Catalogo rossello 2011

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Associazione Culturale “R. Aiolfi” no profit - Savona Diocesi Savona - Noli Figlie di N.S. della Misericordia Savona con la collaborazione di A . M . M . I . Associazione Mogli Medici Italiani Sezione Provinciale Savona Savona: via Chiassuolo Rossello n. 11 Collezione d’Arte sacra contemporanea “Santa Rossello” nell’occasione del 200° anniversario della nascita di Santa Maria Giuseppa Rossello Antonio Brilla: “Madre Rossello consegna le chiavi dell’Istituto a San Giuseppe”, scultura marmorea, Casa Madre, già Palazzo Balbi – Brignole, sede dell’Istituto dal 1840, Savona con il patrocinio Regione Liguria Associazione Nazionale Medici Cattolici (AMCI) Sezione “G.B. Parodi” - Savona Città di Savona con la partecipazione UNIONE ITALIANA CIECHI E IPOVEDENTI ONLUS SEZIONE PROV.LE DI SAVONA

Transcript of Catalogo rossello 2011

Associazione Culturale“R. Aiolfi” no profit - Savona

DiocesiSavona - Noli

Figlie di N.S. della MisericordiaSavona

con la collaborazione di

A . M . M . I .Associazione Mogli Medici Italiani

Sezione Provinciale Savona

Savona: via Chiassuolo Rossello n. 11

Collezione d’Arte sacra contemporanea“Santa Rossello”

nell’occasione del 200° anniversario della nascita di Santa Maria Giuseppa Rossello

Antonio Brilla: “Madre Rossello consegna le chiavi dell’Istituto a San Giuseppe”, scultura marmorea, Casa Madre, già Palazzo Balbi – Brignole, sede dell’Istituto dal 1840, Savona

con il patrocinio

RegioneLiguria

Associazione Nazionale Medici Cattolici(AMCI)

Sezione “G.B. Parodi” - SavonaCittà

di Savona

con la partecipazione

UNIONE ITALIANACIECHI E IPOVEDENTI

ONLUSSEZIONE PROV.LE DI SAVONA

Sono lieto di presentare questo nuovo impegno culturale della Dott.ssa Silvia Bottaro. Si tratta del nuovo giornale/catalogo che vede la luce per l’inaugurazione della “Collezione d’arte sacra contemporanea Santa Rossello”. Si tratta della sistemazione definitiva delle 34 opere che gli Artisti italiani e liguri, soprattutto i ceramisti (al fine di ricordare che Santa Maria Giuseppa Rossello è stata proclamata “pa-trona” dei ceramisti liguri) hanno donato all’Istituto Figlie di N.S. di Misericordia di Savona nell’occasione del 200° anniversario della nascita della Santa. Come è noto, la Dott.ssa S. Bottaro ha ideato personalmente e con rara maestria tale rassegna già dal 2006 con un primo nucleo di opere (erano in allora sedici artisti aderenti all’iniziativa) per far conoscere meglio il “fare” e la modernità di Santa Maria Giuseppa Rossello, mostra che è stata, poi, presentata a Roma presso la Basilica di Santa Maria del Popolo, a Finale Li-gure, a Millesimo, a Genova (con la Regione Liguria) con l’aggiunta della sezione ceramica. Ora, come Associazione Aiolfi, la Dott.ssa Bottaro ha stipulato una convenzione con le Suore Rossello per tenere aperta su appuntamento la sede che l’Istituto ha messo a disposizione in Via Chiassuolo Rossello, n. 11 a Savona, sede storica dove lo scultore Antonio Brilla aveva il suo studio e dove la Santa Rossello si è recata più volte per parlare con tale Artista che ha creato diverse opere scultoree per la Santa, oggi conservate nelle loro sedi. Il Vescovo di Savona – Noli, S.E. Mons. Vittorio Lupi, benedirà solennemente tale nuova sede espositiva il giorno 24 giugno 2011, alle ore 11: ci auguriamo tutti una numerosa parte-cipazione all’evento tanto atteso.E’ ben nota la sensibilità artistica e la totalità di impegno con la quale la Dott.ssa Botttaro affronta le problematiche artistiche care a Savona e non solo: l’auspicio che tutti noi formu-liamo è che questa “Collezione Santa Rossello” (la prima di arte sacra contemporanea nella nostra Provincia) possa essere conosciuta presso i vari luoghi dove le Suore della Santa hanno delle Missioni attive. Sarà anche questa conoscenza attraverso l’arte un mezzo per accendere nei cuori l’entusiasmo per la via della Santità che Santa Maria Giuseppa Rossello ha percorso con tanto ardore.

+ Domenico CalcagnoArcivescovo-Vescovo emerito di Savona-NoliSegretario dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA).

Beata Maria Giuseppa Rossello, in

“Beata Maria Giuseppa Rossello” di P. Andrea Oddone S. J.,

editrice Ancora, Genova, 1938

E’ sempre importante fare memoria dei Santi: nella loro testimonianza, infatti “Dio rende feconda la Chiesa con la forza creatrice del suo Spirito e dona a noi, suoi figli, un segno sicuro del suo amore”. Inoltre “ il loro grande esempio e la loro fraterna intercessione ci sostengono nel cammino della vita perché si compia in noi il mistero della salvezza” (dal secondo prefazio dei Santi).Il modo più diretto per “fare memoria” consiste nel ripercorrere le vicende che hanno caratterizzato la loro vita attraverso la loro biografia, leggendone gli scritti, visitando gli ambienti in cui hanno vissuto…..Per la nostra Chiesa di Savona è bello e importante fare memoria di Santa Maria Giuseppa Rossello: una donna mite e forte, docile e coraggiosa, capace di leggere con lucido intuito “i segni del suo tempo” e di mettere tutte le sue energie al servizio di Dio, condensando la sua intera esistenza ricca di opere, di fede e di amore in un programma di poche parole: “il cuore a Dio, le mani al lavoro”.Abbiamo i suoi scritti e tante testimonianze raccolte con cura; le sue Figlie conservano con amore esemplare ambienti e oggetti legati alla sua vicenda terrena. Tutto questo è prezioso per “fare memo-ria” della Santa; nella concretezza delle vicende da lei vissute e dei luoghi da lei abitati si avverte in modo tutto particolare la forza della sua testimonianza che ci aiuta ad “affrontare il buon combatti-mento della fede” desiderosi di “condividere, al di là della morte, la stessa corona di gloria” (dal primo Prefazio dei Santi).In questa prospettiva è importante anche quanto si è andato realizzando in questi ultimi anni per iniziativa della Associazione Culturale “R. Aiolfi”. Numerosi artisti sono stati invitati ad esprimere nelle loro opere qualcosa che richiami la vita della Rossello, perché nella creta o sulla tela può rima-nere qualche richiamo alla sua santità. Queste opere, che sono già state esposte in diverse città, ora sono affidate alla custodia delle Figlie di N.S. di Misericordia. Sarà molto più che un piccolo museo di arte contemporanea; sarà, infatti, un prezioso scrigno che ci parla del mistero di Dio e ci ricorda che tale mistero accolto, amato e servito dalla Santa Rossello può trovare posto anche nella nostra vita e testimoniato nelle nostre azioni.Santa Maria Giuseppa Rossello interceda per noi e ci aiuti ad alzare sempre il nostro sguardo a Dio e ad agire con amore generoso per il bene dei nostri fratelli; a questo, infatti, deve condurre il “far memoria” della nostra Santa.

S. E. Mons. Vittorio LupiVescovo di Savona-Noli

La Madre Rossello tra due fanciulle africane

liberate dalla schiavitù

“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.” (Mt 5,16)

“Nel mondo dobbiamo essere luce: con le nostre parole e con il nostro buon esempio animare le persone a conoscere e ad amare Dio”. (S. G. Rossello)

Mi è sembrato bello poter iniziare questo messaggio augurale con le parole di Gesù e con quelle che sembrano essere l’eco di risposta della Santa Rossello, parole che lette con la dovuta attenzione, hanno oggi il sapore della profezia che solo i santi possono e sanno compiere.Sono vivamente grata a quanto realizzato dell’Associazione Culturale “ R. Aiolfi”dal 2006 fino ad oggi e a quanto ancora essa ha potuto realizzare per la prossima Mostra di arte Moderna dedicata a Santa Maria Giuseppa Rossello, organizzata a Genova dal 5 al 15 giugno 2009.Negli anni passati le varie sedi espositive avvenute dalla Cappella Sistina di Savona al Museo d’arte contemporanea di Albis-sola Marina, dalla Basilica di Santa Maria del Popolo a Roma all’Oratorio dei Disciplinanti a Finale Ligure, hanno ricevuto un grande successo di pubblico e di critica e questo ha indubbiamente permesso di rendere ancora più nota la figura di Santa Maria Giuseppa Rossello e l’opera da Lei prodotta nel tempo in questa terra ligure, ma anche nei quattro continenti dove la Congregazione delle Figlie di Nostra Signora della Misericordia, ha potuto nel tempo “diventare seme fecondo di Misericor-dia” per il mondo intero.Ora questa nuova esposizione arricchita nelle opere anche di 13 prestigiosi ceramisti liguri e nel catalogo espositivo, si presenta come un’ulteriore risorsa offerta non solo all’Istituto fondato dalla madre Rossello, ma anche alla città di Savona per cogliere in pienezza l’eredità di santità trasmesso dalla Santa alle generazioni passate e presenti e di cui, tutti, dovremo far tesoro.Possa il Signore rendere feconda di bene questa nuova iniziativa culturale-religiosa e arricchire di doni quanti, con il loro en-tusiasmo e la loro creatività, hanno contribuito a tale splendida realizzazione artistica.Facendo mie le parole che il Papa Pio XII ha pronunciato in Udienza, il 14 giugno 1949, a Roma, nella Basilica Vaticana, a tutti coloro che attraverso queste opere si avvicineranno di più a Santa Maria Giuseppa Rossello, rivolgo lo stesso invito che Egli rivolse alle Figlie della Misericordia:

“Quale Madre è la Rossello! Quale santa!

Dinanzi a lei che potremo noi dirvi ancora?Che potremmo raccomandarvi se non:

GUARDATELA, PREGATELA, IMITATELA !”

Suor M. Beatriz Giuseppa Lassalle Madre Generale Figlie di N.S. della Misericordia

Urna della salma incorrotta della Santa, conservata nella Chiesa della Casa gentilizia, Savona

Non intendo fare l’elogio della Madre Maria Giuseppa Rossello: non ne ha bisogno lei e la cono-sciamo bene tutti noi. Voglio in-vece riflettere insieme con voi sul-le meraviglie compiute da Dio in una persona disponibile alla gra-zia. Non facciamo quindi sempli-cemente una commemorazione di ciò che è stato, ma vogliamo vivere intensamente quello che può essere.Vorrei anzitutto qualificare l’espe-rienza della santa Madre come un dono dello Spirito Santo, il dono della pietà, cioè una religio-sità buona che rimane nel tempo come un carisma, cioè un effetto concreto della grazia divina che mostra dove sta l’atteggiamento religioso autentico.Il concetto di pietà, come dono dello Spirito Santo, Maria Giuseppa Rossello lo ha conden-sato nella sua formula elementare e ricchissima: “Cuore a Dio, mani al lavoro”. Il suo carisma non è il suo, è del-lo Spirito Santo e la misericordia non è sua proprietà, è una realtà grande come Dio, immensa e smisurata. Lei si è fatta sempli-cemente docile alla potenza della misericordia di Dio e ha vissuto il dono spirituale della pietà in modo pieno. Lo ha infatti carat-terizzato e vissuto nella profon-dità dal concetto di misericordia, una di quelle parole fondamentali che innervano tutta la trattazione biblica dell’Antico e del Nuovo Testamento. Il primo passaggio importante è proprio questo: non riconoscere semplicemente che Dio è miseri-cordia, ma anche che Dio ha fatto misericordia, nel senso che ha cre-ato in noi la possibilità di essere misericordia. È importante questo passaggio: non è tanto questione di attività, bensì una questione che riguarda la persona nel suo essere profondo. Il Signore ha fatto misericordia alle varie persone nel momento in cui le ha rese capaci di essere come lui e all’origine di tutto c’è l’adozione filiale. Dio ci ha resi conformi all’immagine del Figlio suo, comunicando a ciascuno di noi quella potenza divina che è l’amore ed è proprio in questo mistero della comunicazione di se stesso che si realizza l’opera dello Spirito Santo che viene testimo-niato nella vita dei santi.Un capitolo fondamentale della

teologia cristiana è la vita dei san-ti, perché loro sono l’argomen-to storico capace di dimostrare che non è una teoria astratta, né ideologia, non è una semplice ipotesi o solo belle parole. Sono invece fatti concreti, storici, reali e –guardando alle nostre spalle – consideriamo una storia piena di uomini e di donne che hanno vis-suto questa figliolanza, sono stati veramente simili al Padre: in quel-le persone si è incontrata davvero la misericordia di Dio. Nel nostro caso concreto noi possiamo dire che, nella persona di santa Maria Giuseppa Rossello, chi l’ha incon-trata ha riconosciuto una figlia del Padre, una che assomiglia proprio alla misericordia di Dio: creatura plasmata dallo Spirito, docile alla grazia, trasparenza dell’opera divi-na. Lei, concretamente, ha vissuto la spiritualità della misericordia, ha vissuto la beatitudine con cui il Signore ha iniziato la predica-zione evangelica: “Beati i miseri-cordiosi perché saranno trattati con misericordia”. La misericordia di Dio entra nella nostra esperienza in modo molto concreto e, per riprendere l’immagine della Madre Rossello – “Cuore e mani” – vorrei sinte-tizzare in che cosa consiste la mi-sericordia, aggiungendo anche un altro organo: gli occhi. Direi che la misericordia è una questione di occhi, di cuore e di mani. È una questione fisica, pratica, riguarda il nostro corpo. La misericordia comincia dagli occhi, perché il primo atto mise-ricordioso è guardare l’altro, guar-darlo non come un nemico, un concorrente, uno da criticare o da giudicare, ma riconoscere nell’al-tro il fratello potenziale, mio si-mile e mio prossimo. Gli occhi che sanno riconoscere nell’altro un fratello sono occhi di miseri-cordia e di lì parte l’esperienza re-ligiosa: il riconoscimento dell’al-tro nel bisogno. L’occhio vede, ma può non inte-ressarsi e talvolta l’occhio e l’in-telligenza percepiscono che c’è un bisogno, però… “Io che cosa pos-so farci?”. Alzo le spalle, allargo le braccia e dico: “Non mi interessa, non è compito mio, non tocca a me”. Questo perché non mi sta a cuore, perché non mi prendo a cuore quella situazione. La mise-ricordia è una questione di cuore, è un autentico problema di cuore, di relazione affettuosa che porta a

una accoglienza dell’altro. Dopo il primo passo della vista c’è il passo della cordialità, della com-passione, della emozione che mi lega all’altro, per cui quella per-sona che ha bisogno mi interessa, “mi sta a cuore”. Ma dal cuore la misericordia deve passare alle mani. La terza ope-razione fondamentale è quella operativa e le mani sono il sim-bolo evidente della nostra azione, dell’attività. L’occhio ha visto, il cuore ha partecipato, le mani in-tervengono. È necessario che le mani arrivino al lavoro, perché al-trimenti con l’occhio teorizziamo la povertà, facciamo una statistica delle situazioni, guardiamo chi ha bisogno e ne studiamo magari le cause. È possibile che con il cuore ci commuoviamo soltanto; faccia-mo magari qualche preghiera per i bisognosi e diciamo “poverini”, ma poi le mani si possono mette-re in tasca e restano ferme. Così la misericordia fallisce e non arriva. Il processo era iniziato bene, ma si è bloccato per strada! Una auten-tica spiritualità cristiana è invece attiva, operativa, concreta e pra-tica. È necessario che l’opera di misericordia, attraverso le mani, diventi efficace per chi ha bisogno e colmi quella mancanza con una ricchezza di grazia.Se ora provate ad applicare queste tre fasi all’opera di salvezza com-piuta dal Signore vi accorgete che la ricostruzione funziona bene, nel senso che anzitutto il Signore ha visto il nostro bisogno di amore, frustrato dalla impotenza causata dal peccato. L’ha vista e l’ha presa a cuore al punto da com–patire, da partecipare in modo solidale alla nostra passione, partecipando con la sua passione. Quel cuo-re che ha tanto amato il mondo non si è fermato a una teoria, ma si è fatto carne, solidale con noi in tutto e per tutto, dall’inizio alla fine, realizzando concretamente – direi con le mani – il progetto di misericordia. Le mani di Cristo, cioè la sua vita concreta, sono la prova concreta della teorica mise-ricordia di Dio. La sua esperienza di condivisione totale ce ne con-vince: in quell’uomo, in quella sua vita fino alla morte, noi rico-nosciamo il cuore di Dio. Ecco allora che la formula sin-tetica di santa Maria Giuseppa Rossello riporta al centro dell’at-tenzione la misericordia con-creta con i due termini – cuore

e mani – distinguendo: cuore a Dio, mani al lavoro. Con “cuore a Dio” si intende indicare l’atteg-giamento di assimilare la potenza divina, per aderire totalmente al Signore giacché è lui l’unica fon-te dell’amore. Noi, da soli, non siamo capaci di amore autentico. Cuore a Dio vuole dire dipenden-za gioiosa e filiale dalla fonte della misericordia, vuol dire riconosce-re che solo lui può rendermi capa-ce di amore autentico. Allora, prima di prendere a cuore il fratello, il cristiano autentico e maturo prende a cuore il Signore e gli dà il cuore, nel senso che riserva per lui l’affetto grande, quella docilità alla potenza divina che possa cambiare l’intera perso-na. Solo se il mio cuore cambia, le mie mani diventano poi operati-ve e le mie mani possono fare del bene. Ognuno di noi, proprio sulla scorta dei santi, ha la consapevo-lezza di aver ricevuto la possibilità di essere misericordia. Questa è la pietà autentica, questa è la buona religiosità: è l’apertura a Dio che opera tutto. Troppe volte, nella storia, si è pensato che Dio sia concorrente dell’uomo e se qualcuno dà tutto il cuore a Dio ci rimette in uma-nità. L’esperienza storica, proprio dei santi, ci insegna esattamente il contrario. Più una persona si av-vicina a Dio e si dona a lui, più diventa umana, veramente uma-na, e chi la incontra può speri-mentare quella umanità concreta, pratica, fatta di occhi, di cuore, di mani: una umanità autentica e buona che è il risultato della mise-ricordia compiuta dal Signore.Questa è l’eredità del Signore Gesù e anche l’eredita dei santi. Sia vostra eredità la misericordia, ripeteva la santa Madre Rossello. L’opera di Dio è possibile solo se tutto il cuore è rivolto a lui, af-finché le mani siano totalmente a favore dei fratelli. Possiamo fare l’elogio della santa Rossello dicen-do che è stata comunicatrice della Parola di Dio, portatrice di amo-re, maestra di misericordia, co-struttrice di pace, comunicatrice di calore e di umanità: beata lei!Ma beati noi, perché possiamo es-serlo anche noi. Il modo migliore per festeggiare i santi è imitarli, imparando da loro, perché anche noi possiamo fare ugualmente.

Claudio Doglio

“Cuore a Dio, mani al lavoro”

Farsi prossimo: oggi è un impera-tivo etico tanto predicato a parole, quanto disatteso nella realtà.Egoismo, autoreferenzialità, paura del “diverso”, spesso camuffati da legittime difese contro un ignoto che avanza senza manifestare una chiara identità, portano a vedere nella società e negli altri quel “vero inferno”, che già Sartre nel seco-lo scorso predicava, seminando il germe dell’individualismo che ha avvelenato i rapporti interpersona-li. Ieri non era così. Non lo era no-nostante una maggior durezza di vita e minori risorse economiche. E non lo era grazie soprattutto alla Chiesa. Prendiamo ad esempio il secolo XIX come si presenta in Liguria, non differentemente da altre regioni italiane: grandi spere-quazioni di censo, ignoranza diffu-sa tra le classi meno abbienti, una condizione femminile di forte di-sparità culturale e sociale rispetto alla condizione maschile.Quel poco o tanto di servizio ai bisogni sociali è offerto dalla so-cietà religiosa. Una vera e propria fioritura in seno ad essa di nuovi Istituti o Congregazioni, special-mente femminili, caratterizza la prima metà del secolo.In Italia settentrionale, di poco pre-cedenti la fondazione da parte di Madre Rossello delle “Figlie di Nostra Signora della Misericordia”, sono altre fondazioni: delle “Figlie della Carità” di Maddalena di Canossa; delle “Figlie del Sacro Cuore” di Paola Verzieri; delle “Ancelle della Carità” di Maria Crocifissa di Rosa; delle “Suore di Carità” o di “Maria Bambina” di Bartolomea Capitanio; del ramo delle “Dorotee” di Paola Frassinetti.Nella seconda metà del secolo la bufera delle leggi laiciste, quando non giunge a vere e proprie sop-pressioni, mette a dura prova la libertà delle comunità lasciate in vita dedite all’insegnamento ed alla assistenza Eppure educazione, assistenza, beneficenza (un sostan-tivo quest’ultimo oggi troppo sbri-gativamente archiviato, come fosse sinonimo di concessione altezzosa, mentre il “bene facere” è al cuore della solidarietà disinteressata) si realizzano nel nostro Paese allora (come almeno in parte anche ora) sulle ginocchia della Chiesa.E’ la forza del messaggio di fra-tellanza, che dal Discorso della Montagna in poi attraversa i seco-li, caratterizzando la civiltà cristia-na anche agli occhi di chi cristia-

no non è. Esso si incarna in una schiera di donne, di nobili come di umili condizioni. Esse si sentono impegnate a promuovere la dignità della persona con opere concrete ispirate ai precetti evangelici, che si rivelano sorprendentemente più avanzati di qualunque coevo pro-gramma politico.Talvolta lo Stato consente e “pro-tegge” (così il Regno di Sardegna nella prima metà del sec XIX), al-tre volte si mette di traverso (così il Regno d’Italia, via via che il potere passa dalla Destra liberale alla Sinistra liberale). In questo scenario va inserita la figura di Benedetta Rossello.Ella nasce ad Albisola in quel 1811, che vede il Pontefice roma-no Pio VII, prigioniero a Savona. Muore nel 1880 quando ormai lo Stato italiano è unitario da quasi 20 anni e la “questione romana”, aperta pochi anni prima con la de-bellatio dello Stato pontificio, re-gistra continue tensioni tra Santa Sede e Re italiano.La Rossello fonda nel 1837 la Congregazione delle Figlie di Nostra Signora della Misericordia, nome a lei carissimo, onorando la bontà e tenerezza della Vergine Maria ed insieme il celebre Santuario di Savona. Donna gene-rosa e vigorosa – dicono di lei gli storici – e piena di iniziative, nelle quali la contemplazione sa passare “attraverso la dolcezza delle mani”. Sono, infatti, l’amore “operativo” ed uno speciale senso di concretez-za (come spesso hanno le persone di umili origini) a caratterizzarla sin dall’inizio, quando risponde all’appello del Vescovo di Savona e Noli, Agostino De Mari, di nobile famiglia come di nobili sentimenti. Colpito dalle smorfie e dai gestacci a lui rivolti da ragazze esposte ai pericoli della strada e dell’accatto-naggio, egli aveva espresso il desi-derio di una istituzione che si oc-cupasse di esse. Benedetta risponde con tre sue amiche, mettendo a di-sposizione la propria vocazione al motto “Cuore a Dio, mani al lavo-ro”. Prenderà poi il nome di Maria Giuseppa, in onore alla Vergine ed al suo sposo terreno.Nella casetta di “Commenda” le quattro iniziatrici, otto giorni dopo la vestizione, aprono le pri-me quattro opere: scuola ed edu-candato per fanciulle, come si di-ceva allora “di civile condizione”; scuola ed educandato per fanciulle povere. I programmi di insegna-

mento sono diversi. Per le prime nozioni varie. Per le altre nozioni essenziali: leggere, scrivere, fare di conto. La vera novità è la scuola per fanciulle povere, l’istruzione essen-do allora riservata ai ricchi. Più di tanti commenti, sono eloquenti le esclamazioni di alcune giovani, riportate dagli storici: ”Ci accetta-no, ci pettinano, c’è dove lavarsi, ci sorridono…C’è la scuola, una scuola vera, e stanno lì a spiegarti: se non capisci non ti dicono “stu-pida”, ma lo sai cosa fanno? Ti fan-no una carezza e poi ricominciano la spiegazione”. Da quelle prime opere in poi le difficoltà oggettive non mancano; per giunta si som-mano alle diffidenze diffuse ed alle critiche di chiara ispirazione mas-sonica, secondo le quali “le suore meno sanno e meno insegnano”. Il lavoro è dunque duro, deve mirare alla eccellenza, ha bisogno di nuo-ve vocazioni. La temperie politica non è sempre favorevole.Le tensioni tra istituzioni civili ed istituzioni religiose intristisco-no Madre Rossello. Ve ne è l’eco nell’epistolario, soprattutto nelle lettere scritte negli anni del giu-risdizionalismo dello Stato libe-rale persecutore della libertà della Chiesa e delle sue strutture edu-cative ed assistenziali: “Sono anni di tenebre - scrive Madre Rossello qualche anno prima di mori-re alle sue nuove suore presenti in America Latina – Preghiamo di cuore il Signore, che rimedi”. Ma la fondatrice non si scoraggia mai. Anzi la sua attività aposto-lica è senza limiti: dall’aiuto alle fanciulle pericolanti, alla presenza negli Ospedali, alle scuole, agli asili, alla fondazione di un picco-lo Seminario che all’inizio suscita qualche diffidenza ecclesiastica, sino a prendere parte alla libera-zione delle giovanissime schiave negre d’Africa, provenienti dai mercati del Cairo e di Alessandria d’Egitto, e all’impresa più grande, la diffusione in America latina, di là dunque dell’Oceano, o alla “Casa delle pentite”. Ad aiutarla non sono solo le sue Suore ed i più umili della società in cui vive, ma anche personaggi significati-vi della nobiltà. Emblematico è l’episodio del marchese Salvago, che, nel corso di una udienza, il 21 Aprile 1861, consegna a Pio IX una supplica di Madre Rossello per una benedizione particolare e, avendogli parlato di una lotteria da lei organizzata per la raccolta

di fondi per la “Casa della Divina Provvidenza”, si vede consegnare dal Papa stesso una scatoletta di agata rilegata in oro, come “picco-lo contributo” alla lotteria. Vinta e rimessa in ballottaggio più volte, essa consente di raccogliere una cospicua somma, che si aggiun-ge a quella raccolta mettendo in lotteria oggetti donati da altre fa-miglie dell’aristocrazia genovese (i Cataldi ed i Cambiaso) e tori-nese (da Casa Reale alle Contesse Riccardi, sorelle del Vescovo suc-cessore di De Mari), oltre che delle famiglie savonesi.Negli ultimi anni il tributo di ope-rosità, dalla Rossello compiuto verso Dio, si completa con il tri-buto della sofferenza fisica, vissuto come riparazione ai peccati propri (che, al seguito di Teresa d’Avila, sono più ingigantiti dalla tensione mistica dei suoi ultimi anni di vita, che reali) ed altrui.Nel tramonto del suo umile giar-dino, rigoglioso di foglie e fiori, in mezzo ai dolci aromi liguri della primavera, ai raggi del sole pronto a nascondersi nel mare, la fonda-trice, nell’ultimo anno della sua vita ricorda a tutte le sue Figlie con il consueto stile semplice e diretto: ”Meglio patire con Gesù, con il suo Vicario in terra, con la Chiesa perseguitata e oppressa che gode-re con il mondo…Malate o sane, siamo tutte per la stessa strada. Tutte camminiamo nel gran viag-gio dell’eternità. Tenetevelo bene in mente: il viaggio più o meno lungo, più o meno faticoso, arrive-rà alla fine; non bisogna farne gran caso, dargli troppa importanza; è un viaggio che passa”.Proclamata beata da Pio XI nel 1938, viene canonizzata santa da Pio XII nel 1949. E’ protettrice dei ceramisti, una delle arti più note della sua amatissima Albisola. E’ esempio per chiunque voglia vi-vere al servizio degli altri con “mi-sericordia e ardimento”: uno stile di azione da recuperare da parte di chi voglia “farsi prossimo” tanto più in una società, come l’attuale, che, nonostante i progressi econo-mici e sociali, alle vecchie ha ag-giunto nuove povertà.

Ombretta Fumagalli CarulliAccademico Pontificioper le Scienze Sociali

Ordinario di Diritto canonicoed ecclesiastico

della Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Maria Giuseppa Rossello: la dolcezza delle mani

Sono passati duecento anni dalla nascita di Santa Maria Giuseppa Rossello e questa mostra permanente vuole essere un omaggio alla sua ca-rismatica figura.Per motivi anagrafici, ovviamente, non ho conosciuto la Santa di persona, ma ho conosciuto il suo carisma attraverso le sue “figlie”, in quanto ho studiato all’Istituto S.M.G. Rossello di Savona per ben otto anni.Ogni suora che ho conosciuto aveva in sé un po’ della Santa; c’era chi ricalcava il suo carattere forte e determinato, chi la sua intelligenza e spirito d’iniziativa, chi la sua dolcezza e amore per i bisognosi.Sono stati anni spensierati, non certo privi di difficoltà, che però hanno formato il mio carattere e certamente anche quello delle mie compagne di scuola. Ancora oggi porto dentro di me quegli insegnamenti di carità, misericordia e disciplina che mi hanno trasmesso, oltre alla solida preparazione culturale, grazie alla quale la mia mente ha imparato ad aprirsi sempre al nuovo, al bello, al vero.Avrò sempre un caro ricordo di quelle educatrici che hanno segnato una tappa importante della mia vita e della mia formazione umana. Questo piccolo saluto, vuole essere un segno di ringraziamento verso tutte le suore che ho conosciuto, sia come insegnanti, sia quelle che pur avendo altri compiti, mi hanno sempre sostenuto e incoraggiato, spronandomi a superare le mie insicurezze; tutte le ricordo sempre con grande affetto e gratitudine.Questo nostro legame, trasformato negli anni in un rapporto di sincera amicizia, continua ancora oggi, come se la Santa Rossello fosse sempre un punto di riferimento nella mia vita.

Sonia Pedalino Responsabile Sezione Femminile Associazione “Renzo Aiolfi”, no profit, Savona

E’ con vivo interesse e con grande attenzione che la sezione savonese “Mons. Parodi” dell’Associazione Medici Cattolici Italiani partecipa alle celebrazioni per il bicentenario della nascita della Santa Rossello, per la quale molto bene sempre si addicono le espressioni usate a suo tempo da Pio XII: “guardatela, pregatela, imitatela”; una figura che molto si è spesa per far fronte ad esigenze di carattere sociosanitario, presenti sul nostro territorio nel XIX Secolo e, quindi, assai vicina alle caratteristiche della nostra Associazione.La sua opera, in qualche modo, è stata anticipatrice di molte battaglie femminili: ciò, assume ancor più valore, proprio oggi, periodo in cui l’immagine della donna viene alterata e sovvertita, snaturandone le sue precipue caratteristiche.Prima di Lei, altre personalità si sono adoperate per migliorare la condizione del cosiddetto “sesso debole”: sicuramente la nostra Santa le avrà avute ben presenti; possiamo pensare, allo stesso modo, che il circuito virtuoso sia proseguito e la stessa Madre Teresa di Calcutta abbia avuto davanti il suo esempio “!

Giancarlo Torello Presidente Sezione di Savona “Mons. Parodi “ Associazione Medici Cattolici Italiani

Casa natale della Santa Rossello, Albissola Marina

Benedetta Rossello nasce il 27 maggio 1811 in una delle case più antiche di Albissola Mari-na, a Pozzo Garitta, e la targa lì affissa, con al di sotto un ton-do ceramico con l’effige della Madonna della Misericordia di Savona, ricorda tale evento. Dal padre vasaio, Bartolomeo, apprende i rudimenti per mo-dellare la creta, vede il forno ove far cuocere i manufatti e vive in un ambiente povero. La giovane modella l’argilla datale dal padre e nascono, in tal modo, creazioni ingenue che spesso hanno l’effige di monachine. Benedetta, quindi, viene al mondo in una famiglia umi-le ed onesta (Maria Dedona è sua madre) dove il mestiere svolto dal capo famiglia, mo-dellatore di stoviglie e di figu-rine, è un lavoro condiviso da larga parte dei cittadini di Al-bisola. Benedetta era la quarta della figliolanza: prima di lei Giovanni Battista Baldassar-re, nato nel 1805 e morto nel 1807, poi Luigi Baldassarre nato nel 1807 e morto nel 1877, dopo Benedetta, Gio-vanna nata nel 1813 (morta nel 1814), Costantino nato nel 1815 (morto nel 1832), Giuseppina nata nel 1817 (deceduta nel 1834), Anna Maria nata nel 1819 e morta nel 1846. La sua fanciullezza si svolge tranquilla con gaiez-za e si dedica ai fratelli. Riesce a raggruppare intorno a sé le amichette delle altre famiglie, come nell’esempio del pelle-grinaggio al Santuario savo-nese dedicato alla Madonna di Misericordia che, essendo troppo lontano, la indusse a pensare ad una “processione” a dimensione di bambine da farsi ad Albissola Marina pres-so la cappella dedicata a Maria Santissima. L’intraprendenza e la determinazione legate ad una forte fede e vocazione già da fanciulla la portano ad un entusiasmo dirompente.

La Famiglia Rossello, cenni sulla vita di Benedetta Rossello.

La sua predisposizione al “ser-vizio” verso gli altri si affianca già dalla fanciullezza alla ten-denza alla contemplazione: so-gna con splendente ingenuità un deserto nel quale inginoc-chiarsi e vivere di Dio.Molti brani della vita della

Santa Rossello ci fanno capire la sua predisposizione al lavo-ro, al sorriso verso gli umili, alla sua conoscenza verso le tradizioni della sua Terra (la devozione alla Madonna di N.S. di Misericordia di Savona è testimoniata dalla sua fre-

quentazione quotidiana alla Cappelletta della Madonna). Osserva il paesaggio, quello ligustico del mare, degli ulivi dove trova la concentrazione per la meditazione: assieme alle amiche, a volte attraverso il colle delle Ninfe, raggiunge, prima, la Certosa di Loreto e, più avanti, la Chiesa dei Cap-puccini di Savona. Benedetta ama ed indaga, in un certo senso, la storia del suo terri-torio. Conosce un luogo poco abitato, su un crinale, dove cinque secoli prima di lei altri si sono fermati, erano i certo-sini che avendo avuto in dono il colle di “Loreto” da Stefano Imbruno, per sciogliere un voto ricevuto quale grazia dal-la Madonna di Loreto, fonda-rono lì un convento. La devo-zione alla Madonna di Loreto nel sec. XV aveva trovato nel papa savonese Sisto IV un

In alto: Vetrata della Chiesa della Casa Generalizia a Savona, raffi-gurante la Santa e San Francesco d’Assisi.A lato: Targa commemorativa sulla facciata della Casa Natale ad Albis-sola Marina

grande promotore. Tale Cer-tosa era un centro insigne per la devozione che durò molti secoli, ma al tempo di Bene-detta era, ormai, un rudere in abbandono. Quelle volte, gli echi delle preghiere la porta-rono a credere nel restauro di tale luogo di culto per pregare nuovamente. Espose questo desiderio, condiviso con le altre giovani che la seguivano sempre, a don Michele Gras-si che, stupito dal sentimen-to serio di Benedetta, le disse che “al momento giusto Dio” l’avrebbe chiamata a pregare ed a lavorare.Guardando l’immensità del mare il suo sguardo si dilata al di là delle cose, di ogni limite. Lavora, poi, come infermiera a Savona con modestia e la-boriosità presso la casa di In-nocenzo e Angela Monleone. Sono molti gli episodi che ci presentano la sua formazione del carattere, la sua sensibilità verso gli altri, la formazione sempre più solida della sua vocazione.E’ sempre allegra ed intenda a “fare”.Nella adolescenza si fa terziaria francescana, infatti, Benedetta predilige, tra i santi, France-

sco d’Assisi. Le sue mani ruvi-de di quindicenne, screpolate dal bucato e dall’aiuto portato agli altri, sono la premessa per il suo motto: Cuore a Dio, mani al lavoro!Tra il 1832 ed il 1834 Be-nedetta soffrirà cinque lutti familiari, compresi i suoi ge-nitori, una prova durissima dell’esperienza del dolore che la caratterizzerà per tutta la sua vita.Sarà l’incontro con il Vescovo Agostino De Mari a condurla il 10 agosto 1837 ad aprire, nella vecchia casa (la Com-menda dei Cavalieri di Mal-ta), l’Istituto delle Figlie di N. S. della Misericordia, assieme alle sue compagne Angela e Domenica Pescio (sue cugine)

e Paolina Barla. Il Vescovo De Mari capì la serietà e la reale capacità operativa della giova-ne Benedetta, considerando la sua venuta come un dono della Provvidenza. Il canonico Ghigliazza divenne l’assistente spirituale dell’Opera mentre

i protettori furono l’avvocato Giuseppe Nervi ed il nobile Giovanni Battista Pico. La sede nella vecchia casa dell’Or-dine di Malta non era bella, non era grande… ma aveva un passato quale crocevia di attività benefica ospedaliera ed elemosiniera ed era adatta alle giovani di Albisola postole di una nuova vita per le giovani girovaghe di Savona.: Maria Giuseppa Rossello ha scritto che la “Commenda” era “assai scomoda e molto umida… per noi una reggia, tanto eravamo contente”. Il 21 ottobre 1837 ebbe luogo la “vestizione”, in-sieme alla divisa il Vescovo De Mari dette loro un nome nuo-vo Benedetta, molto devota di san Giuseppe, fu chiamata

Maria Giuseppa; Angela Pe-scio: Maria Agostina, sua so-rella divenne Maria Giovanna e Paola Barla, suor Maria Te-resa.Con il suo nuovo abito ed il nuovo nome di Suor Maria Giuseppa inizia il lungo apo-

Statua lignea di San Giuseppe dello scultore Antonio Brilla, Savona (Foto Suor Chiara Bonzano)

Autore Ignoto, “Agostino Maria De Mari, vescovo di Savona” (coll. Cassa di Risparmio di Savona).

stolato generoso e vigoroso a Savona ed in Africa. La sua vita terrena termina il 7 dicembre 1880.Questi brevissimi ed incom-pleti cenni sulla intensa vita della Santa Rossello ci intro-ducono a riflettere sulla mo-dernità dei suoi gesti, della sua missione: le sue mani han-no sempre plasmato, prima la creta, poi l’animo umano con generosità, modestia, umiltà e d allegria, un impegno di fede e di speranza.L’arte contemporanea ci può aiutare a capire meglio la pro-fondità della sua vita e l’im-portanza delle sue opere: far-si prossimo è un valore etico quanto mai vero e necessario ancora nel presente e la sensi-bilità dei vari artisti che sono stati consultati promuove un approfondimento tangibile, intimo che regala all’osserva-tore la possibilità di trovare brani della vita della Santa a lui vicinissimi. L’arte, ancora una volta, di-venta una chiave di lettura del tutto particolare, forte, inten-sa, profonda.

Note bibliograficheCome breve indicazione bi-bliografica si rimanda a: AA.VV., Albisola alla sua Santa, Parrocchia N.S. della Concordia, Albissola Marina, 1981; F. Martinengo, Vita, opere e virtù di suor Maria Giu-seppa Rossello, rist., III ed.,Ge-Sampierdarena, 1974; L. Tra-verso, Vita e virtù della serva di Dio Maria Giuseppa Rossello, Genova, 1934; M. Torchiana, santa Maria Giuseppa Rossello, Roma, 1949; Costituzioni per le Figlie di Nostra Signora della Misericordia, rist., Ge – Sam-pierdarena, 1971; G. Papàso-gli, M. Giuseppa Rossello Mi-sericordia e ardimento, Città Nuova, Roma, 1999; Un cuore che seppe amare, Figlie di N.S. della Misericordia, Savona, s.d.., Tipo-litografia Don Bo-sco, Ge – Sampierdarena.

Silvia Bottaro

E’ dunque giunto il momento tanto atteso: la collezione d’arte dedica-ta a Santa Maria Giuseppa Rossello, benefattrice albisolese con “natali ceramici” e patrona riconosciuta dei ceramisti liguri, trova stabile ospi-talità nel cuore di Savona, dopo una serie di mostre itineranti che ne hanno raccontato altrove i felici contenuti. Sì, da questo 2011 dispo-niamo ufficialmente di uno spazio articolato dove si respira aria di sto-ria antica; uno spazio che appartiene, come l’adiacente, grandioso com-plesso tardo seicentesco/settecentesco, alla Congregazione delle Figlie di Nostra Signora di Misericordia (fondata dalla Santa nel 1837), e che fu anche lo studio dello scultore savonese Antonio Brilla, dopo la metà dell’Ottocento. C’è poi da notare che la data di inaugurazione non è casuale, in quanto il corrente anno ricorda i 200 anni dalla nascita di Maria Giuseppa (al secolo Benedetta, 1811) e rappresenta pertanto un momento significativo di rievocazione e di celebrazione.Nell’ultimo evento espositivo che l’ha vista protagonista (Genova, Sala Espositiva della Biblioteca Berio, giugno 2009), la collezione già anno-verava 29 opere pittoriche e ceramiche; grazie poi al successivo contri-buto di altri creativi, essa si è ulteriormente arricchita, sino a superare abbondantemente la soglia di trenta.Chi scrive ha in questa sede il piacevole compito di presentare i lavori specificamente ceramici, che denunciano invero una notevole varietà di soluzioni sotto il profilo formale e tecnico. Considerato il numero degli autori, ben 19, se intendessi entrare in dettagli troppo specifici rischie-rei di perdermi. Mi limiterò dunque ad un rapido excursus, ovvero, per evocare una metafora artistica, ad una tavolozza di leggere pennellate che forniranno, così mi auguro, un approfondimento minimo su ogni singola situazione; il tutto, in ordine rigorosamente alfabetico.

Maria Paola Amoretti, che apre il nostro racconto, vive ed opera ad Imperia, ma per oltre vent’anni ha vissuto a Milano dove, oltre agli studi che le hanno procurato una laurea in architettura, ha praticato intensamente l’attività scultorea. Lei è, infatti, autrice di Fatica d’ama-re, opera tridimensionale in terracotta dipinta nella quale particolare rilievo sembrano assumere le due grandi mani che dialogano, per così dire, con uno scrittoio: la sinistra è intenta a vergare parole, mentre la destra, con il palmo rivolto all’insù e direzionata verso l’osservatore, pare invitare dolcemente all’ascolto.

Carmen Barbini è nata nel Veneto e da tempo vive a Savona, mentre opera ad Albissola Marina. La sua proposta è una scultura in semire-frattario, foggiata a lastra con rivestimento di ingobbi colorati e smalto madreperlato. L’insolito titolo, La riscossa delle morette, va al cuore di una particolare problematica sociale affrontata da Santa Rossello. Dopo l’incontro del 1855 con don Olivieri, infatti, Maria Giuseppa volle prodigarsi anche a favore di ragazze africane che in buona sostanza venivano commercializzate come schiave. Carmen presenta la figura della Santa con una “moretta”, appunto, graziosamente vestita in abito rosso a grandi pois bianchi. La scultura veicola bene il modus operandi tipico dell’autrice, che è improntato alla massima accuratezza formale in un disegno complessivo sempre armonioso.

Per Renzo Barcaroli, ligure di Cervo con origini alessandrine, possia-mo parlare di opera astratta e concettuale. In tal senso, giungono utili e chiarificatrici le sue spiegazioni intorno al pannello presentato, che gioca sul contrasto di due colori: l’azzurro (evocazione di spazi infiniti, desiderio di libertà, di spiritualità), che compete ad una tavoletta di base, e l’arancione (colore che può rappresentare ascesi spirituale ed amore divino) con cui è cromaticamente risolta la larga spugna - “fos-sile di gommapiuma” - per l’appunto adagiata sulla tavola. Urla nel silenzio vuole ricordare un materiale caro ai ceramisti (con la gomma-piuma si possono imballare le ceramiche per il loro delicato trasporto), fornendogli per di più un valore aggiunto: si tratta anche di spugna simbolica che assorbe l’urlo, il singhiozzo, le lacrime dell’essere uma-no…

Sandra Cavalleri, di Andora, ci porta in un ambito ceramico di ori-

gine esotica oggi molto noto e frequentato. La sua Santa Rossello è, infatti, realizzata con tecnica raku, termine giapponese che designa una particolare varietà di manufatti cotti seguendo un metodo piuttosto insolito rispetto a quello tipico della ceramica tradizionale (insolito e certo “scenografico”). L’opera è un pannello stretto, alto e molto stiliz-zato, nel quale si individua la religiosa cui è accostata, in modalità di quasi fusione, la figura di una piccola. Mai termine ceramico fu forse più adeguato dell’ideogramma in oggetto per illustrare l’attività di San-ta Rossello: “raku” significa, infatti, gioia, facilità, liberazione ed altro ancora, in piena coerenza simbolica con l’operato e la disponibilità spi-rituale di Maria Giuseppa.

Lucia Clemente, pugliese di Barletta ma ligure adottiva sin dagli anni Settanta, propone un lavoro all’insegna di una delicata pittura su por-cellana: Stralcio di peonie (omaggio a Santa Rossello). Un piatto di manifattura industriale per accogliere i tratti di un pennello “artigia-nale” che restituisce l’impressione di grande perizia tecnico/pittorica; ovvero una porcellana (prodotto ceramico la cui origine rimanda alla lontana cultura cinese Tang) per un terzo fuoco, tecnica decorativa che ci parla invece di raffinata cultura araba. Un sentito omaggio ad una donna speciale che, in definitiva, fiori di altra natura distribuì nel corso della sua laboriosa esistenza.

Dolores De Giorgi, artista di origini venete che si cimenta con la pit-tura e la scultura, vive a Savona, muovendosi verso Albissola Mari-na per produrre ceramica. I lavori da me osservati in questi recenti anni denunciano, quanto a modalità espressive e di contenuto, una sua evidente inclinazione per la figura femminile. Dolores modella le sue immagini a tutto tondo con stile realistico/simbolico/metaforico, ad esempio quando riduce il corpo ad un involucro di pelle che racchiude il vuoto (alludo agli interessanti quanto inquietanti lavori della serie “Woman skin”). Il suo omaggio a Santa Rossello è una figurina essen-ziale, elegantemente scarna e di notevole forza espressiva, foggiata in semirefrattario rosso ingobbiato in bianco e parzialmente trattato con ossido di manganese. L’opera, che reca il significativo titolo di Oltre, esemplifica per l’appunto un passaggio, ossia la decisione, da parte di Maria Giuseppa, di dedicarsi alla cura delle diseredate: quasi parados-salmente, nel momento in cui si cala appieno e per sempre nella realtà della miseria umana, ella ascende anche, con la forza della sua insupe-rabile fede, ad una sfera di grande spiritualità.

Francesco De Robertis, attivo a Monterosso, nelle splendide 5 Terre, ha pensato ad una Lettera alla Santa; a tale scopo, egli ha scritto nell’argilla, proprio come accadde, nel lontano passato, a persone che fecero altrettanto non disponendo di materiali più appropriati. L’opera, un pannello dalla forma tondeggiante, è frutto del lavoro di un cerami-sta provetto che predilige terre, o miscele di terre, forti e resistenti, cuo-centi ad alta temperatura, meglio conosciute come grès. In questo caso, però, al grès De Robertis ha associato la raffinata porcellana, utilizza-ta per realizzare una bianca striscia orizzontale adagiata sul supporto: l’operazione di scrittura per incisione su questa candida “pagina” lascia trasparire la scura tonalità del grès sottostante, così determinando un compiuto contrasto che suscita un piacevole effetto estetico.

Fabrizia Fantini, genovese che vive ed opera a Santa Margherita, ri-corda Maria Giuseppa con La sorgente dello spirito, un vaso/scultura manufatto in argilla refrattaria poi trattata con ingobbi, ossidi e cristal-lina a forte spessore. Il valore altamente simbolico della proposta è rive-lato in primis dal titolo stesso ed è leggibile nell’opera grazie anche alle indicazioni dell’autrice: intanto, notiamo una frattura orizzontale nella parte più dilatata del vaso, frattura che vuole evidenziare il distacco tra cielo e terra; inoltre, possiamo osservare le soluzioni cromatiche adotta-te, in verde e blu (colature o tâches che esse siano), le quali intendono suggerire, come ci viene spiegato, “l’idea dell’acqua sorgiva ristoratri-ce e salvifica del bene che in infiniti rivoli scende sulle problematiche dell’umanità”.

A SAVONA,UNA COLLEZIONE D’ARTE SACRA CONTEMPORANEA

per ricordare Santa Maria Giuseppa Rossello,patrona dei ceramisti liguri

Gian Genta vive a Savona e da tempo si occupa di ceramica, pur essendo anche pittore ed incisore. Egli manifesta un gusto palese e generalizzato per quella parte del corpo, la testa, che accoglie il cervello, l’organo più nobile, prezioso e probabilmente più scono-sciuto. Plasma in argilla, dunque, soprattutto forme di questo tipo, ma senza ricercare una verosimiglianza, bensì estremizzando, persino deformando, a tratti, la fisicità stessa, i caratteri anatomici. Anche per questa sua Santa Rossello Genta ha scelto un’immagine plasti-ca forte, allungata, “esagerata”, ed è una testa vagamente pensierosa reclinata su un piccolo braccio. L’opera, foggiata in argilla semire-frattaria vicentina, è stata quindi trattata con pigmento nero, ossidi e rivestimento in cristallina matt, ossia non brillante.

Anna Gioia Del Fauro, veronese di origine, risiede a Cogoleto. Lei è un’artista fantasiosa e versatile, nota, fra l’altro, anche per le sue creazioni di gioielli e per un’intensa attività di promozione culturale svolta nell’ambito del Lion’s Club. Ma giustamente le si riconosce una speciale inclinazione per la materia fittile, assecondata ormai da parecchi anni. A Maria Giuseppa Anna ha dedicato Vaso rosa, un contenitore modulato e sinuoso realizzato con tecnica a lastra in argilla semirefrattaria e rivestito con coperta ad effetto craquelé. L’oggetto può leggersi come metafora della Santa, che fu autentico “umano contenitore” di indefessa dedizione nei confronti di tanti esseri bisognosi.

Alfredo Gioventù, di Sestri Levante, è ceramista colto e raffinato, abile sperimentatore e formulatore di smalti e di impasti esclusivi. Il prodotto principe da lui sfornato da anni a questa parte è un magni-fico grès grigio che vuole riprodurre, per colore ed aspetto, la consi-stenza dei ciottoli marini di Liguria (le immancabili venature quarzo-se delle pietre naturali vengono realizzate in laboratorio con l’ausilio della porcellana). Con questo materiale Gioventù ha realizzato la sua Arcano la Santa, una scultura sintetica e stilizzata che, pur igno-rando i particolari anatomici (solo l’idea di un corpo e di una te-sta hanno preso forma concreta, sotto forma di due grandi ciottoli), ci offre un’immagine davvero accattivante. Da notare - ed è questa una modalità abbastanza tipica di molta produzione del ceramista - l’inserimento nel corpo argilloso di legni naturali “di recupero”. In quest’opera contiamo undici rametti disposti a raggiera sul capo, i quali suggeriscono una chioma o, più verosimilmente, un’aureola.

Rossana Gotelli ha studio a Quarto, nel levante genovese. Lei è un’ar-tista che ama la scultura e la ceramica, e la ceramica piega, per così dire, alla propria creatività concettuale. Non riconoscibile, di primo acchito, un legame con Santa Rossello, nella sua Dalla ricchezza interiore all’azione concreta: 103 opere, aldilà dell’indubbio fasci-no, non solo estetico, che l’opera emana. Ma il titolo già aiuta, mi pare, ed una approfondita osservazione sulle scelte formali ancor di più. Si parte da una base in argilla semirefrattaria modellata a lastra su stampo in gesso ed ingobbiata in azzurro; su di essa poggiano ben 103 quadratini, ingobbiati da un lato in azzurro e dall’altro in dieci differenti colori (unica cottura con alghe a 930°C). Siamo dunque di fronte ad una elaborazione certosina palesemente evocativa dell’ope-ratività di Maria Giuseppa, il cui lavorò si costruì giorno dopo gior-no, tassello dopo tassello, quadratino dopo quadratino, appunto…

Fabrizio Isola gestisce un proprio atelier a La Spezia. Egli rende omaggio alla Santa con Acquamanile - Coppa di Nettuno, un og-getto dal sapore cerimoniale foggiato a lastra e decorato con incisio-ni, rivestimento a smalto e ossido di rame. La tipica tonalità azzurro/verde che il rame produce se utilizzato a certe condizioni è quella che ritroviamo nella coppa, a conferma di un “debole” che l’autore confessa di avere per il mare e per il paesaggio ligure. La forma, poi, suggerisce molti significati: apertura, offerta, dedizione; il dar da bere agli assetati e il fornire cibo, anche spirituale, agli affamati. Quale migliore allusione all’operato della Santa?

Giacomo Lusso, pittore e ceramista, vive ad Albissola Marina, dove per l’appunto ha appreso le conoscenze del “fare ceramica in botte-ga”. La sua opera, Il cuore sacro, è nata concretamente negli spazi che la Piral, nota ditta produttrice di pignatte da fuoco, mette a di-sposizione degli artisti. Consequenzialmente, Lusso ha realizzato un pannello in terra pirofila, poi ingobbiata e trattata anche con ossido di ferro, smalto rosso al selenio, smalto oro. Il lavoro ha superficie mossa, con rilievi geometrici che determinano, in modo piuttosto libero, varie campiture, ed alcune forme parimenti aggettanti di sa-pore naturalistico/astratto; tutta la superficie presenta inoltre grafi-

smi di tipo arcaico, molto ricorrenti nello stile di questo artista. In deciso contrasto cromatico spicca la parte centrale del pannello, tutta smaltata in rosso: qui risiede, infatti, il cuore, immagine privilegiata per ricordare simbolicamente Santa Rossello.

Caterina Massa vive a Savona ed ha studio a Cisano sul Neva. In questa circostanza celebrativa l’artista offre un bel pannello “raku”, tecnica che lei adotta, con originale professionalità, sia per lavori di tipo realistico che astratto. Questa sua Ultima cena, delicatamente resa negli abiti delle figure con scelte cromatiche che variano dal ce-leste al beige al rosso porpora, esemplifica una scena tanto familiare alla cultura cristiana quanto simbolica se riportata alla situazione di riferimento, ossia la missione misericordiosa di Maria Giuseppa. Tro-vo l’idea piuttosto interessante, tanto più che Caterina propone un sereno convivio (pur minacciato dal dramma incombente) del tutto maschile che diventa, così mi pare, piuttosto evocativo di una situazio-ne tutta femminile; ma nella “conversione misericordiosa” della Santa non ci sono presupposti di imminente ritorno al Padre, bensì di lungo, quotidiano impegno con una umanissima collettività di diseredati!

Gianni Piccazzo, albissolese con origini piemontesi, non ha fatto della ceramica un mestiere, ma di sicuro un’attività di piacere da vivere con grande impegno e serietà. I risultati si vedono, infatti. In Liguria sono conosciuti i suoi presepi, poetici, originali ed anche “colti”. Egli ha però più vene espressive, che indaga applicando via via tecniche differenti, a seconda dei lavori; fra queste, c’è l’impiego di brillanti cristalline a forte spessore, utilizzate per realizzare Cuore a Dio, mani al lavoro, l’interessante pannello in semirefrattario pen-sato per omaggiare Maria Giuseppa. L’opera, in coerenza con il citato motto (che fu della Santa, nonché eco del noto motto benedettino), si divide idealmente in due parti: quella superiore, il “cuore a Dio”, si apre come un fuoco ardente sovrastante una mano da cui pende un rosario; quella inferiore, “mani al lavoro”, propone un vaso, simbolo per antonomasia dell’artigiano che lavora le argille.

Giorgio Robustelli, attivo a Cunardo (provincia di Varese), è un ceramista di grande esperienza che ha elaborato una proposta esem-plificativa del ruolo storico della nostra protagonista. Il titolo suona semplicemente come Santa Maria Giuseppa Rossello, patrona dei ceramisti. Si tratta di una formella realizzata in terra refrattaria al centro della quale si apre una sorta di piccolo scenario ripartito oriz-zontalmente in due zone collegate da breve frattura verticale. Ancora una volta si coglie un’allusione alla duplicità lavoro/spirito, terrigni-tà/spiritualità, poiché nella zona bassa v’è una sorta di nicchia-forno contenente stoviglie smaltate (ricordiamo che Giuseppa/Benedetta è di Albisola e che ella stessa modellò un poco l’argilla), mentre in quella superiore spiccano l’immagine della Santa affiancata da due piccole figure femminili, tutte e tre lasciate nel colore del cotto sullo sfondo di un cielo chiaro che richiama la luce della spiritualità.

Germana Rossi vive a Savona ed opera ad Albissola Marina. Anche lei manifesta un’aperta inclinazione per il femminile, indagato con “complice” sensibilità e non esente da implicite denunce di ordine sociale. La sua Santa Rossello si concretizza in un gradevolissimo pannello realizzato in semirefrattario, al centro del quale campeggia la figura di Maria Giuseppa in abito monacale; ai due lati della parte inferiore trovano invece posto rispettivamente alcune piccole stovi-glie e tre figurine di bimbe. Completano la scena un paio di sinuosi decori a rilievo. Per il rivestimento/decorazione dell’opera, Germana si è servita di ingobbi, cristallina e smalti, variamente stesi a seconda delle parti. Il risultato è una scena gioiosa e giocosa che teneramen-te omaggia la patrona dei ceramisti liguri, rammentandone la lunga attività misericordiosa.

Renza Sciutto, pittrice e scultrice, vive e lavora ad Alassio. Il suo interesse per la ceramica va di pari passo con la necessità di utilizzarla per realizzare in concreto i suoi progetti scultorei. Di conseguenza, ricorrente è la semplice terracotta, materia plastica malleabile e dut-tile alla quale di frequente la Sciutto affianca, ed è questa una curiosa quanto convincente soluzione, la cera. Questa insolita abbinata ritro-viamo anche nell’opera elaborata per Santa Rossello, intitolata Pre-ghiera. Si tratta di una piccola scultura/tabernacolo, un’interessante stele dal sapore arcaico che rimanda, con la propria “sacralità”, alla realtà di una figura caritatevole che dimostrò in vita grande disponi-bilità verso i bisognosi.

Alida Gianti

Amoretti Maria Paola: Fatica d’amare, 2008, terra cotta dipinta, cm. 27x38x50

Barbini Carmen: Cuore di Madre, foggiata a lastra con terra semirefrattaria, decorata con engobbi e smalto madreperlato, cottura 980°, cm. 58x32x2

Barcaroli Renzo: Urla nel silenzio, ceramica, cm. 42x47

Cavalleri Sandra: Santa Rossello,

2008, ceramica raku, cm. 229x26x1,5

Clemente Lucia: Stralcio di peonie (omaggio a santa Rossello), porcellana nelle tonalità di porpora, dipinto a mano e cotto a terzo fuoco (800°)

De Giorgi Dolores: Oltre, figura in terra semirefrattaria decorata con manganese e cristallina, cm. 48 h.

De Robertis Francesco: Lettera alla Santa, grés e porcellana, diam. cm. 43

Fantini Fabrizia: La sorgente dello spirito, 2008, refrattario, ingobbi, ossidi

e cristallina grosso spessore, cm. 49x34

Gotelli Rossana: Dalla ricchezza interiore all’azione concreta: 103 “opere”, terra semirefrattaria, engobbio, alghe, forma quadrata modellata a lastra su stampo in gesso engobbiata con terra azzurra con 103 quadratini engobbiati su una faccia con terre di 10 colori differenti e sull’altra con la terra azzurra, monocottura con alghe a 930°, cm. 35x35

Gioventù Alfredo: Arcano la Santa, 2009, grés e legno, cm. 43x16x8

Genta Gian: Germogli, semirefrattario vicentina bianca, pigmento nero, ossidi, cristallina Matt in 3 cotture a 980°, cm. 37 h.

Gioia Del Fauro Anna: Vaso rosa, 2006, in semirefrattario rosa, tecnica a lastre, dipinto a craquelè, cottura 900°, cm. 29x20x15

Piccazzo Gianni: Cuore a Dio, mani al lavoro,

pannello in terracotta semirefrattaria con ossidi, smalti e cristalline,

cottura 980°, cm. 100x70

Isola Fabrizio: Acquamanile – Coppa di Nettuno, formatura a lastra, incisa e decorata con smalti e ossido di rame, cotta a 980°, diam. cm. 43, h. cm. 24

Lusso Giacomo:Il Cuore Sacro,2007,

terra rossa Piral, engobbi, ossido di ferro,

smalto selenio rosso, smalto oro, cotture 980°,

cm. 63x 30x3

Massa Caterina: Ultima cena, tecnica raku, cm. 35x65

Robustelli Giorgio: Santa Maria Giuseppa Rossello, patrona dei ceramisti, 2005, formella in terra refrattaria, cm. 39x33

Rossi Germana: Santa Rossello, guardare gli altri, terra semirefrattaria colorata con ingobbi e smalti, cm. 60x25

Sciutto Renza: Preghiera, terracotta e cera, cm. 43x18x9

Dapprima sono stati sedici artisti, tra cui due ceramisti, a rispondere con slancio ed entusiasmo all’appello che la scrivente, a nome dell’Associazione culturale “Renzo Aiolfi”, ha fatto ad alcune personalità dell’arte contempo-ranea italiana. Con tali presenze la mostra è stata presentata in importanti sedi istituzionali ed espositive italiane (da Roma a Savona, da Albissola Marina a Finale Ligure, da Millesimo a Genova), per, poi, arricchirsi della sezione dedicata agli artisti che si esprimono essenzialmente con la cerami-ca (sezione di cui si è occupata in questo catalogo la Prof.ssa Alida Gianti). In modo quasi sintetico illustro, per ogni pittore che ha donato la propria opera per la realizzazione di questa “Collezione d’arte sacra contempora-nea”, il lavoro che sarà esposto, tracciando un breve profilo critico.

Sergio Biancheri, detto “Ciacio”, ancora una volta ha caratterizzato la sua opera ( come scrive Paola Mallone) “…votata al nudo ascolto del vero…”, infatti, la sua Santa Maria Giuseppa Rossello è intensa, quanto veridica e genuina nella sua apparente semplicità. Il suo disegno a tecnica mista su carta, senza fronzoli, ci parla del rapporto intimo tra la Santa e un’altra figura femminile, la Madon-na: due donne in un rapporto profondo, determinante, coraggioso dove sono in relazione diretta la condizione umana e quella spirituale. Quelle braccia allargate alludono, anche, al gesto della “misericordia” verso i più deboli, le giovani di co-lore, i malati. Biancheri, benché sia anche ceramista, ha voluto “donare” questo intenso disegno che potrebbe inoltre essere propedeutico ad una scultura in ce-ramica, ma che pone in rilievo il sentimento che rende “alto” questo lavoro, così semplice, franco e puro da cogliere la grandezza della Santa attraverso il tempo e gli ostacoli che ha incontrato rendendo il suo messaggio moderno.

La Madre Rossello di Milly Coda è intesa quale “maestro” di un’orchestra di giovani donne impegnate all’unisono a cantar, non solo le preghiere mariane, ma un cantico alla vita intesa quel dono di sé per gli altri e come rispetto del creato. Tale completa contemporaneità di rappresentazione è ben evidenziata dal monocromo azzurro vigoroso, a volte più veemente nella sua assolutezza cromatica, che rimanda alla tensione della Santa verso la libertà (il riferimento è alla sua opera nelle missioni), alla trasparenza delle parole e delle conseguenti azioni ma, pure, alla ricerca delle celestiali presenze del Cielo (la Madonna di Misericordia alla quale era particolarmente devota). Quelle teste ricciolute, tanto da sembrar angeliche, che trovano un felice approdo tra le vesti del-le religiose, le tanti mani giunte in raccoglimento danno profondità intensa all’opera dell’artista che giunge ad una prova di sanità della rappresentazione di rara efficacia e che ci anticipa il senso della santità della vita della giovane Benedetta, prima, e della più matura Suor Maria Giuseppa impegnata in un vasto apostolato senza confini, infatti, l’opera giunge fino alla cornice invasa dalla vigorosa cromia turchina.

Maria Giulia Drago ci presenta la sua “Santa, per sempre” quale immagine ful-gente che riflette la luce che è in sé e si spande con la beatitudine della sua figura circondata in un alone di riverbero azzurrato e celestiale per sottolineare come la contemplazione della Santa Rossello sappia passare, nondimeno, attraverso la dolcezza delle mani. Le possibilità e le capacità cromatiche proprie della Drago ci permettono di avvertire l’emozione ed il sentimento che sottende e che ha mosso la sua opera giungendo, come sempre, ad originali punti d’arrivo con im-magini contemplative, in un certo senso. La natura partecipa incessantemente a dare corpo alla percezione di un immaginario che è insito alla naturalità stessa: i rami di olivo tessono lievi ed antiche trame di passione, di pace, di purificazione intorno alla figura sì soave della Santa ma coerentemente forte e determinata nel suo apostolato. Rosati steli dell’albero della melagrana, ricchi dei frutti, fanno riferimento alla fecondità del messaggio della Rossello traendo, dalla simbolo-gia spiritualizzata cristiana, il richiamo alla ricchezza della benedizione divina ed all’amore celeste. La Drago, poi, inserisce la melagrana “barocca” nella sua affinità al significato dell’abbondanza generosa dei doni legati all’amore mise-ricordioso: una metafora felice e intrinsecamente legata ai gesti, alle parole, alla vita della Santa.

Di Adriana Ferrari Benedetto è il racconto visivo della giovane fanciulla Be-nedetta che, percorrendo molto spesso le colline tra Albissola Marina e Savona, viene rapita dalla bellezza della natura ligustica, la passeggiata tra gli ulivi è per lei un invito esplicito a meditare. I grandi ideali prendono la strada della con-templazione del mare; guardando l’orizzonte e la bellezza delle acque azzurre, il

suo sguardo va oltre: lontano e alto. La tecnica raffinata del collages permette all’artista di creare una pagina particolarmente coinvolgente, dove la giovane Benedetta è raccolta a guardare avanti grazie ad una narrazione attenta e soave al contempo. L’abito della giovane è lindo e una grande mano aperta, nel gesto della carità, è già ben evidente; è chiaro il riferimento alla volontà di Benedetta di essere vicina ai poveri, agli ammalati. La nostra terra di Liguria è, poi, raffi-gurata con rara efficacia di colore, di profondità, di ampi orizzonti colti tra terra e mare e… sovrasta la scena la grande chioma di un albero di ulivo che accom-pagna e ascolta le preghiere ed i pensieri di Benedetta: un tronco sinuoso che regge rami ricchi di foglie e di frutti dalle quali fronde una mano anonima è tesa a raccoglierli. Si staglia, poi, nell’azzurro luminoso l’apparizione della Vergine misericordiosa, comparsa nel 1536 al contadino Botta, un’immagine celeste alla quale la piccola Rossello è molto devota.

Carlo Giusto che ha inteso rappresentare il giorno della nascita della bimba Benedetta (27 maggio 1811) quale nuova fonte di luce sia per la modesta casa dei Rossello nel cuore della vecchia Albisola, sia quale inedito albore per la “vita” della comunità allargata al paesaggio che è rallegrato e ravvivato dalla presenza di una novella “rosa”: esattamente la piccola bambina. Giusto ha sempre avuto una propensione naturalistica nella sua pittura tanto da giungere ora allo studio della disgregazione della natura, rappresentato dal luogo comune, recuperando nella peculiarità il significato tangibile e visibile del tutto. Si apre, in tal modo, una attenta riflessione sul paesaggio ligustico (dalle gialle ginestre al silente sfon-do del mare blu) aprendo una finestra dedicata al roseto di opere, di gesti, di accoglienza che l’apostolato e la volontà della Santa Rossello ha avuto in sé già dalla nascita: uno squarcio esistenziale di una vita consumata nell’Ottocento ma che ha accenti alquanto moderni relativi, anche, alla considerazione del valore etico e sociale dell’ambiente naturale dove si svolge la vita quotidiana di ognuno di noi. In tal modo l’artista ci coinvolge con la forza di attrazione visiva di quel roseto: la metafora dell’esistenza di Santa Maria Giuseppa.

Nel “Giardino mistico” di Bruno Gorgone trovano linfa perenne nell’humus delle preghiere, dei segni, delle azioni della Rossello le stelle, le foglie stilizzate, le “mitocromie” originali di un mondo quotidiano che vuole migliorare, essere più raggiante ed aperto a tutti. I molti ostacoli che Benedetta Rossello ha superato con la forza di un impegno supremo di fede e di speranza sono raffigurati in que-sto “giardino” dove le luci calde, esplodenti e smaglianti fondano una geometria nuova, creativa, libera così come quella voluta e perseguita dalla Madre per ac-cogliere le giovani abbandonate. La libertà che troviamo nella flora e nella fauna, la bellezza dei colori naturali sono ripresi da Gorgone con la peculiarità che ormai gli è riconosciuta a livello internazionale di cromie insolite, ardite, fuori degli schemi, affrancate appunto. Con tale raffigurazione del “giardino” inteso quale simbolo della purezza verginale, da un lato, e dall’altro come aspirazione a giungere ad una armonizzazione degli elementi, ovvero luogo della crescita, della coltivazione dei fenomeni interiori della vita, la giovane Benedetta ha dato segno di sé e di quello che per tutta la sua esistenza ha perseguito fino alla sera del 7 dicembre 1880 quando si ricongiunse a Dio e tutte le suore ripetevano: “Ti trovi ancora acceso la stella del mattino, quella stella che non conosce tramonto”.

Giovanni Job continua il collegamento tra le possibilità di legare e saldare le le-zioni classiche con le proposizioni moderniste, rivisitando concettualmente l’an-tico, infatti, l’Artista annulla l’immagine iconografica significante ed eloquente lasciando alla coscienza, alla facoltà di recepire della matericità della pittura il rivelare la propria espressività. La volontà forte di “decontestualizzare” lo porta a creare un abbraccio di “misericordia” tra un bambino biondo e con lo sguardo lontano e altrove, sorretto dall’energia degli arti superiori e dalle mani possenti di una figura, quasi irriconoscibile nei tratti fisionomici. Un gesto antico, fa-miliare e caloroso che caratterizza l’incontro e l’aiuto che quotidianamente un padre e una madre danno alla loro figliolanza, oppure un’azione, un aspetto che la solidarietà, la più ampia e sentita, può offrire e donare ad un fanciullo sconosciuto ma bisognoso di calore umano, di comprensione, di benignità e generosità, persino di perdono e di riguardo. Quei tratti neri, rotti da lampi sapienti di luce immacolata, assicurano nutrimento alla riflessione, alla nostra attenzione circa l’inflessibile dichiarazione pronunciata con penetrante segno della metafora della “misericordia” che ci può portare a riflettere sulla vita e sui gesti della santa Rossello: un “segno” della contemporaneità allargata alle etnie, ai disagi sociali penetrati dalla sguardo indagatore di Job.

I Pittori per la Santa

Giorgio Laveri è rimasto colpito dalle varie fasi della vita della Santa, conside-rate quali fotogrammi che la sua volontà e, probabilmente, una “mano” celeste, una sorta di regista supremo, ha montato quali scansioni filmiche per addivenire ad un lungometraggio da continuare a proiettare ancora oggi. Una di quelle pellicole senza tempo e ricche di significati che meritano l’attenzione anche delle nuove generazioni. La giovane donna ha il velo creato con la celluloide delle pel-licole, impresse con le immagini più dolenti e migliori del suo percorso terreno. La sua bellezza cattura l’osservatore e si staglia sul fondo latteo/azzurrognolo che rimanda, anche, ai primi abiti delle educande. L’artista crea una sorta di tridi-mensionalità intensa che rende, per certi versi, monumentale la raffigurazione, seppur nella sua levità di sentimento e nella raffinatezza del segno dei tratti di un volto illuminato da una sorta di luce interiore che crea degli squarci chiarificanti sull’incarnato. Il “diaframma” della macchina da ripresa di Laveri ha sottolineato come le azioni della Santa Rossello hanno contribuito ad un mutamento sociale, in pieno Ottocento, così come la fotografia e l’arte del cinema possono ben evi-denziare quale impegno, anche, civile.

Renata Minuto non parla direttamente della Santa Rossello, ma identifica il suo amore per la Vergine, per i poveri, il suo senso di misericordia e di giustizia ricordando la sua fortissima devozione alla Madre SS. di Misericordia, apparsa nel 1536 al Santuario di Savona. La lettura di quella apparizione celeste, che ha cambiato la vita e la prospettiva della devozione religiosa e della realtà sociale di Savona, è il terreno iconografico sul quale la Minuto ha dato grandi prove di sé: basti ricordare il suo monumentale bassorilievo ceramico (collocato in una nicchia delle mura leonine in Vaticano), una vera “apparizione” artistica. In quest’ultima inedita opera, la nostra Artista, ci introduce davanti all’effi-ge della Madonna ripresa come fosse una originaria composizione su muro, simulandone la presenza dentro una cappelletta dove la giovane Benedetta Rossello si recava sempre a pregare. Forte immagine sublime di quella antica vicenda, restando vicina alla tradizione iconografica che rende ancora intenso quel sacro avvenimento, reso aulico dall’oro di fondo che ricorda le icone e dà volume, movimento all’episodio remoto. L’opera di Renata Minuto con sapiente efficacia ci presenta, ancora, l’attualità dell’evento celeste che ha visto la Santa Rossello quale attenta ascoltatrice e testimone delle verità del tema della “misericordia” (“messaggio per lo spirito”) ma, pure, pratica nel quoti-diano della pietà. La Pittrice già altre volte ha ripreso con grande sensibilità la figura della Madre Rossello (nella Chiesa parrocchiale omonima alla Villetta, Savona) e nel 1988 nel tradizionale “Vaso del Confuoco” a Lei dedicato, con-servato nel Comune di Savona.

Marcello Mogni è forse l’autore che è partito dall’esame delle immagini icono-grafiche più note e riportate nei “santini”, ovvero nelle immagini devozionali, riguardanti Santa Rossello, quelle d’impianto ancora ottocentesco con l’effige della donna in abito monacale che quasi completamente riempie lo spazio pit-torico con la sua presenza. Colloca il suo ascetico, per certi aspetti ritratto, entro due porzioni di una struttura architettonica dalla quale esce con prepotenza di segno, di luce, di vigore psicologico il volto della Santa illuminato da un bianco liliale di purezza d’intenti, di gesti, di sguardi diretti verso l’osservatore. L’azzurro delle vesti delle educande ritorna irresistibile per sottolinearne il percorso lungo dell’apostolato e per illuminare e rendere sensibile di luce interiore, aperta al cie-lo, i tratti fisionomici di quel viso di donna matura che la vita ha segnato con le rughe di una esistenza completa dedicata agli altri, a Dio. Quel bianco eburneo alleggerisce e sospende in un tempo al di fuori di noi questa figura che tende, con tutta se stessa, alla gioia, alla gratitudine verso Nostro Signore.

Maria Luigi Rigon è rimasto colpito dai “luoghi” della Santa: spazi e passi della sua vita terrena che hanno preparato meditatamente il suo percorso e scandito il suo apostolato, nonché sottolineato le tante difficoltà trovate sul cammino, impedimenti che hanno rimarcato la forza della volontà di Suor Maria Giusep-pa. Quasi fotogrammi di una vita che, come in un film, passa ed attraversa il paesaggio con la raffinatezza dei contorni che l’artista è riuscito a sottolineare: la casa natale con la facciata illuminata, ora, dalla targa commemorativa, l’antica scalinata di Pozzo Garitta dove Benedetta parlava con le amiche, l’ingresso della prima Casa di accoglienza, la sua linda camera dove si addormenterà per sempre. Quattro significativi frammenti di una lunga esistenza ripresi con sublime senso dell’astrazione in un accorto, consapevole e implicante gioco di particelle tratte dai brani salienti di un racconto intenso. Messi insieme ci donano la costruzione di una immagine diversa, nuova per certi aspetti, dove possiamo ricomporre “il dire” ed “il fare” della Santa Rossello grazie, anche, ad una tavolozza, ad un segno coinvolgente che ci ricongiunge al sentimento, all’emozione, al “cuore” dell’esordio della santa.

Arturo Santillo continua la ricerca dedicata all’allegoria, in questo caso diviene un inno corale alla comprensione dell’altro in un perenne esercizio di “ascesa” interiore e nel quotidiano. La drammaticità della pittura di Santillo fornisce pro-va di nuove sfumature dove il segno gioca con l’ombra della luce con più netta demarcazione. La sua singolare composizione ci presenta la metafora, in un certo senso, della moltiplicazione della parola e dei gesti della Santa Rossello che trova altre persone disposte a seguire il suo esempio di vita quale Figlia della Miseri-cordia. Le tonalità misteriosamente silenti, la monumentale “pietas”della Madre addolorata a fianco dei piedi del Cristo crocefisso (che non è raffigurato), sono lo sfondo potente che accoglie la Madre Rossello che con gioia affronta i tanti ostacoli per allargare le sue Case di accoglienza. La Maria Giuseppa di Santillo pensa, lavora, scrive, cura i malati di colera, parte verso altre terre lontane, si prodiga per la liberazione delle “schiave negre”, riuscendo con soavità a superare le dure prove della vita come una stella sempre accesa, vivida che non conosce tramonto in un cielo limpido, pulito e trasparente come i suoi gesti, le sue azioni che donano il battesimo della verità e della solidarietà. I gesti della Suora danno “volto” e dignità a tante altre persone che moltiplicano il suo messaggio.

Nani Tedeschi è rimasto colpito dal ritratto della matura Suor Rossello: un viso largo con lo sguardo profondo, intenso, un carattere deciso che nasconde una fortezza soave e un cuore immenso. Questa è la prova, ancora una volta, efficace della qualità dell’artista di acuto raffiguratore dei tratti di alcuni volti della sua “galleria”che racchiudono in sé la trama e l’avventura non solo personale, ma quella rivolta agli altri, alla storia. Suor Maria Giuseppa è effigiata ad occupare quasi completamente lo spazio del foglio per dimostrare la sua nobiltà di donna e di religiosa grazie al taglio sapiente grafico che lascia aperti spazi bianchi, vuoti, e segni del disegno. Compare, inoltre, la figura di San Giuseppe, un uomo già avanti con l’età, un artigiano come il padre di Benedetta, un Santo che aiuta la S. Madre nelle difficoltà quotidiane come nel caso della mancanza d’acqua nel poz-zo e, fatta scendere una medaglia con la sua effige, la risposta è stata una copiosa pioggia. San Giuseppe si regge sul bastone che sboccia in un rigoglioso insieme di rose e di foglie: Tedeschi innesta un racconto di sguardi, di comunicazione tra l’antico e il moderno con una tavola dove le radici della tradizione sono la linfa per vivificare gesti, temi, coraggiose scelte di ieri che hanno una valenza senza tempo e debbono essere terreno di riflessione per l’oggi, guardando al futuro.

Giovanni Tinti non tralascia la sua traccia di personale interprete della realtà contemporanea, partendo dalla sua formazione con accenti futuristi; infatti, la sua “Ascensione” è una sorta di cuneo che lascia un segno indelebile in un cielo terso, radioso e libero: le azioni della Santa Rossello hanno attraversato momenti delicati nel corso del secolo XIX ed i segni ideografici di Tinti sono una specie di alfabeto, di lingua propri di Benedetta Rossello che fin da piccola è stata capace di parlare alle amiche. La forza del “segno” di Tinti lo vede chiaramente tradutto-re di un intenso rapporto esistenziale con la quotidianità: rappresentazioni quasi rupestri, caratterizzate dai colori essenziali blu (oltremare, turchino, celeste) e rosso (porporino, vermiglio, scarlatto) che idealizzano una sorta di indicazione verticale con forte scalata ai problemi sociali, guardando alla carità ed al rispetto dell’uomo. Tale verticalizzazione della lettura dell’opera Tinti la deve, certamen-te, alla sua originaria formazione alla scuola futurista, così come, in un certo senso, la geometrica stilizzazione dei simboli che a quattro a quattro alludono ed esprimono la presenza delle tanti giovani vite salvate e educate dalla Madre Rossello, effigiata con la forza e l’intensità di una linea verticale rossa sfolgorante che indica la retta via per altro perseguita, quale esempio, da se stessa.

Il sentimento dell’anima della Santa è il motivo ispiratore di Giuseppe Trielli che vede trasvolare nel tempo quella purezza d’intenti fino a giungere, attraverso la conoscenza, ad oggi dove un vorticoso intreccio di colori e di forme vegetali che danno plasticità ad una moderna “maternità”, non a caso l’artista dedica tale autentica opera alla madre. La Santa Rossello diviene l’allegoria contemporanea della maternità dove il magmatico colore, le corolle accese delle rose e gli altri elementi naturalistici (così fondamentali per la giovane Benedetta per avviarla alla riflessione, alla meditazione) sono lo sfondo non transitorio del racconto di una Madre delle fanciulle derelitte, abbandonate, ammalate e trascurate dalle condizioni sociali: una madre che ha i lineamenti familiari di una genitrice con-temporanea dove la mano, in primo piano, è grande, accogliente, sana, sconfina-ta nel suo amore e regge in braccio una piccola figura quasi angelica e gioiosa. Il colore è scandito da ritmi e timbri accesi: alternanze e cadenze musicali quasi da inno alla vita che si eleva in un racconto universale grazie ad una lieve, delicata ma intensa poesia intima ai gesti, agli sguardi che fa partecipe chi guarda.

Silvia Bottaro

Biancheri Sergio (Ciacio): Santa Maria Giuseppa Rossello, 2008, tecnica mista su carta, cm. 40x28

Coda Milly: Santa Maria Giuseppa Rossello e la Madonna della Misericordia, 2005, pastelli ad olio su acrilico, cm. 100x80

Drago Maria Giulia: Santa, sempre, 2005, olio su lino, cm. 70x80

Ferrari Benedetto Adriana: Tra gli ulivi e il mare (per Benedetta Rossello),

ottobre 2005, tecnica mista e collage (carta, polistirolo, cordicella)

su cartoncino, cm. 30x40

Laveri Giorgio: Nostra Signora delle pellicole, 2005, acrilico su tela, cm.100x80

Giusto Carlo: 27 Maggio 1811, 2005, olio su tela, cm. 70x70

Gorgone Bruno: Giardino mistico, 2005, tecnica mista su carta intelata, cm. 50x65

Job Giovanni: Misericordia,

2005, pastello su carta,

cm. 100x50

Santillo Arturo: Misericordia, 2005, olio su tela, cm. 80x70

Minuto Renata: Mater Misericordiae di Savona, 2005, tecnica mista su tela, cm. 100x70

Mogni Marcello: Santa Maria Giuseppa Rossello, 2005, olio e vernici sintetiche su tela trasportata su tavola, cm. 75x60

Rigon Luigi Maria: Quattro luoghi nella vita di Maria Giuseppa Rossello, 2005, olio su tela, cm. 80x60

Collezione d’Arte Sacra contemporanea “Santa Rossello”Hanno collaborato:

Mons. Domenico Calcagno, Mons. Vittorio Lupi, Suor M. Beatriz Giuseppa Vassalle, Dr. Angelo Vaccarezza, Dr.ssa Silvia Bottaro, Dr. Roberto Debenedetti, Don Claudio Doglio, Prof.ssa Ombretta Fumagalli Carulli, Dr.ssa Alida Gianti, Dr.ssa Sonia Pedalino, Dr. Giancarlo Torello, Dr.ssa Antonietta Venturino Selis

Si ringraziano: Sig. Federico Melloni, Geom. Piergiorgio Salati, Avv. Roberto Romani, Geom. Sergio Ravera, Sig. Giovanni Pedalino,

Suor Rossella e Suor Laura dell’Istituto Figlie di N.S. della Misericordia di Savona

Fotografie: fornite dagli autori delle opere; Piccardo Giuseppe – Savona; Istituto Figlie di N.S. della Misericordia, Savona

Associazione culturale “Renzo Aiolfi” – no profitVia. P. Boselli 6/3, 17100-Savona - Orario: Mercoledì ore 10 – 12 / Giovedì ore 16 - 18

E-mail: [email protected] - http://aiolfiassociazione.blogspot.com

Del contenuto e delle opinioni espressi negli articoli sono responsabili i singoli autori

Stampato e distribuito in 1300 copie - Stampa: COOP Tipograf, Savona

Trielli Giuseppe: La purezza dell’anima

attraverso il tempo (dedicato a mia madre),

2005, olio su tela, cm. 80x60

Tedeschi Nani: Santa Maria Giuseppa Rossello e San Giuseppe, 2005, tecnica mista su carta, cm. 70x50

Tinti Giovanni: Ascensione, 2005, acrilico su tela, cm. 100x70

PremessaEsiste un ricco epistolario di ol-tre 200 lettere scritte nell’arco di trent’anni (1850-1880) che la Santa spedì ad Autorità civili e religiose, Papa, Re, Prefetti, Vescovi, Ministri, Sindaci, Enti pubblici e privati, alle Figlie consorelle e ai Familiari.

Il personaggioLo studio della Sua scrittura e delle sottoscrizioni richiama il modello ottocentesco allora in voga, volto a produrre accuratezza formale con inclinazione pendente verso l’in-terlocutore, simbolicamente col-locato a destra del foglio. Tipico strumento era la penna d’oca e successivamente la penna a punta spaccata, alimentate entrambe da inchiostri scuri. Frequente l’uso di carta rigata. E’ bene precisare subito che siamo di fronte ad una natura realistica e volitiva (tipi-ca della terra rude e riarsa da cui proviene), scevra da visioni e rapi-menti mistici, non allettata da di-giuni e penitenze, ma ben inserita nel tessuto politico ed economico del suo tempo, attenta a non com-piere passi falsi e a ricercare gli ap-poggi e gli aiuti economici giusti, preferibilmente fra i personaggi in vista, di peso costituzionale o tra alte gerarchie religiose. Analoga attenzione poneva nel domare in sé “gli spiriti ruggenti” di una na-tura passionale (grafologicamente rilevabile dalla forza pressoria e dagli allunghi inferiori) ricorren-do all’esercizio indefesso della pre-ghiera e della fatica (Il suo motto era: cuore a Dio, mani al lavoro). Non a caso sceglie come protet-tore una figura maschile: quel S. Giuseppe, sposo di Maria, dal quale trae il suo nome di Suora ed al quale sarà sempre appassionata-mente devota e grata per la pro-tezione a lei concessa. Alla nuova identità di Suor Giuseppa ag-giunge anche il nome di MARIA, Madre di Misericordia e Madre del Salvatore del mondo, nel quale sublima la sua vocazione di mater-nità mancata. Esistono sulla Santa Rossello numerose pubblicazioni biografiche e celebrative, per lo più di carattere agiografico e con-fermativo delle virtù eroiche solen-nemente riconosciute dai Decreti per la Canonizzazione e ribadi-ti nel Discorso pronunciato dal Pontefice nel lontano 14 Giugno 1949, giorno in cui confusa tra la folla dei pellegrini a Roma, indos-savo anch’io la mia divisa di allieva rosselliana… La loro lettura mi ha

confermato la grandezza del per-sonaggio ma non mi ha impedito di realizzare un approccio diverso, grazie all’originale strumento gra-fologico.

Profilo intellettivo e temperamentaleDall’esame di scritti pubblici e privati selezionati in un arco di tempo che va dal 1837 al 1878 emerge quanto segue:L’equilibrio tra pensiero e azione viene assicurato da un giusto rap-porto tra gli istinti di espansione (curva) e quelli di conservazione (angolosa), segni sostanziali della semiotica morettiana e tra loro complementari. La curvilineità quale indice di sensibilità altru-istica, di tendenza all’incontro e al dialogo, di estroversione spon-tanea, di intelligenza aperta trova nell’angolo un intervento dina-mizzante che spinge ad agire, a competere, ad autorealizzarsi. Gli angoli sono indicativi ora di amor proprio (Â) ora di tenacia resisti-va e reattiva (B) e ben giustificano la capacità organizzativa, il piglio progettuale, la fermezza decisiona-le del personaggio. Il calibro lette-rale tendenzialmente medio-pic-colo attesta equilibrio valutativo e rappresentativo delle cose, visione obiettiva del rapporto tra finalità e mezzi operativi, senso della real-tà rafforzata dalla tenuta del rigo, espressione di linearità morale e comportamentale. L’armonia spaziale del manoscritto attesta la capacità di percepire le coordina-te spaziali ed esistenziali, l’ordine interiore, la fermezza e la tenuta psichica di chi scrive. L’intensità dell’energia vitale espressa dalla pressione (Int. 1°: tratto discen-dente + forte dell’ascendente) indica padronanza di sé, tenden-za ad affrontare le difficoltà con sacrificio personale, ma insieme esprime il bisogno di dominare gli altri, di spinte ambiziose au-toaffermative ed autoritarie, una certa sospettosità verso l’operato altrui, fiducia nelle proprie risorse. Da parte sua l’Int. 2° (altro segno sostanziale che si riscontra negli arresti del flusso scrittorio con in-chiostrazioni e ingorghi) ci parla di vibratilità emotiva, di intensità di sentimento, di fervore mistico, di ricchezza affettiva ma anche di esaltazione dei sensi e dell’imma-ginazione. L’inclinazione degli assi letterali (pendente), assai diffusa nel modello del tempo, denota affettività possessiva e insincera, sentimenti narcisistici e egocentri-

ci, scaltrezza nell’agire, tendenza all’arrivismo, capacità di sedurre con gesti e con parole per otte-nere corrispondenze di affetti e volontà di condivisione. Il segno è pure indicativo di capacità assi-milative, attentive e mnemoniche, in quanto il soggetto tende a “cat-turare” l’oggetto che si avvicina e a servirsene per i suoi scopi. La coesione interletterale (attaccata) esprime coerenza e consequenzia-lità di pensiero, visione realistica delle cose e adattamento sociale spontaneo. La proporzione della Triplice larghezza (originale segno morettiano), indica a sua volta equilibrio psico-fisico e mentale, nonché buon livello di coscienza orientativa. C’è da osservare che la scrivente, pur dotata di un buon potenziale intellettivo-mnemo-nico e relazionale ha sicuramente conosciuto momenti dolorosi di smarrimento e difficoltà materiali e morali, sia nel rapportarsi con gli eventi (pensava in grande e agiva di conseguenza) sia con le persone a Lei vicine. Non stupisce il fatto che sia ricorsa a meccanismi difen-sivi di arroccamento sulle proprie idee e normative, volte ad interve-nire anche severamente sulla vita della Comunità, abituata com’era a non conoscere indugi e ripensa-menti. Si sentiva, infatti, protetta da forze celesti e certa di ottenere soluzioni provvidenziali ai proble-mi che l’affliggevano. Gli allunghi letterali nella zona inferiore (lette-ra S), sede delle pulsioni naturali inconsce, stanno a dimostrare la carica passionale che la animava. Frenata da costante esercizio di volontà e di autodominio, grazie a una fede integra nutrita quoti-dianamente da preghiere e vita sacramentale Le aste concave alla base (t, l), nell’impatto sul rigo, ci parlano di adattamento e com-prensione mentre quelle concave a sn. (s) denotano prevenzione, dif-fidenza e contrasto, atteggiamen-ti ostinati e financo desiderio di grandezza e di rivalsa. Le aste ret-te indicano fermezza di propositi sino all’inflessibilità. I ricci o gesti fuggitivi sono rivelatori di vivaci-tà espressiva, di ardimento anche spavaldo, di orgoglio e autosug-gestione, di sentimento assertivo dell’IO e persino di mitomania. Ganci, occhiellature, lettere ad arco e aperte al vertice indicano posizioni di accoglienza più diplo-matica che spontanea, ma anche atteggiamenti di resistenza ostina-ta, derivata da esperienze emotive

e affettive di un lontano passato, che sappiamo non troppo grati-ficante per la povera Benedetta. Un’ultima curiosità: negli ultimi anni di vita la Santa, forse per suggerimento esterno, firma non più “Rosselli” come un tempo, ma “Rossello”, addolcendo così l’ultima sillaba del suo cognome. La modalità della sottoscrizione rosselliana resta però invariata nell’inchiostrazione, nel calibro, nell’inclinazione assiale, nella te-nuta del rigo, negli allungamenti autoaffermativi che la caratteriz-zano.

Giudizio finaleIn sintesi da quanto detto si evince una figura di Madre Guida, dota-ta di grande energia vitale, di fer-mezza di carattere, di coerenza tra pensiero e azione, di forte carica ideale atta a saturare le naturali pulsioni vitali, ma anche connota-ta di spirito resistivo, con tenden-za a sottomettere gli altri al suo volere, mossa da spinte direttive autoaffermative tanto da proporsi quale Fondatrice di Comunità con il beneplacito delle autorità civili e religiose, che sapeva avvicinare e convincere nei modi opportuni, in nome di ideali caritativi im-prontati alla MISERICORDIA. Questa Donna dal cuore grande è attraversata da frementi passio-ni, temperate da carattere fermo e chiarezza procedurale. Ha gli oc-chi ben aperti sul mondo e sulle richieste di aiuto dei più deboli e soli e chiama in causa allea-ti potenti come S. Giuseppe e la Vergine perché la raccomandino alla Protezione divina. Come ogni anima eletta nutre una fede intre-pida e cieca nell’aiuto del Signore, Vasaio Divino che ne modella la “creta umana”, così come la picco-la Benedetta modellava le terrecot-te della sua fornace albisolese… La sua tenacia poteva farsi ostinazione resistiva mossa com’era -nel servire Dio e il prossimo- da desiderio di grandezza e di riscatto sociale. Da qui il bisogno di approvazione, di avere credibilità sociale, di vedere riconosciuto il proprio operato pervicacemente perseguito per GRAZIA DIVINA, ma anche per merito di abilità diplomatica e di conoscenze altolocate. Ha saputo, infatti, proiettare la sua carica ide-ale al di là della terra servendosi del suo Tempo Terreno come stru-mento di elezione per ben operare e meritare.

Antonietta Venturino Selis

Profilo grafologico tratto dalla scrittura della Santa G. Rossello

Il legame tra Santa Maria Giuseppa Rossello e lo scultore savonese An-tonio Brilla (Savona, 22 settembre 1813 – Savona, 8 febbraio 1891) è saldo nella misura in cui l’artista ha realizzato per la Santa diverse ope-re, le ha parlato in molte occasioni andando incontro alle sue esigenze e ponendo in essere alcune sue pre-ghiere. Don Bertolotto ha scritto che il Brilla considerava una sfida, per esempio, realizzare la cassa della Deposizione per la Processione del Venerdì Santo, doveva essere un la-voro che reggesse il confronto con quella del “Pastelica”. “E inoltre…inoltre sapeva che la sua vicina e in-quilina suor Maria Giuseppa, aveva desiderato per sé e per le sue prime suore …la figura di un Cristo nel Se-polcro, tanto adatta a farvi sopra la meditazione in quel nuovo stato di sepolte al mondo”. Per arrivare a tale realizzazione, lui giovanotto venti-quattrenne, aveva riso sentendo che le giovani monache si fossero tagliate le trecce voluminose e le avessero ven-dute “… lei la Rossello e la Angela, sì, va bene, suor Maria Agostina, e le altre” (Don Bertolotto, “Suor Maria Giuseppa non va alla novena…”, in “Mater Misericordiae”, marzo-aprile 1988, pp. 6-7)Questo legame si salderà, in un certo senso, qualche anno dopo (estate del 1858) quando diede una parte dei suoi locali, siti in una palazzina adia-cente alla Casa Madre, a Suor Maria Giuseppa per le povere e bisognose morette e per le bimbe bisognose di cure, di assistenza. E’ significati-vo aver trovato questo passo che ri-porta un colloquio tra la Santa ed il Brilla nel suo studio, la Madre disse: “Antonio, vengo a vedere se volete farmi un piacere”. “Parli, Madre…Veramente se gli è per qualche statua (glien’avea fatte parecchie, a comin-ciare da quella di S. Giuseppe per Varazze), mi trovo con tanto lavoro sulle braccia…”. “No, no; non si tratta di staute per ora…”. “…parli, Madre, dica…”. “Ma non voglio mi rispondiate di no; è una cosa che mi sta troppo a cuore, e a voi non costa nulla”. “…La me la dica dunque…”. “Voi dovete cedermi quelle due stan-ze così e così…”. Il Brilla capì il fine “ed i santi propositi della Madre”, rispose positivamente ed accodò un affitto per ottanta lire l’anno (queste notizie sono tratte da “Vita opere e virtù di Suor Maria Giuseppa Ros-

Collezione Arte sacra Santa RosselloSavona, 22 Aprile 2011. Con grande piacere saluto l’inaugurazione della collezione d’ar-te sacra contemporanea “Santa Rossello”. Desidero ringraziare gli organizzatori, l’associazione culturale R. Aiolfi di Savona, in particolare la dott.ssa Silvia Bottaro, che con tanta cura e impe-gno hanno dato vita alla prima collezione d’arte sacra delle nostra Provincia.La figura di Santa Rossello, così luminosa e importante, viene ricordata in questa collezione da oltre 34 artisti che con il loro prezioso contributo raccontano la vita e le opere di questa straor-dinaria santa. Sono felice che, in occasione del bicentenario della nascita di San-ta Rossello, la città di Savona renda omaggio ad una donna così forte e coraggiosa, che grazie alla forza della sua fede è riuscita ad aiutare centinaia di giovani anche fondando numerose missioni all’estero. Santa Rossello ha sempre lottato per i più poveri e sfor-tunati, è stato, ed è tutt’ora, un esempio di rettitudine morale e grande spiritualità per le generazioni future. Angelo Vaccarezza Presidente Provincia di Savona

“Antonio, vengo a vedere se volete farmi un piacere”sello Fondatrice delle Figlie della Misericordia”, terza edizione, Scuola grafica Don Bosco- Genova Sam-pierdarena, pp. 124-126). Dopo ben centocinquantatre anni quei locali vedono l’inserimento del-la Collezione d’arte sacra contempo-ranea dedicata alla figura, al fare, al messaggio sociale di Santa Rossello. Lo studio del Brilla diviene, in qual-che modo, location significativa per l’”omaggio” contemporaneo dell’in-segnamento, ancora moderno, di Suor Maria Giuseppa e ci pare di vederli interloquire, di veder nascere due statue cui la Santa era partico-larmente legata: nella Casa Madre, infatti, all’ingresso ci sono questi due lavori del Brilla, a destra di chi entra la Madonna di Misericordia in atto di apparire al Botta, di fronte S. Giuseppe che regge sul braccio Gesù Bambino, ai suoi piedi inginocchia-ta la stessa Santa “che con una mano gli presenta le chiavi dell’istituto e con l’altra si dispone ad offrirgli il proprio cuore” (p.A. Oddone S.J., “Beata Maria Giuseppa Rossello”, ed. Ancora, Genova, 1938, pp. 88-89).Due personalità savonesi legate dallo stesso amore per le tradizioni, per la protettrice di Savona - la Madonna di Misericordia -, due figure dell’Ot-tocento che saldano la vocazione all’assistenza, all’educazione con l’ar-te quella più radicata della scultura lignea, ma Suor Maria Giuseppa ed Antonio hanno avuto anche un’altra affinità: il presepe. Maria Guasta-vano ricorda “nella seconda metà del secolo scorso non vi era fami-glia che, a Savona, non preparasse il presepe per il Natale” (in “Incontro con Antonio Brilla 1813-1891 Do-

cumenti”, Provincia di Savona, testo di F. Folco). Né il Brilla né la giovane Rossello si sottraevano a tale tradizio-ne: in casa di Antonio si iniziavano a forgiare i pastori già dal giorno di San Michele, lo stesso accadeva nella casa natale a Pozzo Garitta (Albisso-la Marina) dove Bartolomeo Rossel-lo e Maria Dedone, erano dediti al lavoro delle stoviglie e dove la loro bimba Benedetta vide la luce il 27 maggio 1811 e crescendo imparò a forgiare le statuine del presepe. Quel vincolo si rinsalda con questo nuo-vo “uso” dei due locali in questione

che vedono, ormai, collocate le va-rie opere contemporanee, plasmate e create con quello stesso amore ed intendimento di “parlare” al cuore ed alle menti di chi avrà la curiosi-tà di fruire di tale nuova Istituzione, al fine di scoprire, ancora una volta, il carattere, la bontà, la lungimiran-za di una Donna dell’Ottocento, di una Persona capace di creare dal nulla sedi, momenti di incontro, centri di educazione e di socialità tutt’ora aper-ti e necessari per dare sollievo a tante indigenze e povertà del Mondo.

Roberto Debenedetti

La stanza della Santa nella Casa Ma-dre con la statua lignea di San Giu-seppe dello scultore Antonio Brilla, Savona (Foto Suor Chiara Bonzano)