CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY -...

50
30 Conservatorio “Casella” L’Aquila Bimestrale, anno VII nov. - dic. 2012 Poste Italiane spa sped. abb. post. 70% L’Aquila aut. n. C/AQ/42/2012 Musica e Fede secondo Ratzinger e Küng Istantanee dall’Aquila di Giorgio Barberio Corsetti Sergiu Celibidache l’inattuale Carmelo Bene e la musica CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY SCOPERTA LA SCENEGGIATURA

Transcript of CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY -...

Page 1: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

30Con

serv

ator

io “Ca

sella

” L’Aqu

ila

Bim

estr

ale,

ann

o VII n

ov. -

dic

. 20

12

Pos

te It

alia

ne spa

spe

d. a

bb. p

ost. 7

0% L’A

quila

aut

. n. C

/AQ

/42/

2012

Musica e Fedesecondo Ratzinger e Küng

Istantanee dall’Aquiladi Giorgio Barberio Corsetti

Sergiu Celibidache l’inattuale

Carmelo Bene e la musica

CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKYSCOPERTA LA SCENEGGIATURA

?

cover novembre_Layout 1 03/10/12 14:31 Pagina 1

Page 2: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

EDITORIALE

Accardo è uomo d’onore. Ha detto, in una recente intervista al mensile ‘Class’, che i giovani violinististranieri di oggi ,”non hanno nulla che i nostri violinisti non abbiano; anzi direi che i nostri giovani musici-sti hanno più cultura musicale di quelli stranieri, una bella pratica di musica da camera e sono più musici-sti”; lui che ha visto passare nella sua aula dell’Accademia ‘Stauffer’ di Cremona e nei corsi che tiene intutto il mondo, generazioni di violinisti di tutte le nazionalità, e che, dunque, sa quel che dice.Ma allora perché, i nostri non sfondano, e quelli stranieri sono presenti in maggioranza nelle stagioni delnostro paese? Anche per questa domanda Accardo ha una risposta chiara: ”E’ un vecchio vizio tutto ita-liano, siamo malati di esterofilia: uno sconosciuto Romanovski viene sempre preferito ad un altrettantosconosciuto Rossi”; e, poi, rincarando la dose: “Questo vizio dipende dalla incompetenza di chi ha la re-sponsabilità della programmazione musicale, perché spesso ha avuto quell’incarico per meriti politici”. Ci sarà anche qualche altra ragione? “Sì, se si esaminano alcune carriere internazionali si ha l’impressioneche gli interessati non facciano carriere ‘musicali’. Tutt’altro”. Insomma, è sconsolante dover prendere attoche anche i nostri più bravi violinisti (il discorso si può estendere ai musicisti in genere) non riescano asfondare in Italia, come nel caso di tre bravissime violiniste italiane. Che sono, oltre tutto giovani e belle,come la gran parte delle giovani musiciste in circolazione. “Non sfondano perché fanno le musiciste e vogliono continuare a farlo. Gli agenti molte volte bruciano igiovani, tanto agli agenti del futuro dei giovani importa poco, troveranno sempre un altro talento dasfruttare; mentre una carriera si costruisce a piccoli passi, se non la si vuole terminare troppo presto”. Allora, c’entrano anche gli agenti. “Per la carriera di un musicista entra in gioco anche l’agente o l’impre-sario. In Italia non ci sono agenti in grado di aiutare i musicisti a fare la carriera che si meritano. Mentre inEuropa ci sono una decina di agenti che fanno il bello e cattivo tempo nella musica. Si ha l’impressioneche suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella carriera”.Due dati, a conferma di quello che dice Accardo. Prendiamo un paio di stagioni italiane del nord ( Ferrarae Reggio Emilia, tanto per fare un esempio): nell’una e nell’altra non c’è ombra di musicisti italiani (si trattadi due stagioni fra le più titolate); prendiamone una anche al Sud, quella del teatro Bellini di Catania, dovenella passata stagione , per i concerti sinfonici non c’era un solo direttore italiano; e, infine, prendiamoanche una stagione straniera, lontana da noi, quella dell’Orchestra Sinfonica Nazionale Irlandese. Tutti imusicisti ospiti sono irlandesi o anglosassoni, due sole le eccezioni nell’intera stagione: Chailly, in tournéecon la sua orchestra di Lipsia ed un pianista francese. Basta. Molti programmi di nostre stagioni musicali sembrano quelle di istituzioni straniere, mentre non accademai il contrario e cioè che nei programmi di istituzioni straniere siano presenti, né in egual misura e nep-pure sporadicamente, musicisti italiani. E’ troppo pretendere che qualcosa di simile accada anche sotto icieli azzurri d’Italia?@

E

L’ha detto accardo

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 1

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 3: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

ANTEPRIME

egli ultimi anni il Dipartimento di Musica Antica del Conservatorio Casella si è ulteriormente ampliato e arric-chito; attualmente, può contare su un corpo insegnante di primissimo livello: Furio Zanasi (Canto rinascimentale ebarocco), Olivia Centurioni (violino barocco), Monica Pustilnik (Liuto), Sandro Rancitelli (Basso continuo e coordina-zione del Dipartimento), Andrea Coen (Clavicembalo), Luigi Tufano (Traversiere), Giorgio Matteoli (Flauto dolce evioloncello barocco), Andrea De Carlo (viola da gamba). Da subito si è manifestata la volontà di organizzare regolar-mente produzioni nelle quali coinvolgere allievi interni del Conservatorio ed allievi provenienti da altri Diparti-menti di Musica Antica, per favorire la collaborazione tra le diverse nuove realtà formative sul territorio nazionale, e,secondo necessità, anche musicisti esterni. La Serenata di Alessandro Stradella ‘La Forza delle Stelle’ è il primo pro-getto realizzato in questa direzione. Un’opera inedita, disponibile grazie alla generosità della prof. Carolyn Gianturco,massima esperta mondiale di Alessandro Stradella (1639-1682), che apparirà, nel 2013, nell’edizione integrale da leicurata delle opere di questo autore. Scritta su espressa richiesta della regina Cristina di Svezia, arrivata a Roma nel1655 dopo essersi convertita al cattolicesimo e da subito punto di riferimento della vita culturale romana: la reginaamava circondarsi di artisti e partecipare attivamente alla creazione delle opere. La ‘Forza delle Stelle’ nasce da unasua idea, in diverse lettere si conservano i bozzetti delle scene da lei disegnati e le indicazioni, con precise richieste,che Cristina fa a Stradella e al poeta Sebastiano Baldini, autore del libretto.La Serenata , sebbene una ‘piccola’ opera, contiene in sé tutta la grandezza e la genialità del musicista di Nepi. Lasapiente creazione di molteplici piani sonori dona vivacità e complessità ad una trama apparentemente semplice, el'originale utilizzo dell'ensemble strumentale rende queste pagine assolutamente uniche nel loro genere. I due per-sonaggi principali (2 soprani) instaurano tra loro e con i cinque passanti (2 soprani, contralto, tenore e basso) undialogo sottile ed articolato, ricco di contrasti e sfumature. E gli strumenti, divisi in concerto ‘piccolo’ ( concertino) econcerto grosso, interagiscono fra loro e con i cantanti in molte diverse combinazioni, generando ricchezza di co-lori e sonorità assolutamente sorprendenti. Il progetto, avviato a gennaio, ha avuto una prima rappresentazione agiugno nell’Aula Magna del Conservatorio. Successivamente, la volontà del Dipartimento di allargare la collabora-zione ad altre simili istituzioni europee si è concretizzata nella collaborazione con il prestigioso Centre de MusiqueBaroque de versailles (CMBv), che ospiterà la produzione nella Chapelle Royale del Palazzo Reale di versailles il 29novembre prossimo, nell’ambito della stagione musicale ‘Les Pages et les Chantres’. In quell’occasione verrà eseguitoanche un oratorio di Henry Du Mont, ‘Dialogus de anima’, in un’edizione del CMBv. Il 27 novembre, alla viglia dellapartenza per la Francia, anteprima a L’Aquiula, nel nuovo Auditorium del Conservatorio costruito dal celebre archi-tetto giapponese Shigeru Ban. @

N

Prodotto dal Dipartimento di Musica antica del Conservatorio aquilano , la rara serenata di Alessandro Stradella, ‘Laforza delle stelle’, partecipa al grande progetto di esportazione della musica italiana in Francia.

Per ‘Suona Italiano’ in Francia il conservatorio casella

Le ForZa deLLe SteLLe Fa voLare L’aquILa a verSaILLeSdi andrea de carlo

La ForZa deLLe SteLLe - LocaNdINa

INTERPRETI vOCALI

Claudia Di Carlo (Damone), Maria Laura Martorana (Clori), Rita Alloggia (sopr.), Giulia valentini (sopr.), Daniela Nineva (contr.), Stefano Guadagnini (ten.) Furio Zanasi (bar.), valentino Mazzuca (bas.)

ORCHESTRA

Mauro Lopes , Gabriele Politi, Paolo Perrone, Laura Corolla (vl), Ottavia Rausa (vla),Giorgio Matteoli (vlc), Anna Maria Gentile, Mauro Carpiceci (vla da gamba), Carlo Pelliccione (contr), Luca Di Berardino (arciliuto), Lucia di Nicola (clav), Sandro Rancitelli (org), Andrea De Carlo, direttore

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 2

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 4: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

SoMMarIoNovembre-dicembre2012

Edizioni delConservatorio "Alfredo Casella"Direttore: Bruno Cariotivia Francesco Savini 67100 L'Aquilatel. 0862 22122

Bimestrale di musicaAnno vII N.30 Nov. - Dic. 2012Direttore Responsabile: Pietro acquafreddaReg. Trib. dell’Aquila in corsoProgetto graficocurato dagli studenti del corso di Grafica dell'Accademia di Belle Arti dell'Aquilacopertina: Marta Fornari, Alberto MassettiInterno: Caterina SebastianiIllustrazioni: Eleonora Regi, Barbara Santarelli, Alberto Massetti

Impaginazione: Barbara Pre

Consultabile sul sito: www.consaq.it

versione online: Alessio Gabriele

hanno collaborato a questo numero:Giorgio Barberio Corsetti, Luigina Battisti, Re-nato Calabretto, Andrea De Carlo, SalvatoreDell’Atti, Elisabetta Guarnieri, Hans Kung, Um-berto Padroni, Carlo Pedini, Claudio Strinati,Marco veneziani

è una produzione del Laboratorio teorico-pra-tico di "Tecniche della Comunicazione" delConservatorio "Alfredo Casella"

Lettere al direttore. Indirizzare a: [email protected]

Stampa: Fabiani StampatoriZona ind.le Loc. San Lorenzo67020 Fossa (AQ)tel. 0862 755005 / 755096 - fax 0862 755214E-mail: [email protected]

EDITORIALE ____________________________3L’ha detto accardo

ANTEPRIME ____________________________4La forza delle stelle fa volare l’aquila aversaillesdi Andrea De Carlo

INCONTRI_____________________ _________6Istantanee dall’aquiladi Giogio Barberio Corsetti

MUSICA E FEDE. I_______________________11Il Papa alla Scaladiscorso di Benedetto XVI

FOGLI D’ALBUM ________________________13In rai finalmente si cambia. Forse

COPERTINA___________________________ 14chaplin ritrovato. Sceneggiatura del film su Nijinsky di Elisabetta GuarnieriNaginskydi Charlie Chaplin

FABBRINI RACCONTA. III _________________17arturo Benedetti Michelangeli a cura della redazione

FOGLI D’ALBUM _______________________19questione di stile

CARMELO BENE. I_______________________20La musica per filmdi Roberto Calabretto

CARMELO BENE . II _____________________ 23dopo le parole, la musicaIntervista di Pietro Acquafredda

MUSICA E FEDE .II______________________ 25I compositori e la loro fededi Hans Küng

NEUROSCIENZE_________________________30Il cervello e la mente nell’interpretazione del Bellodi Claudio Strinati

FOGLI D’ALBUM_________________________33I Giambroni

SCHUMANN IN DISCO __________________34Il concerto dei concertidi Marco Veneziani

SAGGI______________________________38celibidache, modernità di un inattualedi Umberto Padroni

STORIA & STORIE ______________________42carolina uccelli. un‘amica di rossinidi Salvatore Dell’Atti

ESORDI LETTERARI _ ___________________44La sesta stagione. romanzodi Carlo Pedini

LETTERE______________________________46L’orchestra Georges Mélièsdi Luigina Battisti

OMNIBUS_____________________________47dischi, Libri, concorsia cura della redazione

INCHIESTA ____________________________48di soldi e relative anomalie della musica in Italiaa cura della redazione

ARIA DEL CATALOGO ___________________50I festival Bellinidi Leporello

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 3

Page 5: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

6

INCONTRI

L’aquilaArrivato all’Aquila poco prima dello spettacolo, sonoandato in una piazza ( Piazza della Repubblica) edho incontrato il musicista ( pianista Stefano Trava-glini), mio partner. Ero preoccupato al pensiero didover fare questa lettura senza tutto il contorno chesolitamente uso in uno spettacolo simile. Io lavorocon il video, vengo ripreso da una telecamera sopraun fondo blu, e poi la mia immagine viene proiettatasu un grande schermo, dentro altre immagini, prece-dentemente create, in cui vi sono innumerevoli altrime stessi, con cui interagisco, anche se non sono ac-canto a me. Si tratta di un lavoro abbastanza com-plesso anche visivamente. L’idea perciò di farlosenza tutti gli ammennicoli tecnologici mi spaven-

tava un po’. Poi, arrivando in piazza, ho visto che nonc’erano sedie, e mi son detto: ahi! Sarà dura per ilpubblico...Mi ha colpito il silenzio che c’era in quei luoghi, so-prattutto quando poi è arrivato l’imbrunire… quellepersone tornavano nella piazza per la prima voltadopo il terremoto … immagino che in quel bic-chiere che stavano bevendo ci fosse anche altro cheil vino per loro.... allontanandomi dal palco, sono en-trato nella zona di silenzio, di buio, dove chiara era lapercezione di questo vuoto, di quest’assenza; nonun posto abbandonato, ma lasciato a forza, nelquale non si può tornare; il vuoto era pesante e mifaceva pensare ad immagini di appartamenti abban-donati, dove sono ancora visibili oggetti ed altro,

Invitato a L’Aquila, per uno spettacolo in piazza, Giorgio Barberio Corsetti, accompa-gnato da un pianista, ha letto i testi della sua ‘Commedia’. L’indomani, nella sede delConservatorio, ha avuto un incontro con gli aquilani, dal quale abbiamo tratto questepoche, dense riflessioni.

Per il festival ‘I cantieri dell’immaginario’

IStaNtaNee daLL’aquILadi Giorgio Barberio corsetti

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 4

Page 6: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

INCONTRI

7

come se dovessero tutti tornare da un momentoall’altro, ma quel momento non verrà per nessuno.Mentre recitavo i miei testi, tutti abbastanza malin-conici - con una componente di ironia molto forte,ed anche di voglia di non rassegnarsi, la visione delmondo è quella che è, perciò c’è poco da stare alle-gri!, nessuna rassegnazione, ma con un dolore difondo, una ferita - mi sembrava di essere dentro unaferita fatta al territorio, alla città, alle persone, ancoravisibile anche se c’è stato un po’ di maquillage. Mi èsuccessa una cosa singolare, nelle scorse settimane.Ero a Parigi, per uno spettacolo allo Chatelet ( ‘L’inco-ronazione di Poppea’ di Monteverdi in versione rockopera), e mi hanno proposto di fare un’altra operal’anno prossimo, un’ opera di John Adams, il cuilungo titolo inglese, tradotto in italiano, suona pres-soché ‘ Stavo guardando il soffitto, improvvisamenteho visto il cielo’, un’opera scritta per il terremoto diLos Angeles, con pochi personaggi ma situazionimolto teatrali…. Quando mi hanno fatto questa pro-posta, ho detto: in Italia c’è un luogo terremotato,che è L’Aquila appunto - il terremoto in Emilia nonera ancora venuto - al che mi hanno subito chiesto:ma non hai delle foto? sono andato su internet, neho prese alcune e gliele ho mandate, e loro nel pro-gramma, per presentare tale progetto, hanno messola foto della Prefettura appunto. Perciò quando misono trovato lì, davanti a quel palazzo distrutto, hoavuto una strana sensazione, nonostante quella fotofosse a tutti nota, per aver fatto il giro del mondo. Lamia messinscena avrà a che fare oltre che con que-sta foto, con tutta L’Aquila. Io il terremoto l’ho sentito, a Roma, a casa. Ho sen-tito la porta di casa muoversi ed ho pensato: chi stabussando a quest’ora? Mi sono alzato , sono andatoall’ingresso, ho guadato dallo spioncino, non c’eranessuno; ho sentito tremarmi le gambe, mi sonomesso sotto un’architrave; da un giro di telefonatenotturne ho ricavato gli elementi della gravità deldisastro. Con tutto ciò che è successo dopo..

tempo e teatroAll’inizio ero spaventato, ma quando arriva il mo-mento in cui sei là, sul palcoscenico davanti al pub-blico, prendi e vai. In certo modo non ero solo,perché avevo al mio fianco qualcuno, Stefano Trava-glini, il pianista appunto; ci siamo capiti al volo, dun-que avevo un appoggio. Ho subito avuto lasensazione che il pubblico fosse attento, molto at-tento; nessun cenno di cedimento, salvo qualcunoche, lateralmente - l’ho visto con la coda dell’occhio -si è dileguato prima della fine; comunque tutta laparte centrale del pubblico è stata fino alla fine, hopercepito che c’era ascolto.. Si dice in questi casi: misono divertito, in effetti è una speciale presenza cheuno ha, si crea un tempo ‘presente’, che non vienepercepito nella durata, bensì nel presente; un ‘accen-

tuazione del presente, un presente vissuto intensa-mente; l’azione ero io stesso che leggevo miei testi;si vive intensamente, non ci si riesce sempre con ilteatro, e quando non ci si riesce, si sta lì ad inseguireil tempo, restando sempre un passo indietro. Il pub-blico che avevo davanti, credo, non ha avuto diffi-coltà alcuna ad accettare quello che stavo dicendo efacendo.

teatro e’ collettivitàQuel che può scaturire da uno spettacolo come ilmio, o di altri, dipende dalle persone. Credo che ilteatro sia una di quelle forme d’arte in cui c’è ancoraun sentimento di collettività; la collettività di coloroche decidono di andarci e di restarvi, per parteciparedella poesia. Parliamo di qualcosa che cerca e vuoleessere ‘poesia’ e che a volte ci riesce anche, maquando non ci riesce diventa mortale.. Il pubblicoquesta differenza la capisce, senza bisogno chequalcuno glielo spieghi. Quando un attore recitacosì, si entra in quello che chiamavo prima ‘tempopresente’. Si capisce che l’attore sta vivendo unaesperienza che è l’esperienza dell’azione, dell’emo-zione, del rapporto con il pubblico, oltre che natural-mente con un testo e, spesso, anche con altri attori.Esperienza di qualcosa che ‘corre’, che non è soltantociò che si vede o si dice; è molto di più : quello chenon si vede e non si dice. Quando c’è questo spes-sore, il pubblico lo percepisce e comprende che siparla di ‘altro’.In quei momenti c’è una collettività che vive il fattodi essere tale, perché il teatro mette in questione leragioni profonde del vivere insieme, dell’essere congli altri, dell’essere nel mondo. Non è giusto dire aglispettatori: questo è un mondo… c’è la quarta pa-rete… no, non è un mondo; è il palcoscenico, dovesuccedono cose che possono diventare una finestrasul mondo.

teatro e ParoleLe parole hanno un’origine molto diversa da quellache fa supporre l’uso che se ne fa correntemente:siamo sommersi da una marea di parole, affogati daparole usate in maniera triviale, in una utilizzazionepuramente funzionale, mentre le parole hanno ra-dici profonde che così si perdono, dimenticando chela radice delle parole è la radice di noi stessi, dei sim-boli con cui abbiamo a che fare. Le parole hannouna profondità, una densità, una risonanza infinita. Enoi queste parole le usiamo e sono le stesse paroleche usiamo per rapportarci con gli altri. Non solo.Alle parole si accompagnano anche gesti: la vio-lenza, la tenerezza, che rivelano tutta la gammadelle espressioni possibili. Questo nel teatro assumeun altro valore, un’altra forma. Si parla non come sifa nella vita quotidiana. Certo Shakespeare quandoparlava con le puttane londinesi o i suoi amanti non

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 5

Page 7: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

8

INCONTRI

cultura…preferisco leggere gli gnostici o gli scrittoripaleocristiani o i veda, piuttosto che altro. I miei in-teressi vanno dove mi portano, senza nessuna pre-tesa di sapere tutto; voglio sapere solo ciò che miinteressa e che poi ritorna in ciò che scrivo o chemetto in scena. E’ questa la differenza con il profes-sore universitario che studia e si specializza in uncampo. Io non ho campi, lui è colto, io sono altro, ciònon toglie che tutte queste visioni degli artisti pos-sano entrare in un gioco di vasi comunicanti conquello che fa chi crea cultura.

Nuovi auditorii a L’aquilaMi chiedete dei nuovi auditorii aquilani ( costruiti daRenzo Piano e Shigeru Ban); sono convinto che ilteatro e la musica debbano avere dei luoghi, abitativentiquattrore al giorno, con biblioteche, dischi,video; dove sia possibile ascoltare e vedere spetta-coli dal vivo, ma anche trattenersi a bere e parlare,senza essere cacciati via dalle maschere che hannofinito il loro turno; questi luoghi devono esserci, edessere dei luoghi abitati, come succede in tutta Eu-ropa; la gente ha diritto ad avere questi luoghi, per iquali solo una parte piccolissima del denaro pub-blico viene impiegato. Che poi si possano fare spet-tacoli anche in altri luoghi va bene, specie quando èuna necessità, come nel caso dell’Aquila, che, in ag-giunta, ha permesso alla gente di tornare in luoghinei quali da più di tre anni non era tornata, e di tor-narci in una bella modalità, almeno nelle intenzioni:con il teatro; andando ad ascoltare qualcuno chevuole condividere con loro una parte delle sua arte.Ma i luoghi propri ci vogliono, devono far parte,come in passato, del tessuto urbano. Nell’Edipo aColono, quando Edipo muore - e Edipo ha fatto ciòche di più terribile si può fare: ha ucciso suo padre ,è diventato l’amante di sua madre e con lei ha fattofigli dei quali è contemporaneamente padre e fra-tello, infrangendo regole e tabù - quando muore, ilsuo corpo resta comunque ‘sacro’ e deve essere se-polto in un luogo ‘protetto’. Il teatro è come il corpodi Edipo; il teatro è ciò che determina una città, illuogo in cui tutto ciò che non può esser detto al-trove lì può esser detto; tutto ciò che non potrebbeaccadere altrove, lì può; il luogo in cui può apparireanche ciò che non si vede; il teatro è un luogo indi-spensabile per una parte di noi, come la chiesa lo èper il culto, e si rivolge ad un’altra parte di noi; il tea-tro ha a che fare con gli enigmi, con tutto ciò chenon si vede e non si conosce. Riflettiamo. Noi pas-siamo buona parte della nostra vita in questa di-mensione. Quando la sera ci mettiamo a letto, comincia per noiuna nuova avventura, una nuova vicenda che nonha nulla a che fare con la veglia; trovare, perciò, unluogo, un momento in cui ci si ritrova con quellaparte di noi che ha a che fare con il sogno, diventa

si esprimeva come nei ‘Sonetti’. Quando scriveva iSonetti oppure il ‘Sogno di una notte di mezzaestate’- una presa in giro del matrimonio, nono-stante l’abbia scritta per un matrimonio - si espri-meva in una maniera che non era più quellanaturale, comune, quotidiana; improvvisamente di-ventava poesia, e improvvisamente, così facendo,apriva orizzonti di comprensione anche sulle stesseparole, sul linguaggio; così nell’insieme uno spetta-colo è un enigma: uno spettacolo non è la soluzionedi qualcosa. Mai in teatro A è uguale ad A, come suc-cede quando si vedono quelle cavolate di storielletelevisive, dove tutto è spiattellato. In realtà quandosi racconta una storia non si racconta tutto dei varipersonaggi. Parlano, ma non dicono quello che pen-sano, tanto per fare un esempio. L’attore quando re-cita sicuramente deve vivere qualcosa che nonesprime; se esprimesse tutto quello che sta vivendosarebbe grottesco; e gli spettatori che vivono tuttala loro vita con le cose belle e brutte, con sentimentiprofondi, capiscono, se succede sul palco qualcosadi vero, tutti capiscono e capiscono anche quandouna cosa è falsa e stupida. A volte poi si lasciano infi-nocchiare, ma questa è un’altra storia.

L’etica del teatroIn teatro c’è un grado più alto dell’essere, della vita,del sentire… di questo si tratta ed è ciò che noi tuttivogliamo, il teatro ha a che fare con il desiderio,l’aspirazione alla parte più densa dell’uomo, non ne-cessariamente con la parte più alta, quale che sial’argomento; a teatro non esiste la morale, ma il tea-tro ha un’etica: l’orizzonte del teatro è etico, perché èla città degli uomini, il ‘luogo’ del teatro è la città,anche se si sta fuori, è un punto di passaggio fra illuogo del lavoro e la casa; la città dovrebbe an-ch’essa avere una tensione etica come l’ha il teatro.Iniziative come questa aquilana, offrono delle possi-bilità, delle potenzialità costituite dagli artisti mede-simi, esseri umani che hanno scelto di trattare conquesta materia, con il linguaggio molto particolareed enigmatico che è l’arte. L’artista è il seminatore, ildistributore, crea dei cortocircuiti, suscita ‘cultura’ -che vuol dire far crescere, coltivare qualcosa - unecosistema culturale, che in Italia non c’è mai stato,capace di proteggere quello che già c’è, ma ancheciò che non c’è ancora ma potrebbe esserci, intendoil lavoro dei giovani artisti.

arte e culturaArte e cultura sono compiti molto diversi. Chi fa cul-tura non necessariamente fa arte, e chi fa arte faarte; io non mi occupo della cultura quando faccio ilmio lavoro di artista, me ne occupo quando faccio ildirettore artistico di qualche festival o rassegna; ioamo ‘coltivarmi’, ma seguendo cammini talmenteastrusi che non hanno nulla a che veder con l’idea di

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 6

Page 8: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

9

indispensabile. I teatri non sono un lusso. Non cono-sco le storie particolari degli auditorii’di Renzo Pianoe di Shigeru Ban; rispondo, comunque, che sonocontento che li abbiano fatti. Unico problema peraltri luoghi destinati non alla musica ma al teatro:molto spesso i teatri costruiti o restaurati da archi-tetti senza la consulenza di gente di teatro, tecnici eartisti ( e serve quella di tutte e due le categorie),hanno enormi problemi, che poi condizionano lavita del teatro e di quelli che ci devono lavorare pertutti gli anni a venire... a volte si scordano la gratic-cia, cancellando li cielo, non creano porte abba-stanza grandi per le scenografie, mettono cemento

dappertutto e rendendoli così sordi, ecc..Il teatro poi è un luogo simbolico per eccellenza,sotto c’è la terra, sopra il cielo, a destra e sinistra lacorte e il giardino: il teatro trasforma radicalmente illuogo. Nell’Amleto, il fantasma del padre parla adAmleto dal sottopalco (aldilà, oltretomba); e quandogli angeli scendono dal soffitto tu non hai dubbi, gliangeli scendono dal cielo in teatro, non dal soffitto.Amo tiri, funi, cose meccaniche; e in Italia, siamo fra ipochi paesi europei dove si usano ancora il martelloed i chiodi che a me piacciono moltissimo: un mac-chinista italiano con quattro cantinelle riesce a farecose straordinarie; c’è una gloriosa tradizione dimacchinisti in Italia. L’opposizione fra architetti eteatranti resta. Comunque più auditorium e teatri sicostruiscono e meglio è; teatri e sale se non si riem-piono è semplicemente perché non ci sono, e quelliche ci sono, sono spesso gestiti male; sono spessoinfluenzati dalla politica, per cui molte scelte fattenon sono mai puramente scelte artistiche, ma dibassa politica, di bassa cucina.

testo e PersonaggioQuando un attore recita fa il personaggio, non recitail testo, si equivoca pensando che gli attori stanno inpalcoscenico a recitare un testo, forzando, tirandosila faccia. Nella vita quando uno racconta di una di-sgrazia che gli è successa non necessariamente, rac-contandola, si strappa le vesti, fa smorfie o urla.Anche se deve raccontare che gli è morta una per-sona cara può farlo e lo fa in maniera semplice, per-chè il rapporto che noi abbiamo con ciò che ciaccade, passa dentro di noi, e non è necessarioesprimere tutto quello che abbiamo dentro: è unaregola basilare.

Tutti noi abbiamo davanti agli occhi una ricca seriedi caratteri, fra le nostre conoscenze, che si esprimein maniera differente. In teatro, ogni attore, cerca,trova, o inventa questa strana cosa che è un perso-naggio; ma non deve necessariamente dire tutto ,anzi più mantiene un segreto, conserva una reti-cenza e più il pubblico ha spazio per sentire, per en-trarci… Ecco perché quando un attore recita untesto con la voce impostata e facendo le smorfie dirito, ecco che dopo due minuti ti annoi… e vuoi an-dare a casa…. non è solo un problema di volume divoce, uno può anche sparare la voce ma nello stessotempo trattenere tutto il resto; si tratta di gusto, disobrietà. Per la stessa ragione penso che non c’è bi-sogno di costruire in molti spettacoli, il salottino, lacameretta; chiunque può immaginare questi luoghidella realtà. Quando inventi una scenografia, lo faiperché attraverso di essa racconti qualcos’altro; di-venta una parola poetica, nessuna sottolineatura:per questo abbiamo i telefilm, sono sufficienti lesoap opera.

INCONTRI

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 7

Page 9: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

10

E’ un malinteso che deriva dal teatro borghese dovetutto doveva essere plausibile; con la televisione siha un tale bombardamento di cose plausibili che al-trove possiamo farne a meno. Perciò torniamo dinuovo all’idea della poesia. La poesia cos’è? E’quando accosti degli elementi che, improvvisa-mente, dentro di te, diventano altro, elementi ma-gari di uso comune, che accostati in un certo modo,fanno suonare qualcosa dentro. La calligrafia, inGiappone, è una cosa molto complessa, da unaparte un ideogramma diventa una poesia, dall’altra ,essendo fatta di segni, pittorici, è anche una pittura,una cosa bella da vedere. Quei segni, che hannoanche valore pittorico, devono essere eseguiti in unistante, non sono elaborati. I calligrafi giapponesi ecinesi si esercitano in questa loro arte, non dipin-gono per delle ore; ma una volta acquisito il gesto,in un attimo lo fanno e quello è. Il teatro è questo:un gesto fatto nel presente che nello stesso tempo èsenso, immagine, poesia, tutto insieme. Conta, natu-ralmente, anche l’immagine ma non perché rappre-senti delle cose, piuttosto perchè nel teatroquell’immagine racconta altro. In teatro, ancora unavolta, si ha a che fare con il ‘simbolico’. E i simbolisono dei punti di incontro fra ciò che si vede e l’invi-sibile, il mondo dei sogni o l’aldilà; non vanno spie-gati, non hanno a che fare con il significato. Accadeanche nel mondo dei sogni che uno ha il corpo di unaltro; ed anche in teatro accade qualcosa di simile: leparole portano altrove, e il pubblico in teatro perce-pisce tanti altri sistemi di comunicazione oltre quellostrettamente visivo e vocale.

Impegno e poesiaLa poesia viaggia per suo conto, ma può anche in-

trecciarsi con l’impegno. Penso a Pasolini, ad esem-pio. Molte sue opere sono di poesia civile, scaturi-vano cioè dal suo impegno, ma se lui non fosse statoun poeta quel suo impegno civile non sarebbe dive-nuto poesia. L’impegno civile scaturisce dalla neces-sità del nostro vivere. L’ultimo pezzo che ho scrittoriguarda la mia generazione: parlo di droga e di im-pegno politico. Fra i miei coetanei di droga sono morti in tanti edaltri si sono fatti sparare, volendo fare cose estreme,per la grande illusione degli anni Settanta, quando sipensava davvero che questa società potesse esserecambiata. E da qui partono molte considerazioni, sul cinismo,l'adattamento, il compromesso, a cui ognuno di noiè costretto per sopravvivere, sulla società dello spet-tacolo, sullo scandalo del consumo e della fame... Mipiace moltissimo Majakovskij, e sappiamo tutti chefine ha fatto; ma lui, prima di tutto era un poeta,anche quando scriveva una poesia su Lenin. L’impegno perciò fa parte della vita, e poi si traduce,talvolta, anche in un gesto poetico. Per quel che miriguarda io, in questo momento della mia vita, faticoad identificarmi con qualcosa di diverso da me; equesto non è bello, spesso mi domando se questonon dipenda dal fatto che sono invecchiato. Con glianni forse insieme all'ingenuità si perde un po’ di ge-nerosità; trovo entusiasmo solo nel mio lavoro di ar-tigiano, nel buio di un teatro, faccio fatica adentusiasmarmi per altro, mi sentirei un po’ cretino adentusiasmarmi per forza.Ma la capacità di giudizio rimane , sempre vigile, do-lorosa, ad indicarmi le bestialità, le violenze, i so-prusi, e il declino di una civiltà..@

INCONTRI

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 8

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 10: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

MUSICA E FEDE

Papa Benedetto XvI alla ScalaIn visita pastorale a Milano, il Pontefice ha assistito, nel Teatro alla Scala, al concertodiretto da Daniel Barenboim. In programma la Sinfonia n.9 di Beethoven. Al termine,

salutati i musicisti, è salito in palcoscenico ed ha pronunciato il seguente discorso.

n questo luogo storico vorrei innanzitutto ricordareun evento: era l’11 maggio del 1946 e Arturo Tosca-nini alzò la bacchetta per dirigere un concerto me-morabile nella Scala ricostruita dopo gli orrori dellaguerra. Narrano che il grande Maestro appenagiunto qui a Milano si recò subito in questo Teatro eal centro della sala cominciò a battere le mani perprovare se era stata mantenuta intatta la proverbialeacustica e sentendo che era perfetta esclamò: «E’ laScala, è sempre la mia Scala!». In queste parole, «E’ laScala!», è racchiuso il senso di questo luogo, tempiodell’Opera, punto di riferimento musicale e culturalenon solo per Milano e per l’Italia, ma per tutto ilmondo. E la Scala è legata a Milano in modo pro-fondo, è una delle sue glorie più grandi e ho volutoricordare quel maggio del 1946 perché la ricostru-

zione della Scala fu un segno di speranza per la ri-presa della vita dell’intera Città dopo le distruzionidella Guerra. Per me, allora, è un onore essere quicon tutti voi e avere vissuto, con questo splendidoconcerto, un momento di elevazione dell’animo.Ringrazio il Sindaco, avv. Giuliano Pisapia, il Sovrin-tendente, dott. Stéphane Lissner, anche per aver in-trodotto questa serata, ma soprattutto l’Orchestra eil Coro del Teatro alla Scala, i quattro Solisti e il mae-stro Daniel Barenboim per l’intensa e coinvolgenteinterpretazione di uno dei capolavori assoluti dellastoria della musica. La gestazione della ‘Nona Sinfo-nia’ di Ludwig van Beethoven fu lunga e complessa,ma fin dalle celebri prime sedici battute del primomovimento, si crea un clima di attesa di qualcosa digrandioso e l’attesa non è delusa.Beethoven pur seguendo sostanzialmente le forme

I

11

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 9

Page 11: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

e il linguaggio tradizionale della sinfonia classica, fapercepire qualcosa di nuovo già dall’ampiezza senzaprecedenti di tutti i movimenti dell’opera, che siconferma con la parte finale introdotta da una terri-bile dissonanza, dalla quale si stacca il recitativo conle famose parole ‘O amici, non questi toni, intonia-mone altri di più attraenti e gioiosi’, parole che, in uncerto senso, ‘voltano pagina’ e introducono il temaprincipale dell’Inno alla Gioia. E’ una visione ideale di umanità quella che Beetho-ven disegna con la sua musica: ‘la gioia attiva nellafratellanza e nell’amore reciproco, sotto lo sguardopaterno di Dio’ (Luigi Della Croce). Non è una gioiapropriamente cristiana quella che Beethoven canta,è la gioia, però, della fraterna convivenza dei popoli,della vittoria sull’egoismo, ed è il desiderio che ilcammino dell’umanità sia segnato dall’amore, quasiun invito che rivolge a tutti al di là di ogni barriera econvinzione.Su questo concerto, che doveva essere una festagioiosa in occasione di questo incontro di personeprovenienti da quasi tutte le nazioni del mondo, vi èl’ombra del sisma che ha portato grande sofferenzasu tanti abitanti del nostro Paese. Le parole riprese dall’Inno alla gioia di Schiller suo-nano come vuote per noi, anzi, sembrano non vere.Non proviamo affatto le scintille divine dell’Elisio.Non siamo ebbri di fuoco, ma piuttosto paralizzatidal dolore per così tanta e incomprensibile distru-zione che è costata vite umane, che ha tolto casa edimora a tanti. Anche l’ipotesi che sopra il cielo stel-lato deve abitare un buon padre, ci pare discutibile.Il buon padre è solo sopra il cielo stellato? La suabontà non arriva giù fino a noi? Noi cerchiamo un

Dio che non troneggia a distanza, ma entra nella no-stra vita e nella nostra sofferenza.In quest’ora, le parole di Beethoven, «Amici, nonquesti toni …», le vorremmo quasi riferire proprio aquelle di Schiller. Non questi toni. Non abbiamo bi-sogno di un discorso irreale di un Dio lontano e diuna fratellanza non impegnativa. Siamo in cerca delDio vicino. Cerchiamo una fraternità che, in mezzoalle sofferenze, sostiene l’altro e così aiuta ad andareavanti. Dopo questo concerto molti andranno al-l’adorazione eucaristica – al Dio che si è messo nellenostre sofferenze e continua a farlo. Al Dio che soffrecon noi e per noi e così ha reso gli uomini e le donnecapaci di condividere la sofferenza dell’altro e di tra-sformarla in amore. Proprio a ciò ci sentiamo chia-mati da questo concerto. Grazie, allora, ancora una volta all’Orchestra e alCoro del Teatro alla Scala, ai Solisti e a quanti hannoreso possibile questo evento. Grazie al m.o DanielBarenboim anche perché con la scelta della ‘NonaSinfonia’ di Beethoven ci permette di lanciare unmessaggio con la musica che affermi il valore fonda-mentale della solidarietà, della fraternità e dellapace. E mi pare che questo messaggio sia preziosoanche per la famiglia, perché è in famiglia che si spe-rimenta per la prima volta come la persona umananon sia creata per vivere chiusa in se stessa, ma inrelazione con gli altri; è in famiglia che si comprendecome la realizzazione di sé non sta nel mettersi alcentro, guidati dall’egoismo, ma nel donarsi; è in fa-miglia che si inizia ad accendere nel cuore la lucedella pace perché illumini questo nostro mondo. Egrazie a tutti voi per il momento che abbiamo vis-suto assieme. Grazie di cuore! @

GLI INFortuNI deLLa raI SuLL' INNo aLLa GIoIa

Il brutto della diretta va in onda prima ancora che cominci. Quando la brunetta inguainata in look di circo-stanza, da sera ma castigato, annuncia l'inizio del collegamento con la Scala, il concerto per il Santo Padre. Diret-tore: Riccardo Muti. Notizia bomba. Muti è tornato! Naturalmente no. Naturalmente sul podio della Scala sta persalire Daniel Barenboim, che del teatro milanese è il legittimo direttore musicale. Ma in viale Mazzini evidente-mente sono rimasti a sette anni fa, quando Muti guidava ancora il teatro lirico milanese. O forse addirittura aquel maggio del 1983 quando effettivamente Muti diresse alla Scala per un Papa. Ma era un altro, GiovanniPaolo II. In ogni caso una ‘svista’ clamorosa. Il sinistro segnale di quello che verrà. Inizia il concerto. Barenboim(proprio lui) attacca la ‘Nona’ di Beethoven. Ma, per qualche malvagia ragione quel che si vede non corrispondea quel che si sente. Suonano i violoncelli? Si inquadrano i contrabbassi. Un flauto solitario durante un pienod'orchestra. E quando il basso René Pape attacca ‘l'Inno alla gioia’ la telecamera gli predilige un violinista chenemmeno sta suonando. Sorte analoga anche per gli altri tre cantanti, spesso ignorati dalla regia durante i lorointerventi. Stupefacente il finale. Terminato il concerto, il Papa sale sul palco e inizia a parlare. Da appassionatomusicologo, una dotta analisi della ‘Nona’. Che, visto il relatore, si ascolterebbe volentieri.Peccato che nel bel mezzo il conduttore Sergio Criscuoli comunichi costernato la fine del collegamento. E sì cheil Tg3 di Bianca Berlinguer da cui dipendeva l'evento sapeva esattamente la durata dell'intervento di BenedettoXvI: 13 minuti. Ma la pubblicità incombe. Partono mutandine e reggiseni. È il servizio pubblico, Santità.

( Giuseppina Manin – Corriere della Sera)

MUSICA E FEDE

LETTO SULLA STAMPA

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 10

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 12: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

13

IN RAI FINALMENTESI CAMBIA . FORSE

oco appassionata di cinema, è invece drogatadi opera lirica. verdi, Rossini, Puccini accompagnanole sue molte serate casalinghe”. Poche battute di unarecente intervista di “Panorama” ad Anna Maria Ta-rantola, nuovo presidente Rai con pieni poteri, pos-sono far sperare che finalmente nella tv di Statoqualche cambiamento possaaver luogo in favore della mu-sica, del teatro e della cultura ingenere? Perché siamo propensia pensare che questa sia lavolta buona? Perché non cisiamo mai fidati del precedentepresidente, Paolo Garimberti,nonostante avesse manifestatoall’Osservatore romano, la suafede nel valore della cultura ed ilsuo impegno a promuoverla.Bugie; quelle sue parole eranosemplicemente la risposta isti-tuzionale ad un ‘benevolo’ rim-provero vaticano, all’indomanidel “Rigoletto” da Mantova,evento della premiata ditta An-dermann. Chi alle sale da con-certo ad ai teatri, preferiva lecorse sul lungotevere, i campida tennis, la frequentazione deicircoli esclusivi romani o dei sa-lotti di via Condotti, come po-teva, all’improvviso, solo perché glielo imponeva ilruolo, farsi paladino di valori che conosceva sololontanamente? Che Garimberti si sia sempre lavatole mani di fronte ai problemi della gestione Rai, nonsiamo noi i primi a dirlo. E lo stesso ha fatto LorenzaLei più attenta a non scontentare la Segreteria diStato vaticana che le sacrosante richieste che anchea lei il mondo della cultura ha rivolto. Ora, final-mente, abbiamo un presidente che ama la musicae che preferisce verdi Rossini e Puccini alle frequen-tazioni salottiere. Possiamo sperare che qualcosacambi non nei canali specialistici come Rai 5, ma in

quelli generalisti dove la musica o il teatro devonogodere di regolari presenze? La Tarantola certa-mente ricorda l’ esperimento fatto alcuni anni fa daRai Uno, con ‘All’Opera!’, narratore Antonio Lubrano.Un esperimento che, avendo ridotto le opere più fa-mose del nostro melodramma alle dimensioni del

piccolo schermo, quanto a durate eritmo narrativo, ebbe successo; mache, non importando a nessuno,dopo sei stagioni venne cancellato,nonostante le rassicurazioni con-trarie degli allora dirigenti Rai. Daallora chi avesse voluto riproporreil ritorno di ‘All’Opera !’ nonavrebbe saputo a chi rivolgersi,perché nessuno gli avrebbe pre-stato ascolto su un argomento delgenere.Ora la Tarantola faccia attenzione.Non si distragga per ragioni di bi-lancio e di governo, sacrosante, dalcoltivare quelle sue lecite passioniche sono anche le passioni di unanutrita schiera di cittadini italianiche ama l’opera , la musica, il tea-tro, e che paga il canone anche perla televisione che ancora non c’è eche, lo spera, possa finalmente es-serci.Per i concerti, pochi, che già tra-

smette, la Rai, non pretendiamo che scritturi un re-gista del livello di Georges Cluzot, partner diKarajan nei concerti dalla Filarmonica di Berlino, mache almeno non li affidi a chi è lì parcheggiato daanni negli uffici per evidente incapacità . Pena la fi-guraccia che ha fatto con il concerto in onore delPapa dal Teatro alla Scala. @

Fogli d’Album

“P

Anna Maria Tarantola

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 11

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 13: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

Il film su Nijinsky che chaplin non girò mai

IL BaLLerINo tIMIdodi elisabetta Guarnieri

Ritrovata dagli studiosi della Cineteca di Bologna l’ interessante sceneggiatura delgrande Chaplin, di cui non si aveva, prima d’ora, la benchè minima notizia. Chaplin eNijinsky si erano incontrati a Los Angeles nel 1917 e fra loro era nata una reciproca am-mirazione.

U

CHAPLIN RITROVATO

n soggetto completo e del tutto inedito (ispi-rato al grande danzatore dei Ballets Russes vaclavNijinsky), mai realizzato da Charlie Chaplin e solo inparte confluito nel suo film testamento “Luci della ri-balta” (Limelight), riflessione amara sulla vecchiaiaper la quale un sessantatreenne Chaplin volle al suofianco l’altra grande stella del muto americano, Bu-ster Keaton.

“Tema principale di questo soggetto è il fatto che lacarriera non è il compimento dei desideri dell’uomo,ma solo una strada che lo conduce al suo destino”:questo è l’incipit del soggetto ritrovato tra i prezio-sissimi documenti di Charlie Chaplin.La scoperta è il frutto del lavoro che da dieci anni –con il ‘Progetto Chaplin’ la Cineteca di Bolognacompie sui documenti del regista.Il risultato di tale ricerca, compiuta da David Robin-

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 12

Page 14: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

15

son (giornalista del “Times” londi-nese e biografo ufficiale di Charlie-Chaplin) e da Cecilia Cenciarelli(responsabile dell’Archivio Chaplindella Cineteca di Bologna) è statapresentata durante il festival ‘Il Ci-nema Ritrovato’, promosso per il ven-tiseiesimo anno dalla Cineteca diBologna.Chaplin e Nijinsky si conobbero aLos Angeles, quando il danzatore –in tournée con i leggendari ‘Les Bal-lets Russes’ creati da Sergej Djagilev– fece visita ai Chaplin Studios, du-rante la lavorazione di Easy Street(1916-1917), rimanendo ammiratodall’arte di Chaplin: “Lei è un balle-rino nato”, disse al regista Nijinsky.vent’anni dopo, quell’incontro rimasto nella memo-ria del regista porterà alla stesura di un soggetto (dicui sono stati recuperati tutti gli appunti manoscrittida Chaplin) per un film ispirato a un grande balle-rino, che in una prima stesura portava (con un ri-mando, quasi alla lettera, al nome reale delballerino) il nome di Naginsky.Ogni successiva stesura del progetto presenterà ele-

menti ricorrenti, quali il rapporto conflit-tuale tra la dedizione professionale delballerino e i suoi amori e la preoccupa-zioni per la carriera di una ballerina moltopiù giovane di lui: elementi le cui tracce ri-troviamo poi in Luci della ribalta, conside-rato l’ultimo importante film di CharlieChaplin.L’intreccio tra questo soggetto rimastoinedito e il film che Chaplin andrà invecea realizzare, Luci della ribalta, appunto, ri-sulta tuttavia evidente fin nelle idee difondo: il genio e la solitudine, l’arte e lavecchiaia. Queste infatti le indicazioni diChaplin per dipingere il protagonista: “Na-ginsky, il grande genio del balletto russoera una persona semplice, e timida, che si

esprimeva con difficoltà, ed era di umili origini. Erafiglio di un povero calzolaio che non poté darglil’istruzione che avrebbe desiderato”.Questi invece gli intenti drammaturgici, sempre dipugno di Chaplin: “Mostrare il genio di un ballerinoattraverso la danza. Mostrare il suo senso di giusti-zia, la sua lealtà nei confronti di un anziano membrodella troupe che ha iniziato a bere perché è troppovecchio per ballare”.@

(Pag. 1)Il tema del dramma e’ che una carriera non costitui-sce il compimento e soddisfacimento dei desideriumani, ma solo una strada che porta alla realizza-zione del destino umano. Naginsky era poco elo-quente e spigliato, sensibile e timido, animato dauna strana passione e da un’immaginazione che lan-ciarono in volo la sua anima. Aveva un solo modo diesprimersi appieno.

(Pag. 2)N., il grande genio del balletto russo, era un uomosemplice, timido, poco loquace, di umili origini. Erafiglio di un modesto calzolaio privo di mezzi finan-ziari che potessero offrire al figlio l’educazione chelui desiderava perseguire. Questa situazione contri-

bui’ a rendere il carattere di N. timido, esitante e si-lenzioso. Era acutamente conscio della sua limitatapadronanza della lingua e molto inibito dal suonodella sua voce poco musicale, rauca e non raffinata.Queste imperfezioni lo tormentarono per tutta lavita e formarono in parte il suo carattere, tanto chechi lo incontrava casualmente lo considerava untipo scontroso e niente affatto socievole, che nonaveva niente da dire. In realta’, egli aveva forte pro-pensione all’amore e all’amicizia, e un tempera-mento gentile e premuroso.

(Pag. 10) Caratteri: N., sua moglie, Degaloff – un vecchioamico, Dresser – ballerino.Azione, il gruppo di danza “Intention Ballet” per mo-

Fogli sparsi dalla sceneggiatura originale

Naginskydi charlie chaplin

CHAPLIN RITROVATO

vaclav Nijinsky

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 13

Page 15: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

16

strare il suo genio quale ballerino; la sua interazionecon il resto della compagnia; la sua intercessionepresso Degaloff per uno dei membri del gruppo; ilsuo senso di giustizia; la sua premurosa lealta’ neiconfronti di un non-piu’-giovane membro del “cast”che si ubriacava perche’ si sentiva troppo anzianoper ballare. E per mostrare, inoltre, un errore com-messo dal collega piu’ anziano durante lo spetta-colo. L’errore poteva causare un serio incidente alle spesedi N. stesso che, reagendo, lancia un assalto di in-sulti e improperi contro il vecchio collega. Poi si ac-corge che il collega soffre di reumatismo, esuggerisce che il tipo si prenda un periodo di riposo.Ma il sofferente collega e’ preso dal terrore, poiche’non ha risorse finanziarie che gli permettano lespese ospedaliere o il rischio di…

(Pag. 11)Perdere il lavoro. Degaloff si rifiuta di pagare il vec-

chio ballerino per due settimane di riposo. N. offre lasomma necessaria e chiede a Degaloff di detrarre lasomma dal suo salario. Naginsky: “Ma, per l’amor delcielo, non far sapere al vecchio collega che le spesele pago io. Quello scemo e’ troppo orgoglioso peraccettare il mio aiuto. Piu’ vecchi si fanno e piu’scemi/orgogliosi diventano, quei tipi.”Il camerino di altri ballerini, per mostrare il caratteredi N. e il suo effetto sugli altri membri della compa-gnia, che parlano di lui nei loro camerini, tra un attoe l’altro. Il camerino di N., per mostrare la sua interazione conil valletto costumista, anch’ egli un vecchio ballerino.

(Si ringrazia il prof. Liberato Santoro-Brienza per la traduzione dall’ originale inglese)

CHAPLIN RITROVATO

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 14

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 16: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

17

Benedetti Michelangeli

tecnico. Non voglio specificarel’argomento della discussione.Posso solo dire che non riguar-dava il lavoro. Comunque su certecose rimango nelle mie posizioni,e non mi sposto.

come è avvenuta la riconcilia-zione?

Complice quell’angelo della Sig.raGros Dubois. Una sera, dopo unconcerto, mi raggiunge una suatelefonata: ‘Angelo, io so che Leiama il Maestro, ed ha di lui unagrande stima e vuole sentirlo suo-nare. E’ vero, le rispondo. E lei: al-lora torni! Però faccia finta diniente. Ascolto in silenzio, poi ledico: va bene, torno. Il Maestroaveva una serie di concerti edaveva mandato via l’altro tecnico.Arrivo a Monaco; ‘buongiornoMaestro’ - gli dico; poi comincio atirar fuori gli attrezzi dalla miaborsa, pulisco il pianoforte. Passaqualche minuto di silenzio, poi ilm.o Michelangeli mi viene vicinoe mi dice: ’sia chiaro, è solo perchéio non ho più tempo da perdereper far capire ad altri le mie esi-genze sul pianoforte’. ‘Lo so, Mae-stro’, gli rispondo. Dovevonecessariamente cospargermi ilcapo di cenere, tornando da lui.Confesso che per sentirlo suonare

ichelangeli aveva lo studionella stessa casa in cui abitava?

Il suo studio era prima in una bel-lissima villa - nella quale viveva -poi abitata dal m.o Ashkenazy. Dalì si trasferì in un’altra villa, con unmeraviglioso giardino, ad Agno,frazione di Lugano (anzi il pae-sino si chiama Pula). In questavilla il Maestro aveva il suo studio.Poi aveva una baita in montagna,in val di Non, a Rabbi, ed anche lìaveva dei pianoforti. Quando de-cideva di passare un periodo aRabbi mi chiamava ed io andavoprima che lui arrivasse, a metterea posto gli strumenti. Qui, tal-volta, ho intravisto anche qualchesuo raro allievo. voleva che i suoistrumenti fossero sempre in or-dine. All’inizio c’è stata qualche in-comprensione, soprattutto per lameccanica, per via di piccole tol-leranze di lavorazione che il Mae-stro non accettava. E quindi agliinizi, soprattutto, dover lavorarecon lui su elementi non usuali hacomportato qualche problema.Ma tutti i pianisti hanno esigenzeed il nostro lavoro consiste pro-prio nel soddisfarle. Ma lui era ilpiù esigente di tutti. Una voltaabbiamo avuto una grossa discus-sione, e lui ha chiamato un altro

sarei stato disposto a fare qualun-que cosa. Parli con chi ha avuto lafortuna di sentirlo suonare, ancorpiù se per pochi: quell’esperienzanon ha pari.

Michelangeli è mai venuto a Pe-scara nella sua ‘bottega’?

Sì, parecchie volte. vede questatenda? L’ho fatta fare perché luipotesse studiare per tutto iltempo che voleva senza che nes-suno lo vedesse o potesse distur-barlo. Quelli che entravano nelmio negozio, e sentivano suonareil m.o Michelangeli, mi chiede-vano chi fosse. Io rispondevo: è unpianista di passaggio a Pescara,che mi ha chiesto di poter stu-diare; e solitamente li convincevo;qualche volta entrava un pianistadall’orecchio fino che capiva chechi stava suonando non era unpianista qualunque, a quelli nonpotevo darla a bere. Comunque lilasciavo nel dubbio. Quando luipasseggiava sul lungomare, lo fa-cevo seguire, a distanza, da duepersone di fiducia, per evitarequalunque inconveniente. Poi an-davamo spesso nella mia casa dicampagna dove lui amava prepa-rare da mangiare e solitamente ar-meggiava un coltellaccio dacucina che era il mio incubo; te-

Ancora su Benedetti Michelangeli. Questa terza puntata dei ricordi di Fabbrini, inesclusiva per Music@, riguarda il grande pianista italiano: con rivelazioni sulla

personalità, sul carattere. Il racconto di un incidente sul lavoro.

angelo Fabbrini racconta

L’arturo aFFaBILe e GeNeroSo

a cura della redazione

M

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 15

Page 17: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

18

deve solo fare degli interventi?

Con il m.o Michelangeli porta-vamo sempre dei pianoforti,stessa cosa con i m.i Pollini, Weis-senberg e Schiff. Partiamo semprecon uno, meglio con due piano-forti. Anche perché due stru-menti, entrambi adatti a quelpianista, possono rendere in ma-niera diversa in certe sale; ci puòessere anche questo problema.Fuori dall’Europa, invece, un solostrumento che viaggia in aereo, in“custodie” realizzate in legno trat-tato con sostanze che lo rendonoignifugo ed inattaccabile dagli in-setti. Insomma, le ‘valigie’ dei pia-noforti devono rispondere a certirequisiti, altrimenti non vengonoimbarcate. I problemi inerenti al trasporto oalle spedizioni di pianoforti sonocosì complessi che ho dovutocreare, nella mia azienda, un uffi-cio specializzato in questa mate-ria.

Michelangeli, apparentementeburbero e di ghiaccio, era, in-vece, persona affabile e gene-rosa, come dice qualcuno?

mevo che si potesse tagliare.Quando si accorgeva del miostato di agitazione, rideva digusto.

Lui ha frequentato la sua bot-tega quando era già notissimo?

Dal ’77 in avanti. veniva spesso.veniva con la sua macchina, luistesso al volante; partivano lamattina presto dalla Svizzera e ar-rivavano solitamente all’ora dipranzo. Subito si metteva al la-voro; restava qualche giorno, iltempo necessario, talvolta, perscegliere un nuovo pianoforte…stava benissimo nella mia casa dicampagna che ha un grandeparco intorno, un’oasi di serenitàe tranquillità per lui; stava benis-simo. Molte volte ero io a solleci-tare quei viaggi, quando credevodi aver trovato uno strumentoche poteva soddisfare le sue esi-genze. Se gli piaceva, mi chiedevadi fargli tutti i lavori necessari epoi lo portavamo per i suoi con-certi, in giro.

Il più delle volte lei trova già deipianoforti nelle sale; in quei casi,

Sì, il Maestro faceva spesso con-certi di beneficienza. Anche l’ul-timo in vaticano, per l’Ordine diMalta che si era impegnato a rac-cogliere fondi da destinare al-l’Ospedale Bambino Gesù. Ilconcerto ebbe uno strascico pole-mico. Quando il Maestro seppe che queifondi non erano mai arrivati al-l’Ospedale, un anno dopo, restituìall’Ordine di Malta l’onorificenzache gli era stata consegnata in oc-casione del concerto. La genero-sità, in genere non esibita esbandierata, contraddistingue co-munque anche altri musicisti. Sa-pere della generosità di alcunicelebri musicisti, fa bene; mentre,non sono edificanti le notizie dicachet troppo alti, che, a nostroparere, denoterebbero scarsa sen-sibilità, specie in tempo di crisi.Non mi sono mai interessato ailoro compensi ma, se penso allemigliaia di ore di studio e di ri-cerca per la preparazione di unconcerto, credo sia molto difficilefare questi calcoli. @

(continua sul prossimo numero)

Fabbrini racconta

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 16

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 18: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

19

QuESTIONE dI STILEFogli d’Album

a quest’anno l’Arena Sferisterio di Macerata haun nuovo direttore artistico, il regista Francesco Mi-cheli, 40 anni, provenienza ‘Piccolo’ e Filarmonicadella Scala, per la quale - come i nostri lettori sanno- ha firmato un bello spettacolo shakespeariano pere con i bambini . Insomma un regista, milanese al‘ciento per ciento’, che s’è portato nelle Marchepezzi della ‘sua’ Milano ( il capo ufficio stampa dallaFilarmonica scaligera, e i registi di due delle treopere: Leo Muscato per ‘Bohème’, Serena Sinigagliaper ‘Carmen’; mentre l’inaugurale ‘Traviata’ eraquella famosa di 20 anni fa con le scene di Svobodae la regia di Henning Brockhaus) e pezzi anche dellaLombardia ( AsLiCo, per i cantanti), come non hamancato di sottolineare un giornale. Prima di lui aMacerata c’era stato Pier Luigi Pizzi & soci, che dellesue stagioni, oltre che direttore artistico, era ancheregista scenografo e tutto il resto. Micheli, regista,ha voluto voltare pagina, almeno per quest’anno,tenendo per sé il solo ruolo di direttore artistico. Haconfezionato un cartellone con tre titoli ( Traviata,Bohème, Carmen), che ha riproposto in sequenzaogni fine settimana; ed, in aggiunta, altre iniziativecollaterali, concertistiche e non, che, dato il pocotempo avuto a disposizione per la programmazionedal momento della sua nomina, tardiva, c’è da dire, aprescindere, che ha fatto un piccolo miracolo. Il bot-teghino, a giudicare dal primo fine settimana,quando ha incassato 450.000 Euro circa, ha fatto ilresto.Nel primo fine settimana di programmazione, èsbarcato a Macerata anche un vagone, provenientesempre da Milano, che trasportava i giornalisti En-rico Girardi del Corriere, Carla Moreni del Sole e An-gelo Foletto di Repubblica, invitati a dialogare, unoalla volta, con i registi delle tre opere, nell’ ambitodegli ‘aperitivi musicali’, in programma negli stessigiorni delle prime, a mezzogiorno. I giornalistihanno svolto egregiamente il loro compito; che,però, non terminava con la chiacchierata pubblica, econ la visione, la sera, dei tre spettacoli, bensì con ilcanto di lode al nuovo corso dello Sferisterio, sui ri-spettivi giornali, la settimana seguente, tutti e treall’unisono.Beninteso, i tre, sicuramente, anche non ‘invitati’ aMacerata per gli aperitivi

( musicali!), avrebbero scritto della stagione allo Sfe-risterio; e forse anche delle tre opere, data la intelli-gente vicinanza delle rappresentazioni nelcalendario maceratese. ”Tre sere filate di autenticoteatro, di livello alto, come raramente capita, per-sino nei Festival di ben altri mezzi economici”, ab-biamo letto, e con immenso piacere. Comeabbiamo letto, senza sconti ma anche senza insi-stenza, pure dell’orchestra ‘temporanea’ in forza aMacerata. Per dire che non hanno perso la loro luci-dità critica i tre giornalisti. Ma se non si fossero fatticoinvolgere da ’Sferisterio Cultura’ negli ‘aperitivimusicali’ ( disinteressatamente?) sarebbero stati , se-condo voi, più credibili? No, secondo noi; semplice-mente dimostrato un po’ di stile!@

D Francesco Micheli

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 17

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 19: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

20

ma, ancor più, della musica tout court nel cinema:quella musica applicata in post-produzione quandoun film è stato ultimato che risulta essere una sem-plice etichetta, del tutto estranea alle leggi del ci-nema. varrà allora la pena affrontare il problema a monte,per meglio capire le sue parole, raro esempio di coe-renza teorica, e ciò di cui esse si fanno portatrici. Inuna delle tante interviste rilasciate nel corso dellasua vita, Bene sorprendentemente afferma di pen-sare alla musica “in termini cinematografici”, poi pre-cisando che a lui non interessa tanto la colonnasonora quanto piuttosto “la musica delle immagini”.Precisa poi che egli gira sempre pensando alla mu-sica (dico all’operatore: “Fai attenzione! Lì c’è un val-zer)” e, ribaltando un luogo comune, afferma chenon è stato il cinema ad aver insegnato all’arte deisuoni l’utilizzo del montaggio ma piuttosto il con-trario. A suo avviso Monteverdi, Bach, verdi e Mozartpiù di tutti hanno messo in risalto come la musicanasca da processi compositivi in cui il montaggio haun ruolo di fondamentale importanza, come delresto aveva dichiarato anche Walter Murch che, aproposito della musica di Beethoven, parlava ditagli, dissolvenze, campi lunghi e primi piani. Un seguito di affermazioni che preludono adun’idea molto affascinante, per cui Bene pensa ad

ortunato chi s’intende di musica! / Suonare non èmai esser suonato!, così scrive Carmelo Bene nelquasi racconto ‘Credito italiano v.E.R.D.I.’ Queste pa-role, quasi fossero un manifesto di poetica, costitui-scono una ben precisa chiave d’accesso anche percapire il suo utilizzo, particolarissimo e guarda casodestabilizzante e controcorrente, della musica nelsuo cinema. Bene, infatti, parimenti a molti altri regi-sti illuminati, ha più volte dichiarato l’estraneità dellinguaggio sonoro alle immagini in movimento che,come ricordavano Robert Bresson e MichelangeloAntonioni, non dovrebbero necessitare di alcunaforma di accompagnamento e, tanto meno, di com-mento. Da cui la loro condanna nei confronti dellamusica che procede per scontate equazioni (“Si sache bisogna suonare l’armonium in tremolo quandoil figlio di casa si è suicidato o quando Messina spro-fonda nel terremoto…”, lamentava Ernst Bloch de-scrivendo le performances cinematografiche),oppure delle partiture magniloquenti del cinemaamericano che accompagnano ininterrottamente loscorrimento delle immagini.Ma ciò che spinge ancor più in là il rifiuto del Nostroda quello dei registi della ‘nouvelle vague’ francese edel cinema d’autore europeo degli anni Settantanon è tanto il rifiuto di questo utilizzo della musica

carmelo Bene e la musica per film

La MuSIca Per GLI occhIdi roberto calabretto

Secondo Bene è stata la musica ad insegnare al cinema la tecnica del montaggio, e nonviceversa; giacché la tecnica del montaggio, come hanno messo in rilievo studiosi, lamusica ha sempre utilizzato nei processi compositivi, soprattutto Monteverdi, Bach, Mo-zart, Verdi.

F

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 18

Page 20: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

un cinema in cui le immagini tendono verso la musi-calità. ‘Nostra Signora dei Turchi’, allora, sarebbe unmelodramma, ma non per la melodia “che arriva alleorecchie” quanto per quella “che arriva gli occhi” cosìcome verdi “creava azioni per le orecchie” contraria-mente a lui che “crea musica per gli occhi”. Una definizione molto affascinante e di estremo in-teresse che riporta agli albori del cinema, quando levoci dell’avanguardia, partendo dal presuppostoche coglieva la tendenza “da parte delle arti plasti-che e delle arti dello spazio di diventare musica, perentrare nel dominio delle arti del tempo”, avevanoparimenti pensato che “il cinematografo potesse edovesse essere come una musica per gli occhi, rettaanch’essa dal ritmo; ma un ritmo sui generis, che sisvolge nel tempo e nello spazio”. Un assunto che al-lora le ricerche sul cinema astratto e d’animazione diRiciotto Canuto e Sebastiano Arturo Luciani ave-vano risolto in termini metaforici per postulare l’in-nata musicalità della settima arte, quasi la musicafosse un ideale da applicare con una certa disinvol-tura alle immagini in movimento con nozioni presea prestito dal metalinguaggio della teoria musicale -come ritmo, contrappunto, Leitmotiv e melodia -che allora affollavano gli scritti sul cinema. Pur muo-vendo da questi presupposti Bene ha, invece, il me-rito di concretizzare queste metafore e di mostrarecosa sia realmente la “musica per gli occhi”.Schematizzando la sua riflessione, che si presentacomplessa e disposta all’interno di continui croceviain cui si sedimentano nodi concettuali molto impor-tanti, Bene ricerca la musicalità nel cinema a partiredal montaggio che, si noti, non deve avvenire inpost-produzione alla moviola ma piuttosto nasceredagli stessi movimenti della macchina da presa checattura le immagini secondo una logica dettata daun ritmo ben preciso. “Quando il montaggio avvienenello stesso istante delle riprese - egli stesso dirà -allora è possibile ottenere un film-musica. La di-stanza tra l’avvenimento e colui che lo guarda vieneallora ridotta, epurata”, contrariamente a quando ilmontaggio nasce dopo le riprese cercando di tra-sformare la realtà e unendo immagini e suoni in fun-zione dei concetti. Un’operazione artificiosa a luicompletamente estranea. La telecamera, allora, di-viene uno strumento musicale, o meglio uno stru-mento del ritmo, che dà vita ad un montaggioparatattico, privo di relazioni di contiguità sintattica,che crea continue rotture del punto di vista. In que-sto, ‘Salomè’ rappresenta il compimento estremo, inquanto la possibilità di dar vita ad una musica visiva,“quasi fossero gli occhi ad afferrare il suono” comeben dirà Deleuze, qui viene portato alle estremeconseguenze. Il montaggio frammentario e privo diraccordi con tagli netti, qui genera un flusso discon-tinuo e vorticoso delle inquadrature (ben 4.500 in80 minuti) che si risolve in musica. Ma si pensi anche

al finale di ‘Don Giovanni’ in cui assistiamo ad unavera e propria apologia del montaggio, esaltatodalle mutazioni immediate che si uniscono alle tra-sformazioni continue del punto di vista cinemato-grafico - oggettive, soggettive e false soggettive -per cui l’immagine si piega, si avvolge e riavvolge suse stessa. Nel falso prologo, invece, il montaggio constacchi in asse simula una panoramica orizzontalelungo i diversi volti fino allo sfondamento del fuoricampo: qui le immagini assecondano la musica diMozart che detta il ritmo alla sequenza.Macchina da presa, montaggio e corpo degli attorisono pertanto gli elementi che stanno alla basedella ‘musicalità sub specie film’. Questi elementi,però, non negano la presenza della musica vera epropria, ossia la colonna sonora, che in tutti i film diBene è ben presente. ‘Hermitage’, ‘Nostra Signora deiTurchi’,’ I capricci’, ‘Don Giovanni’, ‘Salomè’, ‘Un Am-leto di meno’ sono letteralmente pervasi dalla mu-sica. Non della tradizionale musica per film affidataai compositori di mestiere, però, che egli detesta,ma piuttosto delle pagine del repertorio classico,operistico in primis (‘il grande referente culturaleitaliano’), che Bene utilizza non per le sue sedimen-tazioni storiche e culturali, come accade nel cinemadi Luchino visconti ad esempio, ma piuttosto per lasua capacità di sollecitare le possibilità creative delregista. “La scena di ‘Capricci’ – confida – in cui ladonna ritrova i propri indumenti, ha per accompa-gnamento sonoro un brano di ‘Macbeth’ di verdi,cosa molto importante per il ritmo della scena. Mase c’è chi pensa che, una volta riconosciuta la fontedella musica, si possano leggere intenzioni nasco-ste, si sbaglia di grosso. A contare non è la vicendadi Macbeth, bensì la visione e la musica la cui scenaè motivata dal suo ritmo”. La lontananza delle funzioni di commento alle im-magini, legge sovrana del cinema, viene quindi radi-calmente negata anche ricorrendo alle pagine delrepertorio che abitualmente i registi hanno assuntocome veicolo privilegiato per lasciare una traccia diautorialità nelle colonne sonore dei loro film. Sipensi a Bach in ‘Accattone’ di Pier Paolo Pasolini op-pure ai luoghi verdiani che affollano il cinema di vi-sconti, Bertolucci e Bellocchio. Come ben scriveràMaurizio Grande, nel cinema di Bene invece “le mu-siche non sottolineano emotivamente, non com-mentano l’evento, ma semmai, costruiscono, alivello formale, un complemento ritmico dell’imma-gine in movimento, anticipando temi o ricondu-cendo ad altro (hanno, cioè, una funzionestrutturale e formale in senso stretto)”. Privata dellesue tradizionali funzioni, risulta allora legittimo chie-dersi quali possano essere le modalità di applica-zione della musica alle immagini e, soprattutto, inche modo possa essere complementare “alla musicaper gli occhi”. Osservando la filmografia di Bene ci

Carmelo Bene

21

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 19

Page 21: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

22

troviamo di fronte alla presenza di molteplici pianisonori articolati con velocità differenti, volumi di-versi e con sovrapposizioni temporanee degli ele-menti che costituiscono la colonna sonora. Si creacosì uno spazio sonoro molto complesso che - conle dovute differenze - ricorda quello radiofonico e ilbricolage di parte dell’avanguardia, animato da una“miriade di segni alla deriva dell’onda sonora chedetta il movimento”. Il tutto costantemente giocatosul perfetto a-sincrono audiovisivo, ulteriore carat-teristica delle colonne sonore del cinema del Nostro,che demolisce il vero e proprio baricentro dell’au-diovisione. È quanto accade in ‘Nostra Signora dei Turchi’, nellascena del Palazzo moresco le cui inquadraturehanno un ritmo determinato da un montaggiomolto stretto che la musica non sottolinea in alcunmodo ma piuttosto contrappunta creando una dop-pia temporalità audiovisiva di grande impatto. Il ri-fiuto di organizzare la musica all’interno di percorsinarrativi si dichiara anche nel momento in cui lasanta manifesta dolore e risentimento nel vedersiancora una volta respinta, dopo che si era offertaamorevolmente di cambiare le bende, di passare lasera con lui, di fare un po’ di musica, e finanche diportarlo a vedere il mare. Qui le note dell’Inter-mezzo dal terzo atto di ‘Manon Lescaut’ di GiacomoPuccini esplodono per poi interrompersi brusca-mente e riprendere solamente nella scena in cui civiene mostrato il ‘funerale della madonna’: un cata-falco nero con sopra la fotografia della donna-ma-donna che lui aveva chiesto alla santa. Ancora unavolta musica e immagini procedono secondo logi-che diverse.Anche in ‘Hermitage’ – unico film in cui Bene ricorread un musicista, vittorio Gelmetti - l’articolazionedel montaggio procede per alternanze sonore e vi-sive. Alle sei citazioni tratte dall’amato repertorioverdiano qui si uniscono una serie di rumori di sin-tonizzazione radio di memoria cageana – utile espe-diente per collegare brani di diversa provenienza – euna pagina di Gelmetti per violino. Simili scelte per-mettono alla musica e in genere alle colonne sonoredel cinema di Bene di essere costantemente inprimo piano con scelte che ricordano quelle di Jean-Luc Godard. Anche nel cinema del regista francese imeccanismi dell’allestimento musicale sono pari-menti messi allo scoperto, con percorsi volutamenteeclatanti se non addirittura provocatori. Si pensi allesituazioni di apparente disordine, per cui Godard ta-glia o assembla i suoni dando luogo a continue, ereiterate, intermittenze e discontinuità, come se i di-versi frammenti della colonna sonora fossero deglianelli di una lunga catena.Il cinema di Carmelo Bene, pertanto, sconvolge le

tradizionali norme dell’audiovisione negando allospazio sonoro cinematografico i suoi tradizionali

luoghi, come le ricorrenze del sincrono, della sin-cresi, dell’accompagnamento e del commento. Lamusica, però, impossibilitata ad organizzarsi all’in-terno di un percorso narrativo, proprio grazie a que-sto complesso di situazioni provoca unosfondamento dello schermo, per servirsi nella notaimmagine pasoliniana: “La fonte musicale - che nonè individuabile sullo schermo - e nasce da un ‘al-trove’ fisico per sua natura ‘profondo’ - sfonda le im-magini piatte, o illusoriamente profonde, delloschermo, aprendole sulle profondità confuse esenza confini della vita”, scrive il poeta friulano in unpoeticissimo adagio. verrebbe pertanto da conclu-dere questi nostri brevi appunti dichiarando che ilcinema di Bene non utilizza la musica ma è essostesso musica nel senso che si risolve in un ininter-rotto flusso sonoro. Nel continuo spostamento diforme e linguaggi che attraversano i suoi film, percui l’immagine è presa tra voce, silenzio e parola, ildivenire delle immagini stesse produce delle figureche rilasciano sonorità e che richiedono l’ascolto.Una situazione di liberazione del linguaggio che ri-corda il teatro di Rossini – non a caso Bene più voltericorda l’amatissima ‘Italiana in Algeri’ - in cui, comeegli stesso sottolinea, “assistiamo al superamentodella musica nella musicalità”. Un modello a cui ilproprio cinema tende. @

(Roberto Calabretto insegna ‘Musica per film’all’università di udine)

Carmelo Bene

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 20

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 22: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

23

Carmelo Bene

sempre detto che il pubblico finoad ora invece di sentire la musicadi verdi, sente il libretto di France-sco Maria Piave. Ed io ho quindisempre cercato anche nelle mieultime operazioni, quelle shake-speariane, di recuperare la musicadi verdi - è un esempio, verdi na-turalmente non c'era. La musica,quindi, a tutta liquidazione delteatro della chiacchiera, della pa-rola, della dialettica, della pseudo-politica, del mezz'impegno e dellemezze calzette. Il mio discorso èstato recepito più dalla criticastraniera e dal pubblico italianoche dalla critica italiana dozzinale,quotidiana del ‘teatro di prosa’.Quindi quando ho parlato inquella trasmissioncella, Santo Ac-

armelo recita a soggetto: Lospirito della musica, ovvero lamusica fuori dal genere.

Non parlo di una cosa nuova, per-ché anche in teatro non ho fattoche praticare quella. Purtroppo ilteatro italiano è minato da quell’ignobile attributo che è il ‘teatrodi prosa’ che ho sempre scongiu-rato. Nel mio ultimo ‘Otello’ moltihanno finalmente riscontrato una‘partitura’, finalmente un teatrocantato e decantato, dove la pa-rola diventa linguaggio, cessandodi essere lingua. Come nella mu-sica la parola cessa di essere li-bretto e diventa musica. Ho

quario, di musica, ho sempre par-lato di spirito della musica, par-tendo dagli studi nietzschianisulla nascita della tragedia, sull'an-tisocratismo, sul teatro come recu-pero del tragico in quantoantidialettico. ‘Spirito della musica’per cui non è importante capireuna parola, il suo concetto, ma ladeconcettualizzazione del con-cetto - un bisticcio, perdoniamo-celo! Spirito della musica cheanche in teatro ho frequentato,dove la parola è completamenteassoggettata, per cui un cinese, unthailandese, un arabo, un giappo-nese, un tedesco senza capire ne-anche una parola (cosa che èaccaduto con ‘Riccardo III’ e ‘Giu-lietta e Romeo’ a Parigi, con gli

Questa intervista, uscita su ‘Paese Sera’(3 maggio 1979) e ripresa qualche mese fa daPanta (Bompiani), nel numero monogofico dedicato a Carmelo Bene, per il ventennale

della morte, fu realizzata durante le prove del ‘Manfred’ di Byron con le musiche diSchumann, presso l’Accademia di Santa Cecilia.

Il grande drammaturgo parla di musica

carMeLo BeNe: doPo La ParoLa, La MuSIca

di Pietro acquafredda

C

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 21

Page 23: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

Carmelo Bene

24

delle lacune la riscontriamo poinelle esecuzioni d'opera oggi,dove velleità registiche, velleità didécor - le chiamano così – che, in-vece, sono del tutto indecorose.Se vado a sentire i ‘Puritani’, adesempio, a parte il mio amore perBellini pagherei cinquantamila lireper un posto d'ascolto piuttostoche settemila per qualunque cosaanche grande che mi mettono inscena: è un ‘lutto’, così ho amatosempre definirlo: ‘lutto d'oltre-mare’, oltremare che anche ilmare, un oceano è di troppo o ètroppo poco in questo caso. Chi siaspetta quindi di vedere una stra-vaganza, la rivoluzione a S. Ceciliasi sbaglia. L’auditorio di via dellaConciliazione vedrà una cosa deltutto monastica non mistica, rigo-rosa quasi da ‘canto fermo’.

tentiamo di rompere il lungomonologo per parlare un po'anche della musica come ge-nere, del genere della musica.

La musica come genere non esi-ste, siccome la musica tanto ègrande che si può imparentarealla poesia. E per dirla con i versidell'Edipo di Sofocle, tradotti daPier Paolo Pasolini, quando parlaTiresia dice: "Parlare non può più,ma può cantare parole incom-prensibili!" Questa è la musica,tutti i grandi musicisti sono statidei grandi poeti degenerati, chehanno cioè destabilizzato il ge-nere per andar fuori. Schumannrientra tra questi grandi. Grandenon vuol dire grande alla Goethe -spunta qui il senso di maggiore odi ‘padronale’ come direbbe De-leuze - ma forse del genere diKafka, il genere di quelli cosid-detti ‘minori’: gli infiniti Schu-mann, gli infiniti Mahler. Tuttiquesti hanno fornito musica esfornato musicisti a loro volta edin gran quantità perché sonousciti dal genere. Minore non è il‘di meno’, non è il ‘non grande’. Ilminore è capace di espressionearistocratica soprattutto perché

spettatori stranieri che nulla com-prendevano della nostra linguaitaliana, dell'idioma, per inten-derci) capisce perfettamente lospettacolo che resta, invece, alcinquanta per cento precluso aglispettatori italiani ancorati al tea-tro di prosa, quindi al concetto:con gli spettatori che si danno legomitate nella penombra per do-mandare cosa ha detto il tale at-tore e il tal altro. Quando parlo delmio desiderio di avvicinarmi allamusica ciò non costituisce unanovità per me ma semmai una af-fermazione in loco - ecco il ‘Man-fred’ all'Accademia di S. Cecilia - diun metodo che tutti i musicistiche mi hanno visto mi hanno rico-nosciuto anche in passato, chia-mando i miei lavori in qualchemodo ‘spartiti’ e non ‘copioni’. Lamia ammissione al teatro italianoe forse europeo è dovuta ad unasola ragione (lo dico senza vana-gloria, perché obiettivamente melo si riconosce) quella di averspazzato via un teatro specifico, ilteatro come genere. La musicaquindi come teatro dell'irrappre-sentabile. Intendiamoci, il mae-stro Bellugi dirigerà le musiche diSchumann per questo Manfred-Byron. Io sarò la voce recitante emi assumo quasi tutte le voci,metà fuori campo metà in campo,nel tentativo di portare non il‘Manfred’ , un libretto di Byron peril quale Schumann ha fatto dellemusiche di scena, quanto un in-contro Byron-Schumann. Tenteròattraverso il ‘Manfred’ - il lavoropiù autobiografico di Byron, manon questo m'alletta - di tirarfuori un Byron, Lord Byron al mo-mento della stesura del suo ‘Man-fred’. Ecco il leggio: la lettura è uncercar le parole.Musica, quindi, non è solo quellache il maestro Bellugi dirigerà equella che i cantanti ed il corocanteranno, ma anche le paroleche io verrò a dire e che la Manci-nelli (fantasma di Astarte) nellesua breve apparizione, verrà adire. Quindi spirito della musicanon soltanto musica. La somma

impugna l'aristocrazia, può esserefenomeno popolare, popolare so-prattutto dove manchi un popolo- come oggi manca un po' dapper-tutto. Maggiore è invece il trionfa-lismo di un popolo immaginario:parlo anche di tanto equivoco ver-diano dove verdi è tanto più equi-vocato in nome di fattaccipatriottici - chiamiamoli fattacci,sarebbe ora di chiamarli fattacci,via queste bandiere.

tornerà al teatro dopo questo la-voro per l’accademia di S. ceci-lia?

Anche questo è teatro. Quello cheio sogno. Ma anche qui i soliticompartimenti stagni: il pubblicoche viene a sentire i concerti nonviene a teatro - molti vengono asentire me, è vero - e quello cheviene a teatro non viene mai aiconcerti, a causa di questa scis-sione, di questi cassetti, di questacassettiera, di questi tiretti, per cuila musica è stipata qui, il teatro lìed il poema sinfonico là.

Mi pare di capire che potremoancora vederla?

Io col teatro ho smesso. Se vo-gliamo chiamare teatro quanto siandrà a fare nell'auditorio di viadella Conciliazione sabato, dome-nica e lunedì allora continuerò afare teatro. Ma se per teatro intendiamo an-dare ad aprire il sipario del TeatroQuirino o del Teatro Tenda tantoper chiacchierare, no! Finché quelpubblico non cambierà, finchémolti attori non smetteranno (nonsi può fare una cosa all'anno, men-tre se ne fanno altre diecimila checon quella contrastano) - e questecose a mio avviso non cambie-ranno - io ho chiuso definitiva-mente col teatro. @

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 22

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 24: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

2525

Il grande teologo, invitato ad aprire l’annuale edizione del festival svizzero con un di-scorso su un tema di grande interesse, quello del rapporto fra i compositori , la loro

musica e la fede, ha ricordato che, 50 anni fa, in quello stesso luogo, aveva parlato delConcilio Vaticano II.

Per l’inaugurazione del Festival di Lucerna

I coMPoSItorI e La Loro Fededi hans Küng

per me un’esperienza notevole e memorabile,signore e signori, essere di nuovo nello stesso posto,nell’antica Casa dell’Arte, nella quale sono statonientemeno che 50 anni fa, per promuovere il risve-glio della fede in occasione dell’apertura del Conci-lio vaticano II del 1962.All’epoca fui orgoglioso di parlare da quel podio sulquale avevo visto e ammirato, come studente licealea Lucerna, Furtwaengler, Karajan, Kubelik e altrigrandi direttori d’orchestra.E adesso, 50 anni dopo, eccomi di nuovo qui a par-lare di “Fede” - e questo in un contesto completa-mente diverso. Allora potevo contare su ascoltatoriprevalentemente orientati alla religione e “credenti”,oggi devo fare i conti conuna società ampiamentesecolarizzata e da questopunto di vista con per-sone lontane dalla chiesae in questo senso “noncredenti”, forse niente af-fatto “senza religione”,bensì possibilmente “dialtre fedi”. Non sono talunicredenti in realtà “super-stiziosi”? Credono in Dio,ma anche agli oroscopi,alle stelle del destino, ainumeri fatali, ai giorni in-fausti. Anche i “non cre-denti” sono talvoltasuperstiziosi: non si fannofare gli auguri il giornoprima del loro comple-anno, perché porterebbemale.Anche tra i compositori cisono le più diverse “com-posizioni”: è un’estesa mi-

scellanea differenziata : credenti, non credenti, su-perstiziosi. Gli esempi sono numerosissimi. Così sappiamo dallabiografia del più razionale dei compositori, ArnoldSchoenberg, che questo costruttore della musicadodecafonica aveva terrore del numero 13. Nato il13 settembre 1874, regolò tutta la sua vita in mododa evitare il numero 13. Mai si sedeva in tredice-sima fila, spostava o disdiceva gli appuntamenti fis-sati per il 13, nell’opera ’Mosè e Aronne’ – ‘Mosesund Aron’ – preferì eliminare una A di Aaron affin-ché il titolo non contasse 13 caratteri.Il 13 luglio 1951 fu per l’ormai cardiopatico autoredella musica dodecafonica, un giorno di grande in-quietudine; solo dopo la mezzanotte andò a cori-carsi nella sua camera da letto. Lì lo trovò, poco

dopo, senza vita, suamoglie. L’orologio delsuo soggiorno andavaavanti di alcuni minuti.Era quindi morto pro-prio il 13.Schoenberg non sapevache Gustav Mahleraveva fatto di tutto pernon dare il numero 10alla sua ultima sinfonia.Dopo la grandiosa ‘Nona’di Beethoven, già Schu-bert, Dvorak e Bruckneravevano scritto solo ottosinfonie. Dopo che Ma-hler aveva composto ilsuo sinfonico ‘Lied vonder Erde’, cancellò allafine il numero 9 e nu-merò la sua sinfonia se-guente ‘Nona’. ‘In realtà èla decima’ -disse.Un anno dopo, il 18

E’

MUSICA E FEDE

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 23

Page 25: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

maggio 1911 muore e il ‘Lied von der Erde’ viene di-retto postumo il 20 novembre 1911 a Monaco daBruno Walter insieme all’Adagio introduttivo di una‘Decima’ sinfonia, mai realizzata sebbene ambita, acausa della difficile crisi coniugale. Capiamo adessomeglio Arnold Schoenberg che nel 1912, nel suo di-scorso commemorativo su Mahler disse: ’Sembra che la ‘Nona’ segni un confine. Chi volessesuperarlo, deve andarsene. Sembra come se nella‘Decima’ possa essere detto a noi qualcosa, che nondobbiamo ancora sapere, qualcosa per cui nonsiamo ancora maturi. Quelli che hanno scritto una‘Nona’, erano troppo vicini all’aldilà.’Ma adesso basta, Signore e Signori, con gli aneddotisui miscredenti e sui decessi dei compositori. Iltema che mi è stato posto non è, fortunatamente, lasuperstizione, ma la fede e questa ha a che fare so-prattutto con la vita. Tuttavia non vorrei descrivervila fede semplicemente nella diversità delle forme divita, di come si mostri in determinati compositori. Alcontrario vorrei domandarmi assieme a voi: cosa ci sipuò aspettare da un determinato compositore, nelsuo tempo, in tema di fede? In ogni caso, non ci sipuò aspettare che essi credano sempre a tutto ciò‘che la Chiesa prescrive di credere’, per citare una ri-sposta da ‘Catechismo’ dei tempi di Mahler. Avreb-bero dovuto credere a troppe così inattendibili infatto di Dogma e di Morale.Ma ci si può aspettare da un compositore – o ancheda un fisico, un politico o chiunque altro, che egli siriconosca nella ‘fede di un’epoca passata’? Il Me-dioevo è considerato l’età della Fede, che si ritieneuna volta per tutte fissata. Ma si può, semplice-mente, credere come si credeva nel Medioevo? L’etàmedievale fu, come è noto, superata dalla Riformaprotestante e quindi da un radicale cambiamentodella comprensione della fede. Ma anche il periododella Riforma è un’epoca passata. Seguì allora alla Ri-forma il Modernismo con le sue rivoluzioni nellascienza e nella filosofia, nella cultura e nella teologia,nello stato e nella società, nella tecnologia e nella in-dustria. Da questo emergono domande di chiari-mento anche relative alla forma espressiva musicaledella fede, il canto ecclesiale, la musica sacra.Metro di misura per antonomasia del canto eccle-siale è il canto gregoriano, di fatto la rielaborazionefranco-medievale del canto ‘antico romano’. Deve es-sere il canto gregoriano un criterio di vera musicada chiesa, valido per tutti i tempi? O ci si deve riferirealla musica da chiesa polifonica vocale di GiovanniPierluigi da Palestrina del XvI secolo come ‘vero’,‘puro’ stile ecclesiale e vietare la musica orchestraledel ‘classicismo’ viennese, come accadde sotto l’anti-modernista Papa Pio X (patrono della tradizionali-stica Fraternità di San Pio X )? O, per la musica dellecongregazioni evangeliche, si deve essere in gene-rale vincolati a Johann Sebastian Bach ?

Certamente: la buona musica rimane per fortuna‘non vincolata alla sua epoca di produzione’.Anche nel XXI secolo le Passioni, le Cantate e gli Ora-tori di Bach possono commuoverci profondamentee spingerci perfino a prendere in mano la Bibbia.Tuttavia, ad un ascolto più attento, a stento pos-siamo prendere sul serio ed alla lettera per la nostrafede taluni testi delle Cantate, o degli Oratori.Durante il periodo natalizio ascoltiamo volentieri il‘Messia’ di Haendel – anche se un cristiano ben in-formato sa che il più antico vangelo secondo Marcoe anche l’ultimo secondo Giovanni, non conten-gono storie relative alla nascita di Gesù e che i rac-conti della nascita di Gesù di Matteo e Luca hannomolto di leggendario. Anche cristiani convinti nonhanno bisogno comunque di crederci. Non devonoconsiderare la leggenda come storia.Tuttavia: niente contro le leggende! Esse ci rivelanospesso una più profonda saggezza di vita come sefossero fatti veri. E proprio Wolfgang Amadeus Mo-zart, che si prese la briga di rielaborare nelo stile or-chestrale del suo tempo il ‘Messia’ di Haendel , sta adimostrare che si può conservare, anche come cat-tolico massone, illuminato e anticlericale, il sensoper il mistero della religione. Sfrontato com’era, Mo-zart, fece notare, in un colloquio del 1789, al succes-sore di Johann Sebastian Bach, nell’incarico diKantor ( Compositore, Organista e Direttore delCoro) della Thomaskirche di Lipsia, un protestantedichiarato, che i protestanti spesso perdono il sensodella profondità mistica della fede. ‘voi non sentiteaffatto, cosa significhi: Agnus Dei qui tollis peccatamundi, dona nobis pacem’ e simili ……il misticoluogo sacro della nostra religione’. In ogni modo, ag-giunse Mozart : ‘Ma sì, va da sé che questo del sacrosi perda nella vita del mondo; ma, almeno è così perme, se si percepiscono le parole ascoltate migliaia divolte e si mettono in musica, tutto ritorna e ci sitrova dinanzi all’Uno e l’Uno muove l’anima’.Cari amici della musica, sicuramente vi è noto che,dopo la morte di Bach e di Haendel nella secondametà del XvIII secolo, si è completato un cambia-mento epocale dei paradigmi : il modernismo mon-diale. Tanto i geni del periodo classico (con Mozartanche Haydn e Beethoven), come i Romantici(Weber, Schubert, Schumann) hanno tratto ragioneed ispirazione non solamente dalla fede cristiana.Loro hanno composto seguendo specificatamentesentimenti ed esperienze umane, comprendendosempre più anche la natura. Cosicché non è più lafede cristiana ad avere un ruolo primario, ma l’indivi-duo con le sue gioie e i suoi dolori, per il quale ilcompositore cerca, trova e trasmette nella musica lasua espressione artistica.Indiscutibilmente si osserva anche un processo d’in-dividualizzazione e di umanizzazione della musica econ essa anche un processo di laicizzazione, di seco-

26

MUSICA E FEDE

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 24

Page 26: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

larizzazione. Questo processo viene promosso dallarivoluzione borghese, il cui massimo rappresen-tante è Beethoven. Nella seconda metà del XIX se-colo raggiunge con Brahms e Wagner il suomassimo splendore. Ciò che scrivono questi compo-sitori è, malgrado occasionali prestiti dalla religione,una musica in genere non più su committenza efunzionale, bensì una musica autonoma, cioèun’arte completamente emancipata dalla tradizio-nale fede nella Chiesa, in Gesù, e in Dio. Il singolocompositore può aver anche curato un suo perso-nale credo, ma per la sua opera d’arte il credo nongioca più nessun ruolo decisivo. Un grande compo-sitore come Anton Bruckner, con la sua fede catto-lica tradizionale, strettamente personale èl’eccezione che conferma la regola. Un’eccezione èanche Felix Mendelssohn-Bartholdy, convertitodall’ebraismo, con la sua fede evangelica decisa-mente orientata a Bach.Ma, signore e signori, ri-volgiamo ancora unavolta l’attenzione a Gu-stav Mahler, al quale eradestinato il ruolo princi-pale in questo concertoinaugurale e nel mio di-scorso di apertura.Alcuni dei suoi amici con-sideravano Mahler unuomo profondamente re-ligioso, (specialmentenegli ultimi tempi lo haaffermato lo studiosomahleriano, Costantin Floros), e forse Mahler, infatti,a modo suo, non fu meno credente di Anton Bruck-ner, dal quale aveva preso lezioni private. Comegeni musicali stanno sullo stesso livello. Ma Bruck-ner era un credente ingenuo. Con la fede tradizio-nale della chiesa aveva pochissimi problemi. Mahlerinvece, convertito al cristianesimo dall’ebraismo, eraun credente estremamente riflessivo, che mantenneuna distanza interiore sia dall’ebraismo che dal cri-stianesimo. Le Messe di Bruckner , come la ‘Messa inSi minore’ di Bach, la ‘Missa solemnis’ di Beethoven eil ‘Requiem’ di Mozart, che ascolteremo in seguito,appartengono alle più geniali creazioni in fatto dimusica sacra. E Mahler? Quando gli si chiedeva, per-ché non avesse scritto una Messa (come cita JensMalte Fischer nella sua biografia di Mahler), si diceche Mahler abbia risposto: ‘Crede Lei che ne sia ingrado? Beh, perché no? Allora no! - E’ più impor-tante il Credo!” “ E comincia a recitare il Credo in la-tino. “No, non ne sono capace”, per poi in seguitodopo una prova della sua ‘Ottava’ sinfonia affermareallegramente al suo interlocutore di allora, AlfredRoller: ‘vede, questa è la mia Messa!’ Infatti, Mahlerha cercato di tradurre e di interpretare in questa Sin-

fonia la sua fede personale . Tuttavia Mahler non fu sicuramente credente nellaChiesa. E solo con riserva era credente in Cristo,visto che paragonava Cristo a Platone. Ma, sicura-mente, credeva in Dio. Non si ritrovava però, comemolti altri suoi contemporanei, allora come oggi,con la troppo frequentemente presentata raffigura-zione umana, antropomorfa di Dio della tradizionegiudaico cristiana. Mahler rimase un cercatore diDio, ma nello stesso tempo fu un agitatore spiri-tuale. Si tratta qui di una ‘fede’ nel senso più ampiodel termine, riscontrabile in principio in tutte le con-fessioni, religioni e visioni del mondo. Ciò che dà unparticolare significato alla ‘Fede’ nella musica, di-pende dall’atteggiamento dei compositori, dei mu-sicisti e degli ascoltatori. Ciò che sostiene i modernicompositori, anche quando essi non si riconosconoespressamente in Dio, è una ‘sorta di fiducia nella

vita’. Una fede che, in ognicaso, è contraria ad una vi-sione puramente materia-listica del mondo, ad unnichilismo radicale, per ilquale tutto, l’ Io e ilmondo, è alla fin fine fra-gile, caotico, assurdo e inquesto senso, ‘senzasenso’. Quindi, un atteg-giamento fondamental-mente positivo neiconfronti di una vita cosìspesso contraddittoria, diun mondo così forte-

mente ambivalente, di una società così divisa, un so-stanziale Sì alla incerta realtà.Io chiamo questo un ‘confidare di base nella realtà’,che, nonostante tutte le spiacevolezze, determina esostiene l’esperienza, il comportamento e perfinoanche il comporre. Da ciò deriva la mia convinzione:la maggior parte degli uomini vorrebbero credere inqualcosa ed effettivamente lo fanno. Tutto inizia conla fiducia nella vita, che un bimbo riceve dalla suamamma semplicemente attraverso il comporta-mento e l’ affetto di madre; fiducia che lo accompa-gnerà nel corso della vita. Una confidenza nella vita, nella quale un bambinosempre più cresce, ma che egli deve proteggere eaffermare attraverso le delusioni e le scosse dellavita. No, né la semplice fiducia gioiosa è di aiutonella vita di un bambino, di un giovane o di unadulto, né un opportunismo acritico. Quello che può sostenere lungo il corso della vita èun Sì derivante dalle continue sfide e dalle prove,ossia un’adesione alla realtà, come essa è o do-vrebbe essere. E a seconda dei casi la musica può es-sere d’aiuto. Dipende! Certamente ascoltiamo lamusica secondo le stesse leggi fisiche delle oscilla-

27

MUSICA E FEDE

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 25

Page 27: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

zioni acustiche. Nello stesso tempo ognuno ascoltala musica in modo differente – sia secondo la fisiolo-gica ricettività dei suoni, sia secondo la capacitàd’immaginazione e d’immedesimazione. Conoscoun celebre collega di teologia, a cui perfino Mozartnon gli dice nulla (‘questo continuo strimpellio’); alui non dicono nulla perfino le Alpi svizzere (‘sempree solo rocce, detriti e pietre’). E sì che viene dalla Germania del nord, dalla zonacostiera, e ama il mare. Io, al contrario, amo il mare ele montagne, e, naturalmente, Mozart. Solo che al-cuni uomini sono amusicali. Altri forse sono anchenon credenti, non religiosi o religiosi amusicali,come poteva affermare Max Weber in un gioco diparole. Evidentemente di-pende dall’atteggiamento spi-rituale dell’uomo, dalle sueesperienze individuali, dallasua situazione sociale, dalmodo di ascoltare musica. Lamusica, comunque, non vivenelle note, non vive nell’ar-chetto di un violino; questisono solo segni e strumenti.La musica vive nell’uomo. E di-pende - nella composizione,nella riproduzione e nella rice-zione - da uomini concreti,quale uso si fa della musica. Lamusica può essere sì espres-sione di emozioni umanesenza freni, può incitare all’ani-mosità, all’esplosione di odio,alla violenza, può perfino aiz-zare alla guerra. Ma la musicapuò anche essere, e questo lo èsempre ad un preciso livello, espressione della piùvaria creazione artistica e di sentimenti umani. Lamusica ha allora anche un carattere profondamentepacifista e riconciliante.vedete: come profondamente l’uomo vuole farsicoinvolgere dalla musica, dipende dalle persone:può risultare fastidioso il continuo stordimento neisupermercati o nei condomini. Ma la musica puòanche come forza ispiratrice rafforzare lo stanco, in-coraggiare il deluso, fare sperare il disperato. L’espe-rienza della musica può andare molto in profondità,tanto da coinvolgere l’intera esistenza di un uomo. IlNobel per la letteratura, l’ irlandese William ButlerYeats ha formulato una frase: ‘Credo nella visione delvero nella profondità dello spirito, se gli occhi sonochiusi’ (saggio ‘Magia’ 13.6.1985). Per comprenderequesta frase, non si deve essere entusiasti come loera Yeats per Platone, o credere nella magia. E sicu-ramente, Signore e Signori, avete già provato l’espe-rienza di chiudere gli occhi durante una fortetensione spirituale: in momenti di dolore insoppor-

tabile o anche in momenti di indomabile piacere egioia. Ma potete fare una simile esperienza anchenell’ ascolto della musica chiudendo gli occhi, se vifate coinvolgere da determinati passaggi duranteuna rappresentazione ottimale degli interpreti. Equesto magico momento può accadere anche inuna sala da concerto, poiché il pubblico respira ap-pena nell’incantesimo della musica. Così nell’indivi-duo può rafforzarsi la fiducia, che ci sia ancoraqualcos’altro oltre questo mondo dominato dallamateria, dal denaro e dal potere, dal calcolabile edal fattibile, un mondo migliore che si manifestaancor più che nelle parole nei suoni. In questomodo può accadere perfino questo: ‘la fede è fon-damento delle cose che si sperano e prova di quelle

che non si possono vedere”.Questa è la definizione dellafede nella ‘Lettera agli Ebrei’(11.1.) del Nuovo Testamento:la forte fiducia in ciò che sispera si ripone su un essereconvinti delle cose che non sivedono o che non si possonovedere.Ma adesso la domanda di chiu-sura, che va oltre una genericafiducia nella vita più generale:può un uomo intelligente cre-dere ancora in Dio in un’epocasecolarizzata ? La domanda “se”è in relazione alla domanda“come”: come si crede oggi inDio? Su queste due domandeho meditato per decenni, e ri-flettuto, e la mia risposta hocercato di riassumerla in modo

comprensibile nel mio libro ‘In che cosa credo’. Sono per ‘una fede in duplice senso consapevole/ra-zionale’ che è razionale al di là della ragione, oltre lesue potenze e i suoi limiti. Questa è una fede che harispetto per ‘l’inspiegabile’, che rimane consapevoleche la realtà di Dio non può essere colta intellettual-mente dagli uomini.Per chiarire ancora un po’: tale ‘Fede’ sa distingueretra autentici miracoli di guarigione e leggendari mi-racoli della natura. È una fede che intende la nascitaverginale in senso simbolico e non biologico. Unafede che intende le descrizioni apocalittiche dellafine del mondo nel Nuovo Testamento e nel ‘Diesirae’ del ‘Requiem’ non come una sceneggiaturadell’ultimo atto della tragedia dell’umanità, bensìcome immagini e racconti di ciò che è imperscruta-bile dalla pura ragione, di ciò che è temuto e spe-rato, come attestato di fede della grande domandadi dove va l’universo e la vita dell’uomo. È una fedeche sa distinguere tra la resurrezione di un cadaveree il passaggio dalla morte in un vero aldilà di spazio

28

MUSICA E FEDE

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 26

Page 28: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

molto rilassante e consolatoria! E ringrazio Dio, chemi ha concesso la fortuna, di procurarmi l’occasione– comprendetemi – di riconoscerla come la ‘chiave’della nostra vera felicità’.E aggiunge: ‘Non mi metto a letto senza pensare,che, forse, giovane come sono, non ci sarà un altrogiorno – e nessun uomo di tutti quelli che io cono-sco potrà dire che io sia stato nelle mie relazioni im-bronciato o triste. E per questa felicità ringrazio ognigiorno il mio Creatore e auguro questo di tuttocuore a ognuno dei miei simili.’Per tutto questo il ‘Requiem’ di Mozart è tutt’altroche una musica funebre sconsolata. Nel primo movi-mento viene annunciato il messaggio decisivo: dap-prima un paio di battute dell’orchestra e poi il Corocon il verso: ‘Requiem aeternam dona eis, Domine’ –‘l’eterno riposo dona loro, Signore’ – il tutto compo-sto in un oscuro malinconico ‘re minore’. Poi improv-visamente la svolta in uno splendente ‘fa maggiore’.Con un potente Tutti all’unisono, prima fortissimo,poi pianissimo, la promessa della vita, di una vitaeterna: ‘lux perpetua luceat eis’: la luce eterna, che èDio stesso, li illumini!Anche nei movimenti seguenti di questo ‘Requiemin re minore’ si impone una tonalità nel modo mag-giore. Questo vale soprattutto nel cupo inno medie-vale ‘Dies irae’ – ‘giorno della collera’ - con i suoitesti apocalittici, che il papa controriformatore Pio v, primo grande inquisitore, introdusse obbligatoria-mente nelle messe funebri. Soprattutto in rapportoall’invocazione: ‘Pie Jesus – dolce Gesù ‘, che può es-sere un giudice misericordioso, percepiamo tonichiari, consolatori. Questo testimonia la composi-zione di Mozart: una profonda fede in Dio e nellavita eterna. Fede in Dio, come fiducia in Dio.Il 5 dicembre 1971 Mozart, già abituato all’idea dellamorte, già da tempo malato, ma pur sempre crea-tivo, muore inaspettatamente. La partitura mozar-tiana si conclude con il verso: ‘lacrimosa dies illa’ –veramente un giorno di lacrime! Da allora gli stu-diosi discutono su ciò che nell’ultima parte del ‘Re-quiem’ deriva dagli schizzi di Mozart o daicompletamenti da parte del suo allievo Franz XaverSuessmayer. Altri ne fecero versioni migliorate. Maquesta sera ascolterete la migliori di tutte, grazie allascelta del maestro Claudio Abbado.‘I compositori e la loro Fede’: la fede dei compositoripuò aiutare a capire meglio le loro opere. E la pro-fonda fede di Mozart, tradotta in musica, può forseessere di ispirazione. Se siete ‘credenti’ o ‘non cre-denti’ o oscillate fra le due posizioni e siete alla ri-cerca, a tutti auguro che il concerto che ascolteretenello spirito di Mozart possa diventare un’espe-rienza profondamente sentita e luminosa.@

(Si ringrazia il dott. Francesco Acquaviva per la tra-duzione dall’ originale tedesco)

2529

e tempo, in una sfera per la quale, secondo Imma-nuel Kant, non è competente la ragion pura ma lafede. Capite bene signore e signori, quindi nessunafede irrazionale, nessun ‘credo quia absurdum’. Maanche nessuna fede che voglia costringere, con ar-gomentazioni, all’ubbidienza. Piuttosto una fedeche vuole invitare con buone ragioni. Quindi unafede in Dio profonda, ancorata alla fiducia della vita,che non procuri una assoluta sicurezza , ma regaliuna tranquilla consapevolezza. Se posso tornare al-l’inizio del tutto personale di questo discorso: sullafede ho riflettuto e scritto tutta la vita, e facendoquesto ho anche combattuto contro il processo diallontanamento di molti uomini dalla fede cristiana.Ho 84 anni vissuti in certa misura anche in modoonorevole, così che oso citare adesso dalla Bibbia la‘Lettera a Timoteo’ (2 Tim 4,6-8): “Il tempo del miocommiato incombe: ho combattuto la giusta lotta, ilpercorso è compiuto, ho conservato la fede”.Ho conservato la Fede? Per me non è affatto cosìovvio, aver conservato la Fede attraverso decenni diuna vita non certamente noiosa, ma spesso fati-cosa e conflittuale. E, in verità, senza la musica, cheascolto giornalmente, non ce l’avrei fatta. Cari amicidella musica, non posso augurarvi di meglio che lamusica, la sua forza emozionale, la sua incompara-bile forza espressiva, la sua bellezza, che coinvolgesensi e spirito, possa aiutarvi a percorrere instanca-bilmente la vostra strada. Forse la musica può rega-larvi perfino la conoscenza di una realtà del tuttodiversa, nella sfera dello spirito, nella dimensione in-finita, nell’eternità senza tempo.La musica di Mozart è senz’ombra di dubbio partico-larmente adatta a questo – anche se la ‘Messa da Re-quiem’ a qualcuno non sembra proprio adattacome opera di apertura di un Festival musicaleestivo. ‘Opus summum viri summi’: ‘La più grandeopera di un grande uomo’ ha scritto il Kantor dellaThomaskirche di Lipsia, Johann Adam Hiller, nellasua trascrizione del ‘Requiem’, redatta già nel 1792,un anno dopo l’inaspettata morte di Mozart . Non sose Nikolaus Harnoncourt ha ragione quando defini-sce il ‘Requiem’ come unica opera di Mozart con rife-rimenti biografici. Ma è sicuro che questacomposizione musicale di Mozart corrisponde allasua fede e la esprime. Mozart era diventato negli ul-timi anni più serio e aveva manifestato la sua posi-zione nei confronti della morte a suo padre già inoccasione della morte del suo coetaneo ‘carissimoamico Conte Hatzfeld’ . Scriveva il 4 aprile 1787 davienna a suo padre, molto malato, a Salisburgo –solo tre anni prima dell’inizio della composizionedel ‘Requiem’ - : ‘Poiché la morte – diciamo le cosecome stanno – è il vero fine ultimo della nostra vita,già da alcuni anni ho preso dimestichezza con que-sto vero, miglior amico dell’uomo, tanto che la suaimmagine non mi fa nessun effetto, anzi la trovo

MUSICA E FEDE

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 27

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 29: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

30

laghi, mari e monti evocati dalla poetica romantica eculminanti nel concetto stesso di ‘Naturlaut’ chenutre la poetica di sommi autori come Gustav Ma-hler. E ancora, in tale ambito di pensiero creativo,temporali e tempeste disseminati nel più alto reper-torio sinfonico o operistico, specie del Sette e Otto-cento. E gli esempi si potrebbero moltiplicare,allineando una gigantesca casistica in tal senso. Maresta il fatto che il rapporto tra ‘Realtà e Rappresen-tazione’, rapporto che è sotteso a tutta la storia dellapittura ( anche di quella astratta e informale come èstato rimarcato nel convegno), della scultura, dellafotografia, della cinematografia, della Televisione,del video; e un tempo delle incisioni e delle stampe,delle decorazioni della casa e della chiesa, dell’ ar-redo urbano; è ben diverso rispetto al rapporto tra‘Realtà e Opera artistica’ nel caso della musica.Le note stesse, come è stato sempre osservato con

a musica in questo dibattito entra in una ma-niera molto importante perché non è un’ arte, o me-glio una tecnica artistica, che rappresenta in mododiretto ( come può essere in pittura l’ esecuzione diun ritratto) un preciso stato di realtà ( comunque sivoglia interpretare il termine “realtà” ) se non peraspetti per lo più marginali e spesso neppure deter-minanti. Certo, Olivier Messiaen si è ispirato da uncerto momento in poi della sua parabola, al cantodegli uccelli e innumerevoli compositori elettronicihanno versato nel loro lavoro suoni e rumori, più omeno distorti, campionati e rielaborati, tratti diretta-mente dalla realtà circostante o prodotti diretta-mente dagli elaboratori. I rumori della cittàispirarono i presupposti della poetica musicale futu-rista e Arthur Honegger scrisse un pezzo memora-bile che “rappresenta” magistralmente il treno‘Pacific 231’, per non parlare degli infiniti boschi,

cervello e mente nell’interpretazione del Bello. convegno a roma

NoN è BeLLo cIò che è BeLLodi claudio Strinati

L’ incontro scientifico di grande interesse ha anche ricordato come siano stati proprio gliumanisti, i critici d’ arte, i filosofi a sollevare una serie di argomenti che riservano ancoramolte sorprese e molte possibili scoperte.

L

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 28

Page 30: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

31

NEUROSCIENZE

che il contrario. Ciò che trova riscontri notevoli nellamusica. E’ ormai normale, ad esempio, che esistanoin giro per il mondo tanti e formidabili pianisti clas-sici di nascita cinese, mentre è di sicuro meno dif-fuso il fatto che vi siano forti musicisti occidentalidediti in modo pressoché esclusivo all’ Opera tradi-zionale cinese classica, o al teatro No giapponese,pur avendo queste forme musicali gran numero distudiosi e estimatori, peraltro da secoli, nell’ area oc-cidentale. Analogamente la cucina indiana e cinese è diffusis-sima in tutto il mondo ma è più facile che un cineseapprezzi una pizza e un piatto di spaghetti ( che pe-raltro sarebbero stati inventati dalla sua tradizione)che un occidentale si delizi veramente con i Nidi dirondine o con i ‘veri’ cibi orientali. Infatti è notoriocome molti dei più rinomati ristoranti cinesi o giap-ponesi attivi ( e sovente con successo strepitoso)nell’ universo occidentale, dall’Europa alle Americhe,all’ Australia, siano edulcorati nelle acclamate propo-ste gastronomiche sovente adeguate al palato occi-dentale. Non così accade per la ristorazione italianao francese in giro per il mondo. Un piatto di spa-ghetti fatto come si deve ( ammesso che una taleformula abbia un senso critico) non deve essereedulcorato per altri palati ma deve essere propriocome prescrive la tradizione da cui è nato.Questo esempio ( realmente proposto nell’ ambitodel convegno) può dare una possibile chiave di let-tura del ben più arduo problema inerente alla defi-nizione del concetto di Bellezza per come la menteumana possa strutturarlo e descriverlo in diversetradizioni e mentalità, tutte ovviamente degne di re-cepire e elaborare tale concetto. Ma non c’è dubbioche va ben rimarcato ( e sommamente nella musica)come il concetto di ‘modello di bellezza’ sia profon-damente diverso nella conoscenza antropologicadelle diverse tradizioni culturali, il che fa pensareche il cervello sia certamente organizzato e struttu-rato per decifrare la bellezza nell’ ambito delle suepercezioni, ma più dal punto di vista delle strutturedella percezione stessa, costanti al mutare delle co-gnizioni e delle abitudini, che dei contenuti. In pa-role povere avrebbe sempre più ragione EmanueleKant che parla di ‘categorie’ della conoscenza inten-dendo quegli schemi mentali depositati nel cervello‘a priori’ attraverso i quali la mente stessa passa alvaglio ciò che viene scoprendo e può dunque cono-scerlo, però, solo dentro questa specie di strettoieobbligate. Se si esce da tali strettoie articolate nelloSpazio e nel Tempo come categorie universali dipercezione e ordinamento, tali da generare anchequelle che Kant chiama le idee estetiche, subentra lapatologia, il cosiddetto ‘disturbo mentale’, la de-menza, l’ incomprensione, la follia. Molte forme diarte contemporanea e di musica in particolare sonostate bollate all’ atto della loro apparizione come fol-

continui ‘distinguo’ e precisazioni teoretiche da Pita-gora a Boezio a Kircher a Schönberg, esistono e nonesistono in Natura, tanto che proprio il criterio deltemperamento della scala, estraneo a tante tradi-zioni specie orientali, non è chiaro se debba essereconsiderato ‘naturale’ o anch’ esso ‘artificiale’. La do-decafonia si basa anch’ essa sulla scala temperata maper molti ascoltatori, passati e presenti, risulta senon innaturale per lo meno non dotata di quella na-turalezza di percezione che può ravvisarsi nella mu-sica romantica e in tanti altri momenti della storiadella musica occidentale. Un po’ meno ‘naturale’suona, però, tanto repertorio riconducibile al Me-dioevo fino all’Ars Nova. Ci si chiede, quindi, come ilcervello umano acquisisca l’ esperienza musicale e vidistingua aspetti logici e consequenziali e aspetti il-logici, scoordinati fino all’ incomprensibilità chequindi, di per sé, espungerebbe il concetto stessodel Bello.Chiunque segua i concerti sa bene che molti abbo-nati, per esempio di Santa Cecilia a Roma, sono in-sofferenti se viene presentato un pezzo cosiddetto‘moderno’ che spesso, a ben vedere, può essere facil-mente un brano anche degli anni dieci o venti delNovecento, quando la maggior parte degli abbonatistessi non era neanche nata, dunque un brano ’an-tico’. L’ affermazione in base a cui la musica ‘moderna’non verrebbe ‘capita’( dunque la funzione cerebraleper antonomasia, cioè non accolta nei meccanismidi comprensione pur presenti in un normale cer-vello) e non direbbe niente a determinati ascoltatori,continua a circolare oggi come sessanta anni fa. Segli appassionati della cosiddetta ‘modernità’ restanosempre in molti, è altrettanto vero che la distinzionetra musica che si capisce e musica che non si capisceè ancora fortemente radicata. E qui scatta il pro-blema, introdotto dal prof. Maira nel convegno e svi-luppato in quella sede da vari studiosi, scienziati eno, inerente al punto decisivo: il Bello. La menteumana concepisce e conosce il Bello ma tale affer-mazione sembra fermarsi sul piano dell’ immediatomentre definire tale, sia pur ovvio, concetto non è fa-cile. Certo intuitivamente ( lo si è a lungo ribaditonell’ incontro alla Protomoteca anche con riferimentiespliciti al campo musicale) la ‘Bellezza’ è armonia,pacificazione, stimolante esperienza, soddisfaci-mento di un orizzonte di attesa condiviso dalla mag-gior parte dell’ umanità, ma, in paragone alnutrimento fisico scaturente dal cibo, è ben notocome vi siano tradizioni culturali che consideranocommestibili determinati alimenti che sono giudi-cati addirittura non commestibili o al limite del di-sgusto da altre. E’ pur vero che, nel campo della gastronomia ( tut-t’altro che trascurabile nell’ ambito speculativo) sem-bra di notare un maggior adeguamento dellatradizione orientale a quella occidentale, piuttosto

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 29

Page 31: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

lezza, ci si è ripetutamente chiesto nel convegno,sono la stessa cosa nella percezione dell’ essere vi-vente? Sì e no. Certo l’ estetizzazione del vivere e l’individuazione della necessità del piacere sensoriale(articolato nei cinque canonici sensi stabiliti da unatradizione antichissima e validi forse in tutto ilmondo animale) sembrerebbe un dato di fatto va-

lido sempre e comunquee l’ antropologia lo ha di-mostrato in modo incon-trovertibile. Ma il vecchioproverbio che dice comenon sia bello ciò che èbello ma sia bello ciò chepiace, non può esseresmontato da alcuna presadi posizione filosofica, nédal solenne pensiero kan-tiano né dal cognitivismonovecentesco, né dal po-stmodernismo. Ed è pro-prio la musica un terrenodi esplorazione che in-

duce a confermare l’ antico adagio della tradizionepopolare, perché nel suo rapporto labile e imprecisocon la realtà della Natura, più di ogni altra tecnicaartistica sembra avere il diritto di appellarsi proprioalla dimensione della ‘Natura naturans’ per come fudescritta dagli antichi filosofi. Ha, cioè, la sublime fa-coltà di modellare il proprio linguaggio diretta-mente sugli impulsi emotivi e sentimentali cheregolano l’ esistenza, senza l’ esigenza di rappresen-tarli, trovando quindi la propria ‘naturalità’ nella suastessa essenza, in base a cui la musica, ad esempio,cosiddetta tonale è soltanto un aspetto, generantela più alta soddisfazione, ma pur sempre un aspettoche non ha diritto a essere eletto a unico, non tra-endo la propria legittimazione da niente altro chenon sia il naturale e incessante spirito di ricerca dellamente, che intende considerare l’ Arte terreno diesplorazione e scoperta. E’ questo un possibile con-cetto di Bellezza, forse non meno valido di quellonormalmente da tutti conosciuto e apprezzato.@

lie, stupidaggini, prese in giro, fino a arrivare a tac-ciare gli autori di ossequio pedissequo alla moda delmomento, opportunismo, adeguamento a standardinventati da geniali truffatori del pensiero e impostia un pubblico ignaro grazie a forme di snobismo chefunzionano sempre nella storia dell’ umanità, comeracconta la favola dei vestiti dell’ imperatore che, pertronfia dabbenaggine,resta, in realtà, nudo manessuno può permettersidi farglielo notare finchéuna voce spontanea esincera spiega a tutti e alui stesso l’ evidente as-surdità di un monarcache sfila nudo per la città,dopo essere stato con-vinto dai furbi finti sarti diaver indossato uno stra-ordinario tessuto invisi-bile. ‘Il re è nudo’, eccouno dei grandi argomentiinerenti al funzionamentodel cervello rispetto all’ Arte. Molti che dicono: ionon capisco niente di fronte a un’ opera d’ arte ( spe-cie un’opera d’arte musicale che non accettano eche li disturba) vogliono in effetti sostenere: l’ operanon è degna di essere capita perché è una porcheriae, in definitiva, proprio per questo motivo non esiste.E’ una presa in giro, si pensa, e servirebbe solo acreare una divaricazione tra chi comanda e chi ubbi-disce, tra chi ha successo e chi è destinato a rodersinell’ invidia e nella separazione. La Scienza in chesenso può aiutare a comprendere meglio tutto ciò?Come è noto uno dei progressi più grandi e entusia-smanti nello studio del cervello è stato quello dellaprogressiva individuazione dei ‘centri’ del cervellostesso, ciascuno preposto a una funzione. In talsenso è ormai chiaro come il linguaggio, e quellache potremmo definire la funzione estetica e crea-tiva, abbiano degli spazi peculiari nel cervello, che èl’ organo che tutto governa e controlla. L’ Arte è de-positata nel cervello ma ciò non significa che vi siadepositato il concetto in sé della Bellezza. Arte e Bel-

the BeautIFuL BraIN. ScIeNZa e arte

L’ Associazione scientifica Atena Onlus, con l’ Università Cattolica, il Policlinico A. Gemelli e il Comune di Roma, haorganizzato, nella sala della Protomoteca in Campidoglio, il convegno intitolato “ The Beautiful Brain. Scienza e Arte,il ruolo del cervello e della mente nell’ interpretazione del Bello”, per promuovere un dibattito neuroscientifico efilosofico, diretto dall’eminente neurochirurgo prof. Giulio Maira, sui rapporti e connessioni tra le opere artistichee le funzioni del cervello.

NEUROSCIENZE

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 30

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 32: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

I GIaMBroNI Fogli d’Album

el nuovo governo della città di Palermo, pre-sieduto dal già sindaco Leoluca Orlando, in due ruolichiave del nuovo gabinetto compaiono i due fratelliGiambrone. Il primo, Fabio, classe 1965, senatoreIDv, segretario regionale del medesimo partito, nelruolo di ‘ministro degli esteri’ di Orlando; il secondo,Francesco, classe 1957, in quello di assessore allacultura, ruolo già ricoperto negli anni Novanta, dalquale passò alla sovrintendenza del Teatro Massimo.Chi dei due ha dato in questi anni una mano all’altronon importa; tra fratelli ci si aiuta. Giambrone Fran-cesco, dopo l’esperienza al Massimo, ha girato al-cune università, ma non per perfezionarsi nei suoistudi ( di medi-cina?), bensì per in-segnare come sigoverna una istitu-zione culturale,come il Massimopalermitano, ecome sicuramenteaveva fatto prima,anche da asses-sore.Francesco, più re-centemente, è tor-natosovrintendente aFirenze - in quelcaso, ovviamente, il fratello senatore nulla avrebbepotuto fare per lui! - dopo il commissariamento affi-dato all’onnipresente Nastasi; quando ne è uscito,dopo alcuni anni, il suo successore, la dott. France-sca Colombo ha rivelato di aver trovato un buco diqualche decina di milioni di Euro ( venticinquecirca!) nei bilanci del teatro, che ora le tocca ripia-nare.Per questo ed altri meriti amministrativi, GiambroneFrancesco è tornato ad amministrare Palermo e, si-curamente, mira a riprendersi la sovrintendenza delMassimo, come farebbero intendere i recenti attac-chi al sovrintendente prof. Cognata, che a suo sfa-vore avrebbe il settennato di bilanci in pareggio o inattivo, e la nomina a direttore artistico di un registanon musicista, come non ha mancato di rimprove-rargli il medico/musicologo Giambrone, in un re-

cente convegno al Conservatorio di Palermo, di cui èanche presidente. A difesa di Cognata, non è laprima volta che lo fa, s’è schierata Carla Moreni del‘Sole 24 Ore’, la quale l’ha fatto solo perché vuole di-fendere un ottimo amministratore. Giambrone alsuo arrivo ha programmato una stagione al Teatro diverdura, alla quale non ha partecipato, quest’anno, ilMassimo.A giudicare dalle prime schermaglie fra l’assessoreed il sovrintendente, è evidente che GiambroneFrancesco vuole rifare lo stesso percorso degli anniNovanta, potendo contare, in questa occasione,anche sull’appoggio del fratello, oltre che su quellodel sindaco.Noi non avremmo preso di petto Cognata per dirgli

apertamente chedeve dimettersi,piuttosto gliavremmo fatto no-tare certe incon-gruenzecostosissime dellasua programma-zione, come la ‘Te-tralogia’wagneriana cheoccuperà buonaparte della sta-gione che sta periniziare, con inter-preti e regista tutti

stranieri, che in tempo di crisi è come portare i soldiall’estero. A queste quisquilie Giambrone Francesco non facaso. Lui guarda lontano, come sempre; infatti, distrada ne ha fatta tanta da quando lo conoscemmo,a metà degli anni Ottanta. Ancora giovanissimo, cichiese di scrivere da Palermo per ‘Piano Time’ e noigli rispondemmo negativamente avendo già affi-dato l’incarico all’ottima Sara Patera, critico musicaledel ‘Giornale di Sicilia’. Da quel momento in poi nonsi è fatto più vivo con noi; in compenso, sebbenenon abbia scritto per ‘Piano Time’, molti hannoscritto ogni giorno delle sue gestionali imprese (P.A.)

N

Francesco Giambrone

33

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 31

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 33: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

34

Durante la vita diSchumann, oltre a ClaraSchumann, interpretid’eccezione del concertofurono Brahms, AlfredJaëll e WilhelmineClauss-Szarvady; neglianni Sessanta dell’Otto-cento, dopo la morte diRobert, anche Anton Ru-binstein mise l’Op. 54 inrepertorio, divenendoneuno degli esecutori piùautorevoli; e gli allievi diClara, alla fine degli anniSettanta, hanno traman-dato la tradizione inter-pretativa “autentica” nel‘900. Tra questi, soloFanny Davies ci ha la-sciato una registrazionedel 1928: probabilmentefedele agli insegnamentidi Clara. Quella incisione,dai tempi molto svelti edalla sonorità un po’ monocorde, fa cogliere le diffe-renze tra le diverse scuole della metà dell’ Otto-cento. Paragonandola infatti all’incisione di Emil vonSauer (1940), ormai vecchissimo, coetaneo della Da-vies, ma allievo di Liszt e non di Clara, risultano evi-denti scelte interpretative radicalmente differenti,per quanto la scarsa qualità di registrazione ci per-metta di giudicare.

dal XIX al XX Secolo

Se della generazione dei pianisti nati intorno al 1860non ci restano altre testimonianze, ricco è invece illascito dei pianisti che - nati nell’800 – hanno svilup-

pato il loro stile sul pia-noforte del XX secolo. Libera, vivace ed intri-gante è l’interpretazionedi Alfred Cortot, nella suaincisione più tarda conFerenc Fricsay: tempi me-ditativi - intramezzati dagrandi “rubati” - e cambidi sonorità repentini edemozionanti. Più rigorosae fedele alla tradizionetedesca è Wilhelm Bac-khaus, la cui incisione piùrecente è con GünterWand, del 1960, in ste-reofonia. L’età avanzatadi Backhaus non traggain inganno: oltre all’indi-scussa raffinatezza deltocco e all’eleganza stili-stica nei fraseggi più in-timi, la registrazionerigurgita di freschezza in-terpretativa: un capo-saldo discografico del

concerto di Schumann. Molto simile a questa lineainterpretativa, anche se con meno respiri, è la ver-sione del concerto di Artur Schnabel, purtroppo nonsupportata dalla stereofonia. Più recente - e di mi-gliore qualità sonora – è, invece, la testimonianza di-scografica di Arthur Rubinstein. Decisamente piùmeditativo in vecchiaia, il grande pianista polacco ciregala un’interpretazione riflessiva e attenta al dia-logo con l’orchestra.Se di Kempff esistono solo pochi frammenti giova-nili, Walter Gieseking è stato invece tra i più autore-voli interpreti della sua generazione. I tempi, nellasua edizione, risultano ben più turbinosi che nelleinterpretazioni appena citate - complice probabil-

Tra i tanti primati del Concerto in la minore op.54 di Robert Schumann, vi è la sua co-stante presenza nel repertorio dei pianisti, dalla sua prima esecuzione sino ai nostrigiorni. Addirittura, una statistica degli anni ’80 affermava che il Concerto di Schumannera il più eseguito al mondo.

Le interpretazioni del concerto di Schumann

Il concerto dei concertidi Marco veneziani

Schumann in disco

Clara Schumann

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 32

Page 34: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

siglia quella con victor De Sabata e la New York Phil-harmonic, dove il dialogo e l’intesa con l’orchestrasono eccellenti.Serkin, come nel suo stile, dà un’interpretazione dalromanticismo molto lineare: lontana da qualsiasisentimentalismo, pur non risultando mai fredda oinespressiva. Il suono è sempre limpido, il pedalemai invadente e i tempi meravigliosamente eleganti,sebbene la totale assenza di ‘rubato’ potrebbe gene-rare qualche perplessità. Nell’incisione con EugeneOrmandy e la Philadelphia Orchestra, c’è anche unasplendida edizione dell’Introduzione e Allegro Ap-passionato Op.92, che si mantiene sulle linee inter-pretative del concerto.

Generazione di Fenomeni

I pianisti che irromponosulla difficile scena euro-pea dei primi anni ’40 -quando i colleghi piùmaturi e affermati sonofuggiti in America o ten-gono concerti sotto ibombardamenti per rin-cuorare gli animi -hanno consegnato almondo del dopoguerraun’eredità musicale me-ravigliosa. Artisti chehanno saputo maturarel’esperienza dei loromaestri per elaborare ecodificare il pianismodei nostri giorni.L’incisione del concertodi Schumann di Sviato-slav Richter per la Deut-sche Grammophonrappresentò il debuttodel gigante russo nelladiscografia occidentale.In quel disco, oltre l’im-

pressionante perizia tecnica della ‘Toccata’ Op. 7 edella ‘Novelletta’ n°1, il pubblico aprì gli occhi su unmodo tutto ‘sovietico’ di vedere il romanticismo te-desco, dove il viziato gusto tardo-ottocentesco zari-sta era stato spazzato via dalla Rivoluzioned’Ottobre. Lo Schumann di Richter, infatti, era piùteso verso le sue radici beethoveniane che alla ere-dità brahmsiana. Aveva un senso compiuto solo seascoltato dall’inizio alla fine, chi si soffermava sullasingola frase non poteva che criticarlo… Eppurequella di Richter è l’edizione del Concerto passataalla storia. Nello stesso disco, nell’edizione econo-mica in CD, è incisa anche l’Introduzione e l’Allegroappassionato Op. 92 in quella che forse è la sua ver-

mente la direzione di Furtwängler – ma il risultatomusicale, per quanto sia più diretto, funziona perfet-tamente. Più cristallino e ‘sottovoce’, invece, è ilsuono della sua coetanea Clara Haskil, che non ri-nuncia comunque a tempi molto scorrevoli, soprat-tutto nel terzo movimento. Più lenta, ma meno‘femminile’ nel suono e più generosa nell’uso del pe-dale, è invece Myra Hess nella sua celebre incisionecon Dimitri Mitropoulos.Josef Hoffmann, Sergej Rachmaninov ed Edwin Fi-scher sono, invece, i grandi assenti nel panorama di-scografico del concerto di Schumann di quegli anni,anche se è molto probabile che tutti e tre lo aves-sero in repertorio.

I ‘ragazzi’ dell’Inizio del Secolo

Se molti critici sosten-gono, addirittura, che ilprimo decennio del ‘900abbia dato i natali ai piùgrandi pianisti del secolo,non si può negare cheuna triade di artisti natiproprio in quegli anni –se non altro per longe-vità – sia stata la più rap-presentativa delpianismo del XX secolo.Tra questi tre eterni “ra-gazzi”, nonostante nonavesse mai trascurato lamusica di Schumann e cene avesse regalato pa-gine memorabili, vladi-mir Horowitz non ha maiinciso il ‘Concerto in laminore’ né, tantomeno,risulta che lo abbia maieseguito pubblicamente.Se l’estroso pianista russotrascurò il Concerto,però, non si può dire lostesso di Claudio Arrau e di Rudolf Serkin, che nesono stati interpreti insigni, attenti, raffinati e, so-prattutto, molto imitati.Arrau, che di Schumann è stato uno dei massimi stu-diosi ed interpreti, ha ridimensionato molto i tempi,prendendo alla lettera i cambi di andatura del primomovimento. I suoi cantabili sono molto chiari e quasimai sotto il ‘mezzoforte’; e il terzo movimento, perquanto meno scorrevole che in altre interpretazioni,può considerarsi come una ‘radiografia’ della parti-tura in cui emergono i più minuziosi dettagli dellatrama schumanniana. Un’interpretazione che, anchechi non l’ama, non può non apprezzare. Delle molteincisioni del concerto che Arrau ci ha lasciato, si con-

SChumann in disco

Martha Argerich

35

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 33

Page 35: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

36

sione migliore. I tempi scelti da Richter, infatti, moltopacati e riflessivi, ‘rilassano’ il discorso musicale delpezzo.Nella sua breve vita, anche Dinu Lipatti riuscì a la-sciare delle tracce indelebili nella storia del piano-forte: la sua edizione con Karajan alla guidadell’Orchestra di Lucerna ha contribuito senz’altro aperpetuare il suo mito. Nonostante la qualità dell’in-cisione non sia eccellente, sono impressionanti i co-lori del fraseggio e le tante finezze di dialogo trapianoforte e orchestra. A differenza di altri interpreti,che hanno bisogno di rallentare per essere piùespressivi, Lipatti era capace di esprimere un ecce-zionale lirismo anche nei passaggi più veloci. Meritodi un suono che sapeva ‘vibrare’ come fanno le cordedi un violino. Queste caratteristiche in Schumann ri-sultano più efficaci che mai: chiunque non cono-scesse questo disco, colmi appena può questalacuna.Se non fosse per ilpoco rispetto che siha per le volontà diArturo Benedetti Mi-chelangeli, del suoConcerto oggi dispor-remmo solo di unascadente registra-zione del 1942 incisaalla Scala, ma che nonrende giustizia allagrandezza dell’inter-pretazione. Infatti, nelcorso della sua car-riera, pur suonandolospesso, non ne incisemai una versione uffi-ciale. La leggendavuole che dopo il suoprimo malore, all’ini-zio degli anni No-vanta, Michelangeliprendesse accordiper registrarneun’esecuzione dalvivo ma - comespesso succedeva – una volta riascoltata l’esecuzionenon ne fu soddisfatto. Alla sua morte, venne subitopubblicato un cofanetto con le registrazioni dei suoiconcerti in vaticano, contenente - tra le altre cose -un’esecuzione del Concerto degli anni ’60: splendidama di scarsa qualità sonora. Negli anni, altre edizioniancora più vecchie e di qualità più scadente hannocominciato a circolare nei negozi di dischi. Pochianni fa, invece, la Deutsche Grammophon fece uscireun CD contenente la registrazione dal vivo con l’Or-chestre de Paris, diretta da Barenboim. Le differenzestilistiche rispetto alle precedenti registrazioni sono

diverse: soprattutto nel terzo movimento, c’è più ri-flessività. Ma restano intatti i tratti distintivi del“Maestro”, come amiamo tutti chiamarlo, nonché lasua rigorosa perfezione formale.Un’edizione alquanto rara del Concerto eseguito daSergio Fiorentino è stata recentemente digitalizzatae resa disponibile sul mercato. Si tratta di un’inci-sione del ‘58, con la direzione di Erich Riede, con laHamburg Pro Musica Orchestra. Questo disco, nono-stante la registrazione non sia di buona qualità,mette in luce tutte le magnifiche doti del maestronapoletano: pulizia di suono ed eleganza espressiva. Nel CD, anche una bella versione del ‘Carnaval’.Di Emil Gilels, non ci sono pervenute edizioni disco-grafiche commercializzate, ma solo un filmato deiprimi anni ’80 con la Filarmonica di Mosca: tecnica-mente non ineccepibile, ma impeto, grinta e carat-tere sono quelli ci hanno sempre fatto amare il

pianista “russo dai capellirossi”.

I pianisti ancora sulla breccia

Ed ora i grandi pianisti checontinuano a essere unpunto di riferimento per lanostra epoca e che, nono-stante l’età, continuano amostrare una grande fre-schezza interpretativa: a te-stimoniare che è vero che lamusica mantiene giovani.Nello sconfinato repertoriodi Martha Argerich, il ‘Con-certo in la minore’ occupacertamente un posto diprimo piano. Da quando hadeciso di non esibirsi più inrecital di pianoforte solo -ormai più di vent’anni fa - èmolto più frequente ascol-tarla con l’orchestra, e le sueesibizioni schumannianenon sono rare. I tempi sono

sempre serrati, il tocco ‘percussivo’ è sempre inci-sivo. La personalità burrascosa traspare in ogninota. Forse, ogni tanto, qualche ‘respiro’ rilasserebbegli ascoltatori: ma la Argerich noi la amiamo cosìcom’è.Oltre a varie esecuzioni in studio, tra cui spiccaquella con Harnoncourt, la Argerich ha autorizzatoanche numerose edizioni dal vivo.Resta sempre un caposaldo dell’interpretazioneschumanniana anche la registrazione del 1963 divladimir Ashkenazy, con la direzione di Maazel e laLondon Symphony Orchestra. Forse lo stile di

Schumann in disco

Murray Perahia

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 34

Page 36: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

37

Ashkenazy non è più lo stesso di quegli anni, e unasua esecuzione di oggi non sarebbe così trascinante;ma in questa versione, oltre l’ ardore giovanile e lanotevole fluidità tecnica, c’è molto equilibrio e pocodesiderio di spiccare sull’orchestra - come Schu-mann voleva.Nell’infinita attività musicale di Daniel Barenboim,spicca un’incisione dal vivo con la Filarmonica di Mo-naco e Sergiu Celibidache sul podio. Qui, il dato rile-vante è la ricerca di una sonorità comune tra piano eorchestra e la cura del dialogo tra gli strumenti. Peralcuni ascoltatori potrebbe risultare troppo ‘didasca-lica’, ma rimane comunque molto interessante.L’edizione di Alfred Brendel con Abbado e la LondonSymphony Orchestra, invece, ne mette a nudo glielementi più ‘classicheggianti’, complice un uso limi-tatissimo del pedale e una grande importanza dataalle pause, soprattutto nel primo movimento. Nelterzo tempo, esaltante ilgrande impatto sonorodella conclusione. Neldisco è inciso anche il‘Konzertstuck’ Op. 79 diWeber, il cui ascolto, dopoSchumann, lascia spazio ariflessioni stimolanti.Molto fascinosa è anchela versione di Radu Lupu,con la direzione di AndréPrevin. La vasta gammasonora del pianista ru-meno si adatta moltobene alla musica di Schu-mann. Nei toni più ruvidi,Lupu propone sonoritàbrahmsiane; nelle paginepiù delicate, invece, colorischubertiani. Una curio-sità: negli arpeggi di set-tima di dominante ispiratial primo tema nella coda,un orecchio attento puònotare Lupu che eseguegli accordi che interval-lano gli arpeggi un’ottavasopra rispetto all’originale. Supponiamo lo faccia percomodità, visto che così si evitano degli insidiosisalti.Tra gli interpreti più interessanti del Concerto c’èanche Murray Perahia, il quale, sia in Schumann chenella musica della prima metà dell’Ottocento in ge-nere, esprime al meglio le sue caratteristiche. Frasimolto legate ma sempre estremamente chiare,senza troppo pedale ad enfatizzare l’esecuzione.Nelle battute conclusive del finale - durante il rullodei timpani - Perahia esegue gli accordi di chiusuranei tempi deboli invece che all’unisono con l’orche-

stra, rendendo la sua esecuzione ancora più partico-lare. Nel disco con la direzione di Abbado e i BerlinerPhilarmoniker, c’è anche una buona esecuzionedell’Introduzione e Allegro Appassionato Op. 92 eduna delle rare edizioni dell’Introduzione e Allegro daConcerto Op. 34.Nella sua cinquantennale carriera, Maurizio Pollininon ha mai trascurato il capolavoro schumanniano,anche se la prima incisione ufficiale, con Abbado di-rettore, è uscita solo nei primi anni ’90. In questaedizione si prediligono tempi piuttosto tranquilli ri-spetto a quelli usati di solito dai due musicisti, emolta attenzione è rivolta all’orchestrazione, speciedei fiati. Quando venne pubblicata la “Pollini Edition”dalla DG, in occasione del sessantesimo comple-anno del pianista, venne distribuito un CD conun’edizione inedita del 1974, registrata al Festival diSalisburgo, sotto la direzione di Karajan. Il carisma

interpretativo di Pollininelle edizioni dal vivo, anostro avviso, è unadelle sue qualità più in-teressanti, e conferisceben altre emozioni allesue esecuzioni, rispettoalle registrazioni in stu-dio. La differenza si puònotare anche nel caso diquesto Concerto che,nonostante alcune lie-vissime imprecisioni, ri-sulta comunque ben piùstimolante.

I “Giovani”

Purtroppo, con la crisidell’industria discogra-fica, anche i giovani pia-nisti più talentuosi eacclamati incidonomolti meno dischi.Quindi, nonostante ilconcerto sia ancora sal-damente radicato nel

repertorio dei pianisti, non sono molte le registra-zioni degne di nota del nuovo secolo.Tra le più recenti si possono, comunque, segnalarequelle di Evgenij Kissin e di Hélène Grimaud, fra lepiù valide. C’è da augurarsi, infine, che altri pianisti,anche più giovani di loro, ci regalino in futuro altreesecuzioni del’ Concerto’ di Schumann.@

SChumann in disco

Hélène Grimaud

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 35

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 37: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

38

Nella direzione d’orchestra si distinse sempre per vigore e luminosità artistica, per forzadi pensiero e risultati: nell’unico settore della musica musicata in cui vive, e a volte pro-spera, ben prezzolata, la cialtroneria, non infrequente a quote mediatiche e organizza-tive anche molto alte.

Sergiu celibidache, a cento anni dalla nascita

Modernità di un inattualedi umberto Padroni

el ricordare Sergiu Celibidache si intravede unaduplice valenza: l’occasione di riproporre alla ormailabilissima memoria della cultura la figura dell’uomodi musica internazionalmente più importante del se-condo Novecento; e l’ambizione di guadagnare alpopolo della musica - con la messa fuoco della suaconcezione fenomenologica - la condizione originaledell’ascolto musicale dal vivo, unica vitale, dopoquasi un secolo di alterante intrusione tecnologica. Nel corso dell’intensa attività di arte e di pensiero,durata oltre cinquant’anni, Sergiu Celibidache andòmaturando progressivamente - su saldi presuppostiideali assunti dalla battagliata gioventù, a guida co-stante del suo originale essere nella musica - le con-dizioni di un rapporto attivo e fecondo con il suono,che potesse riscattare l’opera musicale dalla defor-mante registrazione, e conseguente riproduzionemeccanica. Il compito che Celibidache si assunseben presto aveva per obiettivo di ricondurre l’uomoa rapportarsi con l’opera musicale in modo imme-diato, in un approccio diretto, senza mediazioni mec-caniche o elettroniche, che nella realtà, è fisicamenteaccertato, sottraggono al linguaggio musicale unafascia determinante di armonici, quindi di sonorità,quindi di ricchezza nell’impatto. Egli sostenne nellateoria, e verificò nella pratica della sua attività, che lariproduzione del messaggio musicale - artificiosa-mente mediato, variamente inscatolato e disponibileall’infinito - impedisce al suono di agire sulla co-scienza dell’uomo con la forza di cui, in origine, eradotato. Dunque solo musica dal vivo, hic et nunc,certamente in misura inferiore alle quantità inflazio-nate d’oggigiorno: e quando si parla di inflazione -una Sinfonia di Beethoven udita mille volte - è impli-cita la diminuzione, quando non la scomparsa, delvalore.Celibidache si negò sempre, coerentemente, alle lu-singhe dell’industria del disco, combatté legalmentecoloro che pubblicavano, sempre abusivamente, le

registrazioni di sue realizzazioni, e solo in vecchiaia,per motivi che furono oggetto di sussurri, episodica-mente smussò, per motivi non indegni, l’asprezza diqueste sue posizioni. La sua fu quindi una vita arti-stica - ricca di caldi e gratificanti risvolti umani - ati-pica, e rigorosamente controcorrente, scontatapersonalmente nel diffuso fatale disconoscimento.Non occorreva altro infatti per essere contestato, opeggio ignorato, nella realtà della sua proposta,dall’assetto che l’industria ha progressivamente im-posto al mondo della musica: oggi la musica, unmessaggio spirituale che si trasmette nella fisicità, simortifica concretamente, quando, come sempre ac-cade, le si impone di identificarsi nel supporto tec-nologico; nelle varie fasi del processo essaimmancabilmente si altera e si riduce nell’aura armo-nica. Quando infine il messaggio musicale pervienea stabilire un rapporto con la coscienza dell’uomo,esso giunge più povero, e sostanzialmente inani-mato nella fissità: inane.Sergiu Celibidache, romeno di Roman (distretto diNeamt), vide la luce il 28 Giugno 1912 nel seno diuna famiglia agiata, non sorda alla musica, secondodi cinque fratelli. Negli anni della tranquilla adole-scenza, rivelò presto una acuta inclinazione per lamusica, crebbe nella vivacità degli interessi, si im-pose nella giovanile cerchia degli amici, ma prestosentì anguste attorno a sé le contrade della suaverde, amata Romania. Nel 1936 colse al volo unaconvocazione da parte di Heinz Tiessen, composi-tore, direttore d’orchestra e critico berlinese, al qualeil giovane aveva inviato una composizione; conpochi spiccioli in saccoccia, al termine di un viaggioavventuroso, raggiunse Tiessen al Conservatorio diBerlino, e fu la sua seconda nascita. Erano tempi duri ed è facile immaginare le difficoltàche il dinamicissimo, smanioso Sergiu dovette af-frontare - straniero dai capelli corvini nella Germaniad’allora - con una sua modestissima e trafficata auto-nomia che poggiava su collaborazioni pianistiche

N

CELIBIDACHE

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 36

Page 38: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

39

CELIBIDACHE

assai aleatorie. Lo scoppio della seconda Guerramondiale aggravò in modo inimmaginabile le condi-zioni della sua sopravvivenza - penuria, rischi legatialla semiclandestinità - fino alla fine di Aprile 1945,quando l’Armata rossa occupò una Berlino rasa alsuolo, e si trovò di fronte, prevedibilmente, una so-cietà annichilita, smembrata, affamata; ma la musicaera ancora un bisogno primario per i tedeschi, el’unica struttura sopravvissuta era la Filarmonica, ociò che ne rimaneva. Wilhelm Furtwaengler, il suo di-rettore storico che la diresse sotto le bombe fino al

29 Gennaio, ora era in Svizzera, e in quel deserto dimorti viventi, non c’era nessuno che potesse osarepresentarsi alle autorità russe per assumersi il com-pito della direzione. I Filarmonici, che ebbero il co-raggio di riunirsi tra le rovine ancora fumanti, nonpoterono far altro che convocare quel romeno tren-tatreenne, in qualche modo noto per la sua intra-prendenza, che, giunto all’appuntamento su unacigolante ma preziosa bicicletta, parlò subito di mu-sica e pose precise condizioni di carattere artistico,che gli strumentisti allibiti accettarono; e l’affare fustipulato. In nemmeno quattro mesi l’orchestra fu ri-costituita, e il 29 Agosto Celibidache diresse il primoconcerto - Rossini, Weber e Dvořák - e “tutto fun-zionò a meraviglia. Ero contento, e credo che lo fosseanche l’orchestra”, ricordava Celibidache in vecchiaia.L’Europa fumava ancora.Gli anni trascorsero rapidi, fitti di lavoro; per due anniCelibidache fu il giovane intransigente, incontenta-

bile titolare del podio, e quando Furtwaengler, solle-vato dalla balorda accusa di collaborazionismo, il 25Maggio 1947 salì di nuovo sul podio della sua Filar-monica, Celibidache si impegnò a collaborare con luifino alla scomparsa dello stimatissimo maestro,nell’Autunno 1954. A questo punto la Filarmonica di Berlino risolse ilproblema della successione con disinvoltura; cono-scendo ormai bene il carattere insofferente del gio-vane Celibidache e la sua incrollabile idiosincrasianei confronti del disco, non vide l’ora di mettersi

nelle mani di chi nutriva ben altre convinzioni: con-vocò Herbert von Karajan e lo elesse a direttore sta-bile: meno musica, ma in cambio molti dischi, quindimolti, molti marchi sonanti in più.Sergiu Celibidache prese a percorrere con straordi-nario successo le ampie strade della musica, por-tando in tutto il mondo le idee e il gesto affascinantedi un’arte direttoriale di non imitabile suggestione:ricchissima quant’altre mai di cultura, di ricerca so-nora, di tecnica orchestrale, e di pedagogia, e codifi-cando inoltre, progressivamente, l’originaleorientamento a considerare l’inveramento sonoro diuna partitura come episodio unico e non ripetibile,da vivere, come si diceva, “qui e ora”, impossibile daconfezionare in un supporto meccanico fine a sestesso, sempre uguale, privo di valenze emozionalimirate alla trascendenza, all’oltre: insomma nel pro-getto esecutivo di Celibidache il disco era valutatoalla stregua di un oggetto inerte, vuoto di significati,

Celibidache con Furtwaengler

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 37

Page 39: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

40

quando nondannoso pervia delle insi-diose altera-zioni emanipola-zioni affinatedalle tecni-che di presae di restitu-zione delsuono. A suotempo Wal-ter Benjamin formulò clamorosamente una criticafrontale, ma penetrante, al problema, non solo musi-cale, nel suo ‘L’opera d’arte nell’epoca della sua ripro-ducibilità tecnica’: come dire: il dito sulla piaga. La presenza di Sergiu Celibidache nella vita musicaledei suoi decenni fu insomma una straordinaria le-zione di vitalità e di probità artistica e intellettuale,spinta in alto da un’arte direttoriale superlativa, so-stanzialmente incomparabile, che sedusse per oltremezzo secolo orchestre e pubblici lungo le tappe e ifaticosi ritmi di una libera attività internazionale:sempre e comunque all’insegna del rigore, e ancheirosamente intransigente nella difesa dei valori. Ladirezione dell’orchestra era per il Romeno un pro-cesso di vitale inveramento sonoro dello spirito e delpensiero del compositore; egli fu un maieutico solle-citatore di coscienze e nella sua arte si distinse tramille nel gesto di abilissimo plasmatore di effettinelle luci e nelle ombre della ricerca timbrica. Nelladirezione d’orchestra egli si distinse sempre per vi-gore e luminosità artistica, per forza di pensiero e ri-sultati: nell’unico settore della musica musicata incui vive, e a volte prospera, ben prezzolata, la cialtro-neria - anche di questo, prima o poi, si potrà-dovràparlare - non infrequente a quote mediatiche e orga-nizzative anche molto alte. Celibidache non prese mai in considerazione il teatromusicale, un ambito in cui gli sarebbe stato impossi-bile realizzare compiutamente i propri obiettivi; nonsi legò mai a istituzioni musicali e non si tagliò mai iponti alle spalle.Egli preferiva lavorare con organici sinfonici radiofo-nici - quelli di Stoccarda, di Stoccolma, di Parigi, tra inumerosi - mediamente più giovani, ricettivi, e reat-tivi che non le orchestre blasonate, e imponeva che iconcerti da lui diretti fossero radiodiffusi in trasmis-sioni dirette. Ma tutto, o quasi, veniva fatalmente re-gistrato, anche durante i numerosi giri artistici. InItalia egli diresse e lavorò con grande impegno a Mi-lano, Bologna, Roma, Napoli, e tenne corsi a Siena, ein vecchiaia a Saluzzo, nel corso di un’attività forma-tiva infaticabile e senza confini. Fino alla sua terzanascita: dopo estenuanti e anche aspre trattativedegne di un’operazione diplomatica, il maestro ac-

condiscese(Febbraio 1985)alla firma di uncontratto,l’unico della suavita e discussofino a un’oraavanti, con l’illu-strissima Orche-stra Filarmonicadi Monaco: lamunicipalità diMonaco deli-

berò poi di incoronarlo insediandolo al Gasteig (‘Sa-lita ripida…’), autorevole centro musicale - unmodernissimo castello dell’arte, tutt’oggi ammiratonel centro della capitale bavarese - con più sale, bi-blioteca e quant’altro, costruito per lui. Celibidache,ormai egli stesso eletto a istituzione, e punto di rife-rimento di carismatica luminosità, lo inaugurò il 10Novembre 1985, alla presenza del Presidente dellaRepubblica e delle massime autorità: il programmaprevedeva l’inveramento sonoro - festoso per tutti,ma assai meditato nello spirito degli artisti chiamatialla solennità - di partiture di Heinrich Schütz e diAnton Bruckner, l’adorato mentore di sempre. Conl’evento si celebrava anche il bimillenario della città. Celibidache, sordamente tetragono, fino all’irrisione,nei confronti delle seducenti proposte dell’industria,soprattutto giapponese, del disco, dirigeva stabil-mente i Münchner Philharmoniker ; nei diciassetteanni di fecondissimo lavoro - il repertorio recepivaresponsabilmente anche le attese della città - tra or-chestra, direttore, e pubblico si stabilì un rapportostraordinario, forse unico, per qualità e intensità,nella vita culturale e musicale del mondo occiden-tale. Soprattutto tra i Filarmonici e il loro direttorel’intesa - tesa e devota da un lato, ricca di gratificantiriconoscimenti dall’altro - poggiava sul reciproco la-voro insolitamente felice, intimamente orientato allarealizzazione di una verità d’arte che nulla aveva daspartire con la produzione a fini commerciali di og-getti sonori. I concerti, radiodiffusi in diretta, eranopreparati - la ‘fase noetica’, secondo la definizione delMaestro, era accuratissima e profonda - in un climadi avvolgente, partecipata reciprocità: a chi abbiaassistito a una sola seduta di prove in quegli anni,non sarà sfuggita l’atmosfera distesa e persino as-sorta che, ancor prima che ‘Celi’, come a Monaco tuttichiamavano il Maestro, salisse faticosamente sulpodio, si diffondeva tra l’orchestra che attendeva ildirettore, il quale poi non mancava di intrattenersichiacchierando a bassa voce, e anche interloquendonon necessariamente su argomenti musicali, primadell’avvio della prova: un lavoro sempre mirato tantoalla tecnica quanto ai significati più ampiamente eprofondamente strutturali, magari con qualche com-

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 38

Page 40: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

41

piacimento esoterico, dell’opera. ‘Qui e ora’ si ridico-lizzava il concetto di “interpretazione” e si vanifica-vano le pregiudiziali storiche ed estetiche: ‘qui e ora’nel lavoro di chiarificazione, e poi nella superiore or-ganicità dell’esecuzione, convivevano Milhaud eBeethoven, Brahms e Šostakovič, Mozart e Strauss.Tutte le orchestre che ebbero Celibidache sul podiohanno riconosciuto quanto efficace sia stata l’arte,davvero immaginifica, con cui il Maestro sollecitavadi volta in volta le loro capacità più latenti, e, con l’in-tesa esemplare che legò i Münchner Philharmonikere il Maestro, il livello creativo della fattiva reciprocitàattinse a quote riconosciute mai raggiunte.Si trattò di un periodo di diciassette anni di collabo-razione esclusiva esemplare, accolta in patria e ingiro per il mondo da un successo che oggi ha as-sunto i colori della favola. Il 31 Marzo 1992, rispon-dendo dopo forti perplessità al caldo invito deiBerliner Philharmoniker, salì di nuovo, dopo quasiquarant’anni, sul podio che fu già suo: diresse la ‘Set-tima Sinfonia’ di Anton Bruckner: aveva preteso unnumero insultante di prove: “non sanno più suonare”,mormorava con amarezza.Direttore sommo, pedagogo, e uomo di pensiero diintemerata e spesso ruvida e irridente autonomia,Celibidache ha ricondotto l’esperienza dell’ascoltomusicale alle origini; in un’attività di straordinariospessore ha insegnato direzione e fenomenologiamusicale per decenni in tutto il mondo: furono forsemigliaia, i giovani che appresero dalla sua carisma-tica eloquenza nuove e vitali prospettive e angola-turedell’esecuzione.Molti lo raggiun-sero, in Francia,nella bella sta-gione degli ultimianni, nel suo mu-lino - una verde re-sidenza estiva - aNeuville-sur-Es-sonne, a parlare, ea fare musica. In Italia chi abbiaoggi interesse alpensiero e all’inse-gnamento di que-sto grande, proboe saggio musicistapuò fare riferi-mento a RaffaeleNapoli, responsa-bile dell’Associa-zione SergiuCelibidache, e, tra ipochi, ad Alessan-dro Drago, piani-

sta di straordinaria sensibilità e ampiezza di pen-siero: essi sono i rari depositari di una concezionetrascendente dell’esperienza musicale. La vitalità delle loro convinzioni si specchia nei nu-merosi documenti sonori ora emersi - dovuti alla ini-ziativa della famiglia del Maestro: la quale dopo lasua morte ha pubblicato molte esecuzioni da lui di-rette - e biografici, dall’eloquente, limpido e ancheproblematico contenuto ideale e metodologico. Incommercio esistono molti CD e le poche registra-zioni televisive riconosciute dal Maestro: tre Sinfoniedi Bruckner, e la ‘Sinfonia classica’ (prove ed esecu-zione) di Prokofiev. Ricco di stimoli, conferme eanche di rivelazioni è ‘Il giardino di Celibidache’, unprezioso film in cui il figlio del musicista, Serge Ioan,articola efficacemente un montaggio di materialimolto significativi. I giovani, e tutti coloro che intendano attribuire allamusica una valenza vitale e un significato non mer-cantile, tale da distinguersi dalla banale rumorosacongerie e dalla infame meccanicità sonora che pro-gressivamente affligge i giorni dell’uomo, non hannodifficoltà, oggi, nell’epoca della comunicazione, aidentificare e raggiungere in rete numerosi docu-menti di esemplare efficacia, risalenti ad anni anchelontani, dell’attività di Sergiu Celibidache. S’è trattato di un’attività spinta in costante, coerentee fidente ascesa fino al giorno dell’improvvisa scom-parsa, senza dolore, del Maestro, il 14 Agosto 1996,nel verde del suo mulino non lontano dall’amata Pa-rigi. Il mondo è distratto; cento persone seguono

nella piccola chiesadi campagna diNeuville-sur-Es-sonne la modestis-sima cerimoniafunebre cattolica:qualche suono d’or-gano, un coro sot-tovoce; tanteortensie biancheaccompagnano allasepoltura, lungol’ultimo brevetratto, l’uomo dimusica che permolti ha avuto, inun’epoca estremadi confusione, uncompito salvifico:Sergiu Celibidachenon fu chiamatodalla musica, ma, aben riflettere, fu in-viato.@

CELIBIDACHE

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 39

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 41: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

42

Il Foyer – Amici della Lirica di Firenze ha organizzato un ciclo di conferenze-concertodal titolo «Firenze nell' Ottocento: crocevia di presenze femminili in campo musicale»,volte a presentare i risultati di ricerche musicologiche incentrate sulla presenza e sul-l’attività di donne compositrici vissute a Firenze nel XIX secolo: da Angelica Catalani aCarolina Ungher, a Maria Malibran, a Orsola Aspri, a Jessie Laussot, ad Augusta Hol-mès. Un profilo dell’unica compositrice fiorentina di nascita: Carolina Pazzini Uccelli.

Firenze nell’800, crocevia di musiciste

un’amica di rossini carolina Pazzini uccelli

di Salvatore dell’atti

ne dame italienne, une Corinne au petit pied,qui improvise à loisir toute sorte de musique instru-mental et vocal… così il critico musicale Henri Blan-chard, attraverso Corinne, personaggio creato daMadame de Staël, introduce Carolina in un lungo ar-ticolo nella «Revue et Gazette musical de Paris» del1852. In una fonte iconografica, che la ritrae in unasua raccolta di Arie da Camera, (Mes Rêves d’Italie),appare seduta, con il braccio sinistro appoggiato suuno spartito collocato su un tavolo, e con la destra

tiene una penna d’oca: immagine stereotipa che al-lude alla figura di compositrice. Tutti i dizionari concordano che Carolina Pazzini(questo il suo nome da nubile) sia nata a Firenze dauna famiglia nobile nel 1810, o forse prima, e siamorta a Parigi nel 1885, anche se recentemente ladata della sua morte è stata rettificata al 1858, tro-vandone notizia nel periodico ‘L’Italia musicale’. Spo-satasi (prima del 1830) con il prof. Filippo Uccelli,medico famoso docente all’università di Pisa, dalloro matrimonio nascerà la figlia Emma, avviata al-

U

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 40

Page 42: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

43

STORIA&STORIE

l’attività concertistica come cantante, viste le nume-rose cronache musicali che parlano di suoi concerti,definendola ‘jeune et jolie cantatrice’, ‘élève de samère’. Madre e figlia, poi, a seguito della morte di Uc-celli (1833 circa) ‘soggiornarono alternamente in Ita-lia, in Francia, in Inghilterra’. Carolina èintraprendente e stringe amicizie con personaggiinfluenti che, in molti casi, saranno determinanti perl’esecuzione di sue musiche a Firenze: Società Filar-monica (Cantata in morte di Maria Malibran); Teatrodella Pergola (Saul);Napoli, Teatro del Fondo(Anna diResburgo); a Milano: Teatro della Canobbiana (Eufe-mio di Messina); Teatro Santa Radegonda (La Caccia).E’ una donna molto istruita e conosce alcune linguestraniere, in particolare il francese e l’inglese. Suonail pianoforte e non mancano occasioni per esibirsi inconcerto accompagnando cantanti e/o per improv-visare su ogni sorta di musica, oltre a dedicarsi all’at-tività didattica. Frequenta importanti musicisti eimpresari del tempo: Rossini, Mayr, Meyerbeer, Caro-line Ungher, Maria Malibran, (cfr. Lucia Navarrini-An-narosa vannoni, Maria e Carolina. Storia di unincontro in ‘Malibran. Storia e leggenda, canto e bel-canto nel primo Ottocento italiano’, Atti del Conve-gno. Bologna, Reale Accademia Filarmonica, 30-31maggio 2008, a cura di Piero Mioli, pp. 151-172, conla trascrizione della ‘Cantata in morte di Maria Mali-bran’ a cura di Pietro Ceccarelli, Bologna, Pàtron Edi-tore, 2010), Alessandro Lanari, oltre a critici musicalicome Blanchard. Riceve spesso consigli e a volteanche raccomandazioni per l’esecuzione delle suemusiche.Poco si conosce della sua formazione musicale. Daalcune fonti sembra che abbia studiato anche conRossini, il quale, in una lettera a lei indirizzata (16 ot-tobre 1852) esordisce con «Amica pregiatissima».verso Rossini Carolina nutre grande stima; a lui si ri-volge spesso per pareri e consigli sulle sue composi-zioni, assorbendo così una certa influenza stilistica.Da parte di Carolina nasce un rapporto di fiducia e diammirazione nei confronti del maestro, e non man-cano occasioni in cui egli si esprime con schiettezza,oltre che con apprezzamenti, incoraggiamenti e rac-comandazioni nei suoi confronti. La lettera di Ros-sini indirizzata al marito di Carolina, nella quale parladella sua opera Saul, andato in scena al teatro dellaPergola di Firenze il 21 giugno del 1830 alla presenzadi Rossini, costituisce un esempio a tal proposito :«La musica del Saul, sebbene non la riguardi comeun capo d’opera, la ritengo però atta ad avere un fe-lice successo; la musica suddetta è ricca d’idee, laparte strumentale trattata con franchezza e cono-scenza degli strumenti, e la parte declamata e melo-dica del canto tutta con sentimento ed eleganza. Lasola cosa che raccomando a v. S. nel caso che questospartito venisse eseguito in Firenze (come pare divi-samento di Lanari), è di non permetterne l’esecu-

zione se non che con ottimi Cantanti, poiché la piùbella musica priva di questo soccorso sarebbe per-duta, e non vorrei che la brama lodevole di vederlaeseguita trascinasse una buona cosa alla sua perdi-zione…». La critica dell’epoca esprime che il moduscomponendi di Carolina può sembrare una sorta dicalco rossiniano. Tale riferimento si trova, per esem-pio, nell’ascolto della sua ‘Sinfonia in re minore’presso il Teatro della Canobbiana a Milano e ancorapiù esplicito in una descrizione di Blanchard: “Cellede madame Uccelli que nous avons entendue mardidernier, est en trois parties; elle est dédiée par l’au-teur à son maître Rossini. Madame Uccelli entre enmatière par un solo de violoncelle, rappelant celuiqui commence l’ouverture de Guillaume-Tell; son se-cond morceau, valse gracieuse, a bien quelque air deparenté avec la Tyrolienne du même opéra; et l’en-trée de trompettes par laquelle débute son final estcalquée sur le brillant pas redoublé de ce mêmeopéra qui termine sa belle ouverture qu’on pourraitdire en trois actes » ; il quale, a seguire, la definisce «femme-compositeur-symphoniste, élève del mae-stro di gran’ genio Rossini, qui se montre à nous, parmadame Uccelli, dans sa quatrème transformation,c’est à dire un professeur de composition ».Carolina guarda a Rossini anche nella raccolta Soi-rées Musicales (1835: modello impareggiabile per laromanza da salotto nell’800; e nei Mes Rêves d’Italie,si segnalano addirittura due titoli simili ai brani ros-siniani: Il Rimprovero e L’Orgia.La scrittura di Carolina non corrisponde a quella de-finita ‘à la manière de’. Per dirla con Blanchard, leidee musicali sono sobrie, la strumentazione ricca el’armonia semplice etc., per cui viene da pensare chele sue musiche si siano già ascoltate, tanto risultanogradevoli all’orecchio. In realtà alcune composizionidi maggiore gradevolezza percettiva, sembrano an-ticipare leziose melodie della Parigi della Belle épo-que. La testimonianza di Mayr, infine, chiarisce ulterior-mente il valore artistico di alcune composizioni diCarolina: «rilevasi vivace e spontanea fantasia, - unbel canto – unito ad una istromentazione, che dàben à travedere, che l’autrice conosce molto bene ilcarattere degli stromenti, mentre la disposizionedelle parti, e singolarmente i Bassi comprovano il diLei valor nell’armonia, e gli ottimi suoi studj nel Con-trappunto.».Carolina Pazzini Uccelli, figlia di quel Rinascimentofiorentino e degna erede di Francesca Caccini, fa-rebbe, come scrive sempre Mayr, “goder all’Italia ilvanto di nutrire nel suo seno non solo delle celebriimprovvisatrici in poesia, ma anche una composi-trice musicale”. Ora se ne attende la riscoperta musi-cale.@

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 41

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 43: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

44

“La sesta stagione” delle edizioni ‘cavallo di ferro-roma’

Il romanzo di un musicistadi carlo Pedini

ella mia attività di compositore di musica hosempre avuto come un senso di frustrazione checredo valga per i compositori di ogni epoca e stile: laconsapevolezza che solo pochi addetti ai lavori (enemmeno tanti) siano in grado di comprendere (equindi giudicare) con cognizione il nostro lavoro. Lamaggior parte di coloro i quali hanno interesse per lamusica (non parlo delle canzonette, ovviamente, chenon necessitano grande preparazione…) non ne co-noscono quasi mai i percorsi tecnici, elemento indi-spensabile per comprendere il valore di ciò che siascolta. Quindi il giudizio è meramente istintivo, maisuffragato da elementi che ne arricchirebbero lacomprensione e il godimento. E questo vale oggi,come valeva per Beethoven, Mozart o, anche e so-prattutto, per Bach.Se io ascolto una sinfonia, ad esempio di Brahms, soche l’autore aveva di fronte a sé un modello preciso:un Primo movimento, con due temi contrastanti pertonalità e carattere, collegati da un “ponte modu-lante”, sviluppati in una sezione centrale dando vita atemi secondari dai primi generati, una ripresa di

quanto esposto nella prima parte, portando tuttonel medesimo tono. E questo solo per il Primo movi-mento, ma altrettanto dettagliato era anche il mo-dello per il Tempo lento, per lo Scherzo e per ilQuarto movimento, il Finale che chiude la sinfonia.La capacità di assecondare o contraddire quel mo-dello è ciò che fa la differenza fra un capolavoro diBrahms e un lavoro accademico, magari ben fatto, diun autore minore.Questa consapevolezza mi ha spinto a tentareun’operazione analoga a quella che noi compositorioperiamo con la musica, in campo letterario. Questoallo scopo di far meglio comprendere ad un ascolta-tore di musica il modo di operare del compositore inun campo, quello letterario, dove è più semplice lacomprensione delle tecniche utilizzate.L’analogo di una sinfonia è certamente, in lettera-tura, il romanzo: stessa concezione unitaria, (i quat-tro movimenti della sinfonia hanno relazioni interneche li legano in un percorso narrativo che anchel’ascoltatore inesperto riesce comunque a intuire),respiro narrativo condotto su tempi dilatati, intrecciopolitematico.

Entrato, con la sua opera letteraria d’esordio, fra i dodici finalisti del Premio Strega,Carlo Pedini, primo musicista romanziere della storia, racconta la genesi e la strutturadel suo romanzo.

N

Carlo Pedini

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 42

Page 44: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

45

ESORDIO LETTERARIO

Non essendo però codificata una forma prestabilitaper il romanzo (come avviene al contrario per la sin-fonia) ogni autore se la organizza un po’ a modo suo.Con risultati talvolta eccellenti, altre volte meno.Ho tentato di applicare al concetto di “romanzo” glistessi criteri che avrei applicato componendo unasinfonia. Ho considerato un modello di riferimento, I‘Buddenbrook’ (che ho sempre ritenuto romanzoperfetto dal punto di vista formale, nella sua straor-dinaria organizzazione nel presentare il tema, svilup-parlo e condurlo al suo epilogo); ne ho mantenutorigorosamente la struttura (undici parti con i relativicapitoli); ho sostituito argomento, collocazione tem-porale, personaggi, mantenendo ai sostituti il ruolonello sviluppo della vicenda e in un certo sensoanche il destino.Quella che era, nel 1901, la metafora della crisi dellaborghesia commerciale della Germania del XIX se-colo, viene qui sostituita (più o meno cent’annidopo) da un’analoga metafora sulla crisi del cattoli-cesimo dopo 2000 anni di storia.Il romanzo è ambientato in una cittadina immagina-ria, Civita Turrita, collocata geograficamente (permotivi narrativi) sui monti dell’Appennino toscanofra Arezzo e Sansepolcro. E’ la storia di una piccoladiocesi e dei suoi ultimi due vescovi. La vicenda(come nei Buddenbrook) parte dal punto di mas-simo fulgore di questa piccola diocesi, l’erezione diun grande Santuario mariano e, attraverso vicendeche si intrecciano con cinquant’anni di storia italiana(dal 1934 al 1985), racconta attraverso i suoi prota-gonisti - per lo più preti immaginari della suddettadiocesi ma anche moltissimi personaggi reali, dal fi-losofo Aldo Capitini, allo storico dell’arte Carlo Rag-ghianti, al romanziere sperimentale Antonio Pizzuto,e poi Lorenzo Perosi, il “microfono di Dio” padre Lom-bardi, don Lorenzo Milani, per salire su, su fino al ’68,e agli Anni di piombo e ai suoi esponenti più cono-sciuti - la crisi (forse irreversibile) della struttura teo-logico-organizzativa della Chiesa cattolica.Il rigore del rifacimento è venuto meno solo unavolta, nella Parte Quinta, dove, trattando degli annidi guerra, con i protagonisti sparsi fra Civita (il paeseimmaginario), Roma,Firenze e Bologna, eduno impegnato inguerra sul fronte al-banese, non sono riu-scito a stare nei novebrevi capitoli diMann, dovendomi al-largare in quindici ca-pitoli (la Quinta partedei Buddenbrooktratta unicamentedella relazione cheporta al matrimonio

fra Thomas e Gerda). D’altra parte, lo sviluppo di undiverso intreccio fatalmente poteva portare a unanecessità di questo tipo, perlomeno nella fase del-l’elaborazione dei temi.E’ questa l’unica libertà dalla forma di riferimentoche mi sono presa. Spesse volte, in situazioni analo-ghe ho persino lasciato le parole originali di ThomasMann: se un personaggio, di età analoga, dovevamorire di malattia, perché non farlo morire allostesso modo? Io ci ho interpolato solo l’antico ritodell’estrema unzione che, trattandosi di un prete, misembrava necessario (vedi parte Nona cap.I).Il perché del titolo, ‘La Sesta Stagione’, lo si com-prende nell’ultimo capitolo e muove da una frase si-billina di Paolo vI pronunciata qualche anno dopo lafine del Concilio: «Aspettavamo la primavera ed è ve-nuta la tempesta.» La stesura del romanzo e le conti-nue correzioni mi hanno impegnato otto anni (neiquali certamente ho fatto molto altro…) soprattuttoper reperire i moltissimi documenti originali poi uti-lizzati per rendere la storia verosimile.Il romanzo è narrato talvolta in prima, talvolta interza persona, ma chi parla è sempre lo stesso prete,un uomo ingenuo (l’alter ego di Antonie Budden-brook) a cui ho voluto dare il nome di Piero Menardi(evidente omaggio al “Pierre Menard” di Borges, ilpersonaggio che si era proposto di riscrivere, tre-cento anni dopo, il ‘Chisciotte’, cercando di ripeterloin modo identico, parola per parola, nella consape-volezza che una stessa frase detta in un tempo - e unluogo? - diverso va comunque ad assumere signifi-cati nuovi, prima inimmaginabili.Nel romanzo il linguaggio si evolve nel corso deltempo e i personaggi fra gli anni ’30 e gli anni ’60mutano anche il loro modo di colloquiare.Nella prima parte le vicende dei protagonisti si muo-vono lentamente, mentre attorno a loro è la GrandeStoria che muta con rapidità (l’Impero, due papi, l’at-tacco tedesco alla Polonia, l’entrata in guerra dell’Ita-lia, il bombardamento di Roma, l’8 settembre, straginaziste, Resistenza…).Nella seconda la Storia rallenta mentre la vita deiprotagonisti evolve in modo progressivamente sem-

pre più rapido, fino all’epi-logo.Non sono scrittore di pro-fessione (anche se ho fir-mato tre libretti dei mieilavori per il teatro) ma hosempre ammirato i ro-manzi di Umberto Eco(oltre i saggi che spessocito ai miei studenti inConservatorio) al qualel’idea di questo “calco” deiBuddenbrook è evidente-mente debitrice.@

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 43

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 45: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

46

LETTERE

uNa Nuova orcheStra Per I GIovaNI:L’orcheStra GeorGeS MéLIèS

Parigi, settembre 2011. Prima di un concerto sulla fil-mografia di Nanni Moretti, il maestro Franco Piersantiche ci dirigeva nelle sue composizioni ed in quelle diPiovani, sorpreso dai risultati musicali ottenuti da noitutti che in quell’occasione facevamo parte dell’Orche-stra Nazionale dei Conservatori, ci chiese di continuarel’esperienza insieme. Stesse persone ma obiettivi diversi, trovare qualcunointeressato a finanziare il progetto di una nuova orche-stra giovanile, incontrarsi periodicamente per preparareun repertorio da offrire al pubblico, studiare e cresceremusicalmente insieme. Il percorso è stato lungo, chi si è occupato di creare l’as-sociazione ha incon-trato ostacoli e nonpochi problemi bu-rocratici, ma final-mente dopo circasei mesi qualcosa simuove: è nata uffi-cialmente l’Orche-stra Georges Méliès,almeno sulla carta. veniamo convocatiper due concerti, il 1giugno i soli archi,diretti da Morriconeper un concerto-conferenza sullamusica da film, il 5giugno orchestra alcompleto diretta dalfondatore e presi-dente Piersanti per alcune sue composizioni, colonnesonore e non solo. Il tutto all’Auditorium della Concilia-zione. Pochi giorni di prove: dal 30 maggio per gli archi, e, su-bito dopo il primo concerto, dal 2 giugno, anche con ifiati. Si tende al risparmio, prove intensive, tutte le mat-tine e tutti i pomeriggi, compreso il giorno del con-certo, per ottenere il miglior risultato nel minor tempo.La speranza è che l’Auditorium apprezzi il conteni-mento dei costi, si interessi all’orchestra e voglia finan-ziare anche concerti successivi. Scopriremo durante ilpercorso che purtroppo non è così che funziona. Nonbasta essere bravi, la musica è trattata come merce damercato, i prezzi devono essere bassissimi e competitivi(cosa difficile per un’orchestra formata da strumentistiche si spostano da tutta Italia), la qualità alta ed i reper-tori accattivanti. In conclusione l’Auditorium non è di-sposto a finanziarci ancora, o almeno non per adesso. Delusi dalla notizia, ma decisi a non mollare, arriviamoal giorno del concerto. Conosciamo Marie Hélène Le-hrissey-Méliès, erede del geniale cineasta francese crea-tore dello spettacolo cinematografico e degli effettispeciali su pellicola, che, a fine concerto si mostrerà en-tusiasta dell’Orchestra che si fregia del nome del suo

antenato e di questa realtà nata per sensibilizzare l’opi-nione pubblica sull’occupazione dei giovani musicisti. La vera nascita dell’Orchestra Georges Méliès è quella,la sera del 5 giugno 2012, quando commozione edemozione si fondono alle note degli strumenti musicali,alle immagini in bianco e nero dei vecchi films di Mélièsproiettate in fondo al palco, agli applausi della gente edegli ospiti illustri in sala. Moretti, Amelio, Morricone, inmolti sono venuti ad assistere al concerto di presenta-zione della neonata Orchestra al completo, all’esibi-zione di questi 60 giovani musicisti, il futuro dellamusica italiana, affiancati da alcuni noti professionisti(Lisa Green violino, vittorino Naso percussioni, SoniaMaurer e Felice Zaccheo mandolini, Fabio Ceccarelli fi-sarmonica) che hanno collaborato a titolo d’amiciziacon il Maestro Piersanti alla realizzazione del concerto.

Il programma entu-siasmante ed artico-lato in maniera cosìcoinvolgente colpi-sce il pubblico enon solo e granditestate giornalisti-che scrivono positi-vamentedell’Orchestra Geor-ges Méliès. Non sappiamo peròquando e come siavrà di nuovo lapossibilità di suo-nare insieme, di esi-birci in concerto.Sicuramente ci aiu-terà il concorso in-ternazionale pergiovani compositori

sostenuto dalla casa editrice Suvini Zerboni che pubbli-cherà le composizioni finaliste eseguite dall’OrchestraGeorges Méliès. La più grande certezza è che Piersantied i suoi collaboratori continueranno a lottare e cercareagganci per farci suonare. La stessa sera il Maestro cipropone di registrare addirittura con lui le musiche perla colonna sonora dei nuovi episodi di Montalbano,anche se non sa se la cosa sarà possibile; perchè il pro-blema è sempre lo stesso: minimi costi e massima resanel minor tempo possibile per far risparmiare la produ-zione; probabilmente servirà un organico ridotto, ma laproposta rincuora tutti gli orchestrali. Ci si lascia così, con la consapevolezza di avere la possi-bilità di far bene ma con l’incertezza sul futuro di que-sta splendida realtà, con milioni di interrogativi sulfuturo dei musicisti, sul futuro della musica e della cul-tura in questo paese..

Luigina Battisti

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 44

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 46: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

47

DISCHI

coNcerto deLLe vIoLe BarBerINI

Andrea De Carlo, gambista e direttore, insegnante di mu-sica antica nel nostro Conservatorio, non è nuovo a pro-getti discografici o concertistici che sanno sorprendereanche chi è abituato ad essere ogni giorno spiazzato dagliensembles che suonano ‘in stile antico’, sempre prodigo disorprese. Perché nel lontano passato esisteva una ricca evariegata tradizione esecutiva nota agli interessati e di cuinon si trova sempre traccia nella pedanteria dei trattati. DeCarlo che aveva, di recente, messo mano al ‘Piccolo librod’organo’ ( Orgelbuchlein) di Bach, ora, identica operazionetenta, con più grande varietà di risultati, con diversi autori,quasi tutti del primo Seicento( Frescobaldi, Kapsberger) maanche con Mazzocchi e Palestrina ( con brani riprodotti, ta-luni vocalmente altri strumentalmente), e con un tale Che-rubino Waesich, violista, attivo a Roma. Nelle note cheaccompagnano il CD si ricorda che sebbene il Seicentoabbia visto il sorgere e l’affermarsi del violino, il complessodi viole ( come ne possedeva uno il nobile Francesco Bar-berini), continuò a dominare nelle ‘accademie’, specie neisalotti nobiliari. (P.A.)

autori vari .concerto delle viole Barberini. ensembleMare nostrum, vox Luminis, de carlo dir. ricercar

CONCORSI

A metà luglio si è svolta, nel Conservatorio di Musica del-l’Aquila, la seconda edizione del Concorso Internazionale diMusica Antica “Maurizio Pratola”, organizzato e promossodal Conservatorio “Casella” in collaborazione con l’Istitu-zione Sinfonica Abruzzese, la Società Aquilana dei Concerti“B. Barattelli”, I Solisti Aquilani, la Società della Musica e delTeatro “P. Riccitelli”, il Roma Festival Barocco, il Festival Musi-cale Estense “Grandezze e Meraviglie”; con il sostegno delComune dell’Aquila, dell’Istituto Abruzzese di Storia Musi-cale, di Sponsor privati, e con il patrocinio di RegioneAbruzzo, Provincia e Comune dell’Aquila. Presieduta da Paul O’Dette, liutista di fama internazionale,la giuria era composta da Francesco Zimei, Andrea DeCarlo, Enrico Bellei e Guido Olivieri. Il Concorso, articolato in due sezioni, si rivolgeva a liutisti,nati dopo il 1° gennaio 1977, ed a formazioni da camera, lacui età media dei componenti non doveva superare i tren-tadue anni di età.Per le formazioni da camera il Primo premio è stato asse-gnato al duo formato da Teodoro Baù (viola da gamba) eDiego Leveric (tiorba) il quale, nella prova finale, ha ese-guito musiche di Marais, Couperin, Corelli, Forqueray e vi-valdi.Per la sezione liutisti, la giuria ha assegnato il Primo premioex aequo a Fabrizio Carta e Diego Leveric, a Giovanni Belliniil secondo premio, e allo spagnolo Alejandro Sosa il terzo.Finalisti e vincitori hanno partecipato al concerto conclu-sivo, che si è svolto nell’Aula Magna del Conservatorio, altermine del quale sono state consegnate le attestazioni edi relativi premi.

coNcorSo INterNaZIoNaLe dI MuSIca aNtIca “MaurIZIo

PratoLa”. vINcItorILIBRI

E’ solo un caso che il primo libro scritto in Italia sul famosopianista/insegnante calabrese, vincenzo Scaramuzza, emi-grato agli inizi del Novecento in Argentina dalla nostra Ca-labria, recasse la firma di uno studioso calabrese, AntonioLavoratore, e fosse pubblicato nel 1990 dall’ ISMEZ ( Istitutoper lo Sviluppo musicale del Mezzogiorno) con sede al-l’Aquila; ed è ancora un caso se, quest’anno, anche il se-condo libro italiano su Scaramuzza, a firma Pamela IvanaEdmea Panzica (“vincenzo Scaramuzza. Il maestro deigrandi pianisti. Genialità di un artista e di un didatta”) pub-blicato dalla Casa musicale Eco, sia stato in certo modo‘concepito’ proprio nelle aule del Conservatorio aquilano,dove la giovane autrice ha frequentato il biennio superioredi specializzazione in pianoforte? Sarà forse solo un caso,ma la coincidenza ha colpito anche noi che, fra i primi,fummo interpellati dall’autrice che aveva letto un lungoservizio a cura di Eduardo Hubert, con interviste a BrunoLeonardo Gelber e Fausto Zadra, uscito molti anni fa (1985)sul glorioso ‘Piano Time’, e che ha lodevolmente ripreso,mettendolo accanto ad altri interventi documentari, comequello di Martha Argerich. Il volume si apre con un ampio panorama sulla musica inArgentina, per noi una assoluta novità, giacché nulla sap-piamo della vita musicale argentina e dei suoi protagonisti,nonostante che tra quel lontano paese ed il nostro ci sianostati da sempre stretti legami, resi ancor più stretti dallemille ondate migratorie, ad una delle quali va fatto risalireanche l’approdo di Scaramuzza nel lontano paese suda-

ScaraMuZZa e L’aquILa

mericano ( aprile 1907) dopo una breve parentesi al SanPietro a Maiella di Napoli come insegnante, stimatissimoma anche molto osteggiato. Prova ne è dell’ostracismosulla sua persona, il fatto che la celebre rivista dedicata alpianoforte, edita a Napoli, diretta e fondata da AlessandroLongo, ‘L’Arte pianistica’ , non cita per anni il suo nome,fino a quando non poteva ormai più farne a meno(1917) econ un trafiletto di nessun conto. Divenuto ben presto unaleggenda, venerato ma anche temuto dai suoi allievi, alcunidei quali illustrissimi, il suo metodo di insegnamento restaper molti versi ancora difficile da definire e riassumere, ele accurate pagine che la Panzica dedica a tale argomentonon riescono ad esaurire del tutto gli interrogativi tuttoraresistenti all’indagine.Scaramuzza morì nel ’68 alla veneranda età di 83 anni, conil fisico minato dall’asma. Argentino o italiano che lo si vo-glia considerare, resta il fatto che egli non prese mai la cit-tadinanza argentina e fu e restò, per sentire profondo maanche per passaporto, un italiano. ( P.A.)

Pamela Ivana edmea Panzica. vincenzo Scaramuzza. IlMaestro dei grandi pianisti. casa musicale eco. Pagg.200.

euro 20,00

omnibus

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 45

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 47: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

48

INDAGINE

ominciamocol parlare di soldi,senza per questoportare, necessaria-mente, il discorsotroppo in basso.Semplicemente,per segnalare cheStéphane Lissner, alrinnovo del suo incarico di Sovrintendente-Direttoreartistico della Scala fino al 2017, ha annunciato unalodevole iniziativa, estesa ed accettata ( di buoncuore?) anche dagli alti dirigenti della Scala: tagliareil suo stipendio e quello dei dirigenti suoi collabora-tori del 10%. Sua sponte, senza cioè che nessunol’abbia loro richiesto, per ragioni di sensibilità ed inprevisione del bilancio Scala per il 2012, in rosso peruna cifra intorno ai sette milioni di Euro. Dunque unbilancio in passivo dopo molti anni di pareggio o dileggero attivo, a causa soprattutto dei tagli dei finan-ziamenti ministeriali e degli enti locali. Ma come?Non s’era detto, ufficialmente, una volta tornato il se-reno per l’intervento di Muti (e Letta?) dopo la tem-pesta abbattutasi sul FUS sotto il governoBerlusconi, che il finanziamento statale restava inva-riato per il prossimo triennio? Lissner ha aggiunto

che al taglio avevadato il suo assensoanche il nuovo diret-tore musicale Baren-boim, nonostanteche dopo la sua no-mina in tale incariconon avesse pretesoaumenti di sorta, ‘ac-

contendandosi’ del suo cachet di 25.000-30.000Euro per ciascuno dei 25-30 concerti che dirige ognistagione a Milano o in tournée. Istruttivo sarebbe,comunque, comparare i suoi compensi milanesi conquelli di Berlino, dove regge il Teatro Unter den Lin-den, e dove sta molti più mesi che a Milano.I giornali si sono chiesti il perché di tanta enfasi dataalla notizia di un taglio che, in fondo, quanto potevaincidere sui bilanci della Scala? Errore! Avrebbe in-ciso abbastanza, intanto perchè lo stipendio di Lis-sner ammonterebbe ad oltre 400.000 Euro l’anno,con l’aggiunta di vari benefit che porterebbe il costodi Lissner alla Scala intorno al milione di Euro l’anno,abbiamo letto. In una intervista prontamente rila-sciata alla Aspesi, corsa in difesa della Scala e di Mi-lano, Lissner ha precisato di percepire solo 14.000Euro di stipendio mensili). Se tanto mi dà tanto, met-

di soldi e relative anomalie dellamusica in Italiaa cura della redazione

Mentre si discute degli stipendi degli alti dirigenti pubblici, si scopre che quelli dei diri-genti di importanti istituzioni musicali sono fuori mercato. Ma i teatri finanziati dalloStato, sono enti pubblici o privati?

C

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 46

Page 48: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

49

INDAGINE

tendo insieme gli stipendi dei dirigenti e i compensidi Barenboim, il vantaggio per il bilancio della Scalapotrebbe essere di un certo peso, forse di un milionedi Euro. Nella faccenda è intervenuto anche il sin-daco di Milano, Pisapia, presidente della Scala,spinto da Formigoni il ‘moralizzatore’ ( che, per de-cenza, avrebbe fatto meglio a tacere), dichiarando divoler ridurre lo stipendio di Lissner - ed immagi-niamo anche degli altri dirigenti che, evidente-mente, anche ai suoi occhi, risultano esorbitanti,addirittura inconcepibili in tempo di crisi. Restandoin argomento, il Ministero che mette il naso in tuttigli affari, ma le mani no, se non per lavarsele, non dàregole generali sui compensi dei dirigenti dei teatri,visto che la quota maggiore dei finanziamenti vieneproprio dal Ministero. Perché? La disparità di trattamento economico nei teatri (comprendendovi anche Santa Cecilia) è storia vec-chia. Qualche anno fa vi fu una polemica fra l’allorasovrintendente del Comunale di Bologna - e quellodi un altro teatro (Trieste), perché quello bologneseguadagnava il doppio di altri, giustificandosi chel’alto compenso era evidente indicatore dell’impor-tanza di quel teatro sugli altri. E recentemente s’è sa-puto del lauto stipendio di Mauro Meli a Parma, alTeatro Regio che , fra l’altro, non è una Fondazionelirica. Il suo stipendio, oltre altri benefit, era di336.000 Euro.Sulle recenti polemiche scaligere s’è fatto sentireanche Carlo Fontana, predecessore di Lissner, dichia-randosi sorpreso di quelle cifre che lui, evidente-mente, non prendeva. Fra parentesi, Carlo Fontana,il cui nome appare candidato ogni volta che si liberauna sovrintendenza, ha recentemente intrapresouna nuova attività, per noi molto interessante, di edi-torialista per il Corriere, su argomenti che conoscemolto bene.Ora sui compensi che, in generale, si danno in Italia

sarebbe la volta buona per giocare a carte scoperte. Iteatri, per quanto Fondazioni per volontà di veltroni,sono finanziati principalmente dallo Stato - comeprima di veltroni, l’americano - e, dunque lo Stato,se solo lo volesse, potrebbe e dovrebbe mettere or-dine. Perché le cifre reali, che circolano segrete e cheescono rarissimamente, sono molto diverse daquelle che circolano ufficialmente e che anche noiabbiamo riportato. Qualche esempio? Beh, per l’in-carico di Temirkanov al Regio di Parma ( gestioneMauro Meli) si disse che il suo compenso era di600.000 Euro. Per fare cosa? Per dirigere solo qualcherecita d’opera, che è poi l’unica cosa che ha fatto,magari a 50.000 ed anche più Euro a botta? L’Unità,qualche anno fa - non molti per la verità - scrisse cheClaudio Abbado, per dirigere i ‘Concerti Brandebur-ghesi’, a Bologna, prendeva 100.000 Euro a concerto;in quello stesso periodo, al tempo del suo arrivo aRoma, si scrisse di Muti che il suo compenso per la

presenza nel teatro della Capitale era di due milionidi Euro circa - cifra smentita dall’interessato. Di Pap-pano - secondo quando cogliemmo in una conver-sazione riservata - si diceva che il suo compensoromano era intorno al milione circa di Euro; e, infine,di Barenboim, la sua frenetica attività milanese, se-condo qualche malalingua, è in qualche modo damettere in relazione anche all’ottenimento del mag-gior profitto. Se tutte queste voci fossero vere, Maa-zel, messo in croce per la sua presenza al Petruzzelli,a 25.000 Euro per recita, sarebbe un poveraccio! Che queste cifre, secondo una nostra logica, sianovere , lo dimostra il fatto che - per contrappeso -sempre più spesso, teatri di gran nome chiamanogiovani direttori da compensare con quattro soldi;come anche il fatto che, non appena un big si dà ma-lato, lo sostituisce un giovane o addirittura l’assi-stente del direttore musicale dell’Ente e dunquequasi ‘gratis’. Con questa tecnica si possono pagareoltre misura le star, che, quando danno forfait, fannorisparmiare, e ci si riempie la bocca con ‘l’apertura aigiovani’, sottopagandoli.L’altra faccia della medaglia del vil denaro è il ritardodei pagamenti agli artisti scritturati, specie se nonsono ancora famosi. Questo fenomeno, denunciatosottovoce per paura di ritorsioni, è troppo estesoperché ne siano a conoscenza solo pochissimi oltre idiretti interessati. Ancor più grave se accade in tantiteatri che poi invitano orchestre blasonate, da centi-naia di migliaia di Euro.@

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 47

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 49: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

ARIA DEL CATALOGO

ominciamo dal più vecchio, e forse per questocon qualche acciacco: il ‘Festival Belliniano’. Diciamosubito che i festival dedicati a Bellini di cui stiamoper parlarvi si svolgono tutti in Sicilia, principal-mente a Catania. Il ‘Festival Belliniano’, nato allafine degli anni Ottanta, e organizzato dal TeatroMassimo Bellini di Catania, patria del grande com-positore, è tuttora in vita con alterne vicende. Nel2009 sbarca in Sicilia, fra Catania e Taormina, EnricoCastiglione ( considerato a livello internazionaleuno dei più conosciuti ed apprezzati registi di teatromusicale della sua generazione, già fondatore e di-rettore artistico di prestigiosi festival, nonché instan-cabile animatore della vita musicale italiana , comedice la sua autobiografia. voi lo sapevate?) con unsuo festival belliniano, nomato all’inglese ‘ Bellini Fe-stival’: un’opera a Taormina ( quest’anno ‘Norma’ – in‘mondovisione’ , soi disant, da parte del noto regi-sta, che nei fatti vuol dire che la Rai lo ha trasmesso ,in differita, su Rai 5, e ne distribuisce la versione ci-nematografica; ed un circuito l’ha mostrato in unnumero di sale cinematografiche in Italia; con laregia dell’opera e quella televisiva ambedue firmateda Castiglione, costumista Silvia Cammarata -nientea vedere con l’ex sindaco di Palermo?); ed alcuniconcerti a Catania in coincidenza dell’anniversariodella morte del compositore (fine settembre), neglistessi giorni in cui Catania organizza il suo ‘FestivalBelliniano’. Il Castiglione fa poi anche un altro festi-val belliniano, il ‘Festival della melodia belliniana’sempre in Sicilia, un festival nel festival, secondo laconcezione dell’organizzatore, nel quale hanno unposto d’onore Bellini e Schubert. E siamo a tre. Neglistessi anni dell’approdo siciliano di Castiglione, unaltro naufrago , si fa per dire, sbarca in Sicilia, il diret-tore d’orchestra Alberto veronesi ( già direttore

dell’Orchestra Sinfonica Siciliana , con sede a Pa-lermo); il quale anche lui, direttore del ‘Festival Puc-cini’ di Torre del Lago, vuole fare il bis festivaliero conBellini in Sicilia, e fonda un suo festival belliniano:‘Bellini Opera Festival’, con sede a Giardini Naxos, conun’orchestra cosiddetta del ‘Teatro Bellini’ di Catania.Nel frattempo Castiglione, sentendosi derubato delnome del suo festival (composto, si badi bene, daltermine festival e dal nome del compositore dedica-tario!) ricorre al Tar dal quale ottiene che quello diveronesi non si chiami più così: veronesi non puòutilizzare il nome di Bellini per il suo festival, anchese c’è di mezzo ‘Opera’, perché Bellini è di esclusivaproprietà di Castiglione. veronesi, a sua volta, ricorread un altro tribunale amministrativo (la dizioneesatta aumenterebbe la già grande confusione) edottiene di fare un altro festival belliniano che sichiama 'International Bellini and Romantic Opera Fe-stival’, organizzato dall’Associazione ‘Sviluppo sinfo-nico siciliano’ del direttore veronesi . Castiglione ricorre nuovamente e nell’aprile scorsoottiene che anche questo secondo festival del vero-nesi chiuda. E saremmo a cinque, forse anche sei, seci mettiamo anche il Festival ‘Euro Mediterraneo’,sempre del Castiglione, che entra in molte altre ope-razioni del noto regista, compresa quella belliniana.Risparmiamo ai lettori l’elenco dei concerti ed opereannunciati e poi saltati, le sostituzioni di interpretied altre normalissime conseguenze di tante confu-sione. vi domanderete perché tanto accanimento fe-stivaliero intorno al povero Bellini catanese che,stando ai fatti, non è che sia tanto onorato in Italia, eforse neppure nella sua Catania. Sembra che a dispo-sizione ci siano finanziamenti europei, finanziamentiregionali e finanziamenti della provincia di Catania.@

Leporello

50

BeLLINI ha PIù FeStIvaL dI roSSINI, doNIZettI, verdI e PuccINI

C

MUSIC@novembreultimook_MUSIC@_ok 03/10/12 12:53 Pagina 48

alessio.gabriele
Logo Music@
Page 50: CHAPLIN E IL FILM SU NIJINSKY - rivista.consaq.itrivista.consaq.it/online/30_12/MUSIC@_n30_nov-dic2012.pdf · che suonare bene non sia più sufficiente per avere una bella ... cattolicesimo

covermaggio8_Layout 1 14/04/12 16.06 Pagina 4