Carol Rama all'Anglicana di Alassio

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Appassionata

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Catalogo delle opere di Carol Rama in mostra all'Ex Chiesa Anglicana di Alassio

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Appassionata

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Assessorati Cultura e Turismo

L’Assessore alla Cultura e al Turismo dott.ssa Monica Zioni

Appassionataa cura di Nicola Davide Angerame

Ex Chiesa Anglicana di Alassio8 agosto - 12 settembre 2010

Un ringraziamento speciale a Galleria Carlina di Torino

info: [email protected]

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La mostra di Carol Rama è un evento di puntanella programmazione dell'Ex Chiesa Angli-cana, poichè presenta l'antologica di un’arti-sta singolare, di un talento che viene dalontano e che nell'ultimo decennio ha cono-sciuto una fortuna internazionale, fatta dimostre personali in Italia, negli Stati Uniti ein Europa.

Nata a Torino nel 1918 Olga Carol Rama attraversa un secolocomplesso e traumatico come il Novecento usando l'arte, persua stessa ammissione, come un atto di “guarigione” e comelo specchio di un'avventura, tutta personale, tempestata digioie e di privilegi, ma anche di tragedie familiari ed arric-chita dall'amicizia di importanti intellettuali italiani: primofra tutti il poeta Edoardo Sanguineti, ma anche Giorgio Man-ganelli (che introdurrà diverse sue mostre) Felice Casorati(organizzatore della prima personale di Rama alla Galleriadel Bosco nel 1947), il poeta Albino Galvano, l'architetto epittore Corrado Levi, il musicologo Massimo Mila, l'architettoCarlo Mollino, per finire con colleghi illustri come Man Ray eincontri importanti come quello con Andy Warhol.L'arte di Carol Rama è autobiografica, scandalosa, rigorosa esperimentale in modo naturale. Usando personaggi e oggettidel proprio mondo, costruisce nei decenni serie di disegni edi assemblaggi che catturano per la forza magnetica, l'avan-guardismo e una intrinseca grazia grottesca, rilevata dai suoipiù importanti estimatori, tra i quali si annovera Achille Bo-nito Oliva, che nel 1993 invita l'artista ad esporre nella se-zione Aperto della Biennale di Venezia. Dieci anni dopo,nell'edizione guidata da Francesco Bonami, Carol Rama rice-verà il premio più ambito di sempre: il Leone d'Oro alla Car-riera della 50esima Biennale di Venezia. Dalla sua casa storicanel centro di Torino, una soffitta dove vive e lavora da sem-pre, Carol torna a trasformare in visioni le proprie emozioni.Il mondo la celebra, ma poco cambia in questa figura d'arti-sta d'altri tempi che conferma la sua poca sensibilità per ilsuccesso e dimostra una vera “passione” per l'arte. Dopo aver ritratto in acquerelli bislacchi e infantili le protesidella zia livornese o le visioni dell'ospedale psichiatrico dovela madre verrà ricoverata dopo la morte del padre, CarolRama sente il bisogno di uscire dai confini dell'autobiografiaed entra a far parte del gruppo del MAC torinese, il Movi-mento Arte Concreta co-fondato da Gillo Dorfles (altro caro

amico), elaborando un personale concetto di astrazione chela porta a distinguersi ancora una volta. A partire dagli anni'60 la ricerca svolta verso l'introduzione di oggetti cari all'ar-tista su opere su carta e su tela: sono occhi di ceramica, pellid'animali, unghie. Sono i Bricolages, come li battezza il suopiù amato amico ed esegeta, Edoardo Sanguineti, che spessousa le proprie poesie per “tradurre” il lavoro di Rama in lin-guaggio. Negli anni '70 Rama viaggia a Parigi e New York conil suo gallerista Anselmino, conoscendo molti artisti, tra cuiAndy Warhol. La sua arte svolta ancora ed ha inizio il periododelle camere d'aria di bicicletta che le ricordano la fabbricadi biciclette di quando il padre era un imprenditore di suc-cesso. Nel 1980, l'artista incontra Lea Vergine, che la invitanella grande mostra itinerante da lei curata e dedicata alleartiste del Novecento: L'altra metà dell'avanguardia. Sensi-bile al ritorno della pittura degli anni '80, Carol Rama tornaalla figurazione con racconti visivi che alludono al mito e alleleggende. Donna coltissima, che identifica la cultura con la li-bertà, Rama preferisce parlare degli amici e delle sue espe-rienze, piuttosto che di ciò che legge e ascolta (lei,appassionata della musica di Luciano Berio). Nel 1998 RudyFuchs, primo direttore del Castello di Rivoli di Torino, e MariaCristina Mundici la chiamano ad esporre in un’importante mo-stra antologica allo Stedelijk Museum di Amsterdam e al TheInstitute of Contemporary Art (ICA) di Boston (USA). CarolRama si conferma un'artista supercontemporanea, e nel 2003arriva il Leone d'Oro. Nel 2004 un'ampia antologica presso laFondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino, seguita dalMart di Rovereto e dal Baltic Museum di Gateshead (GB). Se-guono altre personali in Europa e anche lo stilista AntonioMarras le tributa una mostra ad Alghero, in Sardegna. Dueanni fa, la mostra antologica curata da Marco Vallora al Pa-lazzo Ducale di Genova celebra il novantesimo compleannodell'artista, che a gennaio di quest'anno riceve il Premio Pre-sidente della Repubblica, su segnalazione dell'Accademia diSan Luca di Roma: è il degno coronamento di una carrieralongeva, ostinata e sottotraccia, che alla fine si è impostaper la qualità intrinseca di un lavoro artistico portato avantisenza tentennamenti da una delle artiste europee maggior-mente significative nel panorama internazionale del Nove-cento.

Dott.ssa Monica ZioniAssessore alla Cultura e al Turismo Città di Alassio

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materia si fa ricordo paterno, si arriva ai disegni degli anni Ot-tanta e Novanta, con cui Rama torna alla figura e alle intui-zioni degli anni Trenta e Quaranta, con i temi salienti dellagiovane Carol divenuti cavalli di battaglia: dalle donne mutilate(le Appassionata) ai Pissoir duchampiani; dagli scopini per ilwater ai Teatrini fatti di protesi ortopediche, fino agli uominidai molteplici falli, le Corone di Keaton e le Mucca pazza. Unamarcord che mostra il lato più “debole” di Carol, quella suaimpressionabilità che già adolescente le frutta una serie di vi-sioni impensabili per la borghesia dell’epoca, per quella buonasocietà torinese alla quale l’artista pure appartiene e di cuirappresenta il lato pulsionale più radicale. Come Egon Schiele,Carol è impegnata in un costante autoritratto, che passa tra-mite la costruzione di un grande affresco dedicato al mondodegli affetti, in cui ogni personaggio trova un corpo, un voltoe una materia pronti a rappresentarlo. I mutilati di guerra, cheOtto Dix oppone al bellicismo che segna la società europea trale due guerre, sono distanti. Carol è presa da un ambiente cheè quello più intimo e personale della propria famiglia. La suabravura sta nel metterlo in scena con una grazia grottesca chel’avvicina alla sensibilità di un Ferdinand Céline, di un Anto-nin Artaud o di una Colette: personaggi scandalosi forse per-chè scandalizzati essi stessi dalla società a cui appartengono,dal mondo che li offende, dalla vita che li strapazza.In tutto il suo lavoro, anche quando entra a far parte del MACdi Torino (dipingendo tele di grande sensualità), Carol Ramaesalta la presenza sorda e inevitabile del corpo. La sua arteesprime un martirio del corpo che ha il valore di una catarsi:non denuncia ma annuncia il dolore come realtà definitiva,come dato di fatto incontrovertibile di una esperienza vitaleche proprio dalla sofferenzea trae la spinta propulsiva versol’eros. In un celebre acquerello, una sua Dorina porta al collodue assembramenti di falli maschili che diventano così, den-tro lo schema visivo pregno di una bislacca allure liberty,un’affermazione di gioia artaudiana, in cui la vita si fa “teatrodella crudeltà”, ovvero scarta il banale e intensifica la vita in-teriore fino a portare la pittura, il disegno e l’acquerello ad oc-cupare il campo intero di una rappresentazione drammatica,di una narrazione cristallina, che va in profondità a cogliere ilsenso dell’esistenza come il fare esperienza di quanto siamoirrimediabilmente frammentati, spezzati, lacerati.Questa mostra presenta l’opera di Carol Rama attraverso unaselezione antologica, che vanno dal ritratto di Betty, del 1938,eseguito in uno stile che risente delle dinamiche della scuoladi Felice Casorati (frequentato dalla giovane artista) fino ad

Carol Rama. Appassionata.Nicola Davide Angerame

Le idee che ho le invento soffrendole io stesso, passo passo,io scrivo soltanto ciò che ho sofferto punto per punto in tuttoil mio corpo, quello che ho scritto l’ho sempre trovatoattraverso tormenti dell’anima e del corpo.

Antonin Artaud

La vicenda artistica di Carol Rama è quella di una anti-star, diuna outsider che ha percorso e precorso scuole e stili, diven-tando negli anni Novanta, con grande ritardo sulla storia maper questo ancora più meritevole, la rappresentate italiana diun’arte nutrita in modo precipuo di sensibilità femminile, diintimismo e personalità. La critica, da sempre generosa conCarol, riconosce con entusiasmo un lavoro autenticamente au-tobiografico, sofferto e sincero, a partire dalla grande mostracollettiva curata da Lea Vergine nel 1980, L’altra metà del-l’avanguardia, in cui Rama trova una prima decisiva afferma-zione in un cammino che durerà oltre settant’anni.Paragonata, non a torto, ad una decana dell’arte del Nove-cento come Louise Bourgeois (ma si potrebbero trovare utilipunti di contatto pure con Frida Kahlo), l’affermazione diRama s’intende bene anche guardando in controluce i suc-cessi attuali di giovani artiste che hanno attinto alla propria vi-cenda personale portandone sulla scena dell’arte gli estremirecessi, prima fra tutte una star odierna dell’arte come laYoung British Artist, Tracey Emin, o anche un’artista che usal’erotismo in funzione liberatoria come l’egiziana Ghada Amer.Carol Rama ha attraversato il Novecento con la sua forza fra-gile, fulminea e incandescente, registrando un percorso per-sonale che è stato fonte inesauribile per la sua arte,includendo in esso tutto l’arco parentale, le gioie ma soprat-tutto i dolori, fusi con un erotismo selvaggio e aggraziato, ca-tartico e spavaldo, quasi infantile, che gli è valso buona partedel suo successo. Si va, così, dalle protesi della zia livornese,disegnate nei primi anni Quaranta con una libertà espressivaunica, alle Dorina, Le parche i ritratti di amici e i Bricolage,come li battezza l’amico poeta ed esegeta Edoardo Sangui-neti, fatti di occhi finti e unghie intrappolati nei dipinti deglianni Sessanta; dalle “gomme” degli anni Settanta, dove la

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un recente Ritratto del 2003 (anno del Leone d’Oro alla Car-riera della Biennale di Venezia) in cui l’artista si rappresentacon la sua celebre corona di capelli intrecciati, un pezzo dicamera d’aria al posto della bocca e sullo sfondo uno dei suoiamati fogli stampati con disegni tecnici industriali utilizzatiper la fabbricazione, in questo caso, di una cartucciera perpallottole d’arma da fuoco. Una scelta probabilmente non ca-suale, quella di un’artista esplosiva, scandalosa e radicalecome Carol Rama.

Le opere in mostra espongono le trasformazioni, anche pro-fonde, che l’arte di Rama subisce nei decenni, come quellesvolte ricche di ulteriori magie che sono i suoi Bricolage sucui la pittura intrappola la materia, anche questa di prove-nienza “domestica”, legata alla conduzione materna di un la-boratorio di pellicceria e che fornirà a Carol occhi, unghie, pellida porre in composizioni surreali, tempestose, angoscianti edivertenti al tempo stesso. Spesso si tratta di cumuli di occhisu macchie di “umori” che tendono a mimare la consistenzae la “forma” di liquidi corporei, almeno nella visione dichia-rata dell’artista. Anche le “gomme” degli anni Settanta, di cuialcune celebri qui in mostra (come Spazio anche più chetempo del 1971, o ancora Arsenale e l’auratico I presagi diBirman), nascono negli anni Settanta come assorbimento nel-l’opera di un materiale “paterno”: le camere d’aria che il padreindustriale meccanico torinese lavora nella sua fabbrica di bi-ciclette (prima del fallimento e del suicidio avvenuto nel lon-tano 1942, che segnano la vita e l’opera di Carol), assumonoper Rama la consistenza e il significato della pelle umana, chetorna sulla tela in forma di tubi flessi, morbidi, sensuali e ma-scolini, ma anche in campiture più ordinate di gomme tesesulla tela a creare campi di forza, con una eleganza che con-traddice la povertà del materiale. “Mio padre – dirà Rama inun video di Rai Sat - aveva creato un brevetto per una bici-cletta da uomo che si poteva trasformare in una da donna.Così, in quel periodo avevamo molte camere d’aria in casa eio le guardavo come se fossero pezzi di pelle o di carne”.Gli anni Ottanta presentano un ritorno alla pittura e alla figurache porta a Rama un riconoscimento internazionale grazie allasua fantasia sbrigliata e irriverente e grazie anche a un dise-gno capace di porsi come diario intimo che unisce gli estremiindicibili dell’esistenza, la follia e l’eros, la sofferenza delcorpo e la catarsi attraverso l’arte. “Per Rama – sostieneAchille Bonito Oliva - l’arte è lo spazio della festa dove nonesistono gerarchie tra ciò che si può dire e ciò di cui bisogna

tacere”. La forza del lavoro di Carol Rama, secondo diversi cri-tici, consiste nel suo porsi come via alternativa, nell’uso dellamateria e dell’oggetto, alla grande scuola dell’Arte Povera cheproprio a Torino trova le sue radici storiche. A differenza deisuoi colleghi, Rama ma non ha mai usato la materia in sensoideologico e programmatico, da cui la netta distinzione dal ce-lebre gruppo guidato da Germano Celant e la conseguente af-fermazione di una “leggerezza” ideologica che probabilmentespiega in buona parte quel suo essere stata una outsider al-meno fino agli anni Ottanta, decennio decisivo per la fine delleideologie e il successo di un’arte socialmente disimpegnata,neo-manierista ma anche capace di rivolgere attenzione al sin-golo, alle sue aspirazioni più intime al suo vissuto più turbo-lento, rendendo conto di una situazione esistenziale che, senon risulta pienamente condivisibile perché troppo personale,è comunque degna di essere esposta come la narrazione let-teraria o la messa inscena teatrale di un “personaggio”. Epochi sono gli artisti capaci di essere anche “personaggi”come Carol Rama, non a caso apprezzata e molto amica deiletterati italiani. Rimasta fuori dal “circo” dell’arte per diversotempo, Rama viene così “riscoperta” quando la biografia del-l’artista torna, dopo le vicissitudini emblematiche di un Rem-brandt o di un Van Gogh o di uno Schiele, ad essere partecipedi una ricomposizione del senso dell’arte, della moda deltempo, ma anche dei profondi smottamenti sociali e storicimondiali. Dopo le grandi divagazioni e gli invaghimenti per gliultimi “grandi racconti”, per dirla con Lyotard, l’inizio dell’erapost-moderna, maturata con la caduta del Muro di Berlino, siprofila come una nuova ricerca sul Sé e la formazione di unanuova frontiera di studio intimo che proprio nella sensibilitàfemminile di artiste come Gina Pane, Marina Abramovic,Cindy Sherman, Orlan, Shirin Neshat e molte altre, trova unpanorama di risposte articolato e complesso in cui l’opera diCarol Rama svetta per radicalità e tenacia.“Peccare è una delle cose più belle!” dice Carol. E se questapuò essere definita come il principio della sua pars construensd’artista, la controparte, la pars destruens, è certamente datadall’affermazione che segue: “Ognuno di noi è a pezzi, ... di-pende dall’infanzia, dalla famiglia”. Una verità semplice, cri-stallina, che malgrado gli sforzi della psicologia moderna restaun principio di base per la vicenda personale di ciascuno dinoi. In questa semplicità, quasi commovente, si muove e ali-menta l’opera di Carol Rama, artista tesa tra il desiderio e ildolore, tra l’erotismo e il lutto, tra l’affetto e la follia. In unaparola: appassionata.

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Betty, 1938Olio e catrame su tela, 64 x 50 cm

Collezione: GCM, Torino

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Bolle di vetro, 1939Olio su tavola, 47 x 64 cm

Collezione: GCM, Torino

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Le amiche, 1947Olio su tela, 70 x 50 cm

Collezione: GCM, Torino

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Rane in gabbia, 1950Olio e tempera su tavola

58 x 49 cm

Collezione: GCM, Torino

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Le amiche, 1951Olio su tela, 74 x 51 cm

Collezione: GCM, Torino

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Composizione, 1952Olio su tela, 45 x 35 cm

Collezione: Privata, Torino

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Composizione MAC, 1955Olio e tempera su carta, 35 x 23,5 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

Composizione MAC, 1955Olio e tempera su carta, 35,5 x 24 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

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Composizione, 1955Olio e tempera su tela, 30 x 25,5 cm

Collezione: Privata, Torino

Senza titolo, 1957Olio su tela, 45 x 35 cm

Collezione: GCM, Torino

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Bricolage, 1964Tecnica mista su tela, 70 x 50 cm

Collezione: GCM, Torino

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Bricolage, 1964Tecnica mista su carta intelata

50 x 35cm

Collezione: GCM, Torino

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Bricolage, 1966Tecnica mista su tavola171 x 34 cm

Collezione: GCM, Torino

Bricolage, 1967Tecnica mista su tela, 100 x 70 cm

Collezione: GCM, Torino

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Bricolage, 1967Tecnica mista su carta intelata, 36 x 48 cm

Collezione: GCM, Torino

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Senza titolo, 1968Tecnica mista su carta, 48 x 29 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

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Spazio anche più che tempo, 1970Camere d’aria di bicicletta su tela, 110 x 120 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

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Spazio anche più che tempo, 1970Gomme su tela, 120 x 120 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

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Arsenale 71, 1971Camere d’aria di gomma dipinta applicate su tela, 80 x 100 cm

Collezione: GCM, Torino

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Fase del nero, 1974Gomme su tela, 170 x 130 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

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Presagi di Birman, 1975Gomme su tela di capote e ferro, 135 x 60 cm

Collezione: GCM, Torino

Luogo e segni, 1975Gomme su tela, 150 x 120 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

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Luogo e segni, 1976Gomme su carta, 50 x 35 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

Luogo e segni, 1976Gomme su carta, 50 x 35 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

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Corona di Keaton, 1990Tecnica mista su carta, 45 x 29 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

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Senza titolo, 1981Tecnica mista su carta, 59 x 46 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

Lingue, 1981Tecnica mista su carta, 26,5 x 41 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

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Figura, 1983Tecnica mista su carta, 34 x 24,5 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

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Le corona di Keaton, 1993Gomma e tecnica mista su carta, 50 x 60 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

Le corona di Keaton, 1993Gomma e tecnica mista su carta, 50 x 60 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

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Mucca pazza, 2000Tecnica mista su carta, 34,5 x 44,5 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

Mucca pazza, 2001Tecnica mista su carta, 34 x 45 cm

Courtesy Galleria Carlina, Torino

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Ritratto, 2003Tecnica mista su carta, 43 x 32 cm

Collezione: Galleria Carlina, Torino

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