Rappresentanza militare, alle dirette dipendenze del Sottocapo di

Stato Maggiore. Il COCER non può trasmettere direttamente documenti ai comandi dell’Arma. Per cui,

dire che il Comando Generale non ne sapeva nulla è una pietosa bugia per giustificare i vertici dell’Arma,

che hanno scaricato vergognosamente ogni responsabilità sul Presidente, che come al solito ha difeso

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tutti contro questo becero e ottuso regime politico. Il COCER non aveva ancora deliberato, in quanto

avevo chiesto all’Ufficio competente del Comando Generale di trasmettere i documenti alla categoria

degli Ufficiali, per avere un loro parere prima della deliberazione assembleare. Come è d’uso fare in una

democrazia. Il documento comunque, stampato in oltre 30 esemplari è stato consegnato ai singoli

delegati del COCER, che ne hanno preso preventiva visione.

Quando è scoppiato lo scandalo contro la mia persona, i delegati sono stati intimiditi giungendo a dire che

se essi mi avessero difeso, sarebbe stata colpita l’Arma, che sarebbe stata addirittura sciolta insieme al

COCER. I delegati un giorno saranno ascoltati dal Tribunale del Popolo!

11) “Per contro, la trasmissione è avvenuta con lettera intestata del Cocer, con protocollo tratto dal

registro della segreteria permanente dello stesso organismo, di iniziativa e a firma dell'autore nella sua

veste di presidente”.

Commento: ancora una volta Mattarella mostra tutta la sua incompetenza. Ero il Presidente del COCER e

non un ladro, come lo sono taluni politici, che si spacciano per chissà chi per rubare denaro pubblico. Ero

nel pieno esercizio delle mie funzioni e mi potevo avvalere dei simboli del COCER e del protocollo della

sua segreteria. E stavo inviando documenti agli organismi di minore livello e non a Totò Riina, con il quale

invece questo potere politico ha trattato. Caro Mattarella, come puoi scrivere tali inesattezze? Eppure sei

un professore di diritto costituzionale e hai fatto per parecchi anni il parlamentare e il ministro!

12) “Tra l'altro, nella lettera di trasmissione, il titolo originale del documento "Sullo stato del morale

e del benessere dei cittadini" è stato modificato sostituendo alla parola "cittadini" la parola "personale",

con l'evidente intento di non far trasparire l'effettivo contenuto del documento”.

Commento: qui si tocca l’onore di un Ufficiale, che viene accusato di aver falsato un documento,

cambiando la sua denominazione, per fini illeciti, che non sono stati rilevati dalla magistratura.

Il documento è stato trasmesso nella sua interezza e integrità, per cui non si capisce quale contenuto

dovesse essere coperto. E tutti lo hanno letto.

Peraltro, va detto che a Mattarella è stato nascosto il fatto che lettera di trasmissione è stata preparata

dall’Ufficio del Comando Generale e non da me, perché solo il Comando Generale invia i documenti del

COCER. Per cui l’errore è stato commesso dall’ufficiale o maresciallo di quell’ufficio.

A Mattarella hanno raccontato il falso i vertici dell’Arma, che dovevano coprire le loro magagne e il fatto,

sin troppo evidente, che essi avevano ben letto prima il documento..

E’ ben chiara e netta la manovra di colpirmi in ogni modo, calpestando qualsiasi verità. Vergogna! Un

giorno il Tribunale del Popolo vi giudicherà tutti! Prima o poi.

13) “Sul punto è da sottolineare come, secondo la normativa vigente, il testo delle deliberazioni

approvate da una singola sezione del Cocer prima di essere trasmesso ai comitati intermedi (Coir) e da

questi ai comitati di base (Cobar), per l'ulteriore diffusione alle unità, venga sottoposto alla corrispondente

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autorità militare di vertice ed anche inviato, per conoscenza, allo Stato maggiore della difesa e al

Gabinetto del Ministro della difesa. La diffusione in questi casi avviene, fra l'altro, a cura e spese

dell'amministrazione della Difesa e riveste, quindi, carattere di ufficialità. Ripeto, i documenti in questione

per essere legittimamente inviati avrebbero dovuto essere approvati dal Cocer, essere sottoposti al

Comando generale ed essere inoltrati per conoscenza allo Stato maggiore della difesa ed al Gabinetto del

Ministro. E' di tutta evidenza come il Comando generale non avrebbe mai autorizzato l'invio di una

documentazione di tal genere e questo doveva essere ben chiaro al colonnello Pappalardo, se ha omesso

di attenersi alla procedura prevista”.

Commento: il documento è stato trasmesso dal Comando Generale, che lo poteva bloccare e non lo ha

fatto. Per quale motivo? Perché quel documento, di cui un capitolo fu scritto dal Capo di Stato Maggiore

del Comando Generale, Generale Alfonso Venditti (e quindi era ben noto al Comando Generale), doveva

servire, per i suoi forti contenuti, a sollecitare il Parlamento ad approvare in tempi brevi il riordino dei

Carabinieri, essendo prossimo al pensionamento il Generale Siracusa. Lo scopo è stato raggiunto e

Siracusa è rimasto un altro anno. Ma il Presidente è stato tacciato di essere ingiustamente un golpista.

Vergognatevi!

14) “Il Comandante generale dell'Arma ha appreso informale notizia di fonte giornalistica

dell'esistenza di un documento a firma del colonnello Pappalardo dal contenuto particolarmente grave,

verso le ore 19,30 del 29 marzo. Successivamente, il Comandante generale convocava a rapporto

l'ufficiale, che gli consegnava copia della documentazione, un insieme di elaborati complesso e voluminoso

di circa 200 pagine. Nel consegnare la documentazione il colonnello Pappalardo precisava di averla

redatta a titolo personale e, sempre a tale titolo, di averla rimessa con propria lettera ufficiosa ai

presidenti di organismi intermedi di rappresentanza, i Coir, per acquisizione di eventuali pareri al

riguardo”.

Commento: non ho mai detto al generale Siracusa che ho redatto il documento a titolo personale. E’ una

minchiata colossale! Un Presidente del COCER non interessa gli Ufficiali dell’Arma e gli organismi a minore

livello a titolo personale. Non ho parlato nel documento di affari o di questioni personali, ma di problemi

gravi che interessavano l’intera istituzione e il personale. E facevo ciò nel pieno esercizio delle mie funzioni!

15) “ … i documenti non erano stati sottoposti al Cocer, il quale, puntualmente, una volta emersa la

vicenda, con una delibera approvata all'unanimità - a conferma che lo ignorava totalmente - ha dichiarato

di essere totalmente all'oscuro dell'operato del suo presidente, prendendone le distanze”.

Commento: Il COCER era letteralmente terrorizzato e non era capace di intendere e di volere. Ha scritto

quella delibera sotto dettatura! Tanto è vero che si è riunito, in mia assenza, con il Comandante Generale,

per decidere come dovevano farmi fuori. Sopraggiunto, mi è stato impedito di partecipare alla riunione.

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Un vero e proprio complotto, ordito dal governo D’Alema, che non aveva tollerato che un Colonnello dei

Carabinieri lo avesse più volte umiliato.

In quel momento è stata uccisa la Rappresentanza Militare nell’Arma dei Carabinieri!

Oggi i Carabinieri non si riconoscono più in questo organismo, in mano ai vertici militari. I delegati

vengono prorogati, contro ogni regola democratica, nel loro mandato dal governo e non dalla base.

E’ morta le democrazia nell’Arma!

16) “Proprio questo consente, quindi, di affermare che il colonnello Pappalardo non è il capro

espiatorio di una vicenda che interessa l'intera Arma dei carabinieri o comunque parte di essa e che,

dimettendosi dal Cocer, si è assunto, doverosamente, la responsabilità di un'iniziativa che era sua”.

Commento: sono stato minacciato, per quanto dirò appresso, di ritorsioni verso la mia famiglia e l’Arma

dei Carabinieri. È stato proprio Cossiga, di cui si è avvalso quel pavido di D’Alema, che temeva mie forti

prese di posizione contro il suo governo, con la collaborazione di un ufficiale dei Carabinieri, a

prospettarmi tali mali.

17) “Molti si chiedono come il Comando generale dell'Arma dei carabinieri, considerata la

diramazione del documento nell'ambito degli organismi della rappresentanza, possa non esserne venuto a

conoscenza; non intendo eludere questo tema”.

Commento: e qui Mattarella cita fatti e circostanze che dimostrano che invece tutti sapevano,

conoscevano il documento, lo avevano commentato ed espresso alcuni pareri, taluni divergenti. Ma tutti

sapevano. E Mattarella, da sprovveduto, cita tutto e tutti per dimostrare che il Comando non sapeva. Ma

costui sa compiere analisi compiute e logiche degli avvenimenti? Ma i parlamentari, che lo ascoltavano da

destra a sinistra, come mai non lo hanno interrotto e non gli hanno obiettato di non essere

consequenziale e veritiero?

18) “In merito alla richiesta di scioglimento dell'attuale Cocer - sezione Carabinieri, devo innanzitutto

ricordare come la legge istitutiva non attribuisca al Ministro tale facoltà. In secondo luogo, devo ribadire

come il documento sia stato elaborato e diffuso senza coinvolgere l'organismo centrale di rappresentanza,

e questo ha provocato - come ho ricordato - la netta presa di distanza del Cocer dall'iniziativa del suo

presidente”.

Commento: e qui casca l’asino. E’ evidente - lo ha confessato lo stesso Ministro - che il potere politico ha

minacciato di sciogliere il COCER Carabinieri, per cui i delegati, terrorizzati, hanno calato le brache,

abbandonando il loro Presidente. Se non lo avessero fatto, sarebbero stati mandati a casa ed anche

processati. Il delitto è ben evidente!

Questa è la prova del complotto del governo e del parlamento contro l’Arma dei Carabinieri, che è stata

privata del suo Presidente in un momento critico e delicato della sua storia, legato al suo riordino. Da quel

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momento il governo ha fatto tutto e di più dell’Arma, giungendo addirittura negli ultimi tempi a

minacciarla di scioglimento.

Senza un vero COCER, oggi l’Arma è pericolosamente vulnerabile!

Gli applausi a questo discorso sciagurato sono venuti dai Gruppi DS, PPI e UDEUR e del senatore Vertone

Grimaldi. Cioè da quei partiti che oggi hanno ben saldo il potere in mano e intendono esercitarlo

calpestando ogni forma di democrazia.

Su Saverio Vertone Grimaldi, morto nel 2011, pace all’anima sua, rilevo che era comunista, poi si è fatto

socialista, quindi è divenuto senatore con Berlusconi e poi con Dini.

W l’Italia della coerenza.

Gradirei ricordare che il pentito Franco Di Carlo, definito dalla Corte di Assise di Trapani, con sentenza,

pienamente attendibile, ha dichiarato che Bernardo Mattarella, padre dell’attuale Presidente della

Repubblica, era un “uomo d’onore”.

Il giudice ancora non ha inteso valutare questa grave affermazione. Quando lo farà? Si sbrighi. C’è di

mezzo l’onore del Capo dello Stato!

6. “Ci può dire quali sono stati i suoi rapporti con i vari Generali dell’Arma? Generale

Jucci, Viesti, Oresta, Pisani, Federici, Siracusa, Nunzella, Venditti, Gallitelli, Borruso, Gottardo, Siazzu, Del

Sette?”.

“Chiaramente non sempre idilliaci. I Generali dell’Arma, abituati a comandare ufficiali dei Carabinieri che si

prostrano in modo vergognoso per fare carriera, davanti ad un osso duro come me che disprezzava doni e

favori, rimanevano sconcertati.

Ma andiamo con ordine perché mi sembra giusto che i cittadini sappiano come si sono comportati costoro nei

vari incontri, che ho avuto con loro.

Iniziamo dal Generale Roberto Jucci, che nell’Arma si chiacchierava che fosse la longa manus di Andreotti.

Era un generale dell’esercito, molto ammanicato dal punto di vista politico. Ma, fondamentalmente amava

l’Arma e pensava di rinnovarla con provvedimenti che alla fine penalizzavano il personale dei gradi più bassi, che

era stato abituato a rimanere nelle sedi di servizio per molti anni, forse troppi.

Non aveva valutato che i Carabinieri non erano più quelli di un tempo, che lavoravano 24 ore su 24 e che

cambiavano di frequenza sede solo se guardavano con troppa insistenza una donna. Per loro vi erano

preminenti esigenze familiari, che andavano valutate prima di ogni interesse dell’Istituzione.

Mi scontrai con lui e lo definii un padre padrone.

Alla fine, vinse il COCER che lo licenziò mandandolo via dall’Arma in malo modo.

I Carabinieri capirono che era finito il potere assoluto del Comandante Generale e del Comando Generale

nell’Arma dei Carabinieri.

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Dopo di lui venne Antonio Viesti, anch’egli generale dell’Esercito, mandato per calmare gli animi nell’Arma. Il

potere politico si era spaventato che fra i Carabinieri si potesse sviluppare una contestazione contro di loro.

Cercarono di far scomparire il documento che il COCER aveva scritto “Sullo stato del morale e del benessere del

personale”. Ma fu del tutto inutile. I Carabinieri, che conservavano quel documento come una bibbia, avevano

capito che essi non erano più custodi del Re, cioè del potere politico, che era a lui subentrato, ma solo della

legge e figli autentici del popolo.

Per cui gli scontri continuarono anche contro il generale Viesti, il quale non capì che doveva sostenere il ricorso

dei 25.000 marescialli per l’equiparazione agli ispettori di polizia, invece di piegarsi alla volontà di Andreotti che

continuava ad avversare i militari dell’Arma in tutte le loro richieste.

Non ho mai compreso questo suo atteggiamento ostile verso l’Arma, che però era comune a taluni satrapi

democristiani, che forse temevano che i Carabinieri ricordassero ancora il loro legame con il Re, che tanto li

aveva onorati. O forse per qualche altro motivo? Legato a connivenze mafiose, sulle quali i Carabinieri non

intendevano chiudere un occhio?

A questo punto mi sembra doveroso aprire una parentesi.

Nel 1981, inopinatamente, con la complicità dei vertici dell’Arma o quanto meno con la loro minore valutazione

delle conseguenze sull’Istituzione, furono inserite nella legge 121, che aveva sindacalizzato e smilitarizzato il

Corpo delle Guardie di pubblica sicurezza, norme che toccavano alla radice i Carabinieri.

Da quel momento ci sarebbe stata una forza di polizia ad ordinamento generale, la Polizia di Stato, pur non

essendo presente su tutto il territorio nazionale. Una grave sciocchezza, che avrebbe portato gravi problemi di

coordinamento, che solo una scellerata e insulsa classe dirigente politica poteva creare.

Alcuni sottufficiali della Legione di Chieti (572) mi presentarono l’avv. Fabrizi, che li difendeva nel ricorso per

l’equiparazione ai neo ispettori di polizia, creati con la suddetta legge.

Costui mi portò il ricorso. Rilevando la sua grande importanza per l’Arma, lo sottoposi all’attenzione del COCER

che decise di sostenerlo in ogni sede.

Fu una dura battaglia contro tutti.

Lo scontro si decise quando incontrai il Presidente della Corte Costituzionale, Ettore Gallo, mio grande

estimatore, che, quando gli esposi le nostre buone ragioni, mi disse che Andreotti lo aveva poco prima chiamato

al telefono e invitato a non accogliere il ricorso dei Marescialli.

Replicai dicendogli che lui doveva decidere se stare dalla parte del Capo del Governo oppure dei 25.000

Marescialli dell’Arma, che avevano sulle spalle la sicurezza dell’Italia.

Mi rispose con un sorriso: “Mi saluti tanto affettuosamente i Marescialli dei Carabinieri, che sono la colonna

del nostro Paese”.

Capii che avevamo vinto. E infatti dopo pochi giorni venne fuori la sentenza a noi favorevole.

Fu un trionfo e uno schiaffo in faccia a tutti coloro che si erano posti contro di noi.

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Il Generale Domenico Pisani, che nelle ultime fasi ci aveva sostenuti, mi disse di farmi una fotografia insieme al

Comandante Generale da far apparire nella rivista “Il carabiniere”, con l’articolo del nostro successo.

Lo mandai a farsi benedire.

Ma l’astuto generale ci mandò in Sardegna per un incontro con i Carabinieri di quella regione e in quella

circostanza fece arrivare il Comandante Generale che si mise accanto a me e si fece fotografare.

Ma i Carabinieri conoscevano bene tutti i fatti!

Mi piace citare un episodio: andammo nelle montagne di Orgosolo e lì ci incontrammo con i Carabinieri che

operavano per contrastare i sequestri di persone e il banditismo.

Fecero un grande fuoco e mangiammo porcellini alla brace e pecore bollite. Eravamo circa un centinaio di

persone.

Il COCER Carabinieri era seduto in una lunga tavolata con il Comandante Generale.

D’un tratto si fece avanti il Comandante della Stazione di Orgosolo, che così si rivolse al Generale Viesti, con il

tipico accento sardo, in modo duro e perentorio: “Signor Comandante Generale, lei è il nostro pastore e ci deve

difendere da coloro che aggrediscono noi e l’Arma, per curare i loro interessi criminali, a qualsiasi livello. Per

questo motivo le regalo questo bastone per la nostra tutela”.

Gli offrì un bastone, ben intarsiato, della lunghezza di circa un metro.

Lo guardai sorpreso. Dissi fra me: “Perché regala il bastone a colui che lo potrebbe usare contro di noi?”.

Non feci in tempo a finire questo ragionamento che il Maresciallo tirò fuori un altro bastone, lungo due metri, e

così si rivolse a me: “Questo è il bastone del pastore che noi Carabinieri regaliamo a lei perché lo possa usare a

nostra difesa contro tutti, anche contro coloro che all’interno dell’Arma non ci tutelano. Siamo certi che lei lo

adopererà come si deve”.

I Carabinieri si alzarono tutti in piedi e applaudirono.

Eravamo quel giorno veramente una grande famiglia, compatta e unita contro questo scellerato regime politico,

che stava devastando l’Italia.

Il Generale Viesti fu protagonista anche di un altro episodio, accaduto in Calabria, che mi piace citare.

Il COCER si era recato in Calabria perché i militari dell’Arma svolgevano il loro servizio sull’Aspromonte in

condizioni disumane. Scrivemmo un libro “I Carabinieri e la Calabria”, che fece bestemmiare il Comando

Generale, che così commentò il nostro lavoro: “Costoro, ovunque vanno, combinano guai”.

Noi, invece, scrivevamo la verità e dei commenti di alcuni vertici dell’Arma, venduti ai politici, ce ne fregavamo

altamente.

Un giorno andammo a fare visita ai colleghi della Stazione di Platì. Lungo la strada vedemmo edicole mortuarie

di gente, non perita in incidenti stradali, ma ammazzati dalla ‘ndrangheta.

Giunti davanti alla caserma, notammo che alcune pareti erano sforacchiate di colpi d’arma da fuoco. Di notte i

delinquenti si divertivano a sparare contro la caserma.

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Ci aprì la porta un giovane Vicebrigadiere. Gli chiesi di farmi parlare con il Comandante della Stazione.

Mi rispose, quasi risentito: “Ma sono io!”.

Gli chiesi: “Quanti anni hai?”.

Mi rispose: “Ventuno! Sono uscito da poco dalla Scuola Sottufficiali di Firenze e, siccome mi sono ben

classificato, mi hanno mandato a Platì”.

“Quanti uomini hai alle tue dipendenze?”.

“Venti”.

Replicai: “Ma tutta la scala gerarchica è a conoscenza del fatto che tu comandi Platì?”.

“Certo, un mese fa è passato il Comandante Generale e mi ha dato un premio di 200.000 lire”.

Non bestemmiai, essendo un credente. Dissi ai delegati: “Torniamo subito a Roma e convochiamo il

Comandante Generale in assemblea”.

Di lì a qualche giorno il Generale Viesti era davanti a noi.

Alla mia domanda se sapesse che il Comandante della Stazione di Platì era un ragazzo, con ancora il latte in

bocca, mi rispose: “Certo, gli ho dato pure un premio in denaro”.

Si alzò di scatto l’Appuntato Luigi Martucci, uno dei più splendidi delegati che abbia mai conosciuto, e subito

chiese al Comandante Generale: “Lei, signor Comandante, ce l’ha un figlio a vent’anni?.

“Sì!”.

“Lo manderebbe a Platì?”.

La sua voce era tonante.

Il Generale Viesti si fece terreo. Non osò rispondere.

Il giorno dopo fu inviato a Platì un Maresciallo anziano.

Con il generale Oresta, che a quel tempo era Capo di Stato Maggiore, avemmo diversi duri scontri.

In uno, si fece beffe di noi, dicendo che noi non avremmo mai vinto il ricorso dei sottufficiali. Anzi, era meglio

che non facevamo crescere in loro inutili aspettative.

In un altro, osò entrare senza bussare nell’ufficio del Comandante Generale, mentre una delegazione del COCER

parlava con lui. Gli disse che alla Camera avevano approvato un provvedimento a favore del personale

dell’Arma.

Gli chiesi di quale provvedimento stesse parlando.

Mi rispose in modo inurbano: “Io a lei non dico nulla!”.

Replicai di brutto muso: “Lei a me dovrà sempre dire tutto, perché io sono il Presidente del COCER e sono a

livello del Comandante Generale”.

Il Generale impallidì e disse: “Lei è un Tenente Colonello e non le riferisco nulla!”.

Intervenne il Maresciallo Algesiro Cariglia, altro splendido delegato, che lo invitò con voce ferma ad allontanarsi

e ad uscire dall’ufficio del Comandante Generale perché ci aveva disturbati.

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Tutti i delegati si scagliarono contro Oresta, che fu invitato dal Comandante Generale a uscire fuori.

La sera stessa chiedemmo le sue dimissioni. Il Comandante Generale mi inseguì per l’intera giornata per farmi

ritirare le dimissioni annunciate.

Non gli risposi.

Quando vincemmo il ricorso, nonostante Oresta avesse profetizzato che non lo avremmo mai vinto, il

Comandante Generale cercò di rappacificare gli animi e mi fece presente che Oresta era un uomo coraggioso

perché si lanciava nel vuoto con il paracadute.

Gli replicai prontamente: “Sarebbe più coraggioso se si buttasse senza paracadute”.

Con il Generale Domenico Pisani, che sostituì Oresta quale Capo di Stato Maggiore, avemmo un rapporto di

grande collaborazione.

Era un ufficiale intelligente, che capì che era sciocco scontrarsi con il COCER, che doveva pur svolgere il suo ruolo

a tutela dei diritti e degli interessi del personale.

Ci ritrovammo insieme nel chiedere alla magistratura referendaria e alla Corte Costituzionale di accogliere il

ricorso di 25.000 marescialli. Con noi operò pure il Generale Tavormina, che era il Comandante della Divisione

territoriale di Roma.

L’unico neo fu l’uccisione del nostro avvocato Fabrizi, ucciso da qualche perfida mente, che aveva paura che i

Carabinieri si ribellassero ad un regime becero, ottuso e corrotto.

Al Generale Pisani debbo essere riconoscente perché, mentre ero Presidente del COCER mi avevano offerto

comandi rilevanti, ma, appena dismessa la carica, alcuni cialtroni mi proposero per il comando provinciale di

Enna, in modo da seppellirmi lì definitivamente.

Andai, invece, al Gruppo di Roma 3, a Frascati, uno dei più prestigiosi. E fu lì che nacque la mia avventura

politica, voluta anche da Pisani, che aveva visto in me un paladino degli interessi dell’Istituzione.

Con il Generale Federici, si capovolse tutto un sistema di relazioni. Era un vero Comandante Generale, che ben

sapeva che l’unico che doveva avere rapporti con i politici doveva essere solo lui.

E fece ciò con onore e dignità e quando, lasciò il comando non chiese nessun incarico di sottogoverno, che

invece furono presi da molti generali dell’Arma, che facevano a gara per ottenere ogni genere di prebende.

Una vergogna per l’Arma!

Quando rientrai nell’Arma, dopo i due anni di mandato parlamentare, fu gentile e cordiale con la mia persona.

Mi chiese dove volessi andare. Ottenni l’incarico di Capo di Stato Maggiore alla Legione Abruzzo e Molise.

Un bel giorno mi chiamò a Roma. Mi fece presente che Prodi, prima che iniziasse la campagna elettorale, si era

lamentato con lui perché ben tre ufficiali si erano candidati con Berlusconi.

Gli chiese un ufficiale.

Federici mi pregò di candidarmi con lui. Obbedii e andai nel collegio di Chieti, che era in mano alla destra.

Il mio avversario alla fine vinse per pochi voti in più.

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L’onorevole Marini mi ricompensò proponendomi alla carica di Sottosegretario.

Federici lo seppe e mi chiamò a Roma. Mi disse di andare dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio

Venturoni, che avrebbe sostenuto la mia candidatura.

Ma ancora una volta il Presidente Scalfaro si oppose.

Ho ben ricompensato costui, ponendolo nell’opera “La nuova Commedia”, da me scritta, all’inferno a patire

pene indicibili.

Il Generale Siracusa, l’ultimo generale dell’esercito, non ha mai rispettato le regole dell’onore di un ufficiale.

Costui ci era stato paracadutato dal potere politico dai Servizi Segreti. Mi ricordo che rabbrividii quando seppi

della nomina.Presagii cose funeste per l’Arma. Ed ebbi ragione.

Dopo pochi mesi dalla sua nomina fu accusato di aver dato una mano a D’Alema per il caso Mitrovkhin.

Gli avversari politici lo attaccarono duramente. Uscirono pesanti articoli contro di lui.

Mi ricordo che in quei giorni ero a sciare in Alto Adige. Mi giunse una telefonata del Generale Alfonso Venditti.

Mi disse: “Stanno mettendo in croce il Comandante Generale, che sta portando avanti la nostra legge di

riordino. Intervieni tu. Difendilo. Chiama i sindacati di polizia a sua difesa”.

Telefonai a Oronzo Cosi, che era riluttante. Gli chiesi di accogliere la mia richiesta.

Il giorno dopo uscì un articolo del SIULP a difesa di Siracusa e le acque si calmarono.

Siracusa non fu mai riconoscente nei miei confronti: non solo mi abbandonò alla furia dei politici, ma addirittura

rilasciò una intervista contro di me qualificandomi come un ufficiale poco fedele.

Eppure, quando la nostra collaborazione procedeva nel migliore dei modi, scrisse una lettera al Ministro della

Difesa, che riguardava la mia persona, che mi piace citare testualmente:

- “l’iter della carriera militare del Col. Pappalardo si distingue nettamente … da quello di tutti gli altri

ufficiali per avere egli interpretato, per lunghi periodi, un ruolo innovativo, diverso da quello

tradizionalmente ricoperto dai colleghi di categoria e quindi non ancora riconosciuto adeguatamente

sul piano sostanziale”;

- “il Col. Pappalardo ha saputo canalizzare positivamente ansie, preoccupazioni e sofferenze del

personale, riuscendo ad ottenere risultati molto significativi che sono valsi a ricompattare tutte le

categorie, evitando tensioni interne ed ogni tipo di contrapposizione ai vertici e alla dirigenza in

genere”;

- “… ha riguadagnato da circa un anno la Presidenza del COCER … in tale quadro non si può certo

sottacere o sottovalutare l’importante ruolo svolto dal COCER Carabinieri che con responsabile

consapevolezza ha saputo esprimere una significativa azione di contrasto ad ogni tentativo di

lottizzazione sindacale in danno della compattezza interna …”;

- “Di grande importanza va considerato, peraltro, il mandato parlamentare esercitato dal Col.

Pappalardo che, sebbene eletto per la prima volta alla Camera dei deputati, è stato subito investito

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delle funzioni di Vice Presidente della Commissione Difesa e di membro della Commissione Terrorismo

e Stragi ed, infine, addirittura nominato Sottosegretario di Stato al Ministero delle Finanze”;

- “…(l’Ufficiale) per gli inusuali meriti acquisiti, per la straordinaria esperienza maturata anche in altri

altissimi contesti istituzionali dello Stato, nonché per le eccezionali qualità personali e professionali

meritava incarichi e giudizi di ben altro spessore”;

- “… il caso di specie è talmente atipico e al di fuori della ordinarietà da richiedere, eccezionalmente,

una valutazione più ampiamente discrezionale, inquadrata cioè in una visione aperta, innovativa,

quasi “politica” che solo il Signor Ministro della Difesa può interpretare”;

- “… non si può sottacere che il Col. Pappalardo è dotato di attitudini decisamente non irrilevanti, di

brillante intelligenza, alta capacità professionale, organizzativa e dirigenziale”;

- “Egli possiede, inoltre, una innata capacità di analisi ed esercita un forte carisma sugli uomini perché

punta sempre alla loro valorizzazione. Agisce con visione lungimirante e coerente alla progettualità

che si è dato, di concerto con l’Istituzione”;

- “Riunisce, in sintesi, tutti i requisiti per esercitare una funzione di comando di alta responsabilità, nella

più aggiornata concezione del ruolo”.

Se un giorno avverrà la rivoluzione nel nostro Paese, la squallida vicenda, innescata da personaggi torbidi del

governo D’Alema, che ha duramente colpito l’Arma, sarà rivisitata in tutte le sedi e qualcuno dovrà pur pagare

per le sue nefandezze.

Con il Generale Mario Nunzella ho avuto diversi incontri. Ha sempre mostrato di essere equilibrato e

ponderato. Ma soprattutto ha saputo affrontare le varie difficoltà che venivano poste da questi partiti scellerati

non perdendo mai la calma, controllando con autorevolezza i vari accadimenti. Tanto è vero che è stato

accantonato dal potere politico.

Nel momento in cui ha lasciato il servizio attivo (28 febbraio 2000) , prima che venisse approvata la legge di

riordino dei carabinieri, così si espresse davanti a tutto lo Stato Maggiore del Comando Generale:

“Ho avuto negli ultimi tempi la fortuna di essere affiancato nel consiglio, nella decisione, nell’esame, da

un’altra Istituzione che, secondo me, ha conquistato dignità e diritto a rappresentare degnamente l’Arma nel

contesto sociale e politico. Voglio parlare della Rappresentanza, del suo Presidente e di tutti quanti i suoi

componenti, con i quali abbiamo avuto rapporti veramente costruttivi, spesso di critica, spesso di censura, ma

sempre finalizzati al meglio delle decisioni”.

Con il Generale Alfonso Venditti, che è succeduto a Nunzella, tutto è cambiato. Introverso, facilmente irritabile,

pauroso, incapace di controllare ogni tipo di emergenza, non avevo tenuto conto nel momento in cui ho

proposto al Comandante Generale Siracusa di nominarlo Capo di Stato Maggiore che proveniva dai ruoli del

complemento e non dall’Accademia militare.

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Questi ufficiali sono preparati, assumono incarichi di rilievo nell’Arma, ma hanno una carenza di fondo, che è

stata rilevata dal Consiglio di Stato in alcune sue sentenze: non hanno una piena forma mentis militare, per cui

talvolta non sanno resistere alle avversità e si lasciano trascinare dagli eventi.

Ciò per il fatto che, dipendendo la prosecuzione della loro carriera dalle decisioni dei loro superiori, talvolta

facilmente irritabili, assumono in qualche circostanza atteggiamenti servili, piegandosi all’altrui volere.

Venditti era l’ufficiale meno adatto a svolgere le mansioni di Capo di Stato Maggiore nel momento in cui l’Arma

si doveva porre compatta contro questa scellerata classe dirigente politica. Quando il Governo D’Alema decise di

annientarmi dopo che avevo trattato a pesci in faccia l’infallibile Massimo, lui assecondò questo progetto, pur

avendo più volte ricevuto da me preziosa e determinante collaborazione per l’approvazione della legge di

riordino dell’Arma.

Oggi è morto e nella mia “Nuova Commedia” l’ho collocato all’Inferno.

Con Leonardo Gallitelli, che è stato mio cappellone in Accademia, i rapporti sono stati controversi. Più abile che

capace, più manovriero che efficace gestore di uomini e risorse, ben addentro nei palazzi del potere di Roma, è

tacciato di essere un incantatore di serpenti per come era capace di muoversi nelle più disparate e intricate

situazioni.

Nel momento in cui il Governo D’Alema ha deciso di annientarmi, pur avendo le capacità per valutare la

drammaticità del momento e prendere le relative decisioni, ha preferito lasciare il proprio anziano al suo

destino. Invece di consigliare i due pavidi generali al vertice dell’Arma a sostenermi, ha concorso a infliggermi il

colpo che lui riteneva mortale, non conoscendo le mie mille risorse. Tanto è vero che sono vivo e vegeto e

combatto contro questo regime politico, che gli ha consentito di diventare Comandante Generale dell’Arma sulla

mia pelle.

Di seguito riporto ciò che ho scritto sull’episodio nel plico che ho inviato il 29 luglio 2002 al Ministro della Difesa,

Antonio Martino, che non osò prendere in merito alcuna decisione, in linea con gli usuali comportamenti

omissivi e irresponsabili del governo Berlusconi:

“ … mentre violenta è l’aggressione di alcuni politici contro la mia persona e attendo fiducioso che qualcuno

dei miei superiori mi difenda, Leonardo Gallitelli, a quel tempo Colonnello e Capo del II Reparto del Comando

Generale dell’Arma, oggi Generale e Sotto Capo di Stato Maggiore, mi dice nel suo ufficio che è inumano che

io venga lasciato solo, ma che ciò deve avvenire per il bene dell’Arma. Aggiunge testualmente: “Comunque

penseremo noi a tua moglie e a tua figlia”. Signor Ministro, debbo confessarLe che quella frase mi fece

rabbrividire, perché me ne ricordò un’altra analoga, quella pronunciata dagli agenti della Gestapo al Generale

Erdwin Rommel quando si presentarono da lui con l’invito di Hitler al suicidio, che sarebbe stato onorevole e

avrebbe evitato serie conseguenze alla sua famiglia”.

Ha completato la sua “gloriosa” carriera rimanendo al comando dell’Arma, contro ogni regola interna, per oltre

6 anni, producendo danni che la nostra Istituzione pagherà per molti anni!

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Nella mia “Nuova Commedia” c’è un loculo all’Inferno che lo attende con il suo nome e cognome.

Nei confronti del Generale Corrado Borruso, mio collega d’Accademia, figlio di un Generale dell’Esercito, mi

conformo a ciò che diceva Virgilio a Dante nei confronti di quei personaggi, che non meritano particolari

menzioni: “Non ragioniamo di loro, ma guarda e passa”.

Di recente è morto colpito da una grave malattia.

L’ho collocato all’Inferno nella mia “Nuova Commedia”.

Con Luciano Gottardo non potevo avere alcun rapporto. Ufficiale senza nerbo, proveniente dal complemento,

solo nell’Arma poteva salire di grado sino a divenire addirittura Comandante Generale. Pavido e atterrito,

addirittura si è posto a lato un ufficiale per controllare, contro ogni prassi, tutti gli atti dello Stato Maggiore

dell’Arma, perché lui non avrebbe firmato nulla se non avesse avuto un ulteriore controllo sugli stessi.

Dobbiamo dire “grazie” a Berlusconi e alla sua corte se l’Arma, per la prima volta nella sua storia è stata affidata

ad un ufficiale che come ha sancito il Consiglio di Stato non aveva tutti i requisiti della militarità.

Anche per lui è pronto un loculo nell’Inferno della “Nuova Commedia”.

Il Generale Gianfrancesco Siazzu, che è subentrato al Comando Generale dell’Arma a Gottardo, sardo doc, fiero

e orgoglioso delle sue origini, dignitoso e riservato, mai colluso con gli ambienti del potere romano, ha svolto la

sua azione con limpidezza e coraggio, difendendo la nostra Istituzione quando era il caso.

Talvolta mi consultava per avere qualche consiglio per le mie varie esperienze.

Se n’è andato fuori dall’Arma in punta di piedi, e seppur invitato da questa scellerata classe dirigente politica a

rimanere, ha sbattuto la porta in faccia a questi delinquenti, come pochi altri suoi predecessori, Federici e

Corsini, preferendo dedicarsi ai suoi nipoti.

I Carabinieri lo annoverano fra i migliori Comandanti Generali.

Prima di accomiatarsi mi scrisse una lettera, che conservo gelosamente, in cui mi esprimeva tutto il suo

rammarico per non essere riuscito a far divenire Beato il Vice Brigadiere Salvo D’Acquisto, avversato da taluni

ambienti del Vaticano, ma soprattutto da alcuni contesti massonici, che ancora dominano alcuni vertici

dell’Arma.

Mi piace ricordare il colloquio che è avvenuto fra me e il Cardinale Francesco Marchisano, dopo l’esecuzione

nell’ottobre del 2003 dell’opera “Vita nova”, da me composta in occasione della Beatificazione di Madre Teresa

di Calcutta nella Sala Nervi del Vaticano.

L’alto prelato mi disse: “Sono tanto in pena per quel bravo giovane, che ha dato la vita per salvare 23 ostaggi

dalla furia omicida nazista, che non è stato ancora beatificato”.

Si riferiva al Vice Brigadiere Salvo D’Acquisto.

“Perché non compone un’opera per sollecitare la sua beatificazione?”.

Acconsentii, perché mi stupivo che la Chiesa, applicando il principio che per i martiri della fede non è richiesto la

prova del miracolo, non lo avesse ancora beatificato.

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Il Cardinale aggiunse: “Come mai il Comando Generale dell’Arma non fa alcuna perorazione per far divenire

beato un giovane che ha dato un così alto esempio di virtù cristiane?”.

Risposi, in difesa dei generali della mia Istituzione: “L’Arma usa in tutte le vicende che riguardano l’Istituzione e

i suoi appartenenti un comportamento discreto e riservato e non è incline a svolgere alcuna forma di

pressione”.

Dicevo una bugia perché i miei colleghi generali non esitano ad uscire dal naturale riserbo dell’Arma quando,

come nell’approvazione della legge di riordino dei Carabinieri, vi sono di mezzo i loro interessi personali.

Per Salvo D’Acquisto, invece, preferivano stare a guardare.

Il Cardinale mi freddò con questa replica: “I Carabinieri non si muovono perché soffrono delle loro origini

piemontesi”.

Che cosa voleva dire l’alto prelato?

Era chiara la sua allusione ai condizionamenti massonici in talune scelte del Comando Generale dell’Arma, che

non gradivano la beatificazione di Salvo D’Acquisto.

Comunque composi l’opera “Il soffio di Dio”, per la postulazione della Beatificazione di Salvo D’Acquisto, la cui

partitura è conservata nel Museo Storico dell’Arma, che venne eseguita il 13 ottobre 2004 nella Basilica di Santa

Chiara in Napoli.

A tutt’oggi, nonostante il subentrante Gallitelli mi avesse pregato di non occuparmi di Salvo D’Acquisto, perché

ci avrebbe pensato lui, il nostro Eroe non è ancora stato beatificato.

Qualcuno un giorno dovrà chiarire quali torbidi e inquietanti risvolti vi sono dietro la splendida e luminosa

vicenda di Salvo.

Con l’ingresso del Generale Tullio Del Sette, che ha posto fine al comando prolungato dell’Arma (oltre sei anni)

di Gallitelli, contro ogni sana prassi interna, i generali dell’Arma hanno cambiato atteggiamento nei miei

confronti.

Mi ricordo quando finalmente costui è stato messo alla porta; tentò fino all’ultimo di ottenere un altro anno di

proroga. Mi chiamò al Quirinale il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Donato Marra. Mi

strinse la mano e mi disse che eravamo riusciti a cacciarlo via.

Perché il dottor Marra si era congratulato con me?

Perché da oltre tre anni dichiaravo, anche sulla stampa, che Gallitelli non poteva rimanere ulteriormente al

comando dell’Arma in quanto si violavano norme interne della nostra Istituzione, che da sempre si sottrae ai

condizionamenti politici.

Un giorno mi pregò di raggiungerlo, alla stazione Carabinieri di Linguaglossa, il Generale Umberto Pinotti.

Comandante Interregionale di Messina.

Era di sera. Parlammo per oltre due ore.

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Mi disse che lo aveva mandato il Generale Gallitelli, che era infastidito del fatto che io denunciavo

ripetutamente la sua permanenza innaturale al comando dell’Arma.

Mi invitava a non farlo perché in qualche modo intaccavo l’immagine dell’Arma.

Lo bloccai immediatamente: “E’ lui che sta rovinando l’immagine dell’Arma perché sia in parlamento che fra la

gente i commenti contro di lui e contro l’Arma sono pesanti”.

Aggiunsi: “Fra me e te c’è una differenza: tu ti chiami Pinotti, io Pappalardo. Se sto zitto, un giorno i

Carabinieri mi accuseranno di non aver denunciato questo fatto insolito nell’Arma, comunque voluto da

questa classe dirigente politica scellerata”.

Conclusi dicendogli: “Tu mi devi dire se sto dicendo il vero o il falso. Se sto dicendo il falso, allora sto zitto. Se,

invece, sto dicendo il vero, perché mi vuoi zittire?”.

Mi rispose: “Stai dicendo il vero”.

Mi strinse la mano e se ne andò.

Del Sette, dopo tanti anni di ostracismo, mi chiamò e mi disse che era davvero inaccettabile che io, quale

compositore musicale, avessi composto “Petros Enì” per i 500 anni della Basilica di San Pietro e che non fossi

stato chiamato per comporre un’opera per i 200 anni dell’Arma.

Mi chiese anche quali fossero i rapporti fra me e il Presidente dell’Associazione Nazionale Carabinieri, Generale

Libero Lo Sardo.

Gli risposi: “Non possono essere buoni! Costui - quando il Comando Generale mi minacciò che se non mi fossi

dimesso dalla carica di Presidente del COCER, avrebbe ritirato i componenti della Banda dell’Arma, così

annullando il concerto programmato per il 4 aprile 2000 alla Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri

in Roma, producendomi un danno incalcolabile – si presentò nella Basilica, mentre ero con gli artisti a

provare. In modo oltremodo scorretto, mi invitò ad aderire all’invito-minaccia del Comando Generale”.

Dissi a Del Sette: “Può costui continuare ad essere Presidente della gloriosa Associazione Nazionale dei

Carabinieri?!”.

A quanto pare sì, perché è ancora lì al suo posto. Alla faccia dei 200.000 iscritti che credono ancora in taluni

valori imperituri della nostra Istituzione.

Non ha sentito ancora il dovere morale di chiedermi scusa.

Il Generale Del Sette, che aveva iniziato bene il suo mandato ha accettato la proroga di un anno del governo

Gentiloni, pur essendo indagato per aver “allertato” amici di Renzi su indagini sul loro conto.

Ma di questo parlerò dopo”.

7. “Ci può parlare dei rapporti che lei ha avuto con i suoi colleghi del 23° corso e in particolar modo con il generale Stefano Orlando?”.

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“Non perdonerò mai ai miei colleghi di non avermi difeso mentre mi scontravo contro questo becero potere

politico. Eppure il motto dell’Accademia militare è “Una acies”, cioè una sola schiera, che si muove compatta

contro il nemico, oggi costituito da questa infame classe politica.

Mi hanno lasciato solo a combattere contro un nemico che abbatte chiunque si ponga contro i suoi loschi affari.

Ma costoro sono andati ben oltre: il Generale Stefano Orlando, che dormiva nel letto al mio fianco in Accademia

militare, e che era per me più di un amico, mi ha sferrato il colpo di pugnale decisivo alla schiena.

Sollecitato da Cossiga mi ha esortato a dimettermi dalla carica di Presidente del COCER, portandomi in casa di

quell’infame.

Cito puntualmente gli episodi come si sono svolti, riportati nel plico che ho inviato nel 2002 al Ministro della

Difesa, sul cui contenuto, mai da nessuno smentito, il Generale Vittorio Savino, mio vero Comandante, il 9

ottobre del 2002 così ha scritto al Comando Generale dell’Arma,: “ … il quid novi che si può cogliere dalla

tormentata relazione dell’ufficiale è la circostanza acquisita da atti posseduti dal Colonnello per formale

acquisizione che vede personalità politiche interessate a conoscere gli esiti di iter processuali che lo

riguardano. Questo, sì, è il movente che gli fa vivere con malcelata ansia le sue vuote giornate; questo, sì, è

l’interesse che persegue con dignità e mai tradita galantomia”.

Di seguito la narrazione di quegli episodi, senza alcun commento”

- “il 31 marzo 2000, alle ore 18,00, il Presidente Cossiga, non cercando neanche di minimamente celare

l’insoddisfazione per i mancati effetti che evidentemente si era prefisso di conseguire con la lettera che mi

aveva fatto recapitare il giorno prima, subito dopo l’approvazione della legge di riordino, mi fa convocare

niente di meno che per il tramite del funzionario del SISDE, già generale dei Carabinieri, nonché già mio

collega di Accademia, Stefano Orlando, nella sua abitazione. Lì, giunto, in presenza dell’antico compagno

d’armi, che annuiva alle affermazioni del senatore, mi prospetta mali terribili alla mia persona, alla mia

famiglia e all’Arma stessa, che lui che conosce come vanno le cose nel mondo della politica, sapeva

sarebbero accadute ove non mi fossi immediatamente dimesso dalla carica di Presidente del COCER. Il

senatore precisa poi che i più gravi pericoli sarebbero stati corsi in sede di approvazione dei decreti di

attuazione della legge di riordino, che in una situazione per così dire sfavorevole avrebbero potuto essere

predisposti in modo tale da intaccare le tradizionali funzioni e attribuzioni dell’Arma. Ancora non

soddisfatto del quadro a fosche tinte che mi aveva appena rappresentato, aggiunge poi - a fronte delle

preoccupazioni, che gli manifestavo circa il mio futuro, in quanto, se avessi ceduto la mia carica di

Presidente sarei stato oggetto di facile rappresaglia - che da quel momento “casa sua sarebbe stata casa

mia”, e che lì da lui avrebbero trovato ospitalità anche mia moglie e mia figlia;

- terminato il colloquio con il Sen. Cossiga, mi reco nello studio dei miei legali, che mi invitano a non

dimettermi. Mentre ero immerso in queste discussioni, mi giunge una telefonata sul mio cellulare del

Generale Orlando, che mi esorta a non perdere tempo e a recarmi subito, insieme a lui, dal Comandante

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Generale per firmare nel suo ufficio le mie dimissioni. Contemporaneamente perviene al fax dei miei legali

un comunicato stampa, che dovevo sottoscrivere e inviare alle agenzie, con cui si annunciavano le mie

dimissioni e i motivi che mi avevano portato a tale gesto (copia in allegato n. 42);

- la sera del 31 marzo 2000 sono condotto dinanzi al Comandante Generale dal Generale Stefano

Orlando e qui letteralmente costretto a firmare quelle dimissioni, che in tanti reclamavano, ciò contro la

legge che prescrive che tale atto sia presentato solo al Consiglio di Rappresentanza di appartenenza. (A

tutt’oggi nessuno ha accertato a quale titolo il Generale Orlando abbia fatto da intermediario in questa

vicenda. Ha agito d’iniziativa oppure su ordine di qualcuno? Se ha agito d’iniziativa, quell’ufficiale con il

suo comportamento, al di fuori di ogni norma, ha violato ogni regola di riservatezza, alla quale debbono

ispirarsi gli agenti dei servizi segreti, e ha operato per fini che nulla hanno sicuramente a che fare con quelli

dei Servizi segreti medesimi. Se ha agito su ordine, occorre comprendere su ordine di chi. Su ordine del

Comando Generale dell’Arma, dal quale egli, però, non dipende più in alcun modo? Oppure egli ha operato

su ordine del Direttore del SISDE? Se ciò fosse vero, allora il collegamento con la Presidenza del Consiglio

dei Ministri, o addirittura con lo stesso Capo del Governo D’Alema, sarebbe inevitabile e il complotto

politico del tutto evidente. Ma, ora mi domando, come debbo giudicare questi fatti, quando ieri, proprio

ieri, 28 maggio 2002, come un fulmine a ciel sereno vengo a sapere dalla stampa che alle prime ore della

mattinata quel Generale è stato arrestato insieme a tanta altra gente, ufficiale della Guardia di finanza,

banchieri, faccendieri, avvocati, commercialisti e così via, su ordine del GIP del Tribunale di Potenza con

l’accusa di rivelazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento. Quel giudice, Gerardina Romaniello, ha

dichiarato pubblicamente che “dagli atti emerge piuttosto l’asservimento della funzione pubblica ricoperta

a logiche egoistiche e illegali”. Ancora vogliamo definirle delle fantasie le mie accuse in ordine ai complotti

ai miei danni?”.

Nessun magistrato ha mai inteso indagare. Poi costoro rivendicano autonomia e indipendenza dal potere

politico!”.

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Capitolo VII

Il caso Violante, il caso Mattarella

1) Ci può dire che cosa accadde il 31 marzo 2000, appena fuori dalla porta secondaria del Senato della

Repubblica, subito dopo l’approvazione della legge di riordino dell’Arma?”

“Un mese e mezzo dopo che quei cialtroni dei politici mi accusarono di essere un golpista, due appuntati dei

Carabinieri si presentarono da me e sottoscrissero una relazione, che riporto integralmente:

“Il giorno 17 maggio 2000 ho incontrato gli Appuntati dei Carabinieri ………, delegati del COIR della 2^ Divisione di Roma, presso la loro sede nella Caserma di Via Garibaldi.Gli stessi mi hanno riferito quanto segue:- “il 30 marzo 2000, alle ore 11.15, ci siamo recati al Senato della Repubblica per seguire le ultime battute

della discussione in aula sull’approvazione della legge di riordino dell’Arma dei Carabinieri;- giunti colà alle ore 11.25, siamo entrati a Palazzo Madama dalla porta secondaria, posta di fronte alla chiesa

di San Luigi dei Francesi;- abbiamo fatto appena in tempo ad entrare che abbiamo appreso che la legge era già stata approvata (ore

11.30 circa);- siamo pertanto usciti e ci siamo collocati, insieme al maresciallo ….., che nel frattempo era sopraggiunto,

all’angolo della suddetta chiesa, dove siamo rimasti per qualche minuto discutendo sulla stessa legge;- di lì a poco è uscito dalla stessa porta del Senato, dalla quale eravamo usciti noi, un uomo dalle seguenti

caratteristiche: statura media, età oltre i cinquant’anni, cappello color verde scuro a larghe falde tipo cowboy sul capo, occhiali rayban a goccia color verde, impermeabile lungo color beige, tipo Burberry, capelli brizzolati moderatamente lunghi, ben vestito e molto distinto;

- lo stesso, giunto a 2 metri circa da noi, ha cominciato a parlare a voce alta al telefonino, senza inflessione dialettale, in modo molto agitato e con fare astioso;

- abbiamo sentito distintamente le seguenti parole: “Metta sul tavolo del Presidente. Il Colonnello Pappalardo ha dichiarato: “Lo Stato siamo noi. Il Cocer: fonderemo il nuovo Stato”;

- il suddetto uomo, dette queste parole, si è allontanato e non abbiamo più sentito nient’altro;- ci ha sorpreso il fatto che il comunicato stampa dell’ANSA, uscito un’ora dopo, abbia riportato pari pari nel

titolo le stesse parole pronunciate da quel personaggio;- rientrati in sede, abbiamo informato della telefonata insolita l’assemblea del COIR della 2^ Divisione

“Podgora”. Qualcuno ci ha invitato a lasciar perdere con la seguente frase: “Fatevi i ca…vostri. Pappalardo è ormai un uomo bruciato”;

- solo oggi le riferiamo quanto sopra, poiché non abbiamo avuto prima la possibilità di incontrarla;- ci dichiariamo sin d’ora disponibili a riferire quanto sopra alla magistratura”.In relazione a quanto riferito dai due carabinieri, ho potuto accertare, in modo inequivocabile che lo strano personaggio, che un’ora prima dell’uscita dell’ANSA aveva fatto con il suo cellulare quella telefonata ad un “Presidente”, da scoprire, era un senatore dei Democratici di Sinistra, che, dopo avere votato la legge di riordino dell’Arma, è uscito frettolosamente dal Senato, per informare chissà chi del risultato della votazione al fine di attivarlo per chissà quale fine.Un fatto è certo: da questa testimonianza balza evidente che qualcuno già sapeva un’ora prima quello che avrebbe scritto l’ANSA, come se avesse la palla di vetro”.

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Ho riferito questi fatti alla magistratura chiedendo di rilevare dai tabulati del telefono del Senatore dei Democratici di sinistra chi avesse ricevuto la sua comunicazione e quindi chi fosse il fantomatico Presidente e le ragioni di quella telefonata.Si sarebbe così scoperto il grave complotto ordito in danno del COCER Carabinieri e dell’intera Istituzione.Il magistrato non ha inteso accogliere la nostra richiesta.Non sa costui che non ho dimenticato il suo nome e che la storia lo processerà.

2) “Ma è vero che la Procura Militare della Repubblica di Padova ha chiesto alle Camere di procedere contro

di lei per vilipendio alle Assemblee legislative?”

“Qui rasentiamo il ridicolo. Avevo criticato aspramente D’Alema perché si era inventato che ero un golpista. Lo

avevo definito un cialtrone in una TV di Pordenone.

Il Procuratore Militare avviò una richiesta di autorizzazione a procedere sul mio conto, perché offendendo

D’Alema, avevo offeso, secondo lui, Camere e Governo, assieme.

Nemmeno Dio onnipotente ha tali onori!

Franco Marini, quando seppe di questa ennesima carognata contro la mia persona disse “Basta!” ed ordinò ai

suoi di votare NO sia alla Camera che al Senato. Tutti i parlamentari, sia di destra che di sinistra, tranne i

Democratici di sinistra, pilotati da Violante, rigettarono la richiesta. Sottolinearono che per quanto D’Alema

fosse un politico importante non poteva identificarsi con le due Camere.

Se si fosse sentito offeso, poteva presentare una querela. Ciò che non ha fatto.

Ma la sorpresa venne fuori dopo.

Quando chiesi di consultare gli atti che avevano indotto il Procuratore Militare a inoltrare la richiesta di

autorizzazione, scoprii in un foglio del fascicolo un post-it con le seguenti parole:

“Presid. Violante, chiedendo informa circa cancellazione”.

Qualcuno della Procura Militare della Repubblica di Padova aveva chiesto informazioni a Luciano Violante a quel

tempo Presidente della Camera dei Deputati su un qualcosa che riguardava il mio processo. Per quali fini? Come

mai Violante era interessato alle mie vicende giudiziarie?

Il cerchio si era chiuso. Il Presidente era Violante.

Ma siamo in un Paese senza giustizia. Per Violante, quando morirà è già pronto un loculo all’inferno nella mia “Nuova Commedia”.

3) “Dopo queste rivelazioni, vorrei tornare sull’argomento e sui suoi rapporti con Sergio Mattarella. Lei pensa, che dopo taluni fatti accaduti in seguito, Mattarella in parlamento direbbe le stesse cose?”

“Io ero Presidente del COCER. Mattarella, Ministro della Difesa. Nel momento in cui venni accusato di essere un

golpista, il Comando Generale lo imbottì di false notizie, scrivendogli che avevo alterato il documento “Sullo

stato del morale e del benessere dei Cittadini”, al fine di pararsi il posteriore, evitando il coinvolgimento di

alcuni generali del Comando Generale nella stesura del documento ritenuto erroneamente golpista.

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Lui non ebbe l’accortezza di verificare la veridicità di quello che gli avevano scritto quegli ufficiali cialtroni.

Ben diversamente si era comportato una decina di anni prima il Ministro della Difesa, Martinazzoli, quando,

come al solito, i Comandi Militari cercarono di mettermi in difficoltà mentre svolgevo i miei compiti istituzionali.

Mi chiamò e li mandò a farsi benedire.

Invece, Mattarella si allineò alla volontà dei vertici militari. Ripeto, l’ho denunciato al Tribunale dei Ministri, che,

mentre non rilevò nulla a suo carico, invitò la magistratura ordinaria a procedere contro il Generale Sergio

Siracusa. Ma la magistratura romana seppellì tutto.

W la Giustizia! W l’Italia”.

Ma con Mattarella la storia prosegue e, in seguito, ne diremo delle belle! Perché “il lupo perde il pelo ma non il

vizio”.

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Capitolo VIIII rapporti con gli altri leader politici

1) “Come sono stati i suoi rapporti con gli altri leader politici? Iniziamo da Berlusconi”.

“L’ho incontrato poche volte e in quelle circostanze si è sempre comportato in modo garbato, anche per il

grande rispetto che aveva e che ha per l’Arma e per i suoi appartenenti.

Purtroppo era e continua ad essere circondato da lestofanti, arrampicatori sociali, incapaci, che si aggrappano a

lui, perché da soli non sarebbero nemmeno arrivati a casa loro.

Aveva e ha un grosso difetto: gli piace essere adulato e non si accorge degli idioti che gli girano intorno. Si è pure

caricato addosso alcuni sciocchi servitori di Alleanza Nazionale, che Fini si portava appresso perché pensava che

non lo avrebbero mai messo in difficoltà tanto erano inconsistenti.

Invece sono proprio i più sprovveduti, che, pur di salvare la ghirba, ti tradiscono.

Ho avuto con Berlusconi due contatti: uno ravvicinato di primo tipo e uno a distanza.

Vi parlo di quello ravvicinato.

Nel momento in cui il trio malefico Scalfaro/Prodi/Ciampi, aveva acconsentito, insieme ai lestofanti europei a

introdurre in Europa e in Italia l’euro al cambio di 2.000 lire, avvertendo che il potere d’acquisto di stipendi e

pensioni sarebbe stato dimezzato, chiesi da Presidente del COCER di incontrarlo.

Lui mi disse che non mi avrebbe potuto ricevere in quanto in partenza per la Sardegna dove lo aspettava la sua

famiglia.

Gli risposi che mi sarei rivolto alla stampa.

Alla fine, a malincuore mi invitò alla sua casa di Roma, in via del Plebiscito.

Vi andai con due delegati.

Alla porta ci ricevette lui personalmente. Indossava un maglioncino di cachemire bleu scuro su una camicia

bianca.

In una sala attendevano Fini e Storace.

Gli dissi: “Vedo che lei è impegnato”.

Rispose: “Possono aspettare. Prima viene l’Arma”.

Ci portò in un delizioso salottino. Dietro di lui si pose, come una sfinge, Frattini.

Gli feci presente che noi del COCER non avremmo mai permesso che con l’introduzione dell’euro il personale

percepisse stipendi e pensioni con potere d’acquisto dimezzato. Avremmo condotto una lotta ferma contro il

governo.

Gli riferii che siccome entravamo, almeno dal punto di vista economico, in Europa, i nostri stipendi e pensioni

dovevano essere adeguati ai livelli dei nostri colleghi francesi, tedeschi e inglesi, che prendevano il doppio.

Lui si volse verso Frattini e gli chiese quanto veniva a costare questa operazione.79

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Frattini storse il muso e disse che l’onere per lo Stato sarebbe stato rilevante.

Berlusconi si volse verso di me. Mi sarei aspettato una risposta negativa. Invece così parlò: “Non c’è dubbio che

ci vogliono molti soldi. Ma se mi metto contro di lei, ho finito di campare. Ritenga la sua richiesta accolta!”.

Ringraziai e tornai trionfante al Comando Generale. Ero raggiante.

Dopo pochi mesi, il nuovo Presidente del COCER, che mi sostituì, non volle ricordare a Berlusconi la sua

promessa. Ed io e tutto il personale dobbiamo ringraziare quei traditori se oggi abbiamo stipendi e pensioni da

fame.

Avemmo in seguito un altro incontro, ma non ravvicinato. Quando il governo D’Alema, con la complicità di

alcuni vertici dell’Arma e con Ciampi, Presidente della Repubblica consenziente, mi accusò di essere un golpista,

lui, che stava all’opposizione invece di dire: “Ma che cazzo state dicendo, Pappalardo è Presidente del COCER e

può criticare, anche aspramente, il governo!” , si accodò a Di Pietro, D’Alema e ai giornalisti prezzolati.

Da quel momento capii che era ricattabile e che come futuro Presidente del Consiglio dei Ministri non avrebbe potuto mai raggiungere gli obiettivi che si era fissato. Lo dissi a molti Carabinieri che concordarono”.

2) “Adesso ci parli di Bossi”“Un tipo molto borioso, che appena si accorse che il potere romano lo temeva perché era in grado di metterlo

in difficoltà, cominciò a menare colpi a destra e a sinistra e a parlare come gli veniva.

Ma i suoi cortigiani, nel momento in cui si sono seduti sulle poltrone del governo, cominciarono a farsi allettare.

E la compattezza e la linearità della Lega Nord andarono a farsi benedire.

Ha avuto un grosso merito: nel 1992, con i suoi parlamentari, impedì che Andreotti divenisse Capo dello Stato.

Ha sbagliato su un punto. Ha attaccato i meridionali, che erano anch’essi vittime di questo sistema. Un errore

madornale. E i sudisti non l’hanno dimenticato.

E’ stato disgustoso quando si è scagliato contro i simboli nazionali. Per un pugno di voti di valligiani fanatici!

Adesso Salvini, dopo aver lasciato in pace i terroni, attacca gli extracomunitari, anch’essi vittime di un sistema

perverso. Come al solito la Lega sbaglia obiettivo e si isola. Sono ben altri i nemici del popolo italiano: le

Multinazionali e i burocrati europei. Ma la Lega ha timore nel denunciare le loro malefatte”.

3) “E adesso Di Pietro”.“Non mi è mai piaciuto. Approfittando del suo ruolo di magistrato, che arrestava le persone talvolta con

disinvoltura (quanti si sono suicidati!), si è dato alla politica, sperando di fare bottino pieno.

Ma gli è andata male. Perché, non avendo le necessarie qualità e capacità, è inevitabilmente naufragato.

Sono dell’avviso che possono fare politica solo quelli che vanno in galera per le loro idee e per la salvezza del

popolo, come Pertini e Mandela, e non coloro che arrestano le persone per i loro compiti istituzionali, in

relazione ai quali vengono pagati.

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Un grande male attuale del nostro Paese è collegato al fatto che troppi magistrati sono entrati in politica,

approfittando del vuoto di potere.

Quando questa infame classe politica, con la stampa venduta e prezzolata al seguito, mi accusò nel marzo/aprile

del 2000 di essere un golpista, Di Pietro ritenne opportuno scaraventarsi anche lui contro di me. Vi riporto

quello che scrisse contro la mia persona:

“Leggendo questo documento mi viene in mente un nome: quello di De Lorenzo ... Mi rifiuto di pensare che possa

essere stato scritto da un carabiniere. Penso piuttosto che qualcuno, al di fuori dell’Arma, lo abbia redatto e poi

lo abbia passato per la firma. In questo documento ci sono delle analisi che potrebbero anche essere condivise.

Ma è inaccettabile che una forza militare faccia un documento politico nel quale si chiami alle armi contro le

istituzioni. Davvero inaccettabile...”.

Coglione, il documento l’ho scritto proprio io!

Coglione, in 40 anni di servizio nessuno mi ha mai passato documenti perché io apponessi successivamente la

mia firma.

Coglione, io non ero una forza militare, ma solo il Presidente del COCER Carabinieri, cui la legge 381 del 1978

attribuisce facoltà di critica nei confronti del governo e del sistema politico!

Coglione, i militari dal 1978, da quando sono stati creati gli organismi di rappresentanza, possono fare tutte le

analisi sindacali e politiche che vogliono!

Coglione, nel documento non ho chiamato alle armi nessuno contro le istituzioni! Ho invitato solo i Militari, che

avevano subito una metamorfosi divenendo soldati di pace, a dare il loro contributo per la costruzione di una

nuova Italia.

Coglione, lo potevo fare perché ero il Presidente del COCER Carabinieri!

Coglione, leggi bene i documenti prima di lanciare accuse infamanti!

E basta così, perché di lui ho parlato troppo. E non lo merita!”

4) “E di Grillo?”.

“Da Comandante militare gli avrei affidato l’incarico di contare le coperte.

Un uomo che fa nascere un movimento per mettere da parte questi cialtroni e ladri, e qui va tutto bene, che

manda in parlamento un centinaio di bravi ragazzi per iniziare un processo di totale revisione di questo

scellerato sistema, e qui va tutto bene, non può starsene nelle retrovie ad assistere agli eventi, a criticare,

giudicare e sanzionare.

Con questa tecnica ne ha buttati fuori circa 30.

Con quest’espediente ha organizzato commedie e spettacoli, con biglietto pagante, ai quali lui partecipa come

comico, attore protagonista. Ovviamente ne ricava un profitto.

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Nella seconda guerra mondiale gli ufficiali generali francesi stavano beatamente nelle retrovie, mentre quelli

tedeschi stavano in prima linea con i loro uomini. Sono arrivati a Parigi.

Questo fatto mi fa rivoltare lo stomaco.

Non si fa una seria politica facendo le gradassate o le smargiassate, come attraversando a nuoto lo stretto di

Messina, ma redigendo un progetto politico innovativo da dare ad una nuova classe politica, che deve mettere a

riposo la precedente.

Nel momento in cui Grillo fallisce, è tutto il movimento di rinnovamento che crolla, perché il vecchio sistema

cercherà di convincere la gente a continuare ad affidarsi ad esso.

Ma non c’è solo Grillo che rappresenta il nuovo. Ci sono ben altre realtà, strettamente legate al territorio e al popolo, che ogni giorno si spacca la schiena per portare avanti un’Italia, che sta cadendo a pezzi, che si muove come una grande onda marina che spazzerà via il vecchiume, portando un vento che purificherà l’aria putrida e puzzolente”.

5) “E infine di Renzi?”.E’ un ragazzotto, che si è montato la testa, dopo aver capito che la classe dirigente politica del nostro Paese non

ha le palle per assumersi alcuna responsabilità.

Ha il merito di aver mandato fuori dalle scatole D’Alema e altri ruderi del PD e di aver avviato alcune riforme,

che altri hanno solo paventato, e che oggi criticano.

Ha due grandi difetti:

- non ha una visione politica e basa la sua azione politica e di governo sulle sciocchezze che gli dicono persone

che non capiscono un tubo su tutto;

- gioca a calcetto con un mio collega, noto faccendiere, che si attacca morbosamente al politico vincente, per

poi mollarlo quando cade, come è accaduto con Berlusconi.

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Capitolo IX

Da Generale congedato

1) “Ci dica come è andato il suo ricorso per non essere stato promosso Generale”.

“Poi raccontano le barzellette sui Carabinieri!

Ho fatto ricorso al TAR Lazio perché ero stato sbattuto in coda in graduatoria perché il regime politico non aveva

tollerato che avessi tirato pesantemente le orecchie a D’Alema e company.

Il TAR Lazio mi ha dato ragione perché la Commissione di Avanzamento aveva attribuito al mio titolo di

Sottosegretario di Stato zero punti, come se non fossi stato nominato. Insomma, il Capo dello Stato ha firmato il

DPR della mia nomina, che è svanito nel nulla.

Una porcata!

Il Comando Generale è corso ai ripari e ha fatto appello al Consiglio di Stato. Qui si sono inventati che non avevo

chiamato in giudizio alcuni miei colleghi.

L’ho fatto. Ma il TAR nella seconda valutazione – e i giudici erano gli stessi che mi avevano dato ragione nella

prima – si è rimangiato tutto, respingendo il mio ricorso. O erano drogati nella prima oppure nella seconda

sentenza. Comunque erano drogati!

In un Paese serio questi giudici sarebbero stati presi a calci nel sedere.

Questa è la giustizia nel nostro Paese, che punisce migliaia di cittadini innocenti.

Ben il 70% dei processi costruiti si concludono con l’assoluzione degli imputati. Però, questi ultimi non possono

chiedere i danni, se non si prova il dolo o la colpa grave dei magistrati che hanno indagato.

L’avvocato ti risponde: “E’ già un miracolo che lei sia stato assolto. Stia zitto e ritorni nel guscio”.

2) “Ho visto che lei, dopo il suo congedo, non si è riposato. Ha fatto mille attività. Ce ne vuole parlare?”.“Non so stare fermo, per cui mi sono dedicato all’attività politica e sindacale e all’arte che so esprimere.

Nel campo socio culturale e sindacale ho costituito il SUPU, Sindacato Unitario del Personale in Uniforme, con

l’amico Commissario Giuseppe Pino, un vero eroe, che avrei voluto alle mie dipendenze, in quanto molto più

meritevole e coraggioso di diversi marescialli dell’Arma, che si riempiono la bocca e poi sono dei pavidi e venduti

al potere.

Un giorno un onorevole, al termine di un incontro di alcuni parlamentari con esponenti del SUPU, si avvicinò a

Pino e gli disse di stare attento alla mia persona perché ero una mina vagante.

Pino gli rispose a brutto muso: “Stia attento lei, perché da domani le mine vaganti saranno due!”.

Giuseppe Pino è colui che il giorno della strage di Capaci, in cui fu ucciso Giovanni Falcone e la sua scorta, fu

avvicinato dai suoi uomini, che lui dirigeva.

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Erano furenti. Non volevano più uscire di servizio a farsi massacrare da mafiosi, collusi con i politici.

Pino li calmò ed acconsentì che un centinaio di autovetture girassero per Roma a sirene spiegate.

Il regime si terrorizzò. Qualcuno pensò ad un colpo di stato.

Pino fu avvicinato da elementi della DIGOS, che lo volevano arrestare.

Ma i poliziotti delle volanti si interposero e li mandarono via.

Alla fine Pino fu chiamato dal Capo della Polizia, che non sapeva cosa dirgli.

Una triste storia, degna della peggiore commedia italiana!

Contemporaneamente al SUPU nacque l’ASL, l’Associazione Sicurezza e Legalità, che ha organizzato grandi

eventi e concerti nei più rinomati teatri e basiliche, dando un rilevante contributo al rinnovamento della cultura

in Italia”.

3) Dopo che lei è stato congedato dall’Arma e non le è stato dato nemmeno un giorno di proroga perché lei in uniforme assistesse all’esecuzione della sua opera “Petros Enì”, nella Basilica di San Pietro. Non ritiene ciò l’ennesimo sopruso contro la sua persona?

“E’ stato l’ultimo regalo che mi ha fatto l’allora Comandante Generale dell’Arma, Luciano Gottardo, proveniente

ahimè dal complemento.

Pensava costui, non autorizzandomi ad andare in uniforme al grande evento della celebrazione dei 500 anni

della Basilica di San Pietro, di punire la mia persona. Sciagurato: ha punito l’Arma dei Carabinieri. In una sala

gremita, dove vi erano alti rappresentanti nazionali e internazionali, un compositore carabiniere, che poteva

dare lustro all’Arma, è apparso in abiti civili.

Questo Gottardo, già nell’esecuzione del concerto per la postulazione della Beatificazione nella Basilica di Santa

Chiara in Napoli di Salvo D’Acquisto, decise di non venire. L’astio nei miei confronti era evidente.

Telefonai al Generale Arnaldo Ferrara, lamentandomi del fatto.

Ferrara si imbufalì e sollevò da terra il meschinello, che alla fine a malincuore venne.

Noi eravamo nella Basilica a organizzare, insieme ai tecnici della RAI, l’evento, quando si presentò un ufficiale

delle Pubbliche Relazioni dicendomi che sarebbe venuto il Comandante Generale.

Non ne gioii.

Di lì a poco tornò quell’ufficiale che mi disse che Gottardo, mentre si avvicinava a Napoli, stava cominciando a

dettare le sue condizioni, come quella di non far parlare nessuno al termine del concerto, compreso il Cardinale

Giordano.

Pensate un po’: dovevo andare a dire al Cardinale che lui a casa sua non poteva parlare.

Una sciocchezza enorme!

Dissi all’ufficiale di togliersi di torno. Se Gottardo avesse continuato ad assumere un comportamento distruttivo

del concerto, mi sarei messo davanti alla Chiesa e non lo avrei fatto entrare.

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Venne subito da me il Generale Gallitelli, comandante della Legione Campania, che mi pregò di non assumere

atteggiamenti di contrapposizione nei confronti del Comandante Generale.

Gli replicai che io sarei rimasto al mio posto, se lui non avesse rotto le scatole.

Quando la chiesa fu piena, anche di tantissimi carabinieri, in servizio e in congedo, venne Gottardo con la

moglie.

Fu fatto accomodare nei banchi in prima fila.

Mi avvicinai per porgere il mio saluto.

Gottardo mi allungò la mano, non conoscendo le regole delle buone maniere, che si usano solitamente fra gli

ufficiali che provengono dall’Accademia Militare.

Lo lasciai con la mano sospesa.

Baciai la mano alla signora e le dissi che ero felice che lei fosse venuta.

Quindi mi rivolsi al Comandante, lo salutai militarmente e gli strinsi la mano.

In quel momento ho maledetto Silvio Berlusconi!”. 4) Ci può parlare dei giornali online “Effetto tre” e “Attenti a quei due”?“Sono due pregevoli iniziative editoriali del Luogotenente Antonio Rizzo, che noi abbiamo soprannominato

“l’Ammiraglio”, per essere stato comandante di motobarche dell’Arma dei Carabinieri.

Sin dall’inizio l’ho chiamato “Totonno”, alla siciliana.

Egli, ben sapendo che un giorno avrebbe dovuto lasciare la Rappresentanza militare e l’Arma in servizio, ha

fondato i due giornali per continuare ad avere contatti con i Carabinieri, troppo spesso dimenticati e avviliti dalla

propria scala gerarchica e dal potere politico per i propri fini. Sino a quando costoro abuseranno dei Carabinieri?

Mi ha invitato a scrivere per i due giornali.

E’ stato un successo. I Carabinieri ci seguono in tutti e 5.000 comandi territoriali e in ogni organizzazione

dell’Arma. Ci scrivono, si informano, continuano ad essere legati a noi. E hanno fiducia in noi, mentre diffidano

di molti loro superiori e dei politici.

Molti Ufficiali schiattano, soprattutto quando leggono articoli su tutti gli argomenti, scritti con puntualità e

precisione, che danno una completa informazione ai Carabinieri, da loro ritenuti un “popolino”, da tenere

nell’ignoranza più totale, “usi obbedir tacendo e tacendo morir”, per continuare a fare i loro porci comodi.

Totonno mi dice spesso che la mia penna colpisce inesorabilmente e il potere ha paura dei nostri interventi in

ogni campo.

Spero un giorno di poterli annientare non solo con la penna!”.

5) Ci può parlare dello Scudo dei carabinieri?

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“Scudo dei Carabinieri è nato insieme ad alcuni bravi Carabinieri del Veneto, alcuni in congedo, altri in servizio,

delegati della Legione Carabinieri “Veneto”.

È nato per tutelare i diritti e i doveri dei Carabinieri. Poi abbiamo pensato che lo scudo dovese essere rivolto ai

Cittadini più deboli ed esposti alla prepotenza dei politici, che sono più mafiosi dei mafiosi.

Il meccanismo ha funzionato perché alcune associazioni hanno chiesto di concludere convenzioni e patti con noi.

La nostra grande idea è stata quella, non funzionando più il detto “ l’unione degli uomini fa la forza”, ma

“l’unione dei soldi degli uomini fa la forza”, di raccogliere tutti gli stipendi di 110.000 carabinieri e versarli in

una unica banca per ottenere rilevanti servizi e benefici a favore degli interessati.

Una banca ha accettato e ci ha concesso grossi vantaggi con notevoli risparmi per i Carabinieri.

Il Comando Generale, informato, invece di agevolare il nostro lavoro, temendo che 110.000 carabinieri, tutti

uniti potessero costituire un pericolo per il potere politico, ha messo il bastone fra le ruote. Un Colonnello dei

Carabinieri, del Comando Generale, è volato a Milano e ha bloccato tutto.

Ciò che mi dispiace è il fatto che la banca abbia ceduto.

Il potere convive.

Se pensano, però, che un giorno tutti i soldi dei Carabinieri e dei Cittadini non si riuniranno in una sola banca,

magari gestita dagli stessi, si stanno sbagliando.

La rivoluzione economica è alle porte”.

6) “E’ vero che l’ex deputato Marco Rizzo, di Rifondazione comunista, un bel giorno le ha detto che lei, per la sua vita a favore della gente che non conta nulla, somiglia a Chavez, il leader venezuelano, accusato anche lui di golpismo?”.

“Il fatto mi sorprese parecchio. Il deputato comunista mi invitava a comportarmi come Chavez per salvare

l’Italia. Che strano, ho detto fra me! Solitamente sono gli uomini di destra che esortano i Carabinieri a muoversi

e a prendere le armi.

No! È stato un comunista, che mi ha invitato a leggere bene la vita di Chavez e a imitarlo, magari facendo un

colpo di stato di sinistra, finendo in galera, per poi uscire e mandare questo lercio regime a casa.

Insomma a sinistra hanno capito che questo regime va sepolto.

Sono un ammiratore dei rivoluzionari sudamericani da Simon Bolivar a Chavez, da Che Guevara a tutti quegli

uomini che si sono opposti allo strapotere delle Multinazionali.

Sono, però, anche decisamente contro quella sottocultura di sinistra, che è subentrata in Europa dopo la fine del

secondo conflitto mondiale al nazifascimo, che, utilizzando taluni registi, scrittori, cantanti, comici e intellettuali,

furbacchioni dell’ultima ora, ci ha riempito il cervello di stereotipi culturali, che ci hanno ormai stancato in ogni

campo.

Sono diventati noiosi, ripetitivi, asfittici e melodrammatici.

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Paolo Villaggio, da poco morto, è ricordato per la figura del ragioniere Fantozzi, che subisce tutto da questa

società.

A me piacque quando in uno dei suoi film fa dire a Fantozzi, obbligato da un dirigente arrogante insieme agli

altri impiegati a vedere il film “La corazzata Potemkin”, del regista Eisenstein, tanto osannato dal Partito

Comunista Italiano, che ce lo propinava in televisione a tutte le ore: “La corazzata Potemkin è una cagata

pazzesca!”.

La sua non era una rivolta contro quel capufficio arrogante, ma contro quella cultura comunista, che

imperversava nella società italiana negli anni ’60 e ’70, e anche oltre, che ci faceva apprezzare solo quello che

proveniva dall’URSS e da Cuba, e gli attori e registi schierati dalla loro parte.

Paolo Villaggio aveva avuto un grande coraggio a esprimere quell’atto di ribellione.

Il regime non lo mise fuori dalla porta, perché alla fine il popolo non capì il reale senso della sua battuta.

Oggi sono io che sono tentato, nel vedere che l’attore Benigni, schierato mani e piedi con il PD, si propone per

ogni cosa, anche in recitazioni che non fanno parte del suo bagaglio di attore comico, di dire quello che penso di

lui e della sua “arte”.

Vorrei dire a tutto il popolo Italiano e al mondo che: “La Divina Commedia recitata da Benigni è una cagata

pazzesca!”,

Sono certo che in quel momento Dante Alighieri uscirebbe dalla tomba e mi abbraccerebbe. Anche perché il

signor Benigni, come tutti gli altri compari che vanno in televisione, come Fazio, ha messo e tuttora mette in

tasca milioni di euro, alla faccia di un popolo italiano, che non sa e non vuole imporre la nuova cultura, che non

sia più filo comunista.

Il cambiamento politico in Europa inizia con il cambiamento culturale, facendo nascere una nuova cultura che si

deve basare sui nuovi valori, che investono l’intero pianeta.

L’Italia deve tornare ad essere quella fantastica realtà a vocazione universale, che era un tempo.

7) “Mi tolga una curiosità: quando è stato collocato in congedo il Comandante Generale dell’Arma dei

Carabinieri come lo ha qualificato?”

“Non poteva fare diversamente. Mi ha espresso un “Vivissimo compiacimento per le mie altissime qualità

morali e professionali”, espresse in 42 anni di vita militare nell’esclusivo interesse del Paese”.

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Capitolo X

L’attività artistica – Il genio rinascimentale

1) “Ci può parlare della sua estesa attività artistica, letteraria, musicale e in altri campi del sapere?”

“Sin dall’età di 14 anni compresi di avere un demone dentro di me, che mi portava a creare più che a seguire

modelli consueti. Mi meravigliavo che i miei coetanei si muovessero secondo schemi fissati e che fossero ben

lieti e soddisfatti del loro stato di cose.

Io, invece, stavo male se andavo appresso agli altri. Dovevo muovermi per conto mio.

Fu la professoressa di disegno al secondo liceo, che vide che io usavo la matita in modo originale. Mi invitò, con

felice intuito, a non portarle disegni come gli altri. Dovevo dipingere ciò che volevo. Liberamente!

Ogni mese le dovevo portare un mio disegno.

Dapprima mi lasciai trasportare da questo demone, che divampava dentro di me. Poi cominciai a controllarlo, a

indirizzarlo verso le mete dell’Altrove, che ogni giorno andavo a indagare.

Nemmeno la mia carriera di Carabiniere poté bloccare questo demone, che mi faceva vedere scenari che i miei

colleghi non percepivano per nulla.

La signora anziana, che a Roma mi affittava una stanza mentre frequentavo la Scuola Ufficiali Carabinieri, si

meravigliò che io avessi scelto di fare l’Ufficiale dei Carabinieri, avendo quell’innato trasporto verso l’arte,

musica, pittura, scultura, ecc.

Le dissi che il mio mestiere di Carabiniere avrebbe accresciuto in me la sete di trasporto verso l’altrove,

potendomi immergere nelle realtà che ogni giorno scoprivo grazie proprio al mio lavoro.

Lei non rimase convinta della mia risposta”. 2) Ci parli delle opere musicali composte ed eseguite dal 1996 ad oggi: “Missa Militum”, “Missa humilis”,

“Vita nova”, “Il soffio di Dio”, “Il vento di Mykonos”, “Petros enì”, “Noli quaerere requiem”, “Notturno in

Val d’Ustica”, “La notte delle dodici Lune”, “Il fantasma del Catajo”, “Trabaccara”, “Lungo la via di

Francesco”, “Il Vangelo di Matteo”, “Maria di Magdala”, “Sara”, “Khadija”, “Sinfonia Kuwait”, “Sicilia,

terra mia”, “Bhailpevaco”, “Viaggio verso le stelle”, “Melita”, “La Chiesa povera di Dio” e per ultimo

“American Sympghony”.

“Tutto iniziò da un incidente fortuito che mi accadde.88

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Dapprima suonavo la chitarra e le mie composizioni si limitavano a brevi brani, che nella mia età giovanile mi

portarono a vincere festival parrocchiali.

Formammo pure un complesso che suonava queste canzoni, ma non sfondammo: mentre a Roma e in altre città

nascevano i cantautori, che hanno composto brani musicali che venivano graditi per lo più in Italia, a Palermo,

oppressa dalle mafie politiche, a quell’epoca non poteva nascere nulla di buono.

Per cui sino all’età di circa 35 anni mi sono limitato a usare la chitarra per le mie composizioni.

Mentre comandavo la Compagnia di Pordenone, scendendo per una scala, il mio anello matrimoniale si andò ad

impigliare in un chiodo e così persi il dito anulare della mano sinistra.

Non potevo più suonare la chitarra.

Mia figlia mi vide rattristato e mi regalò un pianoforte.

Da quel momento le mie composizioni fecero un salto di qualità. Mi trovavo a comporre brani di un certo livello,

sonate, serenate, musiche sacre.

Quando terminai la mia breve vita politica, il Comando Generale dell’Arma mi trasferì in Abruzzo, nella città di

Chieti. Fui costretto ad andarci da solo, lavorando mia moglie a Roma.

Mi diedero un grande appartamento, dove in una stanza piazzai il mio pianoforte.

Dopo essermi reso conto che la città di Chieti offriva ben poco, sotto ogni punto di vista, pensai di raccogliere

tutto il mio materiale creativo e di ordinarlo.

Cominciai con i miei spartiti musicali.

Mentre li ponevo in uno scaffale, un spartito mi cadde a terra.

Lo raccattai: erano le prime otto battute di un mio “Credo”, composto quando avevo 17 anni: “Credo in un solo

Dio, Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della Terra”.

Mi portai al pianoforte e lo eseguii.

Mi meravigliai che il brano, pur essendo profondo ed emozionante, non era stato da me completato.

L’indomani chiamai il cappellano militare, un sacerdote che non ispirava alcun sentimento religioso, e gli ordinai

di trovarmi un “Credo”, completo, in italiano.

Me lo portò il giorno dopo.

In un mese lo completai. E come al solito lo conservai in archivio. Un’altra bella musica, che pochi avrebbero

ascoltato. Così pensai.

Invece il destino aveva deciso ben altro.

Il venerdì santo a Chieti è solito svolgersi un corteo molto triste e melanconico. Oltre un centinaio di persone,

vestite di nero, cantano un “miserere”, che distrugge l’animo, mentre un trentina di uomini e donne suonano al

violino note lunghe e lugubri.

Io seguivo in uniforme, mentre pioveva a dirotto. Mi bagnai tutto. Ma quella scena mi colpì.

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Passata la Pasqua andai dal vescovo di Chieti a proporgli di far eseguire il mio “Credo” a quei cantori

improvvisati.

Lui mi sconsigliò di farlo. Mi disse però che mi avrebbe mandato don Donato, un suo sacerdote che curava un

coro locale.

Don Donato venne a trovarmi nel mio ufficio. Quando lesse la partitura del mio Credo, mi disse che l’opera non

poteva essere cantata dal suo coro. Mi avrebbe mandato da un maestro di musica, che meglio avrebbe

compreso cosa fare di quella mia composizione.

MI spedì in un paesino del Lazio, Castel Madama, dove in una villa appartata viveva il Maestro Sergio Rendine.

Non compresi in quel momento dove ero stato indirizzato.

Fresco come una rosa, mi presentati al cancello di quella villa, con sotto al braccio lo spartito dell’intero Credo.

All’ingresso c’era il Maestro, corpulento e con la pipa in bocca.

Fu freddo e ostile. Così mi accolse: “Don Donato mi ha pregato di riceverla. Non ho molto tempo da perdere,

ed anche se lei è un Colonnello dei Carabinieri, se la sua musica non mi piace, glielo dirò in faccia”.

Mi fece accomodare nel suo studio, mi invitò a sedermi davanti al pianoforte e sprofondò nella poltrona.

Con una trepidazione comprensibile, suonai e cantai, con la mia vociaccia, il “Credo”, che avevo portato con me.

Al termine mi volsi e guardai il maestro, che così esordì: “Lei è un pazzo. Chi le ha insegnato questa musica, che

oggi in Italia e in Europa pochi compongono?”

Aggiunse: “Ha studiato lei in conservatorio?”.

Gli risposi di no.

Replicò: “Me ne sono accorto perché qui vengono da me compositori che hanno studiato in conservatorio e mi

portano certi lavori improponibili.

Veda, caro Colonnello, mentre lei cantava e suonava al pianoforte, mi sono sentito trasportare nello studio di

un pittore, dove trovavo tele bianche, non dipinte. Ma le pareti e il soffitto erano dipinte con pennellate

originali, fresche, vibranti.

Le chiedo di finirmi la messa e di portarmela fra tre mesi.

Le affiancherò due miei assistenti musicali.

Ma stia attento a loro, che hanno studiato al conservatorio. Cercheranno di schematizzare la sua musica. Si

opponga”.

Da quel momento esplosi con una produzione musicale rilevante: “Missa Militum”, dedicata ai soldati in missione di pace nel mondo, “Missa humilis”, dedicata agli ultimi del mondo, “Vita nova”, dedicata a Madre Teresa di Calcutta, “Il soffio di Dio”, dedicata a Salvo D’Acquisto, “Il vento di Mykonos”, dedicata al vento di questa incantevole isola del Mediterraneo, “Petros enì”, per celebrare i 500 anni della Basilica di San Pietro (il cardinale che me l’aveva commissionata mi aveva detto che dovevo “rifare in note ciò che Michelangelo aveva fatto in pietra 500 anni prima”), “Noli quaerere requiem”, messa da requiem per i soldati di tutte le Nazioni caduti nella Prima guerra mondiale, “Notturno in Val d’Ustica”, dedicata alla villa del poeta latino Orazio, “La

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notte delle dodici Lune”, dedicata agli uomini che entrano nell’età della vecchiezza e hanno ricordi, “Il fantasma del Catajo”, dedicata alla nobildonna Lucrezia degli Obizzi, uccisa nel 1654, “Trabaccara”, dedicata all’isola di Lampedusa, “Lungo la via di Francesco”, dedicata ai giovani che vengono annientati dalla nostra società crudele e violenta, ma che alla fine risorgono come Cristo, seguendo l’esempio di San Francesco e di Papa Francesco, “Il Vangelo di Matteo”, colonna sonora del vangelo più letto dai Cristiani, “Maria di Magdala”, dedicata alla donna che è stata più vicina a Cristo sino alla morte, così che lo ha visto per prima risorto,“Sara”, dedicata alla moglie di Abramo e alla religione ebraica, “Khadija”, dedicata alla moglie di Maometto e alla religione islamica, “Sinfonia Araba”, dedicata al fiero popolo arabo, “Le due Sicilie”, dedicata ai siciliani e ai campani, “Bhailpevaco”, canto rivolto a tutte le religioni della terra, “Melita”, la figlia di Ulisse e della dea Calipso, “La Chiesa povera di Dio”, inno che inizia con le parole del Papa “Vorrei una chiesa povera per i poveri”.

8) “Ci può parlare delle sue opere letterarie, “Il re della Timpa del Forno”, “L’utopia dell’Ummita ”, “I

racconti del Colonnello”, “Silenzio, parla il Generale”, “La Comunista”, “Le ideologie dinamiche”, “E se

morti non viviamo”, “Sofia”, “Il coraggio della verità”, “Chi ha ucciso Carlo Alberto Dalla Chiesa”, “Dov’è il

Corpo di Cristo?”.

“Non posso parlare del contenuto di questi libri. Perderei troppo tempo a discutere con lei su questioni

letterarie. Chi desidera avere copia dei libri, mi scriva al mio indirizzo email e glieli invierò.

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Capitolo XI

La nuova Arma dei Carabinieri

1) “Ci può parlare degli attuali suoi rapporti con il comandante generale Tullio del Sette, che sta cercando di

fare dell’Arma un’organizzazione di eccellenza, soprattutto internazionalizzandola?

“Con l’uscita del Generale Gallitelli, l’Arma è uscita da un incubo. Nessuno l’aveva mai comandata per così lungo

tempo, ma soprattutto in un periodo della nostra storia nazionale, così travagliato. Tutti i cittadini hanno

compreso che stava accadendo nell’Arma qualcosa di irreparabile: la sua lunga permanenza non poteva non

essere vista che come una politicizzazione dei Carabinieri.

I seguaci di Galliteli andavano dicendo in giro che dopo di lui ci sarebbe stato il diluvio, per l’inconsistenza di

coloro che sarebbero subentrati e per giustificare il suo inaccettabile comportamento contro ogni regola interna

dell’Istituzione.

Con Del Sette la musica è cambiata e non c’è stato alcun diluvio.

Ho avuto la possibilità, appena si è insediato, di parlare con lui. Mi ha esposto i suoi progetti davvero rilevanti di

porre l’Arma ad un livello di maggiore attenzione internazionale.

Ha girato in largo e in lungo, ma soprattutto ha un rapporto umano con il personale, che vede in lui un

galantuomo d’altri tempi, mai affascinato da lusinghe di potere.

Questi erano i miei pensieri, sino a quando ho deciso di costituire il “Movimento Liberazione Italia”, con un

obiettivo rilevante: attuare la sentenza della Corte Costituzionale che nel gennaio del 2014 ha dichiarato

incostituzionale la legge, il Porcellum”, con cui è stato eletto l’attuale parlamento.

Siccome i 945 parlamentari sono in carica da oltre 3 anni e mezzo, violando tutte le normative di uno Stato di

diritto, il Movimento si è unito in questa lotta di legalità con il Movimento “9 Dicembre – Forconi”, costituendo il

Comitato per la Legalità, per farli processare e mandarli tutti a casa.

Mentre imperversava il referendum per il Si o il No alla riforma costituzionale, voluta dal governo Renzi, i due

Movimenti hanno deciso di affermare un momento fondamentale della nostra democrazia e cioè che i

Carabinieri, forza di polizia di rilievo nel panorama socio-politico generale, dovevano “finalmente marciare con il

Popolo”. In questo contesto è stato scelto come simbolo il popolo che marcia del quadro “Quarto stato”, sui

pennacchi dei Carabinieri.

Apriti cielo! Il governo Renzi ha cominciato a imprecare e a spingere il Comando Generale a muoversi contro i

reprobi.

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Il 5 novembre 2016, presso il Comando Compagnia Carabinieri di Abano Terme, mi è stata notificata dal

Comandante della Legione Carabinieri Veneto, Generale di Brigata Maurizio Detalmo Mezzavilla e dal

Comandante provinciale dei Carabinieri di Padova, Col. Stefano Iasson, nella mia presunta veste di Promotore

dei Comitati di Liberazione Italia, una lettera, con cui mi si addebitava che i predetti Comitati avevano per

simbolo “il popolo in marcia sostenuto dai Carabinieri, che marciamo insieme a loro e rappresentano tutte le

forze armate e di polizia, con al centro un cerchio di filo spinato di un’Europa delle lobby di potere economico

finanziarie”; che sul web nel sito www.liberazioneitalia.it, e l’account facebook “Movimento Italia”, era postato

il commento “finalmente Popolo e Carabinieri marciano insieme per la salvezza dell’Italia”.

Mi si faceva presente che l’utilizzo della parola “Carabinieri” e di immagini che ritraggono militari dell’Arma in

uniforme avrebbe potuto ingenerare presso terzi l’erroneo convincimento che l’iniziativa fosse direttamente

riconducibile all’Arma dei Carabinieri, minando il principio dell’estraneità delle Forze Armate alle competizioni

politiche.

Sono stato invitato a far rimuovere qualsiasi riferimento ai segni distintivi tutelati dell’Arma dei Carabinieri.

Attesa questa insolita e infamante procedura, ho inviato tutta la documentazione al “Comitato dei Saggi”, che

sovrintende a tutte le attività della Rete Civica dei Movimenti di Liberazione.

Il Comitato dei Saggi ha fatto presente che:

- non ero il promotore dei Comitati di Liberazione Italia, per cui il Comando Generale ha sbagliato

destinatario;

- ero solamente il Presidente dei Saggi, che fornisce consulenza ai Movimenti di Liberazione Popolari in ogni

materia e sostiene le diverse motivazioni politiche;

- si è voluto pervicacemente consegnare una lettera con una procedura, che è apparsa un vero atto di

prevaricazione delle funzioni del Presidente del Comitato dei Saggi, per coinvolgerlo pretestuosamente in

polemiche politiche, che non appartengono alle sue funzioni;

- la mia storia personale all’interno dell’Arma avrebbe dovuto costituire la massima garanzia sul fatto che,

per nessuna ragione al mondo, avrei mai potuto assumere iniziative, in prima persona o, come nel caso di

specie, come figura carismatica di un libero Movimento, che potessero, seppur lontanamente, ledere il

prestigio dell’Arma dei Carabinieri;

- le espressioni incriminate, nella parte in cui il Movimento politico ha sostenuto che “finalmente Popolo e

Carabinieri marciano insieme per la salvezza dell’Italia” e “Il popolo marcia sostenuto dai Carabinieri, che

marciano insieme a loro e rappresentano tutte le forze armate e di polizia” non preludono ad alcuno

scenario catastrofico, ma sono un forte richiamo al senso di identità di un popolo, con tutto quello che ne

consegue in termini di riferimenti ai valori fondanti la nostra democrazia che, in questo particolare

frangente della storia del nostro Paese, solo le nostre Forze Armate e con esse la nostra prestigiosa Arma

dei Carabinieri, possono rivendicare a pieno titolo;

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- rispetto a questi valori non esistono copyright perché gli oltre 200 anni di storia trascorsi possono far

ritenere che detti valori costituiscono il DNA del nostro Popolo;

- non si può certo inibire il sacrosanto diritto di ogni cittadino di rivendicare quel DNA nelle battaglie di

democrazia che si trova a combattere;

- non si può non rilevare che la lettera del Comando Generale è stata redatta dopo l’uscita dell’articolo “ Il

voto legittima un Parlamento abusivo”, apparso sul quotidiano “La verità”, del 2 novembre u.s., in cui ho

invitato esplicitamente il Popolo Italiano a NON ANDARE A VOTARE il 4 dicembre 2016, per le ragioni

contenute nell’intervista, pienamente condivise dal nostro Movimento politico, che si pongono in netto

contrasto con la scelta del Governo e dell’opposizione, che hanno optato rispettivamente per il SI’ e per il

NO;

- nell’intervista è chiaramente detto che tutti, governanti e parlamentari, sono ritenuti abusivi dal Popolo

Italiano a seguito della sentenza del gennaio 2014 della Corte Costituzionale;

- mi sono potuto così esprimere in quanto il Movimento ha presentato ben tre denunce ai Comandi

dell’Arma contro comportamenti, ritenuti delittuosi, di governanti e politici, orientamento peraltro

condiviso dalla magistratura;

- è inevitabile il collegamento di tale lettera, sin troppo tempestiva, a probabili interventi impropri del

governo e dei parlamentari abusivi nei confronti del Comando Generale dell’Arma, per indurlo a muoversi

per bloccare l’iniziativa politica del Movimento;

- affermare che “i Carabinieri finalmente marciano insieme al Popolo”, che non può essere in alcun modo

considerato una loro contaminazione politica, vuole, invece, essere l’attestazione della riacquisizione di un

valore, che sembrava perduto, di una assoluta equidistanza dell’Arma dal potere politico;

- il Popolo non è un partito, e i Militari giurano ad esso fedeltà, tramite la sua espressione istituzionale, che è

la Repubblica;

- fa male constatare che negli ultimi anni sono accadute talune vicende che hanno compromesso

l’imparzialità dell’Arma:

1) schieramento dei vertici dell’Arma nel 2000 con il governo nell’accusare il Presidente del COCER di atti di

eversione, vicenda immediatamente archiviata dalla magistratura, con un accanimento che è subito

apparso come una ritorsione verso un ufficiale che aveva saputo contrapporsi al potere politico, che

stava ritardando l’approvazione della legge di riordino dei Carabinieri, attesa dall’Arma da oltre 60 anni,

per fini non ancora chiariti;

2) grave affermazione del Presidente emerito Francesco Cossiga, da nessuno appartenente all’Arma mai

contraddetta, che ha dichiarato che, dopo la legge 121 del 1981, i partiti politici si sono suddivise le due

forze di polizia: l’Arma dei Carabinieri alla DC, la Polizia di Stato al PCI;

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3) episodio riprovevole di un incontro politico avvenuto all’interno della caserma dei carabinieri della

Legione Lazio, fra il candidato sindaco di Roma Alemanno e il personale, schierato dinanzi a lui per

l’occorrenza;

4) rinnovo d’imperio da parte del governo del mandato agli organismi di rappresentanza dell’Arma in

dispregio della volontà della base, per renderli più accomodanti alle direttive governative;

5) prolungamento del comando di ufficiali ai massimi vertici dell’Arma, contro ogni prassi interna;

- accostare i Carabinieri al Popolo non è per nulla un atto che possa compromettere l’estraneità politica

dell’Arma. Anzi, è tutto il contrario;

- quando la sovranità era nelle mani del Re, era d’uso accostare i Carabinieri al Sovrano, essendo essi custodi

del Re e della legge;

- i Cittadini hanno, invece, rilevato che l’Arma dei Carabinieri non dà il suo contributo per ristabilire la legalità

nel nostro Paese, dove parlamentari abusivi emanano leggi anche di riforma costituzionale;

- sono ormai numerosi gli interventi di Presidenti Emeriti della Corte Costituzionale, di magistrati, in servizio

e in quiescenza, che puntano il dito contro questi abusivi, che dovrebbero dimettersi o quanto meno essere

rimossi;

- spesso il Popolo si domanda: dove sono finiti i Carabinieri che fanno rispettare la legge a chicchessia, senza

alcuna distinzione politica o di rango sociale? Se i Carabinieri non ripristinano la legalità, la democrazia e la

libertà nel nostro Paese sono gravemente compromesse;

- nel momento in cui, di fronte all’ennesima inerzia dei vertici dell’Arma dinanzi a delitti così gravi, un

generale dell’Arma, seppur in quiescenza, punta il dito contro gli abusivi perché siano rimossi, così facendo

intendere all’opinione pubblica che anche i Carabinieri esprimono il loro dissenso per questi

comportamenti illeciti, ci si sarebbe aspettati ben altro atteggiamento da parte dei collaboratori del

Generale Del Sette;

- il Movimento intende ristabilire una legalità, che ormai si è perduta, e dare la possibilità ai Carabinieri di

tornare ad essere Custodi della sovranità popolare e della legge e non meri esecutori di volontà politiche,

non più gradite al popolo;

- duole constatare che, durante una campagna elettorale così aspra, si sono intitolate caserme dell’Arma,

con la partecipazione del Capo del governo e del Ministro dell’Interno, che ogni giorno, dopo il loro ingresso

nei comandi dell’Arma, facevano aspra e contrastata propaganda politica per il SI’. Così confondendo il

Popolo sulla imparzialità dell’Arma dei Carabinieri;

- una cosa è inaugurare una caserma nuova, un’altra è intitolarla!;

- un tempo, queste cerimonie si evitavano in prossimità di elezioni politiche. Dove è finita la proverbiale

prudenza dell’Arma?;

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- l’apoliticità dell’Arma non si compromette con simboli e denominazioni, ma con concreti comportamenti,

che, ahimè, negli ultimi 50 anni taluni vertici dell’Arma hanno usato per favorire le loro personali carriere.

- non si può ignorare che circa un centinaio di ufficiali dell’Arma, alcuni di altissimo livello, sono risultati

iscritti alla Loggia P2 e tuttora ve ne sono alcuni che sono iscritti a varie logge e associazioni, mentre sono in

servizio, per fini che non sono esclusivamente quelli istituzionali.

- attesi questi gravi precedenti, proclamare da parte di un Movimento di Liberazione che finalmente i

Carabinieri marciano insieme al Popolo non è per nulla un atto che possa compromettere l’estraneità

politica dell’Arma; anzi vuole essere il riconoscimento che l’Arma sta uscendo da una situazione di

servilismo politico, che il popolo non accetta più.

- quali pressioni ha dovuto subire il Comando Generale da parte del Governo e del Parlamento affinché il

Movimento Liberazione Italia venisse tacitato, potendosi elevare la percentuale dei Non votanti, con grave

pregiudizio della permanenza al potere di un regime, divenuto oppressivo e dittatoriale?

- giustamente il Movimento Liberazione Italia vuole ascrivere a suo merito l’iniziativa, che parte dal basso, di

ristabilire nel Paese una legalità, che si è perduta, iniziando a sottrarre i Carabinieri da ogni

condizionamento politico perché tornino essi ad essere Custodi della sovranità popolare e della legge e non

meri esecutori di volontà politiche, non più gradite al popolo.

2) Il Movimento Liberazione Italia ritiene l’Arma dei Carabinieri il fulcro dello Stato. Cosa intende proporre?

Nella nostra proposta di legge, prevediamo che in una Repubblica Federale, l’Arma dei Carabinieri, attesa la sua

gloriosa partecipazione alle guerre per la Patria e alle lotte contro il terrorismo e la criminalità organizzata, il suo

determinante contributo all’unità dell’Italia, il suo encomiabile concorso nel soccorso e nell’assistenza alle popo-

lazioni colpite da catastrofi naturali, la sua identificazione con i valori nazionali, divenga la polizia federale.

Il Comandante Generale dell’Arma verrà scelto fra i Generali di Corpo d’Armata dei Carabinieri su proposta del

Ministro della Difesa, accolta dal governo, deliberata dal Parlamento. Ciò a significare che la nomina del

Comandante Generale alla fine è rimessa alla volontà del Popolo, che viene espressa dai suoi eletti.

Il personale dell’Arma dei Carabinieri godrà di un rapporto di specialità con la Pubblica Amministrazione, non

avendo alcuna tutela sindacale, per i suoi elevati compiti a tutela della difesa e della sicurezza dello Stato e della

Collettività nazionale, che non possono essere compromessi da attività politiche e sindacali, come è stato

stabilito nella sentenza della Corte Costituzionale del 1999.

Un comitato di saggi, scelti fra magistrati, avvocati di Cassazione e docenti universitari di diritto, deliberano sulle

questioni più rilevanti dell’Istituzione e del personale, garantendone imparzialità, obiettività e benessere morale

e materiale.

Noi prevediamo, altresì, che l’Autorità di Pubblica Sicurezza, abbia un ruolo autonomo rispetto alle forze di

polizia e venga alimentata con concorsi interni da ufficiali della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri. Ciò al

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fine di garantire, con una autorità posta al di fuori e al di sopra delle forze di polizia, le attribuzioni e i compiti di

ciascun corpo.

Sono proposte rivoluzionarie.

3) La sicurezza in Italia, in Europa e nel Mondo. Quali sono le sue valutazioni?

“La sicurezza nel mondo deve essere assicurata da un nuovo sistema di sicurezza avanzato, che il Movimento

Liberazione Italia, che sostengo, ha elaborato, in cui il Cittadino è il centro di questo importante e vitale settore

della vita pubblica.

Non possiamo più riservare solo ai prefetti e questori i compiti della sicurezza, che vanno condivisi con i cittadini,

che debbono essere periodicamente messi al corrente di ciò che viene attuato nei propri territori, in una osmosi

info-operativa, che va individuata e fissata.

In tale contesto deve essere riscritto il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, che risale al 1931, essendo

stato redatto e approvato dal Duce Benito Mussolini.

Il mondo deve guardare il problema della sicurezza non in termini nazionali o regionali, in quanto la celerità dei

mezzi di comunicazione ci porta a consumare un delitto in una parte del mondo e a goderci il frutto di quel

crimine dalla parte opposta.

Occorre creare servizi di intelligence e unità interforze per controllare i facili spostamenti di criminali e dei loro

alti profitti, le attività, talvolta occulte, di banche e società finanziarie, i cui affari non vengono attentamente

osservati.

Reparti e Uffici internazionali debbono essere spietati segugi di queste losche attività internazionali”.

4) “Come vede il futuro dell’Arma?”

“Ottimamente. Una forza di polizia ad ordinamento militare è la più idonea a fronteggiare le molteplici

emergenze che si vanno prospettando, ad iniziare da quella terroristica, perché uomini con forma mentis

militare, abituati da anni a svolgere attività di prevenzione e repressione del crimine, hanno in sé tutti gli

strumenti per adeguarsi prontamente al mutarsi degli eventi e a contrastarli nel modo più efficace possibile.

I suoi requisiti sono: flessibilità, dinamismo, tempestività di intervento, efficacia degli strumenti di contrasto.

I burocrati europei, ottusi all’inverosimile, che intendono creare uno steccato, che divida recisamente il modus

operandi dei militari da quello dei poliziotti, sono semplicemente degli scellerati.

Costoro hanno già combinato guai in Belgio, dove sono state eliminate le gendarmerie, con i danni che sono

sotto gli occhi di tutti.

5) “Ci vuol parlare della lotta che il Movimento Liberazione Italia sta conducendo per ripristinare legalità, democrazia e libertà nel nostro Paese?”

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Va subito detto che il Movimento Liberazione Italia ha deciso di staccarsi dal Movimento dei Forconi avendo

quest’ultimo esaurito la sua spinta rivoluzionaria.

Noi riteniamo che i maggiori responsabili di questo momento di confusione e disordine istituzionale, nonché di

massima diffusione dell’illegalità siano Napolitano e Mattarella.

A quest’ultimo il Movimento ha indirizzato una lettera aperta, che riporto integralmente:

“Esimio Presidente,

non sappiamo come chiamarLa. Siamo nella confusione più totale e non per causa nostra.

Questa volta, però, siamo noi, Popolo sovrano, a pronunciare il discorso di fine anno per le ragioni che Lei capirà

da se stesso, avendo ormai perso gli Italiani ogni fiducia nella Sua persona.

Si ricorda di ciò che ha fatto, da Ministro della Difesa, quando per due volte ha tradito l’Arma dei Carabinieri?

Glielo ricordiamo noi:

- la prima volta quando scomparve nel momento in cui l’Arma stava subendo un’aggressione senza pari da

parte di questa scellerata classe politica, che stava tentando di modificare il suo ordinamento. Lei si dileguò

e lasciò solo il Presidente del COCER Carabinieri, Colonnello Antonio Pappalardo - mentre il Comandante

Generale, Sergio Siracusa, fuggiva - a difendere i Carabinieri. Quella sera Pappalardo chiese con voce ferma,

vibrante, all’allora Capo del Governo, Massimo D’Alema, di ritirare due esecrabili emendamenti. E lui, per

tema che l’intero COCER Carabinieri si legasse in uniforme davanti a Palazzo Chigi, cedette e l’Arma fu salva

- la seconda volta, quando accusò Pappalardo davanti al Parlamento che era un uomo infedele perché aveva

osato attaccare sua Maestà, D’Alema I. Giunse pure ad affermare che egli aveva falsificato un documento.

Lei non fece torto alla persona di Antonio Pappalardo, ma all’Arma intera, che si trovò senza il suo Presidente,

che l’aveva difesa in tante giuste battaglie contro questi politici, che la gente ormai odia.

Questo suo comportamento inquietante ha lasciato i Carabinieri in un mare di perplessità. Molti di loro, in

relazione a talune sue recenti prese di posizione, non hanno potuto fare a meno di constatare che “ il lupo perde

il pelo, ma non il vizio!”.

Ci vuole spiegare come ha potuto nel gennaio del 2014 giudicare incostituzionale, come membro della Corte

Costituzionale, la legge cosiddetta “Porcellum”, che ha eletto il parlamento in carica, e il 3 febbraio del 2015

accettare l’elezione a Capo dello Stato dallo stesso Parlamento, da lei delegittimato?

Al di sopra delle leggi degli uomini, esiste la legge morale, della coerenza e della linearità dei comportamenti.

Soprattutto esiste il senso dell’etica delle Istituzioni.

Da un quotidiano apprendiamo che suo padre è stato indicato da un pentito di mafia, giudicato pienamente

attendibile dalla Corte d’Appello di Trapani, uomo d’onore della famiglia di Castellammare del Golfo.

Apprendiamo, altresì, che il suo nome compare negli elenchi telefonici di agende e rubriche d logge massoniche

collegate con la mafia, scoperti a seguito di perquisizioni della polizia, logge che la Corte d’Assise di Trapani ha

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sentenziato essere infestate da elementi mafiosi, nell’ambito del processo Rostagno, che poco prima di essere

ucciso, stava indagando proprio su queste logge.

Tutto ciò è vero o è falso?

Il Popolo italiano non può rimanere nel dubbio. La magistratura si deve sbrigare a dare esaurienti risposte.

Se tutte queste accuse fossero vere, come ha potuto accettare l’elezione a Capo dello Stato, senza comprendere

che sarebbe stato esposto a ignobili ricatti, compromettendo così la stessa stabilità dello Stato, in cui Cittadini

onesti e Carabinieri, Poliziotti e Militari credono fermamente e che difendono a viso aperto e a testa alta!?

Lei comprende perché ci troviamo in grave difficoltà a chiamarLa, signor Presidente.

Esca allo scoperto, come non ha mai fatto nella Sua vita politica, e ci dica come stanno le cose, chiarendoci pure

le ragioni per le quali è stato ucciso dalla mafia Suo fratello, Piersanti, che noi tanto stimiamo.

Il Popolo Italiano e i Carabinieri, Militari e Poliziotti, da troppo tempo attendono da Lei risposte chiare e

inequivocabili! Lo faccia nel Suo discorso di fine anno!

Cordialmente

Il Movimento Liberazione Italia”

Sergio Mattarella non ha risposto, né ha fatto alcun cenno nel suo discorso di fine anno, che molti Italiani non

hanno ascoltato, tanto si sono stancati delle parole vuote di questa casta politica.

6) “Ma voi non siete stati fermi. Mi parli dell’Ordine di Cattura Popolare, che il Popolo ha emanato per far

arrestare questi governanti e parlamentari ”

Di fronte all’inerzia di magistrati e poliziotti che non hanno agito dopo le nostre innumerevoli denunce, il Popolo

si è mosso e ha redatto il sottonotato Ordine di Cattura Popolare, che riporto integralmente:

ORDINE DI CATTURA POPOLAREIL POPOLO ITALIANO

Visto l’articolo 1 della Costituzione che sancisce che “la sovranità appartiene al Popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”;

Visto l’articolo 3 della Costituzione, comma 2, che sancisce che “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”;

Visto l’art. 52, comma 1, della Costituzione, che sancisce che “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”;

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Visto l’art. 54, commi 1 e 2, della Costituzione, che sancisce che: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”;

Visto l’art. 1 della Costituzione, che sancisce: “La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge”;

Visto l’art. 102, comma 3, della Costituzione, che sancisce: “La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia”;

Visto l’art. 109 della Costituzione, che sancisce: “L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria”.

Visto l’art. 112 della Costituzione, che sancisce : ”Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”.

Atteso che la sovranità è fonte di legittimazione del potere degli organi costituzionali: ciascun organo costituzionale è tale e può esercitare la propria funzione perché trova legittimazione e fonte prima nel popolo; non esiste, quindi, organo che sia estraneo alla sovranità popolare;

Considerato che la sovranità è l'espressione della somma dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario;

Rilevato che nel diritto costituzionale e nel diritto internazionale la sovranità connota il potere supremo nell'ambito dello Stato;

Atteso che gli organi costituzionali, quali il Presidente della Repubblica, il Governo, il Parlamento, la Corte Costituzionale e i vertici della Pubblica Amministrazione, da essi nominati, risultano illegittimi per quanto appresso si specificherà;

Ritenuto che, in assenza di organi legittimi dello Stato, è il Popolo che riassume la sua sovranità, esercitando tutti i poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario;

Premesso che

Il “Movimento Liberazione Italia”, con la sua Rete civica, costituitisi spontaneamente su tutto il territorio nazionale, con la partecipazione di Carabinieri, Poliziotti, Militari, Imprenditori, Lavoratori e Pensionati, lontani dai partiti, oggi responsabili della grave crisi morale ed economica in cui versa il Paese, hanno deliberato di operare con il compito precipuo di ripristinare in Italia la legalità e la democrazia, gravemente compromesse da taluni comportamenti delle massime Istituzioni dello Stato.

Si è rilevato che sono stati commessi gravi delitti in danno della Repubblica, in termini di sottrazione di sovranità, libertà, legalità e democrazia, con attività ingannevoli e mistificatorie, che vanno ben al di là della mera attività politica, comunemente intesa.

Tutto ciò si può rilevare dall’esame di fatti e circostanze, che si concatenano in un disegno criminoso, che solo menti, che ignorano il principio che la legge è uguale per tutti, possono ignorare o sottovalutare:

- i Deputati e Senatori, attualmente in carica, si sono riuniti per la prima volta in seduta il 15 marzo 2013, a seguito dei risultati elettorali delle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013;

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- i Parlamentari (Deputati e Senatori), all’atto dell’elezione, risultavano così suddivisi per gruppi parlamentari: PD: 414; M5S: 126; FI-PdL: 92; SI-SEL: 40; AP (NCD-UDC): 60; CEL: 15; LN-NCS: 30; CPL-ALA: 34;

- i Parlamentari sono stati eletti con la legge n. 270 del 21 dicembre 2005, denominata “Porcellum”;- il 20 aprile 2013 è stato rieletto Presidente della Repubblica Napolitano, che ha accettato l’elezione

purché il Parlamento procedesse a compiere le riforme da troppi anni rinviate;- il Parlamento non si è curato della raccomandazione del Capo dello Stato, per cui si è fatto trascor -

rere inutilmente il tempo, con grave nocumento per l’assetto politico ed economico del Paese;- nel gennaio del 2014 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la legge “Porcellum”, che

ha eletto questo Parlamento, invitandolo a fare la nuova legge elettorale e ad andare a nuove elezioni.

- per consentire al Parlamento di avere il tempo necessario per approvare una nuova legge elettorale, la stessa Corte ha dichiarato che l’ulteriore permanenza dei parlamentari poteva essere giustificata con il fatto che essi erano stati già proclamati eletti e in ossequio al principio della continuità dello Stato, motivazioni che sono state ampiamente criticate dalla dottrina e da parte di autorevoli magis -trati;

- questa imbarazzante situazione di illegittimità poteva essere comunque tollerata se fosse stata limi -tata nel tempo;

- il 23 febbraio 2014 il Parlamento, non tenendo conto della sua precarietà, ha concesso la fiducia al governo Renzi;

- il 3 febbraio 2015, procedendo in questo percorso di irregolarità, è stato eletto Capo dello Stato Ser-gio Mattarella, circa un anno dopo la sentenza della Corte;

- il 20 gennaio 2016 è stata approvata dal Senato la legge di riforma di alcune norme costituzionali;- il 12 aprile 2016 è stata approvata definitivamente la suddetta riforma dalla Camera dei Deputati dai

seguenti gruppi parlamentari: PD, Nuovo Centro Destra, Scelta civica, Autonomie, Alleanza Liberale Popolare, Unione di centro, circa due anni dopo la sentenza della Corte;

- il 4 dicembre 2016, il Popolo, unico sovrano della Repubblica, ha rigettato ampiamente, in sede di referendum confermativo le riforme costituzionali compiute dal Governo, non condividendo essen-zialmente l’oggetto della riforma, ma anche la precarietà degli organi proponenti.

Il disegno di destabilizzazione dello Stato appare ben chiaro.E’ sufficiente svolgere la seguente riflessione: la Corte Costituzionale ben sapeva che, dichiarando

incostituzionale il “Porcellum”, il Parlamento, eletto da meno di un anno, sarebbe stato delegittimato e che comunque ogni suo atto sarebbe stato sottoposto a intollerabili ricatti, in primis la minaccia di un suo immediato scioglimento.

Per quale fine si è fatto ciò?Lo si è fatto per punire un Parlamento che non aveva realizzato le riforme?Lo si è fatto per costringere il Parlamento a votare riforme nel campo del lavoro e della previdenza

sociale, tanto aborrite da sindacati e dal Popolo?Lo si è fatto per costringere il Parlamento ad alleanze innaturali pur di mantenere in piedi il governo

Renzi?Lo si è fatto per costringere il Parlamento a tollerare comportamenti dell’Unione europea, gestita da

Burocrati, non eletti da alcuno e con metodi di certo non in linea con le regole democratiche?Chi ha ordito questo disegno criminoso?A colui che poteva ordire un simile disegno non si può non giungere.

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Solo l’allora Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, appreso il contenuto della sentenza della Corte Costituzionale, aveva il potere di sciogliere il Parlamento. Ma non lo ha fatto.

I delitti sono davanti agli occhi di tutti: il Capo del Governo, Matteo Renzi, con i suoi Ministri e Sottosegretari, e il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, hanno ottenuto la fiducia il primo e l’elezione il secondo da parlamentari non legittimati a svolgere atti di straordinaria amministrazione, essendo colpiti da una sentenza della Corte, che doveva essere attuata in tempi brevi.

A ciò va aggiunto che il 12 dicembre 2016 si è costituito il governo Gentiloni, che è una copia dell’esecutivo di Renzi, abusivo come quest’ultimo.

Queste alte cariche dello Stato risultano prive dei necessari requisiti di legittimità per svolgere pienamente il loro mandato, per cui possono essere considerati dei simulacri sia sotto il profilo giuridico, politico, che istituzionale, cioè un’apparenza che non rinvia ad alcuna realtà sotto-giacente e pretende di valere per quella stessa realtà.

Essi risulterebbero ricoprire cariche pubbliche in modo abusivo.Per quale motivo Governo e Capo dello Stato sono rimasti a ricoprire i loro incarichi?Come si è detto, ciò è da collegare alla decisione della Corte Costituzionale, che, dopo aver dichiarato

incostituzionale la legge che ha eletto deputati e senatori, ha motivato in modo non condivisibile e infondato la loro ulteriore permanenza come parlamentari.

Giova qui citare il commento sulla sentenza della Corte Costituzionale del gennaio 2014 di Giovanni Guzzetta, Ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nell'Università di Roma Tor Vergata:

“Problematiche appaiono, le conclusioni tratte dalla sentenza in ordine agli effetti nel tempo della declaratoria di illegittimità costituzionale. La Corte infatti afferma: "È evidente, infine, che la decisione che si assume, di annullamento delle norme censurate, avendo modificato in parte qua la normativa che disciplina le elezioni per la Camera e per il Senato, produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale, consultazione che si dovrà effettuare o secondo le regole contenute nella normativa che resta in vigore a seguito della presente decisione, ovvero secondo la nuova normativa elettorale eventualmente adottata dalle Camere.

Se ciò è senz'altro indubitabile quanto agli atti precedentemente compiuti dalle Camere, i cui effetti si siano ormai esauriti, appare più problematico condividere la conclusione che nessuna conseguenza discenda rispetto allo status dei parlamentari e agli ulteriori atti che verranno compiuti.

Sebbene, infatti, la Corte affermi che i rapporti legati al procedimento elettorale sarebbero ormai esauriti, in quanto "le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono, in definitiva, e con ogni evidenza, un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti", tale conclusione non convince del tutto.

Affermare, infatti, che l'istituto della proclamazione determini l' "esaurimento" dei rapporti sorti con il procedimento elettorale pone una serie di interrogativi. Il primo è quello relativo a quanto previsto dell'art. 66 Cost. in tema di giudizio sui titoli di ammissione e sul procedimento elettorale (cfr. 115 del 1972 e 259 del 2009) e, in particolare, alla funzione del giudizio di convalida. Se, infatti, il procedimento elettorale e i relativi rapporti si ritenessero "esauriti" ai sensi dell'art. 136 Cost. e 30 della legge n. 87 del 1953, sarebbe da ritenere inammissibile la possibilità di rimettere in questione quei rapporti in base ad un intervento di un successivo organo, quale la giunta per le elezioni. Inoltre, sembra difficile sostenere che la proclamazione operata da organi pur sempre amministrativi nel caso delle elezioni per il Parlamento abbia degli effetti preclusivi definitivi, che invece sono in re ipsa negati alla proclamazione per altre categorie di elezioni (europee, regionali, provinciali, comunali).

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Né vale invocare - per sostenere la piena legittimità giuridica e politica del Parlamento - l'argomento della continuità dello Stato, citando le norme in materia di prorogatio delle Camere. Queste ultime, infatti, sono semmai prova della conclusione opposta, che, cioè, in quanto ormai sciolte o cessate le Camere vedono i propri margini di operatività depotenziati e limitati alla ordinaria amministrazione e a situazioni di emergenza non rinviabili al successivo Parlamento. Pertanto, a parere di chi scrive, l'argomento della continuità dello Stato avrebbe dovuto essere invocato semmai per attenuare gli effetti retroattivi della sentenza, nel senso di consentire al Parlamento, malgrado il travolgimento degli esiti elettorali discendenti dalla decisione, di operare, seppure in condizioni depotenziate, per compiere gli atti strettamente necessari a ripristinare quanto prima la legalità costituzionale violata”.

Su questa stessa linea si sono collocati diversi Presidenti emeriti della Corte costituzionale, alti magistrati, in servizio e in quiescenza, nonché la dottrina prevalente, che hanno concordato nel ritenere i suddetti governanti e parlamentari abusivi e non più idonei a ricoprire le più alte cariche dello Stato.

La motivazione della Corte sulla ulteriore permanenza dei suddetti governanti e parlamentari è manifestamente infondata e, conseguentemente, illegittimo è l’ordine impartito a tutte le Autorità dello Stato, dalla Magistratura alle Forze Armate e di Polizia, di continuare a prestare obbedienza ai suddetti governanti e parlamentari.

Non va sottaciuto il fatto che, sulla base dell’art. 4, comma 5, della legge 382 del 1978, il militare al quale viene impartito un ordine manifestamente rivolto contro le Istituzioni dello Stato o la cui esecuzione costituisce manifestamente reato, ha il dovere di non eseguire l’ordine.

A tale dovere soggiacciono anche i magistrati.Va, peraltro, riferito che dal gennaio 2014 essi hanno indebitamente percepito circa 900 milioni di euro,

in stipendi e indennità varie, che debbono essere restituite nelle previste forme di legge o a seguito di processi.A carico dei governanti e parlamentari sono stati rilevati i reati di associazione a delinquere, usurpazione

di potere politico, attentato ai diritti politici del cittadino e altri contro la personalità dello Stato. Non si può dimenticare che l’art. 52 della Costituzione impone alle Forze Armate di informare i loro

ordinamenti allo spirito democratico della Repubblica. E al cittadino il sacro dovere di difendere la Patria.La difesa della Patria non si fa solo con le armi, ma anche tutelando la sovranità del popolo, la legalità e

la democrazia. Ciò che sorprende è il fatto che l’attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sottoscritto,

quando era membro della Corte Costituzionale, la sentenza con cui si è dichiarata incostituzionale la legge che ha eletto il Parlamento. Poi, con una incoerenza inaudita, ha accettato di essere eletto Capo dello Stato proprio dai deputati e senatori da lui medesimo delegittimati.

Non si può escludere che il parlamento degli abusivi abbia eletto Mattarella proprio per il fatto che egli era uno dei giudici della Corte Costituzionale che li aveva delegittimati al fine di legittimarsi davanti agli occhi al Paese.

Il delitto commesso sarebbe quindi più grave, sia per gli abusivi che per Sergio Mattarella, che si è reso disponibile per una simile operazione.

Si vive in uno stato di totale confusione normativa e costituzionale, che sta mettendo a repentaglio i valori della nostra democrazia e la stessa stabilità dello Stato.

Il Popolo Italiano ravvisa nella ulteriore permanenza delle suddette cariche dello Stato condotte delittuose, la cui perpetuazione fa derivare danni incalcolabili all’economia nazionale e all’assetto democratico del Paese.

Va aggiunto che la Corte Costituzionale nella sua sentenza sul Porcellum ha eccepito pure sulle liste bloccate e pertanto tutti i parlamentari sono da considerarsi abusivi ad eccezione di coloro che, date le dimissioni, sono stati impediti dal dimettersi.

È sufficiente leggere la sentenza nel punto in questione:

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"In definitiva, è la circostanza che alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione. Simili condizioni di voto, che impongono al cittadino, scegliendo una lista, di scegliere in blocco anche tutti i numerosi candidati in essa elencati, che non ha avuto modo di conoscere e valutare e che sono automaticamente destinati, in ragione della posizione in lista, a diventare deputati o senatori, rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l’effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali).

Le condizioni stabilite dalle norme censurate sono, viceversa, tali da alterare per l’intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti. Anzi, impedendo che esso si costituisca correttamente e direttamente, coartano la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, che costituisce una delle principali espressioni della sovranità popolare, e pertanto contraddicono il principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’art. 48 Cost. (sentenza n. 16 del 1978).

Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 4, comma 2, e 59 del d.P.R. n. 361 del 1957, nonché dell’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 533 del 1993, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza per i candidati, al fine di determinarne l’elezione".

Il procedimento penale, che si andrà a delineare, riguarda:- il Capo dello Stato, Sergio Mattarella;- il suo predecessore, Giorgio Napolitano;- l’attuale Capo del Governo, Claudio Gentiloni;- il suo predecessore Matteo Renzi;- i Ministri Angelino Alfano, Domenico Minniti, Andrea Orlando, Roberta Pinotti, Pietro Carlo Padoan,

Carlo Calenda, Maurizio Martina, Gianluca Galletti, Graziano Delrio, Giuliano Poletti, Valeria Fedeli, Dario Franceschini, Beatrice Lorenzin, Anna Finocchiaro, Maria Anna Madia, Enrico Costa, Claudio De Vincenti, Luca Lotti;

- il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Elena Boschi;- i precedenti Ministri, Vice Ministri e Sottosegretari del governo Renzi;- i deputati e senatori, eletti con la legge Porcellum.

Il Movimento Liberazione Italia ritiene che, in assenza delle autorità legittimamente elette, tutte decadute, alcune mai nate, la sovranità, sulla base dell’art. 1 della Costituzione, debba tornare ad essere esercitata in modo pieno, diretto ed esclusivo dal Popolo.

Atteso che i Procuratori della Repubblica di tutta Italia hanno sinora ignorato, in massa, la denuncia presentata in data 18 novembre 2016 a carico degli abusivi, il “Movimento Liberazione Italia”, in nome e per conto del Popolo sovrano, procede direttamente nei confronti dei suddetti, con l’emanazione dei provvedimenti conseguenti, compreso l’arresto dei colpevoli dei reati sopra indicati, in caso di flagranza, come prescritto dal codice di procedura penale.

E’ stato giustamente rilevato da diversi soggetti, che operano nel campo del diritto, che:1) nel momento in cui i cittadini operano d’iniziativa l’arresto, le forze di polizia non possono entrare

nel merito, dovendosi limitare a ricevere l’arrestato, redigendo il relativo verbale di consegna, rimettendo al magistrato ogni ulteriore valutazione, sulla base dell’art. 383 del codice di procedura penale;

2) siccome si stanno producendo da parte di parlamentari e governanti abusivi, atti che stanno limitando la sovranità nazionale in ogni settore, violando ogni principio di rappresentatività democratica, così compiendosi di fatto un colpo di stato, i parlamentari dell’opposizione potrebbero

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procedere in aula all’arresto dei ministri proponenti, che peraltro non godono di immunità parlamentare;

3) l’arresto è consentito perché chi compie atti contro la sovranità dello Stato, commette delitti contro la sua personalità, che prevedono pene superiori agli anni 10 di reclusione, a mente dell’art. 243 del codice penale.

Le posizioni più gravi appaiono quelle:a) del Presidente Emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, che il 20 aprile 2013 è stato rieletto

Presidente della Repubblica dal Parlamento eletto con la legge “Porcellum”, dichiarata incosti-tuzionale dalla Corte Costituzionale con sentenza del gennaio 2014. Egli è rimasto a ricoprire la mas -sima carica dello Stato, dopo la sentenza, sino al 3 febbraio 2015, giorno in cui è stato eletto Capo dello Stato Sergio Mattarella. Ben 13 mesi e 4 giorni. Si è ben guardato, per la continuità dello Stato, invocata dalla Corte nella sua sentenza, a esortare con fermezza deputati e senatori ad approvare una nuova legge elettorale, perché si andasse al più presto alle elezioni;

b) dell’attuale Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che avendo accettato l’elezione da parte di un parlamento, da lui medesimo giudicato illegittimo come giudice costituzionale, contro ogni etica istituzionale, dal 3 febbraio 2015, giorno della sua elezione, non ha espletato alcun atto per esortare il Parlamento ad andare a nuove elezioni in tempi brevi, nel segno sempre della continuità dello Stato. Ben 23 mesi. Esortazione, peraltro legittima, essendo lui stesso in una situazione di precarietà, che doveva essere al più presto sanata, per stabilizzare lo Stato e le sue Istituzioni.

Il comportamento dei due Presidenti della Repubblica appare lesivo di ogni norma costituzionale.Infatti, a mente degli artt. 87, 88, 90 e 91 della Costituzione:- il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale. In tale veste,

Napolitano e Mattarella avrebbero dovuto far presente, con i mezzi in loro possesso, ai parlamentari abusivi che la loro perseveranza nel rimanere a ricoprire incarichi delegittimati dalla Corte, che ponevano in serio pericolo la continuità dello Stato, avrebbe potuto compromettere l’unità nazionale, già posta a repentaglio da attività normative degli organismi europei, che stanno minando la sovranità nazionale in ogni campo;

- può inviare messaggi alle Camere. Non risulta che Napolitano e Mattarella abbiano mai inviato un messaggio alle Camere di regolarizzare al più presto la loro posizione;

- ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge. In tale veste il Presidente della Repubblica deve essere il primo a rispettare la legge 382 del 1978, che contiene “Nuove norme di principio della disciplina militare”, che fa carico ad ogni militare, e quindi anche al Comandante Supremo, di essere fedele alla Repubblica italiana, di osservarne la Costituzione e le leggi e di adempiere con disciplina ed onore tutti i doveri del proprio stato per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni. Queste norma è stata del tutto violata dai due Presidenti, che hanno ignorato di adempiere ai propri compiti con disciplina ed onore. Dov’è l’onore, quando un giudice accetta di essere eletto da una organizzazione che lui medesimo ha giudicato illegittima?;

- presiede il Consiglio superiore della magistratura. In tale veste il Presidente della Repubblica ha l’alto onore di dirigere il massimo organo amministrativo della magistratura, con assoluta imparzialità, obiettività, senso dello Stato e delle Istituzioni, ponendosi al di sopra di ogni organo giudicante, soprattutto sotto l’aspetto morale. Possiamo dire che, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella abbiano rispettato questo codice di comportamenti?;

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- il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Con tale norma, il Presidente della Repubblica può per motivi che attengono innanzitutto alla salvaguardia e alla stabilità dello Stato, sciogliere il Parlamento. Nessuno dei due ha pensato di ricorrere a tale norma. Nel 1994, il Presidente Scalfaro sciolse le due Camere per lo scandalo di Tangentopoli, che investiva una trentina di parlamentari. Napolitano, ieri, e Mattarella, oggi, mai hanno pensato e tuttora pensano di sciogliere le Camere, pur essendo abusivi tutti i parlamentari;

- il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri. Il reato di alto tradimento si configura nel momento in cui il capo dello Stato dovesse prendere accordi con degli Stati esteri a danno della Repubblica Italiana. Per attentato alla Costituzione si intende qualsiasi atto che violi o tradisca gli obblighi vincolanti, quali sono appunto da ritenersi le norme dettate dalla Costituzione, stravolgendone i caratteri e sovvertendole. In tal caso il Parlamento ha facoltà di mettere in stato di accusa il Presidente della Repubblica. Qualora la stessa dovesse risultare fondata, il Parlamento darà il via libera a “procedere”. Al Presidente della Repubblica toccherà allora comparire davanti alla Corte Costituzionale, integrata da ben 16 membri esterni, per essere giudicato e condannato.I due Presidenti hanno usato comportamenti che possono ben configurare il delitto di attentato alla

Costituzione. La posizione di Sergio Mattarella si è ulteriormente aggravata nel momento in cui nel suo discorso di

fine anno, pronunciato alle ore 20,30 del 31 dicembre 2016, ha testualmente detto:"Chiamare gli elettori al voto anticipato è una scelta molto seria. Occorre che vi siano regole

elettorali chiare e adeguate perché gli elettori possano esprimere, con efficacia, la loro volontà e questa trovi realmente applicazione nel Parlamento che si elegge. Queste regole, oggi, non ci sono: al momento esiste, per la Camera, una legge fortemente maggioritaria e, per il Senato, una legge del tutto proporzionale. L’esigenza di approvare una nuova legislazione elettorale mi è stata, del resto, sottolineata, durante le consultazioni, da tutti i partiti e i movimenti presenti in Parlamento. Con regole contrastanti tra loro chiamare subito gli elettori al voto sarebbe stato, in realtà, poco rispettoso nei loro confronti e contrario all’interesse del Paese. Con alto rischio di ingovernabilità". "Risolvere, rapidamente, la crisi di governo era, quindi, necessario sia per consentire al Parlamento di approvare nuove regole elettorali sia per governare problemi di grande importanza che l’Italia ha davanti a sé in queste settimane e in questi mesi".

Ancora una volta Mattarella perde tempo e fa perdurare lo stato di illegittimità del parlamento e del governo, che si protrae ormai da oltre 3 anni, causando grave sofferenza alle Istituzioni della Repubblica.

E’ una grave offesa allo Stato di diritto e una violenza alla legalità, che si fa gravissima nel momento in cui possono emergere gravi delitti contro la personalità dello Stato, per i quali è prevista la pena dell’ergastolo.

Ciò che dovrebbe far inorridire i cultori del diritto e la magistratura è il fatto che l’organo giudicante, che dovrebbe mandare Mattarella dinanzi alla Corte Costituzionale, il Parlamento, è abusivo. Ed anche la Corte Costituzionale, che lo dovrebbe giudicare, è anch’essa abusiva in quanto i due terzi della Corte sono stati eletti dal Capo dello Stato e dal Parlamento.

Siamo in una grave situazione di insostenibilità giuridica, che si perpetua nel tempo, con grave rischio per le libere e democratiche Istituzioni della Repubblica.

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Tocca, pertanto, al Popolo sovrano, attesa l’inerzia intollerabile della magistratura e dei vertici delle forze di polizia - peraltro abusivi in quanto nominati da governi abusivi – di procedere nei confronti dei governanti e parlamentari abusivi nei termini di legge, emanando un

Ordine di Cattura Popolare a carico delle persone, dianzi indicate, la cui esecuzione spetta alla polizia giudiziaria, avvertendo che se ciò non dovesse essere adempiuto saranno i cittadini ad operare in conformità alle norme in premessa e del codice di procedura penale.

7) “L’Ordine di Cattura Popolare è stato consegnato a molti comandi dei Carabinieri e Uffici di polizia. Cosa

accadrà un domani”.

Il Popolo ha fatto il suo dovere di fronte alla Costituzione e alle leggi vigenti. Spetta ora alla magistratura e alle

forze di polizia fare altrettanto.

Se ciò non dovesse accadere il Popolo eserciterà i suoi poteri sovrani.

8) “Ma il regime non è stato fermo. Vi ha scatenato contro la polizia politica, la DIGOS, che ha inoltrato un rapporto alla magistratura accusando addirittura alcuni vostri soci e simpatizzanti di eversione. Voi come avete reagito?”

Denunciando il Capo della DIGOS della Questura di Latina di attentato ai diritti politici dei Cittadini e chiedendo

un maxi risarcimento per il danno arrecato all’immagine del nostro Movimento politico. Nessuna rappresaglia

fermerà il popolo dal far rispettare la sentenza della Corte Costituzionale.

Ho inviato una lettera a tutti i Comandanti delle Legioni Carabinieri, una per ogni Regione, affinché facciano

rispettare la legge e i principi costituzionali anche alla polizia politica.

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Capitolo XII

Il sogno del Generale

1) “Un artista percorre spazi che si collocano “Altrove” e sogna. Qual è il suo sogno più ricorrente?”.

“Sognavo fin da quando ero piccolo. Dormivo in un grande letto con i miei tre fratellini. E stavo nel calduccio

insieme a loro, prima di alzarmi. Vedevo da sotto la porta, che dava all’esterno (abitavamo al piano terra) le

ombre dei passanti e sentivo il loro parlottio.

Mi sentivo trascinare verso realtà inimmaginabili, dove la mia fantasia andava a scoprire mondi surreali.

Fin da piccolo mi avventuravo verso i mondi dell’Altrove, che pochi possono penetrare.

Il mio sogno più ricorrente era la giustizia fra gli uomini. Quando mio padre ci raccontò la storia del Conte di

Montecristo, sapere che egli era stato condannato e incarcerato ingiustamente fece sorgere dentro di me un

moto di ribellione, che mai si è sopito.

Per cui mi sono messo sempre al fianco di coloro che hanno subito angherie, soprusi e violenze”.

2) “Ci può parlare del “Movimento Liberazione Italia” che riunisce tutti i movimenti civici, che nascono

spontaneamente sul territorio?”.

“E’ un’idea nata dapprima in mezzo ai Carabinieri, che hanno costituito “Scudo dei Carabinieri”, a difesa dei

Cittadini, che si uniscono a noi credendo negli stessi valori.

Poi abbiamo condiviso l’idea con Associazioni di imprenditori, lavoratori, professionisti, gente che sta nel

territorio a produrre ricchezza per sé e per gli altri. Noi Carabinieri stavamo bene in mezzo a loro, perché nello

stesso territorio produciamo sicurezza.

E sicurezza e ricchezza sono il futuro di un popolo, che vuole progredire, svilupparsi ed emanciparsi.

Il neo Movimento è caratterizzato da:

- un “Comitato dei Saggi”, che deve garantire al popolo serietà, onestà e capacità della nuova classe dirigente

politica, e nello stesso tempo a valutare gli atti di una magistratura che talvolta sono indirizzati a colpire gli

avversari politici, con il potere di censurare provvedimenti giudiziari strampalati, così restituendo la politica

ai politici, riservando ai magistrati il loro ruolo, previsto dalla Carta Costituzionale;

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- una “Rete Civica”, in cui far confluire tutte le Associazioni che si distinguono sul territorio per operosità a fin

di bene, in modo tale da rifuggire dal sistema Grillo/Casaleggio, che arruola via internet i futuri politici, il più

delle volte ragazzotti sprovveduti e non apprezzati a livello territoriale;

- una “Rete Legale”, che unisce tutti gli avvocati che intendono dare il loro contributo per cambiare l’attuale

ordinamento giuridico e nello stesso tempo tutelare gli Italiani, che vengono oppressi da questo regime.

Il nostro simbolo è costituito da tre quadrifogli, di colore rosso, bianco e verde, con i colori invertiti della nostra

bandiera, come segno di cambiamento, che rappresentano la nostra identità nazionale e la nostra vocazione

universale”.

Il Movimento si era unito con il Movimento “9 dicembre – Forconi”, ritenendolo una espressione genuina e

autentica del popolo Italiano. Poi, ci siamo accorti che si faceva suggestionare da valutazioni massoniche e

lobbistiche, allontanandosi dall’idea rivoluzionaria per cui era nato

Per cui, come si suol dire, ognuno a casa sua!

Il Movimenti sta continuando la “Rivoluzione per la Legalità” per scardinare questo regime dittatoriale.

Da solo. E il Popolo Italiano si è subito stretto a noi.

Ormai sono migliaia coloro che vogliono portare avanti il nostro programma politico, che è l’unico che può

salvare l’Italia!

La gente crede fermamente in noi perché abbiamo fuso il Popolo con le loro forze armate e di polizia che

opereranno insieme per uscire dall’attuale pantano istituzionale e costituzionale.

I vecchi partiti vanno seppelliti, il Movimento 5 Stelle è divenuto la stampella per tenere in piedi questo regime.

Alcuni ritengono che siano i figliocci dei comunisti.

La gente ha capito questa loro metamorfosi e comincia ad abbandonare Grillo e i suoi quattro ragazzotti. Una

rivoluzione si fa con persone serie, oneste, preparate e con le forze armate e di polizia che ti appoggiano perché

sanno che con noi il Paese si salverà.

3) “Ci può parlare della “Rivoluzione del Quinto stato”?”.

“Ci siamo subito detti che da circa 10 anni il mondo intero è scosso da fremiti rivoluzionari, dovuti a varie cause,

ma soprattutto al fatto che esiste una forte discriminazione fra i popoli e una non equa distribuzione della

ricchezza e delle risorse.

Il mondo è diviso in tre parti: da una parte vi sono gli occidentali, circa un miliardo di individui, che riescono a

soddisfare le loro esigenze, ma temono di perdere quei benefici sociali, che hanno con grandi sofferenze

conquistato; dall’altra, i rimanenti, circa sei miliardi di persone che costituiscono il “quinto stato” e soffrono

fame e privazioni di ogni genere; infine vi sono circa 500 Multinazionali che posseggono la stragrande ricchezza

del pianeta.

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La Chiesa Cattolica ha avvertito questa pericolosa sperequazione ed è corsa ai ripari, mettendo a riposo un Papa

ancora vivo, sostituendolo con uno che potesse meglio percepire e risolvere questa aspirazione dei popoli a

vivere in condizioni più giuste ed umane.

Papa Francesco, appena eletto, ha preferito stare con i 6 miliardi di esseri umani del “Quinto Stato”, suscitando

le reazioni di tutte quelle lobby di potere economico-finanziario che cercano con vari metodi di ridurre

demograficamente la popolazione mondiale, ritenendo l’aumento delle bocche da sfamare, il male più grande

dell’umanità.

Il Popolo italiano, con le sue forze migliori e principalmente i Carabinieri, presidio di legalità e onestà, che in

200 anni hanno costruito faticosamente l’Italia, nonostante l’opera devastatrice di regimi e partiti, da decenni

sta assistendo criticamente al suo decadimento, morale, civile, sociale ed economico.

In una tale situazione di grave emergenza, il popolo italiano, insieme ai Carabinieri, non può rimanere inerte,

per cui ha deciso di attivarsi, ponendosi, come Papa Francesco, a fianco del Quinto Stato”.

4) “Lei ha scritto un libro sulla “Rivoluzione del Quinto Stato”, in cui parla di un’Italia, che si deve aprire al

mondo e non chiudersi in un deleterio nazionalismo”

“Salvini e Grillo per porre rimedio all’attuale situazione catastrofica italiana, sia sotto l’aspetto economico che

morale, propongono di chiudersi nel proprio cortile e di tornare alla lira, alla vecchia Costituzione e alla vecchia

politica.

Noi del Movimento Liberazione Italia la pensiamo diversamente.

Indubbiamente occorre mettere a riposo questa classe dirigente politica, ma andando e guardando in avanti.

Va detto che il sistema politico-economico mondiale è in crisi, in quanto sono in crisi i valori su cui si regge.

Le risorse del pianeta, soprattutto petrolio, acqua e gas, sono destinate, in breve tempo, ad esaurirsi se si

continuerà a procedere con gli attuali ritmi di sviluppo, basandosi sulle errate concezioni socio-politiche, che

hanno portato il sistema all’attuale collasso.

La pericolosa stagnazione della politica nazionale, europea e mondiale, che sta mettendo a dura prova i cittadini

dell’Unione Europea e del Mondo, molti dei quali stanno accarezzando l’idea di rivoltarsi contro le rispettive

istituzioni, induce a considerare che l’attuale sistema è paragonabile ad un aereo, al quale da oltre 70 anni è

stato applicato un pilota automatico, preferendo gli statisti accomodarsi in classi di lusso, scaraventando i popoli

della Terra in carri, che non si possono non definire “bestiame”.

E’ stato constatato che da circa 10 anni questo aereo sbanda paurosamente, e che nessuno statista è in grado di

riprendere in mano il velivolo e guidarlo, essenzialmente perché manca “un nuovo libretto di istruzioni”.

Il nuovo libretto di istruzioni non può essere una nuova teoria economica, ma un complesso di norme giuridiche,

che annulli l’attuale sistema normativo delle Carte Costituzionali, vigenti nel mondo occidentale, largamente

superate dagli eventi.

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Ecco perché il Movimento Liberazione Italia ha stilato una nuova “Carta Universale”, che si basa essenzialmente

sui seguenti principi:

- principio della titolarità giuridica individuale, nel senso che l’uomo nella sua individualità riceve maggiore

protezione giuridica rispetto alle Istituzioni, che non sono più il centro dello Stato;

- principio dell’assolutezza del diritto soggettivo, che non può in alcun modo essere affievolito con atti di

imperio, ma solo con norme costituzionali;

- principio della rigorosità, nel senso che le norme costituzionali sono esposte in modo rigoroso, preciso,

puntuale e con criteri di assoluta concretezza, al fine di ridurre il momento interpretativo, da sempre gestito

dal potere giudiziario e dagli ordini legali per la conservazione del regime politico al potere;

- principio della riappropriabilità, nel senso che il popolo delega agli organismi rappresentativi, da esso eletto,

funzioni limitate, di cui si può riappropriare nei tempi, modi e termini previsti nello stesso Statuto e nella

legge;

- principio della responsabilità politica, nel senso che tutti i poteri dello Stato, e quelli elencati all’art. 1 dello

Statuto, sono responsabili sul piano penale e civile delle loro scelte politiche e dei provvedimenti giuridici

adottati, nonché degli atti compiuti e delle violazioni delle norme statutarie;

- principio della preminenza dell’interesse del bene collettivo, nel senso che il bene collettivo riceve maggiore

tutela sociale, culturale e giuridica rispetto a quello privato;

- principio della rilevanza del fine sociale o istituzionale, nel senso che qualsiasi persona giuridica, pubblica o

privata, deve rispettare l’essenza della sua funzione per la quale è nata, e presta un servizio comunque di

pubblica utilità, pena la cessazione della sua attività;

- principio della sacralità, nel senso che vi sono beni collettivi che vengono qualificati nella Carta universale

come sacri, cioè pregni di significati e valori che trascendono la mera attività materiale, e per tali degni della

massima tutela giuridica e politica;

- principio teleologico, nel senso che la presente Carta, a differenza delle Carte Costituzionali, si propone il fine

ultimo dell’emancipazione del genere umano da ideologie e dogmi che ne affliggono la dignità e la libertà,

nonché la sua legittima aspirazione alla pace, allo sviluppo e al progresso civile e morale;

- principio della universalità, nel senso che la Carta Universale contiene norme che, per la loro ampiezza,

originalità e profondità giuridica, possono essere estese a tutti i popoli che le riconoscono e intendono

procedere nel comune cammino dell’emancipazione delle umane genti, nella pace e nella libertà.

5) “Ci parli dell’Italia, nazione a vocazione universale?”.

“Il primo a parlarne è stato lo scrittore russo Dostoevskij, che, dopo un viaggio in Italia, così scrisse: “La Nazione

italiana è una fantastica realtà a vocazione universale che un piccolo e presuntuoso piemontese, di nome

Cavour, aveva compressa in uno Stato che mai avrebbe potuto essere un vero Stato”.

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Qui sta tutto l’inghippo: noi discendiamo da un grande impero, nel cui territorio tutti potevano diventare, tranne

gli schiavi, cittadini romani ed aspirare a divenire imperatori.

Poi è venuta la Chiesa, che ha ereditato questo spirito universale.

Nel 1500 l’Italia è esplosa con quel movimento sociale, politico ed economico, denominato in seguito

“Rinascimento”. Eppure non era uno Stato unitario.

Questa vocazione universale è naufragata con i Savoia e con il Fascismo, che ritenevano di risvegliare

nazionalismi, che non fanno parte della cultura e dell’anima degli Italiani, se non di una minoranza.

Sul nostro Paese si sono abbattute catastrofi di ogni genere. Dobbiamo ritornare ad essere universali, facendo

intendere all’Europa, che ci viene stretta, con i suoi asfittici organismi comunitari.

L’Italia si deve aprire al mondo, avendo peraltro in casa un personaggio religioso di massimo rilievo, il Papa, che

è la quintessenza dell’universalità e della pace.

I suoi continui inviti alla pace, al rispetto della persona umana e dell’ambiente, alla lotta contro le guerre e le

violenze di ogni genere, allo sfruttamento del lavoro degli uomini, debbono essere posti alla base di ogni attività

politica.

6) “Ci può parlare dell’Italia, che lei sogna, Paese della pace e Giardino ecologico?”.

“Sin da ragazzo mi meravigliavo che il nostro Paese, stracolmo di cultura e di beni artistici, con un ambiente che

è unico nel suo genere, facesse crescere nel suo territorio fabbriche di morte e di inquinamento.

Ritenevo che tutto ciò fosse semplicemente stupido!

L’Italia, che non ha i soldi sufficienti per crearsi un esercito tecnologicamente avanzato (si dovrebbero

acquistare migliaia di aerei, elicotteri, carri armati e missili dell’ultima generazione, che sono molto costosi),

deve divenire un Paese della Pace, con un esercito di non più di 30.000 uomini addestrati nella tecnica della

guerriglia per la difesa del territorio nazionale e nelle missioni di pace. Lo stesso esercito può essere utilizzato

per interventi efficaci e risolutivi per sconfiggere definitivamente il crimine organizzato in alcune regioni,

impoverite da questi fenomeni devastanti.

Un Paese della pace deve essere necessariamente un Giardino ecologico, dove debbono essere abbattuti tutti gli

inquinamenti delle acque, del suolo e dell’aria.

Chiunque viene in Italia si deve sentire come in un paradiso terrestre, con una alimentazione controllata e un

sistema sanitario di assoluta prevenzione delle malattie”.

7) “Ci può parlare del fatto che lei vede un’Italia sganciata dall’Europa e proiettata verso tutto il mondo con

la benedizione del santo padre Papa Francesco?”.

“L’Italia non si deve sganciare dall’Europa, ma pretendere, con una classe dirigente preparata e non succube dei

poteri forti internazionali, di mutare l’attuale sistema asfittico monofocale, che impera in Europa, che è come un

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cerchio, che ruota intorno all’unico fuoco, costituito dall’asse Berlino-Parigi, che sino ad oggi ha prodotto danni

incommensurabili alle economie nazionali.

Occorre introdurre il sistema bifocale, con due fuochi, per cui l’Europa, come un ellisse, ruota intorno ad essi,

con due assi Berlino-Parigi e Roma-Madrid-Atene.

In tal modo si creerebbero due Aeree, la Mitteleuropa e la Grande Regione Mediterranea, che dovrebbe aprire

l’Europa verso i paesi dell’Africa, che sono in rapido sviluppo economico, così diventando pericolosi concorrenti

dell’India e della Cina.

La benedizione del Papa ad un Paese della pace e giardino ecologico è necessaria per aprirsi ad un nuovo

mondo, che comprende tutti senza distinzione di identità e appartenenze.

Chi segue altri indirizzi si pone contro la natura degli Italiani e procede secondo schemi di un nazionalismo che è

in antitesi ad un mondo estremamente dinamico e mutante”.

8) “Ci può parlare della riforma dello Stato italiano?”

“Per cambiare l'Italia e farla divenire leader nel campo politico, economico, sociale e culturale, è necessario:

a) restituire la piena sovranità al Popolo Italiano:

- abolendo l'art. 75 della Costituzione che vieta al popolo di indire referendum sui trattati

internazionali;

- disciplinando i partiti politici, con una normativa che rafforzi i loro requisiti democratici;

- conferendo al parlamento il potere di coniare la moneta e di stabilirne il valore.

b) dichiarare sacro e inviolabile il diritto soggettivo perfetto della persona;

c) riaffermare il concetto di Nazione Italiana e della sua vocazione universale, per cui ogni progetto di

riforma deve tendere a far riacquisire la sua identità internazionale;

d) affermare la priorità degli interessi del cittadino su quelli del sistema finanziario e dei potentati

industriali nazionali ed internazionali;

e) ripristinare il ruolo di coordinamento e controllo dello Stato sull’economia (art. 41 e 47 Cost.);

f) ripristinare la legalità in tutti i contesti sociali, politici ed economici;

g) rilanciare la politica estera italiana nello scacchiere internazionale e in particolare in quello

mediterraneo, in modo da affermare l’autonomia delle scelte internazionali dello Stato Italiano;

h) trasformare l’Italia in una Repubblica federale a democrazia partecipata, su sei Stati Indipendenti e

Autonomi: Padania, Tre Venezie, Etruria, Partenopea, Sicilia e Sardegna;

i) realizzare le seguenti riforme strutturali dello Stato:

il Presidente della Repubblica è anche Capo del Governo e viene eletto direttamente dal Popolo e

dura in carica 5 anni, rinnovabili solo una volta;

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i membri del Governo stanno in carica solo per due mandati, al termine dei quali non possono più

svolgere attività politica e istituzionale, e debbono ritirarsi a vita privata;

solo il Congresso Federale dei Deputati, su 200 membri, ha funzioni legislative. I Parlamentari eletti

dovranno distinguersi per effettiva capacità dimostrata con il numero di presenze, numero di

proposte leggi firmate, numero di emendamenti presentati, numero di interventi e attivismo politico

soprattutto nel territorio in cui si è eletti. I Deputati saranno valutati per una loro successiva

candidatura;

i Deputati vengono eletti con il sistema puramente proporzionale;

gli Stati Indipendenti, hanno un proprio governo e un Parlamento su non più di 40 deputati, operano

su Comuni, che saranno ridotti del 50%. Regioni e Province, come tutti gli altri enti e consorzi

territoriali, sono aboliti;

come i deputati del Parlamento Federale e degli Stati indipendenti, eletti dal popolo, non gestiscono

direttamente lo Stato e si limitano a controllare e verificare l'attività del Governo Federale e dei

singoli Stati, così il sindaco e gli assessori eletti in sede locale si limiteranno a svolgere analoga

attività, controllando la gestione amministrativa di dirigenti e funzionari, con speciali poteri che

mirano a salvaguardare la democrazia e gli interessi del popolo;

l’Italia diverrà Paese della Pace, a vocazione universale, immerso nel Mondo, per cui Esercito, Marina

e Aeronautica saranno proiettati a divenire “Sentinelle della Pace”. Alla Difesa del territorio

provvederanno le Forze armate, addestrate alla tecnica della guerriglia, che verranno utilizzate in

tempo di pace anche contro mafia, camorra e ‘ndgrangheta e altre organizzazioni criminali;

sarà istituito il “Tribunato del lavoro”, con un collegio di 20 membri, che svolgeranno il loro incarico

senza compenso ma solo con un rimborso spese e si occuperanno di problematiche del lavoro per

ridurre la disoccupazione, il lavoro nero, la sottoccupazione. Compito del Tribunato è quello di

studiare, proporre, presentare leggi per agevolare, tutelare e garantire il lavoro a tutti;

a livello europeo, sarà adottato il sistema bifocale, al posto dell'attuale monofocale, con una ellisse

invece del cerchio, con due fuochi: l'asse Berlino-Parigi e l'asse Madrid-Roma-Atene, che

costituiranno due Regioni, la Mitteleuropa e la Grande Regione Mediterranea, che dovranno

equivalersi, con due culture, attività sociali, politiche ed economiche concorrenziali;

verranno stralciati ed in seguito rivisti tutti i trattati con l’Unione Europea per esaltare le peculiarità

della Nazione e della Grande Regione Mediterranea. Ciò per consentire all’Italia e ai Paesi del

Mediterraneo di rivolgere al Mondo intero i loro messaggi di pace, di tolleranza e solidarietà fra i

popoli. In tale veste l’Italia, libera dai condizionamenti imposti dall’Unione Europea, porterà avanti il

progetto degli “Stati Uniti d’Europa”, che debbono essere costituiti entro un anno dalla

proclamazione della Repubblica Federale d’Italia. Diversamente l’Italia uscirà dall’Europa;

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ogni riforma o revisione dello Stato deve essere formulata sulla base del principio del “buon padre di

famiglia”, della massima economicità, utilità e trasparenza;

l’Italia diverrà un Giardino Ecologico, in cui si dovrà dare massimo sviluppo all’agricoltura, pesca, arte

e turismo;

la Magistratura sarà distinta in giudicante e inquirente. Quella inquirente sarà elettiva. La

magistratura giudicante non potrà svolgere attività politica;

l’Arma dei Carabinieri diverrà la polizia federale, mantenendo il suo status militare e la sua

organizzazione territoriale. Ogni Stato avrà la sua forza di polizia, ad ordinamento civile. Tutte le altre

forze di polizia, nazionali e locali, saranno eliminate;

la Corte Costituzionale giudicherà i delitti commessi dai parlamentari e sarà eletta direttamente dal

Popolo sovrano, conservando le attuali attribuzioni;

il Consiglio di Stato svolgerà solo attività di consulenza a favore del Governo nazionale, delle

Macroregioni e dei Comuni. Per cui saranno aboliti i Tribunali amministrativi e tutti gli altri giudici

speciali;

l’Amministrazione pubblica si baserà sulla responsabilità diretta dei dirigenti e del personale per i

propri atti d’ufficio, per cui si prevederanno più celeri procedure di licenziamento e pagamento dei

danni;

Il Territorio dello Stato è sacro. Chi lo inquina è passibile di gravi sanzioni. E’ costituito un Reparto

Interforze Antinquinamento Ambientale, diretto da un Commissario Straordinario, che si occuperà

dello smaltimento dei rifiuti, con ricerca delle più moderne tecnologie, in via esclusiva;

i partiti e i sindacati saranno riformati per una loro maggiore aderenza ai principi elencati nella

“Carta Universale”, che sostituisce la Costituzione attualmente in vigore, con profili dei candidati, per

le cariche istituzionali e pubbliche, e un nuovo sistema elettronico di accesso alle candidature e al

voto;

con l’uscita dall’Europa, vi sarà un’uscita dall’Unione Monetaria, con ripristino di una nuova moneta

sovrana l' “Italo”, “MAI PIU’ A DEBITO”, con il supporto della Banca Mondiale Italiana, le cui azioni

saranno detenute dai cittadini italiani; revisione del sistema giuridico bancario italiano, con

separazione fra banche commerciali e banche d’investimento;

costituzione di un Reparto Interforze anti corruzione politica e antievasione fiscale, alle dipendenza

dirette delle Procure Provinciali della Corte dei Conti, con facoltà di compiere verifiche periodiche agli

Enti territoriali;

ripristino di tutte le forme di legalità su tutto il territorio nazionale, contro ogni forma di abusivismo,

compresa l’immigrazione clandestina;

convogliamento dei flussi migratori attraverso canali orientati;

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maggiore dinamismo del sistema agricolo mediante lo sviluppo dell’agricoltura biologica, dell’energia

verde e delle esperienze delle aziende rurali, la coltivazione biodinamica, il ricorso alla filiera corta;

coltivazione di prodotti che esaltino la cucina italiana ne mondo, finalizzandola all’indipendenza

alimentare e alla salvaguardia della salute e della vita umana;

attivazione di un Avanzato Sistema Sanitario, che preveda, sulla base del principio che ”i cittadini

sono uguali davanti alla malattia”:

- l'assistenza sanitaria preventiva domiciliare, al fine di una prevenzione efficace delle malattie;

- la libera scelta della cura da parte dei cittadini;

- la garanzia di vita, in uguale maniera, per tutti gli esseri umani;

nazionalizzazione dei servizi pubblici essenziali e delle aziende d’interesse strategico nazionale; in

particolare riportare allo Stato la proprietà di tutte le reti (trasporti, telecomunicazioni, autostradali,

aeree, gasdotti, idriche, elettriche, ecc.).

abrogazione del pareggio di bilancio;

revisione del sistema pensionistico, in modo da garantire una pensione dignitosa a tutti, anche alle

future generazioni;

revisione totale del sistema fiscale, in funzione della effettiva necessità di tassare e della reale

capacità contributiva, che si basa sul reddito rimanente, a seguito della decurtazione di tutte le spese

necessarie alla conduzione di una vita dignitosa e comunque dimostrate;

abolizione di qualsiasi nuova forma di Equitalia e costituzione di una Commissione d’inchiesta, per

appurare eventuali soprusi e abusi dell’Agenzia dell’Entrate;

Istituzione di un Tribunale del Popolo, per la verifica dei comportamenti dei politici e dirigenti dello

Stato, in relazione ai seguenti illeciti ed abusi commessi:

- adesione all’Unione Europea;

- adesione all’euro e ai trattati internazionali non approvati dal popolo sovrano;

- aumento sproporzionato del debito pubblico;

- formazione del governo Monti;

- invio dei due Marò in uno Stato dove vige la pena di morte;

revisione dei processi politici;

regolamentazione e disciplina del gioco d’azzardo e dell’uso di sostanze stupefacenti;

legalizzazione della prostituzione;

tutela e sviluppo della cultura italiana, dalla famiglia alla scuola, dall’arte alla letteratura, dalla musica

al territorio, con particolare attenzione alle specificità e tradizioni locali;

nuovo sistema elettorale, che garantisca la piena rappresentatività nel Parlamento.

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9) “Ci vuol parlare del programma politico che il Consiglio Direttivo del Movimento Liberazione Italia ha

approvato a Ravenna il 14 luglio 2017?”

“La politica deve innanzitutto creare le condizioni affinché il giudice amministri la giustizia in osservanza

unicamente della legge e nel nome del popolo italiano, che deve possedere gli strumenti per revocare incarichi a

magistrati sottoposti a censure amministrative e penali.

Il giudice che, forzando l’interpretazione della legge medesima, viola tale norma, in quanto mosso da altri

interessi, men che meno da quelli politici, è passibile di gravissime sanzioni penali.

Deve essere previsto un effettivo recupero del cittadino condannato e ravveduto, con la garanzia di un lavoro.

Chi è recidivo nelle sue azioni delittuose, incorre in pene suppletive, che escludono il suo recupero, da scontare

in speciali istituti carcerari.

I responsabili di crimini efferati commessi contro la persona, aggravati dall’appartenenza ad associazioni mafiose

e terroristiche, sono soggetti a speciale carcerazione e per loro non sono previsti benefici di legge, anche se

gravemente ammalati.

I magistrati inquirenti, che iniziano azioni penali che non si risolvono con la condanna dei cittadini, sono soggetti

a procedimento disciplinare atto a verificare se sussistono a loro carico colpe gravi. Se tali colpe vengono

accertate, sono sospesi dalla loro funzione per un periodo di tempo stabilito dalla legge. La sospensione delle

funzioni li esonera dal partecipare alle elezioni per il rinnovo delle loro carriere, la cui progressione sarà stabilita

da rigorose norme che debbono premiare il merito.

I magistrati inquirenti e giudicanti, ritenuti responsabili di ritardi nell’applicazione della giustizia, sono sottoposti

ad inchiesta disciplinare e penale, se si accerta il dolo o la colpa grave.

I magistrati non possono ricoprire altri incarichi.

Sarà previsto il divieto assoluto per i giudici (non per i pubblici ministeri) di rilasciare interviste sulle materie da

loro in trattazione o trattate, di apparire in video o di partecipare a conferenze stampa, di far introdurre in aula

dibattimentale telecamere o macchine fotografiche.

Sarà previsto il divieto assoluto della pubblicizzazione di atti relativi ad indagini per qualsiasi delitto o

contravvenzione sino al rinvio a giudizio. Responsabile della segretezza degli atti sarà il procuratore della

Repubblica competente per quel procedimento.

Occorre inasprire le sanzioni penali a carico di coloro che commettono reati, quali il furto e rapina in

appartamento, sequestro di persona, maltrattamenti in famiglia, abusi su donne e bambini, e pedofilia. Per

questi delitti, ed altri previsti per legge per la grave offesa che arrecano al cittadino più inerme, dovrà essere

creato uno Speciale Albo Pubblico (SAP), da parte delle Forze di polizia, con nominativi e fotografie degli autori

recidivi, condannati con pene definitive, consultabile, anche via internet da tutti i cittadini.

Ogni azione che determina l'altrui morte o ferimento con condotta dolosa, come guidare in stato di ebrezza o

sotto l'effetto di droghe, come il non rispettare il semaforo rosso o come versare o spargere rifiuti velenosi e

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pericolosi in terra, mari, laghi, fiumi o aria, producendo inquinamento, va ritenuto come omicidio o tentato

omicidio e per tanto perseguito.

Corruzione, speculazione, riciclaggio, voto di scambio vanno riconosciuti come reati contro lo Stato con

l'aggravante dell'associazione criminale. Quando coinvolgono pubblici impiegati, politici e organi di giustizia

devono prevedere il totale sequestro dei beni immobili e mobili al soggetto fino al terzo grado di parentela e

l'allontanamento immediato dal luogo del lavoro. Esclusione a vita dalla politica. Quando coinvolgono

appartenenti alla criminalità organizzata, si deve prevedere anche nei loro confronti l’applicazione del 41 bis.

Le intercettazioni telefoniche saranno ritenute prove schiaccianti se non manipolate. Ogni abuso sarà punito

severamente.

Le condanne prevederanno il carcere duro, 41bis, quando riguarderanno i seguenti reati: omicidio, delitti

mafiosi, grave inquinamento, pedofilia, stupro.

I reati, quali rapine, furti, incendi dolosi, riduzione in schiavitù, sequestri di persone e attività criminose

commesse con esplosivi o armi da fuoco, saranno puniti con il carcere.

Saranno eliminati:

- l'indulto e l'amnistia;

- la prescrizione per tutti i reati.

Il ministro della giustizia sarà responsabile, in sede civile e penale, della gestione delle carceri e dei detenuti.

I sequestri dei beni mobili e immobili saranno gestiti dalla Tesoreria di Stato.

I minori che avranno commesso atti di violenza come omicidi, azioni con armi da fuoco, stupri e rapine saranno

ritenuti adulti davanti alla Legge. Rinchiusi nelle carceri, saranno obbligati a seguire severi corsi rieducativi, ad

orientamento professionale, e la loro condotta inciderà sul condono in parte delle pena.

Saranno eliminati i tribunali minorili.

Tutti i centri di accoglienza per bambini o per donne con bambini dovranno essere sottoposti a stretta vigilanza

da parte del ministero di Giustizia e da una Commissione di Cittadini, eletti dal popolo, che dovranno verificare

le condizioni di vita in questi centri di accoglienza.

Ai Cittadini, dichiarati innocenti, con formula piena, con sentenza definitiva, lo Stato dovrà automaticamente

versare una somma di denaro corrispondente al danno patrimoniale e morale patito dagli stessi, nonché far

pubblicare a proprie spese le relative notizie sull’assoluzione, con ampio risalto”.

10) “Ci vuol parlare del progetto famiglia?”

“Il diritto romano distingueva lo jus gentium dallo jus familias, dando così forza a questo istituto su cui si è

basata e tuttora si basa ogni società umana. Oggi la famiglia è allo sbando, senza alcun riferimento ideale e

morale. L’indirizzo educativo dei genitori si perde nei meandri della politica del permissivismo. Spesso lo Stato si

inserisce nell’educazione della prole, aggravando situazioni già compromesse.

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Nella nostra attuale Carta Costituzionale è ritenuto “sacro” solo il dovere di ogni cittadino di difendere la Patria.

Riteniamo che debba essere ascritto all’ordine della “sacralità” anche l’istituto della famiglia e i doveri che ne

derivano e che, pertanto, non possono essere accolte decisioni che investono estemporaneamente e

occasionalmente, tanto per soddisfare le mode del momento, gli aspetti sociali, economici e giuridici legati al

matrimonio.

Occorre, pertanto, dopo aver modificato la norma costituzionale, riscrivere il diritto di famiglia, introducendo i

seguenti principi:

a) la preminenza del valore della educazione dei figli rispetto alle esigenze della coppia. Di tale

educazione si deve far carico morale l’intera società, essendo la corretta e sana educazione delle future

generazioni il suo primo obiettivo;

b) l’assoluta parità dei genitori. Saranno i due a scegliere concordemente il modo di educare i figli e il

cognome che deve portare il figlio/a. In caso di controversia sarà il giudice di pace a decidere sulla base

della personalità e cultura dei due genitori;

c) la validità del matrimonio contratto dinanzi all’autorità civile, quale unione che lega due individui di

sesso differente, a testimonianza dell’assunzione di un impegno responsabile e certo, garanzia di una sana e

corretta educazione dei figli. I due contraenti possono saldare maggiormente la loro unione dinanzi al Dio in

cui credono;

d) l’ammissione delle coppie di fatto, di sesso differente, con prole riconosciuta, con diritti analoghi a

quelle legate dal vincolo del matrimonio, ma solo in relazione ai diritti che debbono essere concessi ai figli.

Avendo gli stessi scelto liberamente di non contrarre matrimonio legale e di rimanere insieme in relazione

alle circostanze del momento, non possono pretendere pari trattamento giuridico. E ciò in rispetto del

principio costituzionale della parità degli status giuridici a parità di condizioni;

e) le convivenze omosessuali sono legali. Non sono permesse le esibizioni di una condizione sessuale

che sarà ancor più rispettata se svolta con dignità e compostezza. Ciò dovrà accadere anche per le altre

coppie;

f) affidamento di minori a coppie legate dal vincolo del matrimonio, ma anche alle coppie di fatto, di

sesso differente, purché in possesso dei requisiti di legge;

g) assoluto rispetto dell’azione educativa dei genitori e degli insegnanti scolastici, nel cui ambito lo

Stato deve intervenire con il giudice di pace solo in caso di insanabili controversie;

h) istituzione del Comitato della Famiglia di Circoscrizione o di Comune, eletto con le regole

democratiche, per la composizione bonaria di controversie familiari, prima dell’intervento del giudice di

pace.

Nel progetto famiglia saranno previsti:

- programmi di costruzione di nuove case popolari;

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- deduzione fiscale delle spese dei nuclei familiari, monoreddito con importo non superiore alle 20.000

euro annuali al netto, per l’educazione dei figli;

- sostegni mirati ai nuclei familiari che versano in reale stato di bisogno, comprovato da una relazione di

un comando di polizia territoriale, controfirmato dall’assistente sociale;

- completa assistenza ai nuclei familiari con un componente diversamente abile, con strutture, mezzi e

personale adeguati alle necessità;

- apertura di sportelli pubblici, in ogni capoluogo di provincia e in città con popolazione superiore alle

70.000 unità, di tutte le Società che forniscono servizi destinati ai consumatori, idonei a soddisfare

tempestivamente le loro richieste.

11) “Ci vuol parlare del Progetto alimentazione?”

“L’Agricoltura, punto di forza dell’economia nazionale, dovrà essere profondamente ripensata elaborando un

nuovo modello di sviluppo, dato che l’attuale è ritenuto unanimemente non più sostenibile.

Vi deve essere uno stretto rapporto fra il sociale e il territorio, in un contesto che coinvolga in maniera forte il

settore dell’agricoltura con le grandi prospettive di crescita e sviluppo per le aziende agricole e di reale sostegno

alle comunità rurali.

L’Agricoltura deve costituire per la società una delle opportunità più interessanti per la diversificazione del

reddito e per la creazione di nuova e stabile occupazione, al fine di favorire soprattutto la nuove generazioni.

L’agricoltura biologica, la coltivazione biodinamica, il ricorso alla filiera corta e allo sviluppo dell’energia verde, le

esperienze delle aziende rurali debbono collocare il nostro Paese tra i più vivaci e dinamici nel campo dello

sviluppo agricolo.

In tale contesto occorre valorizzare i numerosi progetti di agricoltura sociale nell’ambito della progettazione

integrata territoriale, per colmare il gap delle aree svantaggiate che, al ritardo di sviluppo, aggiungono anche

una minor qualità del welfare locale.

Tutto ciò nell’ottica di un’agricoltura che deve contribuire al miglioramento del livello di qualità della vita e di

benessere della popolazione, con un’alimentazione corretta ed appropriata.

12) “Ci vuol parlare del progetto ambiente?”

“Tutto il territorio italiano, attese le sue straordinarie caratteristiche morfologiche e paesaggistiche, sarà

considerato patrimonio dell’umanità. Nessuna costruzione sarà consentita se non nel rispetto assoluto dei limiti,

che saranno fissati per legge.

Le costruzioni o modificazioni dell’ambiente, che nel tempo hanno stravolto il paesaggio italiano, saranno

gradualmente eliminate, con il totale rimborso dei proprietari, se condonati.

Sarà istituito il Ministero della Restaurazione e Protezione Ambientale che provvederà, con personale 120

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recuperato dalle forze armate e forze di polizia, a bonificare tutto il territorio italiano, a disinquinare mari, laghi,

fiumi ed ogni superficie terrestre. Il governo stabilirà forme e modalità affinché il recupero totale del territorio

avvenga in cinque anni.

Le città, con inquinamento dell’aria, del suolo e acustico, oltre i limiti consentiti, dovranno adottare speciali

misure per limitare la circolazione dei mezzi nei loro centri.

Intorno a queste città dovrà essere costruito un anello, con ampi parcheggi, in cui debbono essere lasciati tutti i

mezzi privati. I mezzi pubblici e taxi, che circolano nei centri urbani, dovranno essere ad energia pulita, o

comunque con rilascio di prodotti inquinanti al di sotto di un limite stabilito per legge.

Non è permesso l’uso di motocicli, se non puliti.

E’ esaltata la circolazione a mezzo di biciclette e velocipedi non a motore prevedendo un’ampia rete di piste

ciclabili locali e per lungo raggio

Dovrà essere gradualmente eliminata l’eccessiva produzione di materiale plastico, che inquina pesantemente

l’ambiente, iniziando a ridurre drasticamente l’imbottigliamento di acque minerali, per favorire il consumo delle

acque degli acquedotti urbani, che scorrendo continuamente sono più potabili, che comunque debbono essere

demineralizzate. Saranno invitati i NAS dei Carabinieri a svolgere rigorose analisi su questi prodotti, che

giacciono per troppo tempo in magazzini, in condizioni non ottimali.

Particolare attenzione sarà rivolta alla produzione di energie pulite e alla riduzione di gas e materiali inquinanti,

mediante:

- potenziamento dei mezzi di trasporto pubblico con motori elettrici alimentati a rete e non a batterie,

con cavi elettrici protetti sull’asfalto stradale, utilizzati anche da mezzi pubblici ad uso privato, con

pagamento a consumo con carta prepagata;

- potenziamento delle centrali elettriche funzionanti con biocombustibili e a sfruttamento di energie

alternative;

- riduzione delle emissioni di CO2 mediante la rigorosa applicazione della legge 10/91 e della direttiva

europea 76/93 sulla certificazione energetica degli edifici;

- riduzione dei consumi energetici negli edifici pubblici, in cui saranno nominati responsabili del consumo

energetico, che risponderanno del loro operato anche sul piano penale;

- elaborazione di una normativa che preveda il pagamento a consumo dell’energia termica nei condomini,

come previsto dalla Direttiva Europea 76/93;

- incentivazione della produzione distribuita di energia elettrica estendendo a tutte le fonti rinnovabili e

alla micro-cogenerazione diffusa la normativa del conto energia, vincolandola ai chilowatt-ora riversati in rete

nelle ore di punta ed escludendo i chilowatt-ora prodotti nelle ore a minore consumo energetico;

- incentivazione della produzione distribuita di energia elettrica con tecnologie che utilizzano le fonti

fossili in modo efficiente, come la co-generazione diffusa di energia elettrica e calore, a partire dagli edifici

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più energivori come ospedali, centri commerciali, industrie che sfruttano processi che utilizzano calore

tecnologico, centri sportivi, ecc.;

- estensione della possibilità di riversare in rete e di vendere l’energia elettrica anche negli impianti di

micro-cogenerazione di taglia inferiore ai 20 kW;

- illuminazione pubblica ad energia solare.

Sarà costituito il “Nucleo Carabinieri Consumi Energetici” (NCCE) per il controllo e il rispetto delle normative

nazionali ed europee nel settore in tutti gli edifici privati e pubblici, compresi i palazzi pubblici, e nelle attività

correlate.

Sarà avviato, insieme agli Stati che già stanno sviluppando tecnologie nel settore, un programma spaziale per

approvvigionarsi in futuro di energia solare.

La Protezione Civile, che attualmente non investe in prevenzione, pur essendovi un notevole sperpero di fondi,

sarà eliminata e sostituita dalla “Guardia Nazionale”, alle dirette dipendenze dello Stato Maggiore Difesa.

Nonostante si susseguano periodicamente disastri, incendi, alluvioni, frane, terremoti, ad ogni emergenza ci si

trova sempre impreparati. Ecco il perché dell’affidamento di tale incarico alle Forze Armate.

13) “Ci vuol parlare del progetto inquinamento?”

“Il rifiuto è da considerare proprietà privata di colui o coloro che lo producono. Esso non può essere smaltito

venendo abbandonato sulla pubblica via.

Sulla base di questo principio e sul fatto che deve essere favorito l’acquisto di beni che producono poco rifiuto

(per cui le aziende debbono provvedere a produrre beni con tali caratteristiche), tutti i cassonetti esposti

disordinatamente al pubblico, maleodoranti e indecorosi, saranno ritirati.

Nel mentre si imporrà a tutte le nuove abitazioni di ricavare un locale in cui raccogliere per tutti gli inquilini il

rifiuto, si sancisce da subito che il rifiuto è conservato in casa e smaltito alle seguenti condizioni:

- il rifiuto liquido sarà ritirato da operatori ecologici, che tre volte a settimana si presenteranno con

speciali mezzi per il suo ritiro in orari stabiliti nel luogo di raccolta individuato dalle autorità comunali;

- il rifiuto selezionato (tipo carta, vetro, plastica, medicinali usati, ecc …) sarà ritirato una volta alla

settimana con le stesse modalità.

Coloro che abbandonano il rifiuto in luoghi pubblici, anche dalle autovetture in transito, sono puniti con pene

severe, che debbono prevedere l’arresto in flagranza.

Il rifiuto dovrà essere recuperato mediante la sua riabilitazione commerciale o con la sua distruzione a mezzo

dissociatori molecolari in strutture che non producano inquinamento dell’aria e del suolo. Le aziende, che

producono alimenti, materiali e mezzi, dovranno realizzare tali prodotti in modo da facilitare la loro

riabilitazione o distruzione.

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14) “Ci vuol parlare del progetto fiscale?”

“Ogni cittadino italiano sarà chiamato a contribuire alla spesa sociale con un importo calcolato sulla base delle

proprie oggettive possibilità.

La quota annuale varierà sulla base della condizione economica del soggetto e potrà essere versata anche a rate.

L'importo annuale dovrà comprendere ogni voce fiscale e sarà compito della Tesoreria di Stato versare le singole

quote al comparto sanitario e scolastico nazionale.

Si può stimare la quota, analizzando le attuali entrate, uscite e gestione, eliminando gli sprechi e il 100% degli

enti inutili, in euro 1300 a cittadino.

Il contribuente non sarà più chiamato a versare tasse sul lavoro.

Ogni cittadino avrà la responsabilità diretta di decidere come crearsi un fondo pensionistico, se raccogliendo i

risparmi in proprio o pagandosi una assicurazione.

Saranno eliminati Inps e Inail.

Saranno eliminati i codici dei tributi e i tributi stessi come le società che le gestiscono.

L’Agenzia delle Entrate confluirà nella Tesoreria di Stato.

Gli eventuali recuperi dei crediti saranno compiuti da un apposito Ufficio legale dello Stato.

15) “Ci vuol parlare del progetto energia?”

“Occorre investire nella produzione di energia pulita.

Ogni nuovo edificio deve avere pannelli solari per la produzione di acqua calda ed elettricità per coloro che vi

abitano.

I vecchi edifici dovranno essere messi a norma entro cinque anni. Lo Stato concorrerà alle spese di installazione.

Occorre produrre energia utilizzando le forze della natura.

Si deve procedere speditamente alla costruzione di autovetture a combustibile, il cui consumo non produce

inquinamento.

Noi diciamo no al petrolio, all’uranio! Sì ai biocombustibili di ultima generazione.

16) “Ci vuol parlare del progetto economia?”

“Tutti i cittadini debbono pagare le tasse. Chi non le paga o le elude è passibile di severe sanzioni penali.

Le aziende, che non pagano le tasse, subiranno una chiusura immediata di 1 mese per infrazioni lievi, la chiusura

definitiva per gravi evasioni fiscali o per gravi inosservanze sulle norme per la sicurezza nel lavoro.

Deve essere previsto un tetto massimo di imposizione fiscale del 30% per imprese e privati.

Gli stipendi e le pensioni dei dipendenti pubblici e privati debbono essere riportati al potere di acquisto prima

dell’introduzione dell’euro.

Le pensioni debbono essere agganciate alla dinamica salariale.

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Le maggiori spese per elevare stipendi e pensioni potranno essere sostenute grazie al recupero delle risorse che

si ottengono con lo scioglimento delle regioni, delle province, degli enti e uffici pubblici inutili, con il

dimezzamento dei Comuni, con lo snellimento della pubblica Amministrazione, con il risparmio delle spese

pubbliche per consulenze e per servizi che premiano le clientele politiche e la vanagloria di qualcuno.

Il pubblico dipendente che sperpera il denaro pubblico è passibile di severe sanzioni penali. I governanti, sia

dello Stato che degli enti territoriali, che non hanno ben speso il denaro pubblico, sono passibili di sanzioni

penali.

Sarà istituita l’Azione collettiva, dall’istituto giuridico inglese class action. E’ un’azione legale condotta da uno o

più soggetti che chiedono il risarcimento del danno non solo a loro nome, ma per tutta la classe socio-

economica di coloro che hanno subito il medesimo illecito e danno. L’azione collettiva è lo strumento giuridico

più efficace per consentire ai cittadini di essere tutelati e risarciti dai torti subiti dallo Stato, dalle grandi aziende

e dalle multinazionali. La sentenza, che scaturirà, sarà fatta valere a favore dei soggetti che si trovino nella

identica situazione dell’attore.

Per rendere più trasparenti i comportamenti nel mondo economico e finanziario, si provvederà a:

- abolire le cariche multiple dei consiglieri di amministrazione nei consigli di società quotate;

- introdurre strutture di reale rappresentanza dei piccoli azionisti nelle società quotate;

- creare livelli di responsabilità a carico degli istituti finanziari sui prodotti proposti con una

compartecipazione alle eventuali perdite;

- impedire ai consiglieri di amministrazione di ricoprire altra carica nella stessa società se essa si è resa

responsabile di gravi reati;

- impedire l’acquisto prevalente a debito di una società;

- stabilire un tetto massimo degli stipendi del management delle aziende quotate in borsa e delle aziende

con partecipazione rilevante o maggioritaria dello Stato;

- abolire i monopoli di fatto, quali Telecom Italia, Autostrade, Eni, Enel, Ferrovie dello Stato;

- allineare le tariffe per il pagamento delle energie, connettività, telefonia, trasporti agli altri paesi

europei;

La trasparenza e la parsimonia debbono anche essere perseguite all’interno dello Stato, mediante:

- la riduzione del debito pubblico, con drastici interventi sulle spese pubbliche, sia con il taglio degli

sprechi, sia con l’introduzione di nuove tecnologie per consentire ai cittadini l’accesso alle informazioni e ai

servizi senza bisogno di intermediari;

- l’ampliamento delle funzioni delle Authority di garanzia, che debbono avere personale ispettivo e di

controllo nelle materie di competenza, che sarà fornito loro dal Ministero Difesa e Sicurezza dello Stato. Le

loro decisioni saranno rese pubbliche sui principali media, con motivazioni di condanna delle aziende ritenute

responsabili;

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- divieto assoluto di nomina di persone che abbiano subito condanne in via definitiva ad amministratori di

aziende, che hanno comunque un riferimento con lo Stato o sono quotate in borsa.

I disoccupati e i sottoccupati debbono essere reintegrati nel mondo del lavoro.

Gli imprenditori privati, i commercianti e i professionisti debbono avere di mira, oltre al profitto personale, il

bene pubblico.

Per tutelare ed esaltare la competitività delle aziende e imprese italiane saranno semplificate al massimo le

procedure degli adempimenti burocratici, sarà garantita la certezza del sistema fiscale, e introdotta la

defiscalizzazione delle spese sugli investimenti per incrementare l’occupazione e la differenziazione del regime

fiscale fra le diverse attività, calcolando per categorie un adeguato trattamento fiscale proporzionale alla

redditività della mansione svolta .

Per esaltare l’attività economica, sarà posta particolare attenzione al potenziamento delle infrastrutture,

mediante:

- il potenziamento del trasporto merci attraverso ferrovia e mezzi navali;

- la pulizia e la navigabilità dei maggiori fiumi (Po, Adige, Arno, Tevere, ecc.) e la riutilizzazione di canali di

collegamento;

- creazione di un polo portuale in Sicilia, collegato alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina;

- sviluppo della rete aeroportuale con potenziamento del settore cargo, in modo particolare nel Sud del

paese;

- revisione degli acquedotti per ridurre le perdite, colpevoli della dispersione del 40% del prodotto idrico

nazionale.

Le banche debbono svolgere le loro attività per un fine pubblico, rispettando le regole della correttezza

economica e della moralità pubblica.

Lo Stato Italiano si riapproprierà della sovranità nazionale, mediante l’applicazione di due misure:

a) istituzione della moneta “Italo”, coniata in oro, spendibile in tutto il mondo;

b) ristrutturazione della Banca d’Italia, che verrà denominata “Banca Mondiale Italiana” (BMI), con l’abolizione

dell’accordo del 1981 fra il Ministro delle Finanze Andreatta e il Governatore Ciampi, che eliminò la facoltà

dello Stato di ordinare alla sua Banca di stampare moneta per le esigenze collettive. In tale contesto i 60

consiglieri della Banca d’Italia saranno eletti dal Popolo, dureranno in carica tre anni, non rinnovabili, e

avranno il compito di ridurre il debito pubblico, oggi in mano a società finanziarie estere, affinché esso sia

restituito, come un tempo agli stessi cittadini.

Le società finanziarie dovranno operare in un contesto che abbia anche fini morali.

In attesa dell’attuazione di tutte le disposizioni a carattere economico sopra indicate, si dovranno adottare le

seguenti misure prioritarie per rianimare il Paese, attuabili con un effetto immediato sulla salute delle imprese

e dei cittadini Italiani.

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E’ finito il tempo delle cure a lungo/lunghissimo termine. il Malato ormai è morente e a poco serve l’aspirina che

il governo ci propina ogni giorno. Ora serve l’adrenalina:

Sanatoria Equitalia, legata a tutte le cartelle dal 2007 ad oggi comprovata l’impossibilità del contribuente di

pagare per motivi oggettivi e legati alla crisi economica;

Sanatoria sul DURC, indispensabile per far tornare le imprese sul mercato ormai vessato da imprenditori,

senza un passato storico, che inficiano il lavoro di decenni delle nostre eccellenze artigianali;

Nuovo sistema di aggiudicazioni degli appalti pubblici. Gli appalti debbono essere assegnati anche in

maniera frazionata e non solo a singole imprese che si profilano come capo cordata e SCARL . Gli appalti

devono tenere conto tassativamente del criterio del “prezzo medio“ e non del massimo ribasso.

L’assegnazione degli appalti deve avvenire con il criterio del Km 0, con diritto di prelazione alle imprese

residenti sul territorio;

Abbassamento costo del lavoro, che deve essere contingentato in un range tra il 15 ed il 25% per quanto

concerne la tassazione all’azienda sul fatturato totale annuo e con un incidenza di massimo 20 punti

percentuali dei costi in busta paga;

Abolizione degli studi di settore;

Nuova imposizione dell’IVA, con aliquote proporzionali al tipo di bene, ( esempio : iva al 4% per tutto ciò che

ruota attorno alla prima casa e al 36% su beni come alcool ed armi, oppure 10% sulle autovetture e 4%

sull’alimentare e ristorazione in generale, ecc.);

Apertura di uno sportello ove discutere con l’agenzia delle entrate sull’inesigibilità dei crediti prima di

arrivare a giudizio;

Sanatoria sui mutui bancari. Le banche, che congeleranno le posizioni in sofferenza, verranno agevolate, con

la concessione di uno sconto sulle tasse pari al valore dell’interesse annuo non percepito;

Tassazione sul denaro che esce da Paese, per un importo del 20% su tutte le traslazioni di denaro dall’Italia

verso paesi extracomunitari o comunitari, effettuate da privati attraverso l’impiego di money transfert ecc..

17) “Ci vuol parlare del progetto salute?”

“La salute, fisica e psichica, dell’uomo è l’obiettivo principale del progetto salute.

Il nuovo Stato dovrà impegnarsi a profondere risorse nel settore della salute, recuperandole soprattutto dal

settore automobilistico, in cui troppi investimenti sono stati prodotti negli anni. Basta con le rottamazioni di

stato e con i super ristoranti in autostrada. Avanti con gli ospedali a cinque stelle.

Il progetto salute sarà articolato sui seguenti punti:

a) cure gratuite e tempestive a tutti. Poiché la spesa è rilevante, il cittadino, a seconda del reddito che

percepisce, dovrà concorrere al finanziamento regionale, pagando il ticket dovuto. Per evitare che i soliti

furbi si sottraggano a quello che è un vero e proprio dovere sociale e di solidarietà verso le fasce meno 126

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abbienti, si costituiranno società private per il controllo della compartecipazione alla spesa con le modalità

stabilite per legge;

b) accesso alle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale a pari condizioni per tutti. Si dovranno evitare

soprattutto lunghe liste di attesa per coloro che non hanno santi in paradiso;

c) ristrutturazione del Servizio Sanitario Nazionale, eliminando ogni lottizzazione politica affidando la

direzione delle varie unità sanitarie a personale con comprovate capacità manageriali, rilevate a mezzo di

concorso pubblico per titoli ed esami;

d) raggiungimento del massimo livello operativo e funzionale di tutti gli ospedali, in qualsiasi parte del

territorio nazionale collocati. Il cittadino del Sud non dovrà più spostarsi al Nord per farsi ben curare. Tale

operatività potrà essere raggiunta con oculati trasferimenti del personale più qualificato, che sarà premiato

con speciali indennità per il trasferimento di sede. Ogni ospedale, nel mese di dicembre di ogni anno, dovrà

presentare una relazione pubblica sugli interventi operati e sui risultati ottenuti (tassi di successo, mortalità,

volume dei casi trattati, ecc.), che saranno vagliati e comparati dagli organi ispettivi a livello nazionale che si

avvarranno della collaborazione nel settore dei NAS dei carabinieri, in una relazione che sarà esposta in sede

parlamentare. Tutti gli ospedali debbono essere allocati in edifici di recente costruzione, o comunque con

servizi ottimali, e dotati dei più moderni mezzi e strumentazioni all’avanguardia;

e) promozione dell’uso di farmaci generici e fuori brevetto, di analoga efficacia e meno costosi rispetto ai

farmaci di “marca”. I medici, nelle loro ricette, dovranno prescrivere solo i principi attivi del medicinale, come

accade in altri paesi europei (per es., Gran Bretagna). I farmacisti debbono consegnare il medicinale meno

caro, a meno che il paziente non ne richieda espressamente un altro;

f) avvio di un programma di educazione sanitaria, nelle scuole e nelle famiglie, per il corretto uso dei

farmaci, sui loro rischi e benefici. Il Comitato locale per le Famiglie, svolgerà intensa attività informativa in

materia e segnalerà abusi di ogni genere ai centri di assistenza sociale, distribuiti uniformemente su tutto il

territorio nazionale;

g) attuazione di una politica sanitaria nazionale di tipo culturale, al fine di promuovere stili di vita salutari,

sane scelte dei consumi alimentari. Le relative campagne pubblicitarie dovranno mirare a convincere i

cittadini a utilizzare in massa le biciclette, al fine di abbandonare l’uso dei mezzi a motore, che impegnando

meno il fisico e inquinando l’aria, hanno fatto salire il numero delle malattie cardiovascolari, dei tumori, delle

allergie. Occorre informare i cittadini sulla maggiore efficacia della prevenzione primaria (alimentazione

sana, attività fisica, astensione dal fumo e dalle bevande alcoliche, divieto assoluto di assunzione di sostanze

dopanti e stupefacenti) rispetto alla prevenzione secondaria (quella per esempio dei controlli clinici

periodici), che il più delle volte risponde a logiche commerciali;

h) avvio del programma “Salute donna”, centro indiscutibile della famiglia, con l’uso delle pillole abortive,

del profilattico e di ogni altro mezzo atto a salvaguardare la sua salute. Particolare attenzione dovrà essere

127

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rivolta ai Consultori familiari, che, unitamente ai Comitati per le Famiglie, dovranno attentamente seguire le

gravidanze, consigliando con parsimonia l’interruzione anche nei casi previsti dalla legge. Occorre ricordarsi

che l’interruzione di una gravidanza è comunque una sconfitta della società che non è riuscita a

salvaguardare il nascituro e la salute, soprattutto mentale, della donna;

i) divieto assoluto di incentivi economici agli informatori scientifici sulle vendite dei farmaci e previsione

di severe sanzioni penali a carico di medici corrotti;

j) divieto assoluto ai medici che operano in strutture pubbliche di svolgere le loro attività anche nel

privato, facendo concorrenza al sistema pubblico. Per evitare la fuga dei medici verso il settore privato

occorre svolgere una adeguata politica di incentivazioni, ponendo altresì tetti massimi di tariffa;

k) Istituzione di un apposito istituto per la valutazione e sperimentazione di nuove tecnologie applicabili

secondo il criterio di “cura compassionevole“ ove cittadini, informati e volontari, potranno aderire a progetti

di sperimentazione e questi saranno sostenuti dallo Stato sia dal punto di vista psicologico che economico

durante tutta la fase di sperimentazione.

Verranno aboliti i finanziamenti e i rimborsi di Stato alla sanità privata.

Ogni struttura sanitaria sarà gestita da un amministratore mediante concorso pubblico nazionale. Le degenze

saranno a totale carico dello Stato.

Saranno eliminati i rimborsi: ogni struttura sanitaria nazionale riceverà fondi in base alla popolazione locale e

non più in base alle diverse cure o interventi effettuati.

La chirurgia estetica quando riguarda pazienti menomati da malattie invalidanti sarà al 60% a carico dello Stato.

Tutti i pazienti di qualunque età con malattie invalidanti gravi avranno assistenza e cure in forma gratuita

compresi i farmaci.

La ricerca scientifica sarà sovvenzionata dallo Stato e disporrà di un proprio centro con ricercatori assunti

mediante concorso pubblico.

La sperimentazione sui pazienti dovrà essere da loro stessi autorizzata; se essi non sono in grado di intendere e

di volere tale autorizzazione potrà essere concessa da un familiare.

Le sperimentazioni saranno eseguite dal centro di ricerca scientifica di Stato. Cessano le sperimentazioni su

animali.

Il centro di ricerca scientifica di Stato si occuperà anche di protocollare i farmaci delle case farmaceutiche

private. I ricercatori membri saranno, assieme al Ministro della salute, responsabili dei loro atti sia sotto

l’aspetto penale che civile.

Ogni nosocomio dovrà garantire massima efficienza ed eccellenza in ogni campo.

Gli ambulatori pubblici dovranno essere presenti in ogni comunità e assicurare massima efficienza ed eccellenza.

Ogni cittadino sarà chiamato a versare per ogni analisi clinica effettuata 10 euro. Esenzione per gli under 6 e gli

over 65 anni. Tale quota andrà totalmente alla struttura per coprire i costi di gestione.

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Sono annullate le tessere sanitarie, gli inutili codici o certificati per sconti sulle prestazioni.

Al Ministero della salute spetterà il compito di stabilire con una tabella specifica i compensi per i primari, medici

e personale e i fondi da distribuire agli ospedali annualmente; il tutto dovrà essere approvato con legge dello

Stato.

Ogni prestazione deve avere un ugual costo per tutta l'Italia.

Tutti i cittadini sono uguali in vita come in morte”.

18) “Ci vuol parlare della riforma dell’informazione?”

“Oggi vi è il dominio delle menti a mezzo dell’informazione. Non si dominano più i popoli con gli eserciti, ma con

un’abile informazione che viene passata con disegni egemonici, che pochi riescono a percepire.

Non c’è dubbio che Internet ha permesso agli uomini l’accesso ad ogni informazione, ma spesso tale

informazione viene talmente manipolata, che giunge ai consumatori non più rispondente alla verità e realtà dei

fatti.

L’informazione è come il cibo. Se adulterata, produce danni irreversibili al nostro ragionamento logico e

conseguenziale.

Occorre adottare un sistema che serva a spurgare le informazioni e a renderle “commestibili” alle popolazioni in

tutto il mondo.

Il metodo più sicuro ed efficace per limitare i danni in questo delicato settore è quello di porsi le seguenti

domande per comprendere se vi è un disegno perverso a monte.

a) Chi ha originato la notizia?

b) Per quali fini?

c) La notizia è vera o falsa?

d) Le immagini sono reali o montate?

e) Vi è un collegamento fra la notizia ed altre che vengono diffuse con una contemporaneità o contestualità

sospette?

Poste queste domande, occorre interrogarsi sul web con coloro che non si fanno drogare le menti, che si

possono definire “mine vaganti”, ovviamente per il sistema, che si occupano abitualmente di comunicazione,

psicologia, intelligenza emotiva, che consentono di impadronirsi degli “arnesi” necessari a capire meglio come

funzionano i rapporti umani.

In tal modo ci si accorge che le modalità di manipolare il “discorso” tendono a somigliarsi, per cui è possibile

individuare i mezzi per difendersi da questa manipolazione.

Facciamo un esempio: se la BCE scrive che “C’è l’esigenza …” sta utilizzando la tecnica definita “assenza di indice

referenziale”, cioè fa un’affermazione che da per scontato che il destinatario del messaggio sappia a chi si

riferisce. Per cui le domande per destrutturare il marchingegno manipolatorio sono: “Per chi c’è l’esigenza? Chi

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l’ha detto che c’è l’esigenza? Da chi è stata avvertita e denunciata questa esigenza?”.

Quando la BCE scrive “C’è l’esigenza”, si sta riferendo ai cittadini europei? Li ha interpellati con un referendum o

con un sondaggio per saggiarne le volontà?

Nulla di tutto questo. L’esigenza è stata avvertita da pochi Burocrati europei, che fanno il bello e il cattivo tempo

sopra le nostre teste.

Il nostro Movimento mette a disposizione dei Cittadini l’indirizzo email [email protected] per

evitare ogni tipo di manipolazione dell’informazione che corre su internet e sui mass media, carta stampata e

TV.

La stampa, nata per denunciare le malefatte della politica, riveste un grande ruolo solo se effettivamente

autonoma e indipendente. In questo quadro, occorre esaltare la professionalità dei giornalisti, stabilendo corsi

di laurea specifici, di formazione e di aggiornamento. Un giornalista preparato è più autonomo, più attento a

svolgere una corretta informazione pubblica, più rispettoso della dignità dei cittadini.

Tutte le emittenti televisivi, compresa la RAI, debbono essere libere e private e poste nelle medesime condizioni

per operare nello specifico mercato. Debbono essere privilegiati i programmi televisivi che svolgono una vera

opera educatrice, soprattutto nei confronti degli adolescenti e dei giovani.

Saranno vietate trasmissioni televisive diseducative, tipo numeri del lotto, telequiz, maghi, sensitivi, oroscopi più

o meno personalizzati.

Sarà eliminato il contributo pubblico per il finanziamento delle varie testate giornalistiche.

Saranno allineate le tariffe di connessione ad internet e telefoniche a quelle europee.

Sarà fissato un tetto nazionale massimo del 5% per le società di raccolta pubblicitaria facenti capo ad un singolo

riferimento economico.

Sarà previsto l’accesso gratuito alla rete internet per ogni cittadino. Ogni Comune sarà dotato di accessi gratuiti

alla rete.

Sarà completata la copertura dell’ADSL sull’intero territorio nazionale.

Dovranno essere introdotti ripetitori Wimax per l’accesso mobile e diffuso alla rete internet.

Il tutto tende ad esaltare la partecipazione dei cittadini alle scelte collettive.

No ai reati di opinione, che hanno trovato particolare applicazione durante il regime fascista, come l’istigazione

a disobbedire alle leggi, le notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico.

19) “Ci vuol parlare del progetto arte e cultura?”

“Occorre sconfiggere la sottocultura dello scontro sociale per risolvere i problemi della collettività. E’ necessario

esaltare la cultura della concordia sociale. Tutto può e deve essere discusso in un clima di serenità e di confronto

civile e democratico.

Occorre educare i cittadini alla cultura del dialogo e dell’amore. In questo contesto occorre valorizzare i beni 130

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artistici e culturali del paese, profondendo risorse per creare la vera cultura, spronando nuove concezioni

artistiche, nuove composizioni nel campo musicale, letterario, della pittura e dell’architettura.

Occorre creare le premesse culturali per realizzare un Nuovo Rinascimento Italiano.

Nella più ampia tutela degli artisti e delle loro opere, occorre creare una efficiente organizzazione che si adoperi

per la concessione dei diritti di autore con quote di maggiore livello al fine di esaltare la creatività. Occorre

investire nei teatri, nei musei, allontanando innanzitutto sovrintendenti e responsabili nel settore nominati dai

partiti per fini clientelari e non certo per capacità artistiche.

L’Italia è il Paese che detiene 2/3 del patrimonio artistico e culturale del mondo. Per far si che questo non sia

solo un retaggio del passato è fondamentale investire parte delle risorse sottratte agli sprechi pubblici in opere e

soprattutto in formazione.

L’impegno economico da parte dello Stato deve ricadere sull’istituzione di nuovi corsi di formazione artistica

votati allo studio delle arti figurative e culturali del passato ed alla formazione di nuove discipline che siano

contemporanee e parallele alla crescita culturale dell’intero globo.

E’ altresì fondamentale la creazione di un fondo a sostegno dell’imprenditoria privata nel settore artistico ed un

impegno più profuso da parte del Governo nel sostenere lo sviluppo dell’arte nel senso più generale del

termine”.

20) “Ci vuol parlare del progetto immigrazione?”

“L’homo sapiens, fin dal suo apparire sulla scena degli esseri viventi, si è distinto dagli altri ominidi per il suo

desiderio irrefrenabile di occupare nuovi spazi, per il suo più completo sviluppo, soprattutto intellettivo.

Il fenomeno delle migrazioni è vecchio come il mondo e ha sempre portato nuova linfa e sviluppo vitale. I

territori e le società, che ne hanno beneficiato, hanno avuto un impulso maggiore al cambiamento e alla crescita

sociale ed economica.

La storia delle emigrazioni insegna che popolazioni, che avevano esaurito la loro spinta morale e ideale, hanno

inutilmente resistito alle immigrazioni di quei popoli, che affrontavano rischi e pericoli pur di trovare una loro

più giusta e dignitosa collocazione. Spesso queste nuovi genti avevano con sé valori dimenticati e perduti,

nonché nuove visioni della vita.

Oggi, i popoli delle cosiddette democrazie occidentali, si trovano nella posizione di coloro che, avendo esaurito

le loro spinte ideali e morali, ma essendo al centro di un benessere sociale ed economico superiore agli altri, si

oppongono con accanimento, sino alla frenesia, a qualsiasi turbamento del loro “quieto e monotono vivere

quotidiano” dimenticando di essere parte di uno sviluppo planetario in continuo divenire. La loro opposizione,

spinta sino alla più cocciuta resistenza, è vana, perché non si può fermare un fiume, sempre più in piena, di

uomini, donne e bambini che sanno che mentre noi mangiamo tre volte al giorno loro mangiano tre volte al

mese.

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Questo progetto tende a individuare sane scelte politiche per una vera integrazione fra popoli, anche se troppo

differenti, per cultura, religione ed altro. Questo è il compito di una vera politica: trovare valide soluzioni, non

creare steccati che alla fine vengono abbattuti.

Innanzitutto va affermato il principio che, se da una parte vi è il diritto sacrosanto delle popolazioni stanziali di

mantenere il loro stato di vita e di sviluppo, d’altra, vi è l’altrettanto sacrosanto diritto di coloro che vivono nella

più squallida indigenza e miseria, di potersi elevare socialmente ed economicamente, diritto che va rispettato da

noi, che in gran parte ci riconosciamo nei principi del Cristianesimo. Dobbiamo ricordare e ricordarci che la

nostra religione è quella dell’amore addirittura verso il nostro nemico (lo dice Cristo “se amate i vostri amici che

merito avete?).

Occorre trovare un equilibrio dei due principi. L’affermazione, sin troppo facile, “creiamo a casa degli immigrati

le giuste condizioni di vita”, trova il tempo che trova. Sforzi si stanno facendo in questa direzione, con

investimenti mirati e interventi di associazioni volontarie e di varie chiese, ma non sono sufficienti.

L’immigrazione continua. Certo questo flusso potrebbe rallentare considerevolmente se gli investimenti fossero

più cospicui, spendendo molto meno per la produzione di armi. Ma il fenomeno immigratorio è solo all’inizio e,

prevedendosi un loro più consistente incremento, si dovranno adottare da subito soluzioni adeguate.

La prima soluzione è quella di creare a monte un Canale migratorio orientato, gestito direttamente dai vari

Stati, e per noi dall’Unione Europea, con speciali equipe, mezzi e strutture, in modo da sottrarre ai mercanti di

questo nuovo tipo di schiavitù lo sfruttamento di un tale esodo.

Questo Canale migratorio orientato deve prevedere:

- la selezione dei soggetti o nuclei familiari, che intendono migrare non riuscendo a sostentarsi nei loro

territori, annotando inclinazioni e capacità lavorative;

- l’educazione di tali soggetti, che debbono innanzitutto imparare la lingua dei paesi dove intendono

andare ad operare, partecipando a corsi di formazione istituiti presso centri specializzati;

- itinerari individuati di migrazione, in modo da sconfiggere definitivamente i mercanti della nuova

schiavitù;

- soggiorni di sei mesi di prova negli Stati prescelti, per accertare le reali volontà a capacità lavorative

degli interessati, al termine dei quali, a seguito di dettagliata relazione dei datori di lavoro e delle forze di

polizia, coadiuvate dai Centri di assistenza sociale, l’immigrato permarrà nel territorio nazionale per altri due

anni;

- rilascio di un soggiorno permanente, per coloro che dimostrano particolare attaccamento al lavoro e al

rispetto della dignità dell’uomo;

- dopo dieci anni, acquisizione della cittadinanza italiana, a richiesta.

Quando il Canale migratorio orientato sarà perfettamente funzionante, non saranno più consentite diverse

forme di migrazioni.

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Verranno inasprite le pene per coloro che non regolarizzano la posizione dei lavoratori stranieri. Saranno

tutelate le libertà individuali, culturali e religiose degli immigrati, nel rispetto delle leggi e consuetudini locali,

pena l’immediata espulsione e rimpatrio dei manchevoli.

Sarà costituito l’Albo degli Immigrati (ADI), consultabile, anche via internet da tutti i cittadini, che segnaleranno,

anche via sms, alle forze dell’ordine le irregolarità che si riscontrano.

Il lavoratore straniero ha diritto di vivere al pari di quello italiano in un ambiente dignitoso e decoroso, in regola

con le norme igieniche e sanitarie, tale da preservare l’educazione dei suoi figli.

21) “Ci vuol parlare del Progetto nomadi?”

“Il principio che il lavoratore straniero ha diritto di vivere al pari di quello italiano in un ambiente dignitoso e

decoroso, in regola con le norme igieniche e sanitarie, tale da preservare l’educazione dei suoi figli, deve valere

anche con i nomadi, le cui abitudini di vita sono ben note a tutti. Esistono copiose relazioni di polizia su tali

abitudini di vita, che talora non sono degne di una persona umana. Se è vero che occorre rispettare le abitudini

di vita di qualsiasi uomo, è altrettanto vero che i figli dei nomadi debbono avere un’educazione scolastica dello

stesso livello degli altri e vivere secondo le condizioni igieniche e sanitarie prescritte, al fine che non siano

compromesse la loro salute e dignità.

Molti o pochi nomadi (questa verifica va fatta dagli organi di polizia) violano costantemente le norme della

convivenza civile, straripando spesso nel penale:

- gli adolescenti e gli anziani, che si fingono pure storpi, vengono posti nei punti ritenuti più remunerativi

(supermercati, chiese, ecc.) per mendicare. Spesso si notano madri con al collo poppanti;

- i ragazzi, insieme ad esperte giovani donne, si dedicano allo scippo e al furto in appartamenti e sulle

autovetture;

- giovani donne e addirittura bambini vengono avviati alla prostituzione;

- i giovani più prestanti commettono reati con violenza sulle persone, come le rapine.

Ogni operatore di polizia sa che laddove si ferma una carovana di zingari aumenta vertiginosamente il numero

dei reati. Costoro, pur non svolgendo alcuna attività stabile e continuativa, ciononostante posseggono beni

cospicui, come autovetture di grossa cilindrata, case se non ville, oro e pietre preziose.

Guai, però, se qualche poliziotto diligente stigmatizza il fenomeno. I nomadi, sol perché sono stati perseguitati

dai nazisti, sono divenuti intoccabili.

Il progetto nomadi deve prevedere:

- il rilascio di una dichiarazione per la scelta, liberamente presa, dei soggetti interessati di vivere secondo

le regole del nomadismo, da presentare al Prefetto della provincia, con un atto che deve essere reso pubblico

e del quale i medesimi debbono a ben ragione vantarsi;

- fissazione di tali regole in un comportamento di condotta, che deve prevedere innanzitutto il fatto che 133

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gli interessati non possono stare in un comune per meno di un anno (per consentire ai figli di completare

l’anno scolastico) e per più di due anni, e nella stessa regione per più di tre anni;

- il rispetto assoluto delle regole igieniche e sanitarie e della educazione dei figli, pena l’espulsione

dall’Italia;

- espulsione dei nomadi dall’Italia, recidivi nelle loro condotte criminose;

- approntamento da parte dei Comuni in aree prescelte di idonei campeggi, con il pagamento dei servizi

da parte degli utenti.

In qualsiasi momento i nomadi possono abbandonare il loro stato di nomadismo e abitare stabilmente in un

territorio, dopo aver rilasciato apposita dichiarazione.

22) “Ci vuol parlare del progetto Istruzione?”

“L’insegnamento scolastico è obbligatorio sino agli anni 18. Al fine di cementare l’unità nazionale, dopo gli otto

anni di studi iniziali, i genitori possono scegliere di inviare i propri figli in scuole di altre regioni, con la

partecipazione alle spese dello Stato al 50%.

Tutti gli edifici scolastici dovranno essere allocati in edifici di recente costruzione o comunque con servizi

ottimali.

Gli insegnanti, responsabili dell’educazione delle future generazioni, debbono avere un compenso adeguato ai

loro carichi di responsabilità.

Le Università debbono tornare ad essere i fari della cultura italiana. La ricerca nei vari campi deve essere

sostenuta con adeguate risorse.

Gli esami per il conseguimento dei vari diplomi e gli accertamenti per verificare la preparazione dei discenti

debbono essere condotti in rispetto ai principi della meritocrazia.

Saranno devoluti 300 euro, delle 1.300 a contribuente, al comparto scolastico.

Saranno aboliti i fondi alla scuola privata e l'ora di religione con legge.

Le famiglie che hanno a cuore l'insegnamento della loro fede religiosa potranno avvalersi degli oratori nelle ore

pomeridiane.

I libri scolastici saranno gratuiti per tutti gli ordini e indirizzi scolastici.

Le scuole pubbliche di ogni ordine e grado devono restare gratuite in ogni regione e devono essere presenti in

ogni circoscrizione. In questo settore di importanza fondamentale occorrono le seguenti riforme strutturali:

- asili, scuole elementari e medie saranno accorpati e devono garantire l'accesso di tutti i bambini;

- il servizio mensa sarà presente in ogni scuola, fino all'ultimo anno obbligatorio, con un costo a bambino

pari a 10 euro mensili;

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- gli ultimi 5 anni di scuola dell'obbligo devono prevedere in pari misura una parte teorica e una parte

pratica con laboratori per insegnare agli alunni che lo vorranno un mestiere preciso e di tipo artigianale. Ciò

al fine di ripristinare antiche arti e mestieri andati perduti, apprezzati nel mondo;

- dopo il 16° anno lo studente ragazzo potrà accedere ai corsi superiori con la durata di 3 anni, per poi

accedere all'università.

Le materie di insegnamento saranno rivisitate come i testi che dovranno essere sempre gratuiti e digitali.

All'alunno spetterà solo l’acquisto di un dispositivo elettronico di lettura.

Gli approfondimenti delle diverse discipline si avranno durante il corso triennale e non durante la scuola

dell'obbligo.

Al termine della scuola dell'obbligo l'alunno verrà sottoposto ad esame. Per cui saranno eliminati gli scrutini di

fine anno.

Gli alunni con gravi problemi di apprendimento o con diverse capacità saranno inseriti nel contesto della scuola

pubblica senza alcun limite, ma con l'apporto di personale altamente qualificato al tipo di problema o esigenza

per l'intera giornata con percorsi specifici.

Gli alunni, censurati con gravi sanzioni disciplinari o per motivi di ordine pubblico, saranno affidati ai servizi

sociali con un percorso specifico volto al recupero ottimale.

Gli istituti superiori dovranno avere un minore apporto di discipline teoriche e assicurare all'alunno

l'apprendimento della professione scelta, con l'80% di ore pratiche sul campo.

Il diploma conseguito alla fine dei 3 anni avrà il valore di una laurea universitaria.

L'università sarà obbligatoria solo per le seguenti figure professionali: discipline mediche, giuridiche e

scientifiche.

Sono eliminati gli atenei a numero chiuso”.

23) “Un’altra domanda: che ne pensa della politica e della sua inevitabile evoluzione per non far tramontare

definitivamente il concetto di democrazia in ogni parte del mondo?”

“La politica è Satana!

La delinquenza comune commette per lo più truffe, furti e rapine.

La criminalità organizzata si arricchisce con la droga, la prostituzione e le estorsioni.

Il terrorismo si avvale del metodo del terrore, commettendo ogni genere di attentati, pur di cambiare i destini di

individui e di popoli.

Il regime politico si regge sul voto, che viene estorto ai cittadini in vario modo:

1) con l’inganno;

2) con leggi elettorali truffe;

3) con la violenza;135

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4) con il denaro;

5) a mezzo organizzazioni mafiose.

Il partito, lasciato a briglie sciolte dalla Costituzione, si avvale dei suddetti metodi per procacciarsi voti, per cui

nel tempo si è trasformato in una vera e propria associazione a delinquere, che deve essere debellata con ogni

mezzo per restituire democrazia ai cittadini e dare nuovo impulso alla sovranità popolare.

Le forze di polizia e la magistratura indagano con determinazione i vari tipi di criminalità, utilizzando ogni mezzo

di indagine: tecniche di polizia giudiziaria all’avanguardia, costituzione di reparti speciali, pedinamenti,

intercettazioni, sia ambientali che telefoniche e così via.

Per quanto riguarda i reati che si commettono per procacciarsi illecitamente i voti, le forze di polizia e la

magistratura nicchiano.

Tutti sanno che quando termina la campagna elettorale, iniziano le varie azioni delittuose per procacciarsi voti in

ogni modo. Ci sono addirittura soggetti che girano nei quartieri abitati da persone meno abbienti, con valigette

piene di denaro ed altri beni, promettendo ogni genere di utilità e benefici.

Durante lo spoglio, si usano metodi per rendere nulli i voti degli avversari e creare consensi a proprio favore.

Ma nessuno organo di polizia indaga. Ciò anche perché non è stata creata appositamente una ipotesi delittuosa

al riguardo.

È stato elaborato la seguente proposta di legge per porre fine al mercato dei voti, per rilanciare la democrazia

nel nostro Paese.

Articolo 1(Consenso forzato)

1. Chiunque, promettendo denaro o altra utilità, anche con attività pseudo-politiche e con provvedimenti normativi in contrasto con i principi costituzionali, forza il consenso popolare ovvero diffonde in malafede notizie false e tendenziose, producendo tensione sociale e disinformazione, è punito con la reclusione da 1 a 3 anni.

2. Si procede con rito direttissimo.

Ho un sogno: una Nazione in cui la Politica entra nella Società Civile in punta di piedi.

Non si può non rilevare che le Stazioni Carabinieri, dislocate in circa 4.600 comuni, funzionano bene da oltre 200

anni, nonostante i recenti provvedimenti restrittivi del governo, e sono molto apprezzate dai cittadini.

Quali sono i punti di forza di questi splendidi Comandi dell’Arma?

Essenzialmente tre:

- la preparazione e la capacità professionale dei comandanti e dei collaboratori, maturate in anni di

servizio nell’esclusivo interesse dello Stato;

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- i rapporti umani che i Carabinieri sanno intessere con il Popolo, per una forma mentis acquisita nelle

Scuole di formazione e di aggiornamento dell’Arma, che porta al rispetto della dignità umana e dei suoi

valori;

- l’efficacia e tempestività della loro azione nei più diversi ambiti sociali, a favore delle più disparate

categorie sociali, senza alcuna distinzione o senso di appartenenza, realizzando la vera democrazia, che

così nasce e si sviluppa dal basso.

Come a livello nazionale il Popolo elegge il Parlamento, che controlla, verifica e indirizza gli atti del governo, e i

ministri vengono nominati, e possono essere dei tecnici, anche a livello locale ciò dovrebbe accadere.

Il Popolo dovrebbe eleggere solo i controllori della gestione corretta del bene pubblico, che dovrebbe essere

amministrato da dirigenti e funzionari, che fanno una carriera per raggiungere le più alte cariche, nel rispetto

delle regole democratiche e di alto senso dello Stato.

In tal modo il Sindaco e gli Assessori saranno soggetti della pubblica amministrazione, che dovranno operare con

impegno e diligenza, e le persone elette dal Popolo avranno il potere di controllare, verificare e indirizzare i loro

atti, giungendo persino alla censura dei loro provvedimenti e alla loro rimozione.

In tal modo si conseguirebbero i seguenti vantaggi:

a) mancanza assoluta della lotta politica fine a se stessa, per cui non si verificherà più il fenomeno devastante

che tutto ciò che progetta e realizza il mio avversario politico è da rigettare, anche se si crea un servizio o un

indubbio beneficio a favore della popolazione, come è accaduto con il ponte sullo Stretto di Messina;

b) deresponsabilizzazione amministrativa degli eletti del Popolo, che così non avendo responsabilità dirette

sull’amministrazione pubblica, non subiranno alcun condizionamento nel vigilare che la macchina pubblica

funzioni e che i cittadini abbiano i migliori servizi;

c) formazione della nuova classe dirigente politica dal basso, per cui gli eletti del Popolo nei vari Comuni, che

ben hanno operato per il bene della Collettività, acquisiscono punteggio e merito per aspirare a divenire

Consiglieri nelle Macroregioni e Deputati nel Parlamento Nazionale.

Questo è il mio sogno, che facevo sin da quando ero adolescente.

Una Società Civile, protetta e vigilata da un Potere politico discreto, attento e fedele allo Stato e alle sue

libere Istituzioni democratiche!

Che Dio, buono, clemente e misericordioso, protegga il Popolo Italiano!

E per chi non crede: che l’immenso Universo, che ci circonda con le sue luminose galassie e con le sue infinite

dimensioni, ci spinga ad alzare lo sguardo verso i cieli sterminati, che ci indicano i valori imperituri per i quali è

nato il genere umano!

Il genere umano deve iniziare il suo nuovo cammino innanzitutto non rispettando le regole che le Multinazionali

del crimine finanziario ed economico impongono, facendoci credere che occorre essere “politicamente corretti”.

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Page 138: Comitato Sindacalizzazione Forze Armate · Web view“Ucciso l’avvocato Fabrizi, che stava già organizzando un partito, composto soprattutto da militari e poliziotti, da presentare

E, invece, bisogna essere politicamente scorretti, e intonare con tutto il mondo che si sta rinnovando il canto del

“Politically incorrect, il cui testo riporto integralmente

Politically incorrect

Chiamare le cose con il loro nome,andare diritti al nocciolo delle questioni

occorre in questi tempi di proliferazione verbale

Essere sabbia e non olionell’ingranaggio delle cose del mondo

necessita in questi tempi di conformismo abituale

Politically incorrect dovrebbe essere il mottodi un’umanità che le cose della vita

delega a macchinazioni globali

In quale soffitta è finito il dubbioche allarga i confini del pensiero umano

sottraendolo a strumentalizzazioni brutali.

Vogliamo finalmente opporre resistenzaagli assalti del molosso che con le nostre cose

soddisfa il suo appetito da consumismo bestiale.

Pensare lucidamente sarebbe il casoper non permettere che sulle nostre teste

qualcuno disponga scenari di alienazione fatale

Talvolta tacere intensamente per arginarelogorroici tentativi volti a gettare

le nostre idee nella confusione totale

Restiamo svegli ed aguzziamo l’ingegnoper fare in modo che le nostre coscienze

non diventino preda d’appiattimento letale

Essere sabbia e non olio nell’ingranaggio del mondoCosì mi era stato insegnato...

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