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7/21/2019 Claudio Tozzi - Manuale dell'istruttore di Natural Bodybuilding 2° Livello http://slidepdf.com/reader/full/claudio-tozzi-manuale-dellistruttore-di-natural-bodybuilding-2-livello 1/89 Prefazione Condurre a termine una competizione atletica sfruttando al 100% il potenziale che il nostro organismo ci mette a disposizione presuppone, senza alcun dubbio, la conoscenza di quei complessi ma affascinanti processi fisiologici grazie ai quali siamo in grado di poter programmare un dato evento sportivo. Scopo di questa seconda parte del corso, riservata ad istruttori di primo livello e diplomati I.S.E.F., è quella di poter fornire tutte le indicazioni necessarie al fine consentire la stesura di programmi d’allenamento validi e supportati da profonde conoscenze di fisiologia dello sport. Studi continui ed ulteriore approfondimento degli argomenti che tratteremo in questa sede ci avvicineranno a quell’obiettivo così importante per noi che amiamo lo sport e la competizione agonistica; solo l’aggiornamento e l’applicazione pratica possono trasformarci da bravi tecnici a preparatori atletici. Questa qualifica, che dovrebbe risultare appannaggio esclusivo di tecnici competentissimi dopo anni di applicazione e aggiornamento, viene troppo spesso usata o per veri e propri “incapaci” che popolano le pagine dei nostri giornali e fanno dei nostri atleti delle mediocri comparse nelle gare internazionali o per quei “preparatori atletici” i cui atleti conseguono risultati esclusivamente grazie alle conoscenze farmacologiche di questi autentici incompetenti. La Natural Bodybuilding Federation in questo corso di 2° livello non ha la pretesa di fare di voi dei preparatori atletici ma di avvicinarvi quanto più possibile a quegli studi teorico-pratici attraverso i quali il raggiungimento del nostro e vostro obiettivo risulterà sempre più vicino.

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Prefazione

Condurre a termine una competizione atletica sfruttando al 100% ilpotenziale che il nostro organismo ci mette a disposizione presuppone,senza alcun dubbio, la conoscenza di quei complessi ma affascinantiprocessi fisiologici grazie ai quali siamo in grado di poter programmareun dato evento sportivo.

Scopo di questa seconda parte del corso, riservata ad istruttori diprimo livello e diplomati I.S.E.F., è quella di poter fornire tutte leindicazioni necessarie al fine consentire la stesura di programmid’allenamento validi e supportati da profonde conoscenze di fisiologiadello sport.

Studi continui ed ulteriore approfondimento degli argomenti chetratteremo in questa sede ci avvicineranno a quell’obiettivo cosìimportante per noi che amiamo lo sport e la competizione agonistica;solo l’aggiornamento e l’applicazione pratica possono trasformarci dabravi tecnici a preparatori atletici. Questa qualifica, che dovrebberisultare appannaggio esclusivo di tecnici competentissimi dopo anni diapplicazione e aggiornamento, viene troppo spesso usata o per veri epropri “incapaci” che popolano le pagine dei nostri giornali e fanno deinostri atleti delle mediocri comparse nelle gare internazionali o per quei“preparatori atletici” i cui atleti conseguono risultati esclusivamentegrazie alle conoscenze farmacologiche di questi autentici incompetenti.

La Natural Bodybuilding Federation in questo corso di 2° livellonon ha la pretesa di fare di voi dei preparatori atletici ma di avvicinarvi

quanto più possibile a quegli studi teorico-pratici attraverso i quali ilraggiungimento del nostro e vostro obiettivo risulterà sempre piùvicino.

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Processi aerobici e anaerobici durante l’attivitàfisica

Entrambi i sistemi forniscono energia, ma le modalità grazie alle

quali avviene l’interconnessione reciproca dipende da alcunecomponenti le più importanti delle quali sono rappresentate da:

•  tipo di esercizi eseguiti e tempo di esecuzione degli stessi•  livello atletico e grado di preparazione•  regime alimentare

Naturalmente, ogni disciplina sportiva presenta delle caratteristichediverse e in ognuna la rigenerazione dell’adenosintrifosfato avvieneattraverso vie metaboliche differenti.

I parametri sopraelencati rappresentano sicure vie diidentificazione rigenerativa dell’A.T.P. attraverso i substrati che già

conosciamo, ossia il sistema del fosfageno (CP), la glicolisi anaerobicae la lipolisi aerobica.

Tipologia dell’esercizio: potenza e velocità

Senza dubbio questa è la categoria di classificazione a noi piùvicina in quanto racchiude tutte quelle discipline sportive che fannodella forza e velocità fattori determinanti nella vittoria; siamoperfettamente a conoscenza del fatto che solo l’aumento della forzaconsente all’atleta natural di poter incrementare le dimensioni corporee,da ciò deriva l’importanza che riveste lo studio dei processi dirigenerazione anaerobico alattacida ed anaerobico lattacida.

Sistema del fosfageno: fase anaerobico alattacida

figura 1.1

Curiose sono le analogie che legano l’ATP e la CP; entrambe lemolecole sono costituite da una matrice accoppiata a dei gruppi fosfato(uno nel caso del creatinfosfato) che liberandosi provocano rilascio dienergia.

La matrice della C.P. è rappresentata dalla creatina la quale risultalegata ad un gruppo fosfato tramite un legame ad alta energia; l’enzimacreatinachinasi promuove la scissione dei due composti con conseguenteformazione di creatina (C) fosfato inorganico (Pi) cui segue quellaliberazione di energia responsabile della resintesi biochimica dell’ADPin ATP.

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Altrettanto interessante è lo stretto legame che unisce le sorti dientrambi, in quanto l’unica via di rigenerazione della CP da C+Piavviene grazie all’energia fornita dall’idrolisi dell’ATP in ADP, faseche si verifica durante il restauro dall’esercizio, tappa importantissima

di riposo e recupero durante le quale può avvenire la ricarica dell’ATPattraverso l’energia ceduta dalle molecole nutritizie e, di conseguenza,la rigenerazione della CP grazie all’ATP stesso.

Il restauro verrà più ampiamente trattato in seguito, vista l’enormeimportanza che il recupero riveste nella pratica sportiva in genere, manel bodybuilding natural in particolare.

All’interno del muscolo scheletrico i due composti non sonocontenuti in egual misura; in effetti, il quantitativo di CP è di granlunga superiore a quello dell’ATP. Il motivo è facilmente intuibile,visto che la funzione unica del creatinfosfato è quella di fornire energiaper la resintesi dell’adenosintrifosfato.

Il quantitativo di fosfageno (CP+ATP) contenuto in totale nel

nostro corpo all’interno della muscolatura è nell’ordine dei 570-690mmol, il che equivale approssimativamente ad un valore compreso tra5.7 e 6.9 Kcal di energia disponibile; tradotto in termini di resa atleticatutto ciò si riduce a circa 10 secondi di sforzo massimale.

Da tutto ciò è facile dedurre che il sistema del fosfagenorappresenta la fonte di ATP più rapidamente utilizzabile dal muscolosottoposto a lavoro. Tale velocità scaturisce anche dai seguenti fattori:

•  la via metabolica del CP non presenta alcuna rete di reazionichimiche sul tipo della glicolisi o del ciclo di Krebs

•  non è vincolata al trasporto di ossigeno•  sia l’ATP che la CP sono immagazzinati direttamente

all’interno del meccanismo contrattile del muscolo.

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Glicolisi: fase anaerobico lattacida

figura 1.2

Esiste una differente applicazione nei riguardi di questaimportantissima via metabolica in grado di fornire energia dalladissociazione del glucosio. Nella precedente trattazione prendemmo inconsiderazione l’aspetto prevalentemente biologico e, in effetti, lademolizione di una molecola di glucosio porta ad un guadagno netto didue moli di ATP.

Nell’applicazione fisiologico-sportiva viene preso inconsiderazione un aspetto di capillare importanza ossia la correlazioneesistente tra consumo di glicogeno e produzione di acido lattico,parametri strettamente correlati in grado di influenzare profondamentela prestazione di un atleta.

Secondo recenti ricerche l’abbassamento del Ph muscolare indottodall’aumento di acido lattico provocherebbe in particolare, oltre ai notiproblemi di scorrimento miofibrillare e formazione dei ponti crociatimiosinici, l’inibizione di un enzima che sarebbe risultatoparticolarmente importante ossia il fosfofruttochinasi, generalmenteindicato con la sigla PFK e responsabile, a quanto pare, della velocità

delle reazioni biochimiche in gioco.

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Il parametro preso sovente in considerazione dalla fisiologiasportiva è rappresentato dal quantitativo di ATP risintetizzato attraversola demolizione di una mole dello stesso, corrispondente esattamente a180 grammi di glicogeno. In particolare dalla demolizione di una mole

di ATP avviene la sintesi di 3 moli dello stesso con un guadagno nettodi 2 moli; la realtà risulta completamente differente in un organismosottoposto a sforzo fisico nel quale la produzione di adenosintrifosfato èinferiore alle 3 moli di ATP indicate precedentemente. Il motivo è daricercarsi nel fatto che durante l’esercizio fisico esaustivo il sangue masoprattutto i muscoli possono tollerare non più di 60-70 grammi diacido lattico prima che si instauri la tanto indesiderata fatica muscolare;a motivo di ciò se tutti i 180 grammi di glicogeno (corrispondenti alle 3moli di ATP sintetizzate) venissero demoliti anaerobicamente durantel’esercizio parallelamente avverrebbe la produzione di 180 grammi diacido lattico con le indesiderate conseguenza che una situazione delgenere comporterebbe ai fini della performance finale o,

biologicamente, alla ipotetica fuga di un animale protratta nel tempo (lanatura non elabora i propri meccanismi biologici in riferimento adeventi sportivi). Di conseguenza soltanto un quantitativo nell’ordine di1-1,2 moli di ATP può essere prodotto attraverso la glicolisi anaerobicadurante l’esercizio prolungato ed intenso prima che si verifichinoeccessiva comparsa di acido lattico e susseguente fatica muscolare.

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TTiippoollooggiiee mmeettaabbooll iicchhee aaeer r oobbiicchhee

L’importante approfondimento verterà su una suddivisione delle

fasi costituenti questo potente produttore di ATP, in precedenzariassunto esclusivamente come “Ciclo di Krebs”.

In realtà sono 3 le tipologie metaboliche mitocondriali edesattamente:

•  glicolisi aerobica (non avviene nei mitocondri);•  ciclo di Krebs;•  sistema di trasporto degli elettroni.

Sembrerebbe una strana contraddizione parlare di glicolisi inquesto contesto quando finora abbiamo descritto con questo termine unimportantissimo ciclo anaerobico; in realtà l’unica differenza che

caratterizza i due è rappresentata dall’ossigeno, la cui presenza induce,rispettivamente, una resa di ben 39 moli di ATP a seguito dellademolizione di 180 gr. di glicogeno (1 mole di ATP) nonché la totalesoppressione dell’acido lattico prodotto in assenza dell’ossigeno stesso.In definitiva è possibile riassumere il tutto in questi termini:

In presenza di ossigeno avviene la completa demolizione delglicogeno con produzione di anidride carbonica (CO2) acqua (H2O) esusseguente liberazione di energia capace di risintetizzare 39 moli diATP.

Glicolisi aerobica

Abbiamo in precedenza precisato che la presenza di ossigenoinibisce la produzione di acido lattico non compromettendo, peraltro, larisintesi di ATP non specificando come ciò avviene; in realtà l’ossigenoè responsabile di un “dirottamento” dell’acido piruvico (precursoredell’acido lattico) verso il sistema aerobico. Complessivamente, durantela glicolisi aerobica, vengono rigenerate 3 moli di ATP attraverso lademolizione di una mole di glicogeno (generante 2 unità di acidopiruvico) e inoltre la riduzione di 2 NAD in NADH indurrà, grazie aquesti ultimi, una ulteriore resa di altre 6 molecole di ATP (3 per ogniNADH) una volta giunti nel sistema di trasporto degli elettroni.

figura 1.3

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Ciclo di Krebs

L’acido piruvico scaturito dalla glicolisi aerobica fa il suo ingressonel mitocondrio, all’interno del quale prosegue la demolizione dello

stesso attraverso una lunga serie di complesse reazioni chimiche graziealle quali avviene:

•  la liberazione di anidride carbonica;•  l’ossidazione dell’acido piruvico con produzione di NADH e

FADH da inviare alla catena respiratoria;•  la produzione di 2 moli di ATP.

L’NADH (nicotinamide adenin dinucleotide in forma ridotta) e laFADH (flavin adenin dinucleotide in forma ridotta) ridotte dall’acidopiruvico saranno potentissime produttrici di ATP nel sistema ditrasporto degli elettroni.

figura 1.4

Sistema di trasporto degli elettroni o catenarespiratoria

In questa fase avviene la combinazione degli elettroni scaturitidalle reazioni del Ciclo di Krebs con l’ossigeno proveniente dallarespirazione e conseguente produzione di acqua. Schematicamenteavviene una immissione degli elettroni e degli ioni idrogeno nella catenarespiratoria tramite la NADH e la FADH; il trasporto degli stessi fino araggiungere l’ossigeno (che verrà ridotto ad acqua) avviene grazieall’ausilio apportato da cosiddetti “trasportatori di elettroni”,

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rappresentati generalmente da co-enzimi che incorporano vitamine (B1o B2 ad es.) o proteine dette citocromi.

La liberazione di energia avviene esattamente in concomitanza alpassaggio degli elettroni nella catena, con una resa di 34 moli di ATP.

figura 1.5

Riassumendo, delle 39 moli di ATP (dal glicogeno) generate:

•  3 provengono dalla glicolisi aerobica;

•  2 provengono dal Ciclo di Krebs;

•  34 provengono dal sistema di trasporto degli elettroni.

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MMeettaabbooll iissmmii eenneer r ggeett iiccii  aa r r iippoossoo ee nneell lloo

ssppoor r tt

Il substrato energetico fonte di ATP in condizioni di riposoprotratto nel tempo è rappresentato da una “miscela” avente le seguenticaratteristiche e proporzioni:

2/3 lipidi1/3 glicidi

Il quadro appare completamente modificato in una situazione distress organico concomitante una prestazione atletica.

Una analisi quanto più precisa e dettagliata necessita di alcuniparametri fondamentali, grazie ai quali è possibile operare un tracciato

che ci dia l’esatta dimensione inerente il susseguirsi programmatico deimetabolismi implicati nella fornitura di energia; i parametri in questionesono:

•  tipologia dell’esercizio;•  durata dello stesso;•  condizione atletica;•  regime alimentare.

Tipologia dell’esercizio

Esiste senza alcun dubbio una strettissima correlazione traesercizio eseguito e metabolismo attivato; sappiamo benissimo chediscipline di potenza quali il bodybuilding attivano esclusivamente ilmetabolismo anaerobico rappresentato dal sistema del fosfageno e dallaglicolisi.

Durata dell’esercizio

Fondamentale anche questo secondo parametro. L’ulterioresuddivisione in sport “di potenza” e “di resistenza” caratterizza glistessi e li differenzia profondamente dal punto di vista fisiologico; iltempo che intercorre tra l’inizio della produzione anaerobica e

l’attivazione aerobica in tutte le sue parti presenta una particolarecondizione che andermo di seguito ad analizzare.L’isteresi che caratterizza il susseguirsi dei metabolismi è

necessaria affinché la più potente “macchina” produttrice di energia delnostro corpo (lipolisi aerobica) entri perfettamente in funzione e, ineffetti, quella fase intermedia nella quale operano provvisoriamentecreatinfosfato e glucosio sembra rappresentare un vero e propriomotorino d’avviamento per il Ciclo di Krebs. Il deficit di ossigenorappresenta il periodo durante

il quale il consumo di ossigeno è insufficiente e non in grado dipoter attivare i processi aerobici; creatinfosfato e glucosio operanoproprio in questo frangente fornendo grosse quantità di ATP ma in un

lasso di tempo limitato.

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I metabolismi anaerobico alattacido e anaerobico lattacidocaratterizzano la fase di deficit d’ossigeno ed operano sempreall’interno di questa.

figura 1.6

La produzione di acido lattico in condizioni di deficit d’ossigenoassume proporzioni significanti in attività che abbiano una duratacompresa tra i 3 e i 10 minuti; la rilevazione dei livelli di acido lattico èl’unico vero parametro indicante il sistema energetico utilizzato in undeterminato istante.

figura 1.7

Vi ricordo che i livelli di acido lattico tollerati dai muscoli sononell’ordine dei 2-2.3 grammi per chilogrammo di tessuto.

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Negli esercizi prolungati nel tempo cessa il deficit d’ossigeno e ilquantitativo di acido lattico cessa di subire incrementi: si raggiunge ilcosiddetto stato stazionar io  caratteristico del metabolismo aerobico.

figura 1.8

LL’’oossssiiggeennoo ddii  r r eessttaauur r oo nneell llaa ppr r aatt iiccaa

ssppoor r tt iivvaa

Ci accingiamo ad affrontare un argomento che riveste una capillareimportanza nell’ambito della preparazione atletica specifica; mi sono

riservato la trattazione in questo secondo livello vista la complessità deifenomeni che lo caratterizzano e che verranno comunque affrontatidettagliatamente durante le lezioni dei nostri corsi.

Cosa avviene durante il recupero dall’esercizio?C’è differenza tra il recupero aerobico e quello anaerobico?Quali substrati energetici vengono a rigenerarsi?In quanto tempo avviene la rigenerazione degli stessi?Come avviene lo smaltimento dell’acido lattico?Quali fattori influenzano lo smaltimento dello stesso?In quanto tempo avviene la rimozione?

Recupero e ossigeno di restauroCosa avviene in realtà durante quel lasso di tempo che caratterizza

la pausa tra un esercizio e l’altro o che sancisce la fine di unaprestazione è stato materia di studio per anni e, solo ultimamente, si èproceduto ad una precisa classificazione degli eventi modificandoinoltre la vecchia nomenclatura.

Abbiamo tutti sentito parlare, e spesso, di debito d’ossigeno,inteso come deficit dello stesso in seguito ad uno sforzo fisico.

In effetti l’elevato consumo di ossigeno rilevato durante il restaurodall’esercizio muscolare rappresenta molto di più che una semplicerestituzione dello stesso di seguito all’esercizio.

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Gli ultimi studi hanno dimostrato che è possibile rilevare in atletisottoposti a sforzo massimale una deplezione di ossigeno del sanguemolto bassa; di contro e nello stesso tempo il consumo di ossigeno direstauro durante il recupero risulta altissimo e fino a 30 volte quellonormalmente presente nel sangue in condizioni di riposo.

In effetti lo sforzo fisico non induce un consumo di ossigenoproporzionale all’intensità; difatti nel momento in cui non vi è più lapossibilità da parte dell’ossigeno di ossidare le molecole di NADHprodotte dalla glicolisi (situazione che si verifica allorquando ci siavvicina al 100% della VO2  Max) avviene la riduzione dell’acidopiruvico in acido lattico e, di conseguenza, ogni altro ulteriore lavoro ècompiuto anaerobicamente con scarso consumo di ossigeno e rilevanteriduzione del piruvato.

In queste condizioni non è sempre detto che il consumo diossigeno che segue l’esercizio debba essere attribuito ad unarestituzione dello stesso (da cui “debito d’ossigeno”). In realtà

l’ossigeno di restauro viene utilizzato dal nostro organismo per:•  il ripristino delle riserve del creatinfosfato (CP);•  il ripristino delle riserve del glicogeno muscolare;•  la rimozione dell’acido lattico;•  metabolizzazione dello stesso.

Ossigeno di restauro lento e rapido

Il fenomeno del restauro prevede due tempi di esecuzione bendelineati che si susseguono in ordine di tempo:

figura 1.9

Dal grafico emerge il dato che il consumo di ossigeno decrescemolto velocemente per i primi 2-3 minuti (RRP, fase di restaurorapido), mentre per i successivi è molto più lento e si estende fino alle 2ore (SRP, fase di restauro lento).

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Il ripristino delle riserve di creatinfosfato nellaRRP

La trattazione di questa parte del restauro è direttamente legata allanostra disciplina.

Una serie di interessantissimi esperimenti sono stati effettuati ehanno fornito interessantissime indicazioni al riguardo; in particolare inuno di questi è stato prelevato un campione di tessuto muscolare tramitebiopsia ad ago prima dell’inizio dell’esercizio ed, in seguito,periodicamente durante il restauro seguente lo sforzo massimaleesaustivo. La prova venne eseguita in due modalità però differenti:

•  muscolo con flusso sanguigno normale;•  muscolo con flusso sanguigno occluso.

figura 2.0

Nel primo caso si può osservare che dopo soli 2 minuti circal’85% del CP è stato ripristinato, mentre al 4° minuto di restauro lapercentuale raggiunge il 90%; il pressoché completo ristabilimento delvalore iniziale si verifica intorno agli 8 minuti.

Nel secondo caso, con il flusso sanguigno occluso, la risintesi delCP non avviene; è proprio questa la riprova che il ciclo dirigenerazione avviene grazie all’ossigeno di restauro trasportato nelsangue attraverso l’emoglobina.

Ripristino del CP (%) Tempo (min.)

85 290 4100 8

Naturalmente maggiore è la deplezione di creatinfosfatosusseguente l’esercizio e maggiore sarà la quantità di ossigeno richiesta

per la sua risintesi; il rapporto tra i due parametri è rappresentato dal

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grafico sotto rappresentato:

figura 2.1

Naturalmente un atleta al quale sono stati riscontrati valori di RRPmolto alti è senz’altro potenzialmente molto dotato e predisposto versoquelle discipline che richiedono grossa utilizzazione di creatinfosfato, inquanto un alto valore sperimentale di ossigeno di restauro rapido,utilizzato dopo la prova, presuppone un rilevante utilizzo dello stessodurante lo sforzo fisico stesso.

Il ripristino delle riserve di glicogeno muscolarenella SRP

Il completo ristabilimento delle riserve di glicogeno muscolare

avviene in tempi di gran lunga superiori a quelli inerenti il CP e, ineffetti, la completa replezione richiede anche parecchi giorni.Naturalmente alcuni parametri interagiscono con questo importante

processo determinando la deplezione, i tempi secondo i quali essa stessaavviene e il conseguente ristabilimento delle condizioni antecedenti alfenomeno; i parametri in questione sono:

•  tipologia dell’esercizio eseguito:•  tenore di carboidrati caratterizzante il periodo di SRP.

In particolare gli esercizi eseguiti possono essere di due tipi:

•  anaerobici;•  aerobici.

Per motivi di specificità, propri di questa trattazione, non intendosoffermarmi nella descrizione delle fasi caratterizzanti la deplezione diglicogeno in seguito ad esercizi di tipo aerobico, mentre ritengofondamentale l’acquisizione di tutti i dati scientifico-sperimentali anostra disposizione inerenti lo studio dello stesso fenomeno nellediscipline anaerobiche.

Di recente numerosi studi hanno portato alla luce dati fino aqualche tempo fa assolutamente impensati e impensabili.

La prima serie di esperimenti non fece altro che confermare quel

dato ormai acquisito con certezza da tempo che sancisce l’effettivo

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maggior utilizzo di glicogeno caratterizzante le discipline anaerobicherispetto a quelle aerobiche.

I primi dati interessanti emersero allorquando si scoprì che ilristabilimento dei valori era notevolmente più rapido in seguito a sforzo

anaerobico pur avendo comunque raggiunto uguali valori di deplezionedel glicogeno.In seguito fu inserita una variabile rivelatasi, con il passare del

tempo, determinante e caratterizzante ulteriormente le differenze chegià caratterizzano i processi anaerobici ed aerobici; la variabile inquestione è rappresentata dal cosiddetto tenore gli cidico di restauro .

Numerosi esperimenti dimostrarono che l’assunzione di carboidratidurante il restauro da deplezione aerobica accelerava drasticamente ilrecupero e il ripristino degli originari valori, mentre il quadro sipresentava completamente diverso nel caso di deplezione anaerobica.

figura 2.2a

figura 2.2b

I risultati portarono a concludere che un enorme quantitativo diglicogeno viene risintetizzato nel tempo che va dai 30 minuti alle 2 oredi restauro e in assenza di carboidrati; la presenza degli stessi non

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influisce minimamente nel computo finale e comunque, in entrambi icasi, occorrono 24 ore affinché il periodo di restauro risulti ultimato.

A titolo informativo sappiate che, in assenza di carboidrati, ilrestauro aerobico può durare fino a 5 giorni!.

Vi starete senz’altro chiedendo per quale motivo la risintesi delglicogeno muscolare susseguente un esercizio è così differente nei duecasi; ebbene i motivi sono essenzialmente due:

•  la disponibilità dei precursori del glicogeno è di gran lungasuperiore in seguito ad esercizio intermittente rispetto alcontinuo; gli stessi sono rappresentati dall’acido piruvico,dall’acido lattico e dal glucosio;

•  è stato dimostrato che la risintesi del glicogeno avviene piùrapidamente nelle fibre rapide (glicolitiche) rispetto alle fibrelente (ossidative).

Rapporto tra la risintesi del glicogeno e la SRPLe numerose reazioni chimiche proprie di questo importantissimo

processo fisiologico richiedono un notevole apporto energetico a carico,ovviamente, dell’adenosintrifosfato generato dai processi di produzioneaerobici.

L’ossigeno di restauro lento (SRP) può contribuire al fenomenoper un tempo massimo di 2 ore, ossia fino al termine del restauro inseguito alla successione delle fasi SRR ed RRP (vedi fig. 1.9).

Schema riassuntivo: restauro anaerobico

Ripristino del glicogeno (%) Tempo (ore)

40 255 5100 24

Nota: i valori non variano in seguito ad integrazione glicidica!

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 A Acciiddoo llaatt tt iiccoo::  ppr r oocceessssii  ddii

mmeettaabbooll iizzzzaazziioonnee ee r r iimmoozziioonnee

La comprensione di alcuni punti è di fondamentale importanza alfine di comprendere a fondo i complessi meccanismi che regolanol’instaurarsi della fatica muscolare e il verificarsi di quei fenomeni cheinducono il ripristino del totale recupero dalla stessa.

L’acido lattico è il principale agente limitatore nell’ambito dellacompetizione agonistica in genere; occorre necessariamente indagare edapprofondire aspetti quali:

•  il tempo di riassorbimento del lattato;•  fattori influenzanti il riassorbimento dello stesso;•  metabolizzazione del lattato rimosso;•

  connessioni tra SRP ed acido lattico.

Tempi di riassorbimento del lattato

Sforzi massimali protratti fino all’esaustione presentano valori diriassorbimento nell’ordine dei 25 minuti per il riassorbimento dellametà del lattato; la completa rimozione prevede tempi nell’ordinedell’ora e 15 minuti.

Se l’esercizio in questione non è massimale ma sub-massimale iltempo risulta notevolmente inferiore.

figura 2.3

Fattori influenzanti il riassorbimento del lattato

Una doverosa distinzione si rende a questo punto doverosa; i tempidi riassorbimento considerati in precedenza si riferiscono a situazioni direstauro cosiddetto “a riposo”, e cioè caratterizzati da un recupero dopolo sforzo in condizioni di immobilità assoluta o quasi.

Moderne ricerche hanno dimostrato che i tempi di rimozione dellattato diminuiscono drasticamente se durante il restauro si imposta unprogramma di lavoro blando, il cosiddetto restauro in esercizio.

Il Parma calcio ci ha ormai abituato a quei “giretti di campo” dopola partita evidentemente frutto del lavoro di preparatori atletici attenti ed

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aggiornati.

 figura 2.4

A sua volta il restauro in esercizio che ha fornito valori diriassorbimento superiori è stato quello continuo, tipo jogging, rispetto aquello intermittente (vedi fig. 2.4).

A questo punto è importante determinare la giusta intensità perpoter elaborare un programma in grado di garantire la massima resafisiologica. I parametri da prendere in considerazione in questaimportantissima fase sono tre, ed esattamente:

•  l’ossigeno bruciato durante l’esercizio in riferimento allamassima potenza aerobica del soggetto;

•  il valore testante la quantità di ossigeno impiegatanell’esecuzione dell’esercizio;

•  il valore testante la quantità di ossigeno impiegatanell’esecuzione dell’esercizio espressa in ml per kg. Di pesocorporeo del soggetto esaminato per ogni minuto di esercizio.

figura 2.5

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Dagli esperimenti eseguiti al proposito è emerso che i valoricorrispondenti all’intensità da adottare nel restauro in esercizio insoggetti rispettivamente poco allenati e agonisti sono i seguenti:

•  nell’atleta poco allenato (principiante) il valore si testa sul 30-45% della VO2 Max;

•  nell’atleta agonista il valore è del 50-65% della VO2 Max.

Ma per quale motivo il riassorbimento dell’acido lattico avvienepiù velocemente nel restauro in esercizio?

La risposta è semplice e affascinante; in considerazione al fattoche il nostro organismo sfrutta metabolicamente ogni substratoutilizzabile, compresi quelli scaturiti in seguito a trasformazionidegradative, possiamo analizzare in che modo il lattato concorre aquella produzione energetica fondamentale alla vita.

L’acido lattico, in presenza di ossigeno, subisce la riconversionedapprima in acido piruvico e, in un secondo momento, in anidride

carbonica (CO2) e acqua (H2O) nel ciclo di Krebs e nel sistema ditrasporto degli elettroni rispettivamente; il tutto avviene naturalmente alivello muscolare. L’ossigeno si comporta quindi da accettore di elettroni,permettendo l’ossidazione del lattato che torna nell’originaria forma dipiruvato, il tutto avviene soprattutto all’interno della muscolaturascheletrica e, precisamente, in seno alle fibre ossidative a scossa lenta(fibre rosse). In precedenza abbiamo osservato che il maggiorriassorbimento di acido lattico si verifica in fase di restauro in movimentocon un intensità dello stesso nell’ordine del 50-65% della VO2 Max, cioèin una condizione che vede coinvolte proprio le fibre rosse ossidative; allaluce di quanto detto finora appare evidente che solamente un esercizio di

restauro aerobico è in grado di assicurare quella “fornitura” di ossigenofondamentale affinché avvenga l’ossidazione del lattato in acido piruvico,il tutto strettamente connesso al reclutamento di quelle fibre a scossa lentavere protagoniste di questo ingegnoso processo fisiologico.

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SSttr r uutt ttuur r aa ee ccoonnttr r aazziioonnee ddeell  mmuussccoolloo

ssttr r iiaattoo sscchheelleettr r iiccoo

La comprensione di quei complessi meccanismi che provocano ilfenomeno della contrazione muscolare presuppone la profondaconoscenza del muscolo stesso a livello morfo-strutturale.

Sezione connettivale

La porzione connettivale del muscolo scheletrico assolve ad untriplice compito; circonda il muscolo dall’esterno e, invaginandosiall’interno della struttura, avviluppa sia i piccoli agglomerati fascicolariche le singole fibre. Naturalmente esiste una terminologia ben precisa alfine di identificare il tessuto connettivo nelle rispettive zone: la zona piùesterna prende il nome di epimisio , quella che circonda i fascicoliperimisio  mentre il rivestimento delle singole fibre endomisio .

figura 2.6

Spesso si parla di tessuto connettivo senza conoscerne la natura e,considerata la grande importanza che questo ricopre nonché le

frequentissime situazioni nelle quali è sicuro oggetto di studio, ritengoindispensabile la trattazione di questo argomento.

Ogni organo presenta un particolare rivestimento formatogeneralmente da aggregati cellulari organizzati in strutture dette, perl’appunto, tessuti .

l’epidermide , ad esempio, rappresenta lo strato esterno della pellee dell’intestino ed è formato da cellule cosiddette epiteliali ; le cavitàcardiache e i vasi sanguigni a loro volta sono costituite da cellule che siriuniscono a formare i tessuti endoteliali .

I tessuti connetti vi  hanno una composizione cellulare come gli altrima, a differenza degli epiteliali ed endoteliali, sono costituiti sia dacellule che da mater iale i ntercellulare .

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Alcune cellule specializzate, i fibroblasti , producono una proteina,il collagene , in grado di formare un intelaiatura organica resistente eflessibile (le strutture tendinee presentano una resistenza alla trazionefino a 500 Kg/cm2  ma scarsissima elasticità); tendini , cartilagini ,

epimisio , perimisio  ed endomisio  presentano una struttura costituita daquesta importantissima proteina di derivazione fibroblastica .La fitta trama di tessuto connettivo intramuscolare si fonde con la

resistentissima struttura tendinea, ancorata saldamente al più esternorivestimento osseo, il periostio ; avviene in questo modo la connessionetramuscolatura scheletri ca  e scheletro osseo .

Struttura del muscolo scheletrico

Un muscolo è costituito, strutturalmente, da migliaia di singolefibre circondate da una specifica membrana, il sarcolemma ; è propriocon questa che l’

endomisio  viene in contatto.

L’osservazione di una singola fibra muscolare al microscopioottico evidenzia un aspetto del tutto particolare, caratterizzato dallapresenza di “bande chiare” alternate ad altre più scure; la presenza diqueste striature conferisce al muscolo scheletrico il suo particolareaspetto giustificando il termine che ne contraddistingue la natura:muscolo scheletrico striato.

Soltanto una ulteriore analisi microscopica è in grado dievidenziare la presenza di fibre più piccole all’interno del sarcoplasma della fibra muscolare; la disposizione di queste sub-unità, denominatemiofibrille  o miofilamenti , rispetta un preciso ordine di sovrapposizionedelle stesse e determina la presenza delle striature citate in precedenza.

La rilevazione al microscopio elettronico è in grado di evidenziareuna differenza dimensionale tra i due miofilamenti, denominati diconseguenza fi lamenti spessi e fil amenti sottil i .

I filamenti sottili sono disposti in modo che ciascuno di essi, allesue estremità, presenti un reticolo quadrangolare; la successione di duecomponenti di questo tipo, a collegare due serie di filamenti sottili, inuna struttura unica prende il nome di linea Z   o disco Z ; la linea Zrappresenta proprio la zona di fissaggio dei filamenti sottili alsarcolemma, il tutto al fine di conferire stabilità all’intera strutturamantenendo, nel contempo, allineati i filamenti di actina.

La sezione di miofibra compresa tra due dischi Z consecutivirappresenta l’unità elementare della miofibrilla e prende il nome disarcomero .

Naturalmente ogni singola miofibrilla presenta numerosissimisarcomeri della lunghezza stimata di circa 2.4 µm.

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figura 2.7

Considerando due sarcomeri consecutivi con il disco Z posto alcentro di essi, è possibile osservare che le zone adiacenti al discostesso, alla sua destra come alla sua sinistra, appaiano chiare; ilmicroscopio elettronico ha evidenziato in queste porzioni la presenzaesclusiva di filamenti sottili inducendo i ricercatori a definire tale tratto“banda I”, o banda isotropa .

La parte centrale del sarcomero, circondata dalle due bandeisotrope, osservata al microscopio appare al contrario molto più scura;a tale sezione è stato attribuito il nome di “banda a” o banda anisotropa .

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 La terminologia anisotropa o isotropa, fonda le sue radici

in seguito a fenomeni che si verificano allorquando una

sostanza, attraversata da un fascio di luce polarizzata, si

comporta da composto birifrangente nel primo caso e non nel

secondo. La banda A evidenzia la presenza al suo interno di

 filamenti spessi e sottili nel contempo, presenta una struttura

notevolmente più “densa” e compatta della banda I, in grado

quindi di opporsi all’attraversamento di quel fascio di luce che,

al contrario, riesce facilmente a penetrare l’inconsistente zona

caratterizzata dalla presenza esclusiva di filamenti sottili.

La banda A ha una lunghezza nell’ordine di 1.6 µm e presenta duezone ben distinte; la più scura è caratterizzata dalla sovrapposizione difilamenti spessi e sottili e circonda sui due lati la porzione centrale,riconoscibile dalla colorazione più chiara conferitagli dall’esclusivapresenza di filamenti spessi e denominata zona H o banda H.

Al centro della zona H è riconoscibile una sottile linea scura,identificata come linea M.

Composizione strutturale dei filamenti spessi esottili

L’analisi strutturale dei filamenti sottili ha portato alriconoscimento all’interno degli stessi di una proteina: l’actina .

Per la precisione ogni filamento sottile è composto da due cateneelicoidali di actina che si avvolgono a spirale destrogira e che accolgononel loro interno, in specifici siti di ricezione, altre due proteine in gradodi inibire con la loro presenza la contrazione muscolare; si tratta dellatroponina e della tropomiosina .

figura 2.8

Una proteina ad altissimo peso molecolare rappresenta il più

importante costituente dei filamenti spessi, la miosina .L’osservazione al microscopio elettronico ha evidenziato unastruttura di questa importantissima molecola simile ad un bastoncino,all’estremità del quale è presente una struttura globulare (testaglobulare), indicata generalmente come ponte trasversale .

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figura 2.9

La disposizione miosinica è del tutto particolare e prevedel’orientamento delle code in direzione del centro del filamento ed i pontitrasversali orientati verso l’estremità; è importante dire che ognimolecola di miosina contiene fino a 200 ponti trasversali.

Osservando un fascio di filamenti miosinici appaiono evidenti deirilevanti particolari:

•  la particolarissima forma della miosina la rende molto simile aduna mazza da golf, la cui testa è rappresentata dai  ponti

trasversali e l’asta centrale diritta dalla coda;•  questa complessa struttura è organizzata a formare un fascio tra

filamenti differenti sempre disposti in coppia, con le rispettivecode poste sullo stesso piano di simmetria e con i pontitrasversali orientati in direzione opposta; le coppie sisusseguono ad una distanza stimata nell’ordine dei 143Å edinoltre, sono reciprocamente ruotate in modo che quattrocoppie successive formano un’elica che si estendecomplessivamente per una distanza di 429Å.

Contrazione muscolare e teoria dei filamentiscorrevoli

Lo studio di quei fenomeni che si verificano all’interno del ventremuscolare allorquando si verifica l’accorciamento dello stesso è dicapitale importanza; tratteremo l’argomento in modo capillare e quantopiù completo possibile, analizzando singolarmente tutti quei processifisiologici che concorrono al verificarsi del fenomeno della contrazione.

Alcune importanti variazioni strutturali si verificano allorquandoun muscolo è soggetto a contrazione; per la precisione si osserva una

variazione dimensionale del sarcomero indotta dallo scorrimento deifilamenti di actina sulla miosina.Per meglio comprendere cosa avviene in realtà all’interno della

struttura contrattile occorre ricordare che i filamenti di actina nonattraversano il sarcomero, tra due linee Z consecutive, in manieracontinuativa ma estendendosi dalla linea Z di appartenenza in direzionedella banda A che, conseguentemente, risulterà costituita sia dafilamenti spessi di miosina che da filamenti sottili actinici provenientidalle due linee Z poste ai lati della banda anisotropa stessa; la zona H èriconoscibile proprio a causa della variazione di luminosità indottadall’assenza di filamenti sottili al centro della banda A.

Lo scorrimento actinico non induce alcun cambiamento strutturale

in seno alla banda anisotropa mentre invece la banda isotropa, proprio

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in virtù dell’avvenuto spostamento dei filamenti sottili, subisce unachiara modificazione dimensionale di restringimento corrispondentenaturalmente all’avvicinamento delle linee Z verso quella zona H che,in caso di forte contrazione e scorrimento miofibrillare seguito

dall’interposizione dei filamenti actinici al centro della banda A,addirittura scompare completamente.Le strutture che, di fatto, inducono il moto relativo actina-miosina

sono i ponti traversali miosini ci , veri e propri perni mobili contenentiun sito reattivo in grado di legarsi all’actina (più precisamente al sitoattivo di questa).

La molteplicità funzionale della miosina fa di questa un vero eproprio enzima in grado di promuovere, spontaneamente, reazioni diattivazione nei confronti del substrato contenuto nel proprio pontetrasversale; il substrato in questione è l’adenosintrifosfato e forniscel’energia necessaria affinché la testa globulare possa letteralmentespingere verso il centro del sarcomero l’actina provocando

l’accorciamento del muscolo.figura 3.0

Una volta realizzatasil’interazione actina-miosina ilcomplesso proteico che nederiva prende il nome diactomiosina .

Quando un frammento diactomiosina viene messo incontatto con dell’ATP in vitrosi determina un processo di

contrazione del tutto simile aquello che si verifica nellarealtà all’interno del muscolo.

Le fasi responsabili delverificarsi di quegli accadimentifisiologici sui quali fonda le suebasi la teoria dei filamentiscorrevoli, verranno di seguitoanalizzate nel dettaglio.

Si rende a questo puntoindispensabile la conoscenza diquella struttura miofibrillare

rappresentata dal reticolo sarcoplasmatico per potercomprendere fondamentaleruolo del calcio (in formaionica) nella contrazione.

Il reticolosarcoplasmatico

Le miofibrille sonoletteralmente circondate da

questa importante struttura

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reticolare costituita da tubuli  evescicole secretorie  (vedi fig. 3.1).I tubuli l ongitudinali si estendono verso entrambe le estremità delle

miofibre (longitudinalmente per l’appunto) fino a riversarsiterminalmente nelle cosiddette vescicole terminali   o cisterne ; inconsiderazione al fatto che questo schema si ripete continuamente lungol’asse della miofibrilla, si rende necessaria la presenza di una strutturain grado di separare anatomicamente le vescicole di un moduloreticolare da quello contiguo, funzione questa propria dei cosiddettitubuli trasversi   citati spesso come sistema T ; questi pur essendofunzionalmente associati al reticolo sarcoplasmatico, anatomicamenterappresentano delle invaginazioni del sarcolemma verso gli strati piùprofondi della fibra muscolare.

Funzionalmente i tubuli trasversi sono responsabili dellapropagazione dell’impulso elettrico dal sarcolemma in direzione dellemiofibre interne al muscolo, mentre le vescicole terminali contengonorilevanti quantità di ioni calcio.

La zona compresa tra due vescicole terminali contigue unitamenteal tubulo trasverso che le separa prende il nome di triade .In definitiva, l’impulso elettrico si propaga lungo il sistema T e,

una volta in prossimità delle vescicole terminali, provoca il rilascio daparte di queste ultime di ingenti quantità di calcio in forma ionica;vedremo di seguito la specifica funzione di questi ioni nell’ambito dellacontrazione muscolare.

figura 3.1

Condizione di riposo e disaccoppiamento actina-miosina

In condizioni di riposo non vi è assolutamente alcuna interazionetra i filamenti actinici e i ponti trasversali miosinici, ai quali è peraltrolegata inerte una molecola di adenosintrifosfato; il complesso descritto

viene fisiologicamente indicato con il termine complesso ATP-pontetrasversale scarico, ed è caratterizzato:

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•  dalla presenza delle molecole di troponina e tropomiosina adoccupare i siti di ricezione actinici dei ponti trasversalimiosinici;

•  dalla totale assenza di ioni calcio liberi.

In queste condizioni actina e miosina risultano disaccoppiate.

Situazione di eccitazione ed accoppiamentoactina-miosina

Numerosi processi si susseguono allorquando un impulso elettrico,attraverso le vie efferenti rappresentate dai motoneuroni, raggiunge lagiunzione neuromuscolare.

Primo tra tutti il rilascio di acetilcolina con susseguentegenerazione di un potenziale d’azione nel sarcolemma della fibra

muscolare; quest’ultimo è in grado di propagarsi attraverso la fibrastessa tramite i tubuli trasversi, inducendo una liberazione di ioni calcioda parte delle vescicole terminali del reticolo sarcoplasmatico.

Il calcio ormai libero all’interno del sarcoplasma induce deicambiamenti conformazionali nelle molecole di troponina etropomiosina le quali abbandonano i siti di accoppiamento tra l’actina ei ponti trasversali miosinici; tale fenomeno viene indicato comeaccensione dei siti attivi dell’actina.

Solo quando si verificano le condizioni precedentemente descritteavviene il caricamento del complesso ATP-ponte trasversale, il qualeinduce l’accoppiamento chimico che genera il collegamentoactomiosinico protagonista della contrazione.

Contrazione muscolare: attivazione dell’ATPasimiosinica

L’attivazione dell’adenosintr ifosfatasi miosini ca   (ATPasi) avvienein concomitanza alla formazione del complesso actomiosinico; èfacilmente intuibile che questo enzima provochi la scissione dell’ATP inADP+Pi (adenosindifosfato+fosfato inorganico) con conseguenterilascio di energia; é proprio grazie a questa energia che il pontetrasversale spinge il filamento sottile verso il centro del sarcomero conconseguente sviluppo della contrazione.

Ciclo di accoppiamento e disaccoppiamentocontinuo durante la contrazione

Durante una singola contrazione i ponti trasversali possono,singolarmente, indurre un piccolo scorrimento del filamento di actinasicuramente non sufficiente ad provocare un accorciamento rilevantedel ventre muscolare; è proprio per questo motivo che le testemiosiniche presentano lungo il fascio quello sfasamento indispensabile agarantire un’alternanza tra ponti attivati ed altri che si attiveranno solonel momento in cui lo spostamento del filamento sottile avrà messo in

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corrispondenza delle teste inattive i siti di ricezione actinici primatroppo spostati all’indietro.

In effetti solamente il 50% dei ponti partecipa simultaneamente allacontrazione! Ma come avviene l’accoppiamento e il distacco dei ponticrociati?

Solamente la generazione di una nuova molecola di ATP è ingrado di indurre la rottura del vecchio legame ponte-trasversale actina.

Il “rigor mortis”, ossia quella condizione di rigidità muscolarepropria dei cadaveri, è indotta dall’inibizione del processo dissociativoactomiosinico a causa della totale inesistenza di molecole diadenosintrifosfato, uniche responsabili affinché avvenga quella scissionetra ponte trasversale miosinico ed actina così importante ai fini delladecontrazione del muscolo.

Decontrazione del ventre muscolare

La cessazione degli impulsi elettrici che, attraverso le vie efferentigiungono al muscolo dal sistema nervoso, induce l’innescarsi diinteressantissimi processi fisiologici, primo tra i quali, l’attivazionedella pompa del calcio ; questa, in seguito alla rimozione del mineraledal suo legame con la troponina, drena lo stesso in direzione dellevescicole esterne del reticolo sarcoplasmatico.

Il fenomeno dell’accensione dell’actina, verificatosi allorquandogli ioni calcio, interagendo con la troponina (e con la tropomiosina),avevano “acceso” il filamento sottile actinico liberandolo da queste dueproteine inibitrici, in questo momento non ha più la possibilità diverificarsi; gli inibitori fanno di nuovo ritorno all’interno dei siti attividella molecola di actina. L’attività ATPasica risulta a questo puntointerrotta con conseguente cessazione della produzione di ATP.

A questo punto è necessario procedere all’analisi di queimeccanismi, responsabili della trasmissione dell’impulso nervoso,attraverso i quali la contrazione del muscolo è resa possibile.

Placca motrice, unità motoria e graduazione dellaforza

Dati scientifici attendibilissimi testano il numero delle fibremuscolari nell’ordine di 250.000.000 di singole unità; dati numerici deltutto inferiori sono altresì risultati in seguito al conteggio percentuale

delle fibre nervose motorie, valutate approssivativamente in quantitànon superiore alle 450.000 unità.

Dati del genere lasciano facilmente intuire che un singolomotoneurone risulta connesso, attraverso diramazioni assoniche, consvariate fibre muscolari la cui zona membranaria, posta in prossimitàdella branca assonica terminale del motoneurone, presentaparticolarissime proprietà chimiche e viene denominata placca motr ice ,mentre il numero di fibre muscolari innervate dal singolo motoneuroneva sotto il nome di unitàmotoria .

Le fibre di una unitàmotoria si contraggono sempre 

simultaneamente, secondo la legge del “tutto o nul la”.

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La regolazione della tensione muscolare avviene attraverso l’ attivazione selettiva di un numero variabile di singole unitàmotor ie; analizzeremo in seguito, nel dettaglio, il ver ifi carsi di tal i fenomeni fi siologici .

L’assone motorio presenta, in prossimità della propria estremitàterminale, vescicole delimitate da membrana e contenenti un importanteneurotrasmettitore: l’acetilcolina.

Esiste una differenza sia funzionale che terminologica checontraddistingue un collegamento assonale nervoso (giunzionesinaptica) da un collegamento assonale neuro muscolare terminale(giunzione mioneurale): i processi che portano alla nascita di unpotenziale di placca muscolare sono i medesimi verificantesi in senoalle giunzioni sinaptiche; l’entità del primo è però notevolmentesuperiore rispetto al secondo per i seguenti motivi:

•  l’area di contatto tra le fibre nervose e muscolari ènotevolmente superiore di quella oggetto della giunzionesinaptica;

•  il quantitativo di neurotrasmettitore rilasciato nella placcamotrice è nettamente superiore;

•  non esistono potenziali postsinaptici inibitori (IPSP) a livello digiunzione mioneurale.

L’insorgere del potenziale d’azione di propagazione assonaleprovoca la depolarizzazione della membrana della fibra nervosa,l’assolemma, con conseguente fusione delle vescicole con la membranastessa e conseguente rilascio del neurotrasmettitore attraverso lo spazioextracellulare e fino alla placca motrice; specifici recettori accolgono aquesto punto l’acetilcolina.

La combinazione prima descritta, tra il neurotrasmettitore ed irecettori della placca motrice, induce nella stessa un aumento dellapermeabilità agli ioni sodio e potassio con conseguentedepolarizzazione, detta potenziale di placca terminale (EPP).

Un solo potenziale di placca terminale è sempre in grado didepolarizzare il sarcolemma muscolare provocando l’insorgenza di unpotenziale d’azione, il quale indurrà successivamente una secondadepolarizzazione nei riguardi dei tubuli trasversi all’interno delsarcomero muscolare; questo processo porterà inevitabilmente alla

fuoriuscita degli ioni calcio da parte dei tubuli trasversi del reticolosarcoplasmatico che circonda le miofibrille.

Meccanica e regolazione della contrazionemuscolare

La forza generata dalle proteine contrattili all’interno del ventremuscolare, in seguito a contrazione dello stesso viene generalmentedenominata tensione muscolare, mentre la forza che si oppone a questa,rappresentabile fisicamente dal peso di un oggetto, viene detta carico; latensione muscolare, per sollevare un carico, deve necessariamente

essere superiore di questo.

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L’accorciamento muscolare cui fa seguito uno spostamento dicarico viene indicato come contrazione isotonica a tensione costante,visto che il valore del peso esterno non varia nel tempo; nel caso in cuila tensione muscolare non sia sufficiente a vincere il valore del caricoperché superiore, siamo di fronte ad una contrazione isometrica alunghezza costante.

Affinché sia auspicabile una contrazione, sia essa isotonica cheisometrica, occorre che un numero variabile di unità motorie vengaattivato.

Esistono differenti parametri numerici in riferimento al numero difibre muscolari innervate dal singolo motoneurone; il fattore primariodeterminante tali differenze è rappresentato dalla specificità motoria delmuscolo innervato.

Muscoli i cui movimenti risultano di grande precisione, comequelli dell’occhio ad esempio, possono presentare unità motoriecostituite addirittura da una sola fibra muscolare, mentre muscoli

notoriamente molto forti, come il quadricipite, presentano talvolta unitàmotorie costituite da migliaia di fibre muscolari innervate.A tal scopo inseriamo un parametro indicativo a rappresentare tale

situazione: il rapporto fibre muscolari fibre nervose, ossia FM/FN; un altovalore FM/FN è proprio di muscoli cui si richiede un notevole sviluppo diforza mentre, al contrario, un basso indice di tal parametro è indicativoa rappresentare muscoli la cui contrazione debba rispondere a canoni dispiccata precisione.

Regolazione della tensione muscolare

I processi attraverso i quali è resa possibile una modulazione dellaforza muscolare sono fondamentalmente tre:

•  attivazione di un numero più o meno elevato di unità motorie;•  attivazione contemporanea di un variabile numero di unità

motorie;•  variazione della frequenza di attivazione da parte delle singole

fibre muscolari.

La propagazione di un potenziale d’azione induce nel muscoloscheletrico una risposta meccanica generalmente identificata come“scossa”.

L’eccitazione miofibrillare presenta modalità e tempi di

realizzazione particolari e, cosa importantissima, dipendenti dal tipo difibra coinvolta dal potenziale d’azione mioneurale.Ricordo che il collegamento tra motoneurone e placca motrice è

generalmente indicato come giunzione mioneurale.La contrazione non avviene in concomitanza all’arrivo del

potenziale d’azione, cui fa seguito la formazione di quel complessoactomiosinico responsabile dell’eccitamento; l’intervallo checaratterizza questo importante lasso temporale è rappresentato dalperiodo latente.

Non è altresì possibile che la massima contrazione avvengaimmediatamente dopo il periodo latente; studi elettromiografici hanno atal riguardo fornito interessantissime risposte sulla base di dati che,inequivocabilmente, rilevano un ulteriore tempo di contrazione

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caratterizzante l’accorciamento del ventre muscolare a seconda delcarico applicato.

Modificazione dei parametri nelle contrazioniisometriche e isotoniche

Sostanziali differenze caratterizzano le due modalità attraverso lequali si esplica la perfetta funzionalità organica del sistema muscolarescheletrico.

Analizzando le reazioni che caratterizzano una scossa isometricada una isotonica emergono dati tanto interessanti quanto differenti, invirtù delle profonde diversità che caratterizzano tali peocessi fisiologici.

Contrazione isotonica

Naturalmente la velocità di accorciamento è profondamentecorrelata al valore della resistenza che si oppone alla contrazione e, atal proposito, esistono precisi rapporti di proporzionalità diretta edinversa tra carico, periodo latente e tempo di contrazione; in particolareall’aumento del carico esterno si rileva un incremento del periodolatente seguito da una diminuzione della velocità e della distanza diaccorciamento.

figura 3.2 a, b

Alla massima sollecitazione, corrispondente ad un valore dellaresistenza uguale o superiore alla massima tensione sviluppabile dal

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ventre muscolare, si registra quel valore nullo della velocità e distanzadi accorciamento proprio delle contrazioni isometriche.

Contrazioni isometriche

Naturalmente la situazione risulta notevolmente differente incondizione di isometria, dove non è possibile valutare alcunaccorciamento del ventre muscolare; a tal proposito la rappresentazionegrafica presenterà sull’asse delle ordinate non più il valore delladistanza di accorciamento quanto quello della tensione.

figura 3.3

L’analisi comparativa dei due grafici mette in risalto aspetti che,chiaramente, differiscono nei due casi. Il primo parametro palesementedifferente è il periodo latente, notevolmente maggiore durante una

scossa isotonica; la durata della stessa, di contro, risulta però di granlunga minore rispetto alla scossa isometrica.

Sviluppo della contrazione e fenomeni disommazione isotonica

Il potenziale d’azione motoneuronale ha una durata nell’ordine dei2 msec e cessa molto prima che la contrazione muscolare (nel caso disollecitazione isometrica il parametro è rappresentato dalla tensione)inizi ad aumentare; di contro la risposta miofibrillare, sotto forma discossa semplice, può durare fino a svariate centinaia di millisecondi.

Da una attenta analisi dei parametri precedentemente citati emergechiaramente la possibilità che il secondo impulso elettrico possasopraggiungere al muscolo proprio durante le risposta meccanica diquest’ultimo; cosa comporti una situazione del genere è evidenziatonelle figure 3.4a, b e c e considera la tensione sviluppata in seguito acontrazione isotonica.

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figura 3.4 a, b, c

Un singolo impulso (S1) provoca una incremento di contrazionedella durata di 150 msec; il secondo stimolo (S2), applicato al muscolo200 msec dopo S1, a decontrazione ormai ultimata, induce una secondascossa contrattile pressoché identica alla prima.

Nella seconda rappresentazione grafica (B) non avvengonovariazioni dell’intervallo S1-S2, che rimane invariato a 200 msec, mauna terza stimolazione viene applicata 60 msec dopo S2, proprioallorquando la risposta meccanica indotta precedentemente inizia adecrescere; il risultato è che il picco di tensione generato risulta moltopiù elevato di quello risultante da una singola scossa.

Riducendo ulteriormente l’intervallo S2-S3 fino a 10 msec,esperimento rappresentato in figura 3.4c, si registra un incremento del

massimo valore tensivo.Le considerazioni emergenti dai grafici precedentemente analizzati

ci conducono a considerare alcuni importanti aspetti caratterizzanti larisposta meccanica del muscolo scheletrico agli stimoli indotti dalsistema nervoso; alla proprietà da parte della struttura contrattile diaddizionare gli stimoli nervosi producendo una contrazione sempremaggiore si da il nome di sommazione.

Una frequenza stimolatoria sufficientemente elevata da indurre unacontrazione derivante da fenomeni di sommazione massimale protrattinel tempo è condizione indispensabile affinché possa verificarsi iltetano; il rapporto di proporzionalità che lega frequenza di stimolazionee contrazione muscolare ha naturalmente un massimo valore,rappresentato dalla massima frequenza di stimolazione, e superato il

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quale non avviene alcun incremento della tensione (isometria) o dellacontrazione miofibrillare (isotonia).

In condizioni di tetano isotonico massimale si registra unaccorciamento della sezione muscolare nell’ordine del 40% della sualunghezza a riposo.

Allo stesso modo con cui una fibra muscolare ha tempi dicontrazione diversi rispetto ad altre, anche la frequenza di stimolazioneoccorrente affinché possa verificarsi un tetano massimale varia aseconda delle fibre innervate.

Frequenze che prevedono cir ca 30 stimoli al sec. sono perfettamente in grado di indurre il tetano nelle fibre lente,mentre le fibre veloci necessitano di frequenze nell’ ordine dei 100 stimol i al sec. (spesso anche molto di più).

Per quanto tempo la massima contrazione del muscolo possa esseremantenuta dipende esclusivamente dalla quantità di ATP fornito dalla

struttura alle proteine contrattili interne; la decontrazione o il repentinocalo di tensione verificantesi dopo un certo lasso di tempo rappresentala cosiddetta fatica muscolare.

Il fenomeno dell’affaticabilità dipende da parametri chedifferiscono a seconda del tipo di fibra considerata, sia essa bianca orossa.

Le fibre veloci a bassa capacità ossidativa e scossa rapida sono ingrado di procedere ad una velocissima idrolisi dell’ATP, nonché ad unaaltrettanto veloce ricarica dello stesso attraverso i processi di ricaricaglicolitico anaerobica; naturalmente un così veloce sistema diproduzione adenosintrifosfatasica esaurisce ben presto i depositi deisubstrati energetici, rappresentati in questo caso dalle riserve diglicogeno stoccato nel muscolo stesso, con conseguente rapidaaffaticabilità.

Il discorso appare completamente differente nel caso delle fibrerosse ossidative mentre la terza categoria di appartenenza, rappresentatada fibre a scossa rapida ad alta capacità ossidativa, presentacaratteristiche intermedie tra le due.

Cause e tempi della fatica muscolare

Il fenomeno dell’affaticabilità muscolare merita approfondimentiche vanno al di là della semplice analisi delle fibre coinvolte durante

l’esercizio; sedi e cause vanno ricercate tenendo in considerazioneulteriori parametri di ricerca.

Gli elementi funzionali oggetto di studio ai quali verrebbe attribuital’insorgenza della fatica muscolare sono:

•  attività motoneuronale;•  giunzione mioneurale o neuromuscolare;•  sistema contrattile;•  sistema nervoso centrale.

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 At ti vi tà motoneuronale

Al primo dei quattro punti non vengono attribuite grosseresponsabilità in tema di affaticabilità.

Giunzione mioneuronale

Studi diversi hanno portato a differenti interpretazioni; sembratuttavia che nelle fibre a contrazione veloce un fenomeno del generepossa effettivamente verificarsi in seguito alla progressiva deplezione dineurotrasmettitore (acetilcolina).

 Af fat icabili tà del meccanismo contratt ile

Vero e proprio responsabile della fatica in questo frangente è ilfamigerato acido lattico, il cui accumulo, cui segue inoltre unadiminuzione della massima tensione muscolare, sembrerebbe maggiore

nelle fibre bianche rispetto alle rosse e ciò giustificherebbe la maggioraffaticabilità di queste ultime correlata alla disposizione a produrreacido lattico che le caratterizza.

L’acido lattico interagisce con due fondamentali processifisiologici che caratterizzano la corretta funzionalità dell’apparatocontrattile, attraverso quell’alterazione di acidità che tanti danni arrecaall’intera struttura muscolare.

Entrambi i meccanismi risultano strettamente correlati ai livelliintracellulari dello ione idrogeno, strettamente correlati alle variazionidel Ph interno.

All’aumentare dell’acido lattico si registra un aumento di ioniidrogeno; il risultato indotto da un tale stato di cose si traduce in una

diminuzione della quantità di calcio liberato dalle cisterne terminali delreticolo sarcoplasmatico e in una interferenza da parte degli stessi ioniidrogeno nei processi di interazione del calcio stesso con le due proteinemiofibrillari inibitrici, troponina e tropomiosina.

La stessa glicolisi anaerobica risente pesantemente dell’avvenutadiminuzione del Ph indotta dall’acido lattico; l’aumento degli ioniidrogeno inibisce l’attività di un enzima chiave nei complessi processiglicolitici, la fosfofruttochinasi, con una inevitabile diminuzione delladisponibilità di ATP e conseguente instaurarsi della fatica.

Altri fattori interagenti con la fatica del sistema contrattile sonosenza dubbio l’esaurimento delle riserve di ATP e delle scorte diglicogeno.

Fatica e sistema nervoso centrale

Recentissimi esperimenti hanno portato alla luce il ruolo diprimaria importanza che il sistema nervoso centrale ricopre nell’ambitodell’insorgenza della fatica nonché del restauro dall’esercizio.

É stato ipotizzato che le alterazioni interne al muscolo indottedall’affaticamento in seguito ad esercizio vengano segnalate al sistemanervoso centrale attraverso l’ausilio di fibre sensitive tramite le vieafferenti; la produzione di segnali inibitori efferenti indurrebbe lariduzione di attività caratteristica della fatica.

L’attività diversiva svolta durante il recupero ulteriori segnali,

provenienti da zone periferiche afferenti, andrà sollecitare le cosiddette

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“aree facilitatorie” efferenti del cervello i cui impulsi facilitatoriindurranno una migliore risposta immediata oppure un più veloceristabilimento dei normali parametri muscolari alterati in seguito aprestazione fisica prolungata nel tempo o massimale che sia.

É anche su queste reazioni fisico-chimiche che il restauro inesercizio fonda le proprie basi fisiologiche.

Sommazione muscolare, stato attivo e tensioneesterna

Vecchie teorie attribuiscono il verificarsi della sommazioneall’aumento della quantità di ioni calcio rilasciati dal reticolosarcoplasmatico, inizialmente insufficienti a provocare una contrazionein grado di opporsi al valore del carico esterno.

In realtà recenti studi hanno portato alla luce meccanismi del tutto

sconosciuti, evidenziando la primaria importanza che assume in talmeccanismo la struttura costituita dal tessuto extracellulare e tendineo,generalmente indicato come elemento elastico in serie.

La tensione generata internamente alla struttura contrattile èindicata come stato attivo, susseguente naturalmente alla liberazionedegli ioni calcio in seguito alla trasmissione dell’impulso nervosorappresentato dal potenziale d’azione.

Per comprendere a fondo cosa realmente accade in quel lasso ditempo compreso tra l’arrivo dell’impulso e l’inizio della contrazioneoccorre percepire a fondo l’importanza della struttura elastica, vera epropria “molla” interposta tra la resistenza esterna e la tensione internamiofibrillare (sito attivo) che partecipa attivamente alla contrazione.

Un semplice esempio pratico potrebbe rendere molto più agevolela comprensione del meccanismo che vede coinvolte queste tre diversecomponenti; un uomo che debba sollevare un peso adagiato su di unamolla non riuscirà a sollevare l’oggetto dalla struttura che lo sorreggefinché il valore della tensione della molla stirata non eguagli il valoredel peso posto su di essa.

In effetti la stessa cosa accade all’interno del nostro muscolo, dovela molla è rappresentata dagli elementi elastici in serie, l’uomo dalcomplesso actomiosinico ed il peso dal carico esterno; un aumento delvalore tensivo degli elementi elastici fino ad eguagliare il valore delcarico da contrastare provocherà la sospirata contrazione.

Ma cosa avviene in realtà all’interno del nostro muscolo? In

effetti, una sola scossa non è in grado di indurre un allungamento dellastruttura elastica sufficiente a vincere il valore del carico esterno, inquanto proprio allorquando gli elementi contrattili iniziano a tirare lastruttura elastica il riassorbimento del calcio ionico interrompe questofondamentale processo; solamente una sequenza di impulsi,corrispondente al tetano, è in grado di garantire l’instaurarsi dello statoattivo per un periodo sufficientemente lungo al fine di garantire unatensione dell’elemento elastico uguale o superiore a quella rappresentatadal carico esterno.

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Distribuzione e differenze funzionali delle fibremuscolari

In questa trattazione approfondiremo aspetti particolarmenteinteressanti inerenti la distribuzione organica delle fibre bianche e dellefibre rosse nonché le differenze funzionali e il comportamento dellestesse durante l’allenamento; cercheremo infine di analizzare tutti i datia disposizione della moderna ricerca in tema di “presuntamodificazione” delle caratteristiche proprie di ciascuna tipologia difibra in seguito all’allenamento con i pesi.

Aspetti caratterizzanti le caratteristiche strutturali e funzionali dellefibre a scossa lenta (ST) e a scossa veloce (FTa-FTb).

Le fibre ossidative a scossa lenta (rosse) rappresentano, insiemealle glicolitiche a scossa rapida (bianche), le componenti interne almuscolo sulle quali le unità motorie agiscono.

Le fibre bianche possono essere ulteriormente suddivise in altre trecategorie, aventi caratteristiche fisico-chimiche differenti; in particolareè stata rilevata la presenza di fibre rapide ossidative glicolitiche (FTa),fibre rapide glicolitiche (FTb) e fibre indifferenziate convertibili (FTc).

Il primo tipo presenta caratteristiche vicine alle rosse grazie allaloro capacità di mantenere una attività contrattile relativamenteprolungata nel tempo a motivo della loro capacità ad utilizzare queiprocessi di fosforilazione ossidativa così altamente efficaci nellaproduzione a lungo termine di adenosintrifosfato (ricordo che lafosforilazione rappresenta quel processo biologico attraverso il quale,grazie all’ausilio di enzimi specifici, avviene l’introduzione di uno o piùgruppi fosforici in entità molecolari; nel nostro caso la molecola in

questione sarà naturalmente l’ATP).Inoltre questo tipo di fibre presentano una sviluppatissima

vascolarizzazione in grado di apportare rilevanti quantitativi di ossigenoe nutrienti alla fibra.

Nonostante le caratteristiche precedentemente citate facciano dellefibre bianche ossidative-glicolitiche strutture resistenti alla fatica, ilfattore limitante che le caratterizza è rappresentato dal fatto che ad altilivelli di attività, l’elevata attività dell’ATPasi induce una grossascissione di adenosintrifosfato non supportata dalla comunqueinsufficiente ricarica dello stesso da parte dei processi di fosforilazioneossidativa; il tutto provoca, seppur in tempi nettamente più lunghirispetto alle FTb, l’instaurarsi della fatica.

Le fibre bianche per eccellenza, FTb, invece riescono a scinderemolto rapidamente l’ATP e altrettanto velocemente lo riproduconoattraverso la glicolisi anaerobica; il loro fattore limitante è rappresentatodal fatto che l’elevatissima attività glicolitica induce ben presto una verae propria deplezione di glicogeno muscolare.

Aspetto caratterizzante le fibre bianche è quello inerente lenotevoli dimensioni in grado di garantire un elevato numero di filamenticontrattili al fine di garantire una contrazione notevolmente più vigorosarispetto alle fibre rosse al contrario di gran lunga più piccole.

Le fibre rosse a scossa lenta presentano una elevata attività difosforilazione ossidativa in grado, contrariamente alle FTa, di garantire

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un sufficiente apporto di ATP in riferimento all’attività enzimaticadell’ATPasi comunque presente anche in questo tipo di fibre.

Le tensioni che queste fibre sviluppano sono notevolmente inferioria quelle registrate ad opera delle fibre bianche.

L’ultima tipologia di fibra, quella indifferenziata (FTc), trovalargo campo di studi in riferimento alle ricerche inerenti la distribuzionedelle fibre in soggetti in età infantile fino ad otto anni di età.

Il tipo di fibra presente negli arti e nel tronco nei primi stadi di vitafetale è quello indifferenziato del tipo FTc;

Successivamente avviene la differenziazione delle fibre nei tregruppi istochimicamente identificabili in ST, FTa e FTb.

Potremmo, schematicamente, racchiudere in cinque differenticampi di applicazione esplicativa le caratteristiche che fanno dei tre tipidi fibre muscolari componenti istochimicamente particolari e concaratteristiche spiccatamente differenti.

Fibre e sistema nervoso

I parametri generalmente indicativi di sostanziali differenze delletre tipologie di fibre sono:

•  la dimensione del motoneurone;•  la soglia di eccitazione del motoneurone stesso;•  la velocità di conduzione assonale.

Nelle fibre di tipo ST la dimensione del motoneurone è moltolimitata mentre in tutti i tipi di fibre FT è molto più grande;

la soglia di eccitazione al pari è molto superiore nelle fibre bianche

rispetto alle rosse come pure più bassa è la velocità di conduzioneassonale in queste ultime.

Caratteristiche strutturali

La più importante di queste è forse il diametro delle fibre stesse,senz’altro superiore nelle bianche.

Lo sviluppo del reticolo sarcoplasmatico è molto inferiore nellefibre rosse nelle quali si registra invece una altissima attivitàmitocondriale, presente però anche nelle fibre di tipo FTa, unitamentealla densità capillare e al contenuto di mioglobina;

questi ultimi due valori risultano di media capacità nelle FTa e dibassissima nelle FTb.

Substrati energetici

Il quantitativo di fosfocreatina e glicogeno è molto superiore inentrambe le tipologie di FT mentre il contenuto di trigliceridi risultaelevato nelle ST, medio nelle FTa e basso nelle FTb.

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 Aspetti enzimatici

L’attivita ATPasica e quella glicolitica raggiungono soglie dioperatività altissime nei tipi FTa e FTb mentre quella ossidativa è

elevata nelle ST e nelle FTa ma bassa nelle FTb.

Caratteristiche funzionali

Il tempo di contrazione e quello di rilasciamento risultano essereparticolarmente elevati nelle FT, come pure lo sviluppo della forza el’elasticità.

L’efficienza energetica e la resistenza alla fatica giocano invecesenz’altro a favore delle fibre a contrazione lenta.

La muscolatura dell’individuo adulto racchiude, percentualmente,un numero pressoché analogo di fibre lente e veloci anche se in alcuni

muscoli specifici si registra una predominanza più o meno netta di unao dell’altra tipologia di fibra; ad esempio, nel soleo, vi è unapercentuale di fibre ossidative superiore agli altri muscoli della gambanell’ordine del 30-40%, mentre il tricipite è costituito da fibreglicolitiche in numero del 20-30% in più rispetto agli altri muscoli delbraccio.

Inoltre risulta evidente una enorme disparità numerica all’internodi analoghi muscoli in soggetti diversi.

Tipizzazione delle fibre ed adattamento dellestesse all’allenamento

Ancor prima di approfondire questo tanto discusso aspetto in temaal miglioramento della performance, anticipiamo alcuni fondamentali e,finora indiscutibili, concetti:

La composizione quantitativa di fibre nel muscolo dell’adulto èdeterminata in seguito a processi di differenziazione che avvengonoancor prima della nascita ed il cui compimento definitivo avviene neiprimi anni dell’adolescenza. un aumento di tali valori potrebbe essereindotto dall’allenamento (iperplasia), ma i pareri a tal proposito sonospesso discordanti e comunque dimostrati con assoluta certezza soltantosu cavie non umane.

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figura 3.5

Inoltre la distribuzione delle fibre varia, anche considerevolmente,all’interno di uno stesso muscolo in soggetti diversi.

Da quest’ultimo dato è facile intuire che alcuni atleti risultanonaturalmente più dotati rispetto ad altri in determinate discipline e noncerto grazie a particolari allenamenti.

É comunque accertato che l’allenamento stesso induce importantivariazioni strutturali all’interno dell’apparato muscolare, ed è proprio diquesti che ci andremo ad occupare di seguito.

Numerosi esperimenti hanno portato a conclusioni interessanti, chevedono le fibre FT protagoniste di inaspettate modificazioni percentuali.

É stata rilevata una leggera diminuzione delle fibre FTa e FTb con

conseguente aumento delle FTc in seguito a sollecitazioni fisiche dicarattere aerobico e prolungato nel tempo; dati del genere hanno portatoalla conclusione che le fibre indifferenziate FTc in realtàrappresenterebbero fibre di transizione nell’eventuale trasformazionedelle FT in ST.

Purtroppo non ci sono ancora dati di inconfutabile chiarezza asuffragio di questa teoria che, inevitabilmente, resta tuttora esclusivooggetto di discussione accademica.

In realtà l’unico caso di vera e propria trasformazione delle fibreda FT a ST si è verificato allorquando si effettuò un esperimento diinnervazione crociata, risultato che fece emergere alla ribaltal’importanza del comando nervoso nel determinare strutturalmente efunzionalmente le caratteristiche del muscolo; di seguito all’esperimentosi inizio a parlare di effetto neurotrofico.

Ipertrofia muscolare e allenamento con i pesi

L’allenamento con i pesi induce indiscutibilmente un aumento,spesso rilevantissimo se la preparazione risponde a scientifici criteri diprogrammazione e periodizzazione, del volume e della forza dell’interoapparato muscolare.

L’ipertrofia muscolare viene solitamente attribuita a differentimodificazioni quale ad esempio quelle inerenti l’incremento delle

dimensioni delle miofibrille all’interno della singola fibra muscolare

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oppure lo sviluppo della capillarizzazione e l’irrobustimento dei tessuticonnettivi, tendinei e legamentosi.

Si attribuisce una grande importanza al rapporto esistente traprogrammi di allenamento con i pesi effettivamente validi e i livelli

endogeni di testosterone; in seguito ad allenamenti molto intensi e conelevati sovraccarichi i valori ematici di tale ormone aumentanoconsiderevolmente, il che si traduce in un conseguente aumento diquella forza unica responsabile dell’ipertrofia cui fa seguito l’aumentodelle dimensioni muscolari.

I parametri muscolari che subiscono variazioni in seguitoall’allenamento con i pesi sono svariati; si rileva ad esempio unaumento delle concentrazioni di creatina nell’ordine del 40%, del CPnell’ordine del 20% e del glicogeno con valori che sfiorano anche il70%.

L’attività enzimatica risulta naturalmente aumentata, a partire daglienzimi glicolitici (fosfofruttochinasi ed altri).

Interessantissima è la variazione riguardante le attività di turn-overdegli enzimi coinvolti nella produzione di ATP nei processi dirigenerazione anaerobica, come ad esempio la creatinafosfochinasi.

L’ipertrofia delle miofibrille delle fibre a contrazione rapida, siaccompagna spesso ad una diminuzione volumetrica dei mitocondri,attribuibile all’aumento dimensionale miofibrillare e del volumesarcoplasmatico.

Inoltre l’aumento di forza è attribuibile ad una sorta di adattamentoindotto del sistema nervoso in tema di reclutamento, sincronizzazionenonché una limitazione dello stesso sistema nervoso nei confrontidell’azione inibitoria esercitata dagli organi tendinei del Golgi.

Dato di fondamentale importanza è quello che attribuisce unabbassamento della soglia di eccitazione delle fibre a contrazione rapidain seguito all’allenamento.

La stimolazione delle fibre a media, alta ed altissima soglia dieccitazione per lunghi periodi di tempo indurrebbe un abbassamento diquesta.

Un allenamento in grado di sollecitare le fibre ad altissima sogliadi eccitazione indurrà un decremento di tale valore eccitatorio; tutto ciòsi tradurrà in reclutamento di un maggior numero di fibre a parità dipeso con conseguente aumento della forza ed, in ultima analisi, delledimensioni del ventre muscolare.

Iperplasia e allenamento con i pesi

Come già accennato in precedenza, la ricerca non è ancora ingrado di fornire indicazioni certe inerenti questo affascinante processodi moltiplicazione cellulare; solo ultimamente, e in seguito aparticolarissimi studi cui sono stati sottoposti atleti nuotatori, sonoemersi dati attestanti l’effettivo instaurarsi del processo fisiologico. Lemodalità secondo le quali si verifica iperplasia sono:

•   presenza di cellule satellite in prossimità del tessutoconnettivale intorno al muscolo;

•  rottura del tessuto stesso in seguito a contrazione eccentrica;

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•  fuoriuscita di sostanze stimolanti la miogenesi nelle cellulesatellite (Insulin Growth Factor (IGF) 1 e 2).

La nascita di nuove fibre muscolari, avviene dalle cellule satelliti

grazie all’azione indotta dalle IGF in seguito alla rottura del tessutoconnettivale e attraverso processi di miogenesi.

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FFiissiioollooggiiaa ee ppr r ooggr r aammmmaazziioonnee

Programmare scientificamente una stagione, soprattutto se daquesta ci si aspettano grossi risultati in termini di aumento dellesimmetrie e della percentuale di massa magra, presuppone laconoscenza approfondita di tutti quei temi propri della fisiologia dellosport.

L’analisi dei parametri che andremo di seguito ad analizzarerenderà certamente più semplice, ma soprattutto professionale, laprogrammazione dei vostri programmi di allenamento o quelli degliallievi da voi preparati.

L’individuazione del sistema energetico fornitore di ATP durantel’allenamento con i pesi è di capitale importanza; il programma diallenamento dovrà poi essere rigorosamente valutato in base alla

risposta organica dell’allievo in tema di frequenza cardiacaall’esercizio, soglia anaerobica, durata delle sedute e frequenza dellestesse.

La programmazione che fisiologicamente da i migliori risultati èquella che naturalmente si articola in macrocicli, mesocicli e microciclidi allenamento, facendo della periodizzazione e ciclizzazione aspetti diprimaria importanza; a tal proposito possiamo aggiungere che lapreparazione agonistica prevede in genere tre fasi annuali ben distinteche sono:

•   periodo di transizione (off-season);•   periodo preparatorio (pre-season);•

   periodo agonistico (in-season).

Determinanti ai fini di una programmazione senza infortuni nellaquale tutte le potenzialità del vostro atleta verranno naturalmenteesaltate, sono quelle tecniche di riscaldamento e defaticamentogeneralmente indicate come:

•  riscaldamento (warm-up);•  defaticamento (cool-down).

Nella fisiologia sportiva assume notevole importanza il rapportoesistente tra attività fisica specifica e miglioramento della fonte

energetica propria di quella disciplina.Nel caso del bodybuilding, senza dubbio, le fonti energetiche sonodue: il sistema del fosfageno e la glicolisi anaerobica.

L’allenamento con i pesi senza dubbio, dal punto di vistafisiologico, migliora il rendimento di questi due cicli di produzioneenergetica.

Gli adattamenti fisiologici che inducono all’interno di ogni cellulamuscolare l’aumento del potenziale energetico, dipendonoesclusivamente da un allenamento specifico che si espleti attraverso ilprincipio del sovraccarico, incrementando cioè progressivamente icarichi di lavoro utilizzati.

Naturalmente esistono precise motivazioni fisiologiche a

giustificare quella fase di pre-riscaldamento così spesso bistrattata dagli

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abituali frequentatori delle palestre ma, cosa ancor più grave,completamente ignorate dagli istruttori che operano giornalmenteall’interno delle palestre.

Uno dei parametri a tal riguardo di primaria importanza èrappresentato dall’aumento della temperatura; l’incremento di talevalore determina:

•  rilevante aumento dell’attività enzimatica con conseguenteaccelerazione di quelle reazioni proprie dei sistemi energeticicoinvolti;

•  incremento del flusso sanguigno con aumento del quantitativodi ossigeno a disposizione dell’apparato muscolare;

•  velocizzazione della contrazione miofibrillare.

É di notevole interesse fisiologico nonché pratico il dato secondo ilquale all’aumentare progressivo della temperatura muscolare avvieneuna conseguente diminuzione dei livelli di lattacidemia.

A difesa della fase di riscaldamento, possiamo ulteriormenteaggiungere che il muscolo cardiaco potrebbe risultare scarsamenteirrorato di sangue in caso di repentini sollevamenti di grossi carichi “afreddo”.

La fase terminale, o defaticamento, può facilmente esserericondotta a quegli importantissimi concetti in tema di restaurodall’esercizio precedentemente affrontati; oltre all’efficacia del restauroin esercizio sul riassorbimento dell’acido lattico, occorre ricordare cheuna blanda attività fisica dopo un’intensa seduta d’allenamento faproseguire l’azione vigorosa della pompa muscolare, scongiurando ilrischio di pericolosi accumuli di sangue soprattutto negli arti inferiori;

avete presente quelle sgradevoli vertigini che talvolta si accusano inseguito ad un estenuante seduta d’allenamento a base di squat e stacchida terra? ebbene si verifica proprio a causa di questo fenomenofisiologico di “ristagno” sanguigno.

La pompa muscolare

Durante un esercizio di corsa o anche semplicemente camminando,si verifica un’azione propulsiva prodotta dal muscolo nei riguardi delsangue; la contrazione del ventre muscolare induce una compressionevenosa seguita dal pompaggio del sangue in direzione del cuore.

Il ritorno a ritroso dello stesso è efficacemente impedito da un

complesso sistema di valvole caratterizzate da una particolare strutturain grado di garantire il passaggio del sangue esclusivamente in direzionedel cuore.

Il meccanismo precedentemente descritto funziona perfettamente incondizioni di sforzo fisico non particolarmente intenso; sollecitazionimuscolari particolarmente impegnative richiedono senza dubbio unaccresciuta attività fisiologica che solamente in presenza di ricchequantità di sangue, vero e proprio “rifornitore” di substrati siaenergetici che enzimatici, può espletarsi senza problemi e in manieraefficace.

In situazioni caratterizzate da rilevanti e vigorose contrazioni

muscolari, tipiche del bodybuilding ad esempio, la pompa muscolarenon è in condizioni di operare; il risultato è a noi alquanto gratificante

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traducendosi in un aumento più o meno accentuato del volume delmuscolo, situazione tipicamente caratterizzante una sedutad’allenamento con i pesi.

Modificazioni fisiologiche indotte dall’allenamentocon i pesi

Un prolungato allenamento induce profonde modificazionifisiologiche in risposta a quel meccanismo di adattamento, proprio ditutte le specie viventi, grazie al quale è resa possibile la sopravvivenzanelle più diverse condizioni ambientali.

In questo paragrafo ci occuperemo degli effetti fisiologici indottidalla pratica del bodybuilding analizzando in maniera quanto piùpossibile dettagliata i parametri modificati in seguito all’adattamentoanaerobico indotto dall’allenamento con sovraccarichi.

Le modificazioni anaerobiche in questione riguardano unsostanziale accrescimento del:

•  sistema del fosfageno (ATP-PC);•  glicolisi anaerobica.

Il sistema del fosfageno può essere modificato in chiaveenzimatica, in riferimento all’aumento di attività degli enzimi chiaveimplicati nella scissione e risintesi del substrato energetico, come purein termini di aumento delle riserve muscolari di ATP e PC.

Durante il ciclo del fosfageno l’ATP va incontro a continuascissione e risintesi; l’enzima che interviene nel primo processo è

l’ATP-asi mentre la risintesi è realizzabile grazie alla miochinasi (MK)alla creatinfosfochinasi (CPK).La miochinasi catalizza tutte quelle reazini che hanno luogo

durante il ripristino dell’ATP dall’ADP, mentre la creatinfosfochinasiinterviene durante la ricarica dell’ATP in seguito all’intervento dellafosfocreatina (CP).

Recenti esperimenti hanno dimistrato che allenamentiparticolarmente intensi possono indurre incrementi enzimaticinell’ordine di:

ATP-asi= 30%MK= 20%CPK= 36%

Possiamo concludere affermando che l’allenamento induce nonsoltanto un incremento delle riserve di ATP e CP ma anche unavelocizzazione di quei processi che portano alla scissione e risintesidegli stessi.

Per quanto riguarda invece la glicolisi anaerobica i risultati piùsorprendenti si sono registrati in riferimento all’avvenuto incrementodell’enzima fosfofruttochinasi (PFK), importantissimo soprattutto nelleprime tappe del processo anaerobico; alcuni studi riportano incrementidello stesso nell’ordine dell’83%.

Ulteriori esperimenti hanno inoltre dimostrato che allenamentiugualmente duri eseguiti a distanza l’uno dall’altro portavano a

produzioni crescenti di acido lattico a testimonianza di un’avvenuto

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aumento della capacità glicolitica; la conoscenza delle complesse tappeche portano alla produzione di lattato porta il moderno preparatoreatletico a valutare che l’allenamento induce una velocizzazione deiprocessi glicolitici; una tal situazione porta sia ad una aumentataproduzione energetica che ad un incremento del lattato.

Occorre a tal proposito aumentare quanto più possibile la primamodificazione anaerobica limitando nel contempo la seconda.

La limitazione del secondo parametro dipende esclusivamente dallaquantità di NAD (nicotinamideadenindinucleotide) disponibile a livellocitoplasmatico per i normali processi di ossido-riduzione.

Un considerevole aumento di questo componente può ritardare,anche considerevolmente, la necessità di ridurre l’acido piruvico adacido lattico in seguito all’ossidazione della NADH.

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EEnnddooccr r iinnoollooggiiaa

In questa trattazione di secondo livello tralasceremo le nozioni dibase per approfondire argomenti di rilevante importanza, sia per quantoconcerne la conoscenza del sistema endocrino nel complesso che dalpunto di vista squisitamente tecnico, andando a studiare le variazioni e icomportamenti dei vari ormoni in seguito ad allenamento fisico.

Prima di iniziare la trattazione intendo riassumere il quadrocomplessivo delle varie ghiandole endocrine secretrici e dei rispettiviormoni e steroidi nonché dei fattori di rilascio ipotalamici.

Fattori di rilascio ipotalamici

Fattore di rilascio dell’ormone della crescita

Fattore di inibizione al rilascio dell’ormone della crescita(somatostatina)Fattore di rilascio dell’adrenocorticotropinaFattore di rilascio della tireotropina (TRF)Fattore di rilascio dell’ormone follicolo stimolanteFattore di rilascio dell’ormone luteneizzanteFattore di rilascio della prolattinaFattore di inibizione al rilascio di prolattina

Strutture endocrine, ormoni e steroidi

Ricordo che l’ipofisi anteriore o adenoipofisi produce sei ormoni,le cui caratteristiche andremo di seguito ad elencare; l’argomento verràsuccessivamente approfondito.

L’ormone somatotropo, o GH, stimola la crescita ossea emuscolare interagendo inoltre con il tasso di glucosio plasmatico; laseconda modalità funzionale è particolarmente interessante e vicina anoi, sempre alla ricerca di fattori e composti che agiscano a livelloprettamente metabolico.

L’ormone adrenocorticotropo (ACTH) induce la produzione diormoni corticosurrenalici

La tireotropina (TSH) agisce sulla tiroide stimolandola nellaproduzione ormonale

Le gonadotropine agiscono a livello delle gonadi, vengono perl’appunto prodotte dall’ipofisi anteriore e sono:

L’ormone luteinizzante (LH), che nei testicoli stimola laspermatogenesi nonché la produzione di androgeni; lo stesso nelladonna agisce stimolando la produzione di progesterone e la formazionedei corpi lutei.

L’Ormone follicolo-stimolante (FSH), che Nell’ovaio stimola lacrescita dei follicoli nonché la secrezione di estrogeni e l’ovulazione,mentre nel testicolo induce la secrezione di androgeni.

La prolattina (PRL), a volte denominata ormone lattogenico, èresponsabile della produzione di latte nelle donne di seguito al parto.

l’ipofisi posteriore, o neuroipofisi, risulta collegata all’ipotalamotramite giunzione assonale e produce due importanti ormoni:

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•  ormone antidiuretico (ADH) o vasopressina, il quale promuovesvariate reazioni organiche tra le quali l’innalzamento della

 pressione arteriosa, promuovendo inoltre il riassorbimento diacqua nei tubuli renali;

  ossitocina, determinante durante il parto in quanto promuove lacontrazione uterina; la propria funzionalità non si esaurisceall’atto della nascita del bambino ma continua durantel’allattamento consentendo l’eiezione del latte dalla mammella.

Ormone somatotropo (GH)

L’ormone della crescita esercita un’azione a lungo termine sullacrescita e uno a corto termine sul metabolismo; eccedenze di ormonesomatotropo sono responsabili di una crescita anomala delle epifisiossee, della mascella e dei tessuti molli (acromegalia).

La produzione avviene per mezzo delle cellule acidofile alfadell’ipofisi anteriore; abbiamo in precedenza evidenziato la strettacorrelazione che lega la crescita ossea con il GH, in che modo questaavvenga è spiegabile solo considerando l’azione di importantissimifattori di solfatazione di natura peptidica presenti nel plasma, lesomatomedine, le quali consentono l’interazione dell’ormone con lacartilagine epifisaria.

Le somatomedine vengono prodotte dal fegato e dai reni sottol’influenza del GH stesso.

Particolarissima risulta la concentrazione plasmatica dell’ormone,presente in una quantità circa 1000 volte superiore rispetto agli altriormoni.

La spiegazione a tutto ciò è attribuibile al fatto che, al contrariodegli altri ormoni ipofisari, il somatotropo interagisce con milioni dicellule non essendo deputato all’esclusivo controllo di altre ghiandoleendocrine.

Ogni giorno viene liberata una quantità di ormone nell’ordine del5% del totale contenuto nell’ipofisi.

Molto variabili invece risultano le concentrazioni plasmatichedell’ormone durante la giornata, in riferimento al rapporto diproporzionalità inversa che lega GH e tasso glicemico; possonoverificarsi picchi addirittura dieci volte superiori al normale livello dibase!

La metabolizzazione avviene naturalmente nel fegato e nei reni.

Analizzando più in profondità l’azione dell’ormone a livellofisiologico si osserva un rilevante controllo della sintesi proteica conuna profonda influenza sul trasporto degli aminoacidi neutri e basiciall’interno delle cellule.

Una simile azione è chiaramente in stretta connessione con ilmetabolismo, ed è fisiologicamente definita azione a breve termine,mentre la profonda influenza sulla crescita azione a lungo termine.

 Azione a lungo termine

Gli effetti a lungo termine determinano la statura dell’uomo sino latermine dello sviluppo, mentre regolano determinate funzioni in seguito

al completamento dello stesso; in particolare dopo lo sviluppo la

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funzionalità si espleta in un aumento dell’anabolismo proteicounitamente ad una diminuzione della percentuale lipidica.

L’aumento del metabolismo proteico si traduce in un bilanciopositivo di azoto e fosforo.

Non di secondaria importanza il controllo che l’ormone esercitasulle dimensioni e sul corretto funzionamento dei reni.

Effetti a breve termine

Profonda l’influenza che il GH apporta a livello di metabolismo. Icomplessi meccanismi di regolazione omeostatica ed interna in generesono sovente controllati da ormoni e steroidi.

Sappiamo che normalmente una rilevante quantità di energia dirapido utilizzo è resa disponibile attraverso i processi ossidativianaerobici della glicolisi; il nostro sistema di regolazione interna deveperò prevedere un valido sistema “ausiliario” da attivare

automaticamente in caso di deplezione glicemica, ed è proprio in questacircostanza che il GH funge da fornitore ausiliario di ATP, mobilitandoidepositi adiposi a scopo energetico.

L’instaurarsi di tale fenomeno porta alla comparsa nel sangue deiprodotti del catabolismo lipidico (corpi chetonici) seguita da un aumentodella concentrazione plasmatica di glucosio.

Interessante l’analisi delle variazioni circadiane dellaconcentrazione plasmatica dell’ormone somatotropo in riferimento aipasti.

figura 3.6

Ormone adrenocorticotropo (ACTH) e ghiandolesurrenali

La zona superiore dei reni (polo) ospita queste importantissimeghiandole endocrine, responsabili della produzione di svariati ormoni esteroidi, tutti implicati in funzioni che vanno dalla regolazione dellagettata cardiaca alla demolizione aminoacidica a scopo energetico(gliconeogenesi) fino alla regolazione dell’osmolarità interna.

Due zone ben distinte caratterizzano funzionalmente le surreni:

•  corteccia surrenale (produzione di steroidi);•  midollare surrenale (produzione di catecolamine).

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Corteccia surrenale

Questa importante zona secerne ormoni steroidei, controllandol’omeostasi salina e il metabolismo organico; una ulterioreclassificazione interessa gli steroidi corticosurrenali, suddividendo gli

stessi in glicocorticoidi e mineralcorticoidi.

Glicocorticoidi 

Il principale rappresentante di questa classe di steroidi è ilcortisolo, anch’esso coinvolto, proprio come il GH, nel garantire unaquota supplementare di energia in caso di necessità e sempre inconcomitanza con la diminuzione del glucosio plasmatico.

Interessante l’analisi degli accadimenti fisiologici che si verificanoin seguito al verificarsi di una situazione di forte stress, quale adesempio il percepire un grosso pericolo di fronte al quale la stessasopravvivenza è in gioco.

L’evoluzione biologica ha dotato il nostro patrimonio fisiologico dideterminati sistemi in grado di promuovere una rapida fuga nonché’dimantenere la stessa per un periodo quanto più possibilmente lungo neltempo.

Subito dopo la percezione del pericolo avviene il rilascio dicatecolamine dalla porzione midollare (adrenalina e noradrenalina)promuovendo la reazione di attacco o fuga; naturalmente una reazione,sia di fuga che di attacco, proprio in virtù del fatto che deve realizzarsiin brevissimo tempo e in maniera estremamente vigorosa, necessiterà dienormi quantitativi di ATP, naturalmente messi prontamente adisposizione dal ciclo del fosfageno e dalla glicolisi anaerobica.

La normale condizione di ipoglicemia susseguente ad una così

intensa e violenta reazione fisiologica impedirebbe, teoricamente, unaeventuale fuga o comunque il proseguire della eventuale prestazioned’emergenza; naturalmente esiste un sistema in grado di garantire lacontinua fornitura di energia anche in seguito all’esaurimento dellescorte di glicogeno muscolare ed epatico.

Il rilascio di catecolamine è sempre seguito da una considerevolesecrezione di cortisolo, il quale assolve al duplice compito di:

•  impedire il consumo di glucosio ematico;•  garantire una continua fornitura dello stesso anche in seguito a

deplezione delle scorte ematiche;•  rifornire di aminoacidi liberi i tessuti eventualmente bisognosi

di riparazioni (situazione eventualmente frequentissimamigliaia di anni fa quando l’uomo lottava fisicamente per la

 propria sopravvivenza).

Le funzioni precedentemente citate possono essereschematicamente riassunte in termini fisiologici di:

•  impedire l’entrata di glucosio nei tessuti;•  aumentare l’afflusso di aminoacidi al fegato per la sintesi di

nuovo glucosio, importante fenomeno che va sotto il nome digliconeogenesi;

•  trasformare il metabolismo muscolare da glicidico a lipidico,mobilizzando gli acidi grassi dal tessuto adiposo.

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Acerrimo nemico di chiunque desideri raggiungere importantiaumenti della massa magra, il cortisolo va ad intaccare le proteinetissutali e muscolari e, tramite processi di deaminazione, trasforma le

stesse in zuccheri aumentando nel contempo la percentuale di glucosioplasmatico e i depositi di glicogeno; una situazione del genere induce,come se non bastasse, un incremento della produzione insulinica conconseguente aumento del peso corporeo, situazione quest’ultimadrammaticamente distruttiva per chi non pratichi attività fisica,consumando pasti ipercalorici e vivendo un’esistenza stressante dalpunto di vista nervoso.

Le variazioni circadiane della produzione plasmatica totale dicortisolo sono indicate in figura 3.7 e sono in riferimento ad unaeventuale situazione di stress; notate il tempo che a volte trascorreprima che il cortisolo torni a livelli normali in seguito a sollecitazioninervose e fisiche particolarmente rilevanti!

figura 3.7

Mineralcorti coidi 

Il principale steroide appartenente a questa classe è senza dubbiol’aldosterone, la cui produzione è strettamente connessa al bilancioidrosalino presentando un ritmo circadiano molto simile a quello delcortisolo; notissime ai praticanti di bodybuilding le proprietà diuretichedi questo steroide.

La funzionalità dell’aldosterone si espleta a livello dei tubuli distalidei reni, aumentando la capacità degli stessi a riassorbire sodio (Na) e asecernere potassio (K) e cloro (Cl); il riassorbimento di sodio è sempreaccompagnato da un analogo assorbomento di acqua favorito inoltre

dalla presenza dell’ormone antidiuretico (ADH), circostanze cheportano ad un aumento del liquido extracellulare (parametro utilizzatoin medicina per valutare la rilevanza di contenuto di sodio nell’interoorganismo).

La concentrazione plasmatica dell’aldosterone è in rapporto almetabolismo del sodio, in un rapporto di proporzionalità inversa; unanomalo innalzamento del tenore di sodio induce un abbassamento nellaproduzione di aldosterone con conseguente espulsione del sodio stessoattraverso i reni.

É a tal proposito interessante analizzare l’influenza che lo stessopotassio ha sullo steroide aumentandone la secrezione alla sua presenza;ecco finalmente spiegata la spiccata caratteristica diuretica del potassioa noi tanto cara.

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Midollare surrenale

La porzione midollare delle ghiandole surrenali secerneadrenalina, noradrenalina e dopamina.

Le funzioni dei due ormoni sono molteplici e comunque sempre in

stretta correlazione con la stimolazione del sistema nervoso e delmetabolismo, con effetti che vanno dalla glicogenolisi epatica emuscolare alla mobilizzazione degli acidi grassi seguente all’aumentodel metabolismo.

Entrambi aumentano la forza e la frequenza delle contrazionicardiache, la noradrenalina in particolare induce l’instaurarsi difenomeni vasocostrittivi mentre l’adrenalina, al contrario, dilata i vasidei muscoli scheletrici e del fegato.

Profonda anche l’influenza che le catecolamine esercitano a livelloglicemico; entrambe inducono fenomeni di glicogenolisi.

Gli stessi ormoni pancreatici, insulina e glucagone, sono soggetti acontrollo secretivo attraverso i meccanismi alfa e beta adrenergicicaratteristici delle catecolamine.

Effetti delle catecolamine sugli acidi grassi, sulmetabolismo energetico e sull’acido lattico

Sia l’adrenalina che la noradrenalina presentano spiccatecaratteristiche di mobilizzazione degli acidi grassi.

Rilevante è l’aumento che inducono anche a livello di metabolismoenergetico; l’aumento di quest’ultimo parametro è attribuibile a due fasiben distinte che si susseguono e che sono:

•  vasocostrizione cutanea;

•  ossidazione dell’acido lattico nel fegato.Il primo fenomeno porta ad una notevole riduzione della perdita di

calore che induce un aumento della temperatura corporea cui segue unincremento dell’attività enzimatica muscolare.

Per quanto concerne l’ossidazione dell’acido lattico nel fegatoquesta è naturalmente determinata dalla maggiore utilizzazione delglucosio in seguito all’instaurarsi dei fenomeni di glicogenolisi indottidalla presenza delle catecolamine stesse.

Tiroide, T3 e T4; effetti degli ormoni tiroidei

L’ormone prodotto e liberato nel sangue dalla tiroide è l’ormonetiroideo.

Strutturalmente l’ormone sovracitato nasce dall’unione di dueulteriori ormoni, la triiodotironina (T3) e la tetraiodotironina (T4) otiroxina.

Nell’adulto un aumento della concentrazione di tale ormone induceun considerevole aumento del metabolismo caratterizzato solitamente dauno stato di ipereccitazione nervosa.

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Principali effetti degli ormoni tiroidei

 Azione calor igena

 Triiodotironina (T3) e tetraiodotironina (T4) inducono un aumentodel consumo di ossigeno in quasi tutti i tessuti metabolicamente attivi,ad eccezione del cervello, dei testicoli, dell’utero e delle ghiandolelinfatiche.

Particolarissima l’influenza della T4 sull’ipofisi anteriore nellaquale il consumo di ossigeno è completamente depresso nel momento incui avviene l’interazione tra l’ormone e la ghiandola endocrina.

Importantissima la profonda influenza che la T4 ha nei confrontidel metabolismo basale, l’aumento del quale si manifesta dopo qualcheora dalla somministrazione perdurando per diversi giorni, in alcuni casifino ad una settimana.

Naturalmente l’entità dell’effetto è attribuibile alla soggettivacapacità di secrezione delle catecolamine nonché dal valore iniziale delmetabolismo basale stesso.

Un aumento del metabolismo indotto dalla T4 induce una serie dieffetti, uno dei quali è a noi particolarmente sgradito, ossia l’anomalaescrezione azotata; un regime alimentare che non preveda considerevoliaumenti della quota protidica in seguito all’aumento del metabolismoandrà senz’altro incontro ad una situazione di sicuro degrado muscolareseguito da perdita di peso. Altro effetto indesiderato, questa voltacaratteristico delle patologie ipotiroidee, è quel caratteristico gonfioreprovocato dalla ritenzione idrica; la spiegazione del fenomeno è daricercarsi considerando la struttura istologica della cute, composta da

proteine combinate con polisaccaridi, quale ad esempio l’acidoialuronico il quale, in seguito a patologie ipotiroidee, si accumulaprovocando il rigonfiamento della cute stessa. Soltando lasomministrazione di ormoni esogeni può, in soggetti affetti daipotiroidismo, indurre una rimozione delle proteine seguita daun’accentuazione della diuresi.

La iperproduzione di calore che si verifica in soggetti che fannouso di ormoni tiroidei, oltre ad indurre un aumento della temperaturacorporea, provoca un aumento della gittata cardiaca in seguitoall’azione combinata, sul cuore, delle catecolamine endogene stimolatedall’avvenuto aumento del quantitativo di ormoni tiroidei in circolo.

Inoltre quando il metabolismo basale va incontro ad unincremento, aumenta conseguentemente il fabbisogno di tutte levitamine; aumenta in tal senso, il rischio di ipovitaminosi, specie inriferimento al fatto che chi fa uso di ormoni tiroidei è spessodecisamente intenzionato a dimagrire, abbinando quindi all’assunzioneormonale regimi alimentari abbondantemente insufficienti.

Al contrario l’assorbimento e la metabolizzazione vitaminica siriducono drasticamente in caso di ipotiroidismo; in particolare si riducedrasticamente l’assorbimento della cianocobalamina (B12); inoltre gliormoni tiroidei sono responsabili della conversione epatica del carotenein vitamina A (l’accumulo di carotene nel sangue proprio dellacarotenemia è responsabile della colorazione giallastra della cute).

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Effetti su l sistema nervoso

La caratteristica lentezza dei processi mentali propriadell’ipotiroidismo potrebbe sorprendere in quanto in precedenzaabbiamo affermato che il consumo di ossigeno nel cervello non è in

relazione alla quantità di ormoni tiroidei circolanti, tanto menopossiamo affermare che ulteriori parametri, quali il flusso sanguigno eil consumo di glucosio nel cervello stesso sono influenzati da situazionidi ipotiroidismo.

I dati scientifici a tal proposito sono spesso discordanti, ma sipresuppone che gli effetti cerebrali degli ormoni tiroidei siano in parteattribuibili ad un avvenuto aumento della sensibilità alle catecolamine;inoltre è comunque dimostrato che lo sviluppo cerebrale è strettamenteconnesso alla produzione endogena di tali ormoni, ed alla carenza diquesti nell’età dello sviluppo si accompagnano fenomeni quali anomalosviluppo delle sinapsi nonché insufficiente mielinizzazione assonale,con conseguente ritardo dello sviluppo mentale.

Importante in questa trattazione è considerare gli effetti indottidagli ormoni tiroidei a livello di sistema nervoso periferico, ed inparticolare sul riflesso da stiramento muscolare, il quale risulta piùbreve nell’ipertiroidismo e più lungo nell’ipotiroidismo.

Effetti dell’ipertiroidismo sul muscolo scheletrico

Un particolarissimo fenomeno di debolezza muscolare caratterizzai soggetti affetti da ipertiroidismo, la patologia viene indicata comemiopatia tireotossica.

Le cause sono attribuibili senz’altro ad un aumentato catabolismoproteico.

Effetti sul metabolismo dei glucidi

Gli ormoni tiroidei aumentano considerevomente la velocità diassorbimento gastrointestinale dei glucidi; situazioni di ipertiroidismoaumentano considerevolmente il picco glicemico in riferimentoall’avvenuto aumento della capacità di assorbimento degli stessi diseguito ad un pasto glicemico, ma e pur vero che tale valore, talvoltaaltissimo, decresce assai rapidamente per opera dell’insulinapancreatica.

Le nozioni precedentemente indicate sono determinanti in fase diprogrammazione agonistica di soggetti che assumono ormoni tiroidei.

Effetti sulla metabolizzazione del colesterolo

É ampiamente dimostrato che gli ormoni tiroidei riduconodrasticamente i livelli circolanti di colesterolo; il fatto che il livelloplasmatico di colesterolo inizi a diminuire ancor prima che ilmetabolismo aumenti è senz’altro a dimostrazione del fatto che questaspecifica azione è indipendente dal consumo di ossigeno indotto dagliormoni della tiroide.

Inoltre la diminuzione di colesterolo è senz’altro attribuibile ad unparticolarissimo effetto che segue l’assunzione di ormoni tiroidei, ossial’aumento numerico dei recettori per l’LDL.

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Interazioni tra ormoni ti roidei, ipofis i, GH eaccrescimento corporeo

Una patologia ipotiroidea nell’età dello sviluppo è caratterizzata daun rallentato accrescimento osseo seguito da un ulteriore ritardo nellachiusura epifisaria.

Profonda è la connessione che lega l’ipotiroidismo alla produzionedi GH ipofisario; in particolare una carenza di ormoni tiroidei induceuna minore secrezione di GH senza poi considerare che gli stessipotenziano gli effetti dell’ormone somatotropo sui tessuti.

Pancreas, insulina e glucagone

La funzionalità del pancreas va dalla produzione di numerosienzimi digestivi alla produzione ormonale.

Il secondo aspetto ci interessa più da vicino in quanto lo studio del

metabolismo glicemico ricopre notevole importanza in campo sportivo.

Insulina

L’insulina è prodotta e immagazzinata in zone particolari delpancreas, le isole del Langerhans; generalmente possiamo affermareche l’insulina:

•  favorisce la diffusione di glucosio e aminoacidi attraverso lamembrana cellulare (tale caratteristica funzionale non si espletanelle cellule nervose e in quelle epatiche nelle quali tale

 processo avviene in modo spontaneo);•  attiva quelle reazioni enzimatiche che nel fegato e nel tessuto

muscolare consentono lo stoccaggio del glicogeno, delle proteine e dei grassi;

•  riduce la degradazione dei trigliceridi epatici, seguente al blocco di qualsiasi manifestazione gliconeogenetica indottadall’insulina stessa.

L’assenza di questo ormone è caratterizzata dal susseguirsi direazioni contrarie a quelle precedentemente indicate, diminuendol’utilizzazione del glucosio e degli aminoacidi e aumentando ladegradazione di glicogeno, grassi e proteine.

Rapporto insulina - lavoro muscolare

L’ingresso del glucosio all’interno dei muscoli scheletrici aumenta,durante il lavoro muscolare, in assenza di insulina; inoltre l’esercizioincrementa in maniera rilevante l’affinità dei recettori muscolari perl’insulina.

Ritengo doverosa una appendice che illustri schematicamente ipossibili rischi nei quali potrebbe incorrere un soggetto diabetico cheintenda sottoporsi ad allenamento fisico; il lavoro muscolare puòcausare una precipitosa caduta della glicemia nei diabetici in terapiainsulinica in quanto l’assorbimento della glicemia iniettata è superioredurante l’esercizio.

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Importante consiglio che voi tecnici potete fornire è quello diconsigliare una maggiore ingestione di alimenti oppure ridurre ildosaggio insulinico in previsione di attività fisica.

Gli effetti anabolizzanti dell’insulinaLa presenza dell’insulina accelera notevolmente l’anabolismo

proteico e la sintesi proteica aumentando inoltre il trasporto diaminoacidi nelle cellule; questo effetto anabolico dell’ormone ècoadiuvato dal fenomeno di risparmio proteico esercitato da un rilevanteapporto glucidico nelle cellule.

Funzionalità del glucagone nell’attività fisica e analisidegli integratori che ne stimolano la secrezione

Un pasto proteico aumenta la secrezione di glucagone, ed inparticolare gli aminoacidi glucogenici sono particolarmente potenti in

tal senso, in virtù del fatto che la loro conversione in glucosio nelfegato avviene sotto l’influenza del glucagone stesso; inoltre l’aumentodell’ormone in seguito ad un pasto proteico è utilissimo anche in quantogli aminoacidi stimolano la secrezione insulinica (con gli effettianabolizzanti che conosciamo, promuovendo inoltrel’immagazzinamento dei glucidi e dei lipidi assorbiti) il cui effettoipoglicemico è impedito dal glucagone stesso.

La secrezione del glucagone aumenta durante il digiuno come purein condizioni di sforzo fisico; inoltre l’aumento della produzione epaticadi glucosio è reso possibile dalla diminuzione del tasso insulinico,caratteristico durante una prestazione atletica, ma soprattutto grazieall’aumento del glucagone plasmatico.

La risposta glucagonica agli aminoacidi è superiore in caso diassunzione orale rispetto alla somministrazione endovenosa.

Testosterone; biosintesi, metabolismo ed azionefisiologica

Il testosterone rappresenta il principale ormone prodotto neitesticoli e chimicamente è un C-19 steroide.

Viene sintetizzato nelle cellule di Leydig partendo da unprecursore, il colesterolo.

La secrezione è sotto il controllo dell’ormone luteinizzante (LH)che stimola le cellule di Leydig incrementando la formazione di AMPciclico.

Il testosterone esercita una retroazione negativa sulla secrezioneipofisaria di LH, per cui l’assunzione esogena dello steroide blocca ilrilascio dell’ormone luteneizzante ipofisario.

Profonda l’influenza che il testosterone ha a livello di sintesiproteica e di anabolismo in genere.

Effetti indotti dal testosterone in fase di crescita

Gli organi genitali esterni come gli interni subiscono radicalimodificazioni sotto l’influenza del testosterone; tutto l’apparato

riproduttivo aumenta dimensionalmente mentre all’interno la prostata e

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le vescicole seminali crescono; queste ultime iniziano poi a produrrefruttosio, principale alimento degli spermatozoi.

La voce diviene più profonda in seguito all’ingrossamento dellecorde vocali e della laringe, aumenta nettamente il numero di peli sul

corpo e sul viso mentre dal punto di vista prettamente caratterialeaumenta l’aggressività e l’attrazione nei riguardi del sesso opposto.

Effetti anabolici del testosterone

Gli androgeni aumentano la sintesi proteica bloccandone nelcontempo la scissione.

In riferimento all’effetto anabolico si riscontrano fisiologicamente iseguenti effetti secondari:

•  ritenzione di sodio;•  ritenzione di potassio, acqua, calcio e solfati;•  accrescimento dei reni.

Secrezione del testosterone

La normale secrezione dello steroide è nell’ordine dei 4-9 mg/die.Nelle donne avviene una piccolissima produzione, ad opera delle ovaiee delle ghiandole surrenali.

Trasporto e metabolizzazione

Quasi il 100% del testosterone presente nel plasma è sotto formalegata a proteine; il quantitativo plasmatico totale nell’uomo adulto è di0,65 microgrammi per decilitro di sangue nell’uomo e di 0,03 per la

donna; il dato in riferimento all’uomo decresce con il trascorrere deglianni.Importantissima la quota che viene effettivamente convertita in

sostanza fisiologicamente attiva (estrogeno), responsabile di tutti glieffetti sopra descritti e della quale parleremo di seguito; la maggiorparte del testosterone circolante viene però convertita in 17-chetosteroidi (il testosterone è chimicamente un C19-steroide) venendosuccessivamente espulsa con l’urina. I due terzi dei 17-chetosteroidisono di provenienza surrenale, mentre il restante terzo testicolare.

Ricordo che il testosterone, come tutti i composti che derivano daquesto, sono definiti “androgenici”, ma comunque la potenzaandrogena varia a seconda dei casi; ad esempio i 17-chetosteroidi hanno

una potenza androgena del 20% inferiore a quella del testosterone.

Conversione del testosterone e funzione prostatica

Nella prostata, cosiddetto bersaglio primario, il testosteronesubisce la trasformazione in diidrotestosterone (DHT), formafisiologicamente attiva in determinate funzioni, quali l’ingrandimentodella prostata stessa, la peluria del viso, lo stempiamento e l’acnegiovanile.

É altresì vero che l’ingrandimento della muscolatura è mediatodirettamente dal testosterone.

La quota di DHT plasmatico è del 10% rispetto a quella di

testosterone!

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Effetto anabolico del testosterone a livello cellulare

La dinamica grazie alla quale il testosterone induce aumentidrammatici della sintesi proteica è la stessa che caratterizza tutte leproduzioni indotte da steroidi; ricordo che l’azione dinamica degli

steroidi è completamente diversa da quella degli ormoni non steroidei,non penetrando questi ultimi fin dentro il nucleo della cellulainteragendo con il DNA.

Il testosterone si combina con una proteina che trasportal’androgeno stesso fin dentro al nucleo dove avviene la formazione dinuovo m-RNA.

L’allenamento con i pesi, se intensissimo, può indurre sensibiliincrementi del tasso di testosterone endogeno.

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IIll  ssuuppeer r aall lleennaammeennttoo

Si tratta di un termine che indica, in termini tecnici, la condizione

di un atleta in situazione di ridotta capacità prestativa a causadell'affaticamento generale provocato da un eccesso di allenamento.Dovrebbe essere solo una delle variabili che possono succederenell'ambito di una programmazione, ma grazie alla diffusione di schedeassassine ad alto contenuto di serie e sedute settimanali, divulgate dapseudo-istruttori, pseudo-proprietari di palestra/istruttori, o pseudo-istruttori di aerobica tuttofare, il superallenamento è diventato unavergognosa costante. In quest'articolo farò un excursus su tutto quelloche riguarda questo problema e togliervi, se possibile, dalle grinfiedell'ennesimo "stregone", magari vice-campione del mondo ("...conmolta meno roba di tutti", frase che sento dire da quasi tutti quelli chegareggiano, mah...). Come è noto un atleta, durante un normale ciclodi 2 settimane di allenamento, accusa un normale accumulo di fatica cheviene in genere normalmente smaltito tramite l'effettuazione di unmicrociclo di scarico (un periodo con un ridotto carico di lavoro). Seinvece alla fine di queste settimana/e di rigenerazione il soggettoriferisce ancora fatica, magari associata a cali di prestazione, siamo difronte fronte appunto al superallenamento.

Secondo Fry, Morton e Keast (1991) la definizione esatta è laseguente:

"I l superallenamento (over training) èil termine generale che indica che l' individuo è stato sottoposto a stress, der ivanti dall ' all enamento e da altr i stress estranei (per esempio quelli legati al lo 

stil e di vita), al punto da non essere più in grado di espr imere una prestazione di livello ottimale dopo un appropriato periodo di r igenerazione. Per una diagnosi di sovrallenamento ènecessar ia una caduta di pr estazione" .

Nel caso del bodybuilding, anzi nel natural bodybuilding unsegnale estremamente indicativo può essere quindi un calo delle forza,visto che è dato oggettivo soggetto a poche variabili e rivelatosiaffidabile in anni di nostri test sul campo. L'overtraining, secondo Fry,Morton, Keast (1991) e Kuipers e Keizer, (1988) si suddivide in:

Sovraffaticamento  (overreaching): si tratta di un affaticamentoche va’ al dì là del normale recupero dell'atleta, cioè superiore aglistress che generalmente derivano dal training. Definito anche come

sovrallenamento a breve termine (short-term overtraining), ilsovraffaticamento deve essere distinto dai normali alti e bassi diperformance giornalieri. L'overreaching richiede naturalmente unrecupero più ampio (7-15 giorni) rispetto alla fatica standard deltraining e viene considerato il primo gradino verso il baratro delsovrallenamento, anche se non sempre sfocia in tal senso. A volte ilsovraffaticamento può essere provocato in maniera strategica al fine diottenere una maggiore supercompensazione di rimbalzo; un esempiopuò essere il metodo delle sedute consecutive (lo stesso muscoloallenato per due o tre giorni di seguito).

Sovrallenamento a lungo termine (overtraining syndrome ostaleness): siamo di fronte ad un calo di prestazione che dura moltotempo, corredato anche da vari sintomi psico-fisici. Il più indicativo è

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•  aumento della pressione a riposo;•  rallentamento della velocità di recupero della frequenza

cardiaca al termine di un carico lavorativo;•  possibili modificazioni del tracciato elettrocardiografico.

 Antropometr ico

•  diminuzione della massa corporea; questa può essere associataa una perdita di grasso corporeo; questa può essere associata auna perdita di grasso corporeo e ad un bilancio azotato negativo(che comporta una diminuzione di tessuto muscolare);

Immunologico

•  aumento della suscettibilità alle infezioni ed alle malattie, conmodificazione dei profili ematici immunologici;

•  riattivazione di herpes virali;•  gonfiore di ghiandole linfatiche;•  emotivo e comportamentale;•  demotivazione nei confronti dell'allenamento e della

competizione;•  disturbi del sonno con o senza sudorazione notturna;•  instabilità emotiva;•  diminuzione dell'appetito;•  apatia e senso di depressione;•  difficoltà di concentrazione.

Nota: la comparsa di uno o più di questi sintomi, se non sonoaccompagnati da cali della performance, non indicano necessariamenteuno status di sovrallenamento.

Il sistema nervoso parasimpatico tende invece ad avere una azioneprevalentemente di risparmio e quindi rallenta il battito cardiaco, aiutal'assimilazione e il deposito delle sostanze nutritive. Il sovrallenamento"parasimpatico", conseguente all'esaurimento del sistemaneuroendocrino dovuto a stress troppo prolungati, è tipico degli sportaerobici (anche se molti sono i casi di sovrallenamento "simpatico" inatleti di sport di resistenza) ed è il logico risultato della folle corsa all

'aumento, a volte sconsiderato, di volumi e delle intensità degli odierniatleti di alta qualificazione. Coinvolgerebbe soprattutto i soggetti piùanziani. Secondo Kuipers e Keizer, (1988) Il sovrallenamento"simpatico" portando comunque al "collasso" il sistema nervoso,potrebbe portare al sovrallenamento "parasimpatico", causando così unasituazione gravissima risolvibile solo con tempi lunghissimi di recupero.I sintomi del sovrallenamento parasimpatico sono molto difficili daindividuare, perchè ha volte sono molto simili alle normali reazionireazioni dell'allenamento. Comunque Kuipers e Keizer (1988) indicanoi seguenti sintomi-spia:

•  peggioramento della prestazione;•

  più rapido recupero della frequenza cardiaca a riposo;

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•  decremento della concentrazione di lattato a carichisubmassimali;

•  decremento della massima produzione di lattato a carichisubmassimali;

•  facilità di affaticamento;•  ipoglicemia durante l'esercizio;•  comportamento flemmatico o depresso;•  diminuzione dei livelli plasmatici di adrenalina e noradrenalina

dopo uno sforzo incrementale condotto fino a livelli massimali(Urhausen et al., 1995).

E' facile notare che alcuni sintomi di sovrallenamento"parasimpatico" sono paradossalmente uguali ai normali segnali diaumento della performance; è per questo che questa forma diovertraning è molto difficile da individuare, anche perché l'atleta sitrova apparentemente in normali condizioni fisiche.

Molti sono i test di valutazione provati negli anni per individuareper tempo i sintomi del sovrallenamento. Come al solito però, quasitutti i studi in tal senso non sono svolti su sport di potenza, né tantomeno sul bodybuilding. Ci sono centinaia di studi svolti esclusivamentesu sport di resistenza, come se fossero gli unici a essere praticati nelmondo e comunque i soli che portano al sovrallenamento.

Le notti insonni, la perdita di peso e forza sono inveceenormemente diffuse nelle nostre palestre, senza che molti faccianoneppure 10 minuti di cyclette "sennò perdo massa". Ciononostantesembra che negli ultimi anni l'indice dato dal rapporto testosterone(totale e libero)/cortisolo e testosterone libero/cortisolo, siano quasiunanimemente, considerati test estremamente decisivi perl'individuazione del stato di allenamento ottimale, sia aerobico cheanearobico. Più precisamente secondo Adlercreutz et altri (1986), ilsuperallenamento interverrebbe quando il rapporto testosteronelibero/cortisolo diminuisce oltre il 30% o con un valore al dì sotto di0,00035. Secondo Hakkinen et altri (1987) e Busso et altri (1990), c'èuna relazione statisticamente significativa tra la concentrazione ditestosterone od il rapporto testosterone/cortisolo, e le modificazionidella forza e della potenza durante un ciclo annuale di allenamento.Sempre Hakkinen et altri (1990), hanno riscontrato, in uno studio susette donne non atlete, una correlazione significativa tra velocità diproduzione di forza di 500N e curva forza-tempo da un lato, e livelli di

testosterone totale e libero dall'altro. Tutto questo nonostante tutto ilcorredo ormonale esaminato (tra cui il cortisolo), non aveva subitocambiamenti significativi durante le 16 settimane di allenamento.

Alla luce di questo studio, appare evidente che nelle donne i livellidi testosterone possono rivelarsi fondamentali per lo sviluppo dellaforza e come test per ottimizzare l' allenamento. In un altro studio diSeidman et altri (1990), su un gruppo di 35 soggetti non atleti, è statoriscontrato che dopo 18 settimane di allenamento, i livelli ditestosterone erano simili a quelli iniziali. Tuttavia il rapportotestosterone/cortisolo risultava inferiore al normale e questo sia alladodicesima che alla diciottesima settimana. Appariva chiaro che eral'aumento del cortisolo ha determinare uno stato di relativo

catabolismo. Anche Belcastro et altri (1990), riscontrarono una

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diminuzione del rapporto T/C su un gruppo di 6 atleti in evidentesovraffaticamento, che facevano parte di una squadra di 20 soggetti chesi preparavano ai campionati del mondo. Adesso, per chi l'abitudine dimitizzare in maniera eroica gli sport aerobici (ritenuti, chissà perché,più "leggendari", pensate per esempio al ciclismo o alla maratona),diamo di seguito alcuni dati sui livelli di testosterone di questi atleti.

Cominciamo con il dire che (Deschenes e altri, 1991; Hackney,1989) hanno riscontrato negli atleti di resistenza livelli di testosterone ariposo inferiore AI SEDENTARI. Tale situazione può quindi spiegare,almeno in buona parte, il calo di desiderio sessuale riferito anche daalcuni atleti di natural bodybuilding (in quelli non natural, mi sembraovvio che è più alto!) in preparazione pre-gara, dove il lavoro aerobicoaumenta di molto (per arrivare ad una bassa percentuale di grassocorporeo) e si somma al normale allenamento con i pesi. Questadiminuzione del testosterone non è del tutto chiara, ma sarebbe daascrivere ad un minor rilascio di LH (Ormone luteinizzante, stimola la

produzione di testosterone nei testicoli) dovuto ad un non correttofunzionamento dell'ipofisi del fondamentale asse ipotalamo-ipofisi-testicoli (Hackney e Sinning, 1986; Hackney, 1989). Secondo Lehmanne altri (1993) invece, tale fenomeno non dipenderebbe da disfunzioniipofisarie in quanto si sono trovati alti livelli di LH e FSH sia insoggetti in top-form che in superallenamento. Tanto per dare la bottafinale, gli UNICI sportivi che possono vantare livelli di testosterone ariposo superiori agli altri atleti sono proprio quelli bistrattati eghettizzati che si allenano con i pesi (Deschenes e altri, 1991; Hakkinene altri, 1985; Hakkinen e altri, 1988), anche se secondo Nicklas e altri(1993) non è regola fissa. Comunque nel passato la valutazione precisadel dosaggio di testosterone/cortisolo era possibile solo tramite il

prelievo di un campione di sangue venoso e l'utilizzo di un'analisiradioimmunologica, ed era quindi non molto pratica da utilizzare sulcampo.

Recentemente invece è stata messa a punto una tecnica chepermette la misurazione del C/T tramite semplicemente un tamponecilindrico di cotone simile a quello utilizzato dai dentisti. Il tamponeviene tenuto in bocca per circa 60-90 secondi, inserito nella provetta espedito al laboratorio d'analisi (in Italia l'unico laboratorio d'analisi chefornisce questo servizio è il C.T. SERVICE, Via Dante 2 - 16121Genova - Tel. 010/5452525). Tuttavia ci sono alcune voci contrariesull'affidabilità del dosaggio di testosterone/cortisolo (Uusitalo e altri,1993, Snyder e Foster, 1990, Houmard e altri, 1990, Flynn e altri,1990) ma questi studi sono numericamente minori, sono riferiti a sportdi resistenza e comunque sembra indiscutibile che almeno l'aumento delcortisolo è determinante per la caduta della prestazione. Infatti è anchemolto diffusa la misurazione del 17-idrossidocorticosterone (cioè delcortisolo e suoi metaboliti) nelle urine. Per esempio Lehmann e Kniziae altri (1993), hanno riscontrato un rilascio ipofisario di ACTH(ormone adrenocorticotropo, stimola la produzione di cortisolo) di circail 60% maggiore al fattore di liberazione dell'ormone corticotropo inatleti sottoposti ad allenamento intensivo al cicloergometro (Figure 3 e4). Questo repentino aumento del cortisolo era però seguito da unrilascio del cortisolo del 25% inferiore, evidenziando il fatto che la

corteccia surrenale, come gli adrenorecettori, riduce la sensibilità

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all'ACTH in condizioni di sovraccarico di allenamento. Parallelamentealla caduta dei livelli di cortisolo si assiste ad un aumento dell'ormonedella crescita (in risposta al suo fattore di rilascio, il GHRH e senza chevi sia un cambiamento nel rapporto tra testosterone libero e cortisolo)

che sembra essere il tentativo del sistema neuroendocrino di contrastarei catabolici livelli di stress. In alternativa alla misurazione del C/T c'èsempre il semplice metodo messo a punto dalle Università di Oulu e diHelsinki, che sostengono la misurazione delle seguenti pulsazioni ariposo:

•  sdraiati supini;•  dopo 15 secondi che ci è alzati in piedi;•  dopo 120 secondi che ci si è alzati in piedi.

Secondo questi studiosi scandinavi queste frequenze aumentanoprima della caduta del testosterone/aumento del cortisolo dovuti ancheal sovrallenamento. L'esperienza pratica di questo metodo è però didifficile attuazione perché risulta molto noioso per l'atleta. Da puntodegli integratori "legali", il cortisolo sembra essere minimizzatodall'assunzione di salicilati, come l'aspirina (Langer e altri, 1978) el'acetil-l-carnitina (Parnetti e altri, 1990). Andiamo a studiare adesso lecomplesse connessioni tra il superallenamento e il sistema immunitario.Infatti è ampiamente dimostrato che mentre attività sportive moderatepossono aumentare le difese immunitarie, sforzi molto duri e/o i varitipi stress (sia fisici che psichici) inducono invece un immunodeficenza.Una prova tangibile di questa situazione sono, per esempio, i frequentiraffreddori che colpiscono gli atleti sovrallenati. Questa perdita diefficienza del sistema immunitario sarebbe da ascrivere al surplus di

sostanze prodotte in caso di intensi stress, come cortisolo,noradrenalina, adrenalina, neuropeptidi e prostaglandine di tipo E. Inquesto quadro si inserisce un aminoacido attualmente giustamente moltoin voga e cioè la glutammina, in quanto in atleti sovrallenati i livelliplasmatici di questo voluminizzatore della cellula rimangono bassiaddirittura per mesi o anni (Rowbottom, Keast e Morton, 1996). Laglutammina aumenta infatti la riproduzione dei linfociti e quindi limitatedisponibilità di questo aminoacido provocano problemi al nostro sistemaimmunitario. Ma vediamo, secondo Newsholme et altri (1991) e Parry-Billings et altri (1990) qual’è la fisiologia del sistema immunitario, inmodo da trarne gli opportuni correttivi per evitare il superallenamento.

Le cellule del sistema immunitario si "nutrono" di molto glucosio,

glutammina e acidi grassi a catena lunga, in quanto devono sintetizzarele purine e le piramidine dovute a stress elevati, provocando soprattuttoforti utilizzi di glutammina. La glutammina ha particolarità che seassunta con alimenti od integratori, viene quasi totalmente utilizzatadalle cellule dell'intestino e quindi non riesce a fornire adeguatamentele cellule del sistema immunitario. Quindi è logico che le nostre difesedevono dipendere dalla glutammina prodotta dal fegato e dai muscoli,anche se è stato dimostrato che l'integrazione almeno due grammi diquesto aminoacido riesce ad aiutare in modo egregio il nostro sistemaimmunitario. Il bello comunque è che il muscolo sintetizza laglutammina soprattutto a carico dell'azoto derivante dallatransaminazione degli aminoacidi ramificati, tanto che si ipotizza chel'utilizzazione dei BCCA sia mirata solo alla produzione della

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glutammina. La caduta dei livelli di glutammina è collegataall'abbassamento dei livelli di glicogeno, che durano, quando l'esercizioè intenso come quello con i pesi, circa un'ora; questa è un'ulterioreprova che il training non deve durare tre-quattro ore... Se vogliamoentrare nel caso più specifico del superallenamento, i livelli diglutammina degli atleti sovrallenati possono essere scarsi anche dopoperiodi di recupero di 6 settimane, facendo ritenere che la scarsaefficienza indotta del sistema immunitario possa essere durare molto dipiù della perdita di performance. Secondo Newsholme (1994) anche ilcambiamento della composizione degli acidi grassi dedicati alle celluleimmunitarie, provocato dall'intenso esercizio fisico, può far scemare lenostre difese alle malattie. In conclusione per evitare gravi deficienzeimmunitarie, si deve:

•  assumere aminoacidi ramificati, almeno 7-10 grammi, al fine dilimitare il calo della glutammina. Secondo Carli et altri talesupplementazione avrebbe un effetto positivo anche sulrapporto testosterone/cortisolo, mentre Adibi (1980), Block eBuse (1990) e Smith et altri (1991), mettono in evidenzal'importanza dei BCCA anche nell'aumento della sintesiproteica e come agenti anti-catabolici. Tutto questo alla facciadi molte ditte e negozi di integratori che per seguire la modedell'ultimo momento si sono completamente scordati dellafunzione e l'efficacia dei ramificati, da loro venduti per oltre undecennio;

•  associare ai BCCA la stessa glutammina, almeno 2 grammi algiorno, in modo da "nutrire" adeguatamente sia i muscoli che lecellule del sistema immunitario; tra l'altro, come abbiamo

visto, anche l'aceti-L-carnitina è un anti-cortisolo e quindi unprotettore indiretto delle nostri anticorpi. Di conseguenza sisuppone che i prodotti che associanoBCCA+Glutammina+ACL, abbiano un enorme potenziale siaimmunostimolante, che anticatabolico;

•  Bevilacqua et altri consigliano anche l'assunzione di aspartati dipotassio e magnesio ("Polase" in farmacia) in quantoaumenterebbe la quantità di glutammina nel sangue;

•  ottimizzare adeguatamente l'allenamento in modo da nonsuperare l'ora di training.

Francamente sono ormai anni che faccio applicare queste regole a

tutti gli atleti che seguo, e posso assicurarvi che la maggioranza di loronon ha più lamentato nemmeno un raffreddore, anche in quelli che nesoffrivano spesso. Appare chiaro comunque che per prevenire o curareil superallenamento sia necessario intervenire anche a livelloalimentare. Anche se alcuni medici di base e anche qualche specialistadi medicina dello sport (che probabilmente non si aggiornano dal '65)ancora si ostinano a non ritenere necessaria un aumento del consumo diproteine negli sport di forza, è ormai assodato che bisogna assumernealmeno 1,3 - 1,6 grammi per kg (ma si può arrivare anche a 3-4 g/kg),rispetto al ridicolo 0.8 consigliato al sedentario (Lemon e Proctor,1991). Tra l'altro dei studi di Adlercreutz (1991) sulle donne hannodimostrato che alti introiti di proteine e carboidrati, possono elevare la

biodisponibilità e i livelli di testosterone, e quest' ultimi sarebbero

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addirittura inversamente proporzionali ad alte quantità di fibre. Quindiper prevenire il sovrallenamento, bisogna, durante i periodi di carico(per esempio nel 2:1) mangiare grandi quantità di proteine ecarboidrati, per poi riabbassare le razioni nel periodo di scarico. Tutto

questo, tra l'altro è stato studiato nei dettagli da uno studioso che sichiama Torbjon Akerfeldt e ne daremo più ampi approfondimenti suiprossimi numeri di Olympian's News. Altri fattori che possonoabbassare i livelli di testosterone ed "aiutare" conseguentemente ilsovrallenamento sono le diete vegetariane (Raben et altri,1992) e ildigiuno (Urhausen et altri, 1995).

Per quanto riguarda gli accorgimenti da adottare sullaprogrammazione annuale per la prevenzione la prevenzione delsuperallenamento, vi ripeterò fino allo sfinimento fisico e mentale chedeve essere:

1)  breve

2)  intenso3)  infrequente4)  periodizzato

A questi punti, su cui non mi soffermerò dati che sono statiampiamente già trattati da me e da altri autori su Olympian's News, sipossono affiancare i consigli dei vari studiosi in materia disovrallenamento, come quelli di Veale (1991):

•  evitare training noiosi e ripetitivi;•  prevedere periodi di riposo dagli allenamenti e dalle

competizioni, che diversifichino gli interessi del soggetto;•  porre degli obiettivi a breve termine realistici e condivisi

dall'atleta;•  prevedere stagioni non troppo lunghe, con consoni periodi di

riposo rispetto alle successive e che comprendano un numerodi gare limitate;

•  utilizzare tecniche di rilassamento e di visualizzazione.

Fyr, Morton e Keast (1991) prevedeno invece questastrutturazione:

•  cicli di allenamento che prevedano adeguati periodi dirigenerazione;

•  far eseguire dei test per poter individuare per tempo i sintomi

del superallenamento;•  questi test devono essere eseguiti in momenti tali da non

confondere la normale fatica dell'allenamento con quellaassociata al sovrallenamento.

Ma tra il volume e l'intensità dell'allenamento, qual’è il fattore cheinfluenza di più il sovrallenamento? Secondo Lehamann e altri(1992/1993), sarebbe il troppo volume ad incidere in decisivo sullacomparsa della sindrome di sovrallenamento; un'ipotesi che trovadecisamente conferma nella pratica sul campo del bodybulding. Qualierano infatti i training "anni 80" che, oltre a non farci crescere di unmillimetro, ci portavano in capo ad un mese al sovrallenamento? 20-30

serie per muscolo, 3-8 esercizi per gruppo muscolare, frequenze

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giornaliere in palestra e con un'intensità forzatamente ridotta. Tuttaviasecondo Kuipers e Keizer, (1988) anche elevate intensità possonoportare al sovrallenamento, più specificatamente a quello "simpatico",anche a causa (Urhausen et altri, 1995) dell'eccessivo aumento dinoradrenalina e adrenalina dovuto a lavori ad altissime intensità. Questialti livelli di catecolamine possono, a lungo andare, provocare ilsuperallenamento, in quanto innescano un meccanismocontroregolatorio che diminuisce la sensitività e la densità dei recettoriadrenergici. Questa relazione tra escrezione di catecolamine/intensità diallenamento è così stretta che la misurazione di queste sostanze nelsangue e nelle urine può servire per valutare i carichi di lavoro di tipoanaerobico, come il bodybuilding. I livelli plasmatici di catecolaminelibere servono per comprendere la risposta del sistema simpatico altraining o/e allo stress, mentre le catecolamine delle urine indicano ilmetabolismo totale e l'attività media delle stesse sostanze nell'arco dellagiornata. In effetti nel bodybuilding anche lavori ad alta intensità/basso

volume, cioè anche quello che viene considerato l'ottimale peraumentare la massa muscolare, possono portare la superallenamento,se:

1)  non si prevedono adeguati giorni di recupero tra una seduta el'altra;

2)  non si effettua ogni 2-3 settimane un microciclo di scarico;3)  si inseriscono sistemi troppo intensi senza adeguata

preparazione.

In effetti anche Little e Sisco, autori del sistema ad altissimaintensità "Power Factor Training", suggeriscono di distanziare le sedute(anche una ogni 12 giorni o più) per evitare il superallenamento. Per

quanto riguarda invece la ciclizzazione Little e Sisco sostengono chenon serve assolutamente e che è nata in quanto gli atleti russi usavanosincronizzare i periodi pesanti in cui prendevano steroidi e i periodileggeri nella fase senza farmaci. Secondo il mio modesto parere Little eSisco hanno preso una toppa che ha del clamoroso, in quanto:

1)  che gli atleti russi prendevano (e prendono...) steroidi lo sannoanche i bambini delle più sperdute e feroci tribù Indiosdell'Amazzonia, ma è altrettanto vero che tutta la natura, animali equindi l'uomo compreso, funziona a cicli (notte-giorno, fasi lunari,letarghi, migrazioni, ormonali e milioni di altri esempi) e non mirisulta che il ghiro vada in letargo perché durante l'estate si è fatto

un po’ di Decadurabolin.... I cicli fanno parte integrante dell'uomoed è un'affermazione gratuita e semplicistica quella che laperiodizzazione è inutile. Tra l'altro, paradossalmente, anchel'assunzione di farmaci dopanti è fatta a periodi proprio per nonsaturare i recettori che ciclicamente si saturano ed impedisconoulteriori miglioramenti;

2)  dirò di più, in quanto vi posso assicurare alternare periodi leggeriad altri più pesanti sarà il trend del futuro, in quanto ricalca quelloche hanno fatto per infiniti anni i nostri progenitori:a) caccia, con conseguenti altissimi stress;b) alte quantità di cibo (bisognava mangiare tutto la selvaggina

appena uccisa, non c'era il frigorifero!) e livelli ormonali

che si alzavano per recuperare e supercompensare il

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glicogeno e la forza/massa per le successive lotte; (a+b:periodo di carico, normalmente durava circa 14 giorni);

c) periodo di digiuno (il più delle volte forzato) fino allaprossima caccia (durata: circa 7-14 giorni);

d) il ciclo ricominciava.3)  non sono ancora passati ancora abbastanza anni per adattarci aduna vita attuale completamente diversa da allora e quindi ( anche sea Little e Sisco sembra non risultare) siamo ancora regolati su queiritmi; con buona approssimazione sopportiamo al massimo 2settimane di carico seguite da 1-2 di scarico. Guarda caso la cosaassomiglia straordinariamente al modulo 2:1...

4)  secondo la mia opinione ognuno di noi può affermare quello chevuole, quello che contano sono solo i risultati. A tale riguardo,l'osservazione di centinaia di atleta natural ai cui è stata applicataesclusivamente la periodizzazione, ha dimostrato incontestabili etangibili risultati a volte a livello di 10-12 Kg di aumento di massa

magra e anche fino al 50 % ( se non dì più) di forza in più in unanno. Anche se Little e Sisco hanno strutturato un metodo a quantopare efficace e dalle solide basi scientifiche (alcuni atleti che lohanno provato ne parlano in maniera positiva e spero vivamenteche sia così dopo queste affermazioni) non si devono permettereperò di dire che "...non esiste alcun motivo per periodizzare". Sevogliono stupire gli astanti si inventino qualcosa di meglio esoprattutto di più vero.

Anche le condizioni psicologiche influenzano in manieraimportante il rendimento dell'atleta e conseguentemente anchel'eventuale comparsa dell'overtraining. Le situazioni che possono

verificarsi sono:•  quando un soggetto si sente in forma o pensa di non essere

pronto per un dato evento, aumenta spontaneamente il carico dilavoro, rischiando così un'eventuale superallenamento (Kuipere Keizer, 1988);

•  se ci si allena con un compagno, la giusta competitività che siinnesca può portare (se arriva a livelli eccessivi) anch'essa alsuperallenamento;

•  quando, per esempio, si vuole fare a tutti i costi i microcicli dicarico quando le condizioni psico-fisiche sono precarie; lalogica conseguenza é il superallenamento.

•  esiste anche la sindrome da "dipendenza dell'esercizio",facilmente riconoscibile in chi andrebbe in palestra anche anatale e ferragosto e se salta un allenamento "perde massa".Una condizione decisamente deleteria, in quanto fa’ svolgereall'atleta elevatissimi (e per la maggior parte inutili) carichi diallenamento.

•  infine esiste la "sindrome da astinenza" (Kuipers e Keizer,1988), che sovravviene quando viene il training viene interrottobruscamente.

 Tutti gli autori consigliano l'introduzione di test psicologici, perprevenire e/o monitorare gli stati di affaticamento/sovrallenamento.

Quello più diffuso e affidabile sembra essere il POMS (Profil of Mood

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States; McNair et altri., 1971), che consta di 65 domande tese a farrisaltare tutte le tensioni e le condizioni psicologiche dell'atleta, inmodo che il tecnico possa intervenire in modo tempestivo e mirato. Inquesti casi possono essere utili le tecniche di rilassamento come laSofrologia e il Trager Approach.

Quindi, in ultima analisi, per prevenire, valutare e curare i varitipi di sovrallenamento sembra fondamentale monitorare in modoscientifico l'allenamento con l'uso di un diario d'allenamento.

In questa banca dati dell'atleta ci devono essere, giorno pergiorno, tutte le sue varie componenti psico-fisiche, in modo da teneresotto controllo ogni più piccolo sintomo di overtraining. Una propostapuò essere la seguente:

Diario dell'allenamento di ............................. microciclo .......... data ../../..

Pulsazioni a riposo, dopo 15 secondi che ci si è alzati, dopo

120 secondi che ci si è alzati

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31

Peso al mattino a digiuno

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31

Condizione psicologica1) ottima 2) buona 3) normale 4) negativa 5) molto negativa

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31

Pulsazioni in allenamento

1) normale 2) aumenta in modo anomalo1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31

 Affat icamento generale durante i l t raining

1) standard 2) superiore allo standard 3) troppo elevato

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31

Minuti/ore di allenamento

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

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In conclusione l'atleta natural è soggetto ad alto rischio per quantoriguarda la comparsa del superallenamento, e quindi appare evidenteche solo l'ottimizzazione dei vari parametri fin qui sviluppati può farprevenire una situazione che può compromettere, del tutto o in parte, lavostra periodizzazione annuale. Non date assolutamente retta a istruttoriche si massacrano di steroidi, loro non sanno nemmeno cos’è ilsuperallenamento perché non lo hanno mai provato...

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NNuuttr r iizziioonnee aavvaannzzaattaa::  ccr r oonnooaall iimmeennttaazziioonnee

Abbinare un’alimentazione adeguata e integratori veramente

efficaci ai nostri allenamenti natural, è assolutamente d'obbligo se sivogliono ottenere buoni aumenti di massa muscolare. Già negli anni ’50(Kraut/Muller 1950; Kraut ed altri, 1953) si dimostrò che le carenzeproteiche nella nutrizione impedivano l'aumento sia della forza chedella massa. E' logico che in caso di normale genetica e senza doping,l'aspetto alimentare assume un ruolo ancora più importante.

In questo capitolo riassumeremo e approfondiremo i concettifondamentali della giusta assunzione di alimenti ed integratori.

Anche qui interverranno molti concetti della cronobiologia, che inquesto caso si può chiamare quindi cronoalimentazione. Sviluppatanegli ultimi anni da un medico italiano, Mauro Todisco (che tra l’altro èuno dei medici seguaci del Dott. Di Bella), la cronoalimentazione si èrivelata il trend attualmente più efficace per un ottimale apportonutrizionale. Ma in questo caso non si tratta della solite dieta, a voltedecisamente bizzarra, che ogni tanto va di moda, ma una vera e propriascienza fondata su precisi cicli ormonali. Applicata al bodybuilding hadato risultati eccezionali, in quanto permette entro certi limiti, lacrescita muscolare e il contemporaneo contenimento del grassosottocutaneo.

La cronoalimentazione si basa sul principio che i nostri flussiormonali sono significativamente diversi nell'arco della giornata equindi la qualità dei cibi ha diversa valenza a seconda dell'ora diassunzione.

Ma andiamo a vedere, uno per uno, l'azione e l'attività orariadegli ormoni che possono influenzare significativamente la ripartizionedei nostri pasti:

•  l'insulina è un ormone prodotto dal pancreas e tra le sue moltefunzioni, quella principale è di permettere l'ingresso delglucosio dentro le cellule. Si può considerare un ormonedecisamente ingrassante in quanto permette alle cellule adiposedi produrre trigliceridi (praticamente l'85% dei grassi dideposito sottocutaneo), bloccando nel contempo l'enzima che liscinde e far partire quello che produce lo stoccaggio dei grassi.Inoltre aiuta la trasformazione del glucosio in ulteriori acidi

grassi;•  gli ormoni cortisonici sono invece secreti dalle ghiandolesurrenali; anche loro hanno molte funzioni ma la piùinteressante per i nostri scopi sembra essere quella diaumentare il livello di glucosio nel sangue. Essi agiscono nelmeccanismo di trasporto dello zucchero dentro la cellula e nelladiminuzione del suo utilizzo. Queste azioni possono creare unaumento della scissione dei trigliceridi e conseguentementedegli acidi grassi che gli ormoni cortisonici possono poiutilizzare come energia al posto del classico glucosio. In praticaquesti ormoni contrastano l'insulina nella sua azione diutilizzazione del glucosio per il nostro pannicolo adiposo;

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•  Essi sono al massimo livello al mattino (molto probabilmenteper preparare l'organismo all'attività giornaliera), rimangonomolto alti anche fino al primo pomeriggio, per poi scendereprogressivamente fino al minimo notturno;

•  gli ormoni T3 e T4 sono prodotti dalla tiroide e svolgono unafunzione fondamentale sul nostro metabolismo, influenzandosoprattutto la velocità di assimilazione degli alimenti. Più i lorovalori sono alti e maggiore sarà quindi la capacità di convertirei cibi in energia e non in grasso. Il T3 raggiunge il suo livellomassimo intorno le 13 e il T4 alle 16;

•  l'ormone della crescita ha invece il suo massimo picco nelleprime due ore successive all'addormentamento. Secretodall'ipofisi, ha delle funzioni decisamente interessanti perquanto riguarda il rapporto massa magra/massa grassa. Questoormone, la cui principale peculiarità è quella appunto di farcrescere tutti gli organi nell'età dello sviluppo, permette anchenell'età adulta di stimolare l'utilizzazione dei grassi e l'aumentodei muscoli. Ciò avviene perché il poli-pepdide attiva l'enzimache favorisce la scissione dei trigliceridi di deposito,utilizzandoli per fini energetici e nel contempo riducendol’utilizzazione del glucosio. Inoltre limita la trasformazionedegli aminoacidi in glucosio e aumenta la produzione diproteine.

In pratica fa dimagrire solo di grasso e aumentare di muscolatura:proprio quello che ricerca disperatamente il bodybuilder. I livellidell'ormone della crescita si mantengono molto altri fino ai venti anni,per poi decrescere progressivamente fino ai trenta, dove dopo avviene

un ulteriore calo. Per stimolare in modo naturale l'increzionedell'ormone può essere usato con successo l'uso di buone quantità diproteine a cena (il pasto più vicino al riposo notturno) e la quasi totaleeliminazione dei carboidrati, in quanto interferiscono con il picconotturno di GH.

L'associazione nei pasti di carboidrati e proteine può faraumentare anche del doppio la secrezione di insulina da parte delpancreas. Si dovrebbero quindi dissociare i pasti, anche se comevedremo più avanti, nell'alimentazione sportiva ciò non è può esserecompletamente ammesso.

Per completare il quadro bisogna infine spiegare che esistono duesomatotipi fondamentali di sovrappeso: l'androide e il ginoide.

il tipo androide, che caratterizza soprattutto gli uomini, ha ilgrasso accumulato soprattutto nella parte superiore del corpo. Lesezioni più colpite sono: l'addome, il busto, le spalle e la nuca.Responsabili principali di questa distribuzione sono gli ormoni maschili,gli androgeni, che se presenti in maniera superiore al normale nelladonna, possono causarle lo stesso tipo di sovrappeso. A predisporre taleaccumulo di grassi sottocutanei sono gli ormoni cortisonici, che negliandroidi sono particolarmente alti. Come abbiamo già visto, taliormoni, trasformando gli aminoacidi in glucosio, possono, se sopra lanorma, predisporre all'ingrassamento. L'ipotalamo, la ghiandola checomanda l' ipofisi a produrre i cortisonici, può però essere inibita da

due neurotrasmettitori, noradrenalina e gaba. Visto che i precursori di

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queste due sostanze sono prodotte a partire da tre aminoacidi e cioèfenilalanina/tirosina (noradrenalina) e acido glutamminico (gaba), perfrenare la produzione eccessiva dei cortisonici bisogna consumare unabuona quantità di proteine. Da qui la diffusione di GABA sotto forma diintegratore (presente solo sul mercato americano), che quindi si puòconsiderare un prodotto decisamente interessante.

Di contro, un altro neurotrasmettitore, la serotonina, che aumentala sua concentrazione con l'assunzione di carboidrati, ha invece unafunzione stimolante sull'ipotalamo. Quindi per l'androide la morale è:meno carboidrati e più proteine.

Nel sovrappeso "ginoide" il grasso si distribuisce invece nel bassoaddome, nella parte superiore delle cosce, nei glutei e nei fianchi. E'dovuto all'azione degli ormoni femminili e quindi sono maggiormentele donne a soffrirne. Per far capire come si può combatterlo è utile fareuna piccola digressione sul funzionamento del nostro sistema nervoso.

Quello centrale controlla tutte le funzioni volontarie del nostro

corpo, cioè i movimenti che noi comandiamo con il pensiero conscio.Invece il sistema nervoso autonomo presiede alle funzioni involontariecome per esempio il mantenimento della temperatura corporea, dellasudorazione, del battito del cuore, stomaco, intestino e il tutto ilmetabolismo. Tutte queste funzioni avvengono senza che noi ce nerendiamo conto. l'autonomo è composto da due sezioni in antagonismol'uno con l'altra: il simpatico e il parasimpatico.

In generale il simpatico favorisce il lavoro fisico e mentale mentreil parasimpatico risparmia e immagazzina le energie quando non c'èuno sforzo intenso. Oltre ad altre funzioni il simpatico riduce lasecrezione di insulina, permette la scissione dei trigliceridi accumulatinel sottocutaneo e accelera il metabolismo. Il parasimpatico invece

ottimizza l'accumulo dei grassi di deposito, aumenta la secrezione diinsulina e l'assimilazione dei nutrienti. E' logico che questa lottacontinua fra le due sezioni, a seconda della prevalenza di una odell'altra, permette di avere il metabolismo più alto o più basso.Normalmente di giorno prevale il simpatico mentre di notte domina ilparasimpatico. In pratica si deve mangiare abbondantemente durante ilgiorno e fare una cena più contenuta per non aiutare l'accumulo deigrassi.

L'obesità ginoide normalmente è quindi caratterizzata daun'eccessiva attività del parasimpatico.

Andiamo adesso a vedere come agire a livello dell'ipotalamo (laghiandola che sottintende al funzionamento di tutte le altre funzioniormonali) per ottimizzare il metabolismo.

L'ipotalamo è fortemente influenzato da due nuclei; il nucleoventromediale, che ha la funzione di stimolare il sistema simpatico ascindere i trigliceridi di deposito e il nucleo ventrolaterale chepredispone il parasimpatico a depositare i grassi. La serotonina, checome già detto, aumenta con l'apporto di carboidrati, stimola l'attivitàdel nucleo ventromediale che ha una funzione esattamente opposta aquello ventrolaterale. Quest'ultimo è così ostacolato e riduceconseguentemente la sua azione ingrassante. Per i "ginoidi", quindi laquota di carboidrati non va tenuta bassa, purché si seguano comunque iprincipi della cronoalimentazione.

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Ricapitolando, per mantenere il livello di grasso corporeo basso enel contempo aumentare di massa muscolare magra bisogna:

•  ripartire nella prima parte della giornata i carboidrati in modoche gli ormoni cortisonici più alti contrastino l'azioneingrassante dell'insulina, stoccando quindi tutto il glucosio inpiù utile glicogeno. Il pasto più abbondante dovrà essere ilpranzo in quanto alle 14 e alle 16 c'è il picco degli ormonitirodei T3 e T4, che velocizzano ulteriormente il metabolismo.I carboidrati non andrebbero assunti con le proteine;

•  la sera solo pasti con proteine senza carboidrati, per noninterferire con il rilascio del GH.

Questo regime alimentare però deve essere modificato in funzionedelle particolari esigenze del bodybuilder. E' oramai accertato che soloassumendo 1,7-2,5 grammi di proteine per kg di peso corporeo, sipossono avere notevoli incrementi muscolari. Mettiamo quindi che un

atleta di 70 kg (di massa magra) deve assumere 140 grammi di proteinein una giornata (70 x 2).

E' logico che l'unico piatto proteico serale non soddisfa talefondamentale esigenza. Si deve quindi creare un compromesso tra iritmi ormonali e la quantità di proteine da ingerire. Quindi poniamo difare 5 pasti giornalieri; i primi quattro dovranno comprendere insiemecarboidrati e almeno 30 grammi di proteine. Colazione, spuntinomattiniero e soprattutto il pranzo, dovranno contenere la maggior partedella quota globale di carboidrati. Il quarto pasto dovrà contenerecomunque una parte di carboidrati sia per sostenere l'allenamentopomeridiano che per reintegrare le scorte di glicogeno.

Il quinto pasto sarà sempre a base di sole proteine. Per quantoriguarda l'accoppiamento delle proteine con i carboidrati ci sono alcuneconsiderazioni da fare. In primis le proteine aumentano, in presenza dialti livelli glicemici, il livello di insulina in misura maggiore di quelloche si avrebbe soltanto assumendo solo carboidrati. Tutto lo spettroaminoacidico è coinvolto in questo processo, ma due in particolare,arginina e lisina, sono particolarmente responsabili dell'aumentodell'ormone secreto dal pancreas. Cibi particolarmente ricchi di questiaminoacidi sono il pesce, le uova e la carne di maiale. Visto che perquestione di quantità protidica siamo per forza costretti ad accoppiarecarboidrati con proteine in almeno 4 pasti su 5, mangeremo a rotazionenel pasto serale (l'unico solo proteico) pesce, uova e carne di maiale

magra, mentre negli altri pasti alterneremo carne bianca e di manzo,polveri proteiche e magari legumi.Si potrebbe obbiettare che l'ipersecrezione di insulina non è

necessariamente un male per il bodybuilder, in quanto questo ormone èanche un agente anabolizzante, perché aumenta la captazione degliaminoacidi nella cellula. Tant'è vero che molti bodybuilder decisamentenon natural hanno provato a usare l' insulina per diabetici per aumentarela loro massa muscolare, con buoni risultati. Pratica sicuramente daaborrire (il pancreas potrebbe, a lungo andare, non lavorare più efavorire quindi l'insorgere del diabete) ma che prova l'efficaciadell'insulina. Lasciando stare quindi le pazzie maniacali e suicide dicerti culturisti, si può considerare l'idea di sfruttare i normali picchi

insulinici alimentari per migliorare la l'incorporazione degli aminoacidi

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nei nostri muscoli. Se il vanadio solfato confermerà le sue peculiarità diimitatore dell'insulina non sarebbe quindi da scartare l' idea di usarlo inassociazione a pasti ad alto tenore di carboidrati. L'idea va, secondonoi, applicata solo a chi possiede un metabolismo, diciamo così"simpatico" cioè molto attivo in quanto non si rischia di avere unaumento indesiderato di tessuto adiposo. Per fare questo abbineremoprodotti proteici, anche ad alto livello di arginina e lisina, a carboidratiad medio e alto indice glicemico come pasta, pane, riso, succhi frutta.Invece per quanto riguarda i "parasimpatici" manteremmo il regime"insulinico" per tutta la stagione preparatoria e parte di quellaagonistica. Poi quando si adotta lo stretto regime alimentare pre-garaadotteremo la cronodieta modificata per il bodybuilding e quindi nienteabbinamenti fra alte quantità di carboidrati a alto indice glicemico acarne di maiale, pesce e uova. Il livello dei carboidrati dovrà esseregradualmente scalato e contemponeramente si aumenterà l'attivitàaerobica. Se a poche settimane dalla gara (o dal mare...) non si è

ancora nella forma voluta, si adotterà la cronodieta nella sua forma piùclassica, anche se con i dovuti accorgimenti. Andiamo quindi neldettaglio:

Metabolismo veloce (ipertirodei,ipocortisonici)

Somatotipi dominanti: mesomorfi-ectomorfi

•  cronoalimentazione a picchi insulinici per il periodopreparatorio, agonistico e/o di transizione;

•  nessun controllo sulla quantità dei nutrienti, mangiare a sazietàle proteine prima dei carboidrati per assicurarvi la vostra quotaprotidica;

•  periodo pre-gara moderato scarico graduale dei carboidrati finoa raggiungere la forma una settimana prima della gara.Praticare eventualmente, nella settimana finale, la ricarica deicarboidrati.

Metabolismo lento (ipotirodei, ipercortisonici)

Somatotipi dominanti: endomorfi - mesoendomorfi

•  cronoalimentazione "insulinica" per il periodo di transizione,preparatorio e parte di quello agonostico;

•  nessun controllo sulla quota protidica, buona quantità di

carboidrati ma non eccedere soprattutto nella seconda partedella giornata;

•  a seconda della quantità di grasso da perdere, partire 20-16settimane prima della gara e adottare la cronoalimentazione"modificata" scalando gradualmente i carboidrati senza però ascendere al di sotto dei 60-80 grammi e solo per brevi periodiper non perdere massa muscolare;

•  specialmente se avete il grasso "androide", tenete sempre alte leproteine. Oltre a contrastare l'indiretta azione ingrassante dellaserotonina, le proteine accelerano notevolmente il metabolismo;

•  se invece tendete ad avere il pannicolo adiposo "ginoide" non

abbassate oltre i 100-120 grammi la quota di carboidrati totali.

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Cercate di ottenere la massima definizione con l'attivitàaerobica tra il 60% e il 70% della massima frequenza cardiaca;

•  cercate di non consumare uova, pesce e carne di maiale magrainsieme ai pasti con carboidrati in dieta pre-gara; riservate tali

cibi per il pasto solo proteico serale.

Infine l'utilizzo dei grassi e del ferro sono da preferire, per tutti,nel pomeriggio.

Seguendo accuratamente queste indicazioni, otterrete maggioriguadagni muscolari e nello stesso tempo il grasso sottocutaneo simanterrà entro certi limiti.

Ricordate: il natural deve pensare ad ogni minimo particolare perottenere risultati, non trascurate niente, voi non avete a disposizione ildoping per coprire eventuale errori. Abbiate forza di volontà, pazienza,tenacia, motivazione e avrete un fisico muscoloso, magro e soprattuttovostro e non figlio della chimica veterinaria.

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TTaatt tt iicchhee nnuuttr r iizziioonnaall ii  ppeer r  llaa ddeef f iinniizziioonnee

ddeell ll ’’aatt lleettaa aavvaannzzaattoo

Ottenere una definizione natural non è facilissimo (altrimenti nonesisterebbe quella non natural!); scordatevi innanzi tutto le spaventosepercentuali di grasso che avete letto nelle interviste dei "campioni". Iltre o addirittura il non-fisiologico e pericoloso 2 % di grasso che tanti"atleti" decantavano, sono possibili solo e soltanto con l'uso massiccioed indiscriminato di steroidi anabolizzanti e ormone della crescita. Gliatleti veramente natural è già un miracolo che arrivino al massimo al 4-5%. Guardate che il grasso corporeo ha funzioni assolutamentefondamentali nel nostro organismo e addirittura se è troppo basso, tra lealtre cose, può causare la "caduta" dei reni (specialmente il destro), inquanto sostenuti da cuscinetti d'adipe.

Dimenticate anche le incredibili striature sui glutei, lavascolarizzazione degna della rete Italgas e la spaventosa qualitàmuscolare che trovate sulle pur splendide foto di Flex, Muscle &Fitness e compagnia bella.

Qui stiamo parlando di uno sport terrestre, il natural bodybuilding,che affida tutti i suoi risultati solo ad allenamento/ alimentazione/recupero: in pratica un'altra disciplina.

Se i farmaci fanno aumentare in modo importante la massamuscolare, agiscono anche nello stesso devastante modo sulladefinizione, quindi togliamoci dalla testa i tubi del metano sul bicipite ediamoci degli obiettivi che riguardano essenzialmente il nostro pianeta.La ricerca della giusta definizione si basa essenzialmentesull'ottimizzazione di due parametri fondamentali: nutrizione e attivitàaerobica.

L'allenamento con i pesi mirato alla qualità muscolare, anche seanch'esso ovviamente importante, non incide più del 20% sul risultatocomplessivo finale. Ma prima di entrare nello specifico vediamo di fareun discorso più generale per quanto riguarda il dimagrimento.L'obiettivo del natural bodybuilder non deve essere semplicementeperdere peso sulla bilancia, ma cercare di abbassare il grasso corporeolimitando al massimo la perdita di massa muscolare.

Infatti, esiste un detto, "tutte le diete funzionano, nessuna dietafunziona", cioè e quasi impossibile, anche calcolando tutto al

millimetro, dimagrire di grasso senza intaccare sia pure una piccolaparte di massa muscolare, specialmente se non si assumono steroidi. Ilnostro compito sarà quindi di dimagrire cercando di perdere menomuscolo possibile, ma la cosa non è semplicissima. Ma vediamo cosa cidice la fisiologia a proposito di grasso, per poi partire praticamente allaricerca dell'agognata definizione. L' adipe del nostro corpo è inseritoquasi totalmente in cellule specializzate, gli adipociti. Hanno una formatondeggiante e hanno un diametro che può andare da pochi millesimi dimillimetro fino a quasi 200 micron. Nel nostro tessuto sotto la pelle (ilcosiddetto sottocutaneo), abbiamo uno strato di grasso formato daadipociti tanto più grandi quanto è più alta la percentuale di grasso delnostro organismo. Ognuno degli adipociti può contenere quantità

variabili di grasso e si possono immaginare come tanti palloncini

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attaccati tra loro. Quando ci mettiamo a dieta e/o facciamo attivitàaerobica e cominciamo a dimagrire, molti adipociti perdono grasso,quando invece mangiamo a ruota libera e ingrassiamo, la maggior partedi queste cellule aumenta il contenuto lipidico. Purtroppo questo

meccanismo è il risultato dell'adattamento alle proibitive condizioni chei nostri progenitori avevano svariate migliaia di anni fa. La scarsadisponibilità di cibo ha fatto sì che il nostro organismo abbia dotato gliadipociti di ottime capacità di aumentare il loro contenuto di grasso, madi una scarsa propensione al rilascio. In pratica se c'è disponibilitàl'adipocita "mette in cascina più fieno" (cioè più grasso) possibile,mentre anche se è costretto a rilasciarlo, lo fa molto lentamente. Eccoperché è più facile ingrassare che dimagrire. I grassi contenuti negliadipociti sono trigliceridi, cioè delle molecole formate da glicerolo e treacidi grassi e hanno la caratteristica di non poter uscire dalla cellulaadiposa senza essere prima smembrati. A questo particolare lavoro sonodeputati specifici enzimi situati all'interno degli adipociti, denominati

"lipolitici". In pratica i trigliceridi non possono fuoriuscire dalla cellulasenza l'intervento di questi enzimi, in quanto le aperture dellamembrana della cellula sono più piccole della molecola di grasso intera,ma non dei singoli componenti della stessa. Quindi il nostro compito èquello di scoprire:

•  i nutrienti che facilitano l'ingresso del grasso negli adipociti, inmodo da studiare il modo di limitarli o modularli;

•  i modi di attivazione degli enzimi lipolitici.

La liposintesi, cioè la "fabbricazione" di nuove molecole di grassoviene attivata quando l'insulina (l'ormone del pancreas deputato al

controllo della glicemia) è alta e ciò accade specialmente dopo un pastomolto ricco di carboidrati. L'innalzamento di questo ormone provoca:

•  l'aumento della permeabilità della membrana degli adipociti,causando così un aumento di incorporazione lipidica;

•  l'attivazione della liposintesi, cioè degli enzimi che trasformanole molecole entrate nell'adipocita in trigliceridi.

 Tra l'altro recentemente è stato scoperto un gene, chiamato connon molta fantasia FAT (grasso), che specifica un enzima che elaboral'insulina. Se questo gene è difettoso nei topi provoca la tendenza alsovrappeso.

Nell'uomo, però, questo gene non è stato mai trovato mutato,quindi il suo ruolo è ancora da definire. Per la verità è stato individuatoanche un altro ormone fondamentale per il controllo del peso, laleptina, che è prodotta proprio dal tessuto adiposo; ne parlo piùdiffusamente nella dispensa dedicata agli integratori. Per adesso,sappiamo di certo che se l'insulina è troppo alta i nostri adipocititenderanno a contenere sempre più grasso, impedendoci ildimagrimento. Quindi se ingeriamo degli zuccheri, specialmente aveloce assorbimento come lo zucchero o il glucosio, e il tasso dellaglicemia sale anche solo del 30-50% rispetto ai valori normali (ungrammo di glucosio per un litro di sangue), la quantità di insulinaaumenta molto al di sopra della norma. Se il tasso di insulina rimane suvalori mediobassi, il glucosio ha dei grossi problemi a superare le

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membrane degli adipociti. Se invece l'insulina si alza, il glucosio,insieme ad altre sostanze, entra facilmente sia negli adipociti sia in altrecellule. Più specificatamente, quando l' insulina è alta, molte molecoledi quest'ormone si legano a specifici recettori che sono situati sullamembrana dell'adipocita. Questi legami insulina-recettore provocano,tra gli altri, due meccanismi fondamentali per capire meglio la fisiologiadel dimagramento l'ingrassamento:

1)  si attivano gli speciali "carriers" per il glucosio, che si possonoraffigurare come dei camioncini che caricano una molecola diglucosio dalla parte esterna della membrana della cellula adiposa,le fanno attraversare la membrana e la scaricano all'interno dellacellula. Quando questi carriers sono vuoti ritornano alla superficieesterna della membrana per caricare un'altra molecola di glucosioe ripetere quindi il ciclo. In pratica i legami insulina-recettorefanno partire il meccanismo di trasporto dei carriers;

2)  vengono fabbricati nuovi trigliceridi dagli enzimi attivati, appunto,dai legami insulina-recettore. In pratica il glucosio vienetrasformato in grasso.

In base a questi dati, appare chiaro che per mantenere il nostrograsso corporeo basso, dobbiamo limitare il più possibile i picchi diinsulina durante la giornata. Attenzione; è chiaro che questa indicazioneè valida soltanto per chi tende ad avere un’alta percentuale di grassocorporeo e/o comunque dimagrisce con difficoltà. L'insulina è anche unormone anabolizzante e quindi chi ha, per mera questione genetica,poco grasso, deve invece sfruttare tutte le potenzialità di questopolipeptide. Quindi, per i meno fortunati, si devono evitare il piùpossibile gli alimenti ad alto indice glicemico (sì, OK, per la creatina

siete scusati!), cioè dei cibi che innalzano velocemente il tasso diglicemia e quindi di insulina. Ma vediamo nello specifico come sicomporta, per esempio, il pane bianco. Come si vede dal grafico:

Grafico 1 - Andamento della glicemia (ossia del tasso di glucosio nel sangue, in mg per ogni 100 cc disangue) in funzione del tempo (in ore) dopo assunzione di 50g di carboidrati sottoforma di pane (triangoli),spaghetti (quadrati) e fruttosio (cerchi).

se ingeriamo 50 grammi di pane avremo un innalzamento dellaglicemia anche fino a 150 mg/cento centimetri cubici di sangue, mentresupera appena i 50 mg/dl con la stessa quantità di spaghetti, ed è quasinullo nel caso del fruttosio, uno zucchero semplice. Anche se non è

facile calcolare il corrispondente aumento insulinico per ogni alimento,

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è chiaro che i cibi a basso indice glicemico permettono l'immissione diminor quantità di insulina.

Tabella dell’indice glicemico

 Tutti i valori riportati (eccetto quelli annotati) sono basati su circa 80 studi presi dalla più recenteletteratura scientifica riguardante l'indice glicemico. Molti cibi sono stati eliminati dalla lista originale, perchériportavano molti alimenti non reperibili in Italia. Per comodità, sono stati messi in ordine crescente di valore. Inquesta lista il pane bianco è l'alimento di riferimento ed ha quindi un valore pari a 100. Questo perché è un cibotipico ed più vicino alla realtà quotidiana rispetto al classico glucosio, che viene usato (a parte per la nostraquotidiana dose di creatina!) solo in studi scientifici. Per i tradizionalisti del glucosio basta moltiplicare l'indiceglicemico per 0,73 (esempio: glucosio=137x0,73 = 100). Si tratta comunque della tabella più avanzata che esistaattualmente al mondo: è infatti aggiornata al luglio del 1997.

Yogurt a basso tenore di grassi dolcificatocon aspartame

20 Biscotti da té 79

Fagioli di soia in scatola 20 Farina d'avena galletta 79

 Noccioline 21 Succo di frutta mista 79

Fagioli di soia 25 Popcorn 79

Crusca di riso 27 Muesli 80

Fagioli rossi 27 Mango 80

Ciliege 32 Uva sultanina 80

Fruttosio 32 Patate comuni bianche bollite 80

Piselli secchi 32 Riso integrale 81

Cioccolato al latte dolcificato conaspartame

34 Patate novelle 81

Fagioli marroni 34 Riso bianco 83

Pompelmo 36 Riso bianco, alti amidi 83

Lenticchie rosse 36 Pasticcio di carne 84

Spaghetti arricchiti di proteine 38 Pizza al formaggio 86

Latte+30g di crusca 38 Zuppa di piselli 86

Latte intero 39 Hamburger bun 87

Fagioli secchi comuni 40 Farinata di fiocchi di avena 87

Salsicce 40 Gelato 87

Lenticchie comuni 41 Barretti di muesli 87

Fagiolo 42 Patate confezionate 87Lenticchie verdi 42 McDonald's Muffins 88

Fagioli Neri 43 Sciroppo di mais ad alto tenore di fruttosio 89

Latte di Soya 43 Biscotto di pasta frolla 91

Albicocca 44 Uva passa 91

Piselli bolliti 45 Pane di segale 92

Latte scremato 46 Maccheroni al formaggio 92

Fettuccine 46 Saccarosio/zucchero di canna 92

Yogurt a basso contenuto di grassi,dolcificato con zucchero della frutta

47 Timballo 93

Segale 48 Cous-cous 93

Orzo 49 Pane di segale, alte fibre 93

Cioccolato al latte senza zucchero 49 Cocomero 93

Vermicelli 50 Patate al vapore 93

Yogurt standard 51 Cordiale all'arancia 94

Pere fresche 53 Ananas 94Spaghetti 53 Semolino 94

Mela 54 Gnocchi 95

Pastina Star  54 Cornetti (croissant) 96

Polpa di pomodoro 54  Nocciole 96

Pane d'orzo 55 Fanta 97

Ravioli 56 Mars barrette 97

Spaghetti cotti per 5 min. 52 Frittella 98

Succo di mela 58 Pane di frumento, alte fibre 97

All-Brain 60 Crema di frumento 100

Pesca fresca 60 Biscotti di frumento 100

Arancia 63 Purè di patate 100

Pere in scatola 63 Carote 101

Zuppa di lenticchie in scatola 63 Pane bianco di frumento 101

Cappellini 64 Crackers 102

Maccheroni 64 Melone 103

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Linguine 65 Panino 104

Riso rapido bollito per 1 min. 65 Miele 104

Lattosio 65 Patate bollite schiacciate 104

Pan di Spagna 66 Corn chips 105

Uva 66 Panino ripieno 106

Succo d'ananas 66 Patate fritte 107

Pesche in scatola 67 Zucca 107

Riso parboiled 68 Cialde 109

Piselli verdi 68 Wafers alla vaniglia 110

Riso parboiled, alti amidi 69 Dolcetti di riso 110

Succo di pompelmo 69 Galletta tipo colazione 113

Cioccolato 70 Ciambella salata 116

Pane di segale 71 Patate al microonde 117

Gelato a basso contenuto di grassi 71 Cornflakes 119

Tortellini al formaggio 71 Patate al forno 121

Crusca con uva sultanina 74 Patatine fritte croccanti 124

Succo d'arancia 74 Riso, parboiled, basso amido 124

Lenticchie verdi in scatola 74 Riso bianco, basso amido 126

Kiwi 75 Riso soffiato 128

Torta comune 77 Riso istantaneo bollito per 6 min 128

Patate dolci 77 Pane di frumento senza glutine 129Special K Kellog's 77 Glucosio 137

Banana 77 Maltodestrine 137

Grano saraceno 78 Tavolette di glucosio 146

Cereali dolci 78 Maltosio 150

Spaghetti 78 Tofu frozen dessert 164

Riso integrale (brown) 79

Nella tabella 1 sono indicati gli indici glicemici dei principalialimenti, in modo da regolarvi per la vostra dieta pre-contest o... pre-mare! Attenzione però, come si può notare sono essenzialmente icarboidrati ad avere i valori glicemici più alti, e quindi si potrebbeincorrere nell'errore di eliminare questo tipo di nutriente. Non deve

essere assolutamente così! Il nostro cervello funziona solo con ilglucosio puro e quindi se scendiamo al di sotto dei 120 grammi dicarboidrati, la quantità giornaliera minima per il suo rifornimento dienergia, il nostro organismo comincia a smontare le proteine muscolari.

Infatti, pur di rifornire in qualche modo le fondamentali funzionidel sistema nervoso centrale, i nostri sistemi metabolici utilizzano gliaminoacidi muscolari, (in particolar modo gli aminoacidi ramificati e iglucogenetici) al fine di ricavare alanina. Quest'ultima, uscita daimuscoli, arriva al fegato dove verrà trasformata appunto in glucosio. Sequindi si segue una dieta con bassi carboidrati, come per esempio lafamosa "carne ed acqua", a lungo andare si rischia di perdere moltapreziosa massa magra. Tra l'altro se si "viaggia" al di sotto dei 120grammi di glucidi giornalieri, paradossalmente si rallenta ildimagramento; si tratta della famosa massima "i grassi bruciano allafiamma dei carboidrati".

È importante sottolineare che la strada attraverso la quale gli acidigrassi vengono utilizzati per ricavare l'energia muscolare converge conquella dei glucidi in fase aerobica, poiché l'unico sistema possibile èquello della ossidazione attraverso il ciclo di Krebs.

Chiamato anche ciclo dell'acido citrico è una serie di complessetrasformazioni chimiche che portano alla liberazione dell'energia nellafase aerobica, cioè utilizzando ossigeno disponibile. Per comodità diesposizione lo schema è stato semplificato inserendo anche la via dei

trigliceridi.

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Rappresentazione schematica e semplificata del metabolismo dei glucidi e dei trigliceridi.

Come si può notare dallo schema, i glucidi, per la loro ossidazionecompleta utilizzano il proprio acido ossalacetico (un prodotto del ciclodi Krebs derivante dalla demolizione dei carboidrati) e non hannoquindi bisogno di altro intervento. Gli acidi grassi, di contro, dato cheper essere utilizzati hanno bisogno di convergere in quel ciclo non sonoassolutamente in grado di produrre il "loro" acido ossalacetico. Inpratica i lipidi non possono essere ossidati completamente se non inpresenza di glucidi. E non è finita qui; visto che dopo l'esaurimentodelle scorte glucidiche non può formarsi sufficiente acido ossalacetico,si può andare verso la cosiddetta chetosi. Si tratta delle molecoledell'acetil-coenzima A che si accumulano ed interagiscono per dareorigine ai corpi chetonici, tra i quali l'acetone, l'acido acetoacetico el'acido betaidrossidobutirrico, che al dì là dei nomi impossibili,provocano gravi disturbi.

Questi corpi chetonici tra l'altro, dopo circa 3 giorni, calmano lasensazione di fame e danno anche una leggera sensazione di euforia.Queste condizioni, a prima vista quasi ideali, possono far continuare ilsoggetto ad insistere con la dieta ipocarboidrata per lungo tempo, con ilrischio di perdere così molta massa muscolare. Da considerare, poi, laperdita di efficienza del cervello. Infatti, pur di andare avanti la nostra

materia grigia si adatta alla mancanza di glucosio, attingendo energiaproprio dai corpi chetonici. Ma è come usare una benzina con pochiottani; il motore della macchina funziona lo stesso ma le prestazionisono inferiori rispetto ad un combustibile con un più alto numero diottani. Ecco perché quando stiamo a dieta, diventiamo nervosi, irritabilie ci scordiamo praticamente tutto. Il nostro sistema nervoso centrale èalimentato non dalla "benzina super", cioè il glucosio, ma bensì da unabenzina "normale, cioè i corpi chetonici.

Comunque, per quanto possiamo calibrare al massimo ilquantitativo di carboidrati, avviene sempre una perdita di massa magra,in quanto i regimi per il dimagrimento non possono mai esserecompleti. Purtroppo per un natural bodybuilder le cose possono essere

anche più complicate, quindi un altro accorgimento è quello assicurarsi

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una quantità elevata di proteine nobili. In questo modo permetteremo alnostro organismo di utilizzare le proteine alimentari per:

1)  limitare al massimo la perdita di massa muscolare;2)  aiutare tutte le funzioni plastiche (cioè di costruzione) e

coadiuvare quelle energetiche;

Parlare dell'importanza delle proteine in una rivista dibodybuilding, è come spiegare il ruolo del pallone in una rivistacalcistica. È bene però ribadirlo, visto che tra pochi carboidrati, attivitàaerobica e intenso training, si rischia oltremodo di "mangiarsi" molta diquella massa muscolare conquistata, magari, in tanti duri allenamenti.In queste condizioni non sembra esagerato consigliare, tra proteineprese dai cibi e in polvere, una quantità di 2,5-4 grammi per Kg dimassa magra. Tra l'altro le proteine servono anche per aumentare ilmetabolismo, in quanto la loro ADS (Azione Dinamico Specifica, cioè

il dispendio di calorie che richiede lo stesso organismo, per elaborareun grammo di nutriente) è del 30%, rispetto al 12% dei grassi e almisero 6% dei glucidi. Per esempio, il valore calorico dei carboidrati edelle proteine è uguale a 4 calorie per grammo, ma l'organismo, però,per digerire i protidi produce un extralavoro del 30% (in totale 5,2calorie), rispetto al solo 6% (in tutto 4,24 calorie) dei glucidi.

Infine una dose di 25-30 grammi di proteine aiuta la secrezionedell'ormone CCK (colecistochinina), che attenua il senso della fame equindi vi permette di resistere meglio alla dieta per la definizione.Chiarito a dovere questo fondamentale punto, andiamo adesso a vedereinvece quali possono essere i nutrienti che ci possono aiutare amantenere l'insulina stabile. In primo luogo è doveroso citare il

prezioso utilizzo delle fibre. Si tratta di sostanze indigeribili contenutenegli alimenti vegetali. Il nostro organismo non possiede infatti glienzimi per la loro utilizzazione, le lascia quindi transitare nell'intestinotali e quali come sono entrate e le espelle infine con le feci. Per questaloro particolarità vengono utilizzate soprattutto per la stitichezza, inquanto aumentano la velocità del transito intestinale dei cibi. Maelenchiamo tutte le altre molteplici peculiarità delle fibre:

1)  le fibre possono modulare nel tempo l'assorbimento dellemolecole derivanti dalla digestione dei carboidrati e delleproteine; questo permette alla glicemia e alla insulinemia diavere sbalzi inferiori;

2)  le fibre negli alimenti rendono più bassa la concentrazionecalorica (cioè l'apporto di calorie per ciascun grammo di cibo)perché non hanno contenuto calorico e perché legano acqua;

3)  la presenza di fibre negli alimenti provoca un minorassorbimento dei grassi;

4)  gli alimenti ricchi di fibre richiedono una maggioremasticazione e allungano sia i tempi di permanenza in bocca,sia il tempo globale necessario per la consumazione dei pasti;questi tre fattori sono importanti perché aiutano a indurresazietà per contenuti calorici inferiori;

5)  i cibi ricchi di fibre tendono a provocare una maggiore

distensione delle pareti gastriche e ad aumentare i tempi di

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permanenza degli alimenti stessi nello stomaco; questo sonoulteriori fattori che contribuiscono a dare sazietà per valoricalorici inferiori.

Tabella delle fibre alimentari

PRODOTTI ORTOFRUTTICOLI

Asparagi cotti 2,6 Insalata belga 1,14

Bieta cotta 1,57 Insalata cappuccina 1,29

Broccoletti rapa cotti 2,2 Insalata invidia 1,57

Broccoli 3,11 Insalata lattuga 1,46

Carciofi 7,85 Insalata radicchio rosso 2,96

Cardi 1,53 Lenticchie secche 13,7

Carote 3,11 Melanzane 2,6

Cavoletti di Bruxelles cotti 5,01 Patate cotte 1,43

Cavolfiori 2,39 Peperoni cotti 1,68

Cavolo Cappuccio 2,58 Pomodori 1,02

Cetrioli 0,75 Piselli freschi 5,2

Cicoria cotta 3,55 Porri cotti 2,05Cipolle 1,04 Rape rosse cotte 2,59

Cipolline 1,85 Ravanelli 1,3

Fagioli freschi 10,6 Sedano 1,59

Fagioli secchi 17,0 Spinaci cotti 2,06

Fagiolini 2,93 Topinambur  2,67

Fave fresche 4,97 Verza 2,88

Finocchi 2,22 Zucchine 1,33

Funghi prataioli cotti 3,31

FRUTTA FRESCA

Albicocche 1,54 Mela cotogna 5,92

Ananas 0,89 Melagrana 1,97

Arance 1,6 Mela (senza buccia) 1,92

Avocado 6,33 Melone 0,74

Banane 1,81  Nespole 2,06Castagne (fresche) 8,37 Pere (con buccia) 3,27

Ciliegie 1,3 Pere (senza buccia) 2,83

Cocomero 0,22 Pesche (senza buccia) 1,58

Fichi 2,01 Pesche noce 1,5

Fichi d'india 5,01 Pompelmo 1,6

Fragole 1,63 Prugne rosse 1,58

Kiwi 2,12 Uva bianca 1,36

Mandarini 1,7 Uva nera 1,62

CEREALI E DERIVATI

Biscotti con crusca 5,21 Pane all'olio 3,66

Corn flackes 3,68 Pane integrale 6,51

Crackers con crusca 7,07 Pasta cruda 2,73

Crusca (fibra form) 77,1 Pasta cotta 1,41

Farro 6,53 Pasta integrale 6,4Farina di frumento 2,42 Pizza bianca 4,95

Farina di mais 2,9 Pizza al pomodoro 2,71

Farina di riso 1,0 Riso bollito 1,13

Farina di segale 14,1 Semola grano duro 3,43

Fette biscottate 3,5 Tortellini 6,43

Fette biscottate integrali 8,5

Fiocchi di avena 8,79LEGUMI SECCHI (cott i)

Fiocchi di mais 3,8 Ceci 5,96

Grissini 3,73 Fave 7,3

Orzo perlato 9,21 Fagioli 9,59

Pane bianco 3,09 Lenticchie 7,33

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Quindi consumare cibi ricchi di fibre (tabella 2), permette indefinitiva di avere una situazione glicemico-insulinica più stabile,aiutando in definitiva il dimagramento. Attenzione, però a nonesagerare, troppe fibre possono impedire l'assorbimento di alcuni saliminerali come: calcio, magnesio, fosforo, ferro, zinco e delle vitamineB. Ne accelerano il transito nel tratto digerente, ne sequestrano alcuni(per esempio, l'acido fitico dei cereali completi si combina con iminerali formando dei precipitati insolubili), ne ostacolanoulteriormente il superamento della mucosa intestinale. Inoltre le fibrediminuiscono leggermente l'assorbimento delle proteine e bisogna usarel'accorgimento di bere molta acqua, in quanto non possono gonfiarsi eperdono molte delle loro peculiarità. A proposito di acqua, bevetene avolontà, anche 3-4 litri al giorno, visto che è un anorettico naturale.Usate anche quella minerale, magari cambiando spesso marca, per nonabituarvi agli effetti. L'acqua depura l'organismo e vi permetterà dismaltire le scorie più facilmente.

Alcuni riferiscono di non riuscire a bere così tanti litri d'acqua algiorno, perché non ne sentono lo stimolo. Ricordo che è solo unaquestione di abitudine; basta portare una bottiglia d'acqua sempre conse e bere anche quando non si ha sete.

Piano, piano vi verrà spontaneo e naturale sorseggiare tutto ilgiorno. Riassumendo, per ottimizzare il vostro dimagramento, lestrategie base da adottare sono:

•  limitare al massimo gli sbalzi insulinici, cercando di evitarel'assunzione di cibi ad alto indice glicemico;

•  assumere almeno 120 grammi di carboidrati giornalieri (potetescendere fino a 60-80 grammi solo in casi di ritardo dipreparazione e per brevi periodi) al fine di limitare al massimola perdita di massa muscolare;

•  consumare una certa quantità di fibre per stabilizzare i picchiinsulemici e anticipare il senso di sazietà.

Le proteine deve essere tra i 2,5 e 4 grammi per Kg di massamagra, al fine di aiutare l'organismo alla funzione plastica e coadiuvarequella energetica. Si devono altresì consumare almeno il 10/15% digrassi, per non perdere tono ed energia, oltre a svariati litri d'acqua persmaltire le scorie. Vitamine e minerali in abbondanza. Sconsigliata solo1' integrazione di vitamina B 12; potrebbe rallentare il dimagrimento.

Per quanto riguarda invece l'organizzazione dei pasti, lo schemarimane quello riportato nel capitolo precedente "Cronoalimentazione enatural bodybuilding", di cui, per comodità, ricordo le nozionifondamentali:

•  i carboidrati vanno ripartiti nella prima parte della giornata,perché gli alti valori degli ormoni cortisonici contrastano conl'azione ingrassante dell'insulina (anch'essa alta la mattina)permettendo quindi un maggior stoccaggio del glucosio ascapito del grasso. Il pranzo dovrà essere il pasto piùabbondante della giornata, visto che alle 14 e alle 16 c'è ilpicco degli ormoni tirodei T3 e T4, che aumentano la velocità

del metabolismo. Soprattutto se avete la tendenza ad avere il

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grasso distribuito in modo "ginoide" (cioè soprattutto suifianchi, cosce e glutei) non abbassare comunque la quota deicarboidrati al di sotto dei 100-120 grammi.

•  le proteine aiutano il rilascio di maggior quantità di ormone

della crescita nel picco notturno. Quindi a cena solo pasti a basedi proteine, senza i carboidrati; quest'ultimi interferirebberonegativamente con il meccanismo di increzione del GH, moltoimportante per il dimagrimento.

•  l'associazione tra uova, pesce e carne di maiale con icarboidrati, aumenta la secrezione insulinica in maniera piùaccentuata rispetto ad altri tipi di protidi, a causa del loro altocontenuto degli aminoacidi lisina e arginina. Queste qualità diproteine vanno quindi consumate solo con il pasto serale.

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Sommario

Prefazione..........................................................................................................................1

Processi aerobici e anaerobici durante l’attività fisica ......................................................1Tipologia dell’esercizio: potenza e velocità.......................................................................1Sistema del fosfageno: fase anaerobico alattacida..........................................................1Glicolisi: fase anaerobico lattacida....................................................................................3

Tipologie metaboliche aerobiche .............................................. 5Glicolisi aerobica ...............................................................................................................5Ciclo di Krebs.....................................................................................................................6Sistema di trasporto degli elettroni o catena respiratoria .................................................6

Metabolismi energetici a riposo e nello sport .......................... 8Tipologia dell’esercizio ......................................................................................................8Durata dell’esercizio ..........................................................................................................8

L’ossigeno di restauro nella pratica spor tiva ......................... 10Recupero e ossigeno di restauro ....................................................................................10

Ossigeno di restauro lento e rapido ................................................................................11Il ripristino delle riserve di creatinfosfato nella RRP .......................................................12Il ripristino delle riserve di glicogeno muscolare nella SRP............................................13Rapporto tra la risintesi del glicogeno e la SRP .............................................................15

 Acido lat tico: process i di metabolizzazione e rimozione ...... 16Tempi di riassorbimento del lattato .................................................................................16Fattori influenzanti il riassorbimento del lattato...............................................................16

Struttura e contrazione del muscolo striato scheletrico ....... 19Sezione connettivale .......................................................................................................19Struttura del muscolo scheletrico....................................................................................20Composizione strutturale dei filamenti spessi e sottili ....................................................22Contrazione muscolare e teoria dei filamenti scorrevoli .................................................23Il reticolo sarcoplasmatico...............................................................................................24Condizione di riposo e disaccoppiamento actina-miosina .............................................25

Situazione di eccitazione ed accoppiamento actina-miosina .........................................26Contrazione muscolare: attivazione dell’ATPasi miosinica ............................................26Ciclo di accoppiamento e disaccoppiamento continuo durante la contrazione .............26Decontrazione del ventre muscolare ..............................................................................27Placca motrice, unità motoria e graduazione della forza................................................27Meccanica e regolazione della contrazione muscolare..................................................28Regolazione della tensione muscolare ...........................................................................29Modificazione dei parametri nelle contrazioni isometriche e isotoniche.........................30Contrazione isotonica......................................................................................................30Contrazioni isometriche...................................................................................................31Sviluppo della contrazione e fenomeni di sommazione isotonica..................................31Cause e tempi della fatica muscolare.............................................................................33

Attività motoneuronale..... ............. ............. ............ ............. ............. ............ ............. ............. ........... 34Giunzione mioneuronale.............. ............. ............ ............. ............. ............ ............. ............. ............ . 34Affaticabilità del meccanismo contrattile ............. ............ ............. ............ ............. ............ ............. .. 34

Fatica e sistema nervoso centrale...... ............. ............. ............. ............. ............. ............. ............ ....... 34Sommazione muscolare, stato attivo e tensione esterna...............................................35Distribuzione e differenze funzionali delle fibre muscolari..............................................36Fibre e sistema nervoso ..................................................................................................37Caratteristiche strutturali..................................................................................................37Substrati energetici..........................................................................................................37

 Aspetti enzimatici.............................................................................................................38Caratteristiche funzionali .................................................................................................38Tipizzazione delle fibre ed adattamento delle stesse all’allenamento............................38Ipertrofia muscolare e allenamento con i pesi ................................................................39Iperplasia e allenamento con i pesi.................................................................................40

Fisiologia e programmazione................................................... 42La pompa muscolare.......................................................................................................43Modificazioni fisiologiche indotte dall’allenamento con i pesi.........................................44

Endocrinologia .......................................................................... 46

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Fattori di rilascio ipotalamici............................................................................................ 46Strutture endocrine, ormoni e steroidi ............................................................................ 46Ormone somatotropo (GH)............................................................................................. 47

Azione a lungo termine ............ ............. ............ ............. ............. ............ ............. ............ .............. ....47Effetti a breve termine........................................................................................................................48

Ormone adrenocorticotropo (ACTH) e ghiandole surrenali ........................................... 48Corteccia surrenale.............................................................................................................................49Midollare surrenale.............................................................................................................................51Effetti delle catecolamine sugli acidi grassi, sul metabolismo energetico e sull’acido lattico... .........51

Tiroide, T3 e T4; effetti degli ormoni tiroidei ................................................................... 51Principali effetti degli ormoni tiroidei ............................................................................... 52

Azione calorigena...............................................................................................................................52Effetti sul sistema nervoso..................................................................................................................53Effetti dell’ipertiroidismo sul muscolo scheletrico.............................................................................53Effetti sul metabolismo dei glucidi.....................................................................................................53Effetti sulla metabolizzazione del colesterolo.....................................................................................53Interazioni tra ormoni tiroidei, ipofisi, GH e accrescimento corporeo................................................54

Pancreas, insulina e glucagone ..................................................................................... 54Insulina............................................................................................................................ 54

Rapporto insulina - lavoro muscolare.................................................................................................54Gli effetti anabolizzanti dell’insulina ............ ............ ............ ............ ............. ............ ............ ............55

Funzionalità del glucagone nell’attività fisica e analisi degli integratori che ne stimolano lasecrezione...........................................................................................................................................55

Testosterone; biosintesi, metabolismo ed azione fisiologica ......................................... 55Effetti indotti dal testosterone in fase di crescita................................................................................55Effetti anabolici del testosterone ........... ............. ............ ............. ............ ............. ............ .............. ....56Secrezione del testosterone.................................................................................................................56Trasporto e metabolizzazione.............................................................................................................56Conversione del testosterone e funzione prostatica ........... ............ ............ ............. ............ ............ ....56Effetto anabolico del testosterone a livello cellulare...........................................................................57

Il superallenamento ...................................................................59Sintomi prestativi ............. ............ ............. ............. ............ ............. ............. ............ ............. .............60Cardiocircolatorio ............. ............ ............. ............. ............ ............. ............. ............ ............... ..........60Antropometrico ............ ............. ............. ............. ............. ............. ............. ............. ............ ............. ..61Immunologico ............ ............. ............ ............. ............. ............ ............. ............. ............ ............... ....61

Nutr izione avanzata: cronoalimentazione ...............................71Tattiche nutrizionali per la definizione dell’atleta avanzato...77Tabella dell’indice glicemico ............ ............. ............ ............. ............ ............. ............ .............. ........80Tabella delle fibre alimentari..............................................................................................................84