Changing dress: la ricerca nel cambiamento

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MINISTERO DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA A.F.A.M. ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI PALERMO DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO IN PROGETTAZIONE DELLA MODA CHANGING DRESS: la ricerca nel cambiamento di Rossella Giordano A.A. / 2010-2011 Relatore Prof.ssa Roberta Lojacono

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Un breve ma coinciso approfondimento su tutti quei fattori che hanno reso grande lo stile e il successo del fashion system. Le riflessioni affondano le loro radici sulle moderne teorie di fashion marketing, senza il quale oggi è impensabile concepire una collezione moda. Dare vita a nuovi stili e nuove tipologie di abbigliamento, orientando la propria tecnica progettuale sul fashion marketing e su un coinvolgimento di tipo emozionale, interagendo e rendendo il cliente autore del proprio stile, sono le tematiche affrontate in questo progetto di tesi, quasi ad avvalorare le radici e lo spessore del lavoro progettuale sperimentale che è stato svolto in questa occasione: “changing dress” è il nome di una collezione fashion sperimentale incentrata sul cambiamento, sulla trasformazione, che rende possibile una azione partecipativa e creativa del cliente.

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MINISTERO DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA A.F.A.M.

ACCADEMIA DI BELLE ARTIDI PALERMO

DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLOIN

PROGETTAZIONE DELLA MODA

CHANGING DRESS:la ricerca nel cambiamento

di

Rossella Giordano

A.A. / 2010-2011

RelatoreProf.ssa Roberta Lojacono

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INDICE:Introduzione. Pag. 6

PARTE I – CHANGING DRESS: la ricerca nel cambiamento. Pag. 11

1.1 Introduzione al progetto “ Changing Dress”. Pag. 121.2 Filosofi a della Collezione. Pag. 131.3 Tavole Progettuali. Pag. 14

PARTE II: PANORAMA CONTEMPORANEO DEL MERCATO DELLA MODA. Pag. 53

2.1 Premessa: il sistema moda. Pag. 542.2 L’evoluzione del mercato moda e l’apporto del fashion marketing. Pag. 61 2.3 Sociologia e consumi: profi lo di un macrotrend di riferimento. Pag. 69

PARTE III: MODA, ETICA E LIFESTYLE. Pag. 753.1 Il marketing e la creatività. Pag. 763.2 La moda e il mercato globale. Pag. 833.3 Moda e tecnologia. Pag. 953.4 Moda e design. Pag. 1033.5 Eco moda e vintage. Pag. 135

PARTE IV: CONCLUSIONI Pag. 149

4.1 Moda e lifestyle: un laboratorio di cambiamenti. Pag. 1504.2 Conclusioni. Pag. 155

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APPARATI. Pag. 159

Terminologia del sistema moda. Pag. 160 Bibliografi a. Pag. 163Articoli. Pag. 164 Sitografi a. Pag. 166Ringraziamenti. Pag. 167

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Introduzione.

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Lo sviluppo di questa tesi parte da una intuizione creativa che si è articolata attorno a una idea di moda innovativa, dall’utilizzo versatile e che potesse es-sere realizzata con tessuti riciclati, basici e facili da reperire. L’idea era quella di creare un prodotto dal forte impatto creativo e per questo indirizzato ad un pubblico tendenzialmente giovane o comunque sen-sibile a quei nuovi trend estetici che promuovono un superamento dei canoni classici dell’abbigliamento, per sperimentare nuovi contenuti moda, nuove for-me e nuove funzioni.

Fortemente sensibile ai temi dell’ecologia, ho orien-tato la mia ricerca alla ottimizzazione dei consumi e dell’impiego di materiali, lasciandomi suggerire soluzioni tecniche ed estetiche proprio da quelle po-tenzialità nascoste che la materia contiene in se. In particolare, un tassello importante a partire già dalla prima stesura di progetto creativo, consiste nel riuso e recupero di elementi e accessori di merceria che, opportunamente riprogettati, possono trasformarsi in nuovi elementi decorativi dell’abito, prendendo la forma di applicazioni, fi ori, fi bbie, borse, etc. La fase di sperimentazione e di elaborazione dei primi prototipi, che dovevano verifi care l’effi cacia dell’idea progettuale di fondo, ha visto l’utilizzo de-gli stessi accessori (p.es. le cerniere o i bottoni) non

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solo come elementi decorativi rivisitati, ma come strumenti per modificare e condizionare lo stes-so utilizzo dell’abito e, con ulteriori passaggi, tra-sformarlo in versioni diverse. Questa è la direzione definiva verso cui si è mossa la ricerca “changing dress ”, così battezzata per l’essere incentrata sul cambiamento (il recupero e riuso con differenti fun-zioni da quelle originarie) e sulla trasformazione (la trasformabilità di capi che possono assumere forme diverse), mirando ad un nuovo concetto di fruizione dell’abito, da vivere come esperienza.

Il progetto di collezione è stato poi supportato da un approfondimento sui temi della moda e da una analisi del contesto del mercato e dei nuovi scena-ri competitivi, ove è stata evidenziata con forza la tendenza dei mercati verso una sensibilizzazione ai temi dell’etica e dell’ecologia e, di conseguenza, una apertura significativa ai prodotti di nicchia, oggi favoriti dal Web e dalla tecnologia informatica. Le ricerche mettono in risalto come, grazie appunto alla facilità di comunicazione e di diffusione delle infor-mazioni, oggi il consumatore sia perfettamente au-tonomo e profondo conoscitore del ventaglio di of-ferte del mercato, ed in grado, quindi, di valorizzare il contenuto creativo di una collezione, piuttosto che di apprezzarne il basso impatto ambientale o di va-lutarne il giusto rapporto qualità- prezzo. Attraverso la scelta d’acquisto il consumatore esprime il suo senso di responsabilità sociale e per questo disdegna l’essere considerato come mero obiettivo di ricer-

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che di mercato o di incalzanti campagne di vendita, ma vuole essere coinvolto in esperienze d’acquisto, dare il proprio contributo in termini di creatività e partecipazione per poter esprimere il proprio gusto, i propri orientamenti culturali, il lifestyle a cui ade-risce anche solo idealmente.

Altro fattore di grande importanza e che ha portato al concepimento di un progetto creativo ponderato non solo nel suo background valoriale e culturale –quindi sociologico- ma anche dal punto di vista della sua commerciabilità, è stato l’approfondire le funzioni e i significati del marketing e la sua evo-luzione in funzione dei cambiamenti della società, delle tensioni e propensioni dell’uomo. Si è eviden-ziata l’importanza del fashion marketing come stru-mento fondamentale per conoscere il mercato e il profilo sempre mutevole delle diverse categorie di consumatori, tenendo in considerazione come il suo contributo sia indispensabile non soltanto in termini di strategia commerciale e comunicazione, ma an-che nella gestione produttiva, nella pianificazione e, perfino, nella gestione dell’idea progettuale.

In una razionalizzazione fatta a posteriori, possiamo anche asserire come già la prima intuizione creativa contenesse in nuce quanto poi gli strumenti della sociologia e del marketing hanno potuto decifrare e mettere ancor più in risalto, in relazione alle carat-teristiche fondamentali del progetto, che così sche-maticamente possiamo riassumere:

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- forte contenuto moda, in orientamento con le ten-denze estetiche;- alto contributo innovativo in termini di stile e fun-zioni; - forte identità stilistica e riconoscibilità;- cambiamento e trasformazione come funzione del vestire e concetto di design; - componente esperienziale del prodotto di moda, che deve interagire con il cliente coinvolgendolo creativamente; - capacità comunicativa del prodotto; - contenuti etici ed ecologici attraverso il riuso e la possibilità di indossare lo stesso capo in versioni differenti;- ottimo rapporto qualità prezzo.

Nell’esposizione che seguirà il progetto, infine, si metterà in luce come lo sviluppo dell’ idea moda e del progetto di collezione siano frutto di un mix di attente valutazioni tecniche che, attraverso lo stru-mento del fashion marketing, hanno approfondito i comportamenti e le tendenze del consumo, le impli-cazioni della globalizzazione e il surplus di offerta che obera i mercati, la validità commerciale del pro-getto, supportandolo di una concretezza e vendibili-tà che possono esportare facilmente l’idea creativa verso una progettualità concreta e realizzabile.

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PARTE I

CHANGING DRESS: LA RICERCA NEL CAMBIAMENTO.

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“Moda. La dea dell’apparenza”.Stèphane Mallarmè.

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Capitolo 1.1

Introduzione al progetto “Changing dress”.

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La creatività è una necessità che accomuna tut-te le imprese. Le imprese basate su abilità artistico-creative, come quelle della moda, si distinguono per produrre e vendere un prodotto creativo. Il cambia-mento è l’essenza di queste imprese, poiché esse servono un mercato in continuo mutamento. Dare vita a nuovi stili e nuove tipologie di abbigliamento orientando la propria tecnica progettuale sul fashion marketing e su un coinvolgimento di tipo emozio-nale, signifi ca anche interagire con il cliente e ren-derlo autore del proprio stile: “changing dress” è il nome di una collezione fashion sperimentale che mira ad un nuovo concetto di fruizione dell’abito, da vivere come esperienza. Il progetto è incentrato sul segmento del pret-a-porter per donna; facilmente esportabile ai settori uomo, bambino e sportswear, verte sull’utilizzo di tecniche progettuali innovative incentrate sul cambiamento e la trasformabilità, ed ha come obiettivo il coinvolgimento creativo-emo-tivo del consumatore e, in particolare, la sua intera-zione con il prodotto. Si tratta infatti di una collezione di capi trasformabi-li ove la caratteristica in questione non risulta, come spesso succede, prioritaria a discapito dell’origina-lità stilistica o tanto meno della sua funzionalità e commerciabilità, ma piuttosto risulta valorizzata nella sua combinazione di qualità tecniche, creative

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e di contenuti armoniosamente bilanciati tra loro. Va senz’altro ammesso che le tematiche di trasfor-mabilità non sono certo settori di ricerca nuovi: in tutti i tempi sarti, creativi e stilisti hanno sondato in vario modo e a vario titolo le possibilità di un capo di assumere varie forme e funzioni; ma, nel no-stro caso, la ricerca dell’originalità non rappresenta l’unica fonte d’ispirazione, consapevoli che la moda debba essere l’espressione di un mix di elementi diversi, fatti non solo di creatività e tecnica, ma di contenuti e strategie: la particolarità sta nell’armo-nico connubio tra moda, design, trasformazione, in-terazione, eco-moda e vintage. Nell’illustrare di seguito le peculiarità del progetto analizzeremo in prima battuta e per ragioni di prati-cità espositiva l’aspetto dei contenuti, che può essere schematicamente riassunto nelle seguenti differenti valenze : • Etico/eco-solidale: la collezione sperimenta una particolare lavorazione che comporta un ridotto quantitativo di tessuto e materiali, riutilizzando o inserendo all’ interno le parti normalmente consi-derate come scarti. Dimezzando quasi le quantità e riducendo i materiali di scarto, il prodotto va incon-tro al pensiero ambientalista ed ecologista, evitando lo sconsiderato spreco di materiali nelle fabbriche. Inoltre, il capo può essere modifi cato nel proprio aspetto, assumendo più forme e valori, decontestua-lizzandosi dal suo stato iniziale per dare origine a nuove possibilità di indossabilità. I capi non vendu-ti non fi niscono nelle discariche, perché riadattabili,

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rivisitabili e modificabili ancora una volta, evitando quindi l’inquinamento. • Rivisitazione: le cerniere lampo possono essere identificate come l’elemento chiave in quanto stru-mento per rendere possibile il progetto: oltre ad es-sere usate nella loro funzione originale, vengono più spesso estrapolate dal loro principale utilizzo per di-venire decoro e stile. • Riuso: alcune parti degli abiti possono essere rivi-sitate e rivendute singolarmente, perché utilizzabili indipendentemente dal loro posizionamento origi-nale sull’abito es. : i colli diventano sciarpe, le parti anteriori del cappotto divengono borse, le spalline dei vestiti si mutano in tasche, quindi l’estrapolazio-ne dell’ accessorio avviene senza alterare la funzio-nalità dell’abito stesso, potendo essere così acqui-stati –ma senz’altro utilizzati- singolarmente. • Vintage : “oggetto che per vari motivi è diventato cult per le sue qualità superiori, se confrontato ad altre produzioni precedenti o successive dello stes-so oggetto.” La particolarità del progetto ben si sposa con il pensiero vintage, in quanto oltre ad essere unico nel suo genere mantiene integro il valore e lo stile non passando mai di moda. Inol-tre, il progetto prevede la rivisitazione di abiti e accessori “vintage” all’interno delle proprie produzioni, apportando una serie di modifiche e trasformazioni in linea con lo stile e l’identità creativa della collezione.• Economia: date le qualità del capo che preve-

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dono una costruzione che può essere diversifi cata e mutata, il compratore ha la possibilità plurima di acquistare un prodotto unico nel suo genere e dalle molteplici valenze. • Lifestyle: a motivo delle sue ricercate lavorazioni e delle peculiarità sopra elencate, il prodotto rientra nella categoria lifestyle, identifi cata come il nuovo lusso e che include al suo interno tutte quelle espres-sioni della moda alto contenuto valoriale e simbo-lico. Le caratteristiche che ne fanno, per l’appunto, un prodotto lifestyle, sono l’eco-sostenibilità, la ri-producibilità su scala ridotta e, dunque, la sua con-seguente esclusività, l’essere rivolto ad un mercato di nicchia ed, in generale, la capacità di coinvolgere emotivamente e psicologicamente il consumatore fi -nale in una “esperienza d’acquisto” e di utilizzo del tutto singolare. • Componente esperienziale: la caratteristica di tra-sformabilità del capo è una componente innovativa e fortemente motivante, dal momento che induce l’ac-quirente ad interagire creativamente con il prodotto, gestendo le trasformazioni, sperimentando e perso-nalizzando le varianti da indossare. • Time oriented: la particolarità del progetto rientra in uno specifi co target che possa essere al passo con la realtà metropolitana, caratterizzata dalla veloci-tà: spostamenti frequenti, vita frenetica tra lavoro, studio, hobby, relazioni sociali e tutto ciò che fa parte della comune routine. L’idea del progetto è di muoversi sincronicamente al fattore “tempo”, dando l’opportunità al consumatore di riunire più

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abiti e più “occasioni” in una: l’abito trasformabile consente, con pochi gesti, di mutare il suo aspetto ottimizzando tempi, costi e spazio.

Nella collezione sono presenti capi in grado di mu-tarsi a tal punto da far emergere un minimo di quat-tro modelli, insieme ai rispettivi accessori, portan-do con sé la praticità e la vestibilità e consentendo di adattarsi a più occasioni. I capi della collezione vengono resi possibili e valorizzati creativamen-te da una tecnica sartoriale ben precisa: tramite lo scorrimento del cursore della cerniera lampo o lo sganciamento del bottone o gancio, verrà scartato o avvolto parte del tessuto dell’abito creando in quest’ultimo uno stravolgimento e consentendo di sfruttare il capo a 360°. I materiali vengono selezionati secondo una carat-teristica di elasticità naturale, privilegiando in par-ticolar modo le maglie e i tricot, per poter andare incontro alla deformabilità e consentire il cambia-mento. Le linee, morbide e scivolate, giocano con i volumi. Aperture, tasche e spacchi celano forme sottostanti e sottolineano una silhouette destruttura-ta ma femminile e inconsueta.

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Capitolo 1.2

Filosofi a della collezione.

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Creatività, estro e funzionalità si fondono in un unico concetto.

Design accattivante e versatile, indubbiamente iro-nico e stravagante, alla ricerca di una nuova visio-ne d’abbigliamento e lifestyle. Ciò che viene considerato come banale orpello de-corativo, fugge dagli stereotipi per divenire stra-volgente utilità, effi cienza e praticità.

Linea guida della collezione sono i tessuti che van-no incontro alla deformabilità: maglie elasticizzate e textures che consentono celamenti camaleontici, come tessuti double e maglie di cotone e lana. Fanno la loro comparsa anche il panno e il feltro, tessuti a coste, felpati e cangianti in un mix in pie-no trend metropolitano.

Anima del progetto è la forte personalità, giocosa ed estrosa basata che offre al cliente singolari ed effi cienti scelte per poter destrutturare, deconte-stualizzare e combinare l’abito.

Esperienze sensoriali sono legate ai gesti e alle for-me sempre nuove che nascono nell’indossare que-sti capi, interpretandoli e trasformandoli in pochi gesti.

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Capitolo 1.3

Tavole progettuali

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MOOD.

LE ATMOSFERE DENSE E FUMOSE DELLA CITTA’ FANNO DA COR-

NICE ALLA COLLEZIONE “CHANGING DRESS".

LE LINEE INTERSECATE DELLA METROPOLI, CHE SI ESPANDO-NO IN NETTE FORME ORIZZONTALI, VERTICALI E TRASVERSALI SI FONDONO CON L’ANIMA DELLA COLLEZIONE DIVENENDO INCONFON-

DIBILE STILE E SILHOUETTE.

IL TEMPO, IL DINAMISMO, IL CAMBIAMENTO CHE AVVIENE ME-DIANTE LA VELOCITA’, INVADONO FRENETICAMENTE IL CONSUETO RIFLETTENDO SULL’IDEAZIONE DEI CAPI QUASI A VOLER INSERIRE, NELLO STRAVOLGIMENTO DI QUEST’ULTIMI, TEMATICHE FUTURI-STICHE CHE AFFOLLANO LA NOSTRA VISIONE E I NOSTRI SENSI

SPINGENDOCI IN QUESTO CONTINUO VORTICE D’INNOVAZIONE E

DI ECLETTICITA’.

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MOOD:ATMOSFERE URBANE, TECNOLOGIA, EVOLUZIONE, STRAVOLGIMEN-TO, MANUALITA’, DESIGN.

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VISUAL INSPIRATION:FORME APPUNTITE E PIEGHETTATE, GIOCHI GEOMETRICI E VOLUMI RIMBOCCATI.

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VISUAL INSPIRATION:SILHOUETTES SEGNATE DA PIEGHE A VENTAGLIO, SCOLLATURE AMPIE E GEOMETRICHE, FORME GRINTOSE E ARTICOLATE.

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RICERCA E SELEZIONE DEI TESSUTI.

I tessuti morbidi e plasmabili come le maglie, la corposità dei panni e del feltro, i tessuti felpati, sono presenti nella collezione “Changing dress”.

Importanti sono gli elementi di riciclo quali bottoni e zip riadattabili ad una forma sia decorative chefunzionale.

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SILHOUETTES DEI BOZZETTI DELLA COLLEZIONE CHANGING DRESS

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BOZZETTI ESPICATIVI DELLA COLLEZIONE

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PROCEDURA TECNICA E SARTORIALE

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Lookbook:

dimostrazione pratica per la trasformazione.

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ESPLICATIVI DELL’ABITO “FEISTY"

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ESPLICATIVI DELL’ABITO “METROPOLITAN"

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ESPICATIVI DEL CAPPOTTO “PLAYFUL"

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Immersione della stoffa in acqua calda.

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Lasciare asciugare la stoffa.

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ESPLICATIVI DELL’ABITO “ALTERATION"

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PARTE II

PANORAMA CONTEMPORANEO DEL MERCATO DELLA MODA.

“La moda- il nostro modo d’essere- è l’autoritratto di una società , l’oroscopo che essa stessa fa

del destino”. (Ennio Flaiano).

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Capitolo 2.1

Premessa:il sistema moda.

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Non esiste una interpretazione oggettiva e univoca del concetto di moda: secondo il Grande Dizionario Garzanti la moda è “ l’usanza più o meno mutevo-le, che diventando gusto prevalente, si impone nelle abitudini, nei modi di vivere , nelle forme del vestire ”. Il fatto che il vestire rappresenti solo uno degli ambiti di significatività della moda è confermato da Devoto, secondo il quale “ la moda è un prin-cipio universale, uno degli elementi della civiltà e del costume sociale, che interessa non solo il corpo ma anche tutti i mezzi di espressione di cui l’uomo dispone “. Dagli anni ’80 in poi, l’economia moderna non ri-sponde ad un modello standard, ma è organizzata , al contrario , in molti diversi capitalismi nazionali dotati ciascuno di una storia, di una cultura, di com-portamenti e di istituzioni differenti (Bonomi, 2005). In questo contesto la struttura industriale si presenta sensibilmente fratturata manifestando un’ originali-tà di percorso e di presenza competitiva. Per poter introdurre ad una analisi del mercato contempora-neo della moda, è però necessario semplificare l’ap-proccio individuando due punti focali del panorama della moda, visti anche come macro settori:

1.Settore dell’alta moda: ovvero la creazione di uno stile e di un design definito e riconoscibile, che

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corrisponde alle produzioni delle grandi sartorie di scuola italiana e francese. Si ricollega alla Maison de Couture aperta a Pari-gi da Charles Frederick Worth nel 1840; lo sco-po che i sarti di allora si proponevano, era di creare capi d’abbigliamento ricercati e originali per i pochi clienti della nobiltà di tutto il mondo ed, esercitando prepotentemente la loro influenza creativa, comin-ciarono a dettare le tendenze della moda, quali pre-cursori dei moderni sarti-stilisti. Alta moda, oggi, è sinonimo di prodotti unici ed irripetibili dal valo-re altissimo per caratteristiche inconfondibili quali l’elevatissimo livello creativo ed artistico, la quali-tà dei materiali utilizzati e la preziosità degli orna-menti, ma soprattutto per la ricercatissima e rigoro-sa lavorazione manuale, svolta in centinaia, talvolta migliaia di ore di lavoro. Ne consegue che capi di questo tipo sono accessibili solo a un ristrettissimo gruppo di clienti, non soltanto per gli altissimi prez-zi di vendita, ma anche e soprattutto per i contenuti che esprimono. Le case di alta moda portano normalmente i nomi degli stilisti che le hanno fondate come Valentino, Yves St. Laurent, Pierre Cardin, Hubert de Givenchy oppure citano il nome originale della casa produttri-ce come Dior da Christian Dior, Chanel da Gabrielle Coco Chanel, Balmain da Pierre Balmain, Gattinoni da Fernanda Gattinoni che pur sempre dispongono d’affermati stilisti che ne creano i modelli; è il caso di Karl Lagerfeld per Chanel, di Oscar de la Renta per Pierre Balmain. Tra i sarti notabili italiani oltre a

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quelli già citati si annoverano i nomi di Emilio Puc-ci, Raffaella Curiel, Andrè Lang, Mila Schòn, Irene Galitzine, Odicini, Carlo Tivioli, Pino Lancetti, Re-nato Balestra e, tra le nuove generazioni, Antonio Marras, Maurizio Pecoraio, etc. E’ ormai sotto gli occhi di tutti come il mercato del-la haute couture si sia notevolmente ridimensionato, anche se la sua influenza nel contesto della moda non defluirà mai, grazie al suo importantissimo con-tributo in termini di ricerca creativa e sperimenta-zione. La sua consistenza si può calcolare oggi in circa 5.000 clienti; evidentemente questa domanda è troppo esigua per supportare il suo costosissimo contenuto creativo, produttivo, comunicazionale, di vendita. Ciò ha indotto produttori e stilisti ad allar-gare la loro produzione e le loro collezioni al più redditizio e vasto mercato del prèt-à-porter e del li-festyle, spaziando in settori che vanno molto oltre la produzione di abiti ed accessori, spaziando dal settore cosmetico al wellness, all’interior design, al settore alberghiero, etc.

2.Il prèt-à-porter: come la couture ha rivoluzionato a suo tempo l’abbigliamento, generando il fenomeno della moda, delle tendenze e della stagionalità, così il prèt-à-porter ha ribaltato del tutto la concezione della moda stravolgendone i meccanismi di realiz-zazione, di diffusione e di promozione.

Dopo l’avvento della couture e dello strapotere dei grandi sarti francesi, la sartoria italiana vide i suoi

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esordi nel panorama internazionale grazie alla fi-gura di G.B. Giorgini, mecenate e promotore del marchio italiano nel mondo. La sua opera di “talent scout” fece sì che la sartoria italiana valorizzasse ed esprimesse sempre più, collezione dopo collezione e sfilata dopo sfilata, le proprie elevatissime qualità artigianali ed una personalità creativa che si distac-cava radicalmente dagli orpelli e dai barocchismi della couture francese. Tali prerogative di indossa-bilità e di pulizia delle linee, di rigore progettuale e creatività essenziale, furono fautrici del successo della sartoria italiana nel mondo e sfociarono quasi naturalmente, anni dopo, nella industrializzazione del prodotto. Nello specifico, il prèt-à-porter è stato generato dall’intuizione che, dal momento che la couture ri-spondeva alle esigenze di pochi, sollecitando nelle masse un desiderio di emulazione degli usi e degli stili di vita delle classi sociali più abbienti, lo stile italiano ben si poteva adattare ad una riproducibilità in serie che avrebbe consentito di soddisfare l’esi-genza di un mercato sempre più ampio che richie-deva “abiti alla moda” accessibili nei costi e nella quantità. I sarti di allora ed i nuovi imprenditori della moda capirono intelligentemente che le due offerte, quella sartoriale e di moda pronta da indossare potevano coesistere, anzi integrarsi e supportarsi a vicenda senza perdere di immagine: pertanto si organizza-rono per creare e produrre collezioni pronte (prèt-à-porter) in aggiunta alle collezioni sartoriali. Il prèt-

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à-porter viene così diffuso ad una clientela di massa, con prezzi più accessibili rispetto all’alta moda dalla quale prende ispirazione nel susseguirsi delle tendenze e delle novità, sviluppando una industria fiorente e di eccellenza creativa e produttiva che si è distinta nel mondo come “made in Italy ”. L’in-dustrializzazione della moda, imponendo un veloce ricambio dell’ offerta sul mercato e riducendo sensi-bilmente i costi del prodotto sartoriale, ha spezzato così il circuito che voleva l’abbigliamento condizio-nato alla posizione sociale ed economica dei consu-matori. L’offerta di prèt-à-porter poteva produrre in serie ed a prezzi accettabili, rivolgendosi anche al pubblico più giovane che era stato escluso dall’alta moda. Il successo della moda italiana sui vari mercati è do-vuta in gran parte al rapporto che si è instaurato tra gli stilisti e gli imprenditori, nel dare vita al pron-to moda; gli stilisti dal canto loro hanno messo a disposizione la creatività e l’immagine, mentre gli imprenditori ne davano un importante contributo in termini di strutture produttive e management; la si-nergia creatasi ha permesso il successo di cui oggi siamo testimoni.

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Capitolo 2.2

L’evoluzione del mercato moda e l’apparato del fashion marketing.

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Dal momento della sua nascita a oggi , il prèt-à-porter ha subito una evoluzione esponenziale in ter-mini di volumi, fatturato, diffusione e ricerca tecno-logica; sono ad oggi mutate anche le tempistiche di presentazione delle collezioni, che sono passate da una logica stagionale a ritmi che tendono ad accor-ciare sempre più i tempi d’uscita di nuove collezioni, per essere in linea con le esigenze di un mercato in continua evoluzione. Si è ampliata l’offerta in termi-ni di quantità, di qualità, di capacità di penetrazio-ne del mercato e di differenziazione delle proposte commerciali, trasformando il modello di verticaliz-zazione del fenomeno della moda, (che generava le sue proposte creative nelle collezioni di alta moda per poi rielaborarle sotto forma di tendenze moda nel pret-a-porter e poi nelle produzioni di massa, se-guendo quel modello di imitazione ed emulazione che procede dall’alto - l’elite della società - verso il basso - la massa della popolazione) in un modello inverso che spesso vede la strada come fonte di ispi-razione e con modalità operative di tipo orizzontale, in cui settori produttivi e segmenti di mercato diver-si si intersecano creando nuovi trend di mercato.Ecco come, accanto ai tradizionali settori del prèt-à-porter, che genericamente individuava al suo in-terno delle macro aree come il leisurewear (tempo libero), lo sportswear (abbigliamento per lo sport),

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lo streetwear (moda da strada) ed il casual, accanto all’abito da giorno e da sera, si sono sviluppati nuovi settori produttivi scaturiti dai nuovi orizzonti etici e tecnologici. Tra questi possiamo citare, in breve:

a. Settore vintage: abiti dismessi o in giacenza nei magazzini, derivante dal un culto di riabilitazione degli anni ’70.

b. Recycling ed eco-moda: la ricerca e l’utilizzo di materiali alternativi, riciclati o ecologici concerne la produzione eco-solidale; la ricerca tecnologica , nella produzione di materie prime come di prodotto finito tra moda e design, è legata all’eco sostenibilità e al rispetto per la natura.

c. Settore della sartoria innovativa: riadattamento di capi vintage e l’utilizzo di stoffe, non sempre de-stinate all’abbigliamento, per la creazione di nuovi abiti e accessori. Questo tipo di progetto di laborato-rio sartoriale ben si distingue dal contesto sartoriale tradizionale. Parallelamente a questi settori, che pur si distinguo-no in una fascia alta di prodotto con forti contenuti moda ed un rapporto qualità-prezzo piuttosto eleva-to, si delineano altri macro-settori produttivi di lar-ga diffusione e caratterizzati da un apporto creativo decisamente più contenuto e trainato dalle tendenze promosse dal prèt-à-porter. Tali macro fattori sono:

a. Il prodotto diffusion: simile al prèt-à-porter e ca-

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ratterizzato da un forte contenuto creativo e nel qua-le la figura dello stilista è rilevante ai fini commer-ciali, rappresenta le seconde e terze linee delle griffe di cui ne consente l’ampia diffusione nel territorio grazie ad una fascia prezzi più abbordabile rispetto alle prime linee del marchio.

b. Il prodotto bridge: costituisce un “ponte” tra il mercato di massa e i prodotti ad alto contenuto stili-stico ed è presidiato dai marchi industriali di fascia alta.

c.Il prodotto mass: fascia di livello più basso, è rap-presentata dal prodotto massificato sviluppato anche dal “pronto moda”, in particolare quelle collezioni prodotte direttamente nel corso delle stesse stagioni di vendita secondo gli orientamenti stilistici dettati dalle maggiori griffe. Quindi, per poter definire le effettive opportunità di mercato di un’iniziativa imprenditoriale nel settore moda è necessario indagare, innanzitutto, le carat-teristiche del settore tessile e dell’abbigliamento, definendo l’attuale struttura del mercato e le sue ca-ratteristiche evolutive e definire il cosiddetto “posi-zionamento” del prodotto in funzione delle diver-se fasce di mercato. Tali specifiche e fondamentali caratterizzazioni debbono essere analizzate attenta-mente non soltanto per definire il profilo del con-sumatore tipo e le caratteristiche del prodotto, ma anche e soprattutto per studiare le giuste strategie a livello di comunicazione e gestione del brand. Il

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fashion marketing mette in evidenza le seguenti ca-ratterizzazioni, a testimoniare la molteplicità di ap-proccio che un prodotto deve avere nella gestione della competitività:• Mercato accessibile: la moda dopo essere stata per tanti anni riserva alle èlite, quindi irraggiungi-bile per molti consumatori, oggi è estesa a tutte le categorie sociali, trasformandosi da fenomeno cul-turale e privilegiato in un fenomeno di consumo; il successo di tanti marchi è stato quello di rendere la moda facilmente accessibile ai consumatori.• Mercato consumer oriented: la “moda” la fa il consumatore quando decide d’acquistare e portare un abito; un look diventa moda solamente se ci sono consumatori che decidono d’acquistarlo e di portar-lo.• Mercato condizionato: ci sono aspetti del mer-cato che esercitano sulle masse un forte spirito di emulazione: si pensi alla politica, all’economia, alla tecnologia, alla cultura, alla psicologia, ai comporta-menti umani, agli stili di vita ecc. A titolo d’esempio evidenzio il condizionamento fatto nel tempo degli street-style (Hippies, Rockers, Punks, Darks, Skin-heads, Naziskin, Redskin, Paninari, Gipsy, Under-group, Grunge, Hip-hop, Jungle, Maquinero, Hea-vy, Posse, Rap, Rave, Yè-ye, Yuppies, Friday-Look, ecc.), dai movimenti (Ecomoda, Verdi, Ecologisti, ecc.), da caratterizzazioni geografiche e storiche (Stile Country, Stile Cowboy, Stile Hawaiano, Ca-ribbean Style, ecc.), da stili particolari (Stile Gla-mour, Adlib, Moda-trash, ecc.).

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• Mercato attuale: la moda deve rispondere ad un mercato attuale, ciò significa che l’offerta deve ri-scontrare precise e presenti esigenze dei consuma-tori. L’attualità dei prodotti offerti fa sì che questi vengano anzitutto presi in considerazione, quindi accettati e acquistati.

• Mercato differenziato: deriva dal continuo fra-zionamento e cambiamento delle fasce di consu-matori, i cui comportamenti sono sempre più diver-sificati. I trend di mercato rivelano una sempre più diffusa inclinazione ad accettare differenziazioni anche in termini di tipologie di prodotto.

•Mercato segmentato: parecchi consumatori han-no stili di vita molto particolari al punto d’aver dato origine a specifiche nicchie di mercato, all’interno delle quali si sviluppano particolari prodotti, ten-denze e offerte.

• Mercato graduale: la moda si sviluppa per gra-di; il consumatore non è propenso a rinnovare to-talmente ad ogni stagione il suo guardaroba; lo fa gradualmente, inserendo, col tempo, qualche capo; per tanto la moda non può fare proposte troppo ra-dicali, se lo facesse ne verrebbe smentita dal com-portamento del consumatore.

•Mercato globale: la moda come la cultura, la mu-sica, il cinema può offrire messaggi universali, po-liedrici, multiculturali; se certi prodotti si riescono

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a vendere dappertutto, dal Giappone al Sud-Africa, dagli Usa alla Finlandia, significa che la moda rie-sce a essere in sintonia con i bisogni di un pubblico diversificato. Il mercato della moda ha una trasver-salità a tutto campo: i consumatori che l’offerta deve raggiungere sono quelli del villaggio globale, per-tanto prodotti, politiche e strategie si devono indiriz-zare nel rispetto della globalizzazione dei mercati.

• Mercato dinamico: l’idea della moda come pro-dotto effimero è stata soppiantata dal concetto di evoluzione del prodotto e dell’ etica di consumo. La moda deve soddisfare un pubblico ampio, vario, mutevole e dinamico, come ampi, vari, mutevoli e dinamici sono gli scenari economici attuali.

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Capitolo 2.3

Sociologia e consumi:profi lo di un macrotrend di riferimento.

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Lo sviluppo verso il quale è indirizzato il merca-to della moda è sempre più dinamico e complesso, specchio stimolante di una società in continuo muta-mento. Una serie di fattori ha determinato e caratte-rizzato lo sviluppo socio-economico, demografi co, politico, culturale, consumistico, comportamentale della nostra società; ci basti pensare ai nuovi ruoli professionali dell’uomo e della donna, alla vivacità culturale dei giovani e al maggior tempo libero, alla crescente attenzione alla qualità della vita, per farci rifl ettere su quanto questi aspetti abbiano caratteriz-zato la moda e infl uito fortemente sull’abbigliamen-to e tutta la fi liera. La moda è costume che vive con e nella società, e può essere vissuta nel presente e nel futuro solamente se è collegata a quello che suc-cederà oggi e domani nella società.

Cultura e sub-cultura di minoranza sono indicatori e anticipatori dei nuovi comportamenti del consumo e, dal momento che l’abbigliamento tende ad essere parte di un linguaggio non verbale per manifestarsi agli altri, va da sè che le nuove tendenze culturali rappresentino anche un’ importante ispirazione per lo sviluppo di nuove tendenze nella moda. Questo è già capitato con i rockers, negli anni ’60, con gli hippies negli anni ’70, quindi con i punks, con gli skinheads, etc.; e continuerà ancora negli anni a ve-

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nire. Nella società globalizzata gli atteggiamenti e i com-portamenti degli individui risultano sempre orientati verso esperienze di consumo: consumi di marche, di abiti, di tecnologia, di luoghi, di comportamenti sociali etc.; il consumo diventa il nuovo modello al quale ispirare molti dei comportamenti sociali mes-si in pratica in società. E’ interessante osservare le modalità con le quali i consumatori da un lato e i produttori di moda dall’altro, riescano ad incontrarsi e ad entrare in sintonia. In quest’ottica, la moda ha rappresentato e continuerà a rappresentare una chia-ve di lettura della società; l’abbigliamento e quindi la moda che lo determina, oltreché beni di consumo saranno anche caratterizzazioni della stessa società; l’abbigliamento si adatterà così ai valori che il futu-ro ci riserva (pragmatismo, effi cientismo, meno ro-manticismo, più problem solving).

E’ la società a far assumere al prodotto moda parti-colari specifi che e pertanto le imprese del sistema non potranno non essere coinvolte direttamente o indirettamente nel loro modo di creare, produrre, vendere dalle caratterizzazioni che qualifi cheranno questa società. Nella società delineata dallo scenario moda siamo in presenza di taluni fenomeni che ridi-segnano un nuovo modo di consumare e un nuovo modo di produrre, vendere soddisfare il consuma-tore. Lo scenario attuale richiede alle imprese una buona dose di creatività, ma anche di concretezza, effi cienza, serietà nell’offrire prodotti, nel distribu-

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irli, nel promozionarli, nel venderli; ad una società tutta orientata verso il problem solving e la funzio-nalità, la moda deve rispondere in maniera adeguata bandendo astrattezza e creatività incongruente; un settore che saprà dare risposte concrete a questa ri-chiesta non potrà non essere vincente. Ecco perchè il mondo della moda ha regole precise: infatti mentre fi no a qualche anno fa lasciava tutto nelle mani dello stilista e della sua creatività, oggi l’offerta sa esattamente cosa deve dare al consuma-tore, avendolo studiato costantemente nel tempo. La moda diventa così sempre meno dirigistica, sempre meno frutto della libera fantasia, ma invece guidata dalla psicologia, dalla sociologia, dalla tecnologia, dal marketing per dare risposte concrete alle ri-chieste del trade e dei consumatori e magari anche anticiparle; essa richiede certamente creatività, ma anche buone idee basate su richieste di marketing, su una conoscenza del consumatore, dei suoi gusti, delle sue tendenze.Allorchè si parla di offerta di moda siamo in pre-senza d’un comune malinteso, cioè si pensa auto-maticamente ai soliti nomi noti di stilisti, ignorando che c’è una realtà molto più vasta e consolidata, più conservativa rispetto alla suscettibilità ed agli umo-ri stagionali dei primi; ci basti pensare alla costel-lazione d’aziende tessili e dell’abbigliamento che caratterizzano l’offerta italiana di moda. L’offerta si presenta così come un arcipelago; se infatti pensiamo che s’indirizza all’uomo, alla don-na, al bambino/bambina e riguarda abbigliamento e

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accessori vari, s’intuisce l’entità della sua portata. Lo scenario evidenzia nei particolari l’obbiettivo primario e specifi co cui punta l’azione di fashion marketing: il consumatore; la nascita del moderno “ fashion system” alla fi ne degli anni ’60, con l’affer-mazione e la diffusione della moda pronta, dà il via a un radicale cambiamento nell’approccio di uomini e donne al vestire. Il cambiamento è avvenuto at-traverso un’ interazione tra creatore e consumatore di moda che ha richiesto non più un abbigliamento imposto o codifi cato ma libero e rispettoso; la moda per il consumatore diventa comportamento e affer-mazione di libertà, individualità, fl essibilità; d’al-tronde queste caratterizzazioni non sono altro che le coordinate cui si rapporta la nostra eterogenea, di-namica, moderna società; siamo dunque in presenza di consumatori che usano la moda secondo i loro attuali, diversifi cati e rinnovati bisogni e desideri. L’abito diventa per il consumatore certamente una scelta fi nanziaria, ma anche e soprattutto di piace-re, di desiderio quindi molto lontano dall’essere esclusivamente un semplice oggetto di consumo. Lo scenario prevede che l’abito diventi sempre più un espressione d’identità, un modo d’essere più che d’apparire; ciò signifi ca che l’abito deve poter rap-presentare l’identità di colui che lo porta. Spetta alla moda il ruolo di rendere il consumato-re “più individuo” e “meno consumatore” visto che deve rispondere più ad esigenze comportamentali che a bisogni consumistici. Con un consumatore siffatto, diventa obbligatorio per gli stilisti collegar-

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si con la sua quotidianità, con la sua vita di lavo-ro, di famiglia,di tempo libero, ecc. per proporgli il prodotto giusto. La presenza femminile sempre più consistente nel mondo delle professioni e del lavoro incrementa il numero delle donne che ricorrono oggi al prodotto moda. Gli stilisti e le imprese devono offrire a questo segmento qualche cosa di originale, d’alto livello qualitativo, d’assoluta eleganza per la loro vita professionale, senza dimenticare poi che queste donne, come tante altre, ritornano tra le pa-reti della vita familiare con altre esigenze che vanno pure soddisfatte con altrettanta creatività. Questo consumatore è molto autonomo nelle sue scelte, dif-fi cilmente condizionabile, esigente e interattivo; per cui lo si soddisfa se tutta la fi liera moda si mette a sua disposizione, a partire dal fornitore di materia prima (tessuti e materiali vari) al confezionista, dal punto di vendita al messaggio che lo deve raggiun-gere. Da quanto fi n qui esposto si evince che le strate-gie di marketing e di vendita dell’azienda dovranno senz’altro essere orientate non solo al comporta-mento di consumo, ma anche a quello di acquisto; ciò richiederà da parte delle imprese un progressivo passaggio dalla pur effi cace e valida fase di “servi-zio al cliente” a quella di maggior successo di “sod-disfazione del cliente”.

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PARTE III

MODA, ETICA E LIFESTYLE.

“Si cade spesso nell’errore di considerare la Moda come qualcosa di troppo frivolo e superfi ciale piuttosto che una forma d’arte. Eppure non ha nulla a che invidiare alla altre discipline. In una collezione si miscelano colori, idee, sogni, proiezioni, emozioni, come un fi lm, una musica o un quadro. Se vogliamo esagerare anche un abito da sera ha una sua architettura” (Roberto Cavalli).

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Capitolo 3.1

Il marketing e la creatività.

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Lo scenario impone al prodotto moda una mag-giore aderenza alla società, alle sue istanze, ai con-sumatori. Il marketing diventa così l’imperativo categorico a cui l’azienda non si può sottrarre in quanto è l’elemento determinante ed insostituibile per assicurare successo alla produzione, alla com-mercializzazione dei suoi prodotti, alla sua capacità creativa ed innovativa, al suo management. L’azien-da disporrà d’un ineguagliabile vantaggio compe-titivo se avrà un convinto e concreto orientamento di marketing. L’orientamento di marketing giusto è quello che permette l’impresa e la sua offerta sul-la lunghezza d’onda del consumatore, capendolo, interpretando i suoi mutamenti, riscontrando le sue richieste. In questo senso non si può parlare di mar-keting orientation là dove produttori e stilisti cerca-no d’imporre i loro diktat; al consumatore bisogna prestare orecchio, studiarlo nel suo comportamento per poterlo servire al meglio, per realizzargli pro-dotti a lui consoni. Dobbiamo con i fatti sostenere che la couture e l’alta moda rispetto al prèt-à-porter e alla produzione di massa è certamente meno mar-keting oriented e più product oriented; da sempre la couture si è imposta di produrre capi d’alta qualità e persuadere i potenziali clienti a comperarli. Con l’avvento del prèt-à-porter il mercato e il rapporto con i clienti è stato ripensato al punto da reimposta-

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re anche il modo di creare, produrre, confezionare, vendere abiti, cioè al servizio del consumatore, mar-keting oriented.

Un’azienda può allora essere considerata marketing oriented se nell’attuazione della sua strategia azien-dale globale e di marketing in particolare, privilegia le richieste di mercato e del consumatore, agendo in funzione delle loro specifi che esigenze; diremo che un’azienda di moda è marketing oriented non se vende sul mercato ciò che produce, bensì se produce ciò che si può vendere. Al contrario un’azienda che non si orienta al mercato, non sarà in grado di sod-disfare pienamente le esigenze dei consumatori, non riuscirà ad individuarne e a prevederne la domanda. Risulterà allora marketing oriented quella azienda che riuscirà a :

•Identifi care e soddisfare le esigenze della doman-da;

•Ottimizzare la sua posizione sul mercato;

•Massimizzare la capacità reddituale di lungo perio-do;

•Adattarsi ai cambiamenti ambientali meglio e più rapidamente di quanto siano in grado di fare i con-correnti.

Di qui l’importanza per un’azienda di favorire

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qualsiasi forma di dialogo, di contatto o d’apertura diretta o indiretta con il mercato, di “legame intel-ligente” con le sue componenti, i consumatori, al fi ne di recepire il contesto ambientale e le esigenze su cui basare la realizzazione dei prodotti, quindi l’eventuale loro accettazione e commercializzazio-ne. Solo su questi presupposti l’azienda può attuare il suo intervento di marketing a livello di pianifi ca-zione dei mezzi da impiegare sul mercato e di giusta politica di prodotto, di prezzo, di distribuzione, di comunicazione e di promozione, di vendita, nonché di controllo. Per la dinamicità e la diffi coltà che la moda rac-chiude in se stessa, si rende necessaria una chiave di lettura, una metodologia che permette di accom-pagnarne lo sviluppo: è questo il fi ne cui il fashion marketing deve assolvere, guidare cioè l’approccio piuttosto complesso della moda nei confronti del mercato, della domanda, del trade, del consumato-re. È così che possiamo schematizzare il fashion mar-keting:

•Un modo di condurre l’offerta di moda nelle rela-zioni con il mercato, così che ogni decisione sia pre-sa con anticipata valutazione di ciò che essa com-porta sul consumatore e sul suo ambiente.

•Una metodologia, un modo di pensare e d’agire, una fi losofi a commerciale di un’impresa nei con-fronti del suo mercato, della sua domanda, dei suoi

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consumatori. •L’utilizzazione e lo sfruttamento razionale del mer-cato in una attenta analisi di tutti gli aspetti della do-manda di moda.

•Uno sforzo di programmazione inteso a massimiz-zare le opportunità del mercato e consentire il rag-giungimento degli obbiettivi aziendali.

•Una ponderata rimozione degli ostacoli che posso-no opporsi alla vendita del prodotto moda.

•La scelta dei mercati e relativi segmenti più favore-voli, nonché dei canali di distribuzione più effi cienti e più economici.

•La presenza comunicazionale e promozionale più effi cace sul mercato.

•L’integrazione strategica tra produttori, creatori di moda, merchandiser, marketologi, venditori, consu-matori.

L’intervento pratico-operativo di marketing non può per questo essere saltuario e casuale, bensì costante e metodico. In questa ottica è fondamentale poter con-tare su un marketing:

•Copernicano: nel senso che il mercato è al centro dell’attenzione e rappresenta con il consumatore l’obbiettivo da raggiungere; l’azienda è a loro servi-

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zio; purtroppo molto spesso accade che sia l’azienda a trovarsi rigidamente al centro di tutto e pretendere il contrario.

•Dinamico: la moda ha un’ implicita accelerata di-namicità; infatti essa deve rispondere al susseguirsi delle stagioni, al continuo mutamento del mercato, alle nuove e impellenti esigenze del consumatore con una dinamica adattabilità; le variabili di marke-ting come prodotto, prezzo, distribuzione, vendita, comunicazione e promozione, ecc., devono ade-guarsi alla dinamicità del mercato e alla situazione contingente impostando attuali e conseguenti azio-ni-reazioni interne ed esterne all’azienda.

•Coordinato: Il marketing con metodologia e in ma-niera coordinata e costruttiva incasella la moda in uno schema preciso per nulla riduttivo della stessa, ma anzi estremamente valido e di grande effi cacia; il marketing ha la capacità d’integrare ideazione, produzione, distribuzione, vendita, comunicazione, promozione; il mancato coordinamento porterebbe senz’altro alla sconfi tta su tutta la linea; le politiche e le strategie di marketing devono assolutamente es-sere tra loro interdipendenti ed in armonia.

•Effi cace e totale: la messa in atto del marketing nella moda deve essere completa in tutti i suoi ele-menti; non basta comunicare, promozionare un pro-dotto; una collezione se poi non li si supporta con una completa strategia di marketing, con una valida

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politica di prodotto, con un’accettabile e redditizia politica di prezzo, con un effi ciente distribuzione; con una puntuale ricerca di mercato, con un’effi ca-ce segmentazione, con un idoneo posizionamento di prodotto, con una mirata politica comunicazionale e promozionale, etc.

•Operativo: gli interveti debbono essere fattibili vi-sto che debbono conseguire altrettanti concreti ri-sultati; fondamentalmente il marketing richiede che si conosca il mercato, il consumatore, il segmento-target, che si decida come e con quali politiche e strategie intervenire, che si abbia professionalità e costanza nell’applicarle.

•Personalizzato: troppe aziende affrontano il mer-cato come market takers nel senso che i loro pro-dotti vengono passivamente comprati dal mercato piuttosto che venduti in maniera attiva come market makers, cioè con grinta,professionalità, fantasia e perseveranza.

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Capitolo 3.2

La moda e il mercato globale.

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E’ dinnanzi agli occhi di tutti come politica ed economia possono condizionare positivamente o negativamente il raggio d’azione della domanda e dell’offerta di moda. Il business della moda ha as-sunto un connotato interplanetario, proprio perché è un derivato della multiculturalità e ci proietta verso una società universale. Il quadro di riferimento, oggetto del nostro esame, parte da un dato di fatto incontestabile che, cioè, l’offerta di moda oggi deve sostenere una sfi da che non ha più il connotato nazionale, ma globale. L’ampliarsi del suo raggio d’azione induce il settore ad adattare il suo modo di produrre, organizzarsi, di vendere. In questo capitolo vedremo in che modo può essere assecondato il mercato globale e come questo possa rappresentare una grande opportunità sia per quelle imprese capaci di penetrare il mer-cato planetario attraverso la capillare diffusione del suo prodotto, sia per quei prodotti di nicchia o non appartenenti alla grossa distribuzione, che possono essere ricercati ed apprezzati anche in mercati lon-tani dalle sedi produttive ed in piazze commerciali ricettive anche nei punti più remoti del globo. La globalizzazione ormai infl uenza tutti gli aspet-ti del processo economico (mercato, produzione, fi nanza, distribuzione, consumi) e la risposta delle aziende è condizionata da una scelta strategica che

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trova il suo supporto innanzitutto nella comprensio-ne del particolare cambiamento in atto. Dinanzi a questo scenario è necessaria una pronta, adeguata ed effi cace risposta, non è possibile ignorare o mi-nimizzare il cambiamento in corso; ogni settore del sistema moda dovrà rispondere al suo mercato, ogni impresa al suo segmento, e a tutti condizionamenti evidenziati con specifi che capacità competitive. L’offerta, senza un valido mix comunicativo di sup-porto, diffi cilmente riuscirebbe a trovare la giusta via per rispondere allo scenario, quindi per penetrare e conquistare il mercato il fashion marketing diven-ta lo strumento fondamentale con cui raggiungere gli obiettivi aziendali. Gli stessi stilisti hanno reso globale la moda integrando la loro nazionalità con le altre: Karl Lagerfeld, tedesco, lavora a Parigi per Chanel, a Roma per Fendi, in Germania con la sua linea KL; John Galliano, inglese, è lo stilista di Dior e pertanto lavora a Parigi, etc.; la globalizzazione, quindi, caratterizzerà sempre di più i prodotti moda. Se le imprese non dovessero rapportarsi strategi-camente con questo mercato globale, certamente il loro modo di produrre, d’innovarsi, di vendere, di comunicare, di promuovere sarebbe destinato inevi-tabilmente all’insuccesso. La globalizzazione impone così tutta una serie di strumenti operativi se si vuole cogliere la favolosa opportunità offerta, e la messa in atto di una vali-da strategia di fashion marketing globale da parte dell’impresa rientra in questo contesto. La politica di prodotto destinata ad aver successo nel mercato

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globale è quella capace di studiare, realizzare, lan-ciare prodotti standardizzati, competitivi, di quali-tà, affi dabili e diffondibili contemporaneamente su più mercati. Il prodotto globale non dovrà sola-mente essere un bene che soddisfa determinate esi-genze del mercato globale, ma diventare al tempo stesso un mezzo di collegamento, di comunicazio-ne, un simbolo che accomuni consumatori globali e azienda. Benetton, Lacoste, Gap, Zara esprimono chiaramente e concretamente con la gamma dei loro prodotti che cosa signifi chi realizzare un prodot-to globale e cioè immettere sul mercato mondiale prodotti con lo stesso nome, la stessa immagine, lo stesso messaggio.

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Benetton: “Opening Soon”mostra in collaborazione con Poli.De-sign, presenta l’evoluzione dello spazio di vendita del marchio at-tuale e futura sia in Italia che nel mondo. 2009

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Lacoste: visione futuristica e hi-tech dell’abbigliamento sportivo

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I leaders globali nascenti di un settore industriale co-minciano sempre con qualche vantaggio in patria; tuttavia, affi nchè il successo duri il più a lungo, è ne-cessario che l’impresa non si fermi al primo stadio: per questo le imprese si sono anche attivate nella di-rezione dell’acquisto o della fabbricazione all’este-ro, motivo per cui molti beni e servizi acquistati in un dato paese sono in realtà degli “ ibridi ” , in quan-to design, acquisto di materie prime, produzione e marketing hanno luogo di diverse nazioni. Nel det-taglio possiamo riferirci ad un triplice orientamento, relativamente alla politica di globalizzazione di un prodotto, così riassunto:

• Politica selettiva: questo orientamento vede l’azien-da globale concentrata su un numero ben defi nito di prodotti e che quindi si rivolge ai mercati in grado di recepirli proprio per i vantaggi competitivi e le economie di scala che sono in grado di offrire. In qualche mercato specifi co o in talune aree possono anche essere possibili marginali adattamenti. E’ sot-tointeso che le scelte di politica di prodotto saranno rese dall’azienda globale in maniera centralizzata.

• Politica interdipendente: questo tipo di orientamen-to permette di ricorrere alla realizzazione di prodot-ti fi niti o di parti d’assemblaggio nei vari mercati o solo in qualche area, sfruttando i vantaggi competi-tivi che mercati e aree sono in grado d’offrire bassi costi di manodopera, materie prime e prezzi compe-titivi, facilità di trasporto, superamento di barriere

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protezionistiche.

• Politica integrata: secondo quest’ ultimo tipo di orientamento, la politica di prodotto, nei suoi ambiti complementari di ricerca, innovazione e produzione, può essere perseguita in diversi paesi e con più part-ners sfruttando quei vantaggi che un paese è in grado d’assicurare più di ogni altro. La progettazione di un prodotto può, ad esempio, avvenire in Italia, mentre la sua realizzazione in Brasile, in alleanza con un partner. Il successo sul mercato per quelle aziende che hanno accettato della globalizzazione sarà do-vuta anzitutto al prodotto globale che esse sono in grado di produrre e vendere e, in secondo luogo, a tutti gli altri elementi che caratterizzeranno le loro strategie e politiche di fashion marketing. Possiamo dunque facilmente notare come i prodotti utilizzati quotidianamente siano, per la maggior parte, creati a livello globale. Questo signifi ca che dall’altra parte del mondo sia-mo certi di trovare un prodotto identico o quasi. Il fatto che abbiamo l’opportunità di fruire di uno stesso prodotto/servizio in tutto il globo può essere visto come una comodità, soprattutto se pensiamo che, ovunque siamo, possiamo mantenere le nostre abitudini di alimentazione, viaggio, abbigliamento etc. Questo fenomeno, tuttavia, ha dato luogo al sorge-re di movimenti che contestano in maniera degna “l’amalgamazione ” del genere umano. Mettere in atto una politica di prodotto globale signifi ca proce-

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dere e realizzare un prodotto che può essere venduto in tutto il mondo. Ma, in contrapposizione a tutto questo, va evidenziato come il mercato globale non rappresenti soltanto una “piazza” commerciale su cui convergono esclusivamente quei prodotti capaci di essere diffusi in tutto il mondo, uniformando per latitudine e longitudine l’offerta e l’immagine di un marchio: la globalizzazione rappresenta infatti , al contempo , una potenziale vetrina sul mondo grazie alla quale, attraverso l’uso delle tecnologie e soprat-tutto quella informatica, è possibile la promozione e la diffusione di prodotti a tiratura limitata, se non “unici ”, su mercati di nicchia anche molto lontani rispetto al luogo di produzione e sparsi nei più di-sparati punti geografici del villaggio globale. Questo significa che anche piccole aziende, a condi-zione che promuovano prodotti di spiccata identità e ad alto contenuto moda, possano sfruttare i vantaggi derivati dalla internazionalizzazione e confrontarsi con un mercato e dei concorrenti con nazionalità , cultura, know how differenti, promuovendo talvol-ta contenuti strettamente legati al proprio territo-rio d’origine. Tradizioni, costumi e culture locali, peculiarità territoriali opportunamente rivisitate e rese creativamente appetibili attraverso un vincente marketing mix, possono sempre trovare nicchie di consumatori sensibili e ricettivi, da ogni parte del mondo: Internet, nella fattispecie, ha rivoluzionato il sistema di comunicazione e di relazione tra le per-sone, diventando una piattaforma indispensabile per la promozione e il posizionamento di ogni categoria

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di prodotto. Un fattore di positivo impatto sullo sviluppo dei pro-dotti di nicchia risiede nel fatto che oggi il consuma-tore è competente, esigente, selettivo e abituato a ricercare attivamente le informazioni o i prodotti a cui è interessato: il Web rappresenta un’opportunità per stabilire un dialogo diretto con il consumatore, consentendo un rapporto di quasi contiguità con il marchio o lo stilista, fino ad arrivare alla persona-lizzazione del prodotto o alla partecipazione diret-ta del cliente nell’occasione della presentazione di particolari offerte. Settori come il vintage, l’eco moda, il recycling e la sartoria innovativa, sono la testimonianza di un set-tore in crescita focalizzato su una nicchia di nuova generazione in cui si coniugano alta qualità, creati-vità, innovazione e tendenze socio-culturali. All’in-terno della nicchia individuata, la competitività può essere garantita solo se l’azienda realizza un pro-dotto che racchiude caratteristiche e valori con per-sonalità propria, tramite cui il consumatore possa esprimere il proprio gusto, il lifestyle proprio o a cui aderisce anche solo idealmente. I settori produttivi di nicchia, però, lasciano emer-gere una debolezza intrinseca a questo segmento di mercato: la mancanza di una rete distributiva e commerciale adeguata, in grado di conferire visibi-lità e prestigio alle collezioni. L’impresa può però far leva sul comportamento sociale del consumato-re: è necessario raccogliere le sue esigenze specifi-che, individuarle e incanalarle verso una produzione

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specifi ca, delineata con esattezza, in modo tale che il prodotto soddisfi le esigenze di gusto, linee, forme e stile ma anche di etica. L’obiettivo successivo, in-fatti, diventa la sensibilizzazione sociale ed econo-mica promossa attraverso una politica di marketing mirata a raggiungere un target di clienti con forte personalità e attenzione etica: ecco che produttore e consumatore sono accomunati dalla ricera di una fi delizzazione reciproca, di un rapporto di collabo-razione continuativo.

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Capitolo 3.3

Moda e tecnologia.

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Le aziende di moda stanno vivendo un grande momento di trasformazione e devono mettere in atto nuove strategie. Il trionfo della globalizzazio-ne trasforma la moda. Le nuove tecnologie offrono molteplici opportunità e diventano leve strategiche per competere in una comunità sempre più interna-zionale. La moda perde i “connotati” ed i confini territoriali e la tecnologia diventa alleata strategica in uno scenario dove tutto è vivo, in progress, mo-dificabili.Se per la gestione della collezione, la produzione, la logistica e la distribuzione, la tecnologia è ormai quasi per tutti un must, nelle aziende di grandi di-mensioni la tecnologia permea anche la comunica-zione e la difesa del brand, offre un nuovo approc-cio al mercato, cambia le regole di concorrenza e proprietà intellettuale. La moda cambia di continuo, pertanto, può essere intesa come un contenitore di mutamento il cui protagonista è sempre l’individuo che la usa per un’infinità di scopi. Il rapporto tra la moda e la metropoli globale si consolida sempre di più. Il comparto della moda viene invaso, in un certo senso stravolto, dall’introduzione di strumenti tec-nologici il cui unico scopo è quello di migliorare gli standard qualitativi e manageriali dell’azienda che produce e il comfort, l’aspetto estetico di ciascun prodotto.

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Sino a qualche anno fa nessuno parlava del connu-bio tra moda e tecnologia. Questi due mondi sem-bravano così diversi e lontani uno dall’altro. Non comunicavano quasi mai. Oggi, dall’ideazione alla progettazione e infi ne alla realizzazione, la collezio-ne è supportata dalla tecnologia. La creatività vie-ne liberata mediante strumenti potenti e altamente sofi sticati, creati appositamente per questo settore che ha esigenze davvero particolari e specifi che per quanto riguarda la realizzazione delle collezioni. Oggi l’industria della moda va alla ricerca di nuovi profi li professionali mai visti prima in questo setto-re: di ricercatori esperti da impiegare nelle parti più strategiche dell’industria, della chimica, del marke-ting o nell’informatica. Si iniziano a sperimentare delle ibridazioni sui tessuti per la realizzazione di abiti, oggetti e accessori che siano in grado di re-stituire al consumatore degli effetti estetici e tattili mai visti prima. Gli investimenti fatti in questa dire-zione sono tanti e di recente si assiste allo sviluppo di collaborazioni tra le Università, marchi, holding della moda. Vengono realizzate le fi bre man made (costruite in laboratorio), programmate su misura in funzione delle specifi che applicazioni e in base agli scopi per cui destinarle. Tali fi bre si possono otte-nere a seconda delle necessità: brillanti o opache, elastiche o rigide, morbidissime o ruvide, delicate o ultraresistenti, colorate o trasparenti in base alla ti-pologia di prodotto che la casa di moda o il marchio intende realizzare. Sono fi bre sintetiche, costruite artifi cialmente in laboratorio e mescolate a quelle

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santi, vengono spesso utilizzati dei materiali eco-compatibili, costruiti appositamente nei laboratori per biodegradarsi dopo l’uso. Usati con la funzio-ne di fertilizzanti o per poi essere riciclati. Alcuni materiali tessili provengono dalla trasformazione di prodotti riciclabili ( ne costituiscono un esempio le maglie in pile, ottenute dal riciclaggio delle botti-glie in plastica). Il rapporto tra la tecnologia e l’etica è un rapporto complesso e diffi cile da rispettare in ogni fase del processo di produzione. Dopo un primo periodo di diffi denza e di indifferenza, recentemente il mondo della moda, e quello del design sono diventati sem-pre più vicini ad un nuovo concetto di “tecnologia amica”. La tecnologia sta cambiando la moda. La ri-cerca prende strade diverse, tutte però con l’obbiet-tivo comune di rispondere alle più svariate esigenze di comfort e benessere degli individui, tenendo con-temporaneamente conto di quelle del pianeta. Ecco dunque l’avvento delle nanotecnologie, ma anche le tecnofi bre, tessuti performanti, poliesteri, Kevlar, moda acrilica, nero fresco, senza dimenti-care il Goretex, “padre” di tutti i tessuti tecnologici e l’innovazione più popolare. Sono disponibili sul mercato ambienti grafi ci concepiti appositamen-te per la moda. Ad esempio la Lectra (www.lectra.com), che realizza dei progetti insieme ai loro clien-ti, prestando particolare attenzione alle loro esigen-ze strategiche, dalla delocalizzazione produttiva a qualsiasi altro tipo di necessità specifi ca. Queste soluzioni nate ad hoc per il settore moda,

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incorporano una serie di oggetti di design intelli-genti che permettono di associare dei dati critici ad ogni prodotto virtuale. Le modifi che possono esse-re apportate in modo quasi istantaneo e si rifl ettono automaticamente su tutti i documenti ed i dati as-sociati. In questo modo le decisioni possono essere prese su dati costantemente aggiornati e le modifi -che attuate in tempo reale. I designer tessili possono utilizzare stampati, tessuti e fi lati virtuali e possono tenere conto dei vincoli di produzione sin dall’inizio dell’attività di creazione della collezione, possono valutarne il gradimento e la qualità a video prima di passare alle fasi di lavorazione successive, evitando così difetti e perdite di tempo. E’ nata dunque una nuova moda a cavallo tra sar-toria ed hi-tech, che già da qualche anno interessa anche le griffe più tradizionali. Tessuti elastici e all’avanguardia, antimacchia, antiodore, antibatteri-ci, che non necessitano di stiratura, super leggeri e corredati da insospettabili tasche porta iPod, cucitu-re termosaldate: ecco alcune caratteristiche dei capi, anche griffati, che cercano di conciliare le due anime dell’uomo contemporaneo, sempre più in bilico tra il desiderio estetico e quello performante. Via libera alle giacche tecniche, ma dall’aspetto chic, tessuti interattivi in grado di effettuare check up, questi nuo-vi materiali possono persino aiutare a monitorare le persone controllando le funzioni vitali. I nuovi abiti sono anche biodegradabili, possono essere utilizzati come fertilizzanti e i nuovi materiali tessili sono an-che il frutto della trasformazione di prodotti

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riciclabili quali, ad esempio, le comuni bottiglie PET. Ma cosa chiede il pubblico femminile all’abbiglia-mento, del futuro? Comodità (77%), facile manu-tenzione (54%), qualità (51%) e durata (34%), dico-no i dati emersi da una ricerca condotta da RISC ( Research Institute of Social Exchange). Questi dati confermano quanto l’innovazione possa riservare piacevoli sorprese, merito delle combinazioni tra tecnologia e moda sempre più alleate per conquistare un consumatore attento e sensibile al fatto che pro-dotti “ibridi”, in quanto frutto della combinazione di due settori diversi, possano contribuire a migliorare vita propria e/o altrui (ad esempio inquinando meno il pianeta). Una grande rivoluzione è stata introdotta anche con le microfi bre, che hanno un diametro fi -nissimo, 5 micron contro i 18-24 della lana ed i 13,5 del cotone: svolgendo una bobina da due chilogram-mi si potrebbe fare il giro dell’equatore! Il segreto di tali fi bre è mantenere la temperature interna di chi le indossa senza limitarne la traspirazione. Il maggior successo delle microfi bre si registra nell’intimo, dove non mancano le sorprese derivanti dalla tec-nologia cosiddetta embedded (senza cuciture). Ma la vera novità, per i costumi da bagno, è il tessuto a “pelle di delfi no” , che permette incredibili velocità a chi lo indossa. Per gli atleti delle ultime Olimpiadi una nota azienda di tessuti innovativi ha realizza-to costumi da bagno che comprimono i muscoli per migliorare le performance sportive. Archiviate le cerate, percepite come troppo rigide, spesso di cat-

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tivo odore, si va alla ricerca di nuovi materiali inno-vativi e dalle piacevoli combinazioni che coinvolgo-no olfatto, tatto uccidano batteri, rilasciano sostanze quali creme di bellezza, anticellulite o medicine. Ed infine, addio all’abbigliamento a cipolla! Sono in ar-rivo i tessuti intelligenti, in grado di garantire una specie di termoregolazione: si tratta di tessuti ancora in fase di studio che dovrebbero permettere un adat-tamento alle varie temperature (sia basse che alte). Come dire: un solo capo sarà sufficiente per tutte le stagioni?

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Capitolo 3.4

Moda e design.

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Il fashion design ( moda e progettazione, due mon-di in continua ascesa e ravvicinamento) oggi deve saper gestire i sempre nuovi materiali e le moder-nissime tecniche di produzione che l’industria e la ricerca propongono, avvalendosi delle tecnologie più complesse ed avanzate possibili. Moda, tecnologia, design e arte si fondono in un connubio perfetto nel caso di stilisti del calibro di Hussein Chalayan (Turchia 1970), introverso e ce-rebrale, che disegna abiti sperimentali (usa anche il plexiglas) al confi ne con l’arte: le sue sono sfi late hi-tech con abiti che cambiano forma mentre si in-dossano. La sua moda è stata defi nita animatronic fashion, e i suoi vestiti abiti morphing (gli oggetti a sistema-device sono dotati di un’autonoma capacità di modifi carsi e muoversi, crescere secondo opera-zione di morphing sintonizzate su parametri invi-sibili). Per il taglio sicuro e le qualità concettuali, i suoi abiti sono stati spesso esibiti al Victoria and Albert Museum , al Barbican, alla Hayward Galle-ry. Tra le sue tante creazioni sbalorditive, emerge quella realizzata nel febbraio del 2000 in cui, insie-me ai grafi ci Rebecca Brown e Mike Heart, progetta e realizza un vestito che, battezzato non a caso Ar-mail, può essere contenuto in una normale busta e può essere spedito come una lettera. Prodotto in soli 200 esemplari, è realizzato in tyvek, un materiale

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che unisce le caratteristiche della carta a quelle del tessuto.

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“Armail”, abito che sta in una normale busta è può essere spe-dito come una lettera. Per ora è prodotto in soli 200 esemplari. E’ in “tyvek”, un materiale che unisce le caratteriestiche della carta a quelle del tessuto.

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Hussein Chalayan crea abiti come accadimenti sul corpo, piccoli eventi che luccicano, vibrano, si espan-dono in tavolini da tè. Venne riconosciuto come uno dei più visionari e innovativi fashion designer fi n dalla sua collezione d’esordio alla Central St. Mar-tin’s Collage of Art e Design nel 1993 e l’apertura del suo brand l’anno successivo. In quindici anni di progetti sperimentali, Chalayan ha collaborato con musicisti, antropologi, designer industriali, esperti di dna, video maker e tecnici di robotica, per creare eventi memorabili che vanno bel oltre il concetto di fashion classicamente inteso. Abiti diventano ogget-ti d’arredo in After Words (autunno/inverno 2000) ispirato ai profughi di guerra, e vestiti robotici nel-la collezione One Hundred and Eleven (primavera/estate 2007) sono prodotti con stoffe preziose e sot-tili come ali d’insetto su meccanismi di microchip attivati da invisibili click, che fanno spuntare perli-ne da gonne e rouches da pieghe, che fanno aprire e chiudere zip, che fanno sparire un vestito leggero nella falda di un cappello. Così l’abito lungo diventa corto, la scollatura si apre, le maniche si accorciano, la giacca aperta si chiude, la gonna stretta si allarga grazie a spacchi che sollevano infi nite serie di bril-lanti piastre metalliche. Per questa collezione, lo stilista ha collaborato con lo Studio 2D:3D di Londra, un team di esperti, tec-nici e ingegneri per poter realizzare vestiti guidati elettronicamente da motori controllati. I motori uti-lizzati sono piccolissimi, circa un terzo del formato di una matita e con un diametro di nove millime-

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tri. Dai motori partono diversi fi li, nascosti all’in-terno di tubicini cavi cuciti in speciali corsetti. Le informazioni vengono così trasmesse a quelle par-ti dell’abito dove deve avvenire la trasformazione. Azionando il piccolo timer elettronico, di cui ogni abito è dotato, il motore si accende per eseguire mo-vimenti e azioni di trasformazione secondo una se-quenza programmata.

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Abiti che diventano oggetti d’arredo in “After Words” realizzati nell’an-no 2000, ispirati ai profughi di guerra.

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Vestito in vetroresina “Before Minus Now”, realizzato nell’anno 2000, le cui scocche tecnologiche rivelano, al semplice premere d’un bottone, la delicatezza sfumata del tulle rosa.

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Altro esempio di tecnologia avanzata, i futuristici abiti-schermo per Airbone (autunno/inverno 2007), ricoperti di migliaia di piccolissimi cristalli Swaro-vsky e da oltre 15mila led, e Readings (primavera/estate 2008), un abito fornito di 200 laser mobili. Ancora una volta è il trionfo dell’idea di abito come accadimento, fenomeno, come medium tra corpo ed enviroment, come metafora, come luogo d’esplora-zione d’ idee, concetti e movimenti.

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“Readings” abito fornito di 200 laser mobili, 2008.

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Abiti schermo, realizzati nell’anno 2007, ricoperti di migliaia di piccolissimi cri-stalli Swarovski e da oltre 15 mila led.

www.husseinchalayan.desartchitecture.com

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Viene inserito in questa particolare tipologia di moda Issey Miyake. Nato a Hiroshima nel 1939, è uno dei primi stilisti giapponesi a presentare le pro-prie creazioni sulle passerelle europee nel 1973. E’ il primo stilista, infatti, che sposa lo stile giapponese con le linee occidentali: accanto al suo interesse per le trame e le tinte dei tessuti giapponesi tradizionali (come le camicie dei contadini), ricorre anche ad al-cune nozioni dell’abbigliamento giapponese, come la taglia universale. L’unicità e riconoscibilità del suo stile consiste nell’effetto scultoreo dei suoi abiti, dove tramature e superfi ci increspate da plissettature valorizzano giochi volumetrici inusuali e azzardati. Questo suo fi lone creativo ha generato una linea di abiti basati sulle più diverse combinazioni di pie-ghettature, cui ha dato il nome “Pleats Please“.Miyake, rappresentante dell’incredibile capacità de-gli orientali di esplorare nuove strade e intrapren-dere nuove sfi de, ha da poco presentato a Parigi il suo ultimo progetto 132 5 ISSEY MIYAKE, che si basa proprio su uno studio digitalizzato della tecni-ca dell’origami, l’antica arte di piegare la carta che affonda le sue radici proprio nella tradizione giap-ponese. Il nome stesso del progetto fa riferimento a questa applicazione, e si spiega così: 1 pezzo di tessuto, forme tridimensionali (3) indotte alla bi-dimensionalità (2), e la quinta dimensione (5), che sorvolando sulle defi nizioni fi siche e astrofi siche, allude alle dimensioni del vestire. Trattandosi in-fatti di una trasposizione dell’origami nella moda, la carta è sostituita da tessuti ottenuti dal riciclo di

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bottiglie di plastica, che si traducono in un materia-le bianco e sottile come il popeline di cotone, e in uno nero più lucente come la seta. Il procedimento, poi, resta pressoché invariato: esso viene tagliato, rifi nito e piegato in modo preciso e permanente, ba-sandosi sulle formule generate dal computer. Le for-me bidimensionali vengono riconfi gurate in 3D una volta distese, come succede con le lampade di carta cinesi, diventando tubi angolari multi sfaccettati, indossabili come più aggrada. Vestiti, abiti da coc-ktail, gonne, giacche, pantaloni: grazie ad un siste-ma d’abbottonature nascoste, si possono cambiare i volumi, le dimensioni, assemblare più pezzi. Le silhouette sono davvero eclettiche, pur rimanen-do chiaramente al background lavorativo di Issey Miyake.

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L’antica arte di piegare la carta, l’origàmi, affonda le sue radici nella tra-dizione giapponese e cinese, ed è spesso ispirazione per stilisti, scultori, architetti etc.

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Il binomio design-carta è il fulcro di molta ricerca in diversi conte-sti creativi, legata indissolubilmente e inevitabilmente al concetto di eco-sostenibilità.

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Collezione alla quale ora dedica tutto il suo tempo è A-POC. Il progetto A-POC (A Piece of Clothes), creato in-sieme al suo assistente Dai Fujiwara, è un acroni-mo che sta per “pezzo di stoffa” e descrive proprio il processo di design software-driven, che tesse i pezzi interi di capi d’abbigliamento senza cucitu-ra necessaria, ossia uno stesso pezzo di stoffa che opportunamente sviluppato può far diventare lunga una gonna corta o viceversa. La tecnica rappresenta una nuova proposta creativa, tecnologica ed ecolo-gica. La tecnologia alla base di A-POC rappresenta un nuovo modo per fare vestiti, quella che ha meno a che fare con gli aghi e bobine di una fabbrica di abbigliamento. La stessa macchina è sorprendente: le leve a controllo computerizzato muovono i fi li in alto o in basso a seconda delle istruzioni del model-lo digitale, e una navetta automatizzata tira il fi lo della trama 200 volte al minuto. In questa origina-le tecnica di sartoria, il fi lo viene introdotto in una macchina da maglieria, dalla quale esce un tubo di tessuto tridimensionale dotato di linee di demarca-zione che, una volta tagliate, formano un guarda-roba completo dagli abiti più ampi al più semplice paio di ghette. La chiave per l’intero processo è la macchina digitale overhead Jacquard, un telaio di fi ssaggio che consente di automatizzare la tessitura

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dei modelli. Inoltre Miyake impiega questo macchi-nario per produrre progetti sempre più complessi e variabili, lo spessore del fi lato, la densità del tessuto, la forma del capo. La linea A-POC è stata presentata per la prima volta a Parigi nel mese di ottobre del 1998, quando 23 mo-delle hanno sfi lato unite da un unico pezzo di stoffa. Il segreto di questa tecnica, che sta per essere brevet-tata, è gelosamente custodito nello studio di design di Miyake.

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Tecnologia alla base A-POC (a piace of cloth). Questo particolare abbigliamento viene realizzato grazie a delle particolari cuciture chiamate “embedded”.

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Tutti gli abiti della collezione A-POC sono tagliati da un unico lungo rotolo di tessuto.

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Forte contrasto fanno questi abiti di color rosso luminoso, che si estende fi no al soffi tto e viceversa, con la moda monocromatica giapponese in particolare quella degli anni 1980 quando il marchio Miyake ha cominciato a prendere piede.

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Oro e Bordeaux misto cotone fi nemente pieghettato 1990.In linea con la praticità della APOC. Inteso a limitare sprechi ed eccessi della moda inteso a fornire un modello per design minima-listi.

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www.isseymiyake.com

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Da includere in questo panorama che coniuga for-temente moda e design è la designer di moda Lucy Orta: nata a Birmingham gran bretagna 1966, residente a Parigi, stilista di formazione, artista per vocazio-ne, con una laurea in Design alla Nottingham Trent University nel 1989. S’interessa ai tessuti tecnolo-gicamente avanzati, innesta le conoscenze acquisite su una visione socialmente responsabile ma carica di poesia e utopia ha iniziato a lavorare come artista a Parigi agli inizi degli anni 1990 per creare quello che lei chiamava “architetture con l’anima”. Dai primi anni Novanta, Lucy e suo marito Jorge, collaborano su progetti che si basano sull’esplora-zione delle connessioni tra individui, comunità e spazio urbano, con la fi nalità di provocare non solo reazioni, ma anche di stimolare azioni da parte del pubblico.Una forma d’arte, afferma Lucy Orta “che cerca di rifl ettere sui confl itti socio-politici che affl iggono la società e di porre in discussione la pratica arti-stica contemporanea e l’impegno sociale e politico dell’artista”, in un complesso dialogo tra etica ed estetica. Insieme, i due artisti hanno fondato a Parigi, nel 1991, lo “Studio Orta” e a Marne la Valle, nel 2002, “the Dairy”. Due centri di ricerca e collaborazione per l’amministrazione e la produzione di opere d’ar-te, pubblicazioni, laboratori, seminari e residenze. E’ qui che nascono le idee, e quei prototipi le cui forme e funzioni traducono preoccupazioni rispetto

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al più vasto contesto economico, sociale, ecologico. Utilizza materiali sofi sticati, innovativi e oggetti di riciclo. Tra i loro progetti-chiave ricordiamo Refuge Wear (1992-1998) and Body Architecture (1994-1998): tende che diventano cappotti, zaini che si trasformano in sacchi a pelo o tende, sono “strutture prototipo”.

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Orta: “refuge Wear” 1993-2005. Negli anni ‘90 inizia a progettare Refuge Wear per rispondere alle situazioni di disagio umano. Que-sti rifugi temporanei, Architetture del corpo, sono etichettati come ristorazione, Habitat mobile per il minimo comfort.

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Refuge Wear. Intervento avvenuto a Londra. Lucy Orta 1998.

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Refuge Wear project. Lucy Orta (1992-1998)

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Nexus Architecture (1994-2002), in cui un numero variabile di persone indossano abiti collegati tra loro, creando strutture modulari e collettive che mette in forma il suo concetto di “legame sociale”.

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Guardie vita urbana. Lucy Orta 2010www.studio-orta.com

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Architecture nexus x 50 intervention Kòin. Lucy Orta 2011

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Questi oggetti rispondono a uno sguardo critico e costruttivo sulle zone più sensibili della società, che evoca il bisogno di cambiamento, prefi gurando po-eticamente la realtà e suggerendo stili di vita alter-nativi.Orta Water, Falluja e Antartica.Si tratta di opere che hanno visto impegnata la coppia da diversi anni; esse hanno la caratteristica di presen-tarsi come “esperienze” o “processi”. Spesso frutto d’installazioni effi mere, di laboratori interdiscipli-nari, di workshop (chiamati “Actions”), le opere si muovono, “migrano”, nomadi da un luogo all’altro, ritrovando nel riappaesameto e nell’incontro, spesso anche nel coinvolgimento creativo, e nella relazione con i nuovi fruitori, lo stimolo per acquisire nuove stratifi cazioni di signifi cati. Questi oggetti diventano architettura, moda in un’unica fusione, le case ven-gono indossate tranquillamente come giacche, con la possibilità di stabilirsi ovunque si voglia.Il loro impegnarsi diretto e assoluto con lo spazio raggiunge un duplice obiettivo. Da un lato svela lo stratagemma della dérive e della psicogeografi a tipi-ca del “Situazionismo” (nel momento in cui, nel tra-sformarsi, riposizionandosi riformulano l’intercon-nessione tra il puro spazio fi sico e gli aspetti della società che ne hanno determinato il senso e la qua-lità); dall’altro, nella loro “ripetizione” - anche se sempre differente- le opere perdono il senso dell’ef-fi mero, del provvisorio per acquisire il sentimento dell’essere, dell’apparizione, della potente fi sicità corporea e materiale.

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In alto, bozzetto per il progetto “Antartica” (Refuge Wear).

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Refuge Wear and Body Architecture. Lucy Orta.

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Capitolo 3.5

Eco moda e vintage.

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Negli ultimi anni il consumatore richiede sem-pre più spesso rassicurazioni sulla performance etica dei prodotti di consumo in termini di sosteni-bilità ambientale, riciclo e recupero, di commercio equo e solidale, il tutto genericamente indicato con il termine di ECO-MODA. Un contributo a questo cambiamento di tendenza è nella crescente sensibi-lizzazione ai temi dell’ecologia grazie non soltan-to all’apporto dei media, ma anche di molti stilisti, star hollywoodiane e personaggi del jet set interna-zionale che hanno sposato la causa per il lancio di nuove linee e prodotti. Il quadro della situazione è comunque parecchio al-larmante: l’anno scorso, nel Regno Unito, sono sta-ti gettati via oltre due milioni di tonnellate di abiti indossati in media appena sei volte. Le montagne di capi usa e getta sintetici in poliestere e plastica fi niscono nelle discariche africane dove non si de-gradano e inquinano le falde acquifere diffondendo epidemie mortali di malaria. Dannosa per il cliente, dannosa per il lavoratore, dannosa per la società e dannosa per l’ambiente, la moda incarna oggi uno dei più grandi fallimenti dell’era industriale. Anche Greenpeace, organizzazione ambientalista e pacifi -sta che da tempo si occupa della salvaguardia del pianeta, ha manifestato lo scorso luglio a Pechino dove gli attivisti hanno aperto uno striscione con la scritta “Detox” all’entrata principale dei negozi di

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Adidas e Nike.Nell’ultimo anno, infatti, hanno condotto l’indagi-ne “Panni sporchi” sull’inquinamento da sostanze tossiche nelle acque dei fiumi cinesi. Le ricerche hanno rivelato il legame tra i complessi industriali cinesi del tessile - lo Youngor Textile Complex e il Well Dyeing Factory Limited – e marche sportive internazionali come Nike e Adidas. Le industrie tes-sili moderne da tempo hanno cominciato a spostare i propri impianti da un Paese a un altro con l’uni-co obiettivo di ridurre i costi di produzione. Questo settore impiega molte sostanze chimiche pericolo-se durante varie fasi del processo produttivo, come tinteggiatura, lavaggio, stampa dei tessuti: la pro-duzione tessile è considerata fra le maggiori cause dell’inquinamento delle acque cinesi. Gli scarichi dello Youngor Textile Complex e del Well Dyeing Factory Limited presso cui hanno prelevato i cam-pioni sono localizzati rispettivamente sul delta del fiume Yangzte - il fiume più lungo della Cina che fornisce acqua potabile a circa venti milioni di per-sone – e del fiume delle Perle. I risultati delle ana-lisi indicano la presenza di alchilfenoli e composti perfluorurati, pericolosi perché alterano il sistema ormonale dell’uomo e agiscono anche a basse con-centrazioni. Anche se la Cina non ha ancora adottato una legisla-zione idonea a gestire l’uso e il rilascio di composti pericolosi nell’ambiente, le multinazionali – come Nike e Adidas – che acquistano prodotti cinesi do-vrebbero assumersi la responsabilità degli scarichi

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tossici rilasciati localmente per produrli. La catena di fornitura dell’industria tessile è mol-to complessa perché fatta di tanti livelli e attori. Al momento nessuna delle aziende indicate nell’ inda-gine ha una visione completa dell’intero processo produttivo che porta alla fabbricazione del prodotto fi nito. Se le aziende vogliono risolvere davvero il problema, devono prima di tutto adottare una chia-ra politica chimica, fatta di monitoraggi periodici e scadenze precise, per ridurre e infi ne eliminare l’uso di composti pericolosi lungo l’intera catena di rifor-nimento. www.greenpeace.org/italyQuesta è la ragione per cui individui e aziende, in-cluse le case di alta moda, stanno tentando di cam-biare le cose. In linea con gli intenti politici ed eco-nomici delle altre arti commerciali, l’ecomoda è una reazione alle condizioni sociali ed ecologiche. La moda etica non è una novità, ma il suo percorso è costellato di mostruosità dalle buone intenzioni e abiti banali, noiosi e spesso semplicemente brutti. Solo in tempi recenti le griffe etiche più brillanti si sono guadagnate un posto nel panorama della moda. Noir, Linda Loudermilk e Geoffrey B. Small pos-sono sostenere il confronto con le fi rme tradizionali anche su un piano puramente estetico, senza sfi gu-rare. Molti stilisti annunciano grandi cambiamenti nel set-tore della moda, in termini di nuovi modelli azien-dali, riciclaggio, riutilizzo, rimessa a modello, pro-cessi di produzione sostenibili, differenziazione dei

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rifi uti, commercio equo e solidale o sviluppo della comunità. Il capitalismo sociale è una conseguen-za dell’attività delle organizzazioni non governative (ONG) di tutto il mondo che utilizzano le competen-ze storiche e culturali delle comunità delle nazioni emergenti come strumento per creare un’economia del lavoro sostenibile. Tradizionalmente coordinate da antropologi sociali e culturali, ecologisti e attivisti, le ONG tentano di competere con gli stilisti e i marchi noti a livello mondiale proponendo prodotti etnici artigianali. Pur non potendo reggere la concorrenza a livello inter-nazionale, hanno creato piccoli mercati di nicchia e le loro competenze artigianali sono sempre più ap-prezzate e utilizzate fi no a essere in molti casi in-corporate nel settore dell’abbigliamento attraverso partnership con stilisti di alta moda. Holly McQuil-lan, docente di design e attiva in quello che defi nisce “ il mondo spesso misterioso ma sempre stimolante della moda”, vuole “salvare il mondo un abito alla volta”. “ Amo la moda!” dichiara. “ E’ bella, terrifi cante, esilarante, provocante, ele-gante, comunicativa, intelligente, frivola e stimolan-te per la mente.” Tuttavia, avendo una coscienza ecologica e sociale, McQuillan è senz’altro più con-scia rispetto alla media degli operatori del settore del fatto che la moda è responsabile di enormi in-giustizie ambientali e sociali. La stilista teme che il settore della moda risponda alla crisi del clima con soluzioni “alla meno peggio”, ovvero impiegando fi bre biologiche e riciclate ma con un modello di

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produzione e consumo dispendioso. La produzione d’abbigliamento genera il 15% di rifi uti, ovvero il 15% dei tessuti usati fi nisce nella pattumiera non solo riducendo i profi tti per i fabbricanti ma anche generando enormi quantità di scarti tessili destinati alla discarica. Si aggiunga il fatto che la maggioranza degli indumenti percorre enormi distanze dal campo di cotone al consumatore, con la fi bra grezza prodot-ta in un paese, il fi nissaggio eseguito in un altro, la tessitura in un altro ancora, il taglio e la confezione pure. In media un capo viaggia per migliaia di chilo-metri producendo quindi grandi quantità di anidride carbonica. E’ su queste considerazioni che si basa lo sviluppo del particolare processo di design e taglio di McQuillan che elimina completamente qualsiasi spreco. Tutte le parti scartate per motivi estetici o di vestibilità vengono incorporate di nuovo nell’indu-mento, tutti i modelli realizzati sono incentrati sul concetto di un taglio a spreco zero. Il surplus diviene una risorsa, da usare non per un altro prodotto in un futuro indefi nito ma per la creazione stessa.

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I disegni di Hollly McQuillan sono incentrati sul concetto di un ta-glio a spreco zero, in cui tutti i pezzi eliminati vengono incorporati di nuovo nel modello.

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La moda investe anche sul riciclo della carta: in Ita-lia ricicliamo il 74% della carta e del cartone immes-si sul mercato: 3 milioni di tonnellate a livello na-zionale, circa 50 kg. per cittadino per un risparmio stimato attorno ai 376 milioni di euro. Con la carta riciclata o certifi cata FSC (prodotta con legno pro-veniente da foreste gestite in modo sostenibile), pro-teggiamo le foreste vergini (da cui viene il 17% del legno utilizzato nell’industria della carta). L’equa-zione è semplice: più carta = meno foreste, più car-ta riciclata = più foreste ed è da anni ormai che le maggiori organizzazioni ambientaliste si battono per proteggere quegli immensi, meravigliosi polmo-ni verdi che sono fonte di sostegno per migliaia di popoli, appello raccolto da moltissimi e che trova un suo serissimo riscontro anche nel mondo della moda dove, tra pizzi e merletti, c’è chi crea splendidi abiti-capolavoro unicamente ricorrendo a carta riciclata affi nchè creatività, ingegno ed ecologia si fondano in un nuovo, coscienzioso eco-trend. Abiti in questo materiale erano già utilizzati come sostituti per abiti di tessuto nella prima metà del XX secolo, quando per esigenze economiche si cercava-no alternative a buon mercato agli abiti tradiziona-li, fi no a quando nel 1966 la compagnia americana Scott Paper introdusse sul mercato “la prima colle-zione di abiti monouso” come pubblicità per le pro-prie creazioni. Da allora il mercato fu invaso dalla carta usata come materiale promozionale per i fi ni più disparati, dalle opere della Pop-Art agli slogan per campagne politiche, incantando Stati Uniti ed

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Europa e sollecitando l’estro degli stilisti che, da al-lora, hanno cercato di incorporare questo suggestivo materiale nelle loro collezioni. Creazioni uniche, in carta, sono quelle celebrate dal Mode Museum di Anversa che ospita l’esposizione Paper Fashion: la più grande collezione al mondo del suo genere con 400 abiti di carta realizzati negli anni ’60. E se abiti di carta sfilano un po’ ovunque sulle passe-relle di tutto il mondo, proprio in Italia tale ricercaha trovato una sua ispirazione/rivelazione green. Bisogna prestare attenzione all’umile, alle piccole cose, agli scarti del nostro vivere quotidiano; bi-sogna cercare di restituire l’anima alle cose, ritro-varne l’identità, ridefinirne il senso e il valore per regalare loro una nuova identità. Con un semplice foglio, piegandolo, tagliandolo, stropicciandolo si può pensare, si può progettare. Assemblando, incol-lando, applicando, si può creare. Si può dare una nuova vita, un nuovo significato; si può costruire, si può scolpire, si possono fare meraviglie.”Questa è la filosofia di Caterina Crepax, figlia del grande disegnatore di fumetti Guido. Architetto d’interni di professione, grafica, scenografa e crea-tiva per naturale, genetica propensione, trova nella carta la sua naturale fonte d’ispirazione: scontrini, scarti di tipografia e dei tabulati dei computer, buste e vecchi giornali utilizzati come tessuti preziosi per vere e proprie opere d’arte e da sogno da indossare. Del resto, carta in giapponese si dice Kami, che si-gnifica anche divinità, forza creatrice che si trasfor-

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ma continuamente, si ricicla e rinasce sempre con una forma nuova.

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Caterina Crepax

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““Recupero della carta dei giornali per un’arte che ri-spetti l’ambiente e le tradizioni”, così dà il benvenuto il sito (www.artnest.it ) che ospita la produzione di Iva-no Vitale: artista, ecologista, scultore e performer che ha fatto del “riciclo creativo” della carta il suo perso-nale cavallo di battaglia sin dal 1992, quando con Dino Castelvecchi e Alberto Morelli, fonda il Gruppo ARF (Arte Ricerca Firenze) con l’obbiettivo di sperimenta-re nuovi materiali. La svolta nel 2002 con l’apertura di “Artnest”, laboratorio per la creatività, dove Vitali crea gli abiti per la sua performances, inizia a fi lare i giornali che, tra le sue mani, si trasformano in gomi-toli di fi lo di tutte le misure: li attorciglia, li unisce, una striscia dopo l’altra senza uso di forbici o colla, senza acqua o coloranti così da permettere, a chi vi si avvicina, di leggere le parole e lettere dei giornali usa-ti come piccoli archivi fi lati. Realizza vesti, maglioni, tessuti che diventano naturalmente portavoce di mes-saggi densi, armoniosi: rispetto per le tradizioni, senso sacro del tempo, della manualità unito alla ricerca, alla sperimen tazione, all’innovazione, al rispetto ed alla cura per il mondo e per l’ambiente.

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Gomitoli in fi lati di carta, ideati e progettati da Ivano Vi-tale, che consentono di creare abiti, giacche e tailleur.

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Anche in Sicilia il design sposa le materie prime eco-compatibili. L’azienda di abbigliamento “Le Vie en Rose” crea una nuova linea di maglie e di capi per la stagione primavera-estate 2010 realizzata con un cotone prodotto da agricoltura biologica e certifica-to. Si tratta di un progetto di moda innovativa, una serie di abiti interamente realizzati con tessuto bio-logico in grado di unire sotto un unico progetto la tecnologia e la moda. La chiave del progetto è quella di accostare il design alle materie prime ecologiche innovative come il filato biologico scelto perché rin-novabile, certificato organico, non trattato con agen-ti chimici aggressivi nocivi all’ambiente e all’uomo, e realizzato con processi di tessitura, tintura e finis-saggio tali da esercitare il minore impatto possibile sulla fibra e sull’ambiente.All’interno della filosofia “eco”, attenta hai temi dell’etica, dell’ecologia e dell’impatto ambientale dei comportamenti di consumo, trova posto il “vin-tage ”, riabilitazione del culto degli anni ’70 nel recupero degli abiti di quel look “povero” e trasan-dato allora usato come rifiuto a un sistema politico e sociale che promuoveva il capitalismo. Dagli anni ’90 in poi, l’usato però interpreta un ruolo inedito: quello di custode della memoria e, perciò, di una tendenza culturale con un forte aspetto sentimentale e romantico. In realtà, oggi il vintage si riferisce più spesso alla ricerca di vecchi capi d’autore – a pre-scindere dal periodo cronologico di provenienza- e alla riscoperta dell’usato di qualità. Il consumatore vintage è spesso un esperto di alta moda che va alla

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ricerca di capi unici del passato, estendendo la sua ricerca ad accessori, bottoni e bijoux. Il poor vintage-costumer , in ogni caso, sia che acquisti ai mercatini delle pulci, sia che si rivolga ai negozi specializzati sorti negli ultimi anni, apprezza e ricerca uno stile particolare, che richiami un’epoca o un determinato periodo storico, con uno sguardo romantico e no-stalgico.L’ultima tendenza del mercato vintage è data dall’adattamento di capi di abbigliamento del passa-to, magari recuperati da resti di magazzino o da pri-vati, riadattati alle esigenze e ai gusti di oggi: questo è l’ambito, ad esempio, della sartoria innovativa, laboratorio di moda in cui creativo e cliente intera-giscono nella creazione di capi innovativi e persona-lizzati, in cui la rivisitazione, il riciclo e l’impiego di materiali alternativi diventano con facilità portatori di una nuova etica del consumo.

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PARTE IV:

CONCLUSIONI.

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“La moda rifl ette sempre i tempi in cui si vive, anche se, quando i tempi sono banali, preferiamo dimenticarlo”.

Coco Chanel.

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Capitolo 4.1

Moda e lifestyle:

un laboratorio di cambiamenti.

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Gli argomenti fi n qui trattati sono tesi ad eviden-ziare come la continua evoluzione del mercato della moda e la globalizzazione inducano costantemente le aziende del settore alla ricerca e messa a punto di sempre nuove strategie.Il potere di fascinazione della moda non esercita più nel compratore un impulso di necessità o bisogno nei confronti del prodotto di consumo, ma sollecita fattori diversi e complessi che risiedono nelle emo-zioni, nella psicologia, nelle aspettative di vita, nel bisogno di essere rassicurati sulla componente etica ed eco-sostenibile di ciò che si acquista. La moda è sogno e arte, creatività e cultura, regola e innova-zione, ma per armonizzare e tenere uniti tutti questi elementi fra loro contrastanti, la chiave risiede nel fondamentale strumento del marketing, imperativo categorico per gestire, orientare e assicurare la riu-scita e il successo delle produzioni. Nel corso della presente ricerca si è evidenziato come l’obiettivo del fashion marketing risieda sì nel-la soddisfazione della domanda, ma ancor più nella capacità di anticipare gli orientamenti economici e culturali del mercato e nella complessa gestione di quel mix di variabili che vanno da valutazioni psico-sociologiche a quelle economiche. Del resto, l’am-pliamento dell’offerta ha a poco a poco trasformato il prodotto di moda da mero prodotto di consumo a

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strumento per promuovere prodotti e servizi, pro-ponendo non già semplici oggetti, ma stili di vita e modi di essere: ecco perché il lavoro dello stilista è sempre meno fatto di creatività senza freni e di ispirazioni improvvise ed è invece costantemente supportato dal contributo di professionalità diverse, utili a defi nire il contesto culturale e comunicazio-nale in cui ogni prodotto è proiettato. Moda e lifestyle. È chiaro dunque che, se oggi per una larga fascia di consumatori l’atteggiamento nei confronti del consumo è radicalmente cambiato, af-francandosi dal materialismo e dall’idea che “lusso è sciupio ”, emerge di conseguenza una vocazione all’acquisto che ha come movente un fattore cul-turale, di esclusività, di desiderio di esplorazione delle nuove frontiere della moda che portino con sé un forte contributo di esperienze ed emozioni. Oggi l’ostentazione di ciò che è trendy, della griffe o del prodotto di lusso, non è più una motivazione importante: il consumatore intelligente è colui che approfondisce, conosce il mercato, è aggiornato ed esplora il web, le metropoli e i mercati dell’usato, alla ricerca del prezzo migliore per il prodotto di qualità, a prescindere dalla sua disponibilità econo-mica. Da questo ne consegue che anche la concezione di “prodotto di lusso” ha cambiato la sua defi nizione strutturale: sebbene permanga, soprattutto nei Paesi dalle economie emergenti come Cina, India, Russia, il concetto di lusso come ostentazione di uno status sociale, e dunque identifi cato da prodotti dal costo

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necessariamente molto elevato, i mercati occiden-tali hanno superato questa defi nizione ampliando i confi ni che defi niscono il settore della moda: rive-lando un importante cambiamento nella concezione del modo di fare business, le aziende dalla moda hanno trasferito questo principio nella evoluzione della loro offerta, non più proponendo al cliente semplici oggetti per coprirsi, ma offrendo loro una fi losofi a, uno stile di vita, un modo di essere nel mondo. La stessa offerta di prodotti da parte di un brand non consiste più in una unica tipologia di prodotti legati all’abbigliamento, ma si sviluppa su un ventaglio di prodotti molto più ampio, che vanno dall’accesso-rio moda all’interior design, dal wellness al settore alberghiero, dalla ristorazione allo sport, e così via. Tali offerte, –defi nite per l’appunto brand exten-sion – saranno sempre non soltanto estremamente coerenti con l’immagine e la fi losofi a proposta dal marchio, ma coinvolgeranno il consumatore in una esperienza del marchio in stile di vita globale per-ché “la moda coinvolge il nostro stile di vita, non solo come vestiamo, ma anche dove viviamo, i ri-storanti in cui mangiamo, le auto che guidiamo, le località dive trascorriamo le vacanze e gli hotel in cui scegliamo di stare” (Armani, comunicato stam-pa di annuncio dell’entrata nel modo alberghiero) : in una sola parola, moda è lifestyle.Sempre in tema di lifestyle, le ricerche di marke-ting hanno messo in luce come, talvolta, anche la defi nizione di “bene di lusso” sia arrivata oggi ad

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avere addirittura una accezione negativa, preferen-do attribuire, a tutti quei prodotti che comunicano un modo di essere attento allo stile e alla qualità, semplicemente come beni ad elevato valore simbo-lico. CRESO è un acronimo coniato nel 2003 dal sociologo Gianpaolo Fabris per sintetizzare il nuo-vo status del lusso o, più in generale, per defi nire i nuovi orientamenti del consumatore: CRESO sta per cultura, ricerca, esperienza, soggettività e oli-smo, indicando come il prodotto di alto contenuto valoriale debba attingere al mondo della cultura e del design; deve essere il momento di arrivo di un processo di ricerca creativa e della qualità che an-drà comunicato al consumatore fi nale; deve espri-mere esperienze e suscitare emozioni; deve essere rivolto al piacere del consumatore e deve poterlo coinvolgere a tutto tondo con un mix di dimensioni simboliche, valoriali e di immagine. Questo orientamento interpreta un forte trend in atto, rappresentato dalla crescente autonomia del consumatore che non attribuisce più passivamente all’atto di consumo il ruolo assegnato dall’offerta, ma quello che lui elabora in modo autonomo gra-zie a un alto livello di informazione - spesso pari a quello di chi glielo vende – e alla sempre più diffu-sa condivisione di esperienze di consumo e infor-mazioni attraverso il web.

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Capitolo 4.2

Conclusione.

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Partendo dal presupposto che il nuovo consumato-re, eclettico e pragmatico, non segue più un modello di consumo lineare, condizionato da variabili come il reddito, l’età o la classe sociale d’appartenenza, si giunge a concludere come lo “spender bene” , cono-scere tutti gli aspetti dell’offerta e valutare con atten-zione ogni acquisto sia diventato il nuovo movente del consumo. Da qui derivano, consequenzialmente, il senso di responsabilità sociale, l’attenzione alle condizioni di vita di chi produce o all’impatto eco-logico dei beni di consumo.In questo quadro si collocano con successo tutti quei prodotti che, alternativi al prodotto mass di ampia diffusione, pur se non riproducibili su “scala globa-le” ma appartenenti a piccole nicchie produttive, si propongono al cliente con un background valoriale e culturale che li rende appetibili e ricercati. Il prodotto artigianale, la sartoria innovativa, l’eco-design, il prodotto derivato dal recupero creativo, la trasformabilità, il vintage, costituiscono oggi una nuova frontiera della moda, in cui il consumatore può soddisfare le sue nuove esigenze di sensibiliz-zazione sociale e ritrovare uno specchio culturale adeguato e stimolante; esso stesso è portato ad in-teragire con lo stilista, il designer, il venditore, de-fi nendo il proprio orientamento di stile, interpretan-

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do il prodotto di moda secondo la propria creatività quando non addirittura, attraverso i social network e le community sul web, interagendo con lo stilista nella creazione di alcuni capi o nella scelta di quelli che dovranno essere prodotti (vedi eBay o Yoox) ed infrangendo il vecchio clichè che lo vedeva passivo obiettivo di imponenti quanto invasive campagne commerciali .Possiamo dunque affermare e concludere come, in armonia con i nuovi trend di consumo di lungo perio-do che vedono il consumatore autonomo e profondo conoscitore del ventaglio di offerte del mercato, il prodotto di nicchia abbia potenzialità di grandissi-mo sviluppo soprattutto in un mercato globale che , accanto all’ampia offerta proposta dalle griffe e ac-canto ai prodotti mass di larga distribuzione, si rivela sempre più sensibile alla creatività e alla sartoriali-tà, alle qualità intrinseche dell’ handmade piuttosto che delle produzioni limitate, sinonimo di qualità e ricerca; che le tipicità culturali, la riscoperta del va-lore etico ed estetico delle tradizioni, la sostenibilità ecologica, così come tutto quanto possa mettere in interrelazione lo stilista e il consumatore in un nuo-vo scambio creativo e funzionale, sono oggi il vero motore della moda e del mercato, capaci di aprire nuove frontiere comunicazionali e commerciali. A patto, naturalmente, che il prodotto riveli, nella sua immagine o nel suo background produttivo, una for-te motivazione e valorizzazione dei valori etici ed umani.

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APPARATI.

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TERMINOLOGIE DEL SISTEMA MODA:

Alta moda: abbigliamento fatto su misura, indicaanche un prodotto di alta sartoria.

Brand: vedi marca.

Design: studio delle forme; si riferisce alla lineacon cui si presentano i prodotti, assicura una diffe-renziazione tenendo presente le esigenze funzionalied ergonometriche. Si distingue dallo styling cheprende invece in esame aspetti estetici.

Pret-à- porter: si riferisce al pronto moda, prontacollezione ready –to wear.

Know-how: complesso di cognizioni scientifi che,tecnologiche, manageriali, che permettono il funzio-namento di un processo, di un impianto, di unsistema, di un progetto, di un prodotto.

Marketing: termine inglese, è un ramo dell’econo-mia che si occupa dello studio descrittivo del mer-cato e dell’analisi dell’interazione del mercato e degli utilizzatori dell’impresa. Marketing signifi ca letteralmente “piazzare sul mercato” e comprende quindi tutte le azioni aziendali riferibili al mercato destinate al piazzamento di prodotti, considerandocome fi nalità il maggior profi tto e come casualità la possibilità di aver prodotti capaci di realizzare tale

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operazione.

Marketing oriented o marketing differenziato:espressione inglese (orientamento al marketing) con cui si intende la fi losofi a di un’azienda che elabora le proprie scelte ponendo come proprietà assoluta le esigenze del mercato. Si focalizza sulla segmenta-zione del mercato per cui l’azienda intende produrre e vendere non per l’intero mercato bensì sfruttandoal meglio la segmentazione di una precisa e circo-stanziata clientela.

Marketing strategico: è un attività di pianifi cazione, tradotta in pratica di un’impresa, per ottenere, purprivilegiando il cliente, la fedeltà e la collaborazione da parte di tutti gli attori del mercato.

Mood: termine inglese (inclinazione, disposizione,stato d’animo, atmosfera) con il quale si indica ilmessaggio, il senso, l’ispirazione di una collezione,di uno stilista, di un azienda.

Target: gruppo o segmento di mercato verso cui èdiretta un’azione di marketing.

Total look: tendenza delle griffe nel vestire il cliente in tutto, dagli abiti agli accessori, è una condizionenon tanto più praticata dal cliente.

Trade: termine inglese (commercio) con cui in ter-mini di marketing si intendono non tanto le attività

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commerciali, quanto piuttosto gli intermediari com-merciali di cui si avvale un’azienda. In questa acce-zione viene spesso usato come sinonimo di distribu-zione.

Trend: termine inglese (tendenza, evoluzione) nellamoda indica sviluppi ed orientamenti.

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BIBLIOGRAFIA:

Stefania Saviolo, Salvo Testa. Le Imprese delsistema moda. Il management al servizio della cre-atività.Etas, 2000.Antonio Foglio. Il marketing della moda. Politichee strategie di fashion marketing.Franco Angeli, 2001.Marina Garzoni, Roberto Donà. Moda & tecnolo-gia.Prefazione di Roberto Grant. Egea,2008.Eco moda. Sass Brown. Logos, 2010.Guido Vergani. Dizionario della moda. Baldini Ca-stoldiDalai, 2010.Eleonora Fiorani. Abitare il corpo; il corpo di stof-fae la moda. Lupetti, 2009.Eleonora Fiorani. Moda, Corpo, Immaginario. Ildivenire moda fra tradizione e innovazione. Poli.Design Milano, 2006.Terry Jones & avril mair. Fashion show, selectsthe world’s 150 most important designers. Taschen2005.

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ARTICOLI:

Rapporto Uniocamere sul Design nelle imprese ita-liane.Kanso srl, 2008.

Veneziano Arquilla, Davide Genco. Changing the change conference. Design tools and theories.

DES-ART-CHITECTURE di AQUILIALBERG (Laura Aquili & Ergian Alberg).

Fashion mostre. Hussein Chalayan. From fashion and back, 2009.

Harold Koda: Smart Shopper. Hussein Chalayan dress. Costume Institute’s archives.

La tecnologia si può indossare. Twirkle Shirt & Ga-laxy Dress. Hussein Chalayan. Milano, 2009.

News. Maje x Putufranges. Hussein Chalayan,2009.

Woolworths is pleased to present Li Edelkoort’sTrend Seminars in Cape Town and Johannesburg, in association with Design Indaba, 2011.

Fritha in Eventi, Fashion tags: Hussein Chalajan.

FASHIONPLUS. Stefano Maffei. Come stabilire

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connessioni produttive tra design-imprese-territo-rio.ABSTRACT.Modalogia. Filosofi a della moda e consulenza fi losofica. Introduzione alla fi losofi a della moda e aisuoi correlati essenziali. Cristina fi nazzi.Tokyo Telephone. Issey Miyake- A Piace of Cloth.Issey Miyake Creative Director@Design Indaba,2008.La repubblica. Esteri. Tempo, ossessione contempo-raneaè così che scorre la nostra vita. Michele Serra.Gruppo editoriale L’espresso Spa.

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INTERNETGRAFIA:

www.designmuseum.orgwww.cristina.fi nazzimodalogia.itwww.modalogia.itwww.modalogia.style.itwww.larepupplica.itwww.husseinchalayan.comwww.husseinchalayan.desartchitecture.comwww.isseymiyake.comwww.studio-orta.com

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RINGRAZIAMENTI.

Con la felicità di aver raggiunto questo importantetraguardo, ringrazio tutti coloro che mi hanno so-stenuta nel percorso ideativo e progettuale del qui presente lavoro.Un grazie ai miei docenti che nel lungo percorso di-dattico e formativo hanno accresciuto in me consa-pevolezza e costante curiosità nei confronti dellaconoscenza.Un riconoscimento particolare alla prof.ssa RobertaLojacono, nonchè relatrice, che mi ha dato la possi-bilità di mettermi in gioco e superare così i miei li-miti, infondendo in me preparazione, approccio cri-tico nella realizzazione progettuale, e forza d’animo per concretizzare i miei ambiti traguardi.Un importante ringraziamento alla mia famiglia,che mi ha dato la possibilità di crescere in questo percorso formativo supportandomi ed incoraggian-domi costantemente.

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