Cometa
-
Upload
paolo-davini -
Category
Documents
-
view
212 -
download
0
description
Transcript of Cometa
Dietro le quinte dei valori di quota: economia
reale e mercati finanziari
REPORT TRIMESTRALE
IV 2009
Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
2 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
3 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
1. Tendenze economiche in
corso e possibili scenari
futuri
Dalla lettura dei più recenti bollettini
economici di autorevoli organismi
internazionali emerge che le straordinarie
misure di stimolo adottate dalle Banche
Centrali e dai Governi a partire dall’inizio
dello scorso anno, hanno consentito una
fragile e progressiva normalizzazione
dell’economia mondiale, con un graduale
ritorno alla crescita economica nei
principali paesi emergenti e in una
pluralità di economie avanzate.
Nell’area OECD l’inversione del ciclo
economico è stato guidato da misure di
stimolo della domanda interna, da un
recupero della domanda dei Paesi non
OECD, dagli interventi pubblici nel settore
finanziario e dall’aggiustamento delle
scorte. Nel complesso, dopo una
contrazione del 3.5% del Pil per il 2009,
l’Organismo stima un ritorno alla crescita
dell’1.9% nel 2010 e del 2.5% nel 2011
(figura 1). Tra le aree economiche
analizzate quella statunitense oltre ad
aver registrato la contrazione minore
nello scorso anno (2.50% contro il 4% e il
5.3% dell’area euro e del Giappone),
dovrebbe essere anche quella con la
crescita maggiore nei prossimi due anni.
Di contro il tasso di disoccupazione,
incrementatosi bruscamente nel 2009
rispetto al precedente anno, dovrebbe
continuare a crescere di quasi un altro
punto percentuale nell’anno in corso, con
una riduzione, tra l’altro modesta,
soltanto a partire dal 2011. A causa della
forte riduzione delle ore medie lavorate, il
vecchio continente ha subìto una minore
perdita di posti di lavoro rispetto agli Stati
Uniti, ma è oltreoceano che il trend
occupazionale dovrebbe non solo
invertirsi prima, ma anche crescere ad un
ritmo più sostenuto. Si noti inoltre come
la brusca contrazione del commercio
internazionale sia stata di oltre 12 punti
percentuali nel 2009. Un crollo degli
interscambi mondiali senza precedenti
che tuttavia è stato già lasciato alle spalle
per merito di un incremento dei volumi
delle esportazioni e delle importazioni di
tutte le principali economie, soprattutto
di quelle dei Paesi asiatici.
Nel periodo in analisi Il tasso totale
di crescita dei prezzi si è mantenuto su
Figura 1. Quadro economico e previsioni OECD
1997/2006 2007 2008 2009 2010 2011
Crescita Reale 2,8 2,7 0,6 -3,5 1,9 2,5
Stati Uniti 3,20 2,10 0,40 -2,50 2,50 2,80
Area Euro 2,30 2,70 0,50 -4,00 0,90 1,70
Giappone 1,10 2,30 -0,70 -5,30 1,80 2,00
Tasso di Disoccupazione 6,5 5,6 5,9 8,2 9 8,8
Inflazione 3 2,3 3,2 0,5 1,3 1,2
Commercio Mondiale 7,1 3,3 3 -12,5 6 7,7
Crescita Reale OECD BRIC 3,8 4,6 2,2 -1,7 3,4 3,7
Stime OECD
4 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
livelli molto bassi. Da qualche mese
tuttavia si è assistito ad una crescita dei
prezzi degli energetici che ha spinto al
rialzo l’inflazione totale. Quest’ultima è
infatti passata dal -0.5% annuale del mese
di luglio all’1.3% del mese di Novembre,
mentre l’inflazione core si è mantunata
piuttosto stabile attorno all’1.6% annuale.
Da un’analisi in dettaglio delle
principali economie emerge come paesi
quali Germania, Francia e Giappone non
solo siano usciti tecnicamente dalla
recessione, ma abbiano anche fatto
registrate ben due trimestri consecutivi di
crescita positiva del Pil (figura 3). A
registrare però l’incremento maggiore
sono stati gli Stati Uniti con ben 2.2 punti
percentuali nel terzo trimestre che
dovrebbero essere seguiti, secondo
recenti sondaggi, da un altro ancor più
sorprendente 4.2% nell’ultimo trimestre
dell’anno. La crescita statunitense è
dovuta in larga parte all’espansione dei
consumi e alla ripartenza delle
esportazioni e degli investimenti
nell’edilizia residenziale. Per quanto
concerne l’italia, il terzo è stato l’unico
l’unico trimestre di crescita positiva
(0.6%) ed è stato dovuto essenzialmente
ad una ripresa della produzione
industriale salita del 5% rispetto ai minimi
di marzo.
Esauritosi l’effetto del forte calo dei
prezzi dei beni energetici, il tasso di
crescita dei prezzi è tornato in terreno
positivo nelle principali economie
nazionali analizzate in figura 4, con la sola
Figura 2. Tassi di inflazione nell’area OECD
Figura 3. PIL:variazioni trimestrali
Figura 4. Inflazione tendenziale nelle principali
economie
5 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
eccezione del Giappone alle prese con gli
ormai consueti problemi deflazionistici.
Che l’Inflazione sia tornata a variazioni
positive comprese tra l’1 e il 2 per cento
non preannuncia, per ora, un’ondata
inflazionistica imminente quanto
piuttosto un ritorno alla normalità, nel
senso di un’oscillazione della crescita dei
prezzi all’interno di una banda target
voluta dalle banche centrali
Continua invece inesorabilmente il
calo dell’occupazione su tutti i mercati
(figura 5). Sebbene su livelli diversi,
soltanto in Germania e in Giappone i tassi
di disoccupazione si sono stabilizzati negli
ultimi mesi attorno ad un valore di poco
superiore al 7.5% nel primo caso e al di
sopra del 5% nel secondo. Trend crescenti
si riscontrano invece altrove, come ad
esempio in Italia dove i lavoratori in cerca
di occupazione sono passati dal 7.7% di
luglio all’8.3% di novembre. Il dato è il
peggiore dal 2004 ed è ancora più
allarmante se si considera che la
disoccupazione giovanile è tre volte
superiore alla media nazionale e che i
posti di lavoro persi da inizio anno
ammontano a quasi 490 mila unità. Anche
negli Stati Uniti, e nonostante come detto
in precedenza l’inversione del ciclo
economico sia stata di maggiore intensità,
il mercato del lavoro stenta a ripartire. Il
tasso di disoccupazione in dicembre è
rimasto fermo al 10%, ma si stima
sarebbe stato pari al 10.4% se non fosse
stato per l’uscita dalle statistiche dei
lavoratori scoraggiati, quelli cioè che
rinunciano definitivamente alla ricerca di
un’occupazione. La figura 6 mostra
tuttavia come il ritmo della perdita dei
posti di lavori sia in netto declino: dopo
essere entrata addirittura in terreno
positivo nel mese di Novembre la
variazione degli occupati è diminuita
nuovamente in dicembre, mese in cui
sono stati persi altri 85 mila posti di
lavoro. Nell’intero anno ne sono svaniti
Figura 5. Tassi di disoccupazione nelle proncipali
economie
Figura 6. Variazione degli occupati negli USA (valori in
migliaia).
6 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
complessivamente ben 4,2 milioni.
Analogo andamento per le nuova
richieste di sussidi di disoccupazione che
nonostante l’indiscutibile declino avviato
dall’aprile 2009 sono aumentate, ad inizio
anno, per ben due volte consecutive
raggiungendo le 444 mila unità (figura 7).
Continua, nelle pagine che
seguono, il monitoraggio dell’andamento
di alcuni indici che, insieme a quelli già
analizzati, vengono considerati dalla
maggior parte degli economisti quali i
market mover dei mercati più importanti.
Diversi indicatori suggeriscono che in
numerosi paesi il mercato immobiliare
abbia ripreso a crescere. In Europa la
domanda abitativa è stata stimolata dalla
crescita del rapporto tra il reddito
destinato agli acquisti abitativi e l’indice
dei prezzi delle case (incremento dovuto
principalmente alla riduzione del
denominatore), che insieme ai bassi tassi
di finanziamento ha comportato un
piccolo rimbalzo nei mutui concessi alle
famiglie. Mutui che tuttavia restano su
livelli molto bassi. Gli indici che
fotografano l'andamento dei prezzi delle
case in America, i Case Shiller riportati
nella figura 8, sembrerebbero aver
arrestato, a partire dal secondo semestre
del 2009, un trend negativo che durava
fin dal 2006 e le quotazioni dei futures
sullo stesso indice segnalano attese di
prezzi stabili per il 2010. Anche negli Stati
Uniti dunque i bassi tassi di interesse sui
mutui ipotcari e gli stimoli fiscali nel
settore immobiliare hanno ridotto lo
squilibrio tra domenda e offerta.
Gli indici dei direttori degli acquisti,
noti come indici PMI, misurano la
percentuale delle imprese nel settore, cui
fanno riferimento, che registrano un
miglioramento economico. Un valore
dell’indice superiore alla soglia dei 50
punti, indica un’espansione dell’attività
economica, una contrazione in caso
contrario. L’attenzione dedicata a questi
indici attraverso il continuo monitoraggio
dei valori da essi assunti è dovuta al fatto
Figura 7. Nuove richieste di sussidi di disoccupazione
negli USA (valori in migliaia).
Figura 8. Mercato immobiliare negli Usa.
7 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
che sono considerati anticipatori del Pil e
che segnalano dunque cambiamenti del
ciclo economico; non a caso rientrano tra
le variabili utilizzate dalle Banche Centrali
nelle scelte di politica monetaria. Tutti gli
indici considerati in figura 9 segnalano
che l’attività economica sia nel settore
manifatturiero che dei servizi è in
crescita. Il dato più importante è
sicuramente il 55.9 del settore
manifatturiero statunitense che
superando anche le attese che puntavano
ad un 54.5, è salito ai massimi da Aprile
2006. Tutti e quattro gli indici, comunque,
hanno già da qualche mese, superato il
valore 50, quello che, come già ricordato,
separa l’area di espansione da quella di
contrazione dell’attività economica.
Anche il Leading Index (figura 10 ),
dopo aver toccato il valore minimo nel
mese di Marzo a 97.9, ha fatto registrare
otto mesi consecutivi di rialzi che lo
hanno condotto fino a 104.9. Quest’indice
è calcolato da The Conference Board ed è
definito sul valore di dieci variabili che
sono: le assicurazioni per la
disoccupazione; i nuovi ordini per beni e
materiali di consumo; velocità di
consegna dai fornitori ai venditori; nuovi
investimenti escluso il settore della
difesa; nuove concessioni edilizie;
andamento dell'S&P500; inflazione; la
differenza tra i tassi a breve e lungo
periodo; il sentiment nei consumi; media
di ore lavorate settimanalmente nel
settore manifatturiero.
L'IFO business climate index è,
invece, un indice basato su circa 7.000
questionari mensili inviati alle aziende del
settore manifatturiero, edile, vendite
all'ingrosso e al dettaglio della Germania.
Le imprese forniscono la loro impressione
sulla situazione economica corrente e le
loro aspettative per i prossimi sei mesi
dalle quali scaturiscono i due diversi indici
riportati in figura 11. Il Business
Expectations è in rialzo già da un anno
esatto ed ha anticipato la ripresa del
Business Climate che ha infatti invertito
Figura 9. Indici PMI manifatturiero e dei servizi in EU e
USA
Figura 10. Leading index
8 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
il trend solo a partire dal mese di Aprile.
La politica monetaria delle
principali Banche centrali continua ad
essere espansiva, almeno sotto il profilo
dei tassi di interesse. Nessuna variazione
è infatti occorsa negli ultimi mesi,
essendo i tassi di sconto ancora ancorati
ai rispettivi valori minimi (figura 11).
Tuttavia Il Consiglio direttivo della Banca
centrale europea ha annunciato di voler
rientrare gradualmente dall’espansione
quantitativa, ritenuta non più necessaria,
pur confermando l’impegno ad erogare
tutta la liquidità necessaria al sistema
bancario. Nel caso della Fed invece il
rientro dall’espansione quantitativa è già
in corso attraverso il rimborso dei fondi
Tarp (quelli erogati alle banche nel corso
della crisi economica) sia attraverso
l’automatico rientro di tanti finanziamenti
a breve termine.
Per quanto concerne il mercato
valutario nel mese di dicembre si registra
un deprezzamento dell’euro nei confronti
di tutte le principali valute mondiali.
Conseguentemente l’indice che misura il
tasso di cambio dell’euro nei confronti dei
21 principali partners commerciali
dell’Unione Monetaria (figura 12), dopo
essersi mantenuto su livelli molto alti nei
mesi di ottobre e novembre, ha subìto
uno scivolone nel corso dell’ultimo mese
dell’anno.
Figura 12: Andamento del tasso di cambio tra l’euro e
le valute dei 21 principali partners commerciali
europei.
Figura 11: Andamento dei tassi di sconto in EU (arancione), UK (verde), USA (rosso), JAP (nero
9 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
Come appare evidente dalla figura
13 la valuta di eurolandia ha perso circa il
5% nei confronti del dollaro (2.1% nel
trimestre) e circa il 3% nei confronti della
sterlina (3.17% nel trimestre) Ma mentre
nei confronti del dollaro si registra un
apprezzamento del 2.5% nell’intero arco
dell’anno, nei confronti della sterlina si è
registrata una perdita di valore di oltre 7
punti percentuali. L’inversione del trend
negativo della valuta americana è dovuta
non solo ai problemi “greci dell’euro” ma
probabilmente anche al differenziale di
crescita economica tra Usa e vecchio
continente di cui si è detto in apertura.
Si noti ancora in figura 12 come
l’unica eccezione alla perdita di valore
dell’euro riguardi il caso dello yen
giapponese nei confronti del quale
l’apprezzamento nel solo mese di
dicembre è stato di quasi 3 punti
percentuali. La debolezza della valuta
nipponica è espresso volere del nuovo
primo ministro che vede in tale ricetta la
possibilità di rilanciare le sorti dei grandi
esportatori e, per questa via, dell’intera
economia del paese.
Nel complesso la volatilità dei
principali tassi di cambio bilaterali
continua a ridursi rispetto ai massimi
registrati nel corso della fine del 2008
(figura 13) ed è già pienamente tornata ai
valori precedenti all’acuirsi della crisi
finanziaria.
Per quanto concerne il mercato
delle commodities, non accenna ad
esaurirsi la lenta ma continua risalita del
prezzo del petrolio giunto a circa 80
dollari al barile nei primi giorni del nuovo
anno. Inoltre gli operatori si aspettano
ulteriori rialzi nel medio periodo come
attesta il prezzo dei contratti future ad un
anno quotati ad oltre 85 dollari al barile
(figura 14). Le prospettive meno
pessimistiche sulla crescita economica
rispetto a qualche mese fa hannp infatti
indotto un rialzo della domanda attesa
per il 2010.
Figura 12: Variazioni % mensili, trimestrali e annuali
dei principali tassi di cambio.
Figura 13:Andamento della volatilità dei tassi di
cambio
10 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
Nel complesso il petrolio guadagna il 2.7%
nel mese ed oltre 12 punti nel trimestre
(figura 15). La relazione inversa che
invece lega l’andamento del dollaro
all’oro spiega la riduzione del prezzo di
quest’ultimo (circa 7 punti percentuali)
nel corso del mese di dicembre. L’oro
infatti è prezzato in dollari e dunque
quando il biglietto verde si apprezza la
domanda di oro diminuisce. Inoltre le
banche detengono riserve nella valuta
statunitense e quando questa perde
valore preferiscono il suo sostituto più
stretto, l’oro appunto.
Figura 14: Prezzo spot del petrolio e prezzo del future
ad un anno.
Figura 15. Andamento materie prime: variazioni
percentuali mensili, trimestrali e annuali.
11 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
2. I mercati finanziari
Le condizioni finanziarie nei mercati
monetari europei e statunitensi
continuano a migliorare in virtù delle
misure di supporto al credito e di un
migliorato sentiment nei confronti delle
istituzioni finanziarie. Hanno aiutato in
questa direzione le pubblicazioni sugli
stress test delle principali banche
statunitensi, la restituzione dei fondi Tarp
e l’abbondante liquidità iniettata nel
sistema.
Conseguentemente i tassi di sconto
nei mercati monetari si sono ridotti
ulteriormente, per tutte le scadenze, negli
ultimi tre mesi: in figura 16 vengono
riportati le continue flessioni dei tassi
Libor ed Euribor a tre mesi giunti
rispettivamente allo 0.7% e 0.25%. Gli
operatori di mercato dunque
sembrerebbero essere convinti che il
costo del denaro rimarrà ancora stabile
per i prossimi mesi. Ed infatti, come già
accennato in precedenza, Fed e Bce
hanno annunciato di voler prima
provvedere a rimuovere le altre misure
straordinarie di intervento quali ad
esempio le aste a lunga durata e ad
ammontare illimitato e solo in seconda
battuta, qualora le condizioni economiche
lo permettessero, ritoccare i tassi di
sconto.
Tuttavia, sia in eurolandia che negli
Usa, il tasso di crescita dei prestiti erogati
si è ridotto per tutti i settori assumendo
anche valori negativi in qualche caso. In
figura 17 sono riportati gli andamenti
delle quattro voci che compongono il
totale dei prestiti erogati dalle istituzioni
finanziarie monetarie europee. È possibile
notare come in ogni settore ci sia un
trend negativo ormai da diversi anni che
tuttavia si è accentuato con l’acuirsi della
crisi finanziaria. I dati più recenti indicano
che prestiti alle imprese non finanziarie si
sono ridotti, nel mese di novembre e su
Figura 16. Tassi euribor (nero) Libor (arancione)
Figura 17. Variazione annuale prestiti degli IFM
nell’area euro
12 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
base annuale, di quasi due punti
percentuali, 13.6% la flessione dei prestiti
alle assicurazioni e ai fondi pensioni.
Primo incremento positivo,dopo una serie
di dati negativi, per i prestiti ad altri
intermediari finanziari (0.3%) e alle
famiglie (0.5%). Per quest’ultimo settore
la figura 18 contiene un’ulteriore
scomposizione che mostra come le
maggiori flessioni abbiano riguardato il
credito al consumo e i mutui ipotecari ma
con la differenza che solo quest’ultima
voce è tornata ad un tasso di variazione
positivo.
I motivi del rallentamento del
credito sono da ricercare non solo in un
irrigidimento dell’offerta, ma anche in
una diminuzione della domanda dovuta
alla congiuntura economica. Tuttavia
molti osservatori sostengono che il
motivo della stretta creditizia sia da
ricercare nel ritorno delle banche agli
investimenti nei mercati finanziari. Ad
avvalorare questa tesi le stesse parole del
governatore della Bce che ha criticato le
banche per il ritorno ad una speculazione
rischiosa e ha ricordato loro che l’ingente
iniezione di liquidità nel sistema è
destinata all’economia e ai prestiti alle
imprese, non al trading.
Le imprese hanno così sostituito il
finanziamento bancario attraverso il
ricorso al mercato. Dalle rilevazioni
dell’Ocse emerge che le obbligazioni
emesse da parte delle imprese non
finanziarie sia stata negli Stati Uniti
superiore del 55% alla media decennale,
addirittura del 90% nel caso europeo. Il
ritorno all’appetito per il rischio e le
condizioni economiche in via di
miglioramento hanno indotto sia un
restringimento degli spread rispetto alle
emissioni governative che un riduzione
dei credit default swap. Pur con le dovute
differenze queste considerazioni sono
valide per differenti categorie di rating,
per gli emittenti del settore finanziario
come quelli dei settori non finanziarii.
Se gli il mercato delle obbligazioni
corporate sembrerebbe aver lasciato alle
spalle i periodi più bui, qualcosa di diverso
sta avvenendo invece nel mercato delle
emissioni governative. Si è già
ampiamente discusso della bassa
probabilità che le banche centrali operino
sui tassi di interesse senza aver prima
fatto rientrare gran parte della liquidità
erogata e di come un ritocco dei tassi,
stando alle parole dei governatori
centrali, non si profili almeno nel breve
periodo. Tuttavia quello che si osserva, da
almeno un mese ad oggi, è un incremento
Figura 18. Scomposizione dei prestiti degli IFM alle
famiglie.
13 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
dei rendimenti delle emissioni
obbligazionarie e dunque una riduzione
dei rispettivi prezzi. Negli Stati Uniti, ad
esempio, il rendimento del titolo biennale
si è quasi raddoppiato nel giro di pochi
giorni passando dallo 0.67% del primo
dicembre all’1.13% del primo gennaio
(figura 19). Ma incrementi sostanziali si
sono avuti anche per le scadenze a 5 e 10
anni, con un rendimento, in quest’ultimo
caso, giunto oltre il 3.8%. Anche in
Europa, questa tendenza sembrerebbe
essere confermata: gli indici Jp Morgan
riportati in figura 20 hanno visto ridurre i
rispettivi valori per tutte le scadenze ma
soprattutto per quelle a lungo termine
per le quali la flessione è stata dell’1.64%
nel mese di dicembre e dello 0.8%
nell’ultimo trimestre dell’anno.
Secondo alcuni analisti dunque i
mercati stanno scontando il
deterioramento dei conti pubblici e la
vasta inondazione di emissioni di
obbligazioni, un rischio paese dunque.
Basti pensare che il debito delle 7
maggiori economie mondiali ammontava
all’84% del Pil nel 2007, ma che per il
2010 e il 2011, secondo le ultime stime
del Fondo Monetario Internazionale, il
rapporto dovrebbe salire rispettivamente
al 109% e al 113%. Nel solo Giappone il
debito è cresciuto al 200% del Pil. Al di
fuori delle sette grandi, ovviamente il
quadro è finanche peggiore. Oltre al noto
problema della Grecia, anche per Paesi
come Spagna e Portogallo l’agenzia
Moody’s si appresta ad effettuare un
downgrade del rating.
Tuttavia da un’analisi più approfondita
emergono importanti differenze tra i
diversi Stati. Che i mercati abbiano
cominciato a scontare un rischio paese, e
che questo rischio non sia variato in egual
misura tra i diversi paesi, lo si può
evincere ad esempio da un’analisi dei
Crediti Default Swap, ovvero del prezzo
delle assicurazioni contro il default degli
emittenti obbligazionari.
Figura 19. Rendimenti a diverse scadenze delle
emissioni obbligazionarie statunitensi.
Figura 20. Variazioni degli indici Jp Morgan riferiti alle
emissioni obbligazionarie europee
14 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
In figura 21 si può notare come negli
ultimi tre mesi, l’incremento del prezzo di
tali contratti assicurativi abbia riguardato
tutti i Paesi del G7, seppur con diversi
tassi, ma anche come si sia allargata la
forchetta tra i due Paesi considerati da
sempre a minor rischio. Attorno al 20
ottobre i CDS di Germania e Stati Uniti
viaggiavano sui 20 basis point, dopo tre
mesi quelli tedeschi sono aumentati del
50%, quelli statunitensi sono invece
raddoppiati.
Ed infatti per incontrare la domanda i
titoli decennali statunitensi devono offrire
oggi lo 0.48% in più rispetto ai
corrispettivi tedeschi, situazione anomala
questa se solo fino a pochi mesi fa erano
quelli tedeschi dover offrire uno spread
positivo (figura 22). Si noti anche come gli
stessi Btp italiani stiano recuperando
terreno stringendo lo spread sia nei
confronti della Germania che degli Usa.
Ed è proprio con un rendimento del
Btp decennale italiano stabile attorno al
4% che non sono occorse variazioni del
TMG, Il tasso massimo garantibile sui
contratti assicurativi di ramo VI. Inoltre,
non essendosi verificata nessuna
variazione superiore al 15% tra il TMG in
vigore e il sessanta per cento del TMO, il
TMG continuerà ad essere pari al 2.5%
almeno per i prossimi tre mesi.
Per avere un’idea dell’andamento del
tasso massimo garantibile e di alcune
Figura 22: Spread titoli governativi decennali italiani e
statunitensi rispetto a quelli tedeschi.
Figura 21: Credit Default Swap a 5 anni degli emittenti G7.
15 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
variabili ad esso correlate o comunque
strategiche per il Fondo, la figura 23
continua l’aggiornamento del TMG, dei
tassi di sconto ufficiali, dell’inflazione e
del TFR. Si ricorda che al fine di
neutralizzare l’effetto ondulatorio del TFR
dovuto al calcolo, anche durante l’anno
della componente inflazionistica rispetto
al valore del 31/12, la serie storica utilizza
la variazione annuale dell’indice IFO per
cui il TFR ottenuto corrisponde al “vero”
TFR soltanto in chiusura d’anno, 2.22%
nel caso del dicembre 2009.
I rendimenti dei titoli inflation
linked, per i Paesi riportati in figura 24, si
sono ridotti sin da inizio anno soprattutto
nel caso dell’Italia. I rendimenti di tali
titoli sono rendimenti reali, vale a dire
rendimenti nominali al netto
dell’inflazione e dunque la loro flessione
può essere dovuta ad una diminuzione
dei tassi nominali, come accaduto
nell’ultimo anno, o ad un incremento
dell’inflazione attesa. Inoltre sottraendo
al tasso d’interesse nominale il
rendimento delle obbligazioni
inflation linked con stessa scadenza, è
possibile estrarre dal mercato l’inflazione
che gli operatori si attendono per le
diverse scadenze dei titoli utilizzati, la
cosiddetta “break even inflation”.
In figura 25 sono riportate le
“break even inflation” costruite con i titoli
italiani e statunitensi per mostrare come
Figura 24: Rendimenti dei titoli Inflation Linked di
alcuni Paesi
Figura 23: Andamento storico del TMG, TFR, tassi di sconto e Inflazione.
16 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
gli operatori di mercato si attendano per
il prossimo anno un’inflazione pari
all’1.46% e all’1.17% rispettivamente.
Crescita dei prezzi che dovrebbe salire ad
un tasso pari all’1.82% e all’1.59% per i
prossimi tre anni.
I guadagni dei listini azionari
mondiali avvenuto a partire dal mese di
marzo sono stati senza dubbio di notevole
entità: oltre il 50% negli Usa, poco al di
sotto nell’area europea, oltre il 40% in
Giappone e Regno Unito. Guadagni così
intensi da far ritenere, secondo alcuni
analisti, che il rialzo dei prezzi sia stato
guidato più dall’abbondante liquidità
monetaria che dai veri fondamentali.
Tuttavia da uno studio condotto
dall’Oecd per i Paesi del G7 ad eccezione
dell’Italia, il rapporto prezzo dividendi
aggiustato per il trend di crescita
economica è al di sotto della sua media
storica, per ognuno dei Paesi considerati.
Invece di calcolare il semplice rapporto
Prezzo/Utili, nell’analisi in questione
l’OECD considera il rapporto tra i prezzi e
la media mobile dei dividendi degli ultimi
dieci anni, aggiustato per il tasso di
crescita dell’economia
Dunque ne emergerebbe che non sia
stata solo la liquidità a guidare il rally del
mercato azionario, ma che anche altri
fattore abbiano giocato un ruolo
determinate. Il riferimento è ad un
quadro economico migliore rispetto a
quello scontato dalla caduta dei prezzi
durante l’ultima crisi finanziaria e ad un
Figura 25: Break Even Inflation a diverse scadenze negli Stati Uniti e in Italia.
17 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
ritrovato appetito per il rischio degli
investitori finanziari anche alla luce della
riduzione della volatilità dei listini che è
addirittura scesa al di sotto dei valori
registrati ad inizio settembre 2008.
Il fenomeno della riduzione della
volatilità è ben colto dall’indice Vix (figura
23) tornato gradualmente sotto 20 punti
nel Gennaio 2010, vale al di sotto del
livello registrato nei giorni precedenti
all’acuirsi della crisi finanziaria.
Quest’indice riflette una stima della
volatilità futura dell’S&P 500, basata su
una media ponderata della volatilità
implicita di diverse sue opzioni (differenti
strikes e scadenze), e dunque la sua
riduzione segnala una riduzione della
probabilità di inversioni di tendenza
dell’S&P 500.
Snocciolando i dati di performance dei
listini attraverso la lettura della figura 24,
si evince che nel mese di dicembre tutti
gli indici azionari rappresentativi dei paesi
considerati, hanno messo a segno
performance importanti, leggermente più
alte in Europa, che vanno dal 12.85% del
Nikkey 225 (Giappone) allo 0.8% del Dow
Jones Industrial (Usa). Ma se si considera
l’ultimo trimestre dell’anno sono invece
gli Stati Uniti ad aver conseguito i migliori
risultati con circa 7 punti percentuali
guadagnati dal Nasdaq Composite (Usa) e
dallo stesso Dow Jones. Molti dei
Figura 23: Indice VIX
.
Figura 24. Principali indici borsistici mondiali: variazioni percentuali mensili, trimestrali e annuali.
18 Report Economico Quarto Trimestre 2009. Ufficio Analisi Finanziarie del Fondo Cometa
guadagni degli indici considerati si
posizionano al di sopra del 20% nell’arco
dell’intero 2009 con punte del 30 e del 43
per cento rispettivamente per l’Ibex
(Spagna) e per il Nasdaq.
A guidare il rally nel mese di
Dicembre, in base alla scomposizione
settoriale dell’Msci europeo riportata in
figura 25, sono stati i settori dell’energia e
delle materie prime. Nel trimestre oltre a
questi due settori si mettono in evidenza i
consumi di prima necessità, mentre
registrano perdite quelli finanziari e
dell’information technology.
Figura 25. Scomposizione settoriale dell’MSCI World: variazioni percentuali mensili, trimestrali e annuali.