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Dossier Catechista Maggio 2013 26 Dossier Catechista Maggio 2013 26 Come iniziare i bambini alla preghiera MARIO FILIPPI Con i bambini

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Dossier Catechista Maggio 201326 Dossier Catechista Maggio 201326

Come iniziare i bambinialla preghiera

Mario Filippi

Con i bambini

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I discepoli chiesero un giorno a Gesù: «Maestro, insegnaci a pregare». Questa stessa domanda la rivolgono ogni giorno i bambini a mamma, a papà e ai catechisti. Essi ci domandano di aprire loro il mondo dell’invisibile e della grazia.

La preghiera dei bambiniChiediamoci: «Come aprire ai bambini il mondo

meraviglioso e misterioso della preghiera? Come iniziarli a quel cammino di scoperta che li porterà a un autentico incontro con Dio?».

La preghiera dei bambini ha, infatti, delle esi-genze diverse da quella di noi adulti: deve trovare un suo stile proprio, fatto di semplicità, di stupore, di ammirazione, di innocenza che sono le caratte-ristiche proprie della loro età.

Pregare non è «dire» delle preghiereNon si tratta, quindi, prima di tutto di insegnare

loro delle preghiere, ma di aprire il loro cuore e la loro vita all’incontro con Dio che li ama e li chia-ma a sé.

È una questione di clima, di atmosfera, di matu-razione cristiana, prima che di formule da impara-re a memoria e da recitare meccanicamente.

II bambino impara a pregare vivendoSi deve orientare verso Dio tutta la ricchezza e la

spontaneità della vita dei bambini, che è fatta di grandi scoperte dentro ai piccoli avvenimenti della vita di ogni giorno.

Una prima grande preoccupazione, a questo ri-guardo, dovrebbe essere rivolta ai genitori, perché sono loro i primi e i più decisivi «maestri di pre-ghiera».

Gradualmente essi dovrebbero invitare i loro bambini a partecipare e a ripetere i gesti essenziali dei momenti religiosi compiuti da tutta la famiglia. L’atteggiamento della mamma nella preghiera, il raccoglimento del papà daranno loro la sensazio-ne viva della «presenza» di una Persona grande e importante e molto amata. Anche se non com-prenderanno ancora le parole dette e i gesti fatti, si identificheranno con l’atteggiamento delle persone che essi amano e, a loro modo, pregheranno.

L’iniziazione alla preghiera si basa sul compi-mento graduale e lento degli atti interiori della pre-ghiera. Perciò occorre favorire prima di tutto il con-

tatto personale, rispettoso e confidente con Dio e l’elevazione gioiosa del cuore verso il Padre celeste.

Gli avvenimenti della vita quotidiana offrono frequenti occasioni di dire a Dio il «sì» e il «grazie» riconoscente e sincero.

Per questo è importante creare le condizioni este-riori della preghiera: il clima spirituale di raccogli-mento, di silenzio e di calma.

La preghiera e le formule di preghieraLa formula, abbiamo detto sopra, non è ancora

preghiera, però ha in sé una grande ricchezza di tradizione, di contenuto e corrisponde a una esi-genza della psicologia del bambino che è assai portato alla ripetizione.

La formula, inoltre, arricchisce il vocabolario e può diventare la traduzione e l’espressione della fede e dei sentimenti religiosi dei vostri bambini.

Naturalmente in tutto questo occorre seguire i bambini nel loro sviluppo graduale, senza forzare il cammino e senza bruciare le tappe, scegliendo anzi i tempi e i modi più opportuni.

Non sarebbe, per esempio, una cosa raccoman-dabile quella di insegnare ai piccoli il Padre Nostro o l’Ave Maria subito nella loro interezza e come preghiera a sé stante da recitare la sera o la matti-na... Molto più educativo e producente sul piano della iniziazione alla vera preghiera sarà, invece, introdurre delle singole invocazioni del Padre No-stro come espressioni o formulazioni privilegiate di momenti di preghiera suggeriti dalle circostanze e occasioni della vita quotidiana.• Prima di pranzo, per esempio: «Padre nostro, che sei nei cieli: dacci oggi il nostro pane quotidiano».• Dopo una mancanza: «Padre nostro, che sei nei cieli: perdona a noi le nostre mancanze, come noi. le perdoniamo a coloro che ci hanno offesi».• Al mattino: «Padre nostro, che sei nei cieli: tutti gli uomini lodino il tuo nome...».

Lo stesso si dica dell’Ave Maria e delle altre pre-ghiere tradizionali del cristiano.

Dalla fonte della BibbiaMa le formule alle quali accostare i bambini non

sono solo quelle tradizionali della pietà cristiana. La Bibbia e la Liturgia suggeriscono una incomparabile ricchezza di temi e di spunti per una preghiera adatta a tutte le circostanze della vita.

Sarebbe una grande ingiustizia e un grande torto fatto ai bambini se si lasciano al di fuori di tutta questa ricchezza. Si possono far ripetere, ad esem-pio, alcuni dei versetti più belli dei Salmi.

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Partecipazione attiva alla preghieraOccorre ricordare poi che, diversamente dagli

adulti, i bambini non si sentono partecipi di un’azio-ne se, in qualche modo, non entrano anche loro nell’azione facendo qualcosa: non solo ascoltare o recitare, ma cantare, rispondere, fare dei gesti... È la mancanza di partecipazione attiva che spesso causa un calo di interesse nelle preghiere dei bambini.

Nella vita ordinaria i bambini leggono ad alta voce un libro o ne commentano le figure, ripetono quello che hanno compreso e li hanno colpiti, in-terrompono, fanno domande, introducono ricor-di... Così anche per la preghiera: essa deve diven-tare dialogo e azione. Anche quando i bambini pregano con gli adulti, devono poter svolgere la loro parte che sarà accettata con interesse e affetto.

La preghiera è una specie di contagioPer insegnare a pregare è necessario essere perso-

ne di preghiera. Ricordo sempre ciò che mi ha rac-contato un giorno una catechista: «Io incontro i miei bambini due volte alla settimana: il venerdì a catechismo e la domenica quando passo a pren-derli nelle loro case per portarli alla Messa. Ma ho un altro incontro con loro, e questo ogni giorno, quando nella preghiera della sera dico a Dio il no-me dei miei bambini per diventare, a mia volta, ca-pace di dire il nome di Dio ai miei bambini». Soltanto chi ha il cuore pieno di Gesù diventa capace di do-narlo agli altri.

Un’altra catechista mi raccontava la sua espe-

Anche se alcuni bambini sembrano esse-re portati alla preghiera quasi spontane-amente, molti pregano meccanicamen-te, senza apparente partecipazione. Come aiutarli a rendere personale e vero il momento della preghiera? 1. «La preghiera è una specie di contagio», dice l’autore dell’arti-colo. Cioè i bambini pregano per imitazione, come fanno in molte al-tre situazioni, quanto più sono piccoli. Come preghiamo quando siamo con loro? Quale esperienza di preghiera possono aver avuta in famiglia? 2. Come organizziamo i momenti di pre-ghiera nell’incontro catechistico? Come

LABORATORIO CATECHISTICOrenderli protagonisti della loro preghiera? Sono utili le formule tradizionali o rischiano l’usura? 3. Le nostre celebrazioni sono gradite? So-

no leggere e simpatiche? Sono utili alcuni accorgimenti, come la visione di immagi-ni, l’uso di simboli e l’utilizzo di oggetti? Quante volte le organizziamo nell’anno?

4. I più grandi spesso fanno fatica ad accettare sia la preghiera spontanea, che quella organizzata. Come possia-mo aiutare i ragazzi che non sono più bambini ad accettare qualche momen-

to di incontro con Dio? Come partire dal-le loro esperienze, servirsi dei personaggi e dei testi biblici?

rienza di preghiera con i bambini. Al termine del catechismo li portava in chiesa davanti al taberna-colo. Si metteva davanti loro, con le mani giunte e diceva con loro alcune preghiere tradizionali. Ma presto si accorse che i bambini guardavano a lei e non al tabernacolo, per cui in realtà non pregava-no. Allora si inginocchiò in mezzo a loro dicendo loro di pregare ciascuno nel proprio cuore, con le loro parole. Un giorno, in un momento di silenzio, stando in mezzo a loro, la catechista cominciò a pregare a voce sommessa e con parole spontanee. Finita la sua preghiera si fermò in silenzio. Dopo qualche istante di silenzio una bambina le chiese sottovoce: «Posso fare anch’io una preghierina?». «Ma certo», rispose la catechista. Poi con grande naturalezza anche altri bambini aggiunsero delle preghierine personali. Alla fine la catechista con-cluse il momento di preghiera raccogliendo le in-tenzioni di tutti i bambini. E uscirono di chiesa. La catechista si trovò vicina a un bambino che non aveva detto nessuna preghiera e gli domandò: «To-nino, e tu hai pregato?». «Sì, che ho pregato», ri-spose. «E che cosa hai detto a Gesù?». «Ho detto: Signore io non so che cosa dirti, ma ti dico tutte le parole che adesso ti sta dicendo la mia catechista».

Anche nella preghiera i bambini imparano ve-dendo che accanto a loro c’è qualcuno che prega. La loro è quasi una preghiera per contatto. Non dobbiamo mai dimenticarlo: i bambini hanno di-ritto che noi insegniamo loro anche a pregare; e questo lo si insegna pregando. La preghiera si in-segna non a parole ma per contagio.

Con i bambini