cerchio di mohr

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4 - 1 Capitolo 4 LE TENSIONI 4 - 1. GENERALITÀ: LE TENSIONI Nel Capitolo 3 si sono determinate, a partire dai carichi applicati e dalle reazioni vincolari, le azioni interne che agiscono nelle varie sezioni della trave: Sforzo Normale, Taglio, Momento Flettente. Queste azioni interne, che sono delle forze o delle coppie, producono nel materiale delle sollecitazioni, chiamate TENSIONI che hanno le dimensioni di Forze per unità di Superficie: TENSIONE = FORZA SUPERFICIE = N m 2 oppure N mm 2 oppure MPa Le azioni interne, cioè, si ripartiscono sulla superficie della sezione su cui agiscono, dando luogo alle tensioni. Le modalità con cui le tensioni si ripartiscono sulla superficie della sezione dipendono dalle caratteristiche della sollecitazione e verranno discusse nei capitoli successivi. In generale le tensioni possono essere di due tipi: 1 - TENSIONI NORMALI : agenti perpendicolarmente alla superficie dell’elemento di materiale. Le Tensioni Normali vengono indicate con la lettera σ accompagnata da un pedice (x, y, z) che indica la direzione in cui agiscono oppure la direzione a cui è perpendicolare la superficie su cui agiscono: σ x , σ y , σ z . Su ciascuna faccia dell’elemento agisce una sola σ. Il valore delle σ che agiscono su una superficie può essere costante su tutta la superficie (come nel caso della trazione o compressione) oppure può variare da punto a punto (come nel caso della flessione). - Le TENSIONI NORMALI che producono TRAZIONE nella direzione in cui agiscono sono dette: POSITIVE, - Le TENSIONI NORMALI che producono COMPRESSIONE nella direzione in cui agiscono sono dette: NEGATIVE. 2 - TENSIONI TANGENZIALI : agenti parallelamente alla superficie dell’elemento di materiale. Le Tensioni Tangenziali vengono indicate con la lettera τ accompagnata da due pedici:

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Tensioni tramite il cerchio di mohr

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Capitolo 4

LE TENSIONI 4 - 1. GENERALITÀ: LE TENSIONI Nel Capitolo 3 si sono determinate, a partire dai carichi applicati e dalle reazioni vincolari, le azioni interne che agiscono nelle varie sezioni della trave: Sforzo Normale, Taglio, Momento Flettente. Queste azioni interne, che sono delle forze o delle coppie, producono nel materiale delle sollecitazioni, chiamate TENSIONI che hanno le dimensioni di Forze per unità di Superficie:

TENSIONE =

FORZASUPERFICIE

= Nm2 oppure N

mm2 oppure MPa

Le azioni interne, cioè, si ripartiscono sulla superficie della sezione su cui agiscono, dando luogo alle tensioni. Le modalità con cui le tensioni si ripartiscono sulla superficie della sezione dipendono dalle caratteristiche della sollecitazione e verranno discusse nei capitoli successivi. In generale le tensioni possono essere di due tipi:

1 - TENSIONI NORMALI:

agenti perpendicolarmente alla superficie dell’elemento di materiale. Le Tensioni Normali vengono indicate con la lettera σ accompagnata da un pedice (x, y, z) che indica la direzione in cui agiscono oppure la direzione a cui è perpendicolare la superficie su cui agiscono: σx, σy, σz. Su ciascuna faccia dell’elemento agisce una sola σ. Il valore delle σ che agiscono su una superficie può essere costante su tutta la superficie (come nel caso della trazione o compressione) oppure può variare da punto a punto (come nel caso della flessione). - Le TENSIONI NORMALI che producono TRAZIONE nella direzione in cui agiscono sono dette: POSITIVE, - Le TENSIONI NORMALI che producono COMPRESSIONE nella direzione in cui agiscono sono dette: NEGATIVE. 2 - TENSIONI TANGENZIALI: agenti parallelamente alla superficie dell’elemento di materiale. Le Tensioni Tangenziali vengono indicate con la lettera τ accompagnata da due pedici:

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1° pedice: indica la direzione a cui è perpendicolare la superficie su cui agiscono.

2° pedice: indica la direzione in cui sono orientate.

Ad esempio, la τxy giace su un piano perpendicolare a x ed è diretta come y.

Su ciascuna faccia di un elemento di materiale possono quindi agire due tensioni tangenziali che sono le componenti nelle direzioni degli assi coordinati: τxy, τxz, τyx. τyz, τzx, τzy. Il calcolo delle σ e delle τ prodotte nel materiale dalle azioni interne sarà l’oggetto dei prossimi capitoli.

In tutti i casi si riterrà valido il:

PRINCIPIO DI ST. VENANT

“Nei punti del solido che sono a sufficiente distanza dal punto di applicazione del carico, lo stato di tensione non dipende dalla particolare distribuzione di tale carico ma solamente dalle azioni interne che esso genera in quei punti.”

In realtà, in corrispondenza e nelle immediate vicinanze dei punti in cui sono applicati i carichi (soprattutto quelli concentrati), le tensioni assumono valori locali molto più elevati. Tuttavia spostandosi, anche di poco, da questi punti la distribuzione delle tensioni nel materiale diventa indipendente dal tipo di carico e dipende unicamente dai valori delle azioni interne che il carico genera in quei punti. In altre parole, se in una certa sezione di una trave agiscono determinati valori delle azioni interne (N, T, M) le tensioni nel materiale dipendono unicamente dai valori di queste azioni interne, indipendentemente dal fatto che siano state prodotte da carichi concentrati, da carichi distribuiti o da coppie applicate, a una certa distanza da tale sezione. Lo studio della resistenza “globale” di una struttura, cioè la verifica che la struttura sia in grado di sopportare i carichi applicati senza danno, si fonda su questo principio di St. Venant.

Lo studio della distribuzione “locale” delle tensioni in corrispondenza delle zone in cui sono applicati carichi concentrati è invece oggetto della “Teoria di Hertz” e riguarda i danneggiamenti localizzati che può subire il materiale in quei punti senza però che sia compromessa la stabilità della struttura.

4 - 2. LE DEFORMAZIONI

Per effetto delle tensioni che agiscono su di esso, un materiale subisce delle DEFORMAZIONI che possono essere: ALLUNGAMENTI, ACCORCIAMENTI o SCORRIMENTI. Preso come riferimento un elemento di lunghezza iniziale (prima della deformazione) pari a lo, se esso subisce per effetto dei carichi applicati una variazione di lunghezza pari a ∆l, si definisce:

DEFORMAZIONE = VARIAZIONE DI LUNGHEZZALUNGHEZZA INIZIALE

= ∆ llo

= ε

Le DEFORMAZIONI sono numeri puri cioè adimensionali.

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Gli allungamenti e gli accorciamenti vengono indicati con la lettera ε corredata da un pedice che indica la direzione in cui avviene la variazione di lunghezza:

εx, εy, εz

Così come le tensioni normali, anche le deformazioni (ε) sono definite: - POSITIVE: quando si riferiscono ad un ALLUNGAMENTO, - NEGATIVE: quando si riferiscono ad un ACCORCIAMENTO. Le deformazioni (ε) sono, per loro natura, legate alle tensioni normali (σ). Se l’elemento di materiale non subisce variazioni di lunghezza, ma se le superfici che lo delimitano subiscono una variazione di angolo, si definisce:

SCORRIMENTO = VARIAZIONE CHE SUBISCE L’ANGOLO RETTO

Facendo riferimento ad un elemento inizialmente rettangolare, per effetto di uno scorrimento esso assumerà una forma romboidale. L’angolo tra due lati contigui, inizialmente retto, si trasformerà in un angolo θ. Si definisce: SCORRIMENTO = γ = π

2 – θ

Anche γ (espresso in radianti) è un numero puro. Anche gli scorrimenti γ hanno due pedici che indicano le direzioni a cui erano originariamente paralleli i due lati dell’elemento. Gli scorrimenti sono, per loro natura, legati alle tensioni tangenziali τ. Va tuttavia osservato che, anche in presenza di dilatazioni ε in una direzione, si hanno nell’elemento di materiale anche degli scorrimenti. Considerando, ad esempio, la barretta rappresentata in figura, si può osservare che la superficie corrispondente alla diagonale subisce una variazione di lunghezza (cioè una ε) ma anche una variazione di direzione (cioè uno scorrimento γ). Si vedrà più avanti che vi sono nell’elemento di materiale solamente due direzioni in corrispondenza delle quali lo scorrimento è nullo; queste verranno dette “direzioni principali”. 4 - 3. IL COMPORTAMENTO ELASTICO DEI MATERIALI: LA LEGGE DI HOOKE

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Per determinare sperimentalmente le CARATTERISTICHE MECCANICHE di un materiale, cioè la sua CAPACITÀ di SOPPORTARE SOLLECITAZIONI (detta anche “RESISTENZA” del materiale), si utilizza la: - PROVA DI TRAZIONE STATICA (UNI 556) Questa prova consiste nel sottoporre ad un carico di trazione lentamente crescente fino alla rottura una PROVETTA di sezione costante cilindrica o prismatica. SEZIONE CIRCOLARE SEZIONE RETTANGOLARE Le teste dei provini, di sezione maggiore, servono per afferrarli senza che la rottura avvenga nelle zone di attacco. Nella zona centrale del provino, di sezione costante, si individua un “tratto utile” di lunghezza lo pari a: lo = 5 × Diametro (Provette cilindriche) oppure: lo = 5,65 So (Provette Prismatiche) Durante l’esecuzione della prova si rileva sperimentalmente un grafico che reca in ascisse la variazione di lunghezza del tratto utile lo e in ordinate il carico applicato. Per i materiali metallici i possibili andamenti del grafico sono riconducibili a tre tipi fondamentali: Materiale FRAGILE Materiale DUTTILE Materiale DUTTILE con SNERVAMENTO In tutti e tre i casi il primo tratto è rettilineo, cioè è caratterizzato da PROPORZIONALITÀ tra il CARICO applicato e l’ALLUNGAMENTO ottenuto.

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Superato un certo valore del carico, questa proporzionalità viene meno e l’allungamento tende ad aumentare in modo più che proporzionale fino alla rottura. Solamente i materiali molto fragili (come ad esempio gli acciai temprati) possono arrivare alla rottura nel campo della proporzionalità fra carichi e allungamenti. I diagrammi CARICO - ALLUNGAMENTO vengono TRASFORMATI CONVENZIONALMENTE in diagrammi TENSIONE - DEFORMAZIONE definendo:

TENSIONE NOMINALE : σn = PSo

ottenuta dividendo il valore istantaneo del carico applicato P per l’area della SEZIONE INIZIALE So della provetta, senza tenere conto cioè della riduzione che subisce la sezione effettiva nel corso della prova. Nota:

Per i materiali metallici (così come per i liquidi che sono definiti “incomprimibili”) vale il principio della COSTANZA DEL VOLUME durante la deformazione. Pertanto, se la lunghezza della provetta aumenta, la sezione dovrà diminuire. Finché le deformazioni sono piccole (tratto lineare della curva) la diminuzione della sezione è trascurabile e la tensione nominale coincide praticamente con la:

TENSIONE REALE = CARICOSEZIONE EFFETTIVA

Quando le deformazioni diventano invece ingenti, la differenza tra la tensione nominale e la tensione reale diventa invece sensibile. In particolare molti materiali (ad esempio gli acciai “dolci” a basso tenore di Carbonio allo stato ricotto) presentano, poco prima della rottura, il fenomeno della “STRIZIONE” cioè una forte riduzione della sezione (anche del 30% o più) in corrispondenza del punto di rottura. In questi casi il carico tende a calare prima della rottura, anche se la tensione reale nella sezione della strizione tende a crescere. Si definisce anche:

DEFORMAZIONE CONVENZIONALE : εc = ∆ llo

ottenuta dividendo la variazione di lunghezza ∆ l del tratto utile del provino per la sua lunghezza iniziale lo.

σsn

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I tre diagrammi tensione - deformazione che si ottengono in questo modo sono identici ai precedenti diagrammi carico - allungamento; cambiano solamente le scale. Facendo riferimento ad uno di questi diagrammi, si introducono alcune definizioni.

La curva tensione - deformazione presenta alcuni tratti caratteristici: • TRATTO LINEARE OA In questo tratto si ha proporzionalità tra tensione e deformazione, fino al valore della tensione:

σo = LIMITE DI PROPORZIONALITÀ

Caricando il provino fino a questo limite e poi SCARICANDOLO, la curva di scaricamento è ancora rettilinea e ripercorre esattamente lo stesso cammino seguito durante la salita. A SCARICAMENTO AVVENUTO, LA DEFORMAZIONE È NULLA. È questo il campo in cui vengono utilizzati, di regola, i materiali nelle applicazioni ingegneristiche. • TRATTO AB Superato il valore della tensione σo il comportamento del materiale NON È PIÙ LINEARE e le deformazioni non sono più completamente reversibili. Si definisce:

σp 0,2 = σs = TENSIONE DI SNERVAMENTO

il valore della tensione che provoca una deformazione permanente εp = 0,2%. Scaricando il provino

caricato fino a σp 0,2, il ritorno avviene seguendo una retta inclinata come il tratto elastico seguito

durante la salita del carico, traslata verso destra della quantità: εp = 0,2%. Nei materiali che presentano un gradino orizzontale dopo il tratto elastico, la tensione di

snervamento σs è quella che corrisponde a questo gradino. • TRATTO PLASTICO BE

εp = 0,2%

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4 - 7

Caricando il materiale oltre la tensione di snervamento σs, ad esempio fino al punto C, e poi scaricandolo, non si segue, durante lo scaricamento, la curva OABC ma la retta CC’. A scaricamento avvenuto la lunghezza del provino è maggiore della lunghezza iniziale l o. Detta:

ε = DEFORMAZIONE TOTALE solamente una parte:

ε e = DEFORMAZIONE ELASTICA

viene restituita durante lo scaricamento, mentre una parte:

ε p = DEFORMAZIONE PLASTICA o PERMANENTE

rimane nel provino. Sono proprio queste deformazioni permanenti che consentono le “lavorazioni plastiche” sui materiali metallici. All’interno del tratto plastico BE si può distinguere il: - TRATTO DELL’ INCRUDIMENTO BD nel quale la deformazione plastica avviene con tensione crescente fino al valore massimo σ r. Successivamente si passa al: - TRATTO DELLA STRIZIONE DE nel quale la diminuzione della sezione reale S rispetto a quella iniziale So diventa sensibile e la tensione nominale tende a calare fino alla rottura (punto E). La tensione nominale massima raggiunta in questo tratto viene detta (convenzionalmente):

TENSIONE DI ROTTURA: σr

In realtà la vera tensione di rottura del materiale è data da:

σr Reale =

PES =

CARICO ALLAROTTURA (E)SUPERFICIE DELLA STRIZIONE (S)

ed è sempre sensibilmente superiore a σr. Come si è detto, il campo di impiego che interessa i materiali metallici da costruzione è quello elastico e si ipotizza che, in questo campo, il COMPORTAMENTO del materiale A COMPRESSIONE SIA UGUALE A QUELLO A TRAZIONE. Pertanto il limite di proporzionalità σo ed il carico di snervamento σs “a compressione” coincideranno con i corrispondenti valori “a trazione” ma col segno cambiato. Limitandosi al solo comportamento proporzionale, il campo delle tensioni σ in cui il materiale può essere utilizzato è:

– σo ≤ σ ≤ σo Tuttavia la prudenza consiglia di non spingere l’utilizzazione del materiale fino a questo limite ma di limitarsi ad una:

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TENSIONE AMMISSIBILE: σamm =σon

essendo: n = COEFFICIENTE DI SICUREZZA > 1 I valori più frequenti, nella pratica, per il coefficiente di sicurezza, sono compresi nell’intervallo:

n = 1,5 ÷ 2,5

In molte applicazioni esistono norme di legge che impongono il valore minimo del coefficiente di sicurezza, come ad esempio per le funi degli ascensori o dei montacarichi o per i recipienti a pressione.

OSSERVAZIONI

1) L’introduzione di un coefficiente di sicurezza porta ad un sovradimensionamento delle strutture rispetto alla resistenza del materiale. Il margine di sicurezza che si ottiene in tal modo ha lo scopo di sopperire alle incertezze legate ai valori effettivi che potranno avere i carichi in esercizio. Eventuali piccoli sovraccarichi legati a uso improprio o ad effetti dinamici difficilmente prevedibili in sede di progetto, possono essere sopportati senza danno dalla struttura grazie a questo sovradimensionamento. 2) La limitazione della tensione ammissibile ad una frazione del limite di elasticità σo è un criterio molto prudenziale per i materiali duttili che hanno “risorse plastiche” che consentono loro di sopportare ingenti sovraccarichi prima di arrivare alla rottura, al prezzo però di deformazioni permanenti. Per i materiali fragili invece (come ad esempio gli acciai ad alta resistenza) che arrivano alla rottura praticamente in campo elastico, questa limitazione della tensione è indispensabile. Altre osservazioni sul coefficiente di sicurezza sono riportate alla fine di questo capitolo.

LA LEGGE DI HOOKE

Per definire le leggi che legano tensioni e deformazioni in un materiale sollecitato, si fanno tre ipotesi: 1 - IPOTESI DEL COMPORTAMENTO ELASTICO - LINEARE Si ipotizza che il materiale si trovi a lavorare nel tratto lineare della sua curva tensione-deformazione. 2 - IPOTESI DEL MATERIALE ISOTROPO Si ipotizza che il materiale abbia identico comportamento in tutte le direzioni di sollecitazione. 3 - IPOTESI DEL MATERIALE OMOGENEO Si ipotizza che il materiale abbia lo stesso comportamento in tutti i punti del suo volume.

4 - 3 - 1. Caso di sollecitazione monoassiale È il caso che si è esaminato nella prova di trazione statica. La sollecitazione agisce lungo una sola direzione. In quella direzione la tensione è proporzionale alla deformazione:

σ ∝ ε Il fattore di proporzionalità dipende dal materiale; più il materiale è rigido e maggiore è il valore di σ a parità di ε. Il fattore di proporzionalità è chiamato:

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MODULO DI ELASTICITÀ (o di YOUNG): E La relazione:

σx = E εx oppure: εx =

σxE

è chiamata: LEGGE DI HOOKE IN CAMPO MONOASSIALE DI TENSIONE Il MODULO di ELASTICITÀ : E =

σxεx

ha le dimensioni di una tensione:

E =F

L2

e si misura in: N/m2 , N/mm2 , kgf/mm2 o MPa. Facendo riferimento al diagramma σ − ε, si osserva che:

tg α =σxεx

⇒ tg α = E

Pertanto il modulo di elasticità rappresenta la pendenza del tratto lineare-elastico del diagramma σ − ε del materiale. Più il materiale è rigido, più elevato è il valore di E e più ripida è la retta.

VALORI TIPICI DEL MODULO ELASTICO E

ACCIAIO: 2,06 x 1011 N/m2 = 206.000 N/mm2 (o MPa) ALLUMINIO: 7,06 x 1010 N/m2 = 70.600 N/mm2 (o MPa) RAME: 1,2x 1011 N/m2 = 120.000 N/mm2 (o MPa) TITANIO: 8 x 1010 N/m2 = 80.000 N/mm2 (o MPa) La deformazione εx nella direzione di applicazione del carico è sempre accompagnata da una CONTRAZIONE LATERALE NELLE ALTRE DIREZIONI, PROPORZIONALE A εx :

εy = – ν εx εz = – ν εx

Il fattore di proporzionalità, adimensionale, viene chiamato:

ν = COEFFICIENTE DI CONTRAZIONE TRASVERSALE o di POISSON

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Il valore del Coefficiente di Poisson, rilevabile sperimentalmente, viene assunto per tutti i materiali metallici pari a:

ν = 0,3

4 - 3 - 2. Caso di Tensione Biassiale (o Piana) Facendo riferimento ad un elemento di materiale molto sottile, sollecitato nel suo piano x y da tensioni σx e σy, le sue deformazioni nelle due direzioni x e y risentiranno dei contributi di entrambe le tensioni. DIREZIONE x:

- Contributo diretto di σx :

ε'x =σxE

- Contributo indiretto di σy :

ε''x = – ν

σy

E

- Deformazione Totale in direzione x:

εx = ε'x + ε ''x cioè:

εx =

σxE – ν

σy

E = 1E (σx – ν σy)

DIREZIONE y: Analogamente:

εy =

σy

E – νσxE = 1

E (σy – ν σx)

Queste due espressioni rappresentano la LEGGE DI HOOKE IN STATO PIANO DI TENSIONE.

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4 - 3 - 2. Caso di Tensione Triassiale Facendo riferimento ad un elemento tridimensionale di materiale, sollecitato nelle tre direzioni x, y, z dalle tensioni σx , σy , σz , le sue deformazioni nelle tre direzioni risentiranno dei contributi di tutte e tre le tensioni. DIREZIONE x:

- Contributo diretto di σx :

ε'x =σxE

- Contributo indiretto di σy :

ε''x = – ν

σy

E

- Contributo indiretto di σz :

ε'''x = – νσzE

- Deformazione Totale in direzione x:

εx = ε'x + ε ''x + ε'''x cioè:

εx =

σxE – ν

σy

E – νσzE

Procedendo analogamente per le direzioni y e z, si ottengono le espressioni:

εx = 1

E [ σx – ν (σy + σz) ]

εy = 1E

[ σy – ν (σx + σz) ]

εz = 1E [ σz – ν (σx + σy) ]

Queste due espressioni rappresentano la LEGGE DI HOOKE IN STATO DI TENSIONE TRIASSIALE. Le leggi di Hooke possono essere scritte anche in ALTRA FORMA. Considerando ad esempio il caso dello stato piano di tensione:

εx = 1E

(σx – ν σy)

εy = 1E (σy – ν σx)

possiamo ricavare σx dalla prima e σy dalla seconda:

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σx = E εx + ν σy

σy = E εy + ν σx

Sostituendo nella prima equazione l’espressione di σy data dalla seconda, si ha:

σx = E εx + ν (E εy + ν σx) = E εx + ν E εy + ν2 σx

da cui: σx (1 – ν2) = E ( εx + ν εy)

e infine: σx = E

1 – ν2 ( εx + ν εy)

Analogamente: σy = E

1 – ν2 ( εy + ν εx)

Queste due espressioni rappresentano la LEGGE DI HOOKE IN STATO PIANO DI TENSIONE. Procedendo analogamente nel caso di STATO TRIASSIALE DI TENSIONE, si ottiene:

x x x y z

E(1 2 ) ( )

(1 )(1 2 ) σ = − ν ε + ν ε + ε + ε + ν − ν

y y x y z

E(1 2 ) ( )

(1 )(1 2 ) σ = − ν ε + ν ε + ε + ε + ν − ν

z z x y z

E(1 2 ) ( )

(1 )(1 2 ) σ = − ν ε + ν ε + ε + ε + ν − ν

Queste tre espressioni rappresentano la LEGGE DI HOOKE IN STATO DI TENSIONE TRIASSIALE.

4 - 4. LE PROPRIETÀ DELLE TENSIONI TANGENZIALI Si è visto in precedenza che su una superficie di un elemento di materia facente parte di un elemento caricato, agisce una tensione ρ che l’elemento trasmette al materiale contiguo. Nel caso più generale, tale tensione ρ avrà una direzione obliqua rispetto alla superficie e potrà essere scomposta in una tensione σz normale alla superficie e in una tensione τ parallela alla superficie.

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A sua volta la τ potrà essere ulteriormente scomposta lungo le direzioni x e y dando luogo alle componenti τzx e τzy . Su ciascun piano dell’elemento di materiale agiscono quindi una σ e due τ. Ciascuna tensione è funzione delle coordinate x, y, z del punto considerato. Variando la posizione del punto, variano le tensioni. Prendiamo in considerazione un elemento infinitesimo di materiale di lato dx, dy, dz. Spostandosi da una faccia a quella opposta, le tensioni agenti subiranno un incremento infinitesimo. Ad esempio la tensione σx diventa, spostandosi di dx:

σ 'x = σx +

∂ σx∂ x dx

la τxy diventa:

τ'xy = τxy +

∂ τxy

∂ x dx

Analogamente la tensione σy diventa, spostandosi di dy:

σ 'y = σy +

∂ σy

∂ y dy

e la τyx diventa:

τ'yx = τyx +∂ τyx

∂ y dy

e così via. Le tensioni agenti sulle facce dell’elemento sono mostrate nella figura.

σx xx dx

x

∂σσ +

σy

yy dy

y

∂σσ +

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L’equilibrio di questo elemento consente di scrivere 6 equazioni: 3 di equilibrio alla traslazione nelle direzioni x, y, z e 3 di equilibrio alla rotazione intorno ai tre assi passanti per il suo baricentro. Consideriamo ad esempio l’equazione di EQUILIBRIO ALLA ROTAZIONE INTORNO AD UN ASSE z PASSANTE PER IL BARICENTRO G. Si ricorda che tutte le equazioni di equilibrio riguardano forze o coppie; pertanto le tensioni (che sono forze per unità di superficie) devono essere trasformate nelle corrispondenti forze moltiplicandole per l’area su cui agiscono e trasformate in coppie moltiplicando ulteriormente per il relativo braccio. Le uniche forze che interessano questo equilibrio sono le quattro indicate in figura perché le altre o passano per G (le risultanti delle σ) o sono parallele all’asse z.

τyx dx dz

dy2

+ ( τyx +∂ τyx

∂ y dy) dx dzdy2

– τxy dy dz dx2

– (τxy +∂ τxy

∂ x dx) dy dz dx2

= 0

da cui, trascurando gli infinitesimi del quarto ordine (cioè i termini contenenti le derivate parziali), si ha:

τyx dx dy dz – τxy dx dy dz = 0 e infine:

τxy = τyx

Ragionando analogamente con gli equilibri alla rotazione intorno ad assi baricentrici orientati nelle direzioni x ed y, si ottengono le relazioni:

τxz = τzx τyz = τzy

Queste tre relazioni esprimono il PRINCIPIO DI RECIPROCITÀ DELLE TENSIONI TANGENZIALI τ che si può enunciare nel modo seguente:

Verso positivo

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4 - 15

“ Sopra due elementi di superficie ortogonali,

le tensioni tangenziali dirette normalmente

allo spigolo sono uguali “ 4 - 5. LE TENSIONI PRINCIPALI E IL CIRCOLO DI MOHR Consideriamo un punto all’interno di un materiale sollecitato, per semplicità, in STATO PIANO DI TENSIONI. Considerando i vari piani appartenenti a un fascio intersecantisi lungo una retta perpendicolare al piano su cui giacciono le tensioni, su ciascuno dei piani del fascio agiranno tensioni diverse. Fissato un sistema di coordinate xy scelte in modo arbitrario nel materiale, individuiamo un elemento piano di materiale (di spessore unitario) delimitato da due lati paralleli rispettivamente a x e a y e da un lato che formi un angolo α con l’asse y, come indicato in figura. Chiamate σ e τ le tensioni normale e tangenziale agenti sul lato generico inclinato di α e supposto di lunghezza unitaria, chiamiamo σx e τxy le tensioni che interessano il lato diretto come y di lunghezza 1 × cos α e chiamiamo σy e τyx le tensioni che interessano il lato diretto come x di lunghezza 1 × sen α. Scriviamo le due equazioni di EQUILIBRIO alla TRASLAZIONE NELLE DIREZIONI DI σ E DI τ.

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DIREZIONE σ:

σ = σx cos2 α + σy sen2 α + τyx sen α cos α + τxy sen α cos α =

= σx cos2 α + σy sen2 α + 2 τxy sen α cos α

essendo: τxy = τyx Ricordando che: 2 sen α cos α = sen 2 α si ottiene:

σ = σx cos2 α + σy sen2 α + τxy sen 2 α (1)

DIREZIONE τ:

τ = σx sen α cos α – σy cos α sen α – τxy cos2 α + τyx sen2 α =

= (σx – σy) sen α cos α – τxy (cos2 α – sen2 α )

Ricordando che: sen α cos α = 1

2sen 2 α

e che: cos2 α – sen2 α = cos 2 α si ottiene:

τ = 1

2(σx – σy) sen 2 α – τxy cos 2 α (2)

Le equazioni (1) e (2) esprimono le tensioni σ e τ che agiscono sulla faccia dell’elemento individuata dall’angolo α, in funzione delle tensioni σx , σy e τxy che agiscono su due facce dell’elemento orientate perpendicolarmente agli assi x e y. Le tensioni σ e τ variano quindi al variare di α, cioè della loro giacitura. Esisteranno quindi due direzioni, cioè due valori di α, in corrispondenza delle quali la tensione σ DIVENTA MASSIMA o rispettivamente MINIMA. Per trovare tali valori dell’angolo α, basterà derivare l’espressione di σ (1) rispetto ad α ed annullare tale derivata. Si ha:

dσdα

= – 2 σx sen α cos α + 2 σy sen α cos α + 2 τxy cos 2 α = 0

da cui: (σx – σy) sen 2 α = 2 τxy cos 2 α (3) Dividendo per cos 2 α :

(σx – σy) tg 2 α = 2 τxy e infine:

tg 2 α =

2 τxyσx – σy

Poiché tg 2 α assume questo valore (per cui è: dσ

dα= 0) in corrispondenza di due valori

dell’angolo: 2α e 2α + π

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4 - 17

si deduce che nell’elemento di materiale ci saranno due direzioni, formanti angoli:

αo e αo + π2

con l’asse y in corrispondenza delle quali la tensione σ assume un VALORE MASSIMO σ1 e un VALORE MINIMO σ2 . Le tensioni σ1 e σ2 sono dette: TENSIONI PRINCIPALI e le loro direzioni sono dette: DIREZIONI PRINCIPALI. Osservando le espressioni (2) e (3) si nota che: dσ

dα= 2 τ

pertanto, NELLE DUE DIREZIONI PRINCIPALI, nelle quali si annulla dσ

dα, È NULLA LA τ.

Trovato quindi che esistono due direzioni “privilegiate”, assumiamole come nuovi assi coordinati x e y dell’elemento e riscriviamo le relazioni (1) e (2) non più in riferimento a due assi x e y qualunque ma in riferimento alle due direzioni principali 1 e 2:

σ = σ1 cos2 α + σ2 sen2 α

τ = 12 (σ1 – σ2) sen 2 α

(4)

essendo α l’angolo formato dalla normale al piano dell’elemento su cui si calcolano le σ e τ con la direzione principale 1. Osservando le espressioni (4) si vede che, ovviamente:

σ = σ1 per α = 0

σ = σ2 per α = π2

Inoltre la τ sarà MASSIMA quando è massimo: sen 2 α, cioè:

τ = τmax per sen 2 α = ± 1, cioè per: 2 α = ± π2 , cioè per: α = ± π

4

Quindi: τmax =

σ1 – σ22

per α = ± 45°

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4 - 18

IL CIRCOLO DI MOHR

Le precedenti relazioni (4) possono essere trasformate, tenendo conto delle note relazioni trigonometriche:

cos2 α = 1 + cos 2α2

sen2 α = 1 – cos 2α2

La prima delle (4) diventa:

σ = σ11 + cos 2α

2+ σ2

1 – cos 2α2

=σ12

+σ12

cos 2α +σ22

–σ22

cos 2α

da cui:

σ =

σ1 + σ22

+σ1 – σ2

2cos 2α

e inoltre: (5) τ =

σ1 – σ22

sen 2α

Le (5) rappresentano, in coordinate parametriche σ, τ, un CERCHIO (CIRCOLO DI MOHR):

• CENTRO sull’ASSE σ, all’ASCISSA: σc =σ1 + σ2

2

• RAGGIO: R =σ1 – σ2

2= τmax

σ1 σ2+2

τ max

τ

σ

σ1

σ1σ2

σ2

σx

σxτxy

τxy

σy

σy

τyx

τyx

σ1 σ2-2

R = =

α

σx

Page 19: cerchio di mohr

4 - 19

USO DEL CIRCOLO DI MOHR • SE SONO NOTE LE TENSIONI PRINCIPALI σ1 e σ2 , la costruzione del circolo di Mohr è

immediata. Volendo conoscere i valori delle tensioni σx e τxy relative ad una superficie dell’elemento

formante un angolo α con la direzione principale 1, si possono applicare le relazioni (5); oppure si possono ricavare graficamente i valori di σx e τxy tracciando un raggio inclinato rispetto all’asse σ di un angolo 2α. Le coordinate dei punti intersezione di questo raggio col circolo di Mohr sono le tensioni σx e τxy . La tensione σy agente sulla faccia perpendicolare alla precedente è data dall’ascissa del punto del circolo di Mohr diametralmente opposto al precedente.

• VICEVERSA, SE SONO NOTE LE TENSIONI σx, σy e τxy agenti su due facce

perpendicolari dell’elemento, si possono ricavare le tensioni principali σ1 e σ2 e l’angolo α formato dalla direzione di σx con la direzione di σ1 utilizzando le relazioni inverse:

σ1, σ2 =

σx + σy

2 ± (σx – σy

2 )2

+ τxy2

ASCISSA DEL ± RAGGIOCENTRO

(6)

τmax =

σ1 – σ22 = (

σx – σy

2 )2

+ τxy2

RAGGIO

Osservando la figura, si può scrivere:

τxy =

σx – σy

2 tg 2α

da cui:

tg 2α = 2τxy

σx – σy

da cui:

2α = arctg2 τxy

σx – σy

e infine:

α = 12 arctg

2 τxyσx – σy

Page 20: cerchio di mohr

4 - 20

OSSERVAZIONE

La coordinata del centro del circolo di Mohr è data da:

σ1 + σ22

oppure da:σx + σy

2

per qualunque coppia di valori di σx e σy . Segue che:

σx + σy = COSTANTE

cioè LA SOMMA DELLE TENSIONI NORMALI σx e σy AGENTI SU DUE FACCE ORTOGONALI DI UN ELEMENTO È COSTANTE al variare dell’orientazione delle due facce rispetto alle direzioni principali; è detta un’INVARIANTE del sistema di tensione. Nelle successive trattazioni delle sollecitazioni dovute a sforzo normale, flessione, taglio, torsione, si farà riferimento al circolo di Mohr per “visualizzare” gli stati di tensione. Nota:

Le espressioni (6) si incontrano di frequente scritte anche nella forma (equivalente alla precedente):

σ1, σ2 =

σx + σy

2 ± 12 (σx – σy)2 + 4 τxy

2

(6’) τmax =

σ1 – σ22

= 12

(σx – σy)2 + 4 τxy2

CIRCOLI DI MOHR NEGLI STATI PIANI DI TENSIONE

Il circolo di Mohr che abbiamo tracciato, in questo caso di stato di tensione piana, è quello relativo al piano su cui giacciono le tensioni principali σ1 e σ2 . Non bisogna dimenticare però che, anche nel caso piano di tensione, vi è una terza direzione principale (direzione 3) ortogonale alle direzioni 1 e 2, nella quale agisce una terza tensione principale (σ3 ) che in questo caso è nulla: σ3 = 0. Esisteranno pertanto 3 Circoli di Mohr, ciascuno relativo alle tensioni che giacciono su uno dei tre piani principali: piano 1 - 2, piano 1 - 3, piano 2 - 3.

PIANO 1 - 2 σ1, σ2 ≠ 0, σ3 = 0

Circolo di Mohr nel piano 1 - 2

Page 21: cerchio di mohr

4 - 21

PIANO 1 - 3

σ1 ≠ 0, σ3 = 0

Circolo di Mohr nel piano 1 - 3

PIANO 2 - 3

σ2 ≠ 0, σ3 = 0

Circolo di Mohr nel piano 2 - 3

Le tensioni tangenziali massime nei tre piani: τmax 1-2 , τmax 1-3 , τmax 2-3, sono dette: τ PRINCIPALI. I tre circoli di Mohr relativi all’elemento possono essere rappresentati CONTEMPORANEAMENTE NELLO STESSO GRAFICO: Si osservi che nei casi (come quello illustrato) in cui le tensioni principali σ1 e σ2 sono entrambe dello stesso segno (trazione in questo caso), il circolo di Mohr di raggio più grande (e quindi la τmax

σ3 = 0

Page 22: cerchio di mohr

4 - 22

più elevata) non è quello relativo al piano 1 - 2 su cui giacciono σ1 e σ2 (e in una direzione orientata a 45° rispetto a σ1 ) ma è quello relativo al piano 1 - 3. Quando invece la tensione principale σ1 è positiva e la tensione principale σ2 è negativa, la τmax più elevata è quella relativa al piano 1 - 2, come illustrato nella figura seguente.

4 - 6. I CRITERI DI RESISTENZA (o DI SICUREZZA)

Una volta che sia noto lo stato di tensione, comunque complesso, all’interno di una struttura caricata, si presenta il problema di confrontare tale stato di tensione con le caratteristiche di resistenza del materiale, cioè con la sua TENSIONE AMMISSIBILE che è, come si è visto, una frazione del suo limite di proporzionalità:

σammissibile =σon

essendo n il Coefficiente di Sicurezza (> 1). Poiché σo è stata misurata mediante una prova sperimentale di trazione statica, cioè in uno stato di tensione monoassiale di trazione pura, sorge il problema di trovare, nei casi di sollecitazioni più complesse, una TENSIONE EQUIVALENTE (o IDEALE) che permetta di assimilare questi casi più complessi al caso semplice di trazione pura. Numerosi sono i criteri di resistenza che sono stati introdotti per risolvere questo problema. I più importanti sono: 1 - Criterio della MASSIMA TENSIONE NORMALE (o di RANKINE) 2 - Criterio della MASSIMA DILATAZIONE (o di GRASHOF) 3 - Criterio della MASSIMA TENSIONE TANGENZIALE (o di TRESCA) 4 - Criterio del MASSIMO LAVORO DI DISTORSIONE (o di Von MISES). 4 - 6 - 1. Il Criterio della Massima Tensione Normale (o di Rankine) Questo criterio assume che la crisi del materiale abbia luogo quando una delle tre tensioni principali raggiunge il valore della tensione ammissibile σamm a trazione o a compressione:

σ3 = 0

Page 23: cerchio di mohr

4 - 23

max {σ1, σ2, σ3} = σamm

min {σ1, σ2, σ3} = – σamm

Queste espressioni valgono nel caso di STATO DI TENSIONE TRIASSIALE per materiali aventi la STESSA TENSIONE AMMISSIBILE (± σamm ) A TRAZIONE E A COMPRESSIONE. Nota: Ciò è vero per i materiali metallici (esclusa la ghisa) ma non per i laterizi (calcestruzzo e mattoni) per i quali:

σamm. Compressione >> σamm. Trazione

Nel caso di STATO PIANO DI TENSIONE (σ3 = 0) e per un materiale avente:

σamm. Compressione = σamm. Trazione = σamm

il criteri di resistenza diventa:

max { σ1 , σ2 } = σamm

e può essere rappresentato graficamente in un diagramma σ1 - σ2 come quello mostrato in figura. UGUALE RESISTENZA A TRAZIONE E A COMPRESSIONE La crisi del materiale avverrà quando il punto rappresentativo dello stato di tensione giace sul contorno o all’esterno del quadrato. Considerando la situazione più sfavorevole per la resistenza: σ2 = - σ1 (σ1 di trazione, σ2 di compressione) la MASSIMA TENSIONE TANGENZIALE è data da:

τmax =

σ1 – σ22 =

2 σ12 = σ1

Pertanto, secondo questo criterio di resistenza, la massima tensione tangenziale ammissibile coincide con la massima tensione normale ammissibile:

Page 24: cerchio di mohr

4 - 24

τamm = σamm

Questo criterio di resistenza è il più antico ed è stato sostanzialmente abbandonato perché i suoi risultati non corrispondono con i riscontri sperimentali. 4 - 6 - 2. Il Criterio della Massima Dilatazione (o di Grashof) Questo criterio di rzsistenza è il più usato nel campo della meccanica perché sembra meglio corrispondere al comportamento dei materiali metallici. Questo Criterio assume che la crisi del materiale abbia luogo quando UNA DELLE DILATAZIONI NELLE DIREZIONI PRINCIPALI RAGGIUNGE IL VALORE DELLA DILATAZIONE LIMITE A TRAZIONE MONOASSIALE DEL MATERIALE:

max { ε1 , ε2 , ε3 } =σamm

E= εamm

Nota: Questo criterio riproduce bene la situazione reale in cui si trova a lavorare il progettista che conosce la σamm del materiale mediante la prova di trazione statica ed è in grado di calcolare, nei casi reali, le direzioni principali, le tensioni principali e le deformazioni principali mediante il Circolo di Mohr. Limitandosi al CASO DI TENSIONI PIANE, dovrà essere:

max { ε1 , ε2 } =σamm

E= εamm

essendo: ε1 = 1

E(σ1 – ν σ2)

ε2 = 1E (σ2 – ν σ1)

(si è supposto che la εamm sia la stessa a trazione e a compressione). Introduciamo il concetto di TENSIONI IDEALI: sono LE TENSIONI CHE, AGENDO SEPARATAMENTE IN REGIME MONOASSIALE PROVOCANO LE STESSE DILATAZIONI PRINCIPALI ε1 e ε2 CHE SI VERIFICANO NEL CASO REALE PER EFFETTO COMBINATO DELLE TENSIONI PRINCIPALI:

σ ideale 1 = E ε1 = σ1 – ν σ2

σ ideale 2 = E ε2 = σ2 – ν σ1

Sostituendo a σ1 e σ2 le espressioni (6’), cioè:

σ1, σ2 =

σx + σy

2 ± 12 (σx – σy)

2 + 4 τxy2

si ottiene:

Page 25: cerchio di mohr

4 - 25

σ id 1 =

σx + σy

2 + 12 (σx – σy)

2 + 4 τxy2 – ν (

σx + σy

2 – 12 (σx – σy)2 + 4 τxy

2 ) =

= 1 – ν2 (σx + σy) + 1 + ν

2 (σx – σy)2 + 4 τxy2

e analogamente:

σ id 2 = 1 – ν2

(σx + σy) – 1 + ν2

(σx – σy)2 + 4 τxy2

Nel caso dei materiali metallici, con ν = 0,3, si ottiene:

σ id 1

= 0,35 ( σx + σy ) ± 0,65 ( σx – σy )2 + 4 τxy2

σ id 2

Le condizioni di resistenza:

ε1 ≤ εamm =σamm

E ε1 =σ id 1

Eessendo:

ε2 ≤ εamm =σamm

E ε2 =σ id 2

E

diventano quindi:

id1 amm

id2 amm

σ ≤ σ

σ ≤ σ CONDIZIONI DI RESISTENZA

Per calcolare il valore della MASSIMA TENSIONE TANGENZIALE AMMISSIBILE: τamm , facciamo riferimento ad un caso di sollecitazione con SOLA τxy = τ e con σx = σy = 0. Le espressioni delle TENSIONI IDEALI diventano:

σid 1 = σ id 2 = 1 + ν

24 τ2 = (1 + ν) τ ≤ σamm

da cui: τ ≤σamm1 + ν

Segue quindi, per ν = 0,3:

τamm =

σamm1 + ν

= 0,77 σamm

Questo criterio può essere RAPPRESENTATO GRAFICAMENTE utilizzando le espressioni:

1 2 ammσ − νσ = σ da cui: 1 amm 2σ = σ + νσ

1 2 ammσ − νσ = −σ da cui: 1 amm 2σ = −σ + νσ

2 1 ammσ − νσ = σ da cui: 2 amm 1σ = σ + νσ

2 1 ammσ − νσ = −σ da cui: 2 amm 1σ = −σ + νσ

Le quattro espressioni a destra rappresentano, in coordinate σ1 – σ2, quattro segmenti di retta.

Page 26: cerchio di mohr

4 - 26

Nota: Questo criterio, contrariamente al precedente, tiene conto della circostanza che la resistenza del materiale in una direzione principale è influenzata, oltre che dalla tensione principale in quella direzione, anche della tensione principale nella direzione ortogonale. Ciò è particolarmente evidente, nel caso piano, quando le tensioni principali sono una di trazione e l’altra di compressione; in questo caso il raggio del circolo di Mohr è più grande.

4 - 6 - 3. Il Criterio della Massima Tensione Tangenziale (o di Tresca) Questo criterio, valido soprattutto per i materiali duttili che prima di arrivare alla rottura presentano vistosi fenomeni di snervamento, si basa sull’osservazione sperimentale che lo scorrimento del materiale nella zona di strizione di un provino di trazione prima della rottura avviene lungo direzioni orientate a ± 45° rispetto alla direzione di trazione. Si osservi che, in questo caso, il circolo di Mohr è quello rappresentato in figura e che la direzione in cui è massima la τ è proprio quella orientata a 45° rispetto alla σ1 . Si può quindi affermare che LO SNERVAMENTO DEL MATERIALE AVVIENE PER EFFETTO DELLE TENSIONI TANGENZIALI τ. Questo criterio di sicurezza consiste quindi nel LIMITARE LA τmax :

τmax = max

σ1 – σ22 ,

σ2 – σ32 ,

σ3 – σ12 = τamm

2 amm 1σ = σ + νσσ2

1 amm 2σ = σ + νσ

2 amm 1σ = −σ + νσ

1 amm 2σ = −σ + νσ

σamm

− σam

σamm − σam

Page 27: cerchio di mohr

4 - 27

La τamm del materiale viene misurata sperimentalmente con la prova di trazione statica in cui:

σ1 = σamm , σ2 = σ3 = 0

Segue: τamm = 1

2σamm

La relazione precedente diventa quindi:

max σ1 – σ2 , σ2 – σ3 , σ3 – σ1 = σamm

Nel caso di STATO PIANO DI TENSIONI: σ3 = 0, la condizione diventa:

Questa condizione può essere visualizzata in un grafico in coordinate σ1 - σ2 . I punti del piano che soddisfano le tre relazioni scritte sopra sono quelli compresi nell’area delimitata dalle rette parallele agli assi passanti rispettivamente per i punti:

σ1 = ± σamm , σ2 = ± σamm e dalle rette inclinate di equazioni:

σ1 - σ2 = ± σamm

come mostrato nella figura. Confrontando questo grafico con quello trovato nel caso del criterio di resistenza di Rankine, si osserva che, nei casi di tensioni σ1 e σ2 di segno opposto, la zona di sicurezza è ora più ristretta, venendo a mancare i due triangoli indicati in figura con i cateti punteggiati. Lo svantaggio del Criterio di Tresca è quello di richiedere il preventivo calcolo delle tensioni principali e di non fornire l’espressione di una tensione ideale.

{ }1 2 1 2 ammmax , ,σ − σ σ σ = σ

Page 28: cerchio di mohr

4 - 28

4 - 6 - 4. Il Criterio del Massimo Lavoro di Distorsione (o di Huber, Henky, Von Mises) Questa teoria è particolarmente indicata per prevedere lo scorrimento plastico di un materiale duttile sottoposto a sollecitazioni combinate che diano luogo contemporaneamente a σ e τ (ad esempio Flessione + Torsione). Nel caso di sollecitazioni triassiali, essa tiene conto anche dell’influenza della terza tensione principale (σ3 ). Questo criterio è valido solamente per i materiali che hanno UGUALE SNERVAMENTO A TRAZIONE E A COMPRESSIONE. Per comprendere questo criterio di resistenza è necessario introdurre preventivamente i concetti di:

PIANI OTTAEDRICI E TENSIONI OTTAEDRICHE

Considerando un elemento cubico di materiale con le facce orientate secondo le tre direzioni principali, si può definire come: - PIANO OTTAEDRICO un piano che taglia l’elemento cubico in diagonale, passando per tre vertici diagonalmente opposti in tre facce contigue e tagliando fuori uno degli angoli (fig. A). Per ciascun cubetto si possono tracciare 8 di questi piani, ciascuno dei quali taglia fuori uno degli 8 angoli. Eseguendo questi tagli, il materiale che rimane costituisce un OTTAEDRO (fig. B). Le TENSIONI OTTAEDRICHE σ e τ CHE AGISCONO SUI PIANI OTTAEDRICI hanno le seguenti CARATTERISTICHE: • LE TENSIONI NORMALI OTTAEDRICHE σOTT che agiscono sulle 8 FACCE dell’ottaedro

sono TUTTE UGUALI e sono chiamate: TENSIONI IDROSTATICHE (in analogia con le tensioni, uguali nelle tre direzioni, prodotte dalla pressione idrostatica in un pezzo immerso in un liquido in pressione: Principio di Pascal). Nel caso generale, queste tensioni possono essere anche di trazione.

• LE TENSIONI NORMALI OTTAEDRICHE σOTT (o IDROSTATICHE) tendono a

comprimere o a dilatare l’ottaedro (variandone il volume) MA NON A DISTORCERLO, cioè non ne cambiano la forma.

• LE TENSIONI TANGENZIALI OTTAEDRICHE τOTT che agiscono sulle 8 facce dell’ottaedro

sono TUTTE UGUALI e tendono A DISTORCERE l’ottaedro senza cambiarne il volume.

B) A)

Page 29: cerchio di mohr

4 - 29

Le τOTT sono < τprincipale più alta e il loro valore è influenzato da tutte tre le tensioni principali. I valori delle σOTT e delle τOTT sono dati da:

σOTT =

σ1 + σ2 + σ33

τOTT = 2

3τ1 – 2

2 + τ1 – 32 + τ2 – 3

2 = 13

(σ2 – σ1)2 + (σ3 – σ1)2 + (σ3 – σ2)2 (7)

Nei casi in cui sono note invece le tensioni in tre direzioni qualunque x, y, z ortogonali fra loro, le espressioni di σOTT e τOTT diventano:

σOTT =

σx + σy + σz

3

τOTT = 1

3(σx – σy)2 + (σy – σz)

2 + (σz – σx)2 + 6 (τxy2 + τxz

2 + τyz2 )

Ciò premesso, il Criterio del Massimo Lavoro di Distorsione può essere considerato come il CRITERIO DELLA MASSIMA TENSIONE TANGENZIALE OTTAEDRICA ed afferma che:

“SI HA SNERVAMENTO DEL MATERIALE QUANDO LA τOTT RAGGIUNGE UN

VALORE CRITICO”

Tale valore critico è quello che assume la τOTT in un provino in TRAZIONE MONOASSIALE quando la tensione principale σ1 raggiunge il valore della σsn. Nel caso di una trazione monoassiale si ha: σ1 = σsn , σ2 = σ3 = 0 La (7) diventa:

τOTT CRITICA = 13 2 σsn

2 = 23 σsn

Sostituendo questa espressione nella (7) si ha:

τOTT = 23 σsn = 1

3 (σ2 – σ1)2 + (σ3 – σ1)2 + (σ3 – σ2)

2

da cui:

σsn = 22 (σ2 – σ1)2 + (σ3 – σ1)

2 + (σ3 – σ2)2 (8)

Si ha cioè snervamento del materiale quando qualunque combinazione delle tensioni principali σ1 , σ2 , σ3 al secondo membro della (8) dà un valore ≥ σsn . Dalla (8) si ha:

Page 30: cerchio di mohr

4 - 30

σ ideale = 2

2 (σ2 – σ1)2 + (σ3 – σ1)

2 + (σ3 – σ2)2

Si ha quindi snervamento del materiale quando:

σideale ≥ σsn

Adottando, anche in questo caso, una TENSIONE AMMISSIBILE:

σamm =σsnn (n = Coefficiente di Sicurezza)

deve sempre risultare:

σideale ≤ σamm CONDIZIONE DI RESISTENZA

• Consideriamo il CASO DI PURO TAGLIO BIASSIALE DI ENTITÀ τ (Caso di Torsione Pura)

Si ha: σ1 = τ , σ2 = - τ , σ3 = 0 L’equazione (8) diventa:

σsn = 22 (– τ – τ)2 + (– τ)2 + ( τ )2 =

= 22 6 τ2 = 3 τ

da cui:

- Nel caso di STATO PIANO DI TENSIONE: σ3 = 0, si ha:

σ ideale = 2

2(σ2 – σ1)

2 + (– σ1)2 + (– σ2)

2 = 22

σ22 + σ1

2 – 2 σ1 σ2 + σ12 + σ2

2 =

= 22 2 ( σ1

2 + σ22 – σ1 σ2 )

da cui infine:

σ ideale = σ12 + σ2

2 – σ1 σ2 (9)

snsn sn0,577

3

στ = = σ

Page 31: cerchio di mohr

4 - 31

Se, invece delle tensioni principali σ1 e σ2 , sono NOTE LE TENSIONI σx , σy , τxy in due direzioni perpendicolari tra loro, la precedente equazione (9) può essere modificata ricordando la

relazione (6): 2

x y x y 21,2 xy2 2

σ + σ σ − σ σ = ± + τ

ottenendo:

σ ideale = σx2 + σy

2 – σx σy + 3 τxy2

RAPPRESENTAZIONE GRAFICA

Si può dare una rappresentazione grafica in coordinate σ1 - σ2 dell’equazione (9). I punti che soddisfano la relazione:

σ ideale = σ12 + σ2

2 – σ1 σ2 ≤ σsn

sono quelli compresi entro un’ellisse come quella rappresentata nella figura seguente, in coordinate σ1 , σ2 : Confrontando questa ellisse con l’esagono ottenuto nel criterio di Tresca (o della massima tensione tangenziale) si può osservare che tale esagono risulta completamente circoscritto dall’ellisse. I punti compresi nelle zone tratteggiate sono quindi accettabili secondo il criterio di Von Mises e non accettabili secondo il criterio di Tresca.

Page 32: cerchio di mohr

4 - 32

4 – 6 - 5. Dimostrazione del Criterio del LAVORO DI DISTORSIONE per via energetica

La deformazione totale di un corpo sollecitato in campo elastico richiede un certo lavoro totale

Lelastico totale che si può immaginare composto da una parte idrostatica Lidrostatico (che modifica le

dimensioni del pezzo, ma non la forma) e da una parte di distorsione Ldistorsione (che modifica la forma del pezzo, ma non le dimensioni):

Lelastico totale = Lidrostatico + Ldistorsione da cui:

Ldistorsione = Lelastico totale – Lidrostatico

Il lavoro elastico totale per unità di volume può essere espresso come (si veda il paragrafo 5-3 a pag. 5-15) (Teorema di Clapeyron):

L elastico totale = 12

σ1 ε1 + σ2 ε2 + σ3 ε3

Sostituendo a ε1, ε2, ε3 le espressioni:

ε1 = 1E [ σ1 – ν (σ2 + σ3) ]

ε2 = 1E

[ σ2 – ν (σ1 + σ3) ]

ε3 = 1E

[ σ3 – ν (σ1 + σ2) ]

si ottiene: L elastico totale = 1

2Eσ1

2 + σ22 + σ3

2 – 2ν σ1 σ2 + σ2 σ3 + σ1 σ3

Per calcolare il lavoro idrostatico, si immagina il corpo sollecitato da tre tensioni principali uguali

fra di loro e pari alla media σm delle tre tensioni principali effettive (come se il corpo fosse immerso in fluido con una pressione uguale alla tensione media):

σm =σ1 + σ2 + σ3

3 Segue:

Il Lavoro di distorsione può ora essere calcolato per differenza:

[ ]

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( )

( )

idrostatico m 1 m 2 m 3

m 1 2 3 2 1 3 3 1 2

1 2 3 1 2 3 1 2 3

21 2 3

1L

21

2E1

26E1 2

6E

= σ ε + σ ε + σ ε =

= σ σ − ν σ + σ + σ − ν σ + σ + σ − ν σ + σ =

= σ + σ + σ σ + σ + σ − ν σ + σ + σ =

− ν= σ + σ + σ

Page 33: cerchio di mohr

4 - 33

Possiamo definire tensione ideale σσσσid quella tensione monoassiale che, agendo da sola nella

direzione della tensione principale σ1, produce lo stesso Lavoro di distorsione. Ponendo quindi:

σ1 = σid, σ2 = σ3 = 0 si ottiene:

L distorsione =

1 + ν

6Eσ id

2 + σid2 =

1 + ν

3Eσ id

2

Uguagliando alla precedente espressione del Lavoro di distorsione, si ha:

1 + ν

3Eσ id

2 =1 + ν

6Eσ1 – σ2

2 + σ2 – σ32 + σ3 – σ1

2

da cui:

σ id = 12

σ1 – σ22 + σ2 – σ3

2 + σ3 – σ12

Nel caso di STATO PIANO DI TENSIONE (σ3 = 0), si ha:

σ id = 12

σ1 – σ22 + σ2

2 + σ32 = 1

2σ1

2 + σ22 – 2 σ1 σ2+ σ2

2 + σ32 = 1

22 σ1

2 + 2 σ22 – 2 σ1 σ2

da cui, infine:

σid = σ12 + σ2

2 – σ1 σ2

Per il calcolo della τamm e per la rappresentazione grafica, si rimanda al paragrafo precedente.

( ) ( )

( ) ( ) ( )

distorsione Elasti coTotale idrostatico

22 2 21 2 3 1 2 2 3 1 3 1 2 3

2 2 21 2 2 3 3 1

L L L

1 1 22

2E 6E1

6E

= − =

− ν = σ + σ + σ − ν σ σ + σ σ + σ σ − σ + σ + σ =

+ ν = σ − σ + σ − σ + σ − σ

Page 34: cerchio di mohr

4 - 34

CRITERI DI RESISTENZA

RIASSUNTO DELLE FORMULE FONDAMENTALI

1 - CRITERIO DELLA MASSIMA TENSIONE NORMALE (Rankine)

max {σ1 , σ2 , σ3} = σamm

min {σ1 , σ2 , σ3} = – σamm

- STATO PIANO DI TENSIONE ( con σamm trazione = – σamm compressione )

max { σ1 , σ2 } = σamm

- TENSIONE TANGENZIALE AMMISSIBILE:

τamm = σamm

2 - CRITERIO DELLA MASSIMA DILATAZIONE (Grashof)

max { ε1 , ε2 , ε3 } = εamm =σamm

E

- STATO PIANO DI TENSIONE

max { ε1 , ε2 } = εamm =σamm

E

- TENSIONI IDEALI:

σ ideale 1 = E ε1 = σ1 – ν σ2

} = 0,35 (σx + σy) ± 0,65 ( σx – σy)2 + 4 τxy

2

σ ideale 2 = E ε2 = σ2 – ν σ1

≤ σamm

- TENSIONE TANGENZIALE AMMISSIBILE:

τamm =σamm1 + ν

= 0,77 σamm

3 - CRITERIO DELLA MASSIMA TENSIONE TANGENZIALE (Tresca)

max {

σ1 – σ22 ,

σ2 – σ32 ,

σ3 – σ12 } = τamm

oppure: max { σ1 – σ2 , σ2 – σ3 , σ3 – σ1 } = σamm

- TENSIONE TANGENZIALE AMMISSIBILE:

Page 35: cerchio di mohr

4 - 35

τamm = 12

σamm

- STATO PIANO DI TENSIONE

max { σ1 – σ2 , σ1 , σ2 } = σamm

4 - CRITERIO DEL MASSIMO LAVORO DI DISTORSIONE (Von Mises) - TENSIONE IDEALE:

σ ideale = 22 (σ2 – σ1)2 + (σ3 – σ1)

2 + (σ3 – σ2)2 ≤ σamm

- TENSIONE TANGENZIALE AMMISSIBILE:

τamm =σamm

3= 0,577 σamm

- STATO PIANO DI TENSIONE

σ ideale = σ1

2 + σ22 – σ1 σ2 ≤ σamm

oppure: σ ideale = σx

2 + σy2 – σx σy + 3 τxy

2 ≤ σamm

* * *

Le aree di accettabilità delle tensioni principali, secondo i vari criteri, sono rappresentate nella figura che segue.

TRESCA

VON MISES

GRASHOFF

RANKINE

Page 36: cerchio di mohr

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OSSERVAZIONI SULLA SCELTA DEL COEFFICIENTE DI SICUREZZA

La scelta di un appropriato coefficiente di sicurezza si basa sui seguenti 5 fattori. 1 - GRADO DI INCERTEZZA SUI CARICHI In molti casi non si possono conoscere con esattezza i valori dei carichi massimi che verranno applicati alla “struttura”, soprattutto quando ne è prevista l’utilizzazione da parte di molti utenti (si pensi ad esempio ad un’autovettura). In altri casi, invece, il carico massimo è noto e non può essere superato (ad esempio la pressione massima in un recipiente di un impianto chimico dotato di valvole di sicurezza e di dischi di rottura). Nel primo caso il coefficiente di sicurezza dovrà essere elevato (n = 3 ÷ 4), nel secondo caso no (n = 1,5 ÷ 2). 2 - GRADO DI INCERTEZZA SULLA RESISTENZA DEL MATERIALE Normalmente i dati di resistenza del materiale sono ricavati da cataloghi e sono stati ottenuti con prove di trazione statica, su provette di piccole dimensioni, a temperatura ambiente e in aria. Le condizioni operative reali dei pezzi che si devono costruire possono essere invece molto diverse e più gravose. In questi casi i valori del coefficiente di sicurezza indicati al punto 1 devono essere aumentati fino a raddoppiarli nei casi estremi di condizioni ambientali sfavorevoli e in presenza di materiali fragili che manifestano rotture improvvise non precedute da deformazioni plastiche. 3 - GRADO DI INCERTEZZA NEL CORRELARE I CARICHI APPLICATI CON LA TENSIONE NEL MATERIALE Nel calcolo della tensione ideale massima in una struttura reale si introducono numerose semplificazioni: schematizzazione del pezzo con una trave, valutazione dei fattori di concentrazione delle tensioni, adozione di un criterio di resistenza ecc. Più lo schema di calcolo si discosta dalla realtà, maggiore è il grado di incertezza sulla significatività delle tensioni massime calcolate. 4 - CONSEGUENZE DEL CEDIMENTO: SICUREZZA E VALUTAZIONI ECONOMICHE - SICUREZZA: Se le conseguenze di un cedimento sono catastrofiche, il coefficiente di sicurezza deve essere molto elevato (ad esempio: n = 10 ÷ 11 per la fune portante di un ascensore). - VALUTAZIONI ECONOMICHE: Se il cedimento di un componente di poco costo può provocare la fermata di un grosso impianto, è conveniente sovradimensionarlo. 5 - COSTO NECESSARIO PER OTTENERE UN ELEVATO COEFFICIENTE DI SICUREZZA Questa valutazione è importante soprattutto nella progettazione di oggetti destinati a essere prodotti in un gran numero di esemplari e ad essere utilizzati da molti utenti in condizioni diverse. Progettare ad esempio un’automobile in grado di resistere a qualunque “strapazzo” sarebbe possibile, ma porterebbe alla costruzione di un veicolo molto pesante ed antieconomico per utenti normali. E’ preferibile, in generale, ammettere che avvenga qualche rottura in conseguenza di un uso pesante.