Ciao Pietro,€¦ · Il Parlamento ha eletto Pietro Grasso e Laura Boldrini ... grande esponente...

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Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. DL n.353/03 conv. in Legge n.46/04 - art 1 comma 1 - Roma aut. n. 30051250-002 www.poliziapenitenziaria.it anno XX n. 204 marzo 2013 Ciao Pietro, grazie...

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PoliziaPenitenziarian.204marzo2013

3sommario

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Stampa: Romana Editrice s.r.l.Via dell’Enopolio, 37 - 00030 S. Cesareo (Roma)

Finito di stampare: marzo 2013

Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana

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anno XX • numero 204marzo 2013

In copertina:Pietro Mennea

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4l’editorialeFare presto per il bene del Paese

di Donato Capece

5il pulpitoUn borghese picccolo piccolo

di Giovanni Battista de Blasis

6attualitàIl nostro ricordo di Pietro Mennea

di Roberto Martinelli

8sappeinformaIl Sappe in Brasile per un nuovoCorpo di Polizia Penitenziaria

di Roberto Martinelli e Giovanni Battista Durante

10lo sportCarolina Kostener

ancora medaglie per le Fiamme Azzurredi Lady Oscar

26crimini e criminaliPietro Maso,

il parenticidio e gli omicidi in famigliadi Pasquale Salemme

28società e culturaFossombrone, un carcere

che ha segnato la storia del Paesedi Aldo Maturo

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assate le elezioni politiche e‘digerito’ l’effetto tzunamilegato al clamoroso successo

del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo(ma favorito ed alimentato soprattuttodal degrado morale della politica e dimolti suoi esponenti), il 15 marzoscorso ha avuto inizio la XVIIlegislatura con la prima riunione dellenuove Camere. Il Parlamento ha elettoPietro Grasso e Laura Boldrinirispettivamente presidenti del Senatodella Repubblica e della Camera deiDeputati, personalità che pervengonoalle due alte cariche istituzionali dopopercorsi professionali e di impegnocivile ad alto profilo. Resta, almomento in cui scrivo queste righe,ancora molta incertezza sullacomposizione del Governo: vedremo sel’incarico esplorativo affidato alsegretario del PD Luigi Bersani sarà ingrado di dare vita ad un Esecutivocredibile ed in grado di avere lamaggioranza nel Parlamento. Governoa parte, nelle prossime settimane sidovrà giocare la partita della elezionedel Presidente della Repubblica e,quindi, l’Italia avrà un nuovo assettoistituzionale. Al di là dei calcoli politicie degli equilibri parlamentari, il mioauspicio è che si faccia in fretta: ilPaese ha davvero bisogno di unParlamento e di un Governo in gradodi lavorare per il bene dell’Italia edegli italiani. Ne ha bisogno il Corpo diPolizia Penitenziaria e l’interoComparto Sicurezza, che vedono i loroendemici problemi e le costanti criticitàdel sistema carcere sempre all’ordinedel giorno e in cerca di soluzioni. Daparte nostra, una volta insediatiParlamento e Governo faremo comesempre la nostra parte, sollecitandol’attenzione e l’impegno di politici,parlamentari, ministri e sottosegretarisulle tante tematiche che interessano iBaschi Azzurri. Certo una riflessioneseria e profonda dovrà riguardarel’Amministrazione Penitenziaria e lanecessità di dare una nuova guida alDAP.  Gli attuali vertici, segnatamenteil Capo Dipartimento Tamburino ed il

Vice Capo Pagano, ci hannoprofondamente deluso: sembra chevivano in una dimensione virtualepiuttosto che nella realtà. Il tantopomposamente propagandatoprogetto dei circuiti penitenziari, adesempio, è in realtà un bluff. Ilsuperamento del concetto dello spaziodi perimetrazione della cella e lamaggiore apertura per i detenuti deveassociarsi alla necessità che questisvolgano attività lavorativa e che ilPersonale di Polizia Penitenziaria siaesentato da responsabilità derivanti daun servizio svolto in modo dinamico,che vuol dire porre in capo ad un solopoliziotto quello che oggi fannoquattro o più Agenti, a tutto discapitodella sicurezza. Questo progettoelaborato dal Capo DAP Tamburino edal Vice Capo Pagano in realtà nonprevede affatto lavoro per i detenuti emantiene il reato penale della ‘colpadel custode’. E’ quindi un progettopoggiato su basi di partenza sbagliatee non è certo abdicando al ruoloproprio di sicurezza dello Stato che sirendono le carceri più vivibili (per idetenuti, è ovvio). Torniamo a dire chela situazione penitenziaria è semprepiù incandescente e rincorrere lavigilanza dinamica ed i patti diresponsabilità con i detenuti, comevorrebbe il DAP, è una chimera: cosadovrebbero fare tutto il giorno idetenuti: girare a vuoto nelle sezioni?In carcere quello che manca è illavoro, che dovrebbe coinvolgere tutti idetenuti, dando quindi anche un sensoalla pena, ed invece la stragrandemaggioranza dei ristretti sta in cella20 ore al giorno, nell’ozio assoluto. Ilprogetto che Tamburino e Paganovorrebbero propinare risponde allasolita logica discendente che “scarica”sui livelli più bassi di governance tuttele responsabilità, tenuto conto, a titoloesemplificativo ma significativo, che lavigilanza dinamica, ritenutacongeniale al nuovo modello, mal siconcilia con il regime di vigilanzaintensificata nei confronti di queidetenuti ritenuti a rischio di suicidio. In

altri termini, il modello della vigilanzadinamica, che vorrebbe sostituire nellecarceri l’agente di sezione con lepattuglie a cui demandare la sicurezzadi un certo ambito detentivo,  puòessere sintetizzato per dirla in terminiprosaici, e quindi scrostandolo dallediversive teorizzazioni, in “arrangiatevicon le poche risorse a disposizione”:modello che non può di certoassurgere a scriminante del reatocontestato dalle Procure dellaRepubblica nel caso in cui si verifichinoeventi critici, né tanto meno può dirsiche meriti l’esborso di soldi pubblici dadestinare a momenti di formazione intal senso che pur sono in atto. IlSAPPe, pertanto, è disposto a sedersiad un tavolo per discutere possibilisoluzioni per mitigare gli effettinegativi del sovraffollamento, purché ivari progetti regionali sui circuitipenitenziari siano ratificati dai verticidel DAP e dalla competenteMagistratura di Sorveglianza mediantel’apposizione in calce delle rispettivefirme, che diano vita, questo sì, ad un“patto di responsabilità”, o meglio dicorresponsabilità davanti ad ogniAutorità Giudiziaria, tra il livello diamministrazione centrale, regionale eperiferico. In conclusione, vorrei ricordare dueamici del Corpo di Polizia Penitenziariaprematuramente scomparsi dopo avercombattuto tenacemente: AntonioManganelli e Pietro Menna. Il Capo della Polizia era un onesto evaloroso Uomo delle Istituzioni, sempremolto attento e sensibile alle criticitàdel Comparto Sicurezza e di quellepenitenziarie. Abbiamo apprezzato edammirato nel corso degli anni AntonioManganelli per la sua serietà, la suacompetenza, la sua sensibilità aiproblemi dei poliziotti e del CompartoSicurezza e proprio per questo eraanche per noi un autorevole punto diriferimento. Con la scomparsa di PietroMenna, grande sportivo italiano edinternazionale, salutiamo non solo unesempio di sportività e di lealtàolimpica ma anche il fondatore delgruppo Sportivo della PoliziaPenitenziaria, le Fiamme Azzurre. Fului, infatti, a crearlo, ricevendo unincarico ministeriale ad hoc. Il SAPPEpiange dunque la scomparsa di ungrande esponente dello Sport Pulito,un esempio per i giovani e per tutti glisportivi. Ai loro familiari ed amici va ilcommosso ricordo e la sincerapartecipazione del SAPPE.

Donato CapeceDirettore

ResponsabileSegretario

Generale del Sappe [email protected]

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Fare presto per il bene del Paese

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opo il Marchese del Grillo,ancora una volta intravedoun’analogia tra il capo Dap

Giovanni Tamburino ed unpersonaggio cinematograficointerpretato dal grandissimo attoreromano Alberto Sordi.In questo caso, le somiglianzescenografiche sembrano ricadere sulBorghese piccolo piccolo, GiovanniVivaldi, pellicola del 1977 di MarioMonicelli.In quel film, il personaggio diGiovanni, apparentemente mite eremissivo, si rivela alfine determinatoe implacabile nei confrontidell’assassino del figlio, fino allatortura e all’omicidio.Vivaldi è un impiegato di banca, coni capelli grigi e prossimo allapensione, che ha sempre vissuto unavita tranquilla in famiglia (appuntoborghese) e che sta per coronarel’unico grande sogno della sua vita:far assumere il figlio al posto suo.Purtroppo per lui, però, un tragicodestino stravolge la sua esistenza: nelcorso di una rapina il figlio rimaneucciso da un proiettile vagante.Da quel momento, il mite e remissivoGiovanni si trasforma in un ostinatoinvestigatore, prima, e in uninesorabile carnefice, poi, quandoscopre e rapisce l’assassino del figlio.Dove sono le analogie tra questo filmnoir di Monicelli e la dirigenza del dapdi Giovanni Tamburino ?Innanzitutto la somiglianza fisica delpersonaggio e poi, indubbiamente,l’evoluzione del protagonista che –pur mantenendo nell’apparenzal’aspetto mite e remissivo – si rivelaaggressivo e risoluto nei confronti dichi ha interferito nel tranquillo fluiredella sua esistenza.Ovviamente le analogie si limitanoagli aspetti fisici e caratteriali senzaaver nulla a che vedere con i risvoltie, soprattutto, con i contenuti del filmdi Monicelli.Del resto, come non cogliere leevidenti somiglianze psicologiche efisiognomiche dei due Giovanni: icapelli grigi, la mezza età, l’aspettobonario, i modi e i toni pacati etolleranti.E, allo stesso tempo, come non

cogliere le altrettante somiglianzenelle personalità nascoste dei dueGiovanni.Proprio come il Vivaldi di Monicelli,Tamburino tira fuori gli artigli quandosi tratta di affrontare chi attenta allasua vita (professionale),predisposta e preordinatasecondo un precisoschema personale.Proprio come il Vivaldi diMonicelli, Tamburino sipresenta paziente edineffabile anche di frontea chi lo incalza e locontesta.Proprio come il Vivaldi diMonicelli, Tamburinoaffronta gli avversari sulproprio terreno, con ipropri tempi ed i proprimodi, senza indecisioni esenza esitazioni.Come quando affermasenza tentennamenti che“le riforme passano sullatesta di chi le avversa”, nelreplicare alle obiezioni deisindacati ai suoi progetti.O come quando ignoravolutamente, senzadegnare nemmeno di unareplica, le critiche, le censure o ibiasimi rivoltegli da chicchesialasciando, spesso, con un palmo dinaso l’interlocutore chiudendo lariunione senza degnarlo di un cennodi risposta.Giovanni /Giovanni non esitanemmeno ad inviare segnali quando,ad esempio, scrive di sua iniziativaad una sigla sindacale antagonista inrelazione ad un articolo pubblicato suinternet mentre al Sappe nonrisponde nemmeno alle lettereufficiali e alle diffide.Per quello che mi riguarda, poi, nonho mai dimenticato la vicenda del

professor Vittorino Andreoli ,psichiatra di chiara fama, che scrisseun articolo sulla rivista del dapdefinendo i poliziotti penitenziari“frustrati” e con un “profiloprofessionale minimo”.

rivista allora diretta proprio daTamburino e che replicò, sempresulla rivista del dap, in primapersona alle nostre lamenteledifendendo Andreoli e accusando noidi non aver capito quello che avevascritto lui.Ma questa è un’altra storia, unastoria che riguarda la pubblicazionedi libri a spese dell’amministrazione...una storia che racconteremo inun’altra occasione.Tutto sommato, insomma, borghese ono, il Presidente Tamburino, secondonoi, è proprio un capo dipartimentopiccolo, piccolo...

La locandina del film di Monicelli

Giovanni Battistade BlasisDirettoreEditorialeSegretario GeneraleAggiunto del Sappe [email protected]

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Un borghese piccolo piccolo

il pulpito

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Nelle fotosopra

con il titolo ilpicchetto della

Polizia Penitenziarianella camera

ardente al Conie Pietro Mennea

nella sua caratteristica

esultanza

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6 attualità

er quelli della miagenerazione, nati quasi allafine degli anni 60, era il

campione per eccellenza, il primosportivo che ci fece restare incollati altubo catodico deimastodontici televisori in bianco enero di un tempo. Le sue corse, le suevittorie, il suo dito indice alto versoil cielo: Pietro Mennea ha scolpitopagine indelebili nella storiadell’atletica e dell’Italia, portando ilTricolore a sventolare alto in tutto ilmondo. Nel primo giorno di primavera, il 21marzo scorso, la notizia è arrivatacome un fulmine a ciel sereno: Pietro

Il nostro ricordo di Pietro Mennea

Mennea, l’indimenticatoPietro, non era più tra noi. La notiziaha colpito tutti: il mondo sportivo intutte le sue sfaccettature,quello politico ed istituzionale, adimostrazione di una poliedricità diimpegni ed interessi e di un attivismo,anche in campo sociale,contraddistinto da serietà, lealtà eriservatezza. A poche ore dalla tristenotizia le agenzie di stampa hannocominciato a pubblicare unaimpressionate quantità didichiarazioni di cordoglio alla famigliada parte delle più note personalità delsport, dell’imprenditoria e dellacultura del Paese. Atleti, parlamentari,imprenditori, in tanti hanno volutoricordare Mennea. Per noi poliziotti penitenziari, poi,scompare anche il ‘padrino’ delGruppo Sportivo Fiamme Azzurre,essendo stato il grande Pietro uno deiprincipali artefici della nascita delGruppo Sportivo della PoliziaPenitenziaria, che nacque con decretoministeriale del 25 luglio 1983 graziealla appassionata collaborazionedell’atleta di Barletta con il Dott.Raffaele Condemi, magistrato edirigente dell’AmministrazionePenitenziaria scomparso nel2011. Pietro Mennea ebbe un ruolodecisivo ed importante come attivopromotore di un evento che l’interostaff ed i campioni della PoliziaPenitenziaria non potranno maidimenticare: non a caso, tra i primimessaggi di cordoglio vi è statoquello di Donato Capece a nome deicomponenti la Segreteria Generale edegli iscritti al SAPPE, il primoSindacato dei Baschi Azzurri.

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Una rappresentanza d’onore delCorpo di Polizia Penitenziaria e delGruppo Sportivo Fiamme Azzurre erapresente accanto a Pietro, per il suoultimo viaggio, nel Salone d’Onore delConi, in cui è stata allestita la cameraardente, e nella Basilica di SantaSabina a Roma, dove si sono celebratii funerali. In tanti hanno voluto abbracciareManuela, la moglie. Le hanno volutotestimoniare affetto e vicinanza,certificandole la grandezza delcompagno di una vita. Sportivi, tifosi, dirigenti,rappresentanti delle istituzioni: traloro, i membri CIO Franco Carraro eMario Pescante, il vice Presidente delCONI e Presidente della FedergolfFranco Chimenti, Luca Pancalli(Presidente Comitato ItalianoParalimpico) e tanti altri...Ma chi era Pietro Mennea, la ‘Frecciadel Sud’ il velocista azzurro morto,dopo una lunga malattia, in unaclinica della Capitale all’età di 61anni? Un record del mondo sui 200metri imbattuto per 17 anni, un oro aiGiochi olimpici di Mosca 1980, unuomo che con lo spirito di  sacrificio ela voglia di migliorarsi è entrato apieno titolo nella storia. «Pietro Mennea rappresenta qualcosadi più di un simbolo, è una leggenda.Ha caratterizzato un’epoca, in una diquelle rare situazioni in cui un uomonormale, non un superuomo, èriuscito a compiere imprese chehanno scritto la storia. E’ una perditaincolmabile», è stato il commossoricordo del Presidente del Coni,Giovanni Malagò. Anna Maria Manzone, commissario

di Roberto Martinelli

[email protected]

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prefettizio del Comune di Barletta,dove era nato il velocista, haproclamato il lutto cittadino inoccasione dei funerali di sabato 23marzo. «E’ stato e continuerà a essere ilsimbolo di uno sport pulito e leale,lontano dagli scandali e dallamondanità», ha aggiunto il ministroper gli Affari Regionali, il Turismo e loSport, Piero Gnudi. «Per la Fidal è un giorno tristissimo»,ha sottolineato Alfio Giomi, presidentedella Federazione Italiana AtleticaLeggera, «si fa fatica a farecommenti, perchè non solo era ungrande uomo di sport, ma anche ungrande amico».Nato a Barletta il 28 giugno 1952,politico, avvocato italiano, atleta,Mennea partecipa alla sua primaolimpiade ai Giochi di Monaco del1972 dove conquista una insperatamedaglia di bronzo nei 200 metri,dietro il russo Borzov e l’americanoBlack. Ed è qui che comincia laleggenda del campione pugliese.Dopo un annata di problemi fisici, nel1974 Mennea diventò campioned’Europa nei 200 metri, mentre aPraga ’78 fu campione europeo siasui 100 che sui 200 metri. A Città del Messico ’79 ottiene ilrecord del mondo dei 200 metri:19’’72, ma è ai Giochi Olimpici diMosca ’80 a raggiungere il suo piùgrande risultato sportivo. A gioire assieme a lui anche SaraSimeoni vincitrice dell’oro nel salto inalto. «Abbiamo passato qualche annoassieme, ad allenarci e sudare sullestesse piste, abbiamo condiviso lefatiche ma anche i momenti belli - haricordato la campionessa - Il fatto chenon ci sia più, è un pezzo della miastoria che se ne va».«Oltre a perdere un grande uomo disport perdo un grande amico», ha

evidenziato un altro atletaindimenticato, Patrizio Oliva, che aMosca salì sul gradino più alto delpodio nel pugilato, categoriasuperleggeri. «Con lo spirito, il sudoree la fatica ha compiuto impreseimpossibili, a Mosca nei 200 metri

all’uscita di quella curva era quarto eriuscì nella rimonta incredibili». A tracciare un efficace profilo del‘campione introverso’ è stato DanieleMasala, ex azzurro vincitore di due oriolimpici nel pentathlon. «Era unuomo solitario e in controtendenza.Dal punto di vista umano erapiuttosto introverso, lui ragionava evalutava. E qualsiasi fossero i suoiobiettivi, sportivi e non, tirava fuori lagrinta per raggiungerli. Quando c’erada dire qualcosa lui la diceva. Pietrorappresentava la frase: si può fare. Dalui ho imparato tanto dal punto divista della determinazione. Non hamai fatto niente con sufficienza senzamai lasciare nulla al caso». Ma la carriera di Mennea non finì a

Mosca, da ricordare anche il record sui200 m a livello del mare (19”96)conquistato nella sua Barletta,l’argento (4x100) e bronzo (200 m) aiMondiali di Helsinki, la 4ª finaleolimpica consecutiva a Los Angeles ela 5ª Olimpiade di Seul nella quale

ebbe l’onore di essere il portabandieradella squadra azzurra. Ciao, Pietro,indimenticato campione azzurro. Alzal’indice e corri, corri verso il paradisodegli Eroi...  Sit tibi terra levis.

Nella foto la camera ardente al Conicon la rappresen-tanza del DAP edegli atleti delGruppo Sportivo.delle Fiamme Azzurre

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Nella foto una immaginesorridente di Pietro Mennea

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bbiamo accennato in piùoccasioni quale e quantaimportanza hanno per il

Sindacato Autonomo PoliziaPenitenziaria SAPPE le relazioniinternazionali in materia di operatoridella sicurezza penitenziaria edesecuzione della pena. Il SAPPE, come è noto, aderisce ad unorganismo internazionale di estremaimportanza quale è il CESI ed hatenuto nei mesi scorsi diversi incontrinell’ambito del Consiglio d’Europaper approfondire la conoscenzadell’esecuzione della pena nei vari

Stati membri ed il ruolo del personaleaddetto alla vigilanza ed allasicurezza. In tale contesto, si sonosvolti anche diversi incontri bilaterali

con i rappresentati dell’omologosindacato autonomo penitenziariotedesco, il BSBD, e di quello delloStato di San Paolo in Brasile, ilSINDASP. Conoscere i sistemi di lavoro e lesingole realtà del mondo è per ilSAPPE importante e fondamentaleper apprendere eventuali nuovemetodologie di lavoro. In tale contestosi è realizzata la visita di unadelegazione primo Sindacato dellaPolizia Penitenziaria in Brasile, proprioper conoscere il sistema penitenziariodi quel Paese (la cui forma di governo

è quella di repubblica federale) esupportare le iniziative del SINDASPfinalizzate ad una riorganizzazionepenitenziaria in senso nazionale e

sollecitare una proposta di legge –PEC 308/04 - di modificacostituzionale all’articolo 144 cheprevede appunto un Corpo di Poliziapenitenziaria strutturatoanalogamente al nostro. Dal 17 al 24febbraio scorsi, dunque, unadelegazione del SAPPE si è recato inSudamerica per partecipare al “IIEncontro Bilateral de Agentes deSegurança Penitenciária do EstadoSão Paulo e Polizia PenitenziariaItaliana”. Percorsi i 10mila chilometri cheseparano Roma da San Paolo,

abbiamo raggiunto PresidentePrudente, città nella quale ha sede lasede centrale del SINDASP. Lunedì 18 febbraio, proprio nella sededel Sindacato brasiliano, si è tenutauna lunga conferenza stampa allaquale hanno partecipato tantissimigiornalisti dei principali organi diinformazione della carta stampata,delle Tv e delle radio nazionali - TvGlobo, Band, SBT e Record, tanto percitarne alcune – nel corso della qualesi è diffusamente parlato delle finalitàdell’incontro SAPPE – SINDASP,dell’azione sindacale svolta dal nostroSindacato in Italia ed in Europa e delruolo del Corpo di PoliziaPenitenziaria italiano. I giornalistihanno incalzato con molte domande

Nelle foto alcune

immaginidell’arrivo in Brasile

Roberto MartinelliCapo Redattore

Segretario GeneraleAggiunto del Sappe

[email protected]

PoliziaPenitenziaria

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Il Sappe in Brasile per un nuovoCorpo di Polizia Penitenziaria

sappeinforma

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la delegazione del SAPPE, incuriositidall’originalità dell’importante edinternazionale iniziativa sindacale edalla voglia di conoscere il nostrosistema penitenziario. In Brasile non c’è infatti un sistemapenitenziario nazionale, ma differentein ogni singolo Stato, così come nonc’è un Corpo di Polizia Penitenziarianazionale. Nello Stato di San Paolo gliistituti penitenziari sono 155 edospitano circa 190.000 detenuti. C’è un Sottosegretario, nominato dalGovernatore, che è il massimoresponsabile nell’ambito dello Stato;il sottosegretario nomina cinquedirigenti, ognuno dei quali èresponsabile di circa trenta istituti,compresi in una parte del territorio.Ogni istituto è diretto da un dirigente,direttore generale, e gli agenti disicurezza sono comandati da un

direttore di sicurezza. Non c’è una vera organizzazioneverticistica tra gli appartenenti agliagenti di sicurezza, che sono divisi inotto classi. Nello Stato di San Paolo gli agenti disicurezza sono circa 30.000, in tutto ilBrasile circa 100.000, mentre idetenuti, in tutto il Brasile, sono circa600.000. Dopo 30 anni di lavoro vanno tutti inpensione, indipendentemente dall’etàanagrafica. Gli agenti di sicurezza lavorano 12ore per ogni turno e poi riposano ilgiorno successivo, per un totale dicirca 40 ore settimanali. Sono state giornate intense dal puntodi vista degli impegni ma

assolutamente entusiasmanti a livellomorale: per tanti colleghi e per moltioperatori penitenziari brasiliani “ilSAPPE è l’esempio da seguire peravere anche in Brasile una PoliziaPenitenziaria professionale, capace,stimata ed apprezzata come quellaitaliana”.

Nelle fotole visite nei penitenziaribrasiliani

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9speciale sindasp

Giornate davvero intense, dicevamo.Abbiamo visitato la struttura RegimeDisciplinar Diferenciado (RDD) diPresidente Bernardes, struttura dimassima sicurezza nella quale sonodetenuti i 23 peggiori criminali ditutto il Paese, accompagnati daldirettore e coordinatore dello Stato -

Giovanni BattistaDuranteRedazione PoliticaSegretario GeneraleAggiunto del Sappe [email protected]

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Croeste (Coordenadoria de UnidadesPrisionais da Região Oeste doEstado), Roberto Medina, unpoliziotto che è arrivato al più altogrado dell’Istituzione penitenziariadello Stato di San Paolo. Lì abbiamo assistito ad unadimostrazione di intervento da partedi una squadra del Grupo deIntervenção Rápida (GIR), che è unpo’ l’unità d’elite dei colleghibrasiliani: con grande rapidità,preparazione e professionalità, hannosimulato l’irruzione in una cella concaschi, scudi, manganelli, unitàcinofile (impiegate non per accertarepresenza di stupefacente…) edesplodendo una granata per sventareuna rivolta in atto.

La visita è proseguita nella strutturadella Coordenadoria de UnidadesPrisionais (simile nei compiti ai nostriProvveditorati regionali), agli ufficidei Servizi interni di intelligente edalle postazioni del poligono di tiro,dove è stanziale l’addestramento deicani impiegati per riportare l’ordinenelle carceri. Anche l’altro carcere visitato,Penitenciária II de PresidenteVenceslau, è una struttura destinataalla detenzione dei carceratiappartenenti alle varie realtàorganizzate criminali e delinquenzialied è ad altissima sicurezza.Sostanzialmente, per quanto riguardal’esecuzione penale il sistemapenitenziario brasiliano prevede una

netta differenziazione degli istituti pertipologia di detenuti, nel senso che idetenuti più pericolosi vengonoristretti tutti in istituti di massimasicurezza, gestiti dal GIR (Gruppo diintervento rapido) costituito da circacento uomini che agiscono a voltocoperto e sono armati di fucili epistole all’interno del carcere, nonchédi scudi, manganelli e cani d’assalto.

Nelle fotoancora

immagini degli

stabilimenti dipena carioca

e, sotto, nella sede

del SINDASP

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Nelle fotogli incontri con i colleghibrasiliani e alcune immagini delGIR (Gruppo di InterventoRapido)

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11speciale sindaspMolto interessante vedere loschieramento d’intervento, quando idetenuti escono per l’ora d’aria,oppure rientrano in cella. Un gruppo di cinque/sei agenti, conscudi e manganelli e un caned’assalto si avvicinano all’ingressodella cella, controllano l’interno e poifanno entrare o uscire i detenuti,mentre un gruppo di quindici/ventiagenti si schiera con i fucili e gli altricani, per evitare che ci sianoaggressioni. In caso di aggressionesparano. Questo modo di lavorare, calato nellanostra realtà, può sorprendere, mabisogna contestualizzarlo in quellabrasiliana, dove i criminali sono moltoaggressivi anche nei confronti degliagenti di sicurezza e della polizia ingenerale. E’ una criminalità appunto moltoaggressiva, predatoria, ma ancheorganizzata. Il gruppo criminale piùnoto e potente, il PCC, è moltoramificato anche nelle istituzionilocali. Nel 2012 in Brasile sono state uccisedalla criminalità 50.000 persone, piùdi 200 erano poliziotti. Uno degli istituti che abbiamo visitatoha una capienza di ventidue posti edè destinato a coloro che si sono resiresponsabili di gravi comportamentiall’interno delle carceri. Ogni detenuto sta da solo in unastanza, dove entra la luce dallafinestra, ma lui non vede l’esterno.Trascorre 22 ore dentro e 2 fuori e

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PoliziaPenitenziaria

n.204marzo2013

12 sappeinforma

non può parlare con il personale,tranne che per dire buongiorno ebuonasera. Ogni volta che deve uscire vieneammanettato attraverso lo spioncinodella porta blindata, poi esce, seguitoda agenti con scudo e manganelli eun cane d’assalto, passa in un

corridoio, dove, sempre attraversouno spioncino, gli vengono tolte lemanette. Dopo va al campo per le due ored’aria, dove possono stare almassimo in due. Per rientrare devonoseguire la stessa procedura. Questi sono gli istituti a regimechiuso. Ci sono poi istituti a regimesemiaperto, dove molti detenutilavorano. I lavori più diffusi sono quelliartigianali, ricami, assemblaggi ealtro e vengono svolti a cottimo. Dopo aver scontato un sesto dellapena i detenuti, se si comportanobene, passano dal regime chiuso aquello semiaperto, dopo averscontato un altro sesto possonouscire dal carcere. Anche chi viene

condannato a 30 anni, che è la penamassima, poiché non esistel’ergastolo, anche se a causa di varicumuli di pena c’era gente che avevaaccumulato tantissimi anni, dopo 5/6anni possono uscire dal carcere. Èprevisto uno sconto di pena di ungiorno per ogni tre giorni di lavoro. Chi va a lavorare fuori divide i soldicon chi resta dentro. Arrivano aguadagnare fino a 650 reais al meseche corrispondono a circa 250 euro. I detenuti che lavora fuori portano ilbraccialetto elettronico. Nello Stato di San Paolo sono circa4500 coloro che portano ilbraccialetto. Abbiamo visitato anche il carcerefemminile di Tupa Paulista, dove eranorecluse 1.060 donne, alcune dellequali avevano i bambini con loro. Il 93% era in carcere per droga.Molte di loro erano straniere. Ci hanno spiegato che fanno dacorriere per far entrare la droga inBrasile dagli altri stati delSudamerica, perché in Brasile non c’èmolta produzione di droga. Nei giorni seguenti, ci siamo recatinella Câmara Municipal della città di

Nelle fotol’incontro

con le Autoritàpauliste

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13memoria storica

A sinistrala targa che ricorda il GiudiceMinervivia Roma

Roma

Il dovere della Memoria e le amnesie romane

a mattina del 18 marzo 1980,mentre su mezzo pubblico sirecava dalla propria abitazione

al suo lavoro presso la Corte dicassazione, veniva assassinatobarbaramente da appartenenti alleBrigate Rosse Girolamo Minervini,una delle espressioni migliori dellaMagistratura italiana e del suoimpegno umanitario e sociale. Tra i vari e prestigiosi incarichi cheaveva ricoperto ve ne furono anchenell’Amministrazione Penitenziaria dalsettembre 1947 fino alla fine del

1962, praticamente per quindici anniquasi senza interruzione e dal 1954come direttore dell’allora Ufficio II.Dopo essere stato nominatosegretario presso il Consigliosuperiore della Magistratura tornò nel1973 al Ministero di Grazia eGiustizia, per assumervi le funzioni dicapo della segreteria per gli istituti diprevenzione e di pena. Minervini fu ucciso a bordodell’autobus di linea 991, in viaRuggero di Lauria (una traversa di viaAndrea Doria), da terroristi dellacolonna romana delle BR nell’ambitodella campagna contro le carceri dure.Oggi una targa ricorda in via Ruggerodi Lauria, proprio dove c’è la fermatadell’autobus, l’uccisione di Minervini.

E proprio le condizioni di quella targaquasi illeggibile (usura cheovviamente non è avvenuta dall’oggial domani e quindi da tempo è inquelle condizioni...) mi inducono adalcune amare riflessioni: nel nostroPaese continua a mancare una culturadella Memoria. Dopo le commemorazioni ufficiali, conil bacio sulle guance ai sopravvissutiagli attentati o ai familiari dei Caduti,con relativa retorica, che sono spessoserviti alla visibilità e a vantaggipolitici per gli oratori, la solidarietà,spesso verbale, si è affievolita. Sembra quasi che si voglia cancellareil passato, ma i familiari dei Caduti, iferiti e gli invalidi, testimoni oggettivirestano lì come un monito. Vengono quindi considerati unamemoria fastidiosa e ingombranteperché provocano il ricordo ditragicità e orrori.

Le Vittime del Dovere sono statetroppo spesso dimenticate da questasocietà distratta, che brucia in fretta ilricordo del dolore di chi è stato colpitonegli affetti più cari. Ben pochi coltivano la memoria diquanti sono Caduti e tramandano allegenerazioni future il loro patrimoniodi valori morali, le loro certezzeistituzionali, la loro fedeltà allestrutture democratiche. Sono rimasti i familiari ed i colleghidei carabinieri, dei magistrati e deipoliziotti trucidati a ricordarLi.E ciò che è accaduto a Roma per latarga del povero Girolamo Minervinisembra proprio esserne la triste eamara conferma. erremme

L

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Presidente Prudente – ladelegazione del SAPPE è statadecretata “Ospite d’onore dellacittà di Presidente Prudente” pertutto il periodo della visita ufficiale– ed abbiamo partecipato alConvegno organizzato dal SINDASPnell’ambia Sala convegno dellapropria sede sociale, consesso alquale hanno partecipato dirigentisindacali provenienti da tutto loStato e appresentanti di Febrasp(Federação Brasileira dosServidores Penitenciários).La visita è dunque proseguita aSan Paolo con gli ultimi dueimportanti appuntamento inprogramma, l’incontro con il Capodell’Amministrazione PenitenziariaLourival Gomes, la visita alla sedecentrale del Grupo de IntervençãoRápida (GIR) e successivamentecon il Governatore dello StatoGeraldo Alckmin, che ha ricevuto ledelegazioni di SINDASP e SAPPEnella sede governativa Palácio dosBandeirantes. Il bilancio di questaimportante esperienza èassolutamente positivo edesaltante. Positivo perché aiutare i colleghidel Brasile a rimodularestrutturalmente l’organizzazionepenitenziaria brasiliana da uncontesto federale ad un assettonazionale è un implicitoriconoscimento alla professionalitàed autorevolezza della PoliziaPenitenziaria, raggiunte – è benericordarlo - grazie alle costantisollecitazioni del SAPPE che si èsempre impegnato perché al Corpovenisse riconosciuto il ruolofondamentale di Corpo di Poliziadello Stato con la sue specificità, lesue specializzazioni, le sueprerogative. Ma il bilancio è anche esaltanteperché la storia, l’esperienza el’attualità degli obiettivi e degliimpegni del primo Sindacato deiBaschi Azzurri, il SAPPE, siconfermano anche in ambitointernazionale un esempio daseguire. E questo, consentiteci ilpeccato di presunzione, ci riempe diorgoglio e soddisfazione. H

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e si dicesse di un'atleta chel'argento mondiale è arrivatoall'unidicesima partecipazione

alle competizioni iridate senzaindicarne il nome, difficilmente siimmaginerebbe che questa atleta hada poco festeggiato “solo” i ventiseianni e che non è un'attempata gloriasportiva in procinto di smettere conl'agonismo e una vita di gare.

Se poi a quel punto si facesse il suonome dicendo che l'atleta inquestione è Carolina Kostner, sarebbetutto immediatamente più chiaro. Carolina, l'araba fenice, la fiammaazzurra dalle mille vite e dalle millepagine scritte sul ghiaccio, con quellapiù bella che è sempre pronta acomporre per il domani sportivo piùprossimo, ha aggiunto un altro

metallo pesante alla sua personalestoria nei campionati internazionali dimassimo livello. L’argento conquistato in Canada, inOntario per la precisione, è la quintamedaglia vinta ad un Mondiale dopoil bronzo di Mosca 2005, l’argento diGoteborg 2008, il bronzo di Mosca2011 e l’oro di Nizza 2012. Nel suo medagliere anche cinquetitoli europei, due argenti ed unbronzo oltre ad una vittoria nellafinale del prestigioso Grand Prix. Per l'ultimo successo canadese,conquistato al termine di unastagione agonistica densa di impegnie di soddisfazioni, Carolina ha dovutotenere a bada le sue terribiliavversarie: su tutte una ritrovata Yu-Na Kim, prima, e Mao Asada terza;ma anche un'improvvisa epistassi chel'ha costretta a pattinare con il nasogrondante sangue durante il liberoscandito dalle meravigliose note delBolero di Ravel. Nonostante ciò enonostante la caduta nel finalenell'atterraggio del Salchow, Carolinaè riuscita a ritoccare tutti i precedentirecord italiani che aveva fattoregistrare nel vittorioso campionatoeuropeo di Zagabria dello scorsogennaio, chiudendo con 131.03punti (terza nel segmento di garadopo Yu-Na Kim e la Asada) per untotale di 197.89, dopo il cortopattinato con 66.86 punti. Altissimi il punteggio tecnico (61.34)e quello artistico (70.69),quest'ultimo secondo solo a quellodella vincitrice coreana, che haguadagnato ben sei 10.00 neicomponents (per Carolina due 9.75 ecinque 9.50). Per Yu-Na Kim un totaledi 218. 31 ed un lungo da 148.34 altermine di una funambolicaesibizione.Anna Cappellini-Luca Lanotte, allaloro settima esperienza iridata, hannoinvece concluso con un 168.4 ed ilquarto posto nella danza (a 1.14

punti dal podio). I due ragazzi delle Fiamme Azzurre, al termine di una Carmen suggestiva,tecnicamente ineccepibile, carica diespressività e di emozione, hannomigliorato di due piazze il sesto posto dell'edizione Nizza 2012. L'ordine di discesa in pista non li haper nulla agevolati, basti pensare chesi sono esibiti subito dopo i beniaminidi casa, Tessa Virtue-Scott Moir,campioni olimpici e mondiali incarica, eppure la loro bella prova nonè uscita per nulla intaccata dagliapplausi a scena aperta e daipunteggi elevati dei predecessori.Oltre a ciò sono riusciti asopravanzare i francesi Pechalat-Bourzat, bronzo continentale duemesi fa a Zagabria, dimostrandodunque di essere ormai maturi per unposto importante, a partire propriodal vecchio continente. Per ora, anche in prospettiva olimpicaSochi 2014, va benissimo così. L’oro della danza è andato aglistatunitensi Meryl Davis-Charlie Whiteprimi con 189.56, secondi i canadesiVirtue-Moir dietro con 185.04, bronzoai russi Ekaterina Bobrova-DmitriSoloviev, campioni europei aZagabria con 169.19 punti.Senza podio, ma comunque brave, lealtre due Fiamme Azzurre StefaniaBerton e Ondrej Hotarek, che si sonoallontanati dalla vetta dopo lo storicobronzo conquistato all'europeo diZagabria nel pattinaggio artistico dicoppia sul ghiaccio.Il loro totale è stato di 171,77, piùdistante dal loro personale di 187,45punti ma comunque rispettabile epunto fermo da cui ricominciare invista dell'appuntamento olimpico diSochi 2014. Non bisogna dimenticare infatti, amargine di qualunque valutazionesulla rassegna iridata che haincoronato Carolina, che tutti i ragazzidella Polizia Penitenziaria sono giàqualificati per la rassegna cinquecerchi del prossimo anno,consentendo ad altri atleti italiani(due coppie e la signolista di artisticoValentina Marchei) di partecipare inaggiunta alla spedizione azzurra checi rappresenterà in Russia.

Lady OscarRedazione [email protected]

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Nella foto Carolina Kostner

Carolina Kostner ancora medaglie per le Fiamme Azzurre

lo sport

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Nelle foto a sinistra Anna Cappellini e Luca Lanotte

sottoStefania Berton e Ondrej Hotarek

PoliziaPenitenziarian.204marzo2013

15lo sportnel panel delle principali competizioniche li vedono come protagonisti.Speriamo che ciò possa avvenirepresto per non vanificare il lavoroserio e costante delle Fiamme Azzurreche, dopo un breve periodo dimeritato riposo, torneranno prestoad allenarsi in vista della prossima edimportante stagione culminante conl'evento russo, in un Paese - con lo zarPlushenko in testa - che è unautentico santuario della disciplina eche sta già dispiegando impegno erisorse ingenti per arrivare a risultatidi prim'ordine con tutti i sui atleti e lesue atlete.Dietro a tutti i risultati dei ragazzidelle Fiamme Azzurre sopra citati,oltre al loro indiscutibile talento eall'apporto del gruppo sportivo dellaPolizia Penitenziaria, c'è anche unapersona che, dalla segreteria al tempolibero, vigila e assiste mentre sulcampo si giocano la postafondamentale dei successi checonsacrano una carriera o che alcontrario è pronta a consolare quandoin agguato c'è la peggiore dellesconfitte: quella persona è StefaniaParrelli segretaria degli sport delghiaccio.

Nota dolente, che molto pesa su unosport che si affida completamenteall'uomo per le valutazioni degli atletie delle loro prove, è la completaassenza di arbitri italiani nelle gareinternazionali. Lo stesso handicap checolpì la nazionale di ritmica delle“farfalle azzurre” in molte gare in cuiavrebbero meritato ben altri risultatiche finire ai piedi del podio, rischia dicontinuare ad essere una costanteanche negli sport del ghiaccio asvantaggio dei nostri portacolori senon si ovvierà a questo inconvenientecon l'inserimento di giudici nazionali

on Pietro Mennea non se n'è andata solo unaleggenda delle piste di atletica e dell'interomovimento sportivo italiano, ma è scomparso

anche un pezzo fondamentale della storia dello sport dellaPolizia Penitenziaria e delle Fiamme Azzurre di cui è statoideatore e genitore insieme all'allora Direttore Generaledell'Ufficio del Personale dott. Raffaele Condemi. Fu sua l'iniziativa che portò all'atto costitutivo delleFiamme Azzurre (con decreto ministeriale del 25 luglio1983). Ultimo dei gruppi sportivi nati dunque, tenuto abattesimo da uno dei più grandi atleti di tutti i tempi nontanto e non solo per i risultati agonistici raggiunti, ma peraver incarnato con il suo stile di vita la metafora dellosportivo e dell'uomo perfetto. Correva e si allenava - feste incluse - pur non avendo ilfisico dei nordafricani che in pista avevano sempre scritto itempi ed i modi di arrivare per primi al traguardo. Lo diceva spesso nelle interviste Mennea che pur nonessendo un predestinato era arrivato dove altri avevano

Lei è quella che al di là di qualunquefuso orario segue e comunica con“i suoi ragazzi” e li sostiene sempre,prima e dopo ogni evento.Le abbiamo chiesto cosa pensa degliultimi risultati agonistici conseguitidai suoi fantastici cinque, ma ciò checi ha dichiarato appare come unarisposta anche riguardo a quantofaranno in futuro, podio o no: «Sonoorgogliosissima dei piazzamenti degliatleti della mia sezione perchè so percerto che hanno messo in ciò chehanno fatto tutto l'impegno chepotevano, perchè hanno contribuito a tenere alto il nome dell'Italia, delle Fiamme Azzurre, della Polizia Penitenziaria e perchè sono tutti dei ragazzimeravigliosi che io stimo al di là di qualunque medaglia o record conquistato».

fallito mettendoci tanta volontà e 5-6 ore al giorno diallenamenti senza mai fermarsi. Il suo 19,72 fatto registrare tra i mostri dellavelocità a Città del Messico nel 1979 è restatointatto per ben diciassette anni, fino al 23 giugnodel 1996. Nel frattempo Mennea ha conseguitoquattro lauree, ha scritto molti libri, ha dato vitaad una fondazione che porta il suo nome con loscopo primario di effettuare donazioni costantinel tempo, assistenza sociale ad enti caritatevoli odi ricerca medico-scientifica, associazioni culturalie sportive, attraverso progetti specifici e quellosecondario di carattere culturale, consistente neldiffondere lo sport ed i suoi valori, nel promuovere la lottaal doping. E' andato ben oltre le cinque Olimpiadidisputate e la sua personale preoccupazione di lasciareun'impronta nella storia dello sport nazionale edinternazionale. Pur essendo stato il grande campione che ha dimostrato diessere, ha tracciato e saputo indicare un percorso oltre losport. In questo Pietro Mennea ha avuto la fortuna delpredestinato e la forza di un gigante. La stessa che oggilascia in eredità anche alle “sue” Fiamme Azzurre ed a tuttigli atleti che ne sono parte.

Pietro Mennea: un grande campione ma, soprattutto, un grande uomo

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Nella foto sopra Pietro Mennea

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entilissimo collega, nel ringraziarti per la gentile epreziosa collaborazione, con la

presente ti chiedo di valutare conattenzione quanto da merappresentato ed eventualmentedelucidarmi in merito.La normativa vigente in materia eprecisamente il D.P.R. 18 giugno2002, n° 164 statuisce che “ove ildipendente non abbia fruito delleferie entro l’anno al quale sonoriferite, le stesse potranno essereusufruite entro il primo semestredell’anno successivo o, nell’ipotesi incui siano occorse indifferibili esigenzedi servizio, nell’anno successivo aquello di spettanza”. Orbene, il punto in questione è ilseguente: qualora sia inutilmentedecorso il termine contemplato dallanorma, il periodo di ferie e riposi nongoduti saranno accantoni conconseguente possibilità per ildipendente di ottenerne lacorresponsione di un compensosostitutivo, ovvero legittimeràl’Amministrazione ad una collocazioned’ufficio?L’interpretazione della norma, di tiporestrittivo, è ritenere che il periodoutile per una eventuale collocazioned’ufficio sia rappresentatoesclusivamente dai semestri successiviall’anno in cui si riferisce lamaturazione del relativo diritto. Diversamente argomentando,imboccando la via della “gestioned’ufficio” dei congedi ordinari,paventando non meglio indicati dirittidi disporre in modo pieno edesclusivo, di diritti soggettivi altrui, amio parere l’Amministrazionedovrebbe indicare in forma scritta aisensi dell’art 3 della L.7 agosto 1990n° 241, le ragioni di fatto e di dirittoche giustificherebbero una deroga alquadro normativo vigente, nonessendo più sufficiente la genericadicitura “per motivi di servizio”.

Gentile collega,il personale del Corpo di PoliziaPenitenziaria ha diritto in ogni annodi servizio, ad un periodo di congedoordinario retribuito, ai sensi del D.P.R.395/1995: “Il congedo ordinario puòessere autorizzato, a richiesta deldipendente, e compatibilmente con leesigenze di servizio, scaglionandolo inquattro periodi entro il 31 dicembredell’anno in cui il congedo si riferisce,dei quali uno almeno di duesettimane nel periodo 1° giugno al30 settembre. Per il personale conoltre 25 anni di servizio, almeno unodegli scaglioni non può essereinferiore ai 20 giorni”.Nel caso di indifferibili esigenze diservizio o motivate esigenze dicarattere personale, che non abbianoreso possibile la completa fruizionedel congedo ordinario nel corsodell’anno, il congedo ordinario residuodeve essere fruito entro l’annosuccessivo (D.P.R. 170/2007).Infatti, eventuali eccezioni non sonoammissibili atteso che, ove siconsentisse la fruizione del congedooltre i termini perentori stabiliti dallegislatore, non potendo taleeventuale possibilità essere estesa atutto il personale, determinerebbegravi disparità di trattamento e, perl’effetto, condizioni di precarietà e diviolazione dei diritti del personaleche, invece, la legge ha disciplinato inmodo inconfutabile con la normativavigente. Pertanto, in caso di assenzadi esigenze di serviziodell’amministrazione o motivateesigenze di carattere personale deldipendente, l’amministrazionesollecitando preventivamentemediante formale comunicazioneall’interessato, nei limiti temporaliindicati dalla normativa di settore,chi non abbia avanzato domanda dicongedo ordinario a regolarizzarela propria posizione nel rispetto deitermini, può d’ufficio assegnare

il congedo ordinario residuo.Il congedo ordinario può esserefrazionato in 4 scaglioni nel corsodell'anno di riferimento; unoscaglione deve essere articolato inalmeno 2 settimane nel periodo 1°giugno 30 settembre. Per idipendenti che hanno effettuato oltre25 anni di servizio, uno degli scaglioninon potrà, comunque, essere inferiorea 20 giorni. Sono altresì, attribuitequattro giornate di riposo da fruirenell’anno solare che devono esserefruite nell’anno solare (senzapossibilità di deroghe) e la mancatapresentazione della domanda daparte del dipendente comporta laperdita del diritto, ai sensi della legge23 dicembre 1977, n. 937.Inoltre, l’art. 13 del D.P.R. 395/95prevede un riposo per la ricorrenzadel Santo Patrono che spetta solo sericade in una giornata feriale attesoche, qualora la festività del SantoPatrono dovesse ricorrere in giornofestivo, il lavoratore non avrebbediritto, ferma restando l’assegnazionedel riposo settimanale o festivo, alrecupero del riposo in altra giornatalavorativa.Per quanto concerne lamonetizzazione del congedoordinario si sottolinea che le ferierappresentano un dirittocostituzionalmente garantito, sonofinalizzate al recupero delle energiepsicofisiche spese durante laprestazione lavorativa, ildipendente non può rinunziarvi enon sono monetizzabili.

Riferimenti:• art. 14 D.P.R. 395/95;• art. 18 D.P.R. 254/99;• art. 18 D.P.R. 164/2002;• ex art. 11 D.P.R. 170/2007;• lettera circolare n. 3426/5876 del27.04.1996;• lettera circolare n. 143083

del 27.10.1997;• lettera circolare n. 0101432

del 21.03.2006;• circolare GDAP-0239739

del 10.07.2008;• circolare GDAP-0480803-2009

del 29.12.2009;• circolare GDAP-0424658-2011.

Giovanni [email protected]

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Congedo ordinario: imposizione d’ufficio e monetizzazione

diritto e diritti

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rispettivamente loro attribuite,secondo le leggi di ordinamentogiudiziario: a) il procuratore della Repubblicapresso il tribunale per i minorenni; b) il giudice per le indaginipreliminari presso il tribunale per iminorenni; c) il tribunale per i minorenni; d) il procuratore generale presso lacorte di appello; e) la sezione di corte di appello per iminorenni; f) il magistrato di sorveglianza per iminorenni.

CompetenzaIl tribunale per i minorenni ècompetente per i reati commessi daiminori degli anni diciotto. Il tribunale per i minorenni e ilmagistrato di sorveglianza per iminorenni esercitano le attribuzionidella magistratura di sorveglianza neiconfronti di coloro che commisero ilreato quando erano minori degli annidiciotto. La competenza cessa alcompimento del venticinquesimoanno di età.

Provvedimenti in caso di arresto odi fermo del minorenneGli ufficiali e gli agenti di poliziagiudiziaria che hanno eseguitol’arresto o il fermo del minorenne nedanno immediata notizia al pubblicoministero nonché all’esercente lapotestà dei genitori e all’eventualeaffidatario e informanotempestivamente i servizi minorilidell’amministrazione della giustizia. Quando riceve la notizia dell’arresto odel fermo, il pubblico ministerodispone che il minorenne sia senzaritardo condotto presso un Centro diPrima Accoglienza o presso unacomunità pubblica o autorizzata cheprovvede a indicare. Qualora, tenutoconto delle modalità del fatto, dell’etàe della situazione familiare del

minorenne, lo ritenga opportuno, ilpubblico ministero può disporre che ilminorenne sia condotto pressol’abitazione familiare perché virimanga a sua disposizione. Oltre che nei casi previsti dall’articolo389 del Codice di procedura penale(Casi di immediata liberazionedell’arrestato o del fermato pererrore), il pubblico ministero disponecon decreto motivato che ilminorenne sia posto immediatamentein libertà quando ritiene di nondovere richiedere l’applicazione diuna misura cautelare. Al fine diadottare i provvedimenti di suacompetenza, il pubblico ministero puòdisporre che il minorenne sia condottodavanti a sé. Si applicano in ogni casole disposizioni degli articoli 390(Richiesta di convalida dell’arresto ofermo) e 391 (Udienza di convalida)del codice di procedura penale.

Informativa al procuratore dellaRepubblica per i minorenni Sezioni di polizia giudiziaria per i minorenniIn ciascuna procura della Repubblicapresso i tribunali per i minorenni èistituita una sezione specializzata dipolizia giudiziaria, alla quale èassegnato personale dotato dispecifiche attitudini e preparazione.

Servizi minoriliIn ogni stato e grado delprocedimento l’autorità giudiziaria siavvale dei servizi minorilidell’amministrazione della giustizia. Si avvale altresì dei servizi di

Nella foto sopra giovani Agentidi Polizia Penitenziaria della giustiziaminorile

a cura di Ciro BorrelliCoordinatore Nazio-nale Sappe Minori per la Formazione [email protected]

PoliziaPenitenziarian.204marzo2013

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La Polizia Penitenziaria e il processo penale minorile

giustizia minorilen questo spazio dedicato allaGiustizia Minorile, ho voluto fareuna breve ricerca per riportare

alla Vostra attenzione le disposizionipiù importanti del processo penaleminorile. Purtroppo, con tristerammarico ho ancora una voltaconstatato come la realtà sia diversada quanto previsto nel codice diprocedura penale. Basti pensareall’art.57 del Codice di procedurapenale. Detta norma, come è noto avoi tutti, prevede che anche il Corpodi Polizia Penitenziaria svolga funzionidi polizia giudiziaria. Tuttavia, oggil’impiego di personale presso lesezioni dei Tribunali per Minorenni èquasi inesistente. La speranza è che laspecializzazione nel trattamento deidetenuti minorenni porti ad unamaggiore considerazione del Corpo diPolizia Penitenziaria che agli occhidell’autorità giudiziaria minorile non èassolutamente preso inconsiderazione. Ricordiamo che inciascuna Procura della Repubblicapresso i Tribunali per i Minorenni èistituita una sezione specializzata dipolizia giudiziaria, alla quale èassegnato personale dotato dispecifiche attitudini e preparazione(ad oggi esclusa la PoliziaPenitenziaria che è la piùspecializzata).

D.P.R. 22.09.1988, n°448Disposizioni sul processo penale acarico di imputati minorenni

Principi generali del processominorile Nel procedimento a carico diminorenni si osservano le disposizionidel presente decreto e, per quanto daesse non previsto, quelle del codice diprocedura penale. Tali disposizionisono applicate in modo adeguato allapersonalità e alle esigenze educativedel minorenne. Il giudice illustraall’imputato il significato delle attivitàprocessuali che si svolgono in suapresenza nonché il contenuto e leragioni anche etico-sociali delledecisioni. Organi giudiziari nelprocedimento a carico di minorenni Nel procedimento a carico diminorenni esercitano le funzioni

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18 dalle segreterie

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l 26 febbraio il Ministro dellaGiustizia, Paola Severino havisitato la Casa Circondariale di

Trapani, nell’ambito di un tourprevisto nelle carceri siciliane. Il Ministro accompagnato dal Capodel Dipartimento Giovanni Tamburinoe dal Provveditore della SiciliaMaurizio Veneziano, ha dapprimaincontrato il personale nella salateatro dell’Istituto e dopo ha fatto ungiro per le sezioni detentive.Alla fine del giro il Ministro ha avutoparole di elogio per il Direttore ed ilComandante per come è mantenutala struttura, nonostante i quasi 50anni di età, e per l’ordine che regnavaall’interno delle sezioni detentive,nonostante la Casa Circondariale diTrapani, comunque risenta di un certosovraffollamento quantificabilenell’ordine del 30% di detenutirispetto ad una capienza ottimale dicirca 370 detenuti.Se escludiamo l’anno 1965, quando ilcarcere fu inaugurato dall’alloraMinistro Reale, è la prima volta cheun Ministro della Giustizia visitava laC.C. di Trapani ed il personalepresente all’incontro ne ha tratto unaottima impressione per le parole dielogio che il Ministro ha avuto neiconfronti del lavoro svolto dallaPolizia Penitenziaria e per lagentilezza e l’attenzione prestata a

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Trapani

Il Ministro della Giustizia Severino in visita all’istituto

tutti gli operatori e detenuti chel’hanno più volte fermata durante ilsuo giro chiedendo di porre attenzionea qualche caso “umano”. E’ davvero un peccato che un Ministrocoma la Severino non abbia fatto,all’inizio del suo mandato, questi giriper le carceri a raccogliere le istanzedella Polizia Penitenziaria, come adesempio il riallineamento deiCommissari, il riordino delle carrierecon la previsione di un unico ruoloagenti - assistenti - sovrintendenti,l’assunzione degli idonei non vincitoridel concorso per allievi Agenti, vista lagravissima carenza di personale,l’installazione di impianti tecnologicial fine di recuperare risorse umane, iltaglio degli sprechi che investonoanche la nostra amministrazione, equesto tour fatto alla fine del suomandato ha un sapore un po’ amaro,ora che l’abbiamo conosciuta davicino ed abbiamo apprezzato le sueparole che ci sono sembrate sincereanche se, purtroppo, tardive.

Nelle foto in alto

a sinistrail Ministro

ammirauna antica

porta del Carcere della

Vicarìa di Trapani, restaurata

dai detenuti

sotto, le autorità

sul palco dellasala teatro

assistenza istituiti dagli enti locali.

Accertamento sull’età delminorenneQuando vi è incertezza sulla minoreetà dell’imputato, il giudice dispone,anche di ufficio, perizia al più vicinoospedale. Qualora, anche dopo laperizia, permangano dubbi sullaminore età, questa è presunta ad ognieffetto. Le disposizioni dei commi 1 e2 si applicano altresì quando vi èragione di ritenere che l’imputato siaminore degli anni quattordici.

Casellario giudiziale per iminorenni Presso ciascun tribunale per iminorenni, sotto la vigilanza delprocuratore della Repubblica presso ilmedesimo tribunale, l’ufficio delcasellario per i minorenni raccoglie econserva, oltre alle annotazioni di cuiè prevista l’iscrizione da particolaridisposizioni di legge, l’estratto deiprovvedimenti indicati nell’articolo686 del codice di procedura penaleriguardanti minorenni nati neldistretto. I provvedimenti e leannotazioni riguardanti minorenninati all’estero o dei quali non si èpotuto accertare il luogo di nascitanel territorio dello Stato si conservanonell’ufficio del casellario presso iltribunale per i minorenni di Roma. Le certificazioni relative alle iscrizioninel casellario per i minorenni possonoessere rilasciate soltanto alla personaalla quale si riferiscono o all’autoritàgiudiziaria.

Eliminazione delle iscrizioni Le iscrizioni relative a provvedimentidi condanna a pena detentiva, anchese condizionalmente sospesa, sonotrasmesse all’ufficio del casellariogiudiziale previsto dall’articolo 685del codice di procedura penale alcompimento del diciottesimo annodella persona alla quale si riferiscono. Le iscrizioni relative alla concessionedel perdono giudiziale sono conservatesino al compimento del ventunesimoanno di età della persona alla quale siriferiscono. Tutte le altre iscrizioni sonoeliminate al compimento deldiciottesimo anno di età.

H

minorile

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PoliziaPenitenziarian.204marzo2013

19

Trapani

Intitolata a Giuseppe Montaltol’aula bunker dellaCasa Circondariale

i è svolta il 21 marzo lacerimonia di intitolazionedell’aula bunker della Casa

Circondariale di Trapani al nostrocompianto collega Giuseppe Montalto,ucciso dalla mafia nel 1995 nellafrazione trapanese di Palma. L’evento ha coinciso con lacelebrazione della 18ª Giornata dellaMemoria, dedicata al ricordo dellevittime di tutte le mafie, organizzatadall’Associazione Libera. Presenti le massime Autorità Militariprovinciali, scarsa la presenza deipolitici a parte il combattivo Sindacodi Erice Giacomo Tranchida (comunesu cui ricade la C.C. Trapani) e qualchealtra figura di secondo piano; assenteil Sindaco di Trapani, ex Generale deiCarabinieri, la cui assenza è stataperfino stigmatizzata pubblicamentedalla vedova Montalto, signora LilianaRiccobene.Per l’Amministrazione Penitenziaria,presenti il Provveditore Regionale perla Sicilia dott. Maurizio Veneziano, ilDirettore della C.C. Trapani dott.Renato Persico e il Comandante dellaPolizia Penitenziaria Trapanese,Giuseppe Romano.Del processo per l’uccisione diGiuseppe Montalto ha parlato ilgiudice Piero Grillo che hasottolineato come il potere mafioso siacaratterizzato da «ferocia e viltà»perchè sceglie il sistema dell’agguatoper colpire servitori dello Stato chefanno il loro dovere.«Quanta responsabilità abbiamo,come società civile, nella morte diGiuseppe Montalto? - ha chiesto ilgiudice che ha proseguito - Ogni voltache qualcuno di noi non ha fatto ilproprio dovere ha contribuito adisolare quelle che poi sono diventatevittime della mafia». Commovente l’intervento di Liliana

[email protected]

Nelle foto alcune fasi dellacerimonia dell’intolazionedell’aula bunker a Giuseppe Montalto

(processo OMEGA) ma visto chel’utilizzo processuale è andato via viascemando nel tempo, il SindacoTranchida ha auspicato un suo utilizzoanche per manifestazioni di variogenere, convegni, dibattiti ecc. in

modo da sfruttare razionalmente epreservarne l’abbandono questamagnifica opera che da oggi porteràper sempre il nome del nostro collegaMontalto. H

dalle segreterie

S

Riccobene, vedova di GiuseppeMontalto, che ha ringraziato per lasolidarietà mostrata dopo la morte delmarito i colleghi della PoliziaPenitenziaria. «Lui conosceva i rischi che correva maha deciso di stare dalla parte giusta»,ha detto la signora Riccobene. Particolarmente intenso è stato anchel’intervento del sostituto procuratore diTrapani Andrea Tarondo, che, insieme aIgnazio De Francisci, rappresentò lapubblica accusa nel processo perl’omicidio di Giuseppe Montalto. «Ci vuole tempo prima che le vittimedi mafia vengano riconosciute cometali - ha commentato - e si sviluppiuna consapevolezza civile. Sonocontento che questo sia avvenutoanche per Giuseppe Montalto». Dopo la sobria cerimonia discopertura della targa, da parte dellafiglia Ylenia e della moglie di PeppeMontalto, l’incontro è continuato conla lettura dei nomi delle mille vittimedella mafia, dal 1893 ad oggi.L’intitolazione dell’Aula Bunkerannessa alla Casa Circondariale diTrapani, è un importantericonoscimento per la memoria delcollega ucciso.L’aula Bunker fu costruita circa 15anni fa per ospitare il primo maxiprocesso alle cosche mafiose trapanesi

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enti anni di pubblicazionihanno conferito al mensilePolizia Penitenziaria - Società

Giustizia & Sicurezza la dignità diqualificata fonte storica, oltre quelladi autorevole voce di opinione. La consapevolezza di aver acquisitoquesto ruolo ci ha convintodell’opportunità di introdurre unarubrica - Cosa Scrivevamo - checontenga una copia anastatica di un articolo di particolare interessestorico pubblicato tanti anni addietro. A corredo dell’articolo abbiamoritenuto di riprodurre la copertina,l’indice e la vignetta del numerooriginale della Rivista nel quale fupubblicato.

Nella foto sopra

Martinellimentre riceve

il distindivo d’argento dell’ANA

PoliziaPenitenziaria

n.204marzo2013

V20

Fiamme Azzurre: Orgogliosportivo del Corpodi G.B.D.B.

iovedi 9 ottobre alle ore10.30 il Presidente delC.O.N.I. (Comitato Olimpico

Nazionale Italiano) Mario Pescanteaccompagnato dalPresidente dellaFederazione Tiro conl’Arco Vincenzo Romano,ha incontrato a largoLuigi Daga il DirettoreGenerale AlessandroMargara in qualità diPresidente del G.S.Fiamme Azzurre. In quell’occasione ilPresidente MarioPescante ha espressotutto l’apprezzamentosuo personale e delC.O.N. I. per il preziosoapporto delle FiammeAzzurre allo sportnazionale. Inquell’occasione Pescante

ha proposto diaggiornare ilprotocollo di intesastipulato nel 1992tra DipartimentodellaAmministrazionePenitenziaria eC.O.N.I. rivedendonegli accordi sia perquanto attiene leattrezzature che leattività sportive. Con un nuovoprotocollo d’intesapotrebbero essererealizzati nuovi impiantisportivi (sia intramurali

G

come scrivevamo

Genova

Distintivo dell’ANAper l’Alpino Martinelli

l nostro Capo Redattore RobertoMartinelli, prima di arruolarsi nelCorpo di Polizia Penitenziaria, ha

servito la Patria nel Corpo degli Alpinicome Sergente della BrigataTaurinense. Ed è rimasto molto legatoalle Penne Nere ed ai Sacri Valori chele hanno rese note in Italia e nelmondo (l’amor di Patria, l’amicizia, lasolidarietà, il senso del dovere) tantoda iscriversi il giorno stesso delcongedo dal servizio di levaall’Associazione Nazionale Alpini, cheè appunto l’Associazione d’Arma dellePenne Nere. Per la sua intensa e lungapartecipazione alle attività del GruppoAlpini Genova Centro, domenica 3aprile scorso, nel corso di unamanifestazione associativa, Roberto èstato insignito nel capoluogo liguredel distintivo d’argento dell’ANA per i(primi) 25 anni di adesione. Aconsegnare il distintivo, sono stati ilCapogruppo Giuseppe Fusco ed il ViceGino Turchini, ‘controllati a vista’ dalfiglio di Martinelli, Stefano. Al Capo Redattore le felicitazioni della“sua” redazione.

I

[email protected]

segreterie

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Nella fotosopraFrancesco Di Maggio

al centro ilsommario del numero di novembre1997

PoliziaPenitenziarian.204marzo2013

21che esterni) per attività da mettere adisposizione dell’AmministrazionePenitenziaria. Nell’ultima stagione agonistica, ilGruppo Sportivo Fiamme Azzurre delCorpo di Polizia Penitenziaria hapartecipato alle manifestazioni sportivedelle seguenti Federazioni:• Atletica Leggera• Ciclismo• Pentathlon Moderno• Sollevamento Pesi• Tiro a Volo• Tiro Dinamico Sportivo• TriathlonIn ogni singola disciplina gli atleti delCorpo si sono segnalati per la loroprofessionalità, raggiungendo, in alcunicasi, successi e risultati moltolusinghieri. Tra questi sono da sottolineare lamedaglia d’oro dell’agente GiovanniPellielo nella Coppa del Mondo di Tiro aVolo - specialità fossa olimpica - diMontecatini Terme, e la medagliad’argento negli 800 metri pianidell’agente scelto Giuseppe D’Urso ai Campionati Europei indoor diStoccolma.Vale, forse, la pena ricordare che ormaigli atleti del Corpo di PoliziaPenitenziaria fanno regolarmente partedelle Nazionali Italiane ed hannorappresentato il nostro Paese sia inmanifestazioni Europee che Mondiali. Un esempio su tutti: all’ormai lontanaOlimpiade di Barcellona ’92 gli atletidel Corpo furono 7; all’ultimaOlimpiade di Atlantai rappresentanti sonostati 10. Questo dato,a testimonianza dellacontinuità dei risultati,è frutto di un positivoimpegno che dura daundici anni e che siconfida possacontinuare ad avere ildeterminante supportodell’AmministrazionePenitenziaria in vistadell’apertura di nuovediscipline sportive e delsettore femminile. Si è certi, che anche nella primaOlimpiade del Terzo Millennio -Sydney 2000 - il Corpo di PoliziaPenitenziaria sarà ben rappresentato ed i suoi atleti non mancheranno di ben figurare.

a cura di Giovanni Battistade [email protected]

rruento, impulsivo, polemico,lavoratore instancabile, onesto:tutto questo era Francesco Di

Maggio, già vice Direttore Generaledell’Amministrazione Penitenziarianegli anni 1993 e 1994.E’ passato più di un anno da quel 7ottobre del 1996 quando, in unastanza del reparto di terapia intensivadell’Ospedale S. Martino di Genova, ilfisico di Francesco Di Maggio nonriuscì più a contrastare l’epatite nondiagnosticata che lo aveva colpito alfegato. Ed è nostro dovere ricordarlo,per il rispetto dell’Uomo, al di là dellacomprensibile conflittualità che c’èstata tra il S.A.P.Pe. da una parte el’Amministrazione Penitenziaria (nellapersona di Francesco Di Maggio, viceDirettore Generale) dall’altra, perchèil Consigliere Di Maggio dimostròcomunque un reale interesse per laPolizia Penitenziaria e per la suacrescita professionale.Arrivò in largo Luigi Daga (allora viaSilvestri) da Vienna, dove era

consulente giuridicoper I’Organizzazionedelle Nazioni Unite.Conseguita lalaurea inGiurisprudenza,dopo una breveparentesi comeavvocato a Monza,fu sostitutoprocuratore aMilano nei primianni Ottanta e,successivamente,esponente dipunta dell’Alto

Commissariato per la lotta alla mafia.Organizzò, nel novembre del 1994,la Conferenza transnazionale sullacriminalità organizzata, che si tennenel prestigioso Palazzo Reale diNapoli, e Francesco Di Maggio volleche nella segreteria organizzativa

della Conferenza fossero presentiproprio alcune unità di PoliziaPenitenziaria, con mansioni dicoordinamento e collaborazione.Terminata l’esperienza alDipartimento dell’AmministrazionePenitenziaria, ritornò aVienna a svolgere alti incarichipresso l’O.N.U .Che Di Maggio avesse lasciato ilsegno tra i poliziotti penitenziari lodimostra il fatto che, nei suoi ultimigiorni di vita a Genova, furonodiversi i colleghi che, terminato ilservizio, si alternarono al suocapezzale, confortando i familiari etestimoniando così un sincero affettoper quello che era stato il loro ViceDirettore Generale.Il S.A.P.Pe. ricorda Francesco Di Maggio come un Uomo, un Funzionario, che halasciato un’impronta indelebilenell’Amministrazione e nellamemoria dei poliziotti penitenziari.

come scrivevamo

Ricordando Francesco Di Maggio

di Roberto Martinelli

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Nell’altra paginala copertina ela vignettadel numero dinovembre1997

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pera prima del giovaneregista Enrico Maria Artale(coautore anche della

sceneggiatura), Il terzo temporacconta di seconde opportunità, dirinascita e di voglia di ricominciare.Nel rugby il terzo tempo è iltradizionale incontro dopo la garatra i giocatori delle due squadre.Considerato come momentoconviviale, il terzo tempo è unmomento di socializzazione tra igiocatori e spesso anche tra leloro famiglie e tra i tifosi.

La storia del film di Artale muoveintorno alle vicende di Samuel(interpretato da un bravo LorenzoRichelmy) , un adolescenteproblematico che, colpevole di furti epiccoli reati, ha trascorso gli ultimianni della sua vita entrando eduscendo da un istituto penale perminorenni.Scontata l’ennesima pena, Samuelviene inserito in un programma diriabilitazione dal Magistrato diSorveglianza, che gli impone dilavorare nell’azienda agricola di un

Nelle foto la locandina ealcune scene

del film

a cura di Giovanni Battista

de [email protected]

PoliziaPenitenziaria

n.204marzo2013

O

22 cinema dietro le sbarre

Regia: Enrico Maria Artale

Soggetto: Alessandro Guida,Luca Giordano, Enrico M. Artale Sceneggiatura: Francesco Cenni,Luca Giordano, Enrico M. Artale Fotografia: Francesco Di GiacomoMusiche originali: RoninMontaggio: Paolo LandolfiScenografia: Laura BoniCostumi: Irene Amantini

Produzione: CSC - Centro Sperimentale di Fotografia Production, Filmauro

Distribuzione: Filmauro,Universal Pictures International Italy

Personaggi ed Interpreti:L'allenatore Marcocci: Pier Giorgio BellocchioVincenzo: Stefano CassettiTeresa: Stefania RoccaSamuel: Lorenzo RichelmyFlavia: Margherita LaterzaRingo: Germano GentileIl capitano: Valerio Lo SassoRoberto: Edoardo PesceIl giudice di sorveglianza: Franco RaveraChicco: Gianluca Vicari

Genere: DrammaticoDurata: 94 minutiOrigine: Italia, 2012

Il terzotempo

la scheda del film

paese di provincia. Il controllo del ragazzo viene affidatoa Vincenzo, un assistente sociale checerca di ritrovare una sua dimensionedopo la morte della moglie e chedivide la sua vita tra il lavoro, lafiglia adolescente e la squadra dirugby del suo paese.L’irrequieto Samuel mal si adattaalle regole e ai ritmi di questa nuovavita e il suo rapporto con Vincenzo sirivela da subito problematico. Sarà proprio Vincenzo, invece, adoffrirgli un’ultima possibilità diredenzione quando, da allenatoredella squadra di rugby ed exgiocatore di un certo livello, intuiscele potenzialità sportive del ragazzo elo convince a entrare nellaformazione.Nonostante i primi allenamenti sianoun disastro e i rapporti con icompagni molto difficili, tanto cheSamuel vorrebbe che tutto finisse ilprima possibile, Vincenzo non

demorde e continua a confidare in luianche quando il fragile equilibrioraggiunto rischia di rompersi perchéscopre il legame sentimentale traSamuel e sua figlia Flavia. Infatti, nel prosieguo delcampionato, tra allenamenti escontri, dentro e fuori dal campo digioco, Samuel capisce, alla fine, diaver trovato la sua strada nello sport,il suo riscatto in una palla ovale,nell’affetto dei compagni enell’amore di Flavia.Con il rugby come metafora di vita edella voglia di tornare a sperare, losport fa da sfondo ad una storia diformazione e di sentimenti, con unhappy end degno del migliore FrankCapra. H

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PoliziaPenitenziaria

n.204marzo2013

24 mondo penitenziario

Con il contributo unificatogiustizia privilegio di pochi

e recenti manovre finanziarieapprovate dal Parlamento,sospinte dalla necessità di

procedere ad una incisivarazionalizzazione della spesa pubblicanel prioritario obiettivo di addivenirenell’anno 2013 al pareggio dibilancio, non hanno purtroppo brillatoper coerenza, organicità ed equità.Tra le novità introdotte dal Decretolegge 6 luglio 2012, n. 98, convertitocon modificazioni, nella Legge 15luglio 2011, n. 111, recantedisposizioni urgenti per lastabilizzazione finanziaria, interessa inparticolare quella relativa alcontributo unificato che in alcuni casiè stato raddoppiato mentre in altricasi è stato introdotto ex novo,relativamente a materie da sempreesenti, come accaduto nell’ambitodella giustizia amministrativa rispettoal pubblico impiego.In particolare, la suddetta fontenormativa ha modificato il D.P.R. 30maggio 2002, n. 115, introducendonuove ipotesi in cui è necessario ilpagamento del contributo unificato,fra le quali rientra, oltre il processotributario, il ricorso straordinariodavanti al Presidente dellaRepubblica, a nulla rilevandol’eventuale rinuncia a detto gravameda parte del ricorrente, dal momentoche il Consiglio di Stato, a ciòsollecitato, con parere n. 438072011del 9 novembre 2011, harappresentato che il contributounificato avendo natura diprestazione economica imposta, puòessere estinto, laddove si sianoconcretizzati i presupposti perl’insorgere dell’obbligazionecontributiva, unicamente con ilpagamento, al pari di ogni altrotributo. Invero, il Giudice di Pace di Rimini hasollevato, in riferimento agli articoli 3e 24 della Costituzione, questione dilegittimità costituzionale dell’articolo

10, comma 6-bis del D.P.R. 30maggio 2002, n. 115 (Testo Unicodelle disposizioni legislative eregolamentari in materia di spese digiustizia – Testo A), introdottodall’articolo 2, comma 212, letterab), della Legge 23 dicembre 2009,n. 91, recante “Disposizioni per laformazione del bilancio annuale epluriennale dello Stato” (Leggefinanziaria 2010) in quanto, in forzadella norma censurata, un cittadino,legittimato alla opposizione avversoun provvedimento ritenuto ingiusto,è costretto al pagamento delcontributo unificato determinandouna grave disparità di trattamentotra i cittadini, precludendo ai menoabbienti di poter proporrevalidamente le proprie ragioni insede giudiziaria e realizzando in talmodo una violazione non soltantodell’articolo 3 della Costituzione, chesancisce il principio di eguaglianza ditutti i cittadini di fronte alla legge,ma altresì dell’articolo 24 dellaCostituzione, che garantisce a tutti ildiritto di difesa, ovverosia l’effettivitàdella tutela giudiziaria. La questione, tuttavia, è statadichiarata inammissibile dalla CorteCostituzionale, con ordinanza195/2011, per irrilevanza dellamedesima, non essendo subordinatoil pagamento del contributo unificatoalla sanzione procedurale dellainammissibilità o dellaimprocedibilità del ricorso, con laconseguenza che l’asserito vulnus aiprincipi costituzionali invocatisarebbe, in ipotesi, determinato dauna norma di cui il rimettente nondeve fare applicazione nel giudizio aquo, assumendo rilevanza solo ai finifiscali. Pertanto, allo stato, assistiamoalla sopravvivenza di un “contributo”,o meglio di un tributo che, unito alleragguardevoli spese legali a cuipotrebbe accompagnarsi lacondanna alle spese di giudizio in

caso di soccombenza, sta rendendo lagiustizia un privilegio di pochi anchea fronte di querelle di modesta entità.Certo è che l’onere economico delcontributo unificato sta determinandol’insinuarsi di una preoccupante edallarmante concezione della tutelagiurisdizionale di stampo “egalitaria”che ha investito, come detto, financheil ricorso straordinario al Capo delloStato da sempre apicale baluardo digiustizia per i meno facoltosi, altroche “disposizioni volte a garantirel’efficienza del sistema giudiziario e lacelere definizione delle controversie”.L’idea di risolvere l’arretratogiudiziario e, più in generale, la crisidella giustizia, introducendo edaumentando oneri fiscali connessi alladomanda di giustizia, ancorché nonaventi carattere pregiudiziale per lastessa, è un comudus discessus che sepuò dare effetti deflattivi, nel breveperiodo, non rende giustizia ad unPaese definito “la culla del diritto”.Invece, dal 1° gennaio, sono entratiin vigore i rincari per tutte quelleimpugnazioni di stampoamministrativo, ivi inclusi i ricorsipresentati direttamente allaPresidenza della Repubblica. Quello che, appena due anni fa,veniva stimato in un versamento di500 euro, è diventato oggi di 650euro, per buona pace del diritto didifesa: è di palmare evidenza, adesempio, che nessun poliziottopenitenziario si determinerà, a seguitodel parere del Consiglio di Stato n.02632 del 2011, a ricorrere, oggi,agli organi giurisdizionali o alPresidente della Repubblica in viastraordinaria, avverso la sanzionedisciplinare della censura, la quale,ancorché illegittimamentecomminata, rimarrà priva di reazione,conferendo all’organo che l’ha inflittao chiamato ad infliggerla una sorta diimpunità.Ma l’articolo 24 della Costituzionenon recita che “tutti possono agirein giudizio per la tutela deipropri diritti ed interessilegittimi”. Per dirla alla Totò: «alla faccia delbicarbonato di sodio!!».

Luca PasqualoniSegretario

Nazionale [email protected] L

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Sono in piedi accanto ai lorocorpi. Morti. Sono in piedi ma non hopercezione di me. Una linfa gelata miè entrata dentro, nelle vene, nelleossa, nel cervello. Vado in bagno.Devo lavarmi. Apro a manetta l’acquacalda, tengo la testa bassa. Fisso le macchie sul dorso delle mani. E’ sangue. E’ il sangue di mio padre. E’ il sangue di mia madre. Ci è’ schizzato sopra, sulle dita. Ma iolo vedo allargarsi sulla pelle,dappertutto. Schiaccio sul dosatoredel sapone. Schiaccio, ne voglio tanto.

Devo lavarmi bene. Lavo e lavo e lavoancora. Non so quanto dura: attimi,minuti, mesi, anni. Alzo gli occhi,punto lo specchio. Mi vedo. Mi vedo.E’ la mia faccia. E non e’ la miafaccia. Sono io. Mi vedo cambiato.Non so. Sembro più vecchio. Il maleaveva accelerato improvvisamente lamia vita». Questo passo, tratto dal libro Il maleero io, racconta gli attimiimmediatamente successivi delparenticidio perpetrato, nel lontano17 aprile del 1991, da Pietro Maso,giovane ventenne della provincia diVerona. Pietro Maso (San Bonifacio,17 luglio 1971) è il protagonista reoconfesso di uno dei più clamorosi casidi omicidio a sfondo familiare dellacronaca italiana. Aiutato da tre amici, nella sua casa diMontecchia di Crosara, uccide, nella

notte fra il 17 e il 18 aprile 1991,entrambi i suoi genitori, Antonio Maso(52 anni) e Mariarosa Tessari (48anni), servendosi di un tubo di ferro edi altri corpi contundenti tra cuispranghe e un bloccasterzo. Quella sera Maso, Giorgio Carbognin(18 anni), Paolo Cavazza (18 anni) eDamiano Burato (17 anni) si dannoappuntamento nel Bar John diMontecchia, luogo di frequentazioneabituale, per discutere gli ultimidettagli del loro progetto criminale.Un loro amico, Michele, è informatodel progetto affinché ne prenda parte,ma crede che i quattro ragazzi stianoscherzando. Quando poi i ragazzilasciano il bar, Michele li accompagnaa casa di Pietro intorno alle 23,00 esi tira indietro; i genitori di Pietro nonsono ancora a casa, poiché stannorientrando da Lonigo (Vi) dove hannopartecipato a una funzione religiosa.Pietro è al corrente di questo inquanto aveva chiesto al padre la suaautomobile per recarsi in discoteca.Sa quindi che a minuti, i genitorifaranno ritorno a casa; infatti, intornoalle 23:10 l’auto entra nel garage. Ilpadre accende la luce ma si accorgeche manca la corrente, così sale lescale per raggiungere, al primo piano,il contatore. Arrivato in cucina, viene colpito dalfiglio, armato di un tubo di ferro;Damiano lo colpisce a sua volta conuna pentola. Poco dopo arriva Rosa eviene aggredita da Paolo e Giorgio,armati rispettivamente di unbloccasterzo e un’altra pentola. La madre di Pietro non muore sulcolpo, così il figlio interviene e oltre acolpirla lui stesso, cerca di soffocarlamettendole in gola del cotone echiudendole la faccia in un sacchettodi nylon. Antonio, mentre ancora rantola, èsoffocato con una coperta schiacciata

sul volto con un piede da Cavazza.Cinquantatré minuti dopo i primicolpi, le due vittime cessanodefinitivamente di respirare. A delitto compiuto, i ragazzi si disfanodegli oggetti serviti allo scopo, eanche delle tute utilizzate perproteggersi dal sangue. Burato, Carbognin e Cavazza avevanoindossato delle maschere di demoni edraghi. Dopo l’omicidio, Paolo e Damianorientrano a casa; Pietro e Giorgio,invece, per crearsi un alibi, si recanoin due discoteche diverse (nella primanon riescono a entrare perché èpiena). Alle 2,00 del mattino, Pietro,rientra a casa per inscenare la fintascoperta, riferendo ai vicini, da cui siera recato, di aver visto, salendo lescale, «due gambe». Versione ribadita anche ai Carabinieri,dove Maso si reca subito dopo, ma gliinquirenti si insospettiscono: «ilgiovane era pronto a collaborare, maappariva freddo e distaccato rispettoalla tragedia». L’ipotesi di una rapina finita male fupresto abbandonata. Tre giorni diinterrogatori e Pietro e suoi amicicrollano. Si appurò poi che Maso volevaimpossessarsi subito dell’eredità, cosìda continuare lo stile agiato di vitache aveva sempre sostenuto e perfarlo, aveva bisogno di sbarazzarsi persempre dei genitori. Il piano diabolico prevedeva anchel’eliminazione delle due sorelle delgiovane e saranno proprio queste adare un contributo decisivo agliinvestigatori scoprendo, qualche

Nel riquadroaccanto al titolo

la copertina del libro

Il male ero io

sopraPietro Maso al processo

Pasquale SalemmeSegretario

Nazionale del Sappe [email protected]

PoliziaPenitenziaria

n.204marzo2013

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Pietro Maso, il parenticidio e gli omicidi in famiglia

crimini e criminali

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giorno dopo la tragedia, che dal contodella madre erano stati prelevati 25milioni di lire con un assegno recantela sua firma contraffatta. Tutti vengono arrestati per omicidiovolontario, accusa che a chiusuradell’istruttoria diventerà dupliceomicidio volontario premeditatopluriaggravato. Le aggravanti sono infatti la crudeltà,i futili motivi e, per Pietro, anche ilvincolo di parentela. Il parenticidiotrasforma il giovanissimo Maso nelsimbolo di una generazione senzavalori: il figlio di una società che,anche in periferia, aveva perso lavoglia di “far fatica” e voleva solo isoldi, anche a costo di togliere la vita.Inoltre, ad alimentare l’indignazionepubblica vi è pure l’atteggiamentofreddo e distaccato dei tre imputatidurante il processo. Oltretutto, perdiversi mesi, Maso pretende

insistentemente la propria parte dieredità; solo il sollecito del suoavvocato difensore, al fine diaccrescere la possibilità di evitarel’ergastolo in primo grado, loconvincerà a rinunciarvi ufficialmente. Il numero dei parenticidi è aumentatoin modo allarmante negli ultimi ventianni: 1.600% in più.Una rabbiacovata dentro da tempo che nonsfocia in lite, ma in aggressività, finoad arrivare ad uccidere. Non si tratta più come in passato didelitti da ricollegare a patologiepsichiatriche dell’omicida, comeschizofrenia o stati depressivimaggiori, ma di gesti efferati,compiuti per lo più da giovani che,escludendo la mediazione dellamalattia, hanno perso il senso dellarealtà, perché a questa ne hannosostituita un’altra, falsa e senza

memoria, fatta soprattutto di violenza(Bruno F., 2001). Il parenticidio è entrato a pieno titoloa far parte di quella casistica dicrimini noti con il nome di omicidi infamiglia e costituisce da solo lacategoria più rappresentata, tra quellecensite, riguardanti tali omicidi, con il19,2%; seguono gli omicidi a sfondopassionale che, raggruppando le variefigure degli autori tra ex-partner(16,2%), mariti (15,2%), conviventi(6,1%) e rivali (6,1%), arriva al48,7% dei casi totali. Il parenticidio ha alcune specifichepeculiarità che lo caratterizzano(Lanza, 1994):a) è un delitto realizzato in nucleifamigliari di modesta composizionequantitativa, da persone in generenon pregiudicate, di bassa scolarità eche fanno uso nella circostanza diattrezzi da lavoro o strumenti di usocomune e casalingo;b) è un delitto che, nonostante la suagravità, non induce l’accusato asottrarsi, né a negare la responsabilitàmateriale nell’esecuzione del fatto;c) è un comportamento nel quale lamotivazione ad agire è spesso daattribuire a problemi di insopportabilitàrelazionale o da comportamentiingiusti e provocatori della vittima (o comunque ritenuti tali);d) è un crimine che, se realizzato daun minorenne, anche con l’aiutomateriale e/o morale di un adulto,vede il soggetto minore assumersi nelprocesso l’intera responsabilità epaternità dell’atto e delle sueconseguenze;e) è un reato per il quale il giudicedell’appello è solito infliggere oconfermare pene relativamente nonelevate, scegliendo sanzioni-baseprossime ai minimi edittali,riconoscendo quasi sempre lecircostanze attenuanti e, ove possibile,anche la prevalenza delle attenuantistesse sulle aggravanti;f) è un delitto infine che per la suarealtà, drammaticità e complessitàumana, ben si presta ad esseregiudicato da un Collegio decisionalemisto quale una Corte di Assise. Il processo, celebrato presso la Corted’Assise di Verona, si apre con la

Nelle fotosopraCarbognin,Maso e Cavazzanella gabbia del Tribunale

a sinistraancora Maso esuoi compliciaccompagnatidai Carabinieri

PoliziaPenitenziarian.204marzo2013

27crimini e criminalirichiesta di perizia psichiatrica pertutti gli imputati, da parte delPubblico Ministero. Viene nominato lo psichiatra edocente Vittorino Andreoli, il quale,dopo aver svolto un’attenta periziasui tre, dichiara la sanità mentale ditutti e tre gli imputati (Burato, nonessendo ancora diciottenne, verràgiudicato dal Tribunale dei Minori chelo condannerà a 13 anni) e quindi lapiena capacità di intendere e divolere. Nello specifico caso di Maso,leader del gruppo e soprattutto figliodelle vittime, lo psichiatra parla didisturbo narcisistico della personalità. Alla fine del processo il PubblicoMinistero chiede quindi il massimodella pena per Maso e poco meno ditrent’anni per gli altri due. La sentenza viene emessa il 29febbraio 1992, con la condanna diPietro Maso a 30 anni e 2 mesi di

reclusione; Cavazza e Carbognin sonocondannati a 26 anni ciascuno, nellemotivazioni vi è il riconoscimento diun vizio parziale di mente.In secondo grado, la Corte d’Appellodi Venezia conferma la sentenza delprimo grado, confermata poi anchedalla Corte di Cassazione. PietroMaso tornerà libero il prossimo 15aprile dopo aver scontato 22 anni dicarcere, gli sono stati sottratti 8 anni(3 per l’indulto e 1.800 giorni diliberazione anticipata), così il suoconto con la giustizia si chiuderàdefinitivamente. A Montecchia di Crosara, dove lavilletta dell’orrore è stata venduta datempo, nessuno lo aspetta. «Non èpiù nostro cittadino - dice il sindaco -il paese ha voltato pagina. In tutti isensi». Alla prossima ...H

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Ma gli eventi bellici e la necessità peril fascismo di neutralizzare glioppositori fecero ben prestoaccantonare le belle intenzioni eFossombrone ritornò al rigore diprima con l’arrivo dei detenutipolitici, tra cui Mario Vinciguerra,redattore del Resto del Carlino, notoantifascista, come testimonia ancoraoggi la lapide che campeggiaall’ingresso del portone centrale. La vita all’interno non doveva esseremolto serena, come si evince da unaricerca effettuata nel 1980 dallaDott.ssa Marina Fabbri, con la suatesi di laurea in sociologia “Il carceredi Fossombrone: storia diun’istituzione totale”.Diverbi tra i compagni, grida, scherzinon consentiti erano infrazioni punitecon la cella a pane e acqua perdiversi giorni, al pari dello scioperodella fame.La partecipazione a tumulticomportava il trasferimento nelleCase di Rigore e l’ingiuria al Direttorepoteva costare anche tre mesi di celladi punizione. Un altro luglio, quello del 1941,segnò la storia del carcere che voltòcompletamente pagina diventandocarcere femminile con 199 detenute.La loro presenza determinò anche ilcambio del personale di vigilanza,funzione assunta dalle suore (invero

le suore hanno assolto a tale ruolo intutte le carceri femminili fino agli anni’70, quando sono state affiancate epoi sostituite dalle vigilatricipenitenziarie. Il ruolo femminile dellaPolizia Penitenziaria sarà poi istituitonel 1990, con la legge di Riforma delCorpo). Contrariamente alle aspettative laconvivenza tra detenute e personaledi custodia religioso non rasserenò ilclima all’interno del carcere. Severi controlli, restrizioni, una rigidadisciplina contribuivano a crearerapporti conflittuali tra le detenute e ilpersonale. Le punizioni e il frequente ricorso allecelle di isolamento acuiva l’odio chealeggiava nell’aria creando inevitabilicontrapposizioni con le suore e lanecessità di trovare rifugio e sollievonell’amore verso una compagna, conscambi di piccoli regali, di un anellino,di un centrino o del dono del giàscarso cibo.La gamma dei reati per cui le donneerano lì detenute andavadall’omicidio alla truffa, furto,prostituzione, violenza carnale,parricidio e incesto. Di estrazione molto umile, eranoquasi tutte casalinghe, meridionali econ un’età media tra i 20 e i 30 anni.L’enciclica di Pio XI “Casti Connubi”del 1931 aveva esaltato ancor più

Aldo MaturoAvvocato

già dirigente dell’Amministrazione

penitenziaria [email protected]

PoliziaPenitenziaria

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Fossombrone, un carcere che ha segnato la storia del Paese

società e cultura

Durante la guerra è statoanche carcere femminilecon 152 donne condannatedai tribunali di guerra.

orse è il mese di luglio quelloche da sempre scandisce itrapassi storici del vecchio

“carcerone”, come lo chiamanoaffettuosamente gli abitanti diFossombrone. Quello del 1977 segnò il passaggio acarcere di massima sicurezza,destinato ad ospitare selezionatissimidetenuti a capo di organizzazionicriminali comuni o terroristiche. In quello del 1932 si passò da Casa di Segregazione Cellulare a Casa diReclusione per delinquenti abituali,professionali o per tendenza con ilfine di dare attuazione al principio, già maturato in quel periodo, di unafunzione sociale e pedagogica dellapena. L’obiettivo era che il livello di vitanelle prigioni non doveva maisuperare quello più basso soffertodalla popolazione libera.L’abolizione della segregazionecellulare consentì tra l’altro ditrascorrere parte della giornatainsieme ad altri detenuti o dipartecipare alle attività dei laboratoriinterni di calzoleria e sartoria.

F

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l’importanza del matrimonio e dellavita umana e forse anche per questonel solo carcere di Fossombrone su199 presenti ben 71 erano detenuteper procurato aborto e infanticidio (inmaggior parte del centro Italia) ealtre 9 erano indicate come“levatrici”, punite con pene moltolunghe.Gli sviluppi della guerra coinvolseroanche il carcere di Fossombrone.Secondo un memoriale conservatopresso il Muzej novejše zgodovineSlovenije (Museo nazionale di storiacontemporanea) di Lubiana, nelcarcere di Fossombrone furonodetenute - tra il 1942 e l’estate del1943 - 152 donne jugoslavecondannate (probabilmente daiTribunali di guerra) a pene moltosevere. Erano partigiane jugoslaveaccusate di attività antinazionale,propaganda sovversiva,partecipazione ad associazionesovversiva, partecipazione a bandaarmata, concorso in attentati contro leforze armate dello Stato. Particolarmente interessante, secondouna ricerca effettuata da AndreaGiuseppini nel suo sito “I campifascisti dalle guerre in Africa alla

Repubblica di Salò”, è l’episodio delloscambio di prigionieri proposto al VCorpo d’ Armata italiano dalComando Partigiano del territorioPrimorsko – Goranski. I partigiani richiesero la restituzione diDanica Loncar, contadina, importantepartigiana detenuta nel carcere diFossombrone, con soldati italianiprigionieri dei partigiani slavi. Agli atti vi è tutta la documentazioneufficiale e lo scambio di lettere tra idue Comandi. Lo scambio non fuaccettato perché la Danica era statagià condannata a 14 anni direclusione per favoreggiamento e unadirettiva di Mussolini aveva vietato loscambio di prigionieri già condannatidai Tribunali di guerra.Le detenute slave resteranno aFossombrone, a disposizione dellaPolizia Segreta Tedesca di Firenze edel Comando Militare Tedesco diLubijana, fino alla loro scarcerazionenel dicembre 1943. Nel vecchio carcere rimarrannodetenute italiane, colpevoli di avercollaborato con i tedeschi dopol’armistizio dell’8 settembre,condannate per “collaborazionismocol tedesco invasore” o “violazione di

PoliziaPenitenziarian.202gennaio2013

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proclama”. A seguito dell’amnistia dell’aprile’44, la maggioranza delle detenutelasciò il carcere lasciando il testimonea una trentina che non ne avevanobeneficiato.Vi resteranno solo pochi mesi perchéil 3 maggio del 1944 iniziarono leincursioni aeree su Fossombrone perdistruggere i due ponti sul Metauroed isolare il paese. A causa del gravissimo pericolo, ilDirettore chiese ed ottenne iltrasferimento delle detenute e dellesuore che vennero tutte spostatenella Casa di Rieducazione Minoriledi Via Raffaello ad Urbino dove viresteranno fino a febbraio del 1946,data del trasferimento al carcerefemminile di Perugia.  Si chiudevacosì definitivamente la parentesi rosanella storia del carcereforsempronese perché dopo la guerral’istituto riaprì come Casa diReclusione ordinaria maschile,avviandosi a lunghi passi a diventareun istituto protagonista nel mondopenitenziario taliano. H

società e cultura

Questo articolo è stato pubblicato suIL RESTO DEL CARLINO l’8 febbraio 2013.

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istituti realizzati in questo periodo siispirarono al modello indicato da Crispi,portando alla formazione di una nuovatipologia carceraria caratterizzata dalsistema cellulare. La riformapenitenziaria del 1889 pose per laprima volta il problema delladisponibilità delle strutture. A tal fine siprevedeva di reperire i proventinecessari per l’edilizia penitenziariadalle lavorazioni carcerarie, dallavendita di alcuni immobili e daeconomie realizzate su altri capitoli dibilancio dell’amministrazione carcerariache, all’epoca, gestiva direttamente lasua edilizia disponendo, a tal fine, di unproprio ufficio tecnico che il DirettoreGenerale Beltrani Scalia avevaorganizzato già nel 1888 redigendoneapposito ordinamento. Successivamentenel 1931 le competenze tecniche inmateria di edilizia penitenziaria venneroconcentrate nel Ministero dei LavoriPubblici, e il personale tecnico trasferitoagli uffici del Genio Civile:all’Amministrazione Penitenziariarimane un solo ingegnere.La legge del 1889 sull’ediliziapenitenziaria, unitamente al codicepenale Zanardelli, costituì ilpresupposto per l’emanazione delRegolamento Generale degliStabilimenti Carcerari e dei RiformatoriGiudiziari avvenuta con Regio Decreto1 febbraio 1891, n. 260.Venne abolita la pena di morte(sostituita con l’ergastolo) ma restaronoseverissime le pene per i reati contro laproprietà. Il nuovo regolamento,costituito da ben 891 articoli, venneadditato come un modello nel suogenere, ma il grave stato di decadenzadegli stabilimenti carcerari impedì nonsolo l’attuazione ma anche lasperimentazione del Regolamento.Presupposto essenziale perl’applicazione del Regolamento del1891 era infatti l’attuazione della leggedel 1889 sull’edilizia penitenziaria, cheprevedeva lo stanziamento iniziale di15 milioni, programmando un periodo

aggiunta l’Unità si avvertì inItalia la necessità di raccoglieree uniformare, in maniera

organica e sistematica, tutta lalegislazione vigente in ogni settore deldiritto e anche per il dirittopenitenziario fu avvertita la stessaesigenza.

Dopo l’estensione del codice penalesardo a tutte le province italiane, ilGoverno nell’arco di due anni emanòcinque nuovi regolamenti relativi allediverse tipologie di stabilimenticarcerari, così classificati:• bagni penali (Regio decreto 19settembre 1860)• carceri giudiziarie (Regio decreto 27gennaio 1861, n. 4681)• case di pena (regio decreto 13gennaio 1862, n. 413)• case di relegazione (Regio decreto 28agosto 1862, n. 813)• case di custodia (Regio decreto 27novembre 1862, n. 1018).Ogni regolamento disciplinava ilfunzionamento degli istituti e gliorganici del personale di custodia eamministrativo.Le case di pena, di relegazione, dicustodia e le carceri giudiziariedipendevano dal Ministero dell’Interno.I bagni penali, dipendenti dal Ministerodella Marina, nei quali, dal 1865, siscontavano quasi esclusivamente peneper i delitti comuni, dal 1° gennaio1867 passarono anch’essi sotto ladipendenza del Ministero dell’Interno,per effetto del regio decreto del 29

novembre 1866, n. 3411.Le carceri giudiziarie erano destinatealla custodia degli imputati, ai detenuticondannati a pene corporali durante ilgiudizio di appello e di Cassazione, aicondannati alla pena del carcere fino asei mesi, ai condannati a pene maggioridi sei mesi di carcere inabili, per motividi salute, al lavoro nelle case di pena,agli arrestati per disposizione eall’autorità di pubblica sicurezza, perdebiti, per i detenuti in transito. Le casedi pena comprendevano le case di forzadestinate ai condannati alla reclusione;i castelli per i condannati allarelegazione; le case di correzione per icondannati alla custodia e glistabilimenti penali esistenti nelleprovince toscane. Alle case di forza erano destinate ledonne condannate ai lavori forzati. La pena della relegazione era destinataai condannati per i crimini contro lasicurezza interna o esterna dello Stato;le case penali di custodia eranodestinate ai giovani.Il regolamento adottava il sistema dellaseparazione notturna e del lavoroobbligatorio in comune diurno conl’imposizione continua del silenzioassoluto. Nel 1861 con Regio decreto 9ottobre 1861, n. 255 fu istituita laDirezione Generale delle Carceridipendente dal Ministero dell’Interno, insostituzione dell’Ispettorato Generaledelle carceri, vecchia divisione delMinistero, creata nel 1849 dal Regnosardo, al cui vertice era stato posto unIspettore Generale.

Il regolamento del 1891Nel 1889 venne emanato il codicepenale Zanardelli, entrato in vigore il 1°gennaio 1890, che sostituì il Codicepenale sardo emanato nel 1859 edesteso a tutte le province italiane, adeccezione della Toscana, dopo l’Unità. Al1889 risale anche la prima leggerelativa all’edilizia penitenziaria e aglistanziamenti di bilancio per farvi fronte(legge 14 luglio 1889, n. 6165). Gli

Nella foto l’interno

di un carcere

Aldo Di GiacomoConsigliere Nazionale

del Sappe [email protected]

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Legislazione carceraria dall’Unità al primo dopoguerra

Le riforme carcerarie seguite all’Unità d’Italia

penitenziari storici

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di dodici anni per il compimento dellariforma. A causa di progressive riduzionidi spesa e poi della sospensione totaledei fondi stanziati per l’ediliziapenitenziaria, la riforma edilizia nonvenne attuata. In Italia continuavano amancare gli stabilimenti necessari perfar scontare le pene secondo lanormativa dettata dal codice penale edal regolamento carcerario.Il regolamento prevedeva unaminuziosa classificazione dei vari tipi distabilimenti carcerari che non avrànessun riscontro pratico, poichépresupponeva un piano di sviluppoedilizio rimasto praticamente inattuato.Anche il problema del sistemacarcerario (a segregazione continua ograduale) non assume particolareimportanza nel regolamento del 1891,in quanto da un lato la scelta è stataoperata precedentemente dal Codicepenale Zanardelli del 1889, dall’altro lostato di grave deficienza deglistabilimenti carcerari impedirà disperimentare i criteri dell’esecuzionedelle pene stabiliti dal Codice penale eribaditi dal Regolamento.Il Regolamento del 1891 prevedeva unsistema molto ricco e articolato dinorme sull’ordinamento del personaledirigenziale e sul Corpo degli Agenti diCustodia. In particolare le guardiecarcerarie costituivano un Corpoorganizzato militarmente soggetto agerarchia e disciplina militarerigidissime che quasi li assimilava allapopolazione detenuta.Il Regolamento conteneva disposizionivolte ad instaurare rapporti di rigidasubordinazione gerarchica tra i direttoridegli stabilimenti e la DirezioneGenerale e scoraggiare qualsiasiiniziativa autonoma eresponsabilizzazione delle autoritàlocali. Questo sistema si ripercossenegativamente sulla vita dei detenuticostretti a dipendere dalle autoritàcentrali anche per questioni di pocaimportanza e attendere per mesi unarisposta a istanze elementari.Per quanto riguarda i detenuti ilregolamento era incentrato sul sistemadelle punizioni e ricompense intorno alquale ruota la vita carceraria.Il regolamento prevedeva alcuni istitutiche avrebbero potuto introdurrequalche miglioramento nella vitacarceraria, ma non furono istituiti oebbero ridotta attività. Uno di questi è il

Consiglio delle Carceri, istituito conRegio Decreto 6 marzo 1890, n. 6829,presieduto dal Ministro dell’Interno ecomposto dal Direttore Generale delleCarceri e da altri sei membri nominatidal Ministro, che rimase inattuato finoal 1897.

Riforme e continuità delle strutturecarcerarie nell’età giolittianaNel periodo giolittiano (caratterizzatoda governi con indirizzi politici liberali),il regolamento del 1891 subì alcuneimportanti modifiche tendenti amitigare le condizioni disumane deidetenuti. Venne soppresso l’uso dellacatena al piede per i condannati ailavori forzati e furono introdottemodifiche al rigido sistema dellesanzioni disciplinari, eliminando lepunizioni della camicia di forza, dei ferrie della cella oscura. I ferri saranno difatto aboliti soltanto nel 1902, conl’articolo unico del Regio Decreto n.337 del 2 agosto. Il successivo RegioDecreto 14 novembre 1903, n. 484sancì l’abolizione della camicia di forza,dei ferri e della cella oscura, mezzi cheavevano fallito nella loro funzione dideterrente per i comportamentiindisciplinati dei detenuti.Il terzo filone su cui si indirizza l’attivitàriformatrice nei primi anni delNovecento riguarda l’impiego deicondannati in lavori di bonifica diterreni incolti o malarici regolato dallalegge 26 giugno 1904, n. 285. Rimasefermo tuttavia il quadro legislativo delperiodo crispino: Codice penale, Leggidi Pubblica Sicurezza, OrdinamentoGiudiziario non vennero toccati daGiolitti.

Gli interventi legislativi prima dellaguerra mondialeLe strutture legislative e la prassi nellagestione delle istituzioni penitenziarienon subirono sensibili mutamenti nelperiodo che intercorre tra le primeriforme giolittiane e la conclusione della 1ª Guerra Mondiale. Si susseguirono modeste innovazionilegislative, progetti di riforma nonandati a compimento, scandali eproteste per le deprecabili condizionidegli stabilimenti di pena,interrogazioni parlamentari e rispostegovernative che non produsseroimportanti cambiamenti.L’intervento di maggior rilievo fu il

PoliziaPenitenziarian.204marzo2013

31penitenziari storiciRegio Decreto 24 marzo 1907 n. 150,che approva il Nuovo Regolamento pergli Agenti di Custodia, pur non recandomodifiche sostanziali alla disciplina del1890. La nuova legge contribuì amantenere e acuire il clima di tensionee di contrasto esistente tra custodi ecustoditi. Sempre nel 1907 con RegioDecreto 14 luglio n. 606 venne attuatoun completo riordinamento deiriformatori governativi per minorenni eistituito per i minori un corpo dieducatori in luogo delle guardiecarcerarie.

1922 - 1923: Riforme alRegolamento carcerario epassaggio dell’Amministrazionecarceraria dal Ministerodell’Interno a quello della GiustiziaLe tensioni sociali del dopoguerra non investirono la popolazionecarceraria: sino al 1920 tutto procedesecondo la norma e i detenuti sono unadelle pochissime categorie rimastetranquille. Il principio che i detenutidovevano essere oggetto di cura piùche di repressione, di rieducazione piùche di punizione, trovò unaapplicazione pratica nel 1921 e 1922in una serie di circolari innovatrici chedeterminarono alcuni miglioramenti neltrattamento dei detenuti. La maggiorparte delle innovazioni introdotte daidiversi provvedimenti ministerialidiverranno parte integrante delregolamento carcerario con la riformaintrodotta dal Regio decreto 19febbraio 1922, n. 393. Le principali modifiche riguardarono: illavoro svolto in carcere dai detenuti; icolloqui; la corrispondenza; la disciplinadelle case di rigore. Con Regio Decreto 31 dicembre 1922n. 1718 la Direzione Generale delleCarceri e Riformatori venne trasferita apartire dal 15 gennaio 1923, dalMinistero dell’Interno a quello dellaGiustizia, unitamente a tutti i serviziattribuiti alla sua competenza. Con successivo Regio Decreto 28giugno 1923 n. 1890 venneroemanate le norme di esecuzione, inbase alle quali le competenze inmateria penitenziaria, prima attribuiteal Ministero dell’Interno, al Prefetto e alViceprefetto, furono rispettivamenteassegnate al Ministro della Giustizia, alProcuratore Generale presso la Corted’Appello e al Procuratore del Re. H

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Autore è persona nota per lasua sensibilità alle tematichepenitenziarie: è stato infatti

tra i fondatoridell’associazioneAntigone, della qualeè attualmentePresidente onorario eDifensore civico deidetenuti. È statoinoltre Direttoredell’Ufficio delGarante delle personeprivate della libertàdel Comune di Romae presidente dellaConferenza nazionaledel volontariato dellagiustizia nonchè Capodella Segreteriadell’alloraSottosegretario allaGiustizia LuigiManconi. Nelle oltre140 pagine di questoagile volume affrontacompiutamente i temidel carcere e dellapena parallelamenteal mutamento sociale.Non a caso, Anastasiascrive chel’accentuazione dipolitiche securitariedelle politicheneoliberiste chehanno accompagnatoil processo diglobalizzazione altronon sono che l’esito diun trasferimento dirisorse economiche esimboliche dal welfarestate a quello che èstato chiamato il

prisonfare. L’appassionante lettura,alla quale si accompagnano efficacitavole statistiche, ruotasostanzialmente su un interrogativo:

continuare a perseguire politiche disicurezza fondate sulla privazionedella libertà o invertire la rotta eriscoprire politiche di sicurezza socialecompatibili con il rispetto dei dirittifondamentali di tutti i cittadini?

uesto libro raccoglie, a curadell’Autrice, una serie diracconti scritti daergastolani e condannati

per reati legati alla criminalitàorganizzata, che hanno scelto dinon essere collaboratori digiustizia, per testimoniare la lorovita in carcere. Tolte le solite scontate banalità dei“poliziotti cattivi, magistratiingiusti, direzioni prevaricatrici,diritti negati”, in taluni racconti siriflette sul senso della pena e sullanecessità di una reale recupero pertutti i detenuti, indipendentementedalla configurazione dei reaticommessi. Ha ragione don Luigi Ciotti,ispiratore e fondatore del GruppoAbele, che nella prefazione scrive:“Impedire alla giustizia didiventare vendetta è la vera sfidaa cui siamo chiamati. Impedire chela giustizia “chiuda” chi hasbagliato nel suo errore (e glineghi le possibilità delcambiamento) è l’altra faccia dellastessa medaglia”.Senza però mai dimenticarsi levittime dei reati, aggiungo io.

uesto saggio di Gonnella,presidentedell’Associazione Antigone,propone spunti di

riflessione sullo stato della legalitàe delle garanzie nel nostro Paese.Al centro delle oltre 140 pagine latortura, reato per il quale da anniAntigone e Gonnella sonoimpegnati affinchè vengaintrodotto nel codice penaleitaliano. L’autore in questo libro nedefinisce i contorni navigando traluoghi, circostanze, situazioni,esseri umani, storie. E’ un intreccio,come scrive nella introduzione, diquestioni filosofiche, giuridiche,sociali ed etiche. Diverse sono lecose che non mi convincono: inparticolare, la ricostruzione delleragioni per le quali venne creatodall’allora Guardasigilli OlivieroDiliberto l’Ufficio per la GaranziaPenitenziaria (Ugap) e la qualitàdei servizi resi dal GruppoOperativo Mobile (Gom), i cuicomponenti sono assolutamenteconvinto agiscano (a differenza diquel che pensa Gonnella) neibinari della legalità. Ciò detto, ilsaggio si legge agevolmente e coninteresse.

nteressante questo nuovoQuaderno, il n. 10, dell’IstitutoSuperiore di Studi Penitenziari.

Si tratta diffusamente di circuitipenitenziari e consente, comescrive nella presentazione ildirettore dell’Issp Massimo dePascalis, una lettura criticadell’esecuzione penale. Punto dipartenza delle riflessioni è ilbisogno, dettato dalla realtàpenitenziaria, di intraprendere lastrada del cambiamento edell’alternativa al carcere con losguardo rivolto persino alla

a cura di Erremme

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PoliziaPenitenziaria

n.204marzo2013

32 le recensioni

Stefano Anastasia

METAMORFOSI PENITENZIARIEEDIESSE Edizionipagg. 154 - euro 12,00

Patrizio Gonnella

LA TORTURA IN ITALIAParole, luoghi e pratichedella violenza pubblicaDERIVE APPRODI Edizionipagg. 143 - euro 15,00

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GLI SPAZI DELLA PENATutela dei diritti umani ecircuiti penitenziari

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uigi Pecchi detto Gigi Sciaguraè un ottantenne stralunato chemillanta di possedere “un

grande tesoro” e predica in giro perMilano la necessità di abbattere ilDuomo, perché, dicelui, dagli occhi dellaMadonnina esce unfumo velenoso. Quandoscopre che in unquartiere vicino a viaPadova, dove vive finda bambino, ilcostruttore finanziereOttaviano Ottaviani hacominciato lacostruzione di ungrattacielo altissimo,Sciagura trae la suapersonale conclusione:stanno per avvelenareanche la periferia. Una notte, dopo averdenunciato aicarabinieri di aver vistovicino al cantiere diOttaviani il cadavere diun muratore, vieneucciso da tre proiettili.Chi l’ha ucciso? È stato il giovaneimmigrato addosso alquale hanno trovatol’arma del delitto? O gli scagnozzi diOttaviani? Oppure il nipote diSciagura interessato aereditare la casa dellozio? A tutte questedomande deve dareuna risposta SandroMicuzzi, commissariodal fiuto infallibile maparcheggiato alcommissariato CittàStudi. Sarà l’inizio di un’indagine che nondarà tregua ai suoi protagonisti, enemmeno ai suoi lettori...

mediazione penale che ha il meritodi introdurre nuove proceduresanzionatorie e riparative deldanno causato dal reato. Questonuovo percorso richiede, tuttavia eal contrario di quanto accade oggi,una conoscenza ancor piùapprofondita di tutti gli attori dellavicenda giudiziaria, comprese levittime del reato. La centralitàdella persona in questo nuovoprocesso di esecuzione penalerichiede perciò una rinnovata eforte consapevolezza delledimensioni dello spazio e deltempo che appartengono all’uomo,per definire e distinguere lo spazioe il tempo della detenzione daquelle della mediazione e dellariparazione.

li Autori raccontano in oltre750 pagine la straordinariafigura di questo poliziotto.

Basterebbe leggere la motivazionedella Medaglia d’oro al valor civileche l’allora presidente dellaRepubblica Oscar Luigi Scalfaro gliconferì, alla memoria, nel 1995per comprendere la straordinariaumanità di questo Commissario diPolizia: “Funzionario di Polizia,reggente la Questura di Fiume, siprodigava in aiuto di migliaia diebrei e di cittadini perseguitati,riuscendo ad impedirne l’arresto ela deportazione. Fedeleall’impegno assunto e purconsapevole dei gravissimi rischipersonali, continuava, malgradol’occupazione tedesca e leincalzanti incursioni dei partigianislavi, la propria opera di dirigente,di patriota e di cristiano, finoall’arresto da parte della Gestapo ealla sua deportazione in un campodi sterminio, ove sacrificava la

giovane vita” – Dachau, 10febbraio 1945.Nato a Montella, in provincia diAvellino, il 31 maggio 1909 crescein una famiglia sana e forte dellaBassa Irpinia, tra i boschiverdissimi dei Monti Picentini e leacque chiare e gli affascinanticarsismi del fiume Calore. Ha uncugino e uno zio, entrambifrancescani: soprattutto lo zio,divenuto vescovo, negli anni buidelle persecuzioni razziali sarà ilsuo grande “collaboratore”(fornendo ricovero e ospitalitànella sua diocesi, in provincia diSalerno, a centinaia di ebrei) nellaimmane opera di salvataggio ditanti sventurati, braccati dainazisti. Fortissimo si dimostra in luil’imperativo religioso e morale diessere e di porsi al servizio delprossimo: lo ha impresso,evidentemente, nel proprio Dnabiologico e culturale. Oggi laChiesa cattolica riconosce aGiovanni Palatucci il titolo di“Servo di Dio”, ma già nel 2004 siè conclusa la prima fase delprocesso di canonizzazione delmartire irpino – soppresso dainazisti “in odium fidei” – ed irelativi atti sono stati trasmessialla Congregazione Vaticana per leCause dei Santi. Per il suo eroicocomportamento, il nome diGiovanni Palatucci è, inoltre, incisonel memoriale dello Yad Vashem diGerusalemme, il Luogo pereccellenza della Memoria delpopolo ebraico. Egli è un Giustofra le Nazioni, ovvero uno dei20mila eroi (gli italiani sono circatrecento) che si sacrificarono peraiutare gli ebrei nel deliriodistruttivo della Shoah. Dunque,due grandi religioni monoteistehanno già riconosciutol’eccezionalità del pensiero edell’azione di Giovanni Palatucci. E questa bella ricerca storiografica,condotta con l’unico obiettivo difar trasparire la Verità su unafigura di elevatissimo spessoreumano ed etico, rende giustiziaalla Sua umanità ed al Suocoraggio.

PoliziaPenitenziarian.204marzo2013

33le recensioni

Michele Bianco eA. De Simone Palatucci

GIOVANNI PALATUCCIUn Giusto e un Martirecristiano

LA SCUOLA DI PITAGORA pagg. 772 - euro 37,00

L

H

G

Massimo Cassani

ZONA FRANCATEA Edizionipagg. 429 - euro 15,00

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di Mario Caputi eGiovanni Battista

de Blasis© 1992-2013

inviate le vostre lettere a [email protected]

PoliziaPenitenziaria

n.204marzo2013

34 l’ultima pagina

il mondo dell’appuntato Caputo Il provino...

Francamente, signor Caputo, non ce la vedo proprio nel ruolo di un Assistente della Polizia Penitenziaria... non c’ha le physique du role!

o potuto notare che nelgrande servizio d’ordinepubblico organizzato per il

giorno di elezione di Papa Francesco,sia in quello per l'inaugurazione delsuo pontificato, tutte le Forze diPolizia erano in campo, esclusa comesempre la Polizia Penitenziaria. Ho avuto modo di vedere dalle TV chetrasmettevano in diretta l'eventomondiale, decine e decine di Forestali,Vigili Urbani, Carabinieri, Finanzieri,Poliziotti e tantissimi volontari dellaProtezione Civile.

così prestigioso partecipare ad unevento così importante come quelloche si è svolto a Roma, forse qualcunopensa che l'immagine e il prestigio diun Corpo di Polizia si accresca ineventi meno importanti, o forse è solocolpa mia, che ho osato per un attimoguardare molto avanti, magari hoguardato in avanti e non mi sono resoconto che quello che ho visto è unfuturo prossimo, si certo questopotrebbe accadere magari fravent'anni. Scusate ma lasciatemi dire, con tuttasincerità, che è una grande delusioneintervenire per rivendicare unaimmagine e un prestigio che dovrebbeappartenerci come istituzione, questopurtroppo non riusciamo proprio afarlo emergere e la colpa non èsicuramente la nostra.

Paolo SpanoVice segretario Provinciale Sappe

Io capisco che il nostro primoproblema è la mancanza di personale,ma possibile che per un tale eventoneppure l'ombra di noi?Possibile che noi della PoliziaPenitenziaria, che abbiamo un Capodel Personale, il Pres. Riccardo TurriniVita, che è stato nominato Giudicedella Corte di Appello dello Stato delVaticano il 31 dicembre 2012, nonabbiamo avuto "l'onore" dipartecipare, anche con un esiguonumero di Agenti, al servizio d’ordinepubblico per un evento cosìimportante?Ma la cosa che ancor più mi haincuriosito, è che di questa mancanzaneppure un sindacato ha avutoqualcosa da dire, compreso il miosindacato per il quale ho l'onore discrivere e rendere pubblica questamia lettera.Io non so a questo punto cosapensare, forse per qualcuno non era

Elezione delPontefice: e la Polizia Penitenziaria?

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