Carismi del reale, di Pierangelo Di Vittorio

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    aut aut, 353, 2012, 115-134 115

    Carismi del reale.Lopera darte nellepoca delmarketing e dello spettacolo

    PIERANGELO DI VITTORIO

    Osservando da una certa distanza le que-stioni che alimentano il dibattito attua-le, vi sono almeno due zone che si pre-

    sentano con particolare intensit. Da un lato c linterrogazionesulla crisi della democrazia attraverso la quale si in alcuni casipervenuti a formulare esplicitamente lipotesi di un nuovo fa-scismo presente nelle nostre societ.1 Dallaltro c la riflessioneche si sviluppa intorno allo statuto e al ruolo della finzione nel

    mondo contemporaneo, la quale si articola a sua volta intorno adue assi principali: il primo riguarda i rapporti complessi, tal-volta tesi, tra lafinzione e la realt, una querelle dai molteplici ri-svolti la cui posta in gioco in fondo la verit stessa; il secon-do concerne invece il problema degli usi politici della finzione(o pi in generale dello spettacolo, della mediatizzazione spetta-colare della realt), sia che si tratti di denunciarli e di opporvisi,2

    sia che si tratti invece di incoraggiarli e di praticarli.3

    Queste due interrogazioni, a prima vista lontane tra loro, po-

    Testo preparato per il numero monografico Contre-fictions politiques della rivista franceseMultitudes, 48, 2012.

    1. Cfr. per esempio i numeri monografici Nouveaux fascismes? Enqute sur les droites enEurope, Vacarme, 55, 2011, e Nuovi fascismi?, aut aut, 350, 2011.

    2. Per la nozione di populismo mediatico, cfr. U. Eco,A passo di gambero. Guerre caldee populismo mediatico, Bompiani, Milano 2006.

    3. A proposito dellidea che bisogna strappare alla destra luso delle finzioni, dei racconti,al limite dei miti, cfr. Y. Citton,Mythocratie. Storytelling et imaginaire de gauche, ditionsAmsterdam, Paris 2010.

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    trebbero al contrario dimostrarsi connesse a un livello pi profon-do. Un primo elemento di contatto riguarda il fatto che in entrambii casi ossia tanto nella dimensione politica quanto in quella tec-

    nica (nel senso di ci che appartiene alla techne in opposizioneallaphysis: non solo arte e tecnica, ma anche sapere) in giocoqualcosa che ha i caratteri del nuovo, o se si preferisce qualcosache si presenta come un processo di modernizzazione o di rifor-ma dellesistente. Laltro elemento di contatto la forte ambiva-lenza che caratterizza queste due interrogazioni. Per quanto ri-guarda la prima, si oscilla tra la constatazione che la democraziasi manifesta sempre pi spesso come un guscio vuoto, e il rifiuto

    di utilizzare il termine fascismo per designare ci che potrebberiempire (o aver gi riempito) questo vuoto. come se fossimovittime di una doppia ingiunzione contraddittoria: da un lato lob-bligo di continuare a utilizzare una parola che significa sempre me-no, dallaltro quello di giustificarsi in continuazione per il fatto diutilizzare un termine che potrebbe invece, nonostante tutto, si-gnificare ancora qualcosa. Questa impasse impedisce in definiti-va di far funzionare lanalogia con il fascismo storico, al fine di in-dividuare quello che vi di veramente nuovo e diverso nelle at-tuali forme di ipergoverno delle societ democratiche neolibera-li:4 forme la cui portata modernizzatrice si manifesta in primoluogo nel fatto che esse sfuggono alla semplice dicotomia tra de-mocrazia e totalitarismo, che hanno una consistenza stranamenteibrida e perci ancora difficile da afferrare.

    Unambivalenza analoga si ritrova nel dibattito tra realt e fin-

    zione: se da un lato infatti si continuano a denunciare gli eccessidella finzione, dallaltro si nota invece un ritorno massiccio allarealt, come se tutta un tratto il mondo avesse scoperto il desi-derio irrefrenabile, limperativo inaggirabile del reale.5 Anche in

    4. Per un uso attivo di questa analogia, cfr. P. Di Vittorio, A. Manna, E. Mastropierro, A.Russo,Luniforme e lanima. Indagine sul vecchio e nuovo fascismo (Letture di: Bataille, Lit-tell e Theweleit, Jackson, Pasolini, Foucault, Deleuze e Guattari, Agamben, Eco, Ballard), Edi-zioni Action30, Bari 2009 (dora in poi UA).

    5. Per la letteratura, D. Shields, Fame di realt. Un manifesto (2010), Fazi, Roma 2010;per larte, H. Foster,Il ritorno del reale. Lavanguardia alla fine del Novecento (1996), Post-media, Milano 2006; per la filosofia, Maurizio Ferraris che propone il ritorno a unontolo-

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    questo caso, la riforma tecnica assume laspetto di una confu-sione delle frontiere, ed infatti a livello di una radicale ibrida-zione tra la realt e la finzione che legata la possibilit di creare

    consenso, cio di trovare o di sedurre un pubblico, si tratti diarte, di letteratura, di cinema o persino di sapere accademico: ba-sti pensare a quel mlange indiscernibile di realt e di finzione che il reality show (tlralitin francese), termine con il quale sa-rebbe senza dubbio pi corretto designare una condizione diffu-sa, generalizzata della techne (della cultura) contemporanea, piut-tosto che un semplice format televisivo tra gli altri.

    Si delinea qui unaltra zona dintensit nella riflessione attuale,

    la quale potrebbe anche funzionare come un ponte tra linterro-gazione sui nuovi fascismi e quella sulle poste in gioco della fin-zione: si tratta della questione del populismo, che scandisce ildibattito come una nota di basso, e dove spesso le preoccupazio-ni di ordine politico si mescolano con quelle di ordine tecnico otecnologico, senza che sia pi possibile distinguere le une dalle al-tre. Non forse un caso che si ritrovi qui lambivalenza al suo mas-simo grado: il discorso antipopulista serve alle classi dirigenti persqualificare o stigmatizzare il popolo, cosa che alimenta in sen-so contrario un discorso apologetico nei confronti di tutto ci chesi presenta come genericamente popolare. Questa oscillazionepermanente svia lattenzione dalla vera sfida contenuta in ci chesiamo soliti chiamare populismo: vale a dire il processo che coin-cide in qualche modo con lintera storia moderna, sebbene negliultimi decenni abbia assunto proporzioni inaudite dipopolariz-

    zazione (non solo di immanentizzazione e di democratizzazione,ma anche di volgarizzazione, di banalizzazione) del potere politi-co, da cui discende la sua capacit di acquisire maggiore forza di

    gia realista (cfr. per esempio Ricostruire la decostruzione, Bompiani, Milano 2010), o Ro-berto Esposito che collega il successo della filosofia italiana al fatto che essa non avrebbe mairinunciato a essere una filosofia del reale (Pensiero vivente. Origine e attualit della filoso-

    fia italiana, Einaudi, Torino 2010). In tal senso, il recente dibattito che ha visto il nuovo rea-lismo propugnato da Ferraris contrapporsi al pensiero debole di Gianni Vattimo e Pier

    Aldo Rovatti, potrebbe essere considerato come una variante specificamente filosofica di unpi ampio dibattito internazionale sul rapporto tra realt e finzione (cfr. P.A. Rovatti,Inat-tualit del pensiero debole, Forum, Udine 2011).

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    seduzione e di consenso grazie a unestrema prossimit mimeticacon luomo qualunque (fino ad accettare il rischio di farsene ma-nipolare a sua volta).6

    Di nuovo, la potenza sprigionata da questa riforma del poterepolitico dipende direttamente da un fenomeno di ibridazione, inaltri termini dallapparizione di una linea di fuga rispetto alla sem-plice alternativa tra classi dirigenti e popolo. Il potere politico gua-dagna in efficacia nel momento in cui non pi possibile discer-nere dove finisce il leader e dove comincia invece il signor pincopallino. Ed evidente che si delinea qui un pericoloso punto diconvergenza tra la modernizzazione tecnica e quella politica: la te-lerealt, in quanto completa fusione di realt e finzione, non for-se il modo pi adeguato di presentare questa nuova antropolo-gia politica, fusione perfetta, e perci tanto pi inquietante, delsuperman e delleveryman? I due movimenti di ibridazione po-trebbero rinforzarsi in modo circolare, confluendo in ununica ten-denza modernizzatrice maggiore. In Italia, dopo circa ventan-ni di berlusconismo, dovremmo aver imparato la lezione. Sfortu-natamente, il risultato non cos scontato. Forse perch non ab-biamo avuto il coraggio di riconoscerci fino in fondo nello spec-chio narcisistico installato ad arte da Silvio Berlusconi sono unuomo qualunque, un uomo come voi, ma grazie a me la vostra me-diocrit briller allinfinito , con il rischio che i suoi riflessi con-tinuino a irradiarsi nostro malgrado, a nostra insaputa e l dovemeno ce lo aspettiamo.

    A causa della loro ambivalenza, queste zone dintensit del di-

    battito contemporaneo sono anche zone di opacit. Si correr dun-que un rischio ad attraversarle: pu succedere che si vada a sbat-tere la faccia, come quando si avanza in un mare di nebbia... Ma un rischio che non si pu non correre, dal momento che nelcuore di questa opacit che si nascondono i problemi, le sfide del-lattualit. Alcuni segnali indicano in particolare che in atto unvasto lavoro di problematizzazione della techne, ossia delle con-dizioni diproduzione della verit nel mondo contemporaneo. Se-

    6. Cfr. P. Di Vittorio, Umberto Eco: analitica della banalit e popfascismo, in UA.

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    condo unaccezione che attraversa tutta la tradizione occidentale,da Aristotele a Heidegger, la techne non sarebbe altro che il sup-plemento necessario a far apparire, a rivelare laphysis, la quale

    altrimenti resterebbe celata, nascosta. Se la natura, come dice Era-clito, ama nascondersi, la funzione dellarte (o della cultura in ge-nerale) consiste nel renderla manifesta, in modo che per gli uo-mini possa esserci un mondo e, al tempo stesso, che per il mondopossa esserci unumanit. Larte ha quindi una funzione apofan-tica, e ci che grazie a essa si rivela non altro che la verit stes-sa nel senso della-letheia: il non-dissimulato, il dis-velamento del-lente in quanto e per come .7

    Potremmo allora domandarci se tutte le turbolenze che si ma-nifestano oggi lungo le frontiere che separano non solo la realtdalla finzione, ma anche le diverse forme darte, di linguaggio, dimedia, possano essere ricondotte a questa problematizzazione fon-damentale della techne, portata avanti sia attraverso la riflessione,sia attraverso la sperimentazione, e spesso le due cose insieme. Inaltri termini, potremmo porci la seguente domanda: le condizio-ni tecniche di produzione della verit si lasciano afferrare ed ela-borare soprattutto, se non esclusivamente, come un problema?Ed eventualmente, per quali ragioni e secondo quali modalit?Domande che oltrepassano di gran lunga le pretese di questo sag-gio. Ci limiteremo a constatare la dfaillance di certe forme tecni-che tradizionali dinanzi al compito di produzione della verit, ciodi presentazione di un mondo e di unumanit. stato per esem-pio osservato che il racconto contemporaneo affetto da una tri-

    plice insufficienza: Insufficienza delle forme romanzesche a fa-re letteratura, insufficienza del racconto giornalistico a dire il mon-do, insufficienza della scrittura accademica a trasmettere la sto-ria.8 In particolare, il fatto che la verit storica sia sottomessa avalle a criteri di spettacolarit e di redditivit, rischia di ripercuo-

    7. Cfr. P. Lacoue-Labarthe, Sublime (Problmatique du), in Encyclopaedia Universa-lis, Paris 1995.

    8. P. Boucheron, Toute littrature est assaut contre la frontire. Note sur les embarras hi-storiens dune rentre littraire, Annales. Histoire, Sciences sociales, numero monograficoSavoirs de la littrature, 2, 2010.

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    tersi a monte sulle condizioni stesse della sua produzione, tradi-zionalmente assicurata dal lavoro storiografico.

    quindi legittimo domandarsi in quale misura la tecnica del-

    la storia sia obbligata a trasformarsi, nel momento in cui la ve-rit che essa dovrebbe produrre, per raggiungere un pubblico dimassa e trovare il suo posto nel mercato (dellentertainment), sarcostretta a passare attraverso massicce dosi di mediatizzazionecinematografica, televisiva o letteraria.9 Daltra parte, lultima ten-denza hollywoodiana sembra essere quella di pretendere che i film,pur restando finzioni, dicano la vera realt dei fatti. Si affermacos una forma ibrida, la cui forza di seduzione consiste nella pos-

    sibilit di giocare simultaneamente un sovrappi di finzione ri-spetto alla documentazione storica (o giornalistica, sociologica) eun sovrappi di realt rispetto alla finzione cinematografica (o te-levisiva, romanzesca). La perfetta fusione della finzione e dei fat-ti, dellinvenzione e dellautenticit, ma anche del sogno e dellabanalit quotidiana o della trivialit, ci che sembra possederela maggiore efficacia comunicativa ed ci che il marketing diconseguenza incoraggia, domanda, esige.10 Si pu anche chiama-re questo mlangefaction, senza tuttavia dimenticare che si trattasolo di un altro nome per designare quel dispositivo, assolutamenteconcreto e generale, che il reality show, la telerealt, lo spettaco-lo della realt. Se la verit il disvelamento di un mondo, il mon-do che sembra oggi presentarsi con maggior forza di verit, ilmondo che si manifesta al posto o al di sopra degli altri mondipossibili, quello che si offre con un sovrappi di realt (di pros-

    simit, di ordinariet, di banalit) e, al tempo stesso, con un so-vrappi di finzione (di spettacolo, di luce mediatica, di evasioneonirica). Il reality show sarebbe quindi la condizione tecnica ge-nerale della verit oggi? Una verit a sua volta ridotta a una sorta

    9. Cfr. A. Beevor,La fiction et les faits. Prils de la faction, Le dbat, numero mono-graficoLhistoire saisie par la fiction, 165, 2011. Lautore denuncia il pericolo che la storiadivertimento diventi, per la maggior parte della popolazione, la principale fonte della sua pre-sunta conoscenza storica (p. 32). A questo proposito, si parlato di histo-tainement, pro-

    prio come si parla di info-tainement, ma ormai si potrebbe parlare pi in generale di culture-tainement.10. Ivi, p. 34.

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    di carisma della realt, al generico charme della prossimit, dellabanalit, della mediocrit, della normalit? Si pone allora il pro-blema non solo per gli uomini politici, ma per ciascuno di noi,

    in quanto tutti pi o meno e a diverso titolo impegnati in un pro-cesso tecnico di produzione della verit di come acquisire que-sta aura popolar-populista che si presenta ormai come una del-le condizioni dellesistenza in generale della verit stessa.

    Di fronte a queste nuove condizioni, lo storico potr essere ten-tato di forzare la propria scrittura fino a superare la soglia al dil della quale si rompe il patto di credenza con il lettore. Ma po-tr anche, al contrario, rinnovare il rifiuto di riempire, attraverso

    linvenzione, i vuoti della storia, rimarcando cos lirriducibilitdella realt rispetto a qualsiasi finzione, lintangibilit di un rea-le eretto a ultimo baluardo contro minacce come il negazioni-smo.11 Tuttavia, forse con un po di rassegnazione, lo storico sarportato in ultima istanza ad ammettere che il suo rifiuto non im-pedir che altri finiscano per colmare tali vuoti al posto suo: Per-ch, alla fine, la finzione vince sempre.12 come se una veritmaggiore, quella che si irradia grazie alle luci del marketing edello spettacolo, minacciasse lesistenza di altre verit, divenute aun tratto minori. In tal senso, lo splendore industriale della ve-rit potrebbe portare con s un massacro delle lucciole.13 Ma al-lora, se da un lato la tentazione letteraria dello storico sar laconfessione della sua debolezza, dallaltro la letteratura che si in-filer nella breccia aperta da questa vulnerabilit non sar una let-teratura qualsiasi. Non sar certo la pura finzione romanzesca o

    lautofinzione, indebolite a loro volta a causa del proprio deficitdi realt. Sar invece la letteratura che avr saputo rispondere con

    11. Cfr. C. Ginzburg, Il filo e le tracce. Vero, falso, finto, Feltrinelli, Milano 2006; P. Bou-cheron, Toute littrature est assaut contre la frontire, cit.

    12. P. Boucheron, On nomme littrature la fragilit de lhistoire, Le dbat, 165, 2011,p. 55. Riferendosi al libro di A. Corbin,Le village des cannibales, opera storica con un lavo-ro sulla scrittura fatto per mantenere vivo linteresse del lettore, Boucheron teme che questolavoro sia cancellato dalla pubblicazione di un romanzo che si impossessato della stessa sto-ria rendendola pi attraente per un pubblico televisivo. Di qui lamara conclusione: Gli sto-

    rici pi illustri non pesano granch dinanzi ai romanzieri pi leggeri (ibidem).13. Cfr. G. Didi-Huberman, Come le lucciole. Una politica della sopravvivenza (2009),Bollati Boringhieri, Torino 2010.

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    maggiore convinzione allimperativo del reale, quella che si sarcos profondamente ancorata nella documentazione storica da ren-dere indiscernibile ci che appartiene alla finzione e ci che ap-

    partiene alla realt. Non a caso sono alcuni romanzi-faction disuccesso ad aver alimentato in Francia i recenti dibattiti sui rap-porti tra storia e letteratura, sfociati talvolta in violente polemi-che.14 Si pensi in particolare al tritticoLes bienveillantes,Jan Kar-skie HHhH.15 Ma si pensi a un altro caso letterario come Gomorra,indicativo anche del fatto che la questione supera largamente lefrontiere geografiche e disciplinari.16 Malgrado la specificit delcontesto italiano, questa fiction non-fiction che racconta luni-

    verso della camorra a partire dalla testimonianza diretta dellau-tore, fondata sui medesimi presupposti e ha dato luogo a di-scussioni, accuse e apologie del tutto simili.17 Cambia solo il ter-ritorio tecnico nel quale la letteratura del reale ha fatto irruzioneper imporre la forza del suo regime di verit ibrido, trattandosiquesta volta, non della ricerca storica, ma dellinchiesta giornali-stica e sociologica.

    Lincapacit delle forme tecniche pi o meno tradizionali o sta-

    14. Cfr. anche il numero monografico Historiens et romanciers. Vies relles, vies rves diCritique, 767, 2011. A proposito di questi dibattiti intorno al rapporto tra realt storica efinzione romanzesca, ci si potrebbe tuttavia domandare per quale ragione non si faccia mairiferimento alla pratica genealogica in quanto contro-storicismo politico (cfr. F. Nietzsche,Umano, troppo umano, 1878, vol. I, in Opere complete, a cura di G. Colli e M. Montinari,Adelphi, Milano 1964, Chimica delle idee e dei sentimenti morali; M. Foucault, Biso-

    gna difendere la societ. Corso al Collge de France, 1975-1976, 1997, Feltrinelli, Milano 1998).Le genealogie sono finzioni storiche, nella misura in cui fingono (nel senso del latinofin-

    gere: plasmare, modellare) la documentazione sulla base di uninterrogazione filosofica: co-

    me i valori supremi possono nascere da cose meno nobili? Come la pura conoscenza pu na-scere dai rapporti concreti di potere? Ci significa per, al tempo stesso, che le questioni fi-losofiche sono costantemente messe alla prova dellarchivio. Secondo Foucault, lemergenzastorica della genealogia come bassa storia politica dei rapporti di forza e delle relazioni di po-tere rompe lunit del discorso storico in quanto legittimazione della sovranit politica, di-vide dunque dallinterno il discorso storico stesso, aprendo un profondo fronte polemiconel suo regime di verit. Si instaura in tal modo tutto un gioco politico tra le verit e le con-tro-verit storiche, tra lefinzionie le contro-finzioni storiche.

    15. J. Littell,Le benevole (2006), Einaudi, Torino 2007; Y. Haenel,Il testimone inascol-tato (2009), Guanda, Parma 2010; L. Binet, HHhH. Il cervello di Himmler si chiama Heydrich(2009), Einaudi, Torino 2011.

    16. R. Saviano, Gomorra, Mondadori, Milano 2006.17. Una critica severa stata indirizzata a Saviano dal sociologo Alessandro Dal Lago,nel volume Eroi di carta. Il caso Gomorra e altre epopee, manifestolibri, Roma 2010.

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    bilite di assicurare i loro rispettivi regimi di verit rende vulnera-bili le frontiere che le delimitano. Di fronte a questa dfaillance oa questa vacanza diffusa della sovranit tecnica che dovrebbe

    garantire la possibilit che un mondo e unumanit appaiano, siassiste a un assalto generalizzato alle frontiere il cui risultato unaprofonda commistione dei regimi di verit. La letteratura, peresempio, invade lo spazio storico, nel momento in cui la storio-grafia non sembra pi in grado di garantire la verit della storia;la letteratura supplisce quindi a questa mancanza ma, al tempostesso, occupando questo posto vuoto, sfrutta le risorse del terri-torio di accoglienza, cio la documentazione, larchivio storico, la-

    sciandosene contaminare, ossia trasformandosi a sua volta. Da mol-to tempo ormai sono in atto processi di contaminazione radicalee multipla tra le diverse forme e ai diversi livelli della techne con-temporanea, il cui nucleo problematico resta comunque librida-zione tra la realt e la finzione, ossia lo show del reale come ten-denza modernizzatrice maggiore della techne stessa.

    Tutta questa agitazione trasformatrice significa che viviamo inun clima di effervescenza creatrice, come di avanguardia diffu-sa. E in effetti, dello spirito di avanguardia le tendenze tecnicheattuali conservano sicuramente la capacit di sperimentare e lavolont di creare del nuovo. Ma perch allora cos difficileconfessare, dichiarare apertamente questo atteggiamento? Per-ch la parola dordine di ogni tentativo di sperimentazione e dirinnovamento sembra essere larvatus prodeo? Il problema cheuna postura davanguardia suonerebbe oggi immancabilmente

    elitista, e finirebbe per allontanare coloro che ladottano dallacontiguit con la vita di tutti i giorni necessaria a dare allatto crea-tore tutta la sua efficacia. Si profila di conseguenza una sorta diantinomia: da un lato non si pu fare altro che sperimentare nuo-ve strategie tecniche di produzione della verit, mettendo tra pa-rentesi o persino distruggendo le regole che reggono lesperienzacomune; dallaltro non ci si pu che conformare, invece, alle leg-gi stabilite del marketing e dello spettacolo, preoccupandosi di

    guadagnare la massima prossimit mimetica con luomo comune(con il popolo). Perch, se non ci si riesce a dotare di questau-

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    ra popolar-populista, necessaria a far brillare la verit il pi alungo e il pi forte possibile, si rischia di cadere sic et simpliciternel buio di verit, cio in quella zona dombra che si allarga man

    mano che i bagliori mediatici si intensificano e si concentrano sul-la ribalta.Il risultato che la creazione del nuovo tende paradossalmen-

    te a coincidere con la fabbricazione di bestseller (ossia di prodot-ti spesso caratterizzati da un basso livello di innovazione), dal mo-mento che il terreno sul quale la sperimentazione si esercita oc-cupato, colonizzato dalla preoccupazione di rendere la verit sem-pre pi efficace in termini di consenso popolare. Fino al punto di

    non poter pi giudicare se si stia salutando il genio di uneffra-zione rivoluzionaria o lastuzia di un conformismo populista. Nonsi tratta affatto di denunciare tale tendenza, per la semplice ra-gione che siamo tutti attraversati da questa tensione, da questacontraddizione. Si tratta piuttosto di riconoscere che il quadro ge-nerale nel quale si inscrive oggi latteggiamento creatore quelloche si potrebbe definire unpopulismo davanguardia.18 Ancora undoppio mostruoso quindi, ancora un ibrido. Ma siccome la pre-senza di un ibrido segnala sempre la potenza di unondata mo-dernizzatrice, sarebbe auspicabile interrogarsi sui pericoli connessicon tale tendenza: la tensione antinomica tra la libera sperimen-tazione e la ricerca di un consenso popolare non potrebbe avereleffetto di prosciugare alla sorgente la produzione di verit?

    Riferendoci alla funzione apofantica della techne, siamo consa-pevoli di confermare uninterpretazione tradizionale della verit

    fondata sul presupposto di un rapporto di profonda interiorittra la storia della verit e la storia della filosofia. Ora, come ha no-

    18. Questo atteggiamento stato per esempio individuato in qualcuno come YannickHaenel, da una critica istintivamente diffidente rispetto a unalleanza paradossale tra la ri-vendicazione davanguardia e lesposizione mediatica (P. Boucheron, Toute littrature est as-saut contre la frontire, cit., p. 447). La stessa tensione della quale non bisogna necessaria-mente diffidare, ma sulla quale bisognerebbe comunque interrogarsi si trova nel collettivodi scrittori italiani Wu Ming. In un testo teorico, essi non smettono di oscillare tra la riven-

    dicazione di una sperimentazione radicale a livello stilistico e linguistico, e la pretesa che que-sta sperimentazione si dispieghi sempre e unicamente nel quadro del popular (Wu Ming,New Italian Epic. Letteratura, sguardo obliquo, ritorno al futuro, Einaudi, Torino 2009).

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    tato Michel Foucault, questa interpretazione ha da sempre contri-buito a destoricizzare e a depoliticizzare (il nostro rapporto al) laverit, strappandola allesteriorit dispersa, molteplice ed ete-

    rogenea del piano dimmanenza storico-politico.19 Ebbene, mal-grado questa precisazione, e pur continuando a utilizzare siffattainterpretazione tradizionale, evidente che il problema della ve-rit si presenta oggi con immediate e importanti implicazioni po-litiche. a causa di questa urgenza politica che ci si interroga, for-se in maniera ancora oscura, su come si scrive un romanzo o unsaggio, su come si realizza unopera darte, su come si fa uno spet-tacolo, su come si utilizzano le nuove tecnologie.Lopera darte nel-lepoca della telerealt: ecco la forma generale che potrebbe assu-mere oggi linterrogazione sulla techne. Non un caso che questaformula ricordi la riflessione sviluppata negli anni trenta, anni digrandi sconvolgimenti politici, da Martin Heidegger e Walter Benja-min, le cui analisi, per quanto diverse tra loro, collegavano stret-tamente e indissolubilmente la questione tecnico-artisticacon quel-la politica.20 E a proposito di paragone tra la situazione attuale elepoca del fascismo storico, forse il punto di pi profondo con-tatto a partire dal quale far funzionare il gioco analogico delle so-miglianze e delle differenze proprio questo intreccio inestricabi-le tra le poste in gioco di verit e le poste in gioco politiche.21 Ba-sti pensare al surrealismo, e pi specificamente al modo in cui ci

    19. Cfr. M. Foucault,Leons sur la volont de savoir. Cours au Collge de France (1970-1971), Presses de lEHESS-Gallimard-Seuil, Paris 2011.

    20. Cfr. a questo proposito P. Lacoue-Labarthe,La finzione del politico. Heidegger, lar-te e la politica (1987), il melangolo, Genova 1991.

    21. Ci si potrebbe spingere pi lontano e ipotizzare che questo punto di contatto con glianni trenta riguardi specificamente la problematizzazione del rapporto tra la realt e la fin-zione (o il sogno). Non forse una delle preoccupazioni principali del nostro tempo il fattoche diventa sempre pi difficile distinguere la realt dalla finzione il che pone problemi tan-to a livello artistico quanto a livello politico? Che ne dellatteggiamento surrealista con lav-vento della tv, questa specie di surrealismo reale (nello stesso senso in cui si parla di so-cialismo reale)? Film comeIl dottor Mabuse oIl gabinetto del dottor Caligarinon gettano for-se una luce analogica molto interessante su altri film comeMatrix oInception? Non for-se la questione del carisma la capacit illusionistica di incantare, di ipnotizzare le folle che

    oggi ci preoccupa, in stretta relazione con la potenza sprigionata dai mezzi di comunicazio-ne di massa? A tale proposito, cfr. A. Kyrou,Lhypnose de l-venir, Multitudes, numeromonograficoBig Brother nexiste pas, il est partout, 40, 2010.

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    si divideva su questioni come luso letterario di Sade o linter-pretazione della pittura di Picasso e Dal, a causa delle immediatee pressanti implicazioni etico-politiche con cui simili questioni era-

    no sperimentate.22Se in modo analogo la techne in tutte le sue forme sembra og-gi avere simili implicazioni politiche, probabilmente a causa delfatto che la logica della telerealt nella quale essa inscritta ri-schia di contribuire al dispiegamento delle condizioni di produ-zione della verit, quindi in definitiva alla manifestazione del mon-do e dellumanit dettati dallattuale ondata modernizzatrice; conleffetto di rinforzare, malgrado le migliori intenzioni (contrarie),

    il populismo politico che parte integrante di questo mondo edi questa umanit. Quando Bataille rimproverava al surrealismo diBreton un certo idealismo, rispetto al modo di intendere tan-to lamore quanto la rivoluzione proletaria, lo faceva essenzial-mente perch vedeva in questo idealismo un lasciapassare per ilrazzismo e il fascismo. La sua domanda era dunque questa: il fat-to di porre la propria tecnica (letteraria, artistica) nel segno diun idealismo, anche se questo idealismo oppone intenzional-mente la super-aquila della rivoluzione proletaria alle aquile ca-pitaliste e imperialiste, non contribuisce forse obiettivamentealla presentazione del mondo e dellumanit di cui il fascismo parte integrante?23 Il rischio in fondo quello di chiudere il cer-chio, facendo dellidealismo lunico orizzonte possibile di mani-festazione della verit. Tutta la questione qui: come resistere al-le condizioni storiche date, come lavorare per possibili alterna-

    tive senza fare presa allinterno di queste stesse condizioni, con-tribuendo cos al completo dispiegamento delle loro premesse,

    22. Ci riferiamo alla polemica tra il basso materialismo di Georges Bataille e il sur-realismo di Andr Breton, che ha grande importanza nel modo di procedere al tempo stes-so critico e creativo del collettivo Action30. Cfr. P. Di Vittorio, Georges Bataille: Documents1929-1930: Linforme contro luniforme, in UA. In questo stesso volume, si trova Tutto si divi-de!, adattamento a fumetti, a opera di Giuseppe Palumbo, di alcuni testi di Bataille pubbli-cati su Documents. A partire da questa polemica, il collettivo Action30 ha realizzato uncortometraggio dal titolo Grande Brasserie Cyrano, selezionato in diversi festival, tra cui quel-

    lo di Compigne nel 2010.23. Cfr. G. Bataille,La vieille taupe et le prfixe sur dans les mots surhomme etsurra-liste (1968), in uvres compltes, Gallimard, Paris 1970, vol. II.

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    cio alla loro instaurazione egemonica, totalizzante o totalitaria?Non si tratta certo di sostenere che non vi siano resistenze o al-ternative possibili, o che siano comunque destinate al fallimen-

    to. Si tratta al contrario di affermare che la vera sfida, la posta ingioco pi radicale si trova qui: come sfruttare le possibilit dellastoria senza lasciarsi stancamente trascinare dalla potenza dellesue ondate modernizzatrici? Come insinuarsi nelle linee di fugasenza aprire la porta allinondazione? Come fare in modo che, fi-nalmente, le stesse linee di fuga si dividano, che appaiano bifor-cazioni, che il possibile fenda il possibile obbligandolo a so-spendersi e a interrogarsi radicalmente su se stesso?

    In Italia, tali questioni si sono poste in modo tanto intensoquanto oscuro, quasi istintivo. Si risposto allurgenza della sfi-da, ma senza che le poste in gioco venissero sempre alla luce perpermettere un vero dibattito sul rapporto tra linnovazione poli-tica e linnovazione tecnica che ha caratterizzato la storia di que-sto paese negli ultimi due decenni. Non si certo mancato di sot-tolineare, anzi lo si fatto talvolta persino con troppo zelo, lec-cezionalit del caso italiano: non solo per stigmatizzare il carat-tere oltranzista del neoliberalismo berlusconiano, ma anche persalutare lo sviluppo di importanti tendenze culturali che sonosembrate contrastarlo o controbilanciarlo. A questo proposito, sipossono menzionare il movimento del teatro-narrazione, o quel-lo letterario del New Italian Epic, oppure limportanza interna-zionale acquisita ultimamente dalla filosofia italiana.24 E biso-gna ammettere che tutti questi fenomeni appaiono negli anni no-

    vanta, nello stesso momento in cui si verifica il crollo della Primarepubblica e lascesa politica di Silvio Berlusconi. Sono quindicontemporanei di quellaltro fenomeno di rilievo, a modo suopop-culturale, che stato il berlusconismo. Ora, quello che fa an-cora difetto unanalisi del nesso profondo un nesso talmenteproblematico da risultare scandaloso e quindi difficilmente con-fessabile determinatosi nel corso di questi anni in Italia tra ilpiano della modernizzazione tecnica e quello della modernizza-

    24. Cfr. R. Esposito, Pensiero vivente, cit.

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    25. Questa tendenza, considerata dal punto di vista delle belle arti, appare come un pro-cesso di lungo periodo che pu essere fatto risalire a Marcel Duchamp: la de-differenziazio-ne e il divenire generico dellatto creatore hanno reso pi permeabili e confuse le frontie-

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    zione politica (o pi precisamente tra le risposte di volta in voltatecniche e politiche date nel nostro paese a tendenze moderniz-zatrici pi generali e di lunga durata). Tuttavia, questo nesso, que-

    sta connivenza obiettiva tra un certo populismo tecnico e uncerto populismo politico sono sorprendenti, soprattutto in Italia,e basterebbe trovare il coraggio di far esplodere lo scandalo percominciare seriamente ad affrontare il problema. Perch al di ldei facili manicheismi, che di certo non aiutano a riflettere, ciche bisognerebbe sforzarsi di pensare il piano trasversale su cuiuna nuova antropologia tecnica e una nuova antropologia politi-ca si sono saldate lungo la direttrice popolar-populista del pro-

    cesso di modernizzazione in generale.Qual dunque il punto di congiunzione, linconfessabile su-

    perficie di alleanza? Per rispondere alla logica del marketing e del-lo spettacolo in quanto condizioni supplementari della verit, sialuomo della tecnica sia quello della politica hanno dovuto mas-sicciamente investire la contiguit con luomo comune, al fine diconquistare il carisma della realt sono come voi, solo infini-tamente pi brillante di voi... necessario a procurare alla ve-rit la sua efficacia in termini di consenso popolare. come unpatto con il diavolo: per acquistare potenza, si gioca librido del-lafaction, dello spettacolo del reale, della telerealt, cosa che fi-nisce tuttavia per rendere tirannica la tendenza modernizzatrice,trasformando la sua linea di fuga in una via (quasi) obbligata, inogni caso fortemente vincolante. Si ottiene dunque in cambio unacerta impotenza. Ancora una volta, potenza e impotenza vanno

    insieme, come due facce della stessa medaglia. Non rimane, perconcludere, che domandarsi come si sviluppi concretamente que-sto patto con il diavolo, quale sia la forma precisa assunta da que-sta potenza impotente. La strategia diffusa che si vista allo-pera in Italia, fino ad assumere i contorni di una vera egemoniaculturale, si presenta in prima istanza come una tendenza volon-taria e sistematica alla de-professionalizzazione.25 Il modo pi

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    rapido ed efficace di somigliare alluomo qualunque, di avvici-narlo, di frequentarlo, di toccarlo, consiste nel fare leconomia deisegni distintivi delleccellenza, mettendo tra parentesi la ma-

    trise che si esercita abitualmente in uno specifico campo di atti-vit. Il che significa essere sempre un po fuori posto, ricadendocome per caso in un territorio che non quello di propria com-petenza, arrischiandosi in unattivit che non del tutto o non affatto quella per cui si riconosciuti e apprezzati. Tutta labilitconsiste in fondo, paradossalmente, nel mostrarsi un po malde-stri, nel balbettare, nellinciampare, mantenendo per sempre lau-ra legata alla propria fama o al proprio capitale culturale. Il signor

    tal dei tali brilla come non mai, e brilla senza limiti. Il vero pro-blema che questo specchio narcisistico viene mosso da una mag-gioranza che taglia trasversalmente il mondo della politica (siadi destra che di sinistra) e il mondo della cultura (sia di opposi-zione che di regime).

    Lo sport pi praticato nellItalia di oggi quello di occupareda dilettanti il posto che non il proprio, giocando a fare ci chenon si . Si tratta appunto di una tendenza larga e trasversale che sipotrebbe chiamare dilettantismo delezione, ossia ancora undoppio mostruoso, ancora la potenza dellibrido un dilettanti-smo scelto e calcolato, un dilettantismo sperimentale, un dilet-tantismo davanguardia, una fusione di dilettantismo e di profes-sionismo. Non ci sono solo gli uomini politici che giocano a faregli uomini di spettacolo, e viceversa, ma ci sono anche comici chesi cimentano nellarringare le folle (Beppe Grillo), o che fanno

    giornalismo militante (Sabina Guzzanti con i suoi film-inchiestasulla libert dinformazione in Italia o sulla gestione da parte del-la Protezione civile del terremoto in Abruzzo); ci sono attori chesi improvvisano professori di storia della letteratura (Roberto Be-nigni che spiega Dante) o di storia dellarte (Dario Fo con le suelezioni multimediali dedicate al Duomo di Modena o al Caravag-

    re, non solo tra le diverse forme darte, ma anche tra arte e non arte. A questo proposito, si

    veda G. Guercio,Lopera darte e il divenire generico del creativo. Cinque momenti italiani, inG. Guercio, A. Mattirolo (a cura di),Il confine evanescente. Arte italiana 1960-2010, Electa,Torino 2010.

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    gio), scrittori romanzieri, saggisti o giornalisti che calcano lescene di tv e teatri, realizzando spettacoli nei quali loro stessi re-citano i propri testi o presentano le proprie inchieste, il che testi-

    monia lestrema duttilit di questi prodotti culturali, che possonoincarnare tutti i formati disponibili (libro, film, opera teatrale, pro-gramma televisivo,graphic novel, dvd), sfruttando al massimo illoro potenziale comunicativo, come se si trattasse di veri e propribrand piuttosto che di singoli prodotti; c infine tutta la galassiadei format che fondono il lavoro giornalistico con la satira e il di-vertimento in generale (info-tainement) e linarrestabile moltipli-cazione dei festival (di letteratura, di filosofia, di matematica, di

    diritto, di psicologia, di economia...), nei quali il sapere accade-mico prova ad andare verso la gente, esibendosi nelle pubblichepiazze, in contesti che si vogliono allegri e conviviali.

    Tutto questo contribuisce a creare una vasta zona grigia di ibri-dazione, secondo una tendenza che evidentemente non appar-tiene solo allItalia. Ma chiaro anche che questo dilettantismodelezione, destinato a intercettare e a sfruttare tutta la potenzasprigionata dal carisma della realt, solo laltra faccia della de-bolezza delle forme culturali stabilite, causa dellassalto genera-lizzato alle frontiere e della commistione radicale dei regimi di ve-rit. Per questo ecco laspetto diabolico della questione di cuisarebbe meglio essere consapevoli quando oggi si fa risuonarelappello alla realt, anche dalle contrade pi eteree e disinteres-sate dellarte o della filosofia, si sta in effetti evocando la poten-za demoniaca di questo ibrido di realt e finzione (o di spettaco-

    lo) che il reality. Una potenza che si paga a caro prezzo, dal mo-mento che essa si impone ormai come una possibilit cui mol-to difficile rinunciare, sottrarsi. Siamo tutti politici, scrittori, at-tori, artisti, filosofi, eruditi... da reality. Anche nel caso dei cri-mini mostruosi che saturano la tv, si ha a che fare con personaggidi reality. Siamo tutti personaggi di reality, nella misura in cui, al-meno, abbiamo avuto accesso alla ribalta, dove la luce una lu-ce industriale.

    in un tale contesto problematico che, a cavallo tra uninter-rogazione politica e uninterrogazione tecnica, nato in Italia, in-

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    torno alla met degli anni duemila, il collettivo Action30. Si trat-ta di un gruppo eterogeneo di grafici, fotografi, disegnatori, vi-deomaker, musicisti, ricercatori, giornalisti e attivisti politici, il

    cui obiettivo percepire le nuove forme di razzismo e di fasci-smo, servendosi dei primi decenni del XX secolo come di uno spec-chio, o una lente dingrandimento. Il riferimento agli anni trentarichiama dunque direttamente allazione e spinge a caratterizza-re la ricerca tanto sul piano del lavoro critico quanto su quellodella creazione artistica attraverso un sovrappi dimpegno eti-co e politico. In altri termini, se si segue lipotesi di una crisiprofonda della democrazia, non si potr fare altro che mobilitar-

    si attraverso gesti di resistenza, di sfida, di rifiuto, di rottura. Tut-tavia, questi gesti di rottura non si lasciano sublimare in un en-gagement totale e astratto, ma restano ancorati nella dimensionespecifica del collettivo, che quella della ricerca critica e arti-stica. Per Action30, agire significa in primo luogo rimettere in di-scussione i format abituali: tanto a livello della produzione e del-la trasmissione del sapere, ibernate nelle forme accademiche tra-dizionali, quanto a livello della comunicazione, diluita in formespettacolari di puro intrattenimento.

    Il modo di procedere del collettivo Action30 investe due lineedi fuga: la prima quella attraverso cui si cerca di sfuggire allal-ternativa tra la ricerca critica e la creazione artistica; la secondaquella attraverso cui si tenta di far sfuggire la ricerca sia criticache artistica allalternativa tra la forma accademica e la formameramente spettacolare. quindi evidente che questo modo di

    procedere si inscrive completamente nelle tendenze modernizza-trici attuali, dispiegando un apparato tecnico e un regime di ve-rit del tutto ibridi. La sperimentazione si articola su tre assi prin-cipali. In primo luogo, c il cosiddettographic essay (nel senso incui si parla digraphic novelo digraphic journalism): si tratta di unmodo di reiventare la scrittura saggistica o erudita e, con lo stes-so gesto, il modo di fare libri, tenendo conto della nuova dimen-sione multimediale e ipertestuale, attraverso un montaggio analo-

    gico di flussi testuali e di flussi iconografici. Attraverso questa mo-dalit si sperimenta lapertura di un possibile: si possono scrivere

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    saggi capaci di produrre sensazioni? Si possono realizzare imma-gini in grado di concatenare concetti? C un modo performativodi esercitare la critica? E un modo critico di esercitare la creati-

    vit? Direttamente legata a questa sperimentazione, c poi la pra-tica delleperformance-dibattito: magma di parole, immagini e mu-sica, ottenuto attraverso un live setdove operano un dj, un vj, undisegnatore e una voce narrante. Anche in questo caso, si tratta diverificare la possibilit di comunicare in modo diverso i contenu-ti delle ricerche, evitando di cadere sia nella divulgazione, attitu-dine paternalistica che banalizza il sapere rinforzando lo statutodi chi lo detiene, sia nella spettacolarizzazione fine a se stessa, co-

    se che possono andare di pari passo. possibile incontrare unpubblico in modo diverso, per condividere analisi, interroga-zioni, momenti di riflessione e di discussione, e produrre magariinsieme lo shock del pensiero?26 Infine, il terzo asse di sperimen-tazione quello che abbiamo chiamato, in mancanza di meglio,critique-fiction: il primo tentativo consistito nel realizzare un mon-taggio analogico tra lapparato critico di Michel Foucault in par-ticolare le analisi sulla biopolitica, la governamentalit, il neolibe-ralismo e le tecniche di soggettivazione e le visioni romanzeschedi James G. Ballard.27 Innestando queste due singolarit luna sul-laltra, si prodotto un terzo analogico: non una sintesi dei duetermini, piuttosto uno spazio di indiscernibilit che, mobilitandoentrambi al tempo stesso, li fa uscire da se stessi e, forse, li rendein qualche modo estranei a se stessi. Questo terzo analogico, ef-fetto del montaggio tra critica e finzione, determina una sorta di

    campo magnetico, la cui caratteristica di sprigionare una ten-sione problematica che d la scossa al pensiero. Che succede quan-do gli occhiali di Foucault vengono montati sulle visioni di Bal-lard? Pi precisamente, che succede alla materia letteraria quan-do viene passata al setaccio della critica? E, viceversa, che succe-

    26. Lultima produzione del collettivo Action30 Costellazione 1961: spettacolo centra-to sullavventura spirituale e politica di Franco Basaglia, a cavallo tra la performance multi-mediale, il documentario storico e il teatro, presentato per la prima volta a Bruxelles nel Fe-

    stival des Liberts 2011, cfr. .27. Questo esperimento stato realizzato nellultimo capitolo diLuniforme e lanima,cit.: P. Di Vittorio,James G. Ballard: This is Tomorrow: biofascismo e follia delezione.

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    de alla materia critica quando impregnata e attraversata dalla let-teratura? Succede che si avvia un vasto processo di mutazione,dal quale sorgono strane creature ibride: visioni concettuali e con-

    cetti visionari, o meglio, visioni-concetti e concetti-visioni. Doppimostruosi allinterno dei quali e grazie ai quali si realizza, non tan-to la trasparenza paradigmatica o speculativa da cui discende lin-tellegibilit del reale,28 quanto lattrito da cui si sprigiona lincan-descenza magmatica del pensiero.

    Alla base di tutti questi dispositivi sperimentati dal collettivoAction30 c una strategia generale: doppio gesto, o double sanceper dirla con Jacques Derrida, di livellamento e montaggio analo-

    gico di materiali molteplici ed eterogenei, dove il primo gesto con-sente una totale apertura ai flussi possibili, il secondo un ta-glio dei flussi stessi sospeso, per, alla possibilit aleatoria e con-tingente che abbia luogo un evento critico e creativo. Attraver-so questo atteggiamento generale, che abbiamo chiamato blob-fi-losofia,29 si cerca in fondo di guadagnare il piano dimmanenzainforme (nel senso di Bataille) o rizomatico (nel senso di De-leuze) dal quale possono scaturire le biforcazioni del possibile. infatti chiaro che non si tratta n di negare la linea di fuga mo-dernizzatrice che apre il possibile, n di cavalcarla allegramente.Il nocciolo della questione invece come sfuggire a ci che Um-berto Eco, in un vecchio libro sulla cultura di massa, definiva lal-ternativa tra chi, dinnanzi al nuovo, evoca la fine dei tempi e chiostenta invece un entusiasmo incondizionato.30 Il punto cruciale come disegnare, allinterno di una particolare tendenza moder-

    nizzatrice, delle linee di fuga ulteriori, come fare in modo che,nello spazio del possibile, appaiano le biforcazioni che lo metto-

    28. Si tratta di una non trascurabile differenza rispetto allinterpretazione paradigmati-ca dellanalogia proposta da G. Agamben,Signatura Rerum. Sul metodo, Bollati Boringhie-ri, Torino 2008.

    29. Il termine inglese blob designa una massa priva di forma e consistenza, ed anche ilnome di una nota trasmissione diffusa quotidianamente da Rai3 a partire dal 1989: montag-gio di estratti rubati nel flusso televisivo, che mostra come sia possibile porsi qualche do-

    manda anche allinterno delluniverso televisivo. Questo spiega forse perch Blob sia unadelle trasmissioni pi detestate dal papa della chiesa catodica, lonorevole Silvio Berlusconi.30. U. Eco,Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano 1964.

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    no in discussione e lo radicalizzano. Le sperimentazioni del col-lettivo Action30 vanno in questa direzione: far apparire possibiliminori nella possibilit maggiore, installando, nel cuore del-

    librido in cui tale possibilit si dispiega, gli interrogativi radicaliche ne sospendono nel senso dellepochhusserliana la poten-za che seduce e cattura. Come e a quale prezzo ci stiamo aprendoal possibile? Come e a quale prezzo stiamo modernizzando, rifor-mando il nostro modo di vivere e di essere? Lo scopo di non far-si trascinare troppo, di non farsi eccessivamente condurre, gover-nare dal mondo che avanza. E di essere quindi un po pi liberi inquesto mondo.