ChristianBarbato - Aracne · ricercatore’, con una semplice veste grafica ma a dire poco geniale...

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Christian Barbato

Il mestiere del ricercatore

II edizione

Christian Barbato

Il mestiere del ricercatore

II edizione

Copyright © MMXIIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, /A–B Roma()

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: luglio

II edizione: giugno

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Il presente volume è stato realizzato con il contributo dei fondi di ricerca MIUR,

LEGGE 6/2000 iniziative per la diffusione della cultura scientifica.

Immagine di copertina:

Disegno di Gianfranco Marrucci

Progetto redazionale e coordinamento:

Christian Barbato e Studio 2cv-idee e paesaggi

Progetto grafico, editing:

Studio 2cv – idee e paesaggi

www.studio2cv.it

Collana di divulgazione scientifica‘100 neuroni in laboratorio’

volume I

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Nam si de nilo fierent, ex omnibus rebus

omne genus nasci posset, nil semine egeret.

Se dal nulla si compisse la creazione

da tutte le cose potrebbe nascere ogni specie,

niente avrebbe bisogno di seme.

Tito Lucrezio Caro, De Rerum natura

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Introduzione

Il mestiere del ricercatore,

ovvero la ricerca del ricercatore

1. Lavorando con le cellule,

ovvero dai batteri alle colture cellulari

passando per le piastre

Sterilizzare

Fare soluzioni

Tamponare

Autoclavare

Distillare

Lavorare sotto cappa

Preparare il terreno

Seminare

Piastrare

Incubare

Contare le colonie

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2. Lavorando con le molecole,

ovvero dal DNA al clonaggio

passando per un gel

Estrarre il DNA

Precipitare

Leggere allo spettrofotometro

Analisi dello spettro

Digerire

Bagnetto a 37°C

Shock termico

Far correre il gel

Recuperare la banda

Marcare il campione

Lavorare in camera oscura

3. Lavorando con le parole,

ovvero saper parlare e saper scrivere

Andare al seminario

Scrivere gli articoli

Postfazione

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Indice

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Introduzione

Il progetto di cui fa parte questa pubblicazione è stato chiamato 100 neuroni in laboratorio, che è il nome

della collana editoriale (per ora solo potenziale), composta idealmente da 100 contributi, brevi ma intensi,

di 100 giovani neuroscienziati impegnati attivamente nella ricerca biologica e biomedica nel nostro paese.

Fare ricerca significa molte cose, e spesso dimentichiamo che la ricerca è un lavoro, o meglio, un mestiere.

Il ricercatore è un lavoratore della conoscenza, colui il quale produce sapere, sia nelle discipline scientifiche

sia umanistiche. Il ricercatore, tuttavia, non è un tipo strano, occhialuto, con la capigliatura scomposta e i

vestiti malconci che vive chiuso in luoghi non facilmente accessibili e ogni tanto urla “eureka”!

La scelta di inaugurare il progetto con questo libro viene dall’esigenza di provare a comunicare la quotidianità

del lavoro del ricercatore in laboratorio, un laboratorio ideale e generale, di tipo bio-molecolare, diffuso nel

nostro paese sia nelle Università che negli Enti di ricerca. La collana editoriale, e questa pubblicazione nello

specifico, nasce dall’idea di portare la ricerca e i ricercatori “fuori” dai laboratori. Il volume rappresenta (si

spera), il primo di una serie di libri agili e sintetici tramite i quali diffondere la cultura del lavoro scientifico

raccontata dai giovani ricercatori (in Italia a quarant’anni si è definiti giovani ricercatori )

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Il mestiere del ricercatore,ovvero la ricerca del ricercatore in laboratorio

L’obiettivo di questo libro è di avvicinare i non addetti ai lavori al mestiere del ricercatore e di far sorridere i

ricercatori di se stessi, imparando a non prendersi troppo sul serio.

Il mestiere del ricercatore in bio-discipline si compone quotidianamente di molte ore passate al bancone, la

vera e propria seconda casa dei ricercatori. Avete un’idea di cosa sia un “bancone” di laboratorio? Se la risposta

è affermativa, siete già a buon punto, se invece non avete idea di cosa sia e cosa ci faccia tutto il giorno uno

studioso seduto sul suo sgabello forse è meglio andare avanti nella lettura e nella visione di queste immagini.

I ricercatori nella loro pratica quotidiana hanno a che fare con il mondo microscopico, come tale non visibile

a occhio nudo. Frequentemente, i ragionamenti sugli esperimenti di laboratorio si riferiscono a effetti che

generano macchie nere e colorate, la formazione di opacità su una parete di un tubo di plastica o l’emissione

di luce fluorescente. Da questa lettura indiretta dell’attività biologica in provetta i ricercatori sono in grado di

capire, o meglio presumono di capire, cosa stia avvenendo tra le loro mani, sul bancone del laboratorio.

Il linguaggio utilizzato nella pratica quotidiana è un gergo. Il vantaggio di utilizzare questo meta-linguaggio

consiste nell’essere universale e specifico allo stesso tempo. Le parole di tale gergo spesso sono derivate da

una traduzione, a volte accurata o viceversa approssimativa, dei termini anglosassoni di riferimento, altre

appartengono al linguaggio comune. Quando i ricercatori parlano con altri ricercatori, si capiscono, ma fuori

dal laboratorio tutto ciò è comprensibile? Far correre il gel, preparare il terreno, lavorare sotto cappa o in

camera oscura, fare il bagnetto a 37°C o estrarre il DNA: di che cosa si sta parlando? Questa breve pubblicazione

nasce dall’incontro fortuito fra un calendario e la passione per la divulgazione della cultura scientifica. I

ventiquattro scatti riprodotti nel libro sono il frutto dell’intuizione del fotografo Francesco Castelli, il quale

ha presentato queste immagini in due calendari, nel 2009 e nel 2010, intitolando la raccolta ‘La dura vita del

ricercatore’, con una semplice veste grafica ma a dire poco geniale nei temi. Una società attiva nel mercato dei

prodotti per la ricerca li ha distribuiti nei laboratori dell’area romana. I ricercatori ritratti, ai quali rivolgo il

mio ringraziamento, con una sostanziosa dose di autoironia, si sono prestati a trasmettere l’essenza centrale

del loro lavoro, spesso faticoso, quasi sempre precario, ma assolutamente bello.

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1. Lavorando con le cellule, ovvero dai batteri alle colture cellulari passando per le piastre

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rilizzare

Il termine sterilizzare è forse il più diffuso e utilizzato nei laboratori di biomedicina.

La sterilizzazione è alla base della possibilità di impedire le contaminazioni con altri

agenti biologici il materiale in uso nei laboratori. Ogni oggetto presente nei laboratori

è sterilizzato. Ogni pratica sperimentale prevede la possibilità di operare in ambienti

sterili. Quando non si segue la buona pratica della sterilizzazione ci si troverà ad avere

a che fare con batteri, muffe e quant’altro prolifica incessantemente. La sterilizzazione

è una delle prime cose che s’insegna a chiunque entri in un laboratorio. Questa può

avvenire utilizzando l’autoclave, uno strumento che raggiunge temperatura tali che

i microrganismi non possono sopravvivere, ma i materiali inerti non si danneggiano.

Si possono utilizzare i raggi ultravioletti (U.V.), che non servono solo per abbronzare!

Anche i raggi gamma, le microonde o altri mezzi chimici possono essere usati per

sterilizzare, in ogni caso devono eliminare ogni forma vivente! Sembra un paradosso,

ma per studiare gli organismi viventi è necessario eliminare ogni altro organismo

vivente che si aggiri nei paraggi!

Volendo utilizzare l’ironia, come del resto fa l’immagine che ritrae la pratica della

sterilizzazione, troppo spesso il mondo della ricerca è sterilizzato, e non per

decontaminarlo da elementi inquinanti, ma per inibirne la sua naturale vitalità.

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Fa

re so

luzio

ni

In ogni laboratorio che si rispetti, la prima cosa che si chiede di fare a uno studente

che vi mette piede, è quella di fare le soluzioni. Fare una soluzione indica

semplicemente la metodica attraverso la quale i più svariati reagenti chimici sono

preparati per poterli poi utilizzare negli esperimenti. Le varie sostanze, in polvere, o

già solubilizzate, sono pesate e disciolte in acqua (o altri liquidi), e/o combinate fra

loro in rapporti precisi e determinati. Le soluzioni possono essere preparate per

molarità, per rapporto percentuale in peso o volume e possono diventare facilmente

l’incubo di ogni persona che lavora in laboratorio. Finché non si è capaci di preparare

una soluzione, non si potrà fare un esperimento. Un po’ come nella foto, dove i

ricercatori si misurano con la compilazione dei cruciverba, per fare le soluzioni

esistono delle regole e delle formule precise, se qualche parola, o lettera va fuori posto,

sia la soluzione finale che il cruciverba non potranno essere completati con successo.

I bravi ricercatori oltre a fare soluzioni danno anche soluzioni, ai problemi che la

biologia ci pone tramite la prassi sperimentale.

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Tam

po

na

re

E’ un termine tecnico che indica la capacità, utilizzando una soluzione tampone, di

opporsi alle variazioni del pH aggiungendo piccole quantità di molecole acide o

basiche. Tutte le soluzioni che si usano in laboratorio devono possedere un pH

specifico, e questo si ottiene tamponando la soluzione. Con l’ausilio di uno strumento

che misura il pH (phmetro), tramite un elettrodo che è immerso nella soluzione da

preparare, in tempo reale si legge il grado di pH. Aggiungendo acidi o basi si

stabilizzerà al pH desiderato la soluzione che ci interessa. Sbagliare il pH di una

soluzione è condannare al fallimento l’esperimento che si vorrà eseguire. Il tampone

potrà anche essere utilizzato per bloccare il sanguinamento delle ferite provocate dal

capo laboratorio sulla testa del malcapitato studente che ha sbagliato il pH di una

soluzione!

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