Catalogo anteprime 2014-15 n°1

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Scoprite le prime tre anteprime dei libri di prossima pubblicazione con La Ponga Edizioni

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©La Ponga Edizioni 2013 – Tutti i diritti riservati

Contiene opere di fantasia. Tutti i personaggi e gli eventi delle opere sonofrutto della fantasia dell'autore, ogni riferimento a persone reali è

puramente casuale.

Questo catalogo contiene anteprime di opere di prossima uscita noncorrette. Editing successivi possono essere fatti prima dell'uscita ufficiale.

Date di pubblicazione e prezzi sono corretti al momento della stampa, mapossono subire cambiamenti.

La Ponga EdizioniCOMING SOON

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Benvenuti al catalogo delleanteprime de La Ponga Edizioni!

All'interno del catalogo troverete estratti e dettagli dei nostri titoli in fase diprossima pubblicazione.

Per maggiori informazioni sulle opere de La Ponga Edizioni visitate il sitowww.lapongaedizioni.it

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Estratto da

LIBRIOMANCERJIM C. HINES

DISPONIBILE DA NOVEMBRE 2014

Qualcuno potrebbe considerare una cattiva idea portare un ragno del fuocodentro a una biblioteca pubblica. A ragion veduta, probabilmente, ma portarloin biblioteca è sempre meglio che lasciarlo in casa da solo per nove ore filate.L’unica volta che ci provai, Chiazza espresse il suo malcontento dando fuocoalla parete del suo terrario, facendo un buco nel mio cesto della biancheria ebruciando completamente due settimane di cambi d’abito.

I pompieri arrivarono in tempo per evitare che bruciasse tutta la casa. Mi cirivedo, a scavare nella melma zuppa e gocciolante che era diventata la miacamera da letto fino a trovare Chiazza rannicchiato in un angolo. Col vapore chegli saliva dal corpo, schizzò sulla mia spalla e ci si aggrappò terrorizzato che loabbandonassi un’altra volta, poi mi morse l’orecchio.

Quei dieci centimetri di ragno erano un monito che mi ricordava cosa avevolasciato, l’ultimo pezzo della mia vita precedente. Se la magia fosse stata alcol,Chiazza avrebbe fatto la parte d’una coccarda di comprovata sobrietà e dellabottiglia di whisky tenuta in casa come monito.

Mentre ero al lavoro, lo tenevo in una voliera d’acciaio dietro la mia scrivania,al sicuro dalle mani dei bambini. Cosa più importante, la gabbia teneva ibambini lontano dal raggio d’azione di Chiazza.

Il responso di una serie di esperimenti che avevo fatto con un termometro ainfrarossi, fu che le fiamme di Chiazza potevano raggiungere temperature dimilletrecento gradi, più o meno come un normalissimo Becco di Bunsen.Sospettavo che avrebbe potuto generare altro calore ma, siccome s’incendiavasolo quando si sentiva spaventato o minacciato, mi sembrava crudele provareun simile esperimento.

Senza contare il fatto che mi era stato proibito fare esperimenti magici. I mieicompiti in quei giorni erano molto più terra terra.

Sospirai e presi un vecchio lettore di codici a barre. Gli anni ne avevanoingiallito l’impugnatura di plastica, mentre il cavo che fuoriusciva dal manicoera rappezzato con del nastro isolante. Per la terza volta, quel pomeriggio, feci

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scorrere il raggio rosso sul retro dell’ultimo romanzo di Charlaine Harris.Il LED lampeggiò di una luce verde e il computer emise un allegro bip mentre

lo schermo si riempiva di quelli che avrebbero dovuto essere i dettagli delromanzo fantasy di Harris, un libro che il nostro database insistevanell’identificare come La Gioia del Conservare in Salamoia Volume II, diCharlotte F. Pennyworth.

Gettai di lato l’inutile lettore, cancellai il documento e cominciai a digitaremanualmente la scheda del libro nel database della biblioteca di Copper River.Senza l’apparecchio, mi ci volle mezz’ora per inserire il resto dei nuovi libri nelsistema.

Quando finii la pila di romanzi, mi guardai attorno. La signora Trembathstava digitando sulla tastiera di uno dei terminali pubblici con due dita,probabilmente mandava ancora carinissime foto di gattini ai suoi nipoti. KarenBeauchamp era rannicchiata su una poltrona a sacco nella sezione bambini eleggeva Il Colore Viola.

I suoi genitori non l’avrebbero presa bene se avessero scoperto che Karen stavaleggendo libri da loro non approvati. Dovevo ricordarmi di recuperare unasovraccoperta carina e innocua che Karen avrebbe potuto usare per nascondereil titolo del libro.

A parte loro, la biblioteca era vuota. Il traffico era stato lento per tutto ilpomeriggio, perché le persone avevano approfittato della calura di Giugno.

Rimossi un pendente d’opale di fuoco e misi la pietra arancione al centro dellatastiera. Lo schermo lampeggiò e una nuova finestra apparve sul computer.Apparve un semplice logo : un cerchio, inciso su uno scudo medievale,riportante la sigla : DZP.

Quel database non aveva nulla a che vedere con la biblioteca di Copper River.Dopo aver catalogato i nuovi libri per una biblioteca, bisognava rifare tuttodaccapo. Cominciai con un libro chiamato Cuore di Pietra, una storia d’amoreparanormale in cui una detective mezza-gorgone finiva immischiata inun’avventura amorosa con un killer della mafia piuttosto sexy. La storia non eraniente di che, ma il killer indossava occhiali incantati che gli permettevano divedere la magia e lo proteggevano dallo sguardo della detective. Quelli sarebberostati utili sul campo.

Inserii la descrizione e i numeri di pagina. L’autore lasciava pure intendere chele lacrime della mezza-gorgone avevano poteri afrodisiaci e potevano crearedipendenza. Qualcosa da cercare nei sequel di futura pubblicazione.

Uno a uno, inserii il resto dei libri. Copper River era una piccola città, maavevamo la miglior collezione di fantasy e fantascienza nell’intera P.S. Non che

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la Penisola Superiore del Michigan fosse il più popoloso dei posti, ma il nostrocatalogo avrebbe potuto battere quello d’ogni singola biblioteca dello stato.Avevo letto ognuno dei tremila titoli che incurvavano i vecchi scaffali di legnodella nostra sezione fantasy e fantascienza.

La maggior parte di quei libri era stata acquistata con una sovvenzionedall’Istituto di Letteratura Johannes Porter, una delle coperture della Die ZwelfPortenaere. La sovvenzione provvedeva alla maggior parte del mio salario eriempiva la città di narrativa avventurosa. Tutto quel che dovevo fare eracontinuare a catalogare nuovi libri per i Portatori.

O meglio, questo è tutto ciò che mi permettevano di fare.«Hey, signor V.» Karen aveva abbassato il libro. «Qualche guaio con

Chiazza?»Mi voltai proprio mentre uno dei pezzi di ghiaia color ossidiana, grandi come

un pisello, che coprivano il pavimento della gabbia di Chiazza cadeva a terra.Chiazza stava correndo nervosamente in cerchio e tentacoli di fumo avevanocominciato a salire dalla sua schiena.

Saltai in piedi e afferrai il mio vecchio zaino di tela da dietro la scrivania.Cercando di fare il mio meglio per nascondere la gabbia col corpo, tirai fuori unpacchetto di caramelle di gelatina e ne feci cadere una accanto al piatto diceramica pieno d’acqua che gli avevo lasciato sulla ghiaia. «Che succede,amico?»

Chiazza ignorò me e la caramella. Non era una cosa buona.La signora Trembath annusò l’aria. «Brucia qualcosa?»Cominciai a cercare, provando a capire chi o cosa stesse facendo innervosire

Chiazza.Né Karen né la signora Trembath mi sembravano pericolose, ma mi fidavo

più dell’istinto di Chiazza che del mio. I suoi avvertimenti mi avevano salvato lavita tre volte. Quattro se si conta quel casino con la lepre cornuta rabbiosa.

«Guai con la caldaia. Scusate, ma devo chiudere la biblioteca fino a che nontrovo qualcuno che possa darci un occhio.»

Karen su stava sporgendo sulla scrivania e cercava la causa del fumo. Presi untascabile e glielo picchiai gentilmente sulla schiena. «Questo vale anche per te.»

«Mi sarebbe piaciuto che i miei genitori mi avessero preso una tarantola,»brontolò mentre l’accompagnavo alla porta. «Se mai ti dovesse servirequalcuno che te lo guardi…»

«Sarai la prima persona che chiamerò.» pensai all’ultima volta che i genitoridi Karen erano stati qui e subito aggiunsi, «se prometti di non usarlo perspaventare il tuo fratellino.»

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«Oh, non lo farei più,» disse, con gli occhi da dodicenne birichina. «Ma seChiazza scappasse nel bagno mentre Bryan si lava i denti…»

«Fuori.» le diedi un ultimo colpo col libro, per gioco. Sfortunatamente,mentre stavo accompagnando Karen fuori dalla porta, la signora Trembath s’eramessa a zoppicare vicino alla scrivania.

Indicò la gabbia di Chiazza col suo bastone d’alluminio. «Isaac, il tuo poveroragno va a fuoco!»

«Ma no…» oh, cavolo. Delle fiamme rosse erano spuntate sulla schiena diChiazza. Mi misi a correre e afferrai il braccio della signora Trembath, ma com’èdifficile mettere fretta a una nonnina di ottantatré anni. Riuscii a farla portarlaverso l’uscita, quindi tornai a controllare Chiazza.

Fu uno sbaglio. La signora Trembath tornò indietro un attimo dopo. Avevalasciato il suo bastone vicino alla porta. Il suo viso tutto rughe era teso condeterminazione mentre alzava le braccia tremolanti e puntava un estintore rossofuoco sulla gabbia di Chiazza.

«No!» mi misi di fronte a lei proprio mentre un getto glaciale schizzava fuoridal bocchettone come il freddissimo scarico di un jet. Non avrebbe fatto nientedi male ai nostri libri, ma non avevo idea di cosa avrebbe potuto combinare a unragno di fuoco. Trattenni il fiato e chiusi gli occhi. Sentii libri e cartacce volaredietro di me. L’istante in cui il getto si spense, allungai le mani alla cieca perstrapparle l’estintore.

Mi lacrimavano gli occhi. Dovevo smettere di stropicciarli o li avrei irritatiancora di più. Una polvere bianca mi copriva le mani e la maglietta.

«Sta ancora bruciando!»Guardai Chiazza. Non appena le sostanze chimiche dell’estintore si dispersero,

le fiamme di Chiazza divennero ancora più alte e presero una tinta color arancio.Tutti e otto gli occhi si inchiodarono sulla signora Trembath con quello chepotevo solo definire puro disgusto aracnide.

La signora Trembath tornò alla porta per recuperare il suo bastone, che alzòcon entrambe le mani come una spada samurai. «Almeno facciamolo smetteredi soffrire.»

«Non sta bruciando. È… bioluminescente.» Dubitavo che la signoraTrembath pesasse più di quaranta chili bagnata fradicia, eppure aveva tirato sucinque figli e probabilmente sarebbe riuscita a fregare un intero branco di lupicon la sola forza della testardaggine. Sfortunatamente, l’ultima volta che avevovisto Chiazza così spaventato, altro che branco di lupi.

«Isaac Vainio, spostati e lascia che aiuti quella povera creatura.»La magia avrebbe messo fine al nostro empasse, ma avevo già tirato troppo la

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corda tenendo Chiazza. Perfino il più piccolo incantesimo poteva farmi beccare,facendomi finire giù nell’Illinois a giustificarmi con Nicola Pallas, il MaestroRegionale dei Portatori.

Invece, incrociati le braccia e dissi, «Chiazza sta bene, ma adesso devoveramente pensare alla caldaia.»

«Non sta bene, lui è…»«Sta sfidando la mia autorità?» sgranai gli occhi per quanti mi riusciva, ci

misi un’ enfasi esagerata. In un’imitazione di tono militaresco, domandai, «È alcorrente che l’articolo sei comma due del regolamento utenti della biblioteca diCopper River mi autorizza a revocarle la tessera e l’accesso a internet?»

Abbassò il bastone. «Non oseresti.»Mi avvicinai e sussurrai, «Un bibliotecario deve fare quel che deve.»Ci guardammo per cinque secondi circa prima che si dichiarasse sconfitta. Con

una risatina, mi batté un dito sul petto. «E perché non l’ho visto illuminarsiprima?»

«È a dieta,» risposi all’istante. «È scappato ieri notte ed è uscito. Si dev’esserescofanato almeno una dozzina di lucciole prima che lo beccassi.» mi preparai,sperando che non sapesse abbastanza di biochimica per capire che la mia scusaera abbastanza inverosimile.

Indietreggiò. «Magari se gli dessi del vero cibo invece delle caramelle, nondovrebbe scappare così.»

«A casa gli do le cavallette.» mi guardai attorno nervoso, mentrel’accompagnavo alla porta. Ancora non avevo idea di che cosa aveva fattoscattare Chiazza, ma la signora Trembath sarebbe stata più al sicuro quantoprima l’avessi fatta uscire.

«Ci vediamo domani pomeriggio?»«Lo spero.» attraverso le finestre, la guardai arrancare verso il vecchio SUV

blu che chiamava affettuosamente il Rugginopotamo. Non appena si allontanò,vidi tre persone avvicinarsi alla biblioteca. Indossavano vestiti troppo pesantiper la temperatura di Giugno, anche per la P.S. Tenevano la testa china e lemani in tasca.

Chiusi la porta, anche se, qualora Chiazza avesse avuto ragione, non sarebbeservito a molto. Il trio si fermò per studiare l’indirizzo dell’ufficio postaledall’altra parte della strada. Uno di loro si infilò una mano in tasca e ne estrasseun pezzo di carta stropicciata. Le sue dita scintillarono come una palla strobo dadiscoteca nel sole pomeridiano mentre scandagliava i palazzi. Un secondo doposi abbassò la manica fino a coprirsele, ma quell’unica occhiata mi era bastata percapire che si trattava di Sanguinarius Meyerii, colloquialmente noti come

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luccicanti.Tornai alla scrivania. «Sai, saresti molto più d’aiuto se potessi parlare.»Chiazza continuava a girare, mentre le fiamme sventolavano come piccole

bandiere arancioni sulla sua schiena. Non si sbagliava mai su un pericolo, ma non poteva dire se il pericolo fosse un

meteorite che avrebbe bucato il soffitto o un’alce in calore libera nel parcheggio.Oppure un trio di vampiri.Aprii la porticina della gabbia. Chiazza scappò fuori e scomparve

immediatamente dietro la scrivania. «Attento,» dissi. «Se bruci questo posto,perdo il lavoro.»

L’adrenalina, così familiare ormai, prese a scorrermi nelle membra mentrecercavo fra i libri appena catalogati nel cestone. Potevano anche proibirmi diusare la magia in circostanze normali, ma questa situazione di normale nonaveva proprio nulla. Afferrai l’ultimo libro di Ann Crispin, Lo Specchio diVulcano, un’avventura spaziale vecchia scuola ambientata in un universospeculare, con tanto di barbetta a punta sul mento di ogni sosia malvagio.

Non ero dotato di una memoria grandiosa, ma l’addestramento eun’attitudine naturale mi facevano arrivare maledettamente vicino ad averla.

Saltai al capitolo otto e poi alla scena dove un assassino lucertoloide strisciavalungo il corridoio del suo vascello alieno con una pistola disintegratrice inpugno.

L’autore aveva descritto la scena con dettagli molto vividi: il duro e angolosometallo dell’impugnatura, il flebile calore della fonte d’energia dell’arma sulpalmo dell’assassino, la lucentezza d’un blu metallico sulla canna mentre siposava su una guardia dall’uniforme rossa… dettaglio dopo dettaglio, ognilettore dipingeva la scena nella propria mente Frendendola reale.

La libromanzia era in un certo senso magia per stregoni pigri. Nientebacchette, né incantesimi spettacolari, niente formule arcane. Non c’erano rune,né movimenti di dita. Niente a parte le parole sulla pagine, il credere collettivodei lettori e l’amore del libromante per la storia.

L’amore era la chiave per accedere alla fede e al potere, e quella serie era statauna delle mie preferite, crescendo.

Le mie dita seguirono le parole, sentendo la ruvidezza della carta, la curva dellapagina vicino alla costa. La mia bocca era asciutta e il mio cuore martellava comese fossi stato un ragazzino pronto a baciare una fanciulla per la prima volta.

Pensai ai giorni in cui andavo a caccia con mio padre e mio fratello. Il lento,costante respiro mentre allineavo i mirini del mio fucile. Prendi un bel respiro,butta fuori e premi il grilletto con gentilezza.

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Le mie dita scivolarono attraverso la carta in un altro universo. Sentii l’ariacalda e umida del vascello sulla pelle. Flettei la mano guardando il movimentodelle dita che sembravano ora finire con le sole nocche.

Scesi più a fondo fino a toccare la secca e scagliosa pelle del bracciodell’assassino. Non c’era vera vita in quella carne aliena. Era solo unamanifestazione di fede. Reale o meno, la mano dell’assassino aveva una presa diferro, dovetti tirare e torcere per liberare l’arma dal suo pugno.

Il disintegratore era fastidiosamente caldo al tocco. Era talmente grosso chedovetti girarlo di lato per non fargli toccare i bordi del libro. Mentre ritraevo lamano, la magia e la storia del libro divennero reali. A quel punto stringevosaldamente una pesante pistola d’acciaio bluastro con una canna lunga quanto ilmio avambraccio. Feci scivolare il mio indice attraverso il ponticello del grillettopensato per dita grandi quanto una salsiccia polacca e mi nascosi l’arma dietro laschiena.

La porta della biblioteca fu aperta di colpo, la cornice di quercia si ruppe comebalsa. Una fredda paura innaffiò l’eccitazione e lo stupore della magia,esortandomi a combattere o a fuggire.

Nessun’altra opzione sarebbe stata possibile contro i luccicanti. […]

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Estratto da

CIELO E FERROBonera – Frusca

DISPONIBILE DA NOVEMBRE 2014

Duro lavoro

Katango, accovacciato all’ombra in una macchia di vegetazione rinsecchita,spense il mozzicone spiaccicandolo sul calcio del fucile automatico. Non volevarischiare un incendio. Con quel caldo c’era il rischio che la sterpaglia prendessefuoco. I satelliti di sorveglianza avrahamiti avrebbero rilevato il calore anomalo,col rischio di trovarsi addosso una squadra di Ricognitori Locali nel giro di ventiminuti. Non era esattamente quello che voleva.

Sollevò gli occhiali scuri per scrutare tra le ombre dell’installazione, a uncentinaio di metri.

Tutto tranquillo.L’unica strada, una striscia di cementoasfalto che dal fondovalle si perdeva

nella foschia tremolante delle alture lontane, era deserta. All’apparenza, tuttotranquillo. Si sentivano solo il frinire di una cicala e lo scorrere dell’acqua chefuoriusciva da uno scarico turbina. Sembrava proprio un luogo abbandonato.Chissà che cazzo ci combinavano i ribelli in quel posto. Curiosità oziosa. La solacosa che interessava Katango erano i centotrenta EuroBuck puliti che il ragazzogli aveva garantito per la collaborazione.

Di solito non accettava subappalti, ma da due settimane era disoccupato, el’offerta di quel giovane un po’ coglione (Tommy? Timmy? Come cazzo sichiamava?) non era male per un lavoro di quel tipo.

Doveva fornire una copertura a media distanza mentre Timmy il coglionepiazzava una carica di esplosivo Magma® all’interno dell’obbiettivo. Appalto

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ottenuto con una transazione anonima alla Humanware Stock Exchange diLondra. Operazione riconducibile agli interessi del Coordinamento delle LibereCittà, supponeva Katango.

Gettò uno sguardo all’orologio. Erano passati ventitré minuti da quando ilcoglione era sceso laggiù. Con la coda dell’occhio colse un movimento al latosinistro della struttura. Spostò rapido il servopuntamento, pronto a far fuoco.

Falso allarme.Era Timmy che lasciava il fabbricato principale. Per fortuna la telesorveglianza

era fuori uso, perché quel cazzone laggiù si muoveva tutto a scatti, testa bassa,guardando a destra e a sinistra, ma era solo scena malcopiata da agente segreto inmissione speciale.

Katango scosse la testa.Timmy, il coglione.«Eccomi tornato fratello, tutto a posto, okkey?» lo salutò gioviale il ragazzo.Katango era immobile, una statua di pietra lavica. Continuava a sorvegliare

tutt’attorno, spostando solo gli occhi. Parlò muovendo appena le labbra. «Hai piazzato la carica?»«Hey, negro, per chi mi hai preso? Innescata e pronta a fare bum. Cinque

chilogrammi di Magma®. Salterà tutto nel raggio di cento yarde. Tommy non facazzate» disse battendosi il petto con la mano.

«Sì che ne fai» obiettò. L’afroeuropero si levò in piedi, sempre scrutando inlontananza, come alla ricerca di qualche movimento.

«Ne hai fatta almeno una, di quelle grosse.»Timmy aggrottò la fronte. «Che dici, fratello.»Katango levò gli occhiali e guardò il giovane. «La bianca. La ragazza della quale mi hai raccontato ieri sera. Forse eri troppo

fatto di auraceleste e non te ne ricordi più, fratellino?»«Oh, negro, cazzo, la tipa sballata, giù al R/Evolution a Terranera! Ah, ah!

Amico,» Timmy battè le mani e increspò le labbra in un sorriso, spostando ilpeso da un piede all’altro ritmicamente, come ballando a una musica che sentivasolo lui, «bottino di guerra, una troietta in meno.»

Il mercenario alzò il mento e riempì d’aria i polmoni, dilatando le narici.«Tu hai stuprato una cittadina di classe B. Non una schiavizzata della

Suburra. Una ragazza di nemmeno sedici anni.»«Cazzo, amico, chi vuoi che mi becchi ormai! È roba di tre, dico tre mesi fa.

Puff...» fece un gesto lento con le mani, soffiando fuori aria dai polmoni.«...dimenticata! Tutti l’avranno dimenticata. Ne succedono tante di cose inguerra.»

«Non hai ancora capito un cazzo. Noi siamo in guerra. Io, te, i mercenari. I

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cittadini, no. Loro non ne vogliono sentir nemmeno parlare di guerra. Quantianni hai, negretto?»

«Hey, paparino, niente predica, okkey? È un mio appalto questo, oggi il caposono io, e tu sei il mio negro. Ti pago! Ho già ventitré anni e faccio questolavoro da quasi due, non sono un coglioncello alle prime armi! E poi della troianon ne sa niente nessuno. A parte te, perché di te mi fido, tu sei Katango cazzo.La fighetta, beh, lei di sicuro non lo racconterà in giro, pace all’anima sua. Ah,ah!»

«Devi accorciarti quella lingua se vuoi festeggiare i ventiquattro. Altrimenti,cambia mestiere… Ehi! Che cos’è stato?»

Di scatto Tommy lanciò occhiate circolari tutto intorno, agitato, occhispalancati, schiena bassa.

«Dove? Cosa c’è? Dove?»«Calma. Laggiù,» indicando un’altura verso sud, «vedi quella cresta? C’è

stato un lampo.»Tommy si volse alla direzione indicata, dando le spalle a Katango. «Un laser di puntamento! Un fottuto sniper dei ribelli!»«No, se fosse quello, adesso saremmo già vaporizzati. Guarda bene, a sinistra

della cresta...»«Dove?»«Non preoccuparti, non è nulla.»Katango tirò il grilletto.

Con un solo gesto fluido aveva estratto una Beretta in polimero denso,puntato il bersaglio, tolto la sicura, e fatto fuoco.

Contro la nuca del ragazzo.Il cervello di Tommy era esploso tutto intorno come un fiore vermiglio di

inutile poltiglia organica. Il corpo restò eretto ancora per qualche istante, cranio a brandelli, un braccia a

mezz’aria.Poi, rovinò a terra.Dopo una manciata di secondi il mercenario si chinò sul cadavere e frugò nelle

tasche. Trovò i suoi centotrenta, contanti, e nient’altro di interessante.Si rialzò e raggiunse il fuoristrada poco distante. Prese un piccolo contenitore

per campioni organici, indossò guanti chirurgici sterili, e tornò al corpo.Facendo attenzione a non inquinare il campione coi propri residui, raccolse unbrandello di materia cerebrale grande quanto una noce. Sigillò il contenitore esedette su una roccia. Accese una sigaretta guardando quel che restava delcoglioncello.

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Il ragazzo non aveva avuto il tempo di sospettare nulla. Nemmeno si eraaccorto di crepare. In fondo, una bella morte. Quasi lo invidiava. Chissà comesarebbe stata la sua, di fine.

Prese il multicomunicatore. Fece il solito numero. Rispose la solita voce roca.«Ecco il mio negrone preferito! Che mi dici, bello?»«Ciao Leni, chiama il Comando Sette. Credo di avere beccato quello che ha

fatto il lavoretto a Terranera, tre mesi fa. Sai la ragazza sgozzata...»« ...e la taglia di cinquecento EuroBuck. Certo che mi ricordo, bravo!»«È stato un colpo di culo. Dai, muoviti, senti se lo vogliono ancora. Ah, il

corpo intero se lo scordano. C’è solo un campione di organo vitale.»

Leni apparteneva alla corporazione dei Procacciatori. Supporto tecnologicoindispensabile ai liberi mercenari, i ragazzi della corporazione riuscivano acomunicare con i Comandi Operativi delle diverse fazioni preservandol’anonimato. Concludevano appalti ed effettuavano transizioni riservate in ungioco illegale che faceva comodo a tutti. Gli stessi Comandi si erano dotati dilinee di comunicazione dedicate, fondi off-shore, e ufficiali addetti ai contatticon i “Proc”.

Leni richiamò. «È fatta Kat, però c’è una fregatura.»«Cosa?»«Il DNA typing è a carico tuo. Insomma, togliendo il costo del test, il recupero

del campione, la mia commissione, ti resta circa la metà.»Katango bestemmiò. Tirò una lunga boccata dalla sigaretta. Si passò una

mano sulla fronte, sugli occhi, sputò per terra, spense la cicca sotto il tacco.«Va bene, va bene. Sul solito conto.»«Sei grande Kat.»«Vaffanculo Leni. C’è un altro affare. Tra mezz’ora mettimi in linea con

Operazioni Quattordici. Questo lo voglio gestire io.» E chiuse.Katango cosparse i resti di Tommy di sintobenzina. Salì sul fuoristrada, e

quando fu abbastanza lontano lanciò del fuoco sul cadavere.Poi si allontanò verso le colline.

Si era fermato a qualche miglio dall’installazione, proprio sull’altura che avevaindicato a Tommy. Dal fuoristrada osservava col binocolo l’incendio. Ilmulticomunicatore trillò. Senza staccare gli occhi dalla scena inserì il vivavoce, enon disse nulla.

Il suo interlocutore non si fece attendere: «Maggiore Stuber. Chi sei?»

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«Chi sono io? Bella battuta, sei di buonumore? La mogliettina ti ha svegliatocon un soffice pompino questa mattina?»

«Falla corta. Che cazzo vuoi?»«Appalto AZ460PB. Cerca sul tuo database.»«Ci sono.»«Appalto annullato. Un incidente.»«Cazzate. Il satellite registra anomalia termica sull’obbiettivo. Sta bruciando

come previsto.»«Usa il tasto zoom.»«...»«Allora?»«Merda. Obiettivo intatto, il calore è di un incendio vicino. Che sta

succedendo?»«Lavoro pericoloso, il nostro. E malpagato. Te l’ho detto, un incidente.

L’appaltatore ci ha rimesso le penne.»«Ma per fortuna ci sei tu, avvoltoio.»Katango soffocò una risata e si aggiustò meglio sul sedile. «Il Magma® è piazzato e armato,» disse, «devo solo digitare il codice di

innesco. Quanto offri?»L’ufficiale considerò la faccenda. Operazioni Quattordici aveva già investito

fondi per sabotare la telesorveglianza. Rinunciare, al punto cui si trovavano,sarebbe uno spreco, pensò. Che l’operazione la concludesse costui ol’appaltatore originario, poco cambiava.

«Quattrocento se mi fai saltare l’obbiettivo subito, mentre lo sorveglio dalsatellite.»

«Consideralo fatto.» Katango staccò gli occhi dal binocolo, digitò il codicesul multicomunicatore, si rimise a osservare l’installazione, e premette.

La luce verdazzurra dell’esplosione Magma® si dilatò silenziosa nel panorama.Dopo qualche secondo giunse anche il boato, ovattato dalla distanza, mentre sialzava una nuvola incandescente di polvere e detriti.

«Ok uomo, l’ho vista. I quattrocento dove li mando?»«Ti richiama il mio Proc, non tratto i dettagli.»Tolse la comunicazione, e avviò l’automezzo lungo una sterrata che portava

fuori valle.Col gomito appoggiato al finestrino aperto, tra fiotti d’aria torrida e polvere, si

mise a fare due conti. Al netto delle spese aveva guadagnato circa seicentoEuroBuck.

Accese un’altra sigaretta e gettò il fiammifero ai bordi della strada, tra la

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vegetazione riarsa dal calore.Sorrise ancora, scoprendo i denti.Una buona giornata, tutto sommato.

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Estratto da

ARENA MODEBlake Northcott

DISPONIBILE DA MARZO 2015

Prologo

Sospeso a tremila metri di altezza sopra l'Arena aspettavo di lanciarmidall'hovercraft. Se non fosse stata la caduta a uccidermi, ci avrebbe pensato unodei concorrenti già a terra. Chiunque nella competizione avrebbe potutoliquefarmi con una scarica di plasma, incenerirmi con i suoi raggi ottici osemplicemente massacrarmi a mani nude. Anche ammettendo che fossi riuscitoa cavarmela in mezzo a tutto questo, cosa di per sé piuttosto improbabile, ciavrebbe pensato la carica esplosiva impiantata nel mio cranio a finirmi. In ognicaso ero andato... era solo una questione di tempo.

Fissavo le guglie acuminate che ornavano la cima di ogni mega-torre sotto dime, non potevo fare a meno di pensare all'eventualità di finirci impalatodurante la discesa con il paracadute. Sarebbe stato uno spettacolo piuttostoridicolo, specialmente durante i replay a rallentatore. Non era così che volevoessere ricordato nelle discussioni sui più grandi tornei della storia: il tizio duratoquindici secondi, trasformato in un kebab umano sulla cima di un edificio.

Non appena la produttrice urlò «Tre minuti all'inizio dello show!» battendole mani come una cheerleader isterica, ripensai alla mia vita. Niente diimportante o particolarmente significativo, stralci casuali di eventi passati. Ilmio turno di battuta al primo torneo giovanile. I miei acquisti al negozio difumetti vintage. Tutte quelle cose che raccontano i vecchi alle quali avrei volutoprestare più attenzione.

Mi nonno mi annoiava a morte con i racconti dei grandi momenti della suagenerazione – cose accadute cinquant'anni prima della mia nascita. «Mi ricordoesattamente dov'ero quando Kennedy venne assassinato», avrebbe detto,oppure, «Mi ricordo esattamente cosa c'era nel panino che stavo mangiando

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quando ho visto il primo sbarco sulla Luna» o «Mi ricordo esattamente comeme la sono fatta sotto e sono svenuto la prima volta che ho ascoltato i Beatles».D'accordo, forse l'ultima non la raccontava proprio così, ma avrebbe anchepotuto essere. Tendevo a spaziare un po' con l'immaginazione durante le suestorie più lunghe.

Avrei dovuto essere meno duro con lui. Se per qualche miracolo dovessidavvero riuscire a sopravvivere quello è esattamente quello che vorrei anch'io –la possibilità, un giorno, di annoiare a morte mio nipote con i grandiosi raccontidella mia gioventù.

Ne avrei alcuni niente male.«Mi ricordo esattamente dov'ero» esordirei, seduto in un'enorme poltrona di

pelle nel mio studio tappezzato di libri, circondato dalle faccine riverenti deibambini riuniti tutt'attorno «Mi ricordo esattamente con chi ero e cosa stavofacendo quando il Presidente degli Stati Uniti tenne il discorso che cambiò ognicosa. Era il giorno in cui annunciò che i super-umani erano una realtà.»

Lì per lì non seppi come reagire. Nessuno aveva idea di come reagire.Sicuramente non ci aspettavamo che qualcuno di questi esseri dotati di capacitàstraordinarie si infilasse un mantello e tentasse di salvare il mondo. Per quantoriguardava il governo la loro sola esistenza era una minaccia implicita, perciò lamaggior parte di loro finì per nascondere i propri talenti, per paura dellepersecuzioni.

Anche se uno di loro fosse stato abbastanza folle da provare a combattere perla verità, la giustizia e tutti quei valori da tempo dimenticati, sarebbe statotroppo poco, troppo tardi.

Per la maggior parte di noi non era rimasto granché da salvare.Nel 2041 le continue guerre, le epidemie e la profonda recessione flagellavano

tutti, tranne una ristretta elite, non c'era molto per guardare al futuro. C'eranosolo i Tornei. Eventi sportivi in mondovisione durante i quali dei cittadinivolontari partecipavano a pericolose competizioni per grossi premi in danaro,nella speranza di sfuggire alla miseria. Se volevi passare da una pidocchiosa

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camera di motel all'appartamento scintillante di una mega-torre ti occorreva unapiccola fortuna, e per la maggior parte di noi l'unica possibilità era quella digareggiare. E sopravvivere.

Il mondo intero se ne stava imbambolato a guardare ogni volta che il magnatedei media Cameron Frost svelava il regolamento del torneo imminente, la cuiposta in gioco era più alta che mai. Le regole, o per meglio la loro assenza, eranomolto semplici: tredici persone avrebbero messo alla prova i rispettivi talentiall'interno di un campo di battaglia urbano ben delimitato, combattendosiarena mode. Suonava intrigante, ma chiunque avesse un minimo di familiaritàcon i video game sapeva che arena mode non era altro che un eufemismo perscontro all’ultimo sangue. Tutto o niente - nessun pulsante di reset, nessun vitaextra. Dodici sarebbero morti in un combattimento senza esclusione di colpi, euno se ne sarebbe andato con in tasca abbastanza soldi non solo per trasferirsi inuna mega-torre, ma per comprarsene una tutta sua.

Nonostante il pericolo insito nella partecipazione a uno di questi eventisempre più violenti, era un'opportunità troppo attraente per milioni di personeper cui non c'era altro all'orizzonte che una vita intera di perpetua miseria. Nonvi era alcun dubbio che per il più lauto premio mai messo in palio ci sarebberostati un consistente numero di volontari, ma questo torneo aveva un piccolocavillo: se si voleva avere qualche chance di sopravvivere all'Arena, bisognaessere super umani.

Quando Frost disse quelle parole non si sentì altro che il silenzio del mondointero che si ammutoliva.

Avremmo avuto la possibilità di vedere una battaglia da fumetto reale, indiretta. So che sembra insensibile, ma questo era un sogno che diventava realtà.Da che posso ricordare, i forum, i video lounge e le holo-session eranoinfiammate da litigi su chi avrebbe vinto in un ipotetico scontro : Iron Manpotrebbe sconfiggere Batman? E se Thor combattesse all'ultimo sangue conSuperman? Come cavolo fa Wonder Woman a combattere con quei ridicolitacchi a spillo da venti centimetri? Questo era il genere di domande cheoccupavano i miei pensieri e dominavano decisamente troppe delle mieconversazioni quotidiane, specialmente online, dove si svolgeva la maggior partedella mia vita sociale.

E presto – molto presto – tutte queste domande avrebbero avuto una risposta: quale fosse il miglior super potere, e come si sarebbero combinati a vicenda incombattimento – non solo sullo schermo di un fumetto digitale o inun’animazione in computer grafica , no – nel mondo reale.

C'eravamo. Era la resa dei conti.

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Non avevo mai aspirato a vivere tra i privilegiati; ero contento di vivere il restodella mia esistenza di bassa classe tra la mia collezione di graphic novel vintage egiochi di ruolo. Occasionalmente guardavo i tornei come chiunque altro, ed eroparticolarmente eccitato per questo in arrivo, ma ero sempre stato unospettatore occasionale. Non avrei mai e poi mai considerato l'idea di parteciparecome concorrente, indipendentemente da quanto avrebbe potuto rendermiricco. Ma la vita è fatta così, ha un modo tutto suo di ribaltare completamentetutto il tuo mondo quando meno te lo aspetti.

Allungai il collo a sinistra e vidi il produttore sorridere tenendo un dito alzato.Mancava un minuto. Sessanta secondi e non avrei dovuto fare altro chelanciarmi da un elicottero per la prima volta in vita mia evitando, se possibile, dischiantarmi su un edificio durante la discesa. Quello, tra l'altro, era il compitopiù semplice in programma per la mattinata.

Se non altro mi confortava il fatto che molto probabilmente gli altripartecipanti avevano i miei stessi dubbi – gli stessi attacchi di panico, lo stessosudore freddo e tic nervosi mano a mano che l'orologio si avvicinava all'iniziodello show. Tuttavia, ripensandoci, la mia sensazione di ansia doveva essere untantino più pronunciata della loro – questo perché, al contrario di loro, io nonsapevo volare. Non potevo sparare laser dagli occhi o sradicare lampioni dalcemento.

In una battaglia all'ultimo sangue per determinare chi fosse il super-umanopiù potente, io ero l'unico partecipante senza nessun super potere.