Carlo F. Traverso (ePub) - Liber Liber, // · 2018-10-17 · Storia della letteratura italiana...

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Storia della letteratura italiana del cav.Abate Girolamo Tiraboschi Tomo 6. Parte 3: Dall'anno MCCCC fino all'anno MDAUTORE: Tiraboschi, GirolamoTRADUTTORE:CURATORE:NOTE: Il testo presente in formato immagine sulsito The Internet Archive (http://www.archive.org/).Alcuni errori sono stati verificati e corretti sullabase dell'edizione di Milano, Societ tipografica de' classici italiani, 1823, presente sul sito OPAL dell'Universit di Torino(http://www.opal.unito.it/psixsite/default.aspx).

CODICE ISBN E-BOOK: 9788828101390

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

COPERTINA: [elaborazione da] "Ritratto di Lorenzode' Medici (1449-1492)" di Girolamo Macchietti(15351592) - Tesoro dei Granduchi, Firenze -

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DIRITTI D'AUTORE: no

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https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Lorenzo_de%27_Medici-ritratto.jpg - Pubblico dominio.

TRATTO DA: Storia della letteratura italiana delcav. abate Girolamo Tiraboschi... Tomo 1. [-9. ]: 6:Dall'anno 1400. fino all'anno 1500. 3. - Firenze:presso Molini, Landi, e C. o, 1809. - V, [2] p., p.820-1182

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 28 luglio 2014

INDICE DI AFFIDABILIT: 10: affidabilit bassa1: affidabilit standard2: affidabilit buona3: affidabilit ottima

SOGGETTO:LIT004200 CRITICA LETTERARIA / Europea / Italiana

DIGITALIZZAZIONE:Ferdinando Chiodo, [email protected]

REVISIONE:Claudio Paganelli, [email protected] Santamaria

IMPAGINAZIONE:Ferdinando Chiodo, [email protected] F. Traverso (ePub)Ugo Santamaria (revisione ePub)

PUBBLICAZIONE:Claudio Paganelli, [email protected]

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TRATTO DA: Storia della letteratura italiana delcav. abate Girolamo Tiraboschi... Tomo 1. [-9. ]: 6:Dall'anno 1400. fino all'anno 1500. 3. - Firenze:presso Molini, Landi, e C. o, 1809. - V, [2] p., p.820-1182

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 28 luglio 2014

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4Indice, e Sommario del Tomo Sesto. Parte terza. Conti-nuazione dall'anno MCCCC fino al MD........................8Storia della letteratura italiana dall'anno MCCCC finoall'anno MD..................................................................14

Capo III. Poesia italiana. Teatro..............................14Capo IV. Poesia latina............................................118Capo V. Gramatica e Rettorica..............................231Capo VI. Eloquenza................................................435Capo VII. Arti liberali............................................474

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4Indice, e Sommario del Tomo Sesto. Parte terza. Conti-nuazione dall'anno MCCCC fino al MD........................8Storia della letteratura italiana dall'anno MCCCC finoall'anno MD..................................................................14

Capo III. Poesia italiana. Teatro..............................14Capo IV. Poesia latina............................................118Capo V. Gramatica e Rettorica..............................231Capo VI. Eloquenza................................................435Capo VII. Arti liberali............................................474

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STORIA DELLA

LETTERATURA ITALIANADEL CAV. ABATE

GIROLAMO TIRABOSCHI

TOMO VI. - PARTE III. DALL'ANNO MCCCC FINO ALL'ANNO MD.

FIRENZE PRESSO MOLINI LANDI, E C.

MDCCCIX

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STORIA DELLA

LETTERATURA ITALIANADEL CAV. ABATE

GIROLAMO TIRABOSCHI

TOMO VI. - PARTE III. DALL'ANNO MCCCC FINO ALL'ANNO MD.

FIRENZE PRESSO MOLINI LANDI, E C.

MDCCCIX

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INDICE, E SOMMARIO

DEL TOMO SESTO PARTE TERZA. CONTINUAZIONE DALL'ANNO MCCCC FINO AL MD.

CAPO III.

Poesia italiana. Teatro.

I. Per qual ragione la poesia italiana fosse in questo secolo pococoltivata. II. Si accennano molti poeti. III. Niccol Malpighi, Giu-sto de' Conti. IV. Niccol cieco d'Arezzo, Tommaso Cambiatore.V. Burchiello, ec. VI. Lorenzo de' Medici coltiva e promuove lapoesia italiana. VII. Carattere delle rime del Poliziano. VIII. Giro-lamo Benivieni. IX. Bernardo Bellincioni ed altri. X. Gasparo Vi-sconti, Serafino Aquilano, ec. XI. Antonio Tibaldeo. XII. Bernar-do Accolti celebre improvvisatore. XIII. Notturno Napoletano:l'Altissimo. XIV. Si nominan pi altri poeti. XV. Antonio Cornaz-zani. XVI. Il Cariteo. XVII. La poesia italiana coltivata da moltedonne. XVIII. Notizie di Costanza da Varano. XIX. Altre donnepoetesse. XX. Notizie di due Isotte. XXI. Bianca d'Este. XXII.Damigella Trivulzia. XXIII. Cassandra Fedele. XXIV. Scrittori dipoemi gravi. XXV. Luigi Pulci autor del Morgante. XXVI. Mat-teo Maria Boiardo: suo Orlando Innamorato. XXVII. FrancescoCieco: suo poema. XXVIII. Scrittori di altri generi di poesie.XXIX. Diverse tragedie e commedie latine in questo secol com-poste. XXX. Si esaminano alcuni pretesi drammi italiani pi anti-

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INDICE, E SOMMARIO

DEL TOMO SESTO PARTE TERZA. CONTINUAZIONE DALL'ANNO MCCCC FINO AL MD.

CAPO III.

Poesia italiana. Teatro.

I. Per qual ragione la poesia italiana fosse in questo secolo pococoltivata. II. Si accennano molti poeti. III. Niccol Malpighi, Giu-sto de' Conti. IV. Niccol cieco d'Arezzo, Tommaso Cambiatore.V. Burchiello, ec. VI. Lorenzo de' Medici coltiva e promuove lapoesia italiana. VII. Carattere delle rime del Poliziano. VIII. Giro-lamo Benivieni. IX. Bernardo Bellincioni ed altri. X. Gasparo Vi-sconti, Serafino Aquilano, ec. XI. Antonio Tibaldeo. XII. Bernar-do Accolti celebre improvvisatore. XIII. Notturno Napoletano:l'Altissimo. XIV. Si nominan pi altri poeti. XV. Antonio Cornaz-zani. XVI. Il Cariteo. XVII. La poesia italiana coltivata da moltedonne. XVIII. Notizie di Costanza da Varano. XIX. Altre donnepoetesse. XX. Notizie di due Isotte. XXI. Bianca d'Este. XXII.Damigella Trivulzia. XXIII. Cassandra Fedele. XXIV. Scrittori dipoemi gravi. XXV. Luigi Pulci autor del Morgante. XXVI. Mat-teo Maria Boiardo: suo Orlando Innamorato. XXVII. FrancescoCieco: suo poema. XXVIII. Scrittori di altri generi di poesie.XXIX. Diverse tragedie e commedie latine in questo secol com-poste. XXX. Si esaminano alcuni pretesi drammi italiani pi anti-

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chi. XXXI. Rinnovazione del teatro in Roma. XXXII. Magnifi-cenza del teatro ferrarese. XXXIII. Autori de' drammi ivi rappre-sentati. XXXIV. Notizie di Niccol da Correggio. XXXV.Dell'Orfeo di Angelo Poliziano.

CAPO IV.

Poesia latina.

I. La poesia latina fu coltivata pi felicemente che l'italiana. II.Notizie di Antonio Losco. III. Di Giuseppe Brivio, di MatteoRonto, ec. IV. Di Maffeo Veggio. V. Di Basinio da Parma. VI. Siaccennano molti altri poeti di minor conto. VII. La corte di Ferra-ra abbonda di poeti. VIII. Notizie di Tito Vespasiano Strozzi. IX.Sue poesie. X. Di Ercole Strozzi di lui figlio. XI. Altri poeti allacorte medesima. XII. Tra essi si parla singolarmente di Tribracomodenese. XIII. E di Luca Riva reggiano. XIV. Altri poeti nellealtre citt Estensi. XV. Tra essi, Dionigi Tribraco e Francesco Ro-cocciolo. XVI. Valore nell'improvvisare di Panfilo Sassi; sue poe-sie. XVII. Si esamina se il duca Ercole I sapesse il latino; il cheda alcuni si nega. XVIII. Si accennano molti altri poeti. XIX.Giannantonio Campano. XX. Battista mantovano. XXI. GiovanniAurelio Augurello. XXII. Girolamo Bologni trivigiano. XXIII.Emiliano Cimbriaco. XXIV. Poesie di Angiolo Poliziano e diAlessandro Cortese. XXV. Notizie di Aurelio Brandolini. XXVI.Vita da lui condotta dopo aver preso l'abito di S. Agostino. XX-VII. Sue opere. XXVIII. Di Rafaello Brandolini. XXIX. Poeti inNapoli: principj di Gioviano Pontano. XXX. Sue dignit e sue vi-

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chi. XXXI. Rinnovazione del teatro in Roma. XXXII. Magnifi-cenza del teatro ferrarese. XXXIII. Autori de' drammi ivi rappre-sentati. XXXIV. Notizie di Niccol da Correggio. XXXV.Dell'Orfeo di Angelo Poliziano.

CAPO IV.

Poesia latina.

I. La poesia latina fu coltivata pi felicemente che l'italiana. II.Notizie di Antonio Losco. III. Di Giuseppe Brivio, di MatteoRonto, ec. IV. Di Maffeo Veggio. V. Di Basinio da Parma. VI. Siaccennano molti altri poeti di minor conto. VII. La corte di Ferra-ra abbonda di poeti. VIII. Notizie di Tito Vespasiano Strozzi. IX.Sue poesie. X. Di Ercole Strozzi di lui figlio. XI. Altri poeti allacorte medesima. XII. Tra essi si parla singolarmente di Tribracomodenese. XIII. E di Luca Riva reggiano. XIV. Altri poeti nellealtre citt Estensi. XV. Tra essi, Dionigi Tribraco e Francesco Ro-cocciolo. XVI. Valore nell'improvvisare di Panfilo Sassi; sue poe-sie. XVII. Si esamina se il duca Ercole I sapesse il latino; il cheda alcuni si nega. XVIII. Si accennano molti altri poeti. XIX.Giannantonio Campano. XX. Battista mantovano. XXI. GiovanniAurelio Augurello. XXII. Girolamo Bologni trivigiano. XXIII.Emiliano Cimbriaco. XXIV. Poesie di Angiolo Poliziano e diAlessandro Cortese. XXV. Notizie di Aurelio Brandolini. XXVI.Vita da lui condotta dopo aver preso l'abito di S. Agostino. XX-VII. Sue opere. XXVIII. Di Rafaello Brandolini. XXIX. Poeti inNapoli: principj di Gioviano Pontano. XXX. Sue dignit e sue vi-

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cende alla corte. XXXI. Sue opere. XXXII. Diversi poetidell'Accademia del Panormita. XXXIII. Di Pietro Apollonio Col-latio. XXXIV. Di Pontico Virunio. XXXV. Si annoverano moltipoeti coronati.

CAPO V.

Gramatica e Rettorica.

I. Carattere de' gramatici e de' retori di questo secolo. II. Studi diGuarino da Verona. III. Diverse cattedre da lui sostenute. IV. SuoSoggiorno in Venezia e in Verona. V. chiamato alla corte di Fer-rara. VI. Sua morte, ed elogi di esso fatti. VII. Sue opere. VIII.Girolamo e Battista di lui figli. IX. Cominciamenti di GiovanniAurispa. X. Suoi viaggi, e diverse cattedre da lui sostenute. XI.Ultimi anni della sua vita. XII. Sue opere. XIII. Elogio di Vittori-no da Feltre e della scuola da lui tenuta in Mantova. XIV. Concor-so ad essa, e valorosi allievi da lui formati. XV. Lodi ad esso dateda Ambrogio camaldolese. XVI. Sue opere. XVII. Notizie di Ga-sparino Barzizza. XVIII. Suo soggiorno in Milano, e sue opere.XIX. Di Guiniforte di lui figlio. XX. Si entra a parlare di France-sco Filelfo. XXI. Suoi primi studi. XXII. Suo soggiorno in Vene-zia, in Bologna e in Firenze. XXIII. Altre cattedre da lui occupa-te. XXIV. Onori da lui avuti in Napoli, in Roma e altrove; sua pri-gionia. XXV. Ultime vicende della sua vita. XXVI. Sue opere.XXVII. Notizie della vita e delle opere di Giammario di lui figlio.XXVIII. Diversi professori in Milano: Cola Montano. XXIX. Ga-

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cende alla corte. XXXI. Sue opere. XXXII. Diversi poetidell'Accademia del Panormita. XXXIII. Di Pietro Apollonio Col-latio. XXXIV. Di Pontico Virunio. XXXV. Si annoverano moltipoeti coronati.

CAPO V.

Gramatica e Rettorica.

I. Carattere de' gramatici e de' retori di questo secolo. II. Studi diGuarino da Verona. III. Diverse cattedre da lui sostenute. IV. SuoSoggiorno in Venezia e in Verona. V. chiamato alla corte di Fer-rara. VI. Sua morte, ed elogi di esso fatti. VII. Sue opere. VIII.Girolamo e Battista di lui figli. IX. Cominciamenti di GiovanniAurispa. X. Suoi viaggi, e diverse cattedre da lui sostenute. XI.Ultimi anni della sua vita. XII. Sue opere. XIII. Elogio di Vittori-no da Feltre e della scuola da lui tenuta in Mantova. XIV. Concor-so ad essa, e valorosi allievi da lui formati. XV. Lodi ad esso dateda Ambrogio camaldolese. XVI. Sue opere. XVII. Notizie di Ga-sparino Barzizza. XVIII. Suo soggiorno in Milano, e sue opere.XIX. Di Guiniforte di lui figlio. XX. Si entra a parlare di France-sco Filelfo. XXI. Suoi primi studi. XXII. Suo soggiorno in Vene-zia, in Bologna e in Firenze. XXIII. Altre cattedre da lui occupa-te. XXIV. Onori da lui avuti in Napoli, in Roma e altrove; sua pri-gionia. XXV. Ultime vicende della sua vita. XXVI. Sue opere.XXVII. Notizie della vita e delle opere di Giammario di lui figlio.XXVIII. Diversi professori in Milano: Cola Montano. XXIX. Ga-

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briello Paveri e Francesco Puteolano. XXX. Ubertino Cherico eAntonio Ro. XXXI. Primi studi di Lorenzo Valla. XXXII. Suosoggiorno in diverse citt. XXXIII. Contraddizioni da lui sostenu-te in Roma. XXXIV. Suo soggiorno alla corte di Napoli. XXXV.Suo ritorno a Roma. XXXVI. Contese da lui avute con altri lette-rati. XXXVII. Suoi ultimi anni e sua morte. XXXVIII. Suo carat-tere e sue opere. XXXIX. Notizie di Giorgio Valla. XL. Sua pri-gionia e sua morte. XLI. Sue opere. XLII. Professori di gramaticain Venezia. XLIII. Professori in Padova: Rafaello Regio. XLIV.Sue opere e sua morte. XLV. Giovanni Calfurnio. XLVI. Notiziedi Ognibene da Lonigo professore in Vicenza. XLVII. Sue opere.XLVIII. Professori in Brescia: Boccardo Pilade. XLIX. GiovanniBritannico. L. Professori in Firenze: Carlo Aretino. LI. CristoforoLandino. LII. Bartolommeo Fonte. LIII. Elogio di Angiolo Poli-ziano. LIV. Suoi primi studi ed opere. LV. Onore con cui sostienela cattedra di greca e di latina eloquenza. LVI. Fama da lui ottenu-ta: sue opere. LVII. Contese da lui sostenute, e accuse a lui date.LVIII. Notizie di Antonio Urceo Codro. LIX. E di Filippo Beroal-do il vecchio. LX. Professore nelle citt di Piemonte LXI. Notiziedi pi altri professori, e tra essi del Calderino. LXII. Anche ne'villaggi si aprono scuole. LXIII. Professori italiani chiamati inFrancia. LXIV. Fausto Andrelini. LXV. Girolamo Balbi. LXVI.Cornelio Vitelli. LXVII. Professori italiani in Inghilterra. LXVIII.Notizie di Niccol Perotti. LXIX. Impieghi da lui sostenuti; sueopere: altri lessici. LXX. Fatiche di questi professori nell'illustra-re gli antichi scrittori. LXXI. Leggi a parlare con eleganza da essi

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briello Paveri e Francesco Puteolano. XXX. Ubertino Cherico eAntonio Ro. XXXI. Primi studi di Lorenzo Valla. XXXII. Suosoggiorno in diverse citt. XXXIII. Contraddizioni da lui sostenu-te in Roma. XXXIV. Suo soggiorno alla corte di Napoli. XXXV.Suo ritorno a Roma. XXXVI. Contese da lui avute con altri lette-rati. XXXVII. Suoi ultimi anni e sua morte. XXXVIII. Suo carat-tere e sue opere. XXXIX. Notizie di Giorgio Valla. XL. Sua pri-gionia e sua morte. XLI. Sue opere. XLII. Professori di gramaticain Venezia. XLIII. Professori in Padova: Rafaello Regio. XLIV.Sue opere e sua morte. XLV. Giovanni Calfurnio. XLVI. Notiziedi Ognibene da Lonigo professore in Vicenza. XLVII. Sue opere.XLVIII. Professori in Brescia: Boccardo Pilade. XLIX. GiovanniBritannico. L. Professori in Firenze: Carlo Aretino. LI. CristoforoLandino. LII. Bartolommeo Fonte. LIII. Elogio di Angiolo Poli-ziano. LIV. Suoi primi studi ed opere. LV. Onore con cui sostienela cattedra di greca e di latina eloquenza. LVI. Fama da lui ottenu-ta: sue opere. LVII. Contese da lui sostenute, e accuse a lui date.LVIII. Notizie di Antonio Urceo Codro. LIX. E di Filippo Beroal-do il vecchio. LX. Professore nelle citt di Piemonte LXI. Notiziedi pi altri professori, e tra essi del Calderino. LXII. Anche ne'villaggi si aprono scuole. LXIII. Professori italiani chiamati inFrancia. LXIV. Fausto Andrelini. LXV. Girolamo Balbi. LXVI.Cornelio Vitelli. LXVII. Professori italiani in Inghilterra. LXVIII.Notizie di Niccol Perotti. LXIX. Impieghi da lui sostenuti; sueopere: altri lessici. LXX. Fatiche di questi professori nell'illustra-re gli antichi scrittori. LXXI. Leggi a parlare con eleganza da essi

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prescritte.

CAPO VI.

Eloquenza.

I. Per qual ragione non trovinsi in questo secolo oratori eloquenti.II. Carattere degli oratori sacri. III. Elogi fatti dell'eloquenza di S.Bernardino da Siena. IV. Contraddizioni da lui sostenute. V. Altrioratori sacri dell'Ordine de' Minori. VI. Notizie e caratteredell'eloquenza di f. Roberto da Lecce. VII. F. Paolo Attavanti.VIII. Eloquenza e carattere di f. Mariano da Genazzano. IX. Suecontese col Savonarola. X. Notizie di f. Gabriello Barletta. XI.Notizie del celebre Savonarola. XII. Suo carattere. XIII. Qual fos-se la sua eloquenza. XIV. In qual lingua allora si predicasse.

CAPO VII.

Arti liberali.

I. Origine del fiorire che in questo secolo fecero le belle arti. II.Magnifiche fabbriche innalzate dagli Estensi. III. Altre gran fab-briche de' duchi di Milano. IV. Fabbriche insigni in Firenze inRoma. V. Si nominano alcuni celebri architetti. VI. Prime notiziedi Bramante da Urbino. VII. Sue fabbriche in Milano, in Roma,ec. VIII. Di qual religione fosse f. Giocondo. IX. Fabbriche da luiinnalzate in Parigi. X. Altre da lui fatte in Italia. XI. A chi debbasil'invenzion de' sostegni pel livello de' fiumi. XII. Notizie

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prescritte.

CAPO VI.

Eloquenza.

I. Per qual ragione non trovinsi in questo secolo oratori eloquenti.II. Carattere degli oratori sacri. III. Elogi fatti dell'eloquenza di S.Bernardino da Siena. IV. Contraddizioni da lui sostenute. V. Altrioratori sacri dell'Ordine de' Minori. VI. Notizie e caratteredell'eloquenza di f. Roberto da Lecce. VII. F. Paolo Attavanti.VIII. Eloquenza e carattere di f. Mariano da Genazzano. IX. Suecontese col Savonarola. X. Notizie di f. Gabriello Barletta. XI.Notizie del celebre Savonarola. XII. Suo carattere. XIII. Qual fos-se la sua eloquenza. XIV. In qual lingua allora si predicasse.

CAPO VII.

Arti liberali.

I. Origine del fiorire che in questo secolo fecero le belle arti. II.Magnifiche fabbriche innalzate dagli Estensi. III. Altre gran fab-briche de' duchi di Milano. IV. Fabbriche insigni in Firenze inRoma. V. Si nominano alcuni celebri architetti. VI. Prime notiziedi Bramante da Urbino. VII. Sue fabbriche in Milano, in Roma,ec. VIII. Di qual religione fosse f. Giocondo. IX. Fabbriche da luiinnalzate in Parigi. X. Altre da lui fatte in Italia. XI. A chi debbasil'invenzion de' sostegni pel livello de' fiumi. XII. Notizie

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dell'architetto Fioravante. XIII. Trasporto di una torre ed altreopere di Aristotile di lui figlio. XIV. Scultori insigni. XV. France-sco Francia: coniatori di medaglie. XVI. Se Maso Finiguerra siastato il primo incisore in rame. XVII. In qual modo dicasi da luitrovata quest'arte. XVIII. Se ne esistano alcune stampe. XIX.Quanto sia antica in Italia l'incisione in legno. XX. Lavoro eccel-lente di alcuni orologi. XXI. Pittori pi illustri; Masaccio da Val-darno. XXII. Se ne annoverano parecchi altri. XXIII. Ricerchesulla Pittura a olio. XXIV. Miniatori. XXV. Prime notizie di Leo-nardo da Vinci. XXVI. Suo soggiorno in Milano, e opere da luiivi fatte. XXVII. chiamato in Francia; sua morte. XXVIII. Ope-re da lui scritte.

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dell'architetto Fioravante. XIII. Trasporto di una torre ed altreopere di Aristotile di lui figlio. XIV. Scultori insigni. XV. France-sco Francia: coniatori di medaglie. XVI. Se Maso Finiguerra siastato il primo incisore in rame. XVII. In qual modo dicasi da luitrovata quest'arte. XVIII. Se ne esistano alcune stampe. XIX.Quanto sia antica in Italia l'incisione in legno. XX. Lavoro eccel-lente di alcuni orologi. XXI. Pittori pi illustri; Masaccio da Val-darno. XXII. Se ne annoverano parecchi altri. XXIII. Ricerchesulla Pittura a olio. XXIV. Miniatori. XXV. Prime notizie di Leo-nardo da Vinci. XXVI. Suo soggiorno in Milano, e opere da luiivi fatte. XXVII. chiamato in Francia; sua morte. XXVIII. Ope-re da lui scritte.

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STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANACONTINUAZIONE DALL'ANNO

MCCCC FINO AL MD.

CAPO III.Poesia italiana. Teatro.

I. La gloria a cui nel secolo precedente ave-vano sollevata la poesia italiana Dante e ilPetrarca, e la perfezione a cui essa da questidue poeti era stata condotta, pareva che ladovesse render l'oggetto dell'amore e dellostudio di tutti coloro che pel loro felice in-gegno sperar poteano di pareggiarne, o forse

ancora di superarne la fama. E nondimeno essa fu quasidimenticata, e non ricadde per poco nella antica rozzez-za. Pochi, e per lo pi di non molto valore, sono i ver-seggiatori italiani di questo secolo, e se se ne traggonoalcuni che fiorirono verso la fine, appena ritroviamo chidebba essere rammentato con lode. Onde ci avvenisse,non difficile a mio parere d'intenderlo. Il passaggio dialcuni Italiani in Grecia, e la venuta in Italia di alcuniGreci ne' primi anni del secolo di cui scriviamo, anzifino dagli ultimi del precedente, risvegli fra gl'Italianiun vivo entusiasmo per la greca letteratura; e ad essa si

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Per qual ra-gione la poesia ita-liana fosse in questo secolo pococoltivata.

STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANACONTINUAZIONE DALL'ANNO

MCCCC FINO AL MD.

CAPO III.Poesia italiana. Teatro.

I. La gloria a cui nel secolo precedente ave-vano sollevata la poesia italiana Dante e ilPetrarca, e la perfezione a cui essa da questidue poeti era stata condotta, pareva che ladovesse render l'oggetto dell'amore e dellostudio di tutti coloro che pel loro felice in-gegno sperar poteano di pareggiarne, o forse

ancora di superarne la fama. E nondimeno essa fu quasidimenticata, e non ricadde per poco nella antica rozzez-za. Pochi, e per lo pi di non molto valore, sono i ver-seggiatori italiani di questo secolo, e se se ne traggonoalcuni che fiorirono verso la fine, appena ritroviamo chidebba essere rammentato con lode. Onde ci avvenisse,non difficile a mio parere d'intenderlo. Il passaggio dialcuni Italiani in Grecia, e la venuta in Italia di alcuniGreci ne' primi anni del secolo di cui scriviamo, anzifino dagli ultimi del precedente, risvegli fra gl'Italianiun vivo entusiasmo per la greca letteratura; e ad essa si

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Per qual ra-gione la poesia ita-liana fosse in questo secolo pococoltivata.

volser quasi tutti coloro che vollero aver luogo, e ottenernome fra gli eruditi. Quindi ancor venne lo studio dellaplatonica e della aristotelica filosofia e le tante traduzio-ni e i tanti comenti degli antichi filosofi greci. Al tempomedesimo i codici greci venuti dall'Oriente risvegliaro-no il desiderio di andare in traccia ancor de' latini, e per-ci in niuna cosa pi s'occuparono i dotti, che nel ricer-care ogni angolo delle polverose biblioteche, nello sco-prire le opere de' classici autori, nel confrontarne i di-versi codici, nel farne copie, nel dichiararle, nel com-mentarle. Queste credeansi le occupazioni pi degned'uom dotto, e la poesia italiana pareva in confronto adesse un fanciullesco trattenimento; e sembrava a' pi dionorarla abbastanza, prendendola a interrompimento esollievo de' pi gravi studj. Qual maraviglia perci,ch'ella avesse pochi e non molto felici coltivatori? Qualich'essi per si fossero, noi non dobbiam passarli sottosilenzio, e dobbiamo anzi esser loro tenuti, perch inessa esercitandosi, come poteano meglio, la conservaro-no, per cos dire, in vita, e agevolarono in tal modo a co-loro che vennero appresso, il ricondurla di nuovo allapropria sua eleganza, e il renderla anche sempre pi bel-la.

II. E qui io debbo ripetere ci che pi altrevolte ho detto, per isfuggire la taccia di tra-scurato; cio, che mia intenzione non diannoverar tutti quelli de' quali leggonsi

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Si accenna-no moltipoeti.

volser quasi tutti coloro che vollero aver luogo, e ottenernome fra gli eruditi. Quindi ancor venne lo studio dellaplatonica e della aristotelica filosofia e le tante traduzio-ni e i tanti comenti degli antichi filosofi greci. Al tempomedesimo i codici greci venuti dall'Oriente risvegliaro-no il desiderio di andare in traccia ancor de' latini, e per-ci in niuna cosa pi s'occuparono i dotti, che nel ricer-care ogni angolo delle polverose biblioteche, nello sco-prire le opere de' classici autori, nel confrontarne i di-versi codici, nel farne copie, nel dichiararle, nel com-mentarle. Queste credeansi le occupazioni pi degned'uom dotto, e la poesia italiana pareva in confronto adesse un fanciullesco trattenimento; e sembrava a' pi dionorarla abbastanza, prendendola a interrompimento esollievo de' pi gravi studj. Qual maraviglia perci,ch'ella avesse pochi e non molto felici coltivatori? Qualich'essi per si fossero, noi non dobbiam passarli sottosilenzio, e dobbiamo anzi esser loro tenuti, perch inessa esercitandosi, come poteano meglio, la conservaro-no, per cos dire, in vita, e agevolarono in tal modo a co-loro che vennero appresso, il ricondurla di nuovo allapropria sua eleganza, e il renderla anche sempre pi bel-la.

II. E qui io debbo ripetere ci che pi altrevolte ho detto, per isfuggire la taccia di tra-scurato; cio, che mia intenzione non diannoverar tutti quelli de' quali leggonsi

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Si accenna-no moltipoeti.

stampate, o inedite alcune rime; fatica inutile al fine diquesta mia Storia, e da cui non potrei sperare altro frut-to, che quello di annoiar totalmente e me e chi legge. Leopere del Crescimbeni e del Quadrio posson bastare achi voglia averne contezza; e io non son tra quelli chepensino di avere scoperto un tesoro, quando possono ad-ditare un sonetto o un madrigale a quegli autori sfuggi-to. Ai detti scrittori per io rimetto chi brami di sapere inomi di tutti i poeti italiani di questa et. Tra essi si veg-gono alcuni di quelli de' quali abbiamo altrove parlato, eche anche nella poesia italiana si esercitarono, comeLeon Battista Alberti, Leonardo Bruni, Ciriaco d'Anco-na, di cui oltre quelle citate dal Quadrio (t. 2, p. 200) pialtre rime, ma assai incolte, si leggono nel pi voltementovato codice trivigiano, il card. Domenico Caprani-ca, Francesco Accolti, Mariano Soccino il vecchio, Be-nedetto Accolti, Antonio Aglio, Benedetto Morando,Felice Feliciano, Mario Filelfo, Pier Candido Decem-brio, Angiolo Poliziano, Giovanni Pico della Mirandola,Bartolommeo Fonte, e pi altri. Il Canzoniere per diFrancesco Filelfo, che il Quadrio dice (l. c. p. 201) tro-varsi manoscritto in questa biblioteca estense, a me non mai avvenuto di ritrovarlo. Dalla serie medesima de'poeti dai detti scrittori tessuta noi raccogliamo che inquesto secolo ancora alcuni de' principi e signori italianinon isdegnarono di verseggiare nella lor lingua, e traessi troviam nominati Leonello d'Este, Malatesta da Ri-mini, Alessandro e Costanzo Sforza signori di Pesaro,Isabella d'Aragona duchessa di Milano, Giangaleazzo

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stampate, o inedite alcune rime; fatica inutile al fine diquesta mia Storia, e da cui non potrei sperare altro frut-to, che quello di annoiar totalmente e me e chi legge. Leopere del Crescimbeni e del Quadrio posson bastare achi voglia averne contezza; e io non son tra quelli chepensino di avere scoperto un tesoro, quando possono ad-ditare un sonetto o un madrigale a quegli autori sfuggi-to. Ai detti scrittori per io rimetto chi brami di sapere inomi di tutti i poeti italiani di questa et. Tra essi si veg-gono alcuni di quelli de' quali abbiamo altrove parlato, eche anche nella poesia italiana si esercitarono, comeLeon Battista Alberti, Leonardo Bruni, Ciriaco d'Anco-na, di cui oltre quelle citate dal Quadrio (t. 2, p. 200) pialtre rime, ma assai incolte, si leggono nel pi voltementovato codice trivigiano, il card. Domenico Caprani-ca, Francesco Accolti, Mariano Soccino il vecchio, Be-nedetto Accolti, Antonio Aglio, Benedetto Morando,Felice Feliciano, Mario Filelfo, Pier Candido Decem-brio, Angiolo Poliziano, Giovanni Pico della Mirandola,Bartolommeo Fonte, e pi altri. Il Canzoniere per diFrancesco Filelfo, che il Quadrio dice (l. c. p. 201) tro-varsi manoscritto in questa biblioteca estense, a me non mai avvenuto di ritrovarlo. Dalla serie medesima de'poeti dai detti scrittori tessuta noi raccogliamo che inquesto secolo ancora alcuni de' principi e signori italianinon isdegnarono di verseggiare nella lor lingua, e traessi troviam nominati Leonello d'Este, Malatesta da Ri-mini, Alessandro e Costanzo Sforza signori di Pesaro,Isabella d'Aragona duchessa di Milano, Giangaleazzo

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Maria e Lodovico Sforza amendue duchi di Milano, ilcard. Ascanio Maria Sforza, Giuliano e Piero de' Medi-ci, oltre alcuni altri de' quali diremo pi stesamente.

III. Or venendo a parlare di alcuni de' mi-gliori rimatori di questo secolo, troviamoprimieramente Niccol Malpigli bolognese(ib. p. 196), che l'an. 1400 era notaio delleRiformagioni in patria (Ghirardacci Stor. di

Bol. t. 2, p. 515). Molte rime se ne hanno in diversi co-dici, e una canzone ne ha pubblicata il Crescimbeni(Coment. della volg. Poesia t. 3, p. 134) per la quale egliil dice uno de' pi felici imitatori del Petrarca, da cuiper a me sembra ch'ei sia di troppo spazio lontano. Ilmedesimo Crescimbeni avverte che in qualche codicequesta canzone attribuita a Jacopo Sanguinacci rima-tor padovano. Ei per crede non solo che essa sia delMalpigli; ma che ancora a lui si debba attribuire il Qua-driregio di Federigo Prezzi vescovo di Foligno, di cuialtrove abbiamo parlato (t. 5, p. 538). Monsig. Fontaninifu gi dello stesso parere (Aminta difeso p. 269), ma poicambi sentimento (Bibl. t. 2, p. 180 ed. ven. 1753). Everamente le ragioni e le pruove con cui il p. d. PietroCannetti abate Camaldolese nella sua Dissertazione apo-logetica aggiunta all'ultima edizione del Quadriregio. hadimostrato autor di quell'opera il Frezzi sembrano esclu-derne ogni dubbio. Poche notizie abbiam parimente diGiusto de' Conti da Valmontone romano. Nella prefazio-

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Niccol Malpigli. Giusto de' Conti.

Maria e Lodovico Sforza amendue duchi di Milano, ilcard. Ascanio Maria Sforza, Giuliano e Piero de' Medi-ci, oltre alcuni altri de' quali diremo pi stesamente.

III. Or venendo a parlare di alcuni de' mi-gliori rimatori di questo secolo, troviamoprimieramente Niccol Malpigli bolognese(ib. p. 196), che l'an. 1400 era notaio delleRiformagioni in patria (Ghirardacci Stor. di

Bol. t. 2, p. 515). Molte rime se ne hanno in diversi co-dici, e una canzone ne ha pubblicata il Crescimbeni(Coment. della volg. Poesia t. 3, p. 134) per la quale egliil dice uno de' pi felici imitatori del Petrarca, da cuiper a me sembra ch'ei sia di troppo spazio lontano. Ilmedesimo Crescimbeni avverte che in qualche codicequesta canzone attribuita a Jacopo Sanguinacci rima-tor padovano. Ei per crede non solo che essa sia delMalpigli; ma che ancora a lui si debba attribuire il Qua-driregio di Federigo Prezzi vescovo di Foligno, di cuialtrove abbiamo parlato (t. 5, p. 538). Monsig. Fontaninifu gi dello stesso parere (Aminta difeso p. 269), ma poicambi sentimento (Bibl. t. 2, p. 180 ed. ven. 1753). Everamente le ragioni e le pruove con cui il p. d. PietroCannetti abate Camaldolese nella sua Dissertazione apo-logetica aggiunta all'ultima edizione del Quadriregio. hadimostrato autor di quell'opera il Frezzi sembrano esclu-derne ogni dubbio. Poche notizie abbiam parimente diGiusto de' Conti da Valmontone romano. Nella prefazio-

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Niccol Malpigli. Giusto de' Conti.

ne premessa all'edizione delle Rime di questo poeta fattain Firenze nel 1715 si son raccolti i pochi monumentiche intorno, a lui si son potuti trovare; da' quali traesisolamente che essendo egli in Roma nel 1409 si accesedi amore per una fanciulla, che fu l'oggetto delle sueRime; e che mor poco avanti al 1452, che fu sepolto nelcelebre tempio di s. Francesco in Rimini eretto da Sigi-smondo Pandolfo Malatesta, ove tuttora si legge l'iscri-zion sepolcrale che la seguente: Justus Orator Roma-nus Jurisque Consultus D. Sigismundo Pand. MalatestaPand.... F. Rege hoc saxo situs est. Ove ad avvertireche Giusto non gi detto senatore romano, come co-munemente si crede, ma solo oratore e giureconsulto.Della morte di Giusto abbiam l'epoca meglio accertatanella Cronaca riminese pubblicata dal Muratori, oveall'an. 1449 cos si legge: "A' d XIX. di Novembre morMesser Giusto da Vallemontone Dottore valente, e buonuomo, Consigliere del nostro magnifico Signore, et ebbeun solennissimo onore, e fu seppellito a S. Francesco"(Script. rer. ital. vol. 15 p. 965). Alla ristampa che diquesto poeta si fatta in Verona nel 1753 il co. Giam-maria Mazzucchelli ha premesse le notizie della vita diesso e a me dispiace di non averla veduta, che vi avreiforse trovati altri migliori lumi. Alle sue rime amoroseei pose il titolo di Bella Mano, perch sovente ei famenzione della mano della sua donna. E non vi forsetra' poeti di questo secolo, chi pi di lui si sia accostatoal Petrarca nella vivezza delle immagini, e nello stilpoetico e passionato, bench pur vi abbia molto di sten-

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ne premessa all'edizione delle Rime di questo poeta fattain Firenze nel 1715 si son raccolti i pochi monumentiche intorno, a lui si son potuti trovare; da' quali traesisolamente che essendo egli in Roma nel 1409 si accesedi amore per una fanciulla, che fu l'oggetto delle sueRime; e che mor poco avanti al 1452, che fu sepolto nelcelebre tempio di s. Francesco in Rimini eretto da Sigi-smondo Pandolfo Malatesta, ove tuttora si legge l'iscri-zion sepolcrale che la seguente: Justus Orator Roma-nus Jurisque Consultus D. Sigismundo Pand. MalatestaPand.... F. Rege hoc saxo situs est. Ove ad avvertireche Giusto non gi detto senatore romano, come co-munemente si crede, ma solo oratore e giureconsulto.Della morte di Giusto abbiam l'epoca meglio accertatanella Cronaca riminese pubblicata dal Muratori, oveall'an. 1449 cos si legge: "A' d XIX. di Novembre morMesser Giusto da Vallemontone Dottore valente, e buonuomo, Consigliere del nostro magnifico Signore, et ebbeun solennissimo onore, e fu seppellito a S. Francesco"(Script. rer. ital. vol. 15 p. 965). Alla ristampa che diquesto poeta si fatta in Verona nel 1753 il co. Giam-maria Mazzucchelli ha premesse le notizie della vita diesso e a me dispiace di non averla veduta, che vi avreiforse trovati altri migliori lumi. Alle sue rime amoroseei pose il titolo di Bella Mano, perch sovente ei famenzione della mano della sua donna. E non vi forsetra' poeti di questo secolo, chi pi di lui si sia accostatoal Petrarca nella vivezza delle immagini, e nello stilpoetico e passionato, bench pur vi abbia molto di sten-

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tato e di languido.

IV. Il Crescimbeni (t. 2, par. 2, p. 138), ilQuadrio (t. 2, p. 199), e dopo essi il co.Mazzucchelli (Scritt. ital. t. 1, par. 2, p.1030), parlano di un Niccol cieco d'Arez-zo, di cui si hanno pi rime in alcuni codici

a penna, e non sanno decidere con sicurezza, s'ei fossecieco veramente, o se tal ne fosse solo il cognome. Maun bel passo da essi non avvertito di Gioviano Pontanoci mostra ch'egli era cieco di fatto, e ci fa insieme cono-scere quanto famoso poeta egli fosse a' suoi tempi in Fi-renze, ove vivea. Rammenta il Pontano (De Fortitud. l.2, et de Coecitate) alcuni di coloro che, bench ciechi,coltivaron nondimeno le lettere felicemente, e tra essinomina Niccol con questo magnifico elogio. "Dii boni!quam audientiam Nicolaus caecus habebat, cum festisdiebus Etruscis numeris aut sacras historias aut annalesrerum antiquarum e suggestu decantabar! Qui doctorumhominum, qui Florentiae permulti tunc erant, concursusad eum fiebat!" Un sonetto per (Crescim. t. 3 p. 162) eun capitolo (Lami Bibl. riccard. p. 295), che se n'hannoalle stampe, non corrispondono all'idea che ce ne d ilPontano, o perch essi siano stati malconci dagli stam-patori, o perch veramente la grazia della pronuncia e lararit di vedere un poeta cieco aggiungessero alle rimedi Niccol un pregio che loro non conveniva. Il Cre-scimbeni avverte che da alcune altre rime inedite di que-

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Niccol cie-co di Arezzo,TommasoCambiatore.

tato e di languido.

IV. Il Crescimbeni (t. 2, par. 2, p. 138), ilQuadrio (t. 2, p. 199), e dopo essi il co.Mazzucchelli (Scritt. ital. t. 1, par. 2, p.1030), parlano di un Niccol cieco d'Arez-zo, di cui si hanno pi rime in alcuni codici

a penna, e non sanno decidere con sicurezza, s'ei fossecieco veramente, o se tal ne fosse solo il cognome. Maun bel passo da essi non avvertito di Gioviano Pontanoci mostra ch'egli era cieco di fatto, e ci fa insieme cono-scere quanto famoso poeta egli fosse a' suoi tempi in Fi-renze, ove vivea. Rammenta il Pontano (De Fortitud. l.2, et de Coecitate) alcuni di coloro che, bench ciechi,coltivaron nondimeno le lettere felicemente, e tra essinomina Niccol con questo magnifico elogio. "Dii boni!quam audientiam Nicolaus caecus habebat, cum festisdiebus Etruscis numeris aut sacras historias aut annalesrerum antiquarum e suggestu decantabar! Qui doctorumhominum, qui Florentiae permulti tunc erant, concursusad eum fiebat!" Un sonetto per (Crescim. t. 3 p. 162) eun capitolo (Lami Bibl. riccard. p. 295), che se n'hannoalle stampe, non corrispondono all'idea che ce ne d ilPontano, o perch essi siano stati malconci dagli stam-patori, o perch veramente la grazia della pronuncia e lararit di vedere un poeta cieco aggiungessero alle rimedi Niccol un pregio che loro non conveniva. Il Cre-scimbeni avverte che da alcune altre rime inedite di que-

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Niccol cie-co di Arezzo,TommasoCambiatore.

sto poeta si raccoglie ch'egli vivea a' tempi di Martino Ve di Eugenio IV. Al medesimo tempo visse TommasoCambiatore reggiano, che tradusse in terza rima l'Eneidedi Virgilio, in maniera per s poco felice, ch'essendoquesta versione venuta alle mani di Gianpaolo Vasio,questi la ripul, la corresse, e in gran parte ancor la rife-ce, e pubblicolla la prima volta in Venezia nel 1532 av-vertendo ch'ella era opera del Cambiatore, di cui ivi rac-conta che nel 1430 fu coronato poeta in Parma 1. Intornoa questa versione veggasi Apostolo Zeno che d al Va-sio la taccia di plagiario, e avverte che il Cambiatore fucoronato non nel 1430, ma a' 6 di maggio del 1432.(Note al Fontan. t. 1, p. 276), e veggasi ancora ci che adifesa del Vasio ha scritto il p. Paitoni (Bibl. de' Volga-rizz. t. 4, p. 164, ec.) 2. Il Cambiatore era amico di Leo-nardo Bruni, di cui abbiamo due lettere ad esso scritte(l. 5, ep. 2; l. 10, ep. 21). Dalla prima raccogliesi che ilCambiatore era non sol poeta, ma ancora giureconsulto,e di lui abbiamo di fatto in questa biblioteca estense1 Questa traduzione dell'Eneide mi d occasione di ricordarne un'altra fatta

in questo secol medesimo de' Distici morali attribuiti a Catone tradotti,anzi parafrasati assai rozzamente in sesta rima, e in que' versi che furonpoi detti martelliani. Il ch. sig. Vincenzo Malacarne me ne ha additataun'antica edizione, ma senza data, a cui vanno annessi il trattato di Bartolode Tabellionibus e l'opera delle cose mirabili di Solino. Il titolo : IncipitLiber Catonis in vulgares rigmos (sic) traslatus Domino Castellucio deCampania milite. Gli eruditi napoletani, a' quali par che appartenga questofinora sconosciuto scrittore, potran forse darcene pi copiose notizie.

2 Intorno alla taccia di plagiario che il Zeno ha apposta al Vasio, si parlatopi a lungo nella Biblioteca modenese (t. 1, p. 336); ove si anche mostra-to ch'essa non abbastanza fondata, e della vita e delle opere del Cambia-tore si son date pi copiose e pi esatte notizie.

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sto poeta si raccoglie ch'egli vivea a' tempi di Martino Ve di Eugenio IV. Al medesimo tempo visse TommasoCambiatore reggiano, che tradusse in terza rima l'Eneidedi Virgilio, in maniera per s poco felice, ch'essendoquesta versione venuta alle mani di Gianpaolo Vasio,questi la ripul, la corresse, e in gran parte ancor la rife-ce, e pubblicolla la prima volta in Venezia nel 1532 av-vertendo ch'ella era opera del Cambiatore, di cui ivi rac-conta che nel 1430 fu coronato poeta in Parma 1. Intornoa questa versione veggasi Apostolo Zeno che d al Va-sio la taccia di plagiario, e avverte che il Cambiatore fucoronato non nel 1430, ma a' 6 di maggio del 1432.(Note al Fontan. t. 1, p. 276), e veggasi ancora ci che adifesa del Vasio ha scritto il p. Paitoni (Bibl. de' Volga-rizz. t. 4, p. 164, ec.) 2. Il Cambiatore era amico di Leo-nardo Bruni, di cui abbiamo due lettere ad esso scritte(l. 5, ep. 2; l. 10, ep. 21). Dalla prima raccogliesi che ilCambiatore era non sol poeta, ma ancora giureconsulto,e di lui abbiamo di fatto in questa biblioteca estense1 Questa traduzione dell'Eneide mi d occasione di ricordarne un'altra fatta

in questo secol medesimo de' Distici morali attribuiti a Catone tradotti,anzi parafrasati assai rozzamente in sesta rima, e in que' versi che furonpoi detti martelliani. Il ch. sig. Vincenzo Malacarne me ne ha additataun'antica edizione, ma senza data, a cui vanno annessi il trattato di Bartolode Tabellionibus e l'opera delle cose mirabili di Solino. Il titolo : IncipitLiber Catonis in vulgares rigmos (sic) traslatus Domino Castellucio deCampania milite. Gli eruditi napoletani, a' quali par che appartenga questofinora sconosciuto scrittore, potran forse darcene pi copiose notizie.

2 Intorno alla taccia di plagiario che il Zeno ha apposta al Vasio, si parlatopi a lungo nella Biblioteca modenese (t. 1, p. 336); ove si anche mostra-to ch'essa non abbastanza fondata, e della vita e delle opere del Cambia-tore si son date pi copiose e pi esatte notizie.

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un'opera ms. parte giuridica, parte morale, intitolata: DeJudicio libero et non libero, e dedicata al march. Leo-nello d'Este.

V. Dovr io qui parlar lungamente del famo-so Burchiello? Poco di lui hanno detto gliantichi, molto i moderni, fra' quali il Manni

ne ha scritta la vita (Veglie piacevoli t. 1, p. 27, ec.), eun diligente articolo ce ne ha dato il co. Mazzucchelli(Scritt. ital. t. 1, par. 4, p. 2433), per tacer di molti chene hanno illustrate, se non dobbiamo anzi dire oscurate,le poesie. Le sole certe notizie per che se ne hanno,sono che il proprio nome di esso era Domenico, e cheBurchiello fu un soprannome aggiuntogli, non si sa perquale motivo; che visse per lo pi in Firenze, ove crede-si ancor che nascesse; che nel 1432 venne matricolatonell'arte di barbiere da lui esercitata nella contrada diCalimala; e che mor in Roma nel 1448. Il genere dipoesia da lui coltivato, ch' un capriccioso intreccio diriboboli, di proverbj, di motti, dei quali per lo pi nons'intende il senso, ha avuti ammiratori e imitatori inbuon numero. Io conceder al Varchi (Lez. della Poet.),che abbiavi qualche cosa degna di lode. Ma essa va nau-fraga tra mille altre che o per oscurit non s'intendono, ocadono per bassezza. Quindi a me pare che abbianougualmente gittato il tempo e quei che l'hanno accusato,e quei che l'hanno difeso; ma pi di tutti que' che l'hancomentato. Una lunga serie di autori che di lui hanno

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Burchiello,ec.

un'opera ms. parte giuridica, parte morale, intitolata: DeJudicio libero et non libero, e dedicata al march. Leo-nello d'Este.

V. Dovr io qui parlar lungamente del famo-so Burchiello? Poco di lui hanno detto gliantichi, molto i moderni, fra' quali il Manni

ne ha scritta la vita (Veglie piacevoli t. 1, p. 27, ec.), eun diligente articolo ce ne ha dato il co. Mazzucchelli(Scritt. ital. t. 1, par. 4, p. 2433), per tacer di molti chene hanno illustrate, se non dobbiamo anzi dire oscurate,le poesie. Le sole certe notizie per che se ne hanno,sono che il proprio nome di esso era Domenico, e cheBurchiello fu un soprannome aggiuntogli, non si sa perquale motivo; che visse per lo pi in Firenze, ove crede-si ancor che nascesse; che nel 1432 venne matricolatonell'arte di barbiere da lui esercitata nella contrada diCalimala; e che mor in Roma nel 1448. Il genere dipoesia da lui coltivato, ch' un capriccioso intreccio diriboboli, di proverbj, di motti, dei quali per lo pi nons'intende il senso, ha avuti ammiratori e imitatori inbuon numero. Io conceder al Varchi (Lez. della Poet.),che abbiavi qualche cosa degna di lode. Ma essa va nau-fraga tra mille altre che o per oscurit non s'intendono, ocadono per bassezza. Quindi a me pare che abbianougualmente gittato il tempo e quei che l'hanno accusato,e quei che l'hanno difeso; ma pi di tutti que' che l'hancomentato. Una lunga serie di autori che di lui hanno

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Burchiello,ec.

scritto, si pu vedere presso il co. Mazzucchelli, e io ce-der ben volentieri a chi il voglia il piacer di giovarsi ditali letture. Mi baster parimente accennare il nome delcelebre piovano Arlotto, cio di Arlotto Mainardi fio-rentino piovano di s. Cresci a Maciuoli nella diocesi diFiesole, morto in et di 87 anni l'an. 1483. Il Crescimbe-ni (t. 2, par. 2, p. 144) e il Quadrio (t. 2, p. 206) gli handato luogo tra' poeti italiani, perch nella Raccolta delleFacezie di questo leggiadro ingegno si veggono sparsialcuni versi. Ma parmi che ci sia un accordare con so-verchia facilit il nome di poeta.

VI. Bench pochi finallora fossero stati ipoeti italiani degni di qualche nome, si dinondimeno principio a far raccolte de' rima-tori che innanzi a questi tempi avean godutodi qualche nome; e una fra le altre dobbiamqui rammentarne, che fu opera di uno de'

pi gran personaggi di questo secolo, cio di Lorenzode' Medici detto il magnifico. Quanto a lui debba la let-teratura italiana, si da noi esposto ampiamente nel pri-mo libro di questo tomo. Ma egli non pago di promuo-vere i buoni studj, li coltiv ancora con tale impegno,che non fu inferiore ad alcun di coloro che in essi sols'occuparono. Oltre lo studio della filosofia platonica, dicui gi abbiam favellato, coltiv la poesia italiana; e inet di circa 17 anni compil ad istanza del principe Fe-derigo d'Aragona una Raccolta de' migliori Poeti italia-

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Lorenzo de'Medici col-tiva e pro-muove la poesia ita-liana.

scritto, si pu vedere presso il co. Mazzucchelli, e io ce-der ben volentieri a chi il voglia il piacer di giovarsi ditali letture. Mi baster parimente accennare il nome delcelebre piovano Arlotto, cio di Arlotto Mainardi fio-rentino piovano di s. Cresci a Maciuoli nella diocesi diFiesole, morto in et di 87 anni l'an. 1483. Il Crescimbe-ni (t. 2, par. 2, p. 144) e il Quadrio (t. 2, p. 206) gli handato luogo tra' poeti italiani, perch nella Raccolta delleFacezie di questo leggiadro ingegno si veggono sparsialcuni versi. Ma parmi che ci sia un accordare con so-verchia facilit il nome di poeta.

VI. Bench pochi finallora fossero stati ipoeti italiani degni di qualche nome, si dinondimeno principio a far raccolte de' rima-tori che innanzi a questi tempi avean godutodi qualche nome; e una fra le altre dobbiamqui rammentarne, che fu opera di uno de'

pi gran personaggi di questo secolo, cio di Lorenzode' Medici detto il magnifico. Quanto a lui debba la let-teratura italiana, si da noi esposto ampiamente nel pri-mo libro di questo tomo. Ma egli non pago di promuo-vere i buoni studj, li coltiv ancora con tale impegno,che non fu inferiore ad alcun di coloro che in essi sols'occuparono. Oltre lo studio della filosofia platonica, dicui gi abbiam favellato, coltiv la poesia italiana; e inet di circa 17 anni compil ad istanza del principe Fe-derigo d'Aragona una Raccolta de' migliori Poeti italia-

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Lorenzo de'Medici col-tiva e pro-muove la poesia ita-liana.

ni. Apostolo Zeno nelle sue Note al Fontanini (t. 1, p. 3)ne accenna un codice manoscritto, di cui ci d nelle sueLettere una descrizione assai pi esatta (t. 3, p. 335). Nsolo egli raccolse la altrui poesie, ma molte ne scrisseegli stesso, e gli si dee a ragione la lode di essere statouno dei pi felici poeti di questo secolo. N dir gi iocon Giovanni Pico della Mirandola (Op. p. 348), ch'eidebba antiporsi a Dante e al Petrarca, giudizio che ci faconoscere il poco buon gusto che ancor regnava a que'tempi; ma dir anzi col Varchi (Ercolano p. 19 ed. ven.1570), ch'egli fu uno de' primi "i quali cominciasseronel comporre a ritirarsi, e discostarsi dal volgo, e, se nonimitare, a volere, o parer di volere imitare il Petrarca eDante, lasciando in parte quella maniera del tutto vile eplebea". In fatti le Poesie volgari di Lorenzo de' Medicistampate dal Manuzio nel 1554 e di nuovo in Bergamonel 1763 ci offrono esempj di diversi generi di poesia,ne' quali vedesi una felice imitazion degli antichi, unaleggiadra e fervida fantasia, e uno stile assai pi colto diquello che leggesi negli altri poeti di questa et. Ne ab-biamo ancora le Rime sacre stampate in Firenze nel1680 insiem con quelle di Lucrezia Tornabuoni madredello stesso Lorenzo, che dilettossi parimente di tali stu-dj, e di altri della stessa famiglia de' Medici. N pococontribu egli a ricondurre a maggior eleganza la poesiaitaliana coll'invenzion de' canti carnascialeschi, co' qualiaccompagnavansi le mascherate solenni che si faceanoin Firenze. La pompa di tali spettacoli si pu vedere de-scritta nella prefazione premessa alla nuova edizione de'

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ni. Apostolo Zeno nelle sue Note al Fontanini (t. 1, p. 3)ne accenna un codice manoscritto, di cui ci d nelle sueLettere una descrizione assai pi esatta (t. 3, p. 335). Nsolo egli raccolse la altrui poesie, ma molte ne scrisseegli stesso, e gli si dee a ragione la lode di essere statouno dei pi felici poeti di questo secolo. N dir gi iocon Giovanni Pico della Mirandola (Op. p. 348), ch'eidebba antiporsi a Dante e al Petrarca, giudizio che ci faconoscere il poco buon gusto che ancor regnava a que'tempi; ma dir anzi col Varchi (Ercolano p. 19 ed. ven.1570), ch'egli fu uno de' primi "i quali cominciasseronel comporre a ritirarsi, e discostarsi dal volgo, e, se nonimitare, a volere, o parer di volere imitare il Petrarca eDante, lasciando in parte quella maniera del tutto vile eplebea". In fatti le Poesie volgari di Lorenzo de' Medicistampate dal Manuzio nel 1554 e di nuovo in Bergamonel 1763 ci offrono esempj di diversi generi di poesia,ne' quali vedesi una felice imitazion degli antichi, unaleggiadra e fervida fantasia, e uno stile assai pi colto diquello che leggesi negli altri poeti di questa et. Ne ab-biamo ancora le Rime sacre stampate in Firenze nel1680 insiem con quelle di Lucrezia Tornabuoni madredello stesso Lorenzo, che dilettossi parimente di tali stu-dj, e di altri della stessa famiglia de' Medici. N pococontribu egli a ricondurre a maggior eleganza la poesiaitaliana coll'invenzion de' canti carnascialeschi, co' qualiaccompagnavansi le mascherate solenni che si faceanoin Firenze. La pompa di tali spettacoli si pu vedere de-scritta nella prefazione premessa alla nuova edizione de'

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suddetti Canti dello stesso Lorenzo. Questi ancora sonocomponimenti eleganti non men che piacevoli, ne' qualie allora e poscia Lorenzo ebbe gran numero d'imitatori.Quindi venuta la Raccolta di Trionfi, Carri, Masche-rate, e Canti Carnascialeschi del tempo di Lorenzo de'Medici stampata in Firenze nel 1559, e poscia con molteaggiunte pubblicata di nuovo in Lucca sotto la data diCosmopoli l'an. 1750 dal signor Rinaldo Maria Braccisotto nome di Neri del Boccia, la qual nuova edizione fuoccasione al Bracci di contese e di non lievi disgusti(Mazzucch. Scritt. ital. t. 2, par. 4, p. 1950). Vedrem fi-nalmente che Lorenzo ebbe ancor qualche parte nel ri-sorgimento della poesia teatrale, e che quindi a ben giu-sta ragione gli il titolo di ristoratore della poesia italia-na.

VII. Tra quelli che in s glorioso disegno siunirono a Lorenzo, i pi illustri, per testi-monianza del sopraccitato Varchi, furonoAngiolo Poliziano e Girolamo Benivieni.Del primo parleremo pi a luogo, ove dire-

mo de' professori d'eloquenza. Qui rifletterem solamen-te, che a lui dee moltissimo la poesia italiana, non soloperch egli fu uno de' pi felici ristoratori del nostro tea-tro, di che ragioneremo fra poco, non solo perch fu unode' primi a dare qualche idea della poesia ditirambica,come egli fece nel leggiadrissimo coro delle Baccantiinserito nel suo Orfeo, ma principalmente perch egli

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Carattere delle rime del Polizia-no.

suddetti Canti dello stesso Lorenzo. Questi ancora sonocomponimenti eleganti non men che piacevoli, ne' qualie allora e poscia Lorenzo ebbe gran numero d'imitatori.Quindi venuta la Raccolta di Trionfi, Carri, Masche-rate, e Canti Carnascialeschi del tempo di Lorenzo de'Medici stampata in Firenze nel 1559, e poscia con molteaggiunte pubblicata di nuovo in Lucca sotto la data diCosmopoli l'an. 1750 dal signor Rinaldo Maria Braccisotto nome di Neri del Boccia, la qual nuova edizione fuoccasione al Bracci di contese e di non lievi disgusti(Mazzucch. Scritt. ital. t. 2, par. 4, p. 1950). Vedrem fi-nalmente che Lorenzo ebbe ancor qualche parte nel ri-sorgimento della poesia teatrale, e che quindi a ben giu-sta ragione gli il titolo di ristoratore della poesia italia-na.

VII. Tra quelli che in s glorioso disegno siunirono a Lorenzo, i pi illustri, per testi-monianza del sopraccitato Varchi, furonoAngiolo Poliziano e Girolamo Benivieni.Del primo parleremo pi a luogo, ove dire-

mo de' professori d'eloquenza. Qui rifletterem solamen-te, che a lui dee moltissimo la poesia italiana, non soloperch egli fu uno de' pi felici ristoratori del nostro tea-tro, di che ragioneremo fra poco, non solo perch fu unode' primi a dare qualche idea della poesia ditirambica,come egli fece nel leggiadrissimo coro delle Baccantiinserito nel suo Orfeo, ma principalmente perch egli

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Carattere delle rime del Polizia-no.

congiunse insieme altezza di sentimenti, eleganza despressione, e soavit di metro, bench a quando aquando vi s'incontri ancor qualche avanzo dell'anticarozzezza. Una canzone, che ne ha pubblicata il Crescim-beni (Stor. della volg. Poes. p. 39), dopo quelle del Pe-trarca forse la prima che noi troviamo degna di esserletta. Pi d'ogni altro componimento per sono in granpregio le Stanze dal Poliziano composte per la giostra diGiuliano de' Medici fratel di Lorenzo il magnifico, giac-ch coloro che le dicon composte per l'altro Giuliano fi-gliuolo dello stesso Lorenzo, danno con ci a vederchiaramente di non averle mai lette. Il Machiavelli rac-conta (Stor. fiorent. l. 7) che un anno dopo la morte diCosimo il padre della patria, cio nel 1465 s'intimaronoin Firenze solenni giostre, e che in esse Lorenzo ottennela prima lode. Vedremo di fatto che Luigi Pulci cant co'suoi versi il valor di Lorenzo; ma che non giunse a con-seguir quell'onore che ottenne poscia il Poliziano in so-migliante occasione. Quando si facesse la giostra, in cuiGiuliano fu vincitore, gli scrittori di que' tempi nol dico-no, e il Menckenio, dopo aver su ci lungamente dispu-tato, conchiude dicendo (Vita Polit. p. 44, ec.) che pro-babilmente ci accadde qualche tempo dopo la giostra,in cui Lorenzo riport l'onor del trionfo. Ma ci a mioparere non solo probabile, ma certissimo; perciocch ilPoliziano nato nel 1454 non contava che 11 anni nel1465. Chi mai pu credere che in tale et ei si accinges-se a poetare, e vi riuscisse tanto felicemente? Conviendunque differire d'alcuni anni l'epoca di queste Stanze;

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congiunse insieme altezza di sentimenti, eleganza despressione, e soavit di metro, bench a quando aquando vi s'incontri ancor qualche avanzo dell'anticarozzezza. Una canzone, che ne ha pubblicata il Crescim-beni (Stor. della volg. Poes. p. 39), dopo quelle del Pe-trarca forse la prima che noi troviamo degna di esserletta. Pi d'ogni altro componimento per sono in granpregio le Stanze dal Poliziano composte per la giostra diGiuliano de' Medici fratel di Lorenzo il magnifico, giac-ch coloro che le dicon composte per l'altro Giuliano fi-gliuolo dello stesso Lorenzo, danno con ci a vederchiaramente di non averle mai lette. Il Machiavelli rac-conta (Stor. fiorent. l. 7) che un anno dopo la morte diCosimo il padre della patria, cio nel 1465 s'intimaronoin Firenze solenni giostre, e che in esse Lorenzo ottennela prima lode. Vedremo di fatto che Luigi Pulci cant co'suoi versi il valor di Lorenzo; ma che non giunse a con-seguir quell'onore che ottenne poscia il Poliziano in so-migliante occasione. Quando si facesse la giostra, in cuiGiuliano fu vincitore, gli scrittori di que' tempi nol dico-no, e il Menckenio, dopo aver su ci lungamente dispu-tato, conchiude dicendo (Vita Polit. p. 44, ec.) che pro-babilmente ci accadde qualche tempo dopo la giostra,in cui Lorenzo riport l'onor del trionfo. Ma ci a mioparere non solo probabile, ma certissimo; perciocch ilPoliziano nato nel 1454 non contava che 11 anni nel1465. Chi mai pu credere che in tale et ei si accinges-se a poetare, e vi riuscisse tanto felicemente? Conviendunque differire d'alcuni anni l'epoca di queste Stanze;

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ma certo non oltre il 1478, nel qual anno Giuliano fu uc-ciso; e perci il Poliziano non avea al pi che 24 anni,quando le scrisse. Ei non condusse a fine questo lavoro,e forse ne fu cagione l'immatura morte dello stesso Giu-liano. Ma ancor non finite, sono queste Stanze uno de'pi eleganti componimenti che vanti la poesia Italiana;ed cosa di maraviglia, come in un tempo in cui coloroche pi lungamente esercitati si erano nel verseggiare,non sapean ancora spogliarsi dell'antica rozzezza, ungiovin poeta, che appena avea cominciato a prender trale mani la cetera, potesse giunger tanto oltre.

VIII. Girolamo Benivieni, il secondo risto-ratore, per testimonianza del Varchi, dell'ita-liana poesia, visse fino al 1542. Ma noi ne

ragioneremo a questo luogo per non disgiungerlo dagliamici co' quali fu strettamente unito, cio da MarsiglioFicino, di cui abbiamo una lettera ad esso scritta (Op. t.1, p. 890), e da Giovanni Pico della Mirandola, che co-nosciutane l'integrit de' costumi, di lui si valeva nelsoccorrere a' poveri, e ne coment la Canzone sopral'Amor divino, e scrisse in lode di esso un'elegia italia-na. Ei fu fratello di Antonio filosofo e medico, di cui siha alla stampa un'opera di medicina, e di Girolamo ca-nonico di s. Lorenzo in Firenze, di cui parimente abbia-mo alcune opere ascetiche, e due in difesa di f. Girola-mo Savonarola (Mazzucch. Scritt. ital. t. 2, par. 2, p.856, 858, ec.). Di Girolamo si posson vedere pi ampie

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GirolamoBenivieni.

ma certo non oltre il 1478, nel qual anno Giuliano fu uc-ciso; e perci il Poliziano non avea al pi che 24 anni,quando le scrisse. Ei non condusse a fine questo lavoro,e forse ne fu cagione l'immatura morte dello stesso Giu-liano. Ma ancor non finite, sono queste Stanze uno de'pi eleganti componimenti che vanti la poesia Italiana;ed cosa di maraviglia, come in un tempo in cui coloroche pi lungamente esercitati si erano nel verseggiare,non sapean ancora spogliarsi dell'antica rozzezza, ungiovin poeta, che appena avea cominciato a prender trale mani la cetera, potesse giunger tanto oltre.

VIII. Girolamo Benivieni, il secondo risto-ratore, per testimonianza del Varchi, dell'ita-liana poesia, visse fino al 1542. Ma noi ne

ragioneremo a questo luogo per non disgiungerlo dagliamici co' quali fu strettamente unito, cio da MarsiglioFicino, di cui abbiamo una lettera ad esso scritta (Op. t.1, p. 890), e da Giovanni Pico della Mirandola, che co-nosciutane l'integrit de' costumi, di lui si valeva nelsoccorrere a' poveri, e ne coment la Canzone sopral'Amor divino, e scrisse in lode di esso un'elegia italia-na. Ei fu fratello di Antonio filosofo e medico, di cui siha alla stampa un'opera di medicina, e di Girolamo ca-nonico di s. Lorenzo in Firenze, di cui parimente abbia-mo alcune opere ascetiche, e due in difesa di f. Girola-mo Savonarola (Mazzucch. Scritt. ital. t. 2, par. 2, p.856, 858, ec.). Di Girolamo si posson vedere pi ampie

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GirolamoBenivieni.

notizie presso il co. Mazzucchelli (ib. p. 890), il qual ri-ferisce ancora l'iscrizion sepolcrale che gli fu posta in s.Marco, ove egli volle esser sepolto insieme col suo Gio-vanni Pico, e ci d un diligente catalogo di tutte l'opereda lui composte s stampate che inedite. Esse apparten-gono quasi tutte a poesia italiana; e l'argomento dei ver-si del Benivieni comunemente l'amor divino, da luiper rivestito secondo il costume d'allora colle immagi-nazioni e colle idee di Platone. Per dare un saggio delvalor non ordinario di questo poeta, ne recher qui po-chi versi tratti da un componimento in terza rima intito-lato Deploratoria, i quali certamente son tali, che ognipi colto poeta non isdegnerebbe, io credo, di esserneautore. A te, dolce Signor, cantando varca

Per l'onde avverse, a te mia navicella D'angosciosi sospir vien grave e carca.

Morte regge il timon: dura procella D'amaro pianto agli occhi infermi vela De l'alto polo la pi fida stella.

Fortuna ha posta a governar la vela Vergogna, ira, dolor; torbida notte Gli scogli e' liti e' porti involve e cela.

Gi sviluppate le catene e rotte,Borea superbo orribilmente latra Libero fuor delle ventose grotte.

Dinanzi a l'ira sua torbida ed atra L'afflitto legno mio per l'onde scuote:L'arbor rompe, e 'l timon, le vele squatra.

E 'l Ciel, che infin dalle tonanti ruote

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notizie presso il co. Mazzucchelli (ib. p. 890), il qual ri-ferisce ancora l'iscrizion sepolcrale che gli fu posta in s.Marco, ove egli volle esser sepolto insieme col suo Gio-vanni Pico, e ci d un diligente catalogo di tutte l'opereda lui composte s stampate che inedite. Esse apparten-gono quasi tutte a poesia italiana; e l'argomento dei ver-si del Benivieni comunemente l'amor divino, da luiper rivestito secondo il costume d'allora colle immagi-nazioni e colle idee di Platone. Per dare un saggio delvalor non ordinario di questo poeta, ne recher qui po-chi versi tratti da un componimento in terza rima intito-lato Deploratoria, i quali certamente son tali, che ognipi colto poeta non isdegnerebbe, io credo, di esserneautore. A te, dolce Signor, cantando varca

Per l'onde avverse, a te mia navicella D'angosciosi sospir vien grave e carca.

Morte regge il timon: dura procella D'amaro pianto agli occhi infermi vela De l'alto polo la pi fida stella.

Fortuna ha posta a governar la vela Vergogna, ira, dolor; torbida notte Gli scogli e' liti e' porti involve e cela.

Gi sviluppate le catene e rotte,Borea superbo orribilmente latra Libero fuor delle ventose grotte.

Dinanzi a l'ira sua torbida ed atra L'afflitto legno mio per l'onde scuote:L'arbor rompe, e 'l timon, le vele squatra.

E 'l Ciel, che infin dalle tonanti ruote

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Turbato mugghia con ardente face L'eccelse nubi fulmina e percuote, ec.

(Op. p. 139. ed. fior. 1519).

IX. L'esempio di questi valorosi poeti, e ilplauso con cui essi venivano ricevuti, eccitmolti altri in Firenze a porsi in sullo stessosentiero. Bernardo Bellincioni fiorentino di

patria, ma da Firenze passato poscia alla corte di Lodo-vico il Moro in Milano, fu da questo gran principe ama-to singolarmente, e con onori, non meno che con ricchidoni distinto. Il Sassi (Hist. typogr. mediol. p. 355, ec.) eil co. Mazzucchelli (Scritt. ital. t. 1, par. 2, p. 680), checi han date alcune notizie di questo poeta, affermano,ch'ei fu da quel duca solennemente coronato di alloro.Ma come essi altra testimonianza non ne arrecano chequella non troppo autorevole del p. Negri, cos io nonposso rimirar questo fatto se non come molto dubbioso3. Dalle Lettere di monsig. Lodovico Gonzaga, che siconservano nel secreto archivio di Guastalla, ricavasiche il Bellincioni prima che a quel dello Sforza fu alservigio del detto vescovo; che quindi pass a quello diNiccol da Correggio, a cui il Gonzaga raccomandollocon sua lettera de' 5 di gennaio del 1474. Della qual no-

3 Il p. ab. Casati, nelle sue erudite note alle Lettere di Francesco Ciceri, ram-menta un antico ritratto del Bellincione, che si conserva in Milano, in cuiegli vedesi coronato d'alloro (t. 2, p. 123); e rendesi perci assai megliofondata l'opinione, che a me parve mal sicura, ch'egli avesse la poetica lau-rea dal duca Lodovico Maria Sforza.

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BernardoBellincionied altri.

Turbato mugghia con ardente face L'eccelse nubi fulmina e percuote, ec.

(Op. p. 139. ed. fior. 1519).

IX. L'esempio di questi valorosi poeti, e ilplauso con cui essi venivano ricevuti, eccitmolti altri in Firenze a porsi in sullo stessosentiero. Bernardo Bellincioni fiorentino di

patria, ma da Firenze passato poscia alla corte di Lodo-vico il Moro in Milano, fu da questo gran principe ama-to singolarmente, e con onori, non meno che con ricchidoni distinto. Il Sassi (Hist. typogr. mediol. p. 355, ec.) eil co. Mazzucchelli (Scritt. ital. t. 1, par. 2, p. 680), checi han date alcune notizie di questo poeta, affermano,ch'ei fu da quel duca solennemente coronato di alloro.Ma come essi altra testimonianza non ne arrecano chequella non troppo autorevole del p. Negri, cos io nonposso rimirar questo fatto se non come molto dubbioso3. Dalle Lettere di monsig. Lodovico Gonzaga, che siconservano nel secreto archivio di Guastalla, ricavasiche il Bellincioni prima che a quel dello Sforza fu alservigio del detto vescovo; che quindi pass a quello diNiccol da Correggio, a cui il Gonzaga raccomandollocon sua lettera de' 5 di gennaio del 1474. Della qual no-

3 Il p. ab. Casati, nelle sue erudite note alle Lettere di Francesco Ciceri, ram-menta un antico ritratto del Bellincione, che si conserva in Milano, in cuiegli vedesi coronato d'alloro (t. 2, p. 123); e rendesi perci assai megliofondata l'opinione, che a me parve mal sicura, ch'egli avesse la poetica lau-rea dal duca Lodovico Maria Sforza.

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BernardoBellincionied altri.

tizia io son debitore all'erudito p. Ireneo Aff min. os-servante da me altre volte lodato. Mor in Milano nel1491, e due anni dopo ne furono pubblicate le Rime daFrancesco Cornigero Tanzi 4, alcune delle quali trovansiancora sparse in altre raccolte. Esse fan testo di lingua,bench pur non siano prive di quella rozzezza che vede-si in quasi tutti i poeti italiani di questo secolo. Ei fu fa-moso per maldicenza, e ne abbiamo in prova il sonettodel Tibaldeo, che comincia.

Non t'accostare a questa tomba oscura,Se tu non sei di lingua empia e mordace;Che qui Bernardo Belinzona giace,Che in morder altri pose ogni sua cura, ec.

Se ne lodano singolarmente le poesie burlesche da luicomposte a imitazion del Burchiello; nel qual genere pa-recchi altri Toscani si esercitarono, come Feo Belcari, dicui abbiamo molti altri componimenti poetici, ed altreopere in prosa (ib. p. 620 ec.), Antonio Alamanni (ib. t.1, par. 1, p. 241, ec.), Giovanni Acquettini, Filippo Bru-nelleschi ed altri, le rime de' quali oltre altre edizionisono state unite alle Poesie del Burchiello ristampatecolla data di Londra nel 1757. Francesco Cei fiorentino,che fior circa il 1480, ebbe in quel secolo, se crediamoal Crescimbeni (Comment. t. 2, par. 2, p. 170) e al Qua-drio (t. 2, p. 214), stima non inferiore a quella che giavuta avea il Petrarca, anzi da alcuni fu allo stesso Pe-

4 Francesco Tanzi milanese fu anch'egli coltivatore della poesia, e se ne pos-son veder le pruove nelle notizie che l'Argelati ce ne ha date nella sua Bi-blioteca degli scrittori milanesi.

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tizia io son debitore all'erudito p. Ireneo Aff min. os-servante da me altre volte lodato. Mor in Milano nel1491, e due anni dopo ne furono pubblicate le Rime daFrancesco Cornigero Tanzi 4, alcune delle quali trovansiancora sparse in altre raccolte. Esse fan testo di lingua,bench pur non siano prive di quella rozzezza che vede-si in quasi tutti i poeti italiani di questo secolo. Ei fu fa-moso per maldicenza, e ne abbiamo in prova il sonettodel Tibaldeo, che comincia.

Non t'accostare a questa tomba oscura,Se tu non sei di lingua empia e mordace;Che qui Bernardo Belinzona giace,Che in morder altri pose ogni sua cura, ec.

Se ne lodano singolarmente le poesie burlesche da luicomposte a imitazion del Burchiello; nel qual genere pa-recchi altri Toscani si esercitarono, come Feo Belcari, dicui abbiamo molti altri componimenti poetici, ed altreopere in prosa (ib. p. 620 ec.), Antonio Alamanni (ib. t.1, par. 1, p. 241, ec.), Giovanni Acquettini, Filippo Bru-nelleschi ed altri, le rime de' quali oltre altre edizionisono state unite alle Poesie del Burchiello ristampatecolla data di Londra nel 1757. Francesco Cei fiorentino,che fior circa il 1480, ebbe in quel secolo, se crediamoal Crescimbeni (Comment. t. 2, par. 2, p. 170) e al Qua-drio (t. 2, p. 214), stima non inferiore a quella che giavuta avea il Petrarca, anzi da alcuni fu allo stesso Pe-

4 Francesco Tanzi milanese fu anch'egli coltivatore della poesia, e se ne pos-son veder le pruove nelle notizie che l'Argelati ce ne ha date nella sua Bi-blioteca degli scrittori milanesi.

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trarca antiposto. Essi citano la testimonianza del Varchi.Ma, a dir vero, questo scrittore, bench in qualche modosembri affermare ci ch'essi dicono il fa nondimeno permodo, che non ridonda in molto onor del Cei, percioc-ch a mostrare il cattivo gusto che allor regnava, ei recala stima in cui era questo poeta. "Come si trovano di co-loro, dic'egli (Ercolano, p. 15 ed. ven. l570), i qualiprendono maggior diletto del suono d'una cornamusa odi uno sveglione, che di quello d'un liuto, o d'un gravi-cembalo, cos non mancano di quegli, i quali piglianomaggior piacere di leggere Apulejo o altri simili autori,che Cicerone, e tengono pi bello stile quel del Ceo edel Serafino, che quello di Petrarca o di Dante". Nondi-meno tra le Rime di questo poeta, stampate la primavolta nel 1507 ne troviam molte degne di lode per vi-vezza poetica, e per fantasia, nel che, come osserva ilCrescimbeni, egli un de' migliori per ci che appartie-ne allo stile che dicesi anacreontico. E molti altri poetiebbe Firenze non meno che le altre citt della Toscana,de' quali per inutile il ragionare distintamente.

X. N fu la sola Toscana feconda que' tempidi rinomati poeti. Gasparo Visconti ebbegran plauso nel poetare alla corte di Lodovi-co Sforza. L'Argelati (Bibl. Script. mediol.t. 2, pars 1, p. 1604) lo dice figlio di un al-

tro Gasparo e di Margarita Alciati, cavaliere, consiglierducale, e senatore, e marito di Cecilia Simonetta figlia

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Gasparo Visconti, Serafino Aquilano, ec.

trarca antiposto. Essi citano la testimonianza del Varchi.Ma, a dir vero, questo scrittore, bench in qualche modosembri affermare ci ch'essi dicono il fa nondimeno permodo, che non ridonda in molto onor del Cei, percioc-ch a mostrare il cattivo gusto che allor regnava, ei recala stima in cui era questo poeta. "Come si trovano di co-loro, dic'egli (Ercolano, p. 15 ed. ven. l570), i qualiprendono maggior diletto del suono d'una cornamusa odi uno sveglione, che di quello d'un liuto, o d'un gravi-cembalo, cos non mancano di quegli, i quali piglianomaggior piacere di leggere Apulejo o altri simili autori,che Cicerone, e tengono pi bello stile quel del Ceo edel Serafino, che quello di Petrarca o di Dante". Nondi-meno tra le Rime di questo poeta, stampate la primavolta nel 1507 ne troviam molte degne di lode per vi-vezza poetica, e per fantasia, nel che, come osserva ilCrescimbeni, egli un de' migliori per ci che appartie-ne allo stile che dicesi anacreontico. E molti altri poetiebbe Firenze non meno che le altre citt della Toscana,de' quali per inutile il ragionare distintamente.

X. N fu la sola Toscana feconda que' tempidi rinomati poeti. Gasparo Visconti ebbegran plauso nel poetare alla corte di Lodovi-co Sforza. L'Argelati (Bibl. Script. mediol.t. 2, pars 1, p. 1604) lo dice figlio di un al-

tro Gasparo e di Margarita Alciati, cavaliere, consiglierducale, e senatore, e marito di Cecilia Simonetta figlia

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Gasparo Visconti, Serafino Aquilano, ec.

del celebre Cicco. Mor, secondo lo stesso scrittore, inet di soli 38 anni agli 8 di marzo del 1499. Mentre egliancora vivea, ne furono pubblicate le rime col titolo diRitmi in Milano nel 1493, e pi altri sonetti ne sono statistampati non son molti anni (Racc. milan. t. 1). Egli an-cora fu a quei tempi creduto da alcuni non inferiore alPetrarca. Ma chiunque ne legge ora le poesie, costrettoa recarne ben diverso giudizio. Altre notizie intorno aGasparo si posson vedere presso il ch. Sassi (Hist. typo-gr. mediol. p. 357) e il suddetto Argelati, che ci indicanoancora il romanzo de' due amanti Paolo e Daria da luiscritto in ottava rima, e stampato in Milano nel 1491. In-sieme co' mentovati sonetti di Gasparo sono stati datialla luce nella Raccolta milanese alcuni sonetti di Gui-dotto de' Prestinari bergamasco grande amico del Vi-sconti, di cui ancora si danno ivi alcune notizie, e si ac-cennano quelle che ce ne han date il p. Calvi (Scena let-ter. par. 1, p. 313) ed altri scrittori, e altre poesie che sene hanno alle stampe (5). Agostino Staccoli da Urbinoviene annoverato tra' migliori rimatori che verso il finedi questo secol fiorissero; e il pontef. Innocenzo VIII, acui il duca d'Urbino inviollo suo ambasciadore nel 1485,

5 Il Visconti era stato scolaro del Prestinari, come osserva l'ab. AngioloMazzoleni, il quale afferma ancora che presso il sig. co. Jacopo Tassi col-tissimo cavalier bergamasco si conserva il Canzonier ms. originale del me-desimo Prestinari (Rime oneste t. 2, p. 582, 583). Presso il sig. ab. MaffeoMaria Rocchi bergamasco, che di molte erudite notizie concernenti questamia opera mi stato cortese, si conservano dieci capitoli mss. in terza rimadallo stesso poeta diretti all'Eccellentissimo D. Benedetto Ghislandi jure-consulto celeberrimo.

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del celebre Cicco. Mor, secondo lo stesso scrittore, inet di soli 38 anni agli 8 di marzo del 1499. Mentre egliancora vivea, ne furono pubblicate le rime col titolo diRitmi in Milano nel 1493, e pi altri sonetti ne sono statistampati non son molti anni (Racc. milan. t. 1). Egli an-cora fu a quei tempi creduto da alcuni non inferiore alPetrarca. Ma chiunque ne legge ora le poesie, costrettoa recarne ben diverso giudizio. Altre notizie intorno aGasparo si posson vedere presso il ch. Sassi (Hist. typo-gr. mediol. p. 357) e il suddetto Argelati, che ci indicanoancora il romanzo de' due amanti Paolo e Daria da luiscritto in ottava rima, e stampato in Milano nel 1491. In-sieme co' mentovati sonetti di Gasparo sono stati datialla luce nella Raccolta milanese alcuni sonetti di Gui-dotto de' Prestinari bergamasco grande amico del Vi-sconti, di cui ancora si danno ivi alcune notizie, e si ac-cennano quelle che ce ne han date il p. Calvi (Scena let-ter. par. 1, p. 313) ed altri scrittori, e altre poesie che sene hanno alle stampe (5). Agostino Staccoli da Urbinoviene annoverato tra' migliori rimatori che verso il finedi questo secol fiorissero; e il pontef. Innocenzo VIII, acui il duca d'Urbino inviollo suo ambasciadore nel 1485,

5 Il Visconti era stato scolaro del Prestinari, come osserva l'ab. AngioloMazzoleni, il quale afferma ancora che presso il sig. co. Jacopo Tassi col-tissimo cavalier bergamasco si conserva il Canzonier ms. originale del me-desimo Prestinari (Rime oneste t. 2, p. 582, 583). Presso il sig. ab. MaffeoMaria Rocchi bergamasco, che di molte erudite notizie concernenti questamia opera mi stato cortese, si conservano dieci capitoli mss. in terza rimadallo stesso poeta diretti all'Eccellentissimo D. Benedetto Ghislandi jure-consulto celeberrimo.

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ne concep tale stima, che il nomin suo segretario e ab-breviatore del Parco maggiore. Altre notizie di questopoeta si posson leggere nella prefazione premessaall'ultima edizione delle Rime di esso fatta in Bolognanel 1709, e nel Giornale de' Letterati d'Italia (t. 1, p.187). Serafino detto Aquilano, perch nato dell'Aquilanell'Abbruzzo, nato nel 1466 e morto in Roma in etgiovanile nel 1500, fu tra coloro che vennero allor cre-duti poeti poco men che divini; e abbiam udito poc'anzi,che da alcuni egli era preferito al Petrarca. Ei serv amolti principi richiesto a gara da tutti, e da tutti a garaonorato. Il conte di Potenza, il card. Ascanio Sforza,Ferdinando III, re di Napoli, Guidubaldo duca d'Urbino,Francesco Gonzaga marchese di Mantova, LodovicoSforza duca di Milano, e per ultimo il duca ValentinoCesare Borgia lo ebbero successivamente alle lor corti;di che veggasi, oltre pi altri scrittori, il co. Mazzuc-chelli che intorno a questo poeta ci ha dato un erudito edesatto articolo (l. c. t. 1, par. 2, p. 904), ove esamina an-cora di quale famiglia egli fosse; ma senza deciderlo in-teramente per mancanza di monumenti. Gli onori fattiall'Aquilano e in vita e dopo morte, e le molte edizioniche delle Rime di esso si fecero fino oltre la met delsec. XVI, ci fan conoscere quanto elle fosser pregiate.Angelo Colocci scrisse in difesa di esse un'apologia chesi legge in varie edizioni delle medesime. E v'ha ancoratra gli scrittori moderni chi ne parla con lode. Niunoper, io credo, ardir ora di proporre a modello le Rimedell'Aquilano; e la dimenticanza in cui esse giacciono da

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ne concep tale stima, che il nomin suo segretario e ab-breviatore del Parco maggiore. Altre notizie di questopoeta si posson leggere nella prefazione premessaall'ultima edizione delle Rime di esso fatta in Bolognanel 1709, e nel Giornale de' Letterati d'Italia (t. 1, p.187). Serafino detto Aquilano, perch nato dell'Aquilanell'Abbruzzo, nato nel 1466 e morto in Roma in etgiovanile nel 1500, fu tra coloro che vennero allor cre-duti poeti poco men che divini; e abbiam udito poc'anzi,che da alcuni egli era preferito al Petrarca. Ei serv amolti principi richiesto a gara da tutti, e da tutti a garaonorato. Il conte di Potenza, il card. Ascanio Sforza,Ferdinando III, re di Napoli, Guidubaldo duca d'Urbino,Francesco Gonzaga marchese di Mantova, LodovicoSforza duca di Milano, e per ultimo il duca ValentinoCesare Borgia lo ebbero successivamente alle lor corti;di che veggasi, oltre pi altri scrittori, il co. Mazzuc-chelli che intorno a questo poeta ci ha dato un erudito edesatto articolo (l. c. t. 1, par. 2, p. 904), ove esamina an-cora di quale famiglia egli fosse; ma senza deciderlo in-teramente per mancanza di monumenti. Gli onori fattiall'Aquilano e in vita e dopo morte, e le molte edizioniche delle Rime di esso si fecero fino oltre la met delsec. XVI, ci fan conoscere quanto elle fosser pregiate.Angelo Colocci scrisse in difesa di esse un'apologia chesi legge in varie edizioni delle medesime. E v'ha ancoratra gli scrittori moderni chi ne parla con lode. Niunoper, io credo, ardir ora di proporre a modello le Rimedell'Aquilano; e la dimenticanza in cui esse giacciono da

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gran tempo, pruova del comune consenso nel non far-ne gran conto. Ed probabile che il grande applauso dalui ottenuto fosse in gran parte frutto dell'arte da essousata di accompagnare i suoi versi col suon del liuto; ilche egli dovea fare singolarmente quando improvvisava,come il co. Mazzucchelli dimostra ch'egli era solito difare talvolta. Infatti Paolo Cortese alla perizia nel suono,che avea l'Aquilano, attribuisce il piacere che provavasinell'udirla. "Quod quidem genus, dic'egli (De Cardinal.l. 2, p. 74), primus apud nostros Franciscus Petrarcha in-stituisse dicitur, qui edita carmina caneret ad lembum.Nuper autem Seraphinus Aquilanus princeps ejus gene-ris renovandi fuit, a quo ita est verborum et cantuum co-njunctio modulata nexa, ut nihil fieri, posset modorumratione dulcius. Itaque ex eo tanta imitantium auledorummultitudo manavit, ut quidquid in hoc genere Italia totacani videatur, ex ejus appareat carminum et modorumpraescriptione natum".

XI. Competitore e rivale dell'Aquilano fuAntonio Tibaldeo ferrarese, che perci nondobbiamo da lui disgiungere, bench conti-

nuasse a vivere fino al 1537, nel qual anno mor inRoma. Se ne suole comunemente fissar la nascita al1456 forse per conformarsi all'autorit del Giovio, che ildice morto in et di 80 anni. Ma, come si osserva nelGiornale de' Letterari d'Italia (t. 3, p. 374) Luca Gauricoscrittor vicino a que' tempi, nel formarne l'oroscopo, lo

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Antonio Ti-baldeo.

gran tempo, pruova del comune consenso nel non far-ne gran conto. Ed probabile che il grande applauso dalui ottenuto fosse in gran parte frutto dell'arte da essousata di accompagnare i suoi versi col suon del liuto; ilche egli dovea fare singolarmente quando improvvisava,come il co. Mazzucchelli dimostra ch'egli era solito difare talvolta. Infatti Paolo Cortese alla perizia nel suono,che avea l'Aquilano, attribuisce il piacere che provavasinell'udirla. "Quod quidem genus, dic'egli (De Cardinal.l. 2, p. 74), primus apud nostros Franciscus Petrarcha in-stituisse dicitur, qui edita carmina caneret ad lembum.Nuper autem Seraphinus Aquilanus princeps ejus gene-ris renovandi fuit, a quo ita est verborum et cantuum co-njunctio modulata nexa, ut nihil fieri, posset modorumratione dulcius. Itaque ex eo tanta imitantium auledorummultitudo manavit, ut quidquid in hoc genere Italia totacani videatur, ex ejus appareat carminum et modorumpraescriptione natum".

XI. Competitore e rivale dell'Aquilano fuAntonio Tibaldeo ferrarese, che perci nondobbiamo da lui disgiungere, bench conti-

nuasse a vivere fino al 1537, nel qual anno mor inRoma. Se ne suole comunemente fissar la nascita al1456 forse per conformarsi all'autorit del Giovio, che ildice morto in et di 80 anni. Ma, come si osserva nelGiornale de' Letterari d'Italia (t. 3, p. 374) Luca Gauricoscrittor vicino a que' tempi, nel formarne l'oroscopo, lo

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Antonio Ti-baldeo.

afferma nato a' 4 di novembre del 1463. E ci basta aconfutar come favola ci che molti asseriscono, cio chenell'an. 1469 ei fosse coronato poeta in Ferrara dall'imp.Federigo III. E veramente nel Diario ferrarese pubblica-to dal Muratori (Script. rer. ital. vol. 24), in cui si descri-vono minutamente le cose tutte che allora accaddero inquella citt, di questa coronazione non si fa motto.L'arcipr. Baruffaldi sostiene la coronazione del Tibaldeoper mano di Federigo (Jac. Guarini ad Ferrar. Gymn.Hist. Suppl. pars 1, p. 24; pars 2, p. 19), ma la differisceal 1483; e ne reca in pruova la testimonianza di CesareTorti da Ascoli poeta volgar di que' tempi. Io non ho ve-dute le Rime del Torti, ma certo dopo l'an. 1470 Federi-go III non ritorn in Italia; n pot rendere quell'onore alnostro poeta. Egli era medico di professione; ma assaipi che la medicina fu da lui coltivata la poesia. Ne' pri-mi anni dilettossi principalmente della italiana; eanch'egli, come l'Aquilano, accompagnava i suoi versicol suon della cetera; ed essi sembrarono allor s elegan-ti, che fin dal 1499 se ne fece in Modena la prima edi-zione per opera di Jacopo Tibaldeo di lui cugino, la qua-le fu poi seguita da molte altre (Zeno Note al Fontan. t.2, p. 54, ec.). Antonio per se ne dolse, come di cosatroppo presto prodotta al pubblico; e ne abbiam sicuratestimonianza presso il Giraldi tanto pi degno di fede,quanto era pi stretto e per amicizia e per cittadinanzacol Tibaldeo. "Numquid praeteribimus Antonium The-baldeum amicum et municipem nostrum, quem et lin-guae Latinae castimonia clarum apud doctos facit, apud

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afferma nato a' 4 di novembre del 1463. E ci basta aconfutar come favola ci che molti asseriscono, cio chenell'an. 1469 ei fosse coronato poeta in Ferrara dall'imp.Federigo III. E veramente nel Diario ferrarese pubblica-to dal Muratori (Script. rer. ital. vol. 24), in cui si descri-vono minutamente le cose tutte che allora accaddero inquella citt, di questa coronazione non si fa motto.L'arcipr. Baruffaldi sostiene la coronazione del Tibaldeoper mano di Federigo (Jac. Guarini ad Ferrar. Gymn.Hist. Suppl. pars 1, p. 24; pars 2, p. 19), ma la differisceal 1483; e ne reca in pruova la testimonianza di CesareTorti da Ascoli poeta volgar di que' tempi. Io non ho ve-dute le Rime del Torti, ma certo dopo l'an. 1470 Federi-go III non ritorn in Italia; n pot rendere quell'onore alnostro poeta. Egli era medico di professione; ma assaipi che la medicina fu da lui coltivata la poesia. Ne' pri-mi anni dilettossi principalmente della italiana; eanch'egli, come l'Aquilano, accompagnava i suoi versicol suon della cetera; ed essi sembrarono allor s elegan-ti, che fin dal 1499 se ne fece in Modena la prima edi-zione per opera di Jacopo Tibaldeo di lui cugino, la qua-le fu poi seguita da molte altre (Zeno Note al Fontan. t.2, p. 54, ec.). Antonio per se ne dolse, come di cosatroppo presto prodotta al pubblico; e ne abbiam sicuratestimonianza presso il Giraldi tanto pi degno di fede,quanto era pi stretto e per amicizia e per cittadinanzacol Tibaldeo. "Numquid praeteribimus Antonium The-baldeum amicum et municipem nostrum, quem et lin-guae Latinae castimonia clarum apud doctos facit, apud

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indoctos vero, quae jampridem, quorum nunc poene pu-det, a patruele fratre sunt edita vernacula. Exstant ple-raeque Thebaldei Elegiae et utriusque liguae Latinae etItalae Epigrammata arguta quidem et mollia, quae adhucsub lima teruntur indigne (De Poetis sui temp. dial. 1)".Questa maniera di favellar del Giraldi ci fa conoscereche non erano allora in gran pregio le Rime del Tibal-deo, almeno quali erano uscite alla luce. Il conobbe eglistesso, singolarmente allor quando vennero in pubblicoquelle del Sannazzarro, del Bembo e d'altri valorosipoeti; e si volse perci a coltivare la poesia latina. Nelche ei fu pi felice, s perch queste, delle quali alcunene abbiamo nelle raccolte de' nostri poeti latini, son pieleganti che le italiane, s perch ei ne trasse frutto mol-to maggiore; poich per un solo epigramma fatto in lodedi Leon X dicesi ch'ei n'avesse in premio 500 ducatid'oro. E certo egli era carissimo a questo pontefice, ilquale raccomandando a' canonici di Verona, un certoDomizio Pomedelli scolaro del Tibaldeo, quem virum,dice di questo, propter ejus praestantem in optimarumartium studiis doctrinam pangendisque carminibus, mi-rificam industriam unice diligo (Bemb. Epist. Leon. Xnomine l. 9 ep. 2). Egli innoltre scrivendo al legatod'Avignone, dopo aver fatto un elogio di questo poeta,gli chiede che a lui si conferisca la soprantendenza alponte di Sorga, la qual dovea recar seco qualche vantag-gio (ib. ep. 14). Quindi veggiamo che nel 1521 egli eraben agiato de' beni di fortuna (Bemb. l. 5 Famil.