CLIMAGRI – Cambiamenti Climatici e...

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Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Ufficio Centrale di Ecologia Agraria CLIMAGRI – Cambiamenti Climatici e Agricoltura Progetto Finalizzato di Ricerca sulle conseguenze delle variazioni climatiche sull’agricoltura in Italia Linea di ricerca 3.1: Monitoraggio permanente della siccità in agricoltura ed evidenziazione dei processi di desertificazione nel sud Italia” Relazione Tecnica Finale Roma, Dicembre 2005 1

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Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura

Ufficio Centrale di Ecologia Agraria

CLIMAGRI – Cambiamenti Climatici e Agricoltura

Progetto Finalizzato di Ricerca sulle conseguenze delle variazioni climatiche sull’agricoltura in Italia

Linea di ricerca 3.1: “ Monitoraggio permanente della siccità in agricoltura ed

evidenziazione dei processi di desertificazione nel sud Italia”

Relazione Tecnica Finale

Roma, Dicembre 2005

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Introduzione In questa relazione tecnica conclusiva dell’attività di ricerca posta in essere nel progetto finalizzato triennale ‘Climagri – Cambiamenti Climatici e Agricoltura’ – Linea di ricerca 3.1, si descrivono i risultati ottenuti nel terzo anno del progetto e si propongono le conclusioni dell’attività di ricerca relativamente alle due tematiche affrontate a partire dal primo anno:

- l’evidenziazione dei fenomeni di desertificazione, con particolare riferimento al meridione d’Italia,

- il monitoraggio della siccità in agricoltura attraverso il telerilevamento. Questa relazione viene pertanto organizzata in due capitoli che tengono conto dei due filoni principali di attività. Ogni capitolo è dotato di una propria autonomia, anche se l’obiettivo finale rimane il focus sul monitoraggio del rischio ambientale causato dagli episodi di siccità e dai processi di land degradation. Per raggiungere questi obiettivi, la ricerca si è avvalsa di strumenti di rilevamento e di calcolo avanzati, quali GIS, telerilevamento, reti neurali e statistica multidimensionale, avviando intense collaborazioni con vari partner di ricerca, quali la cattedra di Ecologia del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Trieste, la società Aquater del gruppo ENI, nonché lo studio Ceccarelli per quanto riguarda le elaborazioni geografiche. Oltre alla partecipazione a 9 conferenze, con interventi ed esposizione di poster, la linea di ricerca ha prodotto le seguenti pubblicazioni a stampa:

• Incerti G, Feoli E., Salvati L. & Brunetti A. 2005. Analysis of bioclimatic time series and their natural network-based classification to characterize drought risk patterns in south Italy. Int. J. Bio-meteorology, in press.

• Salvati L., Libertà A. & Brunetti A. submitted. Bio-climatic evaluation of drought severity: a computational approach using dry spells. Biota – Journal of Biology and Ecology.

• Salvati L., Libertà A. & Brunetti A. 2004. Il ‘siccitometro’: valutazione degli episodi di siccità attraverso l’analisi dei periodi secchi. Rivista Italiana di Agrometeorologia 8: 68-69.

• Salvati L., Ceccarelli T. & Brunetti A. 2005. Valutazione del rischio di desertificazione in Italia: primi risultati. Rivista Italiana di Agrometeorologia 9: 124-125.

• Salvati L., Ceccarelli T. & Brunetti A. 2005. Monitoraggio dei fenomeni di desertificazione in Italia. Bollettino Agro-meteorologico Nazionale.

• Salvati L., Ceccarelli T. & Brunetti A. 2005. Geodatabase sul rischio di desertificazione in Italia. CRA-UCEA & Agrisian, Collana Climagri n. 32 (Atlante + CD).

• Salvati L., Incerti G., Giovacchini A., Feoli E. & Brunetti A. 2005. Monitoraggio della siccità in agricoltura tramite il telerilevamento – Applicazioni ad un caso di studio. CRA-UCEA, Collana Climagri n. 40.

• Brunetti A., Giovacchini A. & Salvati L. 2003. La disponibilità idrica nei terreni agricoli del sud Italia: andamento di un indicatore di siccità negli ultimi venti anni. In: Vento D. (ed.) Le variazioni del clima in Italia negli ultimi venti anni. MIPAF-UCEA, Roma.

• Salvati L., Incerti G., Giovacchini A., Feoli E. & Brunetti A. 2004. Monitoraggio della siccità in agricoltura: l’approccio agro-meteorologico e il contributo del telerilevamento. In: Esposito S. & Epifani C. (Eds.) Climagri – Cambiamenti Climatici e Agricoltura. Ministero delle Politiche Agricole e Forestali & Ufficio Centrale di Ecologia Agraria, Roma.

• Morgillo A., Brunetti A. & Salvati L. 2002. La siccità in Italia: spunti di discussione sul clima, sugli aspetti pedoclimatici e sul bilancio idrico. In: AIAM (Ed.) L’agrometeorologia nel Mediterraneo. Associazione Italiana di Agrometeorologia & Regione Siciliana,

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Assessorato Agricoltura e Foreste. • Brunetti A. & Salvati L. 2003. Siccità, desertificazione e gestione delle risorse idriche.

CNR-IBIMET & Servizio Agrometeorologico Regionale per la Sardegna. • Salvati L., Ceccarelli T. & Brunetti A. 2005. Desertificazione, cambiamenti climatici e

agricoltura in Italia: Primi risultati di un modello di valutazione del rischio di desertificazione. Atti del Convegno ‘AgriStat – Statistiche Agricole’ – Firenze, Maggio 2005.

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CAPITOLO 1

EVIDENZIAZIONE DEI FENOMENI DI

DESERTIFICAZIONE CON PARTICOLARE

RIFERIMENTO AL MERIDIONE D’ITALIA

- Agricoltura e degrado del territorio nello scenario del clima che cambia -

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1 Il framework di riferimento

Il modello logico-concettuale nella valutazione del rischio di desertificazione

Il rischio di desertificazione viene valutato facendo riferimento a modelli interpretativi e metodologie relativamente consolidati, con un certo numero di applicazioni legate a contesti geografici e scale di analisi diverse. Il riferimento principale è comunque costituito dalla convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione (UNCCD), ratificata dall’Italia nel 1997. La “Convention to Combat Desertification” delle Nazioni Unite stabilisce il quadro entro il quale vengono realizzate una serie di iniziative e ricerche a livello sovra-nazionale nazionale e locale. Ad opera del suo “Committee on Science and Technology”, ha lavorato anche sulla definizione di benchmarks e indicatori.1

Il Modello CNLSD

A livello nazionale tale convenzione trova la sua applicazione nell'ambito del Comitato Nazionale Lotta alla Siccità e Desertificazione (CNLSD).2 A questo livello il quadro di riferimento è stato sintetizzato dal Comitato nella sua “Comunicazione nazionale per la lotta alla Siccità e alla Desertificazione” (CNLD 1999). Il Comitato si è posto tra gli altri l'obiettivo di produrre una cartografia a scala nazionale delle aree vulnerabili al degrado del territorio e sensibili al fenomeno della desertificazione. A questo scopo è stata prodotta una "carta preliminare delle aree sensibili alla desertificazione" [CNLSD, 1999] in scala 1:250.000.3 Per l'individuazione delle aree sensibili alla desertificazione sono stati considerati i seguenti fattori e relativi tematismi (indicati tra parentesi): • Clima (indice di aridità) • Caratteristiche del suolo (indice pedoclimatico) • Uso del suolo (copertura del Corine Land Cover) • Pressione antropica (variazione demografica 1981/1991) Sulla base dell'analisi effettuata il territorio nazionale è stato suddiviso in aree poco, mediamente e molto sensibili al fenomeno della desertificazione.

1 ‘Report on monitoring - evaluation of impact and implementation indicators for action programmes to combact desertification’ (2001). Genèva, UNCCD. 2 In precedenza definito come Comitato Nazionale per la Lotta alla Desertificazione (CNLD). 3 La carta è stata realizzata da un gruppo di lavoro costituito nell'ambito del CNLD. Il gruppo era coordinato dall'allora Servizio Idrografico e Maregrafico Nazionale (S.I.M.N.) del Dipartimento dei Servizi Tecnici Nazionali (D.S.T.N.) della Presidenza del Consiglio dei Ministri. La redazione della carta in formato digitale è stata supportata dall'Ufficio per il Sistema Informativo Unico dello stesso D.S.T.N.

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Il Framework DPSIR

Il modello "Pressione-Stato-Risposta - PSR" sviluppato dall'OECD è stato applicato in diversi studi internazionali e nazionali, consentendo di mettere in evidenza la sequenza causale tra pressioni antropiche, impatti sull'ambiente e risposte atte a mitigare gli stessi impatti [OECD, 1994]. Il framework "Driving forces, Pressioni, Stato, Impatti e Risposte" (DPSIR) costituisce oggi il quadro di riferimento dell’Agenzia Ambientale Europea per il reporting di tutte le problematiche di carattere ambientale (EEA 1995). DPSIR viene diffusamente adottato come modello interpretativo per un gran numero di processi ambientali (e.g., ANPA 2000) compresa la desertificazione (Gentile 1999). L’approccio generale (Figura 1) prevede alcuni elementi comuni:4

• Le componenti “driver” (o “driving forces”) sono le condizioni “al contorno”, i "fattori di traino" che determinano le problematiche ambientali. Si tratta di attività riferibili all’azione dell’uomo; tipicamente tra le “driving forces” abbiamo la crescita demografica e lo sviluppo di attività quali agricoltura, turismo, industria.

Il Framework DPSIR

Figura 1

• Le componenti “Pressioni”–“Stato”–“Impatti”:

Rappresentano il comportamento dei sistemi ambientali (naturali, agricoli) con tutte le interazioni oggi conosciute. Pressioni: sono gli effetti diretti (e misurabili) dell’azione delle driving forces (es. emissioni inquinanti, urbanizzazione, deforestazione). Stato: sono le variabili che, misurando lo stato e la qualità del territorio in senso lato, delineano le condizioni in cui esso versa. Impatti: sono gli effetti ultimi dell’azione delle “driving forces” sul territorio, che rendono esplicite le relazioni causa-effetto tra pressioni, stato ed impatti medesimi (es. riduzione delle superfici coltivabili, perdita di biodiversità).

4 EEA (2004): http://org.eea.eu.int/documents/brochure/brochure_reason.html?.

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Le risposte sono azioni, sempre riferibili ad interventi dell’uomo, quali politiche o misure di contrasto diretto o indiretto a fenomeni di degrado ambientale e desertificazione (ad esempio la politica agricola comune, le convenzioni sulla desertificazione, etc.). In teoria, il framework DPSIR vuole mettere in evidenza le connessioni causa-effetto proprie di una certa problematica ambientale, valutando in modo dinamico l’impatto delle “driving forces” sui sistemi considerati in funzione della loro sensibilità e capacità di adattamento e risposta. DPSIR rappresenta un riferimento interpretativo ma non una metodologia in senso stretto per la messa a punto di indici e procedure di valutazione.

Il Modello ESAs Nell'ambito di alcuni progetti di ricerca 5 è stata messa a punto una metodologia per l’identificazione di indici e conseguentemente di aree sensibili al rischio di desertificazione (Environmentally Sensitive Areas, ESAs). Questa metodologia trova oggi ampia applicazione nell'analisi dei processi di desertificazione e rappresenta uno standard di riferimento [e.g., Kosmas et al. 1999, Ferrara et al. 1999].6 Il modello ESAs definisce un concetto di qualità ambientale rappresentata da diverse componenti: suolo, clima, vegetazione e gestione del territorio. Per ogni componente vengono identificate un certo numero di fattori ritenuti significativi per spiegare i processi di desertificazione.7 Per esempio per quanto riguarda la qualità climatica le variabili che vengono considerate sono: piogge medie, aridità, esposizione dei versanti. I valori riscontrati per dette variabili vengono utilizzati per calcolare un indice sintetico specifico per quella componente, in questo caso l'"indice di qualità climatica" abbreviato come CQI. L'insieme degli indici viene sintetizzato per ottenere un indice complessivo detto ESAI. Questo indice esprime il livello di rischio di desertificazione per le aree considerate. Nella figura 2 viene riportato lo schema di applicazione del modello ESAs, con l'indicazione delle variabili più frequentemente usate, i vari indici di qualità e l'indice sintetico:

Schema di applicazione del modello ESAs

one (VQI)

I) Intensità uso suolo, politiche di protezione

Rischio incendio, protezione erosione, resistenza siccità, copertura vegetale

Precipitazioni, aridità, esposizione Indice ESA

Tessitura, materiale parentale, pietrosità, profondità, gradiente, drenaggio

Indice di qualità della gestione del territorio (MQ

Indice di qualità della vegetazi

Indice di qualità del clima (CQI)

Indice di qualità del suolo (SQI)

Figura 2

5 In primo luogo il progetto MEDALUS (MEediterranean Desertification And Land USe). 6 La metodologia messa a punto con MEDALUS viene oggi applicata diffusamente negli studi sulla desertificazione, con alcune modifiche. Cfr. Montanarella L. "Indicazione delle aree vulnerabili alla desertificazione in Puglia. Regione Puglia & JRC Ispra" e IBIMET "Il rischio desertificazione per gli agrosistemi italiani. Convegno Nazionale di Agrometereologia, Matera 2004". 7 Va precisato che il modello ESAs non definisce in modo restrittivo il numero di variabili da considerare consentendone la selezione in funzione delle aree in esame e delle caratteristiche dei dati a disposizione.

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La ricerca Climagri 3.1 e l'approccio UCEA

Il Progetto Finalizzato Climagri – Cambiamenti Climatici e Agricoltura ha fra i suoi obiettivi quello della valutazione della sensibilità alla desertificazione con particolare riguardo al meridione d’Italia. La prospettiva che più interessa è quella dell’impatto della desertificazione sui sistemi agricoli, nell’ottica del cambiamento climatico. In questa luce la desertificazione viene intesa nella accezione già formulata dalla UNCCD, ossia di “degrado delle terre nelle aree aride, semi-aride e subumide secche, attribuibile a varie cause, fra le quali variazioni climatiche ed attività umane”. Il concetto di degrado viene quindi inteso in termini di riduzione del potenziale produttivo dei sistemi agricoli, in particolare per effetto di un deterioramento delle caratteristiche dei suoli. La ricerca punta a fornire una interpretazione approfondita dei processi indicati in termini dinamici nell’ultimo cinquantennio (1951 – 2000) attraverso l’analisi di tre periodi consecutivi (1951-80, 1961-90 e 1971-2000). Per perseguire i suoi obiettivi la ricerca si è sviluppata in due direzioni:

- rielaborazione delle indicazioni e relative cartografie secondo il modello CNLD alla luce delle finalità specifiche della ricerca e di nuove informazioni disponibili.

- adozione del framework DPSIR/ESAs nella valutazione dei processi di desertificazione identificando i vari elementi interessati ed elaborando un indice sintetico di “sensibilità” alla desertificazione che sia espressione soprattutto della riduzione del potenziale produttivo agricolo.

L’applicazione del framework DPSIR/ESA's nello studio dei processi di desertificazione sui sistemi agricoli implica l'identificazione degli elementi costitutivi del modello DPSIR (cfr. box 1) e la messa a punto di una procedura per derivare un indice sintetico. Identificazione degli elementi secondo il modello DPSIR

• Driving forces ("fattori di traino") Tra le principali determinanti dei processi di degrado e desertificazione abbiamo: cambiamenti che vanno nel senso del peggioramento strutturale delle condizioni climatiche, in particolare quelle in grado di influenzare maggiormente gli agro-ecosistemi, nonché un uso non sostenibile del territorio; per le finalità della ricerca ci si è concentrati sui processi di intensificazione delle attività agricole e di maggior antropizzazione.

• Pressioni ambientali Le principali cause di degrado e desertificazione intervengono su specifiche variabili misurabili che vengono definite di “pressione ambientale”. Fra queste vanno annoverate le variazioni nell’aridità (ad esempio espressa tramite l'indice di aridità) e nella siccità (umidità del suolo, caratteristiche dei periodi secchi [e.g., Salvati et al. 2004]). Fra le variabili che determinano un uso non sostenibile del territorio avremo:

- l’intensificazione agricola (espressa in termini di classi di uso del suolo maggiormente

predisponenti ai fenomeni di degrado e desertificazione) - la densità di popolazione e la variazione demografica.

• Variabili di stato

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Attraverso la misurazione delle variabili di stato viene valutata la qualità di un territorio nel suo insieme e l’effetto che su di essa causano le “pressioni ambientali”. La qualità dei singoli elementi "tematici" e quella complessiva di un territorio viene descritta secondo la metodologia ESAs. Esempi di variabili di stato e di indici "tematici" con particolare riferimento a quelli considerati in questa ricerca, sono riportati nel box 1.

• Impatti

Gli impatti (dovuti ai processi di desertificazione e di degrado) di maggior interesse per questa ricerca, sono quelli che determinano una riduzione del potenziale produttivo agricolo. Questi impatti si possono esprimere come:

- perdita di superficie coltivabile (dovuta a processi di desertificazione - degrado irreversibili). - diminuzione nelle rese delle colture agrarie (imputabile ad un aumentato stress idrico o a

processi di degrado di altra natura, comunque reversibili, e.g. salinizzazione). - aumento nei costi di gestione (dovuti alla attuazione di misure di compensazione dei

processi sopra descritti, quali, fra gli altri, irrigazione e controllo della salinizzazione).

• Risposte

Le "risposte" includono politiche e misure di contrasto diretto o indiretto alla desertificazione e al degrado (ad esempio la politica agricola comune, le convenzioni sulla desertificazione, etc.). Come tali, le "risposte" non sono oggetto di questo studio. Applicando il framework DPSIR è quindi possibile ipotizzare le principali connessioni causa-effetto che determinano i processi di desertificazione. Questo aiuta nella scelta delle variabili che meglio esprimeranno, in forma di indice sintetico, il grado di "sensibilità" alla desertificazione di un certo territorio. A questo fine UCEA ha sviluppato un approccio proprio, che ha previsto due ulteriori passaggi rispetto al framework ESA:

• La valutazione della importanza relativa (pesi) delle variabili La valutazione, effettuata attraverso tecniche di analisi statistica multivariata (PCA), individua le variabili ridondanti e determina l'importanza relativa (pesi) delle altre variabili ritenute responsabili dei processi di desertificazione.

• L'applicazione dei pesi nel calcolo di un indice sintetico di rischio alla desertificazione

Le variabili vengono rappresentate in forma cartografica. Vengono quindi normalizzate in una scala 0 - 1 in modo da essere rese comparabili e sommate tramite una procedura G.I.S. (Geographical Information Systems). Per ogni porzione del territorio viene così calcolato un indice sintetico delle variabili pesate a seconda della loro importanza relativa secondo quanto emerso dal'analisi statistica. E' possibile infine valutare l'evoluzione delle singole variabili o dello stesso indice sintetico di sensibilità sulla base delle serie storiche disponibili.

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Il modello DPSIR: applicazione ai processi di desertificazione

Fattori alla base della desertificazione: • Cambiamento climatico • Sviluppo agricolo intensivo • Antropizzazione

e. Risposte

a. Driving forces

…determinano variazioni in: • Condizioni di aridità e siccità • Intensità uso agricolo • (irrigazione, etc.) • Densità demografica • Densità abitativa in zone sensibili

(e.g., ecosistemi costieri)

… misurabili in termini di: • Qualità climatica

- Precipitazioni totali - Variabilità e concentrazione delle precipitazioni - Intensità delle precipitazioni - Indice aridità totale e stagionale - Lunghezza/ricorrenza periodi siccitosi - Umidità del suolo (piogge utili)

• Qualità del suolo - AWC - Profondità - Tessitura - Sostanza organica - Materiale parentale - Deterioramento struttura/infiltrazione pioggia - Erosione (perdita di topsoil) - Salinità

• Qualità della vegetazione - Densità copertura vegetale - Protezione erosione - Resistenza siccità - Rischio incendio

• Qualità gestione – protezione del territorio - Variazione demografica - Livello di protezione (aree naturali e protette) - Livello di gestione (intensità uso suolo, etc.)

causano: • Perdita di superficie

coltivabile • Diminuzione rese

agricole • Aumento costi (es.

irrigazione, gestione salinizzazione, etc.)

b. Pressioni ambientali

d. Impatti

c. Variabili di stato

Box 1

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Gli strati informativi e l’approccio geografico

La necessità di elaborare un indice sintetico di rischio desertificazione su tutto il territorio nazionale e ad una scala adeguata per le finalità dello studio, ha reso indispensabile l'utilizzo di procedure di analisi geografica e di appropriate tecnologie G.I.S. L'approccio geografico adottato ha affrontato in primis il problema della eterogeneità delle informazioni. Infatti, come verrà meglio discusso nel capitolo seguente, ai fattori ritenuti più significativi per esprimere il grado di rischio, corrispondono dati di natura ed origine anche molto diversa tra loro. Le differenze sono principalmente legate a:

- precisione geografica del dato di origine (diversa risoluzione spaziale)

- periodo di riferimento (disponibilità di una o più serie storiche, diversa risoluzione temporale)

- modalità di conversione dei dati al fine di ottenere serie tra loro confrontabili

Nel nostro caso, ad esempio, le informazioni legate al suolo ad esempio, provengono dall’elaborazione della Carta Nazionale della Capacità Idrica dei Suoli Agrari e fanno riferimento alla cosiddetta "CellaPedo" di 8 x 8 km.8 Le informazioni legate alla orografia del territorio hanno la risoluzione del modello digitale del terreno da cui sono originate (250 metri). li strati informativi climatici sono derivati per interpolazione a partire dai dati associati ai nodi della Griglia Italia. Infine, le informazioni relative alla popolazione e all’impatto antropico (densità e variazione demografica) sono relative all'ambito comunale. Per consentire l'integrazione di queste informazioni si è scelto di ricondurre la risoluzione spaziale dei risultati dell'analisi a quella di Celle Pedo; funzionalità G.I.S. sono state anche impiegate nella estrazione dei dati utilizzati per l'analisi statistica multivariata. Infine, l'ulteriore importante passaggio in cui l'approccio geografico si è dimostrato essenziale, è quello della determinazione dell'indice sintetico di rischio. Infatti le variabili selezionate sono state rappresentate come matrici e "sommate" tramite procedure G.I.S. su tutto il territorio nazionale in modo di ottenere l'indice sintetico voluto.

1.3 Geo-database sul rischio di desertificazione in Italia

Uno degli obiettivi della ricerca è quello di mettere a disposizione dei potenziali fruitori, oltre alla documentazione sui risultati ottenuti e sulle metodologie adottate, i dati medesimi e gli strumenti per una loro facile consultazione. In questo senso l’elaborato finale richiesto va oltre la forma di un atlante, inteso come semplice collezione di mappe (cartacee o informatizzate). Si tratta piuttosto di un geo-database, una vera banca dati geografica a cui si aggiungono funzionalità utili a “navigare” ed interrogare tutte le mappe digitali che la costituiscono.9 Il geo-database deve essere corredato di documentazione ed esempi relativi agli stessi dati, alle metodologie e procedure usate nelle diverse elaborazioni, oltre a fornire i necessari riferimenti bibliografici e Web. Per poter consentire ad un numero il più ampio possibile di utenti di accedere al materiale prodotto, abbiamo optato per una soluzione che, pur consentendo la facile consultazione del

8 I dati pedologici sono stati prodotti dal Consorzio ITA per conto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali nell’ambito del programma AGRIT. 9 Va precisato che la definizione di Geo-database qui utilizzata non coincide con l’analogo termine adottato da ESRI per indicare uno dei suoi formati-dato proprietari.

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materiale presentato, non rendesse necessaria la disponibilità di software G.I.S. Questa soluzione è stata realizzata con l’ausilio del programma GIS-CD Creator, sviluppato dalla Sistemi Territoriali S.r.l. di Pisa. Il programma infatti permette di creare applicazioni G.I.S.- multimediali che vengono fornite all’utente su di un CD auto-installante che non richiede software aggiuntivo. L’applicazione realizzata nell’ambito di questa ricerca, che abbiamo chiamato “Geo-database sul rischio di desertificazione in Italia”, comprende un browser per navigare ed interrogare le mappe digitali e la documentazione sulla ricerca stessa, in formato HTML. Il browser, come meglio descritto nella sezione 4, consente di visualizzare le mappe prodotte seguendo i diversi modelli concettuali di valutazione del rischio di desertificazione (CNLSD, ESAs, UCEA). E’ possibile anche confrontare le diverse serie temporali disponibili. Infine, sono consultabili sia le mappe di sintesi degli indicatori di rischio che le mappe che rappresentano i singoli fattori alla base degli stessi indici.

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2 Dati di base

Il Clima

Per realizzare un’analisi climatica attendibile è richiesta la disponibilità di dati meteorologici affidabili, adeguatamente distribuiti su tutto il territorio, appartenenti a serie storiche sufficientemente lunghe, omogenee e complete. Al fine di soddisfare i predetti requisiti è stato utilizzato un database ottenuto mediante Analisi Oggettiva10 realizzata sulle osservazioni meteorologiche originarie presenti nella Banca Dati Agrometeorologica Nazionale (BDAN)11. I dati ottenuti sono la serie completa dei valori giornalieri di temperatura dell’aria (minima e massima), precipitazione piovosa, eliofania, umidità relativa e velocità del vento (a 10 m) stimati su 544 punti (nodi di griglia) del territorio italiano (figura 3) distribuiti omogeneamente sulla base di uno schema regolare, la cosidetta "Griglia Italia". Ciascun nodo di griglia rappresenta pertanto il centroide di una cella meteo di circa 30 Km di lato. I dati climatici sono stati aggregati in base a tre periodi di riferimento: 1951-1980 1961-1990 1971-2000 Il secondo periodo preso in considerazione (1961-1990) corrisponde al trentennio indicato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM/WMO) quale riferimento convenzionale per le analisi ed i confronti climatologici. Poiché la natura e la qualità dei dati di base influisce profondamente sulla significatività dei risultati ottenuti, si ritiene opportuno chiarire la teoria dell’Analisi Oggettiva che ha consentito la ricostruzione delle grandezze meteorologiche giornaliere e la costituzione della base dati di analisi degli eventi meteorologici al suolo verificatisi in Italia nel periodo 1951-2000.

10 Le elaborazioni di Analisi Oggettiva sono state effettuate dalla Finsiel nell’ambito del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN) del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. 11 La Banca Dati Agrometeorologica Nazionale (BDAN) è stata realizzata in ambito SIAN. In essa sono archiviati i dati meteorologici delle reti di rilevamento UCEA e di altri Servizi Meteorologici italiani.

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Griglia meteo (30 Km x 30 Km) di 544 punti.

La ricostruzione spazio-temporale delle meteoclimatico del territorio italiano è statderiva este na. Questa metodologia geosqualsiasi sito geografico le misure di una ddisponibili, tenendo conto delle proprietàgrandezza stessa (modello strutturale). Nel oggetto la ricostruzione delle serie storitemperatura, precipitazione piovosa, eliofangriglia regolare georeferenziata che ricopre l

r

La scelta di utilizzare la metodologia geostatdal comportamento di queste grandezze fisicvolte caotica, pur conservando una certa cconsidera le grandezze fisiche alla streguavariabili meteorologiche non sono mai compma, al contrario, fortemente influenzate daldello stato meteorologico di un sito determinnell’intorno geografico. In termini statistici, limitrofe presentano una correlazione quasi m Per stimare i dati meteorologici giornalieri se dello scarto meteorologico di ciascun nodometeorologici, delle stazioni di rilevamento di stima”):

12 Matheron, G. (1970) “Krigeage Universalthéorie des variables Régionalisées et ses applde l’Ecole des Mines de Paris.

Figura 3

grandezze meteorologiche coinvolte nello studio a eseguita utilizzando la metodologia del Kriging con tatistica non stazionaria consente di stimare in un eterminata grandezza geofisica a partire dai dati reali statistiche delle variazioni spazio-temporali della caso specifico di questo lavoro, la stima ha avuto per che trentennali di dati meteorologici giornalieri di ia, umidità relativa e velocità del vento ai nodi di una ’intero territorio italiano.

istica per l’analisi degli eventi meteorologici è motivata he, la cui evoluzione spazio-temporale è irregolare e a ontinuità. L’ipotesi di base assunta dalla geostatistica di variabili aleatorie regionalizzate12. In tal senso, le letamente indipendenti dalla loro posizione geografica luogo e dal tempo in cui si realizzano. La conoscenza a le variazioni possibili che la grandezza può assumere le misure meteorologiche rilevate da coppie di stazioni

ai nulla.

i è proceduto alla stima separata della media climatica di griglia utilizzando i dati, rispettivamente climatici e presenti nell’intorno geografico di ogni nodo (“intorno

pour une dérive aléatoire” e Matheron, G. (1971) “La icationes” - Note scientifiche del Centre de Géostatistique

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misura meteorologica = clima + scarto meteorologico

dove clima è una costante annuale ciclica (varia a seconda del periodo dell’anno ma non varia da un anno all’altro), con una buona continuità spazio-temporale e rappresenta bene l'andamento medio dei campi meteorologici a scala sinottica e coincide, in genere, con la media climatica. Lo scarto meteorologico, invece, rappresenta la variazione apportata al clima dalla condizione meteorologica istantanea e locale. La metodologia geostatistica del Kriging attribuisce, ai dati presenti nell’intorno di stima di ogni nodo di griglia, specifici “coefficienti peso” calcolati sulla base della continuità spaziale della grandezza meteorologica. Nel dominio geografico di analisi, il modello strutturale della grandezza è rappresentato da una funzione analitica dipendente esclusivamente dalla distanza, dall'orientamento e dalla differenza di quota tra una qualsiasi coppia di punti (funzione variogramma). In considerazione di ciò, la stima delle grandezze meteorologiche ai nodi di griglia è stata ottenuta mediante una combinazione lineare pesata dei dati raccolti dal Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN) relativi all’intero periodo preso in esame. In questo modo vengono introdotti nella stima anche alcuni fra i fattori morfologici ed orografici del territorio che più condizionano gli eventi meteorologici come le direttrici morfologiche della Pianura Padana o l'allineamento della dorsale appenninica con la linea di costa nel Centro Italia. Nella Pianura Padana, una distanza misurata lungo la direzione Nord-Sud è caratterizzata da una più ampia variabilità meteorologica locale e da un maggiore gradiente climatico rispetto ad una stessa distanza misurata lungo la direzione Est-Ovest. Ovviamente, il modello strutturale dipende anche dal periodo dell'anno: nei mesi invernali gli eventi meteorologici presentano maggiori variazioni temporali e una maggiore continuità spaziale, mentre nei mesi estivi la correlazione spaziale tra le misure è sensibilmente più bassa.13 La continuità spaziale degli eventi meteorologici influenza la precisione dei dati stimati ai nodi di griglia, il che porta ad una maggiore indeterminatezza della stima quanto più caotiche sono le variazioni spazio-temporali (minore correlazione spaziale) della grandezza. Localmente, lo scostamento dei dati stimati dal reale stato fisico della variabile meteorologica è tanto maggiore quanto più elevata è la varianza di stima. Questo parametro statistico esprime l’affidabilità della stima e misura la variazione media tra il dato stimato e la misura fisica reale sconosciuta. La varianza di stima, oltre a dipendere fortemente dal modello strutturale, cresce quando diminuiscono il numero dei dati rilevati (numero delle stazioni di misurazione) e la dimensione unitaria della griglia di analisi (distanza fra i nodi). Il dettaglio richiesto al modello numerico non è bilanciato dal numero di informazioni disponibili (rete di osservazione). Questi concetti teorici sono estremamente importanti, poiché tutte le conclusioni e le considerazioni dedotte dall’analisi dei dati stimati (modello numerico) non possono trascurare la presenza dell’errore di stima, che è intrinseco a qualsiasi metodologia di calcolo. Il Kriging è comunque un metodo di stima corretto: l’errore medio di stima è nullo. Lo scarto tra la media dei dati stimati e la media dei dati reali tende a zero quanto maggiore è l’estensione del

13 “Analisi Oggettiva” studio eseguito nel 1988-1990 i cui risultati sono stati pubblicati nel rapporto SIAN “Analisi climatologica e progettazione della Rete Agrometeorologica Nazionale” - Aprile 1990 e nell'articolo “Geostatistical analysis of the average temperature fields in North Italy in the period 1961 to 1985”, A. Liberta e A. Girolamo - Séminaire CFSG sur la Géostatistique, Giugno 1989 e pubblicato sulla rivista Science de la Terre Sér. Inf. Nancy 1991, pp 1 – 36 e “Time Coregionalization model for the analysis of meteorological fields: an application in northern Italy”, A. Liberta e A. Girolamo – 2nd CODATA Conference on Geomathematics and Geostatistics, Science de la Terre, Sèr. Inf. Nancy 1992, pp 93 – 119.

15

dominio di analisi. In altre parole, le proprietà statistiche macroscopiche degli eventi meteorologici sono ben riprodotte nel modello numerico che, invece, perde alcune peculiarità e alcuni dettagli e appare all’osservatore più uniforme rispetto all’evento meteorologico reale. Questa differenza, conosciuta come “effetto smoothing”, è tanto maggiore quanto maggiore è la varianza di stima. La teoria dimostra che la complessità fisica ricostruita nel modello numerico è sempre inferiore alla variazione degli stati fisici che assume l’evento reale (smoothing statistico). Questa differenza si annulla solo nel caso di stima perfetta (varianza dell’errore di stima nulla) e conoscenza esatta dell’evento reale. Analizziamo più nel dettaglio le variabili climatiche calcolate al nodo di griglia che entreranno a far parte della nostra analisi:

Precipitazioni

Partendo dai dati giornalieri sono stati calcolate le precipitazione piovose medie annue. Questi dati sono stati ulteriormente aggregati per ottenere un valore medio per ogni trentennio considerato.

Variazione annuale delle precipitazioni E’ stata espressa per ogni periodo considerato attraverso il coefficiente di variazione delle precipitazioni piovose annue, secondo l’espressione usuale (Deviazione Standard / Media), espresso in termini percentuali e aggregato come indicato per le precipitazioni medie.

Stagionalità nelle precipitazioni Abbiamo considerato due indicatori in grado di esprimere la stagionalità delle precipitazioni: L'indice di concentrazione delle piogge: è dato dal rapporto tra precipitazioni primaverili-estive (cumulate da aprile a settembre) ed autunno-invernali (cumulate da ottobre a marzo). L'indice, calcolato a livello annuale, viene espresso come media trentennale per ogni periodo considerato. Giorni piovosi: è il numero di giorni con precipitazione giornaliera superiore a 1 mm. Sono anch'essi calcolati come valore medio per ciascun trentennio.

Aridità L’indice di aridità (IA) è dato dal rapporto fra i valori annuali delle precipitazioni e dell’evapotraspirazione potenziale:14 IA = P / ET0

14 L'indice utilizzato è quello proposto dall'UNEP (1997). Per una descrizione dei dati disponibili e delle metodologie usate per derivare i dati di precipitazione e di evapotraspirazione si rimanda a CNLD (1999).

16

L’evapotraspirazione potenziale viene calcolata secondo la formula di Penman-Monteith secondo la revisione operata dalla FAO (Perini et al. 2004). Su questa base l'indice classifica il territorio in diverse "zone climatiche":

Indice di aridità e zone climatiche

Valori dell IA Zona Climatica < 0,05 Iper-arida 0,05-0,20 Arida > 0,20-0,50 Semi-arida > 0,50-0,65 Sub-umida secca > 0,65 Umida

Tabella 1

L’indice utilizzato è una media calcolata su ciascun trentennio preso in considerazione.

Umidità dei suoli Indicando, con il termine ‘potenziale’, l’evapotraspirazione delle colture in condizioni di rifornimento idrico ottimale, si ricorda che l’ET0 può discostarsi dall’evapotraspirazione reale (ETR), che indica a sua volta l’evapotraspirazione delle colture nelle reali condizioni di rifornimento idrico. In tal senso, è opportuno esprimere la reale disponibilità idrica nel terreno tramite il contenuto di umidità del suolo (US), espresso come percentuale rispetto al totale della quantità d’acqua disponibile per le piante15. Abbiamo stimato la scarsità di acqua nel suolo, potenzialmente connessa con i fenomeni di desertificazione, mediante il numero di giorni annui con US < 20 mm, calcolando una media trentennale per ciascuno dei tre periodi di riferimento.

L'orografia L'orografia influenza il rischio di desertificazione attraverso la variabile pendenza, che entra nell'indice di qualità dei suoli come indicatore del livello di erosione, e la variabile esposizione, che viene generalmente inclusa nell'indice di qualità climatica per la sua influenza sul microclima.16 Per le elaborazioni previste in questo studio si è partiti da un modello digitale del terremo (D.E.M.) con una risoluzione di 250 metri. La mappa delle pendenze e quella delle esposizioni sono state ottenute con funzionalità G.I.S. disponibili nell'estensione di ArcView utilizzata per le elaborazioni raster (Spatial Analyst). 17 Le pendenze sono espresse in termini percentuali, mentre le esposizioni vengono aggregate in 10 classi, sulla base della direzione della massima pendenza. La figura 4

15 Il modello di bilancio idrico che è stato utilizzato per la stima di ETP, ETR e US si rifà al sistema MORECS, messo a punto dal Servizio

meteorologico britannico.

16 L’esposizione dei versanti è considerata un fattore importante per i processi di degrado del territorio, poiché influenza il microclima attraverso l’angolo e la durata dell’incidenza dei raggi solari sulla superficie del suolo. Aree esposte a sud e ad ovest sono raggiunte da una quantità di energia solare incidente maggiore e sono quindi più calde, presentano valori di evapotraspirazione maggiori e una conseguente minore capacità di trattenere l’acqua. Di conseguenza il recupero della vegetazione è più lento e i tassi di erosione sono più elevati rispetto ad altre esposizioni [Motroni et al., 2004]. 17 Surface Analysis - Slope, in Spatial Analyst, ArcView 8.

17

indica le classi di esposizione, a cui va aggiunta una classe per le aree pianeggianti (priva di direzione delle pendenze).

Classi di esposizione

Figura 4

18

Suolo ed erosione

Il database pedologico

Il database pedologico del territorio italiano deriva dall’elaborazione della Carta Nazionale della Capacità Idrica dei Suoli Agrari. La definizione delle unità di suolo-paesaggio è stata realizzata integrando l'informazione litologica dedotta dalla Carta Geologica 1:100.000 e l'insieme delle caratteristiche fisiografiche desumibili da immagini da satellite prodotte alla stessa scala. Quando disponibili, sono state utilizzate anche altre carte con informazioni sui suoli a carattere regionale o locale. In relazione alle esigenze di rappresentazione dei suoli italiani, le principali variabili pedologiche sono state elaborate per realizzare una opportuna rappresentazione spaziale. L'unità di riferimento è una cella quadrata di superficie pari a 64 km2, detta "cella pedo" Il numero di celle che copre il territorio italiano è pari a 5.226. Di queste, 4.479 presentano informazioni pedologiche associate, mentre le rimanenti 747 sono prive di informazioni in quanto non intersecano nessuna unità suolo-paesaggio agricola. Il valore delle variabili pedologiche attribuito a ciascuna cella è stato stimato come media ponderata dei valori nelle unità di suolo-paesaggio che intersecano la cella utilizzando, come fattore di ponderazione, la superficie delle unità nella cella. Vi sono, infine, molte celle che ricadono in buona parte su terreni non agricoli e che quindi hanno solo piccole intersezioni con unità suolo-paesaggio agricole (celle al bordo dei confini nazionali e celle che includono ampie superfici a bosco, acque interne, aree artificiali, pascoli, ecc). In queste situazioni i valori attribuiti all'intera cella derivano dalla porzione occupata esclusivamente dalle superfici agricole le cui proprietà, come ad esempio la profondità del terreno o la percentuale di scheletro, possono essere molto diverse (generalmente migliori) rispetto alle proprietà dei terreni non agricoli che complessivamente occupano la cella. Le informazioni di base disponibili per ciascuna cella pedo sono:

- Codice ISTAT di regione (viene indicata la regione prevalente nella cella) - Superficie interna alla cella occupata da unità suolo-paesaggio agricole (ha) - Valore medio di profondità del suolo (mm) - Valore medio di A.W.C. (available water capacity, mm) - Valore medio della percentuale di carbonio organico a circa 20 cm di profondità - Valore medio della percentuale di sabbia - Valore medio della percentuale di limo - Valore medio della percentuale di argilla - Valore medio della percentuale di scheletro.

Nell'ambito delle elaborazioni effettuate per l' Atlante Agroclimatico (Perini, 2004) e sulla base dei dati di composizione granulometrica disponibili per ciascuna cella pedo, i suoli sono stati classificati utilizzando il triangolo tessiturale USDA (figura 5). La tessitura si aggiunge quindi ai dati di base già elencati. Per fornire una stima delle variabili pedologiche anche nelle celle pedo prive di informazione, è stata messa a punto una procedura "speditiva". Tale procedura assegna alla cella con dato mancante il valore mediano calcolato tra le celle vicine, utilizzando operatori di vicinato disponibili in ambiente G.I.S. (si rimanda all’appendice metodologica per maggiori dettagli sulla procedura utilizzata).

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Triangolo e classi tessiturali USDA

CLASSI TESSITURALI Sabbioso S Sabbioso-Franco SF Franco-Sabbioso FS Franco-Limoso FL Franco F Limoso L Franco-Sabbioso-Argilloso FSA Franco-Limoso-Argilloso FLA Franco-Argilloso FA Argillo-Sabbioso AS Argillo-Limoso AL Argilloso A

Figura 5

Pedoclimi-classi di regime idrico

Nel modello sviluppato dal CNLSD, per quanto riguarda l'aspetto relativo alle caratteristiche del suolo è stata effettuata una elaborazione a partire dalla "carta dei pedoclimi d'Italia", realizzata dall'Istituto di Studi Sperimentali per la Difesa del Suolo di Firenze (I.S.S.D.S.). Da quanto si desume dalla documentazione prodotta questa carta è stata riclassificata dal gruppo di lavoro del CNLD sulla base delle classi di regime idrico (definite come a regime udico, xerico, e xerico-torrico) evidenziando quelle classi che risultano essere a maggiore o minore livello di predisposizione al fenomeno della desertificazione. Nell'ambito di questa ricerca si è cercato di ripercorrere la metodologia adottata dal gruppo di lavoro. La carta dei Pedoclimi non è però disponibile mentre lo è la carta delle “Soil regions italiane”.18 Nella legenda di quest’ultima carta, alle diverse "Soil regions" sono associati i regimi idrici (pedoclimi) prevalenti. Le “soil regions” sono state pertanto riclassificate per evidenziare regioni aventi regimi prevalentemente xerici e xerico-secchi o prevalentemente udici.

Erosione Uno studio del 1999 effettuato dal JRC Ispra e dall'European Soil Bureau fornisce una serie di elementi per la valutazione del rischio di erosione in Italia. Lo studio si basa sulla Universal Soil Loss Equation (USLE) [Wischmeier & Smith, 1978], derivandone i diversi fattori che intervengono nella equazione: A = R * K * L * S * C A (Mean annual soil loss): perdita di suolo stimata (tonn ha -1anno -1);

18 Crf. E.A.C. Costantini & G. Righini (a cura di) “Processi degradativi dei suoli nelle regioni pedologiche italiane” Istituto Sperimentale per lo Studio e la Difesa del Suolo (ISSDS) - Centro Nazionale di Cartografia Pedologica, http://www.issds.it/cncp.

20

R (Rainfall erosivity factor): fattore di pioggia o di erosività, è il numero di unità dell’"indice di erosione” e determina la forza erosiva e l’energia cinetica della pioggia (MJ mm ha-1h-1 0,25 y-1); K (Soil erodibility factor): fattore di erodibilità del suolo, tiene conto della erodibilità intrinseca di un determinato suolo ed è definito come la perdita di suolo, misurata in (tonn ha -1anno -1) per unità di indice R della pioggia; L (Slope length factor): fattore di lunghezza di un versante; S (Slope factor): fattore di pendenza di un versante; C (Cover management factor): fattore di copertura vegetale. La figura 6 indica la procedura usata nello stesso studio per derivare la mappa del rischio d'erosione. Questo è stato valutato sia in termini di rischio effettivo ("actual erosion risk) che di rischio potenziale ("potential soil erosion risk"). Il risultato che interessa è quello relativo al rischio di erosione effettivo, espresso in tonn/ha/anno.

Procedura per il calcolo dell’erosione effettiva

Figura 6 Bisogna aggiungere che l'applicazione del modello USLE nello studio citato, ha determinato in alcune aree stime di perdita del suolo molto elevate, superiori a 100 tonn/ha/anno, che dovrebbero essere considerate come anomale.19 Le aree con stime superiori a questa soglia sono state quindi escluse dalle analisi successive.

21

19 Si tratta presumibilmente di valori anomali in una o più tra le variabili usate nel modello moltiplicativo USLE.

Copertura del suolo e vegetazione

Il dato relativo alle componenti vegetazione ed uso del suolo è stato ricavato dal progetto Corine Land Cover (CLC) acronimo di COoRdination of INformation on the Environment, relativo sia alla copertura 1990 che a quella più recente datata 2000, e dal progetto Lacoast, che si riferisce all'anno 1975. Il progetto Image & CORINE Land Cover 2000 (I&CLC2000) è un’iniziativa comunitaria coordinata dell’Agenzia Europea dell’Ambiente e dal JRC di Ispra20. Il progetto ha realizzato l’aggiornamento del database europeo relativo alla copertura del suolo (scala 1:100.000), attraverso l'interpretazione di immagini satellitari acquisite da satellite Landsat 7. Per quanto riguarda l'Italia, l’APAT ha svolto il ruolo di National Authority coordinando il lavoro effettuato a livello regionale. Il progetto fornisce un copertura del suolo con caratteristiche omogenee a livello europeo, basata su 44 classi. Le unità minime cartografate hanno una superficie di 25 ettari. La scala di rappresentazione finale è 1:100.000. In aggiunta alla copertura del 2000, è stata decisa la totale revisione della vecchia copertura CLC90, in ragione della sua estrema eterogeneità e bassa accuratezza. La nuova copertura CLC90 è invece rispondente agli standard di riferimento del progetto CORINE (unità minima cartografabile, sistema di nomenclatura, accuratezza, ecc.). La metodologia di classificazione standard CLC, è organizzata gerarchicamente a partire da un primo fino ad un terzo livello e prevede: 44 classi al terzo livello, 15 classi al secondo livello e cinque al primo livello. Lacoast è il frutto di un progetto della CE realizzato da JCR Ispra che ha avuto come obiettivo la mappatura della copertura del suolo nelle aree costiere (più esattamente entro 10 km dalla linea di costa) e delle loro variazioni tra il 1975 e il 1992. I criteri di realizzazione e la classificazione adottata rendono il prodotto Lacoast confrontabile con il CLC. Per le finalità di questo studio è stata usata la copertura relativa al solo 1975, essendo il periodo successivo meglio rappresentato dal CLC90.

Demogra iaf

Il dataset di dati demografici utilizzato in questa applicazione deriva dagli ultimi quattro Censimenti Generali della Popolazione e delle Abitazioni condotti dall’Istituto Nazionale di Statistica. I censimenti economici, fra cui grande rilevanza riveste il Censimento demografico, vengono svolti con cadenza decennale ed acquisiscono informazioni dettagliate relative ad aspetti socio-demografici e socio-economici della popolazione presente e residente. I dati di base (micro-dati), inizialmente raccolti per sezione di censimento, possono essere aggregati al livello geografico desiderato (nel nostro caso è stata scelta la scala comunale). Un data-warehouse continuamente aggiornato relativo al Censimento della Popolazione e delle Abitazioni del 2001 è disponibile sul sito web dell’ISTAT. Per quanto riguarda i dati relativi ai censimenti anteriori a quello del 2001, abbiamo utilizzato i dati della popolazione georeferenziati a livello comunale (al netto delle variazioni dei confini amministrativi comunali intercorse nei periodi inter-censuari) secondo la pubblicazione ISTAT (1994). Nell’applicativo G.I.S. abbiamo utilizzato per la visualizzazione e l’analisi dei dati demografici i limiti amministrativi comunali al 1991 e al 2001 attraverso le basi dati territoriali predisposte dall’ISTAT.

20 Maggiori dettagli tecnici e basi dati cartografiche sono reperibili, per quanto riguarda l’Italia, sul sito dell’APAT (www.apat.it).

22

3 Valutazione del rischio di desertificazione

Il modello CNLSD

Indicatori

Diversamente dalle elaborazioni originali del CNLD, che prevedevano il calcolo dell'indice di aridità (che indicheremo come Fattore a) relativamente al solo periodo 1961-1990, in questo studio si è proceduto al calcolo dello stesso indice per le serie 1951-80, 1961-90 e 1971-2000. Per quanto riguarda le caratteristiche del suolo (Fattore b) sono state selezionate classi di regime idrico (udico, xerico, xerico-torrico) con grado crescente di predisposizione al fenomeno della desertificazione:

b1 predisposizione alta: regime xerico-torrico b2 predisposizione media: regime xerico b3 predisposizione bassa: regime udico

Nel caso di uso del suolo e vegetazione (Fattore c) sono stati utilizzati il Corine Land Cover (CLC 1990 e 2000) e il Lacoast (1975); questi sono stati riclassificati in tre classi per tener conto del diverso livello di predisposizione al fenomeno della desertificazione:21

c1 predisposizione alta: è quella che comprende vegetazione rada ed aree percorse da incendi (codifica CLC 333 e 334). c2 predisposizione media: tutte le altre classi del CLC c3 predisposizione bassa: corpi idrici, centri abitati, zone industriali (codifica CLC 111,112,121,122,123,124 e 511,512,521,522,523)

Infine per quanto concerne la pressione antropica (Fattore d), il dato è espresso dalla variazione demografica (in %) calcolata in base ai censimenti ISTAT. Questo viene riclassificato in tre livelli di predisposizione:22

d1 predisposizione alta: > 40% d2 predisposizione media: 20-40% d3 predisposizione bassa: < 20%

21 Nell'elaboraziobne effettuata da CNLD si è fatto riferimento al solo CLC 1990. 22 Nell'elaboraziobne effettuata da CNLD si è fatto riferimento alla variazione nel solo perioodo 1981-91.

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Identificazione delle aree sensibili alla desertificazione Sono considerate aree sensibili nel modello CNLD quelle sub-umide secche (IA compreso tra 0,65 a 0,50) e semi-aride (IA compreso tra 0,50 e 0,20), che presentano valori della classe a predisposizione"alta” o "media" per almeno uno dei tre fattori aggiuntivi (b-d). Come illustrato in figura 7 (gli esempi si riferiscono al periodo 1961-90), un’area è sensibile se:

IA ≤ 0,65 U (b = b1, oppure c = c1, oppure d = d1);

Procedura per l’identificazione delle aree sensibili

Riclassificazionecaratteristichedei suoli:da Pedoclimi(ISSDS)

RiclassificazioneLand cover/use:da Lacoast 1975,e Corine 1990,2000

Riclassificazionevariazionedemografica: daCens.gen.pop.

1971-811981-911991-01

RiclassificazioneIndice di Aridità:

Dati pioggia eETP anni

1951-801981-901991-00

IA <= 0,65

… e almeno un fattorepredisponente

Figura 7 Le aree sensibili possono essere ulteriormente riclassificate in “molto”,“mediamente” e “poco” sensibili sulla base del numero e del livello dei fattori predisponenti riscontrati.

24

Il modello ESAs

Indicatori di qualità ambientale Come ricordato nel paragrafo 1.1, il risultato finale del modello ESAs è l' indice sintetico di sensibilità alla desertificazione detto ESAI (Environmentally Sensitive Area Index). L'indice è il risultato della sintesi di quattro indicatori di qualità ambientale legati rispettivamente alla qualità dei suoli (SQI), del clima (CQI), della vegetazione (VQI) e della gestione del territorio (MQI). Ogni indicatore di qualità ambientale si ottiene combinando diversi fattori. Ad esempio nel caso della qualità dei suoli i fattori considerati potranno essere roccia madre, tessitura, pietrosità, profondità, drenaggio, pendenza. Ogni fattore deve essere suddiviso in classi di crescente predisposizione al rischio di desertificazione e ad ogni classe viene assegnato un punteggio (o indice o peso) espresso in una scala omogenea, generalmente compresa tra 1 (predisposizione più bassa ) e 2 (predisposizione più alta). Seguendo l'esempio della qualità dei suoli, una possibile classificazione dei valori di pendenza con la relativa assegnazione degli indici/punteggi è riportata nella tabella 2 (Motroni et al. 2004):

Classificazione del fattore pendenza e relativi indici/punteggi

Tabella 2

L'indice di qualità, in questo caso l'SQI, si ottiene come media geometrica degli indici/punteggi per i fattori considerati; avremo:

SQI = (roccia madre x tessitura x pietrosità x profondità del suolo x drenaggio x pendenza)1/6 I fattori che entrano nella determinazione dell'indice di qualità avranno quindi lo stesso peso. Quella che segue è una descrizione dei diversi indicatori di qualità ambientale che si possono ricavare dalla letteratura esistente e dei fattori selezionati per derivarli. SQI (Soil Quality Index) Gli indicatori di qualità del suolo vengono generalmente messi in relazione alla disponibilità d’acqua e alla resistenza all’erosione; a questo scopo, le variabili legate al suolo che vengono normalmente utilizzate nell'applicazione del metodo ESAs includono materiale parentale, pietrosità, tessitura, profondità, drenaggio e pendenza (Giordano et al. 2002, Motroni et al. 2004). Il materiale parentale o roccia madre viene generalmente messo in relazione al regime di umidità del suolo e alla erodibilità degli stessi suoli. Ad esempio, suoli derivati da rocce calcaree sono generalmente poco profondi e facilmente erodibili. Caratteristiche simili presentano i suoli formatisi su rocce effusive acide (Kosmas 1999: 83, Motroni et al. 2004: 10).

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La tessitura è considerata di fondamentale importanza per quanto concerne la capacità di ritenzione idrica ed il rischio di erosione. La pietrosità ha una influenza su runoff ed erosione dei suoli. In generale, questi sono più marcati nelle aree con notevole pietrosità superficiale, anche se la presenza di ciottoli favorisce la conservazione dell’umidità del suolo in condizioni di limitato stress idrico nel periodo primaverile e di inizio estate (Kosmas 1999: 84). In generale, la maggiore profondità di un suolo garantisce una maggiore copertura vegetale offrendo così una maggiore resistenza all’erosione. Questo è da mettere in relazione sia alla maggiore capacità di sviluppo dell'apparato radicale che alla più elevata disponibilità idrica. Il drenaggio ha importanza in relazione alla possibile salinizzazione dei terreni, uno dei processi che inducono la desertificazione. La pendenza e le caratteristiche topografiche in generale rappresentano una tra le maggiori cause dell'erosione dei suoli. In superfici acclivi, il rischio di erosione dipende dalla frequenza delle precipitazioni intense e, in caso di terreni agrari, da tecniche colturali poco razionali. Nel paragrafo 2.3 abbiamo illustrato le caratteristiche del database pedologico utilizzato in questo studio e le variabili in esso contenute. Ai fini di questo studio per determinare l'SQI sono state considerate le seguenti variabili: tessitura, profondità, AWC e pendenze, ritenute comunque adeguate per rappresentare le principali determinanti dei processi di desertificazione dal punto di vista del suolo. I singoli fattori sono stati classificati sulla base delle indicazioni fornite in letteratura e, in alcuni casi specifici, su criteri formulati in questo stesso studio.

Tessitura 23 Classe Tessitura Peso 2 Sabbioso 2 12,13 Argillo-limoso, argilloso 1,66

5 Franco-limoso 1,33 3,4,6,8,10 Sabbioso-Franco, Franco-sabbioso, Franco, Franco-sabbioso-argilloso,

Franco-argilloso 1

Tabella 3 A titolo esemplificativo e per quanto riguarda la tessitura, la Figura 8 mostra il risultato della ri-classificazione fatta sulla base dei pesi indicati nella Tabella 3:

23 Classi tratte da Basso et al. (1999: 138).

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Esempio di riclassificazione: tessitura

Figura 8

Riclassificazione

Profondità 24

Classe Profondità (cm) Peso 1 < 15 2 2 15 – 30 1,66 3 > 30 – 75 1,33 4 > 75 1

Tabella 4

A.W.C. 25 Classe AWC (mm) Peso 1 < 80 2

2 80 –120 1,66 3 > 120 –180 1,33 4 > 180 1

Tabella 5

Pendenze 26 Classe Pendenza (%) Peso 1 < 6% 1 2 6-18 % 1.2

3 18-35 % 1.66 4 > 35 % 2

Tabella 6

24 Classi da Motroni et al. [2004:13] con pesi espressi in una scala da 1 a 2. 25 Le classi sono ottenute sulla base della procedura natural breaks. Si tratta di una tra le procedure standard di classificazione dei dati adottate nel SW G.I.S. ArcView di ESRI, che utilizza il metodo di Jenk per minimizzare la somma della varianza all'interno di ogni classe. Le classi ottenute sono state leggermente modificate per tenere conto di soglie facilmente interpretabili. 26 Classi tratte da Basso et al. [1999: 138].

27

Di conseguenza, l'indice di qualità dei suoli sarà dato da:

SQI = (tessitura x profondità del suolo x AWC x pendenza)1/4

CQI (Climate Quality Index) Per quanto concerne l'Indice di Aridità i valori sono stati classificati (Tab. 7) tenendo conto delle soglie adottate per le classi climatiche dell'UNEP (cfr. par. 2.1).

Indice di aridità Classe IA Peso 1 < 0.5 2 2 0.5-0.65 1.8 3 0.65-0.80 1.6 4 0.80-1 1.4

5 1-1.5 1.2

6 > 1.5 1 Tabella 7

Per le Piogge Medie, i valori sono stati classificati in tre classi (Tab. 8):

Piogge medie annue Classe Piogge (mm) Peso 1 ≤ 280 2 2 280 - 650 1.5 3 > 650 1

Tabella 8

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Esposizioni L’esposizione dei versanti influenza il microclima regolandone l'insolazione. In particolare aree con esposizione a sud sono più calde ed hanno valori di evapotraspirazione maggiori. Conseguentemente vi è una minore capacità di ritenzione idrica dei suoli ed un ritardato sviluppo della vegetazione, cha a sua volta determina tassi di erosione più elevati rispetto ai versanti nord ed est. La classificazione e relativa attribuzione di pesi sintetizzata nella Tabella 9 è analoga a quella applicata in Motroni et al. (2004: 23).

Esposizioni Classe Gradi Peso Pianeggianti - 1 1

Da Sud-Ovest a Nord 225-359 1

Da Nord a Sud-Est 0-135 1 Da Sud-Est a Sud -Ovest 136-224 2

Tabella 9 L'indice di qualità del clima è dato dalla media geometrica dei tre fattori considerati:

CQI = (precipitazioni x indice di aridità x esposizione)1/3

VQI (Vegetation Quality Index)

Per quanto riguarda i fattori di predisposizione alla desertificazione legati a copertura del suolo e vegetazione, nell'applicazione del modello ESAs vengono normalmente considerati quattro diversi indici: L' Indice di rischio d'incendio rappresenta la capacità di una certa tipologia vegetazionale o di uso del suolo di resistere al fuoco e di recuperare le sue funzioni iniziali. Questa capacità varia a seconda dell’intensità dell’incendio, della stagione di crescita e dello stadio di maturazione delle piante, anche se ai fini di questo studio non è possibile tener conto degli aspetti di natura dinamica. Le classi del Corine o del Lacoast, a seconda della serie storica considerata, sono state raggruppate in quattro classi di predisposizione secondo i criteri usati da Motroni et al. (2004: 28).

Indice di rischio di desertificazione

Tabella 10

29

Per l'Indice di protezione dall'erosione, bisogna considerare che vegetazione ed uso del suolo, assieme alle precipitazioni, sono i fattori che determinano l’intensità dell’erosione. In caso di colture in asciutto, annuali o perenni, il rischio di erosione e quindi di desertificazione è maggiore a causa della minor protezione offerta dalla copertura vegetale. Anche per questo indice le classi di predisposizione sono quelle proposte da Motroni et al. (2004: 28).

Indice di protezione all’erosione

Tabella 11

L' Indice di resistenza alla siccità indica la capacità di adattamento delle specie vegetali alle condizioni di stress idrico (Motroni et al. 2004: 30).

Indice di resistenza alla siccità

Tabella 12

Alle diverse classi della cartografia Corine, infine, possono essere associati diversi valori di copertura del terreno, espressi in percentuale (Motroni et al. 2004: 30). Le classi dell'Indice di copertura vegetale sono riportate nella Tabella 13:

30

Indice di copertura vegetale

Tabella 13

L’Indice di Qualità della Vegetazione viene calcolato come media geometrica degli indicatori che contribuiscono a definire le caratteristiche della vegetazione, attraverso la seguente relazione: VQI = (rischio d’incendio x protezione dall’erosione x resistenza alla siccità x copertura vegetale)1/4

MQI (Management Quality Index) La metodologia ESAs considera, fra i fattori che predispongono alla desertificazione, anche quelli legati all’antropizzazione e alla gestione del territorio. In letteratura vengono utilizzati sia indicatori di intensità di uso del territorio (es. tipologie di uso del suolo più intensive per quanto riguarda le aree agricole e quelle naturali, carico del bestiame per pascolo) che di protezione (e.g., porzione del territorio compreso in aree protette) che di qualità della gestione in senso più generale (Montanarella 2001, Giordano et al. 2002, Motroni et al. 2004: 32). Anche i dati demografici vengono utilizzati per rappresentare i fenomeni di antropizzazione (cfr. indice di pressione antropica HPI, adottato nel progetto Desertnet).27 Ai fini di questo studio sono state considerate due variabili legate al livello di pressione antropica (rispettivamente densità demografica e variazione demografica, vedi anche 2.5) ed una che riflette l’intensità dell’uso del suolo a fini agricoli. Per quanto riguarda i fattori demografici, la suddivisione in classi adottata viene riportata rispettivamente nelle tabelle 14 (densità) e 15 (variazione):

Densità demografica Classe Ab./km2 Peso 1 < 100 1.0 2 100-200 1.2 3 200-400 1.4 4 400-700 1.6 5 700-1000 1.8 6 > 1000 2.0

Tabella 14

Variazione demografica

27 http://www.ibimet.cnr.it/Case/desertnet/indici_soc.php

31

Classe % Peso 1 <20 % 1.0 2 20% - 40% 1.5 3 > 40% 2.0

Tabella 15 Infine, per quanto riguarda l’intensità nell’utilizzazione del territorio è stato derivato un indicatore legato alle tipologie di uso del suolo del Corine, secondo i criteri indicati in Motroni et al. (2004: 32), con opportune integrazioni. Tipologie a intensità maggiore quali colture irrigue, frutteti e vigneti, vengono considerate più predisponenti al rischio di desertificazione che non tipologie quali oliveti o colture annuali.

Intensità di uso del suolo

Tabella 16

Classi Corine

Tipo di coltura Intensità d’uso

Peso

2.1.2, 2.2.1, 2.2.2, 2.4.2

Seminativi in aree irrigue, vigneti, frutteti, sistemi colturali complessi

Alta 1

2.1.1.,2.3.1, 2.4.1, 2.4.3

Colture annuali associate a colture permanenti, Seminativi non irrigui, oliveti, prati stabili

Intermedia 0,5

3.2.4, 3.3.4 Aree percorse da incendio, aree a vegetazione boschiva e arbustiva Bassa 0,2 2.2.3, 2.4.4, 3.1.1, 3.1.2, 3.1.3, 3.2.1, 3.2.2, 3.2.3

Oliveti, aree agro-forestali, boschi di latifoglie, boschi di conifere, boschi misti, aree a pascolo naturale, brughiere e cespuglietti, aree a vegetazione sclerofilla

Nulla 0

Calcolo dell'indice sintetico secondo il modello ESAs

L'indice (ESAI) si ottiene, analogamente a quanto visto per i singoli indicatori di qualità ambientale, calcolando la media geometrica dei diversi indicatori di qualità ambientale. E' chiaro quindi che i diversi indicatori hanno lo stesso peso nella determinazione dell'indice sintetico. La relazione è la seguente:

ESAI = (SQI * CQI * VQI * MQI)1/4

Calcolo dell’indice ESA

Figura 10

x x x( ) 1/4

=

32

L'approccio UCEA La linea di ricerca Climagri - 3.1 ha previsto in primis l'elaborazione di cartografia del rischio di desertificazione secondo i criteri indicati dal CNLSD (sezione 3.1) e secondo il metodo ESAs (sezione 3.2), utilizzando i dati e le serie storiche disponibili con il progetto Climagri. Nell’attività di ricerca si è inoltre sviluppato un approccio proprio che prevede i seguenti step:

- scelta delle variabili e predisposizione dei relativi strati tematici G.I.S.

- normalizzazione degli strati tematici

- estrazione dei dati sulla base di una griglia regolare

- analisi statistica e derivazione dei pesi per le diverse variabili

- applicazione dei pesi alle matrici di dati geografici e calcolo dell'indice somma

Scelta delle variabili e predisposizione degli strati tematici G.I.S. Nell'approccio sviluppato da UCEA vengono inizialmente considerate un numero relativamente ampio di variabili riconducibili ai processi di desertificazione. Nella scelta delle variabili è stato usato come riferimento il modello DPSIR. Si è tenuto conto anche degli esempi di applicazione dei modelli CNLSD e ESAs di cui esiste documentazione. Le quindici variabili selezionate sono sintetizzate nella Tabella 17, assieme alla serie storiche disponibili, all'intervallo (range) dei valori riscontrati e i valori di normalizzazione proposti.

Variabili disponibili, serie storiche, range dei valori Variabile/strato tematico

Unità di misura Serie storiche disponibili Range dei valori e loro normalizzazione

Clima 1.Piogge medie mm 410 (1) – 1650 (0) 2.Variabilità pioggia CV (%) 11 (0) – 38 (1) 3.Concentrazione piogge

mm/mm 0.3 (1) – 1 (0) oppure 1(0) - 2,2 (1)

4.Giorni piovosi Numero giorni 67 (1) – 139 (0) 5.Aridità (IA) mm/mm 0,4 (1) – 3,9 (0) 6.Umidità suolo (US) numero giorni /anno

con <20 mm

1951- 80

1961- 90

1971- 00

0 (0) – 245 (1)

Suolo 7.AWC mm 1990 10 (1) - 294 (0) 8.Tessitura Classi tessiturali 1990 Vedi descrizione singole classi

(Tabella 3) 9.Profondità mm 1990 200 (1) – 1100 (0) 10.Carbonio organico

% 1990 0.18 (1) – 6.9 (0)

Erosione 11.Erosione effettiva (actual soil loss)

tonn/ha/anno 1990 0 (0) – 100 (1)

33

Variabile/strato tematico

Unità di misura/indice

Serie storiche disponibili Range dei valori e loro normalizzazione

Copertura del suolo e vegetazione

12.Resistenza a siccità e incendi

Classi Corine e Lacoast

1975 1990 2000 Vedi tabella 18

Popolazione e impatto antropico

13.Densità demografica

Ab./km2 1981 1991 2001 10 (0) – 8100 (1)

14.Variazione demografica

% 1971-81 1981-91 1991-01 -50% (1) - 0% (0) oppure 0% (0) - 144% (1)

15.Intensità uso suolo

Classi Corine e Lacoast

1975 1990 2000 Vedi tabella 16

Tabella 17 Nella sezione 2 sono stati descritti i dati di base utilizzati, i loro diversi formati e le scale di acquisizione. Bisogna precisare che, per quanto riguarda i fattori di predisposizione alla desertificazione legati a copertura del suolo e vegetazione, si è deciso di utilizzare un unico indicatore. Si tratta quindi di una semplificazione rispetto ai quattro indicatori suggeriti per la determinazione del VQI nel modello ESAs, che classifica il Corine (o Lacoast) tenendo conto della resistenza alla siccità. Le classi variano da 1 (minima resistenza) a 0 (massima resistenza). La tabella di classificazione viene riportata di seguito:

Resistenza alla siccità

Codice Corine Descrizione della classe

Peso UCEA

Codice Corine Descrizione della classe

Peso UCEA

111 Tessuto urbano continuo 1 311 Boschi di latifoglie 0112 Tessuto urbano discontinuo 1 312 Boschi di conifere 0,1121 Aree industriali o commerciali 1 313 Boschi misti 0122 Reti stradali e ferroviarie e spazi accessori 1 321 Aree a pascolo naturale e praterie d'alta quota 0,3123 Aree portuali 1 322 Brughiere e cespuglieti 0,4124 Aeroporti 1 323 Aree a vegetazione sclerofilla 0,3131 Aree estrattive 1 324 Aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione 0,3132 Discariche 1 331 Spiagge, dune, sabbie e ciottolami dei greti 1133 Cantieri 1 332 Rocce nude, falesie, rupi, affioramenti 1141 Aree verdi urbane 1 333 Aree con vegetazione rada 0,9142 Aree sportive e ricreative 1 334 Aree percorse da incendio 0,9211 Seminativi in aree non irrigue 0,7 335 Ghiacciai e nevi perenni 0212 Seminativi in aree irrigue 0,3 411 Paludi interne 0213 Risaie 0,3 412 Torbiere 0221 Vigneti 0,5 421 Paludi salmastre 0222 Frutteti e frutti minori 0,4 422 Saline 1223 Oliveti 0,4 423 Zone intertidali 0231 Prati stabili 0,3 511 Corsi d'acqua, canali e idrovie 0241 Colture annuali associate a colture 0,6 512 Bacini d'acqua 0242 Sistemi colturali e particellari complessi 0,6 521 Lagune 0243 Colt. agrarie prevalenti con presenza di spazi naturali 0,6 522 Estuari 0244 Aree agroforestali 0,2 523 Mari 0

Tabella 18 Per quanto riguarda l'intensità di uso del suolo sono stati applicati classificazione e pesi già indicati nella tabella 16. Le elaborazioni necessarie per giungere ad un indice sintetico di sensibilità alla desertificazione richiedono che i dati siano convertiti un formato G.I.S. confrontabile e la copertura di tutto il territorio nazionale.28

34

28 Per quanto riguarda il database pedologico (vedi 2.3) per le celle con informazioni mancanti è stata messa a punto una procedura di stima illustrata nell'appendice metodologica.

Per le informazioni pedologiche (AWC, tessitura, profondità e carbonio organico) si sono convertite le celle vettoriali Celle Pedo di 8 x 8 km in una matrice raster di analoga risoluzione. Fa eccezione il layer relativo all’erosione, per cui si è mantenuta la risoluzione del dato di origine pari a 250 metri. Per le informazioni di tipo climatico si è proceduto ad una interpolazione a partire dai dati puntiformi associati ai nodi della Griglia Italia, assegnando la stessa risoluzione di Celle Pedo al prodotto finale.29 Per quanto riguarda i dati demografici che sono espressi su base comunale, si è proceduto alla rasterizzazione dei confini comunali adottando la stessa risoluzione spaziale di Celle Pedo. Infine per i dati derivati dal Corine, si è effettuata la rasterizzazione delle unità di mappa adottando una risoluzione finale della cella pari a 100 metri, necessaria per rispettare il pat ern spaziale originario. Nelle successive operazioni G.I.S. si confronteranno quindi tra loro matrici in formato raster a risoluzione diversa.

t

Normalizzazione delle matrici

Tutte le matrici vengono trasformate in una scala comune (normalizzate) in modo da poter essere confrontate tra loro. La formula generale adottata per la normalizzazione (tra valore 0 e 1) è: DN’ = 1 - (([DN] - min) / (max - min)) Questa formula, che indica una relazione lineare ed inversa tra variabile e rischio di desertificazione è valida per quelle variabili in cui a valori più elevati corrisponde un rischio maggiore. Questo è il caso più frequente e vale, ad esempio, per le piogge medie: più elevati sono i valori di pioggia e minore è il rischio di desertificazione. Vi sono alcune variabili quali, ad esempio, la variabilità delle precipitazioni, in cui la relazione è del tipo contrario: ad una elevata variabilità corrisponde un maggiore rischio. Infine vi sono variabili in cui la relazione cambia a seconda di valori soglia. E' il caso ad esempio della variazione demografica. Infatti mentre per i valori compresi tra zero e quelli con segno negativo più alto si può ipotizzare una relazione negativa (a forte decremento demografico corrisponde una maggiore predisposizione), per valori da zero a quelli positivi più elevati si ipotizza una relazione positiva (quanto maggiore è l'incremento demografico tanto maggiore è la predisposizione ai fenomeni in esame). La formula generale prima ricordata andrà evidentemente modificata a seconda delle circostanze. La tabella 17 riporta nell'ultima colonna il range dei valori registrati nonchè i relativi valori normalizzati.

Estrazione dei dati sulla base di una griglia regolare Si tratta a questo punto di estrarre dalle matrici i valori da utilizzare nell’analisi statistica. A questo scopo è stata creata una griglia di punti che avrà, analogamente alla Griglia Italia, un passo di 30 km. La griglia non coincide esattamente con la Griglia Italia ed esclude i nodi che cadono nel mare. Per ogni punto nella griglia vengono quindi creati i dataset relativi ai tre periodi di riferimento.

1951-1980: dati climatici (1951-80), umidità del suolo, erosione, vegetazione/cover (1975), densità demografica (1981), variazione demografica (71-81).

29 E stata scelta la tecnica dell'Inverse Distance Weighted (IDW) con un peso pari a 1, in modo da ridurre l'arbitrarietà nell'interpolazione dai nodi della Griglia Italia, che sono a loro volta il risultato di una interpolazione basata su Kriging (vedi 2.1).

35

1961-1990: dati climatici (1961-90), umidità del suolo, erosione, vegetazione/cover (1990), densità demografica (1991), variazione demografica (81-91).

1971-2000: dati climatici (1971-00), umidità del suolo, erosione, vegetazione/cover (1990), densità demografica (1991) e variazione demografica (91-01).

Analisi statistica e derivazione dei pesi per le diverse variabili

I data set relativi alle tre serie storiche vengono valutati con l'analisi delle componenti principali (PCA). La PCA è una tecnica di analisi statistica multivariata che consente di esaminare le relazioni tra diverse variabili quantitative. Viene dapprima calcolata una matrice di correlazione tra le variabili. Coefficienti di correlazione elevati mettono in evidenza variabili fortemente correlate tra loro e quindi, ridondanti. Nel nostro caso due variabili (profondità e umidità del suolo) sono fortemente ridondanti (rispettivamente con AWC e Indice di Aridità) e pertanto vanno escluse dall’analisi. La PCA determina, quindi, l'importanza relativa delle variabili non escluse dal modello. I principali contributi al modello vengono forniti dalle variabili climatiche (che spiegano da sole il 38% della variabilità complessiva30) e da quelle legate al suolo (33%) mentre è più modesto il contributo di quelle demografiche (2%). Fra le singole variabili considerate, quelle che danno il contributo maggiore alla variabilità complessiva sono l’Indice di aridità e l’AWC. Il contributo riferito ad ognuna delle variabili31 può essere usato come peso per il successivo calcolo dell'indice somma.

Applicazione dei pesi alle matrici e calcolo dell'indice somma

Le variabili normalizzate secondo le modalità descritte in precedenza e pesate sulla base dei risultati della PCA vengono a questo punto sommate per ottenere un indice sintetico. Il calcolo si effettua separatamente per ogni serie storica con una operazione di somma delle matrici G.I.S. La risoluzione finale dipende dalla matrice a maggior dettaglio, (100 metri delle matrici derivate dallo strato vegetazionale Corine). La figura 11 riassume la procedura che comprende la normalizzazione delle variabili ed il calcolo dell'indice somma per il periodo 1961-90 a partire dalle matrici relative a: clima, suoli ed erosione, copertura del suolo e vegetazione, popolazione ed impatto antropico.

30 Percentuale calcolata come media delle tre serie storiche. 31 Per ogni variabile si tratta più precisamente del contributo cumulato degli autovettori delle tre componenti principali, moltiplicato per l'autovalore riferito ad ogni componente.

36

37

SUOLO ED EROSIONE

Schema della procedura UCEA

CLIMA

Normalizzazione, PCA e somma delle mappe

INDICE SINTETICO

COPERTURA DEL SUOLO E VEGETAZIONE

POPOLAZIONE ED IMPATTO ANTROPICO

Figura 11

4 Geo-database sul rischio di desertificazione

4.1 Il geo-database: la struttura dei dati

Il geo-database sul rischio di desertificazione in Italia comprende una serie di strati tematici o layerriferibili alle tre metodologie prese in considerazione (CNLSD, ESAs, UCEA). Ricapitolando quanto riportato nel paragrafo 2 (dati di base) e 3 (valutazione del rischio) si avranno una serie di matrici G.I.S. (formato raster) organizzate su questa base:

Metodologia CNLSD

Variabile/Strato tematico Unità di misura/indice

Serie storica disponibile

Aridità Indice di aridità 1951-1980 1961-1990 1971-2000Vegetazione Classi Corine e

Lacoast1975 1990 2000

Variazione demografica % 1971-1981 1981-1991 1991-2001Regimi idrici Classi regimi

idrici1990

Carta di sintesi (aree sensibili) Classi sensibilità 1951-1980 1961-1990 1971-2000

Tabella 19

Metodologia ESAs Variabile/Strato tematico Unità di

misura / indice

Serie storica disponibile

Tessitura Classi Profondità mm

AWC mmPendenza %

1990

Soil Quality Index (SQI) 1990Esposizione Classi 1990

Aridità mm/mm 1951-1980 1961-1990 1971-2000Precipitazioni medie mm 1951-1980 1961-1990 1971-2000

Climate Quality Index (CQI) 1951-1980 1961-1990 1971-2000Rischio incendio 1975 1990 2000

Protezione erosione 1975 1990 2000Resistenza siccità 1975 1990 2000

Copertura vegetale

Classi

1975 1990 2000Vegetation Quality Index (VQI) 1975 1990 2000

Densità demografica Ab./km2 1971-1981 1981-1991 1991-2001Variazione demografica % 1971-1981 1981-1991 1991-2001

Intensità agricola Classi 1975 1990 2000Management Quality Index (MQI) 1951-1980 1961-1990 1971-2000

ESAI 1951-1980 1961-1990 1971-2000Tabella 20

Per quanto riguarda l’approccio UCEA la struttura degli strati tematici è riportata nella tabella 18. Nel caso specifico per ognuna delle variabili si avrà anche una matrice normalizzata secondo la scala indicata nella stessa tabella.

38

4.2 Le mappe più significative

Di seguito viene proposta una “galleria” delle mappe più significative. Nella presentazione delle mappe si è scelto di dare enfasi al confronto tra le tra serie temporali. Tra le mappe che verranno illustrate abbiamo voluto includere:

- alcuni dei fattori alla base degli indici sintetici che si sono dimostrati essere maggiormente significativi. Poiché si parte dagli stessi dati di base, le mappe prescindono dal metodo usato.

In caso di un’unica serie storica (es. A.W.C.) , viene presentata una sola mappa, viceversa vengono messe a confronto le serie storiche disponibili (e.g., dati climatici e demografici).

- gli indici sintetici o comunque le elaborazioni finali ottenuti applicando le diverse

metodologie. Come già anticipato nella sezione 2.4, lo strato tematico riferito alla vegetazione e all’uso del suolo relativo alla prima serie storica (Lacoast 1975) ha una copertura geografica limitata a 10 km dalla costa. Per questo motivo gli indici sintetici derivati, hanno la stessa limitazione e non sono direttamente confrontabili con le altre serie storiche.

39

Fattori alla base degli indici sintetici di rischio

Indice di aridità

Figura 12

Le mappe riportano i valori di IA riscontrati su tutto il territorio italiano. La sequenza temporale mostra il progressivo peggioramento delle condizioni legate all’indice di aridità dal 1951 al 2000. Le classi indicate con colorazione da rossa ad arancione comprendono le zone climatiche semi-aride e sub-umide secche (IA ≤ 0,65) maggiormente predisposte al rischio di desertificazione, secondo le definizioni di UNEP (vedere 2.1).

40

Numero di giorni piovosi

Figura 13 La sequenza di mappe mostra il numero di giorni piovosi nell’anno per il periodo 1951-2000. Alle colorazioni più chiare corrispondono valori più bassi.

41

Variabilità delle precipitazioni

Figura 14 La variabilità delle piogge, espressa in termini di coefficiente di variazione delle precipitazioni annue, viene mostrata nella sua evoluzione fra il 1951 ed il 2000. Al colore rosso ed arancione corrisponde una variabilità maggiore. La colorazione verde indica minore variabilità.

42

Densità demografica

Figura 15 La densità demografica (espressa in termini di abitanti per chilometro quadrato) viene rappresentata nella sua evoluzione fra il 1981 ed il 2001. Le tonalità di rosso più intenso indicano una maggiore densità.

43

Esempi di altre variabili

Figura 16 Nella figura 16 vengono presentate altre variabili che l’analisi statistica ha mostrato essere significative: Available water capacity (A.W.C.) ed erosione (per le quali è a disposizione una sola rilevazione nel periodo di riferimento), ed esempi relativi all’indice di resistenza alla siccità e all’indice di intensità di uso del suolo (per i quali sono disponibili misurazioni per i tre periodi).

44

Indici sintetici

Metodologia CNLSD Di seguito sono riportate le “aree sensibili al rischio di desertificazione” ricavate seguendo la metodologia CNLSD (vedere 3.1). Le due immagini si riferiscono rispettivamente al periodo 1961-1990 e 1971-2000:

Le “aree sensibili” secondo il modello CNLSD

Figura 17

E’ evidente l’estendersi delle “aree sensibili”, soprattutto in ragione del peggioramento delle condizioni climatiche espresse dall’Indice di Aridità (vedere figura 12). Poiché per la determinazione di queste aree viene posta una condizione vincolante data dall’indice di aridità ≤ 0,65 (aree semi--

aride e sub-umide secche), ne consegue che le zone evidenziate saranno limitate ad alcune porzioni del meridione (Sardegna, Sicilia, Puglia oltre a Basilicata e Calabria anche se solo in

maniera marginale).

45

Metodologia ESAs

L’indice (ESAI) è il risultato dell’applicazione della metodologia ESAs. Le colorazioni rosse e gialle evidenziano le aree con indice più alto e quindi con maggiore sensibilità al rischio di desertificazione. Le mappe riportate nella figura 18 mostrano i risultati relativi ai periodi 1961-90 e 1971-2000, che hanno beneficiato dei dati di base relativi all’intero territorio nazionale.

L’Indicatore ESA

Figura 18

46

Approccio UCEA

La figura 19 riporta infine una valutazione del rischio di desertificazione attraverso un indicatore somma pesato, elaborato secondo l’approccio UCEA. Alle tonalità più scure corrispondono indici più elevati e quindi aree con predisposizione maggiore al rischio di desertificazione.

L’Indice somma UCEA

Figura 19

47

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- UNEP (1997). World Atlas of Desertification (second Edition). London, Arnold Ed.

49

Appendice I Applicazione GIS per la consultazione del geo-database: struttura, funzionalità e note per l'installazione Al fine di rendere consultabili i risultati delle elaborazioni GIS, anche in assenza di un SW GIS installato sul proprio sistema, è possibile utilizzare un’applicazione multimediale presente sul CD allegato alla presente pubblicazione. Questa applicazione è stata realizzata con l’ausilio del prodotto GIS-CDCreator della Sistemi Territoriali S.r.l. di Pisa. Il prodotto, realizzato con componenti software MapObjects Lt della Esri, consiste di:

- Map Editor Lt, uno strumento che serve per organizzare i layer creati con ArcView in mappe navigabili ed interrogabili.

- CDCreator Wizard, uno strumento che serve per la creazione dell’applicazione vera e propria su CD.

Nel caso specifico, GIS-CDCreator è stato utilizzato per creare l’applicazione denominata “Geo-database del Rischio di Desertificazione in Italia”. Struttura e funzionalità principali dell’applicazione sono descritte di seguito.

Struttura e funzionalità principali dell’applicazione

L’applicazione prevede l’accesso ad una finestra iniziale che, a sua volta, permette di attivare:

- Un visualizzatore delle mappe (browser) - Una guida dell’applicazione e della linea di ricerca in generale. Con documentazione ed

esempi relativi agli stessi dati, alle metodologie e procedure usate nelle diverse elaborazioni, oltre a riferimenti bibliografici e Web.

Il visualizzatore apre la Finestra della Mappa, dove i layer G.I.S., creati secondo le modalità già descritte, sono stati raggruppati in tavole tematiche omogenee. Ogni tavola costituisce quindi una particolare vista di strati informativi che chiameremo mappa. A loro volta le tavole sono costituite da temi o strati (layer) che contengono il contenuto tematico specifico (es. mappa delle variabili di base, delle aree sensibili, degli indici sintetici) e da altri layer, uguali per tutte le tavole, che aiutano la lettura e la “navigazione” sul territorio. Questi layer sono generalmente provvisti di etichette (label) che sono di ulteriore supporto nella “navigazione” (es. i nomi delle province o dei principali centri urbani). Per ogni tavola è possibile consultare la relativa legenda ed una finestra di informazioni contenente, ad esempio, notizie sulla fonte dei dati stessi, sulle metodologie usate per derivarli, ecc. La struttura dell’applicazione è schematizzata di seguito:

50

STRUTTURA DELL’APPLICAZIONE “GEO-DATABASE SUL RISCHIO DI DESERTIFICAZIONE”

CNLSD: Confronto serie storiche • Aree sensibili 1951-1980 • Aree sensibili 1961-1990 • Aree sensibili 1971-2000

Modello CNLSD 1951-1980

• Indice di aridità • • Variazi

o• gi• rt

( ee

Vegetazione one

dem grafica ReCaAr sensib

Modello CNLSD 1961-1990

• Indice di aridità • •

demo• • art Aree

s

mi idrici a di sintesi

ili)

Vegetazione Variazione

grafica Regimi idrici C a di sintesi (sen ibili)

Modello CNLSD 1971-2000

• Indice di aridità • Vegetazione • Variazione

demografica • Regimi idrici • Carta di sintesi (Aree

sensibili)

Guida al Geo-database

ESAs: Confronto serie storiche• ESAI 1951-1980 • ESAI 1961-1990 • ESAI 1971-2000

Modello ESAs: 1951-1980 • Tessitura • • • •

Vegetazione Variazione demografica Regimi idrici

ns

Modello ESAs: 1961-1990 • Tessitura • • • R• C esi (Aree

se

Carta di sintesi (Aree se ibili)

Vegetazione Variazione demografica

egimi idrici arta di sintnsibili)

Modello ESAs 1971-2000 • Tessitura • Profondità • AWC • Pendenze • Esposizione • Aridità • Precipit. Medie • Rischio incendio • Protezione erosione • Resistenza siccità • Copertura vegetale • Densità demografica • Variazione demografica • Intensità agricola • ESAI

MQI

VQI

CQI

SQI

Approccio UCEA 1951-1980• Piogge medie • • • • n• • • • r• ganico • • cendi • • • •

Variabilità piogge

dimi

AWC Tessitu

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Approccio UCEA 1961-1990• Piogge medie • • C iogge • Gi• In• U• A• Te• Pr ità suoli • C ganico • Er• Re cendi • D ografica • V• In• In

Concentrazione piogge iorG ni piovosi

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tà demografica mograficaV azione de

In nsità agricola I omma

Variabilità piogge oncentrazione porni piovosi dice di aridità

midità suolo WC ssitura ofond

arbonio orosione sistenza siccità e in

ensità demariazione demografica tensità agricola dice somma

Approccio UCEA 1971-2000• Piogge medie • Variabilità piogge • Concentrazione piogge • Giorni piovosi • Indice di aridità • Umidità suolo • AWC • Tessitura • Profondità suoli • Carbonio organico • Erosione • Resistenza siccità e incendi • Densità demografica • Variazione demografica • Intensità agricola • Indice somma

UCEA: Confronto serie storiche• Indice somma 1951-1980 • Indice somma 1961-1990 • Indice somma 1971-2000

Mappe:

Guida applicazione Visualizzatore

Pagina iniziale

+ Altri strati tematici: • Confini nazionali • Confini regionali • Confini provinciali • Maschera linea di

costa • Idrografia

principale • Maschera corpi

idrici principali • Maschera centri

urbani principali • Nodi Griglia Italia • Celle Pedo • Maschere di limite

colturale • Ombreggiatura

51

La pagina iniziale, con i bottoni di accesso al Visualizzatore e alla Guida, è riportata nella figura 20 sottostante:

Figura 20 Il Visualizzatore, di cui viene fornita una schermata di esempio (fig.21), prevede una “Barra dei bottoni di navigazione e informazione” e una “Barra di contenuto”. Più in basso, sul lato sinistro della finestra, abbiamo la “Barra dei Temi”, da dove è possibile rendere attivi/disattivi, oppure accendere/spegnere i singoli temi.

Barra dei bottoni di navigazione e informazione

Barra dei temi

Barra di contenuto

Fig. 21 – Schermata esemplificativa del visualizzatore GIS.

Figura 21

52

La mappa è composta da più strati informativi. Fra gli strati informativi c'è sempre uno ed un solo strato attivo. La Barra di contenuto mostra l'elenco di strati che formano la mappa attualmente visualizzata. Subito al di sotto della barra di contenuto abbiamo una Finestra di Selezione dei Campi, con la quale vengono mostrati i campi presenti nello strato attivo (se interrogabile). Si può quindi scegliere il campo che si desidera. In altro a destra abbiamo la finestra che mostra la scala a cui è visualizzata la mappa. E' possibile impostare la scala che si desidera. La Barra dei bottoni di navigazione e informazione comprende le seguenti funzioni:

Estensione Massima: Permette di vedere la mappa nella sua massima estensione.

Zoom Out x2: Permette di rimpicciolire la mappa con una scala due volte più piccola.

Sposta la mappa: Consente di spostare l'area, trascinando la visualizzazione con il mouse in una direzione qualsiasi.

Zoom In:Permette di ingrandire la mappa nel punto desiderato.

Informazione sul punto: Permette di ottenere informazioni sugli elementi della mappa. Le informazioni sono visualizzate nella Finestra delle Informazioni.

Mostra Legenda: Permette di vedere la Legenda dello strato attivo.

Trova Feature: individua elementi tramite interrogazioni (Query).

Deseleziona: cancella la selezione effettuata con Trova Feature.

Guida applicazione: apre la guida relativa all’applicazione.

Figura 22

Con lo strumento Trova Feature è possibile individuare elementi nel tema attivo attraverso un'espressione di interrogazione (Query). La generazione di un'espressione di interrogazione è un metodo efficace di selezione degli elementi, e può basarsi su diversi attributi, operatori e calcoli. Attraverso la finestra di dialogo di Trova Feature è possibile generare l'espressione scegliendo i campi, gli operatori e i valori, oppure digitando direttamente le istruzioni. Gli elementi selezionati vengono evidenziati in giallo. Si ottiene anche una zoomata sugli elementi selezionati.E’ quindi possibile cancellare la selezione effettuata con Trova Feature. L'operazione ha effetto soltanto sul tema attivo. Per cancellare la selezione, si seleziona il tema facendo clic sul nome nella barra di contenuto e si clicca sul pulsante Cancella Selezione.

53

Vi sono infine alcuni comandi che vengono gestiti dal menù a tendina denominato “mappa”; si tratta di:

.

Esci: Chiude l'applicazione

Esporta la parte visibile della mappa : Permette di esportare la parte della mappa attualmente visualizzata in due diversi formati: Windows Bitmap(bmp) e Extended Metafile(emf).

Stampa: consente di creare una pagina con la parte della mappa attualmente visualizzata. La pagina così creata può essere stampata mediante i tradizionali tool di stampa.

Mostra/Nascondi Temi: permette di chiudere la barra dei temi per utilizzare tutto lo spazio per visualizzare la mappa e permette di mostrare la barra dei temi nuovamente quando lo si desidera.

Figura 23

La Guida all’Applicazione, attivabile a partire dal visualizzatore, si riferisce allo stesso visualizzatore e contiene informazioni più dettagliate sull’applicazione, sull’installazione, la descrizione delle funzionalità, ed un breve glossario. La Guida al Geo-database riporta in maniera sintetica, il contenuto di questa relazione. La Guida viene aperta da un bottone posto nella Pagina Iniziale ed è strutturata in una serie di pagine in formato HTML. Nella fig. 24 viene mostrato un esempio relativo alla pagina introduttiva:

Figura 24

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Note per l’installazione:

L'installazione avviene inserendo il CD, avviando il Setup e seguendo i vari passaggi indicati dal Wizard. Nell'installazione da CD viene installato nell'hard disk del nostro computer soltanto l'eseguibile dell'applicazione (MapViewer.exe), mentre altre componenti (Dati, etc.) restano sul CD che quindi è indispensabile per il funzionamento della stessa applicazione. Al termine dell’installazione l’applicazione GEO-DATABASE SUL RISCHIO DI DESERTIFICAZIONE apparirà fra i Programmi, nella Barra delle Applicazioni. Cliccare sulla icona per aprire la Pagina Iniziale. Per l'installazione completa, ovvero, la esecuzione dell'applicazione senza il CD, è necessario copiare i seguenti dati dal CD nella cartella di installazione:

• \Dati

• \Tavole

• \Docs

• \Help

• App.ini

• MapViewer.ico

Requisiti di sistema:

• PC con microprocessore Pentium 133 o superiore

• Sistema Operativo Microsoft Windows 95 o versione successiva oppure Microsoft Windows NT Workstation 4.0 con Service Pack 5

• Installazione di un browser Internet (Netscape o Microsoft Internet Explorer)

• RAM 64 MB

• RAM Video 1 MB(raccomandato 2 MB)

• Spazio su disco rigido richiesto: 15 MB (se non si copiano i dati nell'hard disk)

• Unità di CD-ROM (si consiglia 24x)

• Monitor Super VGA

• Impostazione delle proprietà dello schermo

area del desktop minima a 800x600

tavolozza dei colori con almeno 65.536 colori (16 bit)

• Mouse Microsoft o dispositivo di puntamento compatibile

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Appendice II Documentazione delle procedure GIS Di seguito sono documentate le procedure G.I.S. utilizzate nell’elaborazione dei dati secondo la procedura UCEA (vedere sezione 3.3. nel testo). Per quanto riguarda funzionalità ed comandi richiamati nel testo, si fa riferimento al SW G.I.S. ArcView 8.2 di ESRI ed alla sua estensione Spatial Analyst. Come già indicato nel testo, la procedura prevede i seguenti passaggi: Stima dati mancanti in Celle Pedo La carta pedologica del Consorzio ITA (che denominiamo per semplicità “Celle Pedo”) presenta, su un totale di 5.226 celle che coprono il territorio italiano, 4.479 celle che presentano informazioni pedologiche associate. Le rimanenti 747 sono prive di informazioni, in quanto non intersecano alcuna unità suolo-paesaggio agricola. La procedura qui descritta è finalizzata a stimare in modo “speditivo” le variabili pedologiche necessarie per una stima dell’indice di sensibilità alla desertificazione, anche nelle celle prive di informazioni. La procedura che segue viene illustrata a titolo esemplificativo per l’A.W.C.; è stata poi replicata per gli altri dati provenienti da Celle Pedo, ossia profondità, tessitura, carbonio organico (vedi check-list in seguito): 1. Preselezione delle celle con dati associati e di quelle con dati mancanti. Con Selection, Select

by Attribute, si filtrano le Celle Pedo che hanno dati associati. La selezione si ottiene con la sintassi: "M_AWCMM" <> 0. Si esporta la selezione in un nuovo shapefile che chiameremo “CellePedoWithdata”. Con procedura analoga si ottiene uno shapefile che conterrà le celle prive di dati (sintassi: "M_AWCMM" = 0) che chiameremo “CellePedoNodata”.

2. Conversione Vector to Raster delle Celle Pedo con dati. Si tratta di convertire il file

“CellePedoWithdata”, da vector a raster. Da Spatial Analys Convert Featu e to Raster: il field è D_AWCMM, la risoluzione della cella è pari a quella Celle Pedo, ossia 8000 m. Chiameremo il grid prodotto “AWC_D”; questo deve essere ulteriormente convertito da formato floating ad integer (l’operazione può essere effettuata col Ras er Calculator di Spatial Analyst).

t, , r

t

t

3. Neighbourhood statistics su AWC_D. Viene applicato un operatore dei vicini che calcola la mediana

dei valori in un intorno circolare con raggio pari a 3 celle e risoluzione della cella finale pari a 8000 metri. Ecco i parametri da inserire:

Field: AWC_D Value Statistics: Median Neighbourhood: Circle Radius: 3 cells32 Resolution: 8000 Nome Grid risultante: “median AWC”

4. Conversione Vector to Raster delle Celle Pedo prive di dati. Si tratta della conversione di

“CellePedoNodata”, sempre basato sul campo D_AWCMM e con risoluzione 8000 m. Il grid così ottenuto (che chiameremo “CelleNoData”), dovrà avere sempre valori nulli.

5. Estrazione del dato per le celle prive di dati. Con il Raster Calcula or si effettua una somma tra

“median AWC” e “CelleNoData”. Si tratta di fatto di un overlay raster tra il prodotto dell’analisi dei vicini e le celle originariamente prive di dati. Il risultato viene chiamato “Stima_AWC”.

32 Queste dimensioni consentono di assegnare un valore alla quasi totalità di “Celle Pedo” con dato mancante sul territorio nazionale. E’ preferibile non aumentare ulteriormente le dimensioni di questo kernel. Per i dati ancora mancanti (poche celle concentrate sulle Alpi) si procede con assegnazione manuale dei valori delle celle limitrofe.

56

6. Conversione a integer. Il raster è del tipo floating e deve essere convertito in integer con il Raster

Calculator, ottenendo: “Stima AWC integer”.33 7. Conversione raster to vector. Il risultato ottenuto, che rappresenta il grid con i valori stimati di

A.W.C. deve essere convertito nuovamente in formato vettoriale. La conversione viene effettuata senza l’opzione generalize line, il type è: Polygon, e il nome dello shapefile risultante outpu name) sarà: “stima_AWC”.

( t

t l

8. Inserimento dei valori stimati in “Celle Pedo”. Si tratta di effettuare uno Spatial Join tra

“CellePedowithData” e lo shapefile con i dati stimati. L’operazione si ottiene con: right click su “CellePedowithData”, Joins and Relates, Join, Join data from another layer based on spatial location e quindi selezionando la seconda opzione: “Each polygon…it falls completely inside…”). A “CellePedowithData” viene assegnato il valore del poligono di “stima_AWC” che lo comprende o interseca; il risultato si chiama “cellePedoWithAWC”. Contiene un campo “gridcode” con la stima dell’AWC per le celle originariamente prive di dati.

9. Creazione di un campo unico per l’AWC. Si crea un campo, nominato ad es. “tutte celle” (formato

Short integer: si avrà un rounding dei valori decimali) che conterrà i dati di AWC (sia quelli misurati “Celle Pedo” che quelli stimati con la procedura indicata in precedenza). Con Calculate Values sul campo indicato si effettua una operazione di somma tra “D_AWCMM” e “grid code” che darà l’integrazione voluta.34

10. Editing dati mancanti. Come indicato in nota del punto 2 rimane ancora un numero di celle molto

ridotto (concentrate nelle Alpi Occidentali) con dato mancante. In questi casi viene inserito manualmente il valore di A.W.C. della cella più vicina.

Normalizzazione delle matrici: sintassi usata nel Ras er Calcu ator Si richiama la formula generale di normalizzazione adottata (vedere 3.3 per dettagli): DN’ = 1 - (([DN] – valore min) / (valore max – valore min)) Vengono di seguito riportati esempi della sintassi usata nel Raster Calculator per la normalizzazione delle diverse variabili. Nella parentesi quadra viene indicato il nome della matrice raster: 1. Media delle precipitazioni: [p_med6190n]: 1 - (([p_med6190] - 443) / (1675 - 443)) 2. Variabilità (cv) delle precipitazioni: [p_cv6190n]: (([p_cv6190] - 0.126700848) div (0.368014842 - 0.126700848)) 3. Concentrazione piogge: Vanno anzitutto separati due layer sulla base dei valori soglia, ad esempio: [c_p_6190meno1]: con ([c_p_6190] < 1, 1, 0) * [c_p_6190] [c_p_6190piu1]: con ([c_p_6190] >= 1, 1, 0) * [c_p_6190] ad entrambi i layer va applicata la seguente formula per convertire i valori 0 in nodata:

33 Nel caso del carbonio organico si moltiplica il valore per 100 e poi si deriva l’Integer. 34 Sempre nel caso del carbonio organico il valore andrà ulteriormente suddiviso x 100 per poter rendere i dati nuovamente omogenei.

57

[c_p_6190m1 ]: setnull([c_p_6190meno1] == 0 , [c_p_6190meno1]) A questo punto può essere applicata la formula di normalizzazione lineare, separatamente per i due layer ottenuti in precedenza: [c_p6190meno1n] = 1 - (([c_p_6190m1] - 0.306) div (0.999 - 0.306)) [c_p6190piu1n] = (([c_p_6190p1] - 1) div (2.17 - 1)) Infine i due layer vengono uniti: [cp6190n]: mosaic([c_p6190meno1n] , [c_p6190piu1n]) 4. Giorni piovosi: [gg_p_6190n]: 1 - (([gg_p_6190] - 65) / (134 - 65)) 5. Indice Aridità: [i_a6190n]: 1 - (([i_a6190] - 0.400544) div (3.865344 - 0.400544)) 6. Umidità del suolo [u_s6190n]: (([u_s6190] - 0) / (240 - 0)) 7. AWC 35 [awc_n]: 1 - (([AWC] - 10) / (294 - 10)) 8. Tessitura Nel caso della tessitura, misurata a livello nominale, sono stati attribuiti direttamente i pesi già ricordati nella tabella 13. La procedura è stata effettuata con il reclassify di Spatial Analyst avendo cura di moltiplicare i pesi prima indicati x 100 (il riclassify accetta solo valori interi) L’operazione richiede che il grid raster venga prima convertito in formato float. Il comando quindi diventa: Float([tessitura_n]) / 100 Si ottiene il layer: [tessitura_n1] 9. Profondità L’operazione richiede che il grid venga prima convertito in formato float. Il comando quindi diventa: Float ([Profondità1_n]) [profondità_n]: 1 - (([Profondità_float] - 200) / (1100 - 200)) 10. Carbonio organico [Carbonio_n]: 1 - (([Carbonio_org] - 0.18) / (6.91 - 0.18)) 11. Erosione [eros_n]: (([actler_100t] - 0) / (100 - 0))

35 NB per normalizzare l’AWC, originariamente in formato raster integer, è stata necessaria la conversione in formato raster float.

58

12. Vegetazione Anche in questo caso, come per la tessitura, sono stati attribuiti direttamente i pesi indicati nella tabella 18. 13. Densità demografica [dd91_n]: (([dd_91] - 1) / (9102 - 1)) 14. Variazione demografica Vanno anzitutto separati i record sulla base del valore soglia (Variazione = 0%): [vd_9101meno0]: con ([vd_9101] < 0, 1, 0) * [vd_9101] [vd_9101piu0]: con ([vd_9101] >= 0, 1, 0) * [vd_9101] Ad entrambi i layer va applicata la seguente formula per convertire i valori 0 in nodata:36 [vd_9101m0]: setnull ([vd_9101meno0] == 0 , [vd_9101meno0]) [vd_9101p0]: setnull ([vd_9101piu0] == 0 , [vd_9101piu0]) A questo punto può essere applicata la formula di normalizzazione lineare, separatamente per i due layer ottenuti in precedenza: [vd_9101meno0n]: - (1 - (([vd_9101m0] - 37.29) div (- 0.10000002 - 37.29))) [vd_9101piu0n]: (([vd_9101p0] - 0.1) div (67 - 0.1)) Infine i due layer vengono uniti: [vd9101n]: mosaic ([vd_9101meno0n] , [vd_9101piu0n]) 15. Intensità uso suolo Anche in questo caso, trattandosi di variabile nominale, sono stati attribuiti direttamente i pesi indicati nella tabella 16. Creazione griglia Per poter estrarre i valori da utilizzare nella PCA a partire dai grid viene creata una griglia quadrata con passo 30 km; la griglia è in coordinate metriche (proiezione ED 50 UTM 32N, come Celle Pedo) e per questo motivo non coincide con la Griglia Italia (che viceversa è definita in Lat Long). La griglia è stata creata con l’utility ET-Geowizard (N.B. senza cambiare il grid extent). Questa viene successivamente filtrata per escludere i nodi che cadono nel mare. Nel caso della serie storica 1951-80 la griglia è limitata ai 10 km di buffer dalla linea di costa. Questo in ragione dello strato vegetazione/land use proveniente dal Lacoast che presenta appunto questa limitata copertura territoriale. Estrazione dati per PCA Per poter procedere con l’estrazione dei dati e a partire dai grid normalizzati ottenuti come descritto in precedenza, si effettuano i seguenti passaggi:

36 NB: Questa operazione introduce però un problema: infatti i (poco frequenti) valori che hanno VD = 0 vengono anch’essi convertiti come NoData. Questo si rifletterà sull’indice normalizzato e su quello sintesi. La soluzione è quella di assegnare un valore molto basso ma non nullo di VD (es. 0,1) a questi casi. Un esempio di sintassi in Raster Calculator è : con([vd_9101] == 0 , 0.1 , [vd_9101]).

59

1. I Grid sono in formato float a seguito dell’operazione di reclassify. Vanno tutti convertiti in formato integer col Raster Calculator.

2. Le variabili che hanno valori decimali vanno precedentemente moltiplicate per un fattore 1000 (es. cv

piogge), 100 (es. indice aridità, indice concentrazione piogge, carbonio organico, variazione demografica) o 10 (densità demografica).

3. Si procede quindi in Spatial Analyst alla vettorializzazione dei grid ossia alla conversione raster to

feature (senza l’opzione “generalize line”) dei relativi strati tematici. ,

4. Viene effettuato uno “spatial join” tra la griglia creata e ognuno dei prodotti della vettorializzazione

(prima opzione : “it falls inside…”37). 5. Vengono conservati solo l’ID della griglia 30x30 km e il dato estratto mentre sono eliminati gli altri

campi. Il risultato viene esportato in formato dbf e “passato” alla PCA. NB: Se necessario i valori in tabella vengono divisi per il fattore di moltiplicazione usato prima della conversione ad integer. Calcolo dell’indice somma Le variabili, normalizzate secondo le modalità descritte, vengono a questo punto moltiplicate per il peso derivato dalla PCA e quindi sommate per ottenere un indice sintetico. L’operazione si effettua con una operazione di somma con Raster Calculator per le due serie storiche. La relativa sintassi viene riportata di seguito: Indice somma 1961-90: ([p_cv6190_n] * 0.38) + ([gg_p_6190n] * 0.67) + ([i_a6190n] * 1) + ([awc_n] * 0.8) + ([tessitura_n] * 0.46) + ([carbonio_n] * 0.19) + ([eros_n] * 0.42) + ([clc1990_n] * 0.39) + ([dd91_n] * 0.46) + ([vd8191n] * 0.43) + ([inagr90n] * 0.53) NB nelle options è opportuno indicare “minimum of inputs” nella determinazione della dimensione finale della cella (in questo modo si cattura la risoluzione minima tra le matrici normalizzate che intervengono nella costruzione dell’indice, ossia i 100 metri dei derivati dal Corine).

37 Per i dati demografici si utilizza la seconda opzione “…closest to”. Questo è dovuto al fatto che, utilizzando la prima opzione, alcuni nodi si collocherebbero esattamente nel punto di congiunzione tra due celle. Per questi nodi il dato associato risulterebbe 0.

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CAPITOLO II

MONITORAGGIO DELLA SICCITA’

IN AGRICOLTURA TRAMITE IL

TELERILEVAMENTO

Applicazioni ad un caso di studio

Introduzione

Secondo la più comune interpretazione (Wilhite, 1992), un evento siccitoso è la conseguenza di una persistente anomalia negativa delle precipitazioni atmosferiche, spesso concomitante con altri fenomeni meteorologici (elevata temperatura dell’aria, elevata velocità del vento) o pedologici (erosione dei suoli), rispetto all’andamento medio al quale la componente biotica dell’ecosistema si è adattata in una data regione.

Lo studio dei fenomeni siccitosi include la formulazione di previsioni, basate su modelli statistici, e l’interpretazione degli effetti ad esse associati su un dato ecosistema. Il fenomeno è, però, di difficile interpretazione, a causa di vari fattori: a) la molteplicità di strati nel sistema suolo-atmosfera interessati dai fenomeni di carenza idrica; b) la complessità delle cause che conducono ad un particolare regime di siccità; c) la continuità spaziale e temporale del fenomeno; d) i differenti effetti che la carenza idrica può avere nei processi naturali e socio-economici (Wilhite, op. cit.).

Nell’affrontare lo studio dei fenomeni siccitosi, è necessario definire l’ambito territoriale di riferimento. L’elevato numero di variabili biotiche e abiotiche coinvolte e l’impossibilità di ottenere misure precise per ognuna di esse, impone di ridurre i possibili errori dovuti a mancanza o imprecisione dei dati. L’area di studio deve perciò essere il più possibile omogenea dal punto di vista dell’uso del suolo. Una fase successiva deve prevedere la raccolta di tutti i dati disponibili per i fattori meteoclimatici e biologici potenzialmente coinvolti, quali precipitazione, evapotraspirazione, disponibilità idrica, vegetazione.

In questo contesto assume rilevanza la disponibilità di dati telerilevati, il cui utilizzo è notevolmente aumentato nel corso degli ultimi anni, grazie soprattutto al progresso nel campo della tecnologia dei sensori satellitari. A partire dalla prima metà degli anni ’90, alcune agenzie governative degli USA fra cui la NASA (National Aeronautics and Space Administration) e l’USGS (United States Geological Survey) hanno reso disponibile una serie storica di misure di riflettanza della superficie terrestre (Eidenshink e Faundeen, 1994; Loveland e Belward, 1997), intesa come strumento per lo studio a lungo termine di variazioni vegetazionali in relazione a cambiamenti climatici globali e interazioni antropiche (Eidenshink, 1992). Conseguentemente, sono stati proposti ed adottati in studi ecologici una varietà di indici sintetici di riflettanza, correlati all’attività fotosintetica della vegetazione e interpretabili come risposta ecologica della componente autotrofa terrestre alle variazioni dell’ecosistema. Il più diffuso e conosciuto è l’NDVI (Normalised Difference Vegetation Index, Ruimy et al., 1994; Carlson e Ripley, 1997). Esso consiste nel rapporto normalizzato fra le bande di riflettanza dell’infrarosso vicino e del rosso, ed è stata dimostrata la sua diretta relazione con le seguenti proprietà della componente vegetale: a) APAR (Absorbed Photosinthetically Active Radiation), quantità assorbita della frazione della radiazione fotosinteticamente attiva, b) LAI (Leaf Area Index), indice di area fogliare, c) frazione della superficie terrestre a copertura vegetale, d) produzione di biomassa, e) NPP (Net Primary Productivity), produttività primaria netta, f) WSIV (Water Stress Index of Vegetation), indice di stress idrico della vegetazione (Cihlar et al., 1991; Ricotta et al., 1999; Vertovec et al., 2001).

Il dato telerilevato non può tuttavia essere utilizzato indiscriminatamente, ma devono essere considerati i limiti del suo contenuto informativo, che dipende notevolmente dalla risoluzione temporale e spaziale degli strumenti utilizzati. Secondo Holben (1986), gli studi basati su dati telerilevati a cadenza giornaliera possono essere inficiati da una serie di

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problemi riguardanti la qualità del dato, qui intesa come bontà delle misure di riflettanza, in termini di attenuazione atmosferica, di contaminazione del segnale da parte della copertura nuvolosa e di direzione della radiazione riflessa rispetto alla superficie. Taddei (1997) ha dimostrato come sia possibile minimizzare questi effetti sostituendo le stime puntuali giornaliere con stime intervallari, considerando il valore massimo che l’NDVI assume in un dato periodo, costituito da un certo numero di dati giornalieri, come una stima affidabile del dato riferito all’intero periodo. Il metodo è noto come MVC (Maximum Value Composite). La sua efficacia dipende evidentemente dall’intervallo temporale di riferimento, dato che la probabilità di ottenere un dato di buona qualità e la naturale variabilità del dato sono, rispettivamente, direttamente e inversamente proporzionali alla durata del periodo di riferimento. Il miglior compromesso fra le due opposte tendenze si ottiene solitamente applicando il metodo su base decadale.

L’ambito spaziale di applicazione dei dati telerilevati dipende notevolmente dalla risoluzione del sensore satellitare, poiché esso fornisce una misura di riflettanza relativa all’unità minima digitale di superficie (il pixel) che può corrispondere ad un’area territoriale molto variabile, da alcuni metri quadrati fino a decine di ettari, a seconda della tecnologia utilizzata, il cui costo è un aspetto non trascurabile nella fase applicativa degli studi di remote-sensing.

Una volta fissata l’estensione e la regione di applicazione, la sequenza temporale dei valori di NDVI ad essa riferiti rende possibile un’analisi quantitativa delle dinamiche vegetazionali telerilevate. Diverse tecniche sono state implementate per la realizzazione di modelli del ciclo fenologico della vegetazione, a partire da semplici grandezze come medie e deviazioni standard dei profili di NDVI (Ramsey et al., 1995), fino alla valutazione di massimi e minimi relativi e della durata dei periodi di crescita (Odenweller e Johnson, 1984; Lloyd, 1990; Loveland et al., 1991; Reed et al., 1994; Running et al., 1994). Alcuni autori hanno sottoposto sequenze temporali di NDVI più o meno lunghe a tecniche classiche di analisi delle serie storiche, come il lisciamento (smoothing) logaritmico o esponenziale (Badhwar e Henderson, 1985; Baret e Guyot, 1986), l’analisi delle componenti principali (Townshend et al., 1985; Tucker et al., 1985; Eastman e Fulk, 1993; Benedetti et al., 1994; Anyamba e Eastman, 1996; Hirosawa et al., 1996), o la trasformazione di Fourier (Menenti et al., 1993; Andres et al., 1994; Sellers et al., 1994; Taddei, 1997).

In passato sono stati proposti diversi indici il cui significato è in relazione con il verificarsi di eventi siccitosi: Keetch e Byram (1968) progettarono un indice specifico per la valutazione del potenziale di incendio, che misura l’effetto netto di precipitazioni ed evapotraspirazione nel determinare un deficit igrometrico a livello pedologico. L’indice di Palmer (Palmer Drought Severity Index, 1965) utilizza temperatura, precipitazioni e il contenuto idrico del suolo a livello locale (AWC, Available Water Content) per determinare l’aridità, ed è stato adottato come strumento ufficiale in programmi di rilevamento della siccità da diverse agenzie governative americane (Hayes, 2003).

Più recentemente McKee et al. (1993) hanno sviluppato un indice standardizzato delle precipitazioni (SPI, Standardized Precipitation Index), che richiede il solo dato pluviometrico, basato sull’assunto che il deficit pluviometrico, su scala temporale variabile, influenza tutti i livelli coinvolti nel determinare l’approvvigionamento idrico naturale di un ecosistema (dimensioni dei ghiacciai, flusso dei corsi d’acqua, entità di laghi e bacini artificiali, contenuto idrico del suolo, portata delle acque freatiche).

Ancor più recenti sono i lavori di remote sensing in cui l’utilizzo dell’NDVI è finalizzato allo studio di ambienti aridi o semi-aridi. Alcuni di questi sono rivolti all’identificazione di indicatori dei processi di degradazione dei suoli (Gamo, 1999; Karnieli, 2000). Feoli et al. (2003), hanno proposto un altro indice, il DRI (Desertification Risk Index), che integra informazioni climatiche e telerilevate, basato sull’ipotesi che il rischio di desertificazione sia elevato quando la temperatura media annua è elevata durante tutto l’anno, le precipitazioni annue siano concentrate solo in determinati periodi dell’anno e che l’NDVI mostri decrementi

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evidenti alla fine della stagione secca. Ognuno degli indici descritti è specificamente concepito per situazioni circoscritte, o scopi

limitati, e nessuno di essi è efficace in ogni circostanza. La tendenza più recente mira alla valutazione del rischio siccitoso basata su diversi indici e sul maggior numero possibile di variabili (Wu e Wilhite, 2004). Wilhite (2000) ha osservato come sia importante utilizzare indici di siccità appropriati all’ambito di utilizzo e realistici rispetto ai processi decisionali di applicazione. Consultare più di un indice è perciò necessario per una gestione critica delle risorse idriche.

Secondo Tadesse et al. (2004), è inoltre necessario poter disporre di un data-set storico sufficientemente ampio per poter valutare il ruolo dei diversi fattori coinvolti nel determinare situazioni siccitose, e per poter identificare quegli andamenti temporali da utilizzare per l’effettuazione di previsioni affidabili. A questo proposito, è fondamentale la disponibilità di uno strumento efficace per estrarre il contenuto informativo da database di grandi dimensioni, e di utilizzare le informazioni rilevanti per la gestione del rischio di siccità.

Le reti neurali (ANN, Artificial Neural Networks) si basano su una metodologia multivariata non lineare e costituiscono uno strumento utilissimo per la classificazione di variabili e la costruzione di modelli predittivi. La loro applicazione si è rapidamente diffusa in diversi campi di ricerca, come l’economia, l’epidemiologia, la biologia molecolare e l’ecologia, soprattutto in studi modellistici dove l’analisi di serie temporali e l’effettuazione di previsioni sono uno degli scopi principali (Moshiri, 1999; Kwak e Lee, 1997; Henderson, 2000).

Secondo Galván e Isasi (2001), data una condizione iniziale di un sistema, è possibile predirne il comportamento futuro solo se la conoscenza delle leggi che lo governano è esprimibile attraverso un’equazione risolvibile. Le leggi alla base dei modelli fenomenologici, categoria in cui rientrano le dinamiche bioclimatiche, sono spesso ignote, o la loro determinazione è estremamente dispendiosa dal punto di vista del tempo di elaborazione dati. Le reti neurali si sono dimostrate un metodo accurato per la realizzazione di modelli previsionali, soprattutto se confrontate con i metodi lineari tradizionali (Laepes e Farben, 1987), in virtù di alcune caratteristiche intrinseche: a) i modelli ANN non prevedono alcun assunto aprioristico sulla natura della distribuzione dei dati, ma sviluppano una rappresentazione interna al modello priva di relazioni formalmente definite tra le variabili (White, 1992); b) sulla base di osservazioni ex-post, le reti neurali sono risultate il miglior metodo per la stima di relazioni non lineari fra variabili (Wasserman, 1989; Hoptroff, 1993); c) il metodo supporta la presenza di dati incompleti o mancanti (Kou e Reitsch, 1995).

La vegetazione attuale nella regione Mediterranea consiste di un mosaico costituito da unità naturali ed artificiali molto ristrette, che sono il risultato di processi antropici quali coltivazione, deforestazione, pascolo, urbanizzazione ed industrializzazione (Pignatti, 1995; Clark, 1996). Il clima, caratterizzato da inverni umidi e freschi, ed estati calde e secche, ha prodotto un’insieme di tipologie vegetazionali peculiari, adattate allo stress idrico estivo (Palutikov et al., 1996; Osborne e Woodward, 2001). Questo genera, nei paesi mediterranei, il verificarsi di situazioni microclimatiche esposte ad un pericoloso loop rispetto al rischio di desertificazione: meno vegetazione = meno precipitazioni atmosferiche, meno precipitazioni = meno vegetazione. Un’attività di monitoraggio efficiente e permanente è perciò necessaria per misurare l’espansione dei processi di degrado dei suoli e per identificare le aree a rischio. Una risposta a questa esigenza può essere ricercata nell’uso estensivo del telerilevamento per affiancare le tecniche di monitoraggio ecofisiologico tradizionali, e nella loro integrazione nei Sistemi Informativi Territoriali (SIT), intesi come strumento basilare per la programmazione delle politiche di gestione del territorio e dell’ambiente (Jurio e van Zuidan, 1998; Harrison et al., 1996; Hill et al., 1998; Schmidt e Karnieli, 2000).

Nell’ambito del progetto CLIMAGRI abbiamo progettato e costruito una banca dati informatizzata, in cui sono stati riversati i dati di interesse agroclimatico. Il database integra dati telerilevati, con risoluzione spaziale di 1.1 km di lato, e climatici, con cadenza temporale giornaliera. Tale strumento costituisce il dataset di partenza per lo studio dei fenomeni

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siccitosi, ad una risoluzione che, nonostante la frammentazione del paesaggio a livello nazionale, presenta un elevato rapporto costi-benefici. La banca dati contiene le serie storiche di 12 anni di misure giornaliere relative a 7 grandezze (precipitazione, temperatura minima e massima, evapotraspirazione potenziale e reale, disponibilità idrica nel suolo, NDVI) e a 600 unità territoriali di superficie definita e copertura del suolo nota.

L’applicazione delle principali tecniche statistiche di analisi delle serie temporali ad un campione di dati pluviometrici ha dato esiti di scarsa rilevanza rispetto alle finalità del progetto di ricerca, e pertanto questi vengono omessi. Vista la difficoltà incontrata con l’approccio statistico classico, si è proceduto all’acquisizione della teoria sulle reti neurali, giudicate lo strumento ideale, come sopra riportato, per lo sviluppo di modelli predittivi dei sistemi ecologici multivariati.

La parte applicativa sperimentale è dedicata alla realizzazione di un modello previsionale basato su rete neurale. Il modello, applicato al dataset prodotto, individua eventi o periodi anomali sotto il profilo agroclimatico, che inducono decrementi significativi nella risposta ecologica della vegetazione alla disponibilità di risorse idriche rispetto a quanto atteso. Tali periodi vengono classificati come potenzialmente siccitosi, ed il grado di rischio ad essi associato viene espresso da un indice numerico. L’indice originale proposto, applicato a tutti i periodi analizzati, permette inoltre di stimarne il grado di appartenenza a tre macro-classi di disponibilità idrica, identificate sulla base dell’intero periodo storico.

Conseguentemente, lo scopo di questo lavoro consiste nell’identificazione, sulla base del pregresso bioclimatico, di un numero di aree di osservazione in zone a rischio di siccità dell’Italia meridionale, queste ultime già identificate secondo la Carta delle Aree Sensibili elaborata dal Dipartimento per i Servizi Tecnici Nazionali (DSTN) della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1999. Le aree di osservazione, definite PRS (Permanent Reflector Sites), potranno essere permanentemente monitorate, ed il rischio siccitoso valutato attraverso la metodologia originale qui proposta.

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Remote sensing e siccità

Gli strumenti principali acquisiti in questo studio sono legati ai dati rilevati mediante sensore AVHRR posto a bordo dei satelliti della serie NOAA con risoluzione geometrica di pixel di lato 1.1 km e sono caratterizzati da due passaggi giornalieri. Per rafforzare le potenzialità del mezzo d’indagine è stata utilizzata una serie di indici, di carattere agrometeorologico, a supporto delle decisioni che possono derivare dall’analisi dei dati satellitari.

L’uso del dato telerilevato a supporto della rilevazione periodica delle condizioni di siccità, si basa sui seguenti presupposti: • la siccità è il risultato di un notevole numero di variabili meteorologiche ed ambientali fra

cui precipitazione e tasso di evapotraspirazione rivestono un ruolo prioritario; tuttavia, essa appare un fenomeno troppo complesso per essere compiutamente descritto dal solo deficit idrico.

• Il criterio di definizione della siccità non può essere univoco, ma relativizzato rispetto alle condizioni medie di un’area. Tale presupposto tende infatti ad enfatizzare il concetto di ‘aridità’ strutturale, derivante cioè da un regime pluviometrico ridotto durante l’anno.

• I criteri di definizione del danno da siccità devono essere depurati, per quanto possibile, da fattori indipendenti dalla carenza idrica. La disponibilità di dati satellitari con risoluzione spaziale di circa 1 km fornisce pertanto

uno strumento prezioso all’agrometeorologia perché si integra con le informazioni ottenute dai sensori agrometeorologici classici che hanno una risoluzione spaziale di gran lunga superiore.

I satelliti NOAA-AVHRR: calibrazioni e correzioni I satelliti NOAA rappresentano una generazione avanzata del sistema di satelliti TIROS

(Television and Infrared Observation Satellite) messi a punto dalla NASA. Su questi satelliti si utilizza un radiometro AVHRR (Advanced Very High Resolution

Radiometer) che appare particolarmente rilevante per lo studio, fra gli altri, dell’attività fotosintetica della vegetazione. La risoluzione spaziale (dimensione del pixel) a terra è di 1 km2 al nadir, ma l’elevata sinotticità (l’area coperta ad ogni passaggio è di circa 4.000 km) rende disponibili due immagini al giorno della stessa area.

Lo strumento NOAA-AVHRR possiede quattro sensori, due dei quali sensibili a lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico variabili rispettivamente fra 0.55 - 0.70 µm e fra 0.73-1.0 µm.

Vegetazione e telerilevamento Fra gli indici che descrivono l’andamento della crescita e dello stato della vegetazione,

l’indice di area fogliare (LAI, Leaf Area Index) è uno dei parametri che meglio caratterizza la struttura di una copertura vegetale.

Il LAI viene definito come il rapporto fra la superficie fogliare totale, considerando un solo lembo, e la superficie del suolo su cui le foglie si proiettano (m2 x m-2). Il LAI è un indice non normalizzato: mentre è ben definito che il valore 0 corrisponde al suolo nudo (bare g ound), i valori del LAI per i vari tipi della vegetazione possono variare dallo 0 ad un arbitrario

r

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numero positivo (perché gli strati fogliari possono sovrapporsi e la loro area totale può superare l’area del suolo sottostante la pianta). Per una panoramica sull’utilizzo del LAI nell’analisi della vegetazione si veda Scurlock et al. (2001).

La conoscenza di tale parametro costituisce la base per la quantificazione di processi ecosistemici quali il ciclo del carbonio e quello dell’acqua. LAI è quindi una variabile critica dei modelli che, per gli agroecosistemi e gli ecosistemi forestali, simulano i flussi di carbonio, dei nutrienti e dell’acqua.

Alcuni autori hanno correlato i dati di biomassa fogliare rilevati sul campo con dati di indici calcolati mediante immagini telerilevate, riscontrando un’ottima rispondenza spazio-temporale (White et al. 1997).

Per facilitare lo studio delle caratteristiche della vegetazione usando dati telerilevati, è necessario minimizzare tutti gli effetti dovuti a fattori quali l’influenza degli angoli di osservazione e di illuminazione satellitare, gli effetti atmosferici e l’influenza del suolo, che possono alterare la risposta spettrale della vegetazione (Baret & Guyot 1991). Si ricorre quindi all’uso di Indici di Vegetazione (VI), ovvero all’impiego di combinazioni algebriche fra singole bande spettrali. Da un punto di vista teorico, pertanto, un buon indice di vegetazione dovrebbe dipendere solamente dalle caratteristiche spettrali della copertura vegetale. Gli indici più comuni utilizzano, come bande spettrali, quella del rosso legata all’assorbimento da parte della clorofilla e quella dell’infrarosso vicino, essendo queste le bande che forniscono gran parte dell’informazione riguardo alla vegetazione. In generale, essi vengono impiegati per estrarre dalle immagini diverse informazioni fra le quali si ricordano le seguenti (Spanner et al. 1990, Running et al. 1995): a) determinazione del tipo di copertura del suolo; b) stima della produttività; c) studio e stima della biomassa vegetale; d) stima dell’Indice di Area Fogliare (LAI); e) stima della percentuale di copertura delle chiome; f) stima della frazione assorbita di radiazione fotosinteticamente attiva (FAPAR); g) stima dello stato fitosanitario della vegetazione.

Un esempio di Indice di Vegetazione è offerto dall’NDVI (Normalized Difference Vegetation Index). L’NDVI può assumere valori compresi fra –1 e +1 ed è particolarmente diffuso per la sua efficacia e semplicità concettuale. In pratica, l’NDVI di una certa superficie aumenta con la copertura vegetale verde e la relativa attività fotosintetica, anche se esistono differenze fra i diversi tipi di piante.

Fra gli indici di vegetazione telerilevati, l’NDVI è certamente il più utilizzato. Attraverso i sensori satellitari, è possibile misurare l’intensità della luce riflessa (riflettanza) dalla superficie del pianeta nelle bande del visibile (rosso, lunghezza d’onda 0.58-0.68 µm) e dell’infrarosso-vicino (lunghezza d’onda 0.725-1.1 µm) e quantificare la capacità fotosintetica della vegetazione in un dato pixel (1 km2) della superficie terrestre. L’indice è calcolato come segue:

1212

ChChChChNDVI

+−

= 1

In generale, se la riflettanza nell’infrarosso è molto maggiore che nel visibile, allora è probabile che nel pixel di osservazione sia presente vegetazione forestale densa. Se la differenza fra le due bande è piccola, allora la vegetazione è probabilmente sparsa, come in praterie, tundra o deserti. Valori molto piccoli dell’indice (inferiori o uguali a 0.1) corrispondono a roccia madre, sabbia o neve. Valori moderati (0.2-0.3) rappresentano arbusteti e praterie, mentre valori più elevati indicano foreste temperate (0.5-0.6) o tropicali (0.6-0.8).

L’utilizzo dell’NDVI per il monitoraggio del verde si fonda sul fatto che la vegetazione presenta una risposta spettrale specifica alle diverse lunghezze d’onda che è facilmente distinguibile da quella delle altre tipologie di copertura del suolo. Il tipico spettro di riflettanza

1 dove Ch2 è la riflettanza nell’infrarosso vicino, misurata dal sensore 2 del radiometro AVHRR, e Ch1 è la riflettanza nel

rosso visibile, misurata dal sensore 1 del radiometro.

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della vegetazione verde è determinato principalmente dalle seguenti grandezze (Figura 1): • Nelle bande del visibile (0.4-0.7 µm), sono i pigmenti a determinare la risposta spettrale

delle foglie; questi infatti assorbono la luce restituendo bassi valori di riflettanza. Lo spettro viene modificato sia dal tipo di pigmento presente nelle foglie (clorofille, xantofille, carotenoidi), sia dalla quantità.

• Nella zona dell’infrarosso vicino (0.7-1.1 µm) il parametro che maggiormente influisce sulla risposta spettrale è la struttura fogliare. L’andamento caratteristico è quello di un plateau la cui altezza è determinata dalla presenza di spazi all’interno del mesofillo, dal suo spessore, dalla dimensione delle cellule che lo costituiscono. Uno studio dello spettro in tali bande può quindi fornire informazioni sulla specie, sullo stadio evolutivo e sulla presenza di eventuali patogeni.

• Oltre tale lunghezza d’onda, la luce viene fortemente assorbita dall’acqua contenuta nei tessuti e, più precisamente, la riflettanza aumenta quando il contenuto idrico diminuisce (l’acqua ha infatti dei picchi di assorbimento a 1.45, 1.95 e 2.55 µm); tale intervallo potrebbe quindi essere interessante per studiare lo stress idrico cui la vegetazione può eventualmente essere sottoposta. La forma caratteristica dello spettro varia, a parità di specie, nello spazio e nel tempo in

relazione a diversi fattori quali struttura, densità, stadio evolutivo, contenuto idrico e stato fitosanitario.

L’NDVI appare quindi idoneo a rappresentare le condizioni della vegetazione. Tuttavia esso costituisce una variabile molto incostante, in quanto fortemente influenzato da un certo numero di rumori e disturbi di natura diversa. Ad esempio, i dati raccolti in giorni che presentano varie condizioni atmosferiche, posizione relativa del sole e differenti angolature di osservazione del sensore, sono interessati da vari disturbi radiometrici.

Figura 1. Caratteristica firma spettrale della vegetazione.

Studio del profilo annuale di NDVI L’uso di satelliti ad alta frequenza di campionamento dà la possibilità di seguire lo sviluppo

della vegetazione durante tutta la stagione di crescita. Ovviamente quella che può essere monitorata è la condizione vegetativa globale delle superfici, per cui si parla più correttamente di fenologia del paesaggio. In particolare, dall’osservazione dell’andamento nel tempo di indici di vegetazione quali NDVI (Figura 2), è possibile identificare le seguenti quattro fasi fenologiche della vegetazione: a) l’inizio della stagione vegetativa determinata da un rapido incremento del valore di NDVI durante la stagione primaverile (punto 1), b) l’inizio del periodo durante il quale la specie investigata è al massimo delle proprie potenzialità (punto 2), c) la fine di tale periodo (punto 3), e d) la fine della stagione vegetativa quando,

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dopo una brusca riduzione dell’indice di vegetazione, la specie entra nel periodo di riposo (punto 4).

Ovviamente non mancano le difficoltà legate ad una applicazione di tale metodologia. Queste possono essere determinate da limiti strumentali: ad esempio, l’alta risoluzione temporale richiesta per monitorare i cambiamenti della vegetazione va a scapito di quella spaziale, anch’essa molto importante per studi su scala locale e regionale. Tecniche di integrazione di dati a diversa risoluzione spaziale possono in parte ovviare al problema (Maselli et al., 1998).

Le immagini giornaliere inoltre sono spesso affette da errori dovuti alla copertura nuvolosa della zona interessata, determinando una degradazione dell’informazione ed in certi casi anche l’assenza di questa. A tale inconveniente si ovvia spesso applicando tecniche di Maximum Value Composite (MVC) per periodi di circa dieci giorni, compromesso fra la possibilità di ottenere immagini con ridotta influenza da parte delle nuvole e la necessità di mantenere comunque alta la risoluzione temporale (Bolle et al., 1999; White et al., 1997).

Figura 2. Andamento stagionale teorico derivato da valori di NDVI. Le frecce indicano le 4 fasi fenologiche

riportate nel testo.

Il profilo che descrive l’andamento dell’indice di vegetazione può assumere andamenti differenti (come schematizzato in Figura 2), ma è rappresentabile dalla relazione:

NDVI = f(t)2 Il confronto fra anni differenti e tutte le valutazioni di natura computazionale che possono

essere condotte sui profili di NDVI annuali non possono non dipendere dalla metodologia che si adotta per la valutazione del profilo annuale di NDVI. Molti metodi sono stati messi in evidenza ed una accurata revisione è stata recentemente proposta da Ricotta et al. (1999).

2 dove f(t) rappresenta una funzione di distribuzione, continua e derivabile, e dipendente dal tempo, che descrive il profilo temporale dell’NDVI durante l’anno.

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Dati

I Permanent Reflector Sites Il concetto di monitoraggio permanente della vegetazione in funzione delle stagioni, dei

cambiamenti climatici e della disponibilità delle risorse idriche è stato ampiamente descritto (James et al. 1994, Myneni et al. 1997, Steyaert et al. 1997). In quest’ottica, è stato sviluppato il concetto di aree permanenti di osservazione, o siti permanenti di riflettanza (Permanent Re lector Sites, PRS). Questi vengono considerati come riferimento costante nella valutazione della siccità. Tali ambiti territoriali, con caratteristiche bio-fisiche definite, devono rispecchiare reali cambiamenti delle caratteristiche spettrali della vegetazione in risposta a variazioni climatiche consistenti, ad esempio stress idrici. In termini di copertura del suolo, essi devono rappresentare regioni omogenee o con un grado di eterogeneità costante, su cui l’intervento antropico è assai ridotto. Dal punto di vista strettamente agronomico, i pascoli di quota e le coltivazioni non irrigate a vite ed olivo rappresentano classi di copertura del suolo utili per la designazione dei PRS. La frammentazione del paesaggio agricolo italiano rende tuttavia poco ragionevole usare classi di copertura del suolo rappresentate da parcelle territoriali omogenee di area inferiore alla risoluzione minima della misurazione derivante da sensore satellitare.

f

È più ragionevole individuare, come PRS, superfici forestali a basso impatto antropico con estensioni consistenti e scarsa eterogeneità. A tal proposito emerge la necessità di introdurre variabili ambientali al fine di selezionare foreste con caratteristiche di alto fusto, ceduate, in base all’altitudine e al climax. Particolare interesse rivestono le foreste monospecifiche ed i rimboschimenti di vecchio impianto.

Le principali variabili ambientali che dovrebbero essere considerate nella scelta dei PRS sono: a) ampiezza della parcella b) altitudine, c) pendenza, d) caratteristiche di copertura, e) omogeneità di copertura, f) presenza di una stazione meteorologica prossima al PRS.

In base a queste e ad altre caratteristiche è opportuno effettuare una selezione a soglia, ovvero individuare dei valori minimi di ingresso nella selezione, per ciascuna variabile. D’altra parte si ritiene indispensabile l’integrazione di questo metodo con una selezione manuale, che possa tener conto di indicazioni scientifiche e tecniche di altra natura, soprattutto in relazione alla eventuale validazione su campo, con altri metodi, dei dati ottenute da telerilevamento.

In particolare, l’affiancamento di due tipi di selezioni e quindi, in definitiva, di due classi di PRS con le stesse caratteristiche generali (es.: boschi), può fornire una base statistica per la valutazione della bontà della procedura di selezione.

La base di partenza per la selezione delle aree geografiche in cui localizzare le aree permanenti di osservazione è costituita dalla Carta delle Aree Sensibili alla Desertificazione, prodotta dal Comitato Nazionale per la Lotta alla Desertificazione (CNLD), istituito in attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Desertificazione (UNCCD), con il DPCM 26/9/1997 (G.U. n.43 21/2/98).

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Figura 3. Localizzazione delle aree potenzialmente soggette a monitoraggio permanente

Considerando sia le condizioni ambientali tipiche, che le caratteristiche climatiche e pedologiche della regione, una prima area potenzialmente PRS è stata scelta nella provincia di Foggia (Figura 3a). Essa include la superficie del Parco Nazionale del Gargano, un’area sottoposta a vincolo integrale di protezione ambientale, quasi del tutto gestita a boschi d’alto fusto e cedui, e una ristretta fascia limitrofa strettamente agricola ed a bassa urbanizzazione. Per un confronto su situazioni vegetazionali simili, è stata effettuata la stessa selezione nella regione Lazio (Figura 3b), pur esclusa dalle zone sensibili secondo la carta del CNLD, dove esistono formazioni boschive costiere di pregio e sufficientemente estese ed omogenee da giustificare l’applicazione di uno studio mediante dati telerilevati. Sono state individuate alcune aree boschive di pregio e con bassa frammentazione, tra cui le foreste demaniali di Castelporziano e del Circeo, che sono considerati come generici PRS.

In accordo con i prerequisiti precedentemente esposti, si è reso opportuno scegliere anche due zone tipicamente vocate alla pastorizia e alle mono-coltivazioni estensive. La scelta è caduta rispettivamente sulla regione agraria di Macomer (Sardegna, Figura 3c), terra a tipica vocazione pastorale con basso grado di disturbo antropico, e alle regioni agrarie interne della Sicilia, ricadenti nelle province di Enna e Caltanissetta, terre vocate alla coltivazione tradizionale del grano (Figura 3d).

Il dataset analizzato: serie storiche di NDVI La serie di immagini telerilevate NOAA-AVHRR è stata acquisita a partire dagli anni ottanta

per scopi di servizio inerenti la previsione statistica delle rese e la valutazione oggettiva delle condizioni agro-meteo-climatiche a supporto dei modelli spettro-agrometeorologici che si avvalgono dei dati di input delle stazioni meteorologiche delle reti di rilevamento nazionale.

Per le esigenze di questo lavoro, UCEA ha predisposto una selezione del materiale telerilevato sia a livello temporale, considerando le annate disponibili, la qualità e la correttezza delle immagini elaborate, sia a livello spaziale, dapprima valutando la selezione effettuata riguardo alle aree di interesse (PRS) e successivamente estraendo dalla banca dati pre-esistente i dati telerilevati di interesse.

UCEA, tramite il Consorzio ITA, ha acquisito una serie di dodici anni di immagini quotidiane a partire dal satellite NOAA11, procedendo successivamente alla loro elaborazione, derivandone cioè il valore dell’Indice di Verde o indice delle differenze normalizzate (NDVI). Le immagini sono state sottoposte al procedimento della ‘navigazione’. Questo ha lo scopo di calcolare, in base ai dati di telemetria, le linee di costa relative alla porzione di immagine scelta, come appaiono al satellite durante il passaggio. Queste linee vengono poi sovrapposte all’immagine al fine di estrarre dei Ground Control Point necessari

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per la correzione geometrica. La calibrazione permette di trasformare conteggi in valori di radianza tramite una trasformazione lineare del tipo Y = A + Bx3. Per i canali 1 e 2 (le due bande utilizzate per il calcolo dell’indice NDVI) l’intervallo di calibrazione prescelto per la temperatura di brillanza è –10°/ + 54°C (con una sensibilità di 4

1 di grado). Le immagini sono state infine sottoposte ad una procedura di correzione geometrica.

L’algoritmo di ricampionamento utilizzato è quello standard della cubic convolution. La georeferenziazione dell’immagine segue il sistema di coordinate ‘LatLong’ secondo la proiezione cilindrica di Equal Area, per la quale un pixel in ascissa e in ordinata corrisponde ad un grado di latitudine e ad uno di longitudine. Al fine di permettere il confronto tra i dati da satellite ed i parametri agrometeoclimatici, si è proceduto infine al ricampionamento delle immagini stratificate per cella di 8 x 8 km.

Il dataset proposto contiene dunque 12 anni consecutivi di osservazioni telerilevate di NDVI effettuate nelle 4 macroaree geografiche. L’anno di partenza delle osservazioni è il 1989 per tutte le aree campione. I dati puntuali (a livello di singolo pixel) sono stati aggregati per cella Agromet di appartenenza e per tipologia di copertura prevalente. Si noti che il grigliato Agromet, in uso presso il modello AGRIT sviluppato dal Consorzio ITA per conto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (AA.VV., 1992), è un sistema di riferimento a celle regolari di 8 km di lato che copre tutto il territorio nazionale. Pertanto, in base alla superficie delle celle e dei singoli pixel, si attende che ricadano in ogni cella un massimo di 64 differenti pixels. Tale valore risulta tuttavia teorico, in quanto tutti i pixels posti sui confini di ogni cella vengono eliminati dall’elaborazione. Per questo campione di pixels viene fornito, in termini di numero digitale riferito alla misura NDVI, un indice statistico di posizione, riferito direttamente al giorno in cui è avvenuta la rilevazione.

Integrazione del dataset con i dati meteoclimatici Attraverso le informazioni ottenute da Consorzio ITA, è possibile organizzare una banca

dati che integra componenti territoriali, agro-meteorologiche e dati telerilevati. In tale modello le risoluzioni spazio-temporali sono predeterminate in celle di 8 km di lato e in rilevazioni con cadenza giornaliera. La georeferenziazione della griglia è basata sul reticolo UTM 32, con origine 312635 e 4063413.

La banca dati viene sinteticamente descritta di seguito. La progettazione si è avvalsa di due fasi, una prima tipicamente concettuale, seguita da un’implementazione in Software MsAccess, applicativo di largo consumo e in grado di supportare anche applicazioni GIS appositamente predisposte.

La fase concettuale si è avvalsa della produzione di uno schema Entità-Relazione (Figura 4). La tabella ‘anagrafica celle’ è al centro dello schema E-R da cui si diramano le relazioni concernenti le variabili di interesse, fra cui: a) precipitazioni, b) temperatura, c) evapotraspirazione potenziale, d) disponibilità idrica nel terreno.

I valori di NDVI (espressi come numero digitale e mediati su un numero variabile di pixels) dipendono da un valore di uso del suolo (tabella copertura) che li caratterizza compiutamente. I valori di uso del suolo ammissibili sono: 1) Bosco, 2) Seminativi, 3) Prato-pascolo.

Secondo le informazioni di uso del suolo generate, su scala nazionale, dal Consorzio ITA, tali tipologie possono essere meglio dettagliate in base al seguente sistema di classificazione:

1 = Aree forestali, comprese quelle con superficie a coltivazioni erbacee ed arboree minori del 25% ed arborato e/o cespugliato minori del 50% (boschi cedui, d’alto fusto, rimboschimenti).

2 = Aree agricole con prevalenza (> 75% della superficie) di coltivazioni erbacee (seminativi semplici ed irrigui).

3 Dove A = -3.73 e B = 0.0906 per il NOAA11 canale 1; A = -3.39 e B = 0.0827 per il NOAA11 canale2, in cui A e B sono parametri stimati per ogni piattaforma, al più rettificati ogni anno, in base alle analisi di comparazione effettuate dalla NOAA.

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3 = Aree con prevalenza di prati e pascoli, comprese quelle con superficie a coltivazioni erbacee ed arboree minori del 25% e cespugliate e/o arborato minori del 50%.

Organizzazione dei dati: la Banca Dati Siccità Per ognuna delle 4 aree territoriali riportate in Figura 3 UCEA ha fornito le serie storiche

per il periodo 01/01/1989 – 31/12/2000 relative a: a) precipitazione giornaliera, b) temperature massime e minime nelle 24 ore; c) evapotraspirazione potenziale e reale; d) disponibilità idrica nel suolo (AW – Available Water) giornaliera; e) numero digitale associato all’indice NDVI.

Tutti i dati sono stati forniti già spazializzati per cella Agromet, unità funzionale di 8x8 Km, secondo il modello GeoDBSAM del consorzio ITA. I valori riferiti ad ogni cella derivano dai dati grezzi per interpolazione (dati termici e pluviometrici, a partire dai dati rilevati da più di 200 stazioni meteorologiche e dopo cluster analysis per definire le aree di influenza di ciascuna stazione meteo), per accorpamento (dati telerilevati, con risoluzione nativa di 1.1 Km, con un massimo teorico di 64 pixels per ogni cella agromet) o per modellizzazione deterministica (AW ed evapotraspirazione). Il dato di NDVI è inoltre riferito, per ogni cella Agromet, all’utilizzo del suolo prevalente, per il quale sono preimpostate tre macrocategorie: a) seminativi, b) prati e pascoli, c) boschi. I dati sono stati inseriti in una banca dati appositamente realizzata, ed integrati con rilevazioni agro-meteorologiche e territoriali. La BD ‘Siccità’ è organizzata in 11 entità con 75 attributi (Figura 4), e possiede un’interfaccia che consente di filtrare i dati per cella, periodo e parametro e tipo di copertura del suolo. Contiene dati riferiti a 600 celle Agromet localizzate nelle 4 macro aree, ognuna suscettibile di essere selezionata come PRS, e 12 anni di serie storiche relative alle 7 variabili bioclimatiche sopra descritte, per un totale di 2,5 milioni di records.

Figura 4. Schema Entità –Relazioni relativo alla Banca Dati ‘Siccità’. Il database schematizzato contiene 11

tabelle, 75 attributi e 2,5 milioni di records.

Selezione dei PRS Dal database principale è stato estratto un campione di 16 celle, sulla base dei seguenti

criteri: • selezione di almeno una cella per ciascuna delle 4 macroaree e per ognuna delle 3

tipologie di copertura del suolo, per ottenere un campione sufficientemente rappresentativo dell’intera banca dati riguardo alla localizzazione geografica ed al tipo di land cover;

• per ogni macroarea e per ogni tipologia di copertura del suolo, selezione della/e cella/e la cui serie storica di NDVI fosse caratterizzata dal massimo grado di completezza, definita come la percentuale di dati validi sul totale delle osservazioni. Poiché di tutti i dati forniti le serie storiche di NDVI sono le uniche a presentare lacune in una o più decadi, si è

16

deciso di utilizzare la completezza di queste serie come criterio aggiuntivo di selezione; • per ogni macroarea e per ogni tipologia di copertura del suolo, selezione della/e cella/e

con il maggior grado di omogeneità in termini di copertura del suolo, definita come la frazione di superficie della cella ricoperta dalla classe di land cover fissata. Questo criterio di selezione è giustificato dal fatto che nelle serie storiche di NDVI, ogni misurazione giornaliera è riferita non all’intera cella agromet (64 Km2, che, data la risoluzione spaziale del sensore AVHRR è pari a circa 64 pixel), bensì al numero di pixel interni ad essa accomunati dalla tipologia di copertura del suolo. Appare quindi evidente la necessità di selezionare le celle più omogenee sotto l’aspetto del land cover e, ove non fosse possibile individuare celle totalmente occupate da una sola tipologia, selezionare quelle in cui la classe di copertura fosse maggiormente rappresentata;

• dopo aver selezionato una cella, definizione del PRS come la porzione di cella coperta dalla classe di copertura del suolo fissata. È importante evidenziare come la selezione dei dati sia stata effettuata in modo da riferire

le osservazioni bioclimatiche a unità territoriali di superficie e classe di land cover ben definite e codificate; in questo senso i 16 PRS estratti dalla banca dati “siccità” costituiscono un set omogeneo di Unità Geografiche Operazionali (Operational Geographic Unit, OGU), secondo la definizione di Crovello (1981), ripresa da Feoli e Zuccarello (1996). La procedura di selezione dei PRS è illustrata in

Figura 5, riportata a titolo esemplificativo e relativa alla macroarea del Gargano. Il risultato della selezione per le 16 OGU è riportato in Tabella 1 ed in Figura 6. Non è stato possibile isolare PRS a prato/pascolo per la macroarea del Lazio, data l’assenza di celle con adeguata omogeneità e completezza.

17

Figura 5. Selezione delle OGUs nella macroarea del Gargano. Per ogni classe di land-cover (colonne), dall’alto in

basso si riporta: a) la completezza delle serie storiche di NDVI in ogni cella (C, percentuale di dati validi); b) l’omogeneità di land-cover delle celle (H, copertura percenutale della classe di land-cover rispetto alla superficie

to-tale della cella); c) le celle con i maggiori valori di C e H, e d) le 4 OGUs selezionate.

a b

c D

Figura 6. Evidenziazione delle celle selezionate come PRS per le macroaree del Gargano (a), Lazio-Castelporziano (b), Sardegna-Macomer (c) e Enna-Caltanissetta (d), per le tipologie di copertura del suolo a

bosco (verde scuro), a prato/pascolo (verde chiaro), a seminativo (giallo).

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Tabella 1. Celle Agromet selezionate come PRS. L’omogeneità è calcolata come numero pixel/64; la completezza come numero decadi/432

Cod Regione Macroarea Copertura Pix Omogeneità Decadi Completezza

5074 Sicilia prov. EN-CL Bosco 44 68.8% 379 87.7% 5069 Sicilia prov. EN-CL Prato/Pascolo 42 65.6% 381 88.2% 4994 Sicilia prov. EN-CL Seminativo 64 100.0% 380 88.0% 4986 Sicilia prov. EN-CL Seminativo 64 100.0% 384 88.9% 4320 Sardegna Macomer Bosco 64 100.0% 380 88.0% 4271 Sardegna Macomer Bosco 62 96.9% 380 88.0% 3993 Sardegna Macomer Prato/Pascolo 19 29.7% 377 87.3% 4291 Sardegna Macomer Prato/Pascolo 15 23.4% 373 86.3% 4267 Sardegna Macomer Seminativo 58 90.6% 382 88.4% 4172 Sardegna Macomer Seminativo 49 76.6% 378 87.5% 3175 Lazio Castelporziano Bosco 55 85.9% 380 88.0% 3133 Lazio Castelporziano Seminativo 41 64.1% 377 87.3% 3085 Puglia Gargano Bosco 51 79.7% 363 84.0% 3086 Puglia Gargano Bosco 46 71.9% 371 85.9% 3169 Puglia Gargano Seminativo 54 84.4% 375 86.8% 3168 Puglia Gargano Prato/Pascolo 16 25.0% 374 86.6%

Validazione dei dati Per ognuna delle 16 OGU selezionate, sono state estratte dal database le serie temporali

delle variabili bioclimatiche. Alle serie storiche di NDVI è stato applicato il metodo del Maximum Value Composite (Taddei, 1997) su base 10, per ottenere serie temporali costituite da una successione di osservazioni decadali. Il dato telerilevato è fornito come indice statistico relativo alla singola cella, e non come dato puro riferito al pixel satellitare. Per garantire una sufficiente rappresentatività di ogni dato telerilevato rispetto al campione di pixel dai quali esso è derivato, non disponendo dei singoli valori puntuali, ma solo del numero di osservazioni (numero di pixel sui quali è mediata ogni misura giornaliera), si è arbitrariamente deciso di escludere dal dataset i dati satellitari derivanti da un campione di pixel inferiore al 25% del massimo teorico (vedi Tabella 2). L’introduzione di tali soglie, per le celle agromet selezionate come PRS, garantisce la conservazione dei dati derivati da un campione la cui numerosità sia pari ad almeno il 75% del massimo osservato.

Le serie storiche relative alle altre variabili bioclimatiche, originariamente espresse a cadenza giornaliera, sono state aggregate su base decadale, calcolando per ogni OGU: a) le precipitazioni cumulate decadali, b) l’evapotraspirazione potenziale cumulata decadale, c) l’evapotraspirazione reale cumulata decadale, d) le medie decadali delle temperature massime, e) le medie decadali delle temperature minime, f) le medie decadali della disponibilità idrica del suolo (AW). Per informazioni dettagliate sui modelli utilizzati per il calcolo delle precedenti grandezze si rimanda a AA.VV. (1992). Il dataset di partenza per la fase successiva di elaborazione è quindi costituito, per ognuna delle 16 OGU, dalle serie temporali delle 7 variabili bioclimatiche, ognuna comprendente 12 anni x 36 osservazioni per complessivi 432 dati decadali.

Tabella 2. Soglie utilizzate per l’esclusione dall’analisi dei dati di NDVI misurati su un numero di pixel inferiore al

75% del massimo osservato (Max).

Cod Regione Macroarea Copertura Max Soglia 5074 Sicilia prov. EN-CL Bosco 44 11 5069 Sicilia prov. EN-CL Prato/Pascolo 42 10 4994 Sicilia prov. EN-CL Seminativo 64 16 4986 Sicilia prov. EN-CL Seminativo 64 16 4320 Sardegna Macomer Bosco 64 16 4271 Sardegna Macomer Bosco 62 15 3993 Sardegna Macomer Prato/Pascolo 19 5 4291 Sardegna Macomer Prato/Pascolo 15 4 4267 Sardegna Macomer Seminativo 58 14 4172 Sardegna Macomer Seminativo 49 12 3175 Lazio Castelporziano Bosco 55 13

19

3133 Lazio Castelporziano Seminativo 41 10 3085 Puglia Gargano Bosco 51 13 3086 Puglia Gargano Bosco 46 11 3169 Puglia Gargano Seminativo 54 14 3168 Puglia Gargano Prato/Pascolo 16 4

20

Metodi

L’approccio metodologico In questo lavoro viene proposto un metodo originale per la valutazione del rischio di

siccità. Considerando le dinamiche dei fenomeni siccitosi nello spazio e nel tempo, un modello di rischio deve essere riferito ad un ambito spaziale e temporale specifico e ben definito. Il campionamento dei dati è stato effettuato in modo da riferire le osservazioni bioclimatiche ad un set di Unità Geografiche Operazionali (Operational Geographic Units, OGUs, Crovello, 1981; Feoli e Zuccarello, 1996.) di superficie e classe di land cover ben definite e codificate. Sulla base dei risultati dell’analisi delle serie temporali, viene qui introdotto un concetto nuovo, che può essere considerato come l’analogo temporale di un OGU.

Data una finestra temporale di ampiezza definita, che scorre progressivamente lungo una serie storica, osservazione dopo osservazione, è possibile identificare un’unità temporale ad ogni spostamento della finestra.

Se l’ampiezza della finestra viene calcolata sulla base della stagionalità della serie storica, il set di unità temporali, che si ottiene facendo scorrere la finestra lungo l’intera serie storica, osservazione dopo osservazione, è omogeneo rispetto alla periodicità, nel senso che le unità temporali individuate non risentono della variabilità stagionale della serie originale.

Inoltre, data la natura del fenomeno studiato, che è il risultato complesso di eventi pregressi, l’adozione di un’unità operazionale temporale, la cui dimensione derivi dai risultati dell’analisi spettrale, consente di rendere confrontabili fra loro i diversi “pregressi” che, in ogni serie storica, si associano ai singoli dati puntiformi.

Pertanto le unità temporali possono essere definite come Unità Temporali Operazionali, ed identificate con l’acronimo OtU. Si noti a proposito la notazione minuscola della “t”, introdotta per non ingenerare confusione con l’acronimo OTU (Operational Taxonomic Unit), utilizzato in tassonomia molecolare per identificare gli organismi oggetto dell’analisi filogenetica.

Il rischio siccitoso viene qui riferito ad un ambito spaziale costituito da OGU di superficie e copertura del suolo definite, e ad un ambito temporale costituito da OtU di uguale ampiezza (durata), ed in cui è ripartita in egual misura la periodicità di tutte le variabili bioclimatiche. Se così non fosse, il confronto tra OtU diverse verrebbe falsato dalla diversa “stagione” in cui la stima del rischio viene effettuata. Per esprimere il rischio associato ad ogni OtU e ad ogni OGU, viene proposto un indice sintetico calcolato mediante Rete Neurale e definito sulla base: a) della localizzazione geografica e della classe di copertura del suolo delle OGU, b) del pattern temporale bioclimatico delle OtU. L’elaborazione dei dati è finalizzata a: a) stimare il pattern temporale caratteristico di tutte le variabili bioclimatiche considerate in ciascuna delle OGU, in termini di variabilità stagionale e ciclica; c) valutarle in termini di rischio siccitoso, sulla base della storia bioclimatica delle OGU; d) fornire uno strumento costantemente suscettibile di aggiornamento dei dati disponibili in base al pregresso.

Identificazione delle OtU: analisi spettrale Per tutte le 112 serie temporali (7 variabili bioclimatiche x 16 OGU), sono state calcolate

le componenti periodiche (responsabili della variazione ciclica stagionale o pluriennale) mediante analisi spettrale, applicando il metodo FFT (Fast Fourier Transformation) ed

21

utilizzando il modulo Time Series Analysis del software Statistica (Stat Soft Inc). Il metodo considera la stima dei valori di una data serie temporale come un problema di regressione multipla, in cui la variabile dipendente è la serie originale, e le variabili indipendenti sono le funzioni sinusoidali di tutte le possibili frequenze. Per la descrizione dettagliata del metodo si rimanda a testi specifici sull’argomento (e.g. Bloomfield, 1976); qui si ricordi come lo scopo del metodo FFT consista nello scomporre la serie originale in una somma di funzioni armoniche per individuare quelle che mostrano la relazione più forte con la serie originale, e come il modello multiregressivo sia il seguente:

[∑=

⋅+⋅+=n

iiit tbtaaX

10 )(sin)(cos λλ ] (I)

dove λ è la frequenza espressa in radianti per unità di tempo, cioè: λ = 2π × i/n.

Si noti come i parametri del coseno ai e del seno bi siano coefficienti di regressione che indicano il grado in cui le rispettive funzioni sono correlate con i dati.

Per riassumere, l'analisi spettrale identificherà la correlazione delle funzioni seno e coseno di frequenze differenti con i dati osservati. Se, per una data frequenza o periodo, si è identificato un elevato coefficiente del seno o del coseno, si può concludere che vi è nei dati una forte periodicità per la frequenza (o periodo).

L’analisi spettrale fornisce come risultato un grafico del periodogramma; i valori del periodogramma sono calcolati come:

Pi = ai2 × bi2 × n/2 (II) dove Pi è il valore del periodogramma per la frequenza i-esima e n è la lunghezza

complessiva della serie. I valori del periodogramma possono essere interpretati in termini di varianza (somme dei quadrati) dei dati per la rispettiva frequenza o periodo.

L’esito dell’analisi spettrale, riportato più avanti nel capitolo relativo ai risultati, ha mostrato un modello generale di periodicità annuale (P = 36 decadi) comune a tutte le serie temporali analizzate. Sulla base di questo risultato, è stato possibile introdurre una finestra temporale annuale di 36 decadi, che comprende interamente la componente periodica della variazione temporale delle variabili bioclimatiche.

Figura 7. Unità temporali Operazionali (OtU). Le unità funzionali alle quali riferire il rischio siccitoso sono finestre temporali di 36 decadi, qui relative alla 36a ed alla 93a decade. I valori di ogni variabile vengono

attribuiti ad ogni OtU calcolando il relativo integrale definito della curva di fit (v. testo). I valori si riferiscono alla serie storica di NDVI relativa alla cella 3175 del Lazio, con copertura del suolo a bosco.

Lo scorrimento (shifting) della finestra mobile lungo le serie storiche, effettuato progressivamente decade dopo decade, data la lunghezza delle serie temporali pari a 432 decadi, ha prodotto (432 – 36 + 1) = 397 OtU (Figura 7).

Indici integrali standardizzati Per attribuire ad ogni OtU un valore che sintetizzi il pattern di ogni variabile nelle passate

36 decadi in maniera appropriata, si è deciso di utilizzare la procedura seguente:

22

• È stata dapprima calcolata la funzione di fit della serie originale, ottenuta come somma delle armoniche risultate dall’analisi spettrale;

• Per ogni OtU, e quindi per ogni finestra di 36 decadi, è stato calcolato l’integrale definito della curva di fit nel dominio costituito dai 36 dati puntuali, secondo la formula seguente:

∫=

−=

=it

itx

ix tI

35

)(ϕ (II)

dove i è l’ultima decade dell’OtU, x è la serie storica della variabile bioclimatica e φ(t) è la funzione di fit di x, calcolata secondo il modello multiregressivo (I).

La procedura del calcolo integrale nella proposta di indici sintetici è comune in varie discipline: in ecofisiologia vegetale (Mishio & Yokoi, 1991; Vertovec et al., 2001; Salleo & Nardini, 2003) si utilizza l’integrale definito della curva del potenziale idrico fogliare nel calcolo degli indici di stress idrico della vegetazione (WSIS, Water Stress Index for Vegetation) o di singole specie (WSIV, Water Stress Index for Species); qui consente di rendere geometricamente e visivamente (Figura 7) il significato dell’Unità temporale Operazionale.

L’integrale definito viene inteso come una misura globale del valore della variabile nell’OtU, ed è l’unico parametro utilizzato per esprimere il pattern della variabile durante l’anno (non solare, ma effettivo) precedente. Un approccio più approfondito, che è ancora sotto discussione e verrà sviluppato in futuro, potrebbe prevedere l’introduzione di metodi per stimare anche le fluttuazioni della variabile nell’OtU.

Figura 8. Distribuzione di frequenza dell’indice integrale relativo alla serie storica di NDVI per il PRS –cella 3175

a bosco. La distribuzione segue approssimativamente una funzione di densità normale.

Una volta calcolati gli integrali definiti in tutte le OtU per ciascuna variabile bioclimatica, per ciascuna OGU è stata compilata una tabella strutturata come segue: • In riga sono state riportate le OtU, ed in colonna le variabili bioclimatiche. • Tutte le tabelle sono state standardizzate per colonna, per poter esprimere le variabili

sulla medesima scala, secondo la formula ( )

x

x

I

Iixi

xIstdI σ

µ−=

(III) dove Ii

x è l’integrale definito della variabile x riferito all’i-esima OtU, µIx e σIx sono la media e la deviazione standard della distribuzione di frequenza di Ix (si veda in proposito la Figura 8, in cui si riporta la distribuzione di frequenza di INDVI relativo ad un OGU della regione Lazio, con copertura del suolo a bosco).

23

Ogni OtU viene descritta da un vettore riga, che riassume il pattern delle variabili

bioclimatiche considerate (NDVI, temperatura massima e minima, precipitazioni, evapotraspirazione potenziale e reale e disponibilità idrica del suolo) nelle 36 decadi precedenti (Tabella 3); ogni variabile bioclimatica, dopo la standardizzazione, varia tra –3 e +3. E’ quindi possibile classificare le OtU sulla base della loro eventuale anomalia bioclimatica, e valutare il rischio siccitoso associato ad ogni specifica situazione bioclimatica descritta dagli integrali definiti standardizzati.

Tabella 3. Tabella dati calcolata per ogni OGU. In riga (OtU) si riportano i valori degli indici integrali calcolati per

ogni variabile bioclimatica. I dati sono standardizzati per colonna. La tabella riportata è relativa all’OGU 3175 del Lazio, con copertura del suolo a bosco.

inizio fine OtU anno dec anno dec

stdINDVI stdITmax stdITmin stdIPrec stdIETP stdIETR stdIAWstdIAW

% 1 1989 1 1989 36 -0.239 1.104 -1.611 -0.466 -0.337 1.125 0.559 0.564 … … … … … … … … … … … … …

395 1999 35 2000 34 -1.671 -0.301 1.583 -0.731 -0.504 0.312 -0.518 -0.518396 1999 36 2000 35 -1.858 -0.211 1.662 -1.003 -0.483 0.327 -0.143 -0.142397 2000 1 2000 36 -2.098 -0.049 1.786 -0.791 -0.523 0.313 0.209 0.203

Classificazione delle OtU: proposta di una rete neurale (ANN) Poiché le relazioni tra le variabili bioclimatiche ed il ruolo che ognuna di esse gioca nel

generare un evento siccitoso non sono formalmente note a priori, non è possibile realizzare una modellizzazione del rischio siccitoso con metodi classici di statistica multivariata (e.g., multiregressivi).

È però possibile procedere alla classificazione delle OtU sulla base del rischio associabile alle configurazioni “estreme”. Si consideri a tal proposito un’ipotetica OtU in cui le precipitazioni sono inferiori rispetto al regime pluviometrico medio degli ultimi 12 anni: l’indice integrale standardizzato delle precipitazioni (stdIprec) sarà negativo, e sarà tanto più vicino al valore –3 quanto più le precipitazioni scarse sono un evento “anomalo” lungo l’intera serie storica.

Le stesse considerazioni sono applicabili alle altre 6 variabili studiate, tanto da poter identificare una configurazione a cui associare il massimo rischio siccitoso, ove siano ridotti in modo anomalo le precipitazioni, l’attività fotosintetica della vegetazione rilevata dall’NDVI e la disponibilità idrica del suolo, e siano invece elevate le temperature e l’evapotraspirazione. Si noti come in modo anomalo qui non valga come “significativamente di più” o “significativamente di meno” di quanto mediamente osservato lungo i 12 anni di misure, dato che non tutte le distribuzioni degli indici integrali approssimano significativamente la distribuzione normale. È comunque rilevante il fatto che, sebbene non sia possibile associare un livello di probabilità all’anomalia bioclimatica, è possibile invece identificare lungo 12 anni le OtU più anomale sotto il profilo della disponibilità idrica.

Una configurazione come quella sopra ipotizzata, viene sintetizzata dal vettore A in Tabella 4. Esso descrive una situazione fittizia che, sebbene solo teorica, possiede il massimo rischio siccitoso. La configurazione speculare, dove non solo sia nullo il rischio siccitoso, ma vi sia la massima disponibilità di risorse idriche, è sintetizzata dal vettore B. La configurazione neutra, in cui tutte le variabili hanno un andamento nelle 36 decadi che non si discosta da quanto mediamente osservato lungo i 12 anni di osservazione, è il vettore nullo (C in Tabella 4)

Tabella 4. Configurazioni estreme e neutra degli indici integrali standardizzati.

Configurazione stdINDVI stdITmax stdITmin stdIPrec stdIETP stdIETR stdIAW stdIAW% A -3 3 3 -3 3 3 -3 -3 B 3 -3 -3 3 -3 -3 3 3 C 0 0 0 0 0 0 0 0

24

Sulla base delle 3 configurazioni precedenti, è possibile introdurre un indice di rischio siccitoso variabile tra –1 e 1, che assuma valore +1 nella configurazione A, che sia pari a –1 nella configurazione B e che sia 0 nella configurazione C.

Per stimare i valori dell’indice di rischio siccitoso (qui definito DRI, Drought Risk Index), da attribuire alle configurazioni bioclimatiche reali osservate in ciascuna OtU, è stata realizzata una rete neurale. Il modello di ANN utilizzato è un MLP (Multi Layer Perceptron) a tre strati, in cui il layer di input è costituito dagli integrali definiti delle 7 variabili bioclimatiche nella data OtU, il secondo layer, nascosto, è il nucleo di elaborazione, e il terzo layer, strato di output, è costituito da un solo neurone che specifica il valore del DRI. La Figura 9 riporta un’illustrazione del modello di ANN.

Il MPL utilizzato può essere considerato uno strumento sia di classificazione, sia di modellazione, così come definito nel capitolo introduttivo relativo alla teoria delle reti neurali.

Infatti esso attribuisce un punteggio (il DRI) variabile entro un range prefissato (-1; 1) a ciascuna configurazione bioclimatica di input, fornendo un modello previsionale, in grado di stimare se alla configurazione è associabile un evento siccitoso. Inoltre, i valori estremi che il DRI può assumere, possono essere considerate due classi di disponibilità idrica, indicanti la massima e la minima entità di risorse idriche osservate nel sistema. In questa ipotesi, il modello MLP è assimilabile ad un classificatore con logica fuzzy, che attribuisce ad ogni configurazione un grado di appartenenza ad entrambe le classi.

Il MLP è stato addestrato con un dataset fittizio, costituito dalle configurazioni a, b e c sopra riportate, e da altri vettori descriventi situazioni intermedie fra quelle estreme. Per addestrare la rete si è utilizzato l’algoritmo di training di backpropagation (BP), applicato mediante il modulo Neural Networks del software Statistica.

Figura 9. Modello MLP utilizzato per la classificazione delle OtU (v. testo).

Descrizione del MLP Di seguito vengono descritti in dettaglio l’architettura del MLP e la fase di training cui è

stato sottoposto. Per un approfondimento, e per i riferimenti di letteratura, si rimanda alla bibliografia.

Architettura della rete Le unità che costituiscono la rete (“neuroni”) sono di tre tipi: quelle di input sono

estremamente semplici: memorizzano il valore di input e lo passano lungo tutte le connessioni con le quali comunicano (“sinaptano”) con le unità del livello seguente. Ciò è formalmente espresso dalle equazioni seguenti:

25

==========

====

17

16

15

14min

13max

12Pr

11

OstdIIOstdIIOstdIIOstdIIOstdIIOstdIIOstdII

AW17

ETR16

ETP15

T14

T13

ec12

NDVI11

(IV)

dove il segno apice indica il layer di appartenenza dell’unità, il segno pedice indica il numero dell’unità all’interno del livello, I è il valore di input e O è il valore di output.

Ogni unità del secondo livello riceve 7 valori, poiché comunica con tutte le unità del primo livello. Ad ogni connessione è attribuito un “peso” dall’algoritmo di calcolo, e ogni unità del secondo strato combina gli output del livello precedente con il vettore dei pesi associati alle interconnessioni, secondo le funzioni di trasferimento o PSP (Post Synaptic Potential functions). Alle unità del secondo strato sono associati altrettanti valori soglia, anch’essi attribuiti dall’algoritmo di calcolo. Nel modello di rete utilizzato, in corrispondenza di ognuna delle quattro unità di secondo livello, la funzione PSP è di tipo lineare, ed esegue una somma pesata dei valori ricevuti, effettuando il prodotto scalare tra il vettore dei pesi (w) e quello degli output del livello precedente (O1). Al valore ottenuto viene sommata la soglia della rispettiva unità, secondo l’equazione:

Ii2 = × + θ

AW

ETR

ETP

T

IT

ec

NDVI

stdIstdIstdIstdIstdIstdIstdI

min

max

Pr

j

j

j

j

j

j

j

wwwwwww

7

6

5

4

3

2

1

i2 (V)

Il risultato dei 4 prodotti scalari (uno per ogni neurone del secondo strato) costituisce l’input delle quattro unità dello strato hidden. In ognuna l’input viene passato alla funzione di attivazione, che produce il valore di output. Le funzioni di attivazione delle unità del secondo livello, nella rete proposta, sono di tipo logistico. Producono curve sigmoidali, con output compresi tra 0 e 1. Il tipico effetto dell’applicazione di tali funzioni è quello di uno appiattimento (squashing) del valore di output rispetto all’input ricevuto. L’equazione delle funzioni di attivazione è la seguente:

Oj2 = 2

11

jIe−+ (VI)

dove Ij j2 e O 2 sono rispettivamente l’input ricevuto e l’output prodotto dalla j-esima unità

del secondo strato. Le funzioni PSP e di attivazione del terzo strato sono dello stesso tipo descritto per il

secondo livello. L’output prodotto dall’unità del terzo livello è il valore del DRI associato alla configurazione di input relativa ad una specifica OtU e ad una OGU ben definita.

Fase di training La rete neurale proposta è stata sottoposta a training per l’attribuzione dei pesi e delle

soglie utilizzando l’algoritmo di backpropagation. Dopo un primo addestramento effettuato con il set di dati minimo (configurazioni a, b e c, vedi paragrafi precedenti), la progressiva stima dei pesi è stata effettuata secondo il metodo della cross-validation. E’ stato costruito un dataset comprendente le configurazioni bioclimatiche relative a tutte le OtU e le OGU, per un totale di (397 × 16) = 6352 vettori di input. La rete è stata sottoposta a 10.000 cicli

26

iterativi di training (epoche), in ognuno dei quali il 60% dei vettori è stato utilizzato per la stima dei pesi (training set) ed il restante 40% per l’applicazione degli stessi (verification set). Il rimescolamento continuo dei due set ad ogni iterazione, permette all’algoritmo di verificare progressivamente la stabilità dei pesi stimati.

Ogni vettore del set di training viene utilizzato per la stima dei pesi, che sono poi applicati ai vettori del set di verifica per il calcolo degli output. Col procedere delle iterazioni, un dato vettore viene a trovarsi più volte nel set di verifica e, progressivamente, l’output che produce converge verso un valore stabile. Ad ogni iterazione successiva, i pesi dati ad ogni output dello strato precedente, in corrispondenza di ogni connessione dello strato corrente della rete, vengono variati in funzione dell’output che producono. Una volta fissati momento e tasso di apprendimento, la variazione dell’output prodotto rispetto all’iterazione precedente viene utilizzata per ricalcolare i pesi, e si produce un coefficiente di errore che tende a diminuire progressivamente con il procedere delle iterazioni. Le soglie relative ad ogni j-esima unità del livello corrente sono trattate come pesi, con Oj = 1. Alla fine della fase di training, la rete proposta ha mantenuto un margine di errore inferiore a 0.003 (Figura 10). I pesi attribuiti in corrispondenza di ciascuna interconnessione della rete, sono illustrati in Figura 11.

Figura 10. Convergenza dell’errore nella fase di training della rete neurale. In ascissa il numero di iterazioni di

training, in ordinata l’errore nella stima dell’output.

Figura 11. Pesi stimati alla fine della fase di backpropagation. Ogni connessione è individuata dall’unità del

livello precedente (in riga) e dall’unità del livello succes-sivo (in colonna) (e.g., il peso associato alla connessione tra il secondo neurone del primo livello (a2) ed il terzo neurone del secondo livello (h1#03) è pari a

–0.5255).

Pattern temporale del DRI Per ogni OGU è stato realizzato un grafico (riportato nel capitolo ‘risultati’), che illustra il

pattern temporale del relativo DRI, allo scopo di identificarne i massimi e minimi relativi e per

27

valutare le risposte delle diverse OGU rispetto al pattern temporale bioclimatico. I profili di DRI delle OGU sono stati sottoposti a classificazione numerica, mediante cluster

analysis, per verificare se le unità geografiche mostrano simile risposta a seconda della loro localizzazione geografica, o della classe di land-cover. Tutti i dendrogrammi sono stati realizzati utilizzando come funzione di aggregazione il legame completo e come misura di distanza la correlazione lineare. La distanza di legame viene espressa in termini di 1 - r, dove r è il coefficiente di correlazione lineare di Pearson, variabile nell’intervallo (-1, 1). La distanza di legame varia pertanto tra 0 (massima correlazione positiva tra le variabili) e 2 (massima correlazione negativa tra le variabili). Per valori di distanza prossimi a 0, non esiste alcuna correlazione significativa fra le variabili.

28

Risultati e Discussione

Analisi spettrale L’analisi spettrale, applicata a tutte le 112 serie storiche selezionate (16 OGU x 7 variabili

bioclimatiche), ha evidenziato un pattern comune di periodicità, seppur con minime variazioni nei diversi profili del periodogramma delle variabili bioclimatiche di alcune OGU. La componente periodica predominante esprime una stagionalità annuale (P = 36 decadi), talvolta accompagnata da una periodicità semestrale (P = 18 decadi). A titolo esemplificativo si riportano in Figura 12 i risultati dell’analisi spettrale relativi all’OGU 3175, localizzato nella regione Lazio, con tipologia di copertura del suolo prevalente a bosco, per le serie storiche di NDVI (a), Precipitazioni (b), Temperature Massime (c), Temperature Minime (d), Evapotraspirazione Potenziale (e), Evapotraspirazione Reale (f) e Disponibilità idrica del suolo assoluta (g). Si noti la presenza di tre pattern fondamentali di ciclicità temporale: • è presente la sola periodicità annuale (periodogrammi relativi alle serie storiche delle

temperature e dell’evapotraspirazione potenziale); • la periodicità annuale è dominante, ma esistono componenti diverse. Questo andamento è

stato riscontrato per le serie di disponibilità idrica e NDVI. La componente a breve periodo (P < 36) è per lo più semestrale (centrata attorno a P = 18) ed eterogenea, e rende ragione dell’elevato “rumore di fondo” della serie. La componente a lungo periodo (P > 100) si ripete solo 4-5 volte lungo le 432 decadi delle serie, e resta da verificare se essa venga rilevata dall'analisi spettrale a causa della presenza di outliers nelle serie originali. Il fenomeno andrebbe studiato separatamente, potendo disporre di serie storiche più lunghe;

• La periodicità annuale è solo un massimo relativo nel periodogramma. Il picco maggiore si ha per ciclicità semestrale (P = 18), e sono presenti, ma di scarsa rilevanza, componenti eterogenee a breve e lungo periodo. Questo profilo del periodogramma è stato riscontrato per le serie delle precipitazioni (dove confermano il regime pluviometrico di tipo mediterraneo) e dell’evapotraspirazione reale. Per le componenti a breve e lungo periodo valgono le considerazioni riportate al punto precedente; La periodicità semestrale è caratteristica climatica delle regioni mediterranee, quali quelle oggetto dello studio, con primavere e autunni umidi ed estati ed inverni più aridi. Sintetizzando i risultati dell’analisi spettrale, è importante sottolineare come sia possibile

identificare un andamento di periodicità temporale generalizzato per tutte le variabili considerate, organizzato su un modello a ciclicità principale annuale, dove l’unico evidente fattore distintivo, dato dalla componente a periodicità semestrale, ha una frequenza doppia rispetto alla componente principale.

Pattern temporale degli indici integrali I pattern temporali relativi agli indici integrali delle 7 variabili bioclimatiche ed al DRI

dell’OGU 3175 (Lazio, copertura a bosco) sono riportati in Figura 13, per permettere un confronto dei parametri di input del MLP con i valori dell’output, quando tutti i valori vengono rappresentati sulla medesima scala temporale.

Si notano massimi relativi in corrispondenza delle OtU che terminano nelle estati 1993, 1995 e 2000. Nei primi due casi, si osservano concomitanti decrementi nelle precipitazioni,

29

mentre nel 2000 coesistono un brusco e duraturo calo di AW ed un decremento costante di NDVI. Il regime termico e l’elevata evapotraspirazione sembrano invece i principali responsabili dei picchi che si osservano negli anni 1990, 1991 e 1992, che pur raggiungendo elevati valori, si mantengono meno a lungo dei precedenti. Le OtU relative al 1996 evidenziano una ridotta evapotraspirazione ed un’elevata disponibilità idrica nel suolo, cui corrispondono i minimi relativi nei valori del DRI (abbondanza relativa di risorse idriche). Confrontando il pattern temporale del DRI con quello delle variabili bioclimatiche, è importante notare non solo i valori che l’indice assume, intesi come entità del rischio siccitoso, ma anche la sua durata, definita come il numero di OtU in cui il DRI permane su valori anormalmente elevati.

a b

c d

e f

30

g

Figura 12. Grafici del periodogramma relativi all’OGU 3175 con copertura del suolo a bosco. Sono riportati i risultati dell’analisi spettrale relativi alle serie temporali di NDVI (a), precipitazioni (b), Temperature massime (c), Temperature minime (d), Evapotraspirazione potenziale (e), Evapotraspirazione reale (f), Disponibilità idrica del suolo (g)

a

Indice combinato di siccità calcolato tramite MLP(finestre di 36 decadi) - cella 3175 - Bosco

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

OtU (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storica

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

OtU (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storica

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

OtU (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storica

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

OtU (anno-ultima decade)

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storica

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

OtU (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storica

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

OtU (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storica

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

OtU (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storica

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

OtU (anno-ultima decade)

Figura 13. Modelli temporali bioclimatici – OGU 3175 (regione Lazio, land-cover a

bosco). Si riporta l’andamento temporale del DRI (a). Su scala temporale identica, si riportano i grafici relativi agli indici integrali standardizzati di NDVI (b),

Temperature massime (c) e minime (d), Precipitazioni (e), Evapotraspirazione potenziale (f) e reale (g) e disponibilità idrica del suolo (h).

L’indice proposto sintetizza adeguatamente il comportamento delle

variabili che concorrono a determinare il rischio di eventi siccitosi. Le

31

prime considerazioni sono tuttavia da valutare con attenzione. Vanno innanzitutto confermate dal confronto con i risultati ottenibili attraverso le metodiche tradizionali. Inoltre pare evidente già dai primi risultati la necessità di affinare lo strumento di classificazione che, pur da apprezzare perché in grado di offrire indicazioni sintetiche su un fenomeno complesso, fornisce informazioni qualitativamente valide, ma che vanno indagate alla ricerca di un più adeguata stima quantitativa del rischio. Si nota infatti dal grafico in Figura 13a, come l’indice proposto raggiunga valori prossimi agli estremi (+1, -1) in corrispondenza di stati in cui non tutte le variabili hanno un andamento anomalo. La stima del rischio siccitoso, inteso come fenomeno complesso, se eseguita con la metodologia proposta sembra restare quindi ancora vincolata a uno o pochi fattori determinanti. La modulazione degli algoritmi della rete neurale, potrà probabilmente fornire risposte legate agli effetti sinergici delle variabili considerate, che non solo determinano situazioni di carenza idrica, ma che possono mitigare l’andamento anomalo di una o più variabili.

Di seguito si riportano i modelli bioclimatici relativi alle restanti 15 OGU. Ogni figura riporta, per la relativa OGU, l’andamento temporale del DRI calcolato dal MLP e, per un confronto, gli andamenti sulla medesima scala temporale degli indici integrali relativi a NDVI, precipitazione, temperatura massima e minima, Evapotraspirazione potenziale e reale, AW.

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 3085 - bosco

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3085 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3085 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3085 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3085 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3085 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

32

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3085 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3085 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 14. Modelli temporali bioclimatici – OGU 3085. Per la descrizione dei grafici si veda la didascalia della Figura 13.

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 3133 - seminativo

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3133 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3133 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3133 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3133 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3133 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3133 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3133 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 15. Modelli temporali bioclimatici – OGU 3133. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13.

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 3168 - prato/pascolo

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3168 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3168 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3168 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

33

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3168 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3168 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3168 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3168 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 16. Modelli temporali bioclimatici – OGU 3168. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13.

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 3169 - seminativo

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3169 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3169 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3169 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3169 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3169 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3169 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3169 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 17. Modelli temporali bioclimatici – OGU 3169. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13.

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 3175 - bosco

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3175 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3175 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3175 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

34

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3175 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3175 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3175 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3175 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 18. Modelli temporali bioclimatici – OGU 3175. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13.

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 3993 - prato/pascolo

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3993 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3993 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3993 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3993 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3993 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3993 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3993 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 19. Modelli temporali bioclimatici – OGU 3993. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13.

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 4172 - seminativo

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4172 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4172 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4172 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

35

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4172 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4172 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4172 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4172 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 20. Modelli temporali bioclimatici – OGU 4172. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13.

36

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 4267 - seminativo

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4267 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4267 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4267 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4267 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4267 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4267 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4267 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 21. Modelli temporali bioclimatici – OGU 4267. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13.

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 4271 - bosco

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4271 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4271 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4271 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4271 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4271 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4271 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4271 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 22. Modelli temporali bioclimatici – OGU 4271. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13.

37

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 4291 - prato/pascolo

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4291 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4291 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4291 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4291 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4291 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4291 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4291 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 23. Modelli temporali bioclimatici – OGU 4291. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13.

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 4320 - bosco

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4320 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4320 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4320 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4320 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4320 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4320 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4320 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 24. Modelli temporali bioclimatici – OGU 4320. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13.

38

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 4986 - seminativo

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4986 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4986 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4986 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4986 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4986 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4986 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4986 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 25. Modelli temporali bioclimatici – OGU 4986. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13.

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 4994 - seminativo

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4994 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4994 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4994 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4994 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4994 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4994 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 4994 - seminativo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 26. Modelli temporali bioclimatici – OGU 4994. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13.

39

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 5069 - prato/pascolo

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 5069 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 5069 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 5069 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 5069 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 5069 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 5069 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 5069 - prato/pascolo

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 27. Modelli temporali bioclimatici – OGU 5069. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13.

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neuralefinestre di 36 decadi - cella 5074 - bosco

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (Anno-ultima decade) b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 5074 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 5074 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 5074 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 5074 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 5074 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

g

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETR lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 5074 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

h

Valori standardizzati dell'indice integrale di AW lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 5074 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 28. Modelli temporali bioclimatici – OGU 5074. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13.

40

a

Indice combinato di siccità ottenuto tramite Rete Neurale(finestre di 36 decadi) - cella 3086 - Bosco

-1.00

0.00

1.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

200036

F inest ra ( A nno - ult ima decade)

-

b

Valori standardizzati dell'indice integrale di NDVI lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3086 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

c

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmax lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3086 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

d

Valori standardizzati dell'indice integrale di Tmin lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3086 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

e

Valori standardizzati dell'indice integrale delle Precipitazioni lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3086 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

f

Valori standardizzati dell'indice integrale di ETP lungo la serie storicafinestre di 36 decadi - cella 3086 - bosco

-4.00-3.00-2.00-1.000.001.002.003.004.00

89-36

90-36

91-36

92-36

93-36

94-36

95-36

96-36

97-36

98-36

99-36

2000-36

Finestra (anno-ultima decade)

Figura 29. Modelli temporali bioclimatici – OGU 3086. Per la descrizione dei grafici si

veda la didascalia della Figura 13. Dall’osservazione dei profili temporali degli indici integrali e

dell’indice di siccità delle 16 OGUs, non emergono evidenti differenze: si riconosce immediatamente un andamento generalizzato con massimi relativi nelle annate 1993, 1995 e 2000. Tuttavia le OGUs costituiscono nel loro insieme un campione eterogeneo sia per la diversa localizzazione geografica nelle 4 macroaree, sia per la diversa tipologia vegetazionale e di utilizzo del suolo. Inoltre, sono tutte inquadrabili in un regime climatico mediterraneo, ma esistono differenze climatiche locali, testimoniate dalle diverse entità riscontrate nelle rispettive serie storiche relative a precipitazioni e temperature. A questo proposito è interessante notare la somiglianza nei profili degli indici integrali relativi alle variabili climatiche: pur possedendo le OGUs regimi pluviometrici e termici diversi in quanto a valori assoluti osservati nelle serie storiche disponibili, le anomalie, stimate dagli indici integrali, sia in positivo (incrementi “anomali”) che in negativo (decrementi “anomali”), si registrano quasi nelle medesime OtUs, come se le anomalie bioclimatiche - intese come deviazioni dal regime abituale in una data OGU - fossero un fenomeno sincrono in tutte le macroaree campionate, e questo sincronismo fosse indipendente dall’abituale regime climatico, dal tipo di vegetazione installatasi, dalla pedologia di base.

Predittività del modello: valori reali e stimati Per l’OGU 3086 (Figura 29) non è stato possibile calcolare gli indici

integrali relativi a ETR e AW, in quanto le serie storiche giornaliere

41

42

delle due variabili erano caratterizzate da un’elevata percentuale di dati mancanti. Questa OGU è stata volutamente inclusa nell’analisi, allo scopo di verificare l’affidabilità della metodica in assenza di parte del contenuto informativo di partenza. Il DRI è stato pertanto stimato mediante il MLP, utilizzando solo 5 variabili di input su 7, a partire da una tabella dati come quella mostrata in Tabella 5.

Tabella 5. Dataset utilizzato per la stima del DRI relativo all’OGU 3086.

inizio fine O.T.U.

anno dec anno dec stdINDVI stdITmax stdITmin stdIPrec stdIETP stdIETR stdIAW

1 1989 1 1989 36 0.331 -0.238 -1.672 -0.049 -0.191 ? ?

… … … … … … … … … … … …

395 1999 35 2000 34 -1.041 0.932 2.074 -1.122 0.012 ? ?

396 1999 36 2000 35 -1.271 0.997 1.932 -1.391 0.034 ? ?

397 2000 1 2000 36 -1.311 1.108 2.051 -1.174 -0.007 ? ?

I risultati (Figura 29a) sono indicativi riguardo al peso delle

variabili nel valore finale dell’indice di siccità. Si confrontino i grafici con quelli relativi all’OGU 3085 (Figura 14): le due OGU hanno superficie simile, ca. 51 Km2 (pixels) la 3085 e ca. 46 Km2 la 3086, medesima copertura del suolo (bosco di latifoglie) e sono geograficamente contigue. I loro profili degli indici integrali per NDVI, Tmax, Tmin, Precipitazioni ed ETP, sono quasi identici, e ciò è banalmente imputabile alla loro “somiglianza” geografica (e quindi meteoclimatica) e vegetazionale. Il profilo dell’indice stimato con la rete neurale, è pero abbastanza diverso nelle due celle. E non solo: il profilo della cella 3085 è molto più simile a quello di OGUs lontani sotto l’aspetto geografico, vegetazionale e pedologico, che non a quello della cella 3086. Ciò indica l’importanza del dato di AW e di quello evapotraspirativo, nel determinare i valori finali dell’indice di siccità.

Visti i risultati appena descritti, si è voluta verificare la capacità previsionale del modello DRI, effettuando una stima, attraverso la rete neurale, di una o più variabili simulandone la mancanza dal dataset di input, ed utilizzando le osservazioni note per quelle disponibili. In una prima elaborazione, è stato costruito un dataset di input riportante gli indici integrali di tutte le variabili bioclimatiche e del DRI relativi a tutte le 6352 OtUs. Il MLP è stato eseguito impostando come output ignoto il vettore degli indici integrali relativi alle precipitazioni. I valori di Iprec osservati (cioè quelli stimati dalla

rete neurale) sono stati confrontati con quelli derivanti dai dati reali (cioè quelli “attesi”, dal punto di vista del modello). Il risultato è riportato in Figura 30: si evidenzia una correlazione positiva significativa fra le due serie di dati, a dimostrare come la rete, nella sua architettura, conservi un’eccellente “memoria” del contenuto informativo che le precipitazioni possiedono nel determinare i valori del DRI. Si noti, comunque, che la completa conservazione del contenuto informativo sulle precipitazioni si avrebbe con una retta di regressione del tipo y = x, ovvero qualora i valori stimati dalla rete fossero esattamente identici ai valori reali. In realtà la correlazione è significativa per y = 0.7309 x, ovvero si evidenzia una sottostima dell’indice integrale delle precipitazioni, che può essere interpretato come una parziale perdita del contenuto informativo da parte del modello.

Figura 30. Scatterplot dei valori attesi e stimati dal modello di rete neurale relativi

all’indice integrale delle precipitazioni.

In un’applicazione più spinta (Figura 31), si è voluta verificare la capacità previsionale del modello a rete neurale, considerando come uniche variabili di input l’indice integrale relativo all’NDVI ed il DRI, e valutando l’output ottenuto dal modello relativamente a tutte le altre variabili bioclimatiche. Dalle figure che seguono, si evidenzia come riducendo il contenuto informativo di input del modello, permangono correlazioni significative (ancorché con R2 inferiori) fra i dati stimati e quelli reali, ma la sottostima del dato reale già evidenziata nell’applicazione precedente si manifesta in maniera più marcata, con relazioni lineari fra attesi e osservati che si allontanano decisamente

43

dalla relazione ideale y = x, variando tra y = 0.4714 x (temperature minime) e y = 0.2914 x (disponibilità idrica del suolo).

Alla luce dei risultati appare poco affidabile utilizzare il modello di DRI mancanza di una o più delle variabili che concorrono a determinarne i valori.

a

Stima di ITma x da INDVI e DRI mediante rete neurale6352 OTU dal 1989 al 2000

y = 0.3865xR2 = 0.3638

p < 0.05

-4

-3

-2

-1

0

1

2

3

4

-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4

valori attesi (dati reali)

valo

ri os

serv

ati (

dati

stim

ati)

b

Stima di ITmin da INDVI e DRI mediante rete neurale6352 OTU dal 1989 al 2000

y = 0.4714xR2 = 0.4493

p < 0.05

-4

-3

-2

-1

0

1

2

3

4

-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4

valori attesi (dati reali)

valo

ri os

serv

ati (

dati

stim

ati)

c

Stima di IETP da INDVI e DRI mediante rete neurale6352 OTU dal 1989 al 2000

y = 0.4027xR2 = 0.3562

p < 0.05

-4

-3

-2

-1

0

1

2

3

4

-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4

valori attesi (dati reali)

valo

ri os

serv

ati (

dati

stim

ati)

d

Stima di IAW da INDV I e DRI mediante rete neurale6352 OTU dal 1989 al 2000

y = 0.2914xR2 = 0.1946

p < 0.05

-4

-3

-2

-1

0

1

2

3

4

-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4

valori attesi (dati reali)

valo

ri os

serv

ati (

dati

stim

ati)

e

Stima di Ipre c da INDVI e DRI mediante rete neurale6352 OTU dal 1989 al 2000

y = 0.4151xR2 = 0.3847

p < 0.05

-4

-3

-2

-1

0

1

2

3

4

-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4

valori attesi (dati reali)

valo

ri os

serv

ati (

dati

stim

ati)

Figura 31. Scatterplot dei valori attesi e stimati dal modello di rete neurale

relativi all’indice integrale delle temperature massime (a), delle

temperature minime (b), dell’evapotraspirazione potenziale (c), della disponibilità idrica del suolo (d) e

delle precipitazioni (e).

44

Classificazione delle OGU Si è ritenuto opportuno verificare su base numerica se le

considerazioni derivanti dall’osservazione macroscopica dei profili temporali degli indici potessero essere confermate. Le OGU sono stati sottoposti a classificazione numerica sulla base dei loro profili temporali bioclimatici, allo scopo di verificare la capacità dell’indice di siccità, e degli indici integrali che concorrono a determinarne i valori, di discriminare tra le diverse condizioni geografiche, meteoclimatiche e vegetazionali.

Figura 32. Dendrogramma dei 16 OGU in base il profilo temporale del DRI. Le OGU sono indicate con un codice alfanumerico riportante, nell’ordine: a) l’identificativo

della macroarea d’origine (L=Lazio, P=Puglia, SA=Sardegna, SI=Sicilia); b) la tipologia di utilizzo del suolo (B=bosco, P=prato/pascolo, S=seminativo); c) il

codice della cella agromet.

La prima cluster analysis è stata realizzata in base ai profili del DRI (Figura 32). E’ evidente come il principale fattore che determina la segregazione fra i gruppi sia la macroarea geografica di provenienza. L’omogeneità interna dei gruppi è molto elevata: i valori di distanza fra gli elementi di ogni cluster non supera mai il valore 0.1, che, data la misura di distanza utilizzata (si veda il capitolo sui metodi), corrisponde ad una correlazione lineare pari 0.9, altamente significativa data la numerosità (397) dei campioni. Si noti ancora come l’aggregazione di tutti i gruppi avvenga per r pari a circa 0.7, a conferma della notevole somiglianza fra tutte le OGU. I cluster ottenuti non sono nettamente disgiunti, a parziale conferma

45

46

dell’ipotesi avanzata in precedenza circa il sincronismo delle “anomalie” bioclimatiche. Per una valutazione qualitativa dei pattern relativi alle 4 macro aree corrispondenti ai 4 cluster principali, si veda la Figura 33, realizzata utilizzando, per ogni OtU, la media dei valori del DRI nelle OGU di ciascun cluster: il trend generale è relativamente simile (data l’elevata omogeneità intra-cluster), il massimo rischio siccitoso è relativo alle annate 1993, 1995, 2000, e le differenze fra i 4 gruppi si evidenziano soprattutto nelle annate 1990-1992, e 1996. Il grafico evidenzia anche la presenza di un outlier, costituito dalla OGU 3086. Il risultato conferma quanto esposto in precedenza.

Una successiva classificazione è stata realizzata in base ai profili dell’indice integrale di NDVI (Figura 34). Il dendrogramma identifica 3 gruppi di OGU. Il livello di omogeneità dei singoli gruppi é molto elevato (distanze di legame intorno a 0.1, correlazione intorno a 0.9). Si evidenzia un cluster nettamente disgiunto dagli altri due, ai quali si aggrega per valori di r pari a 0.3 (distanza di legame 0.7). I dati a disposizione su utilizzo del suolo e macroarea non spiegano il risultato della classificazione: i gruppi ottenuti non segregano infatti in maniera evidente rispetto ad essi. E’ probabile che esistano fattori diversi, i cui dati non sono disponibili per questo studio, da sottoporre ad indagine.

Una terza classificazione numerica è stata effettuata sulla base dei profili dell’indice integrale delle precipitazioni (Figura 35). Il risultato è molto simile a quello ottenuto rispetto all’indice di siccità. Si individuano 4 gruppi, formati a livelli di correlazione significativi fra gli elementi che li compongono, che segregano a seconda della macroarea di origine delle OGU. Si noti comunque l’elevato livello di disgiunzione fra i gruppi: l’aggregazione dei 4 cluster avviene per valori di r molto bassi (l’ultimo livello di aggregazione per r < 0, distanza di legame > 1).

Il risultato della classificazione può apparire a prima vista banale: è evidente che le anomalie nel regime temporale pluviometrico siano molto più simili in OGU geograficamente contigue, e ciò è una delle conseguenze dirette dei movimenti atmosferici. Tuttavia la somiglianza con il dendrogramma relativo all’indice di siccità lo rende interessante, poiché rende intuitivamente l’idea di come il modello dell’indice di siccità, stimato sulla combinazione di 8 variabili, conservi il contenuto informativo di ciascuna.

-1.0

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1989

-36

1990

-18

1990

-36

1991

-18

1991

-36

1992

-18

1992

-36

1993

-18

1993

-36

1994

-18

1994

-36

1995

-18

1995

-36

1996

-18

1996

-36

1997

-18

1997

-36

1998

-18

1998

-36

1999

-18

1999

-36

2000

-18

2000

-36

OtU

DR

I

a

-1.0

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1989

-36

1990

-18

1990

-36

1991

-18

1991

-36

1992

-18

1992

-36

1993

-18

1993

-36

1994

-18

1994

-36

1995

-18

1995

-36

1996

-18

1996

-36

1997

-18

1997

-36

1998

-18

1998

-36

1999

-18

1999

-36

2000

-18

2000

-36

OtU

DR

I

b

-1.0

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

1989

-36

1990

-18

1990

-36

1991

-18

1991

-36

1992

-18

1992

-36

1993

-18

1993

-36

1994

-18

1994

-36

1995

-18

1995

-36

1996

-18

1996

-36

1997

-18

1997

-36

1998

-18

1998

-36

1999

-18

1999

-36

2000

-18

2000

-36

OtU

DR

I

c

-1.0

-0.8

-0.6

-0.4

-0.2

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

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1995

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-36

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-18

1999

-36

2000

-18

2000

-36

OtU

DR

I

d Figura 33. Profilo temporale del DRI nelle 4 macro aree identificate dai cluster della

classificazione numerica in Figura 32: a) Lazio, b) Sardegna, c) Puglia, d) Sicilia.

47

I dendrogrammi relativi alle altre variabili (Tmax, Tmin, ETP, ETR, AW) vengono omessi, poiché riportano situazioni intermedie fra la completa segregazione dei gruppi su base geografica e l’assenza di fattori di segregazione. Si è preferito riportare le due situazioni estreme e confrontarle con la classificazione ottenuta secondo l’indice di siccità.

Figura 34. Dendrogramma dei 16 OGU in base al profilo temporale dell’indice

integrale di NDVI. Le OGU sono indicate come nella figura precedente.

Figura 35. Dendrogramma dei 16 OGU in base al profilo temporale dell’indice

integrale delle precipitazioni. Le OGU sono indicate come nella figura precedente.

48

49

Conclusioni

Nelle situazioni bioclimatiche descritte dai dati disponibili, gli indici integrali introdotti si sono dimostrati efficienti nell’individuare pattern temporali anomali lungo le serie storiche.

L’indice di rischio proposto appare capace di sintetizzare le relazioni multivariate coinvolte nel verificarsi degli eventi siccitosi, non identificando deficit idrici puntiformi (nello spazio e nel tempo), ma identificando alcune macro aree, come insiemi di unità territoriali raggruppate in maniera significativa, in cui è probabile l’occorrenza di pattern bioclimatici anomali e sincroni.

L’indice, variando tra –1 e 1, è informativo non solo riguardo all’entità del rischio di siccità, ma anche rispetto alla sua persistenza. In ogni caso, non appare significativamente influenzato né da condizioni locali di vegetazione o di uso del suolo, né dalle caratteristiche pedologiche di riferimento. Pertanto, esso appare più utile nella gestione delle risorse idriche su larga scala, piuttosto che come strumento di previsione di eventi siccitosi locali.

Per ognuna delle macro aree indagate, l’andamento dell’indice durante i 12 anni di osservazione, evidenziato dal rispettivo grafico in funzione del tempo, potrebbe essere considerato una sorta di fingerprint della siccità nell’area, ed il suo monitoraggio permanente potrebbe risultare utile nella programmazione della gestione delle risorse idriche.

50

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