Come definire il vero margine del retail?

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Come definire il vero margine? Estratto da Largo Consumo n. 2/2014 © Editoriale Largo Consumo srl Nuovi approcci metodologici e nuovi strumenti per il calcolo del giusto margine, al centro di un workshop che ha coinvolto le funzioni strategiche di un panel di imprese retail REDDITIVITÀ E Ed di it to or ri ia al le e L La ar rg go o C Co on ns su um mo o S Sr rl l Via Bodoni, 2 - 20155 Milano Tel. +39 02 3271646 (digitare 2) - Fax +39 02 3271840 e-mail: [email protected] www.largoconsumo.info GLI INCONTRI DI LARGO CONSUMO

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Nuovi approcci metodologici e nuovi strumenti per il calcolo del giusto margine, al centro di un workshop che ha coinvolto le funzioni strategiche di un panel di imprese retail.

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le funzioni strategiche di un panel di imprese retail

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Tel. +39 02 3271646 (digitare 2) - Fax +39 02 3271840e-mail: [email protected] www.largoconsumo.info

GLI INCONTRIDI LARGO CONSUMO

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DISTRIBUZIONE

mance di rotazione della referenza a scaffale. Oggi i retailerdevono tenere sotto controllo al meglio queste variabili di co-sto, pena veder appesantito il loro conto economico. Il primopasso per poter identificare le aree di inefficienza è la misura-zione della progressione del costo operativo delle merci a li-vello di singolo item lungo la filiera, con l’obiettivo di una de-finizione del reale profitto e delle ipotesi di azioni da intra-prendere per migliorarlo.

ALLA RICERCA DI NUOVI EQUILIBRILo scorso 14 novembre 2013, presso la sede milanese di

GS1 Italy – Indicod Ecr, si è dibattuto di questi temi in oc-casione di un workshop organizzato da Largo Consumo e conil contributo di Tesisquare – il brand che segna l’evoluzionedi Gruppo Tesi, società con uffici in Italia, Amsterdam e Pari-gi, specializzata nelle soluzioni di software collaborativo peril business – e un nutrito panel di retailer. L’incontro, intitola-to “Processo di gestione merci nel retail: costi operativi e red-ditività sotto controllo?”, è stata l’occasione di un franco con-fronto stimolato da un’introduzione di Davide Pellegrini,professore associato della Facoltà di Economia dell’Univer-sità degli Studi di Parma e dalla presentazione del ProactiveProfit Management. Il Ppm è una soluzione frutto della col-laborazione tra Tesisquare e Giancarlo Pelarin, consu-

tudi internazionali hanno dimostrato che il costo dellagestione delle merci nelle imprese retail cresce progres-sivamente dalla fase di acquisto alla logistica, fino aesplodere sul punto di vendita, con ovvie conseguenze

sul reale margine netto, elemento fondamentale ma spesso dif-ficile da definire. Un tema particolarmente sentito in una sta-gione di forte competizione sui margini, come quella che stia-mo vivendo. Dopo la chiusura dei contratti, tre voci in partico-lare – legate ai processi di gestione fisica dei singoli prodotti –incidono sul costo delle merci: il costo del lavoro e il suo im-patto su ogni singola categoria e prodotto; il costo di occu-pancy logistica e quello inventariale, influenzato soprattuttodalle operazioni di movimentazione in store e dalle perfor-

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Come definire il vero margine?Nuovi approcci metodologici e nuovi strumenti per il calcolo del giusto margine,

al centro di un workshop che ha coinvolto le funzioni strategiche di un panel di imprese retail

di Leonardo Rastelli e Armando Garosci

REDDITIVITÀ

GLI INCONTR

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DI LARGO CONSU

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Largo Consumo promuove direttamente la realizzazione o partecipa inqualità di partner, all’organizzazione di diverse tipologie di incontri(convegni, seminari, tavole rotonde ecc..) su temi di carattere produttivo,economico, gestionale, relazionale, aventi come riferimento i rapportitra la produzione in genere, la distribuzione e il consumatore finale.Trattandosi di temi strettamente collegati alla cultura della rivista, l’ideale,dal punto di vista informativo, sarebbe di poterne pubblicare, di tutti,una sintesi giornalistica. Non potendo ovviamente farlo, per ragionidi spazio, la redazione ne propone alcuni in questa serie di articoli,denominata Gli Incontri di Largo Consumo.

Guarda la sintesi video dell’evento su:www.youtube.com/largoconsumo

LARGO CONSUMO n. 2/2014

Un momento dell’intervento introduttivo di Davide Pellegrini (Università degli Studi di Parma)

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lente direzionale con una lunga esperienza manageriale inaziende industriali e retail, tra cui P&G ed Esselunga: il suoobiettivo è individuare la redditività netta di ciascun prodot-to e le azioni che il retailer deve intraprendere per monito-rarla e migliorarla, al fine di aumentare la bottom line.

UNA SFIDA CULTURALEDavide Pellegrini, nel suo intervento incentrato sul te-

ma “Channel Metrics: nuovi indicatori di performance”(affrontato dal docente nel-l’omonimo volume edito daEgea, ndr), ha sottolineatoche quello del Direct Pro-duct Profit è un tema stori-co. “Il Dpp presenta note-voli complessità, a comin-ciare dall’annosa questionedel come imputare certi co-sti ai singoli prodotti. Co-struire un sistema di conta-bilità di prodotto che noncorra il rischio di annovera-re passaggi di semplifica-zione è un esercizio com-plesso. In questi anni peral-tro sono stati molti gli espe-rimenti aziendali per trovarevie di mezzo utili tra uno

strumento troppo analitico e uno strumento che funzioni”.Per funzionare, il Dpp non richiede strumenti ipersofisti-

cati, bensì una soluzione organizzativa semplice, un ap-proccio molto concreto ai problemi, tanto più in una situa-zione di crisi, nella quale le aziende hanno bisogno di sa-pere quanto si guadagna davvero sul singolo prodotto. “Larealtà è che le imprese retail italiane – ha proseguito Pelle-grini – hanno una struttura dei costi che mediamente arri-va a 23-25 punti, mentre i leader europei si fermano aquota 20: il gap è evidente. In Italia scontiamo componen-ti esogene negative (costo dell’energia, logististica diffici-le, ecc.), ma è chiaro che ci sono modelli organizzativiforse da rivedere. Non dimentichiamo che i più bravi a ri-durre i costi sono i più bravi ad aumentare le vendite. Effi-cienza ed efficacia vanno di pari passo e la prima è figliadella seconda”.Da dove nasce dunque l’inefficienza? “Qui entrano in

gioco i rapporti con l’industria: il fuori fattura in Italiapuò incidere fino a 17 punti, contro percentuali molto piùbasse dei retailer europei. La commistione di interazionitra industria e distribuzione non aumenta l’efficienza: glispazi espositivi, la logistica, i magazzini sono troppo in-fluenzati dalle condizioni negoziali. Purtroppo in Italia sipreferisce la poca trasparenza, che premia l’inefficienza.La sfida quindi non è tecnologica, ma innanzitutto cultu-rale e organizzativa. I processi delle imprese commercialisono complessi e interfunzionali: i retailer hanno semprebisogno di un confronto tra funzioni, visto che i costi so-no trasversali. Le aziende che ne prendono atto hanno fat-to un’azione culturale”.

UNA NUOVA METODOLOGIA“Nel retail – ha affermato Giancarlo Pelarin, introducen-

do il Ppm – la redditività viene normalmente determinatasulla base del margine lordo, che tuttavia non permette diconoscere l’effettivo profitto netto generato dai singoli pro-dotti, in quanto non riflette il peso di elementi determinantiai fini del risultato finale di esercizio, quali la gestione dellospazio e degli asset fisici, la generazione di costi all’internodell’impresa, il livello di giacenza e il correlato onere finan-ziario. E non tiene conto del tasso di rotazione dei singoliarticoli, col rischio di privilegiare i prodotti ad alto marginema a bassa rotazione”.Il Ppm è uno strumento ideato per misurare i costi operativi

sostenuti dal singolo prodot-to dall’acquisto alla venditaal consumatore, determinan-do i valori di profitto netto alivello di referenza e, per ag-gregazione, di categoria, sto-re, fornitore e cliente; fornirel’analisi delle performancedel momento; formulare ipo-tesi di azioni da intraprende-re tese all’aumento del pro-fitto netto, valutandone pre-ventivamente gli effetti.In un mercato dove i retai-

ler sono sottoposti a fortipressioni per mantenerecompetitivi i prezzi e ridurrei costi, il Ppm può diventareun’arma competitiva impor-

Il Ppm ha un duplice obiettivo: aumentare il profittonetto e migliorare la velocità e la qualità delle decisioni di bu-siness, monitorandone gli effetti. In particolare, il Ppm:• Misura i costi operativi sostenuti dal singolo articolo nel suopercorso, dall’acquisto alla vendita al consumatore;• Determina i valori di profitto netto a livello di Sku/Store e,per aggregazione, di categoria, store, fornitore e cliente;• Fornisce l’analisi della perfomance As Is e identifica possibi-li aree di beneficio;• Determina gli incrementi di redditività netta ottenibili dallarazionalizzazione dei costi operativi;• Permette di formulare ipotesi di azioni da attuare, finalizza-te all’aumento del profitto netto, e di valutarne preventiva-mente gli effetti diretti e cross.I partecipanti al WorkshopGiulio Canestri (Controller, Basko Supermercati), Luca Bar-santi (Direttore Acquisti Grocery e Non Food, Cadla De-spar), Riccardo Rizzo (Direttore HR, Carrefour Italia), Ceci-lia Chizzali (Direttore Prodotto Casa, Coin), Silvio Bacci(Controller, Conad del Tirreno), Franco Iazeolla (Responsa-bile Controllo di Gestione, Conad del Tirreno), Giovanni Lo-dovici (Direttore Amministrazione e Controllo di Gruppo, Fi-niper), Nicola Morchio (Logistic Manager, Finiper) AnnaBellone (Marketing Manager Fragranze, Givaudan), StefanoBrascugli (ICT Manager, Inres Coop), Fabio Vadilonga (Di-rettore Acquisti e Sviluppo Prodotto, La Gardenia Beauty),Daniela Mosele (Capo Contabile, Maxi Zoo), Luigi Marianto-ni (Acquisti Internazionali, Mercadona), Frédéric Doucet-Bon (Responsabile Supply Chain, Self Italia), Antonio Scarpi-no (Supply Chain, Self Italia), Marco Ferrari (ResponsabileControllo di Gestione, Sogegross).

Servizio fotografico: Michele Ravasio - Servizio video: Paolo Vecchi (Phid srl)

Il Proactive profit management

Da sinistra, Giancarlo Pelarin e Riccardo Cicero (Tesisquare)

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tante. “Uno strumento che consentedi controllare i costi operativi eavere la piena visibilità sul profittonetto a livello di Sku, di classificarel’offerta sulla base del profitto net-to generato, di aumentare l’effi-cienza nel rapporto negoziale con ifornitori e la focalizzazione sui ri-sultati in termini di efficienza edefficacia. Il tutto con un aumentodel profitto netto stimato non infe-riore all’1% sulle vendite”. Inoltre,il Ppm sottende l’importanza dellavoro di un team interfunzionaleche coinvolga gli acquisti, la distri-buzione, il merchandising, le ope-rations, i sistemi informativi, ilcontrollo di gestione e le finanze.

IL PPM ALLA PROVAA Riccardo Cicero, account executive e responsabile

Ppm in Tesisquare, è spettato il compito di scendere sulterreno dell’operatività, illustrando un esempio di applica-zione concreta del Ppm. “Abbiamo preso in considerazio-ne – ha spiegato – in un arco temporale di quattro settimane,una categoria composta da 15 Sku, tre punti di vendita di unretailer del Mid-West statunitense, appartenenti allo stessoformat, con dimensioni e spazi espositivi simili. Il marginelordo risulta dalla differenza tra il prezzo di vendita e il costodi acquisto rettificato. Il costo orario del lavoro è stato applica-to in misura uguale a tutte le attività. Abbiamo definito un co-sto standard per mq/anno dello spazio differenziato per il wa-rehouse e per i pdv, e costi di mantenimento della giacenza at-torno al 25% sul valore dell’inventario”.Il risultato finale è la definizione di una serie di risultati di

performance per ciascun prodotto – vendite in valore e vo-lume, margine lordo e profitto netto – e pdv, da analizzareper intraprendere le azioni opportune e disegnare una previ-sione di risultati. “Abbiamo evidenziato, per esempio, ladifferenza tra i pdv in termini di profitto netto ed è emersoquali prodotti creano profitto, quali non ne generano e qualitendono a distruggerlo. Possiamo così fare un benchmarksui prodotti nei diversi pdv per capire qual è la differenza dicomportamento di ogni Sku su ciascun pdv e cogliere le cri-ticità su cui intervenire, permettendo così di evidenziareeventuali benefici ottenibili sulla redditività e le azioni as-sociate da perseguire”.Noti i valori di Dpp/Dpc a livello di Sku/Store, occorre

dunque studiare come utilizzarli per ottimizzare i risultatiattraverso lo strumentodel Ppm declinato sulletre aree di costo del la-voro, inventory e occu-pancy logistica. “Inconclusione abbiamodimostrato che l’utiliz-zo del solo margine lor-do non solo non è suffi-ciente per valutare laredditività del prodotto,ma può essere fuor-viante, mentre si con-ferma il target dell’1%

del profitto netto indicato tra i bene-fici del Ppm”.

GESTIRE LA COMPLESSITÀSecondo Nicola Morchio, logistic

manager Finiper, “nella gdo ci sonoalcuni elementi chiaramente verifi-cabili, mentre altri sono molto diffi-cili da monitorare, perché le impresedistributive sono assai meno centra-lizzate dell’industria, che può map-pare molto precisamente i processi.C’è quindi un primo elemento di ge-stione della complessità, cui va ag-giunta la compresenza di tanti attoria livelli diversi: alcuni lavorano co-me nell’industria a livello centrale(buyer, logistici, amministrativi),

una gran parte è allocata nei pdv periferici, dov’è più difficilemonitorare la singola operazione. A fronte di questa realtà, ilproblema è come si guida la macchina: a fare la differenza èil pilota, non solo la strumentazione”.In Finiper un valore fondamentale è quello della condivi-

sione, che parte dall’informazione: “Se è importante averedati anche molto dettagliati – oggi per la verità bisognerebbesaperli sintetizzare – e spiegarli, lo è non di meno conosceresempre la ‘storia’ che c’è alle spalle dei numeri. Per questo,a livello organizzativo, è bene avere tavoli di lavoro interfun-zionali: da noi, per esempio, il personale di vendita partecipaalle negoziazioni. Finiper punta molto sulla trasparenza esulla responsabilità: non a caso, aver introdotto l’incentivoper i buyer sulle vendite sta pagando”.Sempre in tema di organizzazione, Riccardo Rizzo, re-

sponsabile organizzazione di Carrefour Italia, ha sottoli-neato l’importanza di “trovare il giusto equilibrio tra la cen-tralizzazione, in passato molto spinta in azienda, e l’ade-guata responsabilizzazione e motivazione del personale nelpunto di vendita. Un caso significativo riguarda i trasporti,che presentavano qualche difficoltà, come il multidrop. Ge-stire i costi di trasporto in maniera più dettagliata, puntovendita per punto vendita, trovando il giusto equilibrio trale opposte esigenze della logistica e delle vendite, è statomolto gratificante sotto il profilo economico”.Concludendo l’incontro, Riccardo Cicero ha evidenziato

come il Ppm necessiti ovviamente di un lavoro di messa apunto e modellizzazione iniziale. “È possibile attivare lostrumento su un perimetro pilota per comprenderne i poten-ziali benefici: per esempio, una categoria su tre punti di ven-dita al primo step, da analizzare su un arco temporale di 3-4

mesi. Da qui il Ppm sipuò estendere ad altrecategorie e altri pdv,con un timing che puòarrivare a 18-24 mesi.Nell’ipotesi di un retai-ler con un fatturato di500 mln di euro e unaumento della produtti-vità a regime dello0,4%, abbiamo stimatoun cash flow positivogià entro la fine del pri-mo anno di utilizzo”. �Uno scorcio della sala durante il dibattito conclusivo

(I) Carrefour Iper(D) Rewe

(I) SMA(I) GS

(I) Auchan Iper(F) Carrefour Iper

(F) Auchan Iper(E) Mercadona

(I) Esselunga(UK) Tesco

0 5 10 15 20 25 30

10,8 13,6 4,411,9 15,0 1,2

10,4 14,7 2,98,5 13,3 3,310,9 9,4 2,910,3 11,2 1,4

12,0 8,9 1,812,2 6,4 2,7

10,1 7,4 3,59,4 5,4 1,4

Ammortamentie accantonamenti

Costo del lavoroAltri costi

LA STRUTTURA SINTETICA DEI COSTI NEL RETAIL (in %)

Fonte: PriceWaterhouseCoopers for IBC 2010 Largo Consumo