Cascinazza

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3Il Mondo della Birra

Quindi andava bene anche un cascinale lom-bardo, che è stato ristrutturato».

Essenzialmente il lavoro è nella cam-pagna?

«La nostra non è stata una decisione pre-via, ma dovuta al fatto che abbiamo trovatoquesto luogo in un ambiente agricolo. Inol-tre, il lavoro è parte integrante della vita mo-nastica, poiché non ci sono sostanzialmentefonti esterne di sostentamento. San Benedet-to scrisse nella propria Regola che «allora so-no veramente monaci, se vivono del lavorodelle proprie mani». Si fa ciò che si faceva untempo in questa zona. All’inizio c’era la stal-la con le mucche da latte, ma per una con-tingenza economica causata dalla crisi del lat-te e dall’impossibilità allora di fare investi-menti che avrebbero consentito un impian-to redditizio, abbiamo dovuto chiuderla. Pertanto tempo abbiamo continuato e conti-nuiamo a coltivare la campagna con cereali(mais, soia e orzo), integrando quando si po-teva con certi lavori manuali che potesseroin qualche modo arrotondare le entrate, da-to che l’agricoltura ha delle prospettive sem-pre più scarse».

Come è nata l’idea di produrre la birra?«Nel 2004 abbiamo iniziato a cercare al-

tri lavori che potessero integrare il redditoagricolo, troppo scarso per mantenere unacomunità di quattordici persone. Eranoemerse diverse ipotesi tra cui rilegare o re-staurare libri o comunque altre attività arti-gianali o di tipo semi-industriale. Così, men-tre cercavamo varie soluzioni, l’amico Am-

brogio De Ponti, presidente dell’Associazio-ne lombarda dei produttori ortofrutticoli,contattato per avere dei consigli, lanciò l’i-dea di produrre la birra. Infatti, essendo noiun monastero avremmo avuto un marchiointeressante per un prodotto che viene dauna tradizione dove il monachesimo ha avu-to un ruolo importante. All’inizio sembravaquasi uno scherzo, una cosa troppo impe-gnativa, fuori dalle nostre possibilità. Però,

con il tempo, le altre ipotesi di lavoro si ri-velavano inconsistenti, mentre questa dellabirra prendeva sempre più piede. Così ab-biamo iniziato a contattare diverse personeper conoscere meglio il settore e per farci aiu-tare. Anzi vorrei citarle, perché è solo graziea loro che siamo riusciti a realizzare questaimpresa: il primo sicuramente è Paolo Mas-sobrio, giornalista esperto di enogastrono-mia e presidente di Club di Papillon, che siè dimostrato fin da subito entusiasta e ci haincoraggiato facendoci conoscere alcuniesperti di microbirrifici quali Agostino Ario-li del Birrificio Italiano di Lurago Marinone(Co), e Teo Musso, titolare del birrificio LeBaladin di Piozzo (Cn). Così abbiamo ini-ziato a fare degli ‘esperimenti domestici’, del-le prove, che si sono rivelate interessanti an-che se era chiaro che era solo un inizio di-lettantistico. Dovevamo imparare, e tramiteamicizie dell’ambiente monastico ci è stataofferta la possibilità di mandare qualcuno dinoi per un soggiorno nelle abbazie trappistebelghe, luoghi importanti nel settore birra-rio e vicine a noi perché anche loro seguo-no la Regola benedettina. Dato che le lorobirre ci avevano affascinato, abbiamo decisodi andare a documentarci di persona. Cosìnel 2005, incaricati dal nostro superiore Pa-dre Sergio, due di noi, Padre Marco e PadreFabrizio sono stati ospitati nell’abbazia diWestvleteren in Belgio, una delle cinque ab-

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È nata la prima birramonastica italiana

NovitàLa Cascinazza

di Giada Rusmini

Come siete arrivati alla Cascinazza?«Il nostro è stato un tentativo post-con-

ciliare, in seguito alle indicazioni del Conci-lio Vaticano II, intrapreso per seguire unostile di vita che tornasse alle origini, alla sem-plicità del monastero benedettino autentico.Un tentativo di recuperare gli elementi es-senziali di vita comune, preghiera e lavoro,secondo la Regola di San Benedetto ‘Ora etlabora’. Questo permette di cogliere il nu-cleo essenziale di questa vita di profonda co-munione con Cristo e tra di noi».

Perciò il vostro è un monastero di clau-sura?

«Sì. Non svolgiamo attività esterne apo-stoliche e pastorali, ma siamo chiamati a vi-vere un’esperienza di fede e di comunionetalmente intensa che possa diventare, per ilsuo esempio e la sua testimonianza, un pun-to di riferimento e aiuto per le persone. Co-sì hanno fatto i Benedettini nella storia e co-sì tentiamo anche noi nel nostro piccolo. Ilmonastero è stato fondato nel 1971 per ope-ra di monaci benedettini che cercavano unluogo che non avesse condizionamenti arti-stici, storici, culturali, economici eccetera.

La Cascinazza è una cascina sita nel comune diBuccinasco, a pochi chilometri da Milano che è statatrasformata nel Monastero benedettino dei SantiPietro e Paolo nel 1971. Qui i monaci hanno deciso diprodurre una birra ambrata di chiara ispirazionetrappista. Padre Claudio, portavoce della comunitàmonastica ci racconta la loro avventura.

Il marchio delmonastero raffiguratoin etichetta riproduceun bozzetto dellaCascinazza realizzatoda William Congdon,noto artista americanoche per molti anni havissuto e dipintopresso il monastero.Sul sitowww.birracascinazza.itsono indicati i puntivendita in cui èpossibile trovare labirra CascinazzaAmber.

Nella foto in basso,Padre Claudio conPadre Marco, uno deitre monaci mastribirrai.

È nata la prima birramonastica italiana

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bazie trappiste, che produce una birra mol-to apprezzata. I nostri confratelli hanno po-tuto visitare anche i birrifici delle abbazie diAchel e di Chimay. Poco dopo, sempre nel2005, abbiamo fatto la conoscenza del pro-fessor Stefano Buiatti, docente di Tecnologiadella birra all’Università di Udine, che ha in-vitato i nostri aspiranti birrai a un corso tec-nico-gestionale per produttori di birra pres-so la medesima università. Passo dopo pas-so, la prospettiva di produrre una birra le-gata alla grande tradizione dell’arte birraria-trappista belga si mostrava sempre più pro-mettente. Mancavano però i mezzi per unimpianto all’altezza di una produzione diqualità, mezzi che abbiamo raccolto grazieal sostegno di amici come Giorgio Vittadini,presidente della Fondazione per la Sussidia-rietà nonché docente all’Università Bicoccadi Milano, e Antonio Intiglietta, presidentedi Gestione Fiere della Fiera di Milano, tra-mite i quali abbiamo sottoposto il progettoalla Fondazione Cariplo. Il presidente, l’av-vocato Giuseppe Guzzetti, ha concesso uncontibuto che copriva parte dei costi. Infinegrazie all’aiuto del presidente di Assobirra

Piero Perron, abbiamo incontrato GiulianoBudel, titolare dell’azienda Eurogroup di Fel-tre (Bl), produttore di impianti, con il qualeabbiamo creato un progetto ad hoc: una sor-ta di impianto industriale miniaturizzato sul-le misure del nostro monastero. Infine ab-biamo avuto l’apporto dell’esperienza del-l’ingegnere Giovanni Maccagnan, esperto tec-nologo della birra. Abbiamo iniziato quindiun lungo iter per ottenere le varie autoriz-zazioni necessarie, finché a febbraio di que-st’anno sono arrivate le ultime e siamo par-titi con la produzione. Ora, dopo tre anni emezzo di progetti e preparativi, siamo pron-ti per entrare nel mercato».

Immagino che per il momento produ-ciate un solo tipo di birra.

«Sì, una birra di tipo trappista belga, adalta fermentazione, di circa 6,4 gradi alcol.È una doppio malto ambrata e, infatti, si chia-ma ‘Cascinazza Amber’. Ha un profilo aro-matico molto interessante, fruttato, con del-le note aromatiche speziate. È una birra ri-fermentata in bottiglia nel formato da 75 cl».

Come la proponete al mercato?«La nostra produzione sarà limitata a cir-

ca 35 mila bottiglie l’anno, che verranno di-stribuite tramite alcuni punti vendita scelti.Non la venderemo direttamente nel nostromonastero. Abbiamo approntato un sito in-ternet, www.birracascinazza.it, dove sono in-dicati i punti vendita in cui la si può trova-re».

Nelle sale diproduzione della primabirra monasticaitaliana troviamo imonaci: Padre Claudio(a sinistra) e PadreMarco, mastro birraio (a destra).