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CINTO CONTADINA Case rurali e memorie fotografiche

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CINTO CONTADINACase rurali e memorie fotografi che

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Questo libro, dedicato al mondo rurale, al la-voro plurisecolare svolto in armonia con l’am-biente che ha caratterizzato la storia di Cinto in modo quasi esclusivo fino a qualche decina di anni fa, propone un itinerario di case, case arcaiche o invecchiate precocemente, spesso abbandonate e qualcuna già demolita. Alcune fotografie mostrano momenti essenziali del-l’universo rurale di un tempo: l’allevamento del bestiame, la cura delle viti, la coltivazione delle granaglie, ecc. Sono immagini che do-cumentano un insieme di saperi, di cognizioni pratiche, di riti e di gesti tradizionali che ora-mai sfuggono a buona parte della popolazione cintese. Seguendo l’itinerario proposto da que-ste pagine si possono rilevare le innumerevoli tracce ancor presenti, aver cognizione delle case rimaste, alcune delle quali di tale entità da ergersi come piccoli “santuari” contadini dove è possibile intessere il filo della memoria ed assaporare il senso di una storia millenaria.

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a cura

dell’Archivio della Memoria Cintese

e

dell’Associazione Fotografi ca Gruppo Prisma

Comune di Cinto Caomaggiore

CINTO CONTADINACase rurali e memorie fotografi che

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Iniziativa realizzata Con il contributo della Regione del Veneto

Vogliamo ringraziare tutte le persone che hanno contribuito alla realizzazione di questo libro, in particolare Alfeo Amadio, Elisa Arreghini, Mosè Arreghini, Andrea Ballardin, Remigio Ballardin, Marina Bagnariol, Luigi Bagnariol, Sergio Basso, Stefania Basso, Massimo Belluzzo, Andrea Berlato, Onorio Bravo, Nicoletta Bulian, Gino Carniel, Elvira Carolo, Golfredo Castelletto, Angela Ceccon, Anna Crosara, Giovanni Cuzzuol, Giuseppe Cuzzuol, Piereugenio Cuzzuol, Adriano Daneluzzi, Italo Daneluzzi, Olivo Daneluzzi, Dora Diamante, Gian Piero Del Gallo, Loretta Della Savia, Sebastiano De Vecchi, Gino Empolini, Paolo Fagotto, Antonio Fantinel, Giuliano Franzon, Giuseppe Franzon, Claudio Giubilato, Giuseppe Gumiero, Bruno Infanti, Giovanni Labonia, Antonio Lenardon, Antonio Maccà, Ivano e Orazio Marson, Gianna Marzinotto, Angelo Marzinotto, Samuele Marzinotto, Daniela Moro, Paolo Moro, Alfi o Pellegrini, Lucio Pellegrini, Pierluigi Pellegrini, Giuliano Simonato, Paolo Simonato, Ottavio Stefanuto, Marcello Sut, Danilo Trevisan, Arnaldo Valvasori, Teresa Zoppas. Ringraziamo tutti quelli che cortesemente hanno permesso di fotografare gli edifi ci riportati nel libro. Ci scusiamo per possibili errori o dimenticanze.

Redazione a curadell’Archivio della Memoria Cintese

Ideazione grafi ca a curadall’Associazione Fotografi ca Gruppo Prisma

Guido Arreghini, Fabio Foresto, Massimiliano Foytik, Cristian Macchitella,Ilaria Morabito, Dino Pellegrini.

© Comune di Cinto Caomaggiore - 2006

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Nella seconda metà del secolo scorso, il nostro paese ha vissuto un’epocale trasformazione economica: il lavoro della terra, che fi n dai primi antichi insediamenti, aveva regolato la vita e le risorse della popolazione, è stato per buona parte sostituito da altre attività, industriali ed artigianali, più remunerative. Il mutamento economico con il conseguente innalzamento del tenore di vita, ha comportato diverse modifi che dell’assetto urbano del paese ed un’evidente trasformazione del paesaggio.

Alcuni vecchi edifi ci sono stati abbattuti o alterati, altri sono stati abbandonati e non ne rimane che qualche rudere. Le strade “bianche” di un tempo, soggette periodicamente al fango o alla polvere, sono state quasi tutte asfaltate. La roggia che faceva girare le ruote del mulino di Cinto è stata interrata, mentre gli edifi ci, un tempo meta di carri e birocci carichi di sacchi, sono stati trasformati in abitazioni popolari. Le barchesse cinquecentesche del palazzo della Persiana, dotate di un ampio porticato hanno subito un’irreparabile demolizione e anche la chiesetta dell’Annunziata, di origine settecentesca e addossata allo stesso Palazzo, è stata nel secolo scorso convertita in abitazione.

Nel centro del paese sono stati edifi cati numerosi nuovi edifi ci più consoni alle attuali esigenze economiche ed abitative. Anche le case contadine disperse nella campagna hanno subito inevitabili modifi che: le stalle e i pollai che fungevano da ricoveri per gli animali domestici sono in molti casi stati trasformati in garage per macchine o laboratori artigiani.

Il Comune di Cinto ha subito in questi anni molte innovazioni e, purtroppo, anche qualche manomissione, al punto che qualche nostro compaesano emigrato in lontani continenti mezzo secolo fa, può far fatica a riconoscerlo oggi come lo stesso paese dove ha vissuto la sua infanzia. Ma se si supera il primo iniziale disorientamento e ci si guarda attentamente attorno, percorrendo qualche strada secondaria, si può vedere che il vecchio e il nuovo tuttora coesistono, e che il paese possiede ancora edifi ci e paesaggi di pregevole interesse storico e naturalistico, dove i fanciulli di un tempo possono rifl ettere ricordi, alimentare suggestioni e rivivere intensi stati d’animo.

È un paesaggio godibile e affascinante anche per persone giovani e non necessariamente legate a questa terra ma che amano la natura ancora intatta o solo modellata dallo scrupoloso lavoro d’innumerevoli generazioni di contadini. Il libro è appunto dedicato al mondo rurale, al lavoro plurisecolare svolto in armonia con l’ambiente che ha caratterizzato la nostra storia in modo quasi esclusivo fi no a qualche decina di anni fa. Seguendo l’itinerario proposto da queste pagine si possono rilevarne le innumerevoli tracce ancor presenti, aver cognizione delle case rimaste, alcune delle quali di tale entità da ergersi come piccoli “santuari” contadini dove è possibile intessere il fi lo della memoria ed assaporare il senso di una storia millenaria.

L’opera è stata curata dall’Archivio della Memoria Cintese, istituito presso la Biblioteca Comunale nell’anno 2000, grazie all’apporto spontaneo di alcuni appassionati. L’attività svolta in questi anni, oltre a promuovere mostre e altre iniziative, ha permesso la pubblicazione di sette calendari fotografi ci, editi dall’Amministrazione comunale in collaborazione con la Pro Loco e distribuiti gratuitamente alle famiglie cintesi. L’interesse che tali pubblicazioni hanno trovato presso la popolazione cintese ci ha spinto a promuovere l’edizione di alcuni volumi monografi ci dove proporre in maniera più organica il materiale fotografi co raccolto e messo gentilmente a disposizione dalle famiglie. Per la realizzazione di questo libro l’Archivio della Memoria ha potuto avvalersi dell’opera dell’Associazione Fotografi ca Gruppo Prisma, che si è resa disponibile per contribuire alla selezione del materiale fotografi co e per curare gli aspetti grafi ci. Lo stesso Gruppo Prisma è l’autore delle fotografi e riportate nella terza parte di questo lavoro che documentano con perizia e competenza l’attuale consistenza dell’architettura rurale cintese.

Ringraziando tutte le persone che hanno contribuito al buon esito di questa pubblicazione, desidero sottolineare come la nostra percezione della vita e il senso che vogliamo dare alle cose del mondo, non possa prescindere dal nostro passato e dalla vicende che hanno caratterizzato la vita dei nostri padri.

Luigi Bagnariol Sindaco di Cinto Caomaggiore

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Te te domanda, da zovene buloto,

se là dentro ghe stava le bestie

ligade co la cadena a la gripia.

Là dentro, sot el covert de paia,

sora el pantan batù, co sofego,

fredo, pedoci, malaria e peagra,

ghe stava insieme bestie e omeni

e no so se çerti giorni gera meio

la gripia piena o la panera voda.

Romano Pascutto (da Ultimo cason)

Andando in bicicletta per strade secondarie, dove solitamente le macchine non vanno o sono rare, seguendo rive di salici dalle foglie argentate o di platani dalla chioma crespa e fl uente, si può godere di un ambiente agreste fatto di campi coltivati a mais o a frumento, di prati e di vigneti, ma anche di ampie macchie boschive in prossimità delle rogge, dove crescono querce, olmi, frassini e pioppi.

Si può camminare lungo le rive dei fi umi, seguendo il fl usso d’acque misteriose e silenziose che si diramano entro fenditure impenetrabili come nel caso del vecchio corso del Reghena, ancora tortuoso come appare in una mappa del Cinquecento, con la presenza di parte degli argini costruiti in quel secolo.

Seguendo la sua riva, prima di giungere al mulino della Sega, ci si può fermare e sostare dove il Reghena si congiunge al Caomaggiore, in una zona detta in bocca alle acque particolarmente cara ai pescatori ma anche, nella tradizione popolare, luogo d’adunata per gli spettri del fi ume e per le anime dei morti annegati. I cacciatori di lontra dei tempi andati raccontavano di aver assistito, nelle notti di luna piena, a dei prodigiosi pandemoni dove i diavoli ballavano sopra l’acqua con giovani e seducenti streghe.

La gente di un tempo poteva permettersi di vedere e di sentire fantasmi e dannati fi n che voleva, ma era gente austera e salda, che non perdeva facilmente la testa. Nella cultura orale dell’epoca, il fabular

di spiriti maligni e di vicende impressionanti era un modo effi cace per trasmettere alla prole le cognizioni essenziali del loro esperire. Altri sono oggi gli spettri che s’insinuano nelle nostre case, non più quelli scaturiti dai racconti dei nonni, nei fi lò fatti in stalla durante le lunghe sere d’inverno, né quelli trasportati dall’acqua delle rogge: ora fuoriescono perlopiù dai “canali” televisivi e hanno le sembianze di conduttori televisivi, di campioni dello sport, di seducenti top model, ma non sono meno impressionanti di quelli di un tempo.

Si può seguire il corso del Lison, un antico fi umiciattolo che nasce a Cinto e il cui percorso s’incunea fra le terre cretose poste a sudest del paese, un tempo ricco di prati stabili e di pregiati boschi di rovere, dove la Serenissima traeva la materia prima per i marangoni

dell’Arsenale. Il fi ume attraversa zone dai toponimi carichi di storia: Persiana, Prà Bonaldo, Ronco dei Gesuati. Prestando attenzione ai campi vicini, ci si può imbattere in qualche reperto archeologico di antiche ville rustiche: qualche pezzo di laterizio, un piccolo frammento di ceramica e, se si è fortunati, perfi no qualche moneta romana. Nel secolo scorso, poco lontano dalle rive del Lison, furono ritrovati alcuni tesoretti contenenti oltre seimila denari d’argento.

Le attrattive della natura non sono meno accattivanti dei reperti archeologici. Se si attraversa il Palù di Settimo in aprile ci si può compiacere delle bianche “criniere” del corniolo e del biancospino e in maggio respirare l’inebriante profumo dei fi ori d’acacia. Anche in estate, è piacevole intrufolarsi nella campagna, seguendo stretti viottoli alberati e rive brulicanti di rovi carichi di more, fermandoci ogni tanto a sostare vicino ad un maestoso pioppo o una centenaria quercia, sotto la cui ombra un tempo i contadini si sedevano per abboccare il fi asco e far merenda.

Ricordo che da bambini, durante le vacanze estive, si usava camminare dentro i fossi prosciugati dall’arsura, facendo attenzione di

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non sprofondare nel molle e viscido pacioc del fondo o di fi nire abbrancati dalle spine dei rovi. In realtà, dopo qualche iniziale apprensione, ci s’inoltrava come provetti esploratori per una campagna che dall’interno dei fossi si mostrava in certe parti sconosciuta ed intricata, quasi fosse un pertugio della giungla salgariana. Qualche ragazzo, più ardito e prestante, preferiva invece arrampicarsi sugli alberi e percorrere le rive saltando da un ramo all’altro, misurandosi in una gara d’agilità.

Ma anche in autunno non ci si perdeva d’animo nonostante le frizzanti brezze serali e mattutine che facevano presagire il freddo dell’inverno. Ci si rincorreva concitatamente fra i vapori che si alzavano dalle vasche del letame poste in mezzo alle corti, saltando fra le zolle dei campi appena arati e perlustrando le rive, attratti dal fogliame variopinto che sfumava nella nebbia.

Poi arrivava il gelo dell’inverno, con la brosa che imbiancava la campagna, rendendo tutto rigido e nulla intorno si muoveva, tranne qualche scricciolo che salterellava fra gli steccati della palada. Si camminava lungo i viottoli incanutiti dal gelo con la baretta fracada

in testa, a sercar na busa dove il giasso fosse suffi cientemente grosso per sostenerci. Di solito si andava in quella vicino al campo del prete

e lì, battendo con una stanga, se ne saggiava la consistenza. Quando il ghiaccio superava l’esame ci si metteva a slitar da una riva all’altra:corendo e sigando se zogava a ochei co el baston in man e qualche volta se ciapava anca el lus.

A volte ci si soffermava nei paraggi di qualche masseria, già in stato di abbandono, aggirandoci attorno alle mura alla ricerca di qualche spiraglio per curiosare fra i rimasugli delle masserizie: ogni oggetto polveroso che si delineava nell’ombra metteva in fermento l’immaginazione e suggeriva nuove occasioni di gioco.

Alcune di quelle case ci sono ancora, anche se si trovano in condizioni più disastrate, ma il sapore del tempo che da loro traspare rimane immutato: esse affi orano qua e là nella campagna cintese, quali ultimi baluardi di un modo di vivere antico, che poco ha oramai da spartire con il ritmo frenetico del presente.

Le immagini di questo libro propongono un itinerario di case, case arcaiche o invecchiate precocemente, spesso abbandonate e qualcuna già demolita. È un itinerario tracciato attraverso vecchie foto di famiglia e altre più recenti, eseguite con l’intento di documentare una realtà oramai precaria e comunque destinata inevitabilmente a modifi carsi.

Vecchie case rurali, con i cortili in terra battuta o in ciottoli, in lotta costante con l’erba, non quella rasa da prato inglese, ma quella più rustega che cresce in abbondanza lungo le rive dei fossi, le cui sementi non si acquistano in agraria, ma vengono distribuite gratuitamente dal vento. Un erba il cui sfalcio non era affi dato a marchingegni rumorosi ma avveniva in modo naturale come alimento di una masnada di animali che popolavano a quel tempo il cortile: galine, rasse mute, faraone,ochi, dindiati, ecc.

Le foto di un tempo e quelle più recenti si integrano fra loro e mostrano le vestigia di un mondo carico di storia, non basato su eventi eccezionali, ma frutto dell’esperire quotidiano di una miriade di generazioni, scomparse senza lasciare un nome o altro segno di distinzione individuale. La maggioranza di loro erano contadini mezadri

o affi tuai che dovevano sottostare spesso alle angherie del proprietario, al quale dovevano chiedere il permesso anche per maritare una fi glia o accasare un fi glio.

Eppure hanno vissuto, hanno percorso un tempo queste strade, dissodando le terre e vivendo solo di magri raccolti, spesso dovendo lasciarne gran parte in mano al sior paron. Gente che ha vissuto tutta la vita fra mura non intonacate e selciati di pietra o in terra battuta, che sopportava il freddo dell’inverno in stanze promiscue e non riscaldate, che si ristorava nel caldo afoso dell’estate bevendo solo l’acqua del pozzo, che non aveva rendite in banca o agevolazioni pubbliche, né pensioni e né assistenza sanitaria. Persone che vivevano per la maggior parte una vita grama e precaria, in lotta perenne per la propria sopravvivenza e bastava qualche evento atmosferico sfavorevole per rovinare il lavoro di anni, condannandole alla miseria, alla fame, ad

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un’indigenza fatale. Eppure non si abbattevano, non si lasciavano pervadere dalla depressione o dall’egoismo. Le avversità non incrinavano il loro rapporto con la terra, ne erano motivo per esimersi dai loro impegni familiari.

Chi non riusciva a garantire il minimo essenziale emigrava in cerca di migliore fortuna. Il contributo degli emigranti fu indispensabile per permettere al paese di ottenere condizioni di vita dignitose. Ma la tenacia e la perseveranza dei nostri avi contadini non va dimenticata: ne dovremmo tenere conto soprattutto quando le cose, anche per noi, sembrano foriere di presagi sfavorevoli.

Il libro “Cinto Contadina” è stato articolato in tre capitoli. Nel primo, dal titolo “Momenti di vita contadina”, il contadino è rappresentato nel suo rapporto diretto con la terra e con gli animali. Sono fotografi e ormai storiche, custodite dalle famiglie cintesi, che mostrano momenti essenziali dell’universo rurale di un tempo: l’allevamento del bestiame, la cura delle viti, la coltivazione delle granaglie, ecc. Le immagini documentano un insieme di saperi, di cognizioni pratiche, di riti e di gesti tradizionali, che oramai sfuggono a buona parte della popolazione cintese.

Nel secondo capitolo, denominato “Case rurali e dominicali”, le immagini mostrano le vecchie dimore agricole, alcune ancora presenti e altre demolite o rifatte, che erano sparse nel territorio in modo cospicuo fi no a qualche anno fa. Si tratta di fotografi e fatte in epoche diverse che sono state qui ripartite organicamente secondo la strada o la località d’appartenenza, in modo da suggerire un possibile itinerario. Il percorso inizia dal Palazzo della Persiana, toccando poi la Boschetta, la Stradatta, il Melon, il Palù di Settimo, il Bandoscudelle,via Roma, i due mulini, la Rota e via Zamper, per terminare nella località di San Biagio. In questa sezione, abbiamo per la prima volta la possibilità di vedere la fotografi a di un casone cintese: l’immagine è stata gentilmente messa a disposizione da Gianpiero Del Gallo, che ringrazio. Molte delle immagini utilizzate provengono da un Corso

fotografi co, effettuato a Cinto nell’anno 1989 e il cui Archivio fu lasciato in deposito alla Biblioteca Comunale. Ringrazio tutti i giovani autori di allora e in particolare Sergio Basso, che fu uno dei promotori del Corso e che oggi è un prezioso collaboratore dell’Archivio della Memoria. Ringrazio anche l’architetto Daniele Gaiatto per la collaborazione offerta e per aver messo a disposizione alcune fotografi e da lui stesso eseguite circa vent’anni fa, durante la iniziale redazione del piano regolatore.

Nel terzo capitolo, denominato “Architettura rurale di Cinto Caomaggiore”, i fabbricati rustici sono raggruppati secondo parametrid’affi nità architettonica. Le fotografi e, in questo caso, sono stateeseguite appositamente per questa pubblicazione dall’Associazio-ne Fotografi ca Gruppo Prisma. Questa terza sezione ci permette diavere un quadro generale della consistenza attuale del nostropatrimonio architettonico rurale. Ringrazio il Gruppo Prisma e parti-colarmente Dino Pellegrini per la importante collaborazione offertasenza la quale quest’edizione non avrebbe potuto realizzarsi in manie-ra così accurata.

Un speciale ringraziamento va anche a tutte quelle persone che hanno arricchito l’Archivio della Memoria Cintese mettendo a disposizione le loro preziose fotografi e di famiglia. Infi ne devo un riconoscente ringraziamento a Ornella Boattin, responsabile della Biblioteca Comunale, per l’ausilio consueto e per il suo inesauribile impegno nel sostenere ogni nostra attività.

Spero che il libro non sia considerato solo un album di ricordi fatto per suscitare qualche ebbrezza nostalgica fi ne a se stessa, ma possa far rifl ettere su quanto le case rurali siano oggi il punto di riferimento essenziale della nostra comune origine contadina e, che quindi, rappresentano un bene da conservare e da lasciare in eredità alle generazioni future.

Marcello De Vecchi Coordinatore dell’Archivio della Memoria Cintese

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L’incarico di fotografare l’ambiente rurale cintese, con partico-lare attenzione alla sua architettura, ci ha posti fi n da subito di fronte ad una questione di metodo ed in particolar modo ha indotto la nostra attenzione a soffermarsi su due interrogativi: cosa fotografare e so-prattutto come fotografare. La fotografi a è infatti un mezzo espressivo, un linguaggio che parla per immagini, che non si propone di delineare una rappresentazione vera ed assoluta della realtà, ma di offrire a chi la osserva un particolare punto di vista, quello del fotografo, che affi -da alle proprie inquadrature il messaggio che vuole trasmettere. Egli infatti, guardando nel mirino, decide quale parte dello spazio entrerà nel fotogramma e quale parte invece ne verrà esclusa, compiendo nel contempo una scelta compositiva e di comunicazione. La linea adot-tata per questa pubblicazione, si è concretizzata nella realizzazione di immagini che vedessero nel ruolo di assoluto protagonista il soggetto inquadrato, in cui la presenza del fotografo fosse quanto più lieve e discreta possibile. L’intento perseguito si è basato sulla scelta di non indugiare o forzare su inquadrature curiose o su particolari ammiccan-ti, ma di proporre per ciascun manufatto una visione ampia, spesso di tre quarti, che ne premettesse una facile contestualizzazione ed un ri-conoscimento immediato. L’intero corpus delle fotografi e, pubblicate e non, viene a costituire, così, un vero e proprio censimento dell’ar-chitettura rurale cintese, a disposizione dell’Archivio della Memoria, in cui ogni singolo scatto diviene una sorta di documento d’identità dell’edifi cio inquadrato.

Il campionario delle case rurali cintesi e dei loro annessi risul-ta essere molto vasto e delinea un panorama pressoché unico nell’am-bito del territorio del Veneto Orientale; scegliere cosa fotografare è stata un’operazione senza dubbio complicata, che ha comportato do-lorose esclusioni. Il criterio che ha animato la selezione degli edifi ci è stato quello di considerare principalmente manufatti che non fossero

mai stati fotografati in precedenza, o seppure già documentati, che si presentassero ancor oggi in uno stato prossimo a quello della loro conformazione primigenia. L’idea generale che anima il nostro lavoro è di presentare una serie di architetture che siano ancor oggi in grado di trasmettere la memoria di una civiltà passata, ma non così remo-ta, che è parte della nostra storia comune e che ci auguriamo possa esserlo anche per le generazioni a venire. Tutti gli edifi ci fotografati non sono infatti solo semplici testimoni di un’epoca che fu, ma sono soprattutto custodi di una sapienza compositiva, costruttiva ed esteti-ca che insieme rappresentano una vera e propria cultura contadina, in parte ancora inesplorata.

Mentre ci trovavamo in questi ultimi mesi con la macchina fotografi ca a tracolla a percorrere polverose strade di ghiaia, tra vi-gneti ancora spogli e grano ancora verde, alla ricerca di abitazioni, stalle, pollai e fi enili, mi sono spesso riecheggiate nella mente le parole appassionate con cui l’intellettuale inglese John Ruskin (1819-1900) esprimeva ardentemente la propria posizione sulla memoria trasmessa dagli edifi ci e sul valore dell’antico in genere; proprio a queste rifl es-sioni voglio affi dare il mio congedo, con un augurio di buona lettura. “Vigilate su un vecchio edifi cio con attenzione premurosa; protegge-

telo meglio che potete e ad ogni costo, da ogni accenno di deteriora-

mento. Contate quelle pietre come contereste le gemme di una corona;

mettetegli intorno sorveglianti, come se si trattasse delle porte di una

città assediata; dove la struttura muraria mostra delle crepe, tenetela

insieme usando il ferro; dove essa cede, puntellatela con travi; […]

tutto questo fatelo amorevolmente, con reverenza e continuità, e più di

una generazione potrà ancora nascere e morire sotto la sua ombra”.

Dino Pellegrini Associazione Fotografi ca Gruppo Prisma

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Momenti di vita contadina

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Le bestie da curtivo

Rilevante per l’economia contadina era l’allevamento delle galline, delle anatre, delle oche, dei tacchini, la cui cura era sovente delegata alle donne anziane. Nell’immagine qui sotto (foto n. 1) s’intravede una nonna (Luigia Del Ben in Antoniali) ritratta in mezzo al cortile con galline sullo sfondo e alcuni attrezzi rurali. Le altre due foto ci mostrano alcune fasi dell’allevamento delle oche: nella prima (foto n. 2) si nota la signora Regina Mazinotto in Marson portar a passon i ochi lungo le strade della Rota, come si usava un tempo. Nella pagina accanto (foto n. 3) si rappresenta invece l’atto dell’imboconar i ochi, momento cruciale dell’ingrassamento fi nale, dove per maggiore praticità si usava un apposito imbuto a foro largo.

f. 1 f. 2 f. 3

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La carne del maiale ha sempre rappresentato un alimento essenziale per la cucina contadina, grazie soprattutto all’uso degli insaccati, attraverso i quali si poteva conservare la carne nel tempo. Il giorno della macellazione era un’occasione di festa e di convivialità per parenti e amici, che spon-taneamente si prestavano ad aiutare a far su il maiale e a trasformarlo in salami e museti. Inizialmente, dopo l’abbattimento, si trasportava il maiale fuori dal stavul usando una scala (foto n. 4). Seguiva subito dopo la fase della pelatura (foto n. 5). Nella pagina accanto (foto n. 6) si nota la caldiera

con l’acqua fumante, adoperata per sbrovar la pelle del maiale durante la raschiatura.

Il porsel

f. 4 f. 5 f. 6

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La stalla dove sostavano i bovi, le vacche, l’asino o la cavalla, era considerata il centro vitale dell’economia contadina. Tutto quanto veniva prodotto fra quelle mura era utile, non c’erano scarti né immondizie da riciclare. Le bestie, la cui forza muscolare permetteva di dissodare la terra e di trainare i carri, producevano la grassa per concimare i campi, il latte e la carne per alimentare i grandi e i bambini. Perfi no il calore del loro corpo in certi periodi dell’anno non fi niva sprecato: veniva utilizzato per mitigare il freddo durante i fi lò invernali. Le immagini di questa pagina mostrano una tipica stalla di un tempo (foto n. 7) e due mucche mentre vengono condotte ad abbeverarsi da Luigina Franzon e Chiara Bozzato (foto n. 8). Da no-tare il crivel appeso sullo sfondo: era usato per setacciare le granaglie. Nella pagina accanto invece è ritratto Adriano Pelizzer (foto n. 9) detto Nano mentre imbasta una cavalla.

Le bestie da stala I

f. 8 f. 9 f. 7

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Le bestie da stala IILe vache, oltre che poter essere attaccate al giogo del carro e utilizzate come forza motrice durante il lavoro dei campi (foto n. 12), avevano la fa-coltà di partorire dei vitellini (foto n. 11), molto apprezzati dall’economo della famiglia rurale. Molte famiglie contadine ricordano con affetto vacche prodigiose che ogni anno davano alla luce, in parti gemellari, due vitelli. Questa funzione non poteva essere esercitata senza l’iniziale contributo di un bovino maschio: la prima immagine qui sotto (foto n. 10) mostra un toro da monta piuttosto prestante.

f. 10 f. 11 f. 12

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L’antico rito della mungitura era un tempo fatto a mano e solo nel corso degli anni ’60, a Cinto, si è giunti ad utilizzare dei sistemi ad aspirazione meccanica. Qui sotto (foto n. 13) Giuseppe Gumiero appare intento ad utilizzare questo nuovo sistema. Nella seconda immagine (foto n. 14) si nota una mucca attaccata alla stanga del saraban. La bestia in questione fu molto importante per la famiglia Ceccon di Settimo. Angela Ceccon ricorda ancora con riconoscenza il fondamentale contributo di questa mucca nel superare la diffi cile situazione economica, venutasi a creare con la seconda guerra mondiale. Allora alle bestie ci si affezionava al punto di considerarle quasi come membri della famiglia: l’immagine della pagina accanto (foto n. 15) che mostra una foto di gruppo in cui fa capolino anche la testa di un cavallo, sembra in qualche modo attestarlo.

Le bestie da stala III

f. 13 f. 14 f. 15

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Alimento essenziale per le bestie da stalla, si otteneva dallo sfalcio di prati naturali o artifi ciali, ossia seminati a trifoglio o erba medica. Dopo averlo lasciato per qualche tempo ad essiccare al sole, veniva ammassato dentro i fi enili situati sopra le stalle (foto n. 16); oppure accatastato in gigantesche tasse all’aperto, come appare dietro il gruppo familiare ritratto (foto n. 17). Da segnalare, nella stessa immagine, la famosa crigola usata per proteg-gere i pulcini da uccelli rapaci e da roditori. Nella pagina accanto, un’immagine che documenta un’abbondante raccolta di foraggio nei prati stabili del Palù di Settimo (foto n. 18).

Il fi en

f. 16 f. 17 f. 18

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f. 20 f. 21 f. 19

Ogni circa tre anni era compito del contadino taiar le rame dei salessi che crescevano lungo le rive. Nell’immagine sottostante (foto n. 19) si vede Mario Stefanuto con il cortelas in man intento a questa mansione. Nell’altra immagine (foto n. 20) Bortolo Carolo, suocero del precedente, è ripreso mentre raccoglie le panoce de biava. Il granoturco o mais, importato dall’America, s’iniziò a coltivarlo a Cinto verso la fi ne del XVII secolo, dive-nendo nel corso del tempo l’alimento essenziale della famiglia contadina. Nella pagina accanto, la terza immagine (foto n. 21) mostra una nidiata di bambini in posa davanti ad un carro, carico di sime de biava, che si usavano allora come foraggio.

I salessi e la biava

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f. 22 f. 23 f. 24

Il vino è sempre stato un prodotto molto apprezzato dalla popolazione cintese. La viticoltura ebbe un particolare impulso già nel corso del Cinque-cento, con la presenza nella zona di San Biagio dei Padri Gesuati di Venezia. Nel 1879 ben 1103 ettari sui 2090 complessivi risultavano essere arativi

arborati vitati. Non erano dei veri e propri vigneti ma era consuetudine mettere dei fi lari distanti circa quaranta metri uno dall’altro, con viti soste-nute da piante di salice o d’acero. La prima immagine (foto n. 22) ritrae alcuni contadini mentre sono intenti a dar el solfato de rame alle vide con el

pompon. La seconda immagine (foto n. 23) mostra Giosuè De Vecchi mentre vendemmia la pergola sopra la porta di casa. Nella pagina accanto (foto n. 24) è rappresentata la fase della torchiatura della vinaccia.

Il vin

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f. 25 f. 26 f. 27

Il frumento insieme al vino e al granoturco era uno dei prodotti agricoli principali del paese. Anticamente non si produceva per il consumo familiare, ma per poter venderlo nelle piazze di Portogruaro, di San Vito o di Pordenone. Dopo la mietitura (foto n. 25) il grano veniva accatastato in alte tasse

(foto n. 26) e infi ne si operava la trebbiatura (foto n. 27). La foto della pagina accanto, fatta nell’anno 1943, è un’immagine storica per la famigliaCrosara: siamo nel giorno in cui il parroco di Cinto benedice la prima trebbia da poco acquistata.

Il formento

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f. 28 f. 29 f. 30

Iniziata negli anni ’50, ma attuata soprattutto negli anni ’60, la meccanizzazione produce un gran cambiamento nelle pratiche agricole. La presenza delle macchine rende meno importante l’allevamento dei bovini e diminuisce considerevolmente i tempi di lavoro. La prima immagine (foto n. 28) mostra una delle prime mietitrebbie: macchina che permetteva la trebbiatura direttamente sul campo. La seconda immagine (foto n. 29) ci mostra un trattore dotato di barra falciante che traina un rimorchio con ruote di gomma; sul fondo si nota un nastro scaricatore elettrico usato per portare il fi eno nella tiesa. Nella pagina accanto (foto n. 30) l’immagine mostra la raccolta di fi eno pre-imballato per mezzo di una pressatrice; si può notare sullo sfondo, la casa abitata un tempo dalla famiglia Brun e oggi demolita.

La meccanizzazione nell’agricoltura

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f. 00 f. 00 f. 00

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Case rurali e dominicali

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Il casone con il tetto di paglia è la forma più arcaica di fabbricato rurale. Alcuni esemplari di casone furono presenti a Cinto fi no alla seconda guerra mondiale e alcune case, pur avendo rifatto il tetto in tegole, avevano conservato alcune caratteristiche tipiche della struttura del casone. Le due im-magini qui sotto (foto n. 31 e n. 32) lo documentano in case presenti in via Roma fi no a qualche anno fa. Nella pagina accanto (foto n. 33) abbiamo la possibilità di osservare un vero casone cintese. Era situato nella strada della rosta mata ossia l’attuale via IV Novembre e fu abitato per qualche tempo dalla famiglia Zadro. Il casone appare edifi cato in muratura con la copertura dello sfondro fatta in tegole, per il resto si nota la particolare inclinazione del tetto, con il soler di legno inserito sotto la falda di strame e canne. La stalla in muratura, posta accanto al casone, mostra come il proprietario fosse più interessato al benessere del bestiame che a quello dei suoi coloni.

Il cason

f. 31 f. 32 f. 33

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Edifi cato nel corso del Cinquecento fu per tre secoli residenza di villeggiatura della famiglia nobile veneziana dei Tiepolo. Le immagini di queste pagine mostrano il palazzo come si delineava dalla strada maestra. La prima (foto n. 34) mette in evidenza la barchessa sinistra; nella seconda (foto n. 35) si può vedere il nucleo centrale, con a destra la chiesetta settecentesca dell’Annunziata, dove nel 1820 si fece seppellire Gian Almorò Tiepolo, ultimo discendente della famiglia. L’immagine della pagina accanto (foto n. 36), pur poco nitida, ci permette di avere un quadro generale del com-plesso residenziale, con l’abitazione padronale al centro e le due barchesse poste ai suoi lati.

Il palazzo della Persiana

f. 34 f. 35 f. 36

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f. 37 f. 38 f. 39

Il Palazzo della Persiana era anche dimora del Gastaldo o Agente che governava i fondi agricoli e si usavano le barchesse quali cantine e granai, per ammassare il raccolto e come scuderia per i cavalli destinati a trainare le carrozze padronali. Nelle immagini qui sotto (foto n. 37 e n. 38) si puo vedere la barchessa destra vista dal cortile interno. Da notare l’ampio porticato che appare sullo sfondo della prima immagine e nella parte destra della seconda. Nella pagina accanto (foto 39) la barchessa è ripresa dall’esterno: nella parte iniziale si nota un caminetto e alcune fi nestre protette da inferriate dove era situato un dormitorio per i lavoranti, mentre nei locali successivi si trovava la stalla con il fi enile. A destra dell’immagine, dove si nota lo sfondro, era ubicata la fattoria alla barchessa ossia l’abitazione per i coloni. Il soler destinato a raccogliere le granaglie era situato nella barchessa sinistra.

Le barchesse del palazzo della Persiana

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Di antica edifi cazione nei pressi del Palazzo della Persiana (appare in una mappa del 1682), in alcuni inventari notarili della proprietà Tiepolo è deno-minata boaria granda vicino al palazzo. Pur subendo varie modifi che nel corso dei secoli non ha mutato il suo assetto lineare. In questo caso le parti abitative sono poste proporzionatamente ai lati del complesso rustico, al centro sono ubicate le stalle con i fi enili. Nella prima immagine appare la boaria vista da via Roma (foto n. 40) con in evidenza le parti abitative, dotate di sfondro. La seconda (foto n. 41) documenta l’interno di un fi enile, oggi crollato. Nella pagina accanto (foto n. 42), la boaria è vista da via Treviso e si nota in particolare il porticato centrale a prospetto architravato.

La boaria granda

f. 40 f. 41 f. 42

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Anticamente la via Persiana andava dal Palazzo della Persiana fi no al centro di Settimo. La strada oggi chiamata con questo nome era denominata strada del bosco e conduceva ad un bosco di roveri, molto apprezzato dalle maestranze dell’Arsenale durante la Repubblica Veneta. A custodia delpregiato legname era stato edifi cato un casone che serviva da riparo per il guardiaboschi. Altre abitazioni rurali furono costruite nella prima metà del secolo scorso dalla famiglia De Vecchi e la via fu chiamata dalla gente strada dei vecio. Le due immagini qui sotto (foto n. 43 e n. 44) mostrano la casa di Pieri Trevisan, un fi losofo contadino che amava fare esercizi di yoga, e di Caterina De Vecchi detta Catina, sua madre, maestra nel fare le carte e nel presagire gli eventi secondo le regole arcaiche della tradizione contadina. L’immagine della pagina accanto (foto n. 45), mostra un cortile rurale dopo una nevicata: si nota il pozzo con la stanga accanto allo steccato de sales, il vecio morer con alcuni edifi ci rurali e i fi lari de vide sullo sfondo.

Via Persiana

f. 43 f. 44 f. 45

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f. 46 f. 47 f. 48

Nel corso del Settecento, la terra prativa a fi eno denominata Boschetta, era un bene comunale e fu al centro di aspre contese fra le comunità di Set-timo e Basedo. Attualmente in questo territorio, che permane riservato alle colture agricole, si possono trovare pregevoli esempi di abitazione rurale. Nella prima immagine (foto n. 46) è documentato un caratteristico secer. Le altre due immagini (foto n. 47 e n. 48) mostrano casa Parisotto: un fab-bricato ancora integro di particolare valenza architettonica, che offre nel suo complesso alcuni aspetti atipici rispetto le altre masserie del paese.

Via Boschetta

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f. 51 f. 50 f. 49

Zona agricola posta a sudovest del paese, confi na con i comuni di Chions e di Pramaggiore ed è, ancora oggi, molto ricca di fabbricati rurali. Le immagini di queste pagine (foto n. 49, n. 50 e n. 51) ne evidenziano alcuni esempi.

La Stradatta

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f. 52 f. 53 f. 54

Il Melon è un fossato scolador, posto al confi ne fra Settimo e Chions, attraversa un vasto territorio prima di sfociare nel Loncon. Zona rurale, ricca di rive alberate, anticamente posseduta dalla famiglia Cremon e dalla Chiesa di Settimo. Durante l’ultima guerra mondiale fu anche zona di rifugio per i combattenti della resistenza, che qui s’insediarono con una tenda militare. Le immagini (foto n. 52, n. 53, n. 54) di queste pagine mostrano alcune case rurali non più esistenti.

Il Melon e via Pordenone

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f. 57 f. 56 f. 55

Si tratta di un reticolo di strade in mezzo ad un territorio ancora intatto e particolarmente adatto per chi ama le escursioni cicloagresti. Si trova fra via Melon e Via Basedat da un lato, e via Pordenone e l’autostrada dall’altro. Le terre che attraversano venivano un tempo localizzate con i nomi di Masocco, Roscaledo, Roncato, Contesini, terreno quest’ultimo posseduto un tempo dalla famiglia Altan. Seguendo queste strade, in prossimità del Melon si può imboccare un antico viottolo che porta a Villotta e a Basedo per congiungersi con altri itinerari ciclabili. La prima immagine (foton. 55) mostra casa Scapin, ancora oggi esistente, che fu forse in origine un casone per guardiaboschi. Le altre immagini (foto n. 56 e n. 57) documen-tano fabbricati un tempo esistenti.

Via Adige, via Tevere e via Contesini

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f. 60 f. 59 f. 58

Via BasedatIl toponimo deriva dalla presenza, un tempo, di prati stabili di appartenenza comunale, che venivano usati in promiscuità dalla popolazione di Settimo e di Basedo per il pascolo del bestiame. Tale situazione faceva sorgere diverse contese fra le due comunità, che si protraevano nel tempo facendo lavorare spesso i tribunali. La prima immagine (foto n. 58) mostra una casa non più esistente, nella seconda (foto n. 59) si può vedere casa Cesco: luogo di nascita di Luciano Cesco, importante artista Ticinese. Nella pagina a fi anco (foto n. 60) una casa rurale edifi cata in pietra faccia a vista.

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Il Borgo S. Giovanni è una zona d’insediamento fra le più antiche di Settimo. Nella immagine qui sotto si nota il porticato di casa Bernava (foton. 61), arcaica abitazione rurale facente parte del nucleo iniziale dell’insediamento, rimasta al suo interno sostanzialmente integra. La seconda im-magine mostra un gruppo di lavoratori in bicicletta davanti casa Menegon (foto n. 62). Nell’immagine della pagina accanto (foto n. 63) si vede un gruppo di bambini in posa davanti alla latteria di Settimo.

Borgo S. Giovanni e la latteria di Settimo

f. 61 f. 62 f. 63

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Via UdineIn questa pagina abbiamo le immagini (foto n. 64 e n. 65) di due fabbricati rurali con sfondro, il primo appartenente alla famiglia Bagnariol e non più esistente, il secondo della famiglia Liut. La casa fotografata nella pagina accanto (foto n. 66) era anticamente la residenza della famiglia Zovatto, che ebbe un ruolo importante nella storia di Settimo. La famiglia Zovatto avendo messo a benefi cio del cappellano di Settimo alcuni fondi, aveva ottenuto in cambio il giuspatronato, cioè la facoltà di poter indicare il nome del cappellano. Era una famiglia molto devota e contò fra i suoi membri vari religiosi, fra i quali Don Girolamo Zovatto, cappellano di Settimo nella seconda metà del Seicento.

f. 64 f. 65 f. 66

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La casa longa fu nei secoli scorsi posseduta dalla famiglia nobile veneziana dei Sagredo. Si tratta di un insediamento dominicale tipico della pianura friulana, composto di una casa padronale e da alcuni fabbricati rurali, posti linearmente addossati uno sull’altro, lungo la strada maestra del paese. La prima immagine sottostante (foto n. 67) mette in risalto alcuni particolari del cornicione. La seconda immagine (foto n. 68) mostra una stalla dotata di uno spazioso fi enile. L’immagine della pagina accanto (foto n. 69) fa vedere l’intero complesso residenziale. Da segnalare che nell’antica casapadronale sono presenti alcuni affreschi del tardo Cinquecento.

La casa longa

f. 67 f. 68 f. 69

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Il Bandoscudelle Era un tempo denominato Bandoscudelle il territorio racchiuso dal corso dei fi umi Reghena e Caomaggiore, dove oggi si trovano i Laghi di Cinto. Originariamente zona paludosa ricca d’aree prative, d’arbusti e di ontani, fu acquistata dai Tiepolo nel 1498 e resa coltivabile con arginamento dei corsi d’acqua e la costruzione di alcune masserie. Le immagini di questa pagina mostrano una fattoria costruita nel secolo scorso, nei pressi del corsovecchio del Reghena (foto n. 70); un secondo edifi cio più arcaico, con il portico ad arcatura abbassata, situato nei pressi dei Laghi di Acco (foton. 71). Il fabbricato della pagina accanto (foto n. 72), situato lungo il sentiero che porta all’entrata di Ca’ del lago, fu eretto dai Tiepolo e subì nel corso dei secoli parecchi rifacimenti. Da segnalare che nell’Ottocento fu anche sede dell’Osteria del Bando.

f. 70 f. 71 f. 72

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La casa padronale che si vede nella pagina accanto (foto n. 75), fu costruita dalla famiglia Tiepolo all’inizio del Cinquecento e nonostante i tanti re-stauri subiti nel corso di mezzo millennio d’anni, il suo aspetto non sembra alterato, almeno da quanto si può ricavare da una mappa del XVI secolo. La famiglia Marcello, dopo aver acquisito la proprietà nel XVII secolo, edifi cò due barchesse laterali. La prima immagine di questa pagina (foton. 73) mette in evidenza un particolare della barchessa sinistra, in prossimità del cancello, dove è ancora visibile l’emblema dei patrizi Marcello. La seconda immagine (foto n. 74) mostra parte degli edifi ci rustici.

Villa Grandis (ex Marcello e ex Cattanei)

f. 73 f. 74 f. 75

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Eretto in epoca remota (è citato in documenti del secolo XIV), fu acquisito nel 1627 dalla famiglia Marcello, che ne rimase proprietaria per quasi trecento anni. Nei primi anni del Novecento fu acquistato dalla famiglia Bornancini, ultima proprietaria del mulino. Nell’Ottocento era dotato di quattro ruote addette alla macinazione delle granaglie e due ruote usate per pilar il riso. La prima immagine di questa pagina (foto n. 76) mostra il fabbricato rustico, nella seconda vediamo un gruppo di lavandaie cintesi nella pescheria del mulino (foto n. 77). Nella pagina accanto (foto n. 78) si può vedere una fotografi a panoramica del mulino, quando era ancora in piena attività.

Il mulino di Cinto

f. 76 f. 77 f. 78

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Queste pagine documentano alcuni edifi ci pubblici che caratterizzavano la Cinto contadina di un tempo. La prima immagine (foto n. 79) mostra la vecchia canonica: da notare il vigneto e il fabbricato rurale. La seconda mostra la latteria di Cinto con il mulino sullo sfondo (foto n. 80). Nella pagi-na seguente (foto n. 81) si può vedere il fabbricato detto il lazzaretto, che si trovava in via Bonaldi. Era stato edifi cato nei primi anni del Novecento dall’amministrazione comunale per isolare i malati contagiosi.

La vecchia canonica, la latteria di Cinto e il lazzaretto

f. 79 f. 80 f. 81

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Via Roma Le foto di queste pagine documentano alcuni fabbricati che facevano parte del popoloso borgo rurale che si estendeva lungo via Roma, dall’imbocco di via Zamper fi no alla chiesetta della Concezione. La prima immagine mostra la casa rurale nei pressi della chiesetta (foto n. 82). Nella seconda si nota casa Zanet situata nel lato opposto della strada (foto n. 83). L’immagine della pagina accanto (foto n. 84) mostra l’ex-casa Beccaro, prima della recente ristrutturazione. Da notare il pozzo con la stanga e il lebo per beverar le bestie.

f. 82 f. 83 f. 84

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Il mulino della Sega Nei documenti fi no ad ora rinvenuti si ha notizia del mulino della Siega fi n dal XV secolo: era munito di tre ruote e una sega. Potenziato nel Cinque-cento, fu dotato di otto ruote oltre alla sega. Posto in luogo di confi ne, era punto di riferimento economico per tante comunità contadine. Qui sotto, la prima fotografi a (foto n. 85) è stata fatta in occasione di un matrimonio della famiglia Lenardon, attuale proprietaria del fabbricato. La secondaimmagine (foto n. 86) mostra l’interno del mulino, ancora oggi in attività. La fotografi a (foto n. 87) della pagina accanto ci permette di avere una visione panoramica del mulino in piena attività.

f. 85 f. 86 f. 87

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Il toponimo di questa località fa riferimento ad una catastrofi ca inondazione presumibilmente verifi catasi nel corso del XVII secolo e che interessò tutta questa zona. La prima immagine (foto n. 88) mostra un’abitazione rurale della zona. Nella seconda immagine (foto n. 89) si nota un rudere di casa rustica con sfondro terrazzato. Nella pagina accanto (foto n. 90) una masseria con una parte di fabbricato arcaico eretto nel punto più alto della Rota.

La Rota

f. 88 f. 89 f. 90

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L’attuale via Venezia era anticamente denominata strada dei Piccoli in quanto fi n dal Cinquecento la famiglia Piccolo si era insediata nelle case oggi abitate dalla famiglia Cadore. Una di queste case si può vedere allo stato attuale nella prima immagine (foto n. 91) di questa pagina. La seconda im-magine (foto n. 92) mostra una casa rurale della famiglia Nadalin, situata vicino al corso del Lison. Nella fotografi a della pagina accanto (foto n. 93) si può vedere la cosiddetta casa granda, che si trova lungo la strada vicino al confi ne con Pradipozzo. Anche quest’insediamento ha antiche origini: fu eretta inizialmente come boaria dalla famiglia Tiepolo nel corso del XVI secolo.

Via Venezia

f. 91 f. 92 f. 93

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Il toponimo Bandida indica un territorio pubblico riservato, di pertinenza demaniale. In questo caso il nome deriva dal Bosco di rovere dettoBandida che anticamente confi nava con la strada ed era d’esclusivo usufrutto dell’Arsenale di Venezia. La prima immagine (foto n. 94) mostra il caratteristico spoler ossia una stua fatta in mattoni come si usava un tempo nelle cucine rustiche. Nella seconda immagine (foto n. 95) si può notare un fabbricato rustico già in stato di degrado. Nella pagina seguente (foto n. 96) è documentato il complesso residenziale situato nei pressi della Chiesetta di San Gaetano.

Via Bandida

f. 96 f. 95 f. 94

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Via Zamper Il toponimo deriva dalla famiglia Zamparo, che abitava anticamente all’inizio della strada nell’attuale casa De Munari- Empolini. Si chiamava strada

dei Zamparo, poiché non c’erano lungo la strada altre abitazioni prima di casa Franzon. Tale situazione rimase invariata fi no a metà dell’Ottocento. Le case mostrate nelle immagini di queste pagine (foto n. 97, n. 98 e n. 99) furono presumibilmente costruite in epoca più recente.

f. 97 f. 98 f. 99

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Via Zamper e via Ponte de la PieraNelle foto di questa pagina appaiono altre due case che si trovavano lungo via Zamper ma che non si possono più vedere così com’erano: la prima per aver subito una vigorosa ristrutturazione (foto n. 100) e la seconda per essere stata demolita (foto n. 101). La terza immagine (foto n. 102) mostra la vecchia casa Trevisan, situata in via Ponte de la Piera. La piera cui fa riferimento il nome di questa strada doveva trattarsi di quella di confi ne fra Cinto e Pradipozzo, posta anticamente vicino al ponte del Lison nell’attuale via Venezia: probabilmente via Ponte de la Piera stava anticamente ad indicare il percorso stradale più agevole che da Cinto andava a Pradipozzo.

f. 100 f. 101 f. 102

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Ronco dei Gesuati Ronco dei Gesuati era anticamente una comunità costituita dalle famiglie insediate lungo via Zamper e in via Bandida: una zona separata da Cinto dal corso del Lison. Ronco, signifi ca zona disboscata, mentre il toponimo Gesuati derivava dai possedimenti che il convento dei Padri Gesuati di Venezia aveva fi n dal Cinquecento in quella zona. La presenza dei religiosi permise un incremento degli insediamenti e un maggiore sviluppo dell’agricoltura,con particolare cura per i vitigni. Nell’immagine della pagina accanto (foto n. 105), si può vedere una delle case erette dai Padri Gesuati, casa Brun: si trovava nei pressi dell’attuale oratorio di San Antonio. Le altre due immagini mostrano il caratteristico ambiente agreste della zona: nella prima (foto n. 103) si vede un paesaggio invernale nei dintorni di Casa Crosara, nella seconda (foto n. 104) si nota il caratteristico portego di una casa rurale.

f. 103 f. 104 f. 105

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f. 00 f. 00 f. 00

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Architettura rurale a Cinto Caomaggiore (Anno 2006)

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La barchessa di Villa Grandis ex Marcello

f. 107 f. 108 f. 106

Come commento alle immagini del fabbricato (foto n. 106, n. 107 e n. 108), ubicato in via Grandis, si riportano alcune annotazioni di Elena Bassi: “... dell’antico complesso edilizio rimane oggi solo una parte della barchessa destra del palazzo domenicale, con lo stemma dei Marcello; anche

questo rustico risulta però gravemente deturpato dalle chiusure murarie dei portici e dalle costruzioni addossategli in questi ultimi anni, ed è in stato

di completo abbandono. Ciò nonostante, i particolari architettonici ancor oggi leggibili ci permettono di percepire quale dovesse essere l’antica

eleganza e sontuosità del complesso edilizio. In particolare colpisce il corretto ed elegante uso dell’ordine ionico, che in genere era riservato alle

parti domenicali delle dimore di campagna, mentre per gli annessi rustici si ricorreva di solito agli ordini minori. (E. Bassi, Ville della provincia di

Venezia, Rusconi, Milano 1987).

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Case con portico

f. 109 f. 110 f. 111

Il portico è tipico della casa colonica veneziana del XVII secolo, la quale “ presenta partiture assai semplici, con portico ad archi a pieno centro nella

parte abitativa... e fronte rivolta in prevalenza a sud. Al pianoterra trovano posto, antistanti al portico, la cucina e la cantina, al primo piano le came-

re da letto e il granaio, raggiungibili con unica scaletta dipartententesi in senso traversale dalla cucina stessa oppure, più raramente, dal portico”.

(F. Zacchin, in L’architettura rurale nel portogruarese, Società di Storia, Portogruaro 1988). La prima casa (foto n. 109) è situata in via Boschetta,la seconda (foto n. 110) è ubicata in via Grandis; la casa della pagina accanto (foto n. 111) si trova in via Banduzzo ed è presente nel capitolo prece-dente a pag. 75.

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Case con sfondro

f. 112 f. 113 f. 114

Lo sfondro, di derivazione friulana, è un “... focolare sporgente dal perimetro esterno dell’abitazione, coperto da tetto ad uno, due o tre spioventi;

ne esce la canna fumaria che culmina con i caratteristici comignoli a imbuto schiacciato o tenaglia; un tempo accoglieva al centro il tradizionale

focolare con sovrastante cappa di notevoli proporzioni, oggi è adattato spesso a cucina”. (F. Zacchin, in L’architettura rurale nel portogruarese,Società di Storia, Portogruaro 1988). Le case di questa pagina sono situate in via Boschetta (foto n. 112) e in via Grandis (foto n. 113); l’edifi cio della pagina accanto (foto n. 114) si trova in via Roma e fa parte del fabbricato chiamato boaria granda nel capitolo precedente (pag. 43).

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Case in mattoni faccia a vista

f. 115 f. 116 f. 117

Questi edifi ci si presentano con un paramento in tessitura di mattoni in laterizio e malta a base di calce. Questa soluzione costruttiva era adottata per evitare il costoso intonaco di protezione. La scelta, dettata da necessità economiche, non pregiudicava il risultato estetico complessivo, in quanto c’era particolare maestria da parte dei mureri nel disporre le pietre. Le case di queste pagine si trovano in via Basedat (foto n. 115), in via Persiana (foton. 116) e in via Grandis (foto n. 117).

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Case bracciantili

f. 118 f. 119 f. 120

Così vengono denominate le abitazioni di piccole dimensioni, con stalle e fi enili idonei all’allevamento di uno o due animali. Si tratta di contadini proprietari di pochi campi di terra, insuffi cienti per permettere loro di alimentare la propria famiglia. Avendo braccia esuberanti al bisogno della

propria azienda, lavoravano come avventizi per i medi e i grandi possidenti, nei periodi dei più gravosi lavori campestri. Le case di questa pagina sono ubicate in via dei Prati (foto n. 118) e in via Zamper (foto n. 119). La casa della pagina accanto è situata in via Boschetta (foto n. 120).

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Case di contadini proprietari

f. 122 f. 123 f. 121

Si tratta di contadini che possedevano una quantità di terra suffi ciente per allevare il bestiame necessario ai lavoro dei campi e per sostenere la propria famiglia. Nel 1810, secondo il Sommarione Napoleonico, le Case di propria abitazione ossia quelle di contadini proprietari erano solo 45, mentre le Case da massaro ovvero quelle riservate ai mezzadri o agli affi tavoli, risultavano essere ben 114. Le case di queste pagine si trovano in via Roma (foto n. 121), in via Zamper (foto n. 122) e in via Bandida (foto n. 123).

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Case diroccate

La gran parte delle case fotografate in questo capitolo sono disabitate e molte sembrano predestinate alla rovina. In queste pagine si sono però sele-zionati solo quei fabbricati in cui il degrado è particolarmente evidente. Le case sono situate in via Roma (foto n. 124), in via Bravin (foto n. 125) e in via Zamper (foto n. 126). Due di questi fabbricati (foto n. 124 e foto n. 126) si possono ritrovare in altre immagini del libro (rispettivamente foto n. 42 e foto n. 99), nelle quali si documenta il loro stato originario.

f. 124 f. 125 f. 126

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Fabbricati rustici I

f. 127 f. 128 f. 129

Con questo nome si intendono le stalle, i ricoveri per animali ed i fi enili con il caratteristico portego dove erano riposti gli attrezzi agricoli. Costruiti inizialmente in materiale povero, hanno dovuto subire nel corso degli anni consistenti rifacimenti, trasformazioni e sviluppi. Proprio per questo moti-vo si può ipotizzare che le abitazioni ritratte nelle immagini seguenti siano state costruite in epoca precedente rispetto agli edifi ci rustici posti al loro fi anco. I fabbricati sono situati in via Friuli (foto n. 127 e foto n. 128) e in via Contesini (foto n. 129).

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Fabbricati rustici II

f. 130 f. 131 f. 132

Dalle seguenti fotografi e si può capire come la tecnica costruttiva utilizzata per edifi care questi fabbricati fosse essenziale: una struttura di pilastri in mattoni posti a sostegno di un tetto e di un impalcato intermedio, entrambi in legno. Le ampie aperture del colonnato, situate sempre sul prospetto anteriore, consentivano un giro d’aria utile alla conservazione del fi eno e della paglia. I fabbricati rustici di questa pagina sono ubicati in via Friuli (foto n. 130) e in via Zamper (foto n. 131), quello della pagina accanto è situato in via Boschetta (foto n. 132).

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Fabbricati rustici III

f. 133 f. 134 f. 135

La casa con rustico (foto n. 133) è situata in via Zamper, il vasto fi enile mostrato nell’immagine sottostante (foto n. 134) si trova in via Grandis e si tratta di una barchessa di Villa Grandis ex Marcello (pag. 64). Il fabbricato rustico della pagina successiva (foto n. 135), situato in via Bandida, mostra in particolare i ricoveri per animali allevati per l’economia domestica: maiali ed animali da cortile.

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Indice

Presentazione ............................................................................................pag. 5Luigi Bagnariol (Sindaco di Cinto Caomaggiore)

Introduzione ..............................................................................................pag. 7Marcello De Vecchi (Coordinatore Archivio della Memoria Centese)

Premessa ....................................................................................................pag. 11Dino Pellegrini (Associazione Fotografi ca Gruppo Prisma)

Momenti di vita contadina ................................................................pag. 13Le bestie da curtivo ................................................................................pag. 14Il porsel ......................................................................................................pag. 16Le bestie da stala I ..................................................................................pag. 18Le bestie da stala II ................................................................................pag. 20Le bestie da stala III .............................................................................pag. 22Il fi en ...........................................................................................................pag. 24I salessi e la biava ...................................................................................pag. 26Il vin .............................................................................................................pag. 28Il formento .................................................................................................pag. 30La meccanizzazione nell’agricoltura .................................................pag. 32

Case rurali e dominicali .....................................................................pag. 35Il cason .......................................................................................................pag. 36Il palazzo della Persiana ........................................................................pag. 38Le barchesse del palazzo della Persiana ...........................................pag. 40La boaria granda ....................................................................................pag. 42Via Persiana ..............................................................................................pag. 44Via Boschetta ............................................................................................pag. 46La Stradatta ..............................................................................................pag. 48Il Melon e via Pordenone ......................................................................pag. 50

Via Adige, via Tevere e via Contesini ...............................................pag. 52Via Basedat ...............................................................................................pag. 54Borgo S. Giovanni e la latteria di Settimo .......................................pag. 56Via Udine ...................................................................................................pag. 58La casa longa ..........................................................................................pag. 60Il Bandoscudelle .....................................................................................pag. 62Villa Grandis (ex Marcello e ex Cattanei) ......................................pag. 64Il mulino di Cinto ...................................................................................pag. 66La vecchia canonica, la latteria di Cinto e il lazzaretto ..............pag. 68Via Roma ..................................................................................................pag. 70Il mulino della Sega ...............................................................................pag. 72La Rota ......................................................................................................pag. 74Via Venezia ..............................................................................................pag. 76Via Bandida ...............................................................................................pag. 78Via Zamper ...............................................................................................pag. 80Via Zamper e via Ponte de la Piera ....................................................pag. 82Ronco dei Gesuati ..................................................................................pag. 84

Architettura rurale a Cinto Caomaggiore (Anno 2006) ..............pag. 87La barchessa di Villa Grandis ex Marcello ....................................pag. 88Case con portico ......................................................................................pag. 90Case con sfondro .....................................................................................pag. 92Case in mattoni faccia a vista ..............................................................pag. 94Case bracciantili ......................................................................................pag. 96Case di contadini proprietari ................................................................pag. 98Case diroccate ..........................................................................................pag. 100Fabbricati rustici I ...................................................................................pag. 102Fabbricati rustici II .................................................................................pag. 104Fabbricati rustici III ................................................................................pag. 106

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Proprietà/Autori delle foto pubblicate

Foto n. 1 Proprietà Italo Daneluzzi, Anno 1960/c. ......................................pag. 14Foto n. 2 Proprietà Ivano e Orazio Marson, Anno 1950/c. ..........................pag. 14Foto n. 3 Proprietà Italo Daneluzzi, Anno 1960/c. .......................................pag. 15Foto n. 4 Proprietà Elvira Carolo, Anno 1970/c. ..........................................pag. 16Foto n. 5 Proprietà Giuseppe Cuzzuol, Anno 1960/c. ..................................pag. 16Foto n. 6 Proprietà Paolo Simonato, Anno 1950/c. ......................................pag. 17Foto n. 7 Autore Sergio Basso, Anno 1989. ..................................................pag. 18Foto n. 8 Proprietà Giuliano Franzon, Anno 1960/c. ...................................pag. 18Foto n. 9 Autore Sergio Basso, Anno 1970/c. ...............................................pag. 19Foto n. 10 Proprietà Giovanni Cuzzuol, Anno 1960/c. ................................pag. 20Foto n. 11 Proprietà Anna Crosara, Anno 1950/c. ........................................pag. 20Foto n. 12 Proprietà Arnaldo Valvasori, Anno 1960/c. .................................pag. 21Foto n. 13 Proprietà Giuseppe Gumiero, Anno 1970/c. ...............................pag. 22Foto n. 14 Proprietà Angela Ceccon, Anno 1940/c. ....................................pag. 22Foto n. 15 Autore Giovanni Labonia, Anno 1960/c. .....................................pag. 23Foto n. 16 Proprietà Italo Daneluzzi, Anno 1950/c. ....................................pag. 24Foto n. 17 Proprietà Italo Daneluzzi, Anno 1950/c. .....................................pag. 24Foto n. 18 Proprietà Arnaldo Valvasori, Anno 1950/c. .................................pag. 25Foto n. 19 Proprietà Elvira Carolo, Anno 1970/c. ........................................pag. 26Foto n. 20 Proprietà Elvira Carolo, Anno 1970/c. ........................................pag. 26Foto n. 21 Proprietà Teresa Zoppas, Anno 1940/c. ......................................pag. 27Foto n. 22 Proprietà Danilo Trevisan, Anno 1950/c. ....................................pag. 28Foto n. 23 Proprietà Sebastiano De Vecchi, Anno 1960/c. ...........................pag. 28Foto n. 24 Proprietà Marina Bagnariol, Anno 1960/c. .................................pag. 29Foto n. 25 Proprietà Ottavio Stefanuto, Anno 1950/c. .................................pag. 30Foto n. 26 Proprietà Giovanni Cuzzuol, Anno 1950/c. ................................pag. 30Foto n. 27 Proprietà Anna Crosara, Anno 1940. ..........................................pag. 31Foto n. 28 Proprietà Giovanni Cuzzuol, Anni 1960/c. .................................pag. 32Foto n. 29 Proprietà Gino Carniel, Anni 1960/ c. .........................................pag. 32Foto n. 30 Autore Sergio Basso, Anni 1970/c. ..............................................pag. 33Foto n. 31 Proprietà Gianna Marzinotto, Anno 1960/c. ...............................pag. 36Foto n. 32 Autore Remigio Ballardin Anno 1989 . .......................................pag. 36Foto n. 33 Proprietà Gian Piero Del Gallo, Anno 1940/c. ............................pag. 37

Foto n. 34 Proprietà Teresa Zoppas, Anni 1940/c. .......................................pag. 38Foto n. 35 Proprietà Teresa Zoppas, Anni 1940/c. ......................................pag. 38Foto n. 36 Proprietà Teresa Zoppas, Anni 1940/c. .......................................pag. 39Foto n. 37 Proprietà Teresa Zoppas, Anno 1940/c. ......................................pag. 40Foto n. 38 Proprietà Teresa Zoppas, Anno 1940/c. ......................................pag. 40Foto n. 39 Proprietà Teresa Zoppas, Anno 1940/c. ......................................pag. 41Foto n. 40 Autore Sergio Basso, Anno 1989. ................................................pag. 42Foto n. 41 Autore Sergio Basso, Anno 1989. ................................................pag. 42Foto n. 42 Autore Dino Pellegrini, Anno 1998. .............................................pag. 43Foto n. 43 Autore Giovanni Labonia, Anno 1978. ........................................pag. 44Foto n. 44 Autore Giovanni Labonia, Anno 1978. ........................................pag. 44Foto n. 45 Autore Sebastiano De Vecchi, Anno 1950/c. ...............................pag. 45Foto n. 46 Autore Remigio Ballardin, Anno 1989. .......................................pag. 46Foto n. 47 Autore Remigio Ballardin, Anno 1989. .......................................pag. 46Foto n. 48 Autore Pierluigi Pellegrini, Anno 1989. .......................................pag. 47Foto n. 49 Proprietà Arch. Memoria Cintese, Anno 1995. ...........................pag. 48Foto n. 50 Proprietà Arch. Memoria Cintese, Anno 1995. ...........................pag. 48Foto n. 51 Proprietà Arch. Memoria Cintese, Anno 1995. ...........................pag. 49Foto n. 52 Proprietà Archivio Comunale, Anno 1987. .................................pag. 50Foto n. 53 Proprietà Archivio Comunale, Anno 1987. .................................pag. 50Foto n. 54 Proprietà Archivio Comunale, Anno 1987. .................................pag. 51Foto n. 55 Proprietà Arch. Memoria Cintese, Anno 1995. ...........................pag. 52Foto n. 56 Proprietà Archivio Comunale, Anno 1987. .................................pag. 52Foto n. 57 Autore Daniela Moro, Anno 1989. ...............................................pag. 53Foto n. 58 Proprietà Archivio Comunale, Anno 1987. .................................pag. 54Foto n. 59 Proprietà Arch. Memoria Cintese, Anno 1995. ...........................pag. 54Foto n. 60 Autore Daniela Moro, Anno 1989. ...............................................pag. 55Foto n. 61 Autore Giovanni Labonia, Anno 1995. ........................................pag. 56Foto n. 62 Proprietà di Antonio Fantinel, Anno 1950/c. ..............................pag. 56Foto n. 63 Proprietà Arch. Memoria Cintese, Anni 1960/c. .........................pag. 57Foto n. 64 Proprietà Archivio Comunale, Anno 1987. .................................pag. 58Foto n. 65 Proprietà Arch. Memoria Cintese, Anno 1995. ...........................pag. 58Foto n. 66 Autore Moro Daniela, Anno 1989. ...............................................pag. 59Foto n. 67 Autore Giuliano Simonato, Anno 1989. .......................................pag. 60Foto n. 68 Proprietà Bruno Infanti, Anno 1960/c. ........................................pag. 60

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Foto n. 69 Autore Paolo Fagotto, Anno 1989. ...............................................pag. 61Foto n. 70 Autore Paolo Moro, Anno 1989. ..................................................pag. 62Foto n. 71 Proprietà Arch. Memoria Cintese, Anno 1995. ...........................pag. 62Foto n. 72 Proprietà Arch. Memoria Cintese, Anno 1995. ...........................pag. 63Foto n. 73 Autore Piereugenio Cuzzuol, Anno 1989. ....................................pag. 64Foto n. 74 Autore Massimo Belluzzo, Anno 1989. .......................................pag. 64Foto n. 75 Autore Golfredo Castelletto, Anno 1989. .....................................pag. 65Foto n. 76 Autore Massimo Belluzzo, Anno 1989. .......................................pag. 66Foto n. 77 Proprietà Lisetta Arreghini, Anno 1950/c. ..................................pag. 66Foto n. 78 Proprietà Gian Piero Del Gallo, Anno 1920/c. ............................pag. 67Foto n. 79 Proprietà Danilo Trevisan, Anno 1939. .......................................pag. 68Foto n. 80 Autore Sergio Basso, Anno 1989. ................................................pag. 68Foto n. 81 Autore Daniele Gaiatto, Anno 1987. ............................................pag. 69Foto n. 82 Autore Sergio Basso, Anno 1989. ................................................pag. 70Foto n. 83 Proprietà Arch. Memoria Cintese, Anno 1985. ...........................pag. 70Foto n. 84 Autore Sergio Basso, Anno 1989. ................................................pag. 71Foto n. 85 Proprietà Antonio Lenardon, Anno 1957. ...................................pag. 72Foto n. 86 Autore Sergio Basso, Anno 1989. ................................................pag. 72Foto n. 87. Autore Gian Piero Del Gallo, Anno 1960/c. ...............................pag. 73

Foto n. 88 Proprietà Archivio Comunale Anno 1987. ..................................pag. 74Foto n. 89 Proprietà Arch. Memoria Cintese, Anno 1995. ...........................pag. 74Foto n. 90 Proprietà Arch. Memoria Cintese, Anno 1995. ...........................pag. 75Foto n. 91 Autore Paolo Fagotto, Anno 1998. ...............................................pag. 76Foto n. 92 Autore Adriano Daneluzzi, Anno 1990. .......................................pag. 76Foto n. 93 Proprietà Arch. Memoria Cintese, Anno 1998. ...........................pag. 77Foto n. 94 Autore Sergio Basso, Anno 1989. ................................................pag. 78Foto n. 95 Autore Pierluigi Pellegrini, Anno 1989. .......................................pag. 78Foto n. 96 Autore Daniele Gaiatto, Anno 1987. ............................................pag. 79Foto n. 97 Autore Massimo Belluzzo, Anno 1989. .......................................pag. 80Foto n. 98 Proprietà Arch. Memoria Cintese, Anno 1995. ...........................pag. 80Foto n. 99 Autore Remigio Ballardin, Anno 1989. .......................................pag. 81Foto n. 100 Autore Andrea Ballardin, Anno 1989. ........................................pag. 82Foto n. 101 Autore Daniele Gaiatto, Anno 1986. ..........................................pag. 82Foto n. 102 Autore Daniele Gaiatto, Anno 1986. ..........................................pag. 83Foto n. 103 Proprietà Anna Crosara Anno 1950/c. .......................................pag. 84Foto n. 104 Autore Remigio Ballardin, Anno 1989. .....................................pag. 84Foto n. 105 Autore Sergio Basso, Anno 1989. ..............................................pag. 85Da foto n. 106 a n. 135Autore Associazione Fotografi ca Gruppo Prisma, Anno 2006. ....da pag. 88 a pag. 107

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Finito di stampare nel mese di Giugno 2006dalla Tipografi a Sartor srl in Pordenone

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L’Archivio della Memoria Cintese, istituito nel 1999 presso la Biblioteca Comunale locale, grazie all’apporto spontaneo di alcuni appas-sionati, svolge attività di ricerca e raccolta di fotografie e documenti relativi alla vita e storia di Cinto. In questi anni l’Archivio ha promosso la pubblicazione di sette calendari fotografici e la realizzazione di diverse mostre. È coordi-nato da Marcello De Vecchi ed è aperto, ogni lunedì (dalle 21,00 alle 23,00) presso la Bi-blioteca Comunale, a quanti vogliono contri-buire alla ricostruzione della storia locale più recente, con propri documenti ed immagini.

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