Cassola Carlo - Un Cuore Arido

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RIZZOLI. ROMANZO. Ma cosa dunque la vita, quella vita di cui Cassola parla cos sovente, con un tono insieme abbandonato e discreto? Lo scrittore il suo messaggero e il suo servo, il devoto artigiano di provincia che tenta di approssimarsi a questa essenza intangibile come diceva Anna Cavorzio passeggiando per la pineta di Cecina, a questa assenza di determinazioni, potrebbe aggiungere Cassola. Come definirla, se qualcosa che l'intelligenza non riuscir mai a fissare: se illimitata, inesauribile, supera le nostre misure, i confini che tentiamo di stabilirle e soprattutto sfugge alle costruzioni superficiali della realt? Non la cogliamo nei momenti di felicit e di estasi, ma nella banalit quotidiana, a patto di guardarla con occhi puri. Essa non conosce fratture o antitesi: continua all'infinito, si ripete senza soste, modulata e livellata, stranamente musicale e monotona. un rumore sempre eguale, e che pure non stanca mai, al quale il filo incessante del racconto e delle parole deve adeguarsi perfettamente. PIETRO CITATI. Carlo Cassola (Roma 1917) esord nella letteratura con racconti brevi e prose riuniti nel volume La visita. Sue opere principali sono i romanzi: Fausto e Anna (1952), La ragazza di Bube (Premio Strega 1960), Il cacciatore (1964), Paura e tristezza (1970), Monte Mario (1973, premio Selezione Campiello), Gisella (1974), Troppo tardi (1975), L'antagonista (1976), L'uomo e il cane (Premio Basutta 1978); i saggi: Il gigante cieco, Ultima frontiera (1976), La lezione della storia (1978) e Il romanzo moderno (1981). MONTE MARIO (Premio Selezione Campiello, 1973) GISELLA FOGLI DI DIARIO L'ANTAGON I STA LA DISAVVENTURA L'UOMO E IL CANE (Premio Bagutta, 1978) IL SUPERSTITE IL PARADISO DEGLI ANIMALI VITA D'ARTISTA LA MORALE DEL BRANCO IL RIBELLE L'AMORE TANTO PER FARE LA ZAMPA D'OCA collezione BUR: TROPPO TARDI FAUSTO E ANNA ULTIMA FRONTIERA MONTE MARIO IL GIGANTE CIECO GISELLA UN UOMO SOLO

LA LEZIONE DELLA STORIA LA CASA DI VIA VALADIER I VECCHI COMPAGNI IL SOLDATO IL TAGLIO DEL BOSCO L'ANTAGONISTA LA RAGAZZA DI BUBE PAURA E TRISTEZZA IL ROMANZO MODERNO UN CUORE ARIDO CASSOLA CARLO, Un cuore arido Introduzione di PIETRO CITATI Biblioteca Universale Rizzoli MILANO 1982 Propriet letteraria riservata 1982 Rizzoli Editore. Milano Prima edizione BUR: febbraio 1982 INTRODUZIONE. Chiuso da anni a Grosseto, nemico dei viaggi, schivo e solitario, Carlo Cassola potrebbe sembrare uno di quegli scrittori che conoscono cos perfettamente il proprio mondo, da essere costretti a ripetersi. Attorno a pochissimi temi, ripresi e trasformati con fecondit straordinaria, egli ha composto, nel corso degli ultimi dieci anni, una serie di lunghi racconti e due romanzi: Fausto ed Anna e La ragazza di Bube. Nelle dichiarazioni pubbliche, ostenta sovente una pervicacia didattica e predicatoria, una perffino rozza e limitata sicurezza di s. Ma, in questo piglio sdegnoso, non difficile scorgere un eccesso di difesa. Piuttosto che il respiro tranquillo dello scrittore maturo, la sua stessa fecondit svela forse un'ansia nervosa, una candida tensione giovanile. Ogni volta Cassola insegue se stesso, e ogni volta scopre di non esser riuscito ad esprimere quello che avrebbe voluto, e riprende da capo, ardente e paziente, sulle tracce del proprio libro definitivo. Con il romanzo: Un cuore arido, credo che Cassola abbia concluso la propria lunga ricerca. Dopo dieci anni di prove, di sconfessioni parziali, di fallimenti felici e infelici, egli ha scritto il libro che il giovane scrittore ventenne, adoratore dei Dubliners, mentre componeva i raccontini di Alla periferia e di Una visita aveva sempre sognato, ma presto rinunciato a comporre. Sulla costa di Marina di Cecina, ai bordi del bosco e della ferrovia, nel 1931 le amiche passeggiano a braccetto lungo la riva: insieme vanno a prendere il latte: si azzardano, in bicicletta, nei paesi vicini; dalla finestra di casa guardano il mare. Sulla spiaggia si aprono i primi stabilimenti balneari; e d'estate, quando i bagnanti arrivano da Firenze o da Siena, le ragazze ballano la rumba e il tango allo chalet. Ma, d'inverno, appena i luoghi ritornano alla loro purezza, si ritrovano per giocare a carte o alle recite organizzate dal parroco. Due sorelle, Bice ed Anna Cavorzio, orfane di padre e di madre, vivono insieme a una zia, che lavora da sarta. Ritrosa, dura, caparbia, Anna non sa esternare i propri sentimenti, e per questo la giudicavano senza cuore. Ha diciotto anni, e non ha

ancora , amato nessuno. Quando un giovane del luogo la corteggia, lo respinge con rabbia, con disprezzo, quasi con odio. Ma quegli occhi verdi, quella voce un po' rauca non nascondono, come dice il titolo, un cuore arido. Viva, sfacciata, deliziosamente femminile, Anna si innamora di Mario, il fidanzato della sorella. Senza rimorsi, senza ragionare o riflettere, non si vergogna di dividerlo con lei; e amoreggia con Mario nei boschi o in casa, mentre la sorella a letto, ammalata, nella stanza vicina. Dopo poco Mario raggiunge il padre in America e la abbandona. Quasi a vincere un oscuro rancore, Anna diventa l'amante di un ricco giovane di Cecina, Marcello. Non lo ama; ed lei, questa volta, improvvisamente e istintivamente come suo costume, a lasciarlo. Nel piccolo paese, dove basta uno scarto per perdere la reputazione, Anna potr difficilmente trovare un marito. Ma non teme il futuro. Senza desideri e rimpianti, assiste al matrimonio della sorella. Non ha perduto il suo fuoco, e lo esercita a salvare la cugina--la povera, dolcissima Ada con la mano tagliata--dagli inganni del mondo. E non invidiava nessuno... io non ho bisogno di sistemarmi pensava Anna. posso continuare a vivere come vivo. ...Ora, la stessa passione per Mario la lasciava indifferente. E Marcello, aveva contato sempre cos poco per lei... Com'ero sciocca a temere che la mia vita ne fosse sconvolta. Niente, niente avrebbe potuto sconvolgere la sua vita... perch la vita, l'essenza vera della vita, era qualcosa di intangibile. Niente poteva intaccarla: e i fatti, quei fatti di cui si parla tanto, ... erano in realt senza importanza, senza significato. Anna non ha rinunciato a nulla. Le sue apparenti rinunce sono un modo, brusco e istintivo, per mantenersi accanto alla giusta corrente della vita. Obbedisce ad essa nel suo insieme, e si libera dagli eventi e dalle persone che sembrano rappresentarla e la imprigionano solamente. Nella Ragazza di Bube, la forza delicata e ingenua della natura cadeva vittima della storia e dei doveri. Anna, invece, ignora la storia, rifiuta di chiudersi nell'amore per Mario, dimentica Marcello, supera il rimorso per la propria colpa, il dolore per la morte: simile all'esistenza che vince crudelmente tutte le limitazioni e rimane soltanto fedele a se stessa. Per la prima volta, Cassola si veramente confessato in un personaggio. Anna c'est moi -- avrebbe potuto affermare anche lui, osserva Franco Fortini. Lo stesso titolo del romanzo--Un cuore arido-- come una ironica allusione a quel tanto di secco, di duro, di caparbiamente riduttivo, che appare nella sua figura. Ma nel momento che il moralismo di Cassola si trasforma nella persona cos libera e spontanea di Anna, diventa un mezzo sottile e discreto per difendere una mistica della vita. Gli apparenti, sdegnosi no, che egli pronuncia ogni giorno, sono in realt dei profondi s, appena mascherati. L'unica virt umana che riconosca non la rinuncia, che per lui come per Anna un atto volontario e intellettuale, ma l'accettazione, l'obbedienza al ritmo cos difficilmente avvertibile dell'esistenza. Ma cosa dunque la vita, quella vita di cui Cassola parla cos sovente, con un tono insieme abbandonato e discreto? Lo scrittore il suo messaggero e il suo servo, il devoto artigiano di provincia che tenta di approssimarsi a questa essenza intangibile come diceva Anna Cavorzio passeggiando per la pineta di Cecina, a questa assenza di determinazioni, potrebbe aggiungere Cassola. Come definirla, se qualcosa che l'intelligenza non riuscir mai a fissare: se illimitata, inesauribile, supera le nostre misure, i confini che tentiamo di stabilirle, e soprattutto sfugge alle costruzioni superfficiali

della realt? Non la cogliamo nei momenti di felicit e di estasi, ma nella banalit quotidiana, a patto di guardarla con occhi puri. Essa non conosce fratture o antitesi: continua all'infinito, si ripete senza soste, modulata e livellata, stranamente musicale e monotona. un rumore sempre eguale, e che pure non stanca mai, al quale il filo incessante del racconto e delle parole deve adeguarsi perfettamente. Questa idea dell'esistenza commuoveva profondamente Cassola, anche quando sembr rifiutarla. L'aveva intuita nei raccontini giovanili, nelle Amiche e in Rosa Gagliardi, ai limiti del mondo, in un'atmosfera astratta ed estatica. Ma, per qualche anno, questa idea parve costringerlo e impacciarlo. La pura essenza poteva ridursi a un attimo incomunicabile. Allora si immerse nel regno dei fatti, e si diede a raccontare storie di partigiani, di comunisti e di intellettuali, di matrimoni infelici, componendo un'arida enciclopedia del grigiore. Lontano dalla vera vita, le cose gli sembravano in preda alla noia, alla disperata depressione, alla intollerabile desolazione. Da questo mondo, che gli ripugnava e lo affascinava, stava sempre per venire schiacciato e soffocato, e si difese solo a spese della propria arte: distendendo, tra lui e le possibili sorprese degli eventi, la protezione sbiadita di una maniera letteraria. Con Un cuore arido, Cassola riprende l'esile tela delle Amiche. L'apre e la dilata, togliendole quel tanto di giovanile e immaturo, e recuperando la casuale ricchezza della realt quotidiana. Egli rappresenta, a prima vista, quanto usiamo definire realt: quello che accade in un paese toscano tra il 1931 e il 1934, prima della guerra di Abissinia. Ma incomincia coll'abolire completamente la parte della storia. E poi l'esistenza non si esprime, soprattutto, negli attimi di pausa e di sospensione, liberi da ogni disegno, in cui sembra che non accada nulla e il tempo si limiti a scorrere; e nelle improvvise e illuminanti sensazioni irrazionali? Fedelissimo alle cose e insieme lontano da esse, senza un'ombra di lirismo, sorretto da una forza profonda e tranquilla, Cassola infonde in ogni momento della banalit quotidiana il segno inesauribile della vera vita. Quanto ai fatti, diceva Anna Cavorzio, non hanno importanza n significato. Dopo aver diviso cos a lungo i lamenti delle loro vittime, Cassola ci comunica per la prima volta le consolanti intuizioni con le quali possiamo vincerli o accantonarli. Invece di guidare lentamente un individuo verso la propria morte, egli scrive un romanzo pedagogico, dove i fatti sono presenti soltanto come esempio negativo, come una tappa, che il protagonista e il lettore, insieme uniti, trovano la forza di superare. La povera fatuit di Marcello Mazzei, la violenza di Bertini, e perfino il culmine dell'amore tra Anna e Mario--restano in qualche modo esclusi dal filo musicale e continuo, perch pretendono di esistere per conto proprio. Sebbene la loro parte sia ormai infinitamente ridotta, Cassola non pu tuttavia fare a meno dell'ostile grigiore che emanano gli avvenimenti: ha bisogno della loro inimicizia, del loro oscuro livore, per negarli, e distinguersi e contrapporsi senza rimedio. Cassola non Cechov, che assorbiva e scioglieva interamente i fatti nel respiro della sua prosa. Egli non potr mai, io credo, abbandonarsi e accettare del tutto; e scrivere un libro in cui l'esistenza si accontenti di affermare semplicemente se stessa, si ascolti, osservi la continuit del proprio ritmo. Ma proprio questa estrema riserva la ragione pi vera della sua poesia. Tra gli abbandoni e il ritegno, tra la purezza e l'aridit, tra l'illimitato e il limitato, Cassola, simile ancora una volta ad Anna Cavorzio, non sar mai in grado di scegliere. 1961

PIETRO CITATI UN CUORE ARIDO A Manlio Cancogni. PRIMA PARTE. CAPITOLO 1. Il libeccio era durato fino alla notte prima, e un largo tratto di spiaggia era stato spianato e scurito dalla mareggiata. Anna camminava adagio, guardando in terra. Seguiva la traccia di due piedi nudi. Poi la sua attenzione fu attirata da un'orma composta da tre graffiature: pens che l'avesse lasciata un gabbiano. Risal il pendio e si mise a camminare lungo l'orlatura bianchiccia che segnava l'estremo limite della mareggiata. Con la punta del piede smuoveva le conchiglie e i sassolini che la furia delle onde aveva portato fin l. Not un pesciolino morto; e una bava che sotto la carezza del vento sembrava volesse staccarsi da terra e prendere il volo. Le bast sfiorarla, perch si sfacesse. Anna si tir indietro di qualche passo e sedette sulla rena asciutta. Non era una ragazza che desse nell'occhio: bench fosse bene in carne e avesse un personale svelto. I capelli li portava tagliati corti, con una frangetta che le copriva la fronte. Aveva fattezze regolari: precisa la linea arcuata delle sopracciglia, ben modellato il naso, disegnate con nettezza e in rilievo le labbra. Ma il bello di Anna erano gli occhi: verdi, cosa rara in una bruna. E la voce: rauca, quasi cavernosa, che sulle prime poteva riuscire sgradita, poi si rivelava incantevole. Pure, ci voleva tempo per accorgersi di lei; infatti non erano stati molti i suoi corteggiatori: n tra i paesani n tra i villeggianti. Dei colpi la fecero voltare. Doveva essere Enrico che smontava le ultime cabine. L'altro stabilimento era gi stato demolito. La spiaggia era di nuovo libera: si vedeva solo in fondo un barroccio che caricava la ghiaia. Dalla parte del molo, dove il mare aveva mangiato la spiaggia e la poca sabbia rimasta era grossa e scura, c'erano alcune barche tirate in secco e un pescatore intento ad accomodare la rete. C'era anche don Vincenzo che stava entrando in acqua. Si immergeva piano piano, fermandosi ogni tanto a strofinarsi il petto, le braccia e il collo. L'acqua doveva essere parecchio fredda, ma don Vincenzo i bagni li faceva solo dopo che i villeggianti erano partiti. Anna si mise a spianare un piccolo tratto di sabbia. Non le importava che la stagione fosse finita. Lei se la godeva poco: non andava alle feste da ballo allo chalet, n frequentava il passeggio serale in pineta. A parte qualche scappata sulla spiaggia la mattina, sia lei che la sorella durante l'estate facevano la solita vita. Con in pi il disagio di avere gente in casa; e del chiasso che c'era in paese fino a tardi, mentre loro dovevano alzarsi presto. Se Anna non aveva motivo di rimpiangere l'estate, nemmeno si sentiva attratta dai mesi che le stavano davanti. Non potevano pi costituire un'attrattiva per lei le festicciole di carnevale o le recite messe su da don Vincenzo. Quest'anno non reciter. Soltanto andare a prender freddo in quello stanzone... vero che il divertimento erano le prove, gli scherzi per esempio che faceva Livio al cappellano, quando fingeva di aver dimenticato la parte e sbagliava apposta le battute. Don Vincenzo usciva gocciolante dall'acqua. Attravers il banco di ghiaia camminando sui talloni e agitando le lunghe braccia magre per tenersi in equilibrio. Faceva ridere con quel costume

troppo lungo e troppo largo che gli si appiccicava addosso. Corse goffamente verso la rena asciutta, raccolse l'accappatoio e si affrett a infilarlo. Poi, con l'asciugamano, prese a stropicciarsi forte i capelli. Anna torn a guardare dalla parte opposta. Proprio nel punto dov'era il barroccio, la spiaggia cominciava a curvare; continuava cos, per chilometri e chilometri, accompagnata dallo scalino del tombolo. Quasi a met c'era un forte, che serviva da caserma alla finanza. Anna c'era stata una volta in passeggiata con la sorella e la zia. Il suo sguardo indugi sul forte, poi si spinse sui poggi scuri di bosco che chiudevano l'orizzonte. C'era un paese a mezza costa, ma non ne ricordava il nome. Era sempre vissuta a Marina, di quello che c'era altrove si curava poco. I villeggianti venivano dai paesi dell'immediato retroterra, qualcuno anche da lontano, da Firenze, da Roma. La famiglia che prendeva in affitto una camera da loro, era di Firenze. Erano gente alla buona, e le avevano ripetutamente invitate, sia lei che la sorella. Bice una volta c'era andata, per tre o quattro giorni; lei no. Che gliene importava di veder Firenze? C'era un fumo all'orizzonte, proprio in mezzo al mare. Il mare era calmo, ma non cos lucente come in piena estate. Improvvisamente il grigioazzurro del mare si oscur e, insieme, Anna sent stringersi alle tempie. Smettila, mi fai male disse irata, ma la mano non allent la presa. Per quanto scuotesse con forza il capo, non le riusciva liberarsi; afferr il polso: era un polso robusto, da uomo. Smettila, su. Sei Enrico, ho capito. Mi fai il favore di smetterla? La mano allent la presa, e lei pot voltarsi. Non s'era ingannata, era Enrico, le era arrivato zitto zitto alle spalle e le aveva fatto quel vecchio scherzo. Com' che hai indovinato? le chiese. Perch non sentivo pi battere; e poi, chi vuoi che li faccia questi scherzi se non tu? Era stata sul punto di dire: questi stupidi scherzi; ma s'era fermata in tempo. Enrico era un pezzo d'uomo, con le spalle larghe e le braccia muscolose; e con la barba dura e fitta sulle guance e sul mento. Ma aveva sempre lo stesso carattere permaloso di quando era ragazzo. Allora, Annina, cosa mi racconti? Tu piuttosto. Io? Io sono un uomo felice. Oggi smonto le ultime cabine... e cos, se Dio vuole, finita. Chiuso e tracci una croce sulla sabbia. Non se ne riparla pi per due anni. In primavera vado a fare il soldato. Anna taceva, sperando che se ne andasse. Aveva voglia di star sola; e poi c'era qualcosa, in Enrico, che la metteva a disagio. Non era mai naturale: parlava in modo sforzato, rideva in modo falso. Per di pi era sboccato; e aveva il vizio di mettere le mani addosso. Due anni prima, le aveva fatto la dichiarazione, e lei gli aveva detto di no. Da allora, non le aveva pi parlato d'amore; ma dal modo come la guardava, Anna aveva motivo di credere che sperasse ancora. Anche per questo, la imbarazzava star con lui. Che ore sono? gli chiese. Le tre e mezzo rispose Enrico; e poich lei dava segno di volersi alzare: Aspetta un momento! un secolo che non ci vediamo e se non si approfitta dell'occasione per far due chiacchiere... Ma se ci siamo visti tutte le mattine fino a pochi giorni fa... Allora avevo troppo da fare. Corri di qua corri di l agli ordini dei signori bagnanti... Ma ora ti riposi per un bel po'.

Ora comincia quest'altro bel lavoro... di combattere con tutti quegli ubriachi. Ma se tua madre che fa tutto, andiamo. Mia madre fa... quello che pu fare una donna. Ma per mettere fuori un ubriaco, ci vuole un uomo. E poi l'inverno, anche se non ti ammazzi dal lavoro, muori dalla noia. Quando ti cominciano quelle libecciate che durano una settimana... inutile aggiunse dopo un attimo e come parlando tra s la sola cosa da fare prender moglie. Almeno, quando hai moglie, stai bene anche in casa. Puoi infilarti a letto e rimanerci finch dura la mareggiata . Tu cosa ne dici? Io dico che devo andarmene. ciao. Lui la guard con un sorriso incerto, poi si alz e la segu senza dir niente. In cima alla spiaggia, Anna ritrov le ciabatte. Ciao disse ancora, senza voltarsi; e si avvi verso casa. CAPITOLO 2. Erano le quattro passate quando entr nella stanza da lavoro: Bice stava gi cucendo davanti alla finestra. Senza dir nulla, Anna prese uno dei cappotti ammonticchiati sopra il tavolo e cominci anche lei a lavorare. Lavoravano davanti alla finestra per via della luce, ma anche per distrarsi dando ogni tanto un'occhiata fuori. Attaccare le mostrine e i numeri non era un lavoro che richiedesse molta attenzione, e le due sorelle avrebbero potuto chiacchierare tutto il tempo, se ne avessero avuto voglia. Ma Anna era poco loquace; e Bice si stancava di parlar sempre lei. Sul tardi venne a trovarle Lina. Bice la abbracci, come se non si fossero viste da chiss quanto tempo. Anna a fatica le diede la mano. Lina aveva portato un romanzo a Bice; cominci a raccontarglielo. Anna la interrruppe: Perch glielo racconti? Poi non ci prova pi gusto a leggerlo. Una volta tanto Bice fu d'accordo con lei: Si, non stare a raccontarmelo tutto! Dimmi solo se alla fine si sposano. No, non si sposano... Capisci? Lui un ufficiale, non pu sposare una del popolo. Ora devo andare disse alzandosi. Sentite, ragazze: dopo cena, usciamo? zia torn verso le otto. Quando le dissero che sarebbero uscite, storse la bocca: non aveva piacere che andassero fuori la sera, ora che la stagione era finita. Anna fu pronta in due minuti. Aspettando che la sorella completasse la toeletta, si affacci alla finestra, che dava sulla distesa di orti e campi. Rossa, un po' schiacciata dai vapori ai lati, la luna era appena emersa sull'orizzonte di gobbe nere. Anna la guard per qualche istante: e si sent invadere da un'irragionevole felicit. Sbrigati, che c' la luna disse alla sorella. Incontrarono l'amica subito alla cantonata. Veniva avanti col suo passo svelto ed esclam: Ho fatto prima di voi. Tornarono indietro tenendosi sottobraccio. Tra la chiesa e la pineta si stendeva uno spiazzo sabbioso, attraversato da un abbozzo di strada. Nel mezzo c'era lo chalet in muratura dove l'estate facevano le feste da ballo. Com' che cos buio? disse Bice. Ti sembra buio perch non vedi lo chalet illuminato rispose Lina. A proposito, lo sapete di Marisa? Dicono che non vero che sia andata a servizio. Ma se ho incontrato la madre replic Bice e mi ha detto che Marisa contenta, perch ha trovato una famiglia che la tratta come una figliola...

S, questo ci che scrive alla madre. Invece dicono che quell'uomo la mantiene... La gente fa presto a inventare le cose ribatt Bice. Io credo che sia vero intervenne Anna. Senti, io non ci posso credere... cominci la sorella. Perch? Sarebbe forse la prima volta che una ragazza di Marina fa quella fine? Basta perdere la testa un'estate... Marisa cos ha fatto. Che c'entra: Marisa ha avuto sfortuna. Quello le aveva raccontato di essere scapolo... Ha avuto sfortuna perch non ha avuto cervello insist Anna. Marisa rimasta accecata disse Lina. vi ricordate che bell'uomo era... Io la so tutta la storia aggiunse dopo un momento. Quel signore era di passaggio... ma dopo aver visto lei, decise di fermarsi... La sera, la portava a ballare... Perci dico che non ha avuto cervello fece Anna. Come poteva illudersi che un signore sposasse una cameriera? Vedi, bisogna anche capire disse Lina. Una che fa la cameriera, per forza esposta alla tentazione... Noi che stiamo sempre chiuse in casa, dobbiamo dire la verit, ci mancano anche le occasioni... Storie fece Anna. Marisa le occasioni le andava a cercare. Era una ragazza leggera, questo lo ammetterai almeno? Tutti i giovanotti di Marina ci s'erano divertiti. Anna, tu fai troppo presto a giudicare disse Lina. Marisa era innamorata, e quando una innamorata, perde la testa. Io non ci credo a questa storia dell'amore. Non ci credi perch non hai ancora provato ribatt Lina. Il viale di pineta era deserto. Le sagome dei villini erano buie; e nere e compatte le masse di sottobosco nei giardini. Oh, guardate, i Semoli ci sono ancora esclam Bice. Si sentiva confortata che almeno un villino fosse abitato. La luce della finestra a pianterreno si spargeva sulla ghiaia, schiarendo di sbieco gli oleandri che fiancheggiavano il vialino. Dietro le tendine si profil l'ombra di un uomo. Che persona distinta il dottor Semoli disse Lina. Anche la signora fece Bice. La figliola no, non mi piace. A proposito, lo sai con chi fa all'amore? Almeno dicono. Anna camminava per conto suo, provando un crescente fastidio per le chiacchiere della sorella e dell'amica. Li sapeva a memoria, quei discorsi. E le sembravano talmente sciocchi... Lei non aveva nessuna esperienza dell'amore; tuttavia era come se sapesse gi tutto. Era una sensazione curiosa. Fin da quando era bambina, le sembrava di aver gi saputo tutto. Che squallore Marina quando finita la stagione disse Bice. un mortorio, proprio. La luna appariva e spariva fra i tronchi neri dei pini. Non arrivarono nemmeno in fondo al viale e piegarono verso la spiaggia, prendendo per un sentiero fra la rete metallica di un giardino e un terreno incolto. Quando furono sbucate al di l delle dune, rimasero colpite dalla bellezza dello spettacolo. Una striscia di mare illuminata dalla luna emergeva dal buio. Partiva dall'orizzonte e veniva diritto verso di loro. Sembrava una striscia di stagnuola. Avanzando, si ondulava: finch, troppo tesi per reggere allo sforzo, i cavalloni si rompevano in uno scintillio di spume. Com' bello il chiaro di luna disse Lina. proprio l'ideale, per fare all'amore. Laggi, se non sbaglio, c' una coppia disse Bice. Andiamo a disturbarli propose Anna.

Si misero a camminare sulla sabbia battuta. I due erano seduti a met della spiaggia e si tenevano abbracciati. Sono il barbiere e la moglie disse Lina piano. Figurati fece Anna delusa. Aggiunse: Due che sono sposati, c' proprio bisogno che vengano ad abbracciarsi sulla spiaggia. . . Si vede che non hai un'anima romantica le disse Lina. No fece Anna ridendo. Ho un'anima pratica, io. Penso che a quest'ora la rena dev'essere bella umida... C' da bagnarsi ben bene il sedere. Era tardi, e dovettero tornare sul viale. Una volta in piazza, Lina insist perch la accompagnassero. Lei abitava un po' fuori del paese. La strada era deserta, le porte erano chiuse, anche le finestre erano quasi tutte buie. La gente aveva gi ripreso l'abitudine di andare a letto presto. Le tre ragazze camminavano in silenzio. Sulla facciata dell'ultima casa interamente illuminata dalla luna spiccava una scritta tracciata col carbone. Cos'? fece Anna fermandosi. Si avvicin e cominci a leggere forte: Marisa .... Non fin di leggere. Che mascalzoni disse Lina scriverglielo proprio accanto alla porta di casa. Bisognerebbe andare a prendere un cencio bagnato, per cancellarlo. A che scopo? disse Anna. Domani sera tornerebbero a scrivercelo. E poi la gente lo pensava di gi. Ma aveva fatto impressione anche a lei vedere la scritta. CAPITOLO 3. Enrico lo rivide il pomeriggio del giorno dopo, uscendo dalla bottega di Zaira. ciao le disse. Si sforzava di apparire disinvolto. Dove vai? A casa; dove vuoi che vada? Cos'hai comprato? Acciughe; ti piacciono? Forse Enrico si trovava l per caso e non aveva altra intenzione che di scambiar due parole. Secondo come le fai. Noi non le facciamo in nessun modo; le mangiamo cos. Il figlio di Corrado, sciancato e con la testa grossa, era sulla porta accanto e li guardava col suo sorriso ebete. Be'... ciao disse Anna. Vengo anch'io fece Enrico. Anna era seccata. C'erano delle donne sedute fuori delle porte, e per una ragazza era compromettente farsi vedere a parlare con un giovanotto: fosse pure per pochi momenti. D'estate era diverso, la gente era abituata a vedere i giovanotti e le ragazze insieme, anche la sera dopo cena. Ma non appena la stagione era finita, le vecchie regole riprendevano il sopravvento, e gli sguardi di curiosit delle donne erano l a confermarlo. Almeno, se Enrico avesse detto qualcosa. Meglio infatti farsi vedere che parlavano; stando in silenzio, destavano maggiori sospetti. Volevo chiederti una cosa, Anna disse improvvisamente Enrico. Si ferm: anche lei fu costretta a fermarsi. Quest'anno prenderai parte alla recita? No, non ne ho voglia. Peccato... era un'occasione per stare insieme. Non ricominciare con questi discorsi, ti prego. Perch? Perch sono inutili. Che intendi dire? Che non possibile quello che tu vorresti. Io non me la sento.

Perch non provi? Anna lo guard. Voglio dire, se cominciassimo a stare insieme, forse anche tu finiresti col sentire... un po' di simpatia per me. No disse lei. Sarebbe inutile. Mi dispiace aggiunse vedendo Enrico incupirsi. meglio che tu smetta di pensare a me. Vedrai che ti passa. Ci sono tante altre ragazze! Mi forse passata in questi due anni? S che t'era passata. che adesso la stagione finita, non hai pi niente da fare e allora... Dei mali d'amore si guarisce presto concluse sorridendo. A un tratto Enrico fece: Tu... vero quello che dicono, che non senti niente. Tu non hai cuore, ecco. Tu... ti diverti a farmi soffrire. Io... Non disse altro: le volt le spalle e si mise a camminare in fretta. Enrico fece Anna, stupita e anche un po' sgomenta; ma lui non si volt. Lo guardava, una sera, dalla finestra: l'oscurit aveva invaso la stanza e lei stava un po' scostata dal vetro, sicch era sicura di non esser vista. Enrico era fermo in bicicletta che discorreva con Livio. Li vide accendersi le sigarette, battersi dei colpi sulle spalle; e scoppiare a ridere. E a lei fece piacere che Enrico fosse allegro. Ma di l a poco Livio se ne and al Dopolavoro; Enrico fin di fumare, e rimont in bicicletta. Pedalando adagio, arriv fin quasi alla chiesa, poi torn indietro. Fece un altro paio di giri; da ultimo si ferm davanti al Dopolavoro. Anna sper che appoggiasse la bicicletta al muro ed entrasse anche lui; ma non fu cos, e del resto che ci sarebbe entrato a fare? Al Dopolavoro gli uomini si riunivano per giocare; oppure per parlare di sport. Enrico non giocava: diceva che le carte gli facevano venire il mal di testa e che il biliardo gli sembrava la cosa pi stupida del mondo. E di sport non s'era mai interessato, nemmeno da ragazzo. perch cos?, si chiedeva Anna. Anche da ragazzo era strano. Si ricord di quando veniva a chiamarla per giocare a campana; di come correva a cercare il gesso e si affannava a tracciare le righe e a segnare i numeri... Dopo un po', gli passava la voglia e smetteva di giocare. Anna! Che fai? Metti il brodo. Era la zia, che quel giorno era rimasta a casa, perch non stava bene. Anna and in cucina, accese il fuoco, mise la pentola a scaldare; poi se ne torn in salottino, al suo posto di osservazione. Enrico era sempre l, appoggiato alla bicicletta, nel cerchio di luce della lampada infissa sopra la porta del Dopolavoro. Non si decideva a entrare e nemmeno a risalire in macchina. Era solo con la sua passione, e Anna si sentiva sgomenta di avergliela ispirata. Avrebbe voluto farlo contento: ma per farlo contento bisognava che accettasse di fidanzarcisi. forse gli basterebbe anche meno, che gli dessi una speranza. Forse questo gli sarebbe bastato, almeno per qualche tempo. Poteva anche dargliela, un po' di speranza: tanto presto sarebbe dovuto andar lontano: e stando lontano gli sarebbe passata. avrei dovuto dirgli in un altro modo: che per ora non mi sento, ma che in avvenire, chiss... Un pomeriggio usc con l'intenzione di vederlo e di dirgli questo. La baracca era in muratura per la parte che serviva da abitazione: con le finestrelle basse da terra s che Anna, passando, pot dare un'occhiata dentro. Vide soltanto la vecchia Cherubina, la nonna di Enrico: che stava rifacendo i letti. Lo stanzone che serviva da mescita e da trattoria era di legno: con le imposte aperte, come in piena estate. La madre di Enrico sciacquava i bicchieri con la sua solita aria arcigna. C'era il maresciallo di finanza appoggiato al banco; e quattro

pescatori che giocavano a carte. Anna gir intorno alla baracca e scese gi per la spiaggia. La vista del mare, come sempre, le diede un senso di calma; quasi le fece dimenticare lo scopo della passeggiata. A una finestra alta della caserma erano affacciati alcuni soldati: parlavano e ridevano forte. Poi Anna intese un sibilo. Cap che era indirizzato a lei; e si affrett ad allontanarsi lungo la riva. Il mare era calmissimo, arrivava fino al banco di ghiaia con un rigonfiamento appena percettibile; qua e l, nemmeno riusciva a rompersi. Anna camminava guardando in terra, con quel leggero sciacquio negli orecchi; un po' intontita dal sole. Alzando gli occhi vide una figura lontana. Andando avanti ancora, distinse i calzoni grigi, la camicia chiara: era lui, Enrico. Si domand che cosa lo avesse spinto a fare una passeggiata cos lunga: Enrico era pigro, se doveva andare di qui a l prendeva la bicicletta. Anche lui l'aveva vista: si ferm. Si ferm anche Anna. Enrico raccatt un sasso, e chinandosi di fianco lo scagli con violenza: il sasso rimbalz sulla superfficie dell'acqua ricadde dopo aver descritto un arco, e fece poi tanti salti ravvicinati, sollevando una catena di piccoli spruzzi. Lui raccatt un altro sasso e ripet il gioco. Anna s'era seduta; Enrico continuava a far rimbalzare i sassi sull'acqua. Doveva essere mortalmente offeso per comportarsi cos. Anche Anna s'ebbe a male del comportamento di lui; si alz, risal la spiaggia e si addentr tra i monticelli di sabbia. Trov un viottolo maleodorante e attravers la barriera di pinastri, mortelle, ginepri; prima di arrivare sul viale, si lev le scarpe e ripul i piedi dalla rena. Nello stesso momento, Enrico sbucava anche lui sul viale, cinquanta metri pi in gi. Anna torn indietro lentamente, guardando dentro i giardini attraverso le sbarre dei cancelli e sopra i muretti di cinta. Si ferm davanti al giardino del dottor Semoli. Le persiane erano chiuse, segno che il villino era disabitato. C'era un gatto che si sporgeva dal cornicione, miagolando lamentosamente. Forse non sapeva come fare a scendere. Sentendo un passo alle spalle, Anna fu tentata di rimettersi in cammino. Invece si volt; gli and incontro decisa: Non devi fare cos, Enrico. Lui non disse niente. Io... non avevo intenzione di offenderti. Mi hai capito male. Lui continuava a tacere; nemmeno la guardava. Volevo solo dirti che non sono ancora sicura dei miei sentimenti. Questo era pi di quanto si fosse ripromessa di dirgli, ma fu contenta che Enrico sollevasse gli occhi rianimato. Volevo anche dirti che ci ho ripensato e prender parte alla recita. Cos ci potremo vedere senza dare nell'occhio. Anche questo, le era venuto in mente l per l, sempre per farlo contento. Ora per meglio separarci; io torno indietro e tu passi dalla spiaggia. Va bene? la sera lo vide girellare di nuovo in bicicletta. Lo vide attaccar discorso con Livio; poi far parecchie volte il giro della piazza, piano piano, mettendo ogni tanto il piede a terra. E dare frequenti occhiate verso la sua finestra. Si vedeva che era contento. A lei faceva piacere di averlo reso contento. CAPITOLO 4. Le prove erano finite. I bambini si precipitarono per le scale urlando, mentre i giovanotti si fermavano sul pianerottolo ad accendere le sigarette. Enrico trov il modo di restare indietro con Anna: Che fai domani? le chiese.

Zia vuole portarci a cercare i funghi. Allora ci si vede in pineta. Ma mi raccomando, fingi di esserci capitato per caso. Anna, mi accompagni? disse Lina. Che ore sono? Le sette; non mica tardi . Salut gli altri dando la mano a tutti, anche a Giancarlo, che aveva quattordici anni. Lina era cos, ci teneva a far vedere di essere educata, mentre loro di Marina a queste cose non ci guardavano. Prese Anna sottobraccio: Sai? quando mi lamentavo di essere in miseria, non mi pareva nemmeno di recitare. Se continua di questo passo, ci toccher davvero mangiare pane solo. Il curatore del fallimento aveva ridotto l'assegno a cinque lire il giorno: Prima ce ne dava otto, poi sette, poi sei e ora cinque. Con cinque lire, a fatica ci paghi l'affitto e ci compri il pane e il latte. vero che lei dava qualche lezione di francese: Ma non mi bastano nemmeno per rivestirmi. Be', non pensiamoci disse scuotendo il capo e ridendo. Tanto, quando te la sei presa ben bene, sei al punto di prima. Anche in famiglia, cerco di essere allegra... Mia madre si fa forza, ma mio padre, dovresti vedere com' ridotto. Sono mesi che non esce di casa, da quanto avvilito. Anna capiva che avrebbe dovuto dir qualcosa; ma non ne fu capace. Lei era fatta cos, non sapeva esternare i propri sentimenti: per questo la giudicavano senza cuore. Invece, era davvero rattristata dalle parole dell'amica: la accompagn fino a casa e le disse Domani si va in pineta a far funghi; perch non vieni con noi? Domani, mi tocca rimanere in casa. Mamma va a Cecina, e io bisogna che rimanga con pap. Non ci fidiamo a lasciarlo solo... Povera Lina. Non era bella, e ormai aveva perduto la freschezza della prima giovent. Magra com'era dimostrava trent'anni, invece di ventiquattro. La pelle le s'era gi sciupata: quando rideva, le si formavano tante piccole grinze agli angoli della bocca. Be ... arrivederci, allora disse Anna. Forse avrebbe dovuto abbracciarla; Bice, al suo posto, l'avrebbe fatto. Il giorno dopo, uscirono subito nel primo pomeriggio. Non imboccarono il viale a mare, ma l'altro dietro: fiancheggiato anch'esso dalla pineta, rada e senza sottobosco. Dalla parte della campagna c'era una fila di villette, quasi tutte a un piano e di minori pretese rispetto a quelle che si trovavano sul primo viale. Le due sorelle camminavano a braccetto, come sempre quando erano fuori insieme; la zia le precedeva di qualche passo, smaniosa di uscire dal paese. Era lei che le spingeva alle passeggiate; loro, non si sarebbero mosse mai da Marina. La pineta e la fila di villette finirono insieme, e il viale si convert in una stradina di campagna, tra un vivaio di pioppi e una siepe di tamerici che riparava un frutteto. La siepe s'interruppe, e lo sguardo spazi libero verso la campagna. Le due sorelle alzarono appena gli occhi sulla pianura, arida e spoglia nel primo tratto, fitta d'alberi in lontananza. Per loro la campagna non aveva alcun interesse. Uno di questi giorni dobbiamo arrivare da Bertini disse la zia. Bertini era un suo cugino, mezzadro in uno dei primi poderi. Mi ha promesso una covata; se lasciamo passare dell'altro tempo, finisce che la d via. Oltrepassato un ponticello, piegarono verso il mare. Il viottolo correva sull'argine. C'era cattivo odore: il fosso serviva da scolo allo zuccherificio. Nei mesi estivi, quando lo zuccherificio era in piena attivit, l'acqua era color

mattone. Davanti alle dune, il fosso impaludava. Tra i giunchi e le canne si scorgeva l'acqua scura; e, ai margini, il fango secco inciso dalle crepe. Una cosa verde su cui Bice stava per mettere il piede fece un improvviso schizzo saltando nella palude; lei emise un grido di spavento. La zia rise: Hai paura di un ranocchio? Si vede proprio, figliole, che non avete confidenza con la campagna. Come tu non hai confidenza col mare ribatt Bice. Di l dalla palude la pineta era quasi allo stato selvaggio. Cominciarono subito a trovar funghi. Non avevano nemmeno bisogno di frugare sotto i cespugli: li trovavano negli spiazzi coperti d'aghi di pini, negli avvallamenti erbosi, perfino sui monticelli di sabbia. Ce n' talmente tanti che non c' gusto a cercarli osserv Anna. Cogliete solo quelli piccoli, mi raccomando disse la zia. Lei se li metteva in grembo, tanto era vestita da casa; mentre loro due andavano via via a posarli nel paniere. Che schifo! Guarda come ci si concia le mani disse Anna. E mostr a Bice i polpastrelli delle dita diventati viscidi e scuri. Enrico veniva avanti per il viottolo a ridosso del tombolo, pedalando adagio. Salve disse mettendo il piede a terra. Che state facendo? E che, non lo vedi? rispose Bice. Cerchiamo i funghi, per seccarli. E li avete trovati? Per tutta risposta Bice mostr le palme aperte: Vuoi che ti faccia una carezza? Scommetto che da lei la gradiresti anche cos aggiunse maliziosamente. Enrico guard Anna, che fece finta di nulla. Perch non ci aiuti? disse ancora Bice. Mica mi voglio conciare le mani in quel modo rispose Enrico. Se hai le dita pi gialle delle nostre, con quanto fumi. Ma il tabacco una cosa pulita; mentre sui funghi vattelapesca cosa c' passato. Aspetta che te lo dico: ci hanno sbavato le lumache; ci hanno pisciato i rospi... Smettila per carit fece Bice ridendo; senn davvero non ho pi il coraggio di prenderne in mano uno. Finse di allarmarsi perch la zia era scomparsa: Vado a cercarla; cos state un po' soli. Anna si stizz di quella complicit non richiesta. Era gi pentita di aver detto a Enrico di venire; si rimise a cercare i funghi. Anna. Che c'? rispose senza voltarsi. Devo... dirti una cosa. Lei si raddrizz: Parla; cos'hai da dirmi? Lui aveva appoggiato la bicicletta a un tronco e le era venuto vicino: Anna... siamo soli. E allora? Un'occasione cos, chiss quando ci si ripresenta... Insomma, che cosa vuoi? Lui era impallidito; le mani gli tremavano. Inghiott pi volte; alla fine riusc a dire: Diamoci un bacio. Lei scosse la testa: No disse. Lo guard negli occhi: Enrico, devi stare ai patti. Ho acconsentito a vederti una volta ogni tanto, ma niente pi. Ma perch? Perch? Te l'ho detto perch.

Anna, lascia che ti dia un bacio. Non insistere, ti prego. Un bacio. Uno solo e le si era fatto pi vicino. Smetti, Enrico. Ti prego, fammi questo favore. No, Enrico; non possibile. Guardava dalla parte dov'era scomparsa la sorella, sperando di vederla tornare. Lui interpret quell'occhiata come se avesse paura di esser vista; intese rassicurarla: Non ci vede nessuno. Lo so. Ma io non voglio. Perch? Cosa ti costa, un bacio? Non mi va e cominciava a essere irritata. Enrico, non insistere. Guarda che se fai cos, smetter anche di vederti. E con voce raddolcita: Sii ragionevole, Enrico. Io acconsentir a farmi baciare quando sar sicura di volerti bene. Ma devi lasciarmi il tempo... Lui sembr persuaso; si allontan di qualche passo, tir fuori una sigaretta, l'accese. Era penoso vedere quanto era agitato; ma lei era decisa a non fargli altre concessioni. Per non guardarlo, si rimise a cercare i funghi. Pensava: sono gi andata troppo oltre, con lui. Infine, assurdo che l'accontenti, io non ho nessuna intenzione di fidanzarmi. Forse in questo modo ho fatto peggio, non avrei dovuto incoraggiarlo. S, sar meglio troncare... Mentre si raddrizzava, si sent cingere alla vita. Un bacio implor Enrico. Mi contento di un bacio solo. Lei lo guard fisso: Se avessi saputo che avevi queste intenzioni, non ti avrei detto di venire. Sar bene spiegarci chiaramente, Enrico. Io ti ho voluto lasciare una speranza ma tu non devi abusarne. O io non vorr pi vederti... Lasciami subito, hai capito? O sar peggio per te. Lui sent che non era una vana minaccia, lo sent dalla voce di lei, pi rauca del solito dalla fredda determinazione che si leggeva nei suoi occhi verdi, ma era troppo eccitato, e non pot frenarsi. Si chin per baciarla. Lei torse il viso, lui le sfior la guancia, impresse alla cieca le labbra sui capelli, sul collo. Poi si sent respingere con violenza, barcoll e per poco non perse l'equilibrio. Villano. Si guardarono per qualche istante, lei era furibonda, stava per dirgli che andasse al diavolo, che non le comparisse pi davanti; ma Enrico la prevenne. Bruscamente si volt, afferr la bicicletta, le fece descrivere un mezzo giro in aria; ci mont, e si allontan in fretta. CAPITOLO 5. Nel primo tratto non c'erano case, come non c'erano alberi. I poderi, a cui appartenevano quei vasti terreni seminativi, erano dietro i primi campi alberati. Al podere di Bertini si arrivava per un largo viottolo erboso. In bicicletta, non era agevole andarci, specie ora che i solchi lasciati dal carro si erano riempiti di acqua piovana: Anna e la zia quell'ultimo tratto lo fecero a piedi. Il piazzale era coperto da una mota nerastra: Anna si ferm, timorosa di sporcare le sue scarpette bianche. La zia and avanti spedita, spinse la porta e disse: permesso? Vieni, Anna aggiunse con impazienza. Comparve la moglie di Bertini. Sotto la pezzuola nera che le cingeva la fronte, gli occhi non sembrarono per nulla contenti di vedere una parente. Oh disse. C' anche Anna fece la zia. Entrate disse la donna.

La cucina era uno stanzone che riceveva luce da una sola finestra, per di pi piccola e velata da una rete, messa a protezione dalle zanzare. Ma la poca luce non nascondeva a lungo la povert dell'ambiente. La fuliggine aveva annerito le pareti; dal soffitto pendevano alcuni involti di carta gommata punteggiati di mosche morte; l'impiantito a mattoni in un punto era sconnesso, in un altro avvallato; la scarsit di mobilio faceva apparire ancora pi vasta, nuda e squallida la stanza. Inoltre, Anna fu sgradevolmente colpita dall'odore di cavolo. Ficcando gli occhi nell'oscurit del focolare, distinse il paiolo nero appeso alla catena grommosa, e si accorse che ne usciva un vapore denso e bianco. I Bertini erano ricchi, almeno cos diceva la zia: pure, non mangiavano che zuppa di cavolo. Bertini non c'? a Cecina rispose la donna. I tuoi figlioli come stanno? Anna prestava poco ascolto ai loro discorsi. Non sapendo che fare, si avvicin alla credenza e guard le fotografie infilate nella cornice del vetro. Ce n'era una di Bertini in divisa, con la testa rapata, i grossi baffi neri, l'orlo bianco del colletto che spuntava dal bavero abbottonato della giubba. Doveva essere una fotografia del tempo di guerra. Ce n'era una di Amos, il minore dei maschi, anche lui in divisa: la donna stava dicendo che l'avrebbero congedato al principio del nuovo anno. A Enrico, quando gli toccher partire? pens Anna. non vedo l'ora che parta, almeno finir questa storia. Non lo aveva pi rivisto, da quel giorno in pineta; nemmeno alle prove si era pi fatto vedere. come se l'avessi offeso. Semmai ero io che avrei dovuto sentirmi offesa. Che stai l in piedi. Accomodati le disse la donna. Grazie rispose Anna. Esit un momento prima di sedere sullo sgabello che le era stato indicato; non si giovava di niente, in quella casa. Le poche volte che c'era stata a desinare, non aveva mangiato quasi nulla. E Armida? domandava la zia. Armida era sposata, e aveva gi tre bambini, bench fosse ancora molto giovane. Ora era di nuovo incinta: la donna stava dicendo che aveva una brutta gravidanza. L'abbiamo anche fatta segnare dallo stregone... E pensare che le altre volte li ha tenuti in corpo che nemmeno se n' accorta. Mi ricordo del primo, le si ruppero le acque mentre era alla festa al Braccio di Bibbona.. . Oh, ecco Bertini. Si sentiva il rumore di una motocicletta. Uscirono sul piazzale mentre l'uomo sbucava dal viottolo. Senza far caso a loro, descrisse una semicerchio, andando a fermarsi sotto la tettoia. Poi, con calma, sleg la cesta sistemata dietro il sellino. Lo vedi chi c' disse la moglie, e Bertini per tutta risposta: Salve fece, e aggiunse: Prepara la cesta per domattina. Lui era sempre fuori con la motocicletta, tutto il lavoro nei campi e nella stalla lo facevano le donne. Ma non c'era da scandalizzarsi, in campagna era cos, le donne erano schiave: la zia lo diceva sempre; cosa che non le impediva di rimpiangere quella vita. L'uomo fumava, ignorandole; quando la zia gli ricord la covata, rispose sgarbatamente che le aveva date gi tutte via. La zia non os rinfacciargli la promessa. Era una donna risoluta, che in paese non si faceva mettere i piedi sul capo da nessuno; ma l in campagna, era ripresa dalla vecchia soggezione agli uomini. Andiamo, zia le disse Anna piano. Perch? ancora presto rispose la zia forte.

Voglio fare una visitina alla stalla... Hanno figliato bene le mucche? domand a Bertini. S, rispose lui asciutto. Quanti vitelli hai ora nella stalla? Cinque rispose l'uomo, e con tono appena pi gentile aggiunse: Valli a vedere. Sento trinciare il foraggio, dev'essere Ada. La stalla era lunga e buia, calda dei fiati delle bestie e con un forte odore di strame. Meno nauseabondo, comunque, dell'odor di cavolo. Ada smise di girare la ruota appena le vide entrare, ma non disse nulla, limitandosi a sorridere timidamente. La zia la baci su una guancia. Perch non vieni mai a trovarci? le disse. State cos lontane si giustific la ragazza. Era esile e pallida, coi capelli fini che tendevano al biondo; non la si sarebbe detta una contadina. Era graziosa, se non proprio bella; ma le mancava una mano: le era stata portata via di netto dalla cinghia della trebbiatrice. Quel moncherino faceva impressione a Anna, e le impediva di essere espansiva con lei. Lontane? ribatt la zia. Se c' mezz'ora di strada. La domenica, per esempio: perch non vieni mai a trovarci? La domenica per noi come gli altri giorni rispose Ada. La stalla d sempre il solito lavoro... Tutto a te fanno fare? insist la zia. La ragazza non rispose; sorrideva soltanto. Ora voglio vedere i vitellini; vieni anche tu, Anna. Anna non si mosse. faticoso trinciare il foraggio? domand. Non tanto rispose la ragazza. Per me magari pi faticoso, perch non posso cambiar braccio. Fammi provare. Spinse con forza la ruota, ma questa si arrest subito: la lama penetr appena nel fascio d'erba, che avrebbe invece dovuto mozzare di colpo. Come, dici che non fatica? Io non ce la faccio. In principio, ci vuole pi forza ammise la ragazza. Ma quando s' dato l'avvio... Col moncherino assest il foraggio; impugn la manovella e diede una vigorosa spinta alla ruota. Il mazzo fu reciso dalla lama; la ruota gir liberamente e quasi senza bisogno di un'altra spinta mozz un'altra volta il foraggio. Vedi? disse. Non difficile. Non difficile, ma faticoso ripet Anna. E indicando il mucchio gi tritato: Questo ti basta per tutte quelle bestie? La ragazza si mise a ridere: Ma s! Questo, non nemmeno un terzo di quanto ne devo trinciare. Come se temesse di aver perduto anche troppo tempo, si rimise con lena al lavoro. Anna! Vieni a vedere questo vitellino grid la zia. Era un vitellino che aveva pochi giorni. Ancora non si reggeva in piedi; provava ad alzarsi, ma una volta in ginocchio ripiombava gi. Era libero, accanto alla madre: che ogni tanto si chinava a leccarlo. Dimmi se non un amore. carino ammise Anna. Come? fece la zia. Non si sentiva nulla, col rumore del trinciaforaggi. Ho detto che carino ripet Anna; ma non che lo pensasse. Quel muso roseo, quegli occhi umidi, non erano fatti per piacerle; e poi aveva la pancia e le zampe sporche di giallo. Andiamo, zia; senn si fa tardi davvero. Quando furono sulla strada, e poterono montare in macchina, Anna disse: Cos, abbiamo fatto il viaggio invano. Ma almeno abbiamo preso un po' d'aria rispose la zia, e diede un'ultima occhiata al podere. Voi ragazze, siete proprio pigre; pi in l della pineta, non volete mai andare.

Dovettero mettersi una dietro l'altra, perch il fondo era cattivo. Non c'era che seguire il fascio di strisce lasciate dalle altre biciclette: il quale si spostava da una parte all'altra della strada, per evitare i ciottoli e le buche. Le loro ombre e quelle delle biciclette giacevano sulla distesa uniforme di zolle. Il sole era ormai basso sopra la pineta; questa era una massa oscura, attraversata da colonne luminose. Anna non aveva pi tanta fretta di tornare. Sia pure procedendo obliquamente, la strada si andava avvicinando alla pineta; e la pineta, per Anna, era gi Marina. Quando arrivarono a casa, erano le sei; Anna mangi una fetta di pane condita con l'olio, perch la passeggiata le aveva messo fame; and un momento in camera a ravviarsi i capelli, e si affrett a uscire di nuovo, perch aveva le prove. CAPITOLO 6. C'erano gi tutti: Lina, Livio, Giancarlo e il gruppo dei bambini. C'era anche il figlio di Corrado: che aveva almeno vent'anni, ma se ne stava sempre tra i bambini. Il cappellano la rimprover: Come mai sei in ritardo? Dov' Enrico? aggiunse subito dopo, come se solo allora si fosse reso conto che mancava. Non lo so rispose Anna. Va l che lo sai la stuzzic Livio. Lei si secc: No, non lo so; perch dovrei saperlo? Silenzio intim il cappellano. Era arrabbiato: Cos non si pu andare avanti. O venite tutti, e venite puntuali, o pianto baracca e burattini. Santo Dio! eravate pi seri quando eravate piccoli. Mand un ragazzo a chiamare Enrico, ordin a Anna di studiarsi la parte e fece provare a Livio e Lina la scena del primo atto. Anna leggeva il copione, ma il suo pensiero era altrove. Le seccava che scherzassero gi su di loro. Quando Livio le aveva detto in quel modo, era stata sul punto di rispondergli: Ma se non lo vedo da dieci giorni! Il ragazzo torn di corsa a dire che Enrico stava venendo. Lo sentirono salire le scale e finalmente comparve. Il prete, infervorato a correggere la recitazione dei protagonisti, non fece caso a lui. Invece di venire avanti, Enrico rest sulla porta. Anna fin col provare fastidio di averlo alle spalle; e si gir a guardarlo. Enrico trasal e finse di esaminare con attenzione lo stipite della porta. che sciocco pens Anna. potrebbe mettersi seduto. Comportandosi cos, fa capire a tutti che abbiamo litigato. Enrico! Mettiti accanto a Anna e impara anche tu la parte. Enrico obbed all'intimazione del cappellano. Anna mise il copione nel mezzo. Per cinque minuti stettero a capo chino, fingendo di leggere. Hai letto? Posso voltare la pagina? domand Anna. Enrico non rispose, e lei con un gesto spazientito volt la pagina. Era irritata; e fin col dirgli: Si pu sapere perch fai cos? Faccio cosa? rispose lui piano. Perch non ti sei fatto pi vedere... Perch sei offeso con me. Io non sono offeso. Come se non ti conoscessi! Fai l'offeso... mentre semmai dovrebbe essere il contrario... sono io che dovrei sentirmi offesa. Enrico non distoglieva gli occhi dal copione. Anche questo, che lui non la guardasse, la irritava.

Rispondi. Te lo dico dopo. No, me lo devi dire subito. Lui si agit sulla seggiola: Sono offeso... per quello che mi hai detto. Che cosa ti ho detto? Una parola che non avresti dovuto dire. Quale parola? Io non me ne ricordo. Pensaci bene, vedrai che te ne ricordi. Uff. Quante storie fai. Io, sul serio, non me ne ricordo... Io non sono stata mica pi a ripensarci. Ripensaci ora; vedrai che ti viene in mente. Cosa mai ti posso aver detto di tanto grave perch tu ti sia offeso. Per te non sar stato grave, ma per me, s. Aggiunse: perch non t'importa niente di me che non ti sembra grave quella parola. Ma quale parola. Lui esit, poi disse: Villano. Le venne da ridere; ma si contenne: L'ho detto in un momento di rabbia. A tutti capita di dire certe parole quando ci si arrabbia... Non la dovevi dire quella parola, Anna rispose lui senza guardarla. Ma non avevo intenzione di offenderti, credimi. Si sent la voce di Livio: Venite a tubare sulla scena, piccioncini. Non avevano imparato la parte e dovettero recitarla leggendo il copione. Ma anche se avessero saputo la parte, non si sarebbe potuto immaginare due attori peggiori di loro. Enrico era goffo e impacciato; lei magari avrebbe potuto anche essere disinvolta (gliene importava talmente poco della recita); ma le dava fastidio caricare i gesti e modulare la voce, come avrebbe preteso il cappellano. Questi del resto era rassegnato a una recitazione men che mediocre da parte loro; si limit a redarguirli perch non avevano ancora imparato le battute. Ricominciate: sta a te, Anna. Oh, che noia dover fare le faccende! cominci Anna senza dare alla voce nessuna inflessione particolare. Sono stufa di far la serva. Questa poi unagrande ingiustizia, non vi pare? Io dico che al mondo non ci dovrebbero essere n padrone n serve. Tutte uguali, insomma. No, aspettate: mi viene un'idea migliore. Bisognerebbe che le serve diventassero padrone... Sento bussare: chi pu essere a quest'ora? Chi e? Chi , lo devi dire forte intervenne il prete. Sono l'ortolano disse Enrico. Anche tu, lo devi dire forte. Uff, questo noioso riprese a leggere Anna. Mi ronza intorno come se... Questo invece lo devi dire piano, perch non lo dici mica a lui, lo dici a te stessa... Adesso tu, Enrico, prova a far la scena: entri in punta di piedi, arrivi alle spalle di lei e le di un bacio sulla guancia... Fai finta di darglielo, naturalmente. Tu, Anna, ti rivolti e gli di uno schiaffo. Anche tu fai finta, s'intende. Una scena simile era troppo al di sopra delle possibilit di Enrico, anche se fosse stato nelle migliori condizioni di spirito. Attravers la scena con un'andatura cos goffa che si misero a ridere anche i bambini, subito zittiti dal cappellano; e giunto a un passo da Anna si curv verso di lei in un modo tale che nessuno avrebbe capito che volesse darle un bacio. Anna continuava a stare rivoltata, finch il prete le disse: Dgli uno schiaffo e allora lei si gir e fece il gesto.

Il cappellano non era soddisfatto: Devi avvicinarti di pi disse a Enrico. Livio, mostraglielo tu come deve fare. Livio svelto and nell'angolo, venne avanti in punta di piedi, fece un ultimo passetto, si curv su Anna e le sfior la guancia. Anna si volt e gli assest uno schiaffo: ma sembr che gli facesse piuttosto una carezza. Hai capito ora? disse il cappellano voltandosi a cercare Enrico. Ma dove vai? esclam stupito. Enrico non rispose. Arrivato sulla porta si volt e disse: Accidenti a te e a tutti i Pellegrini. Accidenti al giorno che siete venuti a Marina! Apr la porta e se la sbatt dietro. CAPITOLO 7. Livio si trattenne un po' a scherzare con loro, poi le lasci per andare a fare una partita. una pasta, quel ragazzo comment Lina. Sempre di buonumore, non se la prende mai di niente. Tutto il contrario di Enrico sfugg detto a Anna. Gi fece Lina. questione di carattere aggiunse. C' chi non d peso alle cose e chi invece le ingrandisce... Ma dimmi: perch Enrico se l' rifatta anche con la sua famiglia? Come, non lo sai? Tra i Pellegrini e i Vanni c' stata una questione, un tempo... Dicono che sia stato lo zio di Livio a rovinare il padre di Enrico. No, non ne sapevo nulla. Raccontami. Il padre di Enrico era benestante, aveva tre barche, due case qui in paese: poi si mise in una speculazione sbagliata e perse tutto. Io non me ne posso ricordare, perch ero troppo piccola: ma quel capannone che c' prima di arrivare a casa tua: era uno stabilimento per la lavorazione delle sardine. S'erano messi insieme, il padre di Enrico e lo zio di Livio, e andarono falliti. Ma la colpa, dicono, era di Pellegrini, che si faceva mangiare i soldi dalle donne. Il padre di Enrico se ne fidava ciecamente perch erano tutt'e due massoni... e i massoni dovrebbero essere come fratelli. Un giorno lo trovarono impiccato dentro l'ufficio... Per questo il capannone, quando fu messo in vendita, non lo ha voluto nessuno. Io mi ricordo che con Bice avevamo paura a passarci davanti. Hai fatto male a dirmelo... io ci devo passare ogni sera. Avanti, accompagnami: dopo quello che mi hai raccontato, avrei paura a far la strada da sola e rise. Anna acconsent, bench fosse tardi. Era buio fitto, non si vedeva a pochi passi di distanza. Non ci crederai disse Lina, ma quel capannone mi ha fatto sempre un certo effetto... bench non sapessi del suicidio del padre di Enrico. Ora mi spiego perch la madre nevrastenica... Certo che fu un brutto colpo: da ricchi che erano, si trovarono senza un soldo... Gli lasciarono la baracca giusto perch avessero un tetto. A chi lo dici sospir Lina. Ne so qualcosa per esperienza, non dubitare. Erano arrivate, e Anna si affrett a tornare indietro. Aveva cominciato a percorrere il tratto di strada in cui non c'erano case, salvo il lugubre capannone abbandonato, che del resto era un po' indietro, nei campi; quando sent dei passi alle spalle. Si volt, e scrse un'ombra; distinse la sagoma del berretto: era un soldato. Guardava il primo lampione con una certa ansia: una volta arrivata nel cerchio di luce, si sarebbe sentita al sicuro. I passi si avvicinavano; lo aveva ormai alle spalle; quando si sent prendere per un braccio, gett un urlo. Perch gridi? Sono io fece il soldato. Subito dopo balbett:

Oh, mi scusi, mi scusi.. l'avevo scambiata per un'altra. Ah, niente, niente disse Anna. Il soldato aveva una faccia mortificata; Anna si credette in dovere di aggiungere: Scusi anzi lei se ho gridato; ma a sentirmi prendere per il braccio da uno sconosciuto... Io di dietro l'avevo scambiata per un'altra ripete il soldato. Be'... buonasera disse Anna. Buonasera, signorina rispose compitamente il soldato, portandosi la mano al berretto. Subito dopo le corse dietro: Sar meglio che l'accompagni; si presa uno spavento per colpa mia e non vorrei che le facesse impressione continuare da sola. No, non si preoccupi, non mi fa impressione disse Anna. Arrivata a casa, la zia non le chiese conto del ritardo, e lei si guard bene dal raccontare lo strano incidente che le era capitato. CAPITOLO 8. Aveva smesso di lavorare e guardava nella piazza deserta. A ogni raffica la finestra sbatteva leggermente; insieme con lo sbattimento Anna poteva udire il rumore lontano del vento e del mare. Nel cerchio di luce dell'ultimo lampione la siepe bassa si curvava fin quasi a terra sotto la violenza delle raffiche. Pi in l era buio fitto, non si distingueva nemmeno la sagoma della caserma; solo il vago biancheggiare del mare in tempesta. Anna era alla finestra da mezz'ora, e in tutto quel tempo non era passato nessuno. Che fa Bice? Non sar stata cos pazza da arrivare da Lina. Bench tra loro sorelle si facessero poca compagnia, era sempre meglio che star sola. Quando la stagione era buona, la piazza era il luogo di ritrovo, e la finestra del salottino era un un osservatorio ideale per seguire la vita del paese; ma nelle giornate di libeccio la gente si affrettava a tirar di lungo, perch la piazza era aperta verso il mare e il vento ci mulinava a suo piacere. Mancando le persone, Anna si content di seguire le evoluzioni di un foglio di giornale. Il vento lo aveva scagliato contro la base di un lampione; il foglio gli si era avvolto intorno, sembrava che si aggrappasse disperatamente a quell'appiglio per sfuggire alla presa del vento. Un mulinello lo svolse, e il foglio corse via incalzato dalla raffica; ebbe un momento di tregua, fu di nuovo sbalzato Vid e scomparve dietro la chiesa. a stare in quella baracca c' da diventare pazzi, con questo tempo pens Anna. Eppure Enrico non doveva essersi pi mosso di l, per lo meno lei non lo aveva pi visto passare. Anna avrebbe dovuto esserne contenta, dal momento che non aveva mai avuto l'intenzione di far sul serio; ma se interrogava il suo animo sentiva che non era cos. Non che le dispiacesse di aver perso un corteggiatore; lei non era vanitosa, e che un giovanotto passasse sotto la sua finestra, o la seguisse per strada, non solo non le faceva piacere, la infastidiva. Enrico per non era un corteggiatore come gli altri. Un tempo aveva potuto considerarlo cos, ma ora non pi, dopo che quegli scatti improvvisi le avevano rivelato l'intensit della sua passione. Reag a quest'oscuro sentimento: dovrei proprio perdere la testa per mettermi con Enrico. Quello matto, altro che storie. Come la madre. Come il padre... perch chi si ammazza vuol dire che non ha la testa a posto. Sai che vita ci farei. Zia lo dice sempre, che la gelosia la cosa peggiore in un uomo; meglio un marito che beve di un marito geloso. Venne via dalla finestra e si rimise seduta. Prese in mano il lavoro; ma ricord che doveva prima chiedere alla zia come andava fatto. C'era un giornale illustrato della sorella; lo sfogli: le figure le aveva gi viste e di leggere non aveva

voglia. Sent dei passi sul pianerottolo. Bice disse. Era Lina. Entr quasi di corsa, dicendo: Che stagione, figliole mie e subito dopo fece: Bice dov'? Credevo che fosse venuta da te. Doveva arrivare alla bottega, ma sar un'ora che uscita... Da me non venuta. Anche nella bottega, ci ho dato un'occhiata passando, e non l'ho vista... Allora non so dove possa essere andata. A proposito, il cappellano mi ha incaricato di dirti che tu domani venga. Ha trovato il sostituto di Enrico. E chi ? Un soldato. Un soldato? fece Anna sorpresa. A me non va mica di recitare con uno che non conosco. Be', io bisogna che vada. Bice ormai dovrebbe star poco; se puoi trattenerti un minuto... No, non posso. Ciao, Anna; a domani. Ciao. Lina torn indietro: Posso prendere questo giornale? O lo stavi leggendo tu? No no, prendilo. Torn prima la zia della sorella. E Bice? andata a comprare il latte rispose Anna. A quest'ora? fece la zia. Poteva pensarci prima. Anna si guard bene dal dirle che la sorella era gi uscita da un'ora. Bice aveva un contegno strano: il giorno dopo, non fece che canterellare. Quando ci si cominci a veder poco, pos decisa il lavoro: Vado a prepararmi disse. Esci di gi? Vengo anch'io alle prove. La toeletta di Bice fu minuziosa: si cambi il vestito, si pettin con cura e si mise anche la cipria, come se fosse domenica. Anna si limit a darsi una ravviata ai capelli. Lina chiam da basso, e le due sorelle si affrettarono a scendere. ci sei anche tu? fece Lina sorpresa. Bice non rispose. Quando entrarono, c'era il solo Giancarlo. E il cappellano? di l con un soldato rispose il ragazzo. Arriv Livio, allegro e rumoroso come sempre: Oh, guarda chi c' disse rivolto a Bice. E a Anna: Tu con questo vento sei anche pi spettinata del solito e fin di spettinarla. Fermo, Livio si scherm lei. Tanto mica c' Enrico. A proposito: l'avete fatta la pace? Voi due piuttosto ribatt Anna. E chi l'ha pi visto? Lui, quando viene il freddo, Si rintana nella baracca e non lo tira pi fuori nessuno. Fa come le marmotte, cade in letargo. Io invece non posso stare se non vado fuori osserv Lina. Anche nelle giornate peggiori, la mia giratina bisogna che la faccia. la curiosit che ti spinge ad andare in giro le disse Livio. Tu non puoi stare se non sai i fatti degli altri. Anche a Osso... come si chiama il tuo paese? facevi cos anche l? Domodossola rispose Lina ridendo; non sarai mai buono a impararlo. troppo difficile; l'osso me lo ricordo, ma il resto no. Dopo un po' Lina disse: La sapete la novit? Marisa tornata.

Che vi dicevo? esclam Livio. Lei sa tutto. Voi, scommetto, non lo sapevate. No, non si sapeva ammisero le due sorelle. Quando tornata? gi qualche giorno. Ma non esce di casa. E perch? Perch si vergogna, no? dopo quello che successo. Intervenne Livio: S, ci ho bell'e creduto che si vergogna! Fa un po' la commedia... ma quanto ci si scommette che presto la rivedremo in giro come se nulla fosse? E d'estate torner a ballare, e ad andare in macchina con questo e con quello... E alla fine trover anche l'imbecille che se la sposa. Non sta mica bene che tu parli cos disse Lina severamente. Oh, certo, certo! La vostra amica un fiorellino di virt... e io sono una malalingua... Che c'entra disse Lina seria. Io volevo dire solo che bisognerebbe avere un po' di comprensione... Perch le ragioni per cui una donna pu cadere sono tante. .. Ma s, la ragione sempre una. Quale? La ragione che ne ha voglia... o devo spiegarmi pi chiaramente? civetta sempre stata disse Bice; questo bisogna ammetterlo, Lina. Chiamala civetta fece Livio. Io direi pu.. . e si tapp la bocca per impedirsi di continuare. Ecco: con quella parola siete subito a posto, voialtri disse Lina. Anna si mise a ridere. Livio ha ragione fece poi: noi ragazze lo sappiamo benissimo cosa vogliono gli uomini. Perci non abbiamo scuse, se ci caschiamo. Lina era rimasta seria: Anna, prega Dio che non ti capiti mai di innamorarti davvero... o te ne accorgerai da te che una perde la testa... E gli uomini lo sanno, e se ne approfittano. Io Marisa non la difendo: lo so bene che era una ragazza leggera. Ma quell'uomo lo stesso un mascalzone: perch l'ha ingannata. Le avesse detto subito che era sposato, Marisa avrebbe saputo riguardarsi. Ecco: quello che mi fa rabbia che in queste cose la gente d tutta la colpa alla donna; sull'uomo, nessuno Ci trova nulla da ridire. In quella entr di corsa un bambino dicendo: Livio, smetti di fumare! Sta arrivando il cappellano. CAPITOLO 9. Il cappellano era insieme con un soldato. Buonasera, ragazzi disse. Questo il giovane che sostituir Enrico. Anna lo guard: e riconobbe il soldatino che l'aveva fermata per sbaglio facendole prendere uno spavento. Lui non sembr sorpreso: Buonasera, signorina disse tutto compito. Era un biondino dai lineamenti minuti, con un aspetto infantile. La barba, l'aveva appena un po' sul mento. Si present anche agli altri, rigido, corretto; poi sedette accanto a Anna. Si misero a leggere la parte. Anna rifletteva. A un tratto cap: Lei per chi m'aveva preso quella sera? Il giovane si fece di brace: Io... per un'altra, gliel'ho spiegato... Perch, sua sorella le ha detto qualcosa? Anna scosse la testa:

L'ho capito da me. Dopo un po' lui disse: Io con sua sorella ho intenzioni serie, mi creda. Sarei venuto anche in casa, ma Bice mi ha detto che vostra zia talmente prevenuta contro i militari... Che ha fatto sul collo? lo interruppe Anna. Vedo certi freghi rossi... Ah disse il soldato. Son questi colletti duri che irritano la pelle... io l'ho talmente delicata... Come si chiama lei? Pisani Mario. Sono di Castelnuovo in provincia di Lucca. E continuando a rispondere alle domande di Anna: Da civile faccio il meccanico. Ma cosa dice! Non ce l'ho davvero la fidanzata. Lei, signorina, mi pare che un po' come sua zia: diffida di noi militari. Non soltanto dei militari. Dei giovanotti in genere. Ma lei venuto qui per stare con mia sorella... Be', s ammise il soldatino. Ma dovrei anche imparare la parte... Tanto ce la far leggere disse Anna. Be'? Che aspetta? che non vorrei dar nell'occhio. Alla fine si alz e and a sedere accanto a Bice. Di l a poco Anna li vide che parlavano a testa china, per non farsene accorgere; e anche, un attimo, prendersi la mano. Era sorprendente, la segretezza di cui Bice era stata capace: Anna non finiva di meravigliarsene. In passato, aveva dovuto sorbirsi tante di quelle confidenze da parte della sorella... sul tale che la guardava sempre quando passava, sul tal altro che la seguiva per strada... magari erano cose che s'era immaginata lei. Ma ora che se l'era trovato sul serio un giovanotto, aveva mantenuto il segreto. La sera, mentre si spogliavano, Bice si raccomand che non dicesse nulla alla zia. Stai tranquilla rispose Anna. Credi che gli altri si siano accorti di qualcosa? Speriamo di no. Piuttosto, dimmi: finora come siete riusciti a non farvi vedere da nessuno? Ci davamo appuntamento dietro il capannone rispose Bice. Per, con che batticuore ci andavo... avevo sempre paura che qualcuno mi vedesse entrare nel campo. Cos, mi venuto in mente di fargli prender parte alla recita. In questo modo, nessuno sospetter di niente. Uhm fece Anna, dubbiosa. Comunque, dovete stare attenti. Stasera, gli hai preso anche la mano... Bice arross: Gli altri non se ne possono essere accorti... erano l che seguivano le prove... Davvero, Anna, credi che abbiano avuto qualche sospetto? Erano gi in camicia da notte; Bice, non potendosi frenare, la abbracci dicendo: Oh, Annina! Sapessi quanto sono felice. Anna rest fredda: le davano noia le espansioni, e poi, quando era svestita, provava sempre un po' d'imbarazzo, anche con la sorella. Per tacita intesa, si svestivano stando voltate. Il peggio era l'estate, quando la loro camera veniva affittata, e dovevano dormire con la zia. Questa non aveva troppi riguardi: ai suoi occhi, non c'era motivo perch le nipoti dovessero vergognarsi di lei. Anna, per spogliarsi al buio, tirava fuori la scusa delle zanzare. La zia, che s'era accorta di quello che secondo lei era un pudore ingiustificato, la canzonava: Allora come farai quando avrai marito? Se ti vergogni di me, figuriamoci quando ti dovrai spogliare davanti a un uomo. Una simile eventualit non faceva nessuna paura a Anna. Lei sapeva, sia pure in modo vago, in che consistevano i rapporti

coniugali. Non ci trovava nulla che la potesse preoccupare. Ci che la urtava, era la intimit fra donne: oltre un certo limite, le ripugnava. Quando la sorella l'aveva abbracciata stretta, aveva avuto un moto di repulsione. Si affrett a entrare sotto le coperte. Spengi disse alla sorella. Buonanotte aggiunse subito dopo. Bice non la intendeva cos: Parliamo un po', Anna, ti dispiace? Cos'hai da dirmi? Niente... volevo sapere che impressione ti hA fAtto. Ma sai... l'ho guardato appena; ci ho scambiato solo poche parole. Ma cos, come ti sembrato. E.. . carino disse Anna; e si meravigli lei stessa che le fosse venuta alle labbra quella parola. Ma era la parola adatta. Era carino, con quegli occhi grigi, i capelli biondi, le guance lisce... e con quella pelle tenera, cos facile a irritarsi, come dimostravano i segni sul collo. E poi era carino nel modo di fare. Quante volte era arrossito, nei pochi minuti in cui erano stati insieme! Le era venuta voglia di fargli una carezza. Del resto, gliel'aveva fatta dopo, quando avevano provato la scena dello schiaffo. Bice le raccont di averlo conosciuto alla bottega. Lei s'era trattenuta a chiacchierare con Zaira e c'era l quel soldatino che scriveva a casa... La sera dopo ce l'aveva ritrovato; e la simpatia aveva fatto presto a nascere... Tu lo sai bene, Anna, io non ho mai dato retta a nessun giovanotto, ma di lui ho sentito subito che mi potevo fidare. Il giorno dopo era molto raffreddata: tocc a Anna uscire a comprare il latte. Poi, gi che c'era, arriv da Zaira: non che dovesse comprar niente, ma cos, le venne in mente di andarci... Mario era l; con quel berrettone di pelo calcato in testa era anche pi simpatico, sembrava un bambino che si fosse mascherato. La salut portandosi la mano al berretto; lei si mise a discorrere con Zaira, e ogni tanto gli dava un'occhiata. Zaira dovette salire in casa ad accendere il fuoco; e le disse: Stammici te cinque minuti. Appena la donna fu sparita dietro la tenda, Mario si fece avanti: Signorina Anna, mi aiuta a scegliere una cartolina? E ne sparpagli cinque o sei sul banco. A chi la deve mandare? Alla sua fidanzata? Mario arross: Ma che dice! per mia cugina. una cugina aggiunse dopo un momento ma come una sorella per me. Perch io sto in casa degli zii... mia madre morta, e mio padre in America. Ma queste sono cartoline da innamorati insist Anna. vero, ma non ce ne sono altre... Voglio dire, quelle con le vedute di Marina le ho gi mandate tutte. Per cambiare, penso di mandargliene una di queste: anche se non sarebbero indicate, trattandosi di una parente. meglio che si faccia consigliare da mia sorella disse Anna. Io, le cartoline, non le ho mai mandate a nessuno. Lei ha il fidanzato qui a Marina vero signorina Anna? No no; io non sono fidanzata. Eppure sua sorella mi ha detto... C' un giovanotto che mi sta dietro: ecco tutto. Le sembra strano che un giovanotto mi stia dietro? Lui si confuse: Oh, no no... non lo penso proprio. tutto il contrario, semmai, quello che penso. Lei modesta, a dire che ha un solo innamorato; io credo invece che ne abbia parecchi. Come mai lo crede?

Perch... lei bella; non soltanto bella, anche simpatica. arrossisce ogni momento pensava Anna, per ha la lingua sciolta. Lei stava aspettando Bice? gli chiese. S... no... balbett lui. Voglio dire che la sera cpito sempre qui; e siccome in genere ci viene anche Bice... Stasera invece sono venuta io. Bice raffreddata, non potuta uscire. Ah disse lui. Allora, quale cartolina sceglie? Mah, fa lo stesso. Una qualsiasi. Aveva le mani piccole, le unghie curate; si vedeva che teneva molto alla pulizia e all'eleganza. La giubba, doveva essersela fatta aggiustare, perch gli stava a pennello. Coi panni spazzolati, gli scarponi e i gambali lucidi, i capelli due dita pi lunghi di quanto prescriveva il regolamento, sembrava quasi un figurino. Tir fuori un momento il fazzoletto, e Anna sent un profumo di lavanda. Ora lei che fa? Va a casa? Certo; dove vuole che vada? No, pensavo che a volte dovesse arrivare dalla sua amica... In questo caso, mi sarei offerto di accompagnarla. Io mica avrei accettato rispose Anna. Qui a Marina guai se una ragazza si fa vedere insieme con un militare. E, assumendo un tono severo: Anche con Bice, dovete star pi attenti... Metta che qualcuno Vi avesse visti andare dietro il capannone: che concetto Si sarebbe fatto di mia sorella? Anche a me sta a cuore la reputazione di sua sorella, mi creda. E che... non sapevamo come fare a vederci... Si udirono dei passi, e Anna si sbrig a dire Allora, arrivederci alle prove. Il raffreddore di Bice peggior. Alle prove, per, voleva andarci lo stesso. Anna la dissuase: Tu sei anche delicata di gola, se poi ti ammali veramente chiss quanti giorni ti tocca rimanere a letto. Cos, fu libera di stare tutto il tempo con Mario. Con la scusa di imparare la parte, stettero seduti vicino e parlarono in continuazione. Anna si sentiva sempre pi attratta da lui. E lui dovette percepirlo, perch i suoi discorsi si fecero subito arditi. Lei non se ne ha mica a male se le dico che bella? Semmai, mi avrei a male del contrario, se non me lo dicesse rispose Anna, e rise. Lui rest serio: Pi di tutto sono belli i suoi occhi. Me ne sono accorto subito, dalla prima sera che ci siamo incontrati: era buio, ma i suoi occhi splendevano lo stesso... Lei bravo nel fare i complimenti. Non sono complimenti; la verit. Mi piace anche la sua voce. cos profonda... come se venisse dall'intimo dell'animo. Ma tutto mi piace di lei. Anche il nome: non c' un nome pi bello di Anna... Non certo la parola che le manca; vero? Ora capisco come ha fatto mia sorella a cascarci. Io per l'avverto che sono meno ingenua... Lei diffida sempre disse Mario tristemente. Ma come! esclam Anna. Lei fa all'amore con mia sorella; e appena conosce me, si mette subito a farmi la corte; e non dvrei diffidare? Mi ascolti, Anna. Riconosco che le apparenze mi sono contrarie. Ma non colpa mia se ho conosciuto prima sua sorella... Sua sorella mi piace, vero; ma lei... Per esprimere quello che provo per lei, non ci sono parole. Nessuna ragazza mi aveva mai fatto l'impressione che mi fa lei. Nessuna, glielo giuro. Insomma, che cosa vuole?

Per tutta risposta, le prese la mano. Lei lo guard, lui sostenne il suo sguardo; le strinse forte la mano. Per un momento Anna smise di lottare, abbandonandosi alla dolcezza di quel contatto. un bambino pensava ma un bambino prepotente; bisogna fare quello che vuole lui. Reag; disse: Mi lasci subito, ha capito? e lui allent la presa, ma un po' alla volta, come per farle capire che la lasciava libera di sua volont. S'erano dimenticati delle prove e furono sorpresi dagli urli del cappellano che s'era arrabbiato con Livio e gridava che avrebbe mandato a monte la recita. Che stato? fece Anna. In quella si sent baciare sul collo. Ma che le prende? impazzito? Io sono innamorato di lei, Anna. Lei finse di essere in collera e smise di guardarlo. Ma il caldo che aveva sentito sul collo le era entrato dentro. E quando lui torn a prenderle la mano, non fece resistenza. Finite le prove, Lina venne a chiederle notizie di Bice. Anche Livio si un a loro. Mario se ne stava da una parte. Mentre se ne andavano, colse il momento giusto per venirle vicino e dirle sottovoce: Domani sera ti aspetto alla bottega. E se Bice vuole uscire? Dille che sono di guardia. CAPITOLO 10. Ora devi andare, Anna. Sono gi le sette e mezzo. Lei lo guard senza capire; lui le dette ancora un bacio e le disse: Vai. Quasi senza accorgersene, Anna si ritrov sulla strada. Si ferm, come se non sapesse in che direzione andare. Prest ascolto al gracidio dei ranocchi; intese il fischio lontano di un treno. Il fanalino di una bicicletta veniva avanti ondeggiando. Anna si riscosse e s'incammin verso il paese. Le sette e mezzo: dunque era gi passata un'ora. E a lei era sembrato che fossero passati solo pochi minuti! Affrett il passo. Era arrivata al primo lampione, quando si sent chiamare. Una ragazza alta, coi capelli ossigenati e le labbra dipinte, le stava davanti. Anna le disse; e la abbracci. Istintivamente si irrigid. Oh, ciao, Marisa disse pOi. Come stai? tanto che non ci vediamo. Scusami, tardi fece Anna; e prosegu. Nell'ingresso la fermarono i bambini della famiglia che abitava a pianterreno; se ne liber e corse su per le scale. Voleva andare direttamente in camera; ma la zia la chiam dalla cucina. C'era anche Bice. Dove sei stata che non tornavi pi? Niente niente rispose lei. Da Zaira. E ti c' voluto tutto questo tempo? Anna cerc una scusa per giustificare il ritardo; si ricord di Marisa: Ho incontrato Marisa... mi ha fatto perder tempo lei. Senti disse Bice interessata. Ti ha raccontato qualcosa? No.. . niente. Guarda come ti sei conciata le scarpe disse la zia. Sembra che tu sia stata chiss dove. Anna si guard le scarpe, erano sporche di fango; e lo sporco si vedeva tanto meglio in quanto erano bianche. Stava a testa bassa, non le veniva in mente nulla. Fortunatamente Bice disse: Scommetto che sei entrata in quella pozza davanti alla bottega. successo anche a me, l'altra sera. A cena Anna fece fatica a mangiar qualcosa. Appena finito, si mise a rigovernare. Cos, almeno, voltava le spalle alla sorella

e alla zia. Queste parlavano, parlavano; chiss di cosa. Anna sentiva il loro chiacchiericcio, lo sciacquio che faceva lei stessa rigovernando non pensava a nulla. Le prudeva una guancia; ma aveva le mani bagnate, si strusci alla spalla... e sent un leggero profumo di lavanda. Barcoll quasi; tanto era stata improvvisa e penetrante la dolcezza del ricordo. Non vedeva l'ora di essere a letto, al buio. Fin di rigovernare, si tolse il grembiule; lo attacc al chiodo disse: Buonanotte e and difilato in camera. In un minuto si spogli, ammucchiando alla rinfusa la roba sulla seggiola; entr sotto le coperte e spense la luce. Arriv la sorella; la luce fu riaccesa; e Bice poi si gingill per la camera. And allo specchio, prese a spazzolarsi i capelli. Le chiese: Davvero Marisa non ti ha raccontato niente? No rispose Anna. Vieni a letto, che ho sonno. Aveva sonno davvero; e fin con l'addormentarsi. Fu Bice a svegliarla, dopo che si fu coricata ed ebbe spento la luce: Anna. Anna, senti. Che c'? fece lei svegliandosi di soprassalto. Volevo dirti una cosa. Domani... Ormai me la dirai domani. Lott contro il sonno; perch voleva ripensare a tutto. Cominci dal principio: da quando lo aveva trovato alla bottega, com'erano rimasti d'accordo. Mentre Zaira serviva un cliente, lui le aveva sussurrato: Vai avanti tu. Lei aveva salutato Zaira e s'era incamminata in fretta. Temeva di incontrare qualcuno di conoscenza; Lina, per esempio. Se avesse incontrato Lina, sarebbe stata costretta a dirle che andava da lei... L'ultimo tratto lo aveva fatto quasi di corsa. Si era sentita al sicuro solo dopo aver imboccato il viottolo. Tirava vento, e lei era mezzo intirizzita; finalmente Mario era arrivato. L'aveva presa per mano e condotta dietro il capannone. Qui, almeno, siamo pi riparati. A un tratto, l'aveva abbracciata. Poi le era venuto vicino col viso. Lei aveva sentito il profumo di lavanda e subito dopo caldo, molto caldo alle labbra. mi bacia, era questa l'ultima cosa che aveva pensato. Poi ricordava solo che avevano continuato a baciarsi, e che baciarsi era provare caldo alle labbra, caldo e umido insieme... Le sembr, per un momento, di provare di nuovo quell'impressione; sorrise beata, e si addorment. Dormiva sempre profondamente quando la sorella apr gli scuri. Ferita dalla luce, brontol qualcosa e si volt dall'altra parte. Bice si vest, poi sedette sull'orlo del letto e la scosse: Anna. Svegliati. Sono gi le otto. Apr gli occhi: il viso sorridente della sorella le apparve confuso, poi assunse contorni definiti. Mi pare che tu abbia dormito abbastanza. Anna si stir. Le dispiaceva uscire dal sonno: quasi presentisse che abbandonava uno stato di incoscienza beata per affrontare una giornata piena d'incognite e di problemi. Zia gi uscita. Si raccomand ancora una volta che si alzasse, e and in cucina. Anna si decise ad alzarsi. Quando fu in sottana, and alla finestra; e rimase a guardar fuori attraverso il vetro che era ancora rigato dall'umidit della notte. Il sole faceva gi capolino tra due gobbe dell'orizzonte; e la sua luce limpida, festosa radeva la pianura, fendendo i vapori che, qua e l, non permettevano ancora alla campagna di uscire dall'indistinto. I tetti delle case brillavano; il fumo che saliva dalle ciminiere indicava che nelle piccole fabbriche

sparse intorno a Cecina il lavoro era gi ripreso. Anche nei campi e negli orti c'era animazione: uomini coi cappelli di paglia e donne con le pezzuole nere in testa attendevano all'aratura, alla semina, ad attinger l'acqua nei pozzi, ad annaffiare i riquadri. Anna indugiava a guardare, contenta della bella giornata, dell'operosit che le sembrava anch'essa lieta e serena. Finalmente venne via dalla finestra; si lav la faccia nella catinella di coccio e si asciug sbuffando. Infil il golf, rabbrividendo al contatto ruvido della lana; con un pettine che aveva perduto la maggior parte dei denti, prese a ravviarsi i capelli. Accost la faccia allo specchio, provando a guardarsi di sbieco: come se avesse voluto vedere in se stessa, capire quello che aveva dentro. Non vide e non cap nulla. oh, ma che importa, si disse, e rise. Con pochi colpi di pettine fin di ravviarsi e and in cucina. Bice aveva gi preparato la colazione. Anna mangi con appetito; e dovette tagliarsi altre due fette di pane. Bice aveva bevuto il latte senza inzupparci. Non hai fame? Ho il naso chiuso rispose Bice; e allora, va via anche la voglia di mangiare. Stanotte non ho fatto che tossire; non mi hai sentita? No. Si vede che dormivi sodo. Mi sono anche alzata, perch non respiravo. Che rabbia aggiunse dopo un momento. Non vorrei proprio essere costretta a rimanere in casa stasera che Mario libero. In caso, vi vedrete domani alle prove osserv Anna. Ma alle prove, a fatica si possono scambiare due parole. Il bello starsene soli... Ora comincer il brutto tempo, e non sar pi possibile vederci fuori. Gi fece Anna. Per lei, sarebbe stato doppiamente difficile: a causa di Bice. Stasera farai meglio a restare in casa disse freddamente. Vedr come mi sento. Pi che altro mi dispiace dovermi soffiare il naso ogni minuto... E poi, ho paura di attaccargli il raffreddore e rise, ma divent anche rossa. Pi tardi, mentre lavoravano nel salottino, Bice le disse: Anna, tu non di importanza all'amore, ma perch non hai ancora provato. Quando un giovanotto ti stringer fra le braccia, capirai che non c' niente di pi bello al mondo. Cosa ne sai che non ho provato? si risent Anna. Bice la guardava meravigliata, e lei: Potrei averlo fatto di nascosto, come te. Ma se con Enrico non ti vedi pi. Mica c' soltanto Enrico a questo mondo. Stai scherzando... ma sono sicura che farai presto anche tu, a trovarti un giovanotto. Te l'ho detto, potrei essermelo gi trovato, e tu, non saperne niente. L'espressione incredula della sorella le fece nascere una sorda irritazione: avrebbe voluto dirle: proprio col tuo Mario, ho provato... Si rifugi nel ricordo dei baci, e questo valse a placarla. Tutto il giorno, ci pens; e l'intensit del piacere non diminuiva. Ogni volta si sentiva le labbra umide e calde e una languidezza dolce per tutto il corpo... Quando cominci ad avvicinarsi la sera, divent inquieta. Bice non aveva pi detto niente; ma dal modo come lavorava, calma, assorta, le pareva indubbio che avesse deciso di uscire. Infatti a un certo momento si alz e disse: Vado a prepararmi. Rimase un bel po' in camera; mentre Anna si ostinava a cucire al

buio con un solo pensiero in testa: voglio vederlo anch'io. Voglio abbracciarlo e baciarlo anch'io. Bice ricomparve. S'era accuratamente incipriata: non riuscendo per a cancellare del tutto le tracce del raffreddore. Si notavano sempre gli occhi rossi e un po' gonfi, e le narici screpolate. Come ti sembra che stia? disse guardandosi un'ultima volta nello specchio del buffet. Si diede da s la risposta: Fosse giorno, non ci andrei; ma di notte, spero che non si veda. Bruscamente Anna pos il lavoro: Aspettami, vengo anch'io. Dove? Alla bottega; almeno, scambio due parole con Zaira. Che vuoi che ci faccia sola in casa? Ma io ho fretta, bisogna che vada. E io, sono pronta. Nemmeno si pettin; non fece che infilarsi il cappotto. Camminavano in silenzio, discoste; finch Bice le disse: Senti, non ci venire alla bottega; se Zaira ci vede entrare insieme, come faccio poi ad andarmene da sola? Vuol dire che entro un momento... e dopo, non so, invento una scusa, dico che vado a comprare il latte. Mario era al banco, che discorreva con la donna; le salut portandosi la mano al berretto, e si tir da parte. Oh! un pezzo che non ti si vedeva esclam Zaira. T' passato il raffreddore? No rispose Bice. Ma sono voluta uscir lo stesso e lanci un'occhiata a Mario. Allora ci vai tu a prendere il latte e fiss la sorella con aria significativa. S rispose Anna. Buonasera. Se ne and a malincuore; dopo aver guardato ancora una volta Mario. Non le bastava averlo visto: avrebbe voluto per lo meno toccarlo, stringergli un momento la mano. A casa, tent di rimettersi a lavorare. Ma un minuto dopo aveva gi lasciato perdere. Dalla finestra, vide Lina; le and incontro sul pianerottolo. Sono venuta a farvi un salutino. Bice non c'? No rispose Anna. Allora sta meglio del raffreddore? S, sta meglio. Be', cosa mi racconti? disse mettendosi a sedere. Oh, ma ho io qualcosa da raccontarti. Disse che il giorno prima era andata a Livorno a cercarsi un posto: un posto qualsiasi, commessa di negozio, segretaria in un ufficio... Perch cos, impossibile andare avanti. Anna taceva. Delle pene dell'amica, non le importava nulla: quelle chiacchiere la infastidivano, e non vedeva l'ora che se ne andasse. Speriamo di trovarlo, questo posto continuava Lina. Sai, con la cosa che so il francese... A una ditta di spedizioni mi hanno dato buone speranze. Sar un sacrificio per me andare su e gi col treno; ma sempre meglio che fare questa vita. Anna la interruppe per domandarle che ore erano. Le sette rispose Lina. Bice doveva essere ancora con Mario... E pensare che la sera prima c'era lei. Ma tu non mi ascolti disse Lina. Sarai stanca, immagino... Scusa se ti ho fatto tutte queste chiacchiere. Ma almeno, mi sono sfogata. Dacch ho la prospettiva di un lavoro, mi sento meglio... non ci credi? Finalmente se ne and; ma prima, Anna le chiese ancora una volta l'ora. Poi rimase alla finestra, calcolando mentalmente lo scorrere dei minuti... Quando vide comparire Bice, sospir; e and in cucina ad accendere il fuoco.

CAPITOLO 11. Il giorno seguente non fu che un'attesa delle prove. Dal momento del risveglio, Anna non ebbe che un pensiero, quello di quando avrebbe rivisto Mario. Bice, sta