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1 ANCONA 22 febbraio 2017 - CASE SESSANT'ANNI DOPO ROMA. L'EUROPA QUALE FUTURO? 1. Celebriamo con grande slancio e molta eloquenza i sessant'anni dai Trattati di Roma che hanno inventato quella che sarà poi l'Unione Europea come denominata dal Trattato di Maastricht del 1993. Quei Trattati di Roma: hanno saputo costruire con una straordinaria abilità e con un contributo italiano di grande rilevanza una istituzione nuova e complicata ma altresì strutturata in modo quanto mai abile. Uno straordinario successo: quasi insperato appena dieci anni dopo la conclusione vittoriosa per la democrazia non soltanto della Seconda Guerra Mondiale ma di un periodo ben più lungo di incertezze, di guerre, di dittature, di compressione della libertà, di fanatismo, di genocidi un periodo che aveva travolto anche l'Italia prima alleata del Terzo Reich e poi riscattata dalla Resistenza. Dobbiamo essere grati a quei pochi che sessant'anni fa credettero nell'Europa unita e rinnovata nella pacificazi9one fra antichi nemici. Ebbero la capacità di realizzare un antico obbiettivo che aveva animato le menti degli europei lungo cinque secoli. inventare una organizzazione che abbracciasse l'Europa, un tempo si diceva i Sovrani europei e oggi si dice di stati europei nelle loro diversità, per assicurare fra di loro la Versione provvisoria non destinata alla diffusione né alla pubblicazione

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ANCONA 22 febbraio 2017 - CASE

SESSANT'ANNI DOPO ROMA. L'EUROPA QUALE FUTURO?

1. Celebriamo con grande slancio e molta eloquenza i sessant'anni dai Trattati

di Roma che hanno inventato quella che sarà poi l'Unione Europea come

denominata dal Trattato di Maastricht del 1993. Quei Trattati di Roma: hanno saputo

costruire con una straordinaria abilità e con un contributo italiano di grande rilevanza

una istituzione nuova e complicata ma altresì strutturata in modo quanto mai abile.

Uno straordinario successo: quasi insperato appena dieci anni dopo la

conclusione vittoriosa per la democrazia non soltanto della Seconda Guerra

Mondiale ma di un periodo ben più lungo di incertezze, di guerre, di dittature, di

compressione della libertà, di fanatismo, di genocidi un periodo che aveva travolto

anche l'Italia prima alleata del Terzo Reich e poi riscattata dalla Resistenza.

Dobbiamo essere grati a quei pochi che sessant'anni fa credettero nell'Europa unita

e rinnovata nella pacificazi9one fra antichi nemici. Ebbero la capacità di realizzare

un antico obbiettivo che aveva animato le menti degli europei lungo cinque secoli.

inventare una organizzazione che abbracciasse l'Europa, un tempo si diceva i

Sovrani europei e oggi si dice di stati europei nelle loro diversità, per assicurare fra

di loro la pace dopo che l'Europa era stata per millenni produttrice di guerra forse in

misura maggiore che non qualsiasi altra parte del globo.

Sessant'anni fa vi è stato uno slancio promosso da movimenti ideali e politici

generosi con visione del futuro. Anche in Italia: eravamo sicuri di interpretare un

consenso generale che fortunatamente non è stato verificato rischiando gli incerti di

pericolosi referendum: :non si dimentichi infatti che allora oltre un terzo dello spettro

della politica italiana era contrario ritenendo quei Trattati espressione per procura

dell'imperialismo statunitense.

Essere riusciti nella piccola Europa a Sei a immaginare l'avvenire lo si deve

ad una lungimirante classe politica e/o dirigente, ad alcune personalità di rilievo

come De Gasperi, Schumann, Churchill, Adenauer, Spaak, ma anche alla solidarietà

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degli Stati Uniti, nonché alla protezione offerta dalla NATO. Dunque un concorso di

forze intellettuali e politiche, europee e non europee. Ma se possiamo considerare

oggi con soddisfazione quello spartiacque del 1957 dobbiamo altresì richiamarlo alla

nostra comune memoria - e soprattutto alla memoria delle nuove generazioni talvolta

inconsapevoli - in un frangente assai difficile per l'Europa tutta nella sua costruzione,

nella sua gestione, nelle sue prospettive e altrettanto nella sua stessa identità.

Sessant'anni fa chiari erano gli obbiettivi anche dell'Italia, sostenuti da una

classe politica coraggiosa mentre oggi 'Europa rischia di essere travolta dalla

superficialità di un populismo generico e incapace di individuare gli obbiettivi e gli

interessi dell'Italia e la stessa sua funzione nell’Europa (e nel mondo. Il populismo

erige il popolo a una mistica alla ricerca di un capo e travolge il popolo organismo

politico che deve esprimersi attraverso i partiti ed elezioni razionali con programmi

ed obbiettivi e non con dichiarazioni estemporanee o demagogia o invocazioni di

principii an he desueti come la contrapposizione oramai inconsistente fra sinistra e

destra (e questo senza suggerire di rileggere Bobbio) o con vaneggiamenti politici al

grido dell’onestà, come se l’onestà non fosse un presupposto irrinunciabile ma non

un fine utile per affrontare i problemi dei cittadini. Nel populismo emergono al

negativo e nella confusione - come é stato scritto - Rousseau, Robespierre e Marx e

la sua critica si dirige contro gli eredi di Montesquieu,di Sieyès, di Tocqueville.

2. Quei Trattati di Roma di sessant'anni fa ebbero l'intelligenza di evitare le

nebbie di ipotesi inattuabili come il federalismo (l miraggio impossibile degli Stati

Uniti d'Europa) evitando così le ambiguità di tanti documenti vaticinanti come la

Carta di Ventotene e richiamandosi a testi nobili alla Kant o dell'Abbè de Saint

Pierre. Si preferì giustamente prendere le mosse dal presupposto di una

riconciliazione franco-tedesca indispensabile per concentrarsi sulle cose concrete,

proposte con una intuizione straordinaria da Schumann mediante la Comunità del

Carbone e dell'Acciajo, il vero punto di partenza della costruzione europea nel

rendere inoffensivi gli strumenti del conflitto, le materie essenziali e le armi. Vi si

riuscì solo in parte, purtroppo e oggi infatti si annaspa per riprendere il filo di una

garanzia europea della sicurezza europea essendo in via di affievolimento quella

offerta dagli Stati Uniti mediante la NATO, che oggi vorremmo più forte dopo che

nelle piazze la demagogia l'aveva contrastata. Tuttavia si inventava altresì una

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Comunità dell'energia nucleare, cui l'Italia poi rinuncerà - unica in Europa per colpa

dell''avventatezza demagogica di un incauto referendum.

In una parola sessant'anni fa si scelse la via detta funzionalista e nasceva non

una ipotesi futuribile, bensì ma la concretezza del Mercato Comune Europeo; come

fi chiamato allora con un acuto senso del realizzabile.

E' giusto celebrare i sessant'anni ma non lo si deve fare con una impostazione

soltanto di entusiasmo o di soddisfazione.. E' vero in questi 60 anni l'Europa non è

stata coinvolta in guerre fuori dell'Europa, ma solo in apparenza: nella scarsa

memoria che si ha in Europa del passato anche recente. Come dimenticare la lunga

fredda che è costata centinaja di miglia di vittime ovunque nel n mondo

nell'inconcludenza di una Europa concentrata su sè stessa. dall'Ungheria al Viet

nam alla Cambogia di Pol Pot o al Congo o al Ruanda o alla Somalia e poi il fattore

del terrorismo interno all'Europa sino i trecentomila morti nell'ex-Jugoslavia.

Il maggior successo dell'idea europea di libertà e di democrazia è stato il

collasso del sistema sovietico e comunista, il Dio che ha fallito come aveva

anticipato Ignazio Silone. Quell'idea europea si è dimostrata capace di vincere e di

essere esaltata sino al punto di poter riunire sotto uno stesso tetto europeo tutti (o

quasi tutti) gli stati, i popoli, le religioni, le lingue dell'Europa. L'Europa tutta aveva

raggiunto i suoi obbiettivi: una prospettiva in parte realizzata di un benessere diffuso

sensibile alla socialità come non mai nella sua storia, una sicurezza interna ed

esterna; , una capacità di modernizzarsi socialmente e culturalmente. Inoltre il

mercato unico, la libertà di circolazione dei lavoratori e dei cittadini, la

compenetrazione dei vari popoli. Il successo dell'unità nella diversità dei singoli

popoli, nazioni e stati. sino al punto di osare di introdurre una moneta unica, cioè

sottrarre agli stati membri non soltanto il diritto alla guerra, ma anche quello di

battere moneta.

3. Oggi siamo travolti o sconcertati da una fase assai difficile e oscura per

l'Europa allargata sino ai confini della Russia euro-asiatica. Confusione nelle

prospettive, approssimazione nelle dichiarazioni, assenza di leaders o di guide

morali di caratura europea credibile e condivisibile, sorprendente carenza di

progettazioni concrete, insufficienza .di proposte persino per problemi incombenti

(come le trasmigrazioni dall'Africa o dal Medio Oriente), il prevalere dell'immediato

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senza aperture verso l'avvenire, scarso approfondimento da parte di stampa e

televisione, confusione di idee in dibattiti inquietanti per la loro superficialità.

E il tutto sotto la minaccia di chi vuole negare il significato stesso dell'idea

europea verso un avvenire realizzabile in un pianeta ove è in corso un processo

profondo di cambiamento, ovunque, . fra incertezze mondiali e fra contraddizioni,

che la globalizzazione non riesce a contemperare ed anzi induce ad aggravarle.

Grave il rischio per l’Italia, forte nell’e l’economia e nel commercio internazionali, ma

politicamente debole e diafana.

L'Europa sembra annaspare: da un lato l'atteggiamento burocratico e sterile

della Commissione a Bruxelles priva di visione e pedissequa vestale di norme

spesso incomprensibili ed anzi ridicole ai più e comunque ben poco utili (lo ricordava

l’altro giorno Panebianco circa l’imballaggio delle uova!) ; dall'altro lato

l'insoddisfazione o l'insofferenza dei popoli che reclamano le loro individualità e che

intendono sentirsi cittadini e non sudditi di decisioni dall'alto adottate senza neppure

chiedere la loro opinione.

Un momento pericoloso per l'Europa tutta e anzi per la sua concezione di una

società democratica affidata alla dialettica della rappresentanza politica.

Molto parte oggi, dal Mediterraneo., divenuto un mare di nebbie e di

disumanità nel quadro di un ordine mondiale senza punti di riferimento e senza

certezze, ma anche senza più obbiettivi definiti. Si parli pure sul piano

internazionale di una società liquida, male interpretata anche in alto loco: una società

priva di punti di riferimento e ancor peggio priva di certezze e forse anche priva di

speranze, certamente non in grado di dar vita ad una società internazionale su

valori condivisi dai popoli e dagli individui superando i nome di norme comuni anche

di diritto religioni, ambizioni, demagogie. Anche l’attesa della centralità dei diritti

umani civili e politici come fondamento della società internazionale è superata e sulla

condivisione dei diritti umani possiamo scrivere con tristezza un epitaffio: hanno

perso la sperata centralità. L'illusione di sessant'anni fa si è dunque dissolta? Las

passività delle opinioni pubbliche lo attestano,

Ci siamo cullati nella nostra pace e nel nostro benessere ma poi l'Europa ha

dimostrato di essere incapace di avere una solida proiezione esterna contro le

tensioni che provenivano non tanto dalla Russia vagamente minacciosa, bensì dal

Mediterraneo in varie forme, dalle guerre civili (Siria o Libia), ,dal terrorismo un

tempo giustificato e ora condannato, dalle trasmigrazioni incontrollate dall'Africa.

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con la preoccupazione diffusa di mutare la stessa composizione del popolo europeo

dopo aver dimostrato di non riuscire a dar vita ad un demos europeo e sino ad

essere pronti a rinunciare a pretendere che i valori europei siano riconosciuti da tutti.

Il problema delle trasmigrazioni ne è un esempio. Era da prevedere da molti

lustri, è avvenuto, sta avvenendo e l'Europa o si limita a inapplicabili accordi di

riassegnazione (ci voleva tanto a prevedere che non sarebbe stati applicati) e si

nasconde dietro l'accoglienza che non significa nulla quando siamo noi stessi a

promuovere il dramma dell’abbandono delle proprie terre invitando a tutti a venire

senza garantire p0i loro un trattamento civile e ancor meno un lavoro, se non quelli

più umili che gli europei rifiutano perché non adeguati a loro fra l’altro confondendo

fra profughi, emigranti e asilanti.? La cosa grave non sono i movimenti di

popolazione, ma il fatto che l'Europa non si sia posta ancora il problema di come far

sì che le popolazioni rimangano nelle loro terre elevandone il tenore di vita. Di

conseguenza le celebrazioni non dovrebbero accontentarsi di parole esaltanti il

passato, , ma dovrebbero essere sostenute da idee, da progetti, da nuovi obbiettivi:

anzi forse da un nuovo modello di costruzione europea, che sia in grado di

rappresentare i popoli europei nelle loro individualità, nele loro diversità, nelle loro

lingue e nelle loro culture bel nome di una comune civiltà europea. .

4. Siamo confrontati da problemi per affrontare i quali non possiamo più

chiedere ajuto a nessuno. La posizione dell'Europa è profondamente mutatae

dovremmo inventare un progetto europeo aggiornato..

La costruzione europea ha dovuto affrontare varie crisi e tutte ha saputo

superare anzi facendo dei passi innanzi concreti. Come è giusto che fosse le crisi

sono state salutari.

Oggi il disinteresse del Presidente Trump con le sua uscite estemporanee e

deplorevoli l’Europa ha una finestra di opportunità per riprendere coscienza dei suoi

compiti, dei suoi obbiettivi di jeri ma validi anche per il domani evitando tuttavia di

ripetere errori gravi già commessi, fra i quali principalmente quello dell’inerzia sui

problemi veri e senza attardarsi nei problemi marginali seguendo le iniziative

estemporanee di Bruxelles. Errori sono stati commessi negli ultimi anni e non si

saputo trarre vantaggio dei successi conseguiti nel benessere diffuso, nella sicurezza

interna, nella modernizzazione e nella dimostrazione che la visione europea della

libertà non aveva l'eguali in tutte le sue declinazioni Forse . l'unità economica

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doveva essere rinsaldata prima dall'introduzione di una moneta unica, una

introduzione forse affrettata, ed ora quella moneta viene considerata un inciampo

sebbene a torto e con troppa superficialità si evita di valutare le conseguenze:

gridare nelle piazze l'uscita dall'Europa non ha senso in ispecie per un paese come

l'Italia con un debito pubblico alto impossibile da ripagare con una moneta nazionale

svalutata. Purtroppo si credeva di aver costruito un popolo europeo mediante la

libera circolazione delle persone e delle merci o l'esaltazione del programma

Erasmus ed invece è riemerso l'idea del protezionismo e del controllo alle frontiere e

persino il riemergere di pregiudizi e di sospetti.

Soprattutto non si è voluto prevedere il prevedibile e cioè la inevitabilità che

l'Europa attraesse migranti dall'Africa e nulla si è saputo decidere al riguardo salvo

cullarsi nel mito dell'accoglienza o dell'integrazione senza analizzarne le condizioni e

le conseguenze. Al fallimenti sonora della cooperazione allo sviluppo si aggiunge ora

l'incapacità di gestire un problema aggravato dal terrorismo internazionale di cui si è

tardato a considerare come la nuova possibile guerra. Le trasmigrazioni erano una

fenomeno in fieri e atteso sino dagli anni ottanta del secolo scorso: nel 1996 insieme

ad un istituto a Cipro non avevo collaborato a organizzare proprio un convegno

sull’argomento delle migrazioni, considerato già esplicitamente allora un problema

ineludibile per l’Europa: vent’anni fa di inerzia europea ed ora si maschera sotto

il,buonismo dell'accoglienza una ingiusta politica di spopolamento dell'Africa.

. Soprattutto si è perduto tempo prezioso alla ricerca di un Trattato

Costituzionale, forse prematuro se non inutile per i tempi e comunque oggi

dimenticato. Ben altri erano i problemi europei-.

Infatti non si può negare che l'Europa deve essere immaginata ancora oggi

unità nella diversità. Invece le istituzioni europee nel perseguire l'uniformità si sono

gradualmente distaccate dai corpi politici europei, mentre i cittadini tuttora si

rivolgono alla politica nazionale per affermare diritti e aspettative. Ad aggravare

questa distacco fra istituzioni europee e opinione pubblica e i cittadini si è ritenuto

necessario di delegare il processo decisionale a Consiglio ristretti, che richiamano

alla memoria il Concerto Europeo dell'Ottocento, che anch'esso riteneva spesso di

operare in nome dell'Europa. Ecco quindi il susseguirsi di Consigli Europei, cui

fortunatamente oggi anche l'Italia partecipa, con un processo decisionale

insoddisfacente e i cittadini europei si rendono contro di dovere subire decisioni sulle

quali non hanno influenza o invece di andare delusi per la mancanza di decisioni. Ed

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allora la reazione è di esigere dai propri governi le soluzioni o di accusare l'Europa di

inazione al grido cos' frequente in Italia di una "Europa che ci lascia soli". Viene a

mancare quindi il sostrato necessario di una volontà comune perun comune popolo

europeo. E ciascuno quindi attribuisce le proprie difficoltà agli altri alimentando

incomprensioni e ostilità. Non sarebbe più opportuno ritornare al cosiddetto metodo

comunitario e cioè alla partecipazione di tutti sebbene ovviamente in un processo più

complesso tanto più che non sembra che la Commissione sappia esercitare un ruolo

di guida e il Parlamento rimane al margine nonostante i suoi accresciuti poteri.

Consigli ristretti - un nuovo concerto delle grandi potenze come nell'Ottocento - ogni

decisione o meglio riunioni che nulla concludono di concreto.

La mancanza di proposte e di risposte non possono non creare scontento, cn

la conseguenza della affermazione di alcuni movimenti politici. Bollarli di populismo

poco significa. Poco significa soprattutto perché - e il ricordo ai referendum ne sono

una prova . si vede nel popolo un ente mistico che esprime un capo (e lo abbiamo

visto in passato) e non un corpo politico in grado di manifestare esprime la propria

volontà mediante e elezioni e 'attività dei partiti. Questo equivoco si sta diffondendo e

il fallimento sostanziale dei partiti politici europei, che europei on sono ma soltanto la

somma di partiti nazionali aggiungo forza al populismo parolaio imperante ovunque.

Non c'entra il richiamo al nazionalismo da condannare. Come ha scritto

giustamente Honbsbawn l'emergere di un nazionalismo politico si caratterizza per la

sua instabilità e episodicità se confrontate ai sentimenti di legittima identità

nazionale. Non si confonda la ricerca della propria identità locale o nazionale con il

nazionalismo aggressivo del passato. Aver sottovalutato che nell'identità ci si

riconosce e che la compagine dell'Europa non può e non deve umiliare queste

identità. Ancora una volta dunque esaltare l'unità nella diversità.

Si è invece creduto di umiliare l'evidenza delle diversità con il risultato che la

ricerca delle diversità è diventato un obbiettivo sostenuto dai più. In una parola non si

è riusciti a creare una comunione di sentimenti e di idee sino al punto che la lingua

europea è quella parlato da un membro che ha deciso di lasciare l'Europa sino

all'assurdo di diventare quindi in Europa una lingua minoritaria. Dal canto la

Commissione Europa ha dimostrato di saper legiferare sui dettagli ma non di avere

visione politica e strategica mentre preferisce investire somme ingenti in progetti

inutili o fumosi, e molto meno di sostenere la coesione sociale d economica e

mentre non ha saputo affrontare il fenomeno trasmigrazioni, da tempo previsto e

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prevedibile, si attesta tenace sulla pretesa del rispetto di tutte le norme senza

considerare le tante sensibilità nazionali

La costruzione europea ha dovuto affrontare varie crisi e tutte ha saputo

superare grazie all’immaginazione della politica ed anzi facendo passi innanzi

concreti. Come è giusto che fosse le crisi sono state spesso salutari, ma non gli

errori.

5. Per strada quindi si era andata smarrendo l'idea europea mentre invece e

l'Europa deva affrontare un nuovo processo europeo, non solo e non tanto

economico e commerciale. Preminenti sono invece le scelte politiche per prepararsi

in un mondo diverso, in cui gli Stati Uniti non vogliono più essere i garanti dopo che

erano stati accusati di essere i gendarmi del mondo (ed ora noi sembra che vogliamo

rimpiangere quella loro funzione di egemonia più o meno benevola). Inoltre mentre

dopo essersi illusi nelle primavere arabe - il cui fallimento era evidente, ma non per i

dirigenti europei che si sono cullati in speranze senza fondamento e nion sa come

affrontare il cosiddetto fondamentalismo più o meno islamico, che a parole almeno si

proporrebbe di mirare alla conquista dell'Europa.

Negli ultimissimi anni le crisi invece sono state preoccupanti e hanno lasciato

segni profondi soprattutto perché non si è riusciti a superarli. I Governi sono stati

deboli, la mancanza di leaders europei è stato un freno forte e la Commissione, cioè

un presunto governo dell'Europa,non stata adeguata per mancanza di visione eil

Parlamento non ha saputo esercitare nessuna guida neppure morale. Il risultato

negativo è stato che i problemi non sono stati affrontati abbandonando il metodo

comunitario dei piccoli passi compiuti insieme affidando il tutto a Consigli ristretti, ad

un Concerto delle grandi potenze di antica memoria, in cui i singoli governi

perseguivano o riflettevano interessi particolare. E si è dimenticato che l'Europa è

fatta da cittadini cui è stato praticamente impedito di esprimere una loro opinione

europea. . I cittadini vedono in pericolo il loro avvenire e gli organismi che l’UE si

era dati con grande entusiasmo dimostrano la loro inadeguatezza tanto che le

decisioni sono espresse non da organismi sovranazionali ma dal concerto degli stati

più importanti o persino da gruppi ancor più ristretti in cui prevalgono da un lato il

comprensibile attaccamento al proprio successo (ancora una volta la Germania) e

dall’altro le conseguenze di decenni di cose non fatte (l’Italia).

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Pertanto oggi - più che mai - siamo confrontati da una grave crisi

dell'Europa nella sua costruzione ideale e politica. Ed infatti oggi ci poniamo con

amarezza l'interrogativo se esista tuttora un sogno europeo. Molti sono gli indizi

preoccupanti e concreti nella volontà popolare e nell'orientamento della politica di

ciascuno dei paesi europei che questo sogno è stato molto leso da tanti eventi ed

anzi si constata che sembra assente una effettiva volontà politica europea di porvi

rimedio al di là delle parole di compiacimento o di elogio quasi che il presente non

fosse preoccupante e che l'avvenire non sembri sembra incerto mentre : la Brexit

potrebbe non rimanere isolata. Le elezioni che si susseguono nel 2017 possono

riservarci gravi sorprese. L'inclinazione ai referendum, una inclinazione amio avviso

deplorevole, possono portare a decisioni azzardate: il referendum E questo 2017

potrebbe al riguardo riservare amare sorprese che potranno corroborare la

mancanza di preveggenza. mentre la demagogia oramai sembra destinata a

prevalere sul raziocinio e il vento del ripudio prevale in omaggio all'antisistema e

eventi recenti stanno facendo scuola.

L’Europa credeva di aver risposto alle sfide moderne (persino della cosiddetta

post-modernità) con la sua vittoria nel 1989-1991 con la esportazione della

democrazia ovunque imponendo la “pensée unique” conforme agli ideali più nobili

dell’Europa tutta.

Invece è proprio l’Unione Europea a chiedersi ora se il modello europeo sia

ancora valido e come si possa ancora difenderlo. Non serve continuare

pervicacemente nell’esortazione di avere più Europa quasi che fosse possibile con

una bacchetta magica, mentre le pulsioni della società non riescono a trovare

ideologie , né visioni dell’avvenire, né partiti politici, né personalità trascinanti. Si

preferisce ragionare spesso a vuoto sulla crisi vuoi del capitalismo, vuoi della stessa

funzione del libero mercato (la mano invisibile non funzionerebbe più!), senza poi

sapere a quale sistema economico e sociale debba essere affidata la governazione

del sistema internazionale. Ed allora possiamo e dobbiamo chiederci se quel

modello sociale ed economico (che in Italia si definiva curiosamente renano, allora

invidiato), di cui menavamo vanto, non sia in crisi di identità, di valori, di attuabilità.

Il risultato è una eterogenesi dei fini: il fine. L'Europa è nata in chiave

economica e lentamente è diventata politica ed ora sembra invece che i suoi

maggiori problemi siano di nuovo economici ed anzi con l'aggravante che diventano

sociali e quindi commuovono e sommuovono le opinioni pubbliche. era

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. L’Europa unita è un organismo vitale da gestire con la compartecipazione di

tutti indistintamente i cittadini europei, perché tutti interessati al successo dell’Europa

nei suoi varii profili. In questi ultimi anni nella presunzione è venuta a mancare la

capacità di trascinarli con l’entusiasmo e la fiducia. La tecnica o il miraggio della

tecnica hanno prevalso sulla politica e i risultati sono stati per molti versi negativi.

Non già perché sono stati abbandonati gli ideali iniziali, ma perché non sono stati

“inventati” nuovi ideali né indicate nuove mète condivisibili, come gli eventi del 1998-

1991 avrebbero dovuto suggerire. L’unità di tutta l’Europa: unità non soltanto

geografica ma altrettanto ideale doveva suscitare una riflessione nuova. L’Europa

senza più la cortina di ferro era una Europa diversa e non poteva non essere diversa,

pur rimanendo fedele al suo significato storico e spirituale, ma in un contesto diverso.

5: Possiamo pensare a innovare il modello europeo? Ma come?

Non certo con la antiquata idea di una Europa a due velocità, quale

confessione di impotenza e di incapacità politiche ed è una ricetta quanto mai

stantia.. L’illusione che l’Italia possa essere nel gruppo dei primi è espressione di

debolezza come quando negli anni ’90 per giustificare l’entrata dell’Europa si

dichiarava che occorreva entrare in Europa come se l’Italia non ne facesse

comunque già pienamente parte. Sarebbe per l’Itlia conferma del suo sforzo, spesso

vano deal 1878 di essere una grand potenza. Quindi l’Italia dovrebbe essere invece

fautrice dell’unità dell’Europa fra cosiddetti gradi e cosiddetti piccoli in una unità di

intenti.

Gli stati membri hanno messo in comune moltissimo e hanno rinunciato

all’esercizio di parte rilevante della loro sovranità. Tuttavia i cittadini continuano a

considerare la propria classe politica e i propri eletti responsabili dei loro destini,

rimanendo il Parlamento europeo è espressione estranea alla loro volontà ed è

invischiato in deliberazioni spesso assai discutibili, mentre la Commissione

brussellese è fonte di burocrazia ed infine le pronunce della Corte di Giustizia o

della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sono spesso erratiche. Il tutto è calato

dall’alto mediante una troppo avventata imposizione di omogeneizzazione, nei cui

confronti il sempre evocato principio della sussidiarietà costituisce un pretesto

proclamato, ma ben poco praticato.

Con la crisi finanziaria ed economica l’Europa è chiamata a affrontare temi

che investono la sua credibilità e trascinano le ansie dei cittadini europei. Nuove

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ragioni devono indurre a riacquistare lo slancio del passato nella persuasione che

tutti gli europei vogliano una Europa rinnovata, si potrebbe dire ringiovanita, e

disegnata con senso della realtà. Senza cedere al miraggio di complicate procedure

ovvero di gruppi o avanguardie devono prevalere pazienza, tenacia e costanza. Le

diversità non spaventino. Devono invece stimolare ed arricchire. La consapevolezza

delle diversità è il vero spirito europeo di convivenza: è il metodo comunitario, un

grande metodo, una sorta di sintassi del consenso. Un grande metodo anche per

aver ragione del riemergere di antipatie, ostilità, stereotipi. E’ diventato palese che

dopo cinquant’anni il demos europeo è introvabile e quindi il sistema politico

europeo può essere soltanto il minimo comune denominatore o il compromesso

delle volontà delle singole entità statali e delle singole volontà popolari. Dalle visioni

pontiche brillanti e futuribili si è tornati alle esigenze immediate.

6. L'Europa deve cercare di riprendere il filo della sua razionalità e cioè e l'idea

fondante della sua stessa esistenza: la libertà da declinare in chiave sociale senza

antiquate demagogie di un anticapitalismo d'accatto anche quando proclamato in alto

loco, mentre si deve esaltare con orgoglio la ricchezza umana dell'Europa nella sua

storia di jeri e ancor più in quella di oggi. Non si dimentichi che era e vuole essere

un modello di civiltà e di tolleranza di una profondità sconosciuta altrove e occorre

riaffermarlo ripeto con una punta di orgoglio quale espressione della propria identità.

L'Europa ha saputo come in nessuna altra regione del globo amalgamare popoli,

culture, lingue diverse senza l'irrealistico e superficiale mito del 'multiculturalismo e

senza l'ipocrisia dell'accoglienza e senza il mito dell'integrazione a scadenze brevi e

calcolabili. . Tutte parole il cui significato deve essere ben diverso.

In altri termini l' Europa è in grado di affermare la sua identità fatta di diversità

culturali nei secoli in un ambiente che nel lungo periodo è stato alla lunga ben più

tollerante che nel resto del mondo, jeri ed oggi. L'Europa ha saputo arricchirsi con

culture diverse e nel tempo ha dimostrato di essere la meno xenofoba e la meno

razziosta di tutte le altre regioni del globo e del mondo, jeri come oggi In Europa tutti

sentono europei parlando idiomi diversi; non così in Asia e non così in Africa dove le

diverse civiltà non hanno nulla in come e dove la invidia o l'ostilità razziale sino

all'odio sono moneta corrente e dove i nazionalismi sono concorrenti come altrove

nel mondo.. Solo l'Europa può mirare ex pluribus unum nel nome di un comune

sentire e in una comune simbiosi delle diversità.

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Questo è il modello di una Europa che forte del suo passato può e deve

dimostrare di essere ancora un modello di civiltà, pur rappresentando - ed è bene il

non dimenticarlo - rappresentando solo il7% della popolazione mondiale.

Ripartiamo con orgoglio dagli elementi fondanti della solidità europea: il

processo rivoluzionario di una costruzione europea in un continente da sempre fonte

di conflittualità; le controversie non più territoriali non investono problemi di

sicurezza in quanto esclusivamente economico-finanziarie; la evidenza che i singoli

stati membri possono superare le difficoltà soltanto operando insieme agli altri; la

constatazione che non è la prima crisi nella storia della costruzione dell’unità

europea; la convinzione generale che si può rallentare, ma non invertire la rotta

verso il completamento di un grande disegno politico, condiviso anche da coloro

che un tempo contrari all’Europa, perché capitalista o americana; l’ineluttabilità che

gli stati detti nazionali rimangano al centro nella coscienza dei cittadini; la palese

inconsistenza dei movimenti antiglobal o pacifisti e la inefficacia dei confusi

movimenti di piazza. Dunque un quadro che offre spunti positivi e di fiducia.

Potremmo dire nonostante tutto.

7. Un salutare realismo per procedere oltre la crisi attuale va sostenuto dalla tenacia

e soprattutto dalla pazienza1. L’Europa ha attuato molto in pochissimi decenni e la serena

pazienza si impone ora più che mai dinanzi ad un processo che non può non essere lento,

proprio perché fondato su metodi complessi che potranno incidere nel profondo. Compito

dell’Europa sarà quello di estrarre dallo sviluppo funzionale di gestione dell’economia una

nuova ambizione politica affrontando le vagheggiate (da molto tempo!) riforme di struttura

per lo sviluppo sociale ed economico (la introvabile crescita). Occorre pazienza perché i

cittadini dell’Europa accompagnino e sostengano un nuovo modello, che integri o sostituisca

quello che ha avuto successo, ma che ha ora esaurito la sua capacità di suscitare passioni

. Di conseguenza un nuovo modello, che in quanto funzionalista, può apparire

meno attraente, ma più solido come le circostanze esigono. Le premesse sono

offerte dall’orgoglio degli elementi fondanti della saldezza europea: il processo

rivoluzionario di una costruzione unitaria in un continente da sempre fonte di

conflittualità; le controversie non investono problemi di sicurezza esterna in quanto

esclusivamente economico-finanziarie; gli stati membri possono superare le difficoltà

soltanto operando insieme poiché irresponsabili e velleitarie sono le pulsioni

emotive di far da soli; la constatazione che non è la prima crisi nelle vicende della

costruzione dell’unità europea; la convinzione generale che si può rallentare forse,

1 Lo avevamo scritto in tempi non sospetti [in Affari Esteri 2005/148 e 2007/156] .Versione provvisoria non destinata alla diffusione né alla pubblicazione

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ma non invertire la rotta verso il completamento di un grande disegno unitario,

condiviso oramai persino da coloro un tempo contrari all’Europa, la palese

inconsistenza dei movimenti antiglobal o pacifisti e la inefficacia dei confusi

movimenti di piazza. Dunque un quadro che offre spunti positivi e alimenta fiducia.

Potremmo dire nonostante le apparenze e soprattutto nonostante superficialità

imperanti

8. Occorre combattere con l’ottimismo dell’azione non già con evocazioni

ottative o con salti in avanti, nobili ma poco ragionevoli. Venga prescelto un

approccio realistico e concreto a condizione di trarre lezione dagli errori e dalle

illusioni del passato. L’europeismo di maniera ha imperversato in Italia negli ultimi

lustri e sembra ancora esercitare tanto ingenuo fascino. Il realismo soprattutto sia

sostenuto dalla pazienza, poiché l’Europa ha attuato\ molto in pochissimi decenni e

si impone ora più che mai la pazienza dinanzi ad un processo che non può non

essere lento. Con determinazione l’Europa è chiamata a ripensare se stessa e ad

elaborare un suo nuovo progetto politico, come aveva detto Blair nel suo inascoltato

discorso al Parlamento europeo sin dal giugno 2005 perché l’Europa affronti i temi

principali, dalle vagheggiate (da molto tempo!) riforme di struttura allo sviluppo

sociale ed economico (la introvabile crescita). Occorre pazienza perché i cittadini

dell’Europa accompagnino e sostengano un nuovo modello, che integri o sostituisca

quello che ha avuto successo, ma che ha ora esaurito la sua capacità di trovare

consenso.

Non dimentichiamo che nessuna politica ha successo se non ha dietro di sè

l'anima dei suoi cittadini.

L'Europa cessi dal guardarsi l'ombelico e sappia assumere le sue

responsabilità anche morali: era un possibile modello per il mondo, ora può essere

ignorata dal mondo o essere aggredita impunemente quando diventa evidente la

sua debolezza.

Guai se il timore dell’azione offuschi la volontà che deve fondarsi su valori e

non su contingenze. I cittadini che non vogliono difendersi per passività o per

ignavia o per relativismo o per conformismo perderanno la convinzione nei propri

valori e sarebbero destinata a perire come sudditi altrui insistendo diabolicamente

nei propri errori. Soltanto la consapevolezza dell’essere europei nella civiltà e nella

libertà può promuovere un avvenire migliore.

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