Cinque domande frequenti sulla comunicazione politica online

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Cinque domande frequenti sulla comunicazione politica online Strumenti da utilizzare, gestione dei commenti (e dei troll), stili di gestione, profili professionali ideali agosto 2015

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Cinque domande frequentisulla comunicazione politica online

Strumenti da utilizzare,gestione dei commenti (e dei troll),stili di gestione, profili professionali ideali

agosto 2015

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Cinque domande frequenti sulla comunicazione politica online

Chi sono

Mi chiamo Dino Amendunie-mail [email protected]

tutto il resto about.me/dinoamenduni

Sono socio, comunicatore politico e responsabile social mediaper l’agenzia Proforma di Bari (www.proformaweb.it)

Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente(sia consultazione che download) all’indirizzo: www.slideshare.net/doonie

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Cinque domande frequenti sulla comunicazione politica online

Premessa

“ Vivere è guerra contro i troll dentro il cuore e il cervello Scrivere, è tenere su se stessi giudizio supremo”.

Henrik Ibsengiugno 1880

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Cinque domande frequenti sulla comunicazione politica online

sommario

1. Un politico sta per iniziare una campagna elettorale e vuole fare il primo passo su Facebook: meglio usare un profilo o aprire una pagina pubblica?

2. Chi deve gestire gli account social dei politici in campagna elettorale (il candidato, i comunicatori, entrambi)?

3. Cosa faccio quando un utente trolla o insulta?

4. È utile utilizzare i social media anche in contesti territoriali molto piccoli?

5. Esiste un profilo professionale ideale per lavorare sulla comunicazione politica online?

[ per consultare le slide sulle cinque domande ‘classiche’ sulla comunicazione politica, clicca qui]

Cinque domande

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1Che faccio, apro una fanpage?

Primi passi di campagna elettorale su Facebook

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1. Che faccio, apro una fanpage?

Non è più necessario, ma molto dipende da cosa si è fatto in passato.

Alternative strategiche:

1. Il politico ha già un profilo personale, lo ha sempre usato per parlare di politica e intende continuare a farlo → Si può continuare a usare il profilo personale, rendendo pubblici tutti i post da quel momento in poi.

2. Il politico ha già un profilo personale, ma non lo usa per parlare di politica → Il profilo personale può restare aperto, ma deve essere usato per interagire con i propri amici. Tutto il flusso politico-elettorale potrà essere sviluppato, in questo caso, su una pagina pubblica, sul profilo personale si parlerà di politica il meno possibile, per differenziare i flussi informativi tra profilo e pagina pubblica.

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1. Che faccio, apro una fanpage?

3. Il politico ha già un profilo personale e/o una pagina pubblica, ma non utilizza i social media in prima persona → Aprire una pagina pubblica gestita dallo staff (dichiarandolo), facendo migrare l’eventuale profilo privato sulla pagina pubblica per non perdere i contatti acquisiti.

4. Il politico non è presente sui social media a inizio campagna elettorale → aprire direttamente una pagina pubblica per sfruttare le opportunità collegate a questo strumento (a partire dai post sponsorizzati).

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1. Che faccio, apro una fanpage?

Buona pratica (non politica): profilo personale Facebook di Selvaggia Lucarelli: gestione personale dell’account, risposta ai commenti, privacy “pubblica” per i post rendono inutile l’apertura di una pagina pubblica.

Gli utenti possono direttamente seguire il profilo e interagire senza essere necessariamente amici dell’utente.

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2Chi deve gestire gli account di un politco sui social media?

(O anche: può un politico, compromettere mesi di lavoro con un tweet? Sì, può. Così come può farlo un comunicatore.)

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2. Chi gestisce gli account?

Regola generale: meglio la gestione imperfetta e naturale di un politico rispetto a quella perfetta e “artificiale” di uno staff, agli elettori (giustamente) interessa di più così.

Alternative strategiche:

1. Se un politico gestisce già i suoi account sui social e intende continuare a farlo, l’assistenza può riguardare la valutazione di contenuti da condividere intervenire ex ante, o il monitoraggio del feedback ex post. Sarebbe comunque inutile, se non addirittura sbagliato o controproducente, “espropriare” la gestione social di un politico. Si perde in naturalezza e ci possono essere anche tensioni tra politico e consulenti sul “chi fa cosa”.

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2. Se un politico preferisce in modo netto un social media sugli altri, il compromesso può essere: lui/lei gestisce in prima persona il social “preferito”, lo staff gestisce gli altri canali con un tono di voce più istituzionale. Nota: gli utenti preferiranno comunque l’originale.

3. Se un politico non utilizza i social media, è sensato che lo staff apra i canali personali (in particolare Facebook e Twitter) chiedendo però al politico di intervenire in prima persona a intervalli più o meno regolari.

2. Chi gestisce gli account?

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2. Chi gestisce gli account?

Il “compromesso Emiliano”: su Twitter il presidente della Regione Puglia gestisce quasi esclusivamente in prima persona (incluso qualche “coraggioso” retweet), su Facebook è maggiormente sostenuto dallo staff.

Effetto: Emiliano è uno dei pochi politici italiani ad avere più follower su Twitter che like su Facebook: gli utenti preferiscono l’originale.

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3Cosa faccio quando un utente trolla o insulta?

La modalità Gandhi, la modalità Darth Fener, la modalità Morandi

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3. Guerra contro i troll

Premessa: qualsiasi strategia si decide di utilizzare, va dichiarata e resa pubblica.

Esistono due macrostrategie di lavoro possibili:

1. Non moderare nulla. È la nostra preferita perché:

a. riteniamo che uno spazio social costantemente aggiornato e curato porti gli utenti ad autogestirsi maggiormente. Meno c’è cura del feedback, più c’è spazio per troll e insulti.

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3. Guerra contro i troll

b. riteniamo che, soprattutto in campagna elettorale, le parole scritte sui social dagli utenti possano offrire un ulteriore elemento di riflessione per chi deve votare. Esempio: Cecile Kyenge, campagna europee 2014: zero moderazione perché anche gli insulti ricevuti possono aiutare un elettore a decidere da che parte stare.

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3. Guerra contro i troll

2. Moderare, ma spiegare come e perché. È la strategia maggiormente indicata per le istituzioni. Qualsiasi intervento di moderazione dei commenti deve essere giustificato da un sistema pubblico di regole che non porti gli utenti a sentirsi vittime di censura o discriminazione. Esempio: il blog collettivo Valigia Blu, mutuando in parte le linee-guida del The Guardian, ha condiviso le buone pratiche di partecipazione sui suoi spazi di discussione (social media e commenti del sito).

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3. Guerra contro i troll

Stile di gestione: modalità “Gandhi”.

- Valorizzare tutti i commenti costruttivi, anche critici, dando sistematicamente feedback a quel tipo di commento.

- Non perdere la pazienza durante i momenti di polarizzazione del confronto, cercando la mediazione e il riconoscimento del valore nei contenuti della persona con cui si sta discutendo (qui lo scambio Esposito-Meloni-Delrio).

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3. Guerra contro i troll

Stile di gestione: modalità “Gandhi”.

- Rispondere anche ai troll, senza esagerare, ma farlo pensando al valore pubblico dello scambio (parlare al troll per parlare a tutti i partecipanti).

- Rispondere sempre nel merito rinunciando a rivendicazioni personali anche legittime.

- Fare tutto questo con grande regolarità e sistematicità, per qualsiasi post, con qualsiasi utente, senza creare distinzioni.

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3. Guerra contro i troll

Stile di gestione: modalità “Darth Fener” (o modalità James Blunt).

- Utilizzare lo stesso tono di voce dell’interlocutore, anche quando quest’ultimo è aggressivo.

- Ignorare le provocazioni, soprattutto se ripetute.

- Mettere in evidenza affermazioni e comportamenti palesemente scorretti da parte degli interlocutori, senza porsi particolari scrupoli.

- Bannare sistematicamente chi non rispetta le regole.

( Qui un post sul rapporto piuttosto franco tra James Blunt e i suoi follower su Twitter)

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3. Guerra contro i troll

Stile di gestione: modalità “Gianni Morandi”.

- Pochi contenuti, ma pubblicati tutti i giorni.

- Rispondere ai commenti, ma farlo tutti i giorni.

- Mantenere il filo dei discorsi fatti in precedenza sui social media, a partire dai commenti degli utenti.

- Ma soprattutto, trollare più forte dei troll.

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3. Guerra contro i troll

Macrostrategie di moderazione e stile di gestione dipendono dall’incrocio di tre variabili:

- tono di voce desiderato;

- livello di reputazione digitale del mittente;

- capacità tecniche e soprattutto relazionali di chi gestisce i social media.

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4I social media sono utili in campagna elettorale anche nei piccoli comuni?

(e anche dove ci sono pochi utenti di Internet e poca connettività veloce?)

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4. Campagne social in campagna

E se fossero più utili nei piccoli centri, invece che nelle grandi città?

Orientamento generale: all’aumentare della complessità del sistema dei media, aumenta la tendenza alla “reintermediazione” della comunicazione sui social media, cioè l’elaborazione, discussione e riutilizzo sui media tradizionali.

Quindi, in teoria, i grandi centri sono i luoghi ideali per utilizzare i social media.

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Ma lavorando per sottrazione, emerge un altro aspetto: in assenza di giornali, televisioni e altri media, come accade nei piccoli centri, i social (di un’amministrazione, o anche di un politico in campagna elettorale) possono rappresentare il principale strumento di informazione per i cittadini, così come le discussioni online possono proseguire offline e viceversa a causa della più facile sovrapposizione tra le comunità reali nei piccoli centri e le corrispettive comunità digitali (“ci conosciamo tutti”).

In sintesi: l’efficacia potenziale dei social media in campagna elettorale appare inversamente proporzionale rispetto alla complessità del sistema dei media nel territorio dove si va a votare. Meno il sistema è complesso, più c’è potenziale.

4. Campagne social in campagna

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Questo orientamento vale per la comunicazione elettorale ma ancor di più per la comunicazione istituzionale, e funziona ancora meglio se esiste una virtuosa integrazione tra online e offline. Il sindaco di Capannori (Lucca) organizza momenti regolari e codificati di interazione, il cui calendario è disponibile sul sito del Comune.

4. Campagne social in campagna

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5Esiste un profilo professionale ideale per la comunicazione politica online?

Spoiler: il percorso accademico conta fino a un certo punto

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5. Profilo professionale ideale

Sì, esiste un profilo professionale ideale per chi vuole fare comunicazione politica online. Le sue caratteristiche:

1. Buona e autonoma conoscenza della politica italiana (per precedente militanza o per passione) e delle sue dinamiche, che difficilmente possono essere ‘insegnate’ (all’Università o nei corsi di formazione) o trasmesse da un profilo senior a un profilo junior in un’agenzia.

2. Autonomia totale dal punto di vista della produzione tecnica di contenuti: chi sa montare un video, creare manifesti o webcard, sa scrivere un testo e sa lavorare in gruppo (senza eccellere necessariamente in tutto) ha un chiaro vantaggio competitivo in questa fase della storia della comunicazione politica italiana, e non solo.

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5. Profilo professionale ideale

3. Capacità di lavoro sotto stress e aumento della disponibilità di tempo all’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale.

4. Capacità di svolgere lavori simili per più clienti contemporaneamente per potersi garantire la piena sostenibilità economica, sia da freelance sia in agenzia.

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Conclusione

“ Voglio una squadra con tre C: Cabeza, Corazón y Cojones”.

Andrea Anastasi2005

(la traduzione delle tre C è superflua)

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Grazie.

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