COLLANA DI STORIA DELL’EUROPA ORIENTALE · Europea e la Russia, della cui cultura e vocazione...

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L’ALTRA EUROPA COLLANA DI STORIA DELL’EUROPA ORIENTALE

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L’ALTRA EUROPA

COLLANA DI STORIA DELL’EUROPA ORIENTALE

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DirettoreFrancesco BAlma Mater Studiorum — Università di Bologna

Comitato scientificoStefano BAccademia delle Scienze d’Ungheria — Istituto di Storia

Stephen KPrinceton University

Silvio PUniversità degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Robert SUniversity of Oxford

Lapo SUniversità degli Studi di Napoli “L’Orientale”

Rita TSapienza Università di Roma

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L’ALTRA EUROPA

COLLANA DI STORIA DELL’EUROPA ORIENTALE

Inseguendo l’Occidente

La collana propone saggi scientifici e di alta informazione sulla storiacontemporanea e attuale degli Stati del continente eurasiatico, dalla lineaStettino–Trieste all’Oceano pacifico. Sono i territori dell’ex comunismo: maanche degli ex Imperi asburgico, ottomano, tedesco e russo, crollati tra il e il , sotto il peso della guerra e delle loro interne contraddizioni.Nel XX secolo essi hanno ospitato tra i più drammatici e tragici eventi dellastoria mondiale, originati dall’intervento nazionalsocialista e poi dalla “mo-dernizzazione” comunista. Oggi i nuovi Stati indipendenti ricercano unaloro via alla prosperità e alla democrazia, nelle nuove condizioni della glo-balizzazione. In forme anche assai diverse, tuttavia: dai paesi europei ormaichiamati “centroorientali”, a quelli balcanici e postsovietici, alla Federazionerussa.

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Andrea Franco

Le due nazionalità della Rus’

Il pensiero di Kostomarov nel dibattito ottocentescosull’identità ucraina

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I edizione: febbraio

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Dedico questa ricerca, che si occupa di idee,all’idea cui tengo di più: la Paneuropa

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Slav�nskie l~ ruq~i sol~�c� vrusskom more?Ono l~ iss�knet? Vot vopros

A.S. Puxkin

Si uniranno i ruscelli slavi nel mare russo? O esso siprosciugherà? Questa è la questione

A.S. P

� tak, ïï � tak l�bl� Mo� Ukraï nuubogu, Wo proklenu sv�togo Boga, Zaneï duxu pogubl�!

T.G. Xevqenko

Io l’amo tanto, la mia povera Ucraina, che per leimaledirei anche Iddio!

T.H. Š

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Il´ja Repin, Ne ždali (Non lo aspettavano), –,Galleria Tretyakov di Mosca.

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Indice

Introduzione

Ringraziamenti

Capitolo IL’impero zarista e le nazionalità suddite. Il caso ucraino

.. L’Impero multinazionale zarista e gli Ucraini: una questionedi élites, – .. Gli Ucraini dell’Impero zarista nell’Ottocento:quanti sono, dove vivono, con chi si relazionano?, .

Capitolo IILa “percezione di sé”: nascita del sentimento di autoco-scienza nazionale in Ucraina. La “questione ucraina” dal-la fine del XVIII secolo agli anni Quaranta dell’Ottocento

.. I prodromi della “questione ucraina”: dalla fine del Sette-cento agli anni Trenta dell’Ottocento, – ... Inquadramentogenerale del periodo, – .. I primi fermenti ucrainofili, –.. Gli anni Quaranta: Nikolaj Ivanovic Kostomarov e la nascitadella “Confraternita Cirillo–Metodiana” (“Kirilo–MefodivskoeBratstvo”), – ... Inquadramento generale del periodo, –... Il “Kirilo–Mefodivskoe Bratstvo”: i fondamenti ideologici e i testiprogrammatici, – ... I Libri della genesi del popolo ucraino, – .. Conclusioni, .

Capitolo IIISconfitta, apogeo e nuovo fallimento. Dalla fine degli anniQuaranta agli anni Sessanta

.. Dall’arresto dei Bratcyky alla ripresa dell’ucrainofilismo. L’e-silio di Kostomarov, i dubbi delle autorità di Stato e il “perio-

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Indice

do pietroburghese” del movimento ucrainofilo, – ... In-quadramento generale del periodo, – ... Lo scioglimento della“Confraternita Cirillo–Metodiana”. La stagnazione dei primi anniCinquanta, – ... La valenza politica e culturale del contrastofra le autorità dello Stato: la riflessione sul processo ai Bratcyky, –... La ripresa dell’ucrainofilismo: la rivista « Osnova ». La reazionedello sciovinismo grande–russo, – .. Dve russkija narodnosti”(Le due nazionalità della Rus´): Piccola–Russia e Grande–Russianella visione di Kostomarov, – .. La Circolare Valuev comereazione al dibattito sull’uso della lingua ucraina e alla teoria del-le “due nazionalità della Rus´” di Kostomarov, – ... Introdu-zione, – ... Il dibattito politico e culturale relativo all’uso dellalingua ucraina (anni Cinquanta e inizio Sessanta dell’Ottocento), – ... L’apporto di Kostomarov alla “questione ucraina” alla vigiliadell’emanazione della Circolare Valuev, – .. Conclusioni, .

Bibliografia

Indice analitico

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Introduzione

Non c’è alcun dubbio che il tema dato dall’apparentamentofra la nazionalità russa e quella ucraina sia molte volte balza-to all’attenzione dei mass media, specialmente in seguito allacaduta dell’Unione Sovietica. Poi, le recenti novità, connessealle proteste aventi avuto il proprio perno sul Majdan Nezalež-nosti di Kiev, e in generale alle nuove tensioni russo–ucraineincentrate dapprime sulla Crimea, e in seguito sul Donbass,hanno conferito un’inattesa attenzione al rapporto storico, po-litico e culturale storicamente intercorso fra le due principalinazionalità slave–orientali.

Non a torto, sulla base dei più comuni assunti linguisticie storiografici, è usualmente dato per assodato che si tratti didue gruppi etnici apparentati fra loro in modo piuttosto stretto;epperò, se la storia di queste due nazionalità è approdata allaformazione di due Stati fra loro separati, la cui titolarità spetta aciascuno dei due gruppi nazionali, ciò impone una rinnovatariflessione in merito ai motivi di separatezza che distinguonotra di loro i due Paesi. Dunque, un’analisi che intenda porre alcentro della propria riflessione i rapporti russo–ucraini, dovràevidentemente sforzarsi di porre in rilievo tanto i motivi dicontinuità, quanto quelli di discontinuità intercorsi fra i duesoggetti: di entrambi ve n’è senza dubbio una gran messe.

Al di fuori degli ambienti specializzati, l’impressione è chenon se ne sappia poi molto. Nessuna critica snobistica: solo,rilevo che, mediamente, l’opinione pubblica è alquanto a di-giuno di informazioni, talora anche elementari, sull’Europacentro–orientale. In genere, capita che questi temi o venga-no approcciati ad un livello universitario, oppure quella partedella cartina europea rimane destinata per i più a rimanere un

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Introduzione

vacuum incognito, una riedizione del hic sunt leones degli An-tichi Romani. A testimonianza di questa sensazione, riferiscoun aneddoto — non privo di un interesse quasi sociologico —vissuto e rivissuto tal quale in più occasioni: una delle primedomande che quasi immancabilmente mi è stata posta da variinterlocutori casuali, allorquando si viene a sapere che il mioprincipale ambito di ricerca indaga la storia dell’Ucraina chefu parte dell’Impero zarista, è se l’ucraino sia da considerarsipropriamente un “dialetto del russo”, o che cos’altro. Ho sem-pre trovato stupefacente, in questi casi, il fatto che la medesimaquestione fosse posta praticamente negli stessi termini — ben-ché come asserzione, e non come interrogativo — nel corsodell’Ottocento, quando dal punto di vista ufficiale — quellodello Stato, insomma — l’idioma ucraino altro non era che unaversione “campagnola” della lingua russa, la quale ufficialmen-te accomunava tutti gli Slavi–orientali, ivi compresi Ucrainie Bielorussi, in qualità di lingua veicolare. Ciò valeva per lomeno ad un livello pubblico, e perciò stesso al di fuori di uncontesto strettamente domestico, all’interno del quale, ovvia-mente, le restrizioni e le imposizioni dello Stato non potevanofarsi norma cogente, oppure vi pervenivano così attenuate danon riuscire ad impedire la pratica dell’idioma ucraino, in que-sto modo rilegato ad una sfera intima, ben lontana dall’usopubblico e politico.

Vista da Occidente, , anni più tardi, la questione risul-ta insospettabilmente simile, per lo meno se interpretata ad unlivello non–specialistico: nessuno fra i miei i occasionali interlo-cutori parrebbe essere pronto ad immaginare una qualsivogliaalternativa al binomio russo–ucraino, nonché la possibilità chel’ucraino non sussista altro che come un dialetto del russo. Nonsenza qualche ragione, il rapporto fra le due nazionalità vienefinalisticamente inteso quale l’effetto di una strettissima vicinan-za storica fra Russia e Ucraina — vicinanza rispetto alla qualel’elemento ucraino risulterebbe in posizione immancabilmentesubordinata —, e ciò sembrerebbe impedire sin quasi sulla basedi motivazioni di ordine psicologico la liceità, per così dire, di

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Introduzione

qualunque forma di emancipazione nazionale (e linguistica)dell’elemento ucraino, persino al giorno d’oggi.

Di certo, delle colpe relative alla cattiva informazione in me-rito alla storia dell’Europa centro–orientale ce le hanno puregli ambienti accademici, spesse volte troppo autoreferenzialiper riuscire a trasmettere della buona divulgazione, resasi sin-ceramente tanto più necessaria nel momento in cui l’utopiapaneuropeistica — attualmente così démodé — ha teso a farcoincidere progressivamente i limiti politici dell’Unione Euro-pea con i confini stessi dell’intera Europa (almeno in potenza),tanto che, sino ai primi anni Duemila, una non meglio specifi-cata forma di aggregazione dell’immensa Federazione Russaall’Unione Europea era ufficialmente in agenda, conseguenzadiretta della concezione gorbacëviana di “casa comune”. A talepercorso politico, attualmente inceppatosi anche per via dellepagine della “questione ucraina”, che la storia sta attualmentescrivendo senza posa, non è però corrisposta un’altrettanto effi-cace opera di approfondimento culturale, tesa a far conoscereall’opinione pubblica europeo–occidentale il bagaglio culturale— così sostanzialmente affine, pur nelle sue peculiarità — deiPaesi dell’Europa centrale e di quella orientale. Tristemente,ciò dimostrerebbe quanto poco gli Europei, alla fin dei conti,si conoscano gli uni gli altri. Forse la massima responsabilitàdi ciò risiede ancora in quella forma di stagnazione culturaleimplacabilmente provocata dal Muro di Berlino, che pure èstato abbattuto ormai oltre anni fa. In effetti, la divisione del-l’Europa in due blocchi fu artefice di una profonda spaccatura(culturale, oltre che politica), del tutto contro natura, impostadalle logiche della Guerra Fredda. Come allora mise caustica-

. Un tale disegno geopolitico, mirante a creare un’unione paritaria fra l’UnioneEuropea e la Russia, della cui cultura e vocazione politica vengono incentivatii tratti più marcatamente europei, dovrebbe portare il nome di “Paneuropa”, odi “Eurussia”; cfr.: M. A, L’Europa del futuro sarà Eurussia o non sarà. Leoccasioni mancate del ’ e dell’, in L’Europa del disincanto. Dal ’ praghese alla crisidel neoliberismo, F. Leoncini (a cura di), Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, , pp.–.

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mente in luce Milan Kundera, il quale al tempo si riferiva allanativa Cecoslovacchia definendola “occidente sequestrato”, talecontesto di forzata separatezza ha reso reciprocamente estraneii vari settori geo–culturali dell’Europa, specie lungo l’asse deimeridiani, producendo effetti ininterrotti sino ad oggi, a giudi-care anche dalla permanenza di talune frontiere invisibili purenella mentalità delle generazioni più giovani, sebbene venute almondo in un contesto formalmente sgombrato dai precedenticontrasti e gravami ideologici.

Dunque, l’Ucraina come “terra incognita”, inserita a pro-pria volta entro un contesto poco noto: e ciò non riguarda solola storia contemporanea. Anzi. . . Anche quando il discorsocon i non–addetti ai lavori passi a trattare aspetti più lontaninel tempo, da un lato fa trasparire la consueta sovrapposizionedell’immagine dell’Ucraina rispetto a quella Russia (ma nonaltrettanto rispetto alla Polonia, benché questa sia quasi altret-tanto strettamente legata all’Ucraina, in fin dei conti) e, allostesso tempo, lascia scaturire altre intuizioni sorprendenti espiazzanti mosse da parte di chi osserva questo tema per laprima volta: ad esempio, guardando alla piccola banconota dacinque grivny che tengo con me nel portafogli, a mo’ di amule-to, — banconota che raffigura il viso di Bohdan Chmel´nyc´kyj,adornato dai suoi celebri mustacchi —, quasi tutti individuanointuitivamente la connessione fra l’aspetto stereotipato del co-sacco e quello dei Mongoli gengiskanidi, cogliendo così un altrolacerto di una verità più complessa, così come a propria voltafu rappresentata mirabilmente nel capolavoro di fine Ottocen-to di Il´ja Repin, I Cosacchi scrivono una lettera al sultano turco.Fatti di questo genere mi incoraggiano a procedere lungo ilmio percorso: sono certo che anche attraverso l’iconografia,lo studio della storia dell’arte dei Paesi slavi–orientali e dellearti figurative in genere, congiuntamente allo studio della sto-ria, intesa in tutte le sue sfaccettature, sia possibile perveniread una ricostruzione perfino visuale del milieu russo–ucraino,con i suoi tratti di contiguità, come pure con le sue distinzionisalienti.

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Introduzione

Storia dei fatti, storia sociale, storia dell’immaginario comu-ne, formatosi tanto attraverso la cultura popolare, quanto ancheattraverso l’arte, la letteratura la musica e, più tardi, il cinema:a tutto questo si potrebbe pervenire, in definitiva, attraverso unrinnovato approccio alla materia. Il presente libro, basato su diuna rielaborazione della mia dissertazione di Dottorato, soloa sprazzi riesce a mettere insieme tutto ciò, ma il mio scopo,certo non di poche pretese, sarebbe quello di poter arrivareprogressivamente ad una ricostruzione davvero pluridiscipli-nare dell’identità nazionale dell’elemento ucraino, e della suarelazione con la Russia (intesa sia come cultura nazionale checome fulcro del potere imperiale) in particolare dall’Ottocentosino ad oggi. In concreto, in questa sede si proverà a dare contodella nascita del movimento nazionale ucraino, a partire dall’i-nizio dell’Ottocento, sino a pervenire ad una fase più matura,culminata all’inizio degli anni Sessanta di quello stesso secolo.

Di certo, a cercare la sostanza del problema, il tema dato dalrapporto storico russo–ucraino non appare certo privo di unacerta attualità, e questo dato è balzato agli occhi con evidenzagià qualche anno fa, sin dal tempo della cosiddetta “RivoluzioneArancione”. Beninteso, questo effettivo intreccio con l’attualitànon rende la materia di questo libro ipso facto migliore o peggio-re rispetto ad altri temi di studio: nonostante che lo specialistadell’Ottocento soggiaccia facilmente al fascino della possibilità diattualizzare il proprio studio, ritengo, in quanto storico, altrettantodegni di trattazione temi del tutto circoscritti in se stessi, privi diricadute sull’oggi (ammesso sia effettivamente possibile che di talilegami proprio non ve ne sia rinvenibile alcuno). Non posso perònon rilevare come tale connessione con il presente costituiscaun valore aggiunto al presente lavoro: la responsabilità di avertrattato tale incandescente materia, dunque, si fa più gravosa, enon di poco, perché tale ricerca potrebbe almeno teoricamentefungere da base per nuovi studi di analisti che si interroghino sullapolitica dell’oggi, partendo dalla storia di ieri.

In sostanza, lo studio della cosiddetta “questione ucraina”,specialmente se svolto attraverso il filtro dato dall’ottica che

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Introduzione

fu propria di Nikolaj Kostomarov, importante storico nato emorto entro la cornice temporale data dal XIX secolo, ci per-mette di prendere in considerazione tutti quegli snodi storiciche, in seguito alla genesi comune, erano venuti secondo la dilui opinione a distinguere le due nazionalità slave–orientali nelcorso delle precedenti fasi storiche. Al di là della sua originalità,il pensiero di Kostomarov si propone quale felice summa delpensiero “russo” (meglio, in questo caso, slavo–orientale, o“russo–ucraino”, considerata la sempre più forte pretesa — eaccoglibile nella questione in oggetto solo in parte, data la pro-miscuità culturale in cui si formò Kostomarov — di creare una asé stante categoria culturale incentrata sulla nazionalità ucraina),capace di tenere insieme, con una certa coerenza, suggestionispesso ben differenti fra loro, quando non addirittura conflit-tuali: romanticismo herderiano (e perciò lo spirito nazionale),misticismo mickiewiciano (dunque la tradizione cristiana, inun’accezione ecumenistica), illuminismo egualitarista (attraver-so la forma in cui questo pervenne nella Russia zarista, ovveroattraverso la mediazione operata dal decabrismo), slavofilismo(ispirato a Šafarík e Kollár, più che ai coevi pensatori moscovitiChomjakov, Kireevskij e Konstantin Aksakov), e “principiofederale” (ripreso nei suoi tratti essenziali proprio da uno deimassimi esponenti del decabrismo, Pestel´); oltre a ciò, anchele riflessioni mazziniane erano ben presenti a Kostomarov.

Le modalità e l’esito della ricerca kostomaroviana, indiriz-zata a giustificare su basi il quanto più possibile “scientifiche”l’esistenza di una nazionalità piccolo–russa a se stante, se peralcuni versi vanno inevitabilmente storicizzati, d’altro cantoappaiono a tutt’oggi innegabilmente innovativi, oltre che inne-gabilmente progrediti per il tempo in cui videro la luce. Motivi,

. Quanto sorpa espresso vale nonostante il fatto che a Kostomarov, verso iltermine della sua “cattività” trascorsa a Saratov, fu concesso di riprendere a viaggiare:proprio a San Pietroburgo, avvalendosi dei buoni uffici dell’amico PantelejmonKuliš, poté stringere conoscenza con Sergej e Konstantin Aksakov; cfr.: TH. M.P, Mykola Kostomarov: A Biography, Toronto–Buffalo–London, University ofToronto Press, p. .

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tutti questi, presi nella dovuta considerazione nel libro, e chespero potranno essere apprezzati tanto dalla comunità scien-tifica quanto dai lettori desiderosi di approfondire l’analisi deitemi nazionali relativi in particolare all’Europa orientale.

La presente ricerca, oltre ad indagare le basi sulle quali si for-mò per l’appunto il pensiero di Kostomarov, mette in evidenzai rapporti intrattenuti da questo storico con altri intellettualidel suo tempo, fossero costoro gli amici ucrainofili della suastessa cerchia, come pure degli interlocutori più o meno oc-casionali (parte della comunità intellettuale del suo tempo),oppure ancora i suoi più irriducibili avversari, quale fu, adesempio, l’influente giornalista Katkov, di orientamento sciovi-nista grande–russo. Inoltre, vengono qui analizzati con acribiai punti di vista attraverso i quali lo Stato guardò al nascenteucrainofilismo, un movimento che, per quanto embrionale, eranato contraddicendo le basi teoriche della oficial´naja narodno-st´, ovvero il fondamento sul quale, nel , il Ministro dellaPubblica Istruzione Uvarov pretese si reggesse la politica dellaRossijskaja Imperija. E non si può dire che questa fosse cosa dapoco, come in effetti le alte sfere dello Stato zarista avrebberoben presto avuto modo di far notare a muso duro agli adeptidell’ucrainofilismo.

In ultima analisi, il presente tema si presta a fornire, oltretut-to, la straordinaria opportunità di ricostruire, attraverso l’analisidei rapporti reciprocamente intessuti, le rotte individuali dialmeno una intera generazione di intelligenty, ovvero quella ve-nuta al mondo fra gli anni Dieci e gli anni Venti dell’Ottocento,di cui lo stesso Kostomarov fu un eccezionale rappresentante, eche fra gli anni Quaranta e Sessanta diede il proprio qualificatoapporto ai dibattiti intellettuali allora in corso.

Naturalmente, la dissertazione tiene presente anche quantoera avvenuto negli anni precedenti alla maturità di Kostoma-rov, allo scopo di tratteggiare i primi, vaghi fermenti da cuisarebbe in seguito scaturito l’ucrainofilismo. Allo stesso modo,la presente ricerca si prefigge la finalità di indicare le linee ditendenza successive all’apogeo dell’ucrainofilismo “classico”,

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a propria volta marcato dall’esperienza di Kostomarov (ma an-che di Kuliš e di Ševcenko): vi vengono infatti delineate tuttele elaborazioni culturali che si fecero portatrici — anche latosensu — di una sensibilità ucrainofila, tesa tanto a sottolinearel’esistenza di un tratto nazionale tipico, quanto mera conces-sione alle mode culturali in auge nella Russia propriamentedetta durante il primo trentennio dell’Ottocento, periodo du-rante il quale l’Ucraina (meglio: la Piccola–Russia, secondo laterminologia dell’epoca) rappresentava l’ameno e amatissimomeridione della Grande–Russia, un affascinante locus amoenus,ma comunque interno, e connazionale.

Secondo la visione ufficiale dello Stato, lo spazio ucraino eraricompreso dalla cultura russa entro l’accezione di svoj (ossia“proprio”), ovverosia contiguo culturalmente, “domestico”, eperciò stesso privo di connotati culturali separati ed esclusivi,tipici di una nazionalità straniera.

Nel corso di questa trattazione, una particolare rilevanzaviene tributata a Nikolaj Vasilevic Gogol´, che nella sua operagiovanile seppe ricreare, con inimitabile perizia artistica, ilmondo folklorico della Piccola–Russia, arcaica e sempre ugualea se stessa, come pure l’epopea del Cosaccato.

Quest’ultimo riferimento vale ad anticipare come un’atten-zione particolare sia riservata nel presente lavoro ad un approc-cio di tipo eminentemente culturologico, capace di per sé diaiutare la comprensione delle idee connesse al presente tema,sia pur espresse e sviluppate essenzialmente nella ristretta cor-nice data dall’ambiente delle élites culturali. Tutto sommato,però, tale esile ambito elitario rimane l’adeguato ed imprescin-dibile metro attraverso il quale provare a disegnare la mappadell’ucrainofilismo ottocentesco, movimento che toccò, speciesulle prime, solamente le coscienze di uno sparuto manipolo di

. In questo senso un mirabile ed ineguagliato modello, fonte di costanteispirazione, è dato dal libro di G.P. P, Il radioso avvenire. Mitologie culturalisovietiche, Torino, Einaudi, , benché tale metodo di indagine sia applicato al byt(ossia alla “quotidianità”) sovietico, e non all’Ottocento zarista, epoca relativamentemeno provvista di fonti relative al vivere quotiodiano.

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intellettuali, non privi di coraggio. Coerentemente con quantoqui affermato, la presente ricerca intende inserirsi nell’alveodella già menzionata “storia del pensiero russo”, portato delleélites culturali del tempo, e rispetto al quale l’ucrainofilismo ot-tocentesco si configura quale una specificazione peculiare, maalla radice pur sempre strettamente apparentata al precedente,più amplio ambito.

Concretamente parlando, la dissertazione si compone di tre“parti”. Ciascuna di queste sezioni risulta articolata in vari para-grafi. La prima parte si incarica di indagare quelli che furonogli equilibri che determinavano il rapporto fra la nazionalitàgrande–russa e, in generale, le altre nazionalità non dominantipresenti nell’Impero zarista, con particolare riguardo al XIXsecolo, benché non manchi qualche riferimento al Settecento,come pure al Novecento, giustificabile in una chiave compara-tivistica. Sulla base degli studi di Kappeler, i quali si pongonoidealmente alla base di tale capitolo, sono evidenziate le dina-miche che plasmavano questo rapporto fra il nucleo del poterezarista e le diverse “periferie” allogene, complessivamente squi-librato, anche se non tanto quanto si potrebbe essere portatiintuitivamente ad immaginare. Forse sorprenderà sapere che,specie sino ad almeno i primi due terzi dell’Ottocento, le poli-tiche di russificazione non erano comunque scontate a priori, eche l’Impero zarista si appoggiava — tanto localmente quantoa livello centrale — alle élites allogene meglio strutturate, qualiquella tedesco–baltica, come pure a quelle armena, georgianae tatara, prevalentemente. La geografia di tali rapporti risulta-va molto varia e differenziata, in linea generale. In ogni caso,lo sbilanciamento a favore dell’elemento russo era relativo, emolto dipendeva dai singoli contesti.

La problematica principale e, al contempo, peculiare, in re-lazione alla “questione ucraina” risiedeva nel fatto che la nazio-nalità piccolo–russa, secondo le concezioni del tempo, venivaufficialmente considerata parte di quella “russo–comune”. Ciò,da un lato, poneva i suoi membri al riparo delle discriminazioniche toccavano a talune delle “periferie” allogene meno tutelate

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giuridicamente, vuoi perché considerate infide, oppure per-ché reputate poco utili in un’ottica che prevedeva l’inclusionedei singoli gruppi nazionali a beneficio del progetto imperiale,necessitante delle competenze specifiche caratterizzanti i sin-goli gruppi allogeni. Le nazionalità minori erano inserite nellacategoria degli inorodcy, gli allogeni della Siberia (cui eranoassociati gli Ebrei), la cui condizione giuridica non permettevaloro un godimento pieno dei pur relativamente pochi dirittispettanti alle altre nazionalità. D’altra parte, l’essere consideratiparte del gruppo nazionale obšcerusskij (“russo–comune”) —insieme ai Russi–Bianchi e, ovviamente, ai Grandi–Russi —,limitava al contempo pesantemente ogni prospettiva di eman-cipazione nazionale a danno dei Piccoli–Russi, non essendocostoro neppure considerati facenti parte, — de jure — dellacategoria giuridica formata dagli allogeni.

Un altro motivo di freno allo sviluppo dell’idea nazionaleucraina fu poi dato dalla profonda carenza di élites autoctone,cui sarebbe spettato teoricamente il ruolo di guida potenzialedel movimento di emancipazione nazionale: come si vedrà,infatti, da un lato la popolazione piccolo–russa era quasi to-talmente formata da contadini, mentre dall’altro il comunqueristretto ceto nobiliare di estrazione cosacca aveva finito peressere russificato o polonizzato già al tempo di Caterina la Gran-de, tradendo così quel narod (popolo, ma anche nazione) cheavrebbe dovuto rappresentare a livello di notabilato. Il proble-ma dato dalla condizione socialmente subalterna delle gentiucraine fece presto intendere agli animatori dell’ucrainofilismo,specie nel corso del secondo Ottocento, che l’emancipazionenazionale sarebbe dovuta procedere di pari passo con quellasociale: sarebbe stato questo, in nuce, il portato del pensiero diMychajlo Drahomanov / Michail Dragomanov, a propria voltadirettamente tributario delle concezioni kostomaroviane.

. Categoria creata nel da Michail Speranskij (–), influente collabo-ratore “illuminato” di Alessandro I, finalizzata a favorire la riorganizzazione delloStato sin dal proprio interno, sulla base del modello giuridico francese.