Certificazioni Microsoft : una esperienza quasi decennale

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 CP pensare–progettare–programmare — n. 161 — ottobre 2006 Certicazioni Microsoft : una esperienza quasi decennale di Marco Russo Nel 1997 ho affrontato il mio primo esame di certic azione Microsoft: sono passati quasi 10 anni ed  ` e un buon momento per fare qualche bilancio. Da allora ho superato 33 diversi esami, conseguendo una serie di certic azioni . Marco Russo Fa parte di DevLeap e si occupa di formazione e con- sulenza, in par- ticolare nella program- mazione di sistema con .NET e nelle soluzioni di Business Intelligence.

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CP pensare–progettare–programmare — n. 161 — ottobre 2006Certificazioni Microsoft : una esperienza quasi decennaledi Marco RussoNel 1997 ho affrontato il mio primo esame di certificazione Microsoft: sono passati quasi 10 anni ed e un buon momento per fare qualche bilancio. Da allora ho superato 33 diversi esami, conseguendo una serie di certificazioni.Marco Russo Fa parte di DevLeap e si occupa di formazione e con- sulenza, in particolare nella programmazione di sistema con .NET e nelle sol

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CP pensare–progettare–programmare — n. 161 — ottobre 2006

Certificazioni Microsoft : una

esperienza quasi decennaledi Marco Russo

Nel 1997 ho affrontato il mio primo esame di certificazione Microsoft: sonopassati quasi 10 anni ed e un buon momento per fare qualche bilancio. Daallora ho superato 33 diversi esami, conseguendo una serie di certificazioni.

Marco Russo

Fa parte di DevLeap esi occupa di formazionee con- sulenza, in par-ticolare nella program-mazione di sistema con.NET e nelle soluzioni diBusiness Intelligence.

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F OCUS

Computer Programming - n. 161 Ottobre 2006

Certificazioni Microsoft:

un’esperienzaquasi decennale

di Marco Russo

N

el 1997 ho affrontato il mio primo

esame di certificazione Microsoft:

sono passati quasi 10 anni ed è un

buon momento per fare qualche

bilancio. Da allora ho superato 33 diversi esami,

conseguendo una serie di certificazioni. L’oggetto

delle mie riflessioni però non riguarda il mio

Transcript (il documento ufficiale che riassume

il proprio “curriculum”), quanto l’effettiva utilità,

difficoltà e validità di questo strumento di misura

degli skill tecnici di una persona.

Serve a qualcosa?

La domanda più frequente che si pone chi è

interessato a un percorso di certificazione è: acosa mi serve?

La risposta “americana” è che grazie alle certi-

ficazioni sarà più facile trovare un nuovo lavoro

o avere un aumento/promozione all’interno della

realtà in cui si lavora. Non so se poi le cose stiano

realmente così all’estero, certamente in Italia

questo automatismo non funziona molto bene,

il valore delle certificazioni difficilmente ha un

riconoscimento economico anche se talvolta

costituisce un merito maggiore in una prima

fase di selezione del personale. Chiaramente, un

numero consistente di certificazioni (magari ete-

rogenee e non focalizzate su una sola tecnologia)

desta un’attenzione ancora maggiore.

Fatte queste premesse, io non mi trovo nella

posizione di dire “le certificazioni non servono a

niente”, ma anzi sono dell’idea che un valore cel’abbiano.

Cosa succede in una selezione

Nella mia esperienza sono stato da entrambe

le parti di una scrivania in un colloquio. La parte

più difficile è scrutinare i curricula. Esistono libri

dedicati all’argomento e confermo che a volte è

difficile fare le scelte giuste. Di fronte a 300 let-

tere (o mail) bisogna stabilire dei criteri di filtro

perché non si possono fare altrettanti colloqui:tra gli elementi discriminanti in positivo c’è

sicuramente la presenza di certificazioni. Quindi

le certificazioni aumentano la probabilità di otte-

Fa parte di DevLeap e si occupa di formazione e con-

sulenza, in particolare nella programmazione di sistema

con .NET e nelle soluzioni di Business Intelligence.

Marco Russo [email protected]

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Certificazioni

Computer Programming - n. 161 Ottobre 2006

nere un colloquio.

Non ho tempo per conseguire una cer-tificazione

Durante alcuni colloqui (quando ho dovuto

selezionare del personale) ho parlato con persone

che a parole erano esperte su tutta una serie di

tecnologie. Alla mia domanda “come mai non

hai qualche certificazione?” il più delle volte ho

ricevuto risposte preoccupanti. I più dicevano

di non aver mai avuto tempo. Segue la scusa “il

mio datore di lavoro non mi pagava gli esami” e

“quegli esami non servono a niente”.

Partirei dall’ultima: se gli esami sono facili,

perché non farli?Altra considerazione: la certificazione è un

bene “personale”, non dell’azienda. Dunque,

benché ci siano aziende che ne finanziano i costi,

non è sbagliato ritenere che sia un investimento

personale. Analoga considerazione può essere

fatta per la mancanza di tempo.

Ora, tutte queste persone non si sono evidente-

mente messe dall’altra parte della scrivania come

ho dovuto fare io. Se ho davanti una persona che

si dichiara brava e competente, il fatto che non

abbia trovato due ore di tempo per fare un esame

mi preoccupa: sarà veramente brava come dice?

Non è che sta facendo un bluff? Dovrò indagare

meglio.

Se invece uno dice di essere bravo e ha il suo

regolare esame di certificazione, dovrò comunque

verificare le sue effettive capacità, ma almeno

non ho campanelli di allarme che suonano prima

del previsto.

In pratica: è vero che una persona certificata

non è detto che conosca veramente bene un pro-

dotto, ma è altrettanto vero che ho ancora più

dubbi su una persona che la certificazione non siè preoccupata di prenderla.

L’esame come stimolo allo studio indi-viduale

Il vero valore degli esami di certificazione è per

me il tipo di studio che è necessario prima del-

l’esame. Chi ha usato per anni un prodotto (per

esempio SQL Server), sicuramente lo conosce

benissimo per i compiti che usa nel suo lavoro,

ma è altrettanto vero che difficilmente usatutte

 le caratteristiche di un prodotto simile.

Per prepararsi a un esame è necessario coprire

tutte le funzionalità. Si tratta di qualcosa che

non rientra nelle necessità operative della quoti-

dianità. Lo studio porta ad avere una visione più

completa di un prodotto, che potrà tornare utile

trovandosi davanti a nuove necessità che hanno

una soluzione più semplice e diretta grazie a qual-

cosa che si è dovuto studiare “per l’esame” e che

sarebbe stato ignorato altrimenti.

Quanto vale tecnicamente un esame

Purtroppo la tecnologia di certificazione utiliz-

zata è cambiata poco in questi 10 anni. Qualche

tentativo è stato fatto per rendere i test più

dinamici e meno “a quiz”, che risultano simili

all’esame della patente, a volte è più difficile

capire la domanda che non trovare la risposta,ma non è cambiato il modello dominante.

Perché allora vale la pena affrontare un esame

di certificazione?

Torno sulla mia esperienza personale: facendo

il consulente è difficile organizzarsi il lavoro in

proprio e lo stesso vale per lo studio. Fissare una

data per l’esame costituisce una scadenza precisa,

entro la quale bisogna aver completato un certo

percorso formativo (studio, test, esperienza, ecc.)

per avere buone probabilità di successo. I miei

esami di certificazione sono stati spesso delle leve

per convogliare le risorse nello studio: con essi

avevo obiettivi precisi, argomenti da conoscere,

scadenze temporali. Credo che la maggior parte

delle persone sia più efficiente se ha di fronte dei

vincoli e degli obiettivi ben definiti (personal-

mente so di ricadere in questo gruppo). In poche

parole: l’esame è uno stimolo allo studio.

Esami copiati

Un tasto dolente è che gli esami così struttu-

rati (quiz a risposta singola o multipla) possonoessere facilmente copiati. Esistono molti siti che

tentano di offrire le risposte a tutte le domande

possibili per un certo esame: la maggior parte lo

fa a pagamento.

Per il valore che le certificazioni hanno in

Italia, però, secondo me non vale la pena copiare

un esame. Si crea aspettativa in chi legge il curri-

culum, ma se poi dietro non c’è una solida cono-

scenza si rischia sempre la brutta figura.

Ancora una volta, ribadisco che il risultato

migliore della certificazione è di creare gli stimoliper uno studio mirato ed efficace. Da questo

punto di vista copiare un esame diventa una cosa

assurda.

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Il peso delle certificazioni “più elevate”

L’ultima considerazione va alla discriminazionetra certificazioni di tipo diverso.

Alcuni programmi di partnership con Micro-soft obbligano l’azienda partner (per esempioun rivenditore o una software house) ad averein casa un certo numero di persone certificate,magari con livelli “più elevati” (MCSD o MCSE,per citare due sigle). In questi casi la certificazione“alta” può avere un valore reale perché consentea un’azienda di instaurare una partnership conMicrosoft in tempi brevi. Qualsiasi selezionatorea quel punto è in grado di apprezzare le differenzein termini di livello di certificazione.

Se invece valutiamo la considerazione di questilivelli “alti” al di fuori del programma di part-nership con Microsoft, ecco che molto dipendedalla sensibilità sull’argomento da parte di chieffettua la selezione tecnica. Quando mi capitadi far parte di un team di selezione, concedosempre almeno un punto in più a chi ha conclusocon successo percorsi di certificazione lunghi emagari noiosi e complessi.

Non ho mai visto in Italia quello che si rac-conta negli USA, dove pare che talune certifi-cazioni farebbero conseguire automaticamentedegli aumenti di stipendio.

La certificazione Microsoft oggi

Per chi è interessato ad avvicinarsi a un per-corso di certificazione, è utile dare un’idea gene-rale di come funziona, rimandando al sito webper i dettagli (www.microsoft.com/mcp).

Recentemente Microsoft ha ristrutturato i suoilivelli di certificazione, strutturando la cosa su trelivelli:• Il primo è Microsoft Certified Techno-

logy Specialist: si tratta di gruppi formati da uno opiù esami che coprono gli skill su una particolaretecnologia o prodotto di Microsoft. Al momentoesistono 7 certificazioni in questa categoria, 3 su.NET 2.0 (applicazioni web, Windows e distri-buite) e poi SQL Server 2005, BizTalk Server2006, Office Live Communications Server 2005e Windows Mobile 5.0.• Il secondo è un livello più alto che si

differenzia in due categorie: Microsoft Certified

ID Professional e Microsoft Certified ProfessionalDeveloper. Rispetto al Technology Specialist, inquesto livello è necessario superare anche uno opiù esami inerenti la capacità di svolgere un par-

ticolare ruolo. Nel caso degli sviluppatori l’esameche entra in gioco riguarda la modellazione diun’applicazione (compreso il modello a oggetti),la scelta delle tecnologie, il disegno di un data-

base, ecc.• Il terzo livello riguarda un titolo il cui

nome la dice lunga: Microsoft Certified Archi-tect. A differenza dei precedenti non prevede deitest con dei quiz ma un vero e proprio esame contanto di commissione formata da altri MicrosoftCertified Architect. L’accesso a questa certifica-zione è piuttosto limitato per vari motivi, tra cuianche uno economico: bisogna pagare 10.000$per accedere al programma di certificazione e sipaga anche se si viene bocciati.

Come sempre, quanto più una cosa è distantee inaccessibile, tanto più diventa desiderabile:non è facile pensare di riuscire ad ammortizzare10.000$ per una certificazione, almeno in Italia.È vero che si tratta di un pagamento unico (laquota annuale è poi di 200$) e forse non costapiù di un master, ma in questo caso non si pagaper imparare, quanto per essere esaminati.Diventa inevitabile valutare se esista un ritornoeconomico reale su un investimento simile: per ilmomento mi sembra difficile raggiungere il puntodi pareggio senza mettersi nell’ottica di lavorareanche all’estero (superando anche eventuali bar-riere linguistiche).

I veri limiti della certificazione

Una cosa è difficile (o forse impossibile)misurare con un esame: la capacità di avereuna visione d’insieme. Ogni esame tratta alcunidettagli di un prodotto/tecnologia per arrivare adesumere se il candidato ne ha una conoscenza

più o meno ampia. Avere però 30 certificazionidiverse a disposizione non significa necessaria-mente che si sia in grado di fare le scelte giuste.

In teoria questo tipo di analisi viene fatta conil livello Microsoft Certified Architect (dovec’è una vera commissione che fa l’esame) e inmisura minore con alcuni esami più “di analisi”.In pratica, sorge il problema di avere una visioneMicrosoft-centrica dell’universo: qualsiasi cosapuò essere risolta con strumenti Microsoft, e nonmi pare si possa chiedere qualcosa di diverso a dei

percorsi pensati da un’azienda.Come si fa quindi a riconoscere un professio-nista che unisce le capacità di analisi, la visioned’insieme, la conoscenza dei dettagli critici e l’ag-

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Certificazioni

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giornamento continuo sulle nuove tecnologie?

Si tratta di un traguardo difficile, altrimenti per

la selezione del personale sarebbe sufficiente far

rispondere a un questionario. Possedere delle cer-

tificazioni di per sé non dimostra di avere queste

caratteristiche, ma sicuramente è un elemento

positivo. Piuttosto, per chi realmente dispone

di tutte queste qualità suona strano il fatto che

non abbia certificazioni corrispondenti, vista la

relativa facilità con cui dovrebbe riuscire a con-

seguire questi titoli.

Conclusioni

La certificazione deve essere prima di tutto un

traguardo personale, così come qualsiasi attivitàdi studio. Personalmente trovo impossibile riu-

scire a studiare qualcosa per cui non provo il

minimo interesse.

Il bagaglio di conoscenze che si acquisisce stu-

diando per un esame è un patrimonio che resta

per qualche anno (nell’informatica non esistono

cose che possono durare “per tutta la vita”).

Presa come meta da raggiungere e non come

titolo con cui si potranno accampare diritti, la

certificazione è una cosa utile. Per questi motivi

trovo inutile cercare di “copiare” pur di passare

un esame.

Ma quindi la certificazione (e la formazione)

vanno intese sempre a carico del programmatore

di turno? Direi di no: le aziende che contribui-

scono direttamente alle certificazioni dei propri

collaboratori, magari incentivandole, riescono

a fidelizzare meglio i programmatori più capaci,

che spesso sono anche i più importanti. Allo

stesso tempo generano una sensibilità maggioree diffusa rispetto alla necessità di formazione

continua, che va fatta studiando anche sui libri,

non solo andando a qualche corso ogni tanto (e a

volte non si fa nemmeno quello).