Catalogo Maschere Africane

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Catalogo Maschere Africane

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Con il patrocinio e contributo di

REGIONE LAZIO PROVINCIA DI LATINA COMUNE DI GAETA

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Creatività Magia Spiritualità

maschere del XIX-XX secolo - influenze sull'arte occidentale

Gaeta 12 febbraio 2012

Pinacoteca Comunale d’Arte Contemporanea“Giovanni da Gaeta”

dell’Arte Africana

a cura diGiorgio Agnisola e Giuliana Albano

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OrganizzazioneAssociazione Culturale Novecento

SedePinacoteca Comunale d’Arte Contemporanea “Giovanni da Gaeta”Gaeta, Palazzo San Giacomo, via De Lieto, 2/4

CatalogoGiuliana Albano, Antonio Lieto, Vincenzo Lieto

TestiGiorgio Agnisola, Giuliana Albano

Periodo di esposizione12 febbraio - 20 maggio 2012

SegreteriaLisa Lieto - Rosanna Paggetta

Comunicazione Sandra Cervone

AllestimentoAntonio Lieto, Vincenzo Lieto

Progettazione e realizzazione pagine webSandra Cervone, Antonio Falanga, Vincenzo Lieto

FotografieMauro Meschino

Luci e serviceGiuseppe Palmiero

Progetto graficoGiada Pacilli

EditoreArtistic & Publishing Company© Associazione Culturale Novecento - GaetaISBNIn copertinaBakun maschera regale, Camerun; Ibibio, Nigeria;Bani Leke maschera capotribù, Camerun

Sponsor

RingraziamentiAutoscuola Sacchetti & Nardoni - GaetaAutotrasporti Sanna - GaetaBar La Villa di Antonietta D’Ovidio - GaetaCasa vinicola Ciccariello - GaetaGelateria Il Molo - GaetaHotel Serapo - GaetaImpresa Edile Lupo Rocco SPA - GaetaKosmo elettronica - GaetaLa Stamperia di Giuseppe Paciullo - GaetaSalvatore Pasciuto - GaetaPietrosanto Legnami - FondiPremium Forte - FormiaRistorante Re Ferdinando II - Gaeta

GIANPAOLO

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ORO ZECCHINO

VEDUTE DI GAETA

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CORSO CAVOUR 42

GAETA

TEL. 0771 460424

ITALY

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Voi occidentali non potete capire il potere degli spiriti poiché le vostre orecchie sono sorde allo strepitio che proviene dal loro mondo

Malidoma Somè

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Nella nostra Pinacoteca comunale si succedono a ritmo sostenuto avvenimenti straordinari. L’esposi-zione di centoquaranta maschere delle varie tribù delle zone equatoriali e tropicali dell’Africa ha vera-mente emozionato il pubblico accorso numerosis-simo ed anche me che in quei paesi sono passato toccando con mano la grande spiritualità che alberga in quei popoli che non so se a ragione consideriamo “primitivi”.Ho apprezzato molto l’intento dato dalla Pinacoteca alla mostra, di far vedere come tanta arte del Nove-cento abbia attinto a piene mani, almeno sul piano formale, da questi “artigiani negri”.Ho inoltre avuto conferma dalla pulizia nell’impagina-zione della mostra e dagli apparati informativi intor-no alle opere esposte di come ormai l’Associazione Novecento si va affermando nell’organizzazione e realizzazione di eventi nell’ambito artistico, ponendo la nostra Pinacoteca all’attenzione nazionale. Ho iniziato il mio mandato di Sindaco che sta per volgere al termine lanciando lo slogan la cultura non è un optional ed ho cercato di fare il meglio per rispettare questo canone indirizzando la politica cul-turale dell’amministrazione su nuovi percorsi, non fondati su budget (di cui non disponiamo), ma sulla passione vera degli operatori che vanno individuati

ed adeguatamente sostenuti tra quelli che sviluppa-no un azione culturale di qualità e di richiamo turi-stico per la città.La difficile congiuntura che sta attraversando l’eco-nomia richiede diminuzioni della spesa e sarebbe un grave errore scegliere la facile via di operare tagli alla cultura, trascurando, con superficialità, come essa sia il volano fondamentale per la crescita sociale, il solo presupposto da cui può discendere una cresci-ta economica reale e indipendente dalle altalene dei mercati finanziari. Piuttosto si dovrebbe far ricorso ad una più oculata distribuzione delle risorse.Auguro un grande successo a questa iniziativa e in-vito i cittadini a visitare la Pinacoteca Comunale, una eccellenza della nostra città.Un sentito ringraziamento va tributato ai curatori della mostra, Giorgio Agnisola e Giuliana Albano, per il loro altissimo contributo professionale, al grande percussionista internazionale Karl Potter che con il suo gruppo di Ventotene ha voluto essere presente all’inaugurazione creando l ’atmosfera magica, pro-pria delle tribu dalle quali povengono le maschere e per ultimo, ma non da ultimo, al collezionista che con grande sensibilità ha voluto offrirci la possibilità di ammirare il frutto di una lunga, paziente e forse anche costosa ricerca.

Antonio RaimondiSindaco di Gaeta

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La Pinacoteca Comunale rappresenta per la città di Gaeta un luogo di indiscusso valore culturale e socia-le, le cui attitudini ben si conciliano con la storia ed il fermento che, nel corso dei secoli, ha sempre ac-compagnato e sostenuto la vita cittadina. La sua ge-stione a cura dell’Associazione Novecento è inoltre la rappresentazione concreta di una sensibilità verso l’arte ed il territorio, ed un’esperienza che potrebbe essere inserita a pieno titolo nelle good practices nel campo della cultura. E’ inutile continuare a parlare di promozione e valorizzazione di questo importante settore, i cui riflessi positivi sul nostro Paese sono ben lungi dall’essere compresi, se non si avviano con-cretamente dei percorsi virtuosi e se non si percor-rono strade alternative ed innovative. La Pinacoteca può essere considerata la sintesi di tutto ciò, frutto di una sensibilità dell’Amministrazione e della capaci-tà dell’Associazione, che stanno operando in sinergia allo scopo di sviluppare sempre più un centro di pro-duzione culturale. Questa mostra ha il pregio ulterio-re di definire delle prospettive allargate nei confronti del mondo dell’arte, mettendo in relazione universi apparentemente lontani che invece si intersecano e si fondono, dando modo al visitatore di apprezzare la bellezza delle maschere, nelle quali occhi esperti possono riconoscere i tratti di molte opere famose

di artisti del XX secolo, ed al contempo di trasmet-tere una considerazione dell’arte quale elemento di approfondimento e di rispetto di altre culture. Una visione assolutamente originale e quanto mai attuale di cui dobbiamo esser grati all’Associazione Nove-cento, ed a tutti coloro che danno, e spero daranno, un contributo concreto alla crescita culturale della collettività.

Salvatore Di CiaccioAssessore alla Cultura Comune di Gaeta

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Il caso o le circostanze costituiscono, spesso, elementi fondamentali e l’origine di tante vicende umane, che sta poi a noi renderle piccole o grandi storie. Così avviene anche per questa mostra dedicata all’Africa e alla sua cultura, la terza per la nostra Pinacoteca.Fine estate 2011: stiamo organizzando una mostra di Mario Persico quando entriamo in contatto e nella simpatia di un collezionista di opere del maestro na-poletano. In uno degli incontri avvenuti nel periodo della mostra egli ci parla, con garbo e trattenuto en-tusiasmo, di un’altra sua preziosa collezione: di ma-schere africane, selezionate e scelte con cura nell’ar-co di un trentennio. Incuriositi gli chiediamo di farci vedere qualche esemplare.Il nostro non si fa attendere e qualche giorno dopo arriva in Pinacoteca con alcuni scatoloni e altri ogget-ti dalle forme indefinite, avvolti alla meglio nella car-ta ingiallita e legati con spago. Li apriamo. Restiamo letteralmente sorpresi dall’energia che quegli oggetti emanano.Quella dozzina di maschere rimane in Pinacoteca per un bel po’ e noi non perdiamo occasione per sotto-porle al giudizio di critici ed operatori culturali, ri-scontrando sempre apprezzamento e meraviglia. Tali reazioni d’entusiasmo ci convincono definitivamente ad organizzare la mostra che l’amico collezionista ci

aveva, con estrema discrezione, proposto. Lo contattiamo, c’incontriamo, gli esprimiamo il no-stro interesse alla mostra e definiamo particolari e data. Nel giro di qualche settimana i depositi della Pinacoteca si riempiono di scatole e imballaggi strani: circa centoquaranta maschere, come reperti arche-ologici tornati alla luce dopo anni di sepoltura, ven-gono man mano liberati dagli orpelli che parados-salmente ne assicuravano l’incolumità e prendono possesso delle stanze della Pinacoteca. Come delle star, vengono fotografate dall’amico Mauro Meschino che non poche difficoltà incontra per trovare la giu-sta luce e inquadratura, ma alla fine le conquista per immortalarle nel catalogo.Disponiamo poi con cura le maschere sul pavimento per trovare il criterio giusto di allestimento prima di rendere loro la definitiva dignità espositiva. A questo punto ci chiediamo il significato da attribu-ire all’esposizione e l’obiettivo da perseguire: dopo tutto ci troviamo in una pinacoteca d’arte contem-poranea e troviamo inopportuno puntare sul solo aspetto antropologico nel quale non ci sentiamo competenti, né ci è d’aiuto un tentativo di coinvol-gere una struttura museale specializzata della capita-le che si tiene “cortesemente” alla larga rimanendo nell’olimpo del suo isolamento.

Genesi di una mostra

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Giorgio Agnisola, il nostro maestro, trova la giusta chiave di lettura che una mostra del genere deve avere in una pinacoteca: l’aspetto artistico dei manu-fatti, la creatività, la naturale sapienza nelle distribuzio-ne dei volumi, la maestria geometrica degli anonimi artisti e le tante attinenze con le grandi innovazioni dell’arte occidentale del Novecento; “Creatività, ma-gia e spiritualità dell’Arte africana - Influenze sull’arte occidentale del XX secolo”, è questo il titolo giusto! Giorgio ci da sicurezza e si mette anche a disposizio-ne insieme alla sua preziosa e giovane collaboratrice, Giuliana Albano, per la cura del catalogo. A questo punto non può mancare un breve video che sia una sintetica guida alla mostra. Sviluppiamo il testo al quale Sandra Cervone è pronta a dare voce e Tonino Falanga corpo.Il 12 febbraio s’inaugura la mostra in una folta cor-nice di pubblico, con il gradito intervento musicale, appropriato e molto apprezzato, del percussionista di fama internazionale Karl Potter e del Ventotene Percussion Group. La mostra suscita fervido interesse ed il passapa-rola diventa efficace mezzo pubblicitario e motivo di soddisfazione per noi ed il collezionista che può finalmente ammirare le “sue opere” , non nella pe-nombra dei tanti polverosi ripostigli di fortuna dove

era confinata la sua “passione”, ma in un sito esposi-tivo adeguato ove condividere le ragioni di un viaggio culturale con altri.

Associazione Culturale Novecento

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L’arte africana non è molto conosciuta. Certo se ne parla frequentemente, di essa vengono proposte numerose esposizioni, che purtroppo, però restano quasi sempre in un ambito per così dire folcloristico e artigianale. Raramente l’arte africana è oggetto d’in-dagine storico-artistica. La presente mostra raccoglie oltre centoquaranta maschere provenienti dalle aree più conosciute della produzione artistica africana e almeno in parte rappresentative della produzione del XIX e XX secolo. Assume dunque una rilevanza

non effimera in vista di una ricognizione scientifica dell’arte del continente nero. La provenienza dei ma-nufatti è quella di un collezionismo illuminato, che negli anni con cura, intuito e competenza ha raccol-to opere significative anche sotto il profilo tematico e simbolico, ne è conseguita una mostra di grande suggestione aperta a possibili ulteriori sviluppi sull’in-dagine scientifica. Siamo grati, dunque, all’anonimo collezionista e rileviamo la grande intelligenza propo-sitiva della Pinacoteca Civica che ha ideato la mostra.

Giorgio Agnisola e Giuliana Albano

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Opere

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In tempi remoti, prima della nascita delle civiltà stori-che, l’uomo ha pensato la maschera. Essa dissimulava il volto nel vivo, copriva le fattezze in decomposizio-ne dei morti, era scherzo, gioco e teatro,era carne-vale e ricordo dei defunti, era scherno della vita ed immagine dell’aldilà. Maschere del volto e del corpo, genitrici di nuove fattezze che in questa mutazione ricreavano nuove vite, permettevano fughe ed av-venture in nascosti regni della psiche. Niente è uma-no quanto la maschera, sberleffo, tragedia e favola della nostra esistenza.Si, la maschera, testimonia l’umano bisogno di cam-biare fattezze e comportamento, di cercare una di-mensione inespressa o vergognosamente respinta e nascosta .Ogni cultura, ogni civiltà ha raccontato se stessa con le sue maschere, tuttavia le maschere delle Culture Africane hanno, a me pare, una potenza evocative, una urgenza espressiva e formale unica e singolare . Esse non coprono il volto, o meglio, la loro funzione non è quella di coprire il volto, la loro natura è più in-quietante ed arcana, esse sono una sorta di antenna cosmica puntata verso il mistero, sono l’equivalente di un rito sacro in cui la maschera diviene il luogo in cui si ricevono gli invitati dell’aldilà, gli antenati, i fantasmi della boscaglia e della foresta, gli spiriti in-

quieti malvagi o benigni. La funzione dello scultore Africano non è quella di inventare una forma ma di sentire una forma già presente nel regno immateriale degli spiriti che viene traslata in immagine visibile . Lo scultore africano è una sorta di sciamano della forma che rende visibile ma non crea .Per noi occidentali, tuttavia, non vi è un “frastuono” degli spiriti de ascoltare, ma anche attorno a noi vive il mistero, l’insondabile, assurdo, mistero che circonda la vita e l’arte di queste incredibili maschere dell’A-frica ci fa sentire, a filo di pelle, questa sorta di ven-to misterioso che invade le menti dei grandi artefici Africani quando rivolgono la loro mente verso le regioni misteriose dell’aldilà.

Il Collezionista

Perchè le maschere africane non coprono il volto

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Nel nome di CristoAvete alzato la mano sul dio della nostra fedeE violato le pacifiche vestali del Tempio,Scagliato il fulmine del cannone sui passi dell’antenatoE bruciato il cerchio dei pitoniE fucilato il coccodrillo sacro.Avete reciso il legame secolareE fatto schiavi gli uomini di buona volontà.Avete vietato il tamburo.Le vostre leggi hanno proscritto lo stregone.Ah! Pace, Pace!Nemmeno una messa mandingaPer il riposo dei mani!

Mamadou Traore Diop

Boa maschera Pong DunduRepubblica Democratica del Congo

Marka maschera NtomoBurkina Faso

Gouro maschera InoCosta D'Avorio

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Mende maschera BunduSierra Leone

Dan maschera PoroCosta D’Avorio

BaoulèCosta D’Avorio

BaoulèCosta D’Avorio

GuerreLiberia

GuerreLiberia

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Mbunda maschera circoncisioneZambia

Vaga maschera UccelloGuinea Bissau

Songhye maschera KifwebwRepubblica Democratica del Congo

TomaLiberia

Makondè maschera ventrale NdimuMozambico

BaoulèCosta D’Avorio

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Ascolta più spesso le coseChe gli Esseri.La voce del Fuoco s’intende,Ascolta la voce dell’Acqua.Ascolta nel VentoIl Cespuglio in singhiozzi:E’ il respiro degli Antenati

Quelli che sono morti non sono mai partiti:Sono nell’Ombra che si diradaE nell’Ombra che si ispessisce.I Morti non sono sotto la Terra:Sono nell’Albero che freme,Sono nel Bosco che geme,Sono nell’Acqua che scorre, Sono nell’Acqua che dorme,Sono nella Capanna, sono in mezzo alla Folla:I Morti non sono morti.

Ascolta più spesso le coseChe gli Esseri.La voce del fuoco s’intende,Ascolta la voce dell’Acqua,Ascolta il VentoIl Cespuglio in singhiozzi:E’ il respiro degli Antenati morti,Che sono partiti,Che non sono sottoterra,Che non sono morti

Quelli che sono morti non sono mai partiti:Sono nel seno della Donna,Sono nel Bambino che vagisceE nel Tizzone che si infi amma.I Morti non sono sotto terra.Sono nel Fuoco che si spegne,Sono nelle Erbe che piangono,Sono nella Roccia che si lamenta,Sono nella Foresta e nella Dimora.I Morti non sono morti.

Birago Diop, I Morti non sono morti

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Nei primi decenni del Novecento con la scoperta delle maschere e delle figure scolpite dell’Africa e dell’Oceania da parte di Vlaminck, Derain, Matisse e Picasso prese avvio una interpretazione strettamen-te modernista del termine primitivismo. Negli anni precedenti la Prima Guerra mondiale, a Parigi il ter-mine “art négre” comincia ad essere usato per defi-nire l’arte primitiva delimitando la sola arte africana, ma il termine fu interpretato in maniera libera fino a indicare anche l’arte oceanica. Il progressivo cambia-mento di significato dopo il 1906 fu la conseguenza di un cambiamento di gusto. Non essendovi un vero e proprio promotore del movimento, se ne possono rintracciare le origini agli inizi del XX secolo: cubisti e futuristi cominciano ad essere influenzati dall’im-paginazione formale e dal taglio espressivo delle co-siddette “arti nere”, tanto da arrivare a riconsiderare i fondamenti stessi dell’arte occidentale. Evidente-mente l’influenza è sia formale che spirituale. Il Primitivismo si presenta, infatti, come un ideale ar-tistico e ideologico che in qualche modo coinvolgerà tutti gli artisti del periodo. Il ritorno alle civiltà pri-mitive affascina artisti come i citati Matisse e Picas-so, ma anche, se pur in modo diverso, nomi come Kandinsky, Klee, Gauguin, Malevic, Carrà, per citarne alcuni. L’arte che, con il cubismo prima e il futurismo

poi, aveva cambiato progressivamente il suo modo di essere, con il Primitivismo sottolinea l’espressione di un pensiero soggettivo. Sculture, maschere e totem con le loro semplifica-zioni dei piani e delle proporzioni, con l’uso espres-sionistico del colore, diventano centrali in un ambito culturale il cui desiderio di rinnovamento artistico era sentito come esigenza prioritaria e imprescindibile. Viceversa, ad eccezione di Gauguin, nessun artista del XX secolo mostra un serio interesse artistico per la cultura tribale, ossia per i motivi religiosi e cultu-rali sottesi all’opera. Gauguin è considerato il punto di partenza dell’interesse per il Primitivismo nell’arte moderna, ma il suo ruolo è stato a lungo equivocato o interpretato in modo troppo semplicistico. 1

L’interesse per l’arte primitiva in seguito crebbe a dismisura: l’idea del primitivo era penetrata nella co-scienza degli artisti europei e fin dal 1904 il pittore Vlaminck si interessò all’arte primitiva, e da Vlaminck questo interesse passò a Derain, e da Derain a Ma-tisse. Il fondamentale apporto che il Primitivismo ha dato alla ricerca artistica può essere valutato in due mo-menti essenziali: il primo è quello che si incastra per-

1 M. G. Messina, Le muse d’oltremare. Esotismo e primitivismo dell’arte contem-poranea, Einaudi, Torino, 1993.

Il Primitivismo come tendenza

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fettamente nel cosiddetto periodo decadente-sim-bolista, riferito all’esperienza romantica di Gauguin. Il secondo è quello che si riferisce alle esperienze di Matisse e di Picasso che affronteranno la questione in una versione stilisticamente più perentoria e in un certo senso emotivamente meno partecipe. L’inte-resse si sposterà quindi dal mito della fuga dall’occi-dente a nuove considerazioni di tipo formale.Per Picasso, la strada che lo condurrà al Cubismo, se da una parte sarà segnata dagli insegnamenti di Cézanne, dall’altra, sarà segnato proprio dal Primiti-vismo. È necessario considerare Picasso, nell’ambito dell’avanguardia artistica, come chi ha affrontato nel modo più espressivo il rapporto con l’arte primitiva. Non solo, egli ha capito come la visione della vita dei primitivi potesse in qualche modo modificare la cultura moderna. Questa nuova visione del mondo era, di fatto, l’espressione di un’ambivalenza: Cézanne e il Primitivismi. L’unione di queste due mondi esteti-ci, solo in apparenza antitetici genererà uno sguardo allargato sulla cultura di tutti i tempi e di tutti i paesi. 2

Nell’estate del 1905, in un caffé di Argenteuil, Vla-minck ebbe un “incontro” casuale con tre sculture africane; da esso avrà inizio il contagio che, passando

2 J. Nigro Covre, L’arte tedesca nel Novecento, Carocci, Roma, 1998; J. Nigro Covre , Cubismo, Collezione “Art e Dossier”n° 58, Giugno 1991, Giunti, Firenze.

per Derain, col quale Vlaminck divide l’atelier di Cha-tou, arriverà fino a Matisse, a Picasso e agli altri. Deve essere comunque precisato come l’atteggia-mento di questi artisti, nei confronti della scultura africana, appaia differentemente motivato all’interno dei due principali movimenti che in quel momento venivano formandosi: il Fauvismo e il Cubismo. Il gruppo dei primi (Vlaminck, Derain) rivolgeva la sua attenzione prevalentemente alle policromie, come espressioni di forza e interpretazione di sentimenti, in una visione emozionale risultante dal rapporto volu-me-densità del colore, sino a giungere a quell’aspetto “esotico” che costituirà il comune denominatore con la visione degli Espressionisti Tedeschi (Die Brücke, Nolde, Kirchner, Schmidt-Rottluff). Per i cubisti (Picasso, Braque, Gris) il peso prepon-derante è invece assunto dalla lezione formale che l’arte nera suggerisce sul piano plastico. In Germania, gli artisti appartenenti al gruppo Die Brücke sono invece attratti dall’esotismo. Paul Klee traspone all’interno della sua pittura la potenza evo-catrice degli ideogrammi e, come Mirò, si spinge fino ad un’espressione concettuale pura, legata al mondo meraviglioso dell’infanzia. Infine, artisti come Giaco-metti e Masson s’ispirano agli aspetti mitici e ritua-li delle civiltà primitive e alla loro idea della morte.

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L’interesse di Matisse per l’arte africana si accenta nell’ultima fase del cosiddetto periodo Fauves, quindi in un periodo di transizione tra le sue prime opere, essenzialmente post-impressionistiche, e il suo stile più sintetico del successivo periodo. Fu quindi solo dopo la conclusione del ciclo Fauves, quando la sua pittura arriva ad essere più “scultorea” e i suoi colori sempre meno intensi, che Matisse fu in grado di riva-lutare le sue prime reazioni a Cézanne e di capire in che modo potesse fare suoi i principi plastici dell’arte tribale. In Vlaminck la rivalutazione del Primitivismo avviene in senso romantico, con un atteggiamento simile a quello di Gauguin, sempre mirato alla ricerca di un’espressività istintiva. Anche Derain muove dal-la lezione di Gauguin, rivolgendosi però alla scultura, come è leggibile nelle prime esperienze dirette alla pietra e risalenti al 1907.Dobbiamo agli esploratori, ai coloniali e agli etnologi l’arrivo in occidente degli oggetti di arte africana, ma dobbiamo agli artisti del primo Novecento e in par-ticolare a quelli delle avanguardie se le opere tribali vengono rivalutate anche sotto il profilo artistico e liberate dall’opinione corrente d’essere sostanzial-mente arte artigianale. La convinzione propria da parte degli artisti dell’avanguardia che ci fosse qual-cosa da apprendere dalla scultura dei popoli tribali,

un’arte le cui forme e le cui concezioni erano dia-metralmente opposte ai canoni estetici dominanti, poteva, infatti, essere intesa dalla cultura borghese come un attacco rivolto ai suoi valori.In Italia, negli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale, la consistente migrazione di artisti verso Parigi (Boccioni, Carrà, Russolo, Severini) ebbe come conseguenza diretta quella di diffondere, al loro rientro in patria, la ventata di novità e di visioni ‘rivoluzionarie’ di cui l’ambiente parigino era intriso, compreso l’interesse per l’arte negra.L’influenza del primitivo su molti artisti passò per il tramite della scultura. Brancusi risentì fortemente di questo rapporto ed in un ambito di generale supe-ramento di un ideale classico di bellezza, trovò rea-lizzazione alle proprie aspettative in quell’approccio nuovo col lavoro, carico di istintiva energia di cui ‘Le Baiser’ (1910) incarnerà l’idea. Questo nuovo rapporto, segnato da sinteticità for-male e da densità espressiva, non lascerà indifferente Modigliani che, lavorando a contatto con Brancusi, assorbe tale capacità di sintesi trasportandola tan-to nella propria attività scultorea quanto in quella pittorica, con risultati entusiasmanti. Tutti sono con-sapevoli della complessità concettuale e della raffi-natezza estetica della migliore arte tribale. La sem-

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plicità era solo apparente, la riduzione all’essenziale non era, come si credeva generalmente, ingenuità, ma il frutto di una elaborazione meditata, di un’eco-nomia espressiva che implicava la distillazione della complessità ideale. Tutta l’arte moderna trarrà in-segnamenti da questa sorgente di nuova cultura: la sintesi, il riduzionismo caratterizzeranno il XX seco-lo. Il salto di qualità compiuto dai Fauves, dai cubisti, dall’espressionismo tedesco, dal plasticismo primario di Brancusi e Giacometti, da Dada e Surrealismo consiste proprio dall’aver saputo apprezzare istinti-vamente e poi approfondire sul piano linguistico la qualità artistica dell’arte primitiva, anche se i valori formali che essi vi scorsero, nulla o poco avevano a che vedere con le reali intenzioni dei loro autori. Le maschere dell’Africa e dell’Oceania offrono, però agli artisti dell’avanguardia quelle soluzioni di sinte-si plastica raggiunta attraverso la scomposizione dei piani che stavano perseguendo ognuno secondo la propria individualità, dopo l’esperienza di Cézanne. Gli espressionisti tedeschi inseguivano ad esempio, la deformazione del segno, la dissimmetria e l’uso sim-bolico del colore primitivista, ma attingevano anche dalle fonti dell’arte popolare dell’Europa Orientale.Il Primitivismo, nell’arte occidentale, non fu in con-clusione un vero e proprio movimento, ma una ten-

denza trasversale, con un carattere inevitabilmen-te intellettualistico, ma anche concreto, applicativo nella spasmodica ricerca di semplicità e naturalezza espressive. Fu frutto di un consapevole rinnovato atto creativo che trasse origine dal gesto istintivo e intuitivo dell’arte nera, ma si riflesse in una nuova e finalmente moderna civiltà dell’arte.

Giuliana Albano

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E mi giungono delle voci.Si direbbe il fl auto degli dei dal fondo dei boschi.Nell’ombra, il mio cuore esulta.Ed è pioggia di stelle su tutta la terra.Ah, mi rincuora il sognoCome l’inno profondo dei fi gli del leone!Ho la febbre fi n nelle reniE mi ricordo!Ricordo la torcia delle marce pesanti,E i tamburi maestosiL’oceano dei fasti.

E l’antenato vagava intorno al villaggioIl bambino danzava nel cerchio dei pitoniE il caimano parlava alla ragazzaNel mormorio delle ninfee.Ah, l’amore nella fecondità delle messi!Fuoco e canti nel cuore della dimoraMentre i tamburi continuano a rullare.

Usanza selvaggiaI feticci al centro del villaggioUsanza selvaggiaL’ombra dell’antenato intorno alla dimoraIl passo del bambino nel cerchio dei pitoniIl caimano sacro sul bordo del fi ume.

Mamadou Traore Diop

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MitshongoGabon

Dan Gere maschera KaoglèCosta D’Avorio

Bakota Reliquario Mbulu Ngulu Gabon

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Dan DeancleCosta D’Avorio

JiminiCosta D’Avorio

JiminiCosta D’Avorio

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GouroCosta D’Avorio

Dan Gere Costa D’Avorio

Kwelè maschera antistregoneria Gabon

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Bwa HwantantayBurkina Faso

IbibioNigeria

Bambara Mashera bronzeaBurkina Faso

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Fang machera GilGabon

Gouruhusi Burkina Faso

Pounou Maschera nera Gabon

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VenaviGabon

BaoulèCosta D'Avorio

KotaGabon

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Fang Maschera NgilGabon

Kwelè gonRepubblica Popolare del Congo

VouviGabon

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Mahongwe Reliquario BwitiGabon Mossi maschera Karanga

Burkina Faso

Baka cimiero BansonyiGuinea Bissau

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Dogon ManakanagaMali

GourunusiBurkina faso

Kwele Maschera AntistregoneriaGabon

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NafamaCosta D'Avorio

Fang Reliquario ByeriGabon

Dogon Porta Di GranaioMali

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Bambara Cimiero lhiwara maschioBurkina faso

ToussianBurkina faso

Bambara Cimiero lhiwara femminaBurkina faso

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WoyoRepubblica Democratica del Congo

SukuRepubblica Democratica del Congo

lluba Repubblica Democratica del Congo

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Bambara Maschera Bronzea Burkina fasoBambara Maschera Bronzea Burkina faso

Pende Maschera MbanguRepubblica Democratica del Congo

LwalwaRepubblica Democratica del Congo

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Yoruba maschera GeledeNigeria

BembeRepubblica Democratica del Congo

Igbo maschera MhwoNigeria

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Ijo maschera della morteNigeria

Ashanti bambola della fertilità (Akua - Ba)Ghana

Kantana bufaloNigeria

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BaoulèCosta D'Avorio

Numana maschera bufaloBurkina Faso

Ibibio Nigeria

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Bambara Burkina Faso

Marka maschera NtomoBurkina Fasu

Ashanti bambola della fertilità (Akua - Ba)Ghana

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Come è noto, gli artisti occidentali si interessaro-no all’arte primitiva, in particolare a quella africana e australiana, per motivi di linguaggio. Ciò che colpì dell’arte del continente nero, di cui giungevano co-piosi esemplari dalle colonie, era la fattura dell’opera, l’articolazione dei suoi volumi, la sua essenzialità de-scrittiva, l’espressione connessa con la forza del se-gno. Una fattura che dovette impressionare gli artisti innovatori, impegnati agli inizi del ventesimo secolo nel superamento del linguaggio tradizionale. I cubisti, in particolare, lessero nell’arte africana uno straordi-nario esito formale, in quella scansione stilizzata dei piani su di uno spazio poco approfondito, eppure va-riegato nel suo molteplice simbolismo. D’altra parte, dal punto di vista formale, “l’attenzione particolare di cui fu oggetto l’arte africana derivò da una con-cezione non euclidea dello spazio e del tempo, che metteva in gioco una geometria immaginaria”. 1 Non colsero gli artisti i significati sacrali e misterici connes-si con quel risalto simbolico, o almeno non vi posero attenzione, presi com’erano dalla rivoluzione espres-siva. In realtà una lettura corretta dell’arte africana, di qualunque geografia e di qualunque tempo, non può compiersi senza un approfondimento della vita del-

1 N.VERNIZZI, Alberto Magnelli, opere su carta, Libri Scheiwiller, Milano 2001 (catalogo della mostra).

le comunità indigene di cui era testimonianza e del loro senso religioso. L’arte deriva da quella tensione interna, non solo ne è a servizio, ma ne è la diretta manifestazione. Nel senso che l’arte africana non è solo rituale, ma interpreta altresì le istanze del pro-fondo in un’ottica di dinamica e immanente magia, connessa con l’avvertimento del mistero della vita. Gli artisti occidentali demandarono agli antropologi questo ambito della ricerca e forse fu un errore. So-stanzialmente l’interesse per l’arte africana fu duplice, a cui corrispose un doppio filone collezionistico. Il primo puntò al reale “primitivismo” dell’opera, in cui erano implicate le forze istintuali trasmesse nella for-ma artistica e fu appannaggio soprattutto di quegli artisti tesi ad un espressionismo formale e astratto. Il secondo prese piede in relazione alla raffinatezza del linguaggio, alla sua essenzialità, alle implicazioni psico-logiche. Riguardò maggiormente gli artisti intellettuali, protesi, come si è scritto, ad una ridefinizione teore-tica del linguaggio.Alberto Magnelli fu un grande collezionista di arte africana. Fin dai suoi primi viaggi parigini, molto prima del suo definitivo trasferimento nella capitale transal-pina, egli acquistò maschere, viste per la prima volta presso gli studi e le abitazioni degli amici artisti e intel-lettuali che abitavano la Francia di inizio Novecento.

La collezione africana di Alberto Magnelli

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Adunò nell’arco della sua vita oltre duecento opere, provenienti da varie località africane e principalmen-te dal Gabon, dalla Costa d’Avorio e dal Mali. Le sue scelte furono autonome, non parteggiò né per l’uno o l’altro filone del collezionismo, si affidò al suo intui-to, alle sue esigenze interne. In ciò riflesse del resto la sua sensibilità, il suo carattere. Anch’egli guardò poco ai motivi religiosi e comunque rituali connessi con i manufatti, si concentrò piuttosto sull’espressione e sul linguaggio. Le opere furono in definitiva per lui territorio di analisi formale e investigazione psicolo-gica. E tuttavia, come spiega Vittorio Morabito,2 Ma-gnelli non slegò mai totalmente le opere dalla cultura di cui erano testimonianza. Di fatto egli intratteneva con le maschere un dialogo silenzioso, fatto di sguar-di e di suggestioni formali, e di scoperte intuitive, di espressioni mentali. Un dialogo che per l’artista do-veva risultare un apprendistato. Del resto Magnelli era un osservatore attento, la sua prima educazione all’arte era la visione. La sua stessa formazione gio-vanile si era nutrita di sguardi. Da ragazzo, quando intimamente decise che sarebbe diventato pittore, piuttosto che gettarsi nel lavoro materiale, a lungo prese preliminarmente a viaggiare nella sua terra to-

2 Cfr. V. MORABITO, Arte tradizionale africana: la collezione Magnelli, Roma 1992, (in Africa n.3, settembre 1995).

scana. Si formò nella lettura delle opere dei grandi, da Masaccio a Piero della Francesca, ad Andrea del Castagno, a Paolo Uccello. La sua cultura figurativa e non solo si era coltivata alla scuola del Tre e Quattro-cento toscano e non per una questione occasionale, ma perché rispondeva ad una inclinazione dell’anima. Era, infatti, nel suo temperamento il gusto per un’o-pera riservata, equilibrata, di grande forza interiore e nello stesso tempo di grande tensione superficiale, connessa con un’architettura della forma che co-niugasse lo spazio con il miracolo della visione. Le maschere furono dunque per lui non solo o tanto un’occasione collezionistica, ma un patrimonio da cu-stodire per lo sguardo. Fu lo stesso artista a spiegare le ragioni del suo inte-resse “africano”. Nel 1967 scrisse: “Ciò che m’attira specificamente dell’arte negra è prima di tutto la po-tenza plastica e l’invenzione delle forme. Il significato delle maschere, di questi feticci, di questi oggetti, del loro uso, la loro magia, m’interessano, evidentemen-te, ma dopo lo stesso fatto sculturale. Come pittore (m’interessa) prima di tutto la maniera in cui questi scultori africani o oceanici hanno posto o risolto i problemi potentemente plastici, i mezzi d’espres-sione, e la ricchezza d’invenzione straordinari che hanno utilizzato nel lavorare e nella realizzazione,

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con il tempo illimitato a loro disposizione, senza la preoccupazione delle ore, delle giornate o dei mesi che utilizzavano. Si sente, si vede che vi hanno messo tutto il tempo necessario; qualunque sia stata la loro religione, sono sempre stati fedeli a se stessi. Questo vi trovo di grande e vi ammiro”. Lo scritto di Magnelli è indicativo dei suoi obiettivi di studio, ma è indirettamente rivelatore anche del suo temperamento. Egli infatti equilibratamente non esclude il suo interesse per la cultura africana e in generale non elude i significati simbolici delle opere, le connesse implicazioni magico-religiose, che rico-nosce e avverte all’interno di una tensione misterio-sa, ma punta alle novità formali, soprattutto in senso plastico e spaziale. Egli sottolinea che delle maschere ciò che l’attira è tra l’altro l’”invenzione” delle forme. Si tenga presente che il termine invenzione è per Magnelli fondamentale. L’artista infatti, riferendosi alla sua produzione, non ha mai parlato di astrazione, l’ha sempre definita arte di invenzione. E dunque era una tensione astratta, connessa con la stilizzazione del-la forma, che l’artista leggeva nelle maschere: quel-la tensione che era testimoniata dalla articolazione dei piani, dal loro assetto, dai loro raccordi, dalla loro capacità di coniugare in un’unica tipologia simbolica superba articolazione formale a intensità espressiva.

Ma un altro aspetto colpiva il maestro fiorentino. Ed era quel “tempo illimitato” che riconosceva nel lavoro dei maestri africani come una testimonianza di fede nell’arte e di tensione all’approfondimento dell’opera, intesa come espressione di un supremo equilibrio da conquistare con prove e riprove, con lucidità di sguardo, con intensità e vigilanza interiore. Ciò rifletteva la sensibilità stessa del maestro. La sua arte non era, infatti, istintuale, fondava su di un in-tuito che era innanzitutto lucidità rivelativa, armonia delle forme riflesse nell’anima. A cui corrispondeva un tempo lungo, nel quale innestare le pacate rinno-vate visioni, i ripensamenti, le progettualità, le attese miracolose dell’evento che segna la scoperta di un assetto formale unico, irripetibile.Magnelli acquistò la sua prima maschera da un ma-rinaio nel 1915, una maschera Pounou piena di con-centrazione psichica, ma la collezione del maestro si irrobustì in seguito, negli anni Trenta. Come è noto Magnelli fu a Parigi la prima volta tra il 1913 e il 1914. Nella capitale francese ritrovò i futuristi italiani e in particolare l’amico Ardengo Soffici, poeta e pittore. Grazie a lui ebbe modo di conoscere Apollinaire, e tramite questi i maggiori artisti della sperimentazione parigina, da Picasso a Jacob, a Leger, Gris, Archipenko, Matisse. Alcuni di essi erano già dei collezionisti di

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maschere africane. Che acquistavano dai mercanti o nei marchés aux pouces. Gli artisti come Matisse, Picasso, Braque e Vlaminck prediligevano sculture in cui fossero preminenti le soluzioni formali; i mercanti, ma anche i poeti e gli amatori, puntavano invece a quelle opere in cui fosse più evidente la stilizzazione della forma in chiave simbolica e psicologica. Magnelli era molto legato alle sculture. Si dice che le portasse con sé persino a Grasse, nella sua casa di campagna. Ed è emblematico che l’artista avesse incrementa-to la collezione proprio nel momento in cui ope-rava il passaggio dalla figura all’astrazione. In realtà le sue opere astratte risentono di quel processo di stilizzazione che l’artista aveva ammirato nelle opere africane, di stilizzazione accompagnata da una monu-mentalità assorta e misteriosa. La collezione Magnelli negli anni Sessanta aveva raggiunto, come si è scritto, i duecento pezzi. La vedova Susi nel 1984 fece dono della collezione al Musée National d’Art Moderne, conservandone l’usufrutto.3 Conformemente ai de-sideri del maestro, la collezione è entrata, dopo la morte di Susi, nella piena proprietà del museo pa-rigino. Di questo ingresso è stata testimonianza la grande mostra della collezione africana di Magnelli 3 J.P.AMELIE, La collection africaine d’Alberto Magnelli, (catalogo della mo-stra), 1995 Paris, Centre Georges Pompidou.

tenutasi nell’inverno del 1995, presso il Centro Ge-orges Pompidou di Parigi.

Giorgio Agnisola

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BwaBurkina Faso

Bani Leke maschera capotribu’ Camerun

IdomaNigeria

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BastaTogo

IbibioNigeria

Ibibio Nigeria

Ibibio

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Pounou maschera bianca Giovane defuntaGabon

Bani Leke maschera bufaloCamerun

KwelèRepubblica popolare del congo

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EketNigeria

Igbo Divinità AlusiNigeria

Mende maschera Bundu Sierra Leone

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Pende del NordRepubblica Democratica del Congo

Kuba maschera NgadihawasiRepubblica Democratica del Congo

LeleRepubblica Democratica del Congo

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Senoufo maschera KpelièCosta D'Avorio

Gouro Costa D'Avorio

Bobo Fing maschera MyangaBurkina faso

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Kuyo maschera Mitica Madre Repubblica Popolare del Congo

MbgandiRepubblica Democratica del Congo

Bembe maschera GufoRepubblica Democratica del Congo

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Tekè maschera Kidumu Repubblica Popolare del Congo

Kuba Elmo MbomRepubblica Democratica del Congo

Kuba Elmo MbomRepubblica Democratica del Congo

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Kongo maschera NkisiRepubblica Democratica del Congo

Betia LuluaRepubblica Democratica del Congo

Pende SeggioRepubblica Democratica del Congo

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Gpe Krou Liberia Costa D'Avorio

GreboCosta D'Avorio

GuerreLiberia

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Temme Maschera ManiwataSierra Leone

Jimini Costa D'Avorio

Yoruba Maschera Gelede Nigeria

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Marka Burkina Faso

Bidjogo Arcipelago Bissagos Guinea Bissau

Nalou maschera bandaGuinea Bissau

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Ogoni Karikpo Nigeria

Ngbaka maschera ScimmiaRepubblica Democratica del Congo

Pende Repubblica Democratica del Congo

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Tshokwè maschera Wana pwoAngola

LegaRepubblica Democratica del Congo

Bakun maschera regale Camerun

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HembaRepubblica Democratica del Congo

Chokwe maschera Gufo Angola

Banalulua Repubblica Democratica del Congo

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Fang Gabon

Songye maschera KifwebeRepubblica Democratica del Congo

MangbetuRepubblica Democratica del Congo

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Pende machera Panya NgombeRepubblica Democratica del Congo

Bafut maschera ElefanteCamerun

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In uno dei tre vasi di coccioDei tre vasi dove certe sere ritornanoLe anime soddisfatte e serene,Gli spiriti degli antenatiDegli antenati che furono uominiDegli avi che furono saggiLa mamma ha intinto tre dita Tre dita della mano sinistra:Il pollice, l’indice e il medio.Anch’io ci ho intinto tre ditaTre dita della mano destra:Il pollice, l’indice e il medio

Con le dita rosse di sangueDi sangue di caneDi sangue di toroDi sangue di caproLa mamma mi ha toccato tre volteMi ha toccato la fronte con il polliceCon l’indice il seno sinistroE con il medio l’ombelico

Ho teso le dita rosse di sangueDi sangue di caneDi sangue di toroDi sangue di capro.Ho teso le dita al vento:al vento del Nord, al vento di Levanteal vento del Sud, al vento di Occidente.E ho alzato le dita verso la lunaVerso la luna piena e nudaApparsa in fondo al vaso più grande

Poi ho infi lato le dita nella sabbia Nella sabbia che ormai era fredda.Allora la mamma mi ha detto: Va’ per il mondo. Va’.Nella vita seguiremo i tuoi passi.

Da allora io vadoVado per i sentieriPer i sentieri e sulle stradeVado oltre il mare e più lontano ancoraVado oltre il mare e oltre l’aldilàE se avvicino uomini malvagiUomini dal cuore buioSe avvicino individuiIndividui dal cuore neroCamminano davanti a meGli spiriti degli avi

Birago Diop, Viatico

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Rideva il sole nella capannaE le mie donne erano belle e flessuoseCome le palme nella brezza della sera.I miei figli scivolano sulle profonditàDi morte del grande fiume.E le mie piroghe lottavano con i coccodrilli.La luna accompagnava materna le nostre danzeAl ritmo frenetico e pesante dei tam-tam.Tam-tam della gioia, tam-tam della spensieratezzaIn mezzo a fuochi di libertà.

Poi, un giorno, il silenzio…I raggi del sole pareva si spegnessero;Nella capanna priva di sensoLe mie donne premevano le bocche arrossateSulle labbra sottili del conquistatore dagli occhi d’acciaio;E i figli lasciavano la tranquilla nudità Per indossare l’uniforme di ferro e di sangue.Non ci siete più nemmeno voi,Tam-tam delle mie notti, tam-tam dei miei padri.I ferri della schiavitù mi hanno straziato il cuore!

David Diop, Tutto perduto

Bwa maschera SolaBurkina Faso

GouroCosta D’Avorio

Yaka maschera iniziatica Repubblica Democratica del Congo

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Baoulè Lo sposo dell’AldilàCosta D’Avorio

BenaluaRepubblica Democratica del Congo

Trekoi maschera EkkpeNigeria

BiomboRepubblica Democratica del Congo

Lluba maschera antenatoRepubblica Democratica del Congo

LwalwaAngola

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Pende maschera MbuyaRepubblica Democratica del Congo

LobiCosta D’Avorio

Igbo maschera DivalusiNigeria

Chokwe maschera Scimmia Angola

Kongo M. Nganca Repubblica Democratica del Congo

TabwàRepubblica Democratica del Congo

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E mi giungono delle voci.Si direbbe il fl auto degli dei dal fondo dei boschi.Nell’ombra, il mio cuore esulta.Ed è pioggia di stelle su tutta la terra.Ah, mi rincuora il sognoCome l’inno profondo dei fi gli del leone!Ho la febbre fi n nelle reniE mi ricordo!Ricordo la torcia delle marce pesanti,E i tamburi maestosiL’oceano dei fasti.

E l’antenato vagava intorno al villaggioIl bambino danzava nel cerchio dei pitoniE il caimano parlava alla ragazzaNel mormorio delle ninfee.Ah, l’amore nella fecondità delle messi!Fuoco e canti nel cuore della dimoraMentre i tamburi continuano a rullare.

Usanza selvaggiaI feticci al centro del villaggioUsanza selvaggiaL’ombra dell’antenato intorno alla dimoraIl passo del bambino nel cerchio dei pitoniIl caimano sacro sul bordo del fi ume.

Mamadou Traore Diop

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Carta delle etnie e delle culturecitate nelle didascalie

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Carta delle etnie e delle culturecitate nelle didascalie

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Nasce nel 1998, a Gaeta, da un gruppetto di volenterosi che intendono impegnarsi nell’ambito culturale ed, in particolare, nella riscoperta, valorizzazione, diffusione e conservazione del patrimonio artistico del Novecento nell’area del Golfo.La ripresa del Porticato Gaetano nel 1999 (manifestazione d’Arte nata nel 1958 e ferma da otto anni alla decima edizione) costituisce il trampolino di lancio per il giovane sodalizio che in brevissimo tempo s’inserisce a pieno titolo nell’ambiente arti-stico, specializzandosi nella ricerca sull’Arte Contemporanea e nell’organizzazione di eventi ad essa inerenti.Fonda e gestisce la Pinacoteca Comunale d’Arte Contempora-nea “Giovanni da Gaeta”, operativa dal 2006, oggi polo culturale del circuito museale Campano-Laziale.Oltre alle numerosissime iniziative riguardanti le arti visive, mu-sica, poesia e convegni d’arte, l’Associazione ha già al suo attivo numerose pubblicazioni firmate dai suoi componenti a testimo-nianza dell’attività di ricerca svolta in questo periodo.

[email protected]@associazionenovecento.it

Associazione Culturale Novecento

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Finito di stamparenel mese di luglio 2012

pressoGraficart - Formia