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informaFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE

n 23

giugno2014

Supplemento a MissionPERIODICOTRIMESTRALE DELLAFEDERAZIONEITALIANA DEGLIOPERATORI DEIDIPARTIMENTI E DEISERVIZI DELLEDIPENDENZE

Supplementoal N. 40 - maggio 2014anno XI-IV trim.Proprietà: FeDerSerDSede legaleVia Giotto 3,20144 Milano

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Direttore scientificoAlfio Lucchini

Comitato di RedazioneMaurizio Fea, VincenzoMarino, Laura Tidone,Giovanni Strepparola,Cinzia Assi

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indice1. COMUNITÀ FEMMINILE PER PAZIENTI IN DOPPIA DIAGNOSI: UNA “RESIDENZA PROTETTA” PER LA

CURA DI DONNE VITTIME DI ABUSI SESSUALI. RIFLESSIONI CLINICHE, DIFFICOLTÀ DI TRATTAMENTOED IPOTESI DI INTERVENTO PRESSO LA COMUNITÀ TERAPEUTICA “FERMATA D’AUTOBUS”di Davide Elos e Maria Giovanna Urgo

2. DIAGNOSI PRECOCE AREA TOSSICO/ALCOL DIPENDENZAdi Paola Coppin, Tiziana Antonini, Daniela Gavarini, Antonella Possi, Francesca Sassella

3. PROTOCOLLO OPERATIVO PER PAZIENTI CANDIDABILI AL TRAPIANTO DI FEGATO TRA DIPARTIMENTODELLE DIPENDENZE DELL’ASL DI BERGAMO, USC GASTROENTEROLOGIA E U.S.S.D. PSICHIATRIADI CONSULTAZIONE DELL’AZIENDA OSPEDALIERA PAPA GIOVANNI XXIII DI BERGAMOdi Paolo Donadoni, Fabrizio Cheli, Valeria Iniziato, Nicoletta Zambetti, Ugo Calzolari,Mirella Fusini, Massimo Corti, Patrizia Drago, Marco Riglietta

4. PROGETTARE UNA RETE TERRITORIALE: ESPERIENZA DI COLLABORAZIONE TRA MEDICI DEL CORSODI FORMAZIONE SPECIFICA IN MEDICINA GENERALE ED IL DIPARTIMENTO DIPENDENZE DELL’ASLDI BERGAMOdi Mirella Fusini, Elisabetta Bussi Roncalini, Valeria Iniziato, Roberta Mangili, Paola Banalotti,Grazia Carbone, Fabrizio Cheli, Elvira Beato, Marco Riglietta

5. LA FIGURA DELL’OSTETRICA NELLA PREVENZIONE DEL TABAGISMO IN GRAVIDANZA:L’ESPERIENZA DI COSTRUZIONE DI UNA RETE TERRITORIALE MULTI PROFESSIONALEdi Belli Laura, Berardi Rosi, Marradi Mariagloria, Nardi Elena, Giovanni Mattiolo, Marco Gabbiano,Patrizia Gai, Manfredi Antonella

6. IL RAPPORTO TERAPEUTICO CON I FAMILIARI DEGLI ABUSATORI DI SOSTANZEdi Antonino Riolo, Francesca Laterza

7. ADOLESCENTI “FREQUENT ATTENDERS” IN PRONTO SOCCORSO: INTERVENTO TRA RETE DEI SERVIZIE STRATEGIE DI TRATTAMENTO. L’ESPERIENZA PAVESEdi Brigada R., Perotti P., Verri A., Panzarasa A, Basti S., Bosi E., Foppiani C., Belfiore G.,Di Biagio P., San Bartolomeo P., Favini P, Mauri A.

8. IL GRUPPO MOTIVAZIONALE COCAINAdi Alessandro Orsetti, Debora Venè, Adriana Iozzi, Alessia De Leo

9. I GRUPPI MOTIVAZIONALI NEL PERCORSO INTEGRATO PER IL RECUPERO DAL GIOCO D'AZZARDOPATOLOGICOdi Fusi Ginetta, Concetta Conace, Francesca Ferrini, Adriana Iozzi, Alessandro Orsetti,Rosanna Scopetani, Cristina Tanzi, Debora Venè

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1COMUNITÀ FEMMINILE PER PAZIENTI IN DOPPIA DIAGNOSI:UNA “RESIDENZA PROTETTA” PER LA CURA DI DONNE VITTIME DI ABUSI SESSUALI. RIFLESSIONI CLINICHE, DIFFICOLTÀ DI TRATTAMENTO ED IPOTESI DIINTERVENTO PRESSO LA COMUNITÀTERAPEUTICA “FERMATA D’AUTO

di Davide Elos e Maria Giovanna UrgoPsicologi, Psicoterapeuti Fermata d’Autobus O.N.L.U.S.

OBIETTIVISi tratta dell’esperienza clinica effettuata presso laComunità Fermata d’Autobus con pazienti donne indoppia diagnosi che presentano trascorsi di abuso ses-suale. Viene effettuata una disamina delle caratteristiche chesi riscontrano nel profilo di personalità di questepazienti e che rendono difficoltoso il lavoro terapeuti-co con loro.

METODISi pone l’attenzione sulla tendenza delle pazienti ariprodurre gli scenari abusanti nelle loro relazioniaffettive con l’intento illusorio di riuscire a padroneg-giarli o di trovare, attraverso la sessualizzazione dellerelazioni interpersonali, un rimedio alla propria soffe-renza psichica.Si discute di come tale ripetizione renda difficile illavoro terapeutico con queste donne in strutture resi-denziali miste, in quanto i pazienti maschi presentipresso le Comunità presentano caratteristiche di per-sonalità tali (violenza, aspetti perversi, tratti sado-masochistici etc.) da renderli buoni candidati per lariproduzione dello scenario relazionale abusante a cuile pazienti sono abituate e che cercano di riprodurre.

RISULTATI CHIAVEUna volta che la relazione abusante si è attivata all’in-terno della Comunità, risulta difficile per l’equipecurante interromperla e mantenere con le pazientiun’alleanza terapeutica, che permetta la continuazionedella cura. Si verificano quindi frequenti interruzioni del percorsocomunitario a cui seguono altrettanto frequenti reite-razioni dei comportamenti autodistruttivi che avevanodeterminato l’inserimento in Comunità.

CONCLUSIONIAl fine di ovviare a tale difficoltà di gestione di que-ste pazienti in Comunità miste, si discute l’utilità dicostituire una Comunità esclusivamente femminile incui inserire tali utenti, proteggendole dal contatto conun elemento maschile che viene da esse utilizzato perriprodurre la situazione abusante originaria. A tal fine è stato avviato nel settembre 2014 ilProgetto Sperimentale Fragole Celesti per il trattamen-to di queste pazienti. nale e familiare) sia per ilmiglioramento clinico delle pazienti che per la croni-cità e la gestione di una malattia ad andamento croni-co quale la dipendenza. Un nuovo scenario, un mondosommerso che merita l’attenzione da parte di noi cli-nici.

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n 23 - GIUGNO 2014

PROTOCOLLO OPERATIVO PER PAZIENTI CANDIDABILI AL TRAPIANTO DI FEGATO TRADIPARTIMENTO DELLE DIPENDENZEDELL’ASL DI BERGAMO, USCGASTROENTEROLOGIA E U.S.S.D.PSICHIATRIA DI CONSULTAZIONEDELL’AZIENDA OSPEDALIERA PAPAGIOVANNI XXIII DI BERGAMO

di Paolo Donadoni *, Fabrizio Cheli *, Valeria Iniziato *, Nicoletta Zambetti **, Ugo Calzolari **, Mirella Fusini **, Massimo Corti **,Patrizia Drago **, Marco Riglietta ****SerT di Bergamo**Responsabili sedi SerT della provincia di Bergamo(Gazzaniga, Lovere, Martinengo, Treviglio, Ponte SanPietro)***Direttore Dipartimento delle Dipendenze della pro-vincia di Bergamo

Parole chiave: abuso e dipendenza da sostanze stupe-facenti ed alcol, patologia epatica, trapianto di fegato

I disturbi da uso di sostanze, alcol e stupefacenti, rap-presentano, assieme alla infezioni da virus epatitici,una delle cause principali per la suscettibilità al dannoe conseguente patologia tissutale a carico del fegato. Il ricorso al trapianto di tale organo diventa l’unicapossibilità terapeutica in alcune situazioni di partico-lare ed estrema patologia epatica. L’esiguità di donatori d’organo comporta una necessa-ria selezione del paziente da sottoporre a trapianto,finalizzata ad escluderne condizioni di utilizzo dellesostanze suddette, che potrebbero inficiare il successodell’intervento.

Dal luglio 2008 è attivo, in provincia di Bergamo, unprotocollo operativo tra il Dipartimento delle Dipen-denze della locale ASL e le Unità di Gastroenterologiae di Psichiatria di consultazione dell’Azienda Ospe-daliera Papa Giovanni XXIII, l’unica in provincia ingrado di effettuare trapianti d’organo. L’obiettivo del protocollo è la valutazione diagnosticae l’eventuale cura, da parte dei SERT della provincia diBergamo, dei pazienti affetti da grave patologia epati-ca in attesa di trapianto con sospetto o accertatoabuso/dipendenza da sostanze stupefacenti. La valutazione si estende anche ai pazienti in followup post-trapianto.

La definizione dei compiti prevede l’invio di tutti ipazienti candidabili al trapianto da parte della U.S.C.di Gastroenterologia alla U.S.S.D. Psichiatria di consul-tazione, per una valutazione ed una eventuale presa incarico psicologico-psichiatrica. La U.S.S.D. Psichiatria di consultazione segnala allaU.S.C. di Gastroenterologia ed alle U.S. SerT provincia-li i pazienti con accertato o sospetto utilizzo disostanze psicoattive. Le U.S. SerT provvedono alla valutazione diagnosticamultidimensionale volta ad escludere o a confermareuna diagnosi correlata all’utilizzo di sostanze stupefa-centi, al monitoraggio clinico dei pazienti in attesa ditrapianto ed alla eventuale cura degli stessi ove siaemerso un quadro di consumo problematico, di abusoo dipendenza da sostanze.

La modalità operativa di valutazione dei pazienti can-didabili al trapianto prevede: visita medica, prelievoematico per la valutazione degli usuali parametri (inparticolare la valutazione di g-GT, MCV, AST. ALT, CDT),raccolta dei campioni biologici (capello ed urine) perla ricerca dell’ETG (etilglucuronide solfato) e delle prin-cipali sostanze psicoattive, misurazione della presenzadi alcol nell’aria espirata. La valutazione medico-infermieristica è ulteriormenteapprofondita da quella psicologica e sociale. Eventuali situazioni di patologia da utilizzo di sostan-ze vengono curate secondo le modalità in uso per iltrattamento delle condizioni di abuso o dipendenza dastupefacenti od alcol.Il monitoraggio periodico prevede la ripetizione perio-dica degli esami tossicologici ed ematici descritti ognitre mesi. In alcuni casi si è reso necessario, per la complessitàdei casi, anche il supporto sociale ed il sostegno psi-cologico.

A conclusione del percorso di valutazione diagnosticae periodicamente in occasione del monitoraggio clini-co l’U.S. SerT redige le proprie relazioni per la U.S.C.Gastroenterologia volte a confermare o meno unaeventuale diagnosi di disturbo da utilizzo di sostanzeed all’aggiornamento dei percorsi di cura e di monito-raggio dei pazienti.

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informa LA PERSONA CON PROBLEMATICHE DI ABUSO O DIPENDENZA

DIAGNOSI PRECOCE AREA TOSSICO/ALCOL DIPENDENZA

di Paola Coppin, Tiziana Antonini, Daniela Gavarini,Antonella Possi, Francesca Sassella, Corrado Celata, Paola SacchiDipartimento Dipendenze ASL Milano (collaborazioneSC SerT 2, Sede SerT CONCA – Attività PrevenzioneSpecifica)

In ambito psichiatrico la questione del riconoscimentoe della gestione degli esordi psicotici nei giovani è untema di grande interesse: la diagnostica precoce per-mette l’intervento tempestivo e aumenta notevolmen-te le possibilità di guarigione e il miglioramento deldecorso di malattia. Tale modello può fornire spunti utili per ripensare eoperare in termini “precoci” anche nel campo delledipendenze patologiche. Nell’area delle tossico/alcol dipendenze la DiagnosiPrecoce si configura come “attività diagnostica speci-fica” relativa agli esordi della dipendenza patologicaindipendentemente da età e sostanza: si osserva lafase iniziale del consumo. La tossicodipendenza è una psicopatologia, una malat-tia curabile con successo: i risultati migliori si otten-gono proprio in relazione alla precocità dell’interventomultidisciplinare grazie ad una raffinata strategia dia-gnostica dei sintomi recenti. Nella dipendenza patologica l’osservazione del lungotempo di latenza (anni) dall’esordio alla presa in cari-co nei Servizi suggerisce un’attenta analisi dei diversiaspetti di criticità e danno iatrogeno: i fenomeni distigmatizzazione relativi alla tossicodipendenza, aiservizi (Ser.T) ed alla fase trattamentale del paziente;la difficoltà nel distinguere i sintomi da una “norma-le” esperienza adolescenziale; il rischio di intercettarefalsi positivi cui può conseguire l’immissione incon-grua nei sistemi di cura.Gli aspetti di complessità presenti in una logica di dia-gnosi precoce sono diversi e meritevoli di attenzione:il cambiamento culturale, le modificazioni dell’atteg-giamento nei confronti della malattia e del consumo,la trasformazione organizzativa dei servizi e della pras-si di intervento rappresentano tre fattori che impatta-no sull’applicazione dell’approccio metodologico dia-gnostico precoce.In questi anni lo studio dei mutamenti socioculturaliha permesso di osservare e verificare come siano real-mente cambiate le modalità di assunzione e le carat-teristiche della popolazione che usa sostanze legalie/o illegali. Attualmente il consumo di sostanze appa-re trasversale alla popolazione: sono coinvolti gli ado-lescenti, i giovani e gli adulti che affrontano quotidia-namente le difficoltà nel complesso contesto attuale di

vita (lavoro, famiglia, relazioni sociali). L’esordio più frequente riguarda statisticamente i gio-vani anche minorenni. La Diagnosi Precoce permetterebbe la valutazione del“rischio” di diventare tossicodipendenti rispetto all’u-so sperimentale/ricreazionale: l’attività presenta areedi sovrapposizione con quella che in letteratura vienedefinita Prevenzione Indicata destinata a soggetti adalto rischio con minimi ma rilevabili segni o sintomiche prefigurano il disturbo, senza necessariamentesoddisfare i criteri per entrare a pieno titolo nella dia-gnosi di tossicodipendenza.Dal punto di vista metodologico si utilizza una impo-stazione diagnostica di valutazione del rischio con l’in-dividuazione e la verifica sia di fattori di rischio sia difattori protettivi. L’approccio richiede cautela ed attenzione: si sottoli-nea in particolare l’evidenza di quanto possa esserepreoccupante per l’adolescente e la sua famiglia inter-pretare aspetti trasgressivi funzionali alla crescitacome sintomo di patologia conclamata, sono altresìnote quali possano essere le conseguenze del ritardodiagnostico.Si propone un vertice di osservazione attento rispettoai vantaggi della Diagnosi Precoce per un interventotempestivo ed efficace: si considera realizzabile unariduzione della morbilità, un processo di guarigione piùrapido e una prognosi migliore, il mantenimento delleabilità psicosociali e lo sviluppo delle risorse persona-li, l’integrità/incremento delle reti familiari e relazio-nali, una ridotta ospedalizzazione (es. la comorbilità),la riduzione infine dei costi economici di sistema.La Diagnosi Precoce si configura come un insieme diattività svolte all’interno di un Servizio per leDipendenze Patologiche. L’attività diagnostica si propone l’obiettivo di stilareun profilo di rischio (basso – medio - alto) rispetto allapossibilità di sviluppare o meno una dipendenza pato-logica partendo dallo stato di esordio sintomatologico(sintomo inteso come segno): le azioni sono differen-ziate per situazione e l’intervento è individualizzato. La standardizzazione riguarda gli strumenti e la prassi,non i pazienti che accedono al Servizio. In sintesi le attività svolte/offerte: consulenza/con-sultazione al paziente giovane/adulto, ai minori e agliadolescenti, alle relative famiglie/genitori; colloquiclinici di prevenzione ed individuazione delle risor-se/valutazione del rischio, inquadramento diagnostico,follow-up ed eventuale trattamento se uso proble-matico.

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LA FIGURA DELL’OSTETRICA NELLAPREVENZIONE DEL TABAGISMO IN GRAVIDANZA: l’esperienza dicostruzione di una rete territorialemulti professionale

di Belli Laura*, Berardi Rosi**, Marradi Mariagloria***, Nardi Elena****, Giovanni Mattiolo°, Marco Gabbiano°°, Patrizia Gai°°°, Manfredi Antonella°°°°*Ostetrica - Consultorio Asl 4 Prato **Ostetrica - Consultorio Asl 4 Prato ***Coordinatore ostetrico - Consultorio Asl 4 Prato ****Ginecologa - Consultorio Asl 4 Prato °Sociologo - SerT Asl 4 Prato °°Psicologo, psicoterapeuta - SerT Asl 4 Prato °°°Medico - Direttore SerT Asl 4 Prato °°°°Psichiatra, psicoterapeuta - Direttore SerT Asl 4Prato

La rilevazione di “dipendenze” da droghe illegali e, piùancora, da sostanze legali come alcol e fumo, costitui-sce un momento importante del lavoro e del counselingconsultoriale. Il tabagismo, l’abuso di alcol e l’utilizzo di droghe sonoelementi sempre più caratterizzanti un’identità digruppo e, in particolare nelle adolescenti, uno stru-mento di affermazione sociale. La non consapevolezza dei reali danni che l’uso di que-ste sostanze comporta, ci mette davanti a donne, diogni fascia di età ed estrazione sociale, che durante laraccolta anamnestica legata ad un intervento magaricollegato alla sfera ostetrico ginecologica, dichiaranocon disinvoltura di usare più o meno saltuariamentesostanze psicoattive di vario genere, di fumare rego-larmente e, comunque, di considerare il “ricorso occa-sionale a droghe” un evento non preoccupante più col-legato alla convivialità ed alla socializzazione piutto-sto che un azione dannosa per la salute. Davanti a questo è quindi emersa la necessità, per ilpersonale consultoriale, di creare percorsi, all’internodel sistema territoriale, che permettessero di armoniz-zare i vari aspetti e che offrissero una presa in caricoadeguata.L’opportunità di creare le basi di una rete qualificata siè concretizzata nell’anno 2012, quando, anche attra-verso un progetto patrocinato dalla Regione Toscanacon capofila l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggiin collaborazione con i Centri Antifumo delle altre Asled Aziende Ospedaliere toscane, è stato possibile svi-luppare un percorso assistenziale diretto alle donnefumatrici in gravidanza.La cooperazione tra il Centro Antifumo dell’Azienda Usl4 Prato, che dal 2005 fornisce in modo flessibile ed

integrato terapie farmacologiche di vario tipo, associa-te, a counseling individuali e di gruppo a tutti i citta-dini con dipendenza da tabacco, e il ServizioConsultoriale ha permesso di rafforzare la sinergia conle ostetriche ed il personale medico ginecologico che,quotidianamente, si occupano della sorveglianza delbenessere della gestante. In primo luogo è stato previsto un training formativoper gli operatori del territorio articolato in 4 ore. Il modulo del corso, realizzato nei primi mesi del 2012e gestito da operatori del Centro Antifumo, ha visto lapartecipazione della quasi totalità del personale oste-trico, e ha permesso l’acquisizione ed il consolidamen-to di informazioni sui temi del tabagismo con partico-lare riferimento ai rischi per la salute della madre e delbambino. Ha previsto una partecipazione, come osservatori, aigruppi di auto-aiuto che si svolgono presso il CentroAntifumo e la trasmissione di alcune tecniche di coun-seling utili a promuovere, nelle gestanti, la motivazio-ne al cambiamento. È stato, inoltre, distribuito mate-riale informativo (in formato cartaceo e digitale) fina-lizzato alla comunicazione dei rischi per la gravidanzaderivanti dall’uso di droghe sia legali che illegali.Sempre in ambito di maggiore capillarità comunicati-va, è stata attivata una collaborazione con la Fonda-zione AMI (Fondazione Materno Infantile dell’AziendaUsl 4 Prato) che, all’interno di eventi dedicati, a pro-mosso momenti informativi e di sensibilizzazione perle neo mamme.Per quanto concerne il reclutamento delle gestanti il“Percorso assistenziale alla donna in gravidanza” pre-vede che, al momento della consegna del ProtocolloRegionale della Gravidanza, (strumento di monitorag-gio della gravidanza fisiologica creato dalla RegioneToscana ed utilizzato da oltre 30 anni per garantire unlivello di cura adeguato ed omogeneo) l’ostetrica som-ministri un piccolo questionario alla donna per unaprima valutazione della dipendenza da fumo, all’inter-no di queste domande si chiede anche se il partner èun fumatore. Nella prima fase, rilevato il problema e date una primaserie di informazioni sui potenziali danni per la saluteprovocati dal fumo di sigaretta, viene chiesto alladonna se è interessata ad intraprendere un percorso disupporto; qualora la risposta risulti positiva viene lasignora viene informata che, nel giro di pochi giorni,sarà contattata telefonicamente dal personale del cen-tro Antifumo dell’Azienda Usl 4 Prato per effettuare unprimo colloquio e, conseguentemente, l’inizio di unpercorso terapeutico. L’ostetrica, provvede a comunicare i dati della donna alcentro attraverso l’invio via fax o e-mail della suddet-ta scheda di valutazione.Al servizio possono accedere anche donne in uno statodi gravidanza più avanzato che, durante le visite gine-cologiche o a seguito di una successiva presa in caricoda parte del personale ostetrico, ne facciano richiesta. La creazione di questo “Percorso assistenziale alladonna in gravidanza” ha prodotto dal suo inizio (anno2012) la segnalazione da parte delle ostetriche, di 86gestanti, prevalentemente nel primo trimestre di gravi-danza.

5PROGETTARE UNA RETE TERRITORIALE: ESPERIENZA DI COLLABORAZIONE TRA MEDICIDEL CORSO DI FORMAZIONESPECIFICA IN MEDICINA GENERALEED IL DIPARTIMENTO DIPENDENZEDELL’ASL DI BERGAMO

di Mirella Fusini*, Elisabetta Bussi Roncalini**,Valeria Iniziato***, Roberta Mangili***, Paola Banalotti***, Grazia Carbone***, Fabrizio Cheli***, Elvira Beato****, Marco Riglietta******Medico Responsabile SerT di Martinengo (Toutor)**Medico SerT di Martinengo***Medico SerT di Bergamo****Assistente Sociale Specialista Responsabile UOOsservatorio Appropriatezza e Qualità*****Medico Direttore Dipartimento Dipendenze diBergamo

Parole chiave: patologie di addiction, diagnosi preco-ce, continuità assistenziale, rete di cura, MAP

L’ASL della provincia di Bergamo, già dal 1995 e suc-cessivamente in ottemperanza al d.lgs. 17 agosto 1999n.368 come modificato dal d.lgs. 8 luglio 2003 N.277,ha consentito ai medici del Corso di FormazioneSpecifica in Medicina Generale di frequentare le propriestrutture di base, frequenza normata negli anni da unaconvenzione tra Azienda Ospedaliera di Bergamo el’ASL stessa.

Il Dipartimento delle Dipendenze, fin dall’inizio, èstato interessato a svolgere tale attività di tutoraggiogarantendo, da più di 10 anni, la stessa figura di medi-co-tutor.Accanto all’attività di tutoraggio il Dipartimento ha,inoltre, supportato l’offerta formativa attraverso ladisponibilità a costruire e a gestire eventi formativimirati a medici di continuità assistenziale (guardiamedica), a medici di assistenza primaria del territorio,che hanno visto coinvolti anche quelli in formazione,su argomenti specifici quali tossicodipendenza, alcoldipendenza, diagnosi precoce delle patologie di addic-tion, giovani e disturbi di addiction.

Dalla data di inizio dell’attività di tutoraggio (1995),sono transitati dal Dipartimento Dipendenze per circa200 medici in formazione, con un massimo di frequen-za di 18 medici per anno.

I contenuti dell’attività teorico pratica svolta presso i

SerT hanno riguardato in particolare: l’organizzazionedel servizio, i processi diagnostico-terapeutici specifi-ci della patologia di addiction, con particolare atten-zione alla diagnosi precoce (tassello indispensabile perl’invio mirato) e al superamento degli stereotipi cultu-rali che spesso accompagnano anche l’approccio delprofessionista non adeguatamente formato, la preven-zione e cura delle patologie correlate, l’offerta di cura.

Quest’esperienza formativa è stata sviluppata dalDipartimento delle Dipendenze con l’obiettivo dicostruire una rete di cura territoriale composta damedici in formazione che già esercitano attività dimedico di continuità assistenziale (guardia medica) eche saranno i futuri medici di assistenza primaria delterritorio che con lo stage sperimentano concretamen-te una buona prassi di collaborazione e conosconotutte le figure professionali (non solo quelle mediche)che compongono l’equipe coinvolta nel percorso dipresa in carico.

La sensibilizzazione alle problematiche sopra citate hagià generato come esito l’invio di alcuni pazienti aiSerT da parte sia di medici di continuità assistenziale(guardia medica) che di medici di assistenza primaria,transitati per lo stage formativo dal Dipartimento delleDipendenze.L’esperienza evidenzia che se il paziente viene indiriz-zato al Servizio dal proprio medico, o da un medico chemostra fiducia nei confronti del SerT, l’aggancio risultapiù semplice ed efficace.Per contro, come Dipartimento delle Dipendenze di unterritorio provinciale ampio e “complesso” per confor-mazione morfologica e di viabilità, il poter contare suuna rete di cura territoriale composta dai MAP adegua-tamente formati può offrire la possibilità di costruireefficaci percorsi di continuità assistenziale, soprattut-to per pazienti stabilizzati, che desiderano rientrare inuna rete territoriale di “normalità”. Si pensi per esempio alla prescrizione dei farmaci ago-nisti da parte dei medici di assistenza primaria supiano terapeutico specialistico e alla collaborazionepossibile nei follow-up clinici.

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LA PERSONA CON PROBLEMATICHE DI ABUSO O DIPENDENZA informa

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In particolare si rileva una maggiore difficoltà a man-tenere i risultati ottenuti anche dopo la gravidanza e,più in generale, se confrontiamo i dati del follow-up a6 mesi con quello della relativa attività del servizio,notiamo come le donne prese in esame, maggior diffi-coltà a smettere rispetto alla media degli altri utentidel Centro.L’analisi dei dati raccolti evidenzia come, la sinergia tral’implementazione di un adeguata formazione del per-sonale consultoriale e il consolidamento di una reteterritoriale in grado di attivare una tempestiva in cari-co, rappresentino uno strumento efficacie nella lottaalla dipendenza da nicotina. Il contrasto al tabagismo nonché a qualunque forma didipendenza, costituisce un obbiettivo primario per lasalute collettiva. Lo stato di gravidanza costituisce una condizione psi-

cofisica favorevole al raggiungimento di molti obbiet-tivi; le spinte motivazionali che accompagnano questoperiodo della vita di una donna possono costituire lagiusta propulsione per l’abbandono di varie dipenden-ze. Tale condizione, però, non può prescindere dalla possi-bilità di garantire l’assistenza ed il monitoraggio daparte di personale adeguatamente formato che possasupportare la donna nel raggiungimento di risultaticonsolidati nel tempo.Fondamentale resta, inoltre, la necessità di individua-re modalità più efficaci nella presa in carico del part-ner fumatore la cui fidelizzazione al processo di guari-gione dalla dipendenza da fumo può, in molti casi, rap-presentare la discriminante tra il completo abbandonodall’uso del tabacco ed una successiva ripresa, magaridopo il parto, da parte della donna.

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Di queste 15 hanno smesso di fumare, 63 hanno ridot-to e solo 8 hanno continuato la loro abitudine. (Grafico3).In particolare, dopo lo svolgimento di un colloquiopreliminare e la distribuzione di materiale informativoè stato possibile contattare telefonicamente 70 donne,

di queste 33 si sono presentate per la prima visita(Grafico 4). Per 14 partner fumatori (su 23 potenziali) è stata fattarichiesta per l’inserimento nel percorso del CentroAntifumo. La visita è stata effettuata solo su 6.

LA PERSONA CON PROBLEMATICHE DI ABUSO O DIPENDENZA informa

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Per l’anno 2013 la collaborazione col personale oste-trico consultoriale ha fatto si che il 53,4% delle donneche è giunta al Centro Antifumo fossero gestanti. Inparticolare, su 60 donne inviate, 9 hanno smesso difumare, 48 hanno ridotto il proprio consumo giornalie-ro mentre le altre hanno continuato con la loro abitu-

dine (Grafico 5). Delle 60 donne contattate telefonicamente, 42 si sonopresentate per la visita (Grafico 6); per 7 partner fuma-tori (su 16 potenziali) è stata fatta richiesta per l’in-serimento nel percorso del Centro Antifumo. La visita è stata effettuata solo su 1.

L’analisi ed il confronto fra le rilevazioni delle attivitàeffettuate nei primi due anni di progetto evidenzia:- un miglioramento e consolidamento della sequenzasegnalazioni/contatti/accessi al centro;- un’attività di counseling più efficace ed incisiva; - una difficoltà nel coinvolgere i partner fumatori.

Volendo schematizzare i dati sin qui illustrati, conside-rando un follow-up a 6 e a 12 mesi delle gestanti inte-ressate dal progetto, otteniamo:(N.B. i dati per il follow-up a 12 mesi per l’anno 2013non sono al momento disponibili in quanto in fase dielaborazione).

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Anche qui, un genitore può trovare l’occasione diinstaurare per sé un rapporto terapeutico, svelando adesempio tratti ossessivi o depressivi sub-clinici, di cuiperò è consapevole, sentendo il bisogno di parlarne incontesti non giudicanti ma accoglienti e comunquedisponibili a farsi carico, anche con interventi di brevedurata benchè intensivi, di quella domanda di salute.Tutto questo, oltre a permettere di parlare delle feritedella propria genitorialità, consente una migliore cir-colazione di conoscenze nella rete territoriale ove ope-rano gli attori terapeutici delle dipendenze e dei cen-tri di salute mentale. Come sottolineato da Latterini e Vedovelli (2010)dovrebbe poter aumentare la ricettività dei serviziverso un certo sommerso, consentendo al livello geni-toriale di meglio e più fattivamente esprimersi rispet-to al problema del consumo/abuso di sostanze deifigli, individuando anche quelle fasi di rischio che pre-cedono la dipendenza.

BIBLIOGRAFIA

Cirillo S., Berrini R., Cambiaso, Mazza R. La famiglia deltossicodipendente. Milano, Cortina, 1996.Chianura P., Balzotti A., Chianura L. Comorbilità psi-chiatrica e abuso di sostanze. Milano, Franco Angeli,2005.Latterini E., Vedovelli I. La consultazione psicologicabreve rivolta a genitori di adolescenti utilizzatori disostanze stupefacenti. Mission, 32/2010, 82-87.

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IL RAPPORTO TERAPEUTICO CON I FAMILIARI DEGLI ABUSATORIDI SOSTANZE

di Antonino Riolo*, Francesca Laterza***Dirigente Medico di Psichiatria, Centro di SaluteMentale Domio, ASS 1 “Triestina”**Psicologa specializzata in Psicoterapia Sistemico-Relazionale presso il Centro Milanese di Terapia dellaFamiglia

Il presente contributo nasce dalla necessità di rappre-sentare un aspetto un po’ in ombra della problematicadella tossicodipendenza, ovvero la richiesta di aiutoespressa dai familiari dei consumatori di sostanze peraffrontare un loro specifico disagio individuale, pre-sente ben prima dell’esordio del sintomo tossicofili-co/tossicomanico nei figli.Tale aspetto ben si coniuga con le considerazioni diCirillo et al. (1996), inerenti la famiglia del tossicodi-pendente. Questi Autori, infatti, hanno sviluppato un approccioal fenomeno della tossicodipendenza quale proposta diun meta-modello al fine di integrare modelli di diffe-rente ispirazione teorica ed in grado di comunicare condiversi contesti, non necessariamente di psicoterapiafamiliare, in considerazione della multi-fattorialità del-l’abuso di sostanze.In particolare, essi evidenziano come la caratteristicacomune alle famiglie dei tossicodipendenti sia rappre-sentata da un’estrema sofferenza antecedente la com-parsa del problema nei figli, poiché dall’osservazione eanalisi della loro storia tri-generazionale si palesanovissuti relazionali segnati da traumi e disequilibriaffettivi. Sarebbero quindi proprio i genitori, prima dei loro figli,portatori “sani” di un disagio individuale che li rende-rebbe poco attrezzati nella diuturna sfida verso lesostanze cercate e assunte dalla loro progenie.I dati raccolti attraverso colloqui e consultazioni fami-liari sembrano evidenziare la presenza di problemati-che non risolte nel rapporto tra la seconda e la primagenerazione. Molto spesso, infatti, le madri risulterebbero invischia-te in un rapporto tormentato e teso con la propriamadre e la loro infanzia sarebbe caratterizzata dallasostanziale insoddisfazione dei bisogni affettiviprofondi, producendo una forte dipendenza e un pres-sante desiderio di riconoscimento.Dal canto loro, i padri rivelerebbero un’infanzia carat-terizzata da una precoce adultizzazione, ovvero unaprematura responsabilizzazione, organizzativa e affet-tiva, legata alla surrogazione di un padre assente o

scarsamente competente, in assenza di qualsivogliariconoscimento materno di questo ruolo.Il padre, inoltre, verrebbe ritratto come una figurachiusa, schiva, vagamente infelice, semplice riferimen-to per i bisogni materiali quotidiani nonché assorbitonel suo mondo lavorativo, mentre la madre tenderebbead agire o in modo iper-protettivo e autoritario o, alcontrario, in maniera troppo indulgente, potendosiporre anche come figura controllante senza però unsuo effettivo coinvolgimento (Chianura et al., 2005).Questi pochi accenni, tutt’altro che esaustivi, potreb-bero costituire una sorta di filo conduttore per megliodecifrare le richieste di un familiare che domanda salu-te ad un servizio territoriale non rispetto al propriofiglio ma per sé; ciò che queste persone cercano è diinstaurare un rapporto terapeutico all’interno del qualepoter essere visti e compresi non come il padre o lamadre del figlio tossicodipendente ma come individuiportatori di specifici bisogni.Se è vero che la famiglia rappresenta un sistema ingrado di apportare un prezioso contributo al percorsoterapeutico-riabilitativo del giovane tossicodipenden-te, è plausibile che i membri che la compongono sianoagevolati all’adempimento di questo gravoso impegnodalla possibilità di ritrovare un equilibrio e un benes-sere personali.Ecco, allora, che la domanda di salute del familiare puòavvenire in maniera diretta o indiretta, dovendo inquesto caso essere opportunamente decifrata.Nella modalità diretta, mediata dai medici di medicinagenerale, o da altri punti di snodo della rete sanitaria,un genitore può rappresentare un suo stato depressivoo d’ansia, manifestazioni psicosomatiche, amplificazio-ne di sindromi dolorose con surplus di prescrizioni difarmaci analgesici o d’abuso o di benzodiazepine, stilidi vita e comportamenti di salute che lo mettono arischio rispetto a patologie fisiche concomitanti, iper-alimentazione compensativa e/o obesità.Nella forma indiretta, invece, possono essere le moda-lità di interazione dialettica con i servizi delle dipen-denze, una certa manipolatività verso le figure sanita-rie, financo il disconoscimento verso il percorso direcupero svolto positivamente dal figlio a costituire unpretesto per dire qualcosa di sé in termini di disagiopersonale.D’altronde una quota parte dell’utenza dei centri disalute mentale è costituita da soggetti abusatori disostanze in comorbilità psichiatriche più o meno gravi,i quali non si rivolgono ai servizi delle dipendenze, néstrutturano un rapporto dopo i primi contatti, laddovela sostanza appesantisce di molto il carico familiare eriduce o persino vanifica l’outcome nei percorsi tera-peutico-riabilitativi.

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tamenti a rischio e orientare gli utenti verso la rete deiServizi attraverso una consultazione multidisciplinarebreve all’adolescente e al familiare. I dati utilizzati nello studio sono stati estratti, attra-verso algoritmi specifici di definizione, dal DataWare–House (DWH) della ASL di Pavia che dal 2003 rac-coglie i dati sanitari e socio-sanitari della provincia. Gli accessi al PS dal 2003 al 2010 sono stati ricavatidal flusso della Specialistica Ambulatoriale (28 SAN) esuccessivamente è stato effettuato un link determini-stico (utilizzando i Codici Fiscali) con i flussi SDO e lamatrice estratta dalla cartella clinica informatizzata“Sistema Dipendenze” per gli anni 2003-2013. Le analisi descrittive e multivariate sono state condot-te utilizzando il software STATA10.

Risultati Dal 2003 al 2010, si sono recati almeno una volta al PS47.121 soggetti residenti nel territorio provinciale dietà compresa tra i 10 anni e 20 anni e di questi 25.950sono maschi, (età media 14,3±3,3 anni) e 21.171 fem-mine (età media 14,5±3,4 anni). Prendendo in considerazione anche il territorio di resi-denza si è evidenziato come non vi siano differenzestatisticamente significative di genere tra i tre territo-ri, (distribuzione per territorio: maschi 35,1% inLomellina, 24,6% in Oltrepò e 40,7% nel Pavese; fem-mine: 35,7% in Lomellina, 24,4% in Oltrepò e 39,9%nel Pavese; p=0,386). Nella precedente analisi del 2012, 858 adolescenti ave-vano manifestato “l’evento” nel periodo osservato(2003 -2010). L’analisi attuale, che si basa sull’integrazione dai datiottenuti dal monitoraggio della coorte 2003-2010,mette in evidenza che negli anni di osservazione 2011-2013 ulteriori 204 adolescenti hanno sviluppato “l’e-vento”. Sul totale dei soggetti (1062) che hanno sviluppato“l’evento” nel decennio 2003-2013 il 21% dei sogget-ti pari a 218 adolescenti è stato ricoverato in ospeda-le per patologie correlate al consumo di sostanze lega-li /illegali e il 79% pari a 844 adolescenti ha avuto unapresa in carico al SerT per un trattamento o una segna-lazione prefettura art 121/75. Il tempo intercorso tra il primo accesso in PS (in media4 anni e mezzo) e “l’evento” non risulta statisticamen-te significativo. Risulta, invece, statisticamente significativa la variabi-le sesso in relazione al ricovero ospedaliero, dove lefemmine risultano ricoverate più frequentementerispetto ai maschi (p<0,001) con un età media di rico-vero sovrapponibile per entrambi i sessi pari a 16 anni. I maschi infatti più frequentemente manifestano l’e-vento presa in carico al SerT per trattamento o persegnalazione Prefettura, l’età di contatto con il sud-detto Servizio è statisticamente superiore (p<0,001) diun anno circa (16,5 vs 15,5 anni) rispetto a quelladelle femmine. Con l’intento di tracciare le caratteristiche dei “fre-quent attenders”, che potrebbero essere campanellid’allarme di un eventuale disagio giovanile che possasfociare nel consumo di sostanze legali/illegali, è statocostruito un modello logistico (Tab 1).

Tab. 1 – Modello logistico anni 2003-2013

Dall’analisi logistica è emerso che: l’essere “Maschio”comporta un rischio 3 volte maggiore di sviluppare l’e-vento rispetto all’essere “Femmina”; così come accede-re per la prima volta al PS con un’età più avanzata(primo accesso tra quelli avvenuti nel periodo 2003-2010), infatti ogni incremento unitario di età aumen-ta del 20% la probabilità di sviluppare l’evento. Anche l’essere un “frequent attenders” incrementa di 5volte il rischio. Inoltre, abitare in Oltrepò rispetto agli altri territoridella provincia aumenta del 30% il rischio di usaresostanze (Tab. 1). Dal settembre 2012 al 31 dicembre 2013 all’interno delprogetto sperimentale di prevenzione: “Problemi incorpo, soluzione in mente” si sono rivolti all’ U.O.S.Pavese ed Oltrepò - sede di Voghera (territorio sceltoad hoc per la sperimentazione seguendo le indicazionidel modello logistico), per la consultazione multidisci-plinare breve 42 adolescenti e rispettivi familiari di cuicirca il 76% maschi con un età media di 17,7±1,9 anniper i maschi e di 17,2±2,3 anni per le femmine (diffe-renza d’età fra i sessi non statisticamente significati-va, p>0,05). Il 37,5% degli adolescenti maschi che si rivolgono alservizio hanno un’età di 19 anni, mentre le femmine(nonostante l’esiguità del campione) presentano duedistinti picchi nella prima e tarda adolescenza.

Conclusioni Con l’attuale analisi si confermano alcuni risultatiottenuti dallo studio del 2012 in cui si evince che laprobabilità che il disagio adolescenziale possa evolve-re in un disturbo correlato al consumo di sostanze, sialegali che illegali, è maggiore nei maschi. Quest’ultimo aspetto è, inoltre, riscontrabile anchenella composizione della popolazione dei SerT, dove lapopolazione maschile costituisce l’80% dei pazientipresi in carico. I soggetti più a rischio hanno anche un’età di accessoin PS più avanzata; probabilmente dovuto al fatto cheessendo un po’ più “vecchi” hanno un’esperienza piùconsolidata con le sostanze, rispetto ai soggetti piùgiovani. Una questione, che ci appare molto interes-sante, per la continuazione dello studio è la confermache l’essere “frequent attenders” è legato ad un mag-gior rischio di utilizzo delle sostanze. Un aspetto innovativo potrebbero essere quello dicostruire un’offerta che raccolga la sfida di intercetta-re le “storie degli adolescenti” e (Progetto TAG2008/2009) dei loro “familiari” utenti o ex-utenti dei

ADOLESCENTI “FREQUENT ATTENDERS” IN PRONTO SOCCORSO:INTERVENTO TRA RETE DEI SERVIZIE STRATEGIE DI TRATTAMENTO.L’ESPERIENZA PAVESE

di Brigada R., Perotti P., Verri A., Panzarasa A.,Basti S., Bosi E., Foppiani C., Belfiore G., Di Biagio P., San Bartolomeo P., Favini P, Mauri A.Dipartimento Dipendenze, Direzione Sociale, DirezioneGenerale - ASL Pavia

IntroduzioneIl “Tempo di latenza” è il lasso di tempo che intercor-re tra il momento in cui il malessere sfocia nell’uso disostanze e il momento in cui la persona consapevoledel proprio problema si rivolge ai Servizi per richiede-re aiuto. Il tempo di latenza, in media 10 anni per le sostanzeillegali e 20 anni per l’alcol, può essere molto variabi-le e dipende dalla sostanza stupefacente consumata eda vari fattori che lo condizionano (Ponzio, 2010). Con un lasso temporale così lungo è pertanto necessa-rio intervenire con strategie che facilitino l’accesso aiServizi ed intercettino le popolazioni più vulnerabili. L’adolescente influenzato da fattori individuali e dalcontesto sociale e familiare è il più esposto al rischiodi sviluppare comportamenti devianti, quali uso disostanze, rapporti problematici con il cibo, attacchi alcorpo (incidenti e suicidi), etc. (Carbone, 2009). In questa fase spesso manca la capacità di esplicitaree rendere consapevole, in primis a sé stessi e poi aglialtri, i propri vissuti emotivi e le proprie sofferenzeche, non essendo mentalizzate, vengono “tradotte” inagiti e somatizzazioni. Attraverso la comunicazione implicita l’adolescentemanifesta con il linguaggio concreto del corpo undolore che non può essere riconosciuto né tanto menoraccontato (Charmet, 2004). Le sofferenze non elaborate sono pericolose da unpunto di vista evolutivo perché, se una persona in“giovane età” non sa che sta soffrendo o non accettala sofferenza, può incorrere in due importanti rischiprodromici: la tossicodipendenza, per una fuga nel-l’onnipotenza, nell’esibizione, nella trasgressione e lacaduta depressiva. Il Pronto Soccorso (PS), la Pediatria, la Neuropsichia-tria Infantile, la Ginecologia, gli ambulatori di medicidi Medicina Generale e Pediatri sono i luoghi nei qualisi riversano questi comportamenti e dove l’assetto isti-tuzionale (in genere medicazione del sintomo in con-dizioni di emergenza/urgenza), non è coerente con leaspettative, per altro confuse, degli utenti. Le richieste della maggioranza dei giovani vengono

valutate come ripetitive e improprie e tali accadimen-ti vengono considerati fatalità o ragazzate (Carbone,2009) o “disturbi dell’età”. Nonostante la frequenza con la quale i giovani usano iServizi di Emergenza, pochi sono gli studi mirati allacomprensione di questo fenomeno (Carbone, 2004). Verificare l’esistenza di una relazione tra il malessereportato in adolescenza nei luoghi della emergenzasanitaria e uso di sostanze ed interrompere la catenadegli eventi agendo anche sugli adulti di riferimento(genitori, familiari, educatori, sanitari etc.) potrebbecontribuire ad orientare interventi con caratteristichedi maggiore appropriatezza (che evitino l’accesso aiservizi di cura per le Dipendenze o ne riducano iltempo di latenza) e conseguente riduzione dei costi.

ObiettivoProgettare, nell’ambito di una collaborazione in retecon i vari Servizi presenti sul territorio, adeguati inter-venti preventivi dopo aver individuato indicatori dirischio legati all’uso di sostanze nella popolazioneresidente di giovane età. Particolare attenzione è statadedicata ai “frequent attenders”, considerati, in lette-ratura, soggetti particolarmente problematici per averavuto 4 o più accessi al Pronto Soccorso in un anno(Jelinek, 2008).

Metodo Presso il Dipartimento Dipendenze è stato costituitonel 2012 un gruppo di lavoro multidisciplinare “grup-po-adolescenti”, che, dopo un’adeguata revisione dellaletteratura internazionale, ha commissionato all’Osser-vatorio Territoriale delle Dipendenze ASL Pavia unaanalisi della popolazione residente, in età compresa trai 10 e 20 anni, afferente ai PS del territorio provincia-le, al fine di individuare le caratteristiche della popo-lazione a rischio di “contatto” con le sostanze, sialegali che illegali. Sono stati pertanto analizzati tutti gli accessi al PS,negli anni dal 2003 al 2010, prendendo come spuntoun modello di analisi già pubblicato in letteratura(Jelinek, 2008; Vanni, 2009). La coorte di questi utenti che hanno tutti avuto alme-no un accesso in PS è stata, successivamente, monito-rata per gli anni 2010-2013 per “l’evento”: ricoveriospedalieri correlati all’assunzione di sostanzelegali/illegali o presa in carico presso i SerT per trat-tamento o per segnalazioni alla prefettura (art121/75). Il gruppo di lavoro multidisciplinare, invece, sulla basedei dati forniti dall’Osservatorio, è stato promotore diun progetto sperimentale di prevenzione: “Problemi incorpo, soluzione in mente”, approvato da RegioneLombardia con D.G.R. n IX/3239 del 04/04/2012 con-clusosi il 31 gennaio 2014. Il progetto non si è focalizzato solo sugli adolescentifrequentatori dei servizi di emergenza ma a tutti gliadolescenti e familiari che potevano essere raggiuntidirettamente dalla informazione data sul sito web del-l’asl / numero verde / mail dedicata o indirettamentedalla rete degli invianti. Obiettivo del progetto era quello di individuare preco-cemente i disturbi del processo evolutivo e i compor-

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IL GRUPPO MOTIVAZIONALE COCAINA

di Alessandro Orsetti*, Debora Venè*, Adriana Iozzi°, Alessia De Leo****Educatori Professionali SerT U.F.M. C, dipartimentodipendenze Azienda Sanitaria Firenze**Medico Psichiatra, direttore SerT U.F.M. C, dipartimento dipendenze Azienda Sanitaria Firenze***Tirocinante Corso di Laurea in EducazioneProfessionale Interfacoltà Medicina e Chirurgia -Scienze della Formazione, Università Firenze

Il “Gruppo Motivazionale Cocaina” nasce all’internodi un ampio progetto dell’U.F.M. SerT C che prevedeva il trattamento degliabusatori di cocaina attraverso un percorso multidisci-plinare.Considerata poi la specificità di questa esperienza, ilgruppo è stato pensato come una risorsa per i SerT delDipartimento Dipendenze, pertanto le persone che vipartecipano, giovani e adulti che abusano prevalente-mente di cocaina, afferiscono da varie realtà dellaASL10 (SerT C Firenze Centro, SerT Borgo S. Lorenzo,SerT Firenze A (Arcolaio) e SerT nord-ovest Scandicci –Sesto Fiorentino).La scelta di questa tipologia di utenza è legata allepeculiarità che la contraddistinguono: si tratta diutenti che “non si riconoscono” nelle caratteristichedei tossicodipendenti, motivo per il quale anche il SerTnon viene percepito come luogo di possibile ascolto ecura adatto alle loro problematiche.Inoltre, la loro compatibilità con uno stile di vita “nor-male” e la sottovalutazione delle conseguenze legateall’uso della cocaina, fa si che sia rinviato l’accesso aiservizi, accesso che si rende fattivo solo per l’impulsodella Prefettura o di organismi legali, oppure su pres-sione dei familiari, quando ormai la situazione è dete-riorata sotto un profilo economico o fisico/psichico.Il cocainomane, essendo più portato all’agire, si pre-senta come un soggetto con difficoltà a mentalizzarela propria condotta di vita ed è in questo contesto cheil gruppo diventa occasione di riflessione sul propriostile di vita, attraverso il confronto tra pari e il sup-porto di operatori.“Il percorso di gruppo costituisce una delle principalimetodiche utilizzate per il trattamento della dipen-denza dalle droghe” (Rawson ed altri 1989; Washton1989; McAuliffe ed Albert 1992; Vannicelli 1985Washton 1997; Khantzian 1999). I trattamenti di gruppo costituiscono, infatti, “unpotente ed efficace strumento di modificazione deicomportamenti di abuso di cocaina ampiamente utiliz-zato durante tutto il ciclo di cura, dal ricovero, allafase intensiva, ai programmi di after-care e sia nel-l’ambito dei programmi di trattamento ambulatoriale

che di quelli residenziali e semiresidenziali, anche perla loro economicità”(vedi letteratura sull’importanzadell’auto-aiuto).I cocainomani hanno caratteristiche che si presuppon-gono compatibili con la regolare partecipazione ad ungruppo e con le esigenze di socializzazione; si ritieneinoltre, che possa essere utile per questo genere diutenza, riflettere sul proprio stadio di cambiamento(modello transteorico di Prochaska e Di Clemente) esulla motivazione attraverso le tecniche del colloquiomotivazionale di Miller e Rollnick.

Destinatari del gruppoIl gruppo si rivolge agli utenti in carico ai servizi delledipendenze ASL 10 che abbiano la cocaina come so-stanza attuale e prevalente; rientra inoltre, nel pro-gramma di trattamento per gli utenti segnalati dallaPrefettura e/o U.E.P.E.. Vi è la disponibilità alla parte-cipazione anche a persone che ancora sono in diffi-coltà ad accedere ai servizi per svolgere trattamentistrutturati.

Obiettivi1. Spazio riflessivo e conoscitivo per le persone che,pure in presenza di consumi di cocaina, non voglionosentirsi condizionate da un’ identità che ancora nonriescono ad accettare.2. Valutazione e sostegno alla motivazione e al cam-biamento, per la comprensione di un percorso più ade-guato volto a una maggior adesione al trattamentoconcordato con gli operatori.3. Confronto di esperienze che da un lato facilita lepersone a riconoscere il problema legato al consumo dicocaina sentendosi non giudicate, e dall’altro rendepossibile intravedere percorsi di cambiamento e diauto-aiuto.

AzioniSi prevedono otto incontri settimanali condotti da dueeducatori secondo l’approccio motivazionale.Un incontro sarà di carattere informativo sugli effettie sui danni della cocaina prevedendo la partecipazionedi un medico per gli aspetti medico- tossicologici.È previsto, inoltre, l’utilizzo di video finalizzati a susci-tare la riflessione degli utenti su argomenti quali ladipendenza, il piacere, il cambiamento, la ricaduta.

Per le modalità di invio: chiediamo agli operatori diriferimento di presentarci la situazione e la disponibi-lità a mantenere un contatto per tutta la durata delpercorso.

Durante e al termine del percorso sono previsti contat-ti con gli operatori invianti per valutare il percorsosvolto

MetodologiaÈ un gruppo motivazionale gestito con uno stile dicounselling centrato sulle persone e orientato a favo-rire la motivazione al cambiamento attraverso lo scio-glimento e la risoluzione del conflitto di ambivalenza.

8SerT (Knight, 2014), per aiutarli ad intraprendere per-corsi più sani di quelli che potrebbero percorrere. Il progetto sperimentale, inoltre, ha riconfermato lanecessità di organizzare servizi appropriati per gli ado-lescenti e i loro familiari.

BIBLIOGRAFIA

• Ponzio M, Perotti P et all. ”What is the temporal gabbetween the first use of the drug and the entrance inthe health care program? What are the factors influen-cing the length of this temporal gap.” ISAM 2010-Abstracts book• Carbone, P. “Le ali di Icaro. Capire e prevenire gli inci-denti dei giovani”. Bollati Boringhieri, Torino, 2009• Charmet G.P. “La consultazione con l’Adolescenteoggi: dialogo su teoria e metodo” Genova. RicercaPsicoanalitica, 2004, XIV, 2.• GA Jelinek et.al. “Frequent attenders at emergencydepartmemnts: a linked-data population study of adultpatients.” MJA: 187 (10)-2008: 552-556. • Vanni F. “Giovani in pronto soccorso. Il corpo nelleemergenze psicologiche”, Milano, Franco Angeli, 2009.• Progetto T.A.G Teen Addiction Guidelines, FondoRegionale di Intervento Lotta alla Droga - Anno2009/2010 Piano annuale di intervento e progetti didiretta iniziativa regionale (Quota B) - AreaDipendenze D.G.R.V. n. 4307/2009 della Regione delVeneto• Knight KE, Menard S and Simmons SB. “Intergene-rational continuity of substance use” Subst Use Misuse.2014 Feb;49(3):221-33.

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I GRUPPI MOTIVAZIONALI NEL PERCORSO INTEGRATO PER IL RECUPERO DAL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO

di Fusi Ginetta^, Concetta Conace*, Francesca Ferrini°, Adriana Iozzi*, Alessandro Orsetti^, Rosanna Scopetani**, Cristina Tanzi°, Debora Venè^*medico psichiatra, °assistente sociale, ^educatore professionale**psicologaUFM SerT/SAT FI/C dell’Azienda Sanitaria di Firenze

Considerato ormai usuale il fenomeno delle polidipen-denze nei nostri utenti,(siano esse di conversione o insovrapposizione), ma allo stesso una criticità per iltrattamento ed il mantenimento dell’astinenza, intor-no agli anni 2004/2005, all’interno dell’UFM SerT/SatC di Firenze, abbiamo deciso di costituire un’ equipededicata al trattamento del gioco d’azzardo patologico.L’equipe è attualmente formata da due psichiatri, treeducatori professionali, una psicologa e due assistentisociali, ed ha seguito una formazione specifica, che ètutt’ora in corso.L’accesso al servizio da parte di giocatori compulsivi èprogressivamente aumentata nel tempo, grazie sia aduna sensibilizzazione rivolta ai medici di medicinagenerale del quartiere dove noi operiamo (Q5 diRifredi), ma anche per merito di una campagna pub-blicitaria dei trattamenti offerti dai servizi pubblici,che ha interessato tutta la città di Firenze, attraversodei volantini che riportavano vignette rivolte in parti-colare a donne, a giovani e ad anziani, con il titolo“Non fare il pollo”; nello scorso 2013 gli utenti incarico al servizio per problemi di gioco d’azzardo sonostati 72.Da quando abbiamo deciso di occuparci di questadipendenza, nei nostri interventi nelle scuole, nonaffrontiamo più solo il problema delle sostanze, mafinalmente possiamo far riflettere i ragazzi e gli inse-gnanti anche sul rischio di essere “vittime” di atteg-giamenti patologici che si celano dietro innocuibiglietti “gratta e vinci” o di accattivanti giochi on-line senza uso di soldi. Un interessante lavoro di ricerca-intervento è statosvolto attraverso una collaborazione con ilDipartimento NEUROFARBA della sezione di Psicologiadell’Università di Firenze, che ha visto coinvolti circa200 studenti del secondo anno delle scuole mediesuperiori del nostro quartiere; l’obiettivo di questo pro-getto è quello di valutare l’efficacia di un intervento diprevenzione volto a promuovere un comportamento di

gioco d’azzardo responsabile in ragazzi adolescenti,attraverso stimoli che incrementano la capacità diragionamento corretto in termini probabilistici, dimi-nuendo quindi il ricorso a credenze erronee e supersti-ziose.

Per quanto riguarda l’accesso al servizio, i giocatori,ma più spesso i loro familiari, si presentano sponta-neamente per chiedere aiuto, soprattutto nelle fasi digrosse perdite; altrimenti gli invianti sono soprattuttogli altri SerT, ma anche medici di famiglia e operatoridei servizi di salute mentale (due pazienti contattatiall’interno del reparto durante la degenza avvenuta pertentato suicidio a causa del gioco).Il paziente più giovane che ha completato il program-ma per GAP, durante la maturità, aveva 19 anni, e quel-lo più anziano 82; l’età media comunque si aggiraattorno ai 45 anni; in questi ultimi anni sono arrivatianche molti stranieri extracomunitari e neo comunitari.Ad oggi il percorso diagnostico-terapeutico che noiproponiamo ai giocatori patologici ed ai loro familiarisi sviluppa in 5 step:

1) Accoglienza: di persona, o telefonica, dove insiemeall’utente analizziamo la domanda, presentiamo l’even-tuale percorso e incoraggiamo a prendere un appunta-mento.

2) Valutazione multidisciplinare: i pazienti ed i fami-liari vengono presi in carico da una coppia, mista perruolo e fissa, di due operatori, i quali procederannoall’anamnesi generale mirata alle problematiche speci-fiche del GAP e all’eventuale associazione di abuso disostanze; vengono valutate eventuali patologie psi-chiatriche in atto; si somministrano tests per la valu-tazione psico-diagnostica e a seguire vengono valuta-te anche con colloqui separati del paziente dai fami-liari, il funzionamento del sistema “famiglia” e lasituazione socio-lavorativa.

3) Tutoraggio economico: in alcune situazioni vienefatta una valutazione economica con particolare atten-zione al quadro debitorio, per procedere al tutoraggioeconomico, che può essere gestito esclusivamente danoi operatori, o in accordo con un familiare presentenel programma; talvolta è stata attivata una consulen-za legale da parte di avvocati volontari. È possibile un pianificare il risanamento dei debiticome interventi di salvaguardia del patrimonio familia-re e della situazione lavorativa; in alcuni casi abbiamoseguito l’attivazione dell’amministratore di sostegno, el’accompagnamento ad associazioni Antiusura.

4) Gruppo motivazionale: ciclo di 8 incontri rivolti algiocatore ed ai suoi familiari.

5) Trattamento integrato e personalizzato: possonoessere suggerite psicoterapie individuali o familiaricome anche terapie farmacologiche; in alcuni casi siprocede con interventi cognitivo-comportamentalispecifici; sono previsti interventi mirati all’auto prote-zione e quindi alla prevenzione delle ricadute; impor-tante in questa fase è la collaborazione con i gruppi di

9Il gruppo e la sua organizzazioneIn sintesi possiamo individuare tre momenti fonda-mentali:

Il primo momento (tre incontri) è la fase della cono-scenza reciproca anche attraverso la condivisione delleloro esperienze, a partire da qualche domanda del tipo:“c’è un motivo che spinge a smettere la cocaina?”,“quando è il caso di smettere?”. Quindi l’utilizzo della bilancia motivazionale e glieventuali motivi per pensare ad un cambiamento distile di vita.

Il secondo momento (altri tre incontri circa) oltre allapresenza del medico con focus sugli effetti medico-tos-sicologici, nonché sul funzionamento della dipenden-za, focalizza l’attenzione sui fattori interni al cambia-mento e sulle ricadute. Quest’ultima è un elemento di grande coinvolgimentoe preoccupazione al tempo stesso.

Il terzo momento, cioè gli ultimi due/tre incontri, ècentrato su cosa possiamo fare per invertire la rotta;l’analisi sia dei fattori proattivi al cambiamento che deifattori di rischio che possono ostacolare un’evoluzionepositiva del progetto personale.In questa fase si pensa alla progettazione concreta siadi percorsi terapeutici all’interno del servizio, come diproposte sul territorio quale l’esperienza dei gruppi diNarcotici Anonimi che generalmente sono presenti alpenultimo incontro del ciclo.

Numero di utentiDa un minimo di 6 partecipanti ad un massimo di 12.

Indicatori· presenza agli incontri· partecipazione attiva· utilizzo di uno strumento di valutazione MAC/cocaina· ritenzione/adesione al programma· diminuzione dell’uso di cocaina

ConclusioniIl primo gruppo è partito nel 2009 e complessivamen-te si è replicato, ogni anno, per circa 7/8 volte (con-siderati i periodi di feste, il mese di Agosto e i periodidi pausa per la costituzione di un numero sufficientedi partecipanti). Il numero degli utenti è variato dai 6 ai 9 per gruppocon punte massime anche di 12.Si è verificato inoltre, che su richiesta personale o suindicazione del servizio, alcuni partecipanti abbianoavuto la possibilità di ripetere il ciclo motivazionale.L’età degli utenti va dai 25 ai 50 anni, anche se lamaggior parte si colloca intorno ai 30/40 anni, conuna scarsa o quasi nulla presenza femminile.Proprio per le sue caratteristiche, riteniamo che ilGruppo Motivazionale Cocaina possa offrire un’occasio-ne per riflettere sulla propria storia di dipendenza ecapire se c’è la voglia o meno di affrontarla. In questo senso, pensiamo possa essere utile permet-tere l’accesso al gruppo anche a persone che non sonoin trattamento, ma che desiderano un primo approccio

conoscitivo e riflessivo sul proprio uso di cocaina.In questo senso riteniamo interessante e di grande uti-lità poter sperimentare all’esterno del Servizio SerT, ungruppo, che con le caratteristiche sopra descritte, sipossa interfacciare con le richieste di chi, non ricono-scendosi come fruitore del SerT, e quindi non identifi-candosi come un consumatore e/o dipendente dacocaina, ma comunque interessato alla riflessione sultema, possa trovare uno spazio accettabile e compati-bile con la sua situazione.Tale opportunità potrebbe stimolare un percorso diconsapevolezza rispetto al proprio stile di vita edeventualmente facilitare, se ritenuto opportuno, l’ac-cesso ad un SerT o comunque a delle proposte ulterio-ri utili a ad approfondire progetti di salute.

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informa LA PERSONA CON PROBLEMATICHE DI ABUSO O DIPENDENZA

auto-aiuto, tra cui Giocatori Anonimi.

La durata media del percorso terapeutico è stabilitaintorno all’anno, al termine del quale vengono comun-que proposti follow-up a lunga scadenza, e l’obiettivoche ci prefissiamo insieme ad i pazienti/famiglie non èsolo l’astensione dal gioco, ma anche un cambiamentodi stile di vita che coinvolga tutti loro.

Un focus particolare lo vorremmo dedicare alla fase delGruppo Motivazionale; questa è un’attività sulla qualenoi investiamo molto ormai da tantissimi anni, e cherealizziamo con modalità simili, sia per gli alcolisti intrattamento, che per la dipendenza da cocaina e per ladisassuefazione da fumo di tabacco.Il gruppo è settimanale, aperto ed a ciclo continuo,cosicché sia possibile inviare le famiglie in qualsiasimomento; è condotto da un’educatrice professionale eda un’assistente sociale, che nel corso del programmaprevisto di circa due mesi, si avvalgono di altre figureprofessionali come la psicologa, la psichiatra ed il tos-sicologo; questi, apportando i loro specifici contribu-ti, ci aiutano non solo ad avere informazioni corrette,ma anche a riflettere su temi fondamentali quali: ilpensiero magico, le dinamiche della dipendenza edella co-dipendenza come fenomeni psico-biologici edi conseguenza la difficoltà nel mantenere un gioco“controllato”.Insieme, grazie al confronto delle esperienze tra chi èarrivato da poco e chi ha già iniziato un cambiamen-to, si possono osservare una diminuzione della nega-zione o minimizzazione del problema, e una maggioreconsapevolezza delle caratteristiche, delle dinamichefamiliari, dei vantaggi e degli svantaggi del giocare edello smettere ed infine dei danni, che non vedono piùsolo come perdita di soldi, ma come perdita di dignitàe autostima, di tempo sottratto al lavoro e alla cresci-ta dei figli e della vita di coppia.A proposito di questo, abbiamo osservato, che nono-stante le resistenze iniziali del giocatore, c’è sempreuna buona partecipazione ai gruppi da parte dei fami-liari, e soprattutto dei figli, che si dimostrano piùdisponibili rispetto ai coniugi o ai fratelli, ad accetta-re questo problema con toni di giudizio minori.Un ottimo contributo ad affrontare questi temi e sen-timenti così dolorosi, ci viene portato dalle testimo-nianze di persone che sono già in recupero all’internodei gruppi di Giocatori Anonimi; data l’esperienza posi-tiva degli altri gruppi sopracitati (alcol-cocaina-tabac-co), abbiamo scelto appunto di collaborare con l’asso-ciazione dei G.A. e dei gruppi paralleli di familiari(Gam-Anon) anche per facilitare un eventuale invio ailoro gruppi serali, come mantenimento al processo diconsapevolezza e cambiamento, alla fine del ciclomotivazionale.Altre figure che invece invitiamo occasionalmente,sono l’amministratore di sostegno e l’avvocato, che noiproponiamo come occasioni di informazioni e chiari-menti su strumenti che loro stessi potrebbero decideredi attivare.L’appuntamento con il gruppo, che talvolta è vissutoinizialmente con timore e scetticismo, finisce per esse-re atteso e partecipato con entusiasmo, come sa bene

chi opera nel settore delle dipendenze: in questo con-testo possiamo, non solo condividere esperienze comu-ni che permettono sia al giocatore che al familiare diuscire da quell’isolamento e da quella omertà dove liaveva condotti il dramma dell’azzardo, ma anche ritro-vare la speranza e talvolta quell’emozione di sentireche è possibile uscirne e ritrovare se stessi, magarianche migliori di prima.

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informaFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE

n 23giugno 2014

Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - N. 40 - ANNO XI - MAGGIO 2014

PRESENTAZIONE LAVORI PERVENUTI

LA PERSONA CONPROBLEMATICHE DI ABUSO

O DIPENDENZAProspettive di intervento tra rete

dei servizi, strategie di trattamento,esigibilità e disponibilità delle cure

Centro Congressi Hotel MichelangeloMilano 5-6 Giugno 2014