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SEZIONE DERMATOLOGIA Chirurgia dermatologica Il dott. Alfredo Giordano vanta una notevole esperienza nell’ambito del trattamento chirurgico delle lesioni cutanee, esperienza maturata grazie al lavoro svolto nell'ambito della Divisione di Chirurgia B dell’Istituto dei Tumori “Pascale” di Napoli ( Direttore dott. N. Mozzillo) ed all’attività di consulenza svolta per la Cattedra di Dermatologia della Seconda Università di Napoli (Direttore Prof. A. Rossi). Di seguito trovate un piccola trattazione dell’argomento stilata dal dott. Giordano e corredata, alla fine, di figure e foto operatorie ( tratta da un testo di Terapia dermatologica edito dal Prof. Rossi nell'anno 2001).  INDICE  - Introduzione - Attrezzatura e materiali dell’ambulatorio dermochirurgico - Note di tecnica chirurgica ( con foto intra-operatorie ) 1 / 18

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SEZIONE DERMATOLOGIA

Chirurgia dermatologica

Il dott. Alfredo Giordano vanta una notevole esperienza nell’ambito del trattamento chirurgicodelle lesioni cutanee, esperienza maturata grazie al lavoro svolto nell'ambito della Divisione diChirurgia B dell’Istituto dei Tumori “Pascale” di Napoli ( Direttore dott. N. Mozzillo) ed all’attivitàdi consulenza svolta per la Cattedra di Dermatologia della Seconda Università di Napoli(Direttore Prof. A. Rossi).

Di seguito trovate un piccola trattazione dell’argomento stilata dal dott. Giordano e corredata,alla fine, di figure e foto operatorie ( tratta da un testo di Terapia dermatologica edito dal Prof.Rossi nell'anno 2001).

 

INDICE

 

- Introduzione

- Attrezzatura e materiali dell’ambulatorio dermochirurgico

- Note di tecnica chirurgica ( con foto intra-operatorie )

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INTRODUZIONE

La chirurgia dermatologica è una chirurgia di superficie, limitata all’asportazione dineoformazioni della cute e delle parti molli, non per questo però meno nobile; negli ultimi tempi,infatti, con l’affinarsi delle tecniche diagnostiche dermatologiche da un lato, riguardo a lesioniprecancerose e melanomatose e, con la sempre crescente richiesta di risultati esteticamentevalidi dall’altra, la dermochirurgia si è ritagliata una nicchia  tra la chirurgia generale , lachirurgia plastica e la chirurgia estetica.

 

ATTREZZATURA E MATERIALI DELL’AMBULATORIO DERMOCHIRURGICO

Un ambulatorio dove svolgere con successo e sicurezza la propria attività chirurgica devepossedere la seguente dotazione minima di attrezzature, strumenti e materiali cheesamineremo analiticamente:

- Letto operatorio - Fonte di illuminazione - Carrello servitore - Elettrocoagulatore - Sterilizzatore - Strumentario chirurgico - Materiali di sutura - Farmaci anestetici - Altro

 

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Sotto la voce “altro” raggruppiamo: apparecchiatura fotografica, per l’acquisizione delladocumentazione pre, intra e post-operatoria ai fini di database e medico-legali, tutti i materiali diuso e consumo quali guanti sterili, set di teli sterili monouso, confezioni di compresse di garzasterile, soluzioni disinfettanti per la cute, cerotto anallergico, medicazioni pronto uso, contenitoriper pezzi anatomici e relativo liquido fissatore, farmaci per le emergenze tra cui cortisonico,adrenalina ed atropina, ecc…Infine ricordiamo la necessità della presenza di contenitori perrifiuti speciali.

 

Letto operatorio

La chirurgia dermatologica ambulatoriale è caratterizzata dalla relativa breve durata dellamaggior parte degli interventi, inoltre l’ esposizione della quasi totalità delle lesioni risultaagevole; di conseguenza, se si vuole contenere il budget destinato all’allestimento è possibileavvalersi di un semplice lettino da visita con schienale reclinabile-regolabile, caratterizzato peròda sostegni ben imbottiti tali da non mettere a dura prova il gradimento del paziente. In tal modosi può ovviare al ben più costoso tavolo operatorio in senso stretto. Altro requisito fondamentaleè la larghezza della superficie di appoggio che non deve essere eccessiva in modo dapermettere sia all’operatore quanto all’assistente (sito di fronte) di rimanere comodamente vicinial paziente senza procurarsi noiose lombalgie, soprattutto in caso di sedute operatorie lunghe. Ilpaziente va fatto accomodare in posizione naturale compatibilmente con una buonaesposizione della sede della neoformazione. A tal fine può essere utile avere a disposizionealcuni cuscini da posizionare secondo necessità. L’operatore, se lo ritiene opportuno, puòadoperare uno sgabello a seduta alta.

 

Fonte di illuminazione

Una buona illuminazione del campo operatorio è essenziale per la buona riuscita dell’attochirurgico. La lampada operatoria per eccellenza , la costosa “scialitica”, è costituita da unsupporto discoidale al quale è applicata una lampada centrale circondata da una serie diulteriori lampade orientabili manualmente (messa a fuoco) al fine di eliminare le ombre che la

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testa e le mani del chirurgo e dell’assistente proiettano sul campo operatorio. In  alternativa, ilgiusto compromesso può forse essere costituito dal posizionamento di due  lampade alogenecon rivestimento termoriduttivo che, se ben contrapposte ed orientate, ovviano parimenti allapresenza delle ombre a fronte di una spesa sicuramente minore.

 

Tavolino-Carrello servitore

Consiste in un tavolino ad altezza regolabile, munito di piede di sostegno singolo, eccentrico edotato di ruote; può essere facilmente sistemato nella posizione più comoda per il chirurgo,solitamente alla sua destra. Inoltre la posizione eccentrica del piede di sostegno ne consente ilposizionamento al di sopra del corpo del paziente. Il carrello va allestito con la strumentazioneed i materiali sufficienti all’intervento programmato previa copertura con ampio telo sterilemonouso.

 

Elettrocoagulatore

A tal riguardo il mercato offre una vasta gamma di modelli, con varie caratteristiche  e potenza.Le esigenze della chirurgia dermatologica orientano però all’acquisto di un apparecchio cheracchiuda le seguenti opzioni:

- swich taglio-coagulo-misto - swich monopolare-bipolare - temporizzatore

L’elettrocoagulazione monopolare si avvale di un’unità base, di un elettrodo attivo comandato apedale o da un pulsante ubicato sul manipolo ed in un elettrodo di massa da posizionare acontatto della cute dell’operando in sede lontana dal  campo operatorio. Va ricordato a tal

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proposito che il paziente va liberato da eventuali oggetti metallici e indumenti sintetici per ilrischio di ustioni o fiammate. Per il medesimo motivo non vanno adoperati prodotto alcoolici perla detersione preoperatoria della cute. L’emostasi può essere effettuata in maniera diretta,toccando la fonte del sanguinamento con la punta dell’elettrodo attivo o meglio indirettamente,toccando con quest’ultimo una pinza da presa che clampi la fonteemorragica.L’elettrocoagulazione bipolare si avvale invece di una pinza speciale conimpugnatura schermata, raccordata all’unità base mediante un cavo elettrico comandato apedale; la corrente  passa da una punta all’altra della pinza, agendo così esclusivamente sultessuto compreso tra le due punte, con il vantaggio di utilizzare bassa potenza grazie allaassenza di trasmissione e dispersione di corrente ai tessuti circostanti . Quindi, al contrariodella coagulazione monopolare, non abbisogna del posizionamento della  piastra di massa enon richiede che l’assistente tocchi con l’elettrodo attivo la pinza del chirurgo rendendoquest’ultimo maggiormente autonomo nel calibrare la durata dell’applicazione. Come è ovvio ,per entrambe le modalità la regolazione delle funzioni di modalità e potenza sono frutto dipreferenza  e di esperienza.

 

Sterilizzatore

Gli strumenti chirurgici vanno sterilizzati dopo essere stati accuratamente lavati e spazzolati inacqua  con detergenti dedicati, al fine di rimuovere eventuali residui tissutali ed ematici. Losterilizzatore più economico è rappresentato dalla stufa a calore secco ma, oltre ai tempi diesercizio lunghi, il prezzo da pagare è il progressivo deterioramento degli strumenti esoprattutto delle parti taglienti, causato dai picchi di calore propri della apparecchiatura.

Il metodo  più utilizzato e, tutto sommato alla  lunga il più economico, è invece l’usodell’autoclave a vapore che, sebbene più  onerosa nella spesa iniziale, garantisce lunga vitaagli strumenti chirurgici oltre che la riduzione dei tempi di funzionamento. Essa consente inoltrela sterilizzazione di strumenti imbustati in speciali involucri, permettendoci di avere sempre adisposizione lo strumentario chirurgico sterile.

 

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Strumentario chirurgico

- Lame.

Premesso che la scelta della lama va fatta in relazione alle caratteristiche ed alle dimensionidell’incisione da eseguire, per i nostri scopi è sufficiente disporre di lame n° 15, 15c e 11.Meglio  sarebbe utilizzare bisturi disposable ( monouso ) con coprilama richiudibili, facilmentereperibili in commercio, che oltre a mettere al riparo da ferite accidentali alle dita nella fase dimontaggio-smontaggio della lama dal portalama, consentono uno smaltimento sicuro (rifiutispeciali). Nei casi in cui si richieda l’escissione di più elementi del medesimo paziente nellastessa seduta può essere necessario non esitare a sostituire la lama che perde abbastanzarapidamente il potere di taglio a scapito della qualità dei lembi cutanei che andremo a suturaree quindi del risultato estetico.

- Forbici .

Ne esiste una ampia gamma di tipi e dimensioni ma questo è forse lo strumento menoimportante per il dermochirurgo che le adopererà quasi esclusivamente per tagliare i fili disutura. Ciononostante è bene disporre di un paio di forbici rette, ottime per rifilare i margini diincisione se occorresse, di un paio di piccole dimensioni a punta smussa, meglio se curve, utiliper effettuare lo scollamento dei lembi in una plastica per scorrimento ; queste forbici nonandranno giammai adoperate per tagliare i fili di sutura pena il rapido deterioramento del filodelle lame e la perdita del potere di taglio. Di una certa utilità sono le forbici di Shortbent e diSpencer che possiedono un uncino su una delle due lame per agevolare la rimozione dei puntidi sutura salvaguardando la cute circostante.

- Pinze.

Esse vanno ulteriormente suddivise in due gruppi: pinze da presa e pinze da emostasi.

La pinze da presa maggiormente utilizzate per interventi delicati sono le p.di Adson, anatomichee chirurgiche. Solitamente si preferisce adoperare le chirurgiche (dentate) per trazionare  ilpezzo da asportare e le anatomiche (zigrinate) per trattare i margini di sutura ma a volte è verol’esatto contrario perché in taluni casi le anatomiche richiedono un serraggio maggiore al finedella presa  con conseguenziale trauma da schiacciamento dei tessuti. A nostro avviso

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bisognerebbe disporre di almeno due pinze Mosquito curve: una anatomica ed una chirurgica.Possono essere utilizzate per ottenere un punto di trazione fisso e comodo sul pezzo chirurgiconelle asportazioni più lunghe ed in alcuni casi di lesione di piccoli vasi ne consentono il rapidoclampaggio differendo l’emostasi definitiva a fine asportazione, lavorando così in un campoesangue.

- Divaricatori.

Ce ne sono di varie forme e dimensioni ma lo strumento ideale per i nostri scopi è l’uncino diKilner che risulta essere scarsamente o affatto traumatico sui lembi cutanei quando, peresempio, essi vanno trazionati e sollevati per effettuare uno scollamento. In loro assenzaabbiamo utilizzato con successo un volgare ago di siringa avendo cura di ripiegarne l’estremitàad uncino e, per migliorarne la maneggevolezza, mordendo il cono di plastica con una pinza diKlemmer retta.

- Porta-aghi.

Anche in questo caso ci troviamo davanti ad una grande varietà di modelli e può risultaredifficile orientarsi essendo questo uno strumento da scegliere in modo oculato. Il parametro datenere in considerazione per i nostri scopi è essenzialmente la dimensione. Un porta-aghi dipiccole dimensioni, adatto all’uso di suture 3-0, 4-0 e 5-0, ci consente sicuramente una grandeprecisione e maneggevolezza che gli anglosassoni rendono bene con il termine handling. Ilgiusto compromesso può essere la scelta di un porta-aghi di Webster, di Mayo o di Kleinert, conanelli obliqui, delle dimensioni di 12-15cm. Ricordiamo il porta-aghi di Gillies, munito di forbicima senza chiusura a scatto, ed il porta-aghi di Metzenbaum, senza anelli, con il manico adoppia ansa. Per suturare strutture delicate quali le palpebre, che richiedono suture 5-0 e 6-0,l’optimum è il porta-aghi di Castroviejo.

 

- Materiali di sutura.

Diventati già da tempo obsoleti gli aghi con cruna sui quali montare il filo prescelto, attualmenteil binomio ago-filo va considerato un tutt’uno, trovandosi in commercio le associazioni di ago efilo già confezionate nelle varie combinazioni possibili di foggia, materiale e calibro. In grandi

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linee, gli aghi utili in dermochirurgia sono essenzialmente caratterizzati dalla sezione triangolare(da cute) o conica, la cui curvatura sia 3/8 o ½ cerchio. In chirurgia dermatologica come ago dacute può essere adoperato parimenti quello conico che, pur perdendo presto potere penetrantecon i successivi passaggi, è meno traumatico di quello triangolare. I materiali dei fili di suturapossono essere di origine naturale come la seta  o sintetici come le resine ed i polimeri; tuttavia,ciò che più interessa è la classificazione in base alla quale i fili vengono suddivisi in assorbibili,non assorbibili ed ancora in plurifilamenti (intrecciati) e monofilamenti. Crediamo che la tabellaseguente possa essere utile nell’orientare la scelta:

 

 

ASSORBIBILE NON ASSORBIBILE

PLURIFILAMENTO

Ac.poliglicolico

(Dexonâ)

Seta

Poliestere

(Dacronâ)

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Ac. glicolico e lattico

(Vicrylâ)

(Vicryl rapidâ)

Poliammide siliconato

(Surgilonâ)

MONOFILAMENTO

Poliglecaprone

(Monocrylâ)

Polipropilene

(Proleneâ)

 

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Poligliconato

(Maxonâ)

Poliammide

(Ethilonâ)

 

Polideossanone

(PDSâ)

Nylon

(Dermalonâ)

 

Ultimo parametro ma non meno importante da tenere presente per scegliere una sutura è ilcalibro del filo. Le scale in uso attualmente sono due: la E.P. (farmacopea europea) e la U.S.P.(farmacopea americana). Le equivalenze per i calibri che ci interessano sono di seguitoriportate:

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U.S.P.

E.P.

0-0

4

2-0

3

3-0

2

4-0

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La tendenza è quella di utilizzare i monofilamenti non assorbibili per le suture cutanee e quelliriassorbibili per il derma-sottocute, dove vanno però utilizzati indifferentemente anche gliintrecciati, secondo preferenza. E’ intuitivo che il monofilamento scivoli nei tessuti più facilmentedel filo intrecciato, inoltre non si imbibisce, non trattiene detriti e impurità ma per contro richiedequalche nodo in più per una tenuta ottimale e soprattutto obbliga ad una maggiore attenzionetra il primo e secondo nodo dato che, a causa della memoria del materiale, il primo nodo tendead allentarsi; si può allora ricorrere all’esecuzione del primo nodo  doppio-piano.

I materiali assorbibili scompaiono dai tessuti per idrolisi in tempi più o meno lunghi a secondadella composizione, mai comunque prima di 4 settimane. Noi preferiamo adoperare Monocryl oVicryl rapid (vedi tabella) per il derma-sottocute, materiali ad assorbimento relativamente veloceed adatto ad una chirurgia di superficie e Prolene o Ethilon, indifferentemente, per il pianocutaneo. Un cenno a parte va fatto a riguardo delle cosiddette suture non suture. Ci riferiamoalla cerottazione con Steri-stripâ ed alle colle o adesivi per cute (Dermabondâ, 2 octilcianoacrilato)  che consentono ottimi risultati a patto di aver ridotto a valori minimi la tensione alivello della linea di sutura con un buon piano di punti dermici. Riteniamo tali metodiche il goalnelle sintesi cutanee di ferite da taglio senza perdita di sostanza e nelle piccole asportazioni conscarsa tensione.

 

- Farmaci anestetici.

In chirurgia dermatologica si sfruttano i principi dell’anestesia locale per infiltrazione. A tal finebisogna disporre di:

-siringa da 2.5-5 cc

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-ago da insulina

-anestetico locale:     -lidocaina 2%

-bupivacaina 0.25-0.50%

-mepivacaina 1-2 %

-ropivacaina 7.5-10 mg/ml

 

Previo consenso informato sottoscritto dal pz si assicura un accesso venoso perifericomantenuto pervio con soluzione fisiologica a goccia lenta, tale da permettere l’eventuale rapidasomministrazione di cortisonici piuttosto che di adrenalina o atropina; tali farmaci nondovrebbero mai mancare tenendo ben presente che si tratta pur sempre di un interventochirurgico benché superficiale, con tutti i rischi e le complicanze ad esso correlate, anche dalpunto di vista medico-legale. Detto ciò, noi adoperiamo preferibilmente la bupivacaina(Marcaina) e la mepivacaina (Carbocaina) facilmente reperibili in commercio anche in comodesiringhe da 10 ml pronte all’uso alle quali sostituiamo l’ago in dotazione con un Microlance 3â(27G x19 mm), anche se spesso è giocoforza sprecare una quota parte del farmaco. Nonutilizziamo la ropivacaina (Naropina),ultima nata, solo perché ha un gap di velocità di azione nelraggiungimento dell’effetto anestetico ottimale. Un cenno a parte va fatto riguardo agli anesteticimiscelati con adrenalina; di scuola non li utilizziamo perché provocando il vasospasmo,meccanismo che consente al farmaco di rimanere più a lungo nella sede di infiltrazione, riduceparimenti il sanguinamento intraoperatorio e ci costringe ad un’emostasi meno accurata chepuò risultare insufficiente nell’immediato post-operatorio, procurandoci qualche grattacapo chepreferiamo evitare ( il soggetto giunto a casa, sanguina dal sito operato).

Sul piano tecnico l’anestesia locale per infiltrazione è una metodica semplice; tenuto conto delle

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dimensioni della neoformazione ci si mantiene leggermente all’esterno dell’asola immaginaria ditessuto da asportare che in verità sarebbe buona regola aver preventivamente tracciato conpenna dermica secondo le linee di Langer (fig.1).

Solitamente, per i piccoli elementi, è possibile praticare un’infiltrazione completa con una-duepunture.  Si  ricorda che le linee di Langer, non facilmente riconoscibili sul volto di un pazientegiovane, possono essere individuate invitando il soggetto a sorridere o a corrugare la fronte,contraendo così i muscoli mimici (fig.2) ;

in alcune circostanze, però, le dimensioni e l’orientamento di neoformazioni di formaasimmetrica o  ellissoidale possono obbligare ad incisioni fuori da tale regola.

 

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NOTE DI TECNICA CHIRURGICA

Preparato il campo operatorio e praticata l’anestesia locale per  infiltrazione è il momento diincidere la cute, meglio seguendo un disegno ad asola preventivamente tracciato in tessuto“sano”. Si ricorda che al fine di una sutura esteticamente valida e priva di imperfezioni quali lecosiddette “orecchie di cane” la proporzione tra lunghezza e larghezza dell’incisione deverisultare = oppure >3:1. Il bisturi va impugnato come una penna e durante l’incisione lapressione va mantenuta costante facendo particolare attenzione a mantenere la lamaperpendicolare al piano cutaneo; inoltre va sottolineato che la parte tagliente è la  convessità opancia della lama e non la punta. Una volta praticata la completa incisione del derma eperfezionati i due angoli dell’asola si traziona il pezzo operatorio con una pinza di Adsonchirurgica o, secondo abitudine, con una comoda Mosquito dentata. L’asportazione vacompletata mantenendosi in un piano di clivaggio uniformemente profondo, accorgimentopropedeutico ad un buon accostamento dei lembi cutanei privo di avvallamenti. Si pratica quindiun’emostasi accurata preferibilmente con pinza bipolare per le motivazioni precedentementeaccennate, non disdegnando la compressione manuale onde evitare, ad esempio, di maltrattareun lembo cutaneo nel maldestro tentativo di fermare un sanguinamento dermico. A tal punto vafatta la scelta del tipo di sintesi cutanea da effettuare, individuando materiale, calibro e agoadatti al caso. Qui, come è ovvio, molto dipende dall’esperienza e dall’abitudine del singolooperatore. Se i margini risultano molto distanti, come capita in caso di lesioni grandi e/oasimmetriche, al fine di una buona sintesi cutanea si può procedere all’allestimento di uno odue lembi per scollamento e scorrimento, preparati con l’ausilio degli uncini e delle forbici curvesmusse o, in loro assenza, della lama da bisturi, con la quale risulta però molto meno agevolema altrettanto efficace in mani esperte (fig. 3).

Una volta approntati i lembi preferiamo effettuare una sutura a punti staccati, comprendente lostrato derma-sottocute, con Monocryl del calibro adatto allo spessore del derma ed allatensione residua sulla linea di sutura, lasciando in superficie una piccola porzione di dermasufficiente ad ospitare una sutura intradermica continua a passo largo in Prolene su ago 3/8 a

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sezione triangolare . (caso 1)

In caso di lembi “morbidi” tralasciamo la continua, sgrassiamo accuratamente la cute con etereo tintura di benzoino e apponiamo alcuni Steri-srip confezionando così una sutura non sutura.In alcune sedi delicate ove lo strato dermico risulti poco spesso, effettuiamo una sintesi cutaneacon una intradermica continua a passo molto stretto, utilizzando materiale assorbibile(Monocryl) al fine di evitare la rimozione della sutura che potrebbe risultare difficoltosa oltre chemal tollerata dal paziente (foto caso  2, 3, 4 e 5).

 

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  Anche in tali casi posizioniamo alcuni steri-strip. Riteniamo le ultime due metodiche il goldstandard e le giudichiamo efficaci al pari dell’utilizzo delle colle da cute di ultima generazioneche parimenti necessitano di un buon piano di accostamento dermico  ma risultanosvantaggiose dal punto di vista economico. In altri casi, al contrario, laddove la tensione siaparticolarmente alta o in sedi anatomiche nascoste, poco o nulla rilevanti dal punto di vistaestetico (ad es. cuoio capelluto) e maggiormente in pazienti anziani, preferiamo affidarci ad unasutura cutanea a punti staccati con monofilamento non assorbibile. In casi selezionatiapponiamo punti staccati semplici con la precauzione di far cadere il primo nodo, piano,lateralmente alla linea di sutura, all’emergenza del filo dalla cute (fig 4);

viceversa, pratichiamo dei punti staccati secondo Donati che hanno un margine di sicurezza piùelevato circa la tenuta e l'emostasi (fig. 5).

Si ricorda che il nodo va serrato con la sensibilità data dall’esperienza; un nodo lento nongiustappone i margini in maniera ottimale, un nodo eccessivamente serrato tende adischemizzare i tessuti fino a provocare la deiscenza della ferita o nella migliore delle ipotesiesita in antiestetiche cicatrici da decubito trasversali all’asse della linea di sutura stessa. Alavoro ultimato pratichiamo abitualmente una ulteriore emostasi per compressione di due minuticirca e copriamo con una medicazione p.u. non occlusiva. Il pezzo operatorio va inviato alpatologo al quale, oltre alla diagnosi definitiva, chiederemo se i margini di sezione sono indennida malattia, soprattutto per quelle lesioni sfumate o con aree border-line. Avviandoci a concludere ci preme ricordare che , purtroppo, nonostante gli sforzi tesi alraggiungimento di un risultato estetico almeno soddisfacente, esiste una variabile indipendentesulla quale abbiamo scarsa influenza: essa è rappresentata dalla reazione geneticamentedeterminata della cute del nostro paziente. A chi non è capitato di imbattersi in un cheloide o inuna cicatrice ipertrofica o atrofica ? Comunque, variabile indipendente a parte, ci sono tantimodi di rimuovere correttamente una neoformazione cutanea e di effettuare una sintesi  chenon esiti in deiscenza. Il risultato estetico, però, è ciò che fa la differenza, da cui il noto adagiosecondo il quale gli strumenti chirurgici migliori non si possono acquistare: sono la mente e lemani del chirurgo!   APPENDICE 1: LEMBI ED INNESTI In alcuni casi la lesione cutanea da asportare è di così ampie dimensioni che la perdita disostanza non consente la sutura diretta dei margini ed anche una plastica per scollamento edavanzamento viene giudicata insufficiente; in tali casi ci si avvale di lembi cutanei peduncolati odi innesti autologhi. In questa sede ci limitiamo ad alcuni cenni sui lembi cutanei di più semplice esecuzione ediamo qualche indicazione sugli innesti autologhi per i quali rimandiamo a testi specifici.   Lembi cutanei peduncolati Definizione: area cutanea che viene trasferita con vascolarizzazione autonoma (peduncolovascolare) ad un’ area vicina, sede della  perdita di sostanza (lembo cutaneo di vicinanza). I punti cardine nell’allestimento di un lembo sono essenzialmente due: -         presenza di un peduncolo vascolare che garantisca un’ irrorazione ottimale ed unsufficiente drenaggio venoso del lembo stesso -         lembo di dimensione proporzionata al peduncolo oltre che sufficiente a ricoprire la perditadi sostanza. Il lembo va scolpito e preparato  per via smussa conservando il tessuto sottocutaneo, previoattento studio  dell’area donatrice e delle dimensioni dell’ area ricevente; le rotazioni e glieventuali stiramenti a cui il peduncolo sarà sottoposto vanno valutate preoperatoriamente penal’ischemia del lembo. Avendo  già preso in considerazione il lembo per scollamento edavanzamento semplice, la fig.6 mostra lo schema di un lembo per perdite di sostanzatriangolari, caratterizzato da un’ incisione che prolunga uno dei tre lati, mentre la fig. 7 mostraun lembo di avanzamento con triangoli di compensazione secondo Burow.

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Interessante per i nostri scopi ci sembra il lembo peduncolato per rotazione  e trasposizionesecondo Limberg, che ha la caratteristica di lasciare un’area cutanea a separare la zonadonatrice da quella ricevente  così da ricoprire più agevolmente l’area donatrice (fig. 8-9, caso6-7). Presupposto essenziale è di trovarsi in presenza di tessuti poco tesi ed elastici.

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Notare la presenza di una lieve cicatrice a forma di Z, indice del lembo. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------  

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Caso 7: lembo naso-genieno con esito dopo 1 mese   Innesti. Ricorriamo all’innesto cutaneo autologo allorquando l’escissione chirurgica provochi una perditadi sostanza tale da non poter essere riparata mediante un lembo, bensì con il trasferimento ditessuto da un’area donatrice lontana. In questa trattazione tralasciamo gli innesti sottili, conprelievo fino al derma papillare, e gli innesti di medio spessore, fino al derma reticolare, per iquali occorre familiarità con l’uso del dermotomo, rimandando a testi specifici. Prendiamo invece brevemente in considerazione gli innesti di cute in toto, fino all’ipoderma, diesecuzione “meno indaginosa”. Il tessuto va prelevato in anestesia locale, di forma e dimensioni adatte a quelle dell’arearicevente; lo strato adiposo in eccesso sottostante al derma va cautamente eliminato al fine difavorire la rivascolarizzazione e l’attecchimento. Le aree donatrici sono sovente individuate nelle regioni retroauricolare, sopraclaverare,addominale e nelle pieghe flessorie degli arti. L’area donatrice viene suturata con scorrimentodei margini. La cute, così  allestita, va semplicemente adagiata sull’area ricevente edelicatamente suturata ai margini. Può essere conveniente praticare alcune incisioni a tuttospessore nell’innesto al fine di favorire il drenaggio di eventuali piccole secrezioni e raccoltesiero-ematiche che verrano adsorbite dalla garza con la quale l’area va coperta. Un bendaggiomoderatamente compressivo andrebbe sempre effettuato. L’attecchimento dell’innesto è completo in VII-VIII giornata attraverso le fasi di imbibizioneplasmatica ,  rivascolarizzazione e  organizzazione; con il tempo la cute innestata tende ad uncolorito simile alla cute circostante.   APPENDICE 2: IL CHELOIDE Si definisce cheloide  la crescita esuberante di tessuto fibroso (cicatrice) che non tende aregredire con il tempo. L’istaurarsi di una cicatrice cheloidea è più frequente in soggetti giovanisenza predominanza di sesso e sono stati evidenziati pattern di trasmissione genetica, alcontrario è indipendente dal tipo di sutura chirurgica. La  lesione può essere dolente eipersensibile e può provocare prurito. L’esame obiettivo evidenzia una cicatrice morbida,rilevata, con bordi demarcati, che possono estendersi oltre la ferita originaria; inizialmente puòapparire pallida e/o edematosa mentre le lesioni di vecchia data possono risultare ipo oiperpigmentate. Istopatologicamente la lesione è composta da fasci di fibre collagene orientati aspirale con assottigliamento del derma papillare e scarso tessuto elastico. Le zone corporee maggiormente colpite sono  la   regione deltoidea, la toracica ed i lobi delleorecchie laddove il cheloide puo sviluppare voluminose estroflessioni come abbiamo potutoconstatare dopo interventi di otoplastica per orecchie ad ansa o prominenti. La diagnosi differenziale va posta con la cicatrice ipertrofica la quale di solito regrediscespontaneamente e non oltrepassa la cicatrice originaria.  Il trattamento può essere farmacologico o chirurgico-farmacologico, con un alto tasso direcidive; radiazioni, bendaggio e trattamento laser non sembrano ottenere risultati degni di nota. Il trattamento farmacologico, indicato per lesioni recenti, consiste nella iniezione intralesionaledi corticosteroidi ogni 4 settimane fino ad ottenere la retrazione del cheloide . La terapiachirurgica consiste nell’asportazione della lesione previa infiltrazione di anestetico locale diluitocon cortisonico seguita dall’infiltrazione del  cortisonico stesso a 2-4 settimane e poi ogni meseper 6 mesi. Gli effetti collaterali locali sono l’atrofia cutanea, l’ulcerazione , la depigmentazione e leteleangectasie.       Bibliografia   1. Paletto A.E.: Chirurgia plastica in Trattato di tecnica chirurgica vol.IX, ed. UTET, 1986 2. Peacock E.E. jr: Major ambulatory surgery in plastic surgery, surg.Clin.North Am., 67,865-79, 1987. 3. Scud eri N.: Chirurgia plastica, ed. Piccin, 1985 4. Tobia L.A.: Dermatologia chirurgica e correttiva, ed. Minerva medica, 1978 5. Zannini G.: Chirurgia generale, ed . UTET, 1995 6. Coleman W.P., Hanke C.W., Alt T.H., Asken S.: Cosmetic surgery of the skin. Ed.Mosby-year book, 1997 7. Sodera V.K.: Tecnica chirurgica ambulatoriale. Ed. UTET, 1997. 8. Caianelli T., Riannetti A., Rebora A.: Manuale di dermatologia medica e chirurgica. Ed.Mc Graw-Hill, 2000.    

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